Sponsorizzazioni nelle scuole in Usa e Europa

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Linguaggi dei Media L’ESPERIENZA DELLE SPONSORIZZAZIONI NELLE SCUOLE PUBBLICE AMERICANE E I POSSIBILI SVILUPPI IN ITALIA E IN EUROPA Candidato: Isabella RINIERI Relatore: Prof. Marco LOMBARDI Anno scolastico 2012-2013

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO

Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di Laurea in Linguaggi dei Media

L’ESPERIENZA DELLE SPONSORIZZAZIONI NELLE SCUOLE PUBBLICE AMERICANE E I POSSIBILI

SVILUPPI IN ITALIA E IN EUROPA

Candidato: Isabella RINIERI

Relatore: Prof. Marco LOMBARDI

Anno scolastico 2012-2013

2

INTRODUZIONE 3

1. NEGLI STATI UNITI 6

1.1 SPONSORIZZAZIONE , UNA PRATICA ANTICA 6 1.2 L’ APPROPRIAZIONE DELLO SPAZIO , LE PRIVATIZZAZIONI 9 1.3 CONTRATTI DI ESCLUSIVITÀ 10 1.4 PROGRAMMI E ATTIVITÀ SPONSORIZZATI 11 1.5 MATERIALI SCOLASTICI SPONSORIZZATI 14 1.5.1 CHANNEL ONE 15 1.6 DIGITAL MARKETING 18 1.7 PROGRAMMI D ’ INCENTIVAZIONE 19 1.8 RACCOLTE FONDI 20

2. IN EUROPA 21

2.1 LA SPONSORIZZAZIONE NELLA LEGISLATURA ITALIANA 21 2.2 SITUAZIONE DELLA SCUOLA EUROPEA 22 2.3 NORMATIVE UE 24 2.3.1 REGOLAMENTAZIONE DEL MARKETING ALIMENTARE NELLE SCUOLE 25 2.4 INGHILTERRA 27 2.5 FRANCIA 29 2.7 ALL ’ INTERNO DELLE SCUOLE ITALIANE 32

3.SOLUZIONI E CRITICHE 35

3.1 EFFETTI DELLA PUBBLICITÀ SUI BAMBINI 35 3.1.1 PROBLEMI PSICOLOGICI E EDUCATIVI 35 3.1.2 PROBLEMI DELLA SALUTE 37 3.1.3 RAPPORTO COSTI, BENEFICI, GUADAGNI 40 3.2 CRISI DI TUTTO IL SISTEMA EDUCATIVO 41 3.3 PROPOSTE E SOLUZIONI NEGLI STATI UNITI 42 3.4 SOLUZIONI PER L ’EUROPA 45 3.5 IN ITALIA 46

CONCLUSIONI 48

BIBLIOGRAFIA 51

WEBGRAFIA 53

RINGRAZIAMENTI 55

3

“Non ci può essere rivelazione più vera dell’anima di una società del modo in cui tratta i suoi figli”. Nelson Mandela

Introduzione

La pubblicità televisiva ha sempre rappresentato la maggioranza degli investimenti

della pubblicità indirizzata ai bambini. Ma, alla metà degli anni Novanta, la televisione

viene eclissata dal marketing diretto, dalle promozioni e dalle sponsorizzazioni, che si

stima assorbano l’80% di tutto il denaro investito nel marketing oggi. Questa

mutazione conduce la pubblicità rivolta ai bambini oltre i confini del salotto di casa,

invadendo gli spazi pubblici e privati e le istituzioni. Ovunque ci sono i bambini ecco

spuntare il marketing rivolto a loro, perfino nelle scuole ‒ oggi fiore all’occhiello

dell’infiltrazione − che erano rimaste relativamente esenti dalla pubblicità, fino agli

anni Novanta. Come afferma Juliet B. Schor1, la scuola era “un’isola incontaminata

non comune nell’immenso mare dei messaggi commerciali, che è diventata però un

target particolarmente allettante”. Il tema al quale l’approfondimento si indirizza è

proprio questo: mostrare come in questi ultimi 25 anni le scuole siano state inondate

dalla commercializzazione e di come siano diventate succubi di essa per i drastici tagli

all’Istruzione Pubblica e la mancanza di denaro dell’ultimo decennio. Partendo da

dove tutto ciò inizia, gli Stati Uniti, cercherò di illustrare le differenti modalità di

sponsorizzazione e marketing all’interno della scuola e di portare anche esempi

provenienti dal nostro continente che conosce solo da qualche anno queste pratiche.

I bambini sono un importante target per i pubblicitari e il marketing perché loro

rappresentano 3 mercati in uno: sono in primo luogo un mercato con denaro proprio da

spendere in quello che vogliono e nei loro bisogni; successivamente influenzano gli

adulti nell’acquisto e nelle decisioni da prendere, secondo James McNeal2,

influenzano quasi $500 miliardi di dollari in acquisti ogni anno; e infine sono un

mercato futuro, in quanto, come adulti, loro compreranno prodotti e servizi, e 1Professoressa di sociologia al Boston College, economista per professione. È uno dei membri fondatore del Centre for a New American

Dream e della South End Press. Il suo ultimo libro s’intitola: Plenitude: The New Economics of True Wealth, 2010. Riguardo al nostro tema importante è Born to Buy: The Commercialized Child and the New Consumer Culture, 2004, tradotto in Nati per comprare: salviamo i nostri figli, ostaggi della pubblicità, Apogeo Editore, 2005.

2 Professore emerito alla Texas A & M University. Ha scritto: Kids As Customers: A Handbook of Marketing to Children, New Lexington Press, 1992, The Kids Market: Myths and Realities, Paramount Market Publishing, 1999

4

continueranno a comprare quelli ai quali si sono affezionati in gioventù e dei quali si

fidano. È stato definito il marketing “dalla culla alla tomba”3, consiste nel catturare un

consumatore dall'infanzia per fidelizzarlo fino all'età adulta, raggiunge i bambini di

tutte le età attraverso immagini, personaggi e prodotti che vedono in televisione, nei

libri, sui giocattoli, in Internet, al cinema, sui loro cellulari, a scuola, nei negozi e tra

gli amici. Ormai la pressione commerciale è diventata parte del tessuto della vita

quotidiana dei bambini. Nel suo libro Nati per comprare, la ricercatrice Juliet Schor

riporta che un bambino dell’asilo può identificare, in media, 300 loghi e a 10 anni

conosce quasi 400 brand. «La commercializzazione non ha mai permeato così tanto la

società come ora ‒afferma la psicologa Susan Linn4‒ è ingiusto che i bambini siano

bombardati da questo tipo di marketing, ed essere un genitore al giorno d’oggi è molto

difficile e questa rappresenta una sfida in più».

L’influenza delle corporation sulle scuole pubbliche americane non è una novità: le

società produttrici di beni a largo consumo, soprattutto quelle alimentari, hanno

sponsorizzato già dagli anni Sessanta di educazione alimentare e alla salute, ma solo a

partire dagli anni Novanta, con un aumento esponenziale dal 1997, le attività

commerciali all’interno della scuola si sono considerevolmente estese e hanno

sviluppato differenti forme. Alex Molnar5, il più grande esperto in materia, le

racchiudere in sette categorie6: appropriazione dello spazio scolastico, rapporti di

esclusività, sponsorizzazioni di programmi e attività scolastiche, materiali didattici

brandizzati, digital marketing, programmi di incentivazione e campagne di raccolta

fondi. Ognuna di queste categorie contiene poi una grande varietà di strategie e forme:

dalle macchinette di bibite, agli atleti e le squadre scolastiche, dal tetto dell’istituto

fino al pavimento della palestra, passando per i corridoi e tabelloni sportivi, tutti i

supporti tecnologici e perfino il nome, può essere venduto tramite contratto alle

corporation. Molto diffusi sono tra i materiali educativi sponsorizzati, quaderni e

3 “Cradle to grave” Susan Linn, in Consuming Kids, the Hostile Takeover of Childhood, New Press, 2004 4 Direttrice associata del Media Center al Judge Baker Children's Center di Boston, co-fondatrice e direttrice della Campaign for

Commercial-Free Childhood, che lavora per limitare l'impatto della cultura commerciale sui bambini autrice di Consuming Kids tradotto: Il marketing all’assalto dell’infanzia, Come media, pubblicità e consumi stanno trasformando per sempre il mondo dei bambini, Orme Editori, 2005 e The Case for Make Believe, Saving play in a Commercialized World, New Press, 2009.

5 Alex Molnar è professore e ricercatore alla University of Colorado Boulder, direttore del National Education Policy Centre (NEPC) e del Commercialism in Education Research Unit (CERU). È considerato il più grande esperto sulle attività commerciali all’interno della scuola, che studia da 30 anni.

6 Click: The Twelfth Annual Report on Schoolhouse Commercialism Trends: 2008-2009, Sept. 2009, CERU, Commercialism Education Research Unit, della Arizona State University, <http://nepc.colorado.edu/files/RS-CommTrends-FINAL2.pdf>

5

schede, ma anche veri e proprio manuali ad uso degli insegnanti per la didattica,

approfondimenti o esperienze in laboratorio, visite guidate, concorsi e gare con premi.

Tecniche che hanno reso ai bambini ancora più difficile la possibilità di distinguere tra

pubblicità e intrattenimento.

Il social sponsoring non è collegato solo al problema del finanziamento delle scuole,

ma anche a un dibattito a risvolto pedagogico sulla riforma, finalizzato a una maggiore

autonomia e apertura della scuola alla “vita reale”. Dato che il cambiamento nei

rapporti tra stato ed economia privata sembra ormai ineluttabile, tale evoluzione viene

interpretata positivamente dalla pedagogia. Su questa evoluzione i vari autori

manifestano pareri discordanti formando diverse scuole di pensiero. Da una parte c’è

chi attacca quella che considera un’“ulteriore indignazione morale” verso la pubblicità,

o chi intravede un pericolo per l’indipendenza ideologica, dall’altra parte invece c’è

chi sostiene l’apertura della scuola, nella misura in cui questa significa anche apertura

verso il mondo del lavoro.

È un tema ancora troppo poco dibattuto nel nostro Paese e in Europa, che rischia di

non essere preso con le giuste precauzioni, in effetti non si trovano molti autori che ne

affrontano i rischi e le possibilità. Per il mio approfondimento mi sono quindi affidata

quasi esclusivamente ad esperti americani: libri di psicologi, economi e sociologi,

ricerche universitarie, interviste, siti di associazioni contrarie alla commercializzazione

delle scuole. Nel primo capitolo ci sarà una breve introduzione sull’argomento che

riguarda gli Stati Uniti e saranno approfondite le 7 tipologie più utilizzate di in-school

marketing; il secondo capitolo tratta invece dell’Europa soffermandosi sulle normative

esistenti e di alcuni Paesi dove sono già presenti pratiche di sponsorizzazione

all’interno della scuola e Italia; per terminare, invece, con un capitolo generale sulla

situazione attuale del nostro Paese, sui problemi legati alla commercializzazione

all’interno delle scuole e sulle possibili soluzioni a livello nazionale e comunitario.

Anche se in superficie, gli sforzi delle sponsorizzazioni possono sembrare voler

incoraggiare la creatività e il pensiero critico, se ci soffermiamo a guardare più a

fondo, vediamo che tale pensiero viene incanalato nella direzione della corporate.

6

1. Negli Stati Uniti

1.1 Sponsorizzazione, una pratica antica

È difficile immaginare la moderna cultura capitalista senza pubblicità, perché essa è

onnipresente: sport, cultura, spazi pubblici, educazione. Gli atleti ne indossano i loghi,

i concerti hanno pagine commerciali, gli autobus e gli edifici sono ricoperti da essa,

perfino le strutture scolastiche cambiano il loro nome per lei. Le aree pubbliche, dove

oggi la dominazione pubblicitaria sembra naturale e ovvia, non sono sempre state così:

c’era un tempo in cui sembravano innaturali e non necessarie. Sus Jhally7, dimostra

che la pubblicità non è innocua, ma anzi trasporta valori, storie, moralità e promuove il

consumismo, che modifica i nostri stili di vita e i nostri pensieri su relazioni, famiglia,

società, ambiente, amicizie, etc.

L’impulso principale alla commercializzazione deriva dal cronico sottofinanziamento

delle scuole: poiché i budget si assottigliano, i dirigenti sono più propensi a vendere

l’accesso alle società di marketing, che in cambio del finanziamento delle scuole

ottengono il diritto di vendita esclusivo dei loro prodotti (bevande gasate, junk food);

di sponsorizzare materiale, programmi e attività scolastiche (manuali, siti web); e di

organizzare eventi, concorsi e campagne di raccolta fondi. Oltre ad estendere la portata

della pubblicità, e dunque l’entità del danno di cui abbiamo parlato, la pubblicità

scolastica sottrae agli studenti tempo e attenzione da dedicare all’apprendimento;

prende di mira un pubblico che non è libero e non può sottrarsi ad essa; rafforza il

messaggio consumistico rivestendolo della benedizione dell’autorità; indebolisce il

ruolo educativo del pensiero critico e della riflessione intellettuale. Con particolare

riferimento a questo ultimo punto, una recente ricerca sul marketing nelle scuole

sottolinea come “il messaggio pubblicitario sia fondamentalmente antieducativo in

7 Professore di cultural studies, advertising, media, e comunicazione alla University of Massachusetts. È produttore di più di 40 documentari

sui media e direttore esecutivo della Media Education Foundation (MEF) una no-profit nata nel 1992 che "produces and distributes documentary films and other educational resources to inspire critical reflection on the social, political, and cultural impact of American mass media." Il loro scopo è quello di ispirare gli studenti al pensiero critico e a cercare nuove vie differenti da questo mondo iper-mediato. Tra i suoi libri: Giving Kids the Business: The Commercialization of America's Schools, Westview Press, 2001 , Social Communication in Advertising con William Leiss, Stephen Kline, and Jacqueline Botterill, Westview Press 1996

“What they want is cradle to grave brand loyalty… That's what they talk about, owning children for life” . Susan Linn

7

quanto presenta informazioni distorte e scoraggia il pensiero razionale promuovendo il

consumismo irriflessivo”8. I dibattiti sulle sponsorizzazioni delle corporation e la

cessione degli spazi, si concentrano sulle sfide del finanziamento, con i sostenitori di

questa pratica che mettono l’accento sulle cifre anticipate. Secondo Alex Molnar c’è

anche un altro fattore, nelle sue ricerche ha mostrato che le tendenze attuali hanno

radici in un progetto più ampio e profondo che ha avuto inizio durante

l’amministrazione Reagan (1981-1989): lo sforzo di aumentare l’influenza delle

corporation e la loro attività nelle scuole pubbliche.

In tutti i paesi la pressione esercitata da soggetti economici privati sulle scuola è forte,

anche se nel caso degli Stati Uniti non si può parlare di un processo storicamente

nuovo. L’uso di materiale sponsorizzato all’interno di una scuola può essere

rintracciato al 1890, quando un’azienda di imbianchini distribuì nelle classi di arte dei

volantini che mostravano i colori primari e secondari. In questo Paese, la

partecipazione economica privata in ambito “pubblico” è ormai scontata e le scuole

che non ottengono un sostegno finanziario privato sono considerate, o diventano,

qualitativamente inadeguate e inferiori perché non possono permettersi i migliori

insegnanti e le migliori attrezzature. Nel corso degli anni novanta la colonizzazione

pubblicitaria in ambito scolastico è aumentata del 539% (lavagne, muri, distributori,

pavimenti, tabelloni segna punti, etc.), mentre la sponsorizzazione del materiale

didattico ha avuto un incremento del 1875%. Le marche ormai influenzano il

contenuto dei corsi regalando manuali e agende stracolme di annunci o fornendo

l’accesso gratuito a internet, cosa che consente loro non solo di sottoporre gli studenti

a un continuo flusso di annunci, ma anche di analizzare il loro modo di navigare per

poi rivendere queste informazioni. Così 6 milioni di studenti guardano in classe ogni

giorno, sul proprio video, programmi imbottiti di pubblicità. Alcuni di questi studenti

hanno deciso di scioperare, altri recalcitranti sono stati espulsi, qualcuno ha pure

passato una giornata in riformatorio.

8 Legislation Policy Brief: Policy and Statutory Responses to Advertising and Marketing in School, Commercialism en Education Research

Unit, Arizona State University 2010, Alex Molnar.

8

Le scuole si schierano poi con Pepsi o Coca Cola per la vendita di bevande all’interno

degli istituti e creano eventi o giornate dedicate ad esso9 per dimostrare la loro fedeltà

allo sponsor, facendo pressione anche sugli studenti, come sostiene la giornalista

Alissa Quart nel New York Times, riferendosi a una scuola del Texas dove agli

studenti è vietato bere bibite che non siano della marca sponsor. Ma l’area a maggior

crescita all’interno delle scuole rimane quella delle attività sportive. In quello che poi

fu pubblicizzato come il primo accordo di questo tipo, una scuola elementare di

Brooklawn, nel New Jersey, ha venduto il diritto di esporre pubblicità nella sua

palestra alla catena di supermercati Shop-Rite, in cambio di circa 5.000$ dollari

l’anno. Il sovraintendente ha poi affermato: «Saremo il primo distretto scolastico a

essere sponsorizzato dal logo di una corporation. Speriamo che i bambini siano

abbastanza intelligenti da cavarsela».

Le leggi dello stato e i regolamenti governativi non comprendono le attività

commerciali nelle scuole pubbliche, a livello nazionale, ne esistono solo di generali

che sono rivolte a tutti tipi di business oppure si possono applicare alle attività

commerciali le norme che regolano le finanze scolastiche. Tuttavia, 19 Stati hanno già

emanato statuti e regolamenti espressamente indirizzati alle attività commerciali nella

scuola, ma in 14 di questi Stati queste normative sono specifiche per certi tipi di

attività e non sono restrittive. Per esempio, in New Mexico, la legge permette la

pubblicità sui e dentro i bus scolastici mentre in Virginia è proibita. Dei 5 Stati che

hanno emanato leggi più “complete”, 2 permettono ai funzionari locali di impostare le

politiche che coprono i vari tipi di attività, e 3 hanno leggi che proibiscono o limitano

vari tipi di attività commerciali. Pertanto, nella maggior parte dei casi, sono i direttori

scolastici i responsabili delle decisione sulle politiche da adottare riguardo la

commercializzazione e le sponsorizzazioni. L’in-school marketing contempla

un’ampia gamma di pratiche e tecniche suddivise in: attività commerciali e non

commerciali, anche se è difficile stabilire una linea di divisione tra le due. In questo

9 “Coke Day” alla Greenbrier High School di Evans, 24 Marzo 1998, Mike Cameron un ragazzo di 19 anni indossa una maglietta con il logo

della Pepsi proprio durante lo scatto di una foto destinata a rappresentare la scuola in un concorso locale organizzato dalla Coca-Cola Bottling Company di Augusta. Sarà sospeso per una giornata con la dicitura 'Child suspended for wearing Pepsi shirt on Coke Day, <http://www.nytimes.com/1998/03/26/business/the-media-business-a-pepsi-fan-is-punished-in-coke-s-backyard.html>

9

caso noi ci appoggeremo alla suddivisione di Alex Molnar approfondendo ora le sette

pratiche più utilizzate.

1.2 L’appropriazione dello spazio, le privatizzazioni In cambio dell’appropriazione del proprio spazio all’interno o all’esterno della scuola

da parte di corporation for-profit, le scuole ricevono denaro. Con la crisi economica di

questi ultimi anni e i prezzi del gas e elettricità che crescono, le scuole si sono

guardate attorno per cercare qualche soldo in più. Questo spazio che varia dai muri dei

corridoi, alle aule e i bagni, dai tetti degli edifici, al pavimento, dalle palestre agli

autobus o i parcheggi, viene riempito con marchi, nomi e messaggi pubblicitari di ogni

tipo di genere e prodotto, includendo snack e soft drink. Viene inclusa nella

privatizzazione anche l’assegnazione dei “naming rights”10, i diritti sul nome che

possono essere venduti alle corporation in cambio di denaro. Nell’Agosto 2009, la

Santa Fe Public School, è diventata la prima in tutto lo stato del New Mexico a

permettere la pubblicità sui bus scolastici, in cambio del 50% dei profitti generati. Un

altro esempio sono i siti internet della Public School of Prince William County che

permettono al loro interno banner pubblicitari di differenti marchi. La Frostproof

Elementary Schhol in Polk Country, in Florida, ha permesso alle imprese locali di

sponsorizzare singole classi: il negozio Rogers and Walker Gun Shop ha allora donato

300$ per 2 classi e ha ricevuto in cambio spazio per il suo marchio nella scuola. Il

distretto scolastico di Sacramento riporta un incremento nelle domande da parte delle

imprese, il portavoce, Trent Allena, commenta: «Questa non è una vendita diretta. Noi

non siamo interessati a vendere i prodotti alle famiglie, ma faremo tutti gli sforzi

possibili per aiutare a costruire la brand awareness delle aziende e a mostrare il loro

impegno nell’educazione». L’amministratore della Pennsbury school, di Philadenphia,

ha firmato un contratto con un’agenzia nazionale pubblicitaria per 220 pannelli

pubblicitari di 2x3m, che porta nelle casse della scuola 424.000$ mentre al cliente dà

accesso a quasi 11.000 bambini, e teenager. Le pubblicità dovrebbero interessare temi

10 Diritti di denominazione di una proprietà immobiliare, uno stadio, una stazione, un museo, una scuola, offerti a uno sponsor in cambio di

un prezzo e di un interesse congiunto alla valorizzazione del luogo, del traffico, del business. Il contratto di naming rights è un tipo di contratto atipico, ricompreso nell’insieme generale dei contratti di sponsorizzazione, a tempo determinato che può variare da 3 a 20 anni.

10

come l’educazione, la salute, la sicurezza, una sana nutrizione e non riguardare

direttamente prodotti. Allan Weisel, membro del consiglio scolastico, afferma che,

visto la diminuzione del budget scolastico, non avevano altre soluzioni per non dover

tagliare i programmi di educazione. I genitori criticano la scelta, perché il denaro

ricavato, rispetto al taglio di budget di 3milioni dello scorso anno, sono solo una

piccola percentuale. In risposta l’amministratore dice: «Mostrateci un altro modo, o

dateci i fondi in un'altra maniera. Noi abbiamo bisogno disperatamente di questo

denaro. Preferiamo avere critiche dai genitori, che eliminare alcuni programmi o

accorpare le classi e alzare le tasse scolastiche».

1.3 Contratti di esclusività

I rapporti di esclusività tra le scuole e le corporation danno a queste ultime il diritto

esclusivo di vendere e promuovere i loro prodotti e servizi nel distretto scolastico. In

cambio, la scuola o il distretto riceve una percentuale del profitto. Una delle pratiche

contrattuali più controverse sono i “pouring contract” o “pouring rights”11 con i

distretti scolastici per l'uso esclusivo di particolari marche di bevande. Molti di questi

contratti sono negoziati su base distrettuale e offrono un determinato importo per la

firma di un contratto pluriennale, con fondi aggiuntivi legati al successo nel soddisfare

quote di vendita specificate. Quasi il 75% delle scuole superiori, il 65% delle scuole

secondarie e il 30% delle scuole primarie ha contratti di esclusività con aziende che

producono bibite. Questi contratti promuovono il brand non solo attraverso le

macchinette di bibite, ma anche copertine per i libri, loghi sui materiali e indumenti

sportivi, segnapunti e bicchieri. Il Centres for Diseas Control segnala che le bibite e le

altre bevande zuccherate vengono vendute nel 94% delle scuole superiori, nell’84%

delle scuole medie e nel 58% delle scuole elementari nazionali. In alcuni casi i

funzionari scolastici incoraggiano gli studenti ad acquistare queste bevande,

permettendogli di portarle in classe, pratica vietata negli Stati Uniti. Dentro la scuola i

11 Sono contratti di esclusività nella vendita di una marca di bevande o per distributori automatici in un determinato luogo o evento, come

scuole, stadi o concerti, che variano da 1 a 10 anni. Il primo di questi contratti fu sottoscritto a Madison, nel Wisconsin a inizio anni Novanta. Da allora centinaia di altri distretti scolastici hanno fatto altrettanto, guadagnando centinaia di migliaia di dollari. Per l’azienda i pouring rights sono diventati un’importante punto della strategia di marketing, portando solo dei benefici e una costante pubblicità all’interno della scuola, e durante gli eventi sportivi, e fedeltà alla marca. Pouring rights contracts, in Public health report July/August 2000.

11

prodotti dello sponsor, sono l'unica opzione, fuori dalla scuola, poi vengono preferiti

perché gli studenti hanno più familiarità con essi, gli accordi di esclusiva portano

quindi gli studenti a non considerare altre scelte possibili. La pratica ha incentivato,

negli anni, il consumo di bevande zuccherate, diventando un grosso problema, visto

l’alto tasso di obesità infantile presente oggi in America. Per cercare di porre freno al

problema, ultimamente alcuni stati o distretti scolastici hanno proposto delle

restrizioni. Nel maggio 2006, la Coca Cola Company, la PepsiCo Inc., e Cadbury

Shweppes Americas Beverages, insieme con l’ American Beverage Association

(ABA), hanno stipulato un accordo volontario per ridurre il contenuto calorico delle

bevande vendute all’interno delle scuole. In una scuola o un distretto che stipula un

accordo con la Pepsi saranno venduti prodotti come: Pepsi, Tropicana, Gatorade e Diet

Pepsi; al contrario, chi firma un contratto con Coca Cola, avrà diritto anche a Minute

Maid, Powerade, Dasani Water.

I rapporti di esclusività possono coinvolgere anche realtà al di fuori della vendita di

alimentari e bevande: ad esempio, in Ohio, l’ Atrium Medical Centre fornisce i servizi

di medicina sportiva e assistenza alle attività atletiche alle scuole locali. Attraverso una

partnership con le scuole, il centro, ottiene visibilità nelle comunità dove fornisce i

suoi servizi attraverso gli allenatori sportivi o la pubblicità mentre dona i servizi

necessari al mantenimento della salute degli studenti sportivi. Un esempio ulteriore è

rappresentato dalla Wisconsin Interscholastic Athletic Association‘s (WIAA‘s) che ha

stretto un accordo esclusivo con la We Were Young Productions per mostrare su

streaming gli eventi sportivi.

1.4 Programmi e attività sponsorizzati

Le corporation possono sponsorizzare anche eventi scolastici o attività in cambio

dell’associazione con il loro nome. Le scuole sono un’opportunità ideale per i brand

per sponsorizzare programmi e attività che gli permettono di creare, mantenere e

aumentare un’immagine positiva dei loro marchi e Roberta Nusim12 è una pioniere. Ha

12 Insegnante d’inglese negli anni Settanta a New York, nel South Bronx, La sua società, la Scholastic, che negli anni ha prodotto più di

2.000 programmi scolastici, ha uno staff di quaranta professionisti dediti al marketing all’interno delle scuole, e promette ai suoi clienti la possibilità di “sfruttare l’enorme e crescente potere del marketing”.

12

cominciato con l’essere poco soddisfatta dei testi scolastici che utilizzava, perché non

erano aggiornati, non trattando di fatti storicamente e socialmente importanti per

quegli anni. Sentiva che i suoi studenti avevano bisogno di un impatto visivo più forte

e di materiali che fossero al passo con i tempi. Per un certo periodo improvvisò,

portando a scuola scatole di cereali da analizzare e assegnando ai bambini il compito

di guardare programmi televisivi per poi discuterne in classe. Ma quelle

improvvisazioni la indussero a domandarsi: perché non contattare le corporation e

chiedere loro di sponsorizzare programmi scolastici innovativi? Mi mosse da sola,

evitando di rivolgersi all’amministrazione o al distretto, perché avvertiva che la

burocrazia si muoveva troppo lentamente e non aveva a disposizione denaro per nuove

iniziative. In quegli anni “l’America delle corporation si stava accorgendo del potere

di acquisto dei bambini”. Il primo progetto di Nusim fu con la Columbia Pictures nel

1978, sviluppando un programma sulla vita e sulla comunicazione in famiglia,

ritenendo che l’aumento dei divorzi fosse un buon soggetto per la conversazione

scolastica. Ben presto le società cominciarono a contattarla, e l’avventura di Nusim

divenne un travolgente successo. Negli anni Ottanta, quando la nazione stava

diventando più cosciente della propria salute, si è rivolta alle aziende alimentari con

l’idea di sviluppare programmi sull’alimentazione e ha lavorato con le più grandi

corporation del settore alimentare e con i più importante produttori di bibite: Nestlè,

Kellogg’s, la National Soft Drink Association, Pepsi, Coca Cola. Oggi la concorrenza

è cresciuta, ma continua a produrre ogni anno centinaia di materiali educativi

sponsorizzati denominati SEM13. L’azienda dichiara che più del 85% degli insegnati

americani utilizza i suoi programmi e che la sua influenza si estende a più di 50 dei 69

milioni di studenti della nazione. Il programma della Revlon14 insegnava ai bambini

quali erano “i giorni giusti e quelli sbagliati per lavarsi i capelli”; quello di scienze

della Campbell Soup Company comprendeva un esperimento di densità della salsa

Prego con un “test del cucchiaio”; l’azienda di dolciumi Fruit Gushers, prodotto della

General Mills sotto Betty Crocker, distribuiva campioni gratuiti di materiale e

13 Sponsored Educational Materials. Negli ultimi due decenni si sono fatti strada nelle classi americane, con poca consapevolezza da parte dei

genitori e del pubblico. Il costo di un SEM può variare da 25.000$ a più di 1 milione di dollari. Queste ingenti somme di denaro hanno dato alle corporation una capacità senza precedenti di espandere il proprio messaggio.

14 Nota azienda di prodotti cosmetici e profumi americana fondata nel 1932 da Joseph e Charles Revson assieme a Charles Lachman con sede a New York.

13

istruzioni per i bambini su come mordere le caramelle per “creare un’eruzione

vulcanica nella bocca”; il SEM della Sunkist15, invece insegnava come conoscere il

jingle della prima pubblicità realizzata dalla California Fruit Exchange e altri modi e

ricette per utilizzare la loro aranciata. Altri programmi sono ancora più discutibili nel

loro uso selettivo di informazioni. Per esempio, un programma della Kellogg’s sulla

colazione afferma che la quantità di grassi è l’unica cosa di cui preoccuparsi quando si

sceglie un alimento per la colazione, senza far cenno allo zucchero. Per le corporation,

uno degli aspetti più significativi dei SEM è che permettono loro di fare marketing in

modo dissimulato, e quindi sono molto più efficaci.

Un altro sviluppo dei programmi è la strumentalizzazione dei viaggi scolastici a scopo

di marketing. L’azienda Field Trip Factory ha organizzato più di 20.000 escursioni in

44 stati per visitare importanti “istituzioni educative” come Domino’s Pizza, The Sport

Authority, Petco, Toys’R’Us, con più di 600.000 studenti visitatori che hanno ricevuto

materiale e campioni omaggio, coupon di sconto e hanno visionato materiale

pubblicitario.

Nel 2009, ad esempio, l’impresa di costruzione ICI Homes ha donato alberi a 15

scuole primarie in Florida, programma che fu presentato come un’attività ‘Earth Day’

in Aprile, dove i ragazzi hanno piantato gli alberi donati attorno alle loro scuole.

Ninendo invece è sponsor dell’organizzazione no profit Mathcounts che organizza i

campionati di matematica nelle scuole secondarie attraverso tutti gli Stati Uniti. Le

squadre che vincono ricevono dei Nintendo DS con copie di giochi per allenare le

capacità matematiche dei ragazzi. Come parte della sua campagna ‘Real Beauty’, il

brand Unilever per Dove dichiara il 29 Febbraio 2008 il ‘Global Workshop Day’. Il

motivo era quello di coinvolgere più di 10.000 ragazzi in varie attività per incoraggiare

un forte senso di autostima e una prospettiva positiva sul mondo della bellezza. La

Junior Achievement (JA), un’organizzazione no-profit fondata negli anni quaranta,

supportata da partnership con le imprese, ha a lungo cercato di educare i giovani al

valore di libera impresa e di far comprendere il business. Il suo programma, che fu

inizialmente proposto nel 1975 per il dopo scuola, oggi viene offerto durante le attività

15 Produttrice di bibite, marchio sotto la Dr Pepper Snapple Group Inc. creata nel 2008 , ma formalmente è la Cadbury Schweppes Americas

Beverages che possiede più di 30 marchi di bibite compresi Schweppes e Orangina.

14

scolastiche, partendo già dall’asilo. È formato da 12 step, che intendono insegnare

come funziona il sistema capitalistico e come i bambini possono avere successo in

questo sistema. Un ulteriore esempio si trova sul sito ‘Fuel Our Future Now’16 della X

Price Foundation che presenta i concorsi ‘Dash +’ e ‘X Price Contest’ per gli studenti

delle scuole superiori. Questi programmi offrono alle squadre delle scuole la

possibilità di disegnare e progettare un nuovo autoveicolo, e vincere un viaggio a

Detroit, che include un tour nella Ford Rouge Factory, parte della DearBorn Truck

Plant.

1.5 Materiali scolastici sponsorizzati

A volte, corporation, o altre associazioni for-profit, provvedono al materiale scolastico,

con intenti istruttivi ed educativi: libri, quaderni, computer, televisioni, radio, siti web,

in cambio degli “occhi e orecchie” degli studenti. Questa è stata la prima strategia ad

essere utilizzata dalle compagnie per mettersi in contatto con le scuole ed è tuttora la

più sfruttata negli Stati Uniti e Canada attraverso: Channel One, ZapMe!, Star

Broadcasting e Youth News Network, brevi “notiziari” arricchiti di gossip e

pubblicità, che sono stati etichettati più come una propaganda per l’azienda che veri e

propri materiali scolastici, dove i loghi sono sempre ben visibili e viene promosso

l’acquisto dei prodotti e i valori del brand vengono spesso decantati dai professori, in

un contesto di educazione scolastica.

La Hidden Valley, della Clorox Company, nel 2008 ha espanso il suo programma di

sovvenzioni alle scuole elementari della nazione supportando l’incremento del

consumo di verdura fresca durante i pranzi in mensa, con il programma ‘Love your

Veggies’. Ha distribuito nelle classi più di 30.000 kit incentrati nel tema ‘Vegetables

and You’, che includono attività cross-culturali (matematica, arte, scienze) di diversi

gradi per sottolineare l’importanza del mangiare verdure. In accordo con Janey

Thornton17, “le scuole della nazione stanno cercando di implementare, attraverso modi

creativi, il consumo di più verdure, ma semplicemente mancano i fondi per farlo […]

16 Il concorso, è sponsorizzato da: Progressive Automotive, Cisco, Discovery Education, il U.S Department of Energy e la X-Prize

Foundation, i cui marchi sono ben visibili nella home page del sito e sui vari materiali. Sul sito si legge la mission della Foundation :“We believe that a small group of people with passion for a cause can achieve that which has never been attained. This is why we stage competitions that challenge issues that matter most”. <http://www.fuelourfuturenow.com>

17 Presidente dell’associazione nazionale no-profit, School Nutrition Association

15

Noi ringraziamo la Hidden Valley per gli sforzi che fa nel creare un impatto su

migliaia di bambini”18.

La compagnia petrolifera BP, impegnata in campo internazionale, ha creato diversi

materiali, rintracciabili e scaricabili dal suo sito web, che parlano d’ingegneria

industriale, scienze e geografia o per promuovere la sostenibilità del territorio e il

verde, perché, come si legge: “la responsabilità che la compagnia ha per i giovani e le

nostre risorse educative riflettono la nostra attenzione per l'energia, l'ambiente e le

capacità imprenditoriali di leadership”. Discorso molto discutibile visto il recente

disastro del Golfo Del Messico Aprile 2010.

La Scholastic Inc. ha prodotto per lo scorso anno scolastico materiale didattico per le

due compagnie in competizione nel mercato dell’energia, esemplificando quanto

cinicamente questo materiale sia stato progettato e diffuso per l’apprendimento dei

bambini verso uno sponsor: per Shell ‘Energize your Future’ programma che si

indirizza all’importanza dello sviluppo delle risorse energetiche e collega l’azienda a

questi sforzi, mostrando la compagnia come leader nello sviluppo di nuove tecnologie

ed energie alternative; dall’altra parte, per l’ American Coal Foundation il ‘United

States of Energy’19 il cui programma sottolinea l’uso e la produzione del carbone in

molti stati.

Questo è un chiaro esempio per mostrare quanto il marketing sembra innocuo e sembri

avere come mission l’educazione dei giovani, invece rappresenta una forte influenza

su di loro. L’opposizione alle commercializzazione delle scuole sta avendo successo in

America in questi ultimi anni e alcuni stati hanno già attuato piani e leggi contro tutti i

vari tipi di sponsorizzazione dentro i locali scolastici, o hanno vietato i programmi

come Channel One e BusRadio.

1.5.1 Channel One

Si definisce un news service costruito per “informare, educare e inspirare facendo notizie interessanti e rilevanti per i giovani”20

18 “Schools nationwide are trying to implement creative ways to get their kids to eat their veggies, yet simply lack the funds to do so…We

praise Hidden Valley for their efforts in making an impact on thousands of children.” 19 Iniziativa che ha catturato l'attenzione di una coalizione di gruppi di difesa, nella primavera del 2011 e ha portato ad una campagna che

culminò con la decisione della Scholastic, nel luglio 2011, di fermare la distribuzione di questi materiali. 20 “Inform, educate and inspire by making news relevant and engaging for young people.”

16

E' possibile che, ancora oggi, più di 5 milioni di studenti distribuiti in più di 10.000

scuole degli Stati Uniti siano obbligati a guardare ogni giorno una televisione

pienamente commerciale? Si, attraverso il marketing aggressivo di Channel One. Si

tratta di un provider for-profit di contenuti digitali trasmesso dal 1990 nelle scuole

americane, un in-school news di 12 minuti di cui 2 sono spot commerciali. In cambio

della concessione di un'antenna satellitare alle scuole, di televisori e apparecchiature

tecnologiche, Channel One richiede che gli studenti guardino il programma. Ogni

scuola che firma il contratto, promettendo essenzialmente di consegnare una “captive

audience” 21, è obbligata a nebulizzare Channel One sul 90% dei giorni scolastici e

nell’80% delle classi. Studenti e professori non possono cambiare canale e nemmeno

aumentare o diminuire il volume, creando un ambiente ideale per le aspettative di un

pubblicitario. In cambio di questa irresistibile opportunità di mercato verso

un’audience coatta, Channel One fa pagare agli inserzionisti un costo superiori ai

$195.000 per uno spot di 30secondi, usando il suo news show per incoraggiare gli

studenti a comprare videogiochi violenti, film poco educativi, costosi smartphone,

bevande energizzanti, perfino carte di credito e prescrizioni mediche. Channel one

sostiene di essere “il primo fornitore di notizie televisive e di programmi di educativi

per le scuole secondarie americane”, ma una ricerca della University of Massachusetts-

Amherst sostiene che i distretti scolastici che possono permettersi di dire no a Channel

One lo fanno. Lo studio dice che il programma è sproporzionalmente mostrato nelle

scuole localizzare nelle comunità di periferia con bassi redditi, infatti si trova

soprattutto dove ci sono pochi soldi disponibili per l’istruzione e per i materiali

scolastici. Le scuole di queste comunità per poter sopravvivere firmano contratti con il

programma, non pensando che: ogni minuto che il programma è in onda, i contribuenti

lo stanno pagando e gli studenti stanno perdendo tempo. Uno studio22 recente rivela

che il tempo scolastico perso per Channel One costa ai contribuenti $1.8 miliardi di

tasse l’anno, mentre ai pubblicitari costa appena $300 milioni.

21 “Audience prigioniera”, termine rintracciato per la prima volta nel 1902 che i riferisce a un certo numero di persone che ascoltano o

guardano un determinato programma perché non hanno scelta. 22 Del Milwaukee’s Center for the Analysis of Commercialism in Education, della University of Wisconsin.

17

In uno dei primi studi sul programma23 ricercatori scoprirono che solo il 20% di tempo

in onda è utilizzato per notizie politiche, economiche, sociali e culturali recenti. Il

restante 80% è invece formato da pubblicità, sport, meteo, disastri naturali, gossip e la

promozione dello stesso Channel One, solo grazie a questa prima analisi, genitori di

milioni di studenti sono venuti a conoscenza della pratica. Jim Metrock, un

conservatore di Birmingham, in Alabama, racconta che sua figlia ha guardato Channel

One per anni senza che lui lo sapesse, quando lo ha scoperto, ha fondato Obligation,

un gruppo anti-Channel One. Nel tempo è cresciuta l’opposizione a Channel One,

attraverso gruppi di protesta, associazioni di genitori o di insegnanti24. Tutti gli

condannano di fare pubblicità diretta agli studenti, soprattutto di prodotti che non

migliorano certo il benessere del bambino e con dubbia valenza educativa. Nel tempo

è stato utilizzato anche per il reclutamento militare e per i messaggi che promuovono

marchi di aziende di tabacco. Le ricerche che mettono a confronto le scuole Channel

One e quelle che non lo trasmettono dimostrano che il programma incide anche sul

comportamento dei bambini: è molto più probabile che gli studenti Channel One

affermino che “una bella macchina è più importante della scuola” e che “sono le

etichette a fare la differenza” o che “le persone benestanti sono più felici di quelle più

povere”.

In questi ultimi mesi la lotta contro Channel One ha imperversato in diversi stati degli

U.S.A, incluso lo stato di New York, che ha interdetto il programma. Per difendersi lo

show ha fatto di tutto tranne che cambiare rotta. Ha speso milioni in manovre di

corridoio, ha sponsorizzato conferenze di “alfabetizzazione televisiva”, ha assunto

accademici che dimostrassero la propria legittimità. Ha addirittura offerto tangenti,

agli insegnanti delle scuole non-Channel One che sono stati reclutati, perché tentassero

di convincere gli amministratori delle loro scuole a sottoscrivere il programma. La

buona notizia è che dal 2005 al 2012 c’è stato un calo di più di 2 milioni di

23 Il Professor William Hoynes professore del Vassar College insieme al Professor Mark Crispin della Johns Hopkins University coordinano

la prima ricerca su Channel One nel 1997, analizzando 36 dei suoi “shows” distribuiti tra il 1995-1996. 24 la National Education Association, la American Federation of Teachers, la National PTA e la National Association of State Boards of

Education

18

“spettatori”, attestandosi a quota 5,5 milioni dagli 8 milioni degli anni 200025; finché

ci saranno studenti obbligati a guardare ogni giorno lo “show” non si potrà festeggiare.

1.6 Digital Marketing

Con digital o electronic marketing si definiscono tutti i programmi elettronici, come

broadcast, gli strumenti tecnologici digitali e per l’accesso a Internet che vengono

forniti alle scuole o ai distretti scolastici, da una corporation, con il diritto in cambio,

di far pubblicità sugli studenti, le loro famiglie o comunità di membri che entrano in

contatto con la scuola e di controllare il loro utilizzo in rete. Le scuole attraverso le

compagnie ottengono gratuitamente accesso a Internet, con anche supporti

comunicativi e servizi, come siti per l’apprendimento che vengono arricchiti di

pubblicità. Una volta online, gli studenti sono protagonisti di un mondo virtuale

immerso di pubblicità, advergame, product placement. Queste iniziative di marketing

hanno successo per diversi motivi: i bambini spendono molto tempo su internet, e per

la maggior parte non supervisionati da adulti; possono accedere volontariamente a

internet e a siti di marketing; il tempo che passano su questi siti è illimitato; e molti di

questi siti sono interattivi. Differentemente dai vecchi spot di 30sec., il digital

marketing ingaggia attivamente il target in attività legate ad esso per un periodo di

tempo protratto.

Google, per esempio, introduce gli studenti nel suo panorama di marca provvedendo

un servizio di pubblicità gratuita per le scuole, la ‘Goggle Apps for Education’, che

dispone di un filtro per le mail, documenti online, web page, streaming media e altri

servizi e applicazioni. Inoltre, permette agli utenti di collaborare in tempo reale

attraverso il cloud computing26, utilizzando un software online di Google per la

memorizzazione e la gestione dei dati. In Oregon, dove si utilizzare il servizio dal

2010, la portavoce Susanne Smith del Dipartimento della Pubblica Istruzione afferma:

«Utilizzare la tecnologia di Google già in classe permette agli studenti di prepararsi

alla vita lavorativa».

25 <http://www.obligation.org/2011-09-08-shock-channel-one-news-loses-500000-students-within-three-months> 26 In informatica con il termine inglese cloud computing (in italiano nuvola informatica) si indica un insieme di tecnologie che permettono,

tipicamente sotto forma di un servizio offerto da un provider al cliente, di memorizzare/archiviare e/o elaborare dati (tramite CPU o software) grazie all'utilizzo di risorse hardware/software distribuite e virtualizzate in Rete in un'architettura tipica client-server.

19

1.7 Programmi d’incentivazione

I Programmi d’incentivazione vengono sponsorizzati dalle corporation e rappresentano

un altro esempio della loro presenza all’interno del panorama scolastico. Le aziende

provvedono a servizi, denaro, e prodotti agli studenti e alle scuole in cambio della

partecipazione a specifiche attività da parte degli studenti stessi o dalle loro famiglie.

Questi programmi, iniziati più di 30 anni fa, con la fondazione del programma per

l’educazione della Campbell, forniscono materiale scolastico “gratuito” in cambio

delle prove di acquisto dei prodotti. Le Box Tops di General Mill rappresentano il più

grande programma di raccolta fondi nella nazione con intenti educativi, con 75 milioni

di dollari solo nel 2011. Da quando fu lanciato nel 1996 ha pagato quasi 500 milioni di

dollari in più di 90.000 scuole e il suo impatto finanziario è abbastanza

impressionante. Uno sguardo più attento mostra una vera “comunità di Box Tops” che

è formata da consumatori accaniti e che hanno un legame profondo con General Mills

e sono orgogliosi di spendere denaro per le loro scuole e incoraggiano gli altri genitori

a comprare i prodotti General Mills.

Nel 2008, in collegamento con le elezioni americane, il programma della UR Vote

Counts attirava i giovani nei centri commerciali a votare, offrendo loro degli sconti e

offerte per ristoranti, negozi e i partners attraverso una mail spedita direttamente a

loro. Il programma Pizza Hut’s Book-it, che ha coinvolto milioni di studenti, regala

pizze ai bambini che leggono un certo numero di libri. La McDonald’s organizza le:

Mc Teacher Nights, serate in cui gli insegnanti delle scuole aderenti lavorano al fast

food e i bambini con le famiglie sono invitati a mangiare, per far guadagnare soldi alla

scuola che riceve una percentuale degli incassi della serata. Un’iniziativa resa

addirittura ufficiale in California dal governatore Gray Davis. Un ulteriore esempio, è

il concorso ‘SunnyD Book Spreel’, lanciato dalla Sunny Delight Beverages company.

Si tratta di un’iniziativa a tempo per raccogliere prove d’acquisto dei suoi prodotti, in

cambio la scuola vincitrice riceve 2.000$ in libri, mentre tutte le altre, che inviano

almeno 20 voucher, ricevono 20 libri. Il concorso è pubblicizzato in tv e sul sito del

brand e incoraggia i genitori a creare gruppi su Facebook di supporto all’iniziativa, a

portare i prodotti in classe, e a comprarli per le feste dei bambini.

20

1.8 Raccolte fondi

Con i tagli della politica ai finanziamenti per l’istruzione pubblica sono diventate popolari

anche le raccolte fondi. Si tratta di programmi commerciali che, si suppone, aiutino le scuole

a raccogliere fondi per le loro attività. Includono diverse forme, come la vendita porta a

porta, l’organizzazione di serate, feste, mercatini. La California Coffee Roasters proprietaria

della Coffee Funds, offre raccolte fondi alle organizzazioni no profit, incluso le scuole. La

scuola per ogni sacco da 5kg di caffè, venduto dalla California Coffee Roasters, nei negozi o

online, guadagna una percentuale che varia dal 0,25% al 12%. Per esempio, la Houston

Indipendent School District, incoraggia le famiglie a iscriversi al sito

www.powerforschool.org, il fornitore di energia che utilizzano, che a sua volta farà una

donazione al distretto scolastico che lo rappresenta con più famiglie. Nel Montgomery

County, MD, una ricerca del 2007 ha scoperto che tutte le scuole di secondo grado della

contea e una buona percentuale di quelle di primo grado organizzano raccolte fondi attraverso

ristoranti e fast food.

21

"Les campagnes de dentifrice ont sauvé plus de caries que les cours obligatoires d’hygiène. Elles devraient être remboursées par la Sécurité sociale." Jacques Séguéla

2. In Europa

2.1 La sponsorizzazione nella legislatura italiana

Il contratto di sponsorizzazione è un contratto atipico che viene ricondotto nella

fattispecie della vasta categoria dei contratti di pubblicità dai quali però si differenzia.

Infatti nei contratti di pubblicità oggetto del negozio è la mera diffusione diretta di un

messaggio finalizzato a promuovere le vendite di un determinato bene o servizio, nella

sponsorizzazione, invece, il messaggio trasmesso non consiste nell’esaltazione della

qualità del prodotto o del servizio di un’impresa, ma si realizza invece nella

divulgazione del segno distintivo dello sponsor.

Il fenomeno della sponsorizzazione ha registrato nel tempo una notevole evoluzione,

oggi, nella sua attuale configurazione, la sponsorizzazione identifica quel contratto in

virtù del quale una parte, denominata sponsee, si obbliga, dietro corrispettivo, a

collegare alla propria attività il nome o il distintivo di una controparte, denominata

sponsor, divulgando in tal modo l’immagine o il marchio presso il pubblico27.

Attraverso tale specifica forma di comunicazione, lo sponsor, non mira a reclamizzare

i propri prodotti per sollecitarne l’acquisto da parte del pubblico dei consumatori, ma

piuttosto a rendere riconoscibile i propri segni distintivi, al fine di accrescerne o

consolidarne la rinomanza. Il problema riscontrato nella Giurisprudenza italiana per

quanto riguarda la sponsorizzazione è la mancanza di una disciplina legale, che ne

identifichi oltre che il contenuto anche la causa e l’oggetto. Ora, i suoi lineamenti gli

permettono di essere collocata nell’ampio genere dei contratti di pubblicità, ma di

costituire una specie dotata di rilevanza autonoma. Specificatamente, come nota B.

Inizitari la tecnica di comunicazione della sponsorizzazione si differenzia dalle

direttrici classiche della pubblicità sotto vari aspetti, quali essenzialmente: durata,

frequenza e intensità della diffusione; contenuto del messaggio; controllo del

messaggio da parte dello sponsor.

27 G.Vidiri, Il contratto di sponsorizzazione:natura e disciplina, in I contratti di pubblicità e sponsorizzazione (a cura di) A.M. Gambino,

2012

22

Per quanto riguarda le sponsorizzazioni relative alla scuola pubblica la nostra

legislazione è intervenuta molto in ritardo rispetto a quella americana. Solo con la

Legge 15 marzo 1997, n. 59, detta poi “legge Bassanini” ha previsto una significativa

estensione dell’autonomia delle Istituzioni Scolastiche, finalizzata, in particolare, alla

realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell’efficienza e dell’efficacia

del servizio scolastico, all’integrazione e al migliore utilizzo delle risorse e delle

strutture, all’introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto

territoriale. I contratti di sponsorizzazione, disciplinato dall’art. 41 del Regolamento,

ne prevede la sottoscrizione con soggetti pubblici o privati purché le finalità ed attività

degli sponsor non siano in contrasto con la funzione educativa e culturale della scuola.

In virtù del Regolamento, inoltre la preferenza deve essere accordata a sponsor che per

“finalità statutarie, per le attività svolte, ovvero per altre circostanze abbiano in

concreto dimostrato particolare attenzione e sensibilità nei confronti dei problemi

dell’infanzia e dell’adolescenza”. È evidente che se prima dell’emanazione del

Regolamento la sottoscrizione dei contratti di sponsorizzazione in ambito scolastico di

poneva in contrasto con la finalità primaria delle Istituzioni Scolastiche, oggi il

legislatore non solo la prevede ma se ne augura la diffusione, ritenendo la

collaborazione tra privati e pubblica amministrazione un’opportunità per migliorare le

prestazioni e la competitività della stessa. Il fatto che il legislatore non abbia posto

alcuna limitazione circa le tipologie merceologiche che possono essere pubblicizzate

in una scuola costituisce sia un’opportunità sia un limite28.

2.2 Situazione della scuola europea

In Europa, la scuola intesa come “isola senza pubblicità” sembra appartenere sempre

più al passato, da tempo la pubblicità ha fatto la sua incursione anche lì: non solo

indirettamente attraverso gli zainetti e gli indumenti indossati dagli studenti, ma anche

per mezzo di diari sponsorizzati e penetrando persino nei libri di testo e con il

marketing virale che coinvolge gli stessi ragazzi mediante la distribuzione di campioni

gratuiti, con la collocazione di messaggi promozionali negli ambienti scolastici:

28 Gambini A.M., “I contratti di sponsorizzazione”, Cap.3 Falce V., I contratti di pubblicità e di sponsorizzazione, Giappichelli Editore,

Torino, 2012

23

locandine, manifesti e sponsorizzazioni varie. Le amministrazioni scolastiche non

possono fare altro che regolamentare questo processo, non più inevitabile. Le scuole

costituiscono un nuovo bersaglio della pubblicità soprattutto quella alimentare nei

Paesi dell’UE. Le strategie di marketing includono eventi sponsorizzati, raccolta di

prove d’acquisto per la fornitura di attrezzature sportive o didattiche, esperienze in

laboratorio, visite didattiche, raccolte punti e la vendita attraverso distributori

automatici. Ci sono abbondanti esempi d’in-school marketing in tutti i Paesi membri,

perfino in un paese come il Portogallo, dove è vietato.

La pratica, che prevede soprattutto messaggi di pubblicità, di vario genere e tipo, sui

packaging dei prodotti che entrano e circolano nelle scuole, è cresciuta particolarmente

in Belgio, Svezia, Finlandia, Olanda, Germania, Grecia, Inghilterra e Irlanda, negli

ultimi anni. Uno dei metodi più comuni per le compagnie è di provvedere a programmi

di studio nei quali sono sponsorizzati i propri oggetti e inseriti coupon per acquisti o

sconti, le varie compagnie organizzano anche quiz o concorsi nelle scuole con ricchi

premi brandizzati. Un altro modo per le compagnie è di sponsorizzare il materiale

scolastico, per esempio in Olanda a molte scuole furono dati alcuni televisori gratis in

cambio di spazio in speciali pannelli appesi lungo i corridoi.

Gli insegnanti che volevano spiegare ai loro studenti i contesti economici attraverso

esempi concreti, fino a due decenni fa, dovevano agire di propria iniziativa,

contattando le aziende in prima persona, oggi invece si assiste a collaborazioni

continue. Essi sono costituiti da raccolte di documentazione stampata, libri oppure cd o

contenuti online, che possono essere utilizzate nell’ambito del curriculum. I materiali

sono proposti agli studenti gratuitamente o a prezzo simbolico. Perché così economici?

Tutti questi materiali recano il nome della marca di un’azienda o di uno sponsor29.

Così, ad esempio, l’organizzazione Educational Communications30 produce il

pacchetto ‘Wild Things’, un progetto scolastico per bambini dai 7 agli 11 anni, che è

utilizzato in Inghilterra. I loghi e la marca dei due sponsor Tetley e Animal Hospital

29 Furtner-Kallmünzer et. al., Publicità e consumi sui banchi di scuola. Studi e sperienze in Gran Bretagna, Francia, Italia, Stati Uniti e

Germania, Franco Angeli, 2002. 30 The Association for Educational Communications and Technology è un’associazione professionale e accademica dedicata all’uso effettivo

delle tecnologie per migliorare l’apprendimento. I membri garantiscono la leadership nel settore attraverso la promozione di borse di studio. AECT pubblica tre riviste: TechTrends (un bimestrale per "leader nella tecnologia e l’istruzione"), Tecnologie Didattiche di ricerca e sviluppo (una rivista accademica bimestrale) e The Quarterly Review of Distance Education (trimestralmente una rivista accademica). AECT sponsorizza l'International Student Media Festival (ISMF).

24

sono presenti in maniera costante nei prodotti. L’organizzazione informa apertamente

la propria potenziale clientela del fatto che un’iniziativa educativa può costituire un

potente strumento di marketing. I costi di questo pacchetto di materiali didattici hanno

senz’altro un ritorno per le aziende, perché i giovani vengono chiamati in causa

direttamente e i messaggi chiave delle aziende e i profitti di mercato restano radicati

nella generazione presente e futura di consumatori. Perché questo può essere avvertito

come problema? In parte, per il modo in cui la popolazione percepisce gli ambienti

della scuola e dell’economia, laddove il primo è di ambito sacro, il secondo è profano:

finché il commercio resta al suo posto, i bambini sono al sicuro. Se il rapporto scuola e

interessi commerciali fosse sfruttato reciprocamente, non esisterebbe alcun problema.

Materiali didattici come questi possono essere vantaggiosi, perché un insegnante

flessibile può utilizzarli anche come stimolo per un dibattito suo loro ruolo in aula,

sulla loro presenza nella scuola e sul loro finanziamento.

2.3 Normative UE

Le nuove tecniche di marketing rivolte ai bambini, largamente utilizzate negli

Stati Uniti, come la pubblicità attraverso le scuole, le direct mail e i club per bambini,

sono giunte da qualche anno anche nel nostro continente, provvedendo a una prima

regolamentazione da parte degli Stati membri, ma ancora nessun paese si è

ampiamente dedicato ad esse.

Un altro punto sul quale la regolamentazione varia da Paese a Paese o è mancante è la

definizione stessa di “bambini” e “infanzia”, che oscilla infatti tra un'età massima di

12 anni nei Paesi Bassi, Norvegia e Svezia e di 21 anni in Estonia; oppure

l’applicazione dei regolamenti a tutta la pubblicità, che può essere vista dai bambini, e

non solo a quella specificatamente rivolta verso di loro.

Troviamo quindi un divario enorme negli ordinamenti a proposito delle nuove tecniche

di marketing dirette ai bambini sia a livello comunitario e la mancanza di un approccio

esauriente ed armonico. Solo nel campo delle pubblicità di alcool e tabacco sembra

esistere un approccio più o meno uniforme diretto verso minori, con norme specifiche

in tutti gli Stati membri. Per quanto riguarda altri prodotti o servizi di interesse ai

25

bambini, come i giocattoli e dolciumi, i regolamenti non sono affatto uniformi: in

alcuni paesi non esistono proprio, in altri non coprono comunque l’intero panorama

delle iniziative di marketing verso i bambini, o sono troppo generali e difficili da far

rispettare. Va ricordato che le varie iniziative normative non includono quasi mai la

dimensione transfrontaliera della pubblicità rivolta ai bambini. Ciò implica che non è

possibile per i singoli Stati membri applicare le norme nazionali in caso di violazione

da parte di pubblicità "straniere".

2.3.1 Regolamentazione del marketing alimentare nelle scuole31

La regolamentazione del marketing alimentare diretto ai bambini è del tutto

disomogenea sia fra i vari Paesi della UE che all’interno di ogni singolo Paese. I

sistemi di protezione dell’infanzia variano da una estrema severità (per esempio il

bando della pubblicità mirata ai bambini di età inferiore ai 12 anni in Svezia e

Norvegia) alla non esistenza. La maggior parte dei Paesi riconosce la necessità di

proteggere i bambini dalla pubblicità e dal marketing in generale, tuttavia soltanto sei

Paesi (Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Spagna e Regno Unito) dispongono

di regolamentazioni specifiche sul marketing alimentare. L'impatto del marketing

alimentare rivolto ai bambini nella sua totalità non è ancora stato preso in

considerazione in nessuna delle normative disponibili. Molte sono le linee guida basate

sull'etica, ma molto meno numerose sono le restrizioni specifiche per quanto riguarda

le fasce orarie, i contenuti e la forma delle campagne pubblicitarie dirette ai bambini e

ancora meno regolamentate sono le pratiche non tradizionali, come il marketing nelle

scuole, le sponsorizzazioni, le tecniche basate su Internet e altre promozioni.

Alcuni Governi, in particolare quello tedesco e quello britannico, stanno tentando di

convincere l’industria alimentare e pubblicitaria a ridurre spontaneamente la loro

attività, per esempio attraverso un’autoregolamentazione “responsabile”. I Governi di

altri Paesi si stanno concentrando sulla restrizione del marketing alimentare all’interno

31 Bureau Européen des Unions de Consommateurs (BEUC), Where does my food come from? BEUC fu creato il 6 marzo 1962 da alcune

organizzazioni di consumatori di Belgio, Lussemburgo, Francia, Paesi Bassi, Italia e Germania a Bruxelles, organizzazione pioniera fu una delle prime a installarsi nella capitale europea per cercare di influenzare i processi decisionali, promuovendo i diritti dei consumatori. Diritti di Informazione, Sicurezza, Scelta, Rappresentazione, Educazione, Soddisfazione dei bisogni di base, Ambiente pulito, Risarcimento. Oggi il Beuc conta 41 organizzazioni indipendenti nazionali di 31 Paesi dell’Europa. <http://docshare.beuc.org /docs/1/NHAIMAAAA HAG CIAHFGGCDANLPDW69DBDG69DW3571KM/ BEUC/ docs/DLS/2013-00043-01-E.pdf>, 2013.

26

delle scuole, come ad esempio in Finlandia, dove l’influenza del marketing nelle

scuole è percepita come un fenomeno particolarmente preoccupante, e in Grecia, dove

la mancanza di definizioni nutrizionali condivise sta rallentando le iniziative e gli

sforzi per eliminare i prodotti alimentari non salutari dalle scuole. Le industrie

alimentari e pubblicitarie difendono il loro diritto di promuovere i propri prodotti,

lottano per l’eliminazione dei divieti laddove esistono e si oppongono strenuamente a

ulteriori rafforzamenti delle restrizioni già in vigore. Le argomentazioni comunemente

utilizzate dalle industrie a tal proposito nei diversi Paesi sono:

• Ci sono poche evidenze scientifiche delle correlazioni tra il marketing alimentare e

l’obesità infantile;

• Le cause sociali responsabili dell’obesità sono diverse, motivo per il quale non è

ragionevole accusare i media e le industrie alimentari;

• L’autoregolamentazione delle aziende esistente è molto più efficace delle restrizioni

legislative;

• E’ necessario insegnare ai bambini a interpretare correttamente le promozioni

pubblicitarie, piuttosto che proibire del tutto la pubblicità;32

Ad ogni modo, sebbene non sia considerato l’unico fattore determinante, il problema

del marketing alimentare diretto ai bambini è ritenuto molto importante e le

organizzazioni che si occupano di salute insieme alle associazioni di consumatori sono

generalmente favorevoli a introdurre maggiori restrizioni o divieti totali sul marketing

di cibi ad alto contenuto di grassi, zuccheri o sodio diretto ai bambini. Dello stesso

parere sono anche i genitori, gli insegnanti e altri gruppi che si occupano della tutela

dell’infanzia, i quali vorrebbero estendere i divieti anche nelle scuole. C’è chi

attribuisce al problema non solo una connotazione salutista ma anche etica e morale,

come ad esempio nel caso di un Ospedale Universitario belga che definisce

moralmente inaccettabili le macchinette che distribuiscono bevande zuccherate nelle

scuole.

32Matthews A., Il marketing dei prodotti alimentari non salutari diretto ai bambini d’Europa, <http://www.trombosi.org/filemanager/

cms_alt/files/chi_siamo/Pubblicazioni/rapporto_bambini_obesit__/Report_CHOB_ITA.pdf>. BEUC, Children and advertising, <http://www. beuc.org/custom/ 2002-00874-01-D.pdf> 2000

27

2.4 Inghilterra

In Inghilterra, il dibattito sulle privatizzazioni delle scuole si è intensificato da quando

il Labour party ha preso il potere nel 1997, il governo spinge le compagnie con e senza

interesse pubblico ad essere coinvolti nella scuola e nelle loro comunità locali. Tra

tutte le pratiche, viste negli Stati Uniti, lo strumento più utilizzato, è la

programmazione del materiale accademico, ad esempio Walkers33, promuove un

programma chiamato ‘Wlakers Football Fund’ che fornisce materiali per giocare a

calcio alle scuole per incoraggiare i bambini a praticare sport. Nessuna forma di

legislazione è stata proposta per controllare la crescita della commercializzazione nelle

scuole. Il governo del Labour party ha creato una piattaforma politica, Every Child

Matters34, che in qualche modo rispecchia l’americana No Child Left Behind35, e

anche l’incarico a un “Commissario per i Bambini” che si impegna a creare un mondo

“dove i bambini e i giovani sono veramente al centro delle politiche e delle pratiche.”

La posizione, si suppone, serva da supervisore per garantire la conformità con il

governo delle Nazioni Unite e le legislazioni dell'Unione Europea, ma in questi anni

ha esposto solo qualche critica che il governo ha ignorato continuando a incoraggiare

l’entrata delle corporation nella scuola pubblica.

Il gigante americano Kellogg’s ha creato un programma di educazione “alimentare” e

sportiva, nelle scuole primarie della Gran Bretagna, il ‘Breakfast Clubs Plus’, che

spinge i bambini a scegliere tra i vari tipi di prodotti venduti dalla compagnia: Rice

Krispies, Corn Flakes, Weetabix oppure Sultana Bran, come parte della loro colazione

sana. L’azienda poi sponsorizza sul suo sito internet la lega di calcio femminile e

quella dei giovani. I bambini sono assicurati che gli “atleti scoprono i potere dei nuovi

Frosted Flakes Gold con il 10% di cereali integrali in più per porzione che ti da energia

quando ne hai bisogno, aiutandoti per conquistare l’oro!”

33 Compagnia inglese sotto al marchio della PepsiCo Incorporated 34 Every Child Matters (ECM) è un’iniziativa del governo Uk per l’Inghilterra e il Galles, lanciata nel 2003, rappesenta una dei più

importanti programmi di sviluppo in relazione con i bambini e al loro servizio dell’ultimo decennio, è stata descritta come un “sea change”. It has been the title of three government papers, leading to the Children Act 2004. Every Child Matters copre bambini e giovani fino ai 19 anni e fino a 24 per coloro che hanno disabilità. Lo scopo è quello di fornire a tutti i bambini, qualunque sia il loro background o le loro circostanze, supporto per quello di cui hanno bisogno: “Stay Safe, Healthy, Enjoy and achieve, Economic well-being, Positive contribution”(SHEEP).

35 No child left behind è un atto del Congresso Americano del presidente Bush del 2001, che mira ad aiutare gli studenti svantaggiati delle scuole di primo e secondo grado. Il NCLB permette ad ogni stato di sviluppare e decidere nuovi standard per le conoscenze di base misurabili tramite test nazionali.

28

Tesco, il più grande supermercato in Inghilterra e Irlanda, è la compagnia più

impegnata e attiva in programmi di in-school marketing e promozione nelle scuole. Il

suo programma più conosciuto nel Paese d’incentivazione è il ‘Tesco’s Computers for

Schools’, che grazie alla raccolta di voucher da parte delle famiglie dei bambini,

permette alle scuole di ottenere computer e altre forniture tecnologiche, pratica che è

stata criticata da associazioni di consumatori ed esperti e la rivista di investigazione

Which?36. Altre iniziative sviluppate sono il ’Tesco Sports for Schools and Clubs’, che

fornisce materiali sportivi, o l’organizzazione di eventi e competizioni come il ‘Tesco

Great School Run’, il ‘FA Tesco Skills’ programma per gli allenatori di calcio, il

‘Tesco Go Ride’ programma per incoraggiare l’utilizzo delle biciclette, e il ‘Tesco

Young Chef’, dove tutti gli ingredienti sono rintracciabili all’interno del supermercato.

La Nesté è impegnata in un programma d’incentivazione all’educazione, in partnership

con l’editoria Dorling Kindersley, fornisce libri “gratuiti” in cambio di gettoni trovati

nelle scatole di cereali e negli altri prodotti. Tutte le maggiori compagnie nel campo

dell’energia producono materiali educativi: la British Nuclear Fuels ha un sito rivolto

agli insegnanti che offre una vasta gamma di risorse fortemente brandizzate che

spaziano su differenti temi: chimica, matematica, ecologia, ingegneria, sostenibilità,

nuove tecnologie, come anche British Gas, Shell, e E-on.

Si è sviluppato anche un nuovo settore industriale specializzato nella creazione di

propaganda per le corporation: la MBA è un’agenzia di comunicazione con base a

Londra, la cui vision è di essere: “il più efficace canale di comunicazione tra le

compagnie clienti e i giovani che richiedono una solida piattaforma che progetta il loro

brand e raggiungere i loro obbiettivi”37. Il suo Business Studies Resource Centre

fornisce materiali alle più conosciute marche, incluso Nesté, Procter & Gamble,

McCain, McDonald’s, Tarmac, Portakabin, Siemens e Unison.

L'opposizione alla commercializzazione della scuola in Inghilterra è un problema

considerato abbastanza isolato e specifico, che produce raramente notizia sui Media.

36 Ha calcolato nel 2001 che servono quasi 45.000£ di shopping per uno scanner da 80£ e circa 220.000£ per donare alla scuola un computer

da appena 900£. Questa pratica di voucher è estesa anche all’Irlanda con il programma ‘Kids in Action’ che donava alla scuola, nel 2008, palloni da calcio “gratuiti” con 3.190€ di spese o trampolini per la pratica della ginnastica artistica da 250€ con l’equivalente di 39.920€ di voucher; oppure il programma ‘Tesco Computer for Schools Equipment and Software’, nel quale un laptop PC che normalmente costa 530€ è scambiato con 230.000€ di voucher.

37 “the most effective channel of communication between young people and…corporate clients,” che “require solid platforms from which to project their brand and achieve their corporate objectives.” <http://www.mba.co.uk/about/our-approach>

29

Nonostante la generale mancanza di opposizione a ciò, in Inghilterra, vi è una

crescente presenza sul web di gruppi organizzati come: Baby Milk Action, Family

Focus UK, and Compass Direction for the Democratic Left, che hanno cominciano a

criticare le pratiche di sponsorizzazione nelle scuole e a produrre campagne in difesa

di una istruzione libera e dell'infanzia.

2.5 Francia

Nel 1936 fu proclamato il divieto assoluto di tutta la pubblicità nelle scuole francesi,

principio che intendeva proteggere l’infanzia e che fu più volte riaffermato

testimoniando un grande consenso nazionale che si scontra con la circolare n°2001-

053 del ministro dell’educazione pubblicata su BOEN n° 14 del 5 aprile 200138

intitolata «Code de bonne conduite des interventions des entreprises en milieu

scolaire»39. Il testo introduce la nozione contestabile di “neutralità commerciale”

permettendo la moltiplicazione degli interventi dei brand nelle scuole: kit pedagogici,

libri di testo, giochi-concorsi, sponsoring, etc.

Secondo la ricercatrice Angélique Rodhain40, autrice di un articolo sul tema, nel Petit

bréviarire des idées reçues en management41, la realtà francese è lontana dall’essere

semplice:

“chi non ha partecipato durante la scuola a un concorso di redazione organizzato da una banca, assistito a una presentazione sulla colazione organizzato da un’azienda agroalimentare o imparato i gesti dell’igene dentale tramite rappresentanti di marche di dentifrici?”42

La regolamentazione francese è molto più severa che negli altri paesi anglosassoni,

anche se ufficialmente la pubblicità è interdetta dentro il cortile scolastico, ci sono

numerosi esempi di comunicazione commerciale e l’educazione nazionale soffre di

una certa impotenza a fare rispettare la regola della neutralità43. Di fatto, nessuna

sanzione punisce chi trasgredisce le regole. Dal 2001, data in cui il ministero ha

38 Bulletin Officiel du ministère de l'Education Nationale et du ministère de la Recherche, <http://www.education.gouv.fr/botexte/bo01

0405/MENG 0100585C.htm> 39 “Codice di buona condotta degli interventi delle imprese nel panorama scolastico” 40 Angélique Rodhain ricercatrice sotto la direzione dei professor Philippe Aurier e Pierre-Louis Dubois, all’Universtité de Montpellier. Ha

partecipato al libro Kids Marketing, (Consommation des 0-25 ans), 2007. 41 Petit bréviaire des idées reçues en management, Anne Pezet e Samuel Sponem 2010 42 Peche M.E, “Même en France, la publicité s'introduit à l'école”, Le figaro <http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2011/11/15/01016-

20111115ARTFIG00691-meme-en-france-la-publicite-s-introduit-a-l-ecole.php> 15 Ott 2011 43Ibid.<http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2011/11/15/01016-20111115ARTFIG00691-meme-en-france-la-publicite-s-introduit-a-l-

ecole.php>

30

redatto il codice di buona condotta, l’ipocrisia è divenuta ovvia, autorizzando le

partnership con le aziende e dando agli insegnanti il compito di giudicare il carattere

commerciale dei materiali dell’azienda. Secondo la ricercatrice, Angélique Rodhain, le

frontiere sono sempre più sfuocate e la pubblicità si va progressivamente e

inesorabilmente a infiltrarsi dentro la scuola francese, dove ha accesso a 12 milioni di

scolari, con un potere di influenza stimato a più di 100 miliardi d’euro, e potere

d’acquisto personale di 4 miliardi d’euro dai 4 ai 17 anni. Al primo posto tra i settori

che desiderano entrare nelle scuole ci sono le aziende che operano nel campo

dell’economia alimentare e agraria. In questo settore si è appurato che i bambini

esercitano una forte influenza sugli acquisti della famiglia. È tuttavia necessario

considerare che i bambini, a questa età, non sono ancora consumatori indipendenti, e

che il loro interesse è rivolto esclusivamente ai bene di consumo. A parte l’obiettivo di

influenzare in modo diretto il comportamento ai consumi, le grandi marche cercano di

entrare nelle scuole soprattutto perché si tratta di un investimento futuro, poiché i

bambini di oggi saranno gli adulti e gli effettivi consumatori di domani e i ⅔ dei

prodotti consumati dai giovani saranno gli stessi durante l’età adulta. Il Gruppo

MARCUSE44 nel libro Miseria umana della pubblicità: Il nostro stile di vita sta

uccidendo il mondo critica la situazione francese:

“Le riforme dell’istruzione pubblica hanno attivamente promosso tutte le condizioni affinché le scuole francesi abbiano sempre più bisogno di denaro del settore privato, e ben presto molte saranno attaccate a flebo commerciali. È possibile che talune iniziative riescano, almeno in certi istituti, a ritardare la scadenza, ma da sole non potranno cambiare il problema di fondo. Concentrandosi su un capro espiatorio facile come la pubblicità, esse anzi contribuiscono a occultare la funzione cui l’istruzione pubblica tende a restringersi, con la benedizione dei genitori preoccupati per il futuro dei loro bimbi: quella di preparare questi ultimi a diventare impiegati “competitivi” e consumatori “razionali”.

44 (Mouvement autonome de réflexion critique à l'usage des survivants de l'économie) è un gruppo di giovani ricercatori sociologi,

economisti, filosofi, storici, psicologi e medici nato a Parigi il decennio scorso sull'onda dei nuovi movimenti di critica libertaria (come quello anti-pubblicità), cerca di diffondere idee e pratiche estranee alle istituzioni dominanti e tese invece a recuperare quelle forme di auto-organizzazione e aiuto reciproco nascoste sotto le macerie del secolo. Hanno rimesso in discussione l'idea di “eccesso pubblicitario”. La critica di M.A.R.C.U.S.E. riguarda l'intero sistema pubblicitario, considerato la chiave di volta dell'ideologia consumistica (di stampo liberale o socialista che sia). Poiché oltre un certo livello di concentrazione di poteri commerciali e finanziari, le imprese nel sistema di mercato sono obbligate a prevedere e pianificare le loro attività. Quando esse investono capitali enormi con anni di anticipo sugli introiti, devono assicurarsi che la produzione massiva sarà effettivamente venduta. Il mercato diventa allora la “filiera al contrario”: è l'offerta che regola la domanda. Il sistema pubblicitario è l'incarnazione virtuale dell'onnipresente “mano invisibile” nella società dello spettacolo.

31

Si possono trovare esempi all’interno delle scuole primarie: Nestlé e Kellogg’s con le

pubblicità di cioccolato in polvere Nesquick e cereali parlano di colazione equilibrata;

Danone ha progettato un kit pedagogico “i piaceri dell’alimentazione”, Liebig ne

propone uno sull’equilibrio alimentare e sull’importanza delle verdure; Colgate-Signal

utilizza la pubblicità come pretesto dell’educazione alla salute: spiegando un giusto

spazzolamento dei denti e prevenzione. Nelle scuole secondarie e licei la pubblicità

non è da meno, la vendita di prodotti si pratica da molto tempo: giornali, foto di classe,

bibite, snack, anche se l’introduzione delle marche è più recente. Candia promuove

un’attività attraverso i professori di biologia sul capitale genetico alimentare e

sanitario con più di 200.000 studenti; Texas Instruments e Casio organizzano degli

stage per l’apprendimento e l’utilizzo dei loro prodotti sempre più sofisticati; Coca-

Cola propone un dossier “scoperta dell’impresa”; vengono organizzati viaggi-studio in

parchi giochi come Disneyland o spettacoli di McDonald’s assicurando la promozione

del marchio; Leclerc sponsorizza giornate per l’ambiente; Gaz de France fa un

concorso per la creazione di locandine delle proprie pubblicità; come anche la banca

CIC con il gioco-concorso ‘Master de l’économie’. In ulteriore, si possono trovare

esempi di distribuzione gratuita di agende con pagine e coupon pubblicitari, campioni

gratuiti di bibite e snack, depliant o brochure ma anche banchi, armadietti, cestini con

impressi i marchi degli sponsor45.

Nel 2008, la città di Mongeron, sindaco in testa, è stata teatro di una sollevazione

popolare contro la distribuzione, all’uscita di alcune scuole, di volantini pubblicitari

per un’azienda di consegne a domicilio di bevande alcoliche. Si trattava in particolare,

ha precisato Le Figaro del 15 ottobre 2008, di “pack fun”, composti da una bottiglia di

vodka e bevande energizzanti, che permettono cocktail esplosivi dei quali gli

adolescenti sono avidi.46

Diverse associazioni come Attac hanno richiesto l’interdizione delle pubblicità e di

tutte le pratiche di marketing all’interno delle scuole e in tutti i locali pubblici perché

servono solo per inculcare riflessi consumisti propizi a un’“economia-casinò”, anche

diverse associazioni di professori si sono ugualmente opposte a queste iniziative 45 Ariès P., La pub à l’école? Bas les pattes! Débat sur l’école, <http://www.transversel.org/spip.php?article179>, 2012 46 Il libro nero della pubblicità potere e prepotenze della pubblicità sul mercato, sui media, sulla cultura, A. Zanacchi, Iacobelli Editore, 2010

32

commerciali, mentre l’ex-ministro dell’educazione nazionale Jack Lang ha difeso le

pratiche commerciali a nome della “formazione dei cittadini e dei consumatori”47.

2.7 All’interno delle scuole italiane

Negli Stati Uniti la pubblicità all’interno delle scuole ha cominciato ad assumere

dimensioni preoccupanti nel 1990. Oggi è una realtà anche in casa nostra, cosicché la

scuola italiana somiglia sempre più a quella americana: le aziende, infatti, firmano dei

veri e propri contratti con i quali le varie società possono collocare nelle scuole i loro

prodotti, fornire materiale didattico, dando in omaggio computer e campi di football,

insomma usare i centri educativi come preziosi canali di marketing. La conquista della

scuola da parte delle aziende è un tabù che è caduto da tempo, non c’è dunque da

meravigliarsi se cresce il numero degli istituti che senza aspettare l’ok delle istituzioni

ricorrono in autonomia ai privati per rinforzare il proprio bilancio. La scuola degli

ultimi 15 anni ha perso gradualmente il carattere di servizio pubblico “gratuito”, come

continua a recitare l’art. 34 della Costituzione. La situazione finanziaria delle scuole,

ha avuto un progressivo degrado con il ridimensionamento e l’autonomia scolastica,

che sono stati, alla luce degli ultimi anni, solo un espediente per contenere le spese

sacrificando la qualità didattica. L’idea di migliorare le risorse finanziarie della scuola

attingendo altrove è diventata una scelta obbligata, non solo della scuola privata, ma

anche di quella statale. Oggi nella stragrande maggioranza delle scuole statali le

famiglie pagano le visite guidate e i viaggi d’istruzione, attività di esperti, spesso

operanti durante l’orario curricolare, un contributo “volontario” d’iscrizione che viene

speso anche per il materiale didattico. I tentativi delle scuole di esperire modalità

“creative” nella raccolta di fondi da famiglie e privati afferiscono alla necessità di

mantenere standard di qualità e garantire esperienze ed attività che altrimenti non si

possono realizzare. La scuola è un’impresa sociale, vuol dire che deve poter garantire

che il servizio educativo sia per tutti, quindi le richieste delle scuole, dal punto di vista

sociale, sono delle “buone cause”, che non dovrebbero suscitare reazioni negative, a

parte quelle ideologiche sul rispetto del dettato costituzionale.

47 Las publicité et les mineurs, <http://fr.jurispedia.org/index.php/La_publicit%C3%A9_et_les_mineurs_(fr)#En_France>, Rentrée sans

marque, 2009 <http://www.casseursdepub.org/index.php?menu=campagnes&sousmenu=2009rsm>

33

Visto la scarsità di fondi a loro disposizione, otto istituti del centro di Roma, nel 2010

hanno chiesto aiuto alle imprese locali, “Sponsor etici” 48 assicurano gli amministratori

locali, che hanno posto un veto: “Niente multinazionali”49. Le scuole, tra cui la media

Giuseppe Mazzini, la Carlo Cattaneo e l'Istituto comprensivo Regina Margherita,

sfoggeranno sedie e banchi (regolabili, in modo da essere utilizzabili alle materne

come alle medie) con annessa pubblicità, per un totale di 40 mila euro di suppellettili.

A Monza, l’elementare Buonarroti ha chiesto fondi alle aziende locali per finanziare i

laboratori teatrali in cambio di pubblicità online e nella bacheca della scuola. «Basta

poco per far stare meglio l’istruzione statale – sottolinea Susanna Lenardon, uno dei

genitori promotori dell’iniziativa – e pubblico e indipendente non deve per forza far

rima con povero». Il progetto si chiama “Prodotto futuro”, i contributi delle aziende

sono deducibili e variabili, come diverse sono le dimensioni dei contributori da locali a

nazionali.

“Per la nostra scuola i tagli hanno voluto dire innanzitutto sacrificare le attività ‘collaterali’, quelle al di fuori dello stretto programma ministeriale sono proprio quelle che vogliamo salvaguardare. Alla Buonarroti abbiamo scelto il teatro, da dieci anni organizziamo uno spettacolo che va in scena al Manzoni di Monza e senza gli sponsor esterni questa volta avremmo dovuto rinunciare. In cambio le aziende ottengono visibilità sul sito di ‘Prodotto futuro’ e stiamo pensando ad altre forme di pubblicità. A scuola, in un’apposita bacheca, esporremo i loro nomi e per la sera dello spettacolo teatrale troveremo altri modi per promuoverle, magari distribuendo un gadget con i loghi”.

Nessun rischio per l’indipendenza della scuola pubblica? «Al contrario – risponde la

Lenardon – è la mancanza di risorse semmai che compromette l’istruzione per tutti. È

proprio perché crediamo nel valore della scuola statale che chiediamo aiuto ai privati e

chi contribuisce ci crede quanto noi»50.

L’istituto superiore Carlo dell’Acqua di Legnano, in provincia di Milano, che ha

indetto un bando di 20 mila euro per restaurare un affresco presente all’interno della

scuola. L’azienda che si occuperà dei lavori (oltre ad avere una targa all’interno

dell’edificio) potrà istallare un cartellone anche all’esterno per tutta la durata del

48 Dal bar-ristorante “Lo zio d’America”, ai supermercati Sir, dalla ditta di costruzioni Parnasi, al costruttore Antonelli, all’azienda di

parcheggi Cam, fino a una cooperativa sociale e un centro anziani ha voluto contribuire, devolvendo alle classi dei “nipotini” duemila euro dal suo fondo per viaggi di studio ed escursioni.

49 Sky Tg24, Banchi di scuola, a Roma arrivano gli sponsor, <http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2010/10/11/roma_banchi_scuola _con_sponsor .html>, 2010

50 Bassi C., Sky tg24, Niente fondi per la scuola, a Monza arriva lo sponsor, <http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2011/02/18 /riforma_gelmini _tagli _scuola _universita_monza_sponsor_privati.html>, 2011

34

restauro, utilizzare le immagini dell’affresco ed essere citata nei video della provincia

di Milano51.

C’è chi si fa delle domande sempre a Milano, in una scuola la Kellogg’s ha distribuito

per l’Epifania gadget gratuiti con tanto di logo. Un professore contrario alla pratica

chiedendo il perché è stato “massacrato” dai genitori con la risposta: «[...] ma come, ti

danno una cosa gratis… e tu protesti pure?»52.

Al Liceo Classico statale Terenzio Mamiani la preside Tiziana Sallusti visto la scarsità

dei fondi e la necessità di implementare il parco macchine per adeguarsi alle nuove

tecnologie ha fatto un appello pubblico53 a settembre 2013: «I fondi pubblici

scarseggiano, e dobbiamo spenderli per le esigenze primarie della scuola, ma non

possiamo neanche piangerci addosso senza fare nulla ‒ dice Tiziana Sallusti ‒

Studenti, professori e famiglie sono tre cerchi concentrici della scuola, e attraverso la

loro collaborazione possiamo fare cose molto utili per la qualità della nostra didattica.

Qui nessuno vuole sostituirsi alla Stato, ma le sinergie tra il pubblico e il privato sono

fondamentali in un momento di grande difficoltà»54. In risposta, tra le tante donazioni,

sono arrivate anche, da una nota marca di computer, cinquanta postazioni informatiche

complete per i ragazzi dello storico liceo classico romano rimasto senza computer

proprio alla vigilia dell’annunciata rivoluzione digitale nella scuola italiana55.

51 D’Emilio L., I fondi scarseggiano e nelle scuole si fanno largo gli sponsor, 2010 <http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/18/i-fondi-

scarseggiano-e-nelle-scuole-si-fanno-largo-gli-sponsor/> 52 Il marketing sui bambini, L’incontro, organizzato nell’àmbito del “3º Free Festival dei bambini e delle bambine” (3-4-5-6 novembre 2011)

dal coordinamento dei comitati scuole della Zona 5, insieme con l’Archivio Primo Moroni, la Calusca e il CSOA Cox 18, ha visto la partecipazione di Stefano Laffi, autore de Il furto. La mercificazione dell’età giovanile (L’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2000), e Marco Grollo, autore, con Emanuela Nardo, di Educare con i media. Dalle competenze orizzontali alla consapevolezza (Edizioni Junior, Bergamo, 2007). <http://www.inventati.org/apm/materiali/MastroMarketingWeb.pdf>

53 <http://www.liceomamiani.it/mamiani/Archivio%20notizie/a.sc.2013-2014/DONAZIONI%20COMPUTER.pdf> 54 Redazione, Computer in regalo alle scuole: facciamo come al Mamiani di Roma, <http://www.nonsprecare.it/computer-in-regalo-alle-

scuole-facciamo-come-al-mamiani-di-roma>, 2013 55 Fregonara G., Computer e lavagne con lo sponsor, <http://www.corriere.it/scuola/13_ottobre_27/computer-lavagne-lo-sponsor-c35a4a70-

3ee5-11e3-849f-64e2eb8e7cda.shtml> , 2013

35

“The unchecked growth of corporate power, and its fusion with state power, has led to a situation in which children’s interests and wellbeing cannot be adequately ensured”. Juliet B. Schor

3.Soluzioni e critiche

3.1 Effetti della pubblicità sui bambini

Sono stati ipotizzati 4 differenti tipi di danni, ma pur sempre collegati, associati alle

attività delle corporate56: psicologici, educativi, relativi alla salute e ai costi. È

importante notare che, mentre ogni singolo esempio di pubblicità può sembrare banale,

è insieme che tutta la pubblicità contribuisce a un messaggio globale che riflette valori,

storie, e una morale che promuove la cultura del consumo. Come risultato, la

pubblicità influisce sul modo di pensare dei bambini. Mentre nessun particolare

annuncio o campagna pubblicitaria ha questo effetto da solo, il messaggio di fondo del

consumismo, come il bene più alto, è "venduto" da ogni campagna pubblicitaria,

indipendentemente dal suo relativo successo esplicito.

3.1.1 Problemi psicologici e educativi

I bambini esposti alla pubblicità possono essere soggetti a una varietà di problemi

psicologici come: insicurezza personale e relativa alla posizione nel mondo sociale,

distorta socializzazione, violenza, importanza verso valori e attività coerenti con il

materialismo. La pubblicità rivolta agli adolescenti sfrutta direttamente le loro

vulnerabilità psicologiche −in particolare le ridotte abilità a controllare i

comportamenti impulsivi e di resistere alle gratificazione immediate− e fa crescere le

loro suscettibilità. La pubblicità non solo persuade loro a comprare di più, ma gli

promette anche l’idea che possono derivare, da quello che comprano, identità, auto-

espressione, fiducia personale, completezza. Quindi, inizialmente crea e amplifica le

insicurezze dei giovani, poi vende loro, letteralmente, soluzioni in formato prodotti che

possono risolvere il problema appena creato. Oltre a fornire le competenze di base e la

conoscenza dei contenuti, l’istruzione dovrebbe insegnare ai giovani a pensare in

modo scientifico, creativo e critico. Il pensiero critico, in particolare, richiede 56 Molnar A. et. al., A National Survey of the Types and Extent of the Marketing of Foods of Minimal Nutritional Value in Schools,

Commercialism in Education Research Unit (CERU) <http://nepc.colorado.edu/files/EPSL-0609-211-CERU-EXEC.pdf>, 2006

36

competenze e abitudini della mente inospitali con il successo delle imprese

commerciali nelle scuole. Un’abilità che potrebbe portare gli studenti a mettere in

discussione ed eventualmente a rifiutare il messaggio consumistico che le pubblicità

identificano, e a considerare punti di vista alternativi per generare nuove soluzioni.

Promuovere un pensiero critico è l’essenza di quello che John Dewey57 definisce

“educativo”. L’esperienza educativa aumenta le abilità degli studenti per sviluppare

esperienze creative, piacevoli e feconde nel futuro, mentre le esperienze diseducative,

in accordo con Dewey, sono quelle che distorcono o arrestano la crescita delle proprie

abilità: possono essere divertenti al momento e pure far aumentare le capacità

automatiche ma restringono la gamma e la ricchezza delle possibili esperienze future.

Quando corporation for-profit sono coinvolte con la scuola, il cuore della relazione è

diseducativa, diversamente dagli aspetti superficiali che può avere la relazione. In

superficie, a volte gli sforzi delle sponsorizzazioni possono sembrare a voler

incoraggiare la creatività e il pensiero critico, ma se guardiamo più a fondo, vediamo

che tale pensiero viene incanalato nella direzione della corporate.

Questo perché le corporation devono mantenere il focus sul profitto, mentre dall’altra

parte la missione della scuola, è quella di educare. Quando l’intento educativo della

scuola incontra l’imperativo del profitto delle aziende si creano inevitabilmente delle

tensioni che scaturiscono in pressioni per modificare le attitudini degli studenti in

modo che appoggino, o almeno che non giudichino, le linee aziendali.

Programmi scolastici sponsorizzati dalle banche58 possono, per esempio, aiutare a

insegnare ai bambini ad assumere le virtù del sistema capitalistico economico invece

che considerare i suoi aspetti positivi e negativi. Associato a quest’aspetto è l’idea che

essere ricco e possedere tanti oggetti definisce la felicità di una persona e una vita ben 57 John Dewey è stato un filosofo, pedagogista, scrittore e professore universitario statunitense. Ha esercitato una profonda influenza sulla

cultura, sul costume politico e sui sistemi educativi del proprio paese. Per lui la scuola è un'istituzione sociale, che rappresenta la vita attuale, ha il compito di introdurre il lavoro come fattore formativo, al fine di assicurare un'attiva vita in comune e un apprendimento pratico di cose reali. È definita come attiva (attivismo pedagogico) in quanto il bambino, che viene a contatto con una delle difficoltà che il mondo gli pone, tenta di agire su di esso e cerca di reagire alle conseguenze che derivano dalle sue azioni. Il bambino mette in atto le sue strategie, elabora congetture per verificare o falsare le sue ipotesi. La scuola di Dewey è chiamata anche progressiva in quanto l'attività che si svolge al suo interno, presuppone uno sviluppo progressivo. La scuola deve rappresentare per il bambino un luogo di vita: quella vita sociale che deve svilupparsi per gradi, partendo dall'esperienza acquisita in famiglia e nell'ambiente sociale in cui egli vive.

58 Ad esempio la National Irish Bank oppure la Allied Irish Bank, in Irlanda: la prima ha lanciato, nel 2008, www.moneyville.ie, un universo online animato da bambini tra i 5 e i 9 anni, nel quale possono comprare giocattoli, oggetti tecnologici, vestiti all’ultima moda, utilizzando monete d’oro e argento. La seconda invece, ha creato il programma ‘Build a Bank Challenge’, nel quale studenti lavorano gratuitamente per provare l’emozione dell’impiego in banca; mentre ‘Market a School-based Bank Branch’ è e continua ad essere una delle più importanti competizioni sponsorizzate in Irlanda per le scuole di secondo livello. Per vincere premi nel challenge gli studenti devono sviluppare una strategia di marketing per promuovere AIB nelle loro scuole, trovare nuovi clienti e conquistare la loro fiducia.

37

vissuta. Spesso questi valori vengono direttamente ed esplicitamente incoraggiati dalle

corporation. Oltre che insegnare agli studenti che il denaro equivale alla felicità e al

successo, l’enfasi di incentivare l’importanza monetaria può anche mettere in secondo

piano motivazioni intrinseche come la curiosità intellettuale, la soddisfazione

personale e la padronanza di un’abilità.

3.1.2 Problemi della salute

Tramite il marketing dell’industria alimentare nelle scuole i giovani imparano l’

“overconsumption” (consumo eccessivo), in particolare di quella fascia di prodotti che

contengono bassi valori nutrizionali. Anche se programmi di educazione alimentare

sono inclusi in quasi tutti i programmi scolastici, quello che i ragazzi apprendono in

classe è differente da quello che possono apprendere negli altri locali della scuola:

mense, corridoi, macchinette, aule computer, che incentivano l’acquisto di bevande

zuccherate, o merendine ad alto contenuto di grassi o zuccheri. Nel 2010, 43 milioni di

bambini (di cui 35 nei Paesi sviluppati) sono stimati in sovrappeso o obesi, e altri 92

milioni sono a rischio. Il tasso di sovrappeso e obesità è cresciuto dal 4,2% del 1990 al

6,7% del 2010. Questo trend, andando avanti così, ci si aspetta che raggiunga il 9,1%,

quindi oltre i 60 millioni, nel 202059. L’indice di obesità negli ultimi 30 anni è

triplicata in America passando dal 7%, dei bambini di 7 anni, nel 1980, al 20% del

2008, mentre la percentuale tra i ragazzi di 12-19 anni è cresciuta dal 5% al 18%

sempre nello stesso periodo60. In Europa la situazione non è delle migliori con un

aumento del tasso di obesità del 5%, ma in Italia è perfino peggiore: secondo dati del

2012 l’indice di obesità tra gli 8 e 11 anni è superiore all’11% e quelli in sovrappeso

quasi il 23%. Totale: il 35% dei piccoli italiani ha problemi di peso (più di uno su

tre)61. L’Italia si attesta quindi al primo posto della classifica Europea seguita da

Spagna62, Portogallo, Malta, Inghilterra, Grecia. «L'obesità sta crescendo del 2,5 per

cento ogni cinque anni, in maniera lineare - precisa Michele Carruba esperto di obesità 59 <http://ajcn.nutrition.org/content/92/5/1257.full.pdf+html?ijkey=C5xJj.Ubdr68.&keytype=ref&siteid=ajcn> 60 «Portando il costo del sovrappeso negli Stati Uniti a superare il 7% della spesa sanitaria nazionale, molto oltre i 120 miliardi di dollari».

Susan Linn in Susan Linn: ragazzi all’ingrasso?Assoetica, online: <http://www.assoetica.it/docenti-2/biografie/susan-linn/> 61 http://archiviostorico.corriere.it/2011/agosto/30/Paese_dei_bambini_obesi_Italia_co_9_110830047.shtml 62Ineuqalities in young people’s health, <http://www.euro.who.int/data/assets/pdf/file /0005/53852/E91416.pdf>, HBSC

INTERNATIONAL REPORT survey from the 2005/2006; ADICONSUM, L’obesità infantile <http://www.adiconsum.it/files/ guide_tematiche/Obesit%C3%A 0%20infantile.pdf>, Centro nazionale per la prevenzione e contro le malattie, L'obesità nei giovani <http://www.ccm-network.it/node/1119>

38

e farmacologo all' Università di Milano - ma il fenomeno potrebbe esplodere con il

contributo delle nuove generazioni»63. Dall’analisi dei dati relativi alle attività

sedentarie è emerso, tra gli altri risultati, che la percentuale dei bambini che

trascorrono più di 2 ore al giorno davanti alla TV è elevata, e che questa è maggiore

durante i giorni festivi (41%), rispetto ai giorni feriali (17,7%). Anche la tendenza a

passare più di 2 ore al giorno davanti al computer è risultata maggiore nei giorni festivi

(10,1%) rispetto a quelli feriali (3,7%). Per quanto riguarda l’attività fisica, circa il

70% dei bambini non ha l’abitudine di andare a scuola a piedi o in bicicletta. I motivi

principali che determinano tale comportamento secondo i genitori (figura 3) sono

soprattutto la distanza eccessiva dell’abitazione dalla scuola (36,8%), la scarsa

sicurezza della strada (25,9%) e la mancanza di tempo (20,1%).64

E’ così che è stato definito questo problema dall’Organizzazione Mondiale della

Sanità: “ un’epidemia globale e silente” in continuo aumento. In molti paesi europei,

un bambino su cinque è affetto da obesità o sovrappeso, e un preoccupante dato di

fatto è rappresentato soprattutto alla persistenza dell’obesità infantile nell’età adulta.

Le conseguenze di questo aumento influiscono direttamente sulla durata e sulla qualità

della vita dei giovani. L’American Academy of Pediatrics è preoccupata per le

complicazioni sulla salute che l’obesità può creare e alle quali i giovani possono essere

suscettibili: colesterolo alto, pressione arteriosa, diabete di tipo 2, depositi di grassi

nelle coronarie e problemi psicologici.

Anche se nessuna campagna pubblicitaria e di marketing di prodotti alimentari è

collegata strettamente alla crescita della percentuale di obesità tra i bambini, le

ricerche indicano che queste ultime influiscono sulle preferenze, i gusti, le scelte e i

comportamenti alimentari. All’interno delle scuole questo significa, che la pubblicità

di prodotti, con un basso livello di valori nutrizionali oppure di quelli con alto

contenuto calorico, di grassi o zuccheri, è costruita ed esposta per convincere i

bambini a volere sempre di più prodotti che sono poco salutari quando vengono

consumati in eccesso. Unito all’enorme quantità di denaro coinvolto e la pressione che

63Bazzi A., “Il Paese dei bambini obesi, l’italia prima in Europa”, Il Corriere della sera, 30 agosto 2011 <http://archiviostorico.corriere.it

/2011/agosto/30/ Paese_dei_bambini_obesi_Italia_co_9_110830047.shtml> 64 Studio HBSC, Health Behaviour in School-aged children, Italia 2010, <http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_newsAree_1286_listaFile_

item Name_15_ file.pdf> Zoom8, Studio di approfondimento sulle abitudini alimentari e lo stile di vita dei bambini delle scuole primarie, 2010, <http://www.inran.it/files/download/Pubblicazioni_divulgative/zoom8_2010.pdf>

39

le corporation e le lobby fanno sui governi per prevenire ogni possibile restrizione sul

marketing diretto ai bambini. Come spiega Margo Wootan65: il «marketing alimentare

influisce su quello che i bambini vogliono mangiare, su quello che vorrebbero

mangiare e quello che effettivamente mangiano e aiuta a modellare quello che i

bambini pensano sul cibo.»66

Le 48 maggiori aziende degli Stati Uniti che producono alimenti e bevande hanno

speso, secondo i dati dello scorso anno, 149 milioni di dollari per il marketing diretto

ai bambini delle scuole, di cui il 93% per promuovere la vendita di bevande gasate.

Nel 2008, grazie anche all’impegno della Federal Trade Commission (FTC) le

corporation, alimentari soprattutto, si stanno impegnando nello sforzo di educare

bambini e teenager sull’importanza dei cibi salutare e dell’esercizio fisico giornaliero.

Questi sforzi educativi, chiamati countermarketing, sono una forma di pubblicità

furtiva, solo un altro modo per proporre il loro marchio agli occhi dei bambini e per

riflettere le prospettive “di una vita salutare” di questi giganti del marketing

alimentare. Ad esempio, l’impegno di Coca Cola nel sottolineare l’importanza

dell’attività fisica per combattere l’obesità, oppure la PepsiCo Inc. che ha inviato nelle

scuole attrezzature per educazione fisica, raggiungendo 3 milioni di studenti. Anche

McDonald s’impegna, nella lotta contro l’obesità, inviando nelle scuole primarie

Americane la sua mascotte Ronald, a promuove il fitness e l’attività fisica all’aria

aperta, che è stato dichiarato, dal Chief Creative Officer Marlena Peleo-Lazar

dell’azienda: «l’ambasciatore per un attivo e bilanciato lifestyle». La campagna è stata

ampiamente criticata dalla psicologa e scrittrice Susan Linn affermando che quello di

McDonald è “solo un altro subdolo strumento di marketing, perché l’ammontare degli

esercizi che servirebbero per eliminare le calorie di quello che questi bambini

consumano occuperebbe tutta la loro giornata”.

65 È la direttrice, dal 1993, delle politiche nutrizionali al Center for Science in the Public Interest (CSPI), una delle principali organizzazioni

di difesa della salute specializzate degli Stati Uniti. Ha contribuito alla diminuzione del 50% nell’utilizzo di grassi idrogenati per prodotti alimentari, grazie ai suoi sforzi per richiedere la dicitura nelle etichette sulle confezioni. Un altro suo impegno è quello di una legge, passata nella legislazione federale, che obbliga i fast food e altre catene di ristoranti, a riportare le tabelle nutrizionali con le calorie dei diversi alimenti. Wootan ha contribuito agli sforzi per far passare la Healthy, Hunger-free Kids Act, del dicembre 2010, che stabilisce degli standard nutrizionali nazionali per i prodotti delle macchinette, delle caffetterie o delle mense scolastiche. Lavora, per promuovere l’educazione per una giusta nutrizione tra i bambini, diminuendo il consumo di cibi e bevande zuccherate o con bassi valori nutrizionali, e l’attività fisica.

66 «Food marketing affects what children want to eat, what they are willing to eat, what they do eat and helps to shape what kids think of as food.»

40

Nell’ultimo anno, un piccolo passo in avanti è stato fatto: la United States Department

of Agriculture (USDA) ha modificato gli standard nutrizionali all’interno delle mense

scolastiche, grazie alla Healthy, Hunger-free Kids Act67, legge federale del dicembre

2010, raddoppiando l’utilizzo di frutta e verdura e diminuendo le quantità di alimenti

grassi, salati e ricchi di carboidrati, ma sotto pressione delle industrie alimentari hanno

mantenuto sotto la categoria dei “vegetali” pizza e patate fritte.

3.1.3 Rapporto costi, benefici, guadagni

La relazione School Commercialism: High Costs, Low68, dimostrerebbe che a fronte di

un cedimento molto significativo da un punto di vista culturale, la resa economica per

le scuole è bassissima e che inoltre, spesso, una percentuale di queste rendite già

limitate serve a coprire i diritti delle agenzie intermediarie, vere beneficiarie di questa

pratica. La commercializzazione scolastica a loro conviene di sicuro. Il servizio insiste

anche sull’effetto che la pubblicità ha sui bambini: «Non solo espone i bambini alla

promozione di prodotti dannosi, ma insegna anche agli studenti che tutto è in vendita»,

dice Robert Weissman, presidente di Public Citizen. Aggiunge Elisabeth Ben-Ishai,

coordinatrice del progetto di Commercial Alert e autrice del servizio: «Le ragioni

ufficiali delle scuole che permettono la pubblicità sono viziate; gli annunci all’interno

delle scuole e altre forme di commercializzazione scolastica sono tentativi raramente

lucrativi. I redditi ottenuti sono gocce in un mare, comparati ai tagli che molti distretti

devono fronteggiare».

Alex Molnar nello studio del 2012 ha sottolineato che le scuole hanno un ritorno molto

basso per la rivendita dei junk food:

“Al danno si sostituisce la beffa, dal momento che le scuole non traggono grande

beneficio dalla disponibilità a servire da piattaforma in campagne pubblicitarie e di

marketing. La stragrande maggioranza degli istituti scolastici che collaborano con le

aziende alimentari in attività pubblicitarie non guadagna denaro da questa

partecipazione e gli altri ne guadagnano molto poco. I contratti scolastici con le

67 Statuto federale trasformato il legge dal Presidente Obama nel Dicembre 2010. È parte dell’atto Child Nutrition Act, ri-autorizzazione di

fondi per la nutrizione dell’infanzia. L’atto permette programmi di nutrizione nelle scuole gratuiti fino al 2015, e nuovi standard nutrizionali, che sono stati proposti dall’iniziativa della First Lady Michelle Obama, durante la sua lotta contro l’obesità infantile, e parte dell’iniziativa Let’s Move!

68Commercialaler, School Commercialism, Hight Costs and Low Revenues. <http://www.commercialalert.org/PDFs/SchoolCommercialism

Report_ PC.pdf>, 2012

41

aziende di bevande, per esempio, fruttano, in media, 18 dollari all’anno a studente.

Per programmi come Channel One, che chiedono agli studenti molto tempo e molta

attenzione, il costo in termini di perdita di tempo dedicato all’istruzione supera in

genere i benefici offerti dai partner commerciali”.69

Spesso i funzionari dei distretti scolastici sostengono che i benefici finanziari, che le

corporation danno alla scuola, valgono di più rispetto ai rischi che possono

rappresentare. Tuttavia, le realtà e le ricerche sulla scuola suggeriscono un quadro

diverso. In realtà, uno studio70 a livello nazionale su 391 scuole ha rilevato che

nell’anno scolastico 2003-2004, il 67,4 per cento delle scuole con contratti di

pubblicità commerciale destinate a generare reddito non ne ha generato alcuno, e i

restanti hanno ricevuto una somma di denaro trascurabile, rispetto al totale del budget

scolastico. Secondo lo studio poi solo il 0.4% delle scuole ha guadagnato più di

50.000$ tramite l’in-school marketing. Anche l’analisi di Commercialalert del 2012,

sottolinea che la pubblicità commerciale continua a generale ricavi insignificanti per le

scuole: pochi distretti hanno ritorni significativamente superiori a 50.000$ ma i

guadagni rappresentano una goccia rispetto ai bilanci totali di milioni di dollari e ai

tagli che dovrebbero essere supportati con queste manovre di marketing.

3.2 Crisi di tutto il sistema educativo

La recente recessione economica non è stata tanto gentile con il sistema d’istruzione

americano, i ridotti consumi e attività economiche di questi ultimi anni hanno portato a

severi tagli dei budget dell’educazione: 37 stati nell’anno 2011-2012 hanno avuto a

disposizione di meno finanziamenti per studente rispetto allo scorso anno scolastico,

30 di questi hanno addirittura meno rispetto a 4 anni fa. Comparando le cifre con gli

investimenti di prima della crisi del 2008, gli stati dell’Arizona e della Florida hanno

tagliato rispettivamente 530$ e 542$ a studente. In Florida, uno stato dove la

pubblicità nelle scuole è molto pervasiva, questo ha significato, ad esempio, tagli per

oltre 13 milioni di dollari ai programmi delle scuole che forniscono istruzione primaria

69 The educational costo f schoolhouse commercialism, the fourteenth annual report on schoolhouse commercializing trends, 2010-2011,

Commercialism in Education Research Unit, (CERU) Arizona State University, 2012 70 Molnar A. et. al. A National Survey of the Types and Extent of the Marketing of Foods of Minimal Nutritional Value in Schools.

Commercialism in Education Research Unit, (CERU) Arizona State University, online : <http://nepc.colorado.edu/publication/national-survey-types-and-extent-marketing-foodsminimal-nutritional-value-schools>, 2006

42

per le famiglie a basso reddito, più di 15.000 bambini non sono più seguiti. In Illinois,

tagli di 17 milioni di dollari hanno causato la cancellazione di servizi a 5000 bambini

di età pre-scolare e neonati a rischio. Nel solo stato di New York i tagli all’educazione

pubblica sono stati di più di 1 miliardo di dollari per lo scorso anno.

Fa ben sperare la recente elezione di Bill De Blasio, come sindaco della città di New

York, lo scorso 5 Novembre 2013, che si era opposto ai tagli di 34 milioni di dollari

verso i servizi all’infanzia del suo predecessore. Nel suo programma, de Blasio, ha

esposto il volere alzare le tasse ai residenti che guadagnano più di 500.000$ all’anno,

da investire in nuovi asili e programmi per il dopo scuola nelle scuole secondarie. Ha

anche pianificato di investire 150milioni di dollari all’anno nella City University of

New York per abbassare le tasse scolastiche e valorizzare programmi di studio.

In Florida, la Orange County Public Schools ha “guadagnato” 500.000$ permettendo

pubblicità commerciali di vario tipo negli scorsi 2 anni. Con il suo 1,5 miliardo di

budget il programma di marketing della OCP rappresenta appena lo 0,02% del totale

del budget. La Dallas Independent School District ha un budget di 1.174 miliardi di

dollari per l’anno accademico 2011-2012, e il ricavato dalla vendita degli spazi

pubblicitari e di tutte le altre pratiche di in-school marketing rappresentano lo 0,002%

del totale. Oltretutto, le compagnie bloccano i distretti in contratti pluriennali che

offrono ben pochi benefici alle scuole, permettendo alle pubblicità di rimanere esposte

e impedendo di fare altri accordi71.

3.3 Proposte e soluzioni negli Stati Uniti Negli ultimi anni, ha acquistato slancio una violenta reazione alla

commercializzazione della scuola. Le aziende di bibite sono sulla difensiva, dal

momento che alcuni distretti non hanno rinnovato il contratto. Il gruppo Commercial

Alert ispirato a Ralph Nader, è stato la spinta all’approvazione al senato americano del

provvedimento Dodd-Shelby sulla privacy, secondo il quale, le scuole devono ottenere

il permesso dei genitori prima di permettere agli addetti di marketing di chiedere

informazioni personali ai bambini. Non è chiaro se queste vittorie segnino o meno una

tendenza a lungo termine, perché le lobby delle corporation spesso riescono a imporre 71 Commercialalert, School Commercialism, Hight Cost end Low Revenues, 2012

43

la loro forza sulle assemblee legislative o a sviluppare e trovare nuovi schemi di

marketing.

Il congresso dovrebbe decretare nuove norme necessarie a limitare la

commercializzazione delle scuole. Fare pubblicità viola un principio fondamentale

della sovranità del consumatore: la possibilità di sfuggire alle pubblicità e al

marketing. Sin qui, la politica è stata quella di affrontare ogni intrusione pubblicitarie

individualmente. La vendita di distributori automatici è stata vietata o limitata in

alcuni distretti, come anche la visione di Channel One. Ma questa risposta locale, a

spizzichi e bocconi, è stata un invito alle corporation a un’ulteriore innovazione da

parte del marketing. Il Parent’s Bill of Rights72 di Commercial Alert73 chiede un atto

congressuale che vieti la pubblicità nelle scuole, con piccole eccezioni come i giornali

scolastici o gli annuari. Un atto federale per de-commercializzare le scuole dovrebbe

anche proibire i materiali educativi sponsorizzati, l’utilizzo dei nomi delle marche nei

testi scolastici, le pubblicità nelle aule, i display sui bus scolastici e su altre proprietà

della scuola e gli eventi sponsorizzati dalle corporation. In questi ultimi anni le

compagnie continuano con aggressività il marketing sulle captive audience di studenti

e giovani che vanno a scuola, cercando di creare un “total advertising environment”

come ha riportato la Commercialism in Education Research Unit (CERU) nel 2007.

Obbiettivo, ormai vicino ad essere realizzato, aiutato soprattutto dalle politiche

commerciali che hanno reso sempre più facile l’accettazione culturale del marketing

72 J.B. Schor, “Il Parent’s Bill of Rights di Commercial Alert”, Appendice C, Nati per comprare, online in: <http://www.commercialalert.o

rg/pbor.pdf> POICHÉ nutrire il carattere e i valori dei bambini è uno dei più importanti compiti di ogni società; POICHÉ la responsabilità principale per la crescita dei bambini è dei genitori; POICHÉ un’aggressiva cultura del consumo ha violato i rapporti tra genitori e figli e ostacolato la capacità dei genitori di guidare la crescita dei prorpi figli; POICHÉ gli addetti al marketing delle corporation hanno sempre più spesso cercato di aggirare i genitori e parlare direttamente ai bambini per cercare di tentarli con i più sofisticati strumenti che gli advertising executive, i ricercatori e gli psicologi di marketing possano escogitare; POICHÉ questi addetti tendono a glorificare il materialismo, la dipendenza, l’edonismo, la violenza e i comportamenti antisociali, detestabili per la maggior parte dei genitori; POICHÉ i genitori devono combattere costantemente contro questa pervasiva influenza e sono sotto pressione per tenere i loro bambini lontani dalla cultura del commercio e dei suoi valori; POICHÉ i prodotti pubblicizzati generalmente sono quelli che i genitori non sceglierebbero per i propri figli: divertimenti violenti e sessualmente suggestivi, videogiochi, alcol, tabacco, gioco d’azzardo e junk food; POICHÉ le corporation hanno utilizzato le scuole e le leggi del sistema educativo nazionale per aggirare i genitori e trasmettere i lodo prodotti e i loro valori a una captive audience di bambini sensibili e fiduciosi; queste corporation in definitiva sono creature delle leggi dello Stato, ed è intollerabile che possano utilizzare diritti e poteri così garantiti allo scopo di screditare in questo modo l’autorità dei genitori; RISULTA QUINDI NECESSARIO che il Congresso degli Stati Uniti e i cinquanta governi degli Stati ristabiliscano l’equilibrio tra genitori e corporation e restituiscano ai genitori alcune misure di controllo sull’influenza commerciale subita dai propri figli, emanando una legge ordinaria, il Parent’s Bill of Rights che disciplini la materia nel modo seguente: Leave Children Alone Act. Questa norma proibisce la pubblicità televisiva rivolta ai bambini sotto i 12 anni. Child Privacy Act. [...] Adverstising to Children Accountabilit Act. [...] Commercial-Free Schools Act. Le corporation hanno trasformato le scuole pubbliche in aree libere da restrizioni pubblicitarie. Questo decreto proibisce alle corporation di utilizzare le scuole e il sistema educativo nazionale per aggirare genitori e sottoporre i loro prodotti a studenti sensibili. Fairness Doctrine for Parents. [...] Product Placement Disclosure Act. [...] Child Harm Disclosure Act. [...] Children’s Food Labellin Act. [...]Children Advertising Subsidy Revocation Act. [...]

73 Commercial Alert è un prgetto di Public Citizen che ha lo scopo di mantenere nella propria sfera la cultura commerciale, e di prevenirla dallo sfruttamento dei bambini, sostituendosi ai valori di: famiglia, comunità, ambiente, democrazia.

44

tra tutti gli altri aspetti della vita quotidiana e nella scuola. In questo contesto, non

sorprende che la relazione tra il marketing e i consumatori è sempre più interattiva e

pervasiva.

Nonostante le prove evidenti che l'istruzione è la chiave per un sano e competitivo

futuro nazionale, l'istruzione pubblica è e rimane uno dei primi settori dove tagliare i

finanziamenti ridotto negli Stati Uniti ma anche in Europa: vengono tagliati i

programmi per l'infanzia, accorpate classi fino a 30-40 alunni, ridotto o addirittura

eliminato materie come arte, musica, educazione fisica e altre a lungo considerate

come parte di una formazione a tutto tondo, perfino chiusi tanti istituti, soprattutto

nelle periferie delle grandi città, obbligando i ragazzi a spostarsi per tanti chilometri.

Questo ha incrementato il tasso di abbandono e la violenza delle scuole americane.

3.2.1 Proposte per combattere l’obesità

Uno dei maggiori sviluppi degli ultimi anni è stata l’iniziativa Children’s Food and

Beverage Advertising, del Novembre 2006 della CBBB74 si tratta di uno sforzo per

cambiare i messaggi delle pubblicità di cibi e bevande diretti a bambini inferiori a 12

anni ed incoraggiare il consumo di alimenti più sani e uno stile di vita migliore. Sono

stati individuati 5 obbiettivi centrali a cui i partecipanti si devono attenere:

• Utilizzare almeno il 50% delle loro pubblicità (televisione, radio, stampa…) dirette ai

bambini sotto i 12 anni per promuovere healty dietary choices e/o altri messaggi che

incoraggino una vita sana e buone abitudini nutrizionali;

• Limitare i prodotti raffigurati nei giochi interattivi e on-line diretti ai bambini sotto i

12 anni a una scelta di prodotti sani o introdurre messaggi per promuovere delle

abitudini nutrizionali sane;

• Ridurre di un terzo l’utilizzo di personaggi animati nelle pubblicità che non

promuovono scelte sane;

• Non utilizzare il product placement di cibi e bevande caloriche o con bassi valori

nutrizionali all’interno di programmi d’intrattenimento o prodotti editoriali diretti a

bambini sotto i 12 anni;

74 The Council of Better Business Bureaus è una organizzazione no-profit, finanziata dalle quote associative e altre forme di sostegno, che

promuove e favorisce relazioni più etiche e oneste tra imprese e consumatori e settore pubblico attraverso auto-regolamentazioni volontarie, educazione al consumo e al business e servizi eccellenti. Fu fondata nel 1912 e oggi è supportata da 250.000 membri in tutti gli Stati Uniti, 300 società Nazionali e 135 sedi locali. <www.ftc.gov/bcp/workshops/disclosures/cases/about.pdf>

45

• Non sponsorizzare cibi o bevande all’interno delle scuole elementari.

Molte tra le più grandi compagnie produttrici di bevande e cibi, che detengono i ⅔ del

mercato Americano, hanno sottoscritto l’iniziativa dal 2006: Burger King, Cadbury

Adams, Campbell Soup Company, The Coca-Cola Company, ConAgra Foods,

General Mills, The Hershey Company, Kellogg Company, Kraft Foods, Mars,

McDonald’s USA, PepsiCo, and Unilever United States. Ogni membro partecipante

all’accordo ha presentato un impegno con specificità diverse, a seconda delle

compagnie, che sono state approvate dalla CBBB.

Quattro di loro – Cadbury Adams, Coca-Cola, Hershey, e Mars – hanno promesso di

non distribuire pubblicità dirette ai bambini al di sotto dei 12 anni. Altre nove

corporation hanno adottato dei nuovi standard di minimi valori nutrizionali per

alimenti e bevande indirizzate al mercato dei bambini, garantendo che il 100% delle

loro pubblicità dirette ai minori di 12 anni saranno limitate alla promozione di scelte di

diete sane o di uno stile di vita migliore.

Il problema è che i criteri degli obbiettivi non sono così precisi e le corporation che li

hanno sottoscritti han trovato il modo per poterli aggirare. Ad esempio i criteri che

costituiscono una healty dietary choice possono variare da azienda ad azienda: con le

limitazioni diverse di calorie, grassi, zuccheri e sodio; oppure non è precisata la

definizione di programmi indirizzati ai bambini e gli standard per poterli classificare.

3.4 Soluzioni per l’Europa

L’Europa è considerata pertanto incompetente in materia, può regolamentare i nostri

formaggi ma non proteggere i nostri bambini: “le istanze di regolamentazione della

pubblicità considerano che non c’è nessuna ragiona d’applicare delle regole particolari

al panorama scolastico, la loro intervenzione si limita al contenuto dei messaggi

pubblicitari indipendentemente dal mezzo attraverso il quale sono trasmesse”75.

L’Europa raccomanda piuttosto dei “codici di buona condotta”, che farebbero

meraviglia, in ragione di un vuoto giuridico, là dove la pubblicità scolastica è

autorizzata (Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Austria, Danimarca, Spagna, Svezia, Finlandia

75 Rapport "Le marketing à l‚école", GMV Conseil, ottobre, 1998

46

e Regno Unito) e potrebbe sostituirsi alle leggi, là dove è normalmente interdetta

(Germania, Belgio, Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Francia) Associazioni dei

consumatori a livello internazionale, quali il BEUC76 e il Consumentenbond77

raccomandano che:

• L’UE dovrebbe introdurre una legislazione orizzontale per proteggere i bambini da

tutte le pratiche di marketing, in tutti i medium, coprendo tutti i servizi e prodotti e

delle restrizioni per alcune pratiche come le in-school marketing e il direct marketing;

• A meno che la legislazione dell’ UE non sia in grado di stabilire alti livelli di

protezione per i bambini, le organizzazioni dei consumatori dei vari Paesi membri

dovrebbero essere autorizzate a stabilire e mantenere degli standard sul proprio

territorio in relazione alle pratiche di marketing e ai diretti interessati, secondo le

proprio culture e tradizioni, ed essere in grado di applicare tali norme al marketing

proveniente dall’estero, e non essere costretti a dover abbassare i loro standard per

l’UE come sta accadendo in Svezia e Grecia;

• Il controllo e l'applicazione delle norme che disciplinano le pratiche di marketing

verso i bambini devono essere migliorate con l'introduzione di sanzioni più nitide,

migliorando le procedure di reclamo, istituendo un osservatorio europeo indipendente

per monitorare gli sviluppi nel mercato dei bambini;

• Dovrebbe essere introdotta negli Stati membri una campagna di educazione e

informazione, con il sostegno della Commissione europea, per educare i bambini e

permettere loro di riconoscere i messaggi commerciali e prendere le proprie decisioni.

3.5 In Italia

Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha annunciato l’intenzione di

promuovere il fund raising nelle scuole pubbliche in crisi di finanziamento statale,

puntando anche ad ottenere l’ok dal ministero dell’Economia per defiscalizzare del

tutto le donazioni alle scuole (ora è al 19 per cento). Un modello all’americana, come

ha spiegato lei stessa in queste settimane: l’idea del ministro è che, non solo le

76 Bureau Européen des Unions de Consommateurs 77 Consumentenbond fondata nel 53, in Olanda. Nel 1997 aveva 650.000 membri, che l’ha resa l'organizzazione dei consumatori con il più

alto livello di penetrazione in qualsiasi nazione. Nel 1960 CB è stato uno dei cinque fondatori di quello che oggi è chiamato Consumers International. Nel 1962 CB ha partecipato alla fondazione della European Consumers' Bureau ( BEUC ). Fino al 1993 la sede dell'organizzazione è stata ospitata a L'Aia. CB, con la Consumers International , ha sottolineato la necessità di aiutare i consumatori nei paesi in via di sviluppo.

47

aziende, ma gli ex allievi, chi ha avuto successo grazie anche ai propri studi, si volti

indietro a dare un contributo perché anche le nuove generazioni possano avere le sue

stesse opportunità. Non tutti la pensano come lei: «A me pare più un modo per eludere

il problema vero delle risorse della scuola che non ci sono, non credo che la scuola

possa né debba trasformarsi in un mercato» mette subito le mani avanti Mimmo

Pantaleo della Cgil scuola78. Lo Stato italiano è agli ultimi posti tra i Paesi europei

nella classifica della spesa pubblica per l'istruzione: il 4,4 per cento del Pil su una

media continentale del 5,2 per cento (dati Eurostat). Lo dimostrano, appunto, le molte

proteste in giro per le scuole, dove i genitori sono spesso costretti a pagare la carta per

le fotocopie o la carta igienica. Secondo i dati di Eurostat l’Italia investe solo il 4,4 per

cento del Pil per l’istruzione mentre la media europea è del 5,279. «E si vede: lo Stato

nei Paesi più evoluti spende molti più soldi per le scuole − insiste l’ex ministro

dell’Istruzione Luigi Berlinguer −. Va bene chiedere aiuto anche ai privati purché la

gestione sia controllata». Ma il dubbio in molti resta: non si corre il rischio che la

pubblicità “inquini” quello che dovrebbe essere il tempio dell’educazione? Quando la

nave affonda, non serve prendersela con il costruttore: bisogna attivarsi tutti insieme e

al più presto, arrotolarsi le maniche e togliere l’acqua dalla stiva. Ebbene, la crisi della

scuola dovrebbe essere affrontata con lo stesso spirito pragmatico”. Se la scuola

pubblica è un bene comune dunque, tutti dovrebbero contribuire per offrire ai ragazzi

un’istruzione di qualità, a costo di ripensare “i tradizionali rapporti di finanziamento”,

con le sponsorizzazioni80.

78Fregognara G., “Computer e lavagne con lo sposnsor”, Il Corriere della sera, 28 Ott 2013 <http://www.corriere.it/scuola/13_ottobre_27

/computer-lavagne-lo-sponsor-c35a4a70-3ee5-11e3-849f-64e2eb8e7cda.shtml> 79 <http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&plugin=1&language=en&pcode=tps00158> e <http://epp.eurostat.ec.europa

eu/tgm /table.do? tab=table&plugin=1&language=en&pcode=tps00069> 80Bassi C., Niente fondi per la scuola, a Monza arriva lo sponsor, Sky tg24, <http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2011/02/18/riforma_gelminitagli

_ scuola_ universita_monza_sponsor_privati.html>, 28 Feb 2011

48

Conclusioni Il fatto che i bambini siano esposti alla pubblicità in quasi tutti i luoghi della vita non

rende meno naturale o necessaria la loro presenza all’interno delle scuole. Al

contrario: specialmente per l’onnipresenza della pubblicità in tutti gli spazi dedicati ai

bambini, le scuole dovrebbero rimanere un luogo dove essi non sono immersi nella

cultura dominante del consumismo, dove possono avere spazio per i desideri e le

speranze invece che le offerte di marketing. Come lo psicologo Allen Kanner81 ha

affermato:

«più le persone pensano abbiano bisogno di una quantità senza fine di cose materiali per essere felici… più loro sono dedite al consumare per fare soldi, sono preoccupate a fare soldi per poter dedicarsi allo shopping, o pensare al consumo anche grazie alla pubblicità o a fantasticare sui nuovi acquisti; meno tempo loro dedicano ad attività che soddisfano i bisogni non materiali come famiglia e amici, creatività, risvolti artistici o pratiche spirituali»82.

Tra i teenagers, l’adesione ai valori materiali del consumismo sono poi correlati alla

crescita di alcool, fumo, droghe, commercio di armi, violenza e a problemi fisici e

psicologici. Abbiamo visto che specialmente tra i giovani, le pubblicità sfruttano le

vulnerabilità psicologiche, andando a creare e incrementare le insicurezze e

vendendogli, letteralmente, la soluzione tramite i propri prodotti. Juliet B. Schor è

molto chiara in proposito, richiamandosi alla realtà americana ormai vicina a quella

nostrana:

«Fare pubblicità nelle scuole viola un principio fondamentale della sovranità del consumatore: la possibilità di sfuggire alle pubblicità e al marketing. Andare a scuola è obbligatorio, a differenza di navigare su Internet o essere cliente abituale di un fast food. Il problema è aggravato dal fatto che la pubblicità nelle scuole spesso riguarda caramelle, snack, bibite, film violenti e altri prodotti che minano la salute e il benessere dei bambini e contraddicono la missione basilare della scuola. [...]»83.

81 Laureato nel 1979 ad Hardvar è uno psicologo americano, leader nel capo della ecopscicologia e impegnato nella lotta contro la

commercializzazione delle scuole. Nel 2000 ha co-fondato la Campaign for a Commercial-Free Childhood, è co-editore di Psychology and Consumer Culture: The Struggle for a Good Life in a Materialistic Society con Tim Kasser American Psychological Association, 2004

82 «the more that people believe they need an endless array of materials goods to be happy… the more that is devoted to consuming for making money, to worrying about making money, to shopping, to thinking about consuming, either through exposure to advertising or fantasizing about new purchases, the less time is devoted to activities that satisfy non-materials needs like family and friends, creative and artistic endeavors, spiritual practices.»

83 J.B. Schor, Nati per comprare, salviamo i nostri figli ostaggi della pubblicità, Apogeo, Milano, 2005

49

La scuola, in sostanza, si rende colpevole di una complicità a danno dei minori e Susan

Linn avverte:

«Nel lungo periodo, l’immersione dei nostri figli in questa cultura del consumo ha implicazioni che vanno molto più in là del semplice acquisto. Il marketing ha lo scopo di condizionare molto più che le scelte su cosa mangiare o cosa indossare; esso mira a influenzare i valori fondamentali, le decisioni sul nostro stile di vita: come definiamo la felicità e come misuriamo il valore della nostra vita. Ad esempio, le tendenze incoraggiate dal marketing di oggi il materialismo, l’impulsività, la cieca fedeltà alla marca sono antitetiche alle qualità necessarie per essere un sano cittadino democratico»84.

È importante puntualizzare che il marketing delle corporation nelle scuole mina

l’educazione alla civiltà e ai consumi. Come possono gli insegnanti incoraggiare gli

studenti a pensare criticamente sul potere delle corporation o sulle loro pratiche

ambientali, se la loro scuola è supportata da tale corporation?

La scuola deve rimanere un luogo dell’apprendimento all’autonomia e alla

cittadinanza, questo suppone che si debbano proteggere i bambini dalle corporation ma

anche dalle loro pulsioni consumatrici che li conducono a identità di marca e al sovra

consumo di prodotti pericolosi per la salute. La scuola non deve farsi vettore di una

monocultura dei consumi tollerando la presenza delle marche e della pubblicità, che

veicolano valori e comportamenti fondati su logiche dell’avere e dell’apparire, contrari

al primeggiare dell’essere che regge ancora nella scuola. "La mente non è un vaso da

riempire ma un fuoco da accendere" come rammentava Plutarco. La pubblicità è

fondamentale per imbottire d’informazioni e spegnere il fuoco, scoraggia seriamente il

pensiero individuale e originale. Purtroppo le aziende stesse hanno molto bisogno di

impiegati che pensino in modo originale. Nell'agire così di fatto stanno mettendo in

pericolo il loro stesso futuro.

«Io credo che il governo debba agire regolamentando il sistema, anche se so che è una strada lunga. Ma ci possiamo impegnare in questo senso in tanti, penso agli operatori della salute, agli educatori, agli insegnanti, ma anche alla Chiesa[...] E poi educare i genitori al rapporto coi media, limitare l’esposizione dei figli ai media: bisogna iniziare quando sono molto piccoli, investendo nella cura giorno per giorno. [...] Dobbiamo farlo, perché la verità è che non c’è alcuna giustificazione morale e sociale del marketing verso l’infanzia. Insomma, non esiste un modo giusto, socialmente responsabile come si direbbe

84 Zanacchi A., Linn S. in “ Il dominio ideologico culturale”, Cap.5, Il libro nero della pubblicità, Iacobelli, Roma, 2010

50

oggi di fare marketing verso i bambini. Non esiste e se non interveniamo l’infanzia è perduta. Cerchiamo di fare iniziative per avere la visibilità dei media, perché purtroppo senza di loro non si riesce ad avere l’attenzione della gente. Questa è la strada, è difficile anche perché il governo spinge nella direzione opposta, verso il consumismo»85.

Concludendo l’approfondimento mi dichiaro contraria all’intrusione delle corporation

all’interno delle nostre scuole. Dopo aver analizzato la situazione americana, che si

trova 15 anni davanti a noi, non credo che questa sia la soluzione adatta alla mancanza

di finanziamenti statali: stiamo commettendo gli stessi errori, pur vedendo le loro

conseguenze. La commercializzazione nelle scuole può essere tutt’al più un modo per

tappare i buchi che lo stato dovrebbe colmare, bisognerebbe partire quindi dalla fonte,

dove c’è da anni una mancanza di interessi e di innovazione. Anzi abbiamo visto come

in quest’ultimo decennio la scuola sia all’ultimo scalino degli impegni politici: classi

accorpate, diminuzione delle ore, tagli sulle materie e sui programmi, scuole che non

hanno soldi per il riscaldamento, che dovrebbero essere ristrutturate. Come si può in

un panorama del genere pensare al registro elettronico e alle nuove tecnologie?

Quando mancano alla base le cose primarie, bisogna forse rivedere le priorità. Perché

sulla carta è bello che la scuola si modernizzi, ma se non ci sono le possibilità per

farlo, bisogna prima cercare di aggiustare il resto. Ogni giorni ci sono, sui nostri

giornali, articoli che parlano di tagli, scioperi, mancanza di carta igienica, poi ci

stupiamo se i nostri studenti migliori fuggono all’estero. La scuola credo sia costretta a

chiedere aiuto alle corporation perché non può chiedere aiuto allo stato, che invece

dovrebbe essere il solo e unico finanziatore, per mantenere una scuola libera e lontana

da ogni influenza.

85 Laffi S., Il marketing immorale verso i bambini – un dialogo con Susan Linn, in Lo straniero, n. 65, 2005

51

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Ringraziamenti

È giunto anche per me il tempo di ringraziare tutti e di correre finalmente nel chiostro

(in realtà mi sono iscritti qui solo per questo) La vita è beatitudine, assaporala. Allegria!

Parto dai più piccoli, dalla gioia che mi dona la mia nipotina Verdiana e da quella che

mi darà Allegra, che (penso ormai) sarà già nata. La vita è bellezza, ammirala. Più

importanti però sono coloro che hanno permesso tutto questo: Babbo e Mamma che 3

anni fa mi hanno dato la possibilità di intraprendere il percorso. La vita è un'opportunità,

coglila. A loro il GRAZIE più grande per tutto, economicamente e spiritualmente, per

avermi sostenuto quando volevo lasciare. La vita è promessa, adempila. Con loro un

GRAZIE anche ai miei fratelli Enrico e Nicola, alle cognate fantastiche Liuba e Linda,

a Nonna Augusta, la super Bisnonna, e Zia Margherita che non ha mai smesso di

insistere con l’importanza delle lingue e della lettura. La vita è ricchezza, valorizzala. A chi

ha deciso 3 anni fa di intraprendere questo cammino con me, a tutti i momenti passati

insieme: le lezioni, i caffè, le cene, lo studio in compagnia, ora le nostre strade si sono

un po’ divise, ma vi ricorderò sempre con tanto amore: GRAZIE Anna, Bruno,

Francesca, Isabella, Marco, Paolo, Roberta. La vita è un dovere, compilo. A quelli che

hanno condiviso con me l’Erasmus, perché Nancy è International, dove in una sera

parli 3 lingue, Merci, Gracias, Thank you! La via è un inno, cantalo. E per questa mia

seconda e breve esperienza che mi ha permesso di scrivere la tesi in tranquillità. La vita

è preziosa, abbine cura. Alle mitiche e mitici atleti del Giuriati, perché con il freddo, la

pioggia, il caldo noi c’eravamo sempre, a faticare in compagnia, a spettegolare

correndo, a scaricare lo stress, a divertirci. La vita è una lotta, accettala. Ritornare sulla

pista a gareggiare e trovare tutte voi è stato davvero importante, GRAZIE Anna,

Axelle, Alessia, Franci, Silvia e un GRAZIE speciale a chi non ha mai smesso di

incitarmi e a chi ha spinto per farmi tornare, perché l’atletica è uno sport bellissimo. La

vita è una sfida, affrontala. È un anno che mi alleno duramente per la gara più importante:

la corsa a ostacoli del giardino! Ringrazio per il mio viaggio di laurea i Perù, di nuovo

i miei genitori, e anche chi l’ha condiviso con me perché è stato davvero una

bellissima esperienza e mi ha fatto assaporare l’essere laureata in anticipo… La vita è

un'avventura, rischiala. Allegria! Ora mi aspetta, anche da un po’ di anni, un altro

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viaggio, quello della vita, che spero porti tanta gioia e amore. La vita è un sogno, fanne

realtà. Alle mie care amiche della vita, che mi aspettano sempre a Forlì e non smettono

di volermi bene anche se mi vedono poco. Perché con loro ho condiviso tanti preziosi

momenti: avventure, campeggi, allenamenti, anni di scuola, gioie e sofferenze. La vita è

amore, vivilo. Allegria! GRAZIE Cristina, Eleonora, Francesca, Licia, Linda, Sara… Un

pensiero speciale a chi in tutti questi 12 anni mi è stata accanto La vita è tristezza,

superala. Lei che conosce davvero ogni mia lacrima versata e ogni pensiero e desiderio

che vive nel mio cuore, perché lei è dentro di me e attorno a me, GRAZIE Sofia per

l’amore che doni e l’allegria che infondi! La vita è la vita, difendila. (Madre Teresa di Calcutta)