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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 7-8 novembre 2020) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLX n. 258 (48.582) sabato 7 novembre 2020 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +"!#!#!z!{ Fe r m a r s i a “fare tempo” di LUCIANO FLORIDI S iamo entrati nel ventunesimo secolo con una lacerazione tragica, la pande- mia. Nei libri di storia sarà questo lo spartiacque con il Novecento, così co- me la prima guerra mondiale ha segnato la fine dell’Ottocento. Il disastro climatico, l’ingiusti- zia sociale, la fine delle ideologie, la crisi della democrazia, i rigurgiti fascisti e il terrorismo fondamentalista, il problema dell’immigrazio- ne, la crisi del modello capitalista neoliberale sono tutte trasformazioni dalla storia lunga. Ma la pandemia le ha saldate insieme ad altre in un’unica spinta globale, sincronizzata e violen- ta, facendo della fine del Novecento un’espe- rienza planetaria comune e condivisa. È il clas- sico pettine della storia dove i tanti, preesistenti nodi sono ora giunti. Avendo rifiutato per anni di scioglierli; avendo preferito accontentarci di procedere guardando nello specchietto retrovi- sore (si pensi al bellissimo progetto Europeo, non più presentabile solo come un successo di pace post-bellica); e avendo avuto troppo spes- so solo la timidezza di operazioni di piccoli adattamenti, o l’illusione di operazioni anacro- nistiche (vedi Brexit), ci ritroviamo ora gettati in un’epoca aliena, disorientati come naufraghi su un’isola che non riconosciamo. Il rischio di fare la cosa sbagliata è enorme, basti pensare agli orrori successivi alla prima guerra mondia- le. Capire prima di agire è perciò vitale, ma ca- pire senza poi agire di conseguenza sarà un sui- cidio. Serve per questo più filosofia, più intelli- genza, più coraggio, più capacità di guida e di realizzazione, più Politica (la maiuscola è cru- ciale). È in questa ottica che ho letto l’enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti. «La storia sta dan- do segni di un ritorno all’indietro» (11) e il testo offre molte riflessioni per evitare questa trappo- la, per capire e agire meglio, in un periodo di profonde incertezze e trasformazioni. L’enciclica ha una enorme ricchezza concet- tuale, in termini di analisi, e morale, in termini di suggerimenti. Non lo dico da credente, ma da agnostico, pur nella speranza di essere tra coloro che a volte «[...] possono vivere la volon- tà di Dio meglio dei credenti» (74). Spesso, nel leggerla, mi è capitato di sottolineare mental- mente “bravo! Ma sì, è proprio così!” (nel dialo- go interno si da del tu anche al Papa). Ecco qualche esempio. Il male non si debella per Argomenti circolari di CARLO MARIA PO LVA N I L e maree variano molto, basti con- siderare che nella Baia di Fundy in Nova Scozia (Canada), se ne registrano di un’altezza media giornaliera di 13 metri, al Mont-St-Michel in Normandia, si estendono fino a 15 chilo- metri dalla costa, mentre nel Mar Mediterraneo so- no sempre inferiori a un metro e nel Mar Morto so- no pressoché impercettibi- li. Questa discrepanza si deve a molti fattori: l’irregolarità dei fondi, i mari chiusi o aperti… ma il prevedere le maree potrebbe sembrare facile poiché l’e- quazione di base della gravità universale scoperta da Isaac Newton è semplicissima: la forza di attrazione fra due oggetti si cal- cola moltiplicando la constante di gravita- zione universale (misurata con precisione sin dai tempi di Henry Cavendish) per la massa di entrambi e poi dividendo il tutto per il quadrato della distanza che li sepa- ra. Basterebbe quindi escludere tutti i fat- tori che rendono il calcolo complesso; per esempio, considerando solo l’effetto della Luna e del Sole (que- st’ultimo è molto più lontano dalla Terra ma la sua massa è enorme rispetto a quella del no- stro satellite naturale) e non degli altri pianeti e calcolare il massi- mo effetto di attrazione quando entrambi il Sole e la Luna sono i più vicini alla Ter- ra, il perigeo e perielio, e su uno stesso la- to; per rendere le cose più facili si potreb- be anche presumere la Terra come una sfera perfetta ricoperta da uno strato d’ac- qua di profondità costante senza terre emerse. Ma anche così, il calcolo non ri- sulterebbe facile. Perché? Pierre-Simon Laplace formulò le fa- mose équations differentielles des marées e si re- se conto che al di là dei fattori succitati, ve ne sono alcuni invincibili, perché do- vuti proprio alla rotazione di una sfera su sé stessa, che nel caso del nostro pianeta risulta, per un punto all’equatore di 1.620 km/h e ai poli è nulla. Questo diffe- renziale di velocità di punti su una sfera in rotazione su se stessa ha due effetti: primo, un’onda di marea si propaghe- rebbe a una velocità che entrerebbe in ri- sonanze diverse con la velocità di rota- zione a seconda della latitudine (la di- stanza di un punto terrestre dal polo); se- condo, per effetto della Legge di Corio- lis, lo spostamento dell’acqua dovuto al- la accelerazione impressa dalla rotazione terrestre variando fra l’equatore e i poli, crea complesse correnti oceaniche a for- ma di vortice, che possono in alcuni casi contrastare e in altri accentuare l’effetto dell’attrazione del Sole e della Luna. A vederci bene, tutti questi problemi di base nascono da complessità geome- triche. Quando si devono risolvere pro- blemi fisici e temporali che includono cerchi e sfere, i risultati sono alquanto imprevedibili e non esistono delle equa- zioni lineari che riescano sic et sempliciter a risolverli. Il cerchio e le sfere sono vera- mente figure speciali, come lo intuiva Ar- chimede che — secondo la leggenda — prima di morire sotto il gladio di un sol- dato romano durante l’assedio di Siracu- sa, ebbe la forza di implorare pietà non tanto per la sua vita quanto per le sue fi- gure perfette, con le parole: noli turbare circulos meos! ALLINTERNO L’arcivescovo Gallagher per i 40 anni dell’accordo tra Santa Sede e Perú La diplomazia vaticana agisce per facilitare la pace tra le nazioni DAV I D E DIONISI A PAGINA 5 Punti di resistenza Apprendere la lingua per integrarsi ENRICA RIERA A PA G I N A 7 Facce belle della Chiesa Fra Luke il parroco dei rifugiati PAGINA 9 Il cardinale Ayuso Guixot a un seminario online del Ccee In Europa serve il dialogo PAGINA 11 Ancora in attesa FR AT E L L I TUTTI NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 11 SEGUE A PA G I N A 2 Gli Stati Uniti sono ancora in at- tesa di conoscere il vincitore delle elezioni presidenziali svoltesi mar- tedì 3 novembre. Il candidato de- mocratico Joe Biden ha ribadito di essere certo che il conteggio dei voti negli Stati ancora in bilico (Nevada, Arizona, Georgia, North Carolina e Pennsylvania) gli ga- rantirà l’accesso alla Casa Bianca. Donald Trump, dal canto suo, ha ammonito l’avversario a non di- chiarare «erroneamente» vittoria, perché, ha avvertito attraverso un tweet, i ricorsi legali sono appena iniziati. PAGINA 4

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

Unicuique suum Non praevalebunt

Anno CLX n. 258 (48.582) sabato 7 novembre 2020Città del Vaticano

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Fe r m a r s ia “fare tempo”

di LUCIANO FLORIDI

Siamo entrati nel ventunesimo secolocon una lacerazione tragica, la pande-mia. Nei libri di storia sarà questo lospartiacque con il Novecento, così co-

me la prima guerra mondiale ha segnato la finedell’Ottocento. Il disastro climatico, l’ingiusti-zia sociale, la fine delle ideologie, la crisi dellademocrazia, i rigurgiti fascisti e il terrorismofondamentalista, il problema dell’immigrazio-ne, la crisi del modello capitalista neoliberalesono tutte trasformazioni dalla storia lunga. Mala pandemia le ha saldate insieme ad altre inun’unica spinta globale, sincronizzata e violen-ta, facendo della fine del Novecento un’esp e-rienza planetaria comune e condivisa. È il clas-sico pettine della storia dove i tanti, preesistentinodi sono ora giunti. Avendo rifiutato per annidi scioglierli; avendo preferito accontentarci diprocedere guardando nello specchietto retrovi-sore (si pensi al bellissimo progetto Europeo,non più presentabile solo come un successo dipace post-bellica); e avendo avuto troppo spes-so solo la timidezza di operazioni di piccoliadattamenti, o l’illusione di operazioni anacro-nistiche (vedi Brexit), ci ritroviamo ora gettatiin un’epoca aliena, disorientati come naufraghisu un’isola che non riconosciamo. Il rischio difare la cosa sbagliata è enorme, basti pensareagli orrori successivi alla prima guerra mondia-le. Capire prima di agire è perciò vitale, ma ca-pire senza poi agire di conseguenza sarà un sui-cidio. Serve per questo più filosofia, più intelli-genza, più coraggio, più capacità di guida e direalizzazione, più Politica (la maiuscola è cru-ciale).

È in questa ottica che ho letto l’enciclica diPapa Francesco, Fratelli tutti. «La storia sta dan-do segni di un ritorno all’indietro» (11) e il testooffre molte riflessioni per evitare questa trappo-la, per capire e agire meglio, in un periodo diprofonde incertezze e trasformazioni.

L’enciclica ha una enorme ricchezza concet-tuale, in termini di analisi, e morale, in terminidi suggerimenti. Non lo dico da credente, mada agnostico, pur nella speranza di essere tracoloro che a volte «[...] possono vivere la volon-tà di Dio meglio dei credenti» (74). Spesso, nelleggerla, mi è capitato di sottolineare mental-mente “bravo! Ma sì, è proprio così!” (nel dialo-go interno si da del tu anche al Papa). Eccoqualche esempio. Il male non si debella per

Argomenti circolaridi CARLO MARIA PO LVA N I

Le maree variano molto, basti con-siderare che nella Baia di Fundyin Nova Scozia (Canada), se neregistrano di un’altezza media

giornaliera di 13 metri, al Mont-St-Michelin Normandia, si estendono fino a 15 chilo-metri dalla costa, mentrenel Mar Mediterraneo so-no sempre inferiori a unmetro e nel Mar Morto so-no pressoché impercettibi-li. Questa discrepanza sideve a molti fattori: l’irregolarità dei fondi,i mari chiusi o aperti… ma il prevedere lemaree potrebbe sembrare facile poiché l’e-quazione di base della gravità universalescoperta da Isaac Newton è semplicissima:la forza di attrazione fra due oggetti si cal-cola moltiplicando la constante di gravita-

zione universale (misurata con precisionesin dai tempi di Henry Cavendish) per lamassa di entrambi e poi dividendo il tuttoper il quadrato della distanza che li sepa-ra.

Basterebbe quindi escludere tutti i fat-tori che rendono il calcolo complesso; peresempio, considerando solo l’effetto della

Luna e del Sole (que-st’ultimo è molto piùlontano dalla Terra mala sua massa è enormerispetto a quella del no-stro satellite naturale) e

non degli altri pianeti e calcolare il massi-mo effetto di attrazione quando entrambiil Sole e la Luna sono i più vicini alla Ter-ra, il perigeo e perielio, e su uno stesso la-to; per rendere le cose più facili si potreb-be anche presumere la Terra come unasfera perfetta ricoperta da uno strato d’ac -

qua di profondità costante senza terreemerse. Ma anche così, il calcolo non ri-sulterebbe facile. Perché?

Pierre-Simon Laplace formulò le fa-mose équations differentielles des marées e si re-se conto che al di là dei fattori succitati,ve ne sono alcuni invincibili, perché do-vuti proprio alla rotazione di una sfera susé stessa, che nel caso del nostro pianetarisulta, per un punto all’equatore di1.620 km/h e ai poli è nulla. Questo diffe-renziale di velocità di punti su una sferain rotazione su se stessa ha due effetti:primo, un’onda di marea si propaghe-rebbe a una velocità che entrerebbe in ri-sonanze diverse con la velocità di rota-zione a seconda della latitudine (la di-stanza di un punto terrestre dal polo); se-condo, per effetto della Legge di Corio-lis, lo spostamento dell’acqua dovuto al-la accelerazione impressa dalla rotazione

terrestre variando fra l’equatore e i poli,crea complesse correnti oceaniche a for-ma di vortice, che possono in alcuni casicontrastare e in altri accentuare l’effettodell’attrazione del Sole e della Luna.

A vederci bene, tutti questi problemidi base nascono da complessità geome-triche. Quando si devono risolvere pro-blemi fisici e temporali che includonocerchi e sfere, i risultati sono alquantoimprevedibili e non esistono delle equa-zioni lineari che riescano sic et sempliciter arisolverli. Il cerchio e le sfere sono vera-mente figure speciali, come lo intuiva Ar-chimede che — secondo la leggenda —prima di morire sotto il gladio di un sol-dato romano durante l’assedio di Siracu-sa, ebbe la forza di implorare pietà nontanto per la sua vita quanto per le sue fi-gure perfette, con le parole: noli turbarecirculos meos!

ALL’INTERNO

L’arcivescovo Gallagher per i 40 annidell’accordo tra Santa Sede e Perú

La diplomazia vaticanaagisce per facilitarela pace tra le nazioni

DAV I D E DIONISI A PAGINA 5

Punti di resistenza

Apprendere la linguaper integrarsi

ENRICA RIERA A PA G I N A 7

Facce belle della Chiesa

Fra Lukeil parroco dei rifugiati

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Il cardinale Ayuso Guixota un seminario online del Ccee

In Europaserve il dialogo

PAGINA 11

Ancora in attesaFR AT E L L I TUTTI

NOSTREINFORMAZIONI

PAGINA 11

SEGUE A PA G I N A 2

Gli Stati Uniti sono ancora in at-tesa di conoscere il vincitore delleelezioni presidenziali svoltesi mar-tedì 3 novembre. Il candidato de-mocratico Joe Biden ha ribaditodi essere certo che il conteggio deivoti negli Stati ancora in bilico

(Nevada, Arizona, Georgia, NorthCarolina e Pennsylvania) gli ga-rantirà l’accesso alla Casa Bianca.Donald Trump, dal canto suo, ha

ammonito l’avversario a non di-chiarare «erroneamente» vittoria,perché, ha avvertito attraverso untweet, i ricorsi legali sono appenainiziati.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 7 novembre 2020

«Fratelli tutti» - Per una lettura dell’enciclica di Papa Francesco

Giovani e lavoro:prioritaria la formazione

Fermarsi a “fare tempo”

di BRUNO BIGNAMI

Ai lettori attenti dell’enciclica Fra t e l l itutti non dev’essere sfuggito il nu-mero 162 dedicato al lavoro. È unasintesi della riflessione cristiana sultema, mettendo a fuoco la centrali-tà della persona. L’obiettivo affer-mato, infatti, è quello di «assicurarea tutti la possibilità di far germo-gliare i semi che Dio ha posto inciascuno, le sue capacità, la sua ini-ziativa, le sue forze». Il riconosci-mento della dignità umana passadalla promozione del lavoro e dallacapacità di una società a educare legiovani generazioni alla professio-ne. Aggiunge Papa Francesco: «Inuna società realmente progredita, illavoro è una dimensione irrinuncia-bile della vita sociale, perché nonsolo è un modo di guadagnarsi ilpane, ma anche un mezzo per lacrescita personale, per stabilire re-lazioni sane, per esprimere sé stessi,per condividere doni, per sentirsicorresponsabili nel miglioramentodel mondo e, in definitiva, per vive-re come popolo».

Se tutto ciò è vero, affrontare lacrisi lavorativa significa prenderesul serio la formazione dei giovani.Il treno della vita passa anche daqui. Nella pandemia scopriamo chele categorie più fragili sono gli an-ziani, che pagano sulla propria pel-le più di tutti la crisi sanitaria, e igiovani, che vedono piombarsi ad-dosso una crisi sociale ed economi-ca di inedite proporzioni. Questiultimi rischiano di vedere bloccatoil lavoro nel presente e di portare un

domani il peso di un indebitamen-to senza precedenti. Il loro futuroappare ipotecato. Proprio l’incer -tezza dell’oggi richiede un investi-mento coraggioso sui giovani e sul-la formazione al lavoro. Si sa, il te-ma dei giovani è una delle feriteaperte della società italiana: la lorofuga dalle aree interne e marginalidel Paese in cerca di fortuna altroverappresenta un dato che dovrebbeallarmare. Al contrario, viene guar-dato con rassegnazione, quasi nonci sia nulla da fare e che sia qualcosapiù grande di noi. Siamo schiaccia-ti e non possiamo che osservare!D’altro canto, un investimentomassiccio nella formazione porte-rebbe ad abitare il nostro tempocon stile innovativo. Il futuro lo siprepara progettando nel presente.Siccome il mondo del lavoro è incontinua trasformazione, stare den-tro ai cambiamenti in corso signifi-ca darsi le competenze necessarieper potersi mettere in gioco. La for-mazione in genere, e quella profes-sionale in particolare, è chiamata arispondere a questa esigenza. Rap-presenta il tentativo di consegnarele chiavi in mano per aprire le porteal lavoro secondo le esigenze deitempi, senza paure di sentirsi out,ossia fuori dal tempo e dal mondo.

Propongo una riflessione cheparta dalla fenomenologia dell’in -telligenza umana, che appare diver-sificata e complessa, per poi giun-gere a guardare con attenzione allerichieste che nascono all’internodel mondo dell’impresa. L’inclu -sione sociale si gioca su questo

fronte. Tutti ci rendiamo conto cheesistono diversi tipi di intelligenza:c’è l’intelligenza teoretica, l’intelli -genza emotiva, l’intelligenza prati-ca... Lo sviluppo di queste forme diintelligenza è alla base della forma-zione umana integrale. Ci sonopersone che hanno una spiccata in-telligenza teoretica e che quindi so-no a loro agio nel sistema scolasticoliceale e universitario. Astrarre, ap-plicare, dedurre, concettualizzare,approfondire, ricercare... sono iverbi coniugati da questo approc-cio alla realtà.

Ci sono poi persone che hannouna singolare intelligenza emotiva,che trovano, per altre vie, il mododi far fiorire i loro talenti attraversoil teatro, la danza, lo sport, il cine-ma, i circoli letterari e artistici...C’è, infine, chi ha una spiccata in-telligenza pratica e che rischia di fi-nire vittima del vecchio pregiudizioche associa il lavoro manuale aquello degli schiavi e lo ritiene dirango inferiore. Ci sono giovani,meno portati allo studio di storia omatematica o fisica, che invece han-no una particolare propensione allamanualità: sanno smontare e ri-montare un motore, diventano abilinella saldatura, sono creativi nel di-segnare un modello di giacca o diabito, hanno la fantasia di cucinarepiatti o di creare acconciature. Mol-ti di loro arrivano a imparare la ma-tematica, la trigonometria, la storia,la letteratura proprio a partire dallosviluppo della loro intelligenzapratica e non da un approccio me-ramente teorico. Ciò significa che

modelli diversi di apprendimentopossono avere piena cittadinanzanella formazione. Il compito delleagenzie educative non è quello didiscriminare a seconda dei punti dipartenza, ma di condividere quellidi arrivo. Puntando sull’intelligen -za di ciascuno, li si può portare allastessa meta, che non è data da unaquantità di nozioni uguale per tut-ti, ma da un esercizio concreto dicittadinanza e da una piena consa-pevolezza delle proprie capacità.La pratica diventa un esercizio discoperta di sé, fino a fare l’esp erien-za che esiste un posto per ciascunonel mondo. Ce lo insegna anche lascuola di Barbiana, fondata da donLorenzo Milani e studiata dai pe-dagogisti di tutto il mondo. Ognigiovane ha diritto di avere gli stru-

menti per abitare il proprio tempocon senso di responsabilità e concomp etenza.

La sfida per il mondo cattolico sifa doppia, perché significa sapervedere dei «geni di manualità» inragazzi che per molti rappresenta-no una causa persa, talvolta persinodefiniti come «asini». Come ci in-segna la Scrittura, «la pietra scarta-ta dai costruttori, è divenuta pietrad’angolo» (Sal 118, 22). L’interpre -tazione biblica è riferita a Cristo,che umiliato e ucciso, viene risusci-tato dal Padre. Il principio vale pe-rò anche per le persone: gli scartipossono diventare punti cardine diun’umanità differente. Basti pensa-re a ciò che Papa Francesco ha af-fermato nei vari incontri con i mo-vimenti popolari: li ha riconosciuti

sempre, si sconfigge ogni voltadi nuovo (11), con tenacia. Ag-giungo: per questo la partitamorale si vince segnando piùgoal (le cose fatte bene) diquanti se ne prendono (gli er-rori commessi). NemmenoSan Francesco ha vinto 1-0. Lacrescita economica non è losviluppo umano, che deve gui-darla (21). Per questo dobbia-mo cambiare sia il capitalismo— che deve passare dal consu-mo (13) alla cura (17) del mon-do e dell’umanità — sia la poli-tica, che deve passare dall’inte-resse individualistico alla par-tecipazione collettiva e allasperanza comune, attraverso la“carità politica” (190). La cosapeggiore che può capitare èperdere anche il senso dellavergogna per aver fatto delmale (45). Per questo l’augurioè di ricevere «la grazia di ver-gognarci per ciò che, come uo-mini, siamo stati capaci di fa-re» (247, il riferimento è allaShoah).

Potrei continuare, ma prefe-risco offrire una chiave inter-pretativa che mi è parsa filoso-ficamente pregnante e cogen-te, quella del tempo. L’encicli-ca si apre parlando dello spa-zio, delle frontiere che divido-no, dei muri e delle barriere

che separano. Ma presto si ca-pisce che è il tempo la variabilepiù importante, come indica-no i numerosi riferimenti allaparabola del samaritano. Lastoria è nota (63). Come perl’enciclica, all’apparenza sem-bra una questione di spaziogeometrico: la linea del viag-gio del giudeo si incrocia, persua sfortuna, con la linea deibriganti che lo assalgono in unpunto, ci sono poi le linee pa-rallele del sacerdote e del levi-ta, e quella del samaritano, cheinvece si ferma nello stesso

punto e lo aiuta, quindi la li-nea che unisce a un altro pun-to, quello dell’albergatore chelo ospita, e in fine di nuovo lalinea del viaggio del samarita-no che riparte ma intende tor-nare. Ho sempre letto la para-bola more geometrico. Ma ho ca-pito, leggendo l’enciclica, cheinvece è una parabola sul tem-po: «Soprattutto [il samarita-no] gli [al giudeo] ha dato unacosa su cui in questo mondofrettoloso lesiniamo tanto: gliha dato il proprio tempo. [...]senza conoscerlo lo ha consi-

derato degno di ricevere il do-no del suo tempo» (63). Purvalorizzando il proprio tempo(è un uomo d’affari) il samari-tano si è fermato. E così ha co-struito una storia nuova, di at-tenzione e cura, nel tempo, tro-vando il tempo per il sofferente edonandoglielo gratuitamente(139) e a proprie spese, non so-lo perché il tempo è denaro,ma anche perché paga lui l’al-bergatore, subito e con unapromessa futura, nel tempo.L’inglese ha un modo moltobello per dire che il tempo perciò che è importante si trova: tomake time “fare tempo”. Il sama-ritano makes time per il sofferen-te. E questo “fare tempo” p erl’altro significa arricchirsi alcontempo, perché donare il pro-prio tempo significa donarloanche a se stessi. Senza l’a l t roche lo riceve il donatore nonpotrebbe make time per se stes-so. Questa relazionalità deltempo, dei rapporti umani,della solidarietà t ra noi, dellacarità t ra noi, percorre tuttal’enciclica, e credo che sia unachiave di lettura fondamenta-le. Basti notare che, tra le affer-mazioni più incisive, solo unaricorre due volte: «nessuno sisalva da solo”» (32, 54 e ancora137 «o ci salviamo tutti o nes-suno si salva»). Nessuno puòabbracciarsi da solo. Abbrac-

ciarsi è possibile solo se esisteuna separazione ricongiuntacon l’altro, in cui le identità siuniscono ma non si annullano.Perciò abbracciare l’altro è an-che l’unico modo per abbrac-ciare noi stessi. Sartre avevatorto: l’inferno non è l’altro, èl’assenza dell’altro (150), per-ché ci si salva solo salvandol’altro. Per questo dobbiamofarci prossimo tra noi, come in-siste l’enciclica (80-81). Oggi èpiù facile, perché nell’infosferaciascuno di noi è a un solo pas-so di distanza da ogni altro.

L’opposto del fermarsi e“fare tempo” è «“la concupi-scenza”: l’inclinazione dell’es-sere umano a chiudersi nel-l’immanenza del proprio io”»(166). È l’incoerenza di crederedi poter vivere come se fossi-mo linee parallele senza il pia-no al quale apparteniamo, no-di senza la rete che ci costitui-sce. È il rifiuto della relaziona-lità. La chiusura nell’imma-nenza è lo spazio superficiale eclaustrofobico di chi non siferma e non “fa tempo” p erpoter ricevere tempo, di chinon salvando non si salva. Lasoluzione contro la concupi-scenza è perciò schiudere l’im-manenza del proprio io, for-zarla ad aprirsi alla speranza(almeno per questo agnostico)se non alla fede (per il creden-

te) nella trascendenza. Se que-sta possa essere una “trascen-denza laica” resta la domandaaperta per l’agnostico, ma lai-ca o religiosa che sia, è un’a-pertura che comporta costi,come il fermarsi del samarita-no, ed è un’apertura che pos-siamo condividere con tutti,perché è resa possibile dal ri-conoscimento universale delladignità umana (213-214), chetrascende il tempo della storiae quindi lascia l’immanenzadel proprio io sempre socchiu-sa, come una porta che lasciaintravedere la luce.

Alla fine della lettura mi so-no chiesto: ma poi che cosa èsuccesso al samaritano? Sap-piamo che è ripartito. Avevada fare. Contava di tornare.L’enciclica mi ha fatto pensareche abbia continuato il viaggiocon un sorriso. Perché ripen-sandoci deve al sofferente ilfatto di sapere ora lui chi è.Soddisfacendo la domandaposta dalla dignità umana delsofferente (218), ha ottenutoanche la risposta alla questio-ne sulla sua propria dignitàumana di persona caritatevolee gentile (222-224). C’è volutala forza di fermarsi per capirechi fosse e non vergognarsi.Alla fine è stato il miglior inve-stimento possibile del suotemp o.

CO N T I N UA DA PAGINA 1

Teofilo Patini, «Il buon samaritano» (1859)

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 7 novembre 2020 pagina 3

«Fratelli tutti» - Per una lettura dell’enciclica di Papa Francesco

Il popolo come limite al potere

La dignità delle personefonda la fraternità

come «poeti sociali», quando spes-so nei loro Paesi vengono squalifi-cati come gente di strada. Tutto ciògiustifica il rafforzamento dell’im -pegno nella formazione professio-nale: si può valorizzare l’intelligen -za pratica come di alta dignità e sirestituisce ai giovani l’autostimache talvolta la stessa scuola rischiadi distruggere.

In questo momento storico, poi,deve far pensare il mismatch tra for-mazione e mondo delle imprese. Ildisallineamento tra domanda e of-ferta di lavoro è verificabile in alcu-ni settori quali l’industria meccani-ca e quella agroalimentare; il setto-re tessile e della moda; i servizi dialloggio e ristorazione (turismo); leattività avanzate di supporto alleimprese; il commercio e la mecca-tronica; le industrie della carta, car-totecnica e stampa; i servizi infor-matici e delle telecomunicazioni; leindustrie chimico-farmaceutiche,della plastica e della gomma. A ciòsi aggiunga il cambiamento tecno-logico in atto: in un prossimo futu-ro molti dei posti di lavoro tradizio-nali spariranno, mentre una buonapercentuale di professioni si tra-sformerà. Nell’epoca dell’intelli -genza artificiale, della robotica,della nanotecnologia e della biotec-nologia più di un terzo delle com-petenze che saranno consideratefondamentali, e quindi ad alta do-manda per nuovi posti di lavoro,oggi hanno un’importanza secon-daria: le social skill, cioè capacità dipersuasione, intelligenza emotiva,abilità nell’insegnamento; le capa-cità cognitive, quindi creatività, ra-gionamento analitico; e le p ro c e s sskill, ovvero capacità di ascolto e cri -tical thinking. Le sfide etiche nonmancheranno, soprattutto di fronteal rischio di de-umanizzazione dellavoro, possibile sia con il ricorso aibraccialetti elettronici (con compitidi sorveglianza) sia con l’intro du-zione dell’artificiale.

C’è una distanza tra ciò che vie-ne offerto nella scuola superiore enei percorsi universitari e le neces-sità concrete delle aziende. Non èraro il caso di giovani costretti a re-carsi per un certo periodo nello stu-dio di un professionista per impara-re come si partecipa attraverso pro-getti a bandi comunali, regionali,nazionali o europei... Le impreseche necessitano di un perito mecca-nico, spesso, sono costrette a inse-gnare ai giovani come si usa un tor-nio. L’industria oggi ha bisogno dioperai iperspecializzati, anche concompetenze digitali, e c’è carenza

di scuole che preparino i giovani adacquisire le competenze richieste.Nel mondo delle ipertrofie dei re-golamenti nazionali e regionali,troppe poche persone si pongono ilproblema di chiedere ai destinatarile esigenze per far funzionare ilmondo produttivo.

Qui si rivela di luminosa strate-gia economica e umana l’investi -mento fatto dai corsi di formazioneprofessionale: ci si mette in ascoltodel territorio e si offrono risposteall’altezza delle attese sia dei giova-ni, che hanno bisogno di maturaree formarsi, sia delle imprese chechiedono sempre più una qualifica-zione specialistica.

Le scuole di formazione profes-sionale sono una benedizione, so-prattutto in questo momento stori-co. Hanno il coraggio di dire ai gio-vani che non c’è un parcheggio li-bero per loro.

Papa Francesco nell’esortazioneapostolica Christus vivit affermavache «ogni formazione è vocaziona-le» (254). Il miracolo sta nel risve-gliare in tanti giovani il desiderio diappassionarsi a una professione chepossa diventare la ragione profon-da del proprio riscatto umano e so-ciale. È il tentativo di portare alcentro periferie esistenziali che ri-schierebbero sempre di giocare lapartita della loro vita in campionatiminori. La formazione diventa di-scriminante per far fiorire le esi-stenze appassite e rassegnate in esi-stenze che spiccano il volo. Su alid’aquila.

di FRANCESCO OC C H E T TA

Davanti ai cambiamenti d’ep o caci sono due atteggiamenti pos-sibili: difendere ciò che rimane,costruire ciò che non c’è. Maogni ricostruzione richiede diuscire dalla propria terra comeè stato per Abramo e Sara. Ladiscendenza è donata da Dio aun anziano e a una sterile, gra-zie alla loro disponibilità. An-che la vita sociale e politica èregolata dallo stesso principio:lasciare il proprio mondo percostruirne uno migliore che Pa-

pa Francesco ci richiama nellasua ultima enciclica Fratelli tutti.Il testo è anzitutto da contem-plare spiritualmente non è dastudiare razionalmente, non èun trattato di economia o dipolitica. L’enciclica — massimaespressione del magistero ordi-nario del Papa — va meditata esedimentata, prima di ogni cri-tica. Sintonizzarsi sulle fre-quenze del pontificato significacomprendere la visione delmondo proposta dalla Chiesa.

Certo, la sfida della fraternitàsembra un paradosso mentreemergono inchieste dal Vatica-no che scuotono i fedeli e ri-schiano di indebolire la paroladel magistero sociale dellaChiesa. Ma la Chiesa non è ilVaticano, è il popolo di Dioche cammina nella storia fedeleal suo Signore. Parlare dunquedi fraternità è un processo pos-sibile, non va confusa comeuna sfida utopica, la radice èevangelica. Questa, per alcuni,si limita ai legami di sangue,per altri a ciò che ci separa dachi è diverso, invece Francesco(ri)fonda la fraternità sulla di-gnità di ogni persona, figliadell’unico Padre, e sull’esp e-rienza delle vittime che paganoil male del mondo.

Una novità dell’enciclica è ilquinto capitolo, dedicato a «Lamigliore politica». Dal suo rea-lismo Francesco non si limita adenunciare le cose che nonvanno, ma indica cosa fare e dachi partire. Sono gli ultimi acui la Chiesa vuole dare voce erestituire la dignità perduta. IlPapa stimola i politici a ricono-scere che la fede nel «mercatonon risolve tutto»; occorre ri-lanciare una politica popolare,riconoscere le false promessedel populismo, denunciare i li-miti della visione del liberismointeso come teoria economica enon come filosofia politica.Francesco invita i politici a sa-per leggere il contesto (locale eglobale) e fare scelte concrete.

Occorre chiedersi: da che partesto? Cosa sto facendo per co-struire la fraternità politica?Credo davvero che occorra in-trodurre un nuovo paradigmadi convivenza dopo il covid-19?

Nasce da qui il cantiere dellafraternità e dell’amicizia sociale.Prima delle strutture occorrecambiare la mentalità di chi legoverna, il secolo XXI — l e g g i a-mo nell’enciclica — «assiste auna perdita di potere degli Sta-ti nazionali, soprattutto perchéla dimensione economico-finan-ziaria, con caratteri transnazio-nali, tende a predominare sullapolitica. In questo contesto, di-venta indispensabile lo svilup-po di istituzioni internazionalipiù forti». Globalizzare la fra-ternità, aiuta a liberare dallaschiavitù le vittime della globa-lizzazione economica e dell’i n-formazione con i suoi processimediatici. Poco prima della Pa-ce di Vestfalia la Chiesa avevarimproverato all’Impero di co-struire un mondo ingiusto. Og-gi lo ripete.

In Italia l’enciclica può ispi-rare il dibattito tra credenti, perfar sì che l’esperienza dei nonnie dei padri coinvolga anche fi-gli e nipoti. L’orizzonte politi-co di Francesco rimane unabussola anche per esperienzepiù laiche al servizio di una po-litica basata su digitale ed eco-logia, inclusiva e aperta allamediazione, come chiede l’e n c i-clica.

di FL AV I O FELICE

Con l’enciclica Fratelli tutti, PapaFrancesco interviene su alcunidei punti più rilevanti dell’a t-tuale dibattito politico, econo-mico e culturale. In particola-re, avendo adottato il paradig-ma della fraternità, sposa lostesso approccio che fu del po-verello di Assisi. Un approcciotutt’altro che ideologico e det-tato da una visione utopisticadella storia, quanto ispirato al-la concretezza.

Il paradigma della fraternitàimplica la ricerca, da parte delPontefice, di tutta una serie dipossibili aporie che si nascon-dono dietro parole e concettiche negli anni hanno assuntoun significato quasi evanescen-te per il loro massiccio uso;una di queste parole è “p opu-lismo”. Parte del capitolo quin-to dell’enciclica è dedicata a ta-le concetto, dove il Papa de-nuncia come il suo abuso rischidi compromettere la concretacomprensione delle dinamichepolitiche e la qualità della quo-tidiana dialettica tra governantie governati: élite e popolo.

A questo punto della discus-sione, Papa Francesco introdu-ce un’importante distinzione,tesa a fissare il confine tra lacultura politica di tipo populi-stico e quella di tipo popolare.È una distinzione fondamenta-

le che rinvia al cuore stessodella tradizione politica deicattolici e, in particolar modo,dei cattolici italiani, potendoannoverare tra i propri padridon Luigi Sturzo, colui che hateorizzato il “p op olarismo”, inquanto teoria politica del pote-re limitato dal popolo. Un li-mite organico, nel rispetto delprincipio di sussidiarietà; un li-mite morale, mediante la suaarticolazione in partiti, sinda-cati, opinione pubblica; un li-mite politico, in forza dell’e s e r-cizio delle libertà politiche: co-sì inteso il popolo non esprimela giustificazione del potere,bensì il suo argine.

Per populismo intendiamo unaconcezione della politica in cuic’è un legame mistico tra ciòche il popolo pensa e spera e ilcapo che lo teorizza. Il caratte-re distintivo di questo legame èl’idea che noi siamo i puri, glieletti, i migliori e il resto è pu-tridume, marciume. Una settacon una verità e se il capocambia idea, ecco che cambiaanche la verità.

Il popolarismo si oppone al p o-pulismo in forza di una nozionedi popolo articolata, dunque plu-rale, e differenziata al suo in-terno, tutt’altro che omogeneae compatta, refrattaria tanto alpaternalismo quanto al leaderi-smo carismatico che identifica-no nel capo il buon pastore al

quale affidare i destini delgregge. È qui che il discorso diPapa Francesco intercetta alcu-ni aspetti teorici sviluppati daSturzo e, in particolare, la con-statazione che la condivisioneda parte del leader delle istan-ze del suo popolo: stare in mezzoal popolo, assecondandone gliumori, può assumere diversi si-gnificati e, talvolta, contraddit-tori. Il riferimento al popolo, co-me categoria politica, corposociale compatto, omogeneo euniforme al quale una certa de-mocrazia contemporanea attri-buisce il carattere della sovra-nità: “unum corpus mysticum”, aun’attenta analisi, non può nonsollevare alcune questioni diprimaria importanza. Sceglieredi stare in mezzo al popolo può si-gnificare tante cose. Può signi-ficare abbandonare l’i s o l a m e n-to elitario ed egoistico, incon-trare le gioie, i dolori, le aspi-razioni, le sofferenze, la pover-tà, le ingiustizie, l’ingegno, lasalute, la malattia, l’a rd i m e n t o ,la paura. Può significare tende-re all’incontro con la diversitàdi cultura, di religione, di raz-za, di lingua, di tradizioni. Inmezzo al popolo può significareoperare per preservare l’ugualedignità di ciascuno, permetten-do a tutti di essere differentil’uno dall’altro. Tuttavia, inmezzo al popolo può significareanche omologazione, massifica-

zione, annullamento della per-sonalità. In mezzo al popolo, perchi ha responsabilità di gover-no, può significare assecondarele passioni più basse, in nomedi un facile consenso, farsi por-tatori di presunte istanze po-polari che interessano soltantoi portatori; per dirla con JohnDunn, una sorta di autoingan-no del quale sarebbero vittimai professionisti della politica:spacciare per collettivi interessie progetti che, nella realtà, so-no del tutto personali.

Possiamo concludere affer-mando che avendo messo lanozione di popolo al centrodella riflessione magisteriale,Papa Francesco mostra tutti icaratteri di una lettura realisti-ca della società: «Ciò che è ve-ramente popolare è assicurarea tutti la possibilità di far ger-mogliare i semi che Dio ha po-sto in ciascuno» (n. 162); fra-ternamente si è popolari nellamisura in cui si promuove ladignità di colei o di colui dicui ci prendiamo cura. Al cuo-re della riflessione del Papa,dunque, troviamo la sua atten-zione per il processo inclusivoche si implementa in primis a t-traverso il lavoro, la dimensio-ne nella quale l’uomo, collabo-rando all’opera creatrice delPadre, realizza la sua più altavocazione: essere una imagoDei.

SU «V I TA PASTORALE»

Pubblichiamo quasi per interoin questa pagina il testo dello scrittore gesuitache appare nella rubrica «Note di politica»del numero di novembre di «Vita Pastorale»(Edizioni San Paolo, n. 10, anno CVIII,pagina 11).

Page 4: Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente ...€¦ · PAGINA 11 SEGUE A PA G I N A 2 Gli Stati Uniti sono ancora in at-tesa di conoscere il vincitore delle elezioni presidenziali

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 7 novembre 2020

Biden avanti in Pennsylvania

Usa: non si fermail conteggio dei voti

Il passaggio dell’uragano Eta mette in ginocchio Paesi già duramente segnati

Disastro in Centro Americadi FABRIZIO PELONI

Un nuovo disastro umanitario conquasi 200 vittime è il risultato delpassaggio dell’uragano Eta inAmerica Centrale. Il maggiornumero di vittime è stato regi-strato in Guatemala, dove franee inondazioni hanno spazzatovia o in altri casi sepolto di fan-go, nella serata di giovedì, buo-na parte delle abitazioni del vil-laggio Quejá, nell’Alta Verapaz,regione centrale del Paese. Ilpresidente guatemateco, Alejan-dro Giammattei, in conferenzastampa ha ammesso che sonocirca 100 gli abitanti del piccolocentro che hanno perso la vita.

Il maltempo ha inizialmenteostacolato i soccorsi con stradebloccate perché inagibili o alla-gate. È stato inviato l’e s e rc i t oper far fronte all’e m e rg e n z a .

In tutto il Paese sono circa 150le persone morte o che risultanoancora disperse, più di 3.600 so-no state evacuate e sono almeno55.000 quelle colpite che avran-no bisogno di assistenza. In di-versi dipartimenti del Paese èstato dichiarato lo stato d’emer -genza con crolli stradali, pontidistrutti e straripamenti di fiumiche hanno isolato oltre 50 comu-nità. Molte persone hanno tro-vato rifugio sui tetti delle proprieabitazioni.

L’uragano Eta aveva toccatoterra per la prima volta martedìscorso in Nicaragua. Classificatoinizialmente di categoria 4 ha

DAL MOND O

Visita del presidente colombianoin Bolivia e Cile

Il presidente colombiano Iván Duque parteci-perà domani, a La Paz, all’insediamento delpresidente boliviano, Luis Arce, con il qualeterrà un incontro per dare nuovo impulso allaComunità andina delle nazioni (Can). Si re-cherà poi in Cile per incontrare il suo omologoSebastián Piñera. Gli sforzi regionali contro ilcovid e la cooperazione i principali temi delcollo quio.

Seoul sollecita Washingtona riprendere il dialogo con il Nord

Il consigliere per la sicurezza nazionale dellapresidenza sudcoreana, Suh Hoon, ha solleci-tato gli Usa a riprendere quanto prima i collo-qui per la denuclearizzazione della Penisolacoreana con la Corea del Nord, durante una vi-deoconferenza trilaterale con i vertici della si-curezza nazionale di Stati Uniti e Giappone.

Afghanistan: uccisonoto giornalista a Kabul

Il giornalista Yama Siawash, conosciuto per ilsuo impegno in politica e consigliere dellaBanca centrale afghana, è stato ucciso insiemead altri due civili in un attentato condotto conuna autobomba a Kabul, Afghanistan, vicinoalla sua abitazione. L’azione non è stata riven-dicata, riferisce la polizia.

WASHINGTON, 7. «Non saràfacile, ma dobbiamo provar-ci. La mia responsabilità co-me presidente sarà quella dirappresentare l’intera nazionee voglio che sappiate che la-vorerò tanto per coloro chehanno votato contro di metanto quanto per quelli chehanno votato per me». Parlaormai da presidente eletto ilcandidato democratico, JoeBiden, quando lo spoglioelettorale è quasi concluso egli mancano soltanto 17 gran-di elettori per conquistare laCasa Bianca.

Ci sono ancora voti daconteggiare in Pennsylvania,North Carolina, Georgia,Arizona e Nevada. Nelle ul-time ore Biden ha superato ilsuo rivale, il presidente Do-nald Trump, in Pennsylvania.Attualmente può contare su253 grandi elettori contro i214 di Trump.

«Dobbiamo solo ricordare

chi siamo. Questi sono gliStati Uniti d’America. E nonc'è mai stato niente, nienteche non siamo stati in gradodi fare, che non siamo statiin grado di realizzare quan-do l'avremo fatto insieme»ha detto Biden in un discor-so nel Delaware. «Sono fieroche il nostro successo riguar-di tutta l’America. Abbiamoripreso Arizona e Georgia.Ricostruito il muro blu diMichigan, Wisconsin. Siatecalmi e pazienti». Poi haspiegato: «Lo so, il processodi conta è molto lento. Manon dimenticate che dietroogni numero, dietro ogni vo-to, c’è una persona e unastoria. Dobbiamo ascoltare lavoce di ciascuno. Lavoreròduro per tutti. Siamo una so-la America. Avversari, forse,ma non nemici: grandi disac-cordi portano a proficui di-battiti».

Tu t t ’altro che diplomaticala replica di Trump. «Bidennon dovrebbe erroneamenterivendicare l’incarico di pre-sidente. Potrei farlo ancheio. I ricorsi legali sono appe-na iniziati» ha detto il presi-dente. «Avevo un così gran-de vantaggio in vari stati du-rante la notte elettorale, soloper vederlo miracolosamente

sparire mentre passavano igiorni. Forse questo vantag-gio ritornerà man mano cheandranno avanti i procedi-menti legali». Poi ha sottoli-neato: «Noi crediamo che ilpopolo americano meriti diavere piena trasparenza intutto il conteggio dei voti enella certificazione delle ele-zioni e che non si tratti piùdi una singola elezione.Questo riguarda l'integritàdel nostro intero processoelettorale».

Nel frattempo, continua labattaglia anche al Congresso.Alla Camera dei Rappresen-tanti i democratici hanno 212contro i 194 dei repubblicani.In una lettera inviata ai de-putati democratici, ieri, Nan-cy Pelosi ha presentato for-malmente la sua candidaturaper la rielezione a speakerdella Camera per altri dueanni. I repubblicani dovreb-bero mantenere il controllo

del Senato, comunque, equesto limiterebbe notevol-mente i poteri di un possibi-le futura presidenza Biden. Inumeri, al momento, dannoun pareggio: 48 seggi per idemocratici e 48 per i repub-blicani.

Intanto, il coronaviruscontinua a colpire la CasaBianca. Mark Meadows, ilcapo di gabinetto dell'ammi-nistrazione Trump, è positi-vo. Meadows — stando aquanto riportano i media —era presente senza mascheri-na la sera dell'election day alparty nella East Room allaCasa Bianca, insieme ad altrecentinaia di invitati. Sempreil 3 novembre — riportano imedia — molte foto lo ritrag-gono senza mascherina allespalle del presidente Trump,durante una visita al quartiergenerale della campagna.

Il collaboratore più vicinoa Trump, anche nei giornidel contagio e del ricoverodel presidente è rimasto a la-vorare nella stessa stanza inospedale. Almeno altri quat-tro membri dello staff dellaCasa Bianca, oltre al capo digabinetto, sono risultati posi-tivi al coronavirus. Il timoreè quello di un nuovo foco-laio.

progressivamente perso potenzaed è stato declassato a depressio-ne tropicale. Si è poi spostato nelvicino Honduras, per poi attra-versare il Guatemala. Le suepiogge torrenziali hanno colpitoanche Costa Rica, Panama, ElSalvador, oltre al Messico, dovele autorità del Chiapas — uno de-gli Stati più poveri del Paese —hanno reso noto il ritrovamentodi circa 20 vittime nel villaggiodi Chenalho, di cui almeno 15erano membri della comunità in-digena che vive al confine con ilGuatemala. Paesi già duramentecolpiti da ataviche crisi finanzia-rie, messi ancor più a dura provadall’emergenza sanitaria legataalla pandemia e alla susseguentecrisi economica. Sarà necessario,dunque, un pronto interventodella comunità internazionale,peraltro già richiesto dalle piùalte cariche delle nazioni colpite.Gli osservatori hanno annuncia-to che, con tutta probabilità, ladistruzione e i danni alle attivitàcausati dal passaggio di Etaspingeranno un numero ancoramaggiore di persone a lasciare lapropria patria per emigrare ver-so nord, verso gli Stati Uniti. So-no i cosiddetti “profughi am-bientali”.

Dopo il Guatemala è l’Hon -duras, al momento, il Paese cheha fatto registrare il maggior nu-mero di vittime, oltre venti. «Lasituazione è grave, scioccante erichiede una reazione professio-nale e rapida», ha ammesso il

presidente dell’Honduras, JuanOrlando Hernández, aggiun-gendo che «il danno e la distru-zione sono nella stragrandemaggioranza delle città del Pae-se». Al momento la valle di SanPedro Sula, seconda città e capi-tale industriale del Paese, risultaquella in situazione più critica.

Secondo il National hurrica-ne center (Nhc), il centro di mo-nitoraggio degli uragani degliStati Uniti, ieri, la tempesta eraal largo della costa del Belize e sistava dirigendo verso il Mar deiCaraibi. Se non cambierà rottapotrebbe raggiungere nelleprossime ore le Isole Cayman,Cuba e successivamente, lunedìprobabilmente, il sud della Flo-rida. L’Nhc ha anche previsto unnuovo rafforzamento di Eta.

Due bambiniguadano l’acquain un'areaallagata aPanzos, neldipartimento diAlta Verapaz inGuatemala (Afp)

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 7 novembre 2020 pagina 5

Approvato in Italia il decreto “Ristori-bis”

Il covid acceleraQuasi 50 milioni di casi

DAL MOND O

Kosovo: prime audizionidel Tribunale dell’Aja

Kadri Veselj e Rexhep Selimi, i due ex leaderdell’Uck (Kosovo Liberation Army) arrestati ierie incarcerati all’Aja dopo la conferma delle accu-se di crimini di guerra nei loro confronti, compa-riranno per la prima volta dinanzi ai giudici delTribunale speciale rispettivamente il 10 e 11 no-vembre. Ne danno notizia i media. Il 9 novembresarà invece ascoltato l’ex presidente Thaci. L’U-nione europea ha espresso soddisfazione per lacollaborazione di Thaci.

Migranti: non si fermanogli sbarchi a Lampedusa

Ancora sbarchi a Lampedusa, nell’Agrigentino,dove in poche ore sono approdati 249 migranti.Nella notte due barconi con a bordo 81 e 12 per-sone sono riusciti a raggiungere l’isola. Dopo leoperazioni di identificazione, sono stati tutti con-dotti nell’hotspot di contrada Imbriacola. Stama-ni, invece, una carretta del mare con 156 migrantiè stata intercettata dagli uomini della Guardia difinanza. Intanto, proseguono a ritmo serrato icontrolli per l’emergenza sanitaria. Ieri 197 mi-granti, tra i quali 10 positivi al covid, sono statitrasferiti sulla nave quarantena Rhapsody.

Nagorno-Karabakh: le forze azereconquistano sette villaggi

Le forze armate dell’Azerbaigian hanno conqui-stato sette villaggi nella regione del Nagorno-Ka-rabakh. Lo ha annunciato ieri il presidente azeroIlham Aliyev. I villaggi conquistati sono Mirek,Kavdar nel distretto di Jabrail, Masadiismayll,Safibayli nel distretto di Zangilan, e Basarat, Qa-rakisilar e Qaracall nel distretto di Qubadl, han-no fatto sapere fonti governative citate dai media.Intanto, come annunciato ieri dal Cremlino, pro-seguono gli sforzi diplomatici per porre fine allacrisi.

Vienna, il governo decide di chiuderele moschee vicine all’e s t re m i s m o

L’arcivescovo Gallagher nel 40° anniversario della firma dell’Accordo tra la Santa Sede e il Perú

La diplomazia vaticana agisceper facilitare la pace tra le nazioni

GINEVRA, 7. Ancora un nuovorecord giornaliero di contagida covid-19 nel mondo. Ierisera l’Organizzazione mon-diale della sanità (Oms) hareso noto che sono stati580.000 i casi registrati nelleultime 24 ore. Il dato com-plessivo delle infezioni è ora a49.416.390. A questo punto ea questo ritmo, sembrerebbea un passo dal raggiungere lacifra tonda dei 50 milioni.

In cifre assolute, i Paesi piùcolpiti continuano a essere gliStati Uniti, l’India e il Brasi-le. Ma è l’Europa, al momen-to l’area geografica dove sonoconcentrate maggiormente leattenzioni degli esperti in ma-teria. Il Vecchio Continenteha superato ieri il tetto dei 12milioni di positivi e quellodelle trecentomila vittime percomplicazioni riconducibilial nuovo coronavirus. Da set-timane è tornato a essere il fo-colaio mondiale della pande-mia. Negli ultimi giorni, inol-tre, sta crescendo anche lacurva legata ai decessi.

Intanto in Italia la curvadei contagi «è impetuosa econtinua e crescere. Lo vedia-mo anche grazie alla moltipli-cazione delle attività di scree-ning: siamo passati dai 26mi-la tamponi al giorno di mar-zo-aprile ai 234mila di oggi(ieri, ndr) e puntiamo — coitest antigenici — ad arrivare a350mila al giorno» Lo ha af-fermato il commissario all’e-

mergenza covid, DomenicoArcuri, che, in un’intervista a«Il Fatto Quotidiano» ha di-feso il nuovo Dpcm, di fronteai reclami pervenuti da alcu-ne regioni. Le misure prese«sono necessarie, ma non èdetto che siano sufficienti»,ha riferito Arcuri ammetten-do di non capire le proteste dialcuni governatori regionali,visto che «hanno condiviso,approvato e implementatoper mesi questo famoso siste-ma coi 21 parametri. Un siste-ma, peraltro, basato in largaparte su dati forniti dalle Re-gioni stesse e che ha due fina-lità: comprendere a che pun-to è l’epidemia nei vari terri-tori e prevederne l’evoluzio-ne». Il commissario Arcuri haparlato della sofferenza dellarete ospedaliera, giudicandosicuramente più preoccupan-te la situazione nei Prontosoccorso rispetto a quella del-le terapie intensive per le qua-li è comunque prevista l’atti-vazione di nuovi posti letto.

Nella notte il Consiglio deiministri, su proposta del pre-sidente Giuseppe Conte e delministro dell’Economia e del-le Finanze Roberto Gualtieri,ha approvato un nuovo de-creto-legge, denominato “Ri-stori-bis”, che introduce ulte-riori urgenti provvedimentiper mettere riparo alle conse-guenze economiche dellapandemia su quelle attività - esui rispettivi lavoratori - chesubiranno in qualche modolimitazioni, direttamente oindirettamente, dalle restri-zioni contenute nell’ultimoDpcm entrato in vigore ieri 6novembre. Sono stati previstiinoltre ulteriori aiuti a fondoperduto in funzione del setto-re di attività di quelle impreseattive nelle Regioni che si tro-vano nelle due fasce a più altacriticità, quella arancione equella rossa. Il contributo sa-rà erogato attraverso le proce-dure già previste dall'Agenziadelle entrate in relazione aicontributi previsti dal decreto"Rilancio" del 19 maggio2020, e per quelli introdotticon il precedente decreto "Ri-stori" del 28 ottobre scorso.Vista la chiusura nei fine setti-mana dei centri commerciali èprevista l’istituzione di unfondo per colmare le perditesubite da quelle attività cheoperano al loro interno.

di DAV I D E DIONISI

«L’azione diplomatica della Santa Sedenon si accontenta di osservare gliavvenimenti o di valutarne la porta-ta, né può restare solo una sorta divoce critica della coscienza, spessoanche fuori dal coro». È interamen-te dedicato alla diplomazia dellaSanta Sede l’intervento di monsi-gnor Paul Richard Gallagher, segre-tario per i Rapporti con gli Stati,pronunciato ieri in occasione del40° anniversario della firma dell’Ac-cordo tra la Santa Sede e il Perú,sottoscritto a Lima il 19 luglio 1980.L’arcivescovo ha sottolineato che«La Santa Sede è chiamata ad agireper facilitare la convivenza fra le va-

rie Nazioni, per promuovere quellafraternità tra i Popoli, dove il termi-ne fraternità è sinonimo di collabo-razione fattiva, di vera cooperazio-ne, concorde e ordinata, di una soli-darietà strutturata a vantaggio del

bene comune e di quello dei singo-li».

Ed è Papa Francesco a chiederealla Santa Sede «di muoversi sulloscenario internazionale non per ga-rantire una generica sicurezza, resapiù che mai difficile in questo perio-do di perdurante instabilità e dauna marcata conflittualità, ma persostenere un’idea di pace come frut-to di giusti rapporti, cioè di rispettodelle norme internazionali, di tuteladei diritti umani fondamentali, adiniziare da quelli degli ultimi, i piùvulnerabili». Chiara, quindi, la fun-zione “ecclesiale” della diplomazia«quale strumento di comunione cheunisce il Romano Pontefice ai ve-scovi e alle rispettive Chiese locali, èanche la via peculiare attraverso cuiil Papa può raggiungere concreta-mente “le periferie" spirituali e ma-teriali dell’umanità», ha specificatomonsignor Gallagher.

Il segretario per i Rapporti congli Stati ha ricordato che la rete di-plomatica della Santa Sede ha rela-zioni di tipo bilaterale con 183 Stati,a cui si debbono aggiungere l’Unio-ne europea e il Sovrano Ordine diMalta. «Intrattiene inoltre — ha ag-giunto l’arcivescovo — rapporti sta-bili di tipo multilaterale con moltealtre Istituzioni intergovernative,competenti nei diversi settori in cuisi articola la struttura della gover-nance internazionale».

Secondo monsignor Gallagher«l’idea di pace di cui la Santa Sedeè portatrice non si ferma a quellache le Nazioni esprimono nel con-temporaneo diritto internazionale.Operare per la pace non significasolo determinare un sistema di sicu-rezza internazionale e, magari, ri-spettarne gli obblighi. È richiestoaltresì di prevenire le cause che pos-sono scatenare un conflitto bellico,come pure di rimuovere quelle si-tuazioni culturali, sociali, etniche ereligiose che possono riaprire guerresanguinose appena concluse». Inquesto senso il diritto internazionale«deve continuare a dotarsi di istitutigiuridici e di strumenti normativi ingrado di gestire i conflitti conclusi ole situazioni in cui gli sforzi della di-plomazia hanno imposto alle armidi tacere». Un passaggio importan-te dell’intervento del segretario per iRapporti con gli Stati è dedicato al-la fase post-bellica: «Il compito nelpost-conflitto non si limita a riasset-tare i territori, a riconoscere nuove omutate sovranità, o ancora a garan-tire con la forza armata i nuovi equi-libri raggiunti. Esso deve piuttostoprecisare la dimensione umana della

pace, eliminando ogni possibile mo-tivo che possa nuovamente compro-mettere la condizione di coloro chehanno vissuto gli orrori di una guer-ra e ora attendono e sperano, secon-do giustizia, un diverso avvenire.Tradotto nel linguaggio della diplo-mazia questo significa dare prioritàalla forza del diritto rispetto all’im-posizione delle armi, garantire lagiustizia ancor prima della legali-tà».

Monsignor Gallagher ha denun-ciato poi il «dilagare dell’i n d i f f e re n -za» che non riguarda solo i luoghidei conflitti e delle guerre, magarigeograficamente lontani. «Oggichiama in causa anche tutti noi, che,volenti o nolenti, siamo raggiuntinella nostra quotidianità da un’on-da continua di notizie e di informa-zioni, che ci connettono virtualmen-te con il resto del mondo e che cimostrano schiere di sofferenti, disenza tetto, di tante vittime delleguerre costrette a emigrare, dellepersone sfiduciate, di chi ha perso illavoro, e dei più vulnerabili». L’ar-civescovo si è detto convinto cheoggi, più che mai, sia necessario«spezzare questi meccanismi del-l’indifferenza, rompere il guscioprotettivo dei nostri egoismi, pas-sando così dai teoremi sulla pacepossibile, ad esperienze concrete dipace vissuta, anche se sofferta».

La via maestra, evidenzia ancora,è quella indicata da Papa Francesco,ovvero la lotta contro la povertà siamateriale sia spirituale, l’edificazio-ne della pace, l’essere costruttori diponti mediante il dialogo. «Sonoanche tre punti di riferimento cheindicano un cammino personale, so-ciale e globale al quale il Papa ha in-vitato tutti, fin dai primi giorni delsuo servizio come Vescovo di Ro-ma» ha ricordato monsignor Galla-gher, aggiungendo che quello diFrancesco rimane un appello pres-sante e impegnativo, tanto più oggi.«Esso ci chiede di avere molto co-raggio e di abbandonare alle nostrespalle le facili certezze acquisite, im-pegnandoci in un’autentica conver-sione del cuore, delle priorità, deglistili di vita, per esporci all’i n c o n t rocon l’altro, anche quando ci sembradi non conoscerlo abbastanza, diprovenire da mondi culturali e reli-giosi troppo differenti o di parlarelingue ancora tanto diverse. In fon-do» ha concluso il segretario per iRapporti con gli Stati «la diploma-zia della Santa Sede è una diploma-zia in cammino: un cammino lungo,complesso e irto di difficoltà, macon l’aiuto di Dio possibile».

VIENNA, 7. Dopo l’attentato dimatrice islamista che lunedì seraha seminato il terrore nel cuoredella capitale austriaca facendo 4vittime, il governo di SebastianKurz ha deciso di chiudere lemoschee vicine all’islam radicale,di procedere a numerosi arrestinell’entourage del giovane jihadi-sta e di sospendere il numero unodegli 007.

L’Austria sceglie dunque la li-nea dura contro l’e s t re m i s m o ,sulla scia di quanto fatto pochigiorni fa anche dal presidentefrancese Emmanuel Macron do-po la decapitazione del professo-re di storia Samuel Paty e l’atten-

tato di Nizza. Il capo dell’Eliseoe il cancelliere austriaco si incon-treranno lunedì a Vienna per di-scutere proprio di sicurezza e del-le proposte da avanzare insieme aBruxelles, tra cui in particolare lariforma di Schengen. «Lo scopodel terrore islamista è conficcareun cuneo nella nostra società equesto non lo permetteremo» haspiegato il ministro dell’Integra-zione Susanne Raab, ieri, in con-ferenza stampa.

Il jihadista ventenne, KujtimFejzulai, autore dell’attacco allacapitale «aveva ripetutamentefrequentato due moschee di Vien-na», alla periferia della città, do-

ve si sarebbe radicalizzato. Que-ste saranno chiuse e le associazio-ni sciolte, ha fatto sapere il mini-stro dell’Interno Karl Nehammer.Una delle due faceva parte del-l’Iggoe, l’associazione austriacadella comunità islamiche, che asua volta ha fatto sapere di aversospeso la moschea «per essereandata contro la dottrina e averviolato la legge islamica del2015».

«La libertà religiosa è un beneprezioso che deve essere protettodagli abusi», ha detto il respon-sabile della comunità islamicaÜmit Vural, sottolineando la pre-sa di distanza dall’islam radicale.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 7 novembre 2020

Apprendere la linguaper integrarsi

Una nuova convivialità per tornare umani

Mangiodunque sono

Pubblichiamo stralci dall’introduzio -ne degli autori a «Venite a mangiarecon me. Una nuova convivialità pertornare umani» (Milano, Vita ePensiero, 2020, pagine 176, euro16).

di MARIO ALDEGANIe JOHNNY DOTTI

A ttraverso l’atto delmangiare insieme siintrecciano nella no-stra vita il sacro e il

profano, gli eventi gioiosi equelli tristi, le celebrazioni neltempo e oltre il tempo. Mentresiamo colpiti dalla “temp esta”,che ci ha fatto sentire fragili edeboli, ma tutti importanti enecessari, tutti bisognosi di es-sere confortati, abbiamo vogliadi ricominciare in modo nuo-vo, di ritrovare vita nell’e s s e reumani, nel difendere la nostrapiena umanità da ogni aggres-sione, di benedire la vita e dicelebrarla, insieme.

Sentiamo il bisogno grandedi una misericordia reciprocanelle nostre relazioni, dentrole quali ognuno possa serena-mente essere se stesso, esporrele proprie ferite senza esseresempre obbligato a mostrarsiforte e potente. La misericor-dia non abbandona chi rimaneindietro. Ora, mentre pensia-mo a una lenta e faticosa ripre-sa dalla pande-mia, dobbiamo te-mere proprio que-sto pericolo: di-menticare chi è ri-masto indietro. Ilrischio è che cicolpisca un virusancora peggiore,quello dell’egoi -smo indifferente.

Questo virus sitrasmette a partiredall’idea che la vita migliora seva meglio a me, che tutto an-drà bene se andrà bene perme. Si parte da qui e si arriva aselezionare le persone, a scar-tare i poveri, a immolare chista indietro sull’altare del pro-gresso. La pandemia ci ricor-da, però, che non ci sono diffe-renze e confini tra chi soffre,siamo tutti fragili, tutti uguali,tutti preziosi. Quello che è ac-caduto e che sta accadendo ciscuote dentro: è tempo di ri-muovere le disuguaglianze, dirisanare l’ingiustizia che minaalla radice la salute dell’interaumanità!

Una lettura troppo spiri-tualizzata e spiritualizzante diGesù e del Vangelo ci ha resiforse poco sensibili agli aspet-ti profondamente umani econcreti della sua vita e del suomessaggio, che, invece, glievangelisti non trascurano af-fatto. Singolare, per esempio,è la quantità di situazioni nellequali Gesù si preoccupa delmangiare, o invita a mangiare,o partecipa a cene e banchetti.In questo gesto semplice equotidiano, Egli riconosce e ciaiuta a riconoscere qualcosa diessenziale e caratteristico del-l’uomo, non solo perché è unbisogno fondamentale, maperché è un’esperienza diumanizzazione e di trascen-denza, di redenzione della fra-ternità e della solidarietà.

Gesù presenta e vive il ban-chetto come immagine del Re-gno, accetta inviti o si fa invi-tare e con i suoi insegnamenti

rivoluziona le ritualità con-venzionali, offrendo insegna-menti che sorprendono, tur-bano, affascinano, coinvolgo-no e cambiano il senso delbanchetto e della vita dellepersone che vi partecipano.

Gesù valorizza e consacra ilsenso umano del mangiare in-sieme e lo trascende, invitandoa viverlo come il luogo dell’u-manità che celebra e ritrova leradici della fraternità, il sim-bolo dell’umanità rinnovata,quella fatta solo di figli e figlie,fratelli e sorelle: che è l’umani -tà nuova del Regno di Dio.Nell’ultimo banchetto con isuoi, sulla riva del lago, Gesùconsegna ai discepoli di allorae di sempre la sintesi dei suoiinsegnamenti. Alla fine dellanotte, «quando era già l’alba»,Gesù, secondo il Vangelo diGiovanni, si preoccupa delmangiare dei suoi e poi li invi-ta a preparare e condividere ilpesce appena pescato.

In questo Vangelo, ogni in-dicazione di tempo è ancheun’indicazione di senso.Quando si mangia insieme èfinita la notte ed è già l’alba diun giorno nuovo: il giornodell’umanità riconciliata,quando si è più vivi, più uma-ni. Come più vera sentiamoquesta necessità dopo che, at-traversando la tempesta, ci sia-

mo costretti a stare soli o isola-ti, ci siamo negati la gioia dellostare insieme, in compagnia,in amicizia; abbiamo dovutorinunciare, per prudenza eprecauzione, alla convivialità.

Venite a mangiare con me. Il ti-tolo di questo libro prende leparole di Gesù in quell’albasulla riva e ne fa la traccia delnostro cammino.

Dopo aver scritto di Giu-seppe nel libro Giuseppe siamonoi, lui che ha fatto l’esp erien-za di eccedenza della vita e diattraversamento della notte,dando spazio a Gesù, e dopoaver tentato di scoprire nuova-mente tutto questo nell’incon -tro fra desiderio e virtù nel no-stro secondo libro, Più vivi, piùumani, qui abbiamo raccolto lasfida di leggere nei banchettidi Gesù nel Vangelo l’indica -zione del senso profondo del-l’esistenza, che Egli suggeriscecome compimento della pro-pria umanità, al di là di ognicredenza, attraversando la vitanella sua bellezza e nella sua,anche drammatica, ricchezza.

Non si tratta di un’esegesidei testi, che sarebbe da partenostra un’azione presuntuosa,ma di un’ermeneutica parteci-pata, cioè, dell’impegno, nellafede, a farci interrogare dal te-sto e a interrogare il testo, ri-leggendolo nella nostra attua-lità, come abbiamo fatto neinostri libri precedenti, perchépensiamo che la vita è una pre-senza incarnata di Cristo: ciinteressa soprattutto la vita,perché lì dentro c’è Cristo.

Sentiamo il bisogno grandedi una misericordia reciprocanelle nostre relazionidentro le quali ognunopossa serenamente essere se stesso

di ENRICA RIERA

Libri, matite, penne e quaderni. Devo-no portar via i loro zaini, con dentrotutto il necessario per imparare, i gio-vani e gli adulti stranieri che fino allafine — fino, cioè, a poco prima che laCalabria fosse dichiarata «zona ros-sa» col Dpcm dello scorso 3 novem-bre — hanno partecipato alla Scuolaitaliana in piazza. L’interruzione del-l’iniziativa spontanea — avviata aReggio Calabria il 17 agosto scorsograzie all’idea Giorgio Furfaro, do-cente e dottorando alla locale Univer-sità per stranieri «Dante Alighieri» —si deve, com’è ovvio, all’e m e rg e n z asanitaria e alle decisioni volte al con-trasto della diffusione del virus. Così,a venire meno, almeno per il momen-

to, è un’importante opportunità di-dattica che, in piazza Sant’Agostinoe, dunque, all’aria aperta, ogni lune-dì, mercoledì e venerdì pomeriggioper un’ora e mezza, riuniva in pienasicurezza chi — proveniente da Kurdi-stan, Siria, Marocco, Nigeria, India eda tanti altri altrove — stava (o avreb-be voluto iniziare a farlo) apprenden-do la lingua italiana. Viene meno, pu-re, un punto di incontro tra quelleculture che, dalla solitudine provoca-ta dal coronavirus, continuano ad es-sere toccate. La piazza, adesso, è vuo-ta.

Ma andiamo indietro nel tempo,ritorniamo a quest’estate, a quandoGiorgio Furfaro, coadiuvato dall’in-segnante di Lettere nonché bibliote-caria Ida Triglia e dall’aspirante do-cente Luca Pizzimenti, decide di darvita a questa scuola en plein air, gratui-ta, aperta a tutti e rivolta alle personed’origine straniera e di ogni età percombattere il doppio isolamento e ab-

battere le barriere linguistiche e cultu-rali.

«Tutto è nato perché, dopo l’esp e-rienza della Didattica a distanza(Dad) nel corso del lockdown prima-verile — spiega Furfaro — ci siamo resiconto di come una certa incomunica-bilità avesse colpito gli studenti stra-nieri: se è vero che gli istituti scolasticihanno cercato di contattarli e fornir-gli i dispositivi elettronici per seguirele lezioni, è altrettanto vero che i ra-gazzi delle medie e delle superiori so-no risultati dispersi; non conoscendobene l’italiano, non hanno avuto faci-le accesso ai corsi di Dad erogati dallescuole». Pertanto, autorizzati dal co-mune («l’impegno è continuare i pro-getti di alfabetizzazione già attivi nel-le scuole ed estenderli a un bacino di

studenti sempre più gran-de, perché la conoscenzadell’italiano è la chiave del-l’inclusione», precisano ipromotori), tre mesi fa,Furfaro, Triglia, Pizzimenti

e gli ulteriori volontari —una decina di docenti dimaterie umanistiche — ri-prendono la didattica inpresenza e forniscono «un

servizio non solo ai giovani, ma ancheagli adulti che, da marzo a giugno,avrebbero voluto frequentare (o lostavano facendo) dei corsi di italianopoi venuti meno».

«In queste settimane — p ro s e g u eFurfaro — il nostro è stato un approc-cio intergenerazionale: 40 studentidai 3 ai 61 anni, tra ragazzi che da set-tembre hanno ripreso a frequentare lascuola o che hanno continuato a mo-strare problemi con la Dad e intere fa-miglie, sono stati divisi in quattrogruppi a seconda del livello di cono-scenza della lingua. Tutti insiemehanno trasformato la piazza in un’au-la ricolma di colori e parole». Lo con-ferma Triglia, che racconta: «A lezio-ne s’è creata un’atmosfera libera e ac-cogliente, che ha trovato riscontro po-sitivo anche nella comunità reggina.Abbiamo, infatti, dato vita a una rac-colta fondi sul web, ancora in corso,attraverso i cui contributi sono statiacquistati lavagne magnetiche e ma-

teriale didattico; e poi pure la parroc-chia ci ha dato una mano, prestandocile sedie per i nostri studenti, per nonparlare, inoltre, delle associazioni delluogo. Grazie a Nati per leggere, proget-to nazionale di promozione della let-tura in famiglia sin dall’età prescola-re, all’inizio delle lezioni abbiamosfogliato tanti albi illustrati e tra leidee che avremmo presto sviluppatoin piazza c’era pure quella di leggerevolumi in lingua straniera per non fardimenticare le proprie radici. Con al-tri volontari, infine, abbiamo promos-so giochi di socializzazione per i piùpiccoli, permettendo ai genitori di se-guire le lezioni in tranquillità, e orga-nizzato visite alla vicina pinacoteca epomeriggi di teatro a cui hanno anchepartecipato cittadini italiani, favoren-do cooperazione e scambio».

E ora? «Ora ci reinventeremo —chiosa Triglia —, di certo non ci fer-miamo: per il momento a distanza,negli stessi giorni e sempre dalle 17 al-le 18.30, organizzeremo lezioni sin-

crone, fornendo i dispositivi tramitela nostra raccolta fondi o il comodatod’uso, e non lasciando indietro nessu-no. Per contrastare i citati problemidel primo lockdown non solo conti-nueremo le lezioni di lingua italiana,ma ne realizzeremo pure alcune sul-l’uso degli strumenti elettronici».Non cambiano, comunque, alcuniaspetti legati alla Scuola italiana inpiazza: tra questi c’è l’appello degliorganizzatori affinché «altri docentivolontari si facciano avanti» e l’ideadi «proporre all’amministrazione lacostituzione di un ufficio senza porta-foglio, dedicato all’istruzione dellepersone straniere, di cui siamo dispo-sti a occuparci senza spese per il co-mune». Più vivo che mai è anche l’au-spicio di tornare quanto prima «inpiazza per proseguire le lezioni inpresenza, condividendo spazi e pro-gettualità, non dimenticando l’im-portanza delle relazioni umane».Con la Scuola italiana in piazza, «lalingua — concludono Furfaro e Triglia— è il primo strumento per fare cono-scenza dell’altro, prendendo consa-pevolezza dei propri diritti e dei pro-pri doveri».

L’iniziativa è stata appena interrottadalle ultime misure contro la pandemia«Ci reinventeremo, certo non ci fermiamoA distanza organizzeremo lezionifornendo i dispositivi tramite una raccolta fondi»

PUNTI DI RESISTENZA • Scuola in piazza per immigrati a Reggio Calabria

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 7 novembre 2020 pagina 7

Voci del jazz contro l’o dio

Rabbia e compassionedi Nina Simone

«Il silenzio della fine» di Pietro Leveratto

Sangue e musicanell’America

degli anni Trentadi GIULIA ALBERICOe FLAMINIA MARINARO

C ara Giulia, non co-noscevo Pietro Le-veratto, infatti èuno scrittore esor-diente ma sono

stata attratta dalla copertina delsuo Il silenzio della fine ( Pa l e r m o ,Sellerio, 2020, pagine 320, euro15). C’è un uomo di spalle, inpiedi, di fronte a un pianoforte.Camicia bianca, un po’ sgualci -ta di chi pativa una giacca forsetroppo stretta, bretelle scure, unbicchiere in mano, probabil-mente di whisky, come la botti-glia semivuota poggiata accantoa un borsalino. Sembra di in-tuirne i pensieri. Dev’essere suc-cesso qualcosa di grave o forsesta per succedere. Che sia ungiallo? L’autore del quadro è uninglese, un iper realista. Ho con-trollato l’età ed è abbastanzagiovane, più o meno come Leve-ratto che invece fa il musicista.Non sbagliavo allora: quella co-pertina non è un caso.

Cara Flaminia, sì, la musicaè il filo rosso che lega i moltiavvenimenti narrati. Non a ca-so tra i tanti personaggi trovia-mo due grandi direttori d’or -chestra, Weissberg, un austria-

co, e Bergallo, un italiano cheessendo antifascista si è auto-esiliato negli Stati Uniti. Sia-mo a New York nel 1931, inun’America da poco uscita dal-la grande depressione e che stariscoprendo un crescente be-nessere, una ripresa della vitaculturale e, quindi, anche iltempio sacro della musica, ilMetrop olitan.

FLAMINIA: La New York diquegli anni è appena uscitadalla grande depressione del1929 e scopre una vita che nem-meno immaginava esistesse,fatta di cinema, swing e nottibrave. Leveratto descrive quelmondo, soffermandosi soprat-tutto sulla vita degli emigratiitaliani pieni di entusiasmo maanche di malinconia e nostal-gia dei Paesi d’origine semprepiù miniature sbiadite al con-fronto della patria d’adozione.Il romanzo prende un altro rit-mo quando un oscuro fatto disangue sconvolge le esistenzedei protagonisti. Intorno aquel crimine però ruota un mi-crocosmo di uomini, donne,ambienti e ceti sociali moltovariegato che interessa l’a u t o remolto più della vicenda in sestessa.

GIULIA: Incontriamo findall’inizio Tiralongo, una ca-micia nera, un devoto e ottusoservitore della causa fascista,uno che ha trovato lo scoponella sua vita fin dalla marcia

su Roma. Ha una vera e pro-pria venerazione per il Duce enon conosce altro verbo che ilfascismo. Un po’ noioso, unp o’ invadente, nel suo zelo ec-cessivo viene mandato dai diri-genti del Pnf a New York so-prattutto per toglierselo daipiedi. Finisce, tra l’o rg o g l i o s oe lo spaesato, a East Harlem,dove contatta una cellula delpartito, una delle leghe fascisteche s’erano costituite in NordAmerica fin dal 1925. Un sem-pliciotto, ma giacché viene dal-l’Italia in tanti pensano forserivesta un qualche ruolo signi-ficativo per il regime.

FLAMINIA: L’autore tratteg-gia le atmosfere e le suggestio-ni di una città e di un’epoca en-trata attraverso la cinemato-grafia nella memoria collettiva.Sembra di vederla, New York,con le sue strade e i suoi quar-tieri multietnici in cui si mesco-lano immigrati europei, mafio-si, donnine allegre, bettole, de-linquenti da quattro soldi inun’America risorta come un’a-raba fenice.

GIULIA: Compare, ogni tan-to, uno sguardo sull’Italia at-traverso la presenza di Musso-lini che entra nel romanzo ma èun’ombra fugace, lo vediamo

solo e sempre insidiato al tavo-lo da lavoro in Palazzo Vene-zia, efficiente, sbrigativo, nelpieno del suo potere. Siamonel 1930, l’Italia di Mussolini èla nazione di Cesare Balbo,della transvolata atlantica, del-le parate, del modello di regi-me che Hitler ammira e perse-

gue. Mussolini non sa neppurechi sia Tiralongo, suo zelantea d o r a t o re .

FLAMINIA: L’Italia è ormailontana ma elemento necessa-rio per far muovere i personag-gi e creare il climax del roman-zo giallo. Sembrano figurineanimate sullo sfondo coloratodi un diorama. L’omicidio spo-sta l’attenzione su circostanzeche si mescolano a fatti di cro-naca vera e che spingono lanarrazione verso il giallo stori-co. Cosa è davvero accaduto aBergallo lo scopriremo leggen-do, ma le note della sua musicafaranno da colonna sonora alsusseguirsi delle pagine limpi-de e scorrevoli del romanzo.

di MA R TA D’AMBROSIO

I l Newport Jazz Festi-val, nel 1960, accolseun’artista straordina-ria, una voce di donnadalla profondità bari-

tonale, originale e intensa, co-me il suo sound: un ineditomiscuglio tra folk e jazz. NinaSimone, nata Eunice Waymonnel 1933 a Tryon, North Caro-lina, regalò al pubblico, ac-compagnandosi con il tambu-rello, il particolare arrangia-mento della vecchia canzonepopolare del Sud Li’l Liza Jane,già registrata nel 1917, per laVictor Records, dalla JazzBand di Earl Fuller, che laconsacrò come uno dei grandistandard statunitensi.

Era l’inizio degli anni Ses-santa, la carriera di Nina Si-mone stava rapidamente de-collando, ma qualcosa la divo-rava dall’interno e la logoravalentamente. L’oscurità dellasua anima e lo spettro segnan-te della discriminazione raz-ziale subita, che ne impedìl’ammissione al prestigiosoIstituto di Musica Curtis diPhiladelphia, vibravano inogni nota eseguita al piano-forte, strumento che sin dabambina l’aveva protetta daun’aspra realtà di miseria erazzismo. Per i critici dell’ep o-ca, Nina Simone donava allasua musica la tecnica e la di-sciplina che solitamente ven-gono associate alla musicaclassica: la signora Mazzano-vich, la prima vera insegnantedella piccola e spaventata Eu-nice, la crebbe con Beethoven,Bach, Debussy, plasmandonela formazione.

Oltre all’enorme talento,coltivò il sogno di diventare laprima pianista classica afro-americana, cosa che purtrop-po, in quell’America densa disopraffazione, brutalità e or-goglio, non le riuscì mai.

Nel 1963 Nina Simone potéesibirsi alla Carnegie Hall, manon suonando Bach e Mozart,come tanto, in passato, avevaagognato, bensì un repertoriojazz. L’insoddisfazione e lacocente delusione nell’e s s e restata privata anche di una li-bertà musicale, la spinserosull’orlo del baratro: la de-pressione cominciò a offuscar-ne la vocazione artistica, la

mancanza di uno scopo con-creto, la collera che covava, leviolenze domestiche, portaro-no la grande voce del jazz edel blues a chiudersi sempredi più nel vortice che la stavaconsumando, fino a quandoun efferato avvenimento riuscìa svegliarla prepotentementedal penoso torpore in cui siera rifugiata.

In una chiesa battista diBirmingham, in Alabama, unatranquilla domenica mattinadel 1963, nel pieno del sacrorito, scoppiò una bomba cheuccise quattro bambine afro-americane. L’attentato, adopera di alcuni membri del

Ku Klux Klan, sconvolse ilmondo, rivelando una societàmalata, deforme e immorale,la stessa raccontata credibil-mente, anni dopo, dallo scrit-tore Pete Dexter nel suo ro-manzo Il cuore nero di ParisTro u t .

Nina Simone riversò tuttala sua rabbia e compassionenella violenta Mississippi God-dam, che interpretò nel 1965 al-la Marcia di Selma, dove, se-duti di fronte al palco improv-visato, la ascoltarono alcunitra i più importanti attivistidei diritti civili: Martin LutherKing, Harry Belafonte, TonyBennett e Ralph Bunche del-l’Onu. «E tutti conoscono ilmaledetto Mississippi / lo ve-di / lo senti/ è tutto nell’aria /non ce la faccio più a soppor-tare la pressione / qualcunodica una preghiera».

La scia di sangue che la-sciarono i pestaggi e le mortisulle strade di Selma, riuscì ascuotere, almeno in parte, l’in-conscio collettivo. Il 6 agostodello stesso anno, il Congres-so degli Stati Uniti, su propo-sta dell’allora presidente Lyn-don B. Johnson, approvò ilVoting Rights Act, destinato acambiare la storia legislativa

federale statunitense. La fer-vente passione, l’energia e lacreatività di quel periodo, re-sero Nina Simone assai pro-duttiva. Scriveva, cantava esuonava febbrilmente per aiu-tare la sua gente, esternando ilcrudo senso di rifiuto che in-fettava la società: la musicadei diritti civili, come lei stessala definiva, divenne la sua vi-ta, riscoprendone un valore al-tresì pedagogico e curativo. Ibrani erano così potenti e raf-finati, da far evincere una sor-ta di fierezza dell’identità ne-ra.

In Langston Hughes, il poetadell’Harlem Renaissance, tro-

vò il prezioso e affe-zionato collaboratorecon cui potesse con-dividere il tormentoe gli ideali. Con Bac-klash Blues, inserito inNina Simone Sings theBlues del 1967, la me-morabile unione tral’accorato soul bluesdella Simone e i versiferoci di Hughes,raggiunse probabil-

mente la vetta più alta. Nellaprotesta rivoluzionaria: «Midai case di seconda categoria /Mi dai scuole di seconda cate-goria / Pensi che i neri / nonsiano che sciocchi di secondacategoria? / Mister Backlash /ti lascerò / con il BacklashBlues», la ricchezza emotivadella battaglia socialmenteimpegnata di entrambi è asso-lutamente palpabile.

«Caro Langston, Grazie.(…) Io una cosa so. Ti ho

sempre ammirato e sono sem-pre stata fiera di te», questesono le calorose parole cheracchiudono tutto l’inossida-bile legame umano e intellet-tuale tra i due artisti.

Il sentito messaggio politi-co della composizione Fables ofFa u b u s , del contrabbassistajazz Charles Mingus, incisa informa completa per l’albumCharles Mingus Presents CharlesMingus del 1960, non è distanteda quello di Nina Simone, ca-rico di sentimento. «Oh, Si-gnore, non lasciare che ci spa-rino! / Oh, Signore, non la-sciare che ci pugnalino! (…)Governatore Faubus! / Perchéè così malato e ridicolo? /Non permetterà l’integrazionea scuola / Allora è uno stupi-do!».

Se però Mingus risultaaspramente satirico, facendoemergere un lato critico mor-dace e a volte sacrilego, la mu-sicista di Tryon manifesta laforza e la determinatezza diuna donna inquieta, alla ricer-ca perenne di una dimensioneche le potesse dare motivo die s i s t e re .

Cercando di sfuggire allaprigione della solitudine, Ni-na Simone credette di avertrovato finalmente la pace e lalibertà nella contemplazionedi una natura africana anima-ta dal respiro divino, prima disoccombere rovinosamente al-la malattia che l’aveva colpita:«In Africa ho visto i fulminivolteggiare invece di lampeg-giare (…). L’ho visto! Ho vi-sto Dio».

Particolare dalla copertina del libro edito da Sellerio

Una marcia in memoria delle vittime dell’attentato a una chiesa battistadi Birmingham, in Alabama, nel 1963

Coltivò il sogno di diventarela prima pianista classicaa f ro a m e r i c a n ama il sogno si infransecontro il pregiudizio razziale

Una New Yorkmultietnica fattadi immigrati, malavitae speranze di rinascita

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 7 novembre 2020

ACaMIR – Agenzia Campana Mobilità, Infrastrutture e RetiAvviso aggiudicazione di gara

Gara europea per l’affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica dell’intervento “Funivia tra Sant’Agata sui due golfi (Comune di Massa Lubrense) e Sorrento (Stazione EAV)” CUP: B19F19000080006 – CIG: 79935115F3 - CPV 71340000-3; Valore finale: € 197.476,54 al netto di IVA e oneri previdenziali e assistenziali, comprensivo di oneri di interferenza pari a zero; Data aggiudicazione: 05.10.2020; Aggiudicatario: costituendo RTP tra Tecnosistem S.p.A., Studio Corona S.r.l., Dimensione Ingenierie S.r.l. ed Arch. Pasquale Miano, di cui Tecnosistem S.p.A. (Capogruppo mandataria), C.F. 01207120633, con sede in Vico II San Nicola alla Dogana n. 9 Napoli, Studio Corona S.r.l. (mandante), C.F. 06555710018, con sede in Corso Re Umberto n. 23 Torino, Dimensione Ingenierie S.r.l. (mandante), C.F. 00565020070, con sede in Frazione Pont Suaz n. 83 Aosta e Arch. Pasquale Miano (mandante), C.F. MNIPQL57M23F839V, con sede in Piazza Leonardo n. 14 Napoli; Importo totale a base di gara € 296.200,00, con ribasso globale offerto del 33,33% sull’importo a base di gara, al netto di IVA e oneri previdenziali e assistenziali, comprensivo di oneri di interferenza pari a zero. Il presente avviso è stato spedito alla GUUE il 26.10.2020

Il Direttore Generalearch. Giuseppe Grimaldi

L’incidenza della fede cattolica nello scrittore britannico

To l k i e ne la chiave di violino

La sacra devozione alla natura

Come il cantodegli uccelli

di SAV E R I O SIMONELLI

«D io nel-l’universoe l’uni-verso in

Dio Onnipotente, nellaforesta! Io sono beato,felice: ogni albero parlaattraverso te. O Dio! Chesplendore! In una taleregione boscosa, in ognicima vi è pace, la pace perservire Lui. Nel bosco c’èun incanto. È come se incampagna ogni albero mifacesse intendere la sua vocedicendomi: “santo, santo!”».L’uomo che si esprime conqueste parole è lo stesso chedi lì a poco avrebbecomposto la sua sestasinfonia in fa maggiore,esplicitamente definita“Sinfonia pastorale”,coronamento artistico dellasua devozione alla natura,quasi un officio sacro, unadedizione totale equotidiana. Fin dai primianni del diciannovesimosecolo Beethoven avevapreso l’abitudine ditrascorrere il periodo estivonei dintorni della capitale,immerso nel verde del boscoviennese, dedicandosi alunghissime e corroborantipasseggiate. Portando consé soltanto un piccoloblocco per appunti ilmusicista amava fermarsisotto un albero, di fronte aun ruscello, in una raduradove ancora riusciva adistinguere il canto degliuccelli. Con la sua superiorecapacità di tradurre inmusica le impressioni piùintime della propriapersonalità così come lesuggestioni che filtrava dalmondo esterno, Beethovenperò non raccontasemplicemente la natura mal’anima dell’uomo che nonvi si confonde, né si perdein vaghe e incorporeeatmosfere e, sempre inmodo lucido, riproduce isentimenti che quellavisione, quell’immersionefisica e autentica nellanaturalità genera. Lo scrisseanche direttamente: questasinfonia «non è pittura maespressione dei sentimenti»e per questo accompagnòognuno dei cinquemovimenti con una rapida epregnante descrizione.Chiarissima già la prima«Risveglio di piacevolisensazioni all’arrivo incampagna». Sensazioni cheimmediatamente traducecon i mezzi musicali. Edecco allora che senzaun’introduzione la musicaentra subito nel racconto diquell’impressione. Si alza ilsipario con le prime notema noi non vediamo unpaesaggio, entriamopiuttosto nello spiritodell’uomo che lo stacontemplando. Lo stessoaccade nel secondomovimento la celebre “scenapresso il ruscello”. Anchedurante le prove della primaesecuzione, in queldicembre del 1808Beethoven lo avevaraccomandato agli

orchestrali, puntandoproprio sull’evocazione: «Èun ruscello, più grande ilruscello, più il suono deveessere profondo e pieno».Gli archi così disegnanodelle melodie sinuose, cheancora una volta nondescrivono ma comunicanoil ritmo incessante di unflusso. E infatti al di sopradi quell’accompagnamentola musica si libra e segue levie dell’immaginazione,della fantasia che vede losbocciare della vita che sisquaderna sulla scena. Eall’apice ecco l’ennesimocolpo di genio: l’o rc h e s t r atace al momento dellacadenza, quando tocca alsolista improvvisare e quiBeethoven convoca davveroi suoni della natura. Con ifiati e con gli adeguatiintervalli riproduce il cantodegli uccelli. È a loro chespetta l’ultima parola,nell’autenticità di ciò che staaccadendo. Non chel’orchestra fino ad alloraabbia mentito, ma quello èil momento di verità. Primac’era l’uomo che guardava eimmaginando sovrapponevail suo Io al paesaggio; orainvece c’è lei, la natura, solacon i suoi interpreti minimi,indifesi eppure preziosi.

Pare lo abbia detto unavolta all’amico AntonSchindler. «Questa musicagli uccelli l’hanno compostaassieme a me». Forse non èvero, ma non importa.Perché non è mai falsoquello che si improvvisa,come sa fare solo la musica,attorno alla verità.

di IVA N O SASSANELLI

Nel 1947 in un librointitolato Traité duc a ra c t è re ( «Tr a t t a t odel carattere») Em-

manuel Mounier scriveva: «Lapersona non è un’a rc h i t e t t u r aimmobile: vive, dura nel tem-po. In verità la sua struttura èpiù simile ad uno sviluppo mu-sicale che ad un’a rc h i t e t t u r a ,perché non può raffigurarsifuori dal tempo». Questo valeanche per uno dei protagonistidella letteratura mondiale delNovecento: John RonaldReuel Tolkien. È interessanteleggere e solfeggiare le note diquesto spartito esistenziale,per cercar di intonare la stessamelodia che anche Ainur, Elfi,Nani, Uomini e Hobbit si sonotrovati a imparare e di cui sonostati i principali musicisti ecantori.

La “chiave di violino” che hapermesso a queste note di ave-re il giusto posto all’internodella vita del professore oxo-niense, è stata sicuramente lasua fede cattolica. Egli comeha scritto il 2 dicembre 1953nella lettera n. 142 al suo amicogesuita padre Robert Murray:«Soprattutto dovrei essere gra-to di essere stato educato (daquando avevo otto anni) in unaFede che mi ha rafforzato e miha insegnato tutto quel pocoche so; e questo lo devo a miamadre, che restò fedele alla suaconversione e morì giovane, ingran parte a causa delle priva-zioni causate dalla povertà chene era derivata». Da queste pa-role si deduce come agli occhidi Ronald, l’amata madre Ma-bel fosse una martire della fe-de. Questa donna così colta ecoraggiosa, che aveva instillatonel cuore del figlio l’amore perle lingue, agli inizi del Nove-cento, inimicandosi tutta la suafamiglia, si era convertita dal-l’anglicanesimo al cattolicesi-mo. La fede di Tolkien, dun-que, ha avuto sin da subito una“intonazione materna” sfo ciatain una forte devozione alla Ver-gine Maria su cui, come eglistesso ha ammesso nella letteraall’amico gesuita, si basava tut-ta la sua «piccola percezionedella bellezza sia in maestà siain semplicità».

Il cattolicesimo di Tolkienperò, grazie sempre a Mabel,ha avuto anche una secondacaratteristica: l’«intonazioneoratoriana». Infatti nel 1902Ronald iniziò a frequentarel’Oratorio di Birmingham al-l’interno del quale, oltre a ser-vire messa la mattina, egli potéconoscere tre figure fondamen-tali, tre personalità che costi-tuiscono altrettanti fili di unarazzo intessuto di passato epresente e che in un certo qualmodo hanno influito sulla suacrescita umana e di fede: sanFilippo Neri, san John HenryNewman e padre Francis Xa-vier Morgan.

Per ciò che concerne la pri-ma figura, proveniente da unpassato remoto, illuminanti so-no le parole dell’oratorianomonsignor Edoardo Aldo Cer-rato, ora vescovo di Ivrea, checosì ha affermato: «Dire chi èFilippo Neri non è facile, tantoricca di sfumature è la sua per-sona e tanto semplice ma pro-fonda la sua proposta spiritua-le. È uno spirito altamentecontemplativo. Fortemente

ascetico nella sua penitenzaanche corporale, visse ed inse-gnò l’impegno della mortifica-zione spirituale, improntata al-la gioia e alla serenità del gio-co; appassionato lettore di libri— lo testimonia la sua cospicuabiblioteca personale — ed inte-ressato alla storia, alla filosofia,alla teologia, alla letteratura edai testi di spiritualità. Il suosuccesso (scrive M. Teresa Bo-nadonna Russo) là dove altriavevano fallito risiedeva nel-l’applicazione del suo metodo,valido per tutti gli uomini e intutte le circostanze, e basatosulla sua capacità di porsi sem-pre e umilmente sullo stessopiano del suo interlocutore,

che quindi finiva per vedere ri-conosciuta la propria natura ela propria personalità: un ri-spetto che derivava a san Filip-po dal suo modo di intenderela libertà e che produsse risul-tati più abbondanti e duraturidi quelli ottenuti con la coerci-zione e la forza».

Anche in Tolkien, fortissimoera il richiamo della letteratu-ra, della spiritualità e dellacontemplazione soprattuttodinanzi all’Eucaristia, del gio-co che in lui diventava un “vi-zio segreto” di inventare lingue(logopoiesi) che davano avvio ecorpo a storie e miti da raccon-tare (mitopoiesi). Interessante,inoltre, è il riferimento, nel di-scorso inerente san Filippo Ne-ri, al tema della libertà di sceltascevra da qualsiasi tipo di coer-cizione o forza. Ciò riporta allamente, in maniera quasi specu-lare e incredibilmente simile,quanto ne Il Signore degli Anelliviene detto a Frodo prima daGandalf circa l’influsso eserci-tato su di lui dall’Anello delPotere («Lo vedi? Si sta impa-dronendo di te, e anche tu,

Frodo, già non riesci a sbaraz-zartene, e non hai più la volon-tà di distruggerlo. E io non tipotrei “c o s t r i n g e re ”, se noncon la forza, cosa che sconvol-gerebbe la tua mente») e poida Elrond riguardo alla sua de-cisione di prendere su di sé lamissione di Portatore dell’Uni-co («Ma è un fardello assai pe-sante. Così pesante che nessu-no potrebbe caricarne le spalledi qualcun altro. Io non lo cari-co sulle tue spalle. Se tuttavialo prendi di tua propria scelta,dirò che la tua scelta è giu-sta»).

L’Oratorio di Birmingham,però, ha avuto anche un secon-do padre, ossia il suo fondato-

re, san JohnHenry Newmandi cui sappia-mo, dal libroTo l k i e n ’s Library diOronzo Cilli,come Tolkienconoscesse al-meno due ope-re: Apologia pro vi-ta sua e The Dreamof Gerontius, andOther Poems. Daquesto grandeintellettuale egigante della fe-

de cattolica, Ronald probabil-mente trasse, tra le altre cose, lapassione per l’immaginazionee l’attenzione verso la libertàinteriore, il rispetto della di-gnità della persona umana e lacapacità di discernimento dellacoscienza nel perseguire il be-ne ed evitare il male.

La terza figura, invece, mol-to prossima ed essenziale nellavita di Tolkien, è stata senzadubbio quella di padre FrancisXavier Morgan che divennesuo tutore alla morte dellaamata madre Mabel. Ricor-dando questo suo “secondop a d re ”, così il professore scri-veva in una lettera del 1965 asuo figlio Michael: «Da lui hoimparato innanzitutto la caritàe il perdono». Infatti come benannota Raymond Edwardsnella sua recente biografia sul-l’oxoniense: «La fede di Ro-nald era di tipo tradizionale, e(quantomeno più in là neglianni) era pesantemente incen-trata sul Santissimo Sacramen-to; ma la sua teologia era gene-ralmente espansiva e generosa,lontana da derive retrograde

(...). Questa formazione è do-vuta a Francis Morgan e all’at-mosfera benevola dell’O rato-rio».

Tolkien, dunque, in tale co-munità segnata così profonda-mente da questi tre grandi pa-dri nella fede, poté sviluppareuna spiritualità pienamentefondata sul Depositum fidei, emolto probabilmente sul Com-pendio della Dottrina Cristiana disan Pio X del 1905 i cui conte-nuti vennero esposti nell’O ra-torio di Birmingham anchegrazie a Padre Denis Sheil checome ricorda il biografo JoséManuel Ferrandéz Bru nel suolibro dedicato al rapporto traTolkien e padre Morgan: «Pro-prio all’interno dell’O ratoriotroviamo un eminente perso-naggio il cui stretto rapportocon le autorità vaticane dell’e-poca avrebbe rafforzato l’in-fluenza del messaggio pastora-le di Pio X sui suoi seguaci. Sitratta di padre Denis Sheil, mi-glior amico, confidente e corri-spondente dell’influente cardi-nale Merry del Val y Zulueta,segretario di Stato vaticano ebraccio destro di Pio X. DenisSheil è lo stesso sacerdote cita-to in una delle cartoline in co-dice scritte da Tolkien a Red-nal durante l’estate del 1904,nella quale si riferisce a lui sem-plicemente come padre De-nis».

Tutto questo in Tolkien siunì ad una capacità profeticache gli permise di anticiparemolti dei temi trattati duranteil concilio Vaticano II e presen-ti anche nel magistero pontifi-cio post-conciliare soprattuttodi san Paolo VI e di Papa Fran-cesco.

Il giovane Ronald, dunque,alla scuola dell’Oratorio e al-l’ombra di questi tre testimonidi una spiritualità autentica ecattolica, è potuto crescere di-ventando quel “subcreatore dimondi” che ha permesso alNovecento, “secolo breve” sto-ricamente, di diventare un “se-colo ampio” letterariamente, incui gli orizzonti della fantasia edell’immaginazione si sonopotuti spalancare e unire allafede in Cristo e in un Deus ab-sconditus infinitamente miseri-cordioso, capace di perdonaree di amare i tanti ignobili Gol-lum presenti nel nostro mondoe nella Terra di Mezzo.

John Ronald Reuel Tolkien

Lo spartito della «Sinfoniap a s t o ra l e »

La sua fede ha avutoun’«intonazione materna»e un’«intonazione oratoriana»All’oratorio di Birminghamconobbe infattiFilippo Neri, John Henry Newmane padre Francis Xavier Morgan

INTERMEZZI BEETHOVENIANI • Sinfonia pastorale

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 7 novembre 2020 pagina 9

Il parrocodei rifugiati

«Do you speak italian?» «Io so-no più italiano degli italiani»:si presenta così fra Luke, par-roco francescano delle isole diRodi e Kos. E in effetti quan-do parla fra Luke ha tutti imodi tipici di interloquire de-gli italiani: una bella chiac-chiera, un vivace gesticolare,una simpatica mimica facciale,è un fiume in piena quando lointerroghi sul suo lavoro ac-canto ai rifugiati. Tutto il con-trario di quella stereotipa ri-servatezza un po’ flemmaticadei britannici. Eppure fra Lu-

ke Gregory è inglese, nato 62anni fa a Sheffield, la culladella rivoluzione industrialenel sud dello Yorkshire, appe-na sopra le Midlands.

Che ci fa un francescano in-glese a Rodi? «Io in verità ap-partengo alla Custodia di Ter-ra Santa, che come si sa esten-de da sempre la sua giurisdi-zione anche ad alcune aree li-mitrofe alla terra di Gesù, co-me Rodi appunto. Sono arri-vato qui un po’ per caso — rac-conta — dopo aver svolto ilmio servizio a Gerusalemme ea Betlemme, e di obbedienzain obbedienza sono ormaimolti anni che sono qui. Forseperché in origine anch’io ven-go da un’isola, ma mi sono su-bito trovato a mio agio in que-sta di isola, e oggi, ti dirò, nonsaprei immaginarmi altrove».Era da tempo che in tanti in-dirizzavano le “Facce belle”

verso Rodi «fra Luke è unpersonaggio straordinario, ve-drai». E in effetti già dal pri-mo approccio la previsione sirivela azzeccata. Se ti aspettidi trovare un missionario cheti racconta con mestizia le tan-te tribolazioni della poveragente che assiste rimani delu-so. Fra Luke ha la straordina-ria capacità di navigare tra ildolore e la disperazione verimantenendo intatto un ap-proccio sempre positivo, riccodi speranza e buona volontà,francescanamente gioioso. Esicuramente questo suo carat-tere è l’elemento più impor-tante della carità che dispensaa piene mani. «Sì, io gli portoun bel po’ di cose necessarie avivere — dice parlando dei ri-fugiati — ma quello che li ren-de più contenti e grati è che iosia con loro, li ascolti, gli parli,gli regali una parola di speran-za. Bisogna capire che la pri-ma e più pesante sofferenza diun rifugiato è la solitudine, ilsenso di estraneità che si pro-va quando ti trovi in una terrache non è la tua. Lontano dal-la tua casa, da dove sei nato».

«Ma raccontaci prima di te,fra Luke». «Ho fatto le miescuole a Sheffield, dove hoimparato ad amare le lingue ela cultura della clas-sicità greca e latina.Non avrei mai imma-ginato che il mioamore per il grecoantico un giorno misarebbe risultato uti-le vivendo in un’isolagreca piena di storia.Poi, mi trasferii aLondra per l’univer-sità, mi ero iscritto alprestigioso King’sCollege. Ma prima di comin-ciare l’università, per un anno,decisi di seguire un corso didiscipline sociali. Era un corsoche contemplava molte espe-rienze on the field, così mi trovaia conoscere per la prima voltain vita mia tante realtà di mar-ginalità di cui neanche imma-ginavo l’esistenza. Homeless,malati, varie forme di addiction,un contatto con un mondo

che mi toccò e cambiò nelprofondo. Pur continuandocon passione i miei studi clas-sici, mi accorgevo che la miavita cominciava a seguire unastrada inaspettata, quella diuna vocazione al servizio deipoveri, degli scartati, degli ul-timi. Galeotto fu un pellegri-naggio accompagnando i ma-lati a Lourdes. Lì — continua ilreligioso — incontrai un padrefrancescano che mi affascinòmoltissimo parlandomi del“quinto Vangelo”: la terra diGesù. Andai così a Gerusa-lemme e lì scoprii l’anello dicongiunzione tra la mia pas-sione per il mondo antico, laverità storica del Kerigma, e lavita dedicata agli altri. Mi ri-trovai, diciamo così natural-mente novizio francescano adEin Karen, il villaggio del Bat-tista; e poi a Gerusalemme astudiare la teologia. Ho passa-to anni molto belli in TerraSanta, sono stato cantore alSanto Sepolcro, segretariodella Custodia, e poi a Be-tlemme nel durissimo tempodella seconda Intifada. Ho vis-suto il bello delle liturgie anti-che al Sepolcro, ma anche ilterribile della sofferenza uma-na nei territori occupati».Mentre parliamo fra Luke

cammina nel giardino del con-vento mostrandomi con orgo-glio le sue colture «Qui c’era-no delle belle rose. Le ho tol-te. Ora ci sono queste, che so-no anche più belle» e mi mo-stra una fila di zucchine, po-modori, insalate, melanzane.«I rifugiati hanno più bisognodi generi alimentari che di ro-se. E poi io sono un’entusiastasostenitore della Laudato si’ diPapa Francesco. Qui è tuttoecologico: ricicliamo tutto,preserviamo l’acqua e l’ener-gia, non usiamo plastica, ab-biamo i nostri animali, cimuoviamo prevalentemente apiedi».

Rientra nel sobrio conventoche un tempo ospitava decinedi frati «Ti faccio conosceremy lovely little pet Pe rc y » .Immagino che nelle serate iso-lane il frate si faccia tenerecompagnia da un fedele caneo da un tenero micino. Ri-mango perciò a bocca apertaquando vengo a far la cono-scenza di Percy: uno splendi-do pitone di un paio di metridi lunghezza. Luke non sem-bra affatto stupito del mio stu-pore, e rimanendo in serafica,— e un po’ british — impassibi-lità mi spiega: «Percy, Perseo:come il figlio di Zeus e Danae,ma anche come la costellazio-ne tra Andromeda e Auriga».

La svolta nella vita di fraLuke avviene giusto dieci annifa, con lo scoppio della guerracivile in Siria. Molti scappanodalle bombe e Rodi è uno deiporti più sicuri e più vicini a

cui i gommoni dei disperatipossono attraccare. Ne arrive-ranno centinaia e poi migliaiain questi anni. E troverannosempre fra Luca, anche di not-te, ad accoglierli, rifocillarli,sostenerli. «Per la verità nonmi sono mai domandato cosadovessi fare. È naturale doveraccogliere un fratello, una so-rella, che scappano. Non c’èda ragionarci sopra. Io nonchiedo niente a loro, ma sonoloro stessi a raccontarsi e le lo-ro facce segnate a parlare.Porto loro da mangiare ma an-che shampoo, sapone e rasoi.Mi rifornisco nei locali super-mercati a loro inaccessibili,compro le cose con i soldi chemi mandano il padre Custode,i commissariati di Terra Santa,e dall’Italia la generosa asso-ciazione Pro Terra Sancta. Neimesi estivi quando ci sonomolti turisti sull’isola, dico lo-ro «prima di ripartire lasciate-ci qui tutto quello che potete,anche il dentifricio o il bagno-schiuma aperti, le ciabattine, ilcibo che non avete consuma-to: qui tutto è utile». E conti-nua «cerco di aiutarli in ognimodo, eccetto che per le prati-che burocratiche di transito.Non voglio interferire con illavoro delle autorità locali chea loro volta lasciano molta agi-bilità al mio di lavoro, anchese cercano di contrastare glisbarchi. Dopo i primi arriviho deciso di andare in Siriadai miei confratelli, ad Aleppoe anche a Damasco, per ren-dermi meglio conto della si-tuazione da cui fuggivano. Hovisto macerie e disperazionecome mai prima. Oggi la pro-venienza dei rifugiati è cam-biata: meno siriani, e più afri-cani del nord e del Corno d’A-frica e soprattutto molti pale-stinesi che scappano da Gaza.Con i palestinesi mi sento dinuovo a casa. Al momento —prosegue — i rifugiati nell’isolasono circa 250, vivono accam-pati sotto un capannone cheuna volta era il mattatoio del-l’isola: un simbolo terribile. Iofaccio il possibile, cerco diaiutare tutti. Molti sono mus-sulmani, ma mi vogliono co-munque un gran bene. Du-rante le feste islamiche prepa-ro per loro i dolcetti tipici, co-sì da farli sentire meno lontanida casa. D’altronde qui a Rodila solidarietà rende tutti fratel-li: ho ottimi rapporti anchecon i fratelli ortodossi e con iprotestanti. Al pastore lutera-

no abbiamo allestito una cap-pellina nei nostri locali per laloro liturgia». Fra Luke conti-nua a lavorare anche mentre ciparla, sembra non stancarsimai. «Come fai a stancarti afare il bene?». «Io mi sentoun uomo realizzato: cosa c’èche può renderti più felice nel-la vita che vedere i risultati delbene che ti sforzi di fare?».

E gli sforzi di Fra Luke or-mai sono ben noti anche fuoridei confini dell’isola e anchefuori dei circuiti ecclesiali,conquistando solidarietà, sup-porti e anche riconoscenza.Così è stato che il presidentedella Repubblica italiana, Ser-gio Mattarella, abbia volutomanifestare il suo apprezza-mento per il lavoro di fra Lu-ke con i rifugiati, insignendo-lo del titolo di Cavaliere del-l’Ordine della Stella d’Italia.Ci dice Patrizia Falcinelli, am-basciatrice d’Italia ad Atene, eprofonda conoscitrice del me-diterraneo orientale e delle sue

tensioni. «Padre Luke, oltre aessere uno straordinario esem-pio di dedizione e generositànella sua attività a favore deibisognosi, dei rifugiati e deimigranti, rappresenta ancheun fondamentale punto di ri-ferimento per la comunità ita-liana a Rodi e per la promana-zione della cultura e dei valoriitaliani nell’isola. Per questo ilpresidente ha voluto insignir-lo, su proposta dell’ambascia-tore italiano in Grecia di que-sto riconoscimento».

Lui di tutta questa notorie-tà si stupisce: «Non c’è nientedi straordinario in quel chefaccio: accogliere lo stranierorifugiato è un dovere non unmerito. Per tutti. Piuttosto,quando finisce questa pande-mia programmate una vacan-za a Rodi: questo posto è bel-lissimo, e magari mi date unamano». E salutando se ne vacamminando con Percy attor-cigliato intorno al collo.

R.C.

FACCE BELLE DELLA CHIESA • La storia di fra Luke sull’isola di Rodi

Che ci fa a Rodiun francescano inglese?«Anch’io vengo da un’isolae mi sono trovato a mio agio,non saprei immaginarmi altrove»

«Per la verità non mi sono maidomandato cosa dovessi fare.È naturale dover accogliere un fratello,una sorella, che scappano.Non c’è da ragionarci sopra».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 sabato 7 novembre 2020

Monsignor Semeraro al Pontificio Collegio leoniano di Anagni

Parro cchievolte al futuro

di IGOR TRABONI

Accolto da un lungo applauso a sot-tolinearne la recente nomina cardi-nalizia, monsignor Marcello Se-meraro, amministratore apostolicodi Albano e prefetto della Congre-gazione delle cause dei santi — chePapa Francesco creerà cardinalenel concistoro del 28 novembre —ha tenuto la prolusione per la ceri-monia di inaugurazione del nuovoanno accademico e formativo delPontificio Collegio leoniano diAnagni, il seminario dove si forma-no i futuri preti di tutto il Lazio(Roma esclusa) con annesso Isti-tuto teologico frequentato da circa250 tra laici, sacerdoti, religiosi ereligiose. Salutato dal rettore donEmanuele Giannone, dal direttoredel Teologico don Pasquale Bua edai vescovi di alcune diocesi delLazio (monsignor Lorenzo Loppaper Anagni-Alatri, monsignorAmbrogio Spreafico per Frosino-ne-Veroli-Ferentino e monsignorLino Fumagalli per Viterbo) il pre-

fetto della Congregazione dellecause dei santi ha incentrato il suointervento, sul tema «Convertire laparrocchia?», con una serie di ri-flessioni in margine alla recenteIstruzione La conversione pastorale del-la comunità parrocchiale al servizio dellamissione evangelizzatrice della Chiesa acura della Congregazione per ilc l e ro .

Un tema, ha detto subito il ve-scovo Semeraro, che «di fatto ac-cende i riflettori su una realtà ec-clesiale, la parrocchia appunto,che ancora oggi costituisce senzadubbio una figura di Chiesa senzadella quale non si può immagina-re, sul piano teologico e nondime-no su quello pastorale, come ilVangelo possa essere ancora an-nunciato, assicurando forme stabi-li di presenza della comunità cri-stiana in uno spazio antropologicoben definito». Non a caso la Chie-sa vi ha dedicato tanti documenti,ad iniziare da quelli contenuti nelmagistero degli ultimi Pontefici«fino ad arrivare alle riflessioni diPapa Francesco in Evangelii gau-dium».

Una «conversione pastorale»indicata dunque da sempre, mache oggi deve necessariamente farei conti con «qualcosa di inedito, diincontenibile, di imprevedibile,causa di tanto dolore e di tanta sof-ferenza, ma probabilmente porta-tore anche di una “grazia misterio-sa”», ha aggiunto il presule, facen-do poi degli esempi concreti di co-me il lockdown, e più in generale la

pandemia, hanno mutato anche al-cuni aspetti del rapporto dei fedelicon le comunità parrocchiali di ap-partenenza. La grazia, dunque, maanche «una sorta di stanchezza perle troppe attività messe in cantie-re». «Ci siamo accorti di una certafragilità della nostra proposta dicatechesi ai ragazzi — ha prosegui-to — abbiamo potuto vedere facil-mente chiudersi in se stessi i nostriadolescenti, come pure, per certiversi, abbiamo assistito allo sbri-ciolarsi in un attimo della coscien-za del precetto festivo».

E allora, dove vanno le nostreparrocchie oggi? Monsignor Se-meraro ha posto subito la questio-ne-distinzione tra “territorio” e“habitat” della parrocchia, facen-do riferimento proprio all’I s t ru -zione che, al numero 16, parla disuperamento di «una pastoraleche mantiene il campo d’azioneesclusivamente all’interno dei li-miti territoriali della parrocchia,quando spesso sono proprio i par-rocchiani a non comprendere più

questa modalità, che appare se-gnata dalla nostalgia del passato,più che ispirata dall’audacia per ilf u t u ro » .

Un altro tratto, non del tuttonuovo ma che non per questo vatrascurato, è quello che il relatoreha incasellato in «comunità par-rocchiali costituite da credenti che,di fronte all’esperienza della fede,operano delle scelte che non sonole stesse per tutti, anche sulle di-mensioni essenziali della vita di fe-de». Per mantenere il suo trattopopolare e di accessibilità da parte

di tutti, l’Istruzione, se per un ver-so riconosce che la parrocchia nonè più «come in passato, il luogoprimario dell’aggregazione e dellasocialità», al contempo sollecita a«trovare altre modalità di vicinan-za e di prossimità rispetto alle abi-tuali attività. Tale compito non co-stituisce un peso da subire, ma unasfida da accogliere con entusia-smo». Si può leggere in questa sol-lecitazione — ha sottolineato Se-meraro — l’invito insistente di PapaFrancesco a considerare che «lapastorale in chiave missionaria esi-ge di abbandonare il comodo crite-rio pastorale del “si è fatto semprecosì”» (Evangelii gaudium, 33).

Un’altra sottolineatura il vesco-vo di Albano l’ha colta nel passag-gio in cui la Congregazione per ilclero parla di «una parrocchia in-clusiva» quanto più ha alcuni ca-ratteri di un santuario: non tantoper le devozioni in esso coltivate,quanto per il loro essere veri e pro-pri «avamposti missionari», con-notati dall’accoglienza, dalla vitadi preghiera e dal silenzio che ri-stora lo spirito, nonché dalla cele-brazione del sacramento della ri-conciliazione e dall’attenzione aip overi.

Così come pure è necessario chele parrocchie si accostino semprepiù a quella “mistica della fraterni-tà” cara a Papa Francesco. È dun-que evangelizzatrice, ha chiosatomonsignor Semeraro «una comu-nità che sa scegliere la postura giu-sta, che è quella di mettersi a servi-zio della fede, disponendosi a ren-dere possibile una relazione perso-nale e, per quanto è possibile auto-noma (cioè adulta), di tutti coloroche lo desiderano nei confronti delSignore e della sua Parola».

Semeraro ha infine concluso la-sciando all’uditorio una sfida daraccogliere, ovvero quella «di ren-dere le nostre comunità parroc-chiali sempre più missionarie, unimpegno che riguarda tutti noi,nessuno escluso». «È chiesto allenostre comunità — ha proseguito —di discernere ciò che oggi, nellacondizione della diaspora in cuisiamo, “lo Spirito dice alle Chie-se”, affinché non ci limitiamo adadorare le ceneri di una “cristiani-tà” ormai in rovina, bensì ci adope-riamo per tenere vivo il fuoco delVangelo. Quel fuoco che accendela passione per un “cristianesimodegli occhi aperti”, capace di illu-minare la strada verso una propo-sta all’altezza della nostra umanitàdi oggi, da amare e servire in nomedel Vangelo».

Si conclude la plenaria online dei vescovi francesi

Chiesarifugio per tutti

Il Pontificio Collegio leoniano di Anagni

di CHARLES DE PECHPEYROU

U n’intera giornata discambi e discussionion-line dedicata allalotta contro la pedo-

filia, segnata dalla presentazio-ne del terzo rapporto dedicatoche fornisce una visione precisadella situazione degli ultimidue anni, con la rinnovata cer-tezza che il processo di purifica-zione intrapreso dalla Chiesadeve mettere le vittime al primoposto, lavorando conloro e tenendo conto ilpiù possibile delle loroparole. Riuniti in as-semblea plenaria in vi-deoconferenza fino adomani, i vescovi diFrancia sono consape-voli che «rimane ancoramolta strada da fare perfar sì che la Chiesa siaun rifugio per tutti», hacommentato monsignorLuc Crepy, vescovo deLe Puy-en-Velay e presi-dente della Cellula per-manente per la preven-zione e la lotta alla pe-dofilia (Cpplp), organocreato ad hoc dallaConferenza episcopalefrancese (Cef) nel mese di giu-gno 2016. «Tuttavia — spiega ilpresule — il nuovo rapporto sot-tolinea la ferma determinazionedei vescovi ad andare oltre e adattivare i mezzi necessari per af-frontare questa sfida così urgen-te e necessaria». In questo sen-so, la Cpplp ha accolto i suoinuovi membri, proseguendo illavoro iniziato nel 2016 e svi-luppando la sua riflessione sullap re v e n z i o n e .

Un passo successivo sarà ilrapporto della Commissione in-dipendente sugli abusi sessualinella Chiesa (Ciase), creata altermine della plenaria del no-vembre 2018, «che aiuterà tuttia comprendere meglio cosa èsuccesso nella Chiesa negli ulti-mi decenni e a continuare adapplicare le misure necessarieper combattere e prevenire ilflagello della criminalità controi bambini», specifica monsi-gnor Crepy. I vescovi si sonoimpegnati in una riflessione at-tiva per definire «quello chepotrebbe essere un processoglobale di riconoscimento dellasofferenza delle vittime, un ap-proccio di tutta la Chiesa cheriecheggia l’invito al popolo diDio lanciato da Papa Francescoil 20 agosto 2018» nella sua«Lettera al Popolo di Dio».

Secondo il nuovo rapportodella Cef, che raccoglie datiprovenienti dalle diverse diocesidi Francia, tra settembre 2018 esettembre 2020, 320 personehanno riferito al proprio vesco-vo di essere state vittime di abu-si, mentre erano 211 tra gennaio2017 e ottobre 2018. L’aumentodel numero di vittime identifi-cate può essere spiegato da piùelementi. La creazione dei cen-tri di accoglienza e di ascoltonelle diocesi, insieme all’app el-lo a testimoniare lanciato dallaCiase hanno provocato una «li-berazione della parola». Inol-tre, le persone che hanno pre-sentato la loro esperienza allaCiase sono state anche invitatea contattare le autorità ecclesia-li. Allo stesso modo, sistemati-camente, chiunque entra in

contatto con la Cef è invitato arivolgersi alla Ciase.

Nello stesso lasso di tempo,sono state 110 le segnalazioni diabusi indirizzate dai vescovi al-la giustizia civile, mentre tragennaio 2017 e ottobre 2018 am-montavano a 75. Da notare chequindici diocesi hanno firmatouna convenzione con i procura-tori che mira a facilitare le rela-zioni tra l’istituzione ecclesialee quella giudiziaria, attraversola nomina di persone dedicate a

questo dialogo, al fine di garan-tire la massima collaborazione.

Altro tema di discussione du-rante l’assemblea plenaria ha ri-guardato il Santuario di Lour-des, completamente ancoratoalle sue radici dei Pirenei, mameta di pellegrinaggio per tuttele diocesi di Francia e i visitato-ri del mondo intero. «Finoranon esiste un vero statuto, sia-mo rimasti ai tempi di Berna-dette Soubirous, per questo hosottoposto ai vescovi l’idea difare di Lourdes un santuarionazionale perché le diocesifrancesi si sentano più coinvoltenel modo in cui il santuario vi-ve», spiega a «L’O sservatoreRomano» monsignor AntoineHérouard, vescovo ausiliare diLille e Delegato Apostolico «adnutum Sanctae Sedis» a Lour-des. In futuro, afferma il presu-le, la sfida consisterà nel «trova-re un equilibrio tra le tre di-mensioni: locale, nazionale einternazionale». Locale perchéil santuario è legato ad una ter-ra, una storia, una persona,un’identità culturale. Naziona-le, perché i diversi vescovi sa-rebbero associati agli orienta-menti più importanti. Interna-zionale perché sono sempretanti i pellegrini che vengonoda tutto il mondo per pregarealla Grotta di Massabielle. Unpunto fondamentale è il ruolodei principali attori nella vitadel santuario, tra il vescovo del-la diocesi, il rettore, i cappellanie gli altri, indica il DelegatoApostolico. E tra questi altri at-tori, secondo monsignor Nico-las Brouwet, vescovo di Tarbeset Lourdes, ci sono i vescovi diFrancia, i cui pellegrinaggi aLourdes sono sempre un mo-mento culminante nella vitadella loro diocesi.

L’assemblea plenaria si con-cluderà domani mattina con lacelebrazione della messa, tra-smessa in televisione, da partedel presidente della Cef e arci-vescovo di Reims, monsignorÉric de Moulins-Beaufort, chepronuncerà anche il discorso fi-nale.

Nasce l’edizione giapponesede «La Civiltà Cattolica»

ROMA, 7. Nata da un’idea durante il viaggio apostolico di PapaFrancesco in Giappone nel novembre 2019, l’edizione, cartacea edigitale, in lingua giapponese de «La Civiltà Cattolica» — il cuiprimo fascicolo viene presentato oggi 7 novembre a Tokyonell’ambito della rassegna «Vatican & Japan - 100 Year Project»presso la sede principale del gruppo Kadokawa che pubblica larivista — vuole offrire ai giapponesi una chiave di lettura delmondo unica, a partire dalla prospettiva universale di Roma edella Santa Sede. L’edizione è varata nell’anno che celebra i 170anni di fondazione de «La Civiltà Cattolica» (così come avvenutoper l’edizione cinese nata il 20 aprile scorso). È il direttore, padreAntonio Spadaro, a presentare la rivista al pubblico giapponese inun video proiettato a Tokyo durante la rassegna a cui partecipa ilprovinciale dei gesuiti in Giappone, l’argentino padre Renzo DeLuca. Il numero zero include, fra l’altro, la presentazione deldirettore e una riflessione di De Luca dedicata allo scambioculturale con il Giappone nella stampa dei gesuiti.

Page 11: Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente ...€¦ · PAGINA 11 SEGUE A PA G I N A 2 Gli Stati Uniti sono ancora in at-tesa di conoscere il vincitore delle elezioni presidenziali

L’OSSERVATORE ROMANOsabato 7 novembre 2020 pagina 11

Nomina episcopalenella Repubblica Dominicana

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattinain udienza gli Eminentissimi Cardinali:

— Marc Ouellet, Prefetto della Con-gregazione per i Vescovi;

— Giovanni Battista Re, Decano delCollegio Cardinalizio;

— Angelo Comastri, Vicario Generaledi Sua Santità per la Città del Vaticano.

Il Santo Padre ha accettato la rinunciadi Sua Eccellenza Monsignor José Dolo-res Grullón Estrella all’ufficio di Vescovodella Diocesi di San Juan de la Maguana(Repubblica Dominicana).

Provvista di Chiesa

Il Santo Padre ha nominato Vescovodi San Juan de la Maguana (RepubblicaDominicana) il Reverendo Tomás AlejoConcepción, del clero della Diocesi di LaVega e finora Parroco della Parrocchia diNuestra Señora de Fátima nella medesi-ma Diocesi.

Tomás Alejo Concepciónvescovo di San Juan de la Maguana

Nato il 15 giugno 1963 a Santa Ana, Villa Tapia,diocesi di La Vega, ha studiato filosofia e teologiapresso il Seminario pontificio Santo Tomás de Aqui-no. Ha ottenuto le licenze in filosofia e teologiapresso la Pontificia universidad Católica Madre yMaestra a Santo Domingo e ha studiato missiologiapresso l’Universidad intercontinental a Città delMessico. Ordinato sacerdote il 7 agosto 1993 per ladiocesi di La Vega, è stato direttore delle Pontificieopere missionarie, vicario parrocchiale, fondatore edirettore del Politécnico arzobispo Juan AntonioFlores Santana, direttore dell’ufficio diocesano di li-turgia, vicario per l’amministrazione della diocesi.Finora è stato parroco di Nuestra Señora de Fati-ma.

Nella Sagrada Familia a Barcellona beatificato il giovane Joan Roig i Diggle

Martire per l’Eucaristia

In Europa serve il dialogocontro il virus delle divisioni

Il cardinale Ayuso Guixot a un seminario online del Ccee

Il 10 novembre il Rapportosull’ex cardinale McCarrick

Il Rapporto sulla conoscenza istituzionale e il processo decisionaledella Santa Sede riguardante l’ex cardinale Theodore Edgar Mc-Carrick (dal 1930 al 2017), che la Segreteria di Stato haelaborato su mandato del Papa, sarà pubblicato dallaSanta Sede martedì 10 novembre, alle 14. Ne ha datonotizia ieri, venerdì 6, il direttore della Sala stampadella Santa Sede Matteo Bruni.

Sanzioni disciplinariper il cardinale GulbinowiczCon un comunicato diffuso alle 12 di venerdì 6 no-vembre, la Nunziatura apostolica in Polonia ha in-formato che il cardinale Henryk Roman Gulbino-wicz, 97 anni, arcivescovo emerito di Wrocław, èstato raggiunto da sanzioni disciplinari per mole-stie, atti omosessuali e collaborazione con l’alloraServizio di sicurezza.

Nel comunicato si legge che, «a seguito dell’i n-dagine sulle accuse mosse al cardinale HenrykGulbinowicz» e «dopo aver analizzato altre accuseriguardanti il passato del porporato, la Santa Sedeha preso le seguenti decisioni disciplinari nei suoiconfronti: divieto di partecipare a qualsiasi celebra-zione o riunione pubblica, divieto di usare le inse-gne vescovili, interdizione dal servizio funebre edella sepoltura in cattedrale».

Inoltre il cardinale sarà tenuto al «pagamento diun’adeguata somma di denaro sotto forma di do-nazione per le attività della fondazione San Giu-seppe, istituita dalla Conferenza episcopale polaccaper sostenere le attività della Chiesa a favore dellevittime di abusi sessuali, la loro assistenza psicolo-gica, la prevenzione e l’educazione delle personeresponsabili della protezione dei minori».

«L’ Europa haconosciuto,e conosce, ilvirus antico

delle divisioni e dell’egoismo,che è riuscita a superare con ilvaccino sempre efficace dellasolidarietà, accanto al quale Pa-pa Francesco ci invita oggi adusare quello della “fratellanzaumana”». Lo ha sottolineato ilcardinale Miguel Ángel AyusoGuixot, intervenendo al semi-nario online svoltosi giovedì 5novembre per iniziativa delConsiglio delle Conferenze epi-scopali d’Europa (Ccee), sezio-ne per il dialogo.

«Le religioni al servizio dellafraternità nel mondo», il temadell’incontro, nel corso del qua-le il presidente del PontificioConsiglio per il dialogo interre-ligioso ha offerto una riletturadell’enciclica di Papa FrancescoFratelli tutti, in un contesto se-gnato dal dibattito riacceso dairecenti attacchi terroristici aNizza e a Vienna. «I leader del-le diverse tradizioni religiose ele comunità che essi guidano,camminando insieme sulla stra-da del dialogo, possono davve-ro offrire il proprio contributoalla fratellanza universale nellesocietà in cui vivono», ha esor-dito il porporato. Infatti, comeribadisce il documento firmatodal Pontefice sulla tomba delPoverello ad Assisi, «non è ac-cettabile che nel dibattito pub-blico abbiano voce soltanto ipotenti e gli scienziati». Al con-trario, «dev’esserci uno spazioper la riflessione che procede dauno sfondo religioso che racco-glie secoli di esperienza e di sa-pienza», visto che «il credente ètestimone e portatore di valori»quali «la rettitudine, la fedeltà,l’amore per il bene comune,l’attenzione per gli altri, soprat-tutto per quanti si trovano nelbisogno, la benevolenza e lamisericordia»: tutti «elementiche possiamo condividere conle varie religioni», ha osservatoil relatore. Perciò «nel mondodi oggi, segnato tragicamentedalla dimenticanza di Dio odall’abuso che si fa del Suo no-me, le persone appartenenti allediverse religioni sono chiamate,con un impegno solidale, a di-fendere e promuovere la pace ela giustizia, la dignità umana ela protezione dell’ambiente».

In pratica, ha spiegato il pre-sidente del dicastero vaticano, icredenti devono «offrire colla-borazione alle società» di cuisono cittadini, mettendo a di-sposizione «le convinzioni piùprofonde che riguardano il ca-rattere sacro e inviolabile dellavita e della persona umana»; edi conseguenza «il dialogo in-terreligioso ha una funzione es-senziale per costruire una con-vivenza civile, una società cheincluda e che non sia edificatasulla cultura dello scarto ed èuna condizione necessaria perla pace» in questo «mondo di-sumanizzato», segnato da indif-ferenza e avidità. Dunque,«una società fraterna sarà quel-la che promuove l’educazioneal dialogo per sconfiggere il vi-rus dell’individualismo radica-le».

Il porporato ha poi analizza-to le richieste concrete contenu-te nell’enciclica di Papa Bergo-glio: come quella di una rifor-ma dell’Onu, in cui anche lenazioni più povere contino allapari con le altre; un condonodel debito estero dei Paesi piùpoveri; un potenziamento delladestinazione universale dellaproprietà privata; la fine delcommercio delle armi, soprat-tutto nucleari. E in tal senso, haaggiunto, «la fraternità puòesercitare un ruolo dirompente

sulle relazioni internazionali al-l’interno di un mondo multipo-lare e multireligioso».

Successivamente il cardinaleAyuso Guixot ha approfonditoi nove punti del Documento sullaFratellanza Umana citati in Fra t e l l itutti. La cosiddetta dichiarazio-ne di Abu Dhabi, siglata il 4febbraio 2019 dal Pontefice edal Grande imam di Al-Azhar,Ahmad Al-Tayyeb, rappresentaun’occasione storica «per i cre-denti delle varie religioni e pertutte le persone di buona vo-lontà»; e pur essendo nata inambito musulmano e cattolico,«non ha nulla che non possa es-sere condiviso con altri», essen-do l’intera «famiglia umana in-terpellata e coinvolta». In so-stanza, si tratta di passare dalla“globalizzazione dell’indiffe-re n z a ” alla “globalizzazionedella fraternità”, come auspica-to da Francesco e dal leaderdella principale istituzione ac-cademica dell’islam sunnita. Iquali «si sono scoperti fratellinella promozione della giustizia

e della pace» e «attraverso lacultura del dialogo, la collabo-razione comune e la conoscenzareciproca» hanno condannato«le piaghe del terrorismo e del-la violenza, specialmente quellarivestita di motivazioni religio-se», invocando il diritto alla li-bertà di religione, perché non sipuò costringere la gente ad ade-rire a una certa fede o cultura,né tantomeno imporre stili divita «che altri non accettano».Mentre vanno «riconosciutieguali diritti di cittadinanza amusulmani e cristiani nei loroPaesi, rinunciando all’uso di-scriminatorio del termine mino-ranze, che porta con sé i semi»dell’isolamento «e dell’inferiori-tà e prepara il terreno alle osti-lità e alla discordia» sottraendo«le conquiste e i diritti religiosie civili».

Ecco allora da parte del car-dinale Ayuso Guixot l’esorta-zione a un «superamento di na-zionalismi e populismi», per-ché, ha rimarcato, «una culturasana è accogliente e sa aprirsi

all’altro, senza rinunciare a sestessa».

Invece «la violenza non trovabase alcuna nelle convinzionireligiose, bensì nelle loro defor-mazioni. Atti “esecrabili” comequelli terroristici, sono dovuti ainterpretazioni errate dei testireligiosi» o «a politiche di fa-me, povertà, ingiustizia, op-pressione», è stata la sua de-nuncia.

In definitiva il presidente delPontificio consiglio ha rilancia-to l’appello del vescovo di Ro-ma affinché «in nome della fra-tellanza umana, si adottino ildialogo come via, la collabora-zione comune come condotta ela conoscenza reciproca comemetodo e criterio», mettendo«da parte pregiudizi, indugi edifficoltà. Pur non rinunciandoin nulla alla nostra identità —ha concluso — con forza e concoraggio si deve affermare lanecessità della fraternità umanae dell’amicizia sociale» comecondizioni imprescindibili perla pace.

L’Eucaristia è stata il cibo cheha rafforzato la fede e la spe-ranza di Joan Roig i Diggle. Loha ricordato il cardinale JuanJosé Omella Omella, arcive-scovo di Barcellona, durante lamessa per la beatificazione delgiovane martire ucciso nel 1936durante la guerra civile spagno-la. Il rito è stato presieduto dalporporato, in rappresentanzadi Papa Francesco, sabato mat-tina, 7 novembre, nella basilicadella Sagrada Familia della cit-tà catalana.

Come i primi cristiani, hadetto il porporato all’omelia,Joan non «poteva vivere senzapartecipare all’Eucaristia o sen-za la santa Comunione». Perquesto, prima di essere arresta-to, ha voluto ricevere l’ostiaconsacrata e ha potuto rassicu-rare la mamma con queste pa-role: “Dio è con me”. «E suamadre, come tutte le madri —ha aggiunto il celebrante — hapotuto sopportare quel terribi-le momento perché aveva la suasperanza nel Signore».

La vita eucaristica, ha sotto-lineato il porporato, ha portatoil giovane Joan «a voler esserepane spezzato e condiviso con

gli uomini e le donne del suotempo». Da qui l’auspicio chetutti i credenti possano vivere lecelebrazioni eucaristiche «conla stessa passione e gioia concui ha vissuto il beato».

Nei ricordi di sua sorellaLourdes, Joan appare come«un ragazzo sensibile alle in-giustizie e che amava soprattut-to le persone più vulnerabili».E in proposito il cardinale arci-

vescovo ha fatto notare che,quando il giovane viaggiava intreno, rimaneva scosso nel ve-dere le condizioni dei fuochistiche «lavoravano duramenteper guadagnare uno stipendioirrisorio, mentre i ricchi festeg-giavano sulla spiaggia indipen-dentemente dalla sofferenzadegli altri».

La Federazione di giovanicristiani di Catalogna, che Joanfrequentava, «ha aiutato il no-stro martire a conoscere meglioGesù e a diventare un ardentedifensore della dottrina socialedella Chiesa», ha proseguitol’arcivescovo di Barcellona, sot-tolineando che il nuovo beatosi è impegnato «nella costru-zione della civiltà dell’amore enella lotta per la giustizia, perla pace e per la solidarietà».Joan ha saputo riconoscere«l’esistenza di un desiderio digiustizia sociale» e, consapevo-le della situazione del suo tem-po — così simile a quella che stavivendo oggi l’umanità — «havoluto trasformare la società»non con mezzi violenti, ma conil Vangelo «che viene tradottoin opere nella dottrina socialedella Chiesa».

Un’immagine della beatificazione(foto di Guillermo Simon Castellví)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 12 sabato 7 novembre 2020

LA SCUOLA DI ENI PER L’IMPRESA