SPEDIZ. IN ABBONAMENTO N° POSTALE • LEGGE 23/12/1996 … · La mia battaglia per salvare il...

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il Torresino SPEDIZ. IN ABBONAMENTO POSTALE • LEGGE 23/12/1996 N. 662 Art. 2 comma 20 lett. b ANNO XVIII N° 5 5 SETTEMBRE OTTOBRE 2012 ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI DI BOLOGNA settembre/ottobre 2012 ? continua...

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SPEDIZ. IN ABBONAMENTOPOSTALE • LEGGE 23/12/1996 N. 662Art. 2 comma 20 lett. bANNO XVIII N° 5

N° 5SETTEMBRE

OTTOBRE2012

ORDINEDEI DOTTORI COMMERCIALISTIE DEGLI ESPERTI CONTABILI

DI BOLOGNA

■ settembre/ottobre 2012

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Intervista al Sovrintendente del Teatro Verdi di Bologna

La mia battaglia per salvare il teatro liricodi Mariangela Latella pag. 2

Editoriale

Impegno e dedizionedi Francesco Cortesi pag. 3

D’Attualità

Il credito IVA nei casi di dichiarazioneomessadi Giacomo Lucino pag. 4

Le Procedure

La cessione dei crediti fiscali da parte delleprocedure concorsuali di Giovanni Caliceti pag. 6

Le Società

Brevi cenni sui Diritti Particolari dei Socinelle S.r.l.di Giuditta Carullo pag. 8

D’Attualità

La crisi sui mercati internazionali: unavisione d’insieme di Massimiliano Marzo pag. 12

Le Procedure

Novità fiscali in tema di crisi d’impresadi Matteo Rossi pag. 13

Quello che salta subito all’occhio entran-do nello studio del Sovrintendente delTeatro Comunale di Bologna, FrancescoErnani, è la mole fascicoli, carpette, incar-tamenti, fogli sparsi, curriculum, foto, cdmusicali e giornali che affollano, anzi chesovrastano la sua scrivania. E’ sempre lostesso studio che ha occupato il suo prede-cessore, Marco Tutino, ma sembrano duespazi completamente diversi. Minimale econ la scrivania completamente sgombra,prima. Affogato da pile scartoffie, chesovrastano anche il pianoforte a coda didotazione, adesso. «Ernani – dice quasi agiustificarsi - fa il sovrintendente maanche il direttore del personale, il contabi-le e tutto quello che c’è bisogno per questoteatro».È seduto tra due pile di scartoffie e sta ulti-mando alcuni appunti per l’incontro chel’indomani avrà, insieme al sindaco diBologna, Virginio Merola, con il ministrodella cultura, Lorenzo Ornaghi, su unafaccenda che gli sta molto a cuore: la sortedel Teatro Comunale di Bologna nel 250°anniversario dalla fondazione e nell’annodel bicentenario verdiano e wagneriano.Ha la testa china su un foglio che sta riem-piendo con una calligrafia minutissima,

quasi impossibile da decifrare. Ripete sot-tovoce le ultime frasi cercando di cattura-re, con gli occhi socchiusi, un’ultima stilladi concentrazione prima di passare allanostra intervista.«Domani sarà una giornata molto impor-tante - ci spiega il sovrintendente che ciaccoglie con un sorriso – perché l’incontrocon il ministro sarà decisivo per capire sepossiamo contare sulle risorse statali o no.E’ la prossima sfida di bilancio che abbia-mo davanti».Ha le idee molto chiare. Del resto nonpotrebbe essere che così, visto che è unodei massimi esperti in Italia in gestione deiteatri con un’esperienza alle spalle, fral’altro, alla Scala di Milano e all’Arena diVerona. Quando ci parla dei suoi progettie delle sue sfide finanziarie, le sue ideesembrano prendere forma e rendersi visi-bili e con delle giravolte verso il soffitto,riempiono - come disegni su una lavagnaintonsa - lo spazio quasi completamentevuoto della parete alle sue spalle. A proposito di sfide di bilancio, per laprima volta dopo 10 anni, il comunaleha chiuso i conti con un utile di 935milaeuro. Come c’è riuscito?«Sono abituato a portare avanti l’attività diun teatro basandomi sul bilancio previsio-nale e sulle indicazioni di ricavi e costi checontiene. Un buon sovrintendente devegarantire il raggiungimento degli obiettivisenza superare i costi. Se ha cento dovreb-be spendere 99».Deve essere stato difficile vista anche lagrave situazione economica del teatroche ha ereditato con un buco di oltre 4milioni di euro«Si, per questo ho dovuto lavorare inaccordo con le rappresentanze sindacali,per operare un taglio del costo del lavoroche ha portato un’economia di oltre unmilione e mezzo. Ho tentato anche diridurre, per quanto possibile, tutte le pre-stazioni straordinarie e poi ho posto lamigliore attenzione nell’acquisizione dibeni e servizi per scenografie, costumi,ecc. Qui, con la collaborazione dei diri-genti del teatro e con un forte impegno inquesto senso, abbiamo risparmiato altri2,5 milioni di euro. Non c’è bisogno dispending review per garantire il raggiungi-mento degli obiettivi. Basta solo la miglio-re attenzione e capire che il sistema di“tanto paga Pantalone” non funzionapiù».La prossima sfida quale sarà?“I bilanci 2013 e 2014. Dobbiamo cercaredi mantenere i risultati di quest’anno inpresenza di forti tagli. Stiamo già lavoran-do, tutti insieme, per fare le economie

necessarie ma il problema è che le previ-sioni di ricavi, ossia i contributi delloStato, degli enti pubblici locali e dei sociprivati, non sono state confermate. Le fon-dazioni private che ci sostengono normal-mente ci hanno appena comunicato fortitagli».Di quanto?«La Fondazione Carisbo taglierà di600mila euro. Da 800mila si passa a200mila euro. Avevamo previsto maggioricontributi da Regione e soci privati, cheancora non sono stati perfezionati. Trapubblico e privato fino all’anno scorsoarrivavano a circa 3 milioni di euro ».Il sindaco ha presentato la nuova stagio-ne insieme a lei. E’ un segno inequivoca-bile di vicinanza“Il sindaco ha confermato di voler mante-nere gli impegni. Adesso tutto il cda dovràlavorare per rispettare le decisioni presesenza che i costi superino i ricavi. Se poi,per ovvi motivi di tagli, certi ricavi non sipotranno raggiungere, allora valuteremol’eventualità di un nuovo disavanzo chedovrebbe comunque essere coperto negliesercizi successivi».Cosa si aspetta dal governo?«Che confermi il finanziamento statale pergarantire il perseguimento dei nostri obiet-tivi. C’è una legge dello Stato che indivi-dua la consistenza degli organici di tutti e14 gli enti lirici italiani. Noi dovremmoavere 337 dipendenti per i quali lo Statodeve garantire la copertura dei costi ed iomi batterò, perché la cassa integrazionenon la voglio».Neanche a farlo apposta durante l’intervi-sta entra nello studio, a sorpresa, unaristretta delegazione di artisti che appro-fitta della presenza del giornalista peresporre al sovrintendente un lungo cahierde doleance. “I cantanti del coro sono 50,dovrebbero essere 68”. “La sezione con-tralti è sguarnita”. “Non bisogna conce-dere permessi se non ci sono i sostituti”.L’incontro, però, che all’inizio sembravapiuttosto teso, si conclude dopo una venti-na di minuti con cordiali saluti e sorrisi direciproco rispetto. Sovrintendente, si naviga a vista. Ognigiorno si riparte da zero. Pare che ilrapporto con i dipendenti del teatro siamigliorato(Sospira)«Eliminerei la parola “migliora-to”. Chi guida un teatro, ha l’impegno dimantenere rapporti di virtuosità e di chia-rezza e di non volontà di precarizzareun’attività così importante per la produ-zione dello spettacolo. Il rispetto dellerelazioni tra le parti, inoltre, porta un risul-tato ottimale quando si apre il sipario».

Intervista al Sovrintendente del Teatro Verdi di Bologna

La mia battaglia per salvare il teatro liricoIn un anno, Francesco Ernani ha recuperato 4 milioni di disavanzo ma la vera sfida arriva con inuovi tagli ai contributi pubblici e privati

di Mariangela Latella

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Lei è un uomo molto pragmatico. L’artenon l’ha sfiorata proprio per nulla?«In che senso?»Suona uno strumento?«No. La mia esperienza è solo ammini-strativa. Prima di lavorare nei teatri sonostato anche segretario comunale. Tuttiposti raggiunti con concorsi pubblici”.È uno sportivo?«Seguivo molto il calcio e tennis. Ora dimeno».Come spiegherebbe ad un sordo ilrumore del mare?«Questa è una domanda particolare. Pensoche vedendo il mare si possa immaginarneanche il rumore perché è una parte indis-solubile della sua bellezza».

C’è un luogo a Bologna dove capitaspesso?«In questo anno e mezzo il posto dovecapito sempre è il Comunale perché amoil teatro. Non ho avuto tempo di andarein altri posti».Qual è la prima cosa che nota nellepersone?«Lo sguardo e poi anche il viso. Dopoavere ascoltato poche parole sono ingrado di giudicare una persona».Uno strumento importante per ladialettica e la gestione delle relazioni«Certo ma la dialettica ha tempi e modidiversi. C’è l’incontro con i lavoratorima anche quello con i consigliericomunali, con il parlamento, con i

ministri. La dialettica significa princi-palmente consapevolezza delle cose dadire e sapendo, a volte, meglio tacereche parlare».Un suo pregio e un suo difetto?«Pregio è la grande passione per la miaattività professionale. Un difetto potreb-be essere quello di trascurare, a volte,me stesso e la famiglia per il lavoro».Una cosa che proprio non le piace?«Non mi piace chi non sa mettere indubbio quello che gli viene rappresenta-to. Io sono come San Tommaso. Non mifido se non di quello che vedo e control-lo sempre che le cose che ho davantisiano sempre quelle vere e non quellefalse».

Ci apprestiamo a scrivere queste note afine mese di settembre, in quanto esigenzedi redazione, di tipografia e impaginazio-ne, impongono questi termini, per assicu-rare l’uscita entro la scadenza del bimestresettembre-ottobre. Pertanto non conoscia-mo, ovviamente, l’esito della tornata elet-torale per il rinnovo del nostro ConsiglioNazionale, che si insedierà il 1° gennaio2013 fino al 31 dicembre 2016; ciò rivestecomunque importanza relativa ai fini delleconsiderazioni che abbiamo in mente dievidenziare.In un percorso professionale e di parteci-pazione alla vita istituzionale di categoria,che ormai supera i quaranta anni, abbiamoavuto modo di assistere e molte volteintervenire attivamente alle tornate eletto-rali, sia in ambito territoriale che a livellonazionale.Pur rilevando le ovvie e comprensibilicontrapposizioni dei candidati che si pro-ponevano alla guida degli Ordini o delConsiglio Nazionale, abbiamo assistito epartecipato a campagne elettorali condottein modi e toni educati e civili, nel rispettodelle regole e dei canoni democratici, con-soni ad una categoria professionalmentematura come la nostra.Anche questa campagna elettorale fino adora si è sviluppata su questi binari e nonabbiamo dubbi che così proseguirà. Conosciamo personalmente i due colleghiche si propongono alla guida delConsiglio Nazionale, Claudio Siciliotti eGerardo Longobardi, ai quali siamo legatianche da un vincolo di amicizia, maturatoin anni di frequentazione, così comeconosciamo molti componenti delle duesquadre.Siamo pertanto fermamente convinti chela loro scelta di proporsi alla guida delConsiglio Nazionale sia stata operata nellaconsapevolezza di assumere una granderesponsabilità ed un oneroso impegno, cheimpongono scelte esistenziali radicali e

comportano obblighi e doveri, prima difama e onore.La nostra categoria, come tutto il mondodelle professioni, è da tempo impegnata afronteggiare continui tentativi di delegitti-mazione delle peculiarità proprie del siste-ma ordinistico, che rappresenta lo stru-mento di tutela, controllo e autonomia delmondo professionale.Gli ultimi recenti provvedimenti legislati-vi rivolti alla cosiddetta necessità di libe-ralizzare ulteriormente il mercato dellelibere professioni vanno letti e analizzaticon molta attenzione e spirito critico.Da una parte si ha l’implicito riconosci-mento del ruolo degli Ordini professionali,che è primariamente quello della tuteladella qualità e dell’interesse pubblico,quindi la sottintesa dichiarazione normati-va della valida esistenza del sistema dellalibere professioni. Considerato che nontanti anni addietro si parlava di abolizionedel sistema ordinistico, questo si può rite-nere un risultato positivo.Dall’altro lato sono previste abolizioni,riduzioni, interferenze (accesso e tiroci-nio, tariffe professionali, concorrenza epubblicità, procedimenti disciplinari,società professionali) che mettono arepentaglio la necessaria e doverosa perso-nale preparazione etica e specialistica, lalibertà e l’autonomia dei singoli e degliOrdini.Su questi punti il nostro ConsiglioNazionale, in collaborazione con gli altriOrdini, dovrà continuare a vigilare conmolta attenzione e determinazione. Nell’ultimo decennio la nostra categoria siè modificata, assumendo strutture semprepiù organiche e funzionali, che hanno per-messo la creazione di un tessuto aggrega-tivo più coeso e consapevole, non solonegli organismi direttivi, ma anche nellaplatea più allargata degli iscritti.Confrontare le attuali con le strutture e gliorganismi degli anni settanta e ottanta, è

operazione quasi improbabile e comunquedeviante, perché riferiti a momenti storicie contesti economici e politici completa-mente diversi.Certamente il ricordo ci porta a pensare aitempi passati, con una punta di sananostalgia, che comunque non deve inibirenecessarie proiezioni. D’altronde senza passato, senza memoriastorica, non si riesce ad avanzare, senzaradici non si riesce a progredire e si rischiadi smarrirsi.E’ sull’onda di questi sentimenti che siricorda come la struttura giuridica dellacategoria si fondi sulle norme contenutenel D.Lgs. 28 giugno 2005, n.139, che si èvoluto sintetizzare in decreto costitutivodell’Albo Unico. Come abbiamo avutomodo di rilevare in altre occasioni, unalegge approvata sotto pressioni politichedi vario genere e con spinte di urgenza piùo meno valide non può che presentarelacune e difetti. Trascorso questo primoperiodo di gestione e applicazione pratica,si evidenzia come alcuni punti, anche dinotevole rilevanza, vadano modificati;nessuna animosità, nessun intendimentodi prevaricazione, ma solo semplice inten-zione di rendere meno lacunosa e macchi-nosa la struttura.Per quanto riguarda l’integrazione delledue componenti, salvo alcuni momenti osituazioni di frizione, sembra stia proce-dendo correttamente. Ciò conferma che iltempo è gran galantuomo. Il tirocinio e praticantato è certamente unodegli argomenti più delicati, perché coin-volge i giovani che si affacciano al mondodel lavoro professionale e praticamenteintegra e conclude il percorso formativoiniziale, di base esclusivamente scolasticae universitaria.E’ un percorso nel quale il giovane deveapprendere l’applicazione pratica delsapere specialistico acquisito nel periodoaccademico e trasformare questo

Editoriale

Impegno e dedizionedi Francesco Cortesi

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sapere in sapienza professionale. E’ opera-zione delicata, nel corso della quale sidebbono far apprendere ed interiorizzarel’arte e l’etica.Purtroppo con gli ultimi interventi legisla-tivi, è stata prevista una riduzione delperiodo di tirocinio: ancora una volta siconfonde la necessità di formazione per lacreazione di livelli di eccellenza professio-nale, propagandandola come volontà dichiusura ed ostacolo all’accesso nelmondo delle professioni. Si dimentica chechi intraprende il percorso della liberaprofessione è consapevole che la sceltacomporta impegno, dedizione, sacrifici,che lo studio esige rigore, applicazione,tempo, nella prospettiva della libertà digestione delle proprie capacità intellettualie probabili future soddisfazioni morali emateriali.Queste problematiche dovranno essereconsiderate attentamente nello studio dinuovi percorsi. La buona preparazione deinostri giovani deve rappresentare impegnoprimario, affinché acquisiscano gli stru-menti culturali e morali che li dovrannoindirizzare e sorreggere nella proiezionedella speranza del futuro.Abbiamo avuto più volte occasione emodo di parlare del nostro Centro Studinazionale, per cui riprendiamo le argo-mentazioni già enunciate, ricordando chela creazione di un Centro Studi a disposi-zione del Consiglio Nazionale, fioreall’occhiello dello stesso, fu la missione

affidata alla Fondazione, che fu concepitae costituita soprattutto per questo scopo.Il Centro Studi avrebbe dovuto rappresen-tare lo strumento a disposizione delConsiglio Nazionale per l’elaborazioneinterpretativa e propositiva nell’ambito delsistema legislativo; luogo deputato al sup-porto dell’immagine culturale della cate-goria; organismo di riferimento ascoltato estimato.E’ necessario procedere al recupero eall’attuazione della missione affidata alCentro Studi e dei valori che lo stesso deveesprimere e rappresentare: alta professio-nalità e competenza nell’elaborazione distudi, documenti, proposte; ampia rappre-sentatività della categoria; immagine,aggregazione; riferimento per tutti gliiscritti; organismo apprezzato ed ascoltatodalle istituzioni politiche, economiche esociali; in definitiva, ente rappresentante ilcodice identificativo della categoria.Il rapporto istituzionale corrente traConsiglio Nazionale e Ordini Territoriali ètenuto fondamentalmente attraverso leAssemblee dei Presidenti, che attualmentehanno raggiunto una regolare periodicitàed un assetto organizzativo efficiente,indipendentemente dalla loro previsionenormativa. Nel tempo hanno sortito uneffetto positivo di conoscenza interperso-nale, aggregazione e socializzazione, chehanno consolidato nelle varie componentispirito di appartenenza e senso del dovere.Allargare la partecipazione ed il dibattito

alle varie componenti degli organismidegli Ordini, anche in funzione degli argo-menti specifici all’ordine del giorno, oltreche necessario, sarebbe cosa utile e pro-duttiva.Vi sarebbero tanti altri argomenti da pro-porre ad analisi e discussione quali peresempio: assetto degli Ordini Territoriali,Fondazioni degli stessi, Organismi regio-nali, Formazione Professionale Continua,rapporti con Associazioni e Sindacati dicategoria, rapporti con la Cassa diPrevidenza ed Assistenza. Esigenze dispazio e di tempo impongono di rinviaread altra occasione la loro trattazione.Tanto si è voluto esporre, per evidenziareche coloro che saranno scelti e chiamati adirigere e rappresentare la Categoria neiprossimi quattro anni si dovranno assume-re compiti onerosi, importanti, faticosi,che assorbiranno tempo e forte impegnoed imporranno concentrazione e saggezza.Siamo sinceramente convinti che entram-bi i colleghi e amici che si propongonoalla presidenza nazionale siano consape-voli e coscienti che per essere classegovernante, prima di ogni cosa è necessa-rio essere classe pensante, di indirizzo.Ciò comporta slancio ideale, sapienza,esperienza, attenzione, costanza, impegnoe dedizione. La categoria necessita soprattutto di questiafflati, che provengono dalla mente e dalcuore. Un augurio ed un ringraziamentoad entrambi.

PremessaCon la circolare n. 34 del 06/08/2012l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimen-ti in merito alle modalità ed alle condizioniper il riconoscimento dei crediti d’impostamaturati in annualità per la quale i contri-buenti hanno omesso le dichiarazioni ai finidell’IVA, delle imposte dirette e dell’ IRAP.Con particolare riferimento al credito IVAl’Agenzia delle Entrate nel recente docu-mento di prassi, che sostituisce i preceden-ti1, chiarisce il proprio orientamento richia-mando la giurisprudenza di legittimità ed iprincipi di diritto che, alla luce di una inter-pretazione logico-sistematica oltre che let-terale del tessuto normativo di riferimento,giustificano la soluzione adottata.A parere dell’Agenzia, nei casi in cui ilcontribuente indica in dichiarazione un’ec-cedenza di imposta a credito generata nelprecedente periodo d’imposta, per il qualela relativa dichiarazione è stata omessa,l’Ufficio è legittimato ad iscrivere a ruolo,ai sensi dell’art. 54 bis del D.P.R. n.633/1972, il maggior debito d’imposta o la

minore eccedenza detraibile, con le relativesanzioni del 30 per cento previste dall’art.13 del D.Lgs. n. 471/1997.Tuttavia il contribuente, dopo aver dimo-strato l’effettività del credito potrà chiedereil rimborso dell’eccedenza d’imposta aisensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992.L’istanza di rimborso deve essere presenta-ta entro due anni dal pagamento degli esitidella liquidazione o dell’esito del conten-zioso relativo all’iscrizione a ruolo derivan-te dalla liquidazione stessa, favorevoleall’Agenzia delle Entrate.In ogni caso, il contribuente, sussistendonei presupposti, ha la facoltà di definire lacontroversia con l’istituto della mediazioneo in conciliazione.In questi casi, se comunque è dimostratal’effettività del credito IVA, sono dovutigli interessi e le sanzioni irrogate in seded’iscrizione a ruolo, ma il contribuenteavrebbe l’opportunità di compensarel’imposta derivante dall’iscrizione aruolo, con l’imposta che l’Ufficio dovreb-be rimborsare.

I principi comunitari su cui si fonda ildiritto alla detrazione: l’IVA detraibile el’eccedenza IVA detraibileIl diritto alla detrazione è l’elemento chequalifica l’IVA quale imposta plurifase noncumulativa, conferendole il carattere dellaneutralità nelle fasi di produzione e discambio anteriori al consumo. Il suo corret-to esercizio (da parte di tutti coloro chesono inseriti nel circuito della produzione edistribuzione) è fondamentale perché l’im-posta riesca a raggiungere l’obiettivo cui èordinata, vale a dire incidere il consumofinale.La centralità della detrazione nel sistemaIVA è anche attestata dal rigore dellaComunità nella disciplina e nelle sentenzeinterpretative che hanno affrontato il temain esame, sia in relazione all’oggetto delladetrazione, che con riferimento al momentoa partire dal quale (ed entro il quale) puòessere esercitata. È stato più volte sottoli-neato che la detrazione deve potersi realiz-zare nei termini e con le modalità sancitedalla VI Direttiva, all’art 17, laddove si

D’Attualità

Il credito IVA nei casi di dichiarazione omessadi Giacomo Lucino (*)

(*) Funzionario dell’Agenzia delle Entrate (l’articolo è scritto a titolo personale e non coinvolge la posizione dell’Amministrazione di appartenenza).1 In particolare la risoluzione n. 74 del 19 aprile 2007.

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afferma l’immediatezza e l’integralità deldiritto alla detrazione.I principi che regolano l’IVA e, in partico-lare, il diritto alla detrazione, impongonoche l’operatore economico non resti incisodall’imposta, fatti salvi i casi in cui essostesso sia consumatore finale dei beni o deiservizi acquistati. Il raggiungimento di que-sto risultato richiede un’applicazione cor-retta, non solo del diritto (e dei limiti deldiritto) di detrazione, ma anche del dirittodi rimborso, quale necessario completa-mento del principio di neutralità che costi-tuisce una delle caratteristiche essenzialidell’IVA.Tale risultato può essere raggiunto con lacorretta applicazione, non solo delle regolesulla detrazione, ma anche delle disposizio-ni che disciplinano il rimborso, qualeespressione, normativamente prevista, deldiritto di detrazione.Il diritto alla detrazione risulta essenzialeper il raggiungimento della neutralità nellafase di determinazione dell’imposta dovu-ta, ma tale da esaurire i suoi effetti all’inter-no di questa fase. È stato infatti sottolineatocome il diritto in esame rilevi solo nel corsodel procedimento di quantificazione del-l’imposta e non costituisca una posizionegiuridica soggettiva da far valere autono-mamente con pretese di restituzione.Il diritto alla detrazione è strumentale alcalcolo dell’imposta dovuta: l’IVA detrai-bile è infatti destinata ad essere scomputatadall’IVA pagata dal contribuente o a luiaddebitata in via di rivalsa. Soltanto al ter-mine di tale operazione e laddove emergaun risultato di segno positivo, quest’ultimocostituirà l’eccedenza detraibile che potrà,a determinate condizioni, essere oggetto diuna pretesa di restituzione.L’eccedenza detraibile è un importonumerico di segno positivo che emerge insede di dichiarazione annuale, al terminedel procedimento interno di determinazio-ne dell’IVA dovuta. La VI Direttiva halasciato liberi gli Stati di decidere in chemodo disciplinare l’utilizzo delle sommepari alle eccedenze detraibili, prevedendol’alternativa fra due soluzioni: il rimborsoo il riporto a nuovo per i periodi di impo-sta successivi.

Il quadro normativoLo Stato italiano ha previsto come modalitàgenerale di destinazione dell’eccedenzadetraibile quella del riporto a nuovo,ammettendo il rimborso solo in ipotesi resi-duali e strutturalmente anomale per il sog-getto IVA. Il rimborso dell’eccedenzadetraibile è ammesso in alcune ipotesi tas-sativamente individuate dall’art. 30 delD.P.R. n. 633/1972: in questi casi (conl’unica eccezione della fattispecie dellacessazione dell’attività di impresa) il sog-getto IVA è chiamato a fare una scelta fra ilriporto a nuovo e il rimborso. La scelta afavore del rimborso comporta la trasforma-zione dell’eccedenza detraibile in creditoda restituzione: in questo momento il sog-getto IVA acquista un diritto di credito neiconfronti dell’Erario pari all’ammontaredell’eccedenza detraibile.

Ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972,nei casi in cui dalla dichiarazione annualerisulti una eccedenza d’imposta detraibile“il contribuente ha diritto di computarel’importo dell’eccedenza in detrazionenell’anno successivo, ovvero di chiedere ilrimborso nelle ipotesi di cui ai commi suc-cessivi e comunque in caso di cessazionedell’attività”.La citata norma offre al contribuente la pos-sibilità di indicare ed utilizzare in dichiara-zione l’eccedenza d’imposta detraibilerisultante dalla dichiarazione presentata perl’anno d’imposta precedente ovvero dichiedere il rimborso, in presenza di deter-minati presupposti disciplinati dalla stessanorma.Se nel quadro relativo alla “Liquidazionedell’imposta annuale” (quadro VL delladichiarazione annuale), risulta un saldo diIVA a credito del periodo, il soggetto passi-vo può utilizzare tale importo, denominato“eccedenza annuale di imposta detraibile”o “eccedenza di credito IVA”, in via alter-nativa: 1) in detrazione nelle liquidazioni periodi-

che dell’anno successivo (c.d. compen-sazione “interna”);

2) in compensazione con altri tributi, con-tributi e premi nel modello F24;

3) a rimborso nelle ipotesi in cui ricorronodeterminati presupposti espressamenteindicati nell’articolo 30 del D.P.R. n. 633del 26 ottobre 1972.

Come prima regola, l’eccedenza annualedel credito IVA che risulta dalla dichiara-zione autonoma o da quella unificata deveessere utilizzata in detrazione nelle liquida-zioni IVA periodiche relative all’anno suc-cessivo.Infatti, l’eccedenza annuale del credito IVAdi un certo periodo va ripresa tra i “crediti”in sede di compilazione del quadro VLdella dichiarazione annuale successiva, inun apposito rigo in modo tale da influenza-re il saldo residuo dell’anno seguente.

L’orientamento dell’Agenzia: la circola-re n. 34/E del 6 agosto 2012Con il recente documento di prassi,l’Agenzia delle Entrate, fornendo puntualiindicazioni anche con riferimento alla cor-retta gestione delle controversie in conten-zioso incentrate sulla questione del riportodel credito IVA in dichiarazione, dopo averdelineato il quadro normativo e l’evoluzio-ne della giurisprudenza di legittimità, preci-sa che in caso di omessa presentazionedella dichiarazione annuale il contribuentenon può riportare l’eccedenza di IVAdetraibile nella dichiarazione dell’annosuccessivo, né chiederne il rimborso nelleipotesi regolate dall’art. 30 citato.Ne consegue che l’omessa presentazionedella dichiarazione annuale, con riporto delcredito d’imposta nella dichiarazione pre-sentata per il periodo d’imposta successivo,configura una violazione dell’art. 30 delD.P.R. n. 633/1972 che legittima l’Agenziadelle Entrate a recuperare, ai sensi dell’art.54 bis del D.P.R. n. 633/192, il credito uti-lizzato indebitamente in dichiarazione e adapplicare la sanzione prevista dall’art. 13

del D.Lgs. n. 471/1997.Il contribuente, nel caso in cui asseriscal’effettività dell’eccedenza d’impostadetraibile, in virtù del principio di neutralitàche ispira la disciplina in materia di IVA,potrà chiedere il rimborso ai sensi dell’art.21 del D.Lgs. n. 546/1992, dell’impostaritenuta indebitamente versata.L’istanza di rimborso disciplinata dal citatoart. 21, come precisato dall’Agenzia delleEntrate, può essere presentata solo a segui-to della definizione dell’obbligazione con ilversamento degli importi dovuti a seguitodella “comunicazione di irregolarità” o“della notifica della cartella di pagamentoo in esito a sentenza definitiva a lui sfavo-revole”.I termini per presentare l’istanza ai sensidell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/1992 (dueanni) decorrono dal versamento dell’impo-sta e delle sanzioni.E’ evidente che il contribuente non potràchiedere anche la ripetizione degli importiversati a titolo di sanzioni, in quanto l’effet-tività del credito d’imposta eventualmentedimostrata dal contribuente (con la presen-tazione dell’istanza di rimborso) e riscon-trata dagli uffici finanziari, non elide la vio-lazione del citato art. 30 e la conseguentesanzione.La tesi dell’Agenzia si fonda essenzialmen-te su due principi di diritto difficilmenteconfutabili:-“la mancata presentazione della dichiara-zione nell’anno in cui il credito stesso èmaturato viola il principio in base al qualeil diritto alla detrazione del credito nell’an-no successivo è subordinato alla presenta-zione della dichiarazione nell’anno in cui ilcredito è maturato...”;-“...il riconoscimento del diritto al rimbor-so, nel caso in cui il credito sia effettiva-mente spettante, garantiscono il rispettodel principio di neutralità proprio del siste-ma IVA, che tuttavia non si estende sino atenere indenne, in ogni caso, il contribuen-te da qualunque conseguenza sanzionato-ria”.Sulla base degli stessi principi l’Agenziaprecisa che in sede di mediazione, per lecontroversie di valore non superiore a20.000 euro instaurate contro i ruoli per ilrecupero dell’eccedenza d’imposta indebi-tamente portata in detrazione, in coerenzacon la finalità deflativa dell’istituto dinuova introduzione, è possibile “scomputa-re” l’importo derivante dall’iscrizione aruolo con il credito eventualmente ricono-sciuto effettivamente spettante.Gli Uffici, se dalla documentazione prodot-ta dal contribuente in sede di mediazionerilevano la sussistenza dei presupposti chelegittimano il riconoscimento del credito,potranno proporre un accordo in mediazio-ne, nel quale verrà evidenziata la legittimitàdell’iscrizione a ruolo con la quale si è pro-ceduto al recupero del credito, nonché ilriconoscimento dell’effettività del credito.L’accordo di mediazione si perfeziona conil versamento, attraverso il mod. F24, degliimporti corrispondenti:- alla sanzione nella misura del 40% di

quella originariamente applicata; ✒

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il Torresino

- agli interessi indicati nella cartella impu-gnata, che restano dovuti a seguito del-l’omesso versamento delle imposte.

Non maturano interessi a favore del contri-buente in quanto il diritto al rimborso sorgesolo con l’accordo di mediazione.Negli stessi termini previsti per la media-zione si possono definire in sede di conci-liazione giudiziale le controversie di valoresuperiore a 20.000 euro, per le quali nonpuò trovare applicazione l’istituto dellamediazione.

L’orientamento dei giudici di legittimitàI giudici di legittimità, sulla base di unorientamento ormai consolidato ed in lineacon la tesi dell’Agenzia, hanno ritenuto chel’omessa presentazione della dichiarazioneannuale esclude, per il contribuente, la pos-sibilità di recuperare il credito maturato nelrelativo periodo d’imposta attraverso il tra-sferimento della detrazione nel periodosuccessivo a quello in cui la dichiarazioneè stata omessa (v. Cass. 19326/2011;16477/2004; 433/2008; 7172/2009).Tuttavia, la decadenza dal diritto di portarein detrazione i crediti di imposta riguardasoltanto la possibilità di compensare i cre-diti con i debiti fiscali, ma non annulla ildiritto al credito che può essere esercitatomediante richiesta di rimborso dell’ecce-denza (v. Cass. 19326/2012; Cass. n.16257/2007; 13056/2004; 523/2002).Infatti, in ossequio ai principi di matricecomunitaria2 secondo i quali il soddisfaci-mento del credito de quo non è strettamen-te collegato al meccanismo della detrazio-ne, potendo essere fatto valere anchemediante semplice istanza di rimborso, lamancata esposizione del credito IVA nelladichiarazione annuale non comporta ladecadenza dal diritto di far valere tale cre-

dito, purché lo stesso emerga dalle scritturecontabili (v. Cass. 12041/2009;16257/2007; 17067/2006).“La mancata esposizione della eccedenzad’imposta nella dichiarazione annualeesclude il diritto di detrarre l’eccedenzanell’anno successivo, ai sensi del D.P.R. 26ottobre 1972, n. 633, art. 30, comma 2,oltre a quello di chiedere il rimborso nelleipotesi e nei limiti contemplati dai commisuccessivi dello stesso articolo (così cor-rettamente Cass. 12041/2009), ma nonimplica che il contribuente, dopo aver ver-sato somme obiettivamente non dovute,perda il diritto di chiedere la ripetizionedell’indebito, entro i termini e alle condi-zioni di legge, in quanto la dichiarazionenon assume valore confessorio e non costi-tuisce fonte di obbligazione tributaria”(Cass. 268/2012).In tale contesto, secondo il principio conte-nuto nell’art. 18, par. 4, della VI DirettivaIVA, “...il diritto al rimborso dell’ecceden-za, non trattandosi di rimborso da indebi-to, sebbene di restituzione soggetta a diver-se formalità e a limiti temporali, deve con-siderarsi ... una semplice modalità di sod-disfacimento del credito (v. Cass. n.16257/2007), non residuale, ma di rangoparitario a quello della detrazione”.

ConclusioniAlla luce delle considerazioni che prece-dono si può sostenere che il legislatore ita-liano, sulla scia dei principi comunitariche ispirano la disciplina dell’IVA, haoptato per un sistema che predilige l’uti-lizzabilità dell’eccedenza d’impostadetraibile nelle successive dichiarazioni,salvo riconoscere la possibilità, in casiparticolari, di chiedere il rimborso del-l’eventuale credito d’imposta.

Tuttavia, la strada preferenziale del riportoin dichiarazione impone la continuità nellapresentazione delle dichiarazioni ed il cor-retto adempimento degli obblighi formali.Nell’ipotesi di omessa presentazione delladichiarazione in un anno d’imposta, il con-tribuente perde il diritto di riportare nelladichiarazione successiva l’eccedenza d’im-posta che scaturiva dalle dichiarazioni pre-cedenti e si espone al recupero, ex art. 54bis D.P.R. n. 633/1972, dell’eccedenzad’imposta utilizzata nella dichiarazionecon le relative sanzioni.In questo caso il contribuente, anche allaluce del più recente orientamento dei giudi-ci di legittimità, non può evitare l’iscrizio-ne a ruolo e solo dopo aver definito la vio-lazione contestata dall’Ufficio, con il paga-mento degli importi recuperati a titolo dicredito d’imposta indebitamente portato indetrazione, interessi e sanzioni (spontanea-mente o a seguito di contenzioso favorevo-le all’Agenzia) potrà azionare, previadimostrazione dell’effettività del credito, ildiritto alla restituzione di quanto versato atitolo d’imposta, ai sensi dell’art. 21 delD.Lgs. n. 546/1992.Nel caso di contenzioso instaurato sul-l’eventuale cartella notificata dall’Ufficio,il contribuente, in possesso della documen-tazione idonea a dimostrare l’effettività delcredito, in sede di mediazione, per le con-troversie di valore inferiore a 20.000 euro oin sede di conciliazione, negli altri casi,avrebbe inoltre la possibilità di compensareil credito d’imposta recuperato dall’Ufficiocon quello che dovrebbe chiedere in resti-tuzione a seguito di istanza presentata exart. 21 del D.Lgs. n. 546/1992, versando gliinteressi dovuti e definendo le sanzioni perun importo pari al 40% di quelle originaria-mente applicate.

■ settembre/ottobre 2012

2 v. Corte di Giustizia, sentenza 11707/2002, C-62 Liberixm BV.

Il D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, ha modificatogli artt. 106 e 117 della legge fallimentare,così che oggi dispongono come segue:- art. 106, comma 1: «Il curatore può cedere i

crediti, compresi quelli di natura fiscale ofuturi, anche se oggetto di contestazione…»;

- art. 117, comma 3 «Il giudice delegato, nelrispetto delle cause di prelazione, puòdisporre che a singoli creditori che vi con-sentono siano assegnati, in luogo dellesomme agli stessi spettanti, crediti di impo-sta del fallito non ancora rimborsati».

Queste norme giungono a conclusione di unpercorso teorico-pratico durato oltre un ven-tennio: fino alla fine degli anni novanta ci si

è domandati se la cessione dei crediti fiscalifosse astrattamente possibile e secondo qualiregole; nel decennio successivo si sono pianpiano consolidate prassi e procedure checonsentono oggi di dire, con sicurezza, chela cessione dei crediti fiscali è definitivamen-te metabolizzata da tutti gli operatori coin-volti, in primis dall’Agenzia delle Entrate.Ecco allora che la prassi operativa conosceda oltre un decennio soggetti specializzatinell’acquisizione di crediti IRPEG/IRES,IRPEF, IRAP, ed IVA che le procedure con-corsuali vantano verso l’Erario, durante e/oal termine delle procedure stesse. Del pari, non possono tacersi le prese di

posizione di molti tribunali che, intese leopportunità insite nella cessione di questicrediti, hanno ritenuto di dover fornire vere eproprie istruzioni operative ai curatori arri-vando a sollecitare, tra le varie incombenzedel loro ufficio, proprio la cessione dei cre-diti fiscali.Oggi non vi è chi non veda come lo strumen-to della cessione dei crediti tributari rispondaa plurime ragioni ed esigenze. Obiettivo fon-damentale è infatti quello di velocizzare lachiusura delle procedure concorsuali, chenon possono restare aperte anni e anni soloal fine di incassare crediti fiscali (come quel-li IVA) o, peggio, chiudere rinunciando a

Le Procedure

La cessione dei crediti fiscali da parte delle procedureconcorsuali di Giovanni Caliceti (*)

(*) Avvocato in Bologna

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il Torresino

rimborsi con il risultato di far definitivamen-te ed indebitamente apprendere all’Erarioimportanti crediti (ad esempio i crediti IRESvantati dalle società di capitali che, quasisempre, cessano e si estinguono alla chiusu-ra del fallimento).Ecco allora che la cessione delle eccedenzefiscali a qualunque titolo vantate dai falli-menti consente: riparti più sostanziosi ai cre-ditori rimasti impigliati nell’insolvenza delproprio debitore (ovvero, in senso più lato, lare-immissione di capitali nel sistema econo-mico); una chiusura più celere delle proce-dure concorsuali; più prosaicamente, per-mette ai curatori di maturare compensi piùelevati a fronte dell’emersione di attività piùconsistenti.Ma dove si formano le eccedenze fiscali?1) all’atto della presentazione delle dichiara-

zioni che l’organo della procedura è tenu-to a redigere all’indomani del provvedi-mento che da inizio alla procedura con-corsuale (in particolare quella ex art. 74-bis del DPR n. 633/1972 e quella ex art.183, comma 1, del TUIR);

2) all’atto della presentazione delle dichiara-zioni che, esclusivamente ai fini IVA (oanche IRAP in caso di esercizio provviso-rio), lo stesso organo è tenuto a redigere altermine di ogni singolo periodo di impo-sta e sino alla chiusura della proceduramedesima (ad esempio ex art. 30, comma3 del DPR n. 633/1972 c.d. minore deltriennio);

3) all’atto della presentazione dell’unicadichiarazione del c.d. maxi periodo falli-mentare che, esclusivamente ai fini delleimposte sui redditi e IRAP (quest’ultimain caso di assenza di esercizio provviso-rio), il curatore deve redigere con riferi-mento all’intera procedura, ex art. 183,comma 2, TUIR.

In conseguenza della tripartizione di cuisopra, tali eccedenze sono rispettivamentecostituite da:a) crediti IRPEG/IRES, IRPEF, IRAP, ed

IVA generatisi in capo al fallito ancora inbonis e quindi in periodi d’imposta anteprocedura;

b) crediti IVA ed IRAP (in caso di esercizioprovvisorio) formatisi nel corso della pro-cedura a seguito dell’attività liquidatoriadel patrimonio spossessato e quindi inperiodi d’imposta endo procedura;

c) crediti IRPEG/IRES, IRPEF ed IRAP for-matisi nel corso della procedura a seguitodella citata attività liquidatoria e quindiesclusivamente nell’unico maxi periodod’imposta tra l’apertura e la chiusura dellaprocedura concorsuale (assai spesso costi-tuiti unicamente dall’importo corrispon-dente alle ritenute d’acconto subite sullec.d. rendite finanziarie).

Le norme positive che consentono la cessio-ne dei crediti fiscali sono le seguenti:- art. 5 del D.L. 14 marzo 1988, n. 70 conver-

tito con L. 13 maggio 1988, n. 154, che pre-vede la cedibilità delle eccedenze IVA (èconsiderato il provvedimento cui si fa risa-lire la possibilità di cedere questi crediti);

- L. 28 dicembre 1995, n. 549 - che ha modi-ficato il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602inserendovi l’art. 43-bis - e il successivo

regolamento attuativo, emanato con D.M.30 settembre 1997, n. 384.

Giova sottolineare che in dottrina la cessionedei crediti fiscali era comunemente ammessaanche prima dell’entrata in vigore dellenorme appena richiamate; ciò perché, alloracome oggi, si consideravano pacificamenteapplicabili i principi generali fissati dal codi-ce civile (artt. 1260 e ss.) a mente dei quali,e salvo diversa previsione legislativa, la cedi-bilità del diritto di credito è regola generaledell’ordinamento, mentre le relative eccezio-ni devono ritenersi tassative. A questo pro-posito, tra le ipotesi civilistiche che prevedo-no il divieto di cessione del credito non se neritracciano - direttamente o indirettamente –in materia di eccedenze fiscali. Per taleragione, la cessione dei crediti fiscali deveessere «consentita indipendentemente dal-l’esistenza di apposite norme permissive,dovendosi l’esclusione affermare, per con-verso, solo se la cessione sia inibita da unaspecifica disposizione» (M. Cantillo, La ces-sione dei crediti per imposte dirette, in Rass.Trib., 1999, n. 1, p. 28 e ss.). Talune peculiarità normative valide solo peri crediti fiscali tuttavia esistono e devonoessere tenute in debito conto.Infatti, sono ancora perfettamente valide evigenti le norme portate dal R.D. 18 novem-bre 1923, n. 2440, le quali, se da un lato“codificano” la cedibilità dei crediti vantativerso le pubbliche amministrazioni (come icrediti fiscali), dall’altro prevedono modi,termini e procedure necessarie a porre inessere cessioni valide e, soprattutto, efficace-mente opponibili all’Amministrazionefinanziaria. Attesa la particolarità del debito-re ceduto, pare assolutamente razionale cheil legislatore abbia imposto giuste cautele atutela dell’interesse pubblico.Tutte le operazioni di cessione di creditifiscali soggiacciono, quindi, quanto allaforma, alle stringenti previsioni ex art. 69 e70 del già citato R.D. 18 novembre 1923, n.2440; ciò implica che i relativi contratti,pena l’inopponibilità al Fisco, devono risul-tare da atto pubblico o da scrittura privataautenticata da notaio e vanno successiva-mente notificati alle Amministrazioni com-petenti, oltre a dover contenere espressaindicazione del titolo e dell’oggetto del cre-dito che si vuole cedere.In particolare, l’art. 69, comma 1, disponeche le cessioni «debbono essere notificateall’Amministrazione centrale ovvero all’en-te, ufficio o funzionario cui spetta ordinare ilpagamento». La disposizione è del tutto coe-rente con la finalità di rendere certiall’Amministrazione il contenuto, la prove-nienza e la data della cessione e reca unaespressa deroga all’art. 1264 del codice civi-le, in quanto la medesima debitrice, ove nonle sia stato notificato un atto avente la formasuddetta ed anche se abbia avuto conoscenzaaliunde dell’intervenuta cessione, non puòdarne esecuzione e dovrà eseguire il paga-mento all’originario creditore.In altre parole, è solo con la notifica che sirealizza l’effetto della cessione del creditoverso la Pubblica Amministrazione. In esitol’Agenzia delle Entrate non ha alcun poteredi sindacare cosa le parti private abbiano

disposto nel contratto e soprattutto quandoesse lo abbiano sottoscritto (M. Cantillo, op.cit., F. Tesauro, In tema di ritenute d’accontoa carico deli fallimenti e di cessione dei cre-diti d’imposta, in Boll. Trib., 2003, n. 12, p.885 e ss.).E quali effetti realizza verso l’Erario la ces-sione nei rapporti tra cedente e cessionario?Una volta compiuta validamente la cessio-ne ed attuato, con la notifica del contratto,il trasferimento del credito, il cessionariosubentra nella stessa posizione del cedentee diverrà legittimato anche a stare in giudi-zio per ottenere il pagamento del creditoceduto. Del pari, la controversia apparterràalla giurisdizione delle commissioni tribu-tarie anche quando sia stata proposta, anzi-ché dal contribuente, dal terzo cessionariodel relativo credito.Nemmeno esistono limiti “qualitativi” allecessioni perché le eccedenze tributarieoggetto di compravendita sono generica-mente quelle di «crediti chiesti a rimborsonella dichiarazione» fiscale. Le previsioninormative hanno dunque ad oggetto lesomme che, nel periodo di imposta, il contri-buente ha dovuto versare all’Erario.Unici limiti di carattere oggettivo posti allecessioni sono costituiti dal fatto che i credititrasferiti debbono essere indicati nelledichiarazioni di periodo e, ancora più neldettaglio, che il credito esposto in taledichiarazione deve essere ceduto tutto insie-me. Pertanto, condicio sine qua non pereffettuare un valido trasferimento dei creditifiscali è che essi emergano dalle dichiarazio-ni fiscali presentate ai fini delle impostedirette (modello Unico e modello IRAP) edell’IVA (modello IVA VR, modello IVA oUnico) ed ivi siano chiesti espressamente arimborso. A fronte di un tale quadro normativo devesiperò specificare che non sono compresinello spettro applicativo del citato art. 43-bisdel DPR n. 602/1973 i crediti c.d. da indebi-to, cioè quelli che sorgono da cause patolo-giche come ad esempio a cagione di versa-menti non dovuti ab origine per errori mate-riali commessi dal contribuente o in seguitoall’annullamento (giudiziale o in autotutela)di accertamenti, ecc..Posto che, come accennato in precedenza, leipotesi di incedibilità dei crediti devonoessere espressamente e tassativamente indi-cate dalla legge, si evidenzia quanto segue:- per le imposte dirette, l’art. 1, comma 7, del

citato D.M. n. 384/97 stabilisce che sonoinefficaci le cessioni allorchè: •• al momento della notifica,

l’Amministrazione ha già procedutoall’emissione dell’ordinativo di paga-mento;

•• è stata presentata richiesta per il rimborsomediante titoli di Stato e, al momentodella notifica, il Ministero delle finanzeha già proceduto alla trasmissione del-l’elenco degli aventi diritto al rimborso alMinistero del tesoro;

•• al momento della notifica, risultano acarico del cedente iscrizioni a ruolo rela-tive a tributi erariali, notificate in dataanteriore a quella della notifica dell’attodi cessione;

■ settembre/ottobre 2012

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il Torresino

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- per l’IVA, occorre rifarsi alla disciplinagenerale della cessione dei crediti vantativerso la Pubblica amministrazione, conte-nuta nel citato art. 69 del R.D. 18 novem-bre 1923, n. 2440.

Un cenno particolare merita l’ulteriore fatti-specie di inefficacia e di inopponibilità dellacessione all’Erario disposta dall’art. 43-bisdel D.P.R. n. 602/1973: «Il cessionario nonpuò cedere il credito oggetto dellacessione». La norma, e quindi il divieto ivienunciato, è dettata con esclusivo riferimen-to alla cessione dei crediti fiscali per impo-ste dirette e risponde ad evidenti esigenze ditutela dell’interesse pubblico a chel’Amministrazione “ceduta” sia posta ingrado di conoscere, una volta per tutte e conassoluta certezza, quale sia il soggetto ces-sionario del credito che, in ultima istanza,verrà pagato con denaro pubblico.Nulla di analogo è espressamente previstoin tema di IVA, così che è stata avanzata latesi che il divieto non operi nelle ipotesi dicessioni aventi ad oggetto eccedenze diimposta sul valore aggiunto. Sembrerebbetuttavia preferibile aderire alla tesi contraria,stante che le ragioni di interesse pubblicosottese al divieto in argomento rivestono uncarattere di tale generalità da apparire comeimmanenti all’ordinamento giuridico.Volgendo ora lo sguardo a ciò che l’Erarionon può opporre al cedente o al cessionario,occorre dar conto di come opera, nel presen-te ambito, l’istituto della compensazione.Dunque, se non è certo in discussione che ilcredito fiscale è compensabile con eventua-li carichi pendenti esistenti alla data di ces-sione, secondo le normali regole dell’art.1241 e ss., c.c., nemmeno può essere postoin dubbio che questa regola, nei casi di fal-limento o di altre procedure concorsuali,deve essere coordinata con l’art. 56 L.F.Vanno cioè stigmatizzati i tentativi, ancorareiterati da certi uffici dell’Agenzia, tesi adavvalorare la teoria di una sorta di continui-tà giuridica tra fallito e fallimento, a disca-pito delle precise regole imposte dalla leggefallimentare.Tutti i creditori (compreso l’Erario) e tutti icrediti (compresi quelli erariali) soggiaccio-no infatti alla medesima regola della falcidiaconcorsuale e, per essere pagati secondo legradazioni di legge e le percentuali statuitedal Giudice, devono essere insinuati al pas-

sivo proprio perché tutti crediti (anche quel-li erariali) devono avere pari trattamento inossequio al principio della par condicio cre-ditorum. L’art. 56 L.F. ammette la compensazioneunicamente fra debiti e crediti sorti in perio-di precedenti l’apertura della procedura,mentre la vieta tra debiti del fallito sortiprima dell’apertura del fallimento e creditimaturati durante la procedura; ciò significache per valutare la compensabilità o menodei crediti fiscali occorrerà aver riguardoalla genesi della pretesa erariale, che devefare riferimento all’anno di imposta e non aquello di iscrizione a ruolo recato nelle car-telle esattoriali (che ben può essere succes-sivo e magari coincidere con un anno infraprocedura). In tal senso, unanimi sono la giurisprudenzae la prassi ministeriale che vi ha aderito: «…la questione relativa alla compensabilitàdel debito tributario della società fallita conil credito maturato a favore della massa fal-limentare in seguito ad operazioni compiutedalla curatela dopo la dichiarazione di fal-limento… si ritiene che non possa operarela compensazione fra il credito verso il fal-lito ed il debito verso la massa… infatti leposizioni del rapporto debitorio e del rap-porto creditorio sono relative a soggettidiversi fallito - massa fallimentare… e amomenti diversi rispetto alla dichiarazionedi fallimento (anteriore il credito, posterioreil debito) con conseguente illegittimità dellaeventuale compensazione» (AgenziaEntrate, Ris. 12.08.2002, n. 279/E) (cfr.Cass. n. 10349/2003). A questo punto si pone il problema dell’in-debito rimborso: se il credito non deve esse-re rimborsato, può l’Amministrazioneopporre il rifiuto al cessionario? E verso chideve agire l’Amministrazione per recupera-re quanto indebitamente pagato?Innanzitutto va ricordato che, secondo ladisciplina civilistica della cessione, il debi-tore ceduto (quindi l’Erario) può opporre alcessionario le medesime eccezioni che puòopporre al cedente; quindi, quelle relative afatti modificativi o estintivi del rapporto,anteriori o posteriori al trasferimento, maanteriori all’accettazione della cessione oalla sua notifica o alla sua conoscenza difatto.E’ ben vero che il cessionario è legittimato

ad adire le commissioni tributarie per otte-nere la condanna dell’Amministrazione alpagamento del credito ceduto, ma il suodiritto deriva da quello del cedente.Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ingiudizio potrà opporre al cessionario sial’inesistenza dei fatti costitutivi del credito,sia i vizi della dichiarazione, sia anche i fattimodificativi od estintivi del credito anteriorialla notifica della cessione, come la notificadi un avviso di accertamento la cui maggiorpretesa ponga eventualmente nel nulla ilcredito d’imposta compravenduto (F.Tesauro, op. cit.).E se il rimborso è già stato eseguito che puòfare l’Amministrazione?Il quesito si pone perché il rimborso potreb-be risultare ex post non dovuto perché ero-gato per errore o perché, successivamente alpagamento, viene notificato un avviso diaccertamento. Ebbene, le due fattispecie sono consideratedall’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.602, che disciplina: a) il recupero dellesomme erroneamente rimborsate; b) il recu-pero delle somme “debitamente rimborsa-te”, all’epoca del rimborso, ma divenute poiindebite per effetto della sopravvenuta noti-fica di avvisi di accertamento.La notifica di un avviso di accertamento hacome destinatario naturale il contribuente-cedente ma siccome non significa certo checon la cessione del credito si ceda anche ilc.d. rapporto complesso d’imposta, perchéquesto è retto da norme di diritto pubblicoinderogabili con atti privati, dell’indebitorimborso risponde, in primis, il contribuentee ciò è confermato dall’art. 43-bis, ove siprecisa che resta ferma, nei confronti delcontribuente che cede il credito, l’applicabi-lità dell’art. 43 (F. Tesauro, op. cit.).L’art. 43-bis citato dispone però che il ces-sionario «risponde in solido con il contri-buente fino a concorrenza delle sommeindebitamente rimborsate, a condizione chegli siano notificati gli atti con i quali l’uffi-cio delle entrate o il centro di servizio pro-cedono al recupero delle somme stesse».In conclusione, e alla luce di quanto sinqui tratteggiato, non pare che vi sianooggi significativi ostacoli di ordine legi-slativo e amministrativo alla compraven-dita dei crediti d’imposta delle procedureconcorsuali.

Il tema oggetto delle presenti riflessioni traespunto dall’analisi dell’art. 2468 c.c. nelquale, a seguito della modifica operata dallegislatore della riforma (D.Lgs. n. 6 del2003), può indubbiamente dirsi contenuto ilnucleo fondamentale della disciplina dellapartecipazione sociale avvicinando il diritto

societario italiano a quello degli altri paesieuropei ed uniformandolo alle direttivecomunitarie più recenti. L’articolo in com-mento, infatti, dà ai soci la possibilità diattribuire “particolari diritti riguardantil’amministrazione della società o la distri-buzione degli utili”. Tale disposizione codi-

cistica pone interessanti spunti di riflessio-ne, tra i quali, in queste poche righe, vorreiapprofondire quello relativo alla possibilità,dopo la riforma, di parlare di “categorie diquote” o meglio di “categorie speciali dipartecipazioni”. Analizziamo dunque l’art. 2468 c.c. che, al

Le Società

Brevi cenni sui Diritti Particolari dei Soci nelle S.r.l.di Giuditta Carullo (*)

(*) Avvocato e Dottore di Ricerca in Diritto delle Società e dei Mercati Finanziari nell’Università di Bologna

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SUPPLEMENTO AL N. 5SETTEMBRE - OTTOBRE 2012de il TorresinoOrdine dei Dottori Commercialisti edegli Esperti Contabili di Bologna

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RACCONTI LA TUA RICETTA

“Sono arrivate una dopo l’altra (qualcuna anche fuoritempo massimo) perché nessuno ha voluto restareindietro. La gioiosa gara di solidarietà con le popola-zioni colpite dal terremoto della primavera 2012 èdiventata un libro di ben 176 pagine. L’idea di riunirele ricette di dottori e ragionieri commercialisti, esperticontabili ed autorità è venuta al presidente dell’OrdineGianfranco Tomassoli, ed è subito stata raccolta daiConsigli dell’Ordine e della Fondazione. Una veloceriunione organizzativa con la Minerva Edizioni per fis-sare le linee e la raccolta è cominciata, grazie anche alpaziente lavoro della Segreteria dell’Ordine (vero,Chiara?!). La messe è stata al di sopra delle più lusin-ghiere aspettative. L’idea ha “bucato” anche inAustralia (come dimostra il “Roast lamb”), ed è piaciu-ta a tante importanti personalità italiane. Siamo orgo-gliosi del fatto che nel libro troverete ricette firmate daministri della Repubblica e presidenti di Regioni;docenti universitari di fama e prefetti; alti ufficiali eresponsabili di organizzazioni economiche e sindaca-li... Oltre che tanti, tanti commercialisti che datutt’Italia hanno raccontato la loro “ricetta del cuore”,in libertà, come se la sentivano.Proprio la libertà rende più bella questa “opera collet-tiva”, che unisce centinaia di ricette, ma non è solo unricettario. Le ricette sono pubblicate come ogni autorece le ha inviate: chi con “concinnitas” tacitiana; chiricordando nonne e zie; chi spiegando e “traducendo”ingredienti tipici e tradizioni locali; chi scegliendo,oltre al vino, anche la musica da abbinare al cibo; chievidenziando puntuali consigli di esecuzione, come ilprofessionista fa con il cliente in studio; chi creandofavole per figli bambini; chi delineando sul foglio,oltre alle parole, la propria personale “madeleine”proustiana. Insomma, scrivendo ciascuno ha racconta-to se stesso e ciò che gli è caro. Ragioni di spazio cihanno impedito di pubblicare anche le foto dei piatti odelle materie prime, che molti chef ci avevano inviato,a dimostrazione della cura con cui ognuno ha rispostoall’invito dell’Ordine dei Dottori Commercialisti edegli Esperti Contabili di Bologna.Adesso al libro non resta che adempiere il compito percui è nato e per il quale i promotori hanno, ovviamen-te, lavorato gratis: circolare il più possibile, per racco-gliere fondi a pro’ delle popolazioni terremotate edandare nel mondo a raccontare che attraverso uno spa-ghetto, una polpetta o una torta di noci passano senti-menti di amicizia e di solidarietà.

Lisa Bellocchi”(Tratto dalla prefazione del libro curato

da Lisa Bellocchi, Minerva Edizioni).

DIAMO I NUMERI IN ...CUCINAPROFESSIONISTI TRA I FORNELLI

Francesco Scutellari, Presidente del Tribunale di Bologna

Lisa Bellocchi viene proclamata “Dottore Commercialista ad honorem”

Claudio Siciliotti, Presidente CNDCEC

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Angelo Tranfaglia, Prefetto di Bologna

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A E AIUTI CHI HA BISOGNO

Maria Bernardetta Chiusoli, Assessore Bilancio Provincia Bologna

Antonio Matacena, Professore Dip. Economia UNIBO

Il 25 settembre 2012, presso la Sala Conferenze “MarcoBiagi” dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degliEsperti Contabili di Bologna sì è svolta la cerimonia dipresentazione del volume “Diamo i numeri…in cucinaProfessionisti tra i fornelli” a cura di Lisa Bellocchi(Minerva Edizioni).Un libro di ricette per aiutare le popolazioni emiliane col-pite dal sisma della primavera scorsa, i cui proventi saran-no interamente devoluti a chi, soprattutto nel bolognese, hasubito danni maggiori.Nel corso della manifestazione il Presidente dell’Ordine,Gianfranco Tomassoli, ha invitato autorità e colleghiintervenuti ad illustrare ciascuno la propria “ricetta delcuore”, raccontando curiosità, aneddoti e ricordi dellapropria tradizione di cucina familiare.Al termine della serata, la curatrice del volume, nonchémadrina della manifestazione, Lisa Bellocchi, ha ricevu-to, molto simpaticamente, il titolo di “DottoreCommercialista ad honorem”, quale “segno di gratitudinee amicizia per la preziosa collaborazione e grande profes-sionalità sempre dimostrata nei confronti dell’Ordine deiDottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Bologna”. Sollecitiamo anche i nostri lettori a partecipare nume-rosi e con gran cuore a questa gara di solidarietà, ordi-nando il volume presso la Segreteria della Fondazionedei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili diBologna, al numero telefonico 051.230292. Per lerichieste da fuori Bologna è previsto l’invio con con-trassegno postale.

I SAPORI DELLA SOLIDARIETÀ

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Supplemento de il TorresinoOrdine dei Dottori Commercialisti e

degli Esperti Contabili di BolognaAnno XVIII n. 5 - Settembre - Ottorbre 2012Aut. Trib. di Bologna n. 6487 del 29.09.95Sped. in Abb. Post. L. 662 23/12/96 Art. 2 comma 20 lett.b

Direttore ResponsabileDott. Francesco CortesiIn RedazioneDott.ssa Vincenza BellettiniDott.ssa Isabella BoselliDott.ssa Elena MelandriDott.ssa Giovanna Randazzo

Proprietario ed Editore:Fondazione dei Dottori Commercialistie degli Esperti Contabili di BolognaPiazza De’Calderini, 240124 Bolognatel. 051 220392fax 051 238204

Realizzazione grafica e stampaSATE srlvia C. Goretti, 8844123 Ferraratel. 0532 765646fax 0532 765759

Bologna, settembre – ottobre 2012. Come ogni anno, dopo laparentesi del 2011 che ha visto l’Ordine e la Fondazione deiCommercialisti promotori dell’organizzazione del trentacinquesi-mo campionato nazionale, è ritornato il consueto torneo open sin-golare dei DCEC che è entrato ormai a far parte di “diritto” tra gliappuntamenti estivi dei professionisti bolognesi.La manifestazione, che si è svolta presso il CierreBi Club diBologna, ha presentato quest’anno delle gradite conferme maanche importantinovità rispetto alleedizioni degli annipassati.Partendo da questeultime, è da segna-lare che il torneo siè svolto nel mese disettembre anzichéin luglio sia perevitare il caldoafoso sia – soprat-tutto – per i nostrirelativi minoriimpegni professio-nali rispetto a quel-li che precedonol’estate.Una novità assolutaè invece rappresen-tata dall’organizza-zione del I torneoInterprofessionale Commercialisti / Avvocati.Nell’ottica di rafforzare la collaborazione con la FondazioneForense Bolognese, a sua volta organizzatrice del torneo degliAvvocati, i rappresentanti dei comitati organizzatori dei rispetti-vi tornei hanno deciso di promuovere lo svolgimento di un torneocui parteciperanno i giocatori che hanno raggiunto il migliorpiazzamento nelle rispettive competizioni. Il torneo si svolgeràverso la fine del mese di ottobre presso il Circolo Tennis Virtusdi Bologna e vedrà coinvolti 4 giocatori per il singolare maschi-le, 4 giocatrici per il singolare femminile, 2 giocatori e 2 gioca-trici per il doppio misto.Quanto alle conferme, precedenza va data alla vincitrice del tor-neo Elisabetta Baldazzi la quale, dopo un periodo di assenza, ètornata alla ribalta della competizione sconfiggendo in finale l’ot-timo Massimiliano Sensi.Il torneo si è svolto con la consolidata ed apprezzata formula deigironi preliminari e del doppio tabellone (principale e seconda-rio), che consente ad ogni giocatore di giocare almeno con quat-

tro giocatori diversi (tre nella fase preliminare ed uno nel tabello-ne di riferimento).Nella fase preliminare i partecipanti sono stati suddivisi in 6 giro-ni da quattro giocatori ciascuno, tra i quali in un’unica sera si ègiocato un mini torneo con set unico.I primi due giocatori classificati di ogni girone sono stati quin-di collocati nel tabellone principale, i secondi nel tabellonesecondario. Unica eccezione a tale regola è avvenuta in favoredel girone 6 in cui tutti e quattro i partecipanti (Diamanti,Faleo, Montanari e Stefanetti), date le capacità tecniche ed ilsostanziale equilibrio delle partite, sono stati ammessi diretta-mente al tabellone principale.Una volta completati i tabelloni, i giocatori si sono scontraticon la formula dell’eliminazione diretta in unica partita dispu-tata al meglio dei due set con “ tie break “ in luogo dell’even-tuale terzo set.Come anticipato sopra, il tabellone principale ha visto il suc-cesso di Elisabetta Baldazzi che ha sconfitto in finale

M a s s i m i l i a n oSensi.Il tabellone secon-dario è stato vintoda Luciano Paradisiche ha battuto ilcollega GiovanniNannini.Il torneo si è con-cluso venerdì 28settembre al risto-rante del CierrebiClub con la cena –cui ha partecipatoanche il Presidented e l l ’ O r d i n eG i a n f r a n c oTomassoli – e lepremiazioni dei vin-citori e partecipanti.Sul sito internetdella Fondazione si

possono visionare i tabelloni e le foto dell’evento.Con l’auspicio di annoverare sempre maggiori partecipanti – vistol’elevato numero di colleghi giocatori – Vi aspettiamo numerosil’anno venturo!

Il Comitato OrganizzatoreLuciano Paradisi

Cristina MirriStefano De Stefanis

IV TORNEO OPEN UNITARIODOTTORI COMMERCIALISTI ED ESPERTI CONTABILI

I TORNEO INTERPROFESSIONALE COMMERCIALISTI / AVVOCATI

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il Torresino

secondo comma, stabilisce che “i dirittisociali spettano ai soci in misura proporzio-nale alla partecipazione da ciascuno posse-duta” e che tale partecipazione è determina-ta in misura proporzionale al conferimento.La legge stessa prevede poi due deroghe: (i)la prima consente di modificare il rapportoproporzionale tra partecipazione e conferi-mento; (ii) la seconda riguarda l’attribuzio-ne a “singoli soci” di particolari diritti.L’art. 2468 c.c., al terzo comma, prevede lapossibilità per l’atto costitutivo di attribuirea singoli soci particolari diritti riguardantil’amministrazione della società o la distri-buzione degli utili; il riconoscimento a sin-goli soci di posizioni particolari in seno allacompagine sociale e in relazione ai due seg-menti funzionali del programma societario,attinenti alla realizzazione dello scopo-mezzo (per i diritti concernenti l’ammini-strazione della società) e/o dello scopo-fine(per i diritti concernenti la distribuzionedegli utili), può valere quale tecnica idonea,da una parte, a connotare in senso persona-listico la struttura sociale. Al tempo stesso,dall’altra, è evidente che, in una società tipi-camente priva di un mercato delle parteci-pazioni sociali (cfr. l’art. 2468, comma 1,c.c.), l’emersione di situazioni giuridichesoggettive possa inquadrarsi come la risul-tante di un processo di negoziazione tra leparti, volto ad attribuire ad alcune di essespazi di potere contrattuale utilizzabili aprotezione futura del proprio investimento,cioè come “strumento di contrattazione congli altri soci e con la maggioranza dellasocietà”1. Si agevola in questo modo, in unaprospettiva di mercato, il reperimento dinuovi soci, secondo una prospettiva analo-ga, pur nella diversità tecnica, ai diritti spe-ciali delle categorie azionarie.Neppure può trascurarsi la rilevanza che lostrumento dei particolari diritti può assume-re, ad esempio, per il socio ente pubblico,come surrogato funzionale (e invero conben maggiore ampiezza e varietà applicati-va) di altre prerogative speciali contemplatedall’ordinamento (artt. 2449 ss., c.c.), o inchiave di sbarramento avverso vicende diraggruppamento (si pensi al caso di un pote-re speciale del singolo socio di impartire,con il limite della non contrarietà all’inte-resse sociale, direttive vincolanti agli ammi-nistratori della società in ordine ai fattigestori di maggiore rilievo, idoneo pertantoa disincentivare, ben più del recesso di cuiall’art. 2497-quater, comma 1, lett. c), c.c.fenomeni di circolazione del controllo).Proprio la riconosciuta dilatazione, rispettoal passato, dei margini di intervento nego-ziale nella definizione dei rapporti tra socisolleva, però, l’esigenza di stabilire se l’or-dinamento ponga eventuali limiti, e nel casoli ponga, di quale natura ed estensione, alpotere dei privati di regolare le reciprocheposizioni contrattuali. L’opera dell’interpre-te nella ricerca di tali limiti è resa complessain primo luogo dalla tecnica legislativa uti-lizzata. È vero infatti che il modello legale

della società a responsabilità limitata sicaratterizza, in una dimensione “verticale”attinente ai rapporti tra soci e gestori del-l’impresa sociale, per l’ampia disponibilitàdell’organizzazione interna, che può dirsicapitalistica solo in senso residuale e pie-garsi ad articolazioni che prevedano una piùaccentuata, se non sistematica, incidenzadel socio nella gestione della società. Vaperò sottolineato che, in una dimensione“orizzontale” attinente ai rapporti reciprocitra i soci, la posizione individuale del parte-cipante è disegnata attraverso un complessodi norme di cui non è sempre agevole fissa-re la valenza precettiva, in mancanza sia diuna espressa statuizione di illegittimità diclausole statutarie derogatorie sia di unanorma programmatica che dichiari la natu-ra, almeno tendenzialmente, dispositivadelle regole concernenti i diritti del socio.Ma soprattutto l’interprete è destinato amuoversi tra due istanze di fondo, l’unaefficientistica, l’altra di natura equitativa,non immediatamente sovrapponibili. Per unverso, infatti, si ipotizza la partecipazionealla redazione delle regole contrattuali disoggetti razionali ed informati, qualità che èragionevole presumere nei soci di una S.r.l.,e si valorizzano i pregi intrinseci in unmodello che offre ampie possibilità per isoci di modellare e adattare la strutturasociale in funzione delle proprie mutevoliesigenze. Per altro verso, si sottolineano lecircostanze di fatto che si oppongono ad unpieno dispiegamento dell’autonomia priva-ta: la razionalità limitata degli attori econo-mici che impedisce di prevedere con esat-tezza tutte le future evenienze che potrannopresentarsi nel corso del rapporto sociale; latendenza al comportamento opportunisticoin presenza di asimmetrie informative o altrisquilibri nell’assetto iniziale di potere; lavolontà di evitare (o meglio, l’impossibilitàdi sostenere) i costi di una consulenza giu-ridica qualificata; il maturare della vicendasocietaria in un contesto di rapporti familia-ri o di amicizia la cui intensità spesso inibi-sce, sul piano psicologico, la scelta di adot-tare meccanismi deputati a governare ilconflitto, quindi l’interruzione del rapportoper il caso in cui venga meno la base di reci-proca fiducia che ne aveva animato la costi-tuzione.Potrebbe risultare utile, nell’ottica di analiz-zare le intenzioni del legislatore della rifor-ma e quindi per interpretare la ratio dell’art.2468 c.c., analizzare brevemente quantoaffermato nella Relazione al decreto diriforma con riguardo alla società a respon-sabilità limitata: “Per quanto concerne ladisciplina della partecipazione sociale,adottata con il secondo comma dell’art.2468 la soluzione indicata nella legge didelega che consente una sua attribuzione alsocio non necessariamente proporzionaleal conferimento, si è ritenuto coerente conla caratteristiche personali del tipo societa-rio della società a responsabilità limitatada un lato non prevedere la possibilità di

categorie di quote, che implicherebbe unaloro oggettivizzazione e quindi una perditadel collegamento con la persona del sociorichiesta dal primo comma, lettera a), art. 3della legge di delega, dall’altro consentirecon il quarto [rectius: terzo] comma del-l’art. 2468 che l’atto costitutivo prevedal’attribuzione a singoli soci, quindi in con-siderazione della loro posizione personale,particolari diritti concernenti sia i poterinella società sia la partecipazione agliutili”2. Sulla scorta di tale passaggio parte delladottrina tende in prevalenza ad escludereche l’autonomia privata possa differenziarela posizione dei soci ricorrendo alla creazio-ne di serie di partecipazioni omogenee, tradi loro distinte in funzione del particolarediritto del titolare. Secondo tale impostazio-ne dottrinale si tratterebbe di conclusioneimposta dalla tecnica organizzativa propriadel tipo “S.r.l.”, ove la partecipazione socia-le si presenta unitaria nel senso che “unicoè il soggetto al quale la parte e quindi ipoteri e i diritti ad essa inerenti fannocapo”3; essa non è invece di impedimentoalla creazione di quote “privilegiate”, allequali anzi, a rigore, dovrebbe sempre dareluogo la previsione statutaria di un dirittoparticolare che, per essere riconosciuto alsingolo in quanto socio, caratterizza neces-sariamente, rendendolo “speciale”, il conte-nuto della sua partecipazione. Nella pro-spettiva della quota privilegiata, la questio-ne dell’ammissibilità di categorie di parteci-pazioni nella S.r.l. si traduce in quella dellatrasmissibilità del diritto particolare. Unavolta risolto dalla legge il problema delleforme di tutela del diritto speciale, l’evoca-zione di “classi” omogenee di partecipazio-ni sociali vale essenzialmente a porre sulpiano operativo temi legati alla circolazionedel diritto: la nozione di categoria assumeinfatti il collegamento tra la quota e la par-ticolare situazione soggettiva attiva, dimodo che il trasferimento della prima rea-lizza anche la successione nella titolaritàdella seconda.Occorrerà dunque distinguere. Nel casodegli speciali diritti patrimoniali, alla sosti-tuzione del beneficiario non si oppone alcu-na istanza di adempimento personale, di talche i soci potrebbero orientarsi per la liberacircolazione del diritto unitamente allaquota. In assenza di una espressa previsioneconvenzionale al riguardo e nel vigore delprincipio della libera trasferibilità della par-tecipazione (cfr. art. 2469 c.c.), sarà que-stione di interpretazione del documento sta-tutario lo stabilire se i soci abbiano assegna-to il privilegio avendo riguardo non alla(entità della) partecipazione quanto piutto-sto alla persona del socio.Per le situazioni che esprimono esigenze dipartecipazione all’amministrazione sociale,per contro, è dubbio che la compenetrazio-ne tra la quota ed il diritto particolaresopravviva alla fattispecie traslativa. Nelsilenzio dell’atto costitutivo, infatti,

1 Così si esprime la Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 6 del 2003, a commento della nuova disciplina del recesso.2 Cfr. Relazione ministeriale, § 11.3 G. FERRI, Le società, in Trattato Vassalli, X.1, Torino, 1989 (rist.), 564 ss.

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4 Cfr. G. FERRI, Le società, in Trattato Vassalli, X.1, Torino, 1989 (rist.), 564 ss.

l’esistenza del particolare diritto lascia pre-sumere che i soci abbiano inteso attribuirlocome riconoscimento delle peculiari capa-cità o qualità personali del beneficiario: sic-ché è ragionevole supporre che la posizionegestoria si estingua per effetto della aliena-zione (o della vicenda successoria), nondiversamente da quanto si ritiene per ilsocio di società di persone preposto nel con-tratto sociale alla carica amministrativa. Maè altresì dubbio che l’autonomia privatapossa prefigurare la libera cedibilità del par-ticolare diritto amministrativo: la rispostanegativa si impone per chi ritenga che laposizione in esame, esprimendo una formu-la organizzativa nella quale la persona è

infungibile, attinge alla rilevanza di un ele-mento tipologicamente essenziale. Si deveincidentalmente rilevare che l’estinzione delparticolare diritto “gestorio” provocata daltrasferimento della partecipazione trarrà asé, nella normalità delle ipotesi, la revivi-scenza del regime legale. Così, ad esempio,il venir meno del diritto di nominare uno opiù amministratori in ragione della cessionedella quota importerà, ferma la permanenzain carica dell’amministratore a suo tempodesignato dal cedente, che alla sostituzionea scadenza provvederanno i soci ai sensidell’art. 2479, comma 2, n. 2, c.c. In ognicaso, come è facile immaginare, l’ammissi-bilità della creazione statutaria di categorie

di quote, cioè di classi di partecipazioni traloro distinte in base al riconoscimentoastratto di particolari diritti o doveri dei tito-lari, a prescindere dalla loro concreta iden-tificazione personale, è stata ampiamentedibattuta dalla dottrina e dalla giurispruden-za, senza tuttavia pervenire ad una soluzio-ne unanime.La tesi che ritiene inammissibile la creazio-ne di categorie di quote, ossia di una serie dipartecipazioni standardizzate dotate di par-ticolari diritti a prescindere dalle personeche ne sono titolari, si fonda prevalente-mente, oltre che sul generale carattere per-sonale della partecipazione sociale e sullalettera dell’art. 2468 c.c. che sembraammettere solo l’attribuzione di particolaridiritti ai soci e non la creazione di categoriedi quote, sulla Relazione ministeriale,poc’anzi citata. Si tende così ad escludereche l’autonomia privata possa differenziarela posizione dei soci ricorrendo alla creazio-ne di serie di partecipazioni omogenee, tradi loro distinte in funzione del particolarediritto del titolare, in ragione della tecnicaorganizzativa propria del tipo S.r.l. ove lapartecipazione sociale si presenta unitaria,intendendo in tal senso che “unico è il sog-getto al quale i poteri e i diritti ad essa ine-renti fanno capo”4.Dunque, fermo restando il divieto di crearecategorie di quote “serializzate”, dotate diparticolari diritti, una partecipazione specia-le diversamente strutturata non contraste-rebbe con il diritto positivo; anzi, sarebbedoverosa la creazione di quote privilegiatein quanto il diritto speciale, per sua natura,caratterizzerebbe necessariamente il conte-nuto della partecipazione.L’opinione contraria sostiene invece che idiritti particolari siano oggettivamente col-legati alla partecipazione sociale e che nonsia preclusa all’autonomia statutaria lafacoltà di creare categorie speciali di quote.L’assunto si basa sulla circostanza che nonvi è un esplicito divieto normativo in talsenso e che le uniche argomentazionitestuali vigenti si riducono nella lettera dellaRelazione ministeriale in precedenza richia-mata, che, tuttavia, non vieta espressamentesiffatta possibilità e tale intento legislativonon si è tradotto in una specifica norma. Ilcollegamento personale, peraltro, deveessere inteso solo in via tendenziale, dalmomento che sarebbe, al contrario, di diffi-cile coordinamento con le previsioni dellalibera trasferibilità delle partecipazioni edell’espropriazione della quota, rispettiva-mente ex artt. 2469 e 2471 c.c. A sostegno di quest’ultima tesi occorre sot-tolineare che la possibilità di configurarequote dotate di particolari diritti, apparecoerente con un altro principio ispiratoredella riforma e caratterizzante la nuovaS.r.l., ossia con la massima autonomia statu-taria riconosciuta ai soci, i quali sono liberidi modulare tale società così da avvicinarlasia alle società di persone sia alla società perazioni (chiuse). Il divieto di configurarequote dotate di particolari diritti potrebbeessere letto come un illecito restringimentodi tale autonomia, contrario ad uno dei prin-cipi ispiratori della riforma stessa.

Bologna, 17 ottobre 2012

Ai SignoriIscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bologna

LORO INDIRIZZI

Oggetto: “Risultato votazione dell’ ODCEC di Bologna perl’elezione del Consiglio Nazionale 2013/2016”.

Care Colleghe e Cari Colleghi,

Vi comunico il risultato della votazione, tenutasi il 15 ottobre u.s. presso la sededell’Ordine, per le elezioni del Consiglio Nazionale 2013/2016.

La componente dei Dottori Commercialisti su richiesta dei Dottori GianfrancoBarbieri, Maurizio Govoni e Luca Tommasini ha chiesto, così come previsto dalregolamento, il voto segreto. Risultato: cinque voti per la lista del Dottore Commercialista Claudio Siciliotti ecinque voti per la lista del Dottore Commercialista Gerardo Longobardi.In base al regolamento elettorale il voto dei Dottori Commercialisti non vieneattribuito a nessuno dei due candidati.

La componente Ragionieri Commercialisti ha votato con voto palese. E’ risultata votata all’unanimità, cinque voti su cinque, la lista del RagioniereCommercialista Davide Di Russo.

Cordiali saluti e buon lavoro.

Il Presidentef.to (Dott. Gianfranco Tomassoli)

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L’ultimo anno è stato caratterizzato dafortissime tensioni sui mercati internazio-nali che hanno investito molto duramentele condizioni rispetto alle quali le nazionifinanziano la propria posizione debitoria.Come è noto, il nostro paese insieme aSpagna e Grecia è stato severamente col-pito da un’attività di speculazione inter-nazionale che come primo effetto haavuto quello di aggravare l’onere medioper il finanziamento del disavanzo pubbli-co, con tutte le conseguenze del caso. Nelprosieguo cercheremo di comprendere inprimo luogo le ragioni di questa forte ten-sione, ma soprattutto cercheremo di inda-gare quali possano essere le conseguenzedelle recenti decisioni intraprese a livelloEuropeo, che permetteranno alla BancaCentrale Europea di utilizzare fondi conl’obiettivo di arginare la speculazione suititoli di stato dei paesi membri.Procedendo con ordine, vale la pena diricordare la situazione internazionalecomplessiva all’incirca alla metà del2011.La grandissima parte dei paesi occidentaliera ancora alle prese con il tentativo diapprontare misure di politica economicaidonee all’uscita dalla feroce crisi finan-ziaria che si era scatenata nel corso del2007. In questo contesto, le misure preva-lentemente intraprese dalla maggior partedelle economie occidentali hanno avutoun forte impatto sul saldo complessivo deibilanci pubblici. Massicci sgravi fiscali,interventi sociali, nazionalizzazioni delsettore bancario: tutti elementi che produ-cono un forte impatto sulla stabilità com-plessiva dei bilancio pubblici di tutte leprincipali economie mondiali. Se a ciò siaggiunge la forte recessione che comportacrescenti difficoltà nel reperimento delgettito fiscale a causa di un persistentecalo del PIL, ecco che un combinatodisposto di seri rischi per il reperimentodi risorse al fine di tamponare le milleemergenze si presenta sul tappeto. Ilpunto di partenza, dunque, è la recessionee la conseguente necessità di implementa-re azioni al fine di ridurne l’impatto sul-l’economia reale. Da questo punto di vistala realtà dei numeri evidenzia la difficoltàdella situazione: nel giro di pochi anni, ilrapporto debito/PIL di tutte le economie èsalito in modo assai ragguardevole. Bastipensare che gli USA all’inizio della crisifinanziaria mostravano un rapporto debi-to/PIL attorno al 50 per cento, che oraveleggia ad una posizione oltre il 100 percento. Il debito pubblico della Grecia,giudicato insostenibile dai mercati inter-nazionali, al momento della crisi più pro-

fonda era pari al livello del 140 per cento. Ora, tali valori sono espressi in misurapercentuale sul PIL e, in termini assolutiimplicano un livello di indebitamentodelle singole economie molto elevato, conun conseguente bisogno di rifinanziamen-to della posizione debitoria costante ed increscita nel corso del tempo. Si pensi, adesempio, al livello di debito pubblicodegli USA: un 100 per cento del rapportodebito/PIL per questa economia implicauno stock elevatissimo di debito emessoin circolazione, incredibilmente elevato esuperiore a quella di ogni altra economiamondiale. Ciò pone ciascun paese nellanecessità di assicurare un costante finan-ziamento del proprio debito pubblico,pena il rischio di una crisi finanziaria. Inquesto contesto, dunque, si inseriscono igiudizi delle agenzie di rating, che hannoil compito di individuare l’affidabilità deidebitori. Come sappiamo, tali agenzie congiudizi spesso sommari hanno generatouna serie di tensioni enormi sui mercatiche hanno provocato una crescita incon-trollata dei rendimenti sui titoli di stato.L’ormai famigerato ‘spread’, riflette larischiosità media di un titolo di stato ita-liano nei confronti dei titoli considerati inassoluto meno rischiosi, quali sono, adesempio, i titoli emessi dalla Germania.Al crescere dello spread, aumenta il pre-mio al rischio che gli investitori doman-dano per coprirsi da eventuali perdite inconto capitale. Maggiore è lo spread, piùelevato è l’onere per interessi passivi cheil nostro paese si trova a dover corrispon-dere sui titoli di stato. Su questo punto ènecessario essere precisi: il differenzialetra i rendimenti riguarda una particolaris-sima caratteristica E’ bene essere precisial riguardo: il differenziale di rendimentoriguarda una particolarissima forma dititoli di stato che è rappresentato dai titolia 10 anni emessi sia dall’Italia che dallaGermania, che rappresentano il ben-chmark di riferimento per i titoli di stato.Un differenziale persistentemente elevato(superiore ad un valore soglia del 5,5 percento, o 550 punti base) comporterebbeun graduale rifinanziamento di tutto ildebito pubblico ad un costo talmente ele-vato che le durissime manovre finanziarierecentemente adottate risulterebberoassolutamente vanificate dalla maggiorespesa per interessi passivi. Certamente l’Italia nel corso degli ultimianni non ha brillato per cercare di conte-nere la spesa pubblica. Il dibattito suglisprechi è talmente parte dei discorsi quo-tidiani che non ha davvero senso ripeterloin questa sede. Tuttavia, vale la pensa di

ricordare come il nostro paese abbia com-piuto nel corso degli ultimi anni una seriedi manovre finanziarie pari a circa 60punti percentuali di PIL, che avrebberopotuto – in presenza di un maggior con-trollo della spesa pubblica – abbattere illivello del debito in misura assai conside-revole. Ciò che colpisce della natura della crisiche stiamo vivendo, però, è un combinatodisposto di inerzia politica e situazione digrande difficoltà dei mercati internaziona-li. Da un lato, infatti, l’Italia appare ingravi difficoltà nel riportare in modo defi-nitivo tutto il complesso dei conti pubbliciin sicurezza. Dall’altro, però, l’Italiamostra notevoli possibilità di far frontealla lunga serie di emergenze che si trovaa dover fronteggiare. Infatti, la strutturaindustriale versa in uno stato di salutemigliore che nel complesso delle altreeconomie europee e la struttura della ric-chezza privata è certamente più solido:segno che è possibile attuare il risana-mento. Prima di ritornare sulla scelta delle stra-tegie adottate per fronteggiare la gravecrisi, è opportuno chiarire alcuni aspettirelativi al confronto internazionale.Come si diceva poc’anzi, la crisi hacostretto tutte le economie del mondooccidentale a massici interventi pubbliciche hanno portato ad una crescita dellivello complessivo dell’indebitamentostatale. Evidentemente, ciò comporta unmassiccio afflusso sul mercato di titolipubblici che devono trovare una doman-da certa. Per assicurare una costantedomanda ad un’offerta di titoli pubblicicosì massiccia, è necessario che vi siaun’attenta caratterizzazione della qualitàdegli emittenti. Gli emittenti che sonoconsiderati di buona qualità avranno lacertezza di riuscire a collocare sul merca-to la quantità desiderata di titoli. In que-sto contesto, le agenzie di rating hannoun ruolo fondamentale, dal momento cheil loro giudizio influenza in manieradeterminante l’appetibilità dei titoliemessi da questo o quell’emittente. Ora,viene naturale chiedersi, qual è la realesituazione degli emittenti, intesi comestati sovrani? Se consideriamo con atten-zione i dati del debito pubblico relativialle economie più sviluppate, osserviamoche la situazione dell’Italia non è neces-sariamente da considerarsi come le peg-giore. In effetti, se consideriamo la situa-zione degli USA, ad esempio, osservia-mo che i dati ufficiali sul rapporto debi-to/PIL non includono lo stock di indebi-tamento locale, in capo ai singoli stati e

D’Attualità

La crisi sui mercati internazionali: una visioned’insieme di Massimiliano Marzo (*)

(*) Professore Associato di Macroeconomia nell’Università degli Studi di Bologna.

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comunità locali (contee e comuni). InEuropa, e, per l’Italia in particolare, ilcalcolo del debito pubblico comprendetutto quanto è emesso dal settore gover-nativo (locale o centrale) nonché i debiticontratti dalle agenzie governative garan-titi al 100 per cento. Se utilizzassimo ilmedesimo criterio anche per gli USA,scopriremmo che il totale del rapportodebito/PIL assomma a circa il 170 percento. Se si pensa che: i) la Grecia èandata praticamente in default con il 140per cento; (ii) il valore assoluto dellostock di debito pubblico US è veramenteincredibile, dal momento che tutte lemisure ora discusse sono in rapporto alPIL, che, per gli USA, è evidentementeun dato enorme. Ma non è finita qui. Apartire dall’ottobre 2008 Fannie Mae eFreddie Mac, le agenzie governative sta-tunitensi che hanno il ruolo di acquistarele obbligazioni strutturate dal settorebancario aventi come sottostante garan-zie immobiliari, sono passate sotto lagaranzia del Tesoro USA al 100 percento. Prima di allora la garanzia non eratotale, ma parziale. Ora, si stima cheFannie e Freddie detengano nei lorobilanci qualcosa come 3000 miliardi didollari di obbligazioni (ABS-CDO, AssetBacked Securities – Collateralized DebtObligation). Purtroppo, si stima che circail 50 per cento di tale massa di debiti siacostituita da garanzie immobiliari insuf-ficienti, essendo tali obbligazioni emessecome risultato di cartolarizzazioni di cre-diti di tipo subprime. Per essere più con-creti, ciò significa che nel futuro potràessere necessario che il Tesoro USA siacostretto ad emettere titoli del debitopubblico per rifinanziare la posizionedelle agenzie governative di sua proprie-tà. E’ evidente, allora, che una situazionedel genere non è facilmente sostenibilenel lungo termine. Se dunque adattassi-mo agli USA i medesimi criteri di solvi-bilità che vengono applicati all’Italiaall’interno dell’Unione Europea, è quan-

tomeno dubbio immaginare che gli USApossano mantenere il rating pari alla tri-pla A, dal momento che il rapporto debi-to/PIL sarebbe oltre il 170 per cento. Vaaltresì riconosciuto che l’Italia ha giàintrapreso un percorso di risanamentoeconomico finanziario, mentre negliUSA questo percorso è assai al di là davenire e l’opinione pubblica americanavedrebbe come ‘socialisti’ provvedimen-ti di crescita della pressione fiscale, chesarebbero più motivati dalla necessità distabilizzare il rapporto debito/PIL piut-tosto che per attuare vere proprie politi-che redistributive. Un ulteriore elemento di fragilità è rap-presentato dal collocamento del debitopubblico: per quanto riguarda l’Italia,oggi circa il 70 per cento del debito ènelle mani di investitori nazionali, mentreper gli USA, la gran parte del debito sitrova investito presso la Banca CentraleCinese. Per queste e molte altre ragioni, il nostropaese non si è meritato un rialzo del costodi finanziamento del debito così elevato.Questa situazione si è creata anche graziealle massicce vendite di titoli emessi dalnostro paese presenti l’anno scorso(all’inizio della crisi) nei portafogli deigrandi fondi americani, ben consapevolidel fatto che – vendendo – il prezzo deibond italiani sarebbe diminuito ed il ren-dimento aumentato, facendo così risaltare(in modo a dir il vero artificiale) lamigliore qualità dei titoli emessi dalgoverno USA. La conseguenza più negativa per noi,riguarda l’impatto che si è determinatosul mercato del credito interno. Infatti, lebanche italiane sono ora tra i maggioridetentori di titoli pubblici. In base alleregole di “Basilea 3”, il rialzo dello spre-ad comporta maggiori assorbimenti patri-moniali da parte delle banche, che sonoin teoria necessari per evitare possibilifenomeni di deterioramento degli attividovuti a perdite. Ciò implica una restri-

zione creditizia abnorme che è all’originedella nostra recessione. Ora il risanamento: la letteratura scientifi-ca più accreditata mostra come i casi dimaggior successo di risanamento finan-ziario si sono verificati grazie ad una seriedi restrizioni dal lato della spesa e noncon una maggiore imposizione fiscale.Purtroppo, le restrizioni di bilanciorichiedono misure di lungo periodo, e nelbreve termine solo una maggiore pressio-ne fiscale può aiutare. Il governo Monti siè così trovato di fronte ad una stradaobbligata e tutta in salita. Tuttavia, un percorso virtuoso di risana-mento della finanza pubblica deve essereaccompagnato da una politica monetariaaccomodante: esattamente ciò che ci èmancato nel corso dell’ultimo anno. Equesto rappresenta la seconda ragione delmotivo per cui gli spread sono stati cosìelevati: i mercati internazionali dei capita-li hanno percepito che la Banca CentraleEuropea non era in grado di funzionarecome una qualunque banca centrale delmondo come prestatore di ultima istanza.Ora, grazie alle recenti riforme poste inessere, la BCE può acquistare titoli emes-si da stati sovrani sul mercato secondarioin ottemperanza alla salvaguardia dellastabilità finanziaria nell’Eurozona. Il futuro? Sicuramente la ‘botta’ dell’ulti-mo anno fatta di rialzo di pressione fiscalee di assenza totale di credito avrà effettisulla crescita ancora per almeno due tri-mestri. Dopo, se la BCE continuerà nelleazioni di immissione di liquidità, potran-no attenuarsi gli effetti negativi sullarestrizione creditizia e potremmo ragione-volmente pensare di uscire dal tunnel. Apatto, però, che le azioni di risanamentostrutturale della finanza pubblica prose-guano e siano incrementate: riduzionedrastica degli sprechi ed un recupero nelrapporto fisco/contribuente che sia orien-tato davvero al risultato (recupero gettitoe regolare pagamento del giusto dovuto) enon alla vessazione.

PremessaAlla fine, dopo anni passati a varare decreticompetitività, sviluppo, crescita, salvaItalia e altro, il Legislatore si è accorto diaver per lungo tempo dimenticato di ade-guare la normativa tributaria in tema dicrisi d’impresa ai rilevanti mutamenti cheesso stesso, fin dal 2005 (con il D.L. n.135/2005, poi seguito dalla vera e propriariforma della legge fallimentare introdottacon il D.Lgs. n. 5/2006 a più riprese inte-grata e modificata), aveva introdotto.Meglio tardi che mai, si potrebbe dire,anche se in questi anni la disomogeneitàfra norme “civilistiche” e disposizioni

fiscali ha contribuito a scoraggiare il ricor-so agli strumenti maggiormente innovativinati con il riordino del diritto concorsuale.Il problema è che forse ci troveremo a diretardi e male.Le tanto attese novità sono finalmentegiunte con il D.L. n. 83/2012, convertitocon L. n. 134/2012, denominato decretosviluppo (a memoria di chi scrive, il quintoin 5 anni… e già se ne profila uno nuovo),che all’art. 33, oltre ad aver ulteriormenteemendato la legge fallimentare per render-la ancor più funzionale al salvataggio dirami aziendali (si pensi ad esempio alledisposizioni sul concordato in continuità),

ha introdotto modifiche al testo unico delleimposte sui redditi (TUIR), per lo più voltea rendere maggiormente appetibili gliaccordi di ristrutturazione ex art 182-bis,L.F. e i piani attestati ex art. 67, comma 3,lett. d), L.F., ma anche ad ampliare le pos-sibilità di deduzione dei crediti inesigibili.Sebbene non ne sia stata esplicitata ladecorrenza, si ritiene che le nuove disposi-zioni entrino in vigore nel periodo d’im-posta in corso alla data di conversione deldecreto e quindi, con riferimento alleimprese con esercizio coincidente all’annosolare, a partire dal periodo d’imposta2012.

Le Procedure

Novità fiscali in tema di crisi d’impresadi Matteo Rossi

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✒ Sopravvenienze attive da concordati,accordi di ristrutturazione e pianiattestati Il comma 4 dell’art. 33 del decreto svilup-po 2012 ha riformato il comma 4 dell’art88 del TUIR, disponendo che “non si con-siderano sopravvenienze attive (…) lariduzione dei debiti dell’impresa in sede diconcordato fallimentare o preventivo oper effetto della partecipazione alle perdi-te da parte dell’associato in partecipazio-ne. In caso di accordo di ristrutturazionedei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n.267, ovvero di un piano attestato ai sensidell’art. 67, terzo comma, lettera d), delregio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pub-blicato nel registro delle imprese, la ridu-zione dei debiti dell’impresa non costitui-sce sopravvenienza attiva per la parte cheeccede le perdite, pregresse e di periodo,di cui all’articolo 84”.La novella ha sostanzialmente ricono-sciuto la non imponibilità delle soprav-venienze attive da riduzione dei debitinon solo alle imprese in concordato falli-mentare e preventivo ma anche a quelleoggetto di accordo di ristrutturazione odi piano attestato.Per queste ultime due fattispecie ha tut-tavia fissato alcuni paletti, e cioè:- la previsione di omologa per l’accordo

di ristrutturazione e la pubblicazionenel registro delle imprese per il pianoattestato;

- la non imponibilità delle sopravvenienzeper la sola parte che eccede le perditefiscali del periodo d’imposta e di quelliprecedenti.

La necessità di omologa è ovviamenteconnessa all’esigenza che l’accordo ex art.182-bis acquisisca efficacia.Quanto alla pubblicazione del piano atte-stato, si tratta di una facoltà introdottasempre dall’art. 33 del D.L. n. 83/2012, ilcui comma 1, lett. a), ha riformulato l’art.67, comma 3, L.F., consentendo al debito-re di ottenere quegli elementi di certezzanecessari sul piano fiscale per godere delregime di non imponibilità della sopravve-nienza attiva.In applicazione del principio di competen-za fiscale ex art. 109, TUIR, la detassazio-ne dovrà avvenire con variazione in dimi-nuzione del reddito della parte non impo-nibile della sopravvenienza, da porre inessere in sede di dichiarazione ModelloUnico relativa al periodo d’imposta in cuil’accordo ex art. 182-bis è stato omologato(con deposito del decreto emesso dal tri-bunale competente) ovvero il piano ex art.67 (e con esso i relativi accordi sottoscritticon i creditori nonché l’attestazione adopera del professionista indipendente) èstato pubblicato sul registro delle imprese.Entrando invece nel merito della franchi-gia di imponibilità corrispondente alleperdite fiscali pregresse e di periodo, aparere di chi scrive si tratta di una limita-zione non coerente con le finalità perse-guite dal decreto sviluppo 2012 ed in par-ticolare con quelle ricavabili dalla letturadell’art. 33 nel suo insieme, peraltro

“aggravata” dalle penalizzanti disposizio-ni sul riporto delle perdite fiscali introdot-te con il D.L. n. 98/2011 convertito con L.n. 111/2011, secondo le quali le suddetteperdite possono essere utilizzate in dimi-nuzione dell’imponibile IRES in misuranon superiore all’80% di questo.Per meglio comprendere il limitato impat-to della novella, si propone il seguenteesempio:- perdite fiscali pregresse, euro 100;- imponibile fiscale al lordo della disposi-

zione agevolativa, euro 70;- sopravvenienza attiva da accordo ex art.

182-bis, euro 80.Applicando la lettera della norma, lasopravvenienza (euro 80) verrebbe intera-mente tassata in quanto inferiore alle per-dite fiscali pregresse (euro 100), l’imponi-bile IRES ante riporto delle perdite rimar-rebbe pari a euro 70, mentre a seguito delriporto delle perdite di euro 56 (pariall’80% dell’imponibile IRES) residue-rebbero un imponibile IRES di euro 14 eperdite fiscali “a nuovo” di euro 44.Insomma, nel caso di specie l’effetto age-volativo risulta del tutto nullo.Ovviamente, la massima fruibilità delnuovo art. 88, comma 4, TUIR, sarà per leimprese prive di perdite fiscali pregresse equindi, ipoteticamente, quelle per le qualila crisi si è manifestata improvvisamente,oppure (come spesso accade) le impreseche avendo occultato perdite per non incor-rere negli obblighi ex art 2447-2482-ter,c.c., hanno conseguentemente dichiaratoredditi imponibili positivi. In conclusione,ad essere maggiormente penalizzati potreb-bero essere gli imprenditori più corretti.Ci si augura un’interpretazione dellanorma più elastica, che preveda almeno lasostanziale compensazione tra le soprav-venienze e le perdite pregresse (senzaquindi applicare la limitazione dell’80%rispetto al reddito imponibile) ma, obietti-vamente, il sentiero per giungere a tale let-tura appare alquanto stretto, per non direchiuso, alla luce di un sistema di normeche disciplina le modalità di formazionedel reddito imponibile e di scomputo delleperdite piuttosto chiaro e poco aperto ainterpretazioni creative.Quanto alla decorrenza della norma incommento, si è accennato come essa siaapplicabile a decorrere dal periodo d’im-posta in corso alla data di conversione deldecreto e quindi, sostanzialmente, dall’an-no d’imposta 2012; tuttavia, mentre tuttigli accordi ex art. 182-bis omologati nel2012 potranno fruire dell’agevolazione,poche imprese oggetto di piano ex art. 67,comma 3, lett. d), predisposto nel 2012,godranno della disposizione di favore; ciòperché la pubblicazione sul registro delleimprese è prevista solo per i piani elabora-ti a partire dal trentesimo giorno successi-vo a quello di entrata in vigore della leggedi conversione del decreto, quindidall’11/09/2012.

Deducibilità dei crediti inesigibiliIl comma 5 dell’art. 33 del decreto svilup-po 2012 ha integralmente modificato l’art.

101, comma 5, del TUIR, prevedendo che“Le perdite su crediti sono deducibili serisultano da elementi certi e precisi e inogni caso (…) se il debitore è assoggettatoa procedure concorsuali o ha concluso unaccordo di ristrutturazione dei debiti omo-logato ai sensi dell’art. 182-bis del regiodecreto 16 marzo 1942, n. 267. Ai fini delpresente comma l’imprenditore si conside-ra assoggettato a procedura concorsualedalla data della sentenza dichiarativa delfallimento o del provvedimento che ordinala liquidazione coatta amministrativa odel decreto di ammissione alla proceduradi concordato preventivo o del decreto diomologazione dell’accordo di ristruttura-zione o del decreto che dispone la proce-dura di amministrazione straordinariadelle grandi imprese in crisi. Gli elementicerti e precisi sussistono in ogni cosoquando il credito sia di modesta entità equando sia decorso un periodo di sei mesidalla scadenza di pagamento del creditostesso. Il credito si considera di modestaentità quando ammonta ad un importonon superiore a 5.000 euro per le impresedi più rilevante dimensione di cui all’arti-colo 27, comma 10, del decreto legge del29 novembre 2008, n. 185, convertito, conmodificazioni, dalla legge 28 gennaio2009, n. 2, e non superiore a 2.500 europer le altre imprese. Gli elementi certi eprecisi sussistono inoltre quando il dirittoalla riscossione è prescritto. Per i soggettiche redigono il bilancio in base ai principicontabili internazionali (…) gli elementicerti e precisi sussistono inoltre in caso dicancellazione dei crediti dal bilancio ope-rata in dipendenza di eventi estintivi”.In estrema sintesi, il nuovo comma 5dell’art. 101 del TUIR dispone:- l’inserimento, tra le fattispecie per le

quali sussistono in ogni caso gli elementicerti e precisi di inesigibilità del credito,degli accordi di ristrutturazione omolo-gati ex art. 182-bis;

- la fissazione di specifiche fattispecie dideducibilità, valide a prescindere dall’as-soggettamento del debitore a proceduraconcorsuale ovvero accordo di ristruttu-razione omologato, legate alla modestaentità del credito (scaduto), ovvero allacircostanza che il credito sia prescritto oinfine (per le imprese che applicano gliIAS) alla sussistenza di eventi estintiviche determinano la cancellazione delcredito.

Stupisce che il Legislatore non abbiaricompreso il piano attestato ex art. 67,comma 3, lett. d), pubblicato presso ilregistro delle imprese, tra gli strumenti didefinizione della crisi tali da realizzarequegli elementi certi e precisi necessarialla deduzione delle perdite su crediti.Non si vede infatti, per le aspettative deicreditori, quale differenza passi tra questoistituto e l’accordo ex art. 182-bis, consi-derando peraltro che l’altra importantenovità che ha interessato la disciplinafiscale sulla crisi d’impresa, vale a dire laparziale detassazione delle sopravvenien-ze attive da riduzione dei debiti, ha perfet-tamente parificato i piani attestati agli

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Hanno collaborato a questo numero e gentilmente ringraziamo:

Giovanni CalicetiGiuditta Carullo

Massimiliano MarzoMariangela Latella

Giacomo Lucino

il Torresino

ORDINEDEI DOTTORI COMMERCIALISTIE DEGLI ESPERTI CONTABILI

DI BOLOGNA

Anno XVIII n. 5 Settembre/Ottobre 2012Aut. Trib. di Bologna n. 6487 del. 29.09.95

Sped. in Abb. Post. L. 662 23/12/96 An. 2 comma 20 lett. b

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accordi di ristrutturazione.Ai fini della corretta applicazione dellanorma in commento è necessario indivi-duare il periodo d’imposta cui imputare ladeduzione della perdita.A questo proposito, con riferimento ai cre-diti nei confronti di imprese assoggettate aprocedura concorsuale o che hanno sotto-scritto accordo di ristrutturazione omolo-gato, va evidenziato come la perdita vadadedotta nell’esercizio in cui sia statodichiarato il fallimento del debitore, ovve-ro decretata l’ammissione al concordatopreventivo (e non la sua omologazione) oinfine omologato l’accordo di ristruttura-zione dei debiti.La stessa attenzione al periodo d’impostacui imputare la deduzione fiscale va riser-vata anche ai casi di perdita su creditiverso imprese non oggetto di proceduraconcorsuale (o accordo ex art. 182-bis),infatti:- le perdite su crediti di modesta entità

devono essere dedotte nell’esercizio incui si completa il periodo di sei mesi suc-cessivi alla scadenza;

- le perdite su crediti prescritti sono dedu-cibili nel periodo d’imposta nel qualematura la prescrizione;

- le perdite per crediti cancellati (in caso di“imprese IAS”) sono deducibili nelperiodo d’imposta in cui si manifestanogli eventi estintivi che determinano lacancellazione secondo quanto dispostodai principi contabili internazionali.

La necessità di individuare con esattezza ilperiodo d’imposta nel quale maturano glielementi certi e precisi ovvero le circo-stanze che, al di fuori dell’assoggettamen-to a procedura concorsuale, consentono didedurre i crediti di modesta entità, pre-scritti ovvero cancellati, deriva da un con-solidato orientamento giurisprudenziale(in ultimo la sentenza n. 9218/2011 dellaCorte di Cassazione, Sez. V Civile) secon-do cui l’imprenditore non dispone di alcu-na discrezionalità circa l’esercizio nelquale dedurre le perdite su crediti ma deveattenersi strettamente al principio di com-petenza ex art. 109 del TUIR.

Considerazioni conclusiveA parere di chi scrive, il Legislatore, alme-no sul fronte tributario, ha perso un’altraoccasione per favorire concretamente ilricorso a procedure che, in un quadro digravissima congiuntura economica comequello che stiamo vivendo, siano in gradodi conservare almeno in parte valori azien-dali e livelli occupazionali, e ciò non soloin relazione alle troppo timide aperturesulla intassabilità delle sopravvenienze

attive o sulla deducibilità delle perdite sucrediti. Ancor più grave, infatti, appare ilmancato approccio sistemico sul pianodella necessaria armonizzazione delledisposizioni fiscali nell’ambito della crisid’impresa, ben visibile osservando ildiverso trattamento riservato a identichesituazioni nell’ambito dei vari istituti pre-visti dalla legge fallimentare.In primo luogo, appare inspiegabile comemai alla (seppur parziale) non imponibilitàdelle sopravvenienze attive derivanti dariduzione di debiti introdotta per gli accor-di di ristrutturazione e per i piani attestati,prevista nella nuova versione dell’art. 88,comma 4, TUIR, non sia stato abbinato unanalogo intervento sulle plusvalenze dacessione dei beni ex art. 86, comma 5,TUIR, le quali, in assenza di alcuna modi-fica, restano non imponibili se realizzatein esecuzione di un concordato preventivoma sono integralmente tassate se conse-guite nell’ambito di accordi ex art. 182-bisovvero piani ex art. 67.In secondo luogo, come si è affermato inprecedenza, lascia perplessi la mancatapossibilità, per i creditori che hanno sotto-scritto accordi con imprese che hanno pre-disposto e pubblicato un piano attestato, didedurre l’importo dei crediti rinunciatiquando la stessa facoltà è stata riconosciu-ta nell’ambito degli accordi di ristruttura-zione. Non si capisce perché i due stru-menti di definizione della crisi siano per-fettamente assimilabili per l’impresa debi-trice in sede di applicazione della normaex art. 88, comma 4, TUIR, mentre non losiano per i creditori nel momento in cuirinunciano a parte dei propri crediti.In ultimo, appare non condivisibile il man-cato intervento sull’art. 26 del D.P.R. n.633/1972, che lascia quindi inalterate lepossibilità di recupero dell’IVA, limitateai crediti nei confronti di imprese sottopo-ste a procedure concorsuali (attraversol’emissione di nota di variazione), esclu-dendo conseguentemente la detrazionedell’imposta nel caso di crediti versoimprenditori che hanno concluso unaccordo di ristrutturazione poi omologatoovvero depositato un piano attestato. Sulpunto va peraltro segnalata l’evidente con-traddizione ricavabile dalla lettura delnuovo art. 101, comma 5, TUIR, che alprimo periodo distingue l’accordo diristrutturazione dalle procedure concor-suali ma al periodo successivo dicetestualmente che l’imprenditore si consi-dera assoggettato a procedura concorsua-le dalla data della sentenza dichiarativadel fallimento (…) o del decreto di omolo-gazione dell’accordo di ristrutturazione.

Se quindi ai fini fiscali l’accordo di ristrut-turazione rappresenta una procedura con-corsuale ne dovrebbe conseguire che l’art.26 del D.P.R. n. 633/1972 vada applicatoanche a tale fattispecie. Si ritiene tuttaviacome detta ultima disposizione sia frutto,come spesso accade, di un refuso, anchese fa specie dover notare una così palesecontraddizione nell’ambito dello stessocomma (sic!).Ad oggi, trascorsi ben sei anni dalla rifor-ma della legge fallimentare, urge quindiancora una disciplina tributaria che siaquanto meno coerente con gli istituti intro-dotti e le loro finalità.

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