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Piana del Sole speciale San Valentino 2016 - 1 Associazione di Promozione Sociale P.zza Porta Vescovo, 12 Fondi Tel/fax 0771513544 - 3297764644 e-mail: [email protected] SPECIALE SAN VALENTINO 2016 “Ubi tu Gaius ego Gaia”. “Dove tu Gaio, io sarò Gaia”. In questo numero speciale: * C’eravamo tanto amati * La festa dell’Amore * Il sentimento primaverile dell’amore * Ci sono, ci servono, ma restano invisibili * Il primo bacio non si scorda mai! * Standing ovation per Carlo Carlevale “Persona dell’anno” 2015 * I Giubilei al tempo dello Scisma d’occidente

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Piana del Sole speciale San Valentino 2016 - 1

Associazione di Promozione SocialeP.zza Porta Vescovo, 12

FondiTel/fax 0771513544 -

3297764644e-mail: [email protected]

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“Ubi tu Gaius ego Gaia”. “Dove tu Gaio, io sarò Gaia”.

In questo numero speciale: * C’eravamo tanto amati

* La festa dell’Amore

* Il sentimento primaverile dell’amore

* Ci sono, ci servono, ma restano invisibili * Il primo bacio non si scorda mai!

* Standing ovation per Carlo Carlevale “Persona dell’anno” 2015

* I Giubilei al tempo dello Scisma d’occidente

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Da “Racconto della Fondanità” di Fabio Liguori. Pubblicazione del maggio 2011 curata da Virginio Palazzo.

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I ragazzi che si amanoPoesia di Jacques Prévert

I ragazzi che si amano si baciano in piediContro le porte della notteE i passanti che passano li segnano a ditoMa i ragazzi che si amanoNon ci sono per nessunoEd è la loro ombra soltantoChe trema nella notteStimolando la rabbia dei passantiLa loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidiaI ragazzi che si amano non ci sono per nessunoEssi sono altrove molto più lontano della notteMolto più in alto del giornoNell’abbagliante splendore del loro primo amore

Pablo Neruda

“Sonetto XVII”Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazioo freccia di garofani che propagano il fuoco:t’amo come si amano certe cose oscure,segretamente, tra l’ombra e l’anima.T’amo come la pianta che non fiorisce e recadentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpoil concentrato aroma che ascese dalla terra.T’amo senza sapere come, né quando, né da dove,t’amo direttamente senza problemi né orgoglio:così ti amo perché non so amare altrimentiche così, in questo modo in cui non sono e non sei,così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno

«La festa dell’Amore» è tra-dizione rispettabile, capa-ce di riportare al grande

valore dell’Amore.L’Amore è la principale vocazione

umana che accompagna tutti, in ogni fase della vita.

Ma oggi – nel capovolgimento dei va-lori – si avverte un impoverimento della sfera affettiva, come una incapacità di dare e ricevere amore e una intolleranza al rapporto.

Ciò indebolisce la componente uma-na, nega legami forti e crea le basi di una nuova povertà... la solitudine!

L’Amore è base di certezze e argine alla solitudine...

Il sentire profondo, la disponibilità del cuore – l’Amore – va oggi quasi scomparendo, anche nelle belle storie

sentimentali di cui sono capaci i giova-ni...: Il grande capi-tale umano, il punto più delicato della so-cietà di tutti i tempi. Capaci di Amore e di sogni... e i cui sogni

non hanno confini!Nei costumi della modernità è cam-

biata anche la visione della sessualità. Importante componente umana che – correttamente – include l’uso di cuore, mente e corpo.

È stata però, miseramente, talvolta ridotta, ad una facile offerta di... sesso senza amore! Con uso e abuso del cor-po.

Pertanto, ciò riduce l’intesa solida e porta all’indifferenza o, spesso, ai fre-quenti fallimenti sentimentali... mo-derni. È, intanto, evidente una latitanza educativa della Famiglia di oggi.

In casa si impara ad amare, la fatica della relazione, dell’andare d’accordo, dell’accettarsi, comprendersi, perdo-narsi!...

Attualmente sono cambiate le mo-

dalità educative, con una visione per-missiva dell’educazione. Tra genitori indaffarati, spesso assenti e compiacen-ti...

Eppure frequenti, le penose storie di “genitori in lite tra loro”... Queste fe-riscono profondamente la capacità af-fettiva dei figli, nel sentirsi traditi e abbandonati... da uno dei due... che essi pur amano ugualmente.

L’Amore è l’unica forza che conta!E va ritrovata: nel vagito del bambi-

no, nel bel sorriso dei piccoli, nel gran-de cuore degli adolescenti, sei sogni dei giovani, negli anziani soli, desiderosi di una voce amica...

E anche nella coppia frantumata che – perduta sicurezza e coraggio – si av-via ansiosa verso... nuove improbabili certezze...

E la famiglia: torni ad essere la depo-sitaria dei valori; il luogo fondamentale in cui si costruiscono gli Uomini, con i sentimenti e i comportamenti... Vale ri-cordare un detto: «Ognuno può dire...: la mia famiglia ha fatto di me... quello che io sono!».

La festa dell’Amoredi Fulvia di Sarra

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di Emidio Quadrino

San Valentino. Si ricor-dano con questo no-me, nel martirologio

romano, al 14 febbraio, due martiri: un prete romano che sarebbe stato decapitato sul-la via Flaminia nel 269 e un vescovo di Terni decapitato a Roma nel 273.

Il culto di san Valenti-no ha in Roma tradizioni antichissime. Interes-sante è l’interpretazione folkloristica data alla fe-sta di san Valentino, di-venuto il patrono degli innamorati, in base al-la credenza, diffusa nel medioevo, specialmente in Francia e in Inghilter-ra che il 14 febbraio gli uccelli incominciano ad accoppiarsi.

Un’eco di questa tra-dizione anglosassone, di san Valentino, si può cogliere nella comme-dia di William Shake-

speare “I due gentiluomini di Verona”, in cui il protago-nista è proprio un Valentino, giovane entusiasta e aperto nel viaggio di istruzione ver-so Milano, scoprirà il nobile sentimento dell’amore.

Il giovane Valentino, il cui nome stesso sembra destinar-lo all’amore per Giulia; egli

è un sentimentale genuino che riscuo-te la nostra simpatia, contrariamente all’a-mico Proteo che co-nosce le astuzie dello stare al mondo e co-nosce molto meno la nobiltà del sentimen-to dell’amore.

Il sentimento pri-maverile dell’amore, nei secoli e in tutte le culture, è sempre ac-costato all’acqua in-tesa come lavacro di ogni pur minima ombra che possa convivere con l’amore sincero.

Ci viene in mente l’incon-tro di Gesù con la Samarita-na al pozzo di Sicar, in cui l’acqua assume però un valo-re spirituale rigenerante.

Ci ricordiamo anche le canzoni popolari (amor dam-mi quel fazzolettino, perché vado alla fonte e lo vado a lavare; acqua azzurra acqua chiara...).

Le sorgenti di acqua fre-sca frequentate da Ulisse e Calipso, nell’isola Ogigia, anche nell’isola di Circe, Ulisse vive un anno di giovi-nezza e di amore insieme alla ninfa innamorata.

Ancora un riferimento al nascere dell’amore fra i gio-vani si può cogliere in “amo-re di dafni e Cloe”, vissuto intensamente preso le sor-genti dei campi in cui i due pascolavano le greggi.

San Valentino: Il sentimento primaverile dell’amore...Una credenza dice che il 14 febbraio gli uccelli incominciano ad accoppiarsi...

San Valentino battezza santa Lucilla, opera eseguita nel 1575 da

Jacopo Bassano, oggi al Museo civico di Bassano del Grappa.

Dechiaraẓẓióne sost. f. Dichiarazione, ma-nifestazione d’amore. “C’ha fàtte la dechiaraẓẓione”: le ha manifestato l’amore.

Descorre (ddescorre) ver. intr. Parlare, conversare. “È ìte a descor-re cu jù spuse”: è andata a parlare col fidanzato. estens. Amoreggiare. p.p. descùrze: parlato, conversato.

Murtétte m.d.d. “Ì a Murtétte”: andare a mortetto. Andare ad amore-giare. (Mortetto è una loca-lità vicino al “casotto rosso” sulla Fondi-Sperlonga, prima selvatica e ombrosa).

Annammurà ver. tr., intr. e pron. Innamo-rare, innamorarsi. p.p. e agg. Annammuràte: innamorata-to.

Matunàta sost. f. Mattinata: can-to che, nella tradizione popolare, si indirizza-va al mattino all’in-namorata, sotto le sue finestre. prob. dal gr.: “Mandinades”. Veni-vano intonate in oc-casione delle festività (Pasqua Ortodossa) a

Scarpantos, ora allegre, ore melanconiche, spesso im-provvisate che raccontavano le vicende del paese, della vi-ta quotidiana, degli amici.

Vàse sost. m. 1. Bacio; 2. Vaso.

Abbacià ver. tr. Baciare. p.p. Abba-ciàte: baciato.

Canuscènza sost. f. Conoscenza (termine tipico di quando ci si fidanzain casa). Fidanzamento uffi-ciale.

Spùse sost. m. Sposo.

Spòse sost. f. Sposa.

Acciaccà ver. tr. Investire, calpestare, pestare. “Acciaccà l’erve”: calpestare l’erba. “J’ha ac-ciaccàte mènte scéve”: lo ha investito mentre usciva. p.p. e agg. Acciaccàte: indolen-zito.

Ammasquarà ver. tr. e rifl. Rendere la fac-cia come una maschera. Ca-muffare, mascherarsi. p.p. e agg. Ammasquaràte: camuf-fato, mascherato.

Eccialève! (e ccialève) avv. e inter. Ec-cóme. Serve ad affermare energicamente. “Cummà, haj viste chélle dùje ciandèlle? Eccialève!”: comare, hai vi-sto quelle due ragazze frivo-le? Eccóme!

Felattèra sost. f.; ant. filatèra (da filat-terio,filattèria). Lunga fila di cose, di parole, di persone, di nomi e simili.

Lattarìne sost. m. pl. 1. Latterino (in-cr. del lat. “atherina” con l’it. latte) nome di varie specie di pesciolini della famiglia

delle aterinidi, presenti nel Mediterraneo, specie nell’A-driatico; 2. Giocatore di stra-collo (parassita).

Ceciaréije sost. m. pl. Dolci di carneva-le a forma di ceci.

Lùteme sost. m. e agg. L’ultimo. m.d.d. “Jù lùteme a cumparì fu Zampacorta”: l’ultimo ad arrivare fu zampacorta

Manacóne sost. m. accr. di maneca: Ma-nicona. m.d.d. “Se jà mìsse dente jù manacòne”: se l’è messo nella manicona; lo ha abbindolato.

Manièlla sost. f. Recipiente di legno a forma rettangolare serviva soprattutto a contenere e far essiccare al sole l’estratto di pomodoro (la cunẓèrva) e per portare il pane al forno per essere infornato.

Tratto da: Vocabolario del dialetto fondano di Enzo d’Ettorre

Un po’ di dialetto fondano...

non guasta!

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Anche nella piana di Fondi si avverte il mutamento epocale

dell’immigrazione e capita facilmente di sentire suoni di lingue straniere in un picco-lo mondo a colori. Fenomeno interessante che richiede im-pegno di interazione ed inte-grazione da parte di tutti.

L’emigrazione si accompa-gna sempre a sofferenza. Va però riconosciuto che chiun-que offenda le regole della civile convivenza vada allon-tanato.

Laddove invece ci sia at-tenzione alle regole e una corretta condotta di vita va

richiesta una generale sen-sibilità – priva di pregiudi-zi e condizionamenti – nei

confronti di esseri umani, di colore diverso, con cui ben convivere nel reciproco ri-spetto.

A Fondi… sguardi ma-linconici, un po’ soli nella città, ad osservare il nostro passeggio festoso.

Ma sono… invisibili: non li conosciamo, non sappia-mo il loro nome e la loro storia.

Figli di nessuno. Sono tra noi ma non esistono, non li

vediamo, non li salutiamo. Giunti qua, spesso in maniera disperata, dalle periferie po-

vere del mondo, attratti dal-le illusioni dell’Occidente e forse poi anche delusi.

Ma questi hanno lasciato lontano affetti ed affanni per vivere le loro speranze tra noi.

Non va dimenticato il loro apporto al nostro benessere in quanto impegnati in setto-ri – agricoltura e commercio – motori della nostra econo-mia.

La domenica mattina è tradizione fondana il merca-to domenicale. Un mercato opulento – per merci e pre-

senze – e anche invitante.Ma qua e là, piccoli gruppi

stranieri come una nota va-riopinta, tra colori di razze e costumi. Nelle sere, in strade di gran traffico dove scorre la vita del commercio e delle vacanze, le macchine sfrec-ciano e lampeggiano nell’o-scurità. Ai margini sta la fila degli stranieri, al termine di giornate lavorative nelle va-rie nostre località; arrancano su biciclette mal ridotte, sen-za fari, pedalano in silenzio.

Il buio li avvolge e tinge ancora più scura la loro pelle fino a renderli tutti invisibili.

E noi non li vediamo. Fon-di, tradizionalmente ospitale, è oggi una realtà multietnica per la numerosa presenza di giovani di varie razze venu-ti da molto lontano. Ma tutti appartenenti all’unica “razza umana”, alla grande Fami-glia umana.

Vanno pertanto abbattute le barriere delle diversità, per-ché questi non si sentano soli tra la folla o davanti a porte chiuse di una città indifferen-te.

Ci sono, ci servono, ma restano invisibiliFondi, tradizionalmente ospitale, è oggi una realtà multietnica per la numerosa presenza di giovani di varie razze venuti da molto lontano.

Scrittori, poeti e filo-sofi di tutte le epoche definiscono il bacio

come la manifestazione divina dell’amore (qual-cuno, forse dopo una notte bollente, lo definisce addi-rittura il soffio di dio sulla terra). Certamente, come definizione, è decisamente romantica ma troppo me-tafisica.

Ma tralasciando l’astrat-to per viaggiare sul con-creto, il bacio rappresenta per la coppia, il primo im-portante momento di con-tatto intimo volto non solo ad instaurare una intesa più solida ma anche a raf-forzare il sistema immuni-tario tramite lo scambio di batteri e saliva.

Ecco che questo sempli-ce atto diventa il fulcro del futuro rapporto: il primo

bacio, meglio se “perfet-to”, non si scorda facil-mente.

Per LuiFallo e basta. Non pen-

sare, bacia!! Baciarsi è il modo migliore per eviden-ziare l’intimità, stimolare la passione e per imparare a lasciarsi andare.

Le ragazze adorano esse-re baciate in maniera coin-volgente.

Un bacio profondo è la cosa migliore, imparate quindi a respirare dal na-so se non siete abili subac-quei.

Il bacio, per il nostro cervello, è come un ter-remoto. Secondo Patrick Keeley, sessuologo ame-ricano, “questo succede perché esiste un canale energetico che collega il labbro superiore ai nostri genitali”. “Con un bacio lungo e appassionato le donne provano eccitazione a livello clitorideo, mentre agli uomini la medesima sensazione procura un’ere-zione”.

Per LeiIl principe dei baci, quel-

lo serio che dura più di due

Il primo bacio non si scorda mai!Ma la vera magia sta in quelli successivi, in cui la personalità di ognuno impara a fondersi in un codice di comunicazione a due

secondi, quello che non si scorda più, quello che per qualche istante regala la sensazione che il corpo si stia dissolvendo, che il tempo si sia miracolosa-mente fermato e che non esista nessun altro sulla faccia della terra.

Il primo che ci si scam-bia è normalmente quello che rimane più impresso nella memoria come un marchio indelebile, ma la vera magia sta in quelli successivi, in cui la per-sonalità di ognuno impara a fondersi in un codice di comunicazione a due, in un’intesa che scatta appena le labbra si incontrano, in un segnale di riconferma. Con o senza rossetto? Non è indispensabile... dipende dai gusti!

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TUTTO DALL’ANTIPASTO AL DESSERT

Via Appia lato Monte San Biagio, 12 - Fondi(lun/sab 8,30-13,30/16,00-20,00 domenica 8,30-13,00 - tel 0771515000)

Ovazione del pub-blico presente alla proclamazione del

vincitore. Soddisfazione del vicesindaco Beniamino Ma-schietto. Magistrale il discor-

so sulla “Fondanità” tenuto dal medico Fabio Liguori e dall’avvocato Virginio Pa-lazzo. Emozionante lo spet-tacolo del gruppo folklorico “Città di Fondi”. Apprezzata

la degustazione del “Torpe-dino”.

Annunciato dalla vice-presidente della Pro Loco Sandra Cima e premiato dal

vicesindaco Beniamino Ma-schietto: il medico oculista Carlo Carlevale è stato pro-clamato “Persona dell’anno” 2015. Ovazione e standing ovation per lui da parte del pubblico presente che affol-lava la sala del castello Cae-tani domenica 24 gennaio, in una serata che resterà storica.

Il dottor Carlo Carlevale è stato il più indicato tra le oltre millecinquecento preferenze espresse attraverso messaggi sms, whatsapp, email e face-book. La motivazione è quel-la di aver inventato una lente intraoculare innovativa per le operazioni chirurgiche com-plesse.

Il medico fondano, nono-stante i suoi impegni in Italia e all’estero, continua ad abi-tare e vivere a Fondi e, alla richiesta della motivazione della sua scelta, ha spiazzato tutti con una risposta sempli-ce: “Per me il maggior lusso

Nella foto da sinistra: l’avvocato Virginio Palazzo, il vicesindaco di Fondi Beniamino Maschietto, il dottor Fabio Liguori, il dottor Carlo Carlevale, il presidente della Pro Loco Gaetano Orticelli, la vicepresidente Sandra Cima.

Standing ovation per Carlo Carlevale “Persona dell’anno” 2015Ovazione del pubblico presente alla proclamazione del vincitore. Soddisfazione del vicesindaco Beniamino Maschietto. Magistrale il discorso sulla “Fondanità” tenuto dal medico Fabio Liguori e dall’avvocato Virginio Palazzo. Emozionante lo spettacolo del gruppo folklorico “Città di Fondi”. Apprezzata la degustazione del “Torpedino”.

rappresenta il poter cogliere due arance direttamente da-gli alberi del mio giardino e mangiarle al momento; inol-tre trovo la qualità di vita a Fondi di gran lunga migliore a qualsiasi altra città”.

Sono intervenuti alla ce-rimonia di premiazione: il Gruppo Folklorico Città di Fondi - Memorie e tradizio-ni; Il medico Fabio Liguori e l’avvocato Virginio Palaz-zo - Parole e immagini della Fondanità; Il vicesindaco del Comune di Fondi Beniamino Maschietto che ha premiato la “Persona dell’anno” 2015. L’evento è stato condotto dal giornalista e presidente della Pro Loco Fondi Gaetano Or-ticelli.

Questa la motivazione del premio assegnato al dottor Carlo Carlevale:

Associazione Pro Loco Fondi - Premio “Persona dell’anno” 2015 di Fondi e del comprensorio al Dottor Carlo Carlevale - Medico Chirurgo, specializzato in Oculistica è nato a Roma il primo novembre 1961, vive da sempre a Fondi dove ha il suo studio medico.

Dopo aver conseguito la Maturità Classica al Liceo “Piero Gobetti” di Fondi, si è laureato in Medicina e Chirurgia e spe-cializzato in Oculistica all’Università “La Sapienza” di Roma. Tutti i titoli di studio sono stati acquisiti, anche quelli successivi, con il massimo dei voti.

In occasione del Congresso Nazionale di Oftalmologia, tenuto a Roma, è stata presentata una protesi oculare innovativa, che ha riscosso grande interesse nel pubblico degli addetti ai lavori. Si tratta di un prodotto che già ha superato la fase sperimentale ed è ormai commerciabile.

Tale lente intraoculare – inventata, disegnata e fatta produr-re dall’oculista fondano Carlo Carlevale – viene impiantata con metodica nuova a livello mondiale.

“La lente – ha spiegato Carlevale – è utilizzabile in occhi che hanno già avuto un intervento complicato e dove non è possibile impiantare le protesi tradizionali se non utilizzando particolari suture. L’aspetto innovativo della lente consiste in un cristallino artificiale già forniti di speciali gancetti autobloccanti che evita-no l’uso delle suture, accorciando il tempo e rendendo più rapi-do e meno rischioso l’intervento”.

Il fondano è un’eccellenza in campo sanitario: dal 2001 è responsabile del reparto di oculistica convenzionata del Karol Wojtyla Hospital di Roma, dove esegue oltre duemila interven-ti l’anno, con bassissimi livelli di complicazioni, contribuendo sensibilmente alla riduzione delle liste di attesa di vari nosocomi di Roma e della provincia pontina.

Tra gli innumerevoli interventi effettuati all’estero, è famoso per quello praticato al suocero di Hussein di Giordania, padre della Regina madre.

Tanti gli anni trascorsi fuori dall’Italia, dove ha avuto e conti-nua ad avere encomi formidabili, ma la sua casa, tiene a preci-sare, è Fondi.

La terza edizione ha con-sacrato il premio “Persona dell’anno” 2015 a iniziativa originale della provincia di Latina e di tutta la regione Lazio. L’evento è associato e sponsorizzato dalla Ban-ca Popolare di Fondi che promuove con la sua azio-ne costante iniziative legate al nostro territorio. È stato patrocinato dal Comune di Fondi e dalla XXII Comunità Montana.

Al termine della manife-stazione si è tenuta la de-gustazione del “Torpedino” diventato in poco tempo un pomodoro che sempre più si identifica con la produzione sud-pontina ormai conosciu-to in tutta Italia e all’estero.

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Il Giubileo di Bonifa-cio VIII (1300) si era chiuso con un grande risultato: al di là del-

le cifre, in verità spesso esa-gerate, il dato certo è che vi prese parte una moltitudine di pellegrini che giunsero a Roma da tutti i paesi d’Italia e d’Europa.

Ad ospitarli non furono sufficienti alberghi e locande; furono anche messe a loro di-sposizione - dietro congruo compenso - numerose abi-tazioni private, nonché gli ospizi gestiti da ecclesiastici.

Il Giubileo si rivelò non solo evento straordinario sul piano religioso e culturale, ma anche una grandissima

operazione finanziaria. Nel rispetto della scelta

di papa Caetani, il Giubileo si sarebbe do-vuto celebrare ogni cento anni, ma non poche e valide motiva-zioni concorse-ro ad anticipare questo termine: prima di tutto l’aspettativa di vita, allora piut-tosto breve, poi l’influenza dell’antica tradi-zione ebraica che ne fissava la celebrazione con cadenza cinquantennale.

Un altro fattore molto im-portante, che giocò un ruolo

determinante ai fini dell’anti-cipo della data di celebrazio-ne dell’Anno Santo - con un paradosso soltanto apparente - fu la stessa “cattività avi-gnonese della Chiesa”.

Fin dal 1309 il Papato si era trasferito sulle rive del Rodano e non pochi grandi spiriti: Brigida, nobildonna svedese, Francesco Petrarca, Cola di Rienzo, ed altri anco-ra ritenevano che l’indizione del Giubileo, che poi coincise

col 1350, potesse costituire il degno coronamento del so-spirato ritorno del pontefice nella sede naturale di Roma.

Tra i primi a fare opera di convincimento affinché Cle-mente VI (1342 - 1352) ri-tornasse in Italia e indicesse il Giubileo, fu senz’altro la già citata Brigida di Svezia, la futura Santa.

Costei si sentiva investita di una vera e propria mis-sione da compiere e profuse ogni energia nel tentativo di persuadere il papa, denun-ciandogli altresì che la città, ormai diventata “un borgo

selvaggio”, era piombata nella più desolante rovina materiale e mora-le.

Secondo le sue “Revelationes” era Dio stesso che voleva il ritorno del Papato nella sua sede natura-le: lei non faceva altro che interpre-

tarne la volontà. Una delegazione romana,

formata da esponenti dei vari ceti sociali, fin dai primi an-ni del pontificato di Clemen-

STORIA

I Giubilei al tempo dello Scisma d’occidentedi Carlo Macaro

te VI fu inviata ad Avignone per esortarlo a ritornare a Ro-ma. Di essa faceva parte Cola di Rienzo, il quale si avval-se della propria straordinaria oratoria, e in qualche misura riuscì a “far breccia” nell’a-nimo del papa.

Francesco Petrarca, poe-ta stimatissimo dallo stesso Clemente VI, diede, a sua volta, un contributo impor-tante perorando la causa con argomenti convincenti. Egli - tra l’altro - indirizza una cal-da epistola al pontefice, suo protettore, nella quale para-gona la città abbandonata dal papa ad una “sposa” rimasta “vedova e sola” ad accudire ai propri figli.

Finalmente, con bolla pon-tificia messa in atto nel 1350, si apre ufficialmente il Giubi-leo. L’affluenza dei pellegrini fu straordinaria, sebbene fos-se molto vivo il ricordo del-la peste del 1348, disastrosa altrove, ma che per fortuna non aveva procurato gravi conseguenze in Roma, e del terremoto dell’anno successi-vo, che invece aveva causato

danni enormi alla città. Clemente VI non venne

a Roma, deludendo così le aspettative di tutti, ma inviò un suo rappresentante uffi-ciale: il cardinale Annibaldo di Ceccano.

Sorsero delle difficol-tà logistiche per i numerosi pellegrini, ragion per cui il delegato pontificio ritenne opportuno ridurre la durata della permanenza indispen-sabile ai fedeli per lucrare l’indulgenza, riducendola ad una settimana, e addirittura fino ad un minimo di 48 ore.

Questa decisione, ovvia-mente, non fu condivisa dai Romani, che reagirono violentemente: due frecce scagliate contro il delegato pontificio, fortunatamente andarono a vuoto.

Brigida di Svezia, che do-po la morte del marito aveva fondato un ordine monastico e con le sue consorelle s’era impegnata in un’opera di as-sistenza ai pellegrini, avendo osato riprendere con insisten-za la parte di clero corrotto che approfittava dell’occa-

sione per far mercato delle indulgenze, fu costretta a la-sciare la città.

Così com’era avvenuto per il Giubileo di Bonifacio VIII, furono introitate anche cospicue somme di dena-ro ricevute, in cambio della concessione dell’indulgenza, da alcuni regnanti che non erano venuti personalmente a Roma.

Il primo Anno Santo dopo il ritorno definitivo della sede pontificia nella propria sede naturale, - un ritorno dovuto soprattutto all’ostinata azio-ne di persuasione di Cateri-na da Siena su Gregorio XI, l’ultimo papa avignonese -, fu ardentemente voluto e in-detto da Urbano VI.

L’anticipo della cadenza giubilare da lui fissata ogni 33 anni (tanti quanti gli anni di Cristo) doveva coincidere con il 1383, ma essendo ta-le decisione maturata dopo questa data, si scelse l’an-no 1390. Era scomparso nel frattempo Urbano VI (otto-bre 1389) il quale - tra l’altro - aveva inserito Santa Maria

Il primo Giubileo del 1300

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Siete stanchi di dover fare la fila e sentirti dire “il prodotto lo devo ordinare, venga nel pomeriggio o domani”??? Scrivi un messaggio al numero 3421796775 (no telefonate) dalle 8.30 alle 12 e dalle 16 alle 19. Per accettare la prenotazione è obbligatorio indicare: Nome, Cognome, prodotto e n.confezioni. La conferma dell’avvenuta prenotazione si avrà nel breve tempo possibile, durante le fasce orarie indicate precedentemente

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Maggiore tra le basiliche da visitare al fine di lucrare le indulgenze.

Il compito di aprire l’Anno Santo spettò al suo successo-re, Bonifacio IX.

Gli effetti dello scisma an-cora in atto si fecero senti-re anche sull’affluenza dei pellegrini; numerosi quel-li provenienti dai Paesi che avevano riconosciuto la le-gittimità del papa eletto a Ro-ma; scarsa invece la presenza dei fedeli che giungevano dagli Stati favorevoli all’an-tipapa Clemente VII, eletto a Fondi nel 1378, per ovvio boicottaggio.

L’evento si svolse tra mil-le difficoltà: scarseggiavano o costavano troppo i viveri, erano precarie le condizioni igienico - sanitarie e scoppiò ancora una volta la peste, che falcidiò numerose vite uma-ne.

Si registrò nuovamente la tendenza a concedere co-munque la “perdonanza”, per cui furono tanti coloro i quali ottennero l’indulgen-

za, finanche senza venire a Roma, in cambio di somme di denaro proporzionali alle spese che avrebbero dovuto sostenere per il viaggio e la permanenza in città, oppure in base alle possibilità econo-miche di ciascuno.

Se il Giubileo del 1390 era stato concepito da Urbano VI soprattutto per solennizzare il ritorno del Papato a Roma,

quello del 1400, voluto dai francesi (dal 1394 Bene-detto XIII era succeduto a Clemente VII), fu gradito ai fedeli anche per la sua caden-za “centenaria” - dopo quello di Bonifacio VIII - e accolto con grande favore da quanti (mercanti, bottegai, locan-dieri) in esso ravvisavano un’occasione d’affari.

Alla domanda difficile, da-

ta la contraddittorietà delle fonti, se quello del 1400 pos-sa essere considerato un Giu-bileo vero, P. Brezzi risponde che “forse non si erra dicen-do che vi fu perlomeno un Giubileo straordinario “.

Bonifacio IX, dal canto suo, si preoccupò soprattutto di predisporre l’apparato per accogliere ed ospitare i pel-legrini e ricavarne il massi-mo vantaggio sotto il profilo economico. L’affluenza non fu molto rilevante, data la si-tuazione storica generale, e col “moloch” della peste di nuovo incombente, con tutti i suoi danni.

RIFERIMENTIBIBLIOGRAFICID. Alimenti, Storia dell’Anno Santo, Bergamo 1985;P. Brezzi, Storia degli Anni Santi. Da Bonifacio VIII al Giubileo del 2000, Milano 1997;L. Scaraffia, Il Giubileo, Bologna 1999;A. Frugoni, Il Giubileo di Bonifacio VIII, Roma - Bari 1999;O. Capitani, I Giubilei medievali, in “Il Veltro”, Rivista della civiltà italiana (3- 4), maggio- agosto 1999;A. Vauchez, “Pèlerinages et indulgences au Moyen Age, in “Il Veltro”, già cit.;U. Di Mauro, Donne in cammino, in “Storia e dossier”, a. XVI, n.159, apri-le 2001.

Incoronazione dell’antipapa Clemente VII

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