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tre bicchieri IL SETTIMANALE ECONOMICO DEL GAMBERO ROSSO SPECIALE NEUROMARKETING anno 10 - n. 34 - 29 agosto 2019

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trebicchieriIL SETTIMANALE ECONOMICO DEL GAMBERO ROSSO

SPECIALE

NEUROMARKETING

anno 10 - n. 34 - 29 agosto 2019

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TRE BICCHIERI3GAMBERO ROSSO

SPECIALE - NEUROMARKETING

supervisione editorialeMassimiliano Tonelli coordinamento contenutiLoredana Sottilehanno collaboratoGianluca Atzeni, Vincenzo Russoprogetto graficoChiara Buosi, Maria Victoria Santiago

[email protected] 06.55112201pubblicitàdirettore commerciale Francesco Dammicco 06.55112356 [email protected]. pubblicità Paola Persi 06.55112393 [email protected]

IL NEUROMARKETING E LA PERCEZIONE SENSORIALE

Vista, udito, tatto, olfatto e gusto sono i 5 sensi che ci gover-nano e che nel quotidiano ci spingono verso una o un’altra decisione: che sia la scelta di dove andare in vacanza quest’e-state o di quale bottiglia di vino acquistare al supermercato.La percezione sensoriale è proprio il fil rouge che abbiamo scelto per questo Speciale Neuromarketing, che cerca di spie-gare le decisioni d’acquisto dei consumatori e la prevalenza, in queste decisioni, di uno o dell’altro senso. A guidarci in questo viaggio è uno dei massimi esperti in materia, il pro-fessore Vincenzo Russo, docente associato di Psicologia dei consumi e neuromarketing, che attualmente è responsabile del Centro ricerche di neuromarketing, behavior and brain lab dello Iulm di Milano (www.brainlabiulm.com) e che per Tre Bicchieri cura la rubrica “Pillole di Neuromarketing”.Un percorso in cui emerge una curiosa varietà di situazioni - con tanto di sperimentazioni realizzate in contesti specifici - in cui il colore di un’etichetta può attrarci più di un altro o un profumo può aprirci dei ricordi olfattivi che ci avvicinano (o allontanano) da un determinato prodotto o, ancora, una musica può spingerci a spendere molto di più di quanto sa-remmo disposti a fare in condizioni normali.Se, quindi, la dominanza sensoriale ha un ruolo-chiave nel marketing, non si possono sottovalutare altri fattori - ana-lizzati tramite strumenti come, ad esempio, l’elettroencefa-logramma o l’eye tracker - che guidano le nostre scelte. E qui entrano in gioco anche le differenze tra uomini e donne: più attenti ai dettagli e alle informazioni schematiche i primi, più portate per una visione d’insieme e informazioni nar-rative le seconde. A tutto questo si aggiungono, poi, alcuni criteri nel modo di esporre i prodotti: posizione, capacità di attirare l’attenzione, visual marketing. Occhio, infine, all’as-sortimento: meglio una vetrina iconica o una vetrina ricca? A queste e ad altre domande proviamo a rispondere nelle pa-gine che seguono.

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La dominanza sensoriale. Così i sensi condizionano la percezione del vino

I più recenti studi sui processi sensoriali nel campo enogastronomico dimostrato come la dominanza di uno dei nostri sensi può influenzare il processo percet-tivo. Ciò significa che i sapori di un prodotto possono essere influenzati da sensi che, apparentemente, han-no un ruolo secondario sul gusto.

LA VISTA. Uno dei sensi dominanti per eccellenza è la vista. Ciò è dovuto al fatto che nel nostro cervello le cellule deputate alla vista sono circa il 50%, mentre quelle deputate al gusto solo l’1%. Per questo motivo la vista, creando aspettative e anticipando possibili sen-tori, può influenzare i sentori percepiti. Ecco perché soluzioni molto colorate, con colori inodori e insapori, vengono percepite più fortemente odorose delle stesse soluzioni con meno colore (Hidaka e Shimoda, 2014). Allo stresso modo, una bevanda colorata di rosso con enocianina (inodore ed insapore) viene percepita più dolce fino a un 10% in più rispetto alla stessa be-vanda non colorata (Johnson e Clydesdale 1982).

TATTO E UDITO. Se si riduce la funzionalità della visione, i sensi dominanti diventano l’udito e il tat-to. Charles Spence, noto studioso di gastrofisica, ha dimostrato come una musica ad alta frequenza (e quindi “dolce”) riesca a fare percepire il sapore di un

vino un po’ più dolce (se degustato con una musica di sottofondo a bassa frequenza).

L’ESPERIMENTO. Considerando questo aspetto, ab-biamo provato a condizionare la percezione di un gruppo limitando la visione del colore del vino e facen-dolo assaggiare in due diverse condizioni: nella prima con una musica di sottofondo ad alta frequenza e nella seconda con una musica a bassa frequenza. Inoltre, abbiamo aggiunto una seconda variabile sensoriale, ovvero il tatto. Insieme alla musica di sottofondo ad alta frequenza, abbiamo usato un sottobicchiere di peluche bianco e morbido e con quella a bassa fre-quenza un sottobicchiere di carta vetrata. Il compito assegnato era di degustare ascoltando la musica, te-nendo in mano il sottobicchiere. I risultati sono stati sorprendenti. Quando il vino veniva assaggiato nella prima condizione, con musica dolce e il sottobicchiere morbido e gradevole, era valutato più dolce e gradevo-le dello stesso vino degustato nella seconda condizio-ne. La dominanza del suono e del tatto ha creato delle aspettative di dolcezza, nel primo caso, confermata, poi, dalla percezione gustativa. Non basta prestare at-tenzione solo a una dimensione sensoriale per produr-re esperienze gradevoli, occorre pensare al potere della dominanza sensoriale e al valore della polisensorialità.

Così come scriveva il noto psicologo dei consumi Ferdinando Dogana (1993): “Quando ascoltiamo alcuni parlare delle loro reazioni di fronte agli odori e ai profumi, ciò che colpisce è la grande ricchezza di associazioni che emerge relativamente a sensazioni, emozioni e a momenti di particolare significato affettivo”. Sempre più ricerche neuroscientifiche dimostrano quanto profumi e fragranze siano in grado di mi-gliorare il nostro umore ed il nostro senso di benes-sere, di potenziare i sapori e rinforzarne la memo-rizzazione. Ciò vale sia nel caso dei sentori del vino, sia dei profumi edibili, che vengono aggiunti o nei cibi o nel tovagliame e nell’ambiente. L’obiettivo è creare un’atmosfera positiva o di produrre un umo-re migliore, oppure di stimolare gradevoli ricordi della propria infanzia e le corrispondenti emozioni. Così, se il profumo di vaniglia ci permette di viag-giare nel tempo e risentire i profumi di casa, o della nonna che preparava la torta, quello del gelsomino è in grado di proiettarci in una gradevole serata d’e-state in riva al mare.

L’ATTIVAZIONE EMOZIONALE. Oggi, sappiamo che il processo di attivazione emozionale è stretta-mente legato ai profumi attraverso un meccanismo di attivazione immediato ed istintivo, senza consa-

pevolezza. Le molecole odorose vengono, infatti, tradotte in vere e proprie “immagini dell’odore” nel “Bulbo olfattivo”. Questo ha la funzione di fare passa-re solo gli odori più intensi e forti. Immediatamente dopo il superamento del “Bulbo olfattivo”, l’infor-mazione arriva alla “Corteccia olfattiva” che, benché si chiami corteccia, non ha nulla di consapevole. Si tratta, infatti, di un’area del cervello deputata al ri-conoscimento dei profumi già sentiti e memorizzati in passato. In quest’area, ritroviamo le nostre tracce mnestiche odorose. È qui che riconosciamo i profumi dell’infanzia o delle esperienze passate, riprovando le medesime sensazioni gradevoli o sgradevoli. Si tratta di un’area molto prossima al Sistema Limbico, l’area deputata alla gestione delle emozioni. L’olfatto è l’unico senso la cui struttura periferica ha una veloce ed immediata connessione con il Sistema Limbico. Ecco perché possiamo dire che questa parte del cervello ha il compito di “migliorare” la percezione degli odori. Solo alla fine del viaggio, l’informazione giunge alla “Corteccia Orbito-Frontale”, ovvero quell’a-rea del lobo prefrontale deputata all’elaborazione consapevole delle stimolazioni olfattive. È qui che riusciamo a dare un nome alla nostra sensazione ed a decidere di muoverci verso la fonte dello stimolo o ad allontanarci.

Emozione e olfatto.Quel profumo che ci riporta fino ai ricordi d’infanzia

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“All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio….”

(Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

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Già nel 2001 Morrot, Brochet e Dubourdieu aveva-no dimostrato quanto potenti fossero le aspettative nell’influenzare la percezione dei sapori. Tra queste vi è anche l’aspettativa determinata dalla chiusura della bottiglia. In questo caso l’uso del tappo di sughero o di altre tipologie, come quello a vite, di plastica o di ve-tro, è stato oggetto di una nota ricerca condotta da C. Spence (2017), docente di psicologia della percezione presso l’Università di Oxford.

L’ESPERIMENTO DELL’UNIVERSITÀ DI OXFORD. Spence fece giudicare la qualità percepita di due vini dopo aver sentito il suono provocato dall’apertura della botti-glia con tappo di sughero o con tappo a vite. Il compito dei soggetti era di valutarne la preferenza e l’intensità del vino, la sua qualità, quanto fosse appropriato per la celebrazione di un evento e la sua capacità di influenzare l’umore dei commensali. Gli esiti dell’in-dagine furono particolarmente interes-santi. Benché la percezione dell’inten-sità del vino non fosse stata modificata dai due diversi suoni, questi, tuttavia, hanno modificato significativamente l’esperienza dei consumatori facendo percepire il vino proveniente dalla bot-tiglia con tappo di sughero di migliore qualità, utile per creare una buona at-mosfera, capace di migliorare l’umore.

L’ESPERIMENTO DEL CENTRO DI RICERCA DI NEUROMARKETING. Stimolati dai risultati di questa ricerca anche il nostro Centro di Ricerca di Neuromarketing ne ha svolto, quest’anno, una simi-le in collaborazione con la nota azienda di produ-zione di tappi di sughero “Amorim Cork Italia”. In questo caso, abbiamo valutato la reazione emotiva misurata con tecniche di neuromarketing e quindi la percezione di gradevolezza del vino, sia alla vi-sta che alla semplice percezione sonora provocata dall’apertura di una bottiglia con tappo di sughero rispetto ad una bottiglia con tappo a vite. In una successiva fase abbiamo anche analizzato la reazio-ne all’assaggio dello stesso vino dopo avere sentito il suono di tappo di sughero o di tappo a vite. Anche in questo caso l’effetto dell’aspettativa, determinata dal suono del tappo, ha profondamente modificato

la percezione del gusto e la qualità ipotizzata del vino, benché questo fosse lo stesso. Sapere che il vino proviene da una bottiglia con tappo di sughero ha modificato in meglio l’esperienza sensoriale. La scelta della chiusura non è importante solo per la diversa maturazione del vino, ma anche per la potente capacità di condizionare l’esperienza sensoriale dei consultatori.

Quanto conta il suono del tappo nella percezione di un vino?

“Il gusto di una molecola o di una

miscela di più molecole si costruisce

nel cervello di un assaggiatore”

GRANDI CANTINE ITALIANE. Alto Adige/3

Le grandi cantine del Trentino

Trento Brut Rotari Flavio Ris. ‘09

Il vino e l’abbinamento consigliato:Un Trento decisamente di razza che si propone con l’esclusività di sentori di albi-

cocche, agrumi e pesca gialla. Intenso nel colore, è estremamente fine nella trama,

sapido, di lunga persistenza. Ideale a tutto pasto.

Trentino Pinot Grigio Castel Firmian Ris. '16

Il vino e l’abbinamento consigliato:Il Pinot Grigio Castel Firmian convince per i suoi aromi floreali e fruttati, e per una

struttura morbida ed elegante con una lunga persistenza in bocca. Da consigliare

con primi di pesce.

Teroldego Rotaliano Castel Firmian Ris. ‘13

Il vino e l’abbinamento consigliato:Un rosso dalla grande tipicità il Teroldego Castel Firmian, vinificato in modo tradi-

zionale, gradevolmente fruttato con note di lamponi e spezie, rotondo e suadente,

piacevole al palato. Indicato per accompagnare i tradizionali salumi di cervo.

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6 www.mezzacorona.it | ( 0461 616399

La potenza, l’eleganza e la versatilità. Il Gruppo Mezzacorona racchiude tutti questi

concetti, proponendosi come azienda che guarda lontano (basti pensare all’accordo

stipulato con il magnate cinese della globalizzazione Jack Ma), senza mai tradire gli

originari legami trentini. Lo fa con vini improntati all’immediatezza, pronti per soddisfare

le esigenze più disparate, sempre equilibrati e precisi. Colosso enologico italiano tra i più

rappresentativi, che non disdegna attenzioni verso alcune mirate selezioni, tra cui alcuni

briosi e riusciti Trentodoc.

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cità di un elemento di attirare l’attenzione all’interno di un contesto ricco di simili stimoli. Un processo che, in genere, avviene a causa di una difformità del packa-ging. Attenzione, però, a non essere troppo difformi, soprattutto se la marca non è ben conosciuta. In fondo, il mondo del vino è ancora troppo tradizionalista. Da questi studi si scopre, ad esempio, che circa il 22% dei consumatori non ricorda di avere visto prodotti che, in-vece, ha esaminato (con eye tracking), mentre il 3%-5% dei consumatori afferma di avere notato prodotti che non ha visto o non erano sullo scaffale.

LE 3 FASI DI SCELTA. La prima fase di avvicinamento allo scaffale è legata all’identificazione della categoria, avviene da circa 8-5 metri di distanza e dura 2-6 se-condi. Segue la fase di comprensione della logica dello scaffale, tra 6 e 2 metri per circa 1-3 secondi. Questa è una fase delicata, poiché può influenzare il comporta-mento di scelta. La fase finale di analisi e scelta - da 4 a 40 secondi - avviene nello spazio di 1 metro o meno. Qui le abitudini di acquisto giocano un ruolo prepon-derante, anche se è possibile l’attivazione di esplorazio-ne per l’individuazione di nuovi prodotti.

Secondo uno studio Ipsos, oltre il 40% degli acquisti di largo consumo è deciso nel punto vendita e quasi il 20% riguarda prodotti che non si era pianificato di acquistare. Così, se il fatturato della Gdo in Italia (Mediobanca, 2016) si aggira intorno a 58 mld di euro, circa 23 mld di vendite derivano da decisioni non pro-grammate.

LA VISIBILITÀ. Ciò solleva la questione della visibili-tà, che non dipende solo dalla posizione sullo scaffa-le, ma anche dalle specificità di etichette e bottiglie. Dati Nielsen ci dicono che, su 8.650 nuovi prodotti immessi nella Gdo dal 2011 al 2014, oggi ne trovia-mo solo l’1%. Ciò vale anche per il vino, con circa 4 mila nuove referenze ogni anno. Il rischio di immet-tere nel mercato un prodotto nuovo che non si vede e, quindi, non si vende è molto alto. Grazie a sofisti-cati eye tracker è possibile avere una valutazione che oggettivizza la visibilità del prodotto come mai si era potuto fare (cfr. Fig. 1).

IL POP-OUT. È così possibile misurare ciò che Treisman e Gelade (1980) chiamavano il pop-out, ovvero la capa-

La visibilità del prodotto e la logica dello scaffale

GamberoRossoInternational

Worldtour 20192020

CALENDAR

Sponsor

OCTOBER

27 ROMA - Italy Top Italian Wines Roadshow

27 ST. PETERSBURG - Russia Top Italian Wines Roadshow

25 MOSCOW - Russia trebicchieri

NOVEMBER 04 SEOUL - Korea trebicchieri

19-26 WINE&SEA - II EDITION

27 MUNICH - Germany trebicchieri

05 COPENHAGEN - Denmark

08 VANCOUVER - Canada Top Italian Wines Roadshow

22 HO CHI MINH - Vietnam Top Italian Wines Roadshow

FEBRUARY

03 STOCKHOLM - Sweden trebicchieri

Vini d'Italia

MARCH

03 LOS ANGELES - USA trebicchieri

05 SAN FRANCISCO - USA trebicchieri

14 DUSSELDORF - Germany trebicchieri PROWEIN Special

11 PARIS - France trebicchieri Vinexpo Special

JANUARY

29 BERLIN - Germany Vini d'Italia

01 BEIJING - China trebicchieri

APRIL

DUBAI - UAE

19 VERONA - Italy trebicchieri VINITALY Special

MAY

27 HONG KONG - China trebicchieri VINEXPO Special

2019

2020

trebicchieri30 TOKYO - Japan

08 CHENGDU - China Top Italian Wines Roadshow

trebicchieri

06 CALGARY - Canada Top Italian Wines Roadshow

04 MONTREAL - Canada

JUNE

30 SALZBURG - Austria trebicchieri

26 CHICAGO - USA trebicchieri

28 NEW YORK - USA trebicchieri

Top Italian Wines Roadshow

24 MIAMI - USA Top Italian Wines Roadshow

21 MEXICO CITY - Mexico

trebicchieri06 SHANGHAI - China

Notte Italiana - Best of Italy

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Molto spesso ci si chiede se sia meglio “mostrare” tutte le proprie referenze o esporre solo i prodotti più rappre-sentativi. Il dilemma si presenta durante l’allestimento di una vetrina espositiva.Secondo il noto “Paradosso della Troppa Scelta” (Shwartz, 2004) un numero eccessivo di prodotti porta il consuma-tore a non scegliere o comperare meno. Di fronte a un nu-mero elevato di fattori, il rischio più alto è abbandonare o concentrarsi solo su pochi elementi rilevanti.

L’ESPERIMENTO. In un noto esperimento, Iyengar e Lepper (2000) predisposero due condizioni, una in cui in un punto vendita la gamma era di 24 marmellate e un’al-tra in cui le possibilità erano solo sei. Il corner con scelta ampia indusse il 60% dei passanti a fermarsi, mentre il secondo ottenne il 40%. Tuttavia, l’atto di acquisto fu notevolmente a favore della condizione con meno alter-native. Infatti, nel caso di scelta limitata, il 30% dei con-sumatori effettuò l’acquisto, mentre nel caso di eccesso d’offerta solo il 3% acquistò il prodotto.

L’EYE TRACKER. In una recente ricerca, condotta dal no-stro Centro di Ricerca di Neuromarketing, abbiamo valu-tato l’effetto visivo ed emozionale delle due soluzioni di vetrina (assortimento vs iconicità) in un gruppo di buyer della Federpreziosi, durante la Fiera di VicenzaOro. Ana-lizzando con Eye Tracker mobile il movimento oculare dei buyer, a cui era stato dato il compito di scegliere il pro-prio fornitore, emerge una differente capacità attrattiva della vetrina iconica rispetto a quella con più prodotti. Quest’ultima determina una visione più diffusa e meno focalizzata, sicuramente più superficiale. Paradossal-mente, il numero di soggetti che si sofferma a guardare la vetrina iconica è superiore: 83% del gruppo rispetto al 58% degli attratti da vetrine con più assortimento. Le vetrine iconiche favoriscono l’attenzione visiva, mante-nendola fino 8.36 secondi rispetto alle altre, osservate in media per 3.84 secondi.

L’ELETTROENCEFALOGRAMMA. Analizzando la re-azione emotiva con elettroencefalogramma (Eeg), si è rilevato che l’esperienza degli stand con esposizione di prodotti “iconici” è più positiva, provoca maggiore atti-vazione emozionale e migliore memorizzazione. È il caso di dirlo: “Less is more!”. E questo potrebbe essere utile anche alla comunicazione dei vitigni italiani, soprattutto in altri contesti culturali.

Il paradosso della troppa scelta

so sapiente di queste variabili rende attrattivo. nello sviluppo di stimoli efficaci un ruolo importante è dato dal neuromarketing e dall’eye tracking che misura il movimento oculare su uno stimolo.

IL CONFRONTO. Così se mettiamo a confronto due etichette, una vecchia (definita “Old” – verde) e una nuova (“New” – blu) è possibile analizzare il grado di attrazione di ogni singolo elemento. Come si evince dalla figura, nell’analisi degli elementi attrattivi in soli sei secondi, i primi vengono prevalentemente guida-ti dall’attenzione Bottom-Up. La prevalenza di colore verde nella figura indica, infatti, che l’attenzione visi-va è stata prevalentemente rivolta alla bottiglia “Old” posta alla sinistra del soggetto. Questa prevalenza di attenzione è determinata sia dalla salienza dello sti-molo che dalla sua posizione. Si rileva, infatti, un erro-re visivo (bias) determinato dall’abitudine di guardare con maggiore intensità ciò che c’è alla nostra sinistra del campo visivo per abitudine di lettura (da sinistra verso destra). Tuttavia dopo una fase di orientamen-to entrano in gioco le suddette variabili grafiche per guidare l’attenzione e la preferenza. In questo caso, la prevalenza di colore blu indica che gli elementi grafici dell’etichetta di destra sono stati in grado di generare attenzione. Si tratta di un semplice metodo di studio dell’etichetta che potrà rendere sempre più efficace la comunicazione del vino.

Sempre più spesso i nostri sensi sono letteralmente bombardati da una grossa quantità di informazioni. Si stima che ogni secondo i consumatori sono espo-sti mediamente a 11 milioni di bit di informazione, la maggior parte della quale interessa il nostro senso visivo ed a una media compresa tra le 3mila e le 5mila pubblicità al giorno. Tra tutti i sensi quello che più è stato studiato e analizzato nel campo del marketing vi è relativo all’attenzione visiva. Il visual marketing, ov-vero l’utilizzo strategico da parte del marketing di se-gni e simboli visivi finalizzati a comunicare il messag-gio desiderato, oltre a promuovere la brand identity, ha, difatti, anche un ruolo fondamentale nel rendere più efficaci le vendite.

LA CAPACITÀ DI PROCESSAMENTO. Sebbene i nostri sensi siano in grado di analizzare tutte le stimolazioni, in realtà non abbiamo né le energie, né l’organizzazio-ne cerebrale per percepire consapevolmente tutte le informazioni. La capacità di processamento informa-tivo umano si ferma, infatti, a soli 50 bits, disperden-do così l’informazione restante (Wilson, 2002). Per questo motivo, non attira l’attenzione tutto ciò che è davanti ai nostri occhi ma solo ciò che riesce ad “usci-re” dagli scaffali o rimanere in memoria grazie a speci-fici accorgimenti visivi, come la grafica dell’etichetta di un vino, la sua forma, la dimensione, la texture, i colori o ancora le caratteristiche del punto di vendita. L’u-

Il visual marketing e il ruolo dell’etichetta. Cosa ci attira di più?

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Grazie ad una più attenta e approfondita conoscenza del funzionamento cerebrale è possibile raffinare le abilità commerciali, anche nel mondo del vino. Si trat-ta di conoscenze che rientrano all’interno di una nuova disciplina: il neuroselling.

NEURONI SPECCHIO. Il Neuroselling mette in re-lazione i comportamenti del venditore con quelli del compratore e viceversa, attraverso l’analisi degli ele-menti psicofisiologici e cerebrali alla base di specifici comportamenti negoziali. La conoscenza della struttu-ra del cervello e della sua combinazione con il livello ed il flusso di neurotrasmettitori ed ormoni, garantiscono di poter migliorare le dinamiche negoziali. I contributi delle neuroscienze permettono, infatti, di preparare con maggiore attenzione i venditori alle sfide che de-vono affrontare quotidianamente. In questo ambito, molto utile è la scoperta dei Neuroni Specchio. Negli anni ’90 un gruppo italiano, coordinato dal Giangia-como Rizzolatti ha scoperto casualmente l’esistenza di questo gruppo di neuroni. Si tratta di una popola-zione di neuroni visuo-motori individuati nei primati, in alcuni uccelli e nell’uomo, la cui attivazione avviene sia durante l’esecuzione di azioni, sia durante l’osser-vazione delle stesse azioni compiute da altri (Rizzolatti e Vozza, 2007). I neuroni specchio permetterebbero di

spiegare fisiologicamente la capacità di entrare in re-lazione con gli altri e di spiegare l’effetto camaleonte.

L’EFFETTO CAMALEONTE. Studiata da Chartrand e Bargh (1999), è la teoria secondo cui le persone ten-dono inconsciamente a imitare il movimento corporeo degli altri e le loro espressioni facciali anche al fine di facilitare la loro connessione emozionale. Si tratta di una strategia capace di rendere più positiva una relazio-ne. Ciò avviene anche grazie ai Neuroni Specchio che si attivano non solo quando compiamo un determinato comportamento, ma anche quando osserviamo gli al-tri compierlo. Queste cellule sono distribuite in alcune zone chiave del cervello, quali la corteccia prefrontale, le aree parietali inferiori associate al movimento e alla percezione nonchè nelle regioni del cervello corrispon-denti alla capacità umana di cogliere i sentimenti altrui di comprenderne le intenzion. Secondo Rizzolatti, il Si-stema Mirror ci permette una rapida visione di ciò che ci accade intorno, di provare le emozioni altrui, imme-desimandoci ed entrando in empatia, e di imparare per imitazione. Il riconoscimento delle emozioni stesse si basa su questo “meccanismo a specchio“. Questa è solo una delle nuove conoscenze del funzionamento cere-brale utilizzabile per meglio comprendere le dinamiche relazionali e di contrattazione offerte dal neuroselling.

La contrattazione commerciale e il neuroselling Per diciotto giorni, in un ristorante ha valutato gli in-

cassi correlandoli con il tipo di musica di sottofondo. Il risultato non lascia spazio ai dubbi: Mozart ha con-vinto gli avventori a comprare una bottiglia di vino più caro o a scegliere di non risparmiare sui dessert. Secondo North, ciò avviene perché i clienti, ascol-tando musica classica, si percepiscono come persone più raffinate; così per restare in sintonia con questa loro immagine di sé, davanti alla carta dei vini non badavano a spese. Gli stessi ricercatori si sono dedi-cati anche al cliente di supermercati, per osservare quanto la musica tedesca potesse indirizzare i clienti verso gli scaffali di vini del Reno, mentre quella mu-sica francese verso il Beaujolais. Prima del gruppo di North, Areni e Kim (1993) avevano osservato la stessa propensione verso i vini costosi, dimostrando che chi entra in un’enoteca, dove si diffonde la musi-ca di Mozart, spende il 250% in più rispetto a ciò che accade con una musica meno “ricercata”. Comunque vanno bene anche Beethoven, Brahms e Chopin. Si tratta di un meccanismo chiamato “effetto Château Lafite” ed è facile comprenderne il motivo.

Riferimenti Areni, C. S. and Kim, D. (1993). The influence of background music

on shopping behavior: classical versus top-forty music in a wine store. Advances in Consumer Research, 20, 336-340

North, A. C., Shilcock, A., & Hargreaves, D. J. (2003). The effect of musical style on restaurant consumers’ spending. Environment and Behavior, 35, 712–718.

Il mercato oggi chiede polisensorialità, edonismo, personalizzazione delle relazioni e ludicizzazione del consumo, ovvero la possibilità di trasformare l’espe-rienza enogastronomica in un gioco, se non addirit-tura in un intrattenimento. Ciò dovrebbe spingere ad una maggiore attenzione alla “shopping experience” e alle leve ambientali per creare engagement. Non si tratta di una novità. Purtroppo rileviamo ancora trop-po spesso come questi elementi siano relegati ad un ruolo secondario.

LA DOPAMINA. Eppure anche i più recenti studi neu-roscientifici hanno dimostrato quanto potente sia per esempio una musica gradevole o coerente con il conte-sto nel modificare un’esperienza facilitando il rilascio di dopamina nel cervello.La dopamina è un ormone che viene rilasciato in condi-zioni di piacevolezza o di benessere, capace di attivare anche il Sistema Limbico (ovvero l’area deputata alle emozioni) e il circuito della ricompensa, così come fan-no il cibo, le droghe e il sesso. Oltre a produrre benessere fisiologico, si può usare la musica per indurre comportamenti.

LA RICERCA. Una ricerca condotta nel 2003 da Adrian North North dell’Università di Leicester, in Inghilterra, ha dimostrato che i clienti di un ristoran-te di lusso scelgono i piatti più costosi del menù se nella sala viene diffusa musica ricercata e classica.

La shopping experience. Così la dopamina agisce sul cervello

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Il tema delle differenze di genere è sempre stato di grande interesse nel campo del marketing e trova oggi, grazie alle neuroscienze interessanti indicazioni. In ef-fetti, uomini e donne si differenziano per molti aspet-ti: stili di comunicazione, preferenze, comportamenti, modalità di relazione con gli altri, emotività. L’origine di tali differenze può essere fatta risalire a due diversi ordini di fattori: la cultura e la genetica.

LA CULTURA. L’educazione, la cultura di appartenen-za e la società nella quale una persona cresce e vive hanno sicuramente un’importanza fondamentale nel sollecitare e nel cristallizzare ciò che può essere consi-derato “maschile” e “femminile”. Non a caso, uno degli indicatori di differenziazione culturale delle società in-dividuate da Geert Hofstede, noto psicologo sociale e antropologo olandese, è proprio il grado di mascolinità o femminilità che differenzierebbe le culture.

LA GENETICA. Anche se le neuroscienze ci dicono che più del 99% del codice genetico di uomini e donne è il medesimo, e che tra i 30mila geni del genoma umano, una variazione di meno dell’1% tra i due generi appare minima, in realtà questa piccola differenza influisce su qualsiasi cellula del corpo, come ben descritto in un noto testo di Brizendine (2007). Uomini e donne, infatti, hanno cervelli diversamente connessi e stra-ordinariamente complementari: quello dell’uomo ot-timizzato per un’efficace comunicazione all’interno di ciascun emisfero, quello della donna sembrerebbe più forte nell’interazione tra un emisfero e l’altro.

LO STUDIO AMERICANO. Nel 2014 un gruppo di studiosi americani, guidati da Ingalhalikar, ha pub-blicato uno dei più vasti studi condotti in materia di asimmetria cerebrale, in cui furono analizzati, attra-verso risonanza magnetica, i cervelli di 949 persone (521 donne e 428 maschi), di varie età. I risultati

dimostrarono che nel cervello maschile le connes-sioni corrono dalla fronte alla nuca lungo lo stesso emisfero laddove, invece, nel cervello femminile tali connessioni sono trasversali all’emisfero destro e sinistro (Fig.1). La ricerca ha dimostrato che le due tipologie di cervelli sono generalmente differenti e strutturati per facilitare la connettività tra la perce-zione e il coordinamento delle azioni negli uomini, mentre i cervelli femminili sono maggiormente faci-litati per l’elaborazione analitica e intuitiva. Di fatto, questa differenza potrebbe rappresentare il substra-to biologico di differenze comportamentali note, come la migliore capacità femminile in compiti che necessitino il multitasking, l’intuizione e l’empatia, nonché la migliore capacità maschile in attività mo-torie e nell’orientamento spaziale.

LE DONNE E IL VINO. Nelle nostre indagini di neu-romarketing, svolte sia laboratorio sia in luoghi esperienziali come supermercati o i musei, abbiamo rilevato con l’eye tracking che gli uomini dimostra-no un comportamento visivo caratterizzato da un’e-splorazione specifica e molto dettagliata di poche aree, come si può vedere dall’esplorazione tipica di un’etichetta di vino (fig.2). Analizzando gli elementi che più attivano le consumatrici, rileviamo quanto le donne siano più sensibili al colore del vino o del-la bottiglia, alla sua forma, al messaggio e al grado alcolico. Per quanto riguarda i colori, per esempio, la stereotipica attribuzione dei colori rosa e azzurro ai due generi sembra abbia un riscontro in ciò che

uomini e donne sono portati a guardare maggior-mente. Non ci stupisce, allora, il successo che ebbe qualche hanno fa la bottiglia di una nota marca di Prosecco, quando fu lanciata nel mercato america-no con un’etichetta colore pastello in stile “Tiffany” e con una bottiglia affusolata in grado di ricordare il corpo esile del target di riferimento, ovvero una giovane donna.

LE PRINCIPALI DIFFERENZE. Dalle nostre analisi e da ciò che riporta la letteratura neuroscientifica si ri-leva come gli uomini non prendano in considerazione tutte le informazioni disponibili, ma selezionano solo quelle ritenute importanti, Le donne, invece, osser-vano più aree e si concentrano maggiormente su ele-menti relazioni. Applicando questi risultati al marke-ting del vino, ne viene fuori che le donne prestano più attenzione alle informazioni di tipo narrativo e verba-

le, valutando criticamente le sfumature di significato contenute nel messaggio (Krugman, 1965). Questa caratteristica le porta a essere più caute e obiettive nell’accettare ciò che viene proposto dalla comunica-zione (Shavitt et al., 1998). Inoltre, sembrano curare in maniera più puntuale la ricerca di informazioni cir-ca il prodotto, non accontentandosi degli aspetti più immediati e di superficiali del messaggio.

Uomini e donne non scelgono il vino allo stesso modo

trebicchieriIl settImanale economIco del Gambero rosso

Il vIno? non è ugualeper uomInI e donne.

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anno 10 - n. 18 - 2 maggio 2019

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LE MAGGIORI DIFFERENZE

DONNEvisione d’insiemecolore rosso-viola e pastelloforma della bottiglia affusolatainformazioni di tipo narrativo e verbale

UOMINI:visione selettivacolore blu e verde ed intensiforma più tradizionaleinformazioni schematiche