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39 Numero speciale Pio Turroni Speciale Il muratore dell’anarchia Speciale Da Barcellona a Marsiglia Speciale La casa editrice Antistato Album di famiglia Borghi l’imbianchino Memoria storica “Arrivederci sulle barricate” In archivio L’ultimo scritto di Albert Camus

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39Numero speciale

Pio TurroniSpecialeIl muratore dell’anarchia

SpecialeDa Barcellona a Marsiglia

SpecialeLa casa editrice Antistato

Album di famigliaBorghi l’imbianchino

Memoria storica“Arrivederci sulle barricate”

In archivioL’ultimo scritto di Albert Camus

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Cose nostre 4• Il Fondo Pio Turronia cura di Lorenzo Pezzica• I nostri filmati su youtube• Errata corrige

In archivio 8• L’ultima intervista di Albert Camus

Memoria storica 10• “Arrivederci sulle B. …”: i primipassi dell’anarchismo romanodi Roberto Carocci

Inserto speciale Pio Turroni 12• Il muratore dell’anarchiadi Amedeo Bertolo• Dal movimento anarchico marsigliese a Pio Turroni di Françoise Fontanelli Morel

• Il Comitato Anarchico Pro VittimePolitiche di Marsigliadi Françoise Fontanelli Morel• Riferimenti cronologici 1906-1943.Lavori in corsodi Françoise Fontanelli Morel• Il Gruppo Editore L’Antistatodi Lorenzo Pezzica• Amarcord di Andrea Papi• L’eleganza del ricciodi Franco Melandri

Album di famiglia 46• Borghi l’imbianchinoa cura di Gianpiero Landi

Anarchivi 47• La nuova sede del CIRA Marseille

Hanno collaborato a questo numero, oltre agli autori delle varie schede, Amedeo Bertolo, Rossella Di Leo, Lorenzo Pezzica, Gaia Raimondi, Andrea Staid, Cesare Vurchio.Impaginazione grafica: Emilio Bibini.Ricerca iconografica: Roberto Gimmi, Gianfranco Aresi.In copertina: Pio Turroni (1906-1982), in uno scatto di fine

anni Settanta.Quarta di copertina: Madrid, Puerta del Sol, Marcha generale dei

15M del 23-25 luglio 2011; foto di Marta Milani.

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L’Archivio Giuseppe Pinelli non sarebbeesistito, quanto meno non nella sua consi-stenza attuale, se Pio Turroni non ci avessedonato, alcuni anni prima di morire, la suabiblioteca/emeroteca e il suo archiviodocumentale. Il nucleo originale dell’Ar-chivio Pinelli era infatti costituito dallapiccola biblioteca di circolo messa insiemenegli anni Sessanta dal gruppo milaneseBandiera Nera. Ed era proprio Pino Pinellia gestirla fino al dicembre 1969, tenendoviva la consolidata tradizione anarchica direndere facilmente disponibili i libri e igiornali (pochi, allora) prodotti dal movi-mento. Questa modesta biblioteca si èimprovvisamente espansa, tra il 1976 e il1978, grazie alle tante casse di libri, gior-nali e documenti che Pio aveva deciso, pernostro tramite, di mettere a disposizione ditutti. Un materiale di straordinaria qualitàraccolto nel corso dei decenni, ma sostan-zialmente dopo la seconda guerra mondia-le dato che il fascismo, l’esilio e le pere-grinazioni degli anni Trenta e Quarantaavevano disperso quanto era stato raccoltoprima. Proprio questa donazione ha reso ilnostro archivio fondamentale per la cono-scenza dell’anarchismo italiano, in partico-lare di quella corrente detta antiorganizza-trice che all’epoca faceva riferimento aiGruppi d’Iniziativa Anarchica e al gruppoitalo-americano intorno a “L’Adunata deiRefrattari”. Difatti, altri importanti fondidi quella corrente anarchica sono seguiti aquello di Pio: il Fondo Farinelli-L’Interna-zionale, il Fondo Michele Damiani, ilFondo Max Sartin e altri ancora.Il nostro gruppo non faceva parte di quellacorrente, né di quella storia. Eravamo gio-vani anarchici (all’epoca impegnati nell’e-sperienza dei Gruppi Anarchici Federati)che si rifacevano a pratiche e riflessionidiverse. Rispetto a quella storia e a quelleformulazioni (ad esempio organizzatori-antiorganizzatori) eravamo già anarchici

post-classici, e questo Pio lo percepiva.Percepiva la differenza, ma al tempo stes-so aveva ben chiaro che stavamo comun-que tracciando uno dei tanti percorsi possi-bili dell’anarchismo contemporaneo. E ciha aiutato – senza mai tirarsi indietro nellecritiche se lo riteneva opportuno (e lo rite-neva spesso) – in tutti gli aspetti del pro-getto editoriale e culturale che stavamoimpiantando allora: non solo donandoci ilsuo Fondo, ma sollecitando i vecchi com-pagni a sostenere economicamente ilnuovo mensile “A” o, in seguito, affidandoal nostro gruppo (non solo milanese) larivista “Volontà” e le edizioni Antistato, dicui era fondatore e responsabile. Non a caso abbiamo sempre visto Piocome una sorta di “padre anarchico” che,pur lasciandoci liberi di agire, ci ha incerto modo lasciato la “bottega di fami-glia”. In realtà era più un nonno che unpadre, data la differenza generazionale, ecertamente un nonno burbero, più da scap-pellotti virtuali che da caramelle. Unnonno che non ci ha raccontato favoletteedificanti sull’anarchismo, ma che attra-verso racconti nudi e crudi è riuscito apassarci tutto l’ethos e il pathos del suoanarchismo. Che è diventato anche ilnostro.Ma questo ricordo a trent’anni dalla mortenon sarebbe completo se non citassimoanche le grasse risate che ci siamo fattiinsieme. Pio aveva infatti una vena umori-stica genuinamente popolare che uscivafuori non solo nei momenti conviviali maanche quando ricordava i tanti episodidella sua vita involontariamente avventu-rosa. Episodi che nonostante la drammati-cità dei contesti erano di fatto esilaranti.Come quella volta che con Leo Valiani,mentre scappavano insieme dalla Franciadi Vichy, ebbero una vivace discussionesull’opportunità di nascondere i soldi indiscutibili orifizi…

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4Cose nostre

Il Fondo Pio Turroni

a cura di Lorenzo Pezzica

Estremi cronologici: 1906-1982Consistenza: bb. 10 (fascc. 219)

Il Fondo Pio Turroni rac-coglie documentazione apartire dal 1923 fino al1981.Già prima della morte, av-venuta nel 1982, Turroniaveva donato la sua riccabiblioteca al Centro StudiLibertari / Archivio G. Pi-nelli, poi integrata dal suoarchivio personale dalquale è possibile rico-struire la fitta rete di con-tatti che Turroni ebbe siain Italia sia all’estero, inparticolare con il movi-mento anarchico italo-americano raccolto in-torno alla testata“L’Adunata dei Refrat-tari” di Raffaele Schiavina(Max Sartin).Gran parte del Fondo ècomposto da lettere. Visono poi ritagli di gior-nale, volantini, opuscoli,fotografie, scritti, appunti,materiale preparatorio e distudio, materiale contabilerelativo all’attività edito-riale della casa editriceAntistato, della rivista

“Volontà”, del “NotiziarioGIA”, documentazionepersonale di Turroni ri-guardante la sua attività digiornalista, diplomi, li-cenze, documenti perso-nali.Il Fondo è articolato indue serie: Documenti eCorrispondenti. La serieDocumenti è ordinata cro-nologicamente, mentre la

serie Corrispondenti è or-dinata alfabeticamente percorrispondente.

Serie DocumentiEstremi cronologici:1906-1981Consistenza:bb. 5 (fascc. 112)

La serie Documenti racco-glie tutta la documenta-zione che riguarda più davicino il percorso di vitadi Turroni sia dal punto divista militante che perso-nale. Si trovano così con-servati nella serie, insiemeai certificati anagrafici,diplomi scolastici, tesseredell’ordine dei giornalisti,rubriche telefoniche e in-dirizzari personali, anchedocumentazione del Ca-sellario Politico Centrale,conservato presso l’Archi-vio Centrale dello Stato,

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Fine anni Settanta: Luciano Lanza, Pio Turroni e Amedeo Bertolo

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5 Cose nostre

riguardante Pio Turroni,fotografie segnaletiche,carte che riguardano lasua attività politica, edito-riale, professionale. Laserie, ordinata cronologi-camente, conserva anchela corrispondenza deicomponenti del Comitatodi Corrispondenza deiGruppi d’Iniziativa Anar-chica.

Serie CorrispondentiConsistenza: bb. 5 (fascc. 107)

La serie Corrispondentiraccoglie il ricco carteg-gio di Turroni con mili-tanti del movimento anar-chico italiano einternazionale. Sono pre-senti anche lettere di per-sonaggi della cultura edella politica italiana non

appartenenti al movi-mento anarchico, qualiper esempio EmilioLussu, Ignazio Silone,Leo Valiani e altri ancora.La serie è ordinata alfabe-ticamente per mittente.All’interno di ogni fasci-colo, intitolato con ilnome del mittente, le let-tere sono ordinate crono-logicamente.La serie conserva anchenumerose veline delle let-tere di risposta di Turroni.Tali lettere, essendo fisi-camente unite alle letteredei corrispondenti, sonostate lasciate nei diversifascicoli, così come liaveva organizzati lostesso Turroni.

Strumenti di corredo delFondo:

Lorenzo Pezzica (a curadi), Archivio Pio Turroni.Inventario 1906-1982,Milano, 2001.L’elenco di consistenza èstato pubblicato sui nu-meri 11 e 18 del “Bollet-tino dell’Archivio Pinelli”(scaricabili dal sitowww.centrostudilibertari.it)

I nostri filmatisu youtube

In occasione dell’uscitadella biografia romanzatadi Errico Malatesta scrittada Vittorio Giacopini,Non ho bisogno di staretranquillo, Errico Malate-sta, vita straordinaria delrivoluzionario più temutoda tutti i governi e le que-sture del regno (elèuthera,Milano, 2012, 176 pp.,

La “tessera” da miliziano di Pio, consegnatagli a Perpignan quan-do passa la frontiera dalla Francia alla Spagna per raggiungere laColonna italiana. Fondo Pio Turroni, Archivio G. Pinelli.

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6Cose nostre

14,00 euro), abbiamo resopubblico un breve filmato(l’unico a nostra cono-scenza) in cui compareMalatesta. Si tratta in tuttodi un minuto di rare im-magini donate al nostroarchivio da Paolo Gobetticirca vent’anni fa. Chiaramente il filmato erasu pellicola e nel corso deltempo l’abbiamo riversatonei vari formati digitaliche diventavano via viadisponibili. Quest’anno,grazie all’elaborazione diLucilla Salimei, le imma-gini sono state caricate suyoutube (vedi link su sitowww.eleuthera.it alla pa-gina di presentazione dellibro).Questi fotogrammi, ecce-zionali per l’epoca, ri-prendono la manifesta-zione indetta a Savona iprimi due giorni di mag-gio del 1920 appunto percelebrare la ricorrenza delPrimo Maggio. Siamo inpieno “biennio rosso” e leimmagini che scorrono te-stimoniano di una grandemobilitazione popolare. Ilcorteo si conclude nellacentralissima piazza Gari-baldi con un comizio alquale partecipano, oltreMalatesta, anche lo spez-zino Pasquale Binazzi,Cesare Ravaschio, re-sponsabile della Coopera-tiva Carbonai dei portualigenovesi arrivati a Savonacon il treno speciale

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7 Cose nostre

messo a disposizione dalSindacato Ferrovieri, eAntonio Negro, responsa-bile della locale Cameradel Lavoro e padre dellabambina che Malatestatiene in braccio nei foto-grammi finali. Le imma-gini della festa popolaresono state invece girate ilgiorno successivo nelBosco delle Ninfe.Con l’occasione segna-liamo che sullo stesso ca-nale youtube di elèutherasono stati caricati altri duefilmati del centro studi li-bertari: Nestor Machno ela rivoluzione anarchicain Ucraina, 1917-1921 diHélène Châtelain, messoonline con l’assenso dellaregista belga-ucraina inoccasione dell’uscita dellibro di Alexander V. Shu-bin Nestor Machno: ban-diera nera sull’Ucraina,guerriglia libertaria e ri-

voluzione contadina(elèuthera, Milano, 2012,232 pp., 15,00 euro) e Lapratica della libertà, in-tervista a Colin Ward diPaolo Cottino, realizzatanel maggio 2010 per ri-cordare Colin a pochimesi dalla scomparsa (siveda nella pagina prece-dente il bozzetto cheFerro Piludu aveva prepa-rato per quell’occasione). E non è finita qui, perchénel prossimo futuro inten-diamo rendere disponibilianche altri filmati prodottidal nostro centro studi nelcorso del tempo, a comin-ciare da La resistenzaanarchica in Italia e dallevarie interviste originaliraccolte nel 1995 nell’am-bito della ricerca sul con-tributo degli anarchici allaResistenza.

Errata corrigeCi scrive MarianneEnckell del CIRA Lau-sanne per segnalare che lafoto pubblicata sulloscorso numero del Bollet-tino (e qui riprodotta) perillustrare la biografia diVictorine Brocher, raffi-gura sì Louise Michel alcentro e Paule Mink allasua sinistra, ma non è deltutto certo che la terzapersona sia effettivamentela nostra Victorine. Forsesi tratta di Marie Ferré,come suggerisce il CE-DIAS, presso cui è con-servato l’originale dellafoto, il quale precisa chele tre donne ritratte sonostate così identificate dallapersona che ha donato lafoto, ovvero MauriceChambelland. Altre fontiinvece identificano laterza persona con Victo-rine, dunque il dubbiopermane.

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8In archivio

La rivista anarchica “Reconstruir”, fattain collaborazione di un gruppo di compa-gni di Buenos Aires con altri di Montevi-deo, nel suo n. 4, gennaio-febbraio 1960,ci dà notizia di un’inchiesta su qualcheproblema internazionale che alla fine del1959 aveva inviato a compagni e perso-nalità note di vari paesi, fra i quali anchead Albert Camus. La risposta del grandescrittore francese arrivò alla direzione di“Reconstruir” il 13 gennaio, cioè novegiorni dopo che egli era finito tragica-mente com’è a tutti noto.Crediamo sia utile pubblicarlaperché tale inchiesta può invo-gliare altri a parteciparvi e perchéfa conoscere una delle ultime ma-nifestazioni del pensiero di AlbertCamus (la sua risposta era stataspedita da Parigi il 29 dicembre).Ed è questo anche un modo disentirlo sempre vivo tra noi. Latraduciamo, quindi, integralmenteda “Reconstruir”.

Reconstruir: Gli incontri al ver-tice tra i rappresentanti degliStati Uniti e quelli dell’UnioneSovietica possono farci sperareche si potrà superare la cosid-detta guerra fredda e la divisionedel mondo in due blocchi antago-nistici?

Albert Camus: No. Il potere fa impazzirecolui che lo detiene.

Reconstruir: Qual è la sua opinione sullepossibilità di una coesistenza pacificadei regimi capitalista e comunista?

Albert Camus: Non vi è più regime capi-talista puro né regime comunista puro. Visono poteri che coesistono perché si te-mono.

Reconstruir: Crede, tra l’altro, nel-l’alternativa Stati Uniti/Unione So-vietica o accetta la possibilità diuna terza posizione? E se crede inuna terza posizione, come la de-scrive, come la definisce?

Albert Camus: Credo in un’Europaunita, appoggiata all’America La-tina e, domani, quando il virus na-zionalista avrà perduto la sua forza,all’Asia e all’Africa.

Reconstruir: In un altro ordine dicose, crede positivo lo sforzo che sista realizzando allo scopo di con-quistare lo spazio? Le pare retro-grado l’atteggiamento di moltagente che pensa che sarebbe meglioimpiegare sulla terra le enormisomme usate in missili e satelliti,per risolvere – per esempio – lacronica denutrizione di vaste re-

L’ultima intervista di Albert Camusda “Volontà”, n. 5, 1960

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gioni del nostro pianeta?

Albert Camus: La scienza progrediscetanto per il male quanto per il bene. Nonc’è niente da fare. Per lo meno, si puònon provare troppa soddisfazione davantia realizzazioni tecnicamente magnifichee politicamente ciniche.

Reconstruir: Come immagina il futurodell’umanità? Che cosa si dovrebbe fareper arrivare ad un mondo meno oppressodalle necessità e più libero?

Albert Camus: Dare, quando si può. Enon odiare, se si può.

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Le prime notizie a noi perve-nute intorno allo sviluppo el’affermazione dell’anarchi-smo a Roma risalgono allaprima metà degli anni Settantadell’Ottocento. A quel tempo,per opera di Giuseppe Berto-lani, in polemica con OsvaldoGnocchi Viani, si costituì lasocietà dei Franchi lavoratori,quale ponte tra una prima fasedella sezione locale dellaPrima Internazionale e una se-conda, maggiormente impron-tata in senso antiautoritario.Le differenze intercorse traViani e Bertolani riguarda-

vano principalmente l’attrazione di que-st’ultimo verso soluzioni insurrezionali-ste, volte alla rivolta sociale e alla lotta

armata. L’occasione nonmancò. Per il 1874, infatti, siandava preparando l’insurre-zione di Bologna, motivo peril quale Errico Malatesta eAndrea Costa scesero piùvolte nella capitale per incon-tri preparatori con i compa-gni. Il fallimento del motobolognese, però, segnò unduro arresto per il socialismointernazionalista italiano e,anche a Roma, gli anarchicisi ritrovarono per lo più incarcere o costretti all’inatti-vità da un pressante controllopoliziesco. Malatesta e Ca-fiero si recarono più volte

10Memoria storica

“Arrivederci sulle B. …”: i primi passi dell’anarchismo romano.

di Roberto Carocci

Amilcare Cipriani (1843-1918). I due disegnidi Fabio Santin riprodotti in queste paginesono ripresi dal libro illustrato La rivoluzionevolontaria, biografia per immagini di ErricoMalatesta (Antistato, Milano, 1980), a cura diFabio Santin ed Elis Fraccaro.

Carlo Cafiero (1846-1892).

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11 Memoria storica

nell’Urbe, sia al fine di sostenere la rico-struzione dell’area sia per vagliare le pos-sibilità di farne il centro della sezione ita-liana dell’Internazionale. Per seguire ilprogetto, Malatesta e Cafiero, in regimedi semiclandestinità, provarono a trasfe-rirsi nell’Urbe. Ma le attenzioni della po-lizia erano fin troppo invadenti: Cafieronon riuscì a trovare lavoro, mentre Mala-testa dovette fuggire per sottrarsi a un’ir-ruzione del pubblica sicurezza, che portòal sequestro di un suo copioso e preziosocarteggio. In ogni modo, l’opera di rico-struzione della sezione romana sembravadare i suoi frutti. Sebbene costretti allamacchia, gli internazionalisti intessevanosolidi legami con alcuni comparti operai egiovanili. Ma con la repressione seguitaal moto del Matese nel 1877 (al qualesolo pochi romani poterono partecipare,quasi tutti bloccati dai carabinieri a PonteMolle quando erano in partenza per rag-giungere Malatesta e gli altri), l’Interna-zionale andava concludendo il suo ciclo aRoma e, solo dopo alcuni anni, gli anar-chici poterono riprendere le loro attività.Inizialmente definiti dal prefetto come“anarchici nichilisti”, si riorganizzaronopiù tardi intorno a un gruppo giovanile, esul finire del 1883, all’interno dell’Asso-ciazione Democratica della Gioventù chesi riuniva nelle sedi operaie della città, siformò un primo raggruppamento che, il10 marzo 1884, prese il nome di CircoloSocialista Amilcare Cipriani. Filippo Francois era il principale anima-tore del gruppo, formato da una trentinadi “ragazzacci”; alle manifestazioni pub-bliche si presentavano con una fasciarossa al braccio con su impresso il nu-mero da galeotto del Cipriani, all’epocain carcere. Considerate le pressioni poli-ziesche, il Circolo si trasformò nella So-cietà Cosmico Romana, per poi scio-gliersi e ricomparire in maggio quale

Circolo Egalitario Giovanile, con un “Pro-gramma” volto all’abolizione della pro-prietà privata, dei culti e del potere statalee uno “Statuto” che definiva il carattere“socialista” del Circolo e i criteri di ade-sione e organizzazione interna. La sua atti-vità era volta in primo luogo alla propa-ganda, orale e scritta; per bandiera, ilCircolo adottò un drappo bianco e nerocon la scritta “Arrivederci alle B. …”, con“B.” che stava a significare “barricate”. I giovani socialisti, i primi arresti li subi-rono in seguito a un loro provocatorio in-tervento alla chiesa della Minerva, dove ingiugno si svolse una tre giorni per la re-denzione delle anime dalla bestemmia. Ilmese seguente, il Circolo ospitò Malatestaper un banchetto e aderì a – ciò che rima-neva – dell’Internazionale. Dall’espe-rienza del Circolo Egalitario Giovanile,nell’autunno dello stesso anno, il 10 otto-bre, si formò una nuova associazione: ilNucleo Comunista Anarchico Carlo Ca-fiero, la prima struttura politica romana adichiararsi esplicitamente anarchica o co-munista. Composto da una ventina di soci,tutti operai, il Nucleo aveva lo scopo dipromuovere la propaganda socialista eanarchica tra i lavoratori; per addestrarsiall’uso delle armi, in diversi s’iscrisseroall’associazione Pro Patria, che gestiva itiri a segno. Il Nucleo segnava l’inizio diun nuovo ciclo e la fine della Prima Inter-nazionale a Roma, dalla quale i comunisti-anarchici romani, se pure invitati ad ade-rire, preferirono restare “separati” eindipendenti.

FontiF. Della Peruta, L’Internazionale a Roma dal1872 al 1877, “Movimento Operaio”, n. 1,1952.P. C. Masini, Cafiero, Rizzoli, Milano, 1974.Archivio Centrale dello Stato di Roma, Gabi-netto di Prefettura, Buste173, 255 e 278.

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“Egregia Signora, le invio il certificato dimorte del povero Camillo1. Un duplicatodi questo rimane alla Signora Angeloni2.Se ne servirà per fare pratiche per la pen-sione, alla quale lei ha diritto perchéquando Camillo fu assassinato era mili-ziano”3. Così scriveva, alla metà del lu-glio 1937 da Barcellona, l’anarchico ita-liano Pio Turroni alla vedova di CamilloBerneri.Venticinque anni dopo, quella stessa Gio-vanna Berneri, che dirigeva a Genova il

mensile anarchico “Volontà”, muoresotto gli occhi di Pio Turroni, mentre lefa visita in ospedale, convalescente di unattacco cardiaco.“Ero all’ospedale con lei da tre ore […],era contenta di tornare a casa. Eppoi laprendo sottobraccio per discendere lescale dell’ospedale e, improvvisa, la tra-gedia, […] stramazza fulminata”4. Erapassato un quarto di secolo e Turroni erastato testimone della morte (nettamenteprecoce) dell’uno e (relativamente pre-

12Speciale Pio Turroni

S P E C I A L E P I O T U R R O N I

Foto ricordo di vecchi antifascisti a Piazzale Loreto, Milano (1946?) proprio davanti al distributoredi benzina dove erano stati appesi il 29 aprile 1945, i cadaveri di Mussolini, della Petacci e di altriesponenti del regime fascista. Nell’immagine commentata da Armando Borghi per riconoscere le per-sone presenti si legge: “Mo cugino, Turroni, Io me. Fedeli. Gli altri non li conosco di nome”. Fonte Archivio A. Borghi, Castel Bolognese.

Il muratore dell’anarchiadi Amedeo Bertolo

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coce) dell’altra dei coniugi Berneri,grosso modo suoi coetanei, entrambe fi-gure di assoluto rilievo dell’anarchismoitaliano nel trentennio centrale del Nove-cento. Testimone diretto nel secondocaso, testimone indiretto o quasi-testi-mone nel primo caso, nel senso che Tur-roni fu uno dei primi italiani, se non ilprimo, a sapere della morte di Camillo edelle sue circostanze.È del tutto probabile che Turroni fosse ilprimo o tra i primi a sapere dell’assassi-nio di Berneri, perché in quel tragico ini-zio di maggio del 1937 a Barcellona egliera suo stretto collaboratore e ne rileveràil ruolo di “commissario politico” diquello che restava della Colonna italiana,o meglio dei volontari anarchici italiani.Cioè quello che restava dopo la forzatamilitarizzazione delle milizie, con il con-seguente passaggio di “giellisti”, sociali-sti e comunisti alle Brigate Internazionalie la forte avversione della maggioranzaanarchica su un decreto (da loro a lungoignorato come “non pertinente”) che vo-leva trasformarli da combattenti della ri-voluzione sociale in soldati di una guerracivile, con un esercito di tipo tradizionalee una crescente presenza borghese e co-munista nella gerarchia. Un certo numero di miliziani anarchiciitaliani – e tra di essi Pio – erano allog-giati nella caserma Bakunin (ex Pedral-bes) a Barcellona. Lì Turroni, con gli altricompagni, mordeva il freno e assistevaimpotente al primo scoperto (e armato)atto di forza della già strisciante contro-rivoluzione in campo antifascista, dell’al-leanza comunisti-borghesi. Ebbe la tentazione, Pio, di “dare unamano” alla resistenza spontanea della“base” anarchica e anarcosindacalista.“Avevamo la caserma comunista Carlo

Marx sotto il tiro potenziale di un can-none (loro non ne avevano), potevamodargli una bella cannoneggiata ‘di avver-timento’, per così dire, come suggerii aicompagni spagnoli, ma loro non vollerosentirne parlare. Gli ‘ordini’ della diri-genza CNT-FAI erano di cercare a tutti icosti, in nome dell’unità antifascista, lapacificazione… che fu poi, come s’èvisto, una resa da parte nostra e l’iniziodella fine della rivoluzione sociale liber-taria”5.Turroni era arrivato in Spagna all’iniziodell’agosto 1936, con il primo gruppo divolontari italiani, per lo più anarchici e“giellisti” (cioè del movimento liberal-socialista Giustizia e Libertà), ma ancherepubblicani e alcuni socialisti e comuni-

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14Speciale Pio Turroni

sti ancora in attesa delle decisioni delpartito, cioè in pratica del Comintern).Questi volontari, circa centocinquantauomini (primo nucleo della Colonna ita-liana che arrivò, a metà settembre, a set-tecentocinquanta effettivi circa, contandoanche un paio di centinaia di francesi euna cinquantina di polacchi che si eranoaggregati), vengono acquartierati nellacaserma Bakunin per un rapido addestra-mento militare e poi inviati sul fronte diAragona, sotto il comando di Carlo Ros-selli6, dell’anarchico Bifolchi (ex-uffi-ciale dell’esercito italiano) e del repub-blicano Mario Angeloni (anch’egliex-ufficiale). Partono divisi in una compagnia di fuci-lieri e una di mitraglieri (con quattro mi-traglie!), inquadrati nella Colonna di mi-liziani libertari Ascaso. Stabiliscono il

loro ridotto trincerato dalle parti di Hue-sca, su un dosso strategico lungo lastrada per Saragozza, denominato MontePelato da Angeloni. Il 20 ottobre Turroni viene ferito allatesta e a una spalla in un furioso combat-timento nella località di Tardienta. Dopouna permanenza negli ospedali di Lerídae di Barcellona, ritorna sul fronte di Hue-sca ai primi di dicembre, sempre nellaSezione Italiana della Colonna Ascaso.“Vi passai quasi tutto il gennaio 1937,nella calma più completa. Non si pote-vano attaccare i fascisti per mancanza diarmi adeguate e in quella forzata inope-rosità si svilupparono polemiche all’in-terno della Sezione Italiana tra gli ade-renti ai vari partiti e movimenti. Per tuttoquesto mi feci trasferire alla Sezione In-ternazionale della Colonna Ortiz [un’al-

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Metà anni Settanta: Amedeo Bertolo e Pio Turroni nella sede del Cassero di Bologna per un’assem-blea regionale di “A rivista anarchica”.

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tra colonna CNT-FAI, N.d.A.] che ope-rava sul fronte di Caspe (Teruel), chesembrava più attivo di quello di Huesca.Fui nuovamente ferito ad una gamba [il 3marzo a Belquite, N.d.A.] e passai all’o-spedale di Tarragona”7. A fine marzo, convalescente, ritorna aBarcellona, dove resterà sin verso la finedi luglio. Qui trova una situazione ben di-versa dall’ultima volta che c’è stato: so-cialisti, catalanisti e soprattutto comunistisono alla controffensiva contro anarchicie anarcosindacalisti, ancora “egemoni” inCatalogna e nella parte liberata dell’Ara-gona, anche se già politicamente indebo-liti rispetto al luglio-agosto del 1936.La rivoluzione è sulle difensive (e Tur-roni lo percepisce perfettamente) e lo è diconseguenza anche la guerra contro i na-zionalisti, avendo perso lo slancio popo-lare rivoluzionario. Le cose si mettono male su tutti i fronti, acausa anche dell’intervento italo-tedesco,in armi e uomini, a favore dei franchisti.È in questa atmosfera che nasce in Pio ilprogetto di un attentato a Mussolini, unfatto che avrebbe “scosso e colpito ilfronte dei reazionari che aiutavano[Franco] tanto efficacemente e le masseeuropee ingannate dalla socialdemocra-zia e dai comunisti”8. A maggio Turroni,assieme al compagno Attilio Balzamini,presenta un progetto operativo alla Se-zione di Guerra della CNT-FAI, ma ilprogetto non viene approvato. O forsesolo “messo in aspettativa”: le memoriedi Pio in merito sono un po’ contradditto-rie9. Turroni, per certo, non abbandonal’idea, che riproporrà l’anno successivo,come vedremo.A fine luglio, dopo avere licenziato allestampe le edizioni italiana e spagnola diMussolini alla conquista delle Baleari di

Camillo Berneri, lascia la Spagna: vi havissuto tutto il primo anno della rivolu-zione10. Il 28 luglio scrive alla Berneri: “Sonopartito da Barcellona nella notte di sabatoe sono arrivato a Marsiglia, dove mi fer-merò qualche tempo”11. Ha da poco com-piuto trentun’anni.È nato, infatti, il 30 maggio 1906 a Ce-sena, in Romagna, da famiglia operaia. Asedici anni è già schedato come anar-chico dalla polizia. Nel 1923, per sfug-gire alle persecuzioni fasciste (due suoifratelli, repubblicani, erano stati seria-mente feriti da armi da fuoco in occa-sione di uno sciopero generale; lui stessoè stato più volte malmenato dagli squa-dristi), emigra in Belgio, dove rimanedue anni, lavorando nell’edilizia e fa-cendo agitazione sociale. Si trasferisce poi in Francia, a Parigi,dove continua il suo lavoro di muratore eil suo impegno politico, partecipando fral’altro alla campagna per Sacco e Van-zetti, e dove conosce e stringe amiciziacon Camillo Berneri, anch’egli esule.Poi, dal 1933 al 1935, si sposta a Brest elì è l’animatore di una piccola iniziativaeditoriale libertaria: tre opuscoli, L’ope-raiolatria di Camillo Berneri, La guerrache viene di Simone Weil e Il governoforte di Francesco Amoroso. Nel 1936 è per lavoro a Vichy, quandoarriva la notizia del sollevamento mili-tare e dell’insurrezione popolare. Nonperde tempo e parte per Barcellona, la“capitale” anarchica della penisola ibe-rica.Come dicevamo, Pio nel 1937 è di nuovoin Francia, a Marsiglia. Qui riprende icontatti con i compagni italiani, in esiliopolitico o economico. “Sono una dozzinai gruppi aderenti all’Unione Anarchica

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Italiana”, scrive nell’aprile del 1938 aGiovanna Berneri12 (che da Egregia Si-gnora è diventata Carissima Giovanna,cioè non più moglie o vedova di un com-pagno ma essenzialmente una compagnaessa stessa). E riprende il suo progetto diattentato a Mussolini.Nel gennaio del 1938 ritorna a Barcel-lona con Domenico Ludovici (un anar-chico di Pesaro, anche lui volontario inSpagna nel luglio 1936 e passato a Mar-siglia con Turroni un anno dopo). Si ri-volge di nuovo alla Sezione di Guerradella CNT-FAI, per il tramite di AugustínSouchy e Martin Gudel, responsabilidella branca straniera della stessa. Questavolta la proposta viene accettata. Il progetto è di giustiziare il Duce a Ri-mini all’inizio dell’agosto successivo,cioè nel periodo e nel luogo che corri-spondono alle tradizionali vacanze fami-liari di Mussolini. Gli autori dell’atten-tato sarebbero stati i due proponenti,originari di zone prossime a Rimini e cheavrebbero perciò saputo come muoversisul posto. Gli spagnoli devono fornire gliordigni esplosivi, abbastanza sofisticati,necessari; viene fissata come data limitein cui il materiale deve arrivare a Marsi-glia il 31 luglio.Ludovici si mette alla ricerca di un pas-saggio sicuro delle frontiere franco-sviz-zera e svizzero-italiana. Turroni, perparte sua, si dà da fare per cercare, in al-ternativa, un passaggio navale. A tal fineprende accordi con un francese, “capi-tano d’armamento”, segnalatogli comeantifascista e amico degli anarchici. Co-stui viaggia su un piroscafo passeggeri, il“Florida”, della linea di navigazione Pa-quet, che fa la tratta Marsiglia-Genova-Napoli-Buenos Aires e ritorno, ripetendolo stesso percorso ogni quaranta giorni

circa. In particolare, per la “bisogna”, sa-rebbe partito da Marsiglia per Genovaproprio il 1° di agosto.Non avendo trovato Ludovici un passag-gio via terra, lui e Pio attendono invanoper tutto luglio che arrivi il compagnospagnolo con il “materiale”. Quando ar-riva, il 4 agosto, non solo la nave è giàpartita ma è ormai troppo tardi per orga-nizzare qualcos’altro prima che finisca ilbreve soggiorno balneare di Mussolini.Così quel progetto finisce nel nulla12.Turroni resta a Marsiglia, “soprattuttoperché vi era una possibilità di attivitàpolitica, [ed era] poco lontana dalla Spa-gna dove la guerra civile continuava adinfuriare, [ero] molto attivo tra i compa-gni spagnoli che vi avevano una forte or-ganizzazione commerciale […] che co-priva molteplici attività politiche. Eradiretta da un meticcio portoghese-ango-lano, un intraprendente laureato, un com-pagno molto simpatico”13.Turroni resta a Marsiglia anche nel 1939,quando la seconda guerra mondiale è alleporte, quando “la Francia era una trap-pola in una più grande trappola europeache si stava chiudendo. E Marsiglia erauna trappola per topi”14. Ma, diceva Pio,“è vero, è il momento di filarsela, tra unasettimana o quindici giorni sarà certotroppo tardi, […] ma il mio accento, ilmio portamento, il mio muso sono altret-tanti nemici per le frontiere. Preso qui oaltrove, tanto vale restare e dare unamano a chi è rimasto indietro, agli imbot-tigliati, ai disperati”15. Esuli spagnoli, ma anche italiani. Turroniè diventato una sorta di terminale marsi-gliese per gli aiuti degli anarchici italo-americani che fanno capo a “L’Adunatadei Refrattari”. “Con il denaro che conti-nua ad arrivare dagli Stati Uniti attra-

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verso la Svizzera, do da mangiare a centoo centoventi ‘zebre’ come noi… minestrao pasta, comunque l’essenziale. Se ioparto, è lo sbandamento, la prigione, l’e-spulsione…”16.Come previsto, scoppia la guerra e il 3settembre Pio Turroni viene arrestato. Ri-mane in prigione fino al giugno 1940, poiviene trasferito al campo di internamentodi Remoulins, da cui evade ai primi del1941. Tramite Emilio Lussu17 riesce adavere dal Consolato messicano un passa-porto di “apolide”. Bisogna però, per im-barcarsi per il Messico con quel passa-porto, arrivare fino a Casablanca, inMarocco.

Turroni ha contatti anarchici anche in Al-geria e in Marocco, utili per sé, per Lussue per una manciata di altri italiani di variafede politica in fuga da Marsiglia. Unprimo tentativo di imbarco a Marsiglia,con Aldo Garosci18, fallisce per la dela-zione di un marinaio francese. Nuovo in-ternamento, nuova fuga e nuovo im-barco, questa volta con Leo Valiani19 equesta volta riuscito.Turroni arriva a Algeri e, tramite compa-gni italiani ivi residenti, passa a Orano;poi, grazie a compagni spagnoli, attra-versa la frontiera algerino-marocchina earriva a Casablanca. Qui, dopo mesi dispasmodica attesa e di lavoretti saltuari,

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Ancona, 1964, manifestazione per il cinquantenario della Settimana Rossa: Turroni (seduto) con Augu-sto Masetti (al centro), Cesare Fuochi e altri. Fonte Archivio A. Borghi, Castel Bolognese.

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riesce a imbarcarsi sulla nave “SerpaPinto”, noleggiata dalla Croce Rossa, sucui sono stipati “stretti come sardine”milletrecento passeggeri, in massimaparte profughi spagnoli. Sulla “SerpaPinto” viaggiano anche i coniugi Pac-ciardi20. In prima classe. Il 20 dicembre1941 Pio è a Vera Cruz, in Messico.Rimane in Messico meno di due anni. Il1° dicembre 1943, infatti, Turroni sbarcaa Napoli. Di nuovo in Italia dopovent’anni di esilio, in quella parte dell’I-talia meridionale appena liberata/occu-pata dagli Alleati… le cui Autorità mili-tari due giorni dopo gli ingiungono dilasciare Napoli. Va a Bari, dove mette su-bito all’opera il suo indomito entusiasmoe le sue doti di organizzatore per la rico-struzione del movimento anarchico. Ini-zialmente trova pochi compagni, inattivi,“gente rovinata dal carcere e dalconfino”21. Si muove per la Puglia e sco-pre che la maggior parte dei compagnipiù o meno della sua generazione è pas-sata al Partito d’Azione (ex Giustizia eLibertà), al Partito Socialista e al PartitoComunista.Con molta pazienza Pio ritesse le fila tragli anarchici rimasti e, in occasione delcongresso di Bari (28 gennaio 1944)della CGIL, la confederazione sindacaleallora unitaria, ritrova numerosi compa-gni provenienti, come delegati, da Sicilia,Calabria, Basilicata. Qualcosa si va ri-componendo, nonostante tutto. Stimola epartecipa all’organizzazione di un conve-gno anarchico a Cosenza (Calabria) il 5-6giugno e di un nuovo convegno a Napoliil 20 giugno.A Napoli promuove, con Giovanna Ber-neri e Cesare Zaccaria, la pubblicazionedel giornale “Rivoluzione Libertaria”(organo dei Gruppi Libertari dell’Italia

Meridionale, sette numeri usciti nel1944), clandestino perché le democrati-che Autorità alleate negano l’autorizza-zione. A Bari viene arrestato dai militariamericani per affissione di manifestianarchici e consegnato alla polizia ita-liana, che dopo qualche giorno lo rimettein libertà… A Roma “liberata” è tra i pro-motori, alla fine dell’anno, della rinascitadi “Umanità Nova” (già glorioso quoti-diano malatestiano prima del fasci-smo)… E finisce la guerra.Finisce la guerra e, prima ancora, Turronitorna nella sua Romagna, dopo tanti annidi vagabondaggio. E, dopo tanti anni divagabondaggio sentimentale (tra le rela-zioni più durature gli si conoscono unionimore uxorio a Parigi, a Marsiglia e inMessico), si unisce in libera ma duraturaunione con Natalia Mongiusti, con cuivivrà fino alla morte. Torna in Romagna,riprende il suo lavoro di muratore e la suafrenetica attività di militanza. Comizi,volantini, manifesti, incontri organizza-tivi, pubblicazioni…Dapprima fa uscire con periodicità irrego-lare il foglio “Aurora” (i primi due nu-meri clandestinamente, tra la fine del1944 e l’inizio del 1945, poi legalmentefino al 1950), successivamente, nel 1950-51, “L’Antistato” e, con la sigla derivata(Edizioni dell’Antistato), libri e opuscoli. Nel frattempo, dal 1946 è formalmente“gestore” e direttore responsabile delmensile “Volontà” (a dire il vero, è già re-sponsabile di un periodico dallo stesso ti-tolo, prosecutore della “Rivoluzione Li-bertaria”), che usciva allora a Napoli edera di fatto diretto da Giovanna Berneri eCesare Zaccaria. Aiuta, sostenendoli mo-ralmente e sollecitando per loro aiuti fi-nanziari da parte dei compagni italo-ame-ricani (di cui è diventato, fin dai tempi di

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Marsiglia, uno dei più fidati e affidabilireferenti), i giovani che a Milano fanno“Gioventù Anarchica”, nel 1946-4722.Gli sforzi di Pio e di tanti altri per resu-scitare il già glorioso movimento anar-chico, con cui le altre forze politiche do-vevano fare i conti, danno risultatiapparentemente soddisfacenti nel breveperiodo, soprattutto nel centro-nord d’I-talia, sull’onda della Resistenza e dellesperanze di mutamento sociale radicalesuscitate dalla Liberazione. Risultati dibreve durata. Alla fine degli anni Qua-ranta il movimento anarchico italiano ègià in forte declino quantitativo (e quali-tativo). Alla fine degli anni Cinquanta èquasi esclusivamente costituito da ultra-cinquantenni. I giovani arrivati con laResistenza e la Liberazione sono quasiscomparsi e quelli arrivati più recente-mente sono poche decine in tutta Italia.Nella primavera del 1963 Turroni entradirettamente – e da allora permanente-mente – nella mia vita. Ero anarchico daun paio di anni e avevo avuto una certanotorietà per il sequestro, effettuato conun gruppetto di altri ventenni libertari,del vice-console spagnolo a Milano nelsettembre dell’anno precedente. Inoltre,ero tra i promotori e redattori di un perio-dico un po’ anomalo, “Materialismo e Li-bertà” (tre soli numeri usciti). Turroni, allora già quasi sessantenne maancora e sempre alla ricerca di forzenuove, viene a Milano a trovarci. È (èsempre stato, sempre sarà) un uomo dipoche parole, ma che dà subito una forteimpressione di serietà e intelligenza. Melo ricordo ancora, seduto nell’angolo diun monolocale (in una vecchia casa po-polare “di ringhiera” del quartiere Gari-baldi), con in testa il suo basco operaio,che ci parla di tanto in tanto, mentre fac-

ciamo le spedizioni del secondo numerodel nostro giornale.Dobbiamo avergli fatto una buona im-pressione perché comincia a tenerci be-nevolmente d’occhio, dapprima, a partiredalla seconda metà degli anni Sessanta,dirottando su di noi una modesta partedegli aiuti che gli anarchici italo-ameri-cani continuavano a mandare in Italia,anche per suo tramite. Poi… diventandoper noi23, giovani anarchici ma ovvia-mente sempre meno giovani, una figuraruvidamente ma amichevolmente “pa-terna”. Nel 1976 ci passa la gestione delle Edi-zioni Antistato, che nel 1986 divente-ranno – Pio ci perdoni – Elèuthera. Nel1980 (ma in un certo senso già nel 1977)ci passa la gestione di “Volontà”, il cuiultimo numero – Pio ci perdoni – uscirànel 1996. Turroni, evidentemente, alla se-conda metà degli anni Settanta, volevagià “passare la mano” per le iniziativeeditoriali di cui era responsabile. Nelfrattempo…Nel frattempo, nel 1965 Turroni era statouno dei protagonisti della scissione dellaFederazione Anarchica Italiana (FAI) alcongresso di Carrara dell’1-4 novembre(causata, per lo meno apparentemente,per divergenze sulle strutture organizza-tive) e della costituzione dei Gruppi d’I-niziativa Anarchica (GIA), pochi e an-ziani compagni. È anche il principalepromotore di un settimanale (poi quindi-cinale, poi mensile) alternativo a “Uma-nità Nova”, rimasta alla FAI: “L’Interna-zionale”24.

Per quasi tutti gli anni Settanta Turronipromuove e partecipa a iniziative e in-contri regionali e nazionali e continua atenere la consueta fitta corrispondenza dicollegamento italiano e internazionale,

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ma la sua fibra comincia a indebolirsi e ilsuo dinamismo va progressivamente al-lentandosi e appannandosi di un po’ dipessimismo. E, tuttavia, sempre tenace-mente sulla breccia, sempre fedeleall’“idea”, sempre burberamente fra-terno/paterno, sempre anarchicamente litigioso, sempre attivo, per quanto gli èancora possibile. Si ammala di cancro. Muore il 17 aprile1982.

Note1. Camillo Berneri era stato arrestato, assiemeal compagno Francesco Barbieri, da poliziottigovernativi (o sedicenti tali) il 5 maggio aBarcellona. I loro cadaveri, crivellati di colpid’arma da fuoco, vennero ritrovati la mattinasuccessiva. È ormai fuori discussione cheBerneri, il principale intellettuale anarchicoitaliano di quegli anni, fu assassinato dai co-munisti, per ordine del Comintern. 2. È la vedova del repubblicano Mario Ange-loni, ferito mortalmente sul fronte di Huescail 28 agosto 1936.3. Da una lettera di Pio Turroni a GiovannaCaleffi Berneri, vedova di Camillo, del 16 lu-glio 1937 (Archivio G. Pinelli, Fondo Tur-roni).4. Da una lettera di Pio Turroni a Louis Mer-cier Vega del 25 marzo 1962 (CIRA, FondoMercier; Archivio G. Pinelli, Fondo Mer-cier).5. Comunicazione orale di Pio Turroni all’au-tore.6. Fondatore e dirigente del movimento Giu-stizia e Libertà.7. Da una lettera di Pio Turroni a R. d’A.[Ro-bert D’Attilio] del 30 agosto 1977 (ArchivioFamiglia Berneri / Aurelio Chessa, presso Bi-blioteca Panizzi, Reggio Emilia).8. Ibidem.

9. Memoria di Pio Turroni di Cesena (Forlì)dal 1921 al 1941, senza data ma verosimil-mente della metà degli anni Settanta (Archi-vio Famiglia Berneri / Aurelio Chessa). Nellalettera a R. d’A. (cit.), Pio parla invece delcompagno Domenico Ludovici, confonden-dosi probabilmente con una vicenda analogadell’anno successivo. Balzamini muore di tifoa Barcellona nell’estate del 1938.10. Forse, però, non se ne va “a mani vuote”.Stando a un informatore dell’OVRA (la poli-zia segreta fascista) che agiva nell’ambientedell’emigrazione anarchica italiana in Francia(identificato successivamente da Pio in un talBernardo Cremonini, già anarcosindacalistadell’USI in provincia di Modena e poi trasfe-ritosi con moglie e figli a Parigi), la CNT-FAIavrebbe promesso a Turroni di fargli avere inFrancia la somma di trentamila pesetas per“attività in Italia” (dalla lettera di P. T. a R.d’A., cit.).11. Archivio Famiglia Berneri / AurelioChessa.12. A dire il vero, Turroni non rinuncia deltutto a fare la pelle a Mussolini per lo menofine alla fine del 1938 (cercò anche, infruttuo-samente, l’aiuto logistico di Giustizia e Li-bertà). L’Archivio Centrale dello Stato con-serva un appunto del Capo della SezionePolizia Politica in cui si dice che l’anno pre-cedente (l’appunto è del 1939) “i noti Schia-vina Raffaele [alias Max Sartin, N.d.A.] eMaraviglia Osvaldo [l’uno direttore e l’altroamministratore del quindicinale in lingua ita-liana di New York, N.d.A.] inviarono nelmarzo dello scorso anno [a Parigi] mille dol-lari come contribuzione nell’acquisto di unaeroplano che avrebbe dovuto servire percompiere un attentato in Italia durante una ce-rimonia all’aperto in onore di S.E. Hitler. IlMaraviglia avrebbe successivamente dichia-rato che, per mancanza di fondi sufficienti eper altre difficoltà incontrate dai compagni di

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Parigi, non fu possibile attuare tale progetto,ma che questi ultimi avrebbero promesso diimpiegare il denaro ricevuto ‘per tentare uncolpo serio in Italia’”. L’informatore fa, inproposito, il nome di Turroni e di un anar-chico italiano residente a Parigi, LeonidaLeoni. Anche in questo caso l’informatoresembra essere lo stesso Cremonini della notaprecedente.13. Dalla lettera di P. T. a R. d’A., cit.14. Da L. Mercier Vega, La chevauchéeanonyme, Noir, Genève 1978; Agone, Mar-seille, 2006. Questo breve romanzo autobio-grafico dedica diverse pagine a Turroni (nellibro sotto lo pseudonimo di Mario), cheaveva già conosciuto in Spagna nel 1936 e poifrequentato regolarmente a Marsiglia. ConPio, Mercier Vega rimane in fraterni rapportifino alla sua morte volontaria nel novembre1977.15. Ibidem.16. Ibidem. 17. E. Lussu (1890-1975) fu con Rosselli unodei fondatori di Giustizia e Libertà e, nel do-poguerra, del Partito d’Azione. Passò poi alPartito Socialista Italiano, di cui fu dirigente,e infine fu uno dei promotori di una scissionefilocomunista (PSIUP).18. A. Garosci (1907-2000) fu tra i primi diri-genti di Giustizia e Libertà, poi, dopo un pas-saggio nel Partito d’Azione, fu esponente dirilievo del Partito Socialdemocratico e profes-sore universitario.19. L. Valiani (1909-1999), dirigente di Giu-stizia e Libertà, dopo la guerra mondiale fudapprima esponente del Partito d’Azione epoi socialdemocratico. Fu infine nominato se-natore a vita della Repubblica Italiana dal pre-sidente Sandro Pertini.20. R. Pacciardi (1899-1991), repubblicano,già comandante delle Brigate Internazionali inSpagna, fu deputato e ministro della Difesa(1948-1953) nell’immediato dopoguerra. Nel

1964 fu espulso dal Partito Repubblicano perle sue posizioni marcatamente autoritarie edestrorse.21. Memoria di Pio Turroni dopo il suo ri-torno in Italia, senza data ma verosimilmentedell’agosto 1944 (Archivio Famiglia Berneri /Aurelio Chessa).22. Quindicinale, esce tra il 26 luglio 1946 e il5 marzo 1947. Il redattore principale è PierCarlo Masini (ma ci sono anche Carlo Doglioe Virgilio Galassi…). Masini passerà succes-sivamente a dirigere, per un certo periodo, ilsettimanale “Umanità Nova”. Lascerà poi ilmovimento anarchico per la socialdemocra-zia, dopo una parentesi segnata da una scis-sione marxista-libertaria dalla FAI che porteràalla costituzione, insieme ad altri, dei GruppiAnarchici di Azione Proletaria (GAAP). Re-sterà però “amico” dell’anarchismo, diventan-done un ottimo storico.23. “Noi”, cioè: dapprima Gruppo GiovanileLibertario di Milano, poi Gioventù Libertaria,poi Gruppo Anarchico Bandiera Nera, poidagli anni Ottanta anarchici “sciolti” o, me-glio, facenti capo all’Editrice A e al CentroStudi Libertari / Archivio G. Pinelli.24. I GIA vengono costituiti con il convegnodi Pisa del 19 dicembre 1965. “L’Internazio-nale” (1965-1990) viene redatto per i primitre numeri da un gruppo di Venezia, poi, sinoall’ultimo numero, da Luciano Farinelli, sottola “tutela” di Turroni, finché la vita e la saluteglielo hanno concesso.

Questo scritto è apparso originariamentesu “Libertaria”, n. 3, 2003, pp. 72-79.

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Nel 1997 ho cominciato a studiare il mo-vimento anarchico marsigliese tra le dueguerre1, utilizzando quasi unicamente lefonti di polizia2. Allora mi sono trovatadi fronte a un movimento libertario ita-liano poco consistente e piuttosto debolein confronto a un movimento spagnolopiù presente nelle fonti di polizia e più at-tivo a livello cittadino.Nel 2009, quando ho deciso di riprenderea studiare la componente italiana del mo-vimento anarchico marsigliese, mi sonoinvece convinta della vitalità e della rile-vante presenza degli anarchici italiani aMarsiglia. Dal punto di vista dell’immi-grazione, numerosi sono i saggi chehanno studiato la regione sud-orientaledella Francia e in particolare la zona diMarsiglia, soprattutto per quanto ri-guarda le maggiori formazioni politichedella sinistra. Ma ancora molto rimane dafare per quanto riguarda le formazioniminori del fuoriuscitismo italiano come ilmovimento anarchico o il gruppo di Giu-stizia e Libertà.Nelle mie ricerche mi sono imbattuta inuomini ben allenati alla clandestinità, chesono riusciti a mandare avanti un movi-mento estremamente sorvegliato e re-presso. Un contesto repressivo che presa-giva la minacciosa crescita del fascismo,che sarebbe sfociata nel Biennio Nero,segnato da episodi tragici, fatali per mo-vimento anarchico, che hanno creato lecondizioni per il passaggio forzato alla

clandestinità. Scrive a questo propositoUgo Fedeli: “Già nel 1924, il movimentoanarchico era strutturalmente preparatoalla lotta clandestina e al trapasso da unamodalità di lotta all’altra […] dalla lottanormale a quella speciale che i nuovitempi richiedevano”3.Un modo di portare avanti la lotta cheimpone allo storico di utilizzare fonti di-verse per avvicinarsi al fenomeno, datoche molta dell’attività clandestina inFrancia, e in particolare a Marsiglia, èsfuggita alla vigilanza delle autorità.

La funzione della stampa nel movi-mento anarchico4

Per oltre mezzo secolo, e in assenza diuna “organizzazione” regionale o nazio-nale, i periodici anarchici sono serviti dacentri di informazione e coordinamentotra i gruppi più o meno autonomi che agi-vano in ordine sparso.Il numero dei periodici in lingua italianapubblicati in Francia è piuttosto elevato eper il solo periodo tra le due guerre am-monta a una sessantina di testate. Moltisono numeri unici, ma considerando lecondizioni del momento storico riman-gono comunque dati eccezionali. Nontutti sono dell’importanza e della longe-vità dell’“Adunata dei Refrattari” di NewYork o del “Risveglio anarchico” di Gi-nevra, ma tutti sono una fonte di primariaimportanza per ricostruire la storia dell’a-narchismo.

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Dal movimento anarchico marsigliese a Pio Turroni

di Françoise Fontanelli Morel

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In un contesto di esilio politico massivo edi dispersione del movimento, la stampaè diventata essenziale per i libertari ita-liani, poiché è spesso stata l’unico mezzodi comunicazione e di coesione.

I Comitati Pro Vittime Politiche d’Italia5

Sfogliando la stampa, mi sono accortache per studiare il movimento anarchicoin esilio è fondamentale studiare i Comi-tati Pro Vittime Politiche d’Italia, i quali,al di là della loro opera assistenziale,sono stati cruciali anche sotto il profilopolitico. “Ricreavano il tessuto connet-tivo, i rapporti politici e umani tra i com-pagni dispersi, tra quelli costretti in ga-lera e gli altri, tra i fuoriusciti e ilmovimento rimasto in Italia. In pratica,in nome del valore, essenziale per glianarchici, della solidarietà, quei comitatifurono allora la struttura stessa di un mo-vimento, che tuttavia fu ben deciso a nonlimitarsi alla solidarietà”6.

Dall’approccio collettivo all’approccioindividualeLa volontà, sin dall’inizio, di dare visibi-lità ai militanti ignoti, a quelli di cui siparla poco, è sempre rimasta una miapriorità. Lo scopo è stato di dare un voltoai militanti “oscuri” che hanno contri-buito allo sviluppo del movimento, almantenimento della causa anarchica du-rante la parentesi dell’esilio. Studiandoquesti comitati mi sono resa conto che at-traverso il valore della solidarietà potevocogliere un approccio collettivo da partedel movimento libertario italiano, tanto aMarsiglia quanto nel resto della Francia.In questo contesto, la figura di Pio Tur-roni si è imposta da sé. Il suo percorso, lasua personalità, ma anche il tessuto di re-lazioni che è riuscito a creare da solo nelperiodo tra le due guerre fanno di lui lapersona giusta per comprendere l’interomovimento anarchico italiano, e questavolta a partire da un individuo. Pio Tur-roni è diventato l’archetipo del libertario

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in esilio che si confronta con le diversesituazioni e che partecipa attivamentealle principali tappe della storia dell’a-narchismo italiano ed europeo tra le dueguerre. L’esilio, la militanza, la solida-rietà, la guerra di Spagna, i campi di pri-gionia, la repressione e la clandestinitàsono infatti esperienze esistenziali condi-vise da centinaia di libertari italiani.Dunque, più si prosegue nella ricerca epiù la scelta di un personaggio chiavecome Pio Turroni sembra ben ponderata.Finora, si conosce molto bene il percorsodei “leader” delle formazioni di sinistra odel movimento anarchico, dei ténors delfuoriuscitismo7, però non si sa nulla oquasi dell’immensa maggioranza degliesuli politici. E la ricerca si arricchiscequando una personalità fuori del comunecome quella di Turroni incontra una cittàviva come Marsiglia, scelta a partire dal1936 per la sua vicinanza con la Spagna.Coraggioso e intraprendente, questo“muratore dell’anarchia” ha sempre co-struito le condizioni della sua militanza,incarnando quello che Nico Berti ha defi-nito “l’interpretazione dell’azione comepensiero”8. L’azione esprime una consa-pevolezza teorica che coincide con la sto-ria e a volte l’anticipa. Prima delle rifles-sioni analitiche, i militanti anonimihanno fatto proprie nel quotidiano questeriflessioni, praticandole nelle strade,nelle fabbriche, nei campi.Non a caso Turroni possiede una dimen-sione romanzesca, colta da Louis MercierVega, ma non solo. Nei ricordi di RenéLochu, militante anarchico bretone, Tur-roni è una delle figure più stimolanti delfuoriuscitismo libertario tra le dueguerre, ed è così anche per Ulysse Merliche scopre Turroni leggendo Barcelone-Belleville di Pecherot Patrick9.

Note1. Françoise Morel, Le mouvement anarchistemarseillais dans l’entre-deux-guerres, Maîtrise sous la direction de J-M. Guillon,Aix-Marseille I, 1997.2. Le fonti della polizia sono classificate nellaserie Cabinet du Préfet degli Archives Dépar-tementales des Bouches-du-Rhône. Sono com-posti di appunti giornalieri e di rapporti sullasorveglianza dei sovversivi e degli stranieri.3. Ugo Fedeli, Nella clandestinità, “L’Adu-nata dei Refrattari”, 22 luglio 1961, Arch.Dép. Bouches-du-Rhône; Fonds du CIRA 90J 292.4. Difficile studiare il movimento libertario ela stampa senza fare riferimento all’opera diLeonardo Bettini, Bibliografia dell’anarchi-smo, vol. I, tomo II, Periodici e numeri unicianarchici in lingua italiana pubblicati all’e-stero (1842-1971), Crescita Politica, Firenze,1976.5. Françoise Fontanelli Morel, “I Comitati ProVittime Politiche d’Italia” à Marseille dansl’entre-deux-guerres. Histoire d’une organisa-tion anarchiste en exil, Master II sous la direc-tion de J.-M. Guillon, Aix-Marseille I, 2011.6. Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lottaumana. L’anarchismo in Italia dal BiennioRosso alla Guerra di Spagna (1919-1939),BFS, Pisa, 2001.7. Cfr. Pierre Milza, L’immigration italienneen France d’une guerre à l’autre: interroga-tions, directions de recherche et premierbilan, in Les Italiens en France de 1914 à1940, “Collection de l’École Française deRome”, n. 94, 1986.8. Giampietro “Nico” Berti, L’anarchismonella storia ma contro la storia, Introduzionea Il pensiero anarchico dal Settecento al No-vecento, Piero Lacaita, Bari-Manduria, 1998.9. Patrick Pecherot, Barcelone-Belleville,Gallimard, Série Noire, Paris, 2003.

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Il Comitato

1. Pio Turroni e Italo Del Proposto Il Comitato Anarchico Pro Vittime Politi-che di Marsiglia compare per la primavolta nelle fonti documentali nel luglio19382. Gli amministratori responsabilidel Comitato sono Pio Turroni e Italo DelProposto3, mentre il gerente è il franceseFrédéric Lambert, il cui domicilio, al 5 diCours Gouffé, funge da sede legale delComitato.L’attività a favore dei prigionieri politicie dei militanti clandestini è comprovatada una nota del 2 gennaio 1938 conser-vata presso gli Archives Départementalesdes Bouches-du-Rhône4, nella quale unanarchico italiano di nome “Mario” (aliasPio Turroni), abitante al 44 di Quai duPort, viene indicato come il responsabiledell’aiuto fornito ai rifugiati spagnoli edell’assistenza agli anarchici internati neicampi di concentramento dei Pireneiorientali.Nel primo capitolo del suo romanzo, Lachevauchée anonyme, Louis MercierVega scrive a proposito di questo Mario:“Si era stabilito in una piccola pensione-ristorante del vecchio porto, mandataavanti da una piemontese grassoccia chediceva di essere antifascista. […] Marioera la solidità, la calma, la salda stretta dimano, l’operoso convincimento. Un lettosempre sfatto, un tavolo con dei giornalie avanzi di cibo, due sedie, mai nessuna

lettera (stracciata o bruciata subito dopoessere stata letta e memorizzata), decinedi indirizzi imparati a memoria. La cer-tezza che la situazione era disperata enon poteva che peggiorare, e una grani-tica volontà di tener duro”5.Rifugiatosi in Francia nel 1923, Turroniarriva a Marsiglia solo nel 1935 e nel1936 parte per la Spagna per arruolarsinella Colonna Ascaso. Dopo le giornatedel maggio 1937 torna a Marsiglia, doveritrova numerosi amici, fra i quali la pre-side di una scuola, che nasconderà a casapropria molti clandestini6. Nel settembre 1939 Turroni, che abita inprossimità del porto, è arrestato dalla po-lizia perché sospettato di spionaggio perla sua attività a favore dei rifugiati ita-liani e spagnoli. Secondo una testimo-nianza di Dino Angeli e Ida Marchetini7,Turroni riceveva fondi dagli italo-ameri-cani, tramite Luigi Bertoni, e poi li distri-buiva ai numerosi profughi. Rispetto aquest’ultimo punto mancano ancora daticerti. Ma sicuramente il denaro arrivavadall’“Adunata dei Refrattari” via Bertoni,che infatti pubblicava i resoconti finan-ziari dei Comitati Pro Vittime Politiched’Italia sul “Risveglio”. Va comunquenotato – e Pio lo diceva già nelle sue let-tere spedite dal Messico all’“Adunata” –che non si trattava di fondi provenientidalla Mazzini Society o dagli organismivicini a Giustizia e Libertà. Arrestato diverse volte tra il 1939 e il

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Il Comitato Anarchico Pro Vittime Politiche di Marsiglia1

di Françoise Fontanelli Morel

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1941, si nasconde da Maria Melli, sorelladi Elena e dunque cognata di Errico Ma-latesta, prima di imbarcarsi clandestina-mente alla volta dell’Algeria per poi rag-giungere il Messico8. Durante tutti questispostamenti Pio Turroni resta sempre at-tivo e mantiene relazioni multiple con di-verse organizzazioni. In particolare, ri-mane in costante contatto con laCNT-FAI in esilio e si occupa dei libertariitaliani incarcerati a Barcellona9. È ap-punto grazie ai suoi contatti che il movi-mento anarchico riceve informazionisulle condizioni dei militanti rimasti in-trappolati nelle prigioni franchiste, infor-mazioni regolarmente pubblicate sullecolonne del “Risveglio anarchico” di Gi-nevra.La presenza di Italo Del Proposto è in-vece più discreta. Anche lui è segnalatoper la sua partecipazione ai comizi liber-tari e la sua attività di assistenza alle vit-

time politiche10. La presenza di entrambiall’interno del Comitato Pro Vittime Poli-tiche di Marsiglia è comunque attestatadai resoconti finanziari trasmessi alle re-dazioni del “Risveglio anarchico” edell’“Adunata dei Refrattari”, che ripor-tano la firma dei due anarchici (anche se,una volta ricevuti dalle redazioni, i reso-conti venivano pubblicati anonimi).

2. Il passaggio alla semiclandestinitàNel maggio 1939, Frédéric Lambert e unaltro militante non identificato vengonoarrestati per essere interrogati sulla loroattività a favore dei rifugiati spagnoli e diassistenza alle vittime politiche. Gli anar-chici italiani si devono ora muovere conestrema cautela perché, se al momentonessuno di loro è stato identificato omesso sotto inchiesta, l’applicazione deldecreto-legge sulle associazioni stranierein Francia potrebbe ben presto rendere

del tutto illegale l’attivitàdei comitati. E infatti, nelluglio 1939, Alban Fon-tan, gerente del ComitatoPro Vittime Politiche diParigi, annuncia le dimis-sioni dei compagni ita-liani del Comitato, chesono immediatamente so-stituiti da un gruppo dianarchici francesi menoesposti di loro in quantonon soggetti a espul-sione11. Allo scopo di non inter-

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Un resoconto finanziario delCPVP, firmato da Turroni eDel Proposto, relativo a“Somme distribuite a Comp.italiani S. passaggio, evasi efatti-partire”.

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rompere il delicato lavoro dei comitati esoprattutto il collegamento con i campi diconcentramento, decidono di far funzio-nare i comitati in modo semiclandestino.Dal 5 maggio 1939, il CPVP di Marsiglianon può più avere un indirizzo pubblico.Il nuovo indirizzo, riservato, è comuni-cato ai compagni di fiducia tramite la retemilitante.

3. Ampliamento dell’assistenza e centralità del Comitato marsiglieseFino al 1936, l’attività è essenzialmenterivolta alla difesa dei prigionieri politicidetenuti in Francia e in Italia. Ma dal1938 il Comitato vede il suo campo d’a-zione diversificarsi e ampliarsi, non solonei confronti della Spagna e dei Pireneiorientali, dove ci sono i campi di interna-mento, ma anche nei confronti dei tanticompagni “rifugiati, evasi o in transito” aMarsiglia. Con l’irrigidimento della legi-slazione sugli stranieri, il sostegno aquanti sono internati nei campi e allaSpagna repubblicana diventano parte in-tegrante della normale attività, accantoalle forme più tradizionali di mutuo soc-corso. In una situazione eccezionalecome quella che si è creata, i compagnimarsigliesi propongono agli altricomitati12 di assumere un ruolo centralenelle operazioni, coordinando, tramiteLouis Montgon, tutte le attività di assi-stenza rivolte alla Spagna, agli internatievasi o ancora nei campi. La collocazionegeografica di Marsiglia, la sua vicinanzacon Perpignan, permette costi più bassi eun risparmio notevole di tempo per laconsegna di pacchi e posta, ma anche perlo spostamento delle persone. Se gli altricomitati avessero accettato la proposta,sarebbe stato necessario trasferire i soldidel Comitato Pro Spagna e del CPVP di

Parigi al Comitato marsigliese. Non vi ètraccia di un accordo o di un rifiuto daparte degli altri comitati, però dopo il 12febbraio 1939 i fondi del CPVP marsi-gliese aumentano notevolmente: nel di-cembre 1938 i soldi raccolti ammontanoa 1.514,50 franchi, mentre nel marzo1939 ammontano a 16.279,50 franchi.Sul bilancio di febbraio, suddiviso in treparti, risultano evidenti le diverse formedi assistenza messe in campo dal Comi-tato13:– sussidi distribuiti ai compagni italianidi passaggio a Marsiglia, evasi o da man-dare all’estero;– sussidi inviati ai compagni italiani dete-nuti nei campi di internamento;– dettaglio dei contributi degli anarchicimarsigliesi alla “Commissione mista disolidarietà” in sostegno degli anarchicispagnoli.

Le nuove forme di assistenza

1. Il Comitato interno al campo di Argelès-sur-MerLe relazioni con il campo di Argelès sonoattestate dal gennaio 1939. Sappiamo in-fatti che in quel periodo Giovanna CaleffiBerneri14 visita i compagni internati adArgelès e a Saint-Cyprien per conto delCPVP di Parigi15. A Perpignan, un anar-chico francese, Montgon16, funge da“staffetta” tra i comitati parigino e marsi-gliese e Pio Turroni, con cui rimane instretto contatto. Una volta alla settimanasi reca nei campi di concentramento perraccogliere la posta da spedire aggirandola censura e la lista dei materiali richiestidagli internati. Un altro compagno fran-cese, Ciuti, si reca in entrambi i campiuna volta alla settimana per portare gli

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acquisti affidati a Montgon. A partire dalfebbraio 1939, anche Turroni effettua fre-quenti viaggi tra Marsiglia e Perpignan. Fra i rendiconti finanziari del Comitatoabbiamo trovato la lista dei compagniaiutati dal Comitato marsigliese e che aloro volta hanno fatto parte del Comitatointerno di Argelès. Questa lista, trasmessaa Pio Turroni dopo il 2 marzo 1939, forsetramite Montgon, contiene centodiecinomi, tutti di militanti anarchici. Un’altralista quasi simile, fornita l’8 agosto 1939da un agente dell’OVRA al ministero del-l’Interno, volta a censire i membri di ungruppo denominato “Libertà o Morte”17,contiene centosedici nomi. Può darsi chequesta lista, stilata da Giovanni Dupuy,membro attivo del Comitato interno, siastata interpretata come l’elenco degliiscritti a un gruppo libertario.Secondo Turroni, nel febbraio 1939 ci sa-rebbero stati duecentotrenta libertari ita-liani rinchiusi ad Argelès. Il Comitato in-terno viene costituito proprio perdistribuire tra tutti gli aiuti che arrivano.Le lettere e i comunicati sono redatti daGiovanni Dupuy o da Dario Castellani,poi Montgon li trasmette a Turroni, che asua volta li spedisce per pubblicazioneall’“Adunata” e al “Risveglio”. Una cassacomune, creata all’interno del campo, èdestinata a situazioni d’emergenza, men-tre il rimanente viene equamente spartitotra gli internati. Infine, Montgon disponedi una riserva speciale per finanziareeventuali evasioni.

Un’altra forma di solidarietà

Benché le testimonianze sulla data di na-scita divergano, la “cooperativa di lavoroclandestina”, o “cooperativa edilizia clan-

destina”, è stata creata a Marsiglia tra1934 e il 1938 allo scopo di permettere ainumerosi rifugiati, senza soldi e senzadocumenti, di trovare un lavoro e di otte-nere documenti in regola. Parte dei ricavidella cooperativa vengono versati al Co-mitato Pro Vittime Politiche locale. Lacooperativa ha tra i suoi fondatoriEdoardo Angeli, Gino Balestri, CelsoPersici18 e lo stesso Pio Turroni. Una volta tornato in Italia, Emilio Strafe-lini, interrogato dalla polizia nella que-stura di Trento, dichiara: “Nell’aprile1935, alla Capelette, conobbi Celso Per-sici, Bacconi Giulio e Ceccotti Umberto.Mi diedero un lavoro nella cooperativaformata da sedicenti anarchici (perchémolti di costoro per trovare lavoro si qua-lificavano di idee anarchiche)”19.Tutti gli operai avevano lo stesso stipen-dio, dal manovale al muratore esperto.Questo esperimento lavorativo dureràcirca cinque anni e sarebbe poi fallito permancanza di disciplina: “Certi compagninon partecipavano alle riunioni di can-tiere e non rispettavano gli orari”20. Piùtardi, Gino Balestri, Celso Persici e pro-babilmente Dino Angeli avrebbero lavo-rato alla SIMEX, un’altra impresa di co-struzioni, attiva anche in Algeria21.Andando avanti con questa ricerca, siscoprono continuamente nuovi dettagli diuna vita militante che si rivela moltoricca e che ci fa capire l’importanza di unuomo che non merita certo di rimanereuno “sconosciuto”.

Note1. Estratto in gran parte della tesi di Master II,“I Comitati Pro Vittime Politiche d’Italia” àMarseille dans l’entre-deux-guerres. Histoired’une organisation anarchiste en exil, cit.

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2. Cfr. “Il Risveglio anarchico”, n. 10, 8 luglio1938. Fonte BFS, Pisa.3. Cfr. nota biografica in Maurizio Antonioli,Giampietro Berti, Santi Fedele, Pasquale Iuso(a cura di), Dizionario Biografico degli Anar-chici Italiani, BFS, Pisa, 2004. 4. Cfr. Arch. Dép. Bouches-du-Rhône, 4 M2359, appunto relativo ai rifugiati spagnoli.5. Cfr. Louis Mercier Vega, La chevauchéeanonyme. Une attitude internationaliste de-vant la guerre (1939-1941), Agone, Mémoiresociales, Marseille, 2006. Questo passaggiotradotto da Pio Turroni è catalogato nella sca-tola 4, Fascicolo 76, “La chevauchéeanonyme”.6. Cfr. Les anarchistes et la Résistance. Té-moignages de Jean René Saulière dit MarcelArru, “Bulletin du CIRA Marseille”, n. 21-22,settembre 1984. Può darsi sia Marie Mayoux,molto attiva con il marito negli ambienti sov-versivi marsigliesi tra le due guerre.7. Testimonianza estratta da Témoignages1939-1945, “Bulletin du CIRA Marseille”, n.23-25, maggio 1985. Un’altra testimonianza ècostituita da una lettera scritta il 6 luglio 1940e pubblicata nell’“Adunata dei Refrattari” del10 agosto 1940, verosimilmente scritta daTurroni dopo l’arresto e la sua detenzione nelforte di Saint-Nicolas.8. Cfr. Gli anarchici e gli altri sotto Vichy, ar-ticolo scritto in Messico da Pio Turroni e pub-blicato nell’“Adunata dei Refrattari” il 24gennaio 1942.9. Cfr. Lettera di Martin Gudel, responsabiledel settore stranieri dell’Oficina de Propa-ganda Exterior della CNT-FAI, a Pio Turronisulle carceri di Franco e l’assistenza del Co-mité Pro Presos della CNT; IISH Amsterdam,Fondo Luigi Bertoni, scatola 110, lettera del25 marzo 1938.10. Cfr. Arch. Dép. des Bouches-du-Rhône, 4M 2425, appunto n. 2025 del 28 febbraio1936.

11. Cfr. “L’Adunata dei Refrattari”, 29 luglio1939.12. La circolare del 12 febbraio 1939, firmatada Pio Turroni e da Italo Del Proposto e ac-clusa ai bilanci di febbraio, era indirizzata aiCPVP di Lione e Parigi e al Comitato ProSpagna.13. Il resoconto pubblicato a p. 26 è uno deitre documenti che componevano il bilanciodel febbraio 1939. Fonte IISH Amsterdam,Fondo Luigi Bertoni, scatola 111.14. Un dattiloscritto incompleto di GiovannaCaleffi Berneri, senza data, riporta la sua vi-sita nei campi di Argelès e di Saint-Cyprien.Fonte IISH Amsterdam, Fondo Luigi Bertoni,scatola 108.15. Supponiamo che la visita di Giovanna Ca-leffi Berneri avvenga nel gennaio 1939 perchéi quattromila franchi da lei portati figurano nelresoconto finanziario del Comitato marsi-gliese del febbraio 1939.16. Vedi nota biografica in Jean Maitron, Dic-tionnaire Biographique du Mouvement Ou-vrier Français, Éditions de l’Atelier, 6 voll.Paris. 2006-2010.17. Un gruppo libertario italiano “Libertà oMorte”, aderente alla FAI, di fatto esistevanella 6° Zona della CNT-FAI in Catalogna. Ilsuo segretario era Enrico Borgo, membro delComitato interno di Argelès. Fonte IISH Am-sterdam, Fondo Luigi Bertoni, scatola 95. Let-tera di Enrico Borgo indirizzata il 31 dicem-bre 1938 a Luigi Bertoni.18. Tutti e tre hanno una scheda nel Diziona-rio Biografico degli Anarchici Italiani, cit.19. Fonte ACS CPC, Bonomini Ernesto, Busta740, rif. 2982, Interrogatorio di Emilio Strafe-lini del 20 luglio 1934.20. Testimonianza di Alba e Luce Balestri (fi-glie di Gino Balestri), settembre 2010.21. Si può ipotizzare che durante il suo sog-giorno in Africa del Nord nel 1940 lavorassecon loro.

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Cosa scrivere di un uomo cui non piace-va parlare delle sue vicende, un uomomolto schivo che nel 1981 dirà: “Io sonosempre più convinto che gli uominisenza storia sono i più felici”?1 Benall’opposto, Pio Turroni è stato un uomoricco di storia.Per la stesura della presente cronologiasono state utilizzate due tipi di fonte. Inprimo luogo le notizie ricavate dai ricor-di e dai racconti di chi lo ha conosciutoed è stato suo compagno di strada, inparticolare di Umberto Marzocchi,Luciano Farinelli2 e Aurelio Chessa (diquest’ultimo soprattutto il profilo biogra-fico redatto per il secondo volume del-l’Epistolario inedito di CamilloBerneri)3. In secondo luogo, le informa-zioni biografiche trovate nella documen-tazione consultata in numerosi archivipubblici e privati durante la mia ricerca.Una ricerca non ancora conclusa che hal’obiettivo di ricostruire l’intera vita diPio Turroni. Mi sono imbattuta in una moltitudine difonti disponibili e sparse ovunque, tantoda chiedermi se la storicità di un indivi-duo è commisurata al peso delle suecarte.4

Questa cronologia si interrompe volonta-riamente nel dicembre 1943 per dueragioni:1. dopo che sbarca nel porto di Napoli, ilsuo percorso militante ed esistenziale èpiù noto.

2. il ritorno in Italia nel dicembre 1943segna la fine dell’esilio e delle peregrina-zioni in mezzo mondo e l’inizio di un’al-tra e diversa fase.

I Cesena5

Pio Turroni nasce a Cesena il 30 maggio1906 da Giuseppe e Virginia Magnani.Cresciuto in un ambiente familiare moltopoliticizzato, Pio ha tre fratelli già notialla questura di Forlì come sovversivi6:Mauro, nato nel 1891, è socialista, LuigiEgisto, nato nel 1893, è repubblicano esegretario della Camera del Lavoro diSan Mauro in Valle (Cesena), Urbanodetto Adolfo, nato nel 1900, è anche luirepubblicano7.

1920: Partecipa al comizio di ErricoMalatesta a Cesena.1923: Dopo violenti scontri con i fasci-sti, i suoi fratelli sono gravemente feriti;uno di loro perde una gamba.Ottobre 1923: Luigi Egisto, Urbano ePio, muniti di regolare passaporto, emi-grano in Belgio.

II Belgio (Liegi?)8

10 novembre 1925: Pio è dichiaratorenitente alla leva per la classe 19069.

III Francia

30Speciale Pio Turroni

Riferimenti cronologici 1906-1943.Lavori in corso

di Françoise Fontanelli Morel

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1. ParigiPuò darsi che sia arrivato nel 1926, sicu-ramente durante l’anno 1927. Partecipaattivamente ai movimenti di protesta infavore di Sacco e Vanzetti. All’iniziodegli anni Trenta frequenta l’abitazionedi Bernardo Cremonini10, suo futuro suo-cero, a Fontenay-sous-Bois, dove si svol-ge un’intensa attività da parte del fuoriu-scitismo libertario. Negli archivi pariginidi Fontainebleau sono conservati nume-rosi faldoni da consultare.

2. Brest 1933-1935Si trasferisce a Brest nel 1933, conviven-

do per almeno tre anni con Nara Cremo-nini. Anima il Gruppo Edizioni Liberta-rie, una piccola casa editrice che pubbli-ca fra l’altro Camillo Berneri e SimoneWeil. Sempre durante quel periodo hastretti rapporti con Nestor Machno11,anche lui rifugiatosi a Brest; lo assisteràanche quando muore all’Ospedale Tenondi Parigi il 25 luglio 1934.Fonda un’impresa di costruzioni artigia-nale12, una cooperativa mosaicista, conlo scopo di aiutare i compagni costrettiall’esilio. Svolge un’intensa attività mili-tante e diventa collaboratore di LuigiBernasconi, segretario della LIDU diBrest. Secondo il console di Nantes, par-tecipa a tutte le riunioni antifasciste dellazona13. Secondo René Lochu14, Pio èl’ultimo a lasciare Brest verso la metàdel 1935. Dopo la sua rottura con Nara,soggiorna dapprima a Bordeaux, poi aVichy nel 193615 e poco dopo probabil-mente a Marsiglia dove, secondo le fontidi polizia, avrebbe partecipato al corteodel Primo Maggio del 1936. Le carte dipolizia fanno riferimento a un certo“Lazzaro Turroni”, compagno di Bacco-ni, di Fietta e di Girelli, ancora non iden-tificato, ma è certo che si tratta di PioTurroni.

IV Spagna16

Agosto 1936: Si reca ben presto in Spa-gna, arruolandosi come miliziano nellaSezione Italiana, e precisamente nelQuarto Scaglione della Colonna Asca-so17.20 ottobre 1936: Ferito a Tardiente,viene trasferito all’ospedale di Lerídaprima e all’ospedale della Generalitat diBarcellona poi, dove rimane fino aldicembre 1936.

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Aldo Garosci (1907-2000), esponente di spiccocon Valiani e Lussu di Giustizia e Libertà, grup-po antifascista con cui gli anarchici italiani col-laborarono durante tutto il regime fascista, guer-ra di Spagna compresa.

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Fine dicembre 1936: Si ricongiunge allaColona Ascaso sul fronte di Huesca.Fine gennaio-inizio febbraio 1937: Sitrasferisce alla Sezione Internazionaledella Colonna Ortiz sul fronte di Caspe(Teruel).3 marzo 1937: Ferito per la secondavolta, viene ricoverato nell’ospedale diTarragona.Fine marzo: Ritorna a Barcellona.3 maggio 1937: Come rappresentantedegli anarchici italiani, insieme a EmilioCanzi, entra in contatto con il comandan-te della Colonna Tierra y Libertad per lariorganizzazione delle forze anarchicheitaliane. È il delegato del quartiere Sanzquando viene attaccata la Telefonica18.1937 [?]: Le autorità francesi emettonoun ordine di esplusione nei suoi confron-ti.Maggio 1937: Primo progetto di attenta-to a Mussolini ideato insieme ad AttilioBalzamini, ma rifiutato dalla CNT.

V Spagna-Francia

Settembre 1937: Cerca di tornare inFrancia, ma a causa del decreto di espul-sione deve tornare in Spagna20. Primavera 1938: Viene eletto Commis-sario politico della caserma Spartacus aBarcellona21.Marzo 1938: Entra a far parte del Comi-tato Pro Vittime Politiche di Marsiglia eincomincia a fare la spola tra Marsiglia,Perpignan e i campi di concentramentodei Pirenei orientali22.Luglio 1938: Secondo progetto di atten-tato, previsto ad agosto sulla costa adria-tica insieme a Domenico Ludovici23.31 luglio 1938: Terzo progetto di attenta-to, previsto a Roma insieme a LeonidaLeoni.

Luglio 1938: Prima menzione del nomedi Pio Turroni nei resoconti del ComitatoPro Vittime Politiche di Marsiglia24.16 novembre 1939-18 marzo 1940:Arrestato per la sua attività nei ComitatiPro Vittime Politiche con l’imputazionedi “Violazione della sicurezza delloStato”25 e “Spionaggio in favore di unapotenza nemica”, viene incarcerato nelcarcere militare di Saint-Nicolas.16 marzo 1940: Il giudice del XV° Reg-gimento pronuncia il non luogo a proce-dere nei suoi confronti. Dopo qualchegiorno di libertà, viene colpito da unsecondo decreto di espulsione.18 marzo 1940: Nonostante il decretoviene rilasciato.8 luglio 1940-29 luglio 1940: Arrestatosenza apparente motivo dalla polizia diVichy, viene incarcerato nella prigione diSaint-Pierre.

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Leo Valiani (1909-1999).

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29 luglio 1940: Viene trasferito nelcampo di concentramento di Villemagne(Gard)26 poi nel campo di concentramen-to di Remoulins (Gard), forse nell’agosto1940.Agosto 1940-22 ottobre 1940: Periododi internamento nel campo di concentra-mento di Remoulins.30 settembre 1940: La Sezione “B” del-l’organismo di controllo della Commis-sione Italiana d’Armistizio compie un’in-dagine nel campo di Remoulins sullecondizioni di vita dei prigionieri italiani,ai quali propone il rimpatrio. Pio accettail rimpatrio in Italia27.22 ottobre 1940: Viene internato nelcampo di Vernet (Arièges).26 ottobre 1940: Evade durante il trasfe-rimento dal campo di Vernet al centro dismistamento di Brébant Marseillais(Marsiglia)28.15 o 16 dicembre 1940: Tenta di imbar-carsi per il Marocco insieme ad AldoGarosci. Arrestati, vengono mandati alBrébant Marseillais.17 dicembre 1940: Evade dal BrébantMarseillais.18 dicembre 1940-9 gennaio 1941:Arrestato, viene incarcerato a Chave conl’accusa di evasione29.Metà gennaio 1941: Secondo tentativo(questa volta riuscito) di imbarcarsiverso l’Africa del Nord con Leo Valianie altri dieci membri di Giustizia eLibertà30.

VI Nord Africa-Messico-Italia

Fine gennaio 1941: Arriva ad Algeri epoi passa con gli altri di Giustizia eLibertà il confine per il Marocco aOujda. Arrivato a Casablanca ritrovamolti anarchici italiani31. Per dieci mesi

vive in clandestinità lavorando nell’edili-zia.19 novembre 1941: Si imbarca sulla“Serpa Pinto” con destinazione VeraCruz (Messico).20 dicembre 1941: Arriva a Vera Cruz.Fine giugno 1943: Viaggio New York-Boston-Halifax-Liverpool-Londra. Quiviene internato in un campo di concen-tramento.1° dicembre 1943: Torna in Italia, sbar-cando a Napoli.

Lavori in corso…

Note1. Lettera ad Aurelio Chessa del 26 maggio1981, in Archivio G. Pinelli, Fondo Pio Tur-roni, Busta 2, Fascicolo 33.2. Rispettivamente, “Umanità Nova”, 25 apri-le 1982 e “L’Internazionale”, n. 5, maggio1982.3. Camillo Berneri, Epistolario inedito, vol.II, (a cura di) Paola Feri, Luigi Di Lembo,Edizioni Archivio Famiglia Berneri, Pistoia,1984.4. Il Dizionario Biografico degli AnarchiciItaliani è stato molto utile per fissare questascaletta cronologica, ma è stato integratoanche con altre fonti. Nel Casellario PoliticoCentrale di Roma si trovano invece informa-zioni non del tutto affidabili.5. Fonti dell’Archivio di Stato di Cesena-Forlì e dall’Archivio storico del Comune diCesena.6. Tutti e tre sono schedati al Casellario Poli-tico Centrale. Cfr. ACS CPC, Busta 5253,Fascicolo 006895 (Luigi Egisto), Fascicolo125630 (Mauro) e Fascicolo 113733 (Urba-no). 7. Nel Casellario Politico Centrale ci sonoaltri tre Turroni a Cesena che al momento

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non sono stati ancora identificati come fratellidi Pio. In particolare, la sorella Palma EsterTurroni, detta Elettra, che mantiene una rela-zione epistolare con Pio durante tutto il perio-do del suo esilio, non è segnalata per alcunaattività politica.8. Tutte le tappe fatte nei suoi spostamenti trale due guerre non sono state ancora identifi-cate. Nessuna ricerca è stata ad esempiointrapresa per la permanenza in Belgio. Sipuò ipotizzare che si fosse avvicinato a unqualche gruppo anarchico, probabilmentequello di Hem Day.9. Cfr. ACS CPC Turroni Pio, Busta 5253,Fascicolo 114599, 31 gennaio 1927, quando ècancellata in via amministrativa la nota direnitenza alla leva. In seguito Turroni ottienela dispensa provvisoria dal servizio (dichiara-zione rilasciata dal Regio Console di Liegi).10. Su Bernardo Cremonini, cfr. MaurizioAntonioli, Giampietro Berti, Santi Fedele,Pasquale Iuso (a cura di), Dizionario Biogra-fico degli Anarchici Italiani, cit. Personaggiomolto attivo e di rilievo del fuoriuscitismoparigino, diventa, non si sa per quali circo-stanze, collaboratore dell’OVRA all’inizio del1927, e precisamente linformatore n. 6, nomedi copertura “Bero” o “Solone”. Sul caso diCremonini e della sua infiltrazione nel grup-po di amici-compagni intorno a Camillo Ber-neri, e dunque a Pio Turroni, cfr. MauroCanali, Le spie del regime, il Mulino, Bolo-gna, 2004.11. Arriva in convalescenza a Brest nel 1927con la moglie Galina Kuz’menko e la figliaYelena.12. Arch. Dép. Finistère, 63 U 19/25. Sullapermanenza di Turroni a Brest rimangono daverificare le serie 4 M 335 a 347, relative aimovimenti anarchici e ai sospetti, e le serie 4M 356 a 377, relative alla sorveglianza deglistranieri.13. ACS CPC Turroni Pio, copia del cablo-

gramma inviato dal console di Nantes alministero dell’Interno, n. 5472 del 20 dicem-bre 1934.14. Cfr. René Lochu, Libertaires, mes compa-triotes de Brest et d’ailleurs, prefazione diLeo Ferré, La Digitale, Quimper, 1983.15. “Ero a Vichy quando si sollevò Franco e isuoi generali”, cfr. Archivio G. Pinelli, FondoPio Turroni, Busta 2, Fascicolo 33, lettera adAndrea Chersi dell’8 marzo 1979.16. Sul periodo spagnolo rimangono numero-si faldoni da verificare, oltre a un’attenta let-tura della stampa spagnola. Ulteriori ricerchevanno anche fatte sul suo ruolo in seno all’O-ficina de Propaganda Exterior della CNT-FAI.17. Cfr. Enrico Acciai, Viaggio attraversol’antifascismo. Volontariato internazionale eguerra civile spagnola: la Sezione Italianadella Colonna Ascaso, Dottorato di ricerca,Università della Tuscia, Viterbo, 2010.18. Cfr. Gli anarchici italiani in Spagna neifatti del maggio 1937, “L’Adunata dei Refrat-tari”, 13 agosto 1938.19. Informazione da verificare presso la que-stura di Marsiglia; sembra però che si tratti diun errore cronologico. Il decreto di espulsio-ne arriva il 16 marzo 1940.20. In una sua lettera Pio spiega che a partiredal settembre 1937 risiede principalmente aMarsiglia, città in cui è più facile condurre lasua attività. Marsiglia infatti è non solo vicinaalla Spagna, ma è anche molto attiva politica-mente. Cfr. Archivio G. Pinelli, Fondo PioTurroni, Busta 2, Fascicolo 33, lettera del 30agosto 1977 da Pio a Robert [D’Attilio].21. Peraltro, nella sua corrispondenza raccon-ta di essere stato in contatto con Germinal deSouza e poi con Pedro Herrera della CNT. Ètramite loro due che Turroni farà conoscerealla CNT-FAI il suo progetto di attentato aMussolini.22. Cfr. IISH Amsterdam, Fondo Luigi Berto-ni, scatola 110, lettere e resoconti finanziari

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dei comitati mandati a Bertoni per pubblica-zione sul “Risveglio anarchico” e su “L’Adu-nata dei Refrattari”.23. Pio scoprirà negli anni Settanta, quandoavrà libero accesso agli archivi di Stato, cheCremonini era una spia. Cfr. Archivio G.Pinelli, Fondo Pio Turroni, Busta 2, Fascicolo33, lettera del 30 agosto1977 da Pio a Robert[D’Attilio].24. Enrico Acciai indica Turroni quale diri-gente del Comitato Pro Spagna di Marsiglia.In quei frangenti, anche il Comitato Pro Vitti-me Politiche marsigliese si assume altre mis-sioni ed estende la propria solidarietà ancheal di là della Spagna.25. Service Historique de la Défense (SHD),Vincennes (Paris), 13 J 0764, Prisons militai-res, XIX°-XX° siècles, registro delle deten-zioni. Cfr. ACS CPC, Turroni Pio, copia diuna lettera della sorella Elettra, indirizzataalla prigione militare di Saint-Nicolas, del 16

febbraio 1940. Cfr. Gli anarchici e gli altrisotto Vichy, cit.26. Pio Turroni, I campi di concentrazionesotto Vichy, “L’Adunata dei Refrattari”, 3gennaio 1942.27. ACS CPC, Turroni Pio. Cfr. brano di unalettera di Turroni inviata a un amico, poi risul-tato confidente dell’OVRA. Appunto n. 50031863 del 9 novembre 1940. Forse BernardoCremonini?28. Lo stesso Turroni racconta che non appe-na viene a sapere che Emilio Lussu ha otte-nuto un passaporto messicano anche per lui,fugge dal campo di concentramento diRemoulins per raggiungere Marsiglia, dovefinalmente riesce a imbarcarsi alla volta delMarocco.29. In questa occasione viene arrestato conAldo Garosci di Giustizia e Libertà. Ma men-tre Garosci è immediatamente rilasciato, Piorimane in carcere per quindici giorni e subi-sce una nuova condanna a quattro mesi diprigione con la condizionale. Cfr. Arch. Dép.Bouches-du-Rhône, 2 Y 1105, 1871 W 5,registro della prigione di Chave, ottobre-dicembre 1940; 63 W 1, minuta dell’udienzadel 9 gennaio 1941.30. Su questo secondo tentativo riuscito diimbarco è necessario ancora consultare lecarte degli archivi di Giustizia e Libertà con-servati presso l’Istituto storico della Resisten-za in Toscana (Firenze). L’episodio non èmenzionato né da Aldo Garosci in Storia deifuoriusciti, né da Emilio Lussu in Diplomaziaclandestina.31. Dino Angeli e sua moglie Ida Marchetinihanno aiutato numerosi anarchici fuggiti inAfrica del Nord. È in quel periodo che tra glialtri incontra anche Cipriano Mera.

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Emilio Lussu (1890-1975).

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All’indomani dell’aprile 1945, gli anar-chici italiani – dopo aver vissuto l’espe-rienza della lotta resistenziale, dei campidi prigionia, del domicilio coatto o dell’e-silio – si ritrovano in una realtà politica esociale completamente diversa da quellalasciata più di vent’anni prima1. Devonoaffrontare da un lato difficoltà logistiche,organizzative e finanziarie nell’impegnodi ricostituzione del movimento, dall’altroattraversare una crisi profonda, che li por-terà per molti anni a un sostanziale isola-mento e immobilismo politico. Crisidovuta in particolare alla nuova realtàpolitico-sociale italiana, dominata dalla

cosiddetta “guerra fredda”, che negli annia venire avrebbe comportato un generaleirrigidimento politico nei due schieramen-ti contrapposti, quello del Partito Comuni-sta e quello della Democrazia Cristiana,che condurrà i movimenti non disposti adaccettare la logica dei blocchi a una pro-gressiva riduzione, fino alla perdita totale,di seguito e di influenza.Nonostante ciò, gli anarchici italiani rie-scono a convocare a Carrara, dal 15 al 19settembre del 1945, il loro primo Con-gresso nazionale2 e a dibattere sui terminie le finalità della loro azione. Ai delegatispetta il difficile compito di stabilire una

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Il Gruppo Editore L’Antistato (1949-1975)

di Lorenzo Pezzica

Foto ricordo inviata negli USA ai coniugi Sallusto e Vattuone, verosimilmente scattata in piazza Saffi aForlì nel 1946; riconoscibili (da sinistra a destra): Pio Turroni, ignoto, Riccardo Sacconi, Titta Foti,Armando Borghi, Giovanna Berneri, Giovanna Gervasio Carbonari, ignoto. Fonte Archivio A. Borghi.

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linea comune per il ricostituendo movi-mento; una linea che permetta, soprattut-to, di superare le numerose divergenze trala corrente organizzatrice e quella antior-ganizzatrice3, che puntualmente si sonoriaffacciate nel dibattito interno, e cherilanci l’anarchismo nel paese.Alla questione della struttura organizzati-va era strettamente correlata anche un’al-tra questione di divergenza, anch’essapresente in tutta la storia del movimentoanarchico, e tanto più attuale dopo la par-tecipazione di questo alla Resistenza e lacollaborazione con i Comitati di liberazio-ne nazionale: il rapporto con le istituzionie i partiti politici della sinistra.Malgrado le divergenze, il Congresso diCarrara si apre all’insegna della volontà dimantenere unito il movimento e al termi-ne dei lavori le due correnti riescono adeliberare la costituzione della Federazio-ne anarchica italiana (FAI), delineandonel’organizzazione, i criteri per l’attribuzio-ne degli incarichi gestionali e il program-ma d’azione4. Il precario equilibriocostruito a Carrara però si incrina già unanno dopo, con la scissione degli anarchi-ci appartenenti alla correnteorganizzatrice5, e nel 1950 con la creazio-ne dei Gruppi Anarchici d’Azione Prole-taria di Pier Carlo Masini6. È nel contesto di questi avvenimenti chesi costituisce ad Ancona, alla fine del1949, per iniziativa soprattutto di Pio Tur-roni e Gigi Damiani, il Gruppo EditoreL’Antistato. Compone il Gruppo, apparte-nente alla corrente antiorganizzatrice, unristretto numero di persone. Tra esse Sabi-no Sabini e Umberto Sama.Tra i principali promotori dell’attività edi-toriale, Pio Turroni7 rappresenta il perso-naggio più importante e influente. L’im-pegno di Turroni nella stampa anarchica

era iniziato già molto tempo prima. Dal1933 al 1935 era stato, infatti, l’animato-re, sotto la direzione di Camillo Berneri,del Gruppo Edizioni Libertarie di Brestche pubblica L’operaiolatria di Berneri,La guerra che viene di Simone Weil e Ilgoverno forte di Francesco Amoroso8,mentre nel luglio 1937 aveva dato allestampe lo scritto di Berneri Mussolini allaconquista delle Baleari9.Dopo la sua partecipazione alla guerra diSpagna, facendo parte della Sezione Ita-liana della Colonna Ascaso, Turroni nel1939 si era rifugiato a Marsiglia diventan-do punto di riferimento per gli aiuti inviatidagli anarchici italo-americani che face-vano capo al periodico “L’Adunata deiRefrattari” di New York e che saranno, inseguito, tra i sostenitori principali, anchefinanziari, dell’attività editoriale de L’An-tistato.Alla fine del 1943 Turroni rientra dalMessico in Italia, a Napoli10, dando vita,insieme a Giovanna Caleffi Berneri, Cesa-re Zaccaria e Armido Abbate, all’Alleanzadei Gruppi Libertari dell’Italia meridiona-le e al Gruppo Editoriale “Rivoluzionelibertaria”11 e diventando in seguito, apartire dal 1946, il responsabile legaledella rivista “Volontà”12.Tornato in Romagna a guerra finita e sta-bilitosi a Cesena, Turroni prosegue la suaazione di ripresa del movimento e dellastampa anarchica. Insieme ad ArmandoBorghi, Umberto Consiglio e PrimoBassi, pubblica una serie di numeri unici,“Bresci”, “I martiri di Chicago”, “Olocau-sto”, diventa poi responsabile del giornale“L’Aurora” e, alla fine del 1949, come giàricordato, costituisce ad Ancona il GruppoEditore L’Antistato.Nel 1950 esce il primo volume della casaeditrice: Il pensiero di Luigi Galleani, un

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opuscolo di quaranta pagine, esauritoquasi subito, dove sono raccolti alcuniscritti di Galleani apparsi sulla rivista“L’Adunata dei Refrattari”. Nella prefa-zione, scritta da Gigi Damiani, si trova lamotivazione che ha spinto il Gruppo allapubblicazione dell’opuscolo13, mentrenell’ultima pagina gli editori presentanoquello che sarebbe stato il loro progettospiegando il perché della nascita delGruppo Editore L’Antistato: “Il gruppoeditore che per classificarsi si è intitolatoall’Antistato, si è costituito per spontaneainiziativa di compagni che hanno sentitala necessità di una specifica difesa di queiprincipi fondamentali sui quali riposa e sidefinisce tutta la costruzione ideologicadell’anarchismo e lo rendono a sé stante ebastante, senza bisogno di prendere abaliatico movimenti spuri e farsi da questirimorchiare. Un anarchismo senza penco-lamenti verso l’incanto del numero esenza ritorni accomodanti su posizioni giàda tempo abbandonate perché inquinateda risucchi autoritari veicolati dal marxi-smo. Il gruppo pensa di estrinsecare l’o-pera propria con una serie di pubblicazio-ni, tra le quali è in progetto anche quelladi un periodico-rivista quindicinale nellequali verranno esaminati con chiarezza ecoerenza i problemi che più interessano lavitalità del movimento e l’espandersi diuna propaganda anarchica”14. Il periodicoannunciato è “L’Antistato. Rassegna anar-chica quindicinale”15, i cui redattori prin-cipali sono Pio Turroni e Gigi Damiani. Ilgiornale esce a Forlì, dove L’Antistato hatrasferito il suo recapito, il 10 settembre1950, con l’intento di presentare il Grup-po come portavoce della corrente antior-ganizzatrice16 in vista del IV Congressonazionale, che si sarebbe svolto ad Anco-na dall’8 al 10 dicembre 195017.

Tra il 1950 e il 1973 L’Antistato, che dal1951 avrà di nuovo sede a Cesena, editaventisei opere. Al di là degli intenti gene-rali esposti nell’opuscolo dedicato a Gal-leani, il Gruppo non ha un progetto edito-riale preciso, pubblicando sia nuove operesia opere già edite in passato e in alcunicasi proposte in traduzione italiana. Moltospesso la decisione di pubblicare nasce daparticolari occasioni, eventi o finanzia-menti specifici, anche se il Gruppo riescea mantenere una cadenza abbastanzaregolare nell’uscita dei volumi.Dopo l’uscita dell’opuscolo di Galleani, ilGruppo riprende la sua attività editorialenel 1953 con il volume Un trentennio diattività anarchica (1914-1945)18, gli opu-scoli La mia bella anarchia (1953) diGigi Damiani, Mandateli lassù (1954) diLuigi Galleani, con la prefazione diMichela Bicchieri, e la biografia GigiDamiani (1954) scritta da Ugo Fedeli19.La scelta di pubblicare il volume Un tren-tennio era nata, come scrivono gli editorinella loro premessa, dalla “idea di compi-lare e di dare alle stampe un compendioriassuntivo dell’attività del movimentoanarchico italiano nell’ultimo e tormenta-to trentennio”, per contrastare “nell’am-biente nostro il vociare dei sopraggiuntiall’ultima ora i quali, per documentare lapropria presenza di esseri superiori, si die-dero a insinuare di un anarchismo tradi-zionale ormai superato ed esautorato dagliavvenimenti e anchilosatosi durante gliultimi decenni nella commemorazionedelle proprie date storiche e nella semina-gione di proclamazioni fallite. Pur datoper morto, il vecchio anarchismo, mode-stamente essi si proponevano di ringiova-nirlo, di rinvigorirlo colla propria culturamarxista, forti delle esperienze che aveva-no fatte come fascisti e come

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bolscevichi”20. Fin dalle prime pubblica-zioni quindi, il Gruppo Editore nonnasconde il suo proposito polemico neiconfronti di una parte del movimentoanarchico italiano, quella organizzatrice,anche se cercherà nello stesso tempo didifendersi dalle critiche rivoltegli dagliesponenti di quella corrente sottolineandosempre l’impegno comune di lotta21.Nel 1956 viene pubblicata l’opera di UgoFedeli Luigi Galleani: quarant’anni dilotte rivoluzionarie (1891-1931), arricchi-ta da numerose fotografie e riproduzionifuori testo, seguito, l’anno successivo,dalle Lettere sul sindacalismo di Bartolo-meo Vanzetti, con la prefazione di Miche-la Bicchieri. L’attività del Gruppo prose-gue con la pubblicazione di manifesti epieghevoli legati ad avvenimenti dell’at-tualità politica di quegli anni o in occasio-ne della festa del Primo Maggio.Le pubblicazioni venivano inviate, per lopiù “d’ufficio”, a numerosi anarchici ita-liani e stranieri, grazie soprattutto al girodi conoscenze e contatti di Pio Turroni.Questa scelta di distribuzione dei volumipubblicati implicava però uno sforzo eco-

nomico non indifferente che rendeva cro-nica la passività finanziaria della casa edi-trice, sebbene il Gruppo si avvalesse del-l’impegno volontario sia per l’aspettoorganizzativo sia per quello amministrati-vo. Le difficoltà economiche erano inparte superate grazie ai finanziamenti chearrivavano al Gruppo principalmentedagli anarchici italo-americani che face-vano capo a “L’Adunata dei Refrattari” eche erano in stretto contatto con Pio. Nel1960 sono infatti gli italo-americani a pro-porre e finanziare la pubblicazione delvolume di Nino Napoletano GiovanniBovio, il cui ricavato della vendita vienedevoluto alla vedova dello stesso autore.Due anni dopo, nel 1962, L’Antistato rice-ve il finanziamento per pubblicare Bian-chi e Negri di Dando Dandi e La verità sucristo e il cristianesimo di AleramePetrazzi22, mentre nel 1965, sempre suproposta degli italo-americani, viene pub-blicato Richiamo all’anarchia: protesta eproposta anarchica in otto conferenzepronunciate in terra d’esilio durante ladominazione fascista di Virgilia d’Andreae Panorama anarchico di Dando Dandi,

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Palermo, 24-25agosto (?) 1946,durante un tourdi conferenze diBorghi nel SudItalia; ricono-scibili (da sini-stra a destra):Filippo Guzzar-di, D'Andrea (diParigi), Arman-do Borghi, PioTurroni, PaoloSchicchi, Alfon-so Failla, Gio-vanni Spatolia-tore, FilippoGramignano.Fonte ArchivioA. Borghi.

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presentato da Giuseppe Rose e arricchitodai disegni di Francesco Lupinacci.Il ricavato delle vendite dei volumi finan-ziati permettono al Gruppo di uscire nel1964 con il volume Breve storia dell’anar-chismo di Max Nettlau23, tradotto per laprima volta in italiano, Controllo dellenascite di Aldo Pontiggia24 e la biografiaGiuseppe Ciancabilla di Ugo Fedeli, usci-ta nel 1965 con la premessa di JosephMascii25. L’anno successivo è la volta deLa fine dell’anarchismo? di Luigi Galleanie nel 1968 degli Scritti scelti, in due volu-mi, di Pietro Gori26.Nel 1965, a quasi vent’anni dalla nascita,sulle pagine di “Iniziativa anarchica”27 ilGruppo Editore L’Antistato pubblica unarelazione sull’attività fino a quel momentosvolta rivendicando la sua autonomia, purconsiderandosi parte integrante del movi-mento anarchico, e respingendo ogni pro-posta di accentramento, direzione e con-trollo28. Come era già successo per il gior-nale “L’Antistato” nel 1950, il Gruppo siimpegna nella pubblicazione di un periodi-co portavoce della corrente antiorganizza-trice in previsione del Congresso naziona-le di Carrara del 1965, “consapevoli dellanecessità della difesa dei principi anarchicicompromessi polemicamente da una cor-rente di compagni che agitava da tempol’intendimento di organizzare e strutturareil movimento anarchico e la FAI”29.Nel frattempo Turroni ha conosciuto ungruppo di giovani anarchici milanesi,impegnato da alcuni anni nel tentativo dirinnovare e arricchire culturalmente l’a-narchismo, che aveva dato vita nel 1963alla rivista “Materialismo e Libertà” persmuovere l’anarchismo “un po’ polverosodi quegli anni”30. Turroni, “allora quasisessantenne ma ancora e sempre allaricerca di forze nuove”31, si rende conto

degli elementi di novità proposti da“Materialismo e Libertà”, nonostante loscarso successo della rivista riscontratonel movimento anarchico dell’epoca “unpo’ per demeriti suoi [della rivista] e unpo’ per la miseria culturale del movimen-to”32, e si reca a Milano a trovare i giova-ni anarchici della redazione, stabilendo finda subito affinità e un amichevole rappor-to, che lo porta a interessarsi e a finanzia-re alcune iniziative del gruppo milanese33.In poco tempo l’amicizia tra Turroni e igiovani anarchici milanesi si trasforma incollaborazione che infatti vedrà, a partiredal 1970, la presenza, come autori, didiversi componenti del gruppo che nelfrattempo si era trasformato nel GruppoAnarchico Bandiera nera34.Nel 1970 viene inaugurata una collanaintitolata “I Quaderni dell’Antistato”. Ilprimo quaderno pubblicato è Anarchismo’70: materiali per un dibattito, che racco-glie saggi di diversi autori, seguito nel1971 dal secondo quaderno dal titoloGeografia dell’anarchismo: istantanee dimezzo secolo35 di Gino Cerrito. I due qua-derni, che hanno ognuno una tiratura diseimila copie, escono come supplementospeciale della rivista “Volontà”, per “esse-re facilitati nelle spedizioni postali di cuila rivista aveva l’abbonamento, che nonaveva l’Antistato”, come ricorda Turroninella relazione a consuntivo dell’attivitàdella casa editrice nel maggio del 197536.Sempre nel 1971 viene pubblicata, in unanuova edizione, una delle opere piùimportanti di Luigi Fabbri, Dittatura erivoluzione.Il 1973, l’ultimo anno di pubblicazioni delGruppo Editore L’Antistato, vede l’uscitadi un terzo quaderno dal titolo Anarchi-smo ’70, un’analisi nuova per la strategiadi sempre, con saggi di Roberto Ambroso-

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li, Nico Berti, Amedeo Bertolo, PaoloFinzi e Luciano Lanza, del volume Larivolta antiautoritaria: numero specialeper il centenario della Conferenza diRimini (4-6 agosto 1872)37, del saggio diArthur Lehning Marxismo e anarchismo einfine dell’antologia di scritti di Kro-potkin, dal titolo La società aperta38,scelti e curati da Herbert Read, che scriveanche l’introduzione, accompagnata dauna nota di Carlo Doglio.Nel maggio 1975, Turroni, che morirà aCesena sette anni più tardi, nel 1982,decide di trasferire la gestione de L’Anti-stato a Milano affidandola definitivamenteal gruppo milanese e in particolare adAmedeo Bertolo e Rossella Di Leo.

Note1. Sul confronto dal punto di vista anarchicotra la situazione del primo e del secondo dopo-guerra, cfr. A. Borghi, Conferma anarchica,Forlì, L’Aurora, 1949.2. Il Congresso rappresentò un evento rilevan-te anche al di fuori dell’ambito libertario. Allegiornate congressuali partecipò, in qualità disegretario del Partito socialista di unità prole-taria, Sandro Pertini. Per le strade di Carrarafurono affissi manifesti di saluto ai congressistida parte delle sezioni locali e regionali dei par-titi della sinistra e persino della DemocraziaCristiana. U. Fedeli, Congressi e Convegni(1944-1962), Genova, Ed. FAI, 1963, pp. 43-68. Sul Congresso e sulle sue ripercussioni sulmovimento anarchico italiano si veda anche G.Cerrito, Il ruolo dell’organizzazioneanarchica, Pistoia, RL, 1973, pp. 117-122; P.Feri, Il movimento anarchico in Italia (1944-1950): dalla resistenza alla ricostruzione,Roma, Quaderni della FIAP, 1978, pp. 17-22;A. Dadà, L’anarchismo in Italia: fra movimen-to e partito, Milano, Teti, 1984, pp. 98-104.

3. A. Dadà, L’anarchismo, cit., pp. 101-103.4. A partire dagli ultimi mesi del 1945 la FAIsi impegna in un ambizioso programma di pro-paganda, per sostenere il proprio rilancio poli-tico nel paese. Il progetto si reggeva su duepunti principali: la propaganda orale e la ripre-sa della stampa anarchica. I. Rossi, La ripresadel movimento anarchico italiano e la propa-ganda orale dal 1943 al 1950, Pistoia, RL,1981, pp. 70-93.5. Gli scissionisti fondano la Federazionelibertaria italiana. Cfr. G. Cerrito, Il ruolo, cit.,pp. 122-125.6. La frattura definitiva tra organizzatori eantiorganizzatori avverrà, sempre a Carrara,vent’anni più tardi. Il Congresso di Carrara del1965, che vede emergere una maggioranzaorganizzatrice, delibera la ripresa delle tesisostenute nel Patto associativo malatestianodel 1920. Tale svolta, maturata principalmentea opera di Gino Cerrito, è causa di una nuovascissione, questa volta di parte antiorganizza-trice, scissione dalla quale hanno origine iGruppi d’Iniziativa Anarchica. Cfr. G. Cerrito,Il ruolo, cit., pp. 140-147 e pp. 169-205; P.Feri, Il movimento, cit., pp. 53-61.7. Sulla figura di Turroni si veda anche P. Sen-sini, Turroni Pio, in Dizionario Biograficodegli Anarchici Italiani, vol. II, (I-Z), Pisa,BFS, 2004, pp. 635-638.8. P. Sensini, Turroni Pio, cit., pp. 635-636.9. C. Berneri, Mussolini alla conquista delleBaleari, Barcellona, Oficina de Propaganda,Sezione Italiana, 1937. L’opera è stata poiripubblicata, con prefazione di C. Venza, nel2002 da Galzerano editore,Casalvelino Scalo.10. Da Napoli Turroni deve poi riparare a Bariper ingiunzione delle Autorità di occupazione.I. Rossi, La ripresa, cit., pp. 24-25.11. P. Sensini, Turroni Pio, cit., p. 636.12. Di “Volontà” Turroni sarà il gerenteresponsabile per tutta la sua vita, anche dopo iltrasferimento della testata nel 1980 al gruppo

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di Milano. Sulla storia della rivista si veda“Volontà”, 1986, n. 3, dedicato ai quarant’annidella rivista, e Cinquant’anni di Volontà. Indici1946-1996, “Volontà”, 1997, numero speciale.13. “Riunendo in un opuscolo alcune fram-mentarie esposizioni del pensiero di Luigi Gal-leani (…) il Gruppo Editore L’Antistato (…)tiene a dichiarare che non è mosso da fregoladi acrimoniosa e settaria contrapposizionepolemica, ma dal desiderio di contribuire aun’allargata comprensione dell’anarchismo, ilquale non è dogma di chiesa o di setta, e nep-pure programma e statuto di partito, ma spiritodi libertà”. Cfr. Il pensiero di Luigi Galleani,Cesena, L’Antistato, 1950, p. 3.4. Ibidem, p. 41.15. L. Bettini, Bibliografia dell’anarchismo,vol. I, Periodici e numeri unici anarchici inlingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze, Crescita Politica, 1976, p. 393.16. Nell’articolo programmatico si legge: “Ilnostro programma è nel titolo che diamo aquesta rassegna. In esso è la sintesi delle pre-messe e motivazioni ideologiche che dannouna ragione di esistere al movimento anarchicoe allo stesso anarchismo: quello che ci propo-niamo di difendere e diffondere nella sua inte-grità storica e basilare. Un anarchismo dunque,il nostro, non deturpato o diluito da aggettiva-zioni che lo diminuiscono e lo sfigurano, néridotto ad attributo che gli neghi una persona-lità propria (…), l’associazione tra gli anarchi-ci è manifestazione spontanea, determinata dafatti circostanziali e non da lettere circolari(…). Si possono fondare (…) quanti comitatidi unioni mitiche si desiderano, ma l’anima delmovimento resta colui al quale oggi si vuolenegare diritto all’esistenza, l’individuo, l’uomoe non la massa. L’individuo cosciente e opero-so è lui la cellula prima e consapevole d’ognipiù vasto aggregato, è lui che si compila il pro-prio patto federativo e lo allarga e lo realizzaper la libera scelta”. Cfr. Il nostro programma?

“Iniziativa anarchica”, 1950, n. 1, p. 1.17. Dopo il Congresso di Ancona il periodicoviene sospeso. Ne uscirà ancora un numero nelgiugno 1951.18. Il volume è curato da Ugo Fedeli. All’in-terno della copertina è indicato come “respon-sabile della pubblicazione” Umberto Sama.19. Gigi Damiani era morto alla fine del 1953.20. Un trentennio di attività anarchica (1914-1945), Cesena, L’Antistato, 1953, p. 5.21. Per esempio il processo subito nel 1951 daTurroni come gerente del giornale “L’Antista-to”, per cui viene condannato con la condizio-nale a sei mesi di reclusione “per vilipendioalla magistratura”, “dimostrava che il periodi-co non era nato per la polemica interna, mache continuava quella contro il nemico e per lanostra propaganda”. U. Sama-P. Gazzoni,Relazione del Gruppo Editore L’Antistato, in“Iniziativa anarchica”, 1965, n. 1, pp. 2-3. Tur-roni subisce altri tre processi, arrivando fino inCassazione (1959) con l’accusa di “incitamen-to a ribellarsi alle leggi” per aver fatto propa-ganda antielettorale.22. L’autore firma il volume con lo pseudoni-mo Pietro Secondo.23. Il volume era uscito in lingua spagnola nel1935. M. Nettlau, La Anarquía a traves de lostiempos, Barcellona, Maucci, 1935.24. Probabilmente pubblicato nel 1965.25. La biografia Giuseppe Ciancabilla è l’ulti-mo lavoro di Ugo Fedeli ed esce postuma nel1965. Il volume riporta una diversa casa editri-ce: Galeati di Imola. Nel 1978 esce un reprintper le edizioni Assandri di Torino.26. Vol. I: Sociologia anarchica; Conferenze;vol. II: Le difese; Ceneri e faville; Sociologiacriminale; Poesie e drammi.27. “Iniziativa anarchica, portavoce precon-gressuale”, che ospita la relazione del GruppoEditore L’Antistato, viene fondata da ItaloGarinei ed esce dal settembre 1965 al gennaio1966. Vedi L. Bettini, Bibliografia, cit., p. 412.

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28. U. Sama-P. Gazzoni, Relazione, cit., pp. 2-3.29. Cfr. La nostra posizione, “Iniziativa anar-chica”, 1965, n. 1, p. 2.30. “Materialismo e Libertà” esce solo in trenumeri dal gennaio al maggio 1963, otto pagi-ne a numero, di formato poco superiore alfoglio di protocollo. La redazione era costituitada Eliane Vincileoni, Giovanni Corradini,Amedeo Bertolo, Luigi Gerli, Silvio Cocco,Roberto Ambrosoli e altri collaboratori. Cfr.La breve storia di ‘Materialismo e Libertà’,“Libertaria”, 2000, n. 4, pp. 87-95. L’articolo èaccompagnato da due interventi: Amedeo Ber-tolo, Come eravamo ambiziosi, pp. 88-92, eGiampietro Berti, Ha dato il via alla nuovariflessione teorica, pp. 92-95.31. A. Bertolo, Pio Turroni, cit.32. A. Bertolo, Come eravamo ambiziosi, cit.,p. 89. Oltre a Turroni, Bertolo ricorda che glielementi di novità presenti in “Materialismo eLibertà” “vennero notati a distanza dall’attentoe curioso intellettuale francese Louis MercierVega, che lo citò sei anni dopo nel suo Incré-vable anarchisme, Union générale d’éditions,Paris, 1970; tr. it. La pratica dell’utopia, Edi-zioni Antistato, Milano, 1978.33. Nel 1966 L’Antistato pubblica, per esem-pio, più di centomila copie del pieghevole Chisono gli anarchici, scritto da Amedeo Bertoloe firmato “Gioventù libertaria di Milano”. Incopertina si trova un’anteprima di Anarchik, ilpersonaggio disegnato da Roberto Ambrosoli.34. Nato nel 1962, il Gruppo Giovanile Liber-tario si era trasformato, nel 1965, in GioventùLibertaria di Milano, e nel 1969 in GruppoAnarchico Bandiera Nera.35. Il quaderno, curato dall’Antistato, è peròedito da RL di Pistoia e ha in copertina il titoloAnarchismo ’70. Materiali per un dibattito.36. La relazione è conservata nel Fondo Anti-stato dell’Archivio G. Pinelli di Milano.37. Anche La rivolta antiautoritaria, che Tur-roni elenca tra le pubblicazioni edite dall’Anti-

stato nella sua relazione consuntiva del 1975(Fondo Antistato, Archivio G. Pinelli di Mila-no), segnala in copertina le edizioni RL diPistoia come editore. Il volume esce comenumero speciale di “Volontà”.38. Una seconda edizione dell’opera uscirà nel1976 per iniziativa della nuova redazione mila-nese dell’Antistato, come terzo volume dellanuova collana Classici del pensiero anarchico.

Questo scritto è originariamente apparso suMaurizio Antonioli (cur.), Editori e tipografianarchici di lingua italiana tra Otto e Nove-cento, BFS, Pisa, 2007.

Conobbi Pio Turroni nei primi anni Set-tanta. Mi apparve subito come uno di queiclassici vecchi anarchici che facevanosoggezione, portatori di grandissima espe-rienza vissuta e allo stesso tempo capacidi propinarti grande saggezza quando tidonavano la loro visione delle cose. Sentiisubito, e ne rimasi affascinato, la suaforza interiore. Ma fui soprattutto colpitodalla sua capacità di essere presente e dicapire le cose, veramente rare in queitempi di affabulatori senza scrupoli. Mene feci un’idea, mai poi in seguito smenti-ta, di grande attitudine organizzativa, con-vintissimo che possedesse un notevolespirito pragmatico accompagnato da unacapacità intuitiva di comprendere imme-diatamente il nocciolo essenziale di ogniproblema. Questo è il Pio Turroni chericordo con grande affetto e gratitudine.Ne ho sempre percepito l’autorevolezza

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Amarcord di Andrea Papi

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in ogni circostanza in cui ci siamo incon-trati, che fosse a casa sua o in riunioni digruppi anarchici, come durante le ormaimitiche assemblee di Campiano. A Cam-piano, paese del ravennate con una gros-sissima tradizione anarchica ormai estinta,nella seconda metà degli anni Settanta sisvolgevano periodicamente appuntamentiche noi anarchici romagnoli tutti sentiva-mo sempre particolarmente importanti.Erano momenti di scambio di idee, diconfronto politico tra compagni e compa-gne, in cui si prendevano anche decisioniche ci coinvolgevano direttamente, in cuiabbiamo deciso insieme manifesti e orga-nizzato comizi e incontri aperti al pubbli-co. Di fatto rappresentavano il collante eil momento di unione tra le giovani (diallora) generazioni e quelle che avevanovissuto il periodo fascista e la rivoluzioneanarchica spagnola. La sua militanza,sempre vigile e molto attiva, era interna-zionale. Teneva rapporti epistolari soprat-tutto con i compagni americani, con cuiscambiava con costanza quotidiana infor-mazioni e opinioni. Inoltre lo sentivamomolto importante perché era praticamenteil gestore principale de L’Antistato, unadelle poche case editrici anarchiche cheavevano preso attività nel dopoguerra,mosse dall’intento di far conoscere la sto-ria dell’anarchismo e la profondità delpensiero anarchico. Soprattutto ricordocon affetto particolare quando mi affasci-nava quelle rare volte che raccontava,sempre con molta modestia e discrezione,testimonianze della sua vita di antifascistain esilio. Nelle sue parole c’era tutta latensione e la commozione di chi avevavissuto intensamente, sorretto dalla forzapotente dell’adesione a un ideale comequello anarchico.

Era il 1971, eravamo una decina di ven-tenni forlivesi, alcuni provenienti da grup-pi della sinistra extraparlamentare, quasitutti studenti, molto alternativi nel vestia-rio e nelle capigliature. Pieni più di buoneintenzioni e slogan rivoluzionari che diun’impostazione seriamente libertaria,avevamo costituito un gruppo anarchico,che in zona mancava ormai da svariatianni. Prendendo contatto con alcuni vec-chi militanti romagnoli, arrivammo anchea Cesena, da Pio Turroni, un muratore inpensione che sapevamo essere un perso-naggio di primo piano del movimentoanarchico italiano. Quando lo incontram-mo era tutt’altro che il vecchietto che cieravamo aspettati: abbastanza alto, fisica-mente ben piazzato, la voce forte, i modibruschi. Sapeva di noi e certo non ciblandì. Dopo i primi convenevoli e dopoaver dato un’occhiata alla nostra produ-zione di volantini e documenti, disse che,dal punto di vista teorico-politico, erava-mo, ad andar bene, dei ribelli, degli anar-coidi, non certo degli anarchici. Cosìcome giudicò velleitario e confuso quelloche gli dicemmo circa i nostri interventinelle fabbriche e nelle scuole. Nonostantequesta iniziale freddezza, comunque ciinvitò a tornare a trovarlo, cosa checominciammo a fare con una certa regola-rità. In questi incontri, che via via si face-vano più distesi e tranquilli, non mancavamai di indagare, spesso indirettamente, suquel che facevamo, sulle nostre letture, suquel che pensavamo: una specie di esameperiodico. Probabilmente lo passammo

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L’eleganza del ricciodi Franco Melandri

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abbastanza bene perché col tempo i rap-porti, soprattutto con alcuni di noi, sifecero del tutto distesi, quasi confidenzia-li. Grazie anche alla sua compagna, Nata-lia Mongiusti, talvolta ci si trovava a cenada lui e fu anche grazie a queste serate (aqualcuna di esse incontrammo AurelioChessa, Luciano Farinelli, Carlo Doglio)che via via cominciammo a conoscere,assieme al personaggio, la persona. Come personaggio aveva sicuramente ungrande passato, anche se ne parlava conmolto pudore e solo dietro insistenti pres-sioni. Come persona si rivelò, al di là deitoni spesso sarcastici e liquidatori, attentoalle particolarità delle singole persone,curioso di conoscerle e di confrontarsi conloro. Alcuni di noi erano molto interessatiad approfondire il pensiero anarchiconelle sue diverse articolazioni, ma i libridisponibili non erano tanti. Per cui fu unsimbolo tangibile del farsi della conoscen-za e della fiducia che ci passasse, quandogli arrivava, il materiale che giudicavainteressante per noi. Fu così che – spessoaccompagnate da frasi un po’ liquidatoriedel tipo “Chissà poi che ne farete, ammes-so che capiate veramente quel che c’èscritto” – mi regalò la collezione di “Pen-

siero e Volontà”, le prime annate di“Volontà”, molti libri editi dall’“Adunatadei Refrattari” o dalle Edizioni Sociali,usciti a New York fra le due guerre. Un altro aspetto che mi/ci colpì fu lagrande preoccupazione con cui seguiva lenoie con la giustizia in cui, con la militan-za, quasi tutti noi ci trovammo invischiati:ogni volta chiedeva se fosse necessarioattivare il Comitato Anarchico Pro VittimePolitiche o se avevamo bisogno di avvo-cati e di fondi. Pio inoltre era un attentoosservatore della situazione politico-socia-le, ma soprattutto un militante che cercavasempre di creare e radicare realtà liberta-rie come il Centro educativo italo-svizze-ro, animato dalla socialista svizzera Mar-gherita Zoebeli, una scuola autogestita cuicollaborava, anche come muratore. Nellediscussioni capitava spesso che ci ripetes-se che la libertà e la giustizia sociale nonerano cose già pronte, da strappare a qual-cuno, ma un modo di essere da costruireogni giorno, tenacemente. Era, sottolinea-va, la lezione che aveva appreso da Mala-testa e dai suoi amici Camillo Berneri eArmando Borghi. Ed è ciò che noi abbia-mo cercato di apprendere dal riccio bona-rio Pio Turroni.

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Manifestazione di Andria, 1946: al centro si riconoscono Borghi (con il cappello), ignoto e Turroni.

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Parigi, 1912. Esattamente cento anni faArmando Borghi, in una delle sue perio-diche fughe dall’Italia, manda a LuigiFabbri una cartolina. Sul fronte apparecome una normale foto di pic-colo formato (cm. 14x9) colorseppia, mentre sul retro appa-re come una normale cartolinapostale con tanto di saluti,indirizzo e francobollo. Lastoria di questa cartolina,custodita nell’Archivio A.Borghi di Castel Bolognese,ce la racconta GiampieroLandi, che è uno dei curatoridella biblioteca.

Borghi, per evitare il carceredopo che Masetti aveva spa-rato al suo colonnello il 30ottobre 1911, si era rifugiatoa Parigi; sarebbe rientrato aBologna, grazie a un’amni-

stia, solo il 24 dicembre 1912. I perso-naggi che compaiono insieme a lui nellafoto [Borghi è il terzo da destra, in piedisulla scala] dovrebbero essere anonimi

compagni di lavoro. Io nonsono in grado di identificarenessuno, né ho ricevuto indi-cazioni in proposito da LuceFabbri, a suo tempo, quandoglielo chiesi. Molto chiaramente, sopraalla foto compare una dedi-ca: “Al compagno Fabbricon affetto A. Borghi”. Sul retro, dove sono appostidue timbri identici: ParisXVIII Clignancourt 24fevr[ier] [19]12, una linea diseparazione distingue l’areaAdresse dall’area Correspon-dance. Nell’area Adresse sipuò chiaramente leggere ildestinatario: Compagno

Borghi l’imbianchino

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46Album di famiglia

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Fabbri Luigi / BolognaVia Lame 126 128, Italie[“via Lame 126 128”sembra cancellato daalcuni tratti di penna, euna mano secondo mediversa ha aggiunto“Crespellano Maestro”]. Nell’area Correspondan-ce appare una scritta incorsivo di Borghi: “CaroFabbri, Eccoti [?] effigia-to in tenuta onorata. Fati-co molto molto e guada-gno poco (4 fr. al giorno),ma conto [?] molto. Salu-ti a [parola illeggibilecoperta dal timbro] Bian-ca e baci a Luce [seguonoalcune parole da me nondecifrate], tuo ArmandoBorghi”. E ancora, inmargine a lato dell’indi-rizzo: “Ieri grande comi-zio alla [non decifrato].Molta folla e per me unfelice momento oratorio”.L’originale si trova nel-l’Archivio Armando Bor-ghi, conservato presso laBiblioteca LibertariaArmando Borghi di CastelBolognese, e provienedall’Archivio di LuceFabbri a Montevideo (checomprendeva anche lecarte del padre Luigi). Lacartolina è arrivata aCastel Bolognese insiemead altri documenti donatida Luce Fabbri (tuttiriguardanti Borghi) nel1982.

La nuova sededel CIRA Marseille

Il Centre International deRecherches sur l’anarchi-sme di Marsiglia si è tra-sferito in una nuova e piùampia sede che sarà abreve inaugurata. Il nuovoindirizzo è 50 rue Conso-lat, 13001 Marseille. Ilcentro è aperto per la con-sultazione dal martedì alvenerdì tra le 15,00 e le18,30 (il martedì la chiu-sura è posticipata alle21,00). La sede è già ope-rativa ma i lavori nonsono del tutto finiti, dun-que chi vuol contribuire èil benvenuto!tel. 09 50 51 10 89 mail:[email protected] web:http://cira.marseille.free.frA

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47 Anarchivi

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GIUGNO 2012Centro Studi Libertari / Archivio Giuseppe Pinelli

via Rovetta 27, 20127 Milanotel. 02 28 46 923- fax 02 28 04 03 40

orario di apertura 10:00-18:00 dei giorni feriali – orario di consultazione 14:00-18:00e-mail: [email protected] - web: http://www.archiviopinelli.it

c/c postale n. 14039200 intestato a Centro studi libertari, Milanotutti i numeri precedenti sono liberamente scaricabili dal sito

stampato e distribuito daelèuthera editrice

via Rovetta 27 – 20127 Milano