Speciale Grecia

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12 FILMTV GOLFO [Grecia, 1914] di Konstadinos Bahatoris I pionieri del cinema greco furono i fratelli (macedoni) Milton e Yanaki Manaki, sulle cui tracce è il protagonista di Lo sguardo di Ulisse di Angelopulos. La mitica commedia bucolica Golfo, primo lungometraggio di fiction della storia greca, fece fallire la compagnia del regista. Il cinema come industria è conquista lontana. DAPHNIS AND CHLOE [Dafnis kai Hloi, Grecia, 1931] di Orestis Laskos Se l’agreste Golfo fonda il cinema greco all’insegna del genere pastorale (le “fustanelle”, dal nome del costume folkloristico maschile), fino alla Seconda guerra mondiale ricorrono film di stampo similamatoriale, che mettono in scena pièce teatrali e storie popolari. Tra questi si distingue il film di Laskos, per senso plastico del quadro e cura fotografica. a cura di Giulio Sangiorgio [ FILMOGRAFIA TRA MITO E REALTÀ ] La crisi che ha messo la Grecia in ginocchio è anche, purtroppo, culturale. Parlando con vari operatori di Atene si percepisce la paura di non riuscire più a realizzare film, mentre l’industria editoriale nel suo insieme boccheggia e persino il turismo ne risente. Eppure in questi ultimi anni il cinema ha saputo dare le migliori chiavi di lettura di una situazione di depressione europea che nel paese delle radici del continente trova la sua più drammatica manifestazione. I film di Yorgos Lanthimos, in particolare Alps, Miss Violence di Alexandros Avranas, il fulminante cortometraggio Out of Frame di Yorgos Zois, i più recenti A Blast di di Syllas Tzoumerkas o Stratos di Yannis Economides ci parlano a volte in maniera indiretta, a volte esplicitamente, di quel che accade alle persone, del disgregarsi dei valori, di un tessuto sociale sempre più sfilacciato, ma anche delle responsabilità e delle speranze. Purtroppo in Italia, con l’eccezione di Miss Violence, nessuno di questi titoli è stato distribuito. Un vero peccato. Forse, chissà, parlano anche un po’ di noi. A ll’ombra del Partenone, il concetto di crisi - che pre- suppone una dimensione temporale limitata - è di- ventato ormai uno, se non l’unico, status quo. Le no- tizie di queste settimane confermano. La scelta della Banca Centrale Europea di chiudere i rubinetti alla Grecia ha ridi- mensionato l’entusiasmo seguito all’elezione di Tsipras: il tour europeo del presidente di Syriza, in cerca del consenso dei creditori, e le parole spese ovunque (Obama compreso) in favore del paese sono stati freddati dalla decisione della BCE. Ponendo un ostacolo istantaneo di fronte un neo-primo mi- nistro che, da programma, aveva e ha tutta l’intenzione di ri- discutere i tagli imposti dalla Troika. Tagli che hanno letteral- mente messo in ginocchio il paese ma, magra consolazione, non un cinema che nella crisi sembra aver trovato nuova lin- fa e maggior forza, al punto di far parlare di una vera e pro- pria new wave della produzione ellenica, forse figlia della vo- glia di riscatto o delle tante storie borderline da racconta- UNO SGUARDO SUL CINEMA GRECO CONTEMPORANEO E SULLA SOCIETÀ CHE METTE IN SCENA ALL’INDOMANI DELL’ELEZIONE DI ALEXIS TSIPRAS, CHE APRE UN CAPITOLO NUOVO PER IL PAESE ELLENICO DI ERICA RE LE RADICI E LE ALI di Mauro Gervasini © HAOS FILM

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tratto da FilmTv n° 06 / 2015 di Erica Re, Giulio Sangiorgio, Mauro Gervasini

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GOLFO[Grecia, 1914]di Konstadinos BahatorisI pionieri del cinema greco furono i fratelli (macedoni) Milton e Yanaki Manaki, sulle cui tracce è il protagonista di Lo sguardo di Ulisse di Angelopulos. La miticacommedia bucolica Golfo, primolungometraggio di fiction della storia greca, fece fallire lacompagnia del regista. Il cinemacome industria è conquista lontana.

DAPHNIS AND CHLOE [Dafnis kai Hloi,Grecia, 1931] di Orestis LaskosSe l’agreste Golfo fonda il cinemagreco all’insegna del genere pastorale(le “fustanelle”, dal nome del costumefolkloristico maschile), fino allaSeconda guerra mondiale ricorronofilm di stampo similamatoriale, che mettono in scena pièce teatrali e storie popolari. Tra questi sidistingue il film di Laskos, per sensoplastico del quadro e cura fotografica.

a cura di Giulio Sangiorgio

[FILMOGRAFIA TRA MITO E REALTÀ]

La crisi che ha messo la Grecia in ginocchio è anche,purtroppo, culturale. Parlando con vari operatori di Atenesi percepisce la paura di non riuscire più a realizzare film,mentre l’industria editoriale nel suo insieme boccheggia

e persino il turismo ne risente. Eppure in questi ultimi anni il cinema ha saputo dare le migliori chiavi di lettura di una

situazione di depressione europea che nel paese delle radicidel continente trova la sua più drammatica manifestazione. I film di Yorgos Lanthimos, in particolare Alps, Miss Violence

di Alexandros Avranas, il fulminante cortometraggio Outof Frame di Yorgos Zois, i più recenti A Blast di di SyllasTzoumerkas o Stratos di Yannis Economides ci parlano

a volte in maniera indiretta, a volte esplicitamente, di quel che accade alle persone, del disgregarsi dei valori,

di un tessuto sociale sempre più sfilacciato, ma anche delle responsabilità e delle speranze. Purtroppo in Italia,con l’eccezione di Miss Violence, nessuno di questi titoli

è stato distribuito. Un vero peccato. Forse, chissà, parlano anche un po’ di noi.

All’ombra del Partenone, il concetto di crisi - che pre-suppone una dimensione temporale limitata - è di-ventato ormai uno, se non l’unico, status quo. Le no-

tizie di queste settimane confermano. La scelta della BancaCentrale Europea di chiudere i rubinetti alla Grecia ha ridi-mensionato l’entusiasmo seguito all’elezione di Tsipras: iltour europeo del presidente di Syriza, in cerca del consensodei creditori, e le parole spese ovunque (Obama compreso) infavore del paese sono stati freddati dalla decisione della BCE.Ponendo un ostacolo istantaneo di fronte un neo-primo mi-nistro che, da programma, aveva e ha tutta l’intenzione di ri-discutere i tagli imposti dalla Troika. Tagli che hanno letteral-mente messo in ginocchio il paese ma, magra consolazione,non un cinema che nella crisi sembra aver trovato nuova lin-fa e maggior forza, al punto di far parlare di una vera e pro-pria new wave della produzione ellenica, forse figlia della vo-glia di riscatto o delle tante storie borderline da racconta-

UNO SGUARDO SUL CINEMA GRECO

CONTEMPORANEO E SULLA SOCIETÀ CHE METTE

IN SCENA ALL’INDOMANI DELL’ELEZIONE

DI ALEXIS TSIPRAS, CHE APRE UN CAPITOLO NUOVO

PER IL PAESE ELLENICO DI ERICA RE

LE RADICI E LE ALIdi Mauro Gervasini

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THE SONG OF SEPARATION[To tragoudi tou horismouGrecia, 1939] di Filopimin FinosÈ per merito di Filopimin Finos chenasce un’industria cinematograficagreca, prima con la Anzervos, poicon la Finos Film. Si consolidano i generi classici del cinema greco: il film di guerra, il melodramma, il film comico (da testi teatrali) e il film in fustanella. The Song of Separation è il primo titolo sonorodella cinematografia nazionale.

THECOUNTERFEITCOIN[Istoria mias kalpikisliras, Grecia, 1955]di Yorgos JavellasIspirato ai mélo italiani d’impiantorealista degli anni 30 e 40, il corrispettivo greco è genere cheracconta storie di sacrificio, come a educare una nazione ad accettare lapropria condizione di stenti. Javellas fuil regista più rappresentativo del filone.

STELLA, CORTIGIANADEL PIREO[Stella, Grecia, 1955]di Michael CacoyannisCacoyannis, ispirato daLuciano Emmer, da RobertoRossellini, come da RaffaelloMatarazzo, racconta la storiamelodrammatica di una donna cherifugge la morale e soccombe alle ragioni del cuore. Una tragedia greca al tempo di un neorealismo portatoai limiti, con recitazione modernissima. Cacoyannis,autore eclettico e centrale, è lo stesso di Zorba il greco.

A lato, Evangelia Randou e Ariane Labed (vincitrice

della Coppa Volpi a Venezia 2010) in una scena di Attenbergdi Athina Rachel Tsangari

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re. «Ora siamo tutti meno individualisti e questo ha creatouna sorta di nouvelle vague autoctona», ha dichiarato l’attoreGeorges Corraface. A confermarlo, del resto, sono i festival che,con le antenne sempre puntate verso le zone calde della cinema-tografia internazionale, stanno intercettando da anni segnali evibrazioni più che positivi in arrivo dalla regione attorno adAtene. E questo a dispetto dei budget quasi irrisori (raramente sisfiorano i 100 mila euro) messi a disposizione dei registi quasiesclusivamente dal Greek Film Centre, che tende comunque asfavorire gli artisti emergenti. «I privati e gli sponsor non inve-stono perché mancano gli incentivi fiscali», ha denunciato il ci-neasta Yorgos Lanthimos. E ancora: «Questa industria non puòcontare su nessun tipo di aiuto - è stato il commento del docu-mentarista Yorgos Avgeropoulos. - Possiamo solo autofinan-ziarci. Ma lo facciamo volentieri, anche per dimostrare che pos-siamo cavarcela da soli». Non è un caso che proprio di “orgoglionazionale” si sia parlato quando Dogtooth è stato candidato co-me miglior film straniero agli Oscar del 2011. E in effetti, dal2008 a oggi, numerosissimi titoli scritti con l’alfabeto greco sonoriusciti a fiorire al buio di una sala cinematografica a dispettodella crisi, sebbene da quest’ultima siano stati profondamenteinfluenzati. Da ameno luogo vacanziero ideale per matrimonigrossi e grassi, sul grande schermo la Grecia è infatti ora rappre-sentata in qualità di incubatrice di malessere e disagio, comeriassume efficacemente anche Out of Frame, un corto di YorgosZois che mostra i pannelli per le affissioni sgombri, perché nonc’è più nulla da pubblicizzare: come a dire che è la Grecia stessaa essere rimasta “vuota”. Ed è proprio questo forte senso di sof-ferenza a pervadere la produzione ellenica contemporanea.

RITRATTI IN NEROTra le strade, fra la gente, non si parla d’altro. Eppure, al cine-ma, la politica tende a fare solo da sfondo. Forse per una sortadi insofferenza, forse addirittura come forma di protesta. Fattosta che la decadenza delle istituzioni viene esplicitata, maneanche con troppa convinzione, solo in una manciata di tito-li, quali, per esempio, A Blast (firmato da Syllas Tzoumerkas,2014, un vero e proprio pugno nello stomaco per una nazioneche ammette così il proprio fallimento), Pazza ideaXenia (Panos H. Koutras, 2014, sul diritto di citta-dinanza), The Eternal Return of Antonis Para-

skevas (Elina Psikou, 2013, attraverso gli occhi di un presenta-tore tv rapito). Davanti alla mancata responsabilità dei poteriforti e, soprattutto, alla loro mancata rappresentazione abbon-dano le storie di personaggi che vengono reclusi, si autoreclu-dono, puniscono o si autopuniscono. Trattasi di metafore diuna situazione sociale ed esistenziale. La patria, molto spesso, èrappresentata come il focolare domestico. Non è difficile leg-gere i molti genitori, repressivi e ipocriti, che popolano i filmdi questa nuovissima onda greca (chiamata anche “Greek Ab-surdism” o “Greek Weird Wave”) come lo Stato. Di questo fi-lone fanno parte innumerevoli film come, ovviamente, il giàcitato Dogtooth (Yorgos Lanthimos, 2011; figli rinchiusi ededucati come cani da padre padrone e madre supina) e MissViolence (Alexandros Avranas, Leone d’argento per la regia aVenezia 2013; una famiglia apparentemente perfetta, un sui-

cidio, un abisso che si scoperchia tra prostituzione e geni-tori ciechi e immorali), Wasted Youth (Argyris Papadi-

THE OGRE OF ATHENS[O drakos, Grecia, 1956]di Nikos KoundourosCon Cacoyannis, Koundourossupera i limiti del cinemacommerciale, intagliando unapropria, riconoscibile, visioned’autore. Eletto miglior film della storia di Grecia, O drakosè un disperato quadrosull’alienazione urbana, tra istanzerealiste e fughe espressioniste.Citato da Franzen in Libertà.

[FILMOGRAFIA TRA MITO E REALTÀ]

RICOSTRUZIONE DI UN DELITTO[Anaparastasi, Grecia, 1970]di Theodoros AngelopoulosL’Ossessione ellenico, il film che fonda, guardando aipianisequenza di Antonioni, il nuovo cinema greco. Angelopoulos,all’esordio, racconta di un grecoemigrato in Germania che, al suoritorno, è ucciso da moglie e amante.La ricostruzione impietosa cancellaogni patina dalla cartolina greca.

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EVDOKIA[Grecia, 1971]di Alexis DamianosStoria d’amour fou tra unsergente e una prostituta, allaperiferia di Atene, sotto lo sguardodei colonnelli. Damianos, attore eimmenso regista di pochissimi film(tre, oltre a una serie tv) gira undramma sociale che annienta lamitologia bellica, portando alla lucedi un sole crudele i limiti di societàgreca e pensiero borghese.

THE ENGAGEMENT OF

ANNA [To proxeniotis Annas, Grecia, 1974]

di Pantelis Voulgaris Piccoli dettagli restituisconosemplicemente e realisticamentele tensioni psicologiche che leganouna famiglia borghese in interno e Anna, femminile di Il servo,cameriera a loro sottoposta. Da vedere in relazione al GreekAbsurdism e alle sue prigioni.

LA RECITA[O thiasos, Grecia, 1975]

di Theodoros AngelopoulosAttori vagabondi richiamano il mito degli Atridi e mettono

in scena il loro spettacolo, mentrela Grecia scorre, dalla dittatura diMetaxas all’occupazione nazista,

dalla Resistenza ai Colonnelli. I pianisequenza di Angelopoulos

sciolgono la Storia in un unicotempo, racchiudono eventi fuor

di cronologia, il pubblico, il mitico,il personale. Capolavoro assoluto.

mitropoulos e Jan Vogel, 2011), il nerissimo e laconico Stratos(Yannis Economides, vedi Scanners n. 5/2015), il drammaticoJ.A.C.E. (Menelaos Karamaghiolis, 2011, dedicato a un bambi-no solo nei bassifondi di Atene). E ancora i vampiri quotidianidi Alps (sempre di Lanthimos, 2011), Attenberg (Athina RachelTsangari, 2010, storia di morte, educazione sessuale e lotta al-l’anaffettività), Boy Eating the Bird’s Food (Ektoras Lygizos,2012, quadro agghiacciante della disperazione dei giovani gre-ci), un documentario scurissimo, su un’apocalisse rurale, comeTo the Wolf (Aran Hughes & Christina Koutsospyrou, 2013) einfine il prossimo venturo The Lobster (del caposcuola Lanthi-mos, probabilmente a Cannes 2015, film che immagina unasocietà dove i single vengono segregati e perseguitati). La crisieconomica mangia l’anima, come sanno i protagonisti di TheDaughter (Thanos Anastopoulos, 2012; un padre di famigliaall’improvviso sparisce per non pagare i debiti, metafora esem-plare di una società in cui i responsabili del disastro sfuggonoalle proprie responsabilità) e The Enemy Within (YorgosTsem be ro pou los, 2014, con in mostra la “barbarizzazione” diun’altra, ennesima famiglia a seguito del collasso nazionale).La domanda è banale, ma in questo buio sorge spontanea: dovesono finiti i paesaggi da cartolina di Mamma mia? Tv

A destra, un momento di A Blast; a sinistra, WastedYouth; in alto,Pazza idea Xenia

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REMBETIKO[Grecia, 1983]di Costas FerrisOpera d’elevata ambizione, la migliore di Costas Ferris, è la biografia di Marika Ninou, rebetisse,ovvero cantante di rebetiko, musica blu dell’anima, dell’esilio e dellanostalgia. Struggimento amoroso, e quarant’anni di storia del paese. Dedicato a chi conosce il genere solo perché ama Vinicio Capossela.

KARKALOU[Grecia, 1984]di Stavros Tornes

«Di Stavros Tornes nonsi può dire che fosse un

professionista, e nemmenoun artigiano: facendo cinema

non esercitava un mestiere, ma uno stile»,scriveva Marco Melani. Autore di un cinemapovero, miserabile ma trionfante di poesia, fuori dal tempo, fuori dalla storia di ogni cinema: fughe dell’anima, occhi negli occhi con il mito.

Play, 2009. Una voce, dal mangia-nastri, recita: «Le parole nuovedel giorno sono: mare, autostra-

da, escursione e carabina». È una vocedi madre, che falsifica la lingua per edu-care i figli, per imporre limiti al loromondo. «Mare» è la poltrona del sog-giorno, «autostrada» ed «escursione» so-no dissociate dal concetto di fuga, paro-le che non vanno da nessuna parte, «ca-rabina» non è un’arma, ma un uccellobianco. «Telefono», per i figli di Dog-tooth, secondo film di Yorgos Lanthi-mos, cronaca nera e teatro soffocantedell’assurdo, non permette di comuni-care: è una saliera. E la «fica» non è l’or-gano sessuale femminile, detto con vo-gliosa trivialità: perché è semplicemente,per loro, una lampada. Rewind, 1939.The Song of Separation di Filopimin Fi-nos, padre e padrone dell’industria cine-matografica greca, è il primo film sono-ro. La lingua e la musica, al cinema, re-stituiscono alla Grecia e al suo popolo ilsuono e il senso delle proprie radici, ne-gate dalla dominazione turca. Il propriolinguaggio, i limiti del proprio mondonegato, rinato, fino alla prossima op-pressione, fino alla prossima tragedia. Ilracconto di una repressione e il sollievodi una liberazione. Se il cinema è la trac-cia di un mondo, se s’impregna dellastoria e della società che lo produce, se siconforma ai desideri del tempo e insie-me li forma, allora è ragionando sui li-

Lo sguardo di

BREVE STORIA DEL PAESE ELLENICO NELLA SETTIMA ARTE: DAI FRATELLI

MANAKI AL CINEMA DELLA CRISI, PASSANDO PER LE INQUADRATURE

IMMORTALI DI THEODOROS ANGELOPOULOS DI GIULIO SANGIORGIO

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[FILMOGRAFIA TRA MITO E REALTÀ]

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THE PHOTOGRAPH[I fotografia, Grecia, 1987]di Nikos PapatakisAmbientato al tempo dei collonnelli,è la storia di un commerciantecostretto ad abbandonare la Greciaper Parigi: qui una fotografia creaun malinteso con il suo ospite, unmalinteso sostenuto dal giovane. Il realismo si astrae in un incubosoffocante e allucinato che riflettel’atmosfera sociale del periodo.Verso la tragedia.

DOGTOOTH[Kynodontas,Grecia, 2009] diYorgos LanthimosCani e padroni di cani. Il film centrale del Greek Absurdism, allegoria sociale e caricatura rabbiosa, tra Haneke, i Peanuts e The Village : la famiglia è una casa chiusa, un luogoconcentrazionario, in cui i padrireprimono i figli, sono loro proprietà,proprietà di Stato, e non c’è nessunaipotesi di futuro.

THE CAPSULE[Grecia, 2012]di Athina RachelTsangariUn collegio, una madrenatura segregata, donne che le nascono intorno, si lascianoeducare e poi, fragilissime, muoiono.La Tsangari stringe in un film fantastico,cortometraggio tra la pubblicità d’alta moda, lo sguardoantinarrativo della videoinstallazione e la sperimentazionelinguistica (evolvendo il kinetoscopio), la claustrofobia e la rassegnata bestialità dei suoi tempi.

miti del cinema, quelli delimitati dalleinquadrature, che possiamo capire comeè cambiato un paese. In una cinemato-grafia che nasce in ritardo, e poi arrancatra dittature, guerre mondiali, occupa-zioni, guerre civili, che prende il La damacedoni (i fratelli Manaki omaggiatida Lo sguardo di Ulisse di Angelopou-los) e cresce per poco tempo in Egitto(da greci in tournée ad Alessandria e ilCairo), che si fa industria negli anni 40(proprio con Finos) tra film bellici, mé-lo, opere “in fustanella” (ovvero i dram-mi pastoral/folkloristici) e, dopo laguerra, per parlar di Resistenza è co-stretta (visto che il comunismo erainviso) a raccontar di eroi estorie minuscole, facendodel sacrificio degli umiliun modello di vita dasmerciare alla nazione,

per familiarizzare con miseria e disoccu-pazione, qui, in questa storia, non sce-gliamo le commedie drammatiche diMichael Cacoyannis, i lirismi trattenuti

di Alexis Damianos, i pamphlet di Co-sta-Gavras, i capodopera di

Nikos Koundouros o StavrosTornes per guardare al cine-ma d’oggi. Ma Theo Ange-lopoulos, uomo del Nove-

cento, e le sue inquadrature. Perché nelracconto epico brechtiano dei suoi pia-nosequenza, il regista di La recita rac-chiude la Grecia, cerca di raccontare lastoria che scorre ed è scorsa nel paesag-gio, cerca di riassumere il tempo e isuoi cambiamenti in un’inquadratura,contempla quello che nel corso deglianni si è sedimentato sulle pareti, la ter-ra, il cielo, le immense pianure e gli uo-mini, quel che lega il presente al Mito.Il cinema greco di oggi, quello diLanthimos e Tsangari & Co, il cinemache nasce dalla Crisi e non vede (perora?) vie di fuga, è l’esatto contrario: lesue inquadrature sono chiuse e asfis-sianti, caricature di pura superficie, diun realismo che s’è fatto perturbanteparodia. Non conoscono profondità

epica, ma solo il sotterfugio, si serranoin focolari che sono campi di concen-tramento affettivo e se guardano al Mi-to s’accontentano di Sisifo (o dell’assur-do, secondo Camus) perché assurdo è illoro presente sfiancato, annichilito nelnichilismo, nel ridicolo nonsense, nellanoncurante mercificazione d’ogni rap-porto. I limiti del mondo: vignette sati-riche e mortifere Tv

Ulisse

A lato, due immagini

di To the Wolf; a sinistra, in basso,

Dogtooth; quisotto, Miss

Violence