Speciale Classi Amiche FAI - Focus Green

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FOCUS GREEN MATERIALE DIDATTICO RISERVATO ALLE CLASSI AMICHE FAI APPROFONDIMENTI SUL PAESAGGIO per la scuola secondaria di II grado anno scolastico 2013/2014 Si ringrazia per il sostegno

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Materiale didattico riservato alle classi iscritte FAI per l'a.s. 2013/14 - Approfondimenti sul tema del paesaggio

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FOCUS GREEN

MATERIALE DIDATTICO RISERVATO ALLE CLASSI AMICHE FAI

APPROFONDIMENTI SUL PAESAGGIO

per la scuola secondaria di II grado

anno scolastico 2013/2014

Si ringrazia per il sostegno

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INDICE

Approfondimenti sul paesaggio

• Breve storia del paesaggio

• La legislazione italiana relativa alla tutela del paesaggio

• La Convenzione Europea del Paesaggio

• Il paesaggio dopo la CEP

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BREVE STORIA DEL PAESAGGIO A cura dell’Ufficio Scuola Educazione, FAI – Fondo Ambiente Italiano

Il termine “paesaggio” deriva dal latino classico pagus, “villaggio”,

“paese”, cioè una parte di territorio naturale delimitato e colonizzato

dall’uomo.

Da qui la parola italiana paesaggio e quella francese paysage, che

rimandano alla radice “umana”, cioè alla presenza e al lavoro

dell'uomo all'interno del contesto naturale. Il termine in uso nei Paesi

del Nord Europa (landscape, landskap, …) sottolinea invece

l'elemento naturale – la terra – con cui l'uomo interagisce nel proprio

vivere.

Già questi termini linguistici rendono ragione del binomio sempre

presente quando si affronta il concetto di paesaggio: uomo/natura.

A ciò si aggiunge la diversità di approccio al tema così come è stato

vissuto nella storia: dapprima il paesaggio ha interessato l'ambito

artistico; solo nell'Ottocento ha acquisito una sua autonomia e

pregnanza scientifica grazie alle teorizzazioni della geografia

moderna, mantenendo in ogni caso un forte legame con tale passato.

Bastano queste brevissime considerazioni per farci capire la

complessità dell'idea di paesaggio che unisce indissolubilmente

l'elemento naturale e quello antropico e coinvolge la realtà concreta,

fisica e la dimensione estetica, soggettiva e percettiva.

L’approccio al paesaggio, quindi, deve tener conto di tutte queste

dimensioni, così come proposto dalla Convenzione Europea del

Paesaggio, emanata dal Consiglio d’Europa nel 2000 che lo definisce

come “una determinata parte di territorio, così come è percepita

dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali

e/o umani e dalle loro interrelazioni” (art 1).

Da questa definizione deriva in parte anche quella proposta dal

Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.lgs. 42/2004) secondo cui

esso rappresenta “il territorio espressivo di identità, il cui carattere

deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”

(art 131).

Paesaggio, dunque, è il risultato dell’azione tra Uomo e Natura e va

inteso come incontro tra gli elementi naturali (acqua, terra, clima…),

gli accadimenti storici e le espressioni dell’attività umana

(architettonica, artistica, rurale, artigianale…) che nel tempo si sono

stratificati e depositati in un sistema complesso e dinamico di

relazioni. A ciò si deve aggiungere la vasta gamma delle percezioni

con cui l'uomo coglie il paesaggio.

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Esemplificative, in questo senso, sono le parole del geografo Eugenio

Turri:

Il paesaggio può essere visto come il riferimento oggettivo in cui tutto

si sintetizza e si riconcilia, natura e uomo, scienza e poesia,

romanticismo e verità. (da Antropologia del Paesaggio, Marsilio

2008)

Di conseguenza può essere riconosciuto come paesaggio non solo

un’area che si distingue per particolari caratteristiche naturali,

estetiche, storico-artistiche, ma di fatto ogni territorio.

Generalmente, il comune sentire e la tradizione culturale hanno fatto

coincidere l’idea di paesaggio con quella di bel panorama, di veduta

pregevole e piacevole, di vera e propria bellezza. Ciò corrisponde

senz’altro a verità per molte zone d’Italia, ma allo stesso tempo

rappresenta una visione parziale; in realtà qualsiasi spazio vissuto

dall’uomo può essere interpretato come paesaggio e come tale va

tutelato e valorizzato. E se non tutto il territorio italiano è costituito

da paesaggi d’eccellenza, questo lo si deve imputare al fatto che non

vengono attivati in modo corretto i meccanismi di tutela e le azioni di

valorizzazione, che ne garantirebbero la salvaguardia e la bellezza nel

tempo.

In ogni caso il paesaggio è qualcosa di dinamico, in continua

evoluzione, strettamente legato all’azione dell’uomo, il quale lo

condiziona e dal quale ne viene al tempo stesso condizionato.

Infatti, il paesaggio è origine ed elemento fondante dell’identità

collettiva; in esso infatti si stratificano le azioni, le manifestazioni, gli

eventi, naturali e umani, che si succedono nel corso del tempo. E se

questo accumulo modella il territorio, definendone il paesaggio,

conforma anche gli uomini che vi abitano, influenzandone le attività,

lo stile di vita, la storia, la cultura: in altre parole l'identità.

Questi concetti sono bene illustrati ancora una volta da Turri:

A paesaggi diversi corrispondono reazioni umane diverse. E poiché la

somma dei comportamenti individuali orienta i comportamenti

sociali, alla diversità dei paesaggi (…) corrisponde teoricamente la

diversità delle culture e le loro varianti particolari. (…). Sia pure in

misura diversa, tutte le culture esprimono o hanno espresso una certa

totalità dell’immersione umana in un ambiente specifico, ripetendo

nelle proprie opere e nelle proprie istituzioni il profondo peculiare

adattamento all’ambiente locale. Ciò non solo nel senso di un

adattamento materiale alle condizioni della morfologia, del clima,

delle formazioni vegetali, ma anche come adesione spirituale,

estetica, religiosa, indotta dal paesaggio e dalle sue forme, dai suoi

messaggi. (da Antropologia del Paesaggio, Marsilio 2008)

Il paesaggio quindi, costituendo un medium tra la popolazione e il

suo territorio, offre un'importante e insostituibile opportunità per il

riconoscimento delle peculiarità collettive definitesi in quel contesto,

oltre che per la fruizione, lo sviluppo e la cura del territorio stesso.

A seguito di queste considerazioni, diventa chiaro e cruciale

l’impegno del FAI – Fondo Ambiente Italiano per la difesa e la tutela

del paesaggio, che si concretizza su diversi fronti e a differenti livelli.

Da un lato ciò si realizza mediante la gestione e il restauro di beni

culturali e/o naturalistici che vengono donati o dati in gestione alla

Fondazione perché li restituisca alla cittadinanza di oggi e di domani,

in quanto beni comuni indispensabili per il mantenimento della

principale ricchezza del nostro Paese, definibile in termini di cultura,

natura, turismo, agricoltura, salute, bellezza. Attualmente tali Beni

sono sparsi in tutta la Penisola: ville, castelli, giardini, parchi,

monasteri, tratti di costa, luoghi di natura: veri e propri presidi di

conservazione e valorizzazione delle risorse paesistiche e delle

identità locali, del territorio e delle tradizioni.

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Dall’altro lato, il FAI si impegna alla tutela e alla valorizzazione di

tutto il patrimonio paesaggistico italiano, e proprio a tal fine la

Fondazione è riconosciuta tra le Associazioni di tutela ambientale

presso il Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del

Mare fin dal 1986. In forza di questo riconoscimento, il FAI ha il

diritto e il dovere di partecipare, presentare osservazioni, fornire la

propria opinione in merito a ogni argomento che in qualche modo

possa avere un impatto - positivo o negativo - sull’ambiente e per

questo sul paesaggio. In particolare, vengono seguiti attentamente

alcuni iter legislativi regionali o nazionali per la presentazione a

Istituzioni, Enti, Ministeri e Soprintendenze di osservazioni e

proposte, grazie anche alla proficua collaborazione con le altre

associazioni ambientaliste.

Il FAI si impegna, altresì, a prendere nella dovuta considerazione le

numerose segnalazioni che cittadini, Istituzioni e comitati rivolgono

alla Fondazione per la denuncia delle più svariate problematiche

ambientali (circa 450 segnalazioni all’anno).

La difesa del paesaggio si persegue inoltre attraverso la

sensibilizzazione della cittadinanza sul significato del paesaggio, sulla

riscoperta dell’identità che in esso si riflette, sulla comprensione dei

processi della gestione sostenibile delle risorse naturali e dei beni

culturali, nonché attraverso l'educazione di tutti i cittadini, con una

particolare attenzione ai giovani, per responsabilizzarli nei confronti

del patrimonio culturale e ambientale.

Per raggiungere questi obiettivi formativi il FAI promuove molteplici

iniziative culturali e di sensibilizzazione, come per esempio la

Giornata FAI di Primavera, in cui da ormai più di venti anni si aprono

al pubblico luoghi d'arte e di natura normalmente inaccessibili,

oppure la campagna de I Luoghi del cuore, attraverso la quale si

invitano i cittadini a segnalare i luoghi più amati con l'intento di

sottrarli all'oblio e all'incuria.

Inoltre la Fondazione lancia specifiche proposte didattiche per gli

studenti di tutti i livelli e ordini di scuola allo scopo di offrire una

positiva integrazione sui temi dell’arte, della natura e del paesaggio e

fornire strumenti innovativi e interdisciplinari per sostenere il lavoro

scolastico di educazione ambientale, civile, alla legalità, come

richiesto dai curricula e dalle Organizzazioni Mondiali (v. l’UNESCO

che ha dedicato all’Educazione alla sostenibilità il Decennio

2005/2014) proponendo una metodologia incentrata sulla Pedagogia

della scoperta e sul Fare scuola nel territorio.

Fondamentale è infine il ruolo del FAI nel comunicare il paesaggio.

Infatti, non trattandosi di una nozione puramente scientifica né di un

concetto astratto, ma dipendendo in larga misura dalla nostra

percezione e dalla nostra cultura, risulta di cruciale importanza

risvegliare nei cittadini il legame con il territorio, il senso di

appartenenza alla terra, la riscoperta del paesaggio. E questo

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compito il FAI lo persegue divulgando concetti, diffondendo buoni

esempi, stimolando la riflessione.

Unicamente con questo impegno, perseguito con tenacia e creatività,

si riuscirà a sviluppare il sentimento della responsabilità collettiva,

indispensabile per garantire la salvaguardia e la bellezza del

paesaggio italiano, “la cui eccezionalità e in un certo senso unicità

risiedono nel fatto che esso costituisce l'espressione di una storia

millenaria assolutamente unica dovuta alla posizione geografica, alla

natura e all'unione di popoli diversi: una storia difficilmente

replicabile altrove”. (Ilaria Borletti Buitoni, Per un'Italia possibile,

Mondadori 2012)

LA LEGISLAZIONE ITALIANA RELATIVA ALLA TUTELA DEL

PAESAGGIO: LE PRINCIPALI NORMATIVE E LA

CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO A cura dell’Ufficio Scuola Educazione e Ufficio Ambiente e

Paesaggio, FAI – Fondo Ambiente Italiano

La tutela del paesaggio è una necessità recente nella storia della

produzione normativa in Italia, soprattutto se paragonata alla

legislazione di tutela dei beni culturali che risale già al diritto romano.

Fino a non molti anni fa la legislazione riguardava non il paesaggio in

quanto tale, ma solo alcune sue componenti, rappresentate dal

patrimonio storico, artistico e archeologico.

Si è arrivati al riconoscimento e alla tutela del paesaggio attraverso

svariati passi che partono da lontano. La necessità di conservare e

proteggere il patrimonio culturale fu avvertita già nel quindicesimo

secolo, cui risalgono le bolle papali dello Stato Pontificio, che

governava la città di Roma, dove più che in ogni altro luogo erano

presenti capolavori d’arte e testimonianze del glorioso passato. Qui si

ebbero pertanto i primi interventi per impedire la distruzione delle

ricchezze d’arte e dei reperti archeologici.

Anche altri Stati pre-unitari emanarono norme al fine di tutelare le

testimonianze dell'antichità e le espressioni artistiche.

Ma è nel Novecento che lo Stato italiano promulgò delle leggi sulla

tutela del patrimonio d'arte e natura e, più tardi, sul paesaggio.

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Agli inizi del secolo il Parlamento approvò la prima legge nazionale di

tutela delle belle arti, la legge n. 185 del 12 giugno 1902 (la

cosiddetta legge Nasi). Con essa si stabilì l’inalienabilità degli oggetti

d’arte dei comuni, delle province e degli enti ecclesiastici, pur

ammettendo lo scambio d’opere d’arte con musei stranieri. La

normativa si limitò ai monumenti, agli immobili e agli oggetti mobili

che avessero sommo pregio d’antichità o d’arte, la cui tutela fu

subordinata all’inventariazione. Quest’ultimo aspetto frenò la

portata innovativa della legge che ebbe un’incisività ridotta rispetto

alle attese del legislatore.

Nel 1905 venne approvata una legge per la tutela della pineta di

Ravenna, che fondava la necessità della tutela sulla storia del sito e

sulle sue memorie e che potrebbe a buon diritto essere considerata

la prima legge dello Stato italiano sul paesaggio.

La legge 20 giugno 1909, n. 364, la cosiddetta legge Rosaldi, estese il

raggio d’azione pubblica, rispetto alla legge Nasi, alle cose immobili e

mobili che avessero interesse storico, archeologico e artistico, e

puntualizzò meglio gli strumenti giuridici di protezione, controllo e

appropriabilità pubblica del patrimonio, riconoscendo

all’amministrazione ampi poteri sui privati e le cose d’arte in loro

possesso.

La successiva legge del 23 giugno 1912, n. 688, comprese tra i beni

meritevoli di protezione anche le ville, i parchi e i giardini che

avessero interesse storico o artistico. Questo può considerarsi il

primo provvedimento estensivo di tutela del paesaggio nazionale.

La normativa del tardo fascismo (legge Bottai 1 giugno 1939, n. 1089

sulle cose d’arte, e legge 29 giugno 1939, n. 1497 sulle bellezze

paesistiche) fu un ottimo esempio di legge a favore del patrimonio

culturale e per la prima volta si nominarono le bellezze paesistiche.

La normativa, di cui si fece promotore e garante il Ministro

dell'Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai, istituì un unico Consiglio

nazionale dell’educazione delle scienze e delle arti, evidenziando

l'indissolubile legame tra cultura e educazione, riordinò le

Soprintendenze e rafforzò l'autorità dell'amministrazione centrale a

coordinamento degli interessi pubblici, locali e generali, e di quelli

privati.

La legge sulla Protezione delle bellezze naturali incluse

definitivamente il paesaggio nella definizione del patrimonio

nazionale insieme ai beni culturali, sottolineando l’importanza del

suo ruolo ai fini della determinazione dell’identità nazionale.

La riforma Bottai, che rimase in vigore senza variazioni o adattamenti

sino al 1999, denota una prospettiva ampia e articolata riguardo al

ruolo delle cose culturali e alle bellezze paesistiche, che costituiscono

il centro intorno a cui si costruisce e si raccoglie l'identità e l'unità di

un popolo.

Nel 1942 venne promulgata la prima e ancora unica legge nazionale

di pianificazione urbanistica e territoriale.

L’Italia è stato il primo paese al mondo a porre la tutela del paesaggio

tra i principi fondamentali dello Stato. Nella Costituzione italiana del

1948, infatti, l’articolo 9 recita che la Repubblica “tutela il paesaggio

e il patrimonio storico e artistico della nazione”. Non si deve mai

dimenticare questo principio e la sua rilevanza, la Costituzione è

infatti la prima e più importante fonte del nostro ordinamento e si

pone gerarchicamente al di sopra di tutte le altre.

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Nel 1975 venne istituito il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali

- il cui primo ministro fu Giovanni Spadolini - con il compito di

affidare alla specifica competenza di un Ministero appositamente

costituito la gestione del patrimonio culturale e dell'ambiente, al fine

di assicurare la sua organica tutela sul piano interno e internazionale.

Si rischiò tuttavia un certo isolamento del nuovo Ministero

indipendente e del suo oggetto di competenza, in particolare dal

Ministero della Pubblica Istruzione, fino allora particolarmente

responsabile in materia. Con la nuova definizione del Ministero le

“antichità e cose d'arte” diventano “Beni culturali”; tale

cambiamento di linguaggio rende esplicita la nuova concezione per

cui ciò che va tutelato ha un valore non solo culturale ma anche

patrimoniale (“bene”). Il Ministero appena istituito raccolse le

competenze e le funzioni in materia che erano prima del Ministero

della Pubblica Istruzione (Antichità e Belle Arti, Accademie e

Biblioteche), del Ministero degli Interni (Archivi di Stato) e della

Presidenza del Consiglio dei Ministri (Discoteca di Stato, editoria

libraria e diffusione della cultura). Al Ministero fu demandata

esplicitamente la tutela del paesaggio.

La legge Galasso del 1985 è la prima normativa organica per la tutela

dei beni naturalistici e ambientali in Italia; amplia la tutela alle

bellezze naturalistiche, classificate in base alle loro caratteristiche

peculiari, suddividendole per classi morfologiche (fiumi, laghi,

montagne, ghiacciai, boschi ecc.), e obbliga le Regioni a predisporre il

piano paesistico.

Nel 1986 con la legge 8 luglio 1986 n.349 viene istituito il Ministero

dell’Ambiente e definito un elenco di associazioni di protezione

ambientale a carattere nazionale che possono intervenire nei giudizi

per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione

amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi. Il FAI rientra in

questa prima elencazione.

La legge Bassanini (L. 15 marzo 1997 n. 59), pur prevedendo la

“delega per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni e agli

Enti Locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la

semplificazione amministrativa”, ribadisce con chiarezza il compito di

tutela dei beni culturali come proprio dello Stato.

Con il decreto legislativo del 20 ottobre 1998 n. 368 viene

ristrutturata l’amministrazione centrale dei beni culturali, con la

nuova denominazione di Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il

termine “attività” è un indizio riguardo agli obiettivi del Ministero,

nel senso dell'avvio di politiche volte alla promozione e alla

valorizzazione, anche in termini gestionali ed economici, dei beni

culturali nazionali.

Nel 1999 si giunge al Testo Unico sui beni culturali e ambientali, con

il decreto legislativo 490, che raggruppa tutta la legislazione che

interessa i beni culturali, riformando le vecchie leggi del 1939. Si

tratta di un corpo normativo finalizzato a riordinare, unificare e

riorganizzare le sparse norme sui beni culturali, a semplificare i

relativi procedimenti amministrativi e soprattutto a consolidare,

aggiornandolo, l’impianto concettuale e giuridico alla base delle leggi

del 1939.

Nel 2000 gli stati membri del Consiglio d’Europa, quindi anche l'Italia,

stipulano la Convenzione Europea per il Paesaggio che stabilisce che

devono essere tutelati, gestiti e programmati tutti i paesaggi, oltre a

quelli di particolare pregio, attraverso un nuovo legame tra territorio,

governo e cittadini. Il paesaggio viene definito dalla Convenzione

come “una determinata parte di territorio, così come è percepita

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dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali

e/o umani e dalle loro interrelazioni” (art 1).

Nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione viene stabilito

che la facoltà esclusiva di legiferare in materia di tutela

dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali è in capo allo

Stato. Il motivo di questa scelta sta principalmente nella volontà di

attribuire uniformità e omogeneità strategica all’azione di tutela su

tutto il territorio nazionale. Alle Regioni viene invece attribuita la

facoltà di intervenire con normative ad hoc per la valorizzazione dei

beni culturali e ambientali e la promozione e organizzazione di

attività culturali.

Nel 2004 il Codice dei beni culturali e del paesaggio, detto anche

Codice Urbani dal nome dell'allora Ministro per i Beni e le Attività

Culturali (D. LGS 22 gennaio 2004, n.42 e successive modifiche),

aggiorna le politiche di governo del territorio e riconosce che il

paesaggio (si riprende il termine usato nell'art. 9 della Costituzione,

abbandonando quello di “bene ambientale”) è parte del patrimonio

culturale da tutelare in quanto rappresenta “il territorio espressivo di

identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e

dalle loro interrelazioni” (articolo 131). Il codice persegue dunque il

riconoscimento del carattere rigorosamente unitario della tutela del

nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico. Il Decreto

recepisce in parte la normativa precedente, in particolare la Legge

Galasso ed i suoi vincoli.

Il vero elemento innovativo del Codice consiste nella nuova

concezione della pianificazione urbanistica che assume,

successivamente alla redazione dei Piani Paesaggistici, un carattere di

subordinazione rispetto alla pianificazione paesaggistica, dovendo

piegarsi ai vincoli di tutela imposti dai Piani Paesaggistici.

L’innovazione nella concezione di questa norma non è purtroppo

stata seguita da un lavoro di pianificazione efficace da parte di alcune

Regioni rendendo inespresso l’impianto del Codice. Ancora oggi

infatti, non tutte le Regioni dispongono di un Piano Paesaggistico.

Sempre nel 2004 il decreto del Presidente della Repubblica dell'8

giugno 2004, n. 173, promulga il regolamento di organizzazione del

Ministero per i Beni e le Attività Culturali che prevede quattro

dipartimenti, tra cui il Dipartimento per i beni culturali e

paesaggistici, ''per rafforzare il concetto che la tutela di questi

differenti tesori che formano il Bel Paese è un tutt'unico indivisibile”.

Nel 2006 il decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 e s.m., detto

Codice dell’Ambiente, integra e riordina la legislazione ambientale e

recepisce le direttive europee in materia.

Nel 2009 il decreto del Presidente della Repubblica n. 91 del 2 luglio

presenta il nuovo regolamento di riorganizzazione del Ministero,

introducendo significative innovazioni mirate a esaltare l’azione di

tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale nazionale e

restituendo centralità alla salvaguardia del paesaggio nel contesto

più generale delle belle arti. Tra le principali novità, infatti, vi è

l’istituzione della Direzione Generale per il Paesaggio.

14 settembre 2012 – Viene approvato dal Consiglio dei Ministri il

disegno di legge “Salva suolo” che pone un limite al consumo del

suolo, bloccando l'avanzata del cemento, e promuove l'attività

agricola, utile e necessaria per la gestione del territorio, il

contenimento del rischio di dissesti idrogeologici e la difesa del

paesaggio. Infatti la continua perdita di superficie agricola, che si è

verificata incessantemente negli ultimi decenni, da una parte

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impedisce al Paese di soddisfare il proprio fabbisogno alimentare,

dall'altra ha profonde implicazioni ecologiche sulla capacità di

rigenerazione delle risorse ambientali riproducibili, sulla stabilità e

sicurezza del sistema idrogeologico, sui cambiamenti climatici troppo

spesso fonte di eventi disastrosi e sull’aumento dei consumi

energetici; infine modifica in modo irreversibile il paesaggio, così

come si è strutturato nei secoli fino a diventare parte essenziale

dell'identità italiana.

LA CONVENZIONE EUROPEA DEL PAESAGGIO A cura di Monica Morazzoni, docente Libera Università di Lingue e

Comunicazione IULM

Che cos’è la Convenzione Europea del Paesaggio (CEP)?

E’ uno strumento “giuridico” che racchiude un complesso di linee di

orientamento per intervenire sul paesaggio nello spirito dello

sviluppo sostenibile. Nel suo Preambolo si legge: “(…) gli Stati

firmatari devono pervenire ad uno sviluppo sostenibile fondato su un

rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l’attività economica e

l’ambiente”.

La CEP risponde, quindi, ad un disegno politico che mira

all’affermazione di un nuovo approccio pubblico al tema del

paesaggio su scala europea. Le disposizioni relative alla ripartizione

delle competenze pubbliche si riferiscono ai principi di sussidiarietà1

e di autonomia locale, impegnando gli Stati a coinvolgere gli enti

locali e regionali nella definizione e attuazione delle politiche del

paesaggio.

Il paesaggio diventa allora un elemento chiave del benessere

individuale e sociale;

1 Principio di sussidiarietà: riconosciuto dal Trattato dell'Unione Europea di

Maastricht, riguarda i rapporti tra Stato e società. Esso é un fondamentale

principio di libertà e di democrazia, cardine della nostra concezione dello

Stato. Il significato essenziale della sussidiarietà risiede nell'idea che una

società, un'organizzazione o un'istituzione di ordine superiore a un'altra,

non debba interferire nell'attività di quest'ultima, a essa inferiore,

limitandola nelle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di

necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre

componenti sociali, in vista del bene comune.

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la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione

comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo.

Ma che cos’è il paesaggio? Nell’articolo 1 della CEP viene definito

come “una determinata parte di territorio, così come è percepita

dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali

e/o umani e dalle loro interrelazioni”. In quanto porzione di territorio,

il paesaggio è una realtà materiale, tangibile, oggettivamente

identificabile, costituita da un sistema territoriale bimodulare (ossia

di elementi naturali ed elementi umani), identificabile nelle forme

espresse dalle strutture territoriali; in quanto porzione di territorio

percepita dalle popolazioni, la percezione del paesaggio avvia un

processo di creazione di simboli e valori, che poi si riflettono

nell’azione umana.

Obiettivo della CEP è “promuovere la salvaguardia, la gestione e la

pianificazione dei paesaggi e organizzare la cooperazione europea in

questo campo” (articolo 3).

Nella salvaguardia rientrano le “azioni di conservazione e di

mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un

paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla

sua configurazione naturale e/o dal tipo di intervento umano”

(Articolo 1d).

La gestione è definita come l’insieme delle “azioni volte, in una

prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del

paesaggio al fine di orientare ed armonizzare le sue trasformazioni

provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali”

(Articolo 1e).

La pianificazione comporta, infine, l’adozione di “azioni fortemente

lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di

paesaggi” (Articolo 1f).

In definitiva, secondo la Convenzione, il paesaggio NON può esistere

ed essere tutelato al di fuori di un PROCESSO PERCETTIVO e

PARTECIPATO da parte delle popolazioni, con riferimento ai luoghi

della loro vita quotidiana, come si ribadisce nell’Articolo 5a secondo

cui gli Stati devono “riconoscere il paesaggio in quanto componente

essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della

diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e

fondamento della loro identità”.

In Italia la Convenzione Europea del Paesaggio viene ratifica con

Legge 14/2006, ratifica preceduta dal Decreto Legislativo 42/2004

conosciuto come “Codice dei beni culturali e del paesaggio”. In esso

si definisce il paesaggio come “parti di territorio i cui caratteri

distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle reciproche

interrelazioni” (Articolo 131) e si sottolinea il ruolo imprescindibile

della cooperazione tra le amministrazioni pubbliche al fine di

pervenire ad “una definizione congiunta degli indirizzi e criteri

riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero,

riqualificazione e valorizzazione del paesaggio e di gestione dei

relativi interventi” (Articolo 132).

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COM’E’ CAMBIATO IL CONCETTO DI PAESAGGIO DOPO LA

CONVENZIONE EUROPEA A cura di Luca Peyronel, Sara Ferrari, Simona Moretti - Docenti

Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM

La Convenzione Europea del Paesaggio (CEP) – emanata nel 2000 a

Firenze dagli stati membri del Consiglio d’Europa ed entrata in vigore

in Italia nel 2006 – è oggi un punto di riferimento imprescindibile per

tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di paesaggio. La svolta

segnata in materia da questo documento è evidente già dalla

definizione stessa del concetto di paesaggio, quale “una determinata

parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui

carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro

interrelazioni” (CEP, art. 1). Nella Convenzione, dunque, il paesaggio

ha una natura “relazionale”: esso infatti trae il suo senso non

soltanto dagli elementi – naturali e umani – che lo compongono, ma

anche dalle relazioni fra questi e, soprattutto, dal modo in cui le

popolazioni percepiscono tali dinamiche, attribuendo al paesaggio

significati e valori. La Convenzione, dunque, considera giustamente il

paesaggio come risultato dell’interazione tra due aspetti: quello

oggettivo (come il territorio o l’ambiente), e quello soggettivo (ad

esempio il paesaggio inteso come stato d’animo).

Appare, dunque, lontana la concezione puramente estetica di

paesaggio che aveva prodotto, in passato, iniziative legislative

interessanti, come la L. 1497 del 29 giugno 1939 sulla Protezione

delle bellezze naturali e panoramiche, che insieme alla L. 1089 del 1

giugno 1939 sulla Protezione delle cose d’interesse storico-artistico,

ha permesso di proteggere e salvare alcune aree del nostro paese.

Obiettivo principale della legge del 1939 era basato sulla

“eccezionalità” dei luoghi anche se l’importanza del paesaggio

emerge, fin dal 1946, quando viene indicata come campo di tutela

nell’art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana. La legislazione

ha una sua evoluzione nel 1975 con la legge n. 382 e, dieci anni dopo,

nel 1985 con la L. 431, nota come legge Galasso, che ha

significativamente esteso le indicazioni di tutela per le aree di

interesse ambientale e paesaggistico, prendendo atto di una

evoluzione del concetto di paesaggio legato al complesso delle

protezioni ambientali (aree protette, inquinamento acustico, difesa

idraulica ed idrogeologica, assetto del territorio ecc.) ed

estendendolo a vaste aree del territorio nazionale e superando la

protezione circoscritta ad ambienti eccezionali.

Siamo dunque passati da una concezione estetica, statica e quasi

contemplativa del paesaggio ad una concezione strutturale e

dinamica del paesaggio. Nella prima comparivano esclusivamente le

categorie della conservazione e della protezione dei siti, nella

seconda accanto ai concetti di conservazione e protezione, troviamo

quelli di valorizzazione, ripristino, progettazione e pianificazione.

L’accento posto dalla Convenzione Europea del Paesaggio sulla

dimensione percettiva insita nel concetto di paesaggio ha come

prima conseguenza quella di mettere in chiaro come questo si

distingua da altri “oggetti geografici”, il territorio in primis: se

questo infatti è sede di dinamiche naturali e antropiche, il paesaggio

è la percezione di tali dinamiche da parte delle popolazioni che lo

abitano e la sua esistenza non è data se non attraverso lo sguardo di

queste.

Per questa ragione esiste uno stretto legame fra il paesaggio e i

soggetti (individuali e collettivi) che ad esso si rapportano,

trovandovi lo sfondo della propria esistenza. Ma il rapporto tra

popolazioni (“people” nel testo originale inglese) e paesaggio non si

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limita a questo: esso non è soltanto oggetto della percezione degli

uomini e sfondo delle loro azioni, è una realtà viva che da tali azioni

viene incessantemente modificata, assumendo perciò caratteristiche

sempre diverse e sempre nuovi significati. In questo senso, perciò, il

paesaggio può essere considerato espressione della cultura locale,

materiale e immateriale, in quanto la sua costruzione è guidata dai

meccanismi economici e dai valori socio-culturali che governano

l’agire di una certa società e dall’universo di segni e simboli cui essa

conferisce un senso. Allo stesso tempo, proprio perché esso si fa

specchio delle interrelazioni fra una popolazione e il territorio in cui è

insediata, diventa elemento di identità culturale per coloro che vi

abitano e che in esso ritrovano parte di sé. Questa “doppia

dimensione” del paesaggio – prodotto e sfondo dell’azione sociale –

richiama alla mente la metafora di Eugenio Turri del paesaggio come

“teatro”, in cui individui e popolazioni sono attori che recitano le loro

storie, ma anche spettatori che guardano gli effetti del loro agire,

specchiandosi in esso. Guardare al paesaggio in questi termini

significa pertanto considerarlo prodotto sociale e culturale che parla

della e alla società che lo vive e lo trasforma, interagendo con il

proprio ambiente di vita: ne discende che, in quanto frutto di tali

interazioni, esso si trovi ovunque e non soltanto in “certi luoghi”.

Questo è infatti un altro elemento di innovazione della Convenzione:

all’articolo 2 viene infatti precisato che essa “si applica a tutto il

territorio e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Essa

comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne

sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i

paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati”.

La Convenzione, dunque, estende il concetto di paesaggio a tutto il

territorio, assegnando a tutti i paesaggi valore culturale, a

prescindere dalle loro caratteristiche, e rompendo i confini entro cui

il concetto viene solitamente collocato – quale oggetto di eccezionale

pregio naturale e/o culturale da proteggere e tutelare.

Nel paesaggio sono dunque individuabili i mutamenti sociali, il

modificarsi dei modi dell’abitare, di produzione, delle forme urbane,

delle attività economiche. Il paesaggio non è solo una somma di

sensazioni, è anche un campo di conoscenza, un’intera civiltà. Ogni

società, infatti, organizza in modo unico e peculiare il proprio

territorio e ne rende evidenti le sue specificità. Leggere un paesaggio

significa, quindi, comprendere le varie forme di azione della cultura

che l’hanno generato e cogliere la logica che soggiace al suo

sviluppo. Ogni cultura instaura un rapporto con la natura, creando

luoghi con specifici caratteri; luoghi che divengono di conseguenza lo

specchio della storia e della società che li ha creati.

Un paesaggio, pertanto, è il prodotto di una determinata cultura, in

un determinato luogo; è lo spazio dove si legge il mondo nella sua

complessità e si coagulano il nostro passato e il nostro presente da

trasmettere alle generazioni future.

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SULLA DIMENSIONE STORICA

DEL PAESAGGIO

� Mazzantini, R.C., Natura e cultura nel paesaggio italiano,

Edizioni Unicopli, Milano 2012;

� Settis, S., Paesaggio Costituzione cemento. La battaglia per

l’ambiente contro il degrado civile, Einaudi, Torino 2010;

� Tosco, C., Il paesaggio come storia, il Mulino, Bologna 2007;

� Turri, E., Il paesaggio come teatro: dal territorio vissuto al

territorio rappresentato, Marsilio, Venezia 1998;

� PDF Convenzione Europea del Paesaggio scaricabile al

seguente link del MIBAC:

http://www.darc.beniculturali.it/ita/paesaggio/convenzione.h

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