Spazio e tempo nella fisica classica. - Seminario … 08... · Punica grandezza invariante, da. cui...

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BRUNO FINZI IL CAMPO ELETTBOMAGNETICO NELLO SPAZIO-TEMPO (Conferenza tenuta il 16 maggio 1949) Spazio e tempo nella fisica classica. 1. — Nella ordinaria geometria fisica si riguarda lo spazio tridimensionale sede dei fenomeni geometrici come assoluto. Ciò implica quanto segue. Fissato un riferimento, ad ogni punto dello spazio (elemento che non ha- parte, per dirla, con EUCLIDE) si possono far corri- spondere tre numeri m x (i = l, 2, 3), le sue coordinate. Le gran- dezze geometriche relative ad una figura sono allora delle funzioni delle coordinate dei punti della figura; le leggi geo- metriche si traducono in relazione del tipo A = B fra funzioni delle coordinate di punti. Cambiamo il riferimento : il punto che nel vecchio riferimento aveva le coordinate x l avrà ora coor- dinate diverse x\ Però la funzione G di </', che rappresenta una grandezza geometrica, deve restare invariata in valore al mu- tare del riferimento : G = G. Deve restare immutata, ad esempio, la distanza fra due punti, l'angolo fra due direzioni, l'area di una superficie, il volume di un solido. Al mutare del riferi- mento, A potrà trasformarsi in A?*A, B in B^B, ma se la relazione A = 11 traduce nel primitivo riferimento una legge geo- metrica, deve risultare A = B, cioè la legge deve restare inva- riata passando da. un riferimento ad un altro. Nell'intorno di un punto, diciamo in questo edifìcio, vige, con ottimo accordo con l'esperienza, la geometria euclidea e Punica grandezza invariante, da. cui tutte le altre grandezze geo- metriche possono desumersi, è la distanza fra due punti. Questa distanza si esprime, nell'intorno di un punto generico, me-

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BRUNO FINZI

IL CAMPO ELETTBOMAGNETICO NELLO SPAZIO-TEMPO

(Conferenza tenuta il 16 maggio 1949)

Spazio e tempo nella fisica classica.

1. — Nella ordinaria geometria fisica si riguarda lo spazio tridimensionale sede dei fenomeni geometrici come assoluto. Ciò implica quanto segue.

Fissato un riferimento, ad ogni punto dello spazio (elemento che non ha- parte, per dirla, con EUCLIDE) si possono far corri­spondere tre numeri mx (i = l , 2, 3), le sue coordinate. Le gran­dezze geometriche (ì relative ad una figura sono allora delle funzioni delle coordinate dei punti della figura; le leggi geo­metriche si traducono in relazione del tipo A = B fra funzioni delle coordinate di punti. Cambiamo il riferimento : il punto che nel vecchio riferimento aveva le coordinate xl avrà ora coor­dinate diverse x\ Però la funzione G di </', che rappresenta una grandezza geometrica, deve restare invariata in valore al mu­tare del riferimento : G = G. Deve restare immutata, ad esempio, la distanza fra due punti, l'angolo fra due direzioni, l'area di una superficie, il volume di un solido. Al mutare del riferi­mento, A potrà trasformarsi in A?*A, B in B^B, ma se la relazione A = 11 traduce nel primitivo riferimento una legge geo­metrica, deve risultare A = B, cioè la legge deve restare inva­riata passando da. un riferimento ad un altro.

Nell'intorno di un punto, diciamo in questo edifìcio, vige, con ottimo accordo con l'esperienza, la geometria euclidea e Punica grandezza invariante, da. cui tutte le altre grandezze geo­metriche possono desumersi, è la distanza fra due punti. Questa distanza dì si esprime, nell'intorno di un punto generico, me-

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diante una forma differenziale quadratica :

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[1] di2 = 2ik aik dxl dxk. ì

Nell'intorno di un punto, in questo edificio, è sempre repe­ribile un riferimento cartesiano ortogonale rispetto al quale la forma precedente diviene pitagorica :

[1'] di2 = dx2 + dtf + dz* .

Se questo edifìcio può ingrandirsi tanto da comprendere L'edificio contiguo, tutta la terra, ... tutto l'universo, tutto lo spazio è euclideo e tutta la sua geometria si può far dipendere dalla, forma [1], alla quale può darsi ovunque il medesimo aspet­to pitagorico [1/].

Se non si ritiene lecito ingrandire questo edificio così che esso comprenda, anche il contigno, la [1] basta a caratterizzare la geometria, in questo edificio ; vi è pure una [1] che caratterizza la. geometria dell'edificio contiguo ; ma per dare la geometria del­l'insieme dei due edifìci, per dare la. geometria di tutto lo spazio, bisogna dare il collegamento fra le geometrie di due intorni con­tigui, bisogna dare la legge che permette di trasportare da un punto ad un altro uno scalare, un vettore, un tensore. Nella geometria riemanniana. si ritiene che questo collegamento sia analogo a. quello che intercede fra due elementi, due faccette, di una superficie ordinaria. Basta allora, dare i coefficienti ciik in .funzione delle coordinate x perchè tale collegamento sia stabi­lito : tutta, la geometria è allora insita nella [1] scritta in un punto generico. E la. [1], scritta in un punto generico, costituisce perciò la metrica. Se lo spazio è riemanniano e non euclideo, se esso è cioè curvo, analogo alle superficie non sviluppabili sul piano, la- forma differenziale [1] non può porsi ovunque, con un cambiamento del riferimento, nella, forma, pitagorica [1'].

Più complesso è il collegamento fra due intorni contigui negli spazi non riemanniani, (piali ad esempio gli spazi di WEYL.

Comunque, sia lo spazio euclideo, o riemanniano, o non riemanniaino, le grandezze geometriche debbono essere rappre­sentate da invarianti, e invarianti debbono risultare le leggi geometriche. Esse potranno- quindi essere costituite da relazioni fra. vettori, da relazioni fra tensori, perchè enti cosiffatti pos-

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sono rappresentare stati geometrici e relazioni cosiffatte soddi­sfano in pieno al principio di invarianza rispetto ad un generico cambiamento del riferimento, principio questo che fa dello spa­zio la sede dei fenomeni geometrici, che fa dello spazio l'assoluto geometrico.

2. — Nella statica si riguarda ancora lo spazio geometrico tridimensionale come sede dei fenomeni di equilibrio, e ancora lo spazio è riguardato come assoluto. Ne segue che le grandezze geometriche e quelle fìsiche sono invarianti di fronte ad un cam­biamento del riferimento spaziale, gli stati geometrici e fisici possono essere rappresentati da scalari, da vettori (come avviene per gli spostamenti, le forze, i momenti), da tensori (come avviene per lo stato di deformazione o per quello di tensione), e le leggi tìsiche dell'equilibrio vengono tradotte da relazioni fra questi enti, da relazioni scalari, vettoriali, tensoriali, che restano invariate di fronte ad un generico cambiamento del rife­rimento spaziale.

3. — Anche quando si fa dell'ordinaria cinematica si riguarda lo spazio geometrico tridimensionale come sede dei fenomeni di movimento, come un assoluto. La cinematica classica è ordinaria geometria in cui le varie grandezze e i vari stati geometrici dipen­dono da un unico paramento /;, il tempo, che può essere scelto con larga arbitrarietà, lasciandone imprecisata la scala. La cine­matica classica permette la descrizione del movimento nello spa­zio geometrico, è, come diceva il MAGGI, « geometria del movi­mento ».

Le leggi della cinematica classica sono invarianti sia di fronte ad un generico cambiamento del riferimento spaziale, sia di fronte ad un generico cambiamento di queir unico parametro che si assume come tempo. Che cosa succede se si passa da un osservatore ad un altro?

Un osservatore è l'insieme di un sistema spaziale di riferi­mento e di un orologio. Passiamo dar un osservatore O ad un

altro 0 in moto rispetto al precedente. Se si ritiene che lo spazio sia assoluto e pure assoluto il tempo, sia l'uno che l'altro sono

i medesimi rispetto ai due osservatori e il passaggio da O ad 0 si fa con delle formule che involgono sia le tre coordinate spaziali

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che la coordinata temporale : sono formule di questo tipo :

[2] x^Ffat) (t=l,2,3), T=t,

dove le Fi sono particolari funzioni delle x e di t, pienamente determinate quando si conosca il moto di 0 rispetto ad 0 e si tenga conto del fatto che spazio e tempo sono indipendenti dai due osservatori, così che

[2'] dl=dl, di=dt.

Le leggi della cinematica classica non hanno carattere inva­ria ntivo di fronte alla generica trasformazione [2], non hanno quindi carattere invariantivo nel passaggio da un osservatore ad un altro. Ad esempio, se un punto al polo ha la stessa velo­cità di un punto all'equatore, rispetto ad un osservatore terre­stre, i due punti non hanno la medesima velocità rispetto ad un osservatore solare.

4. — E veniamo alla dinamica classica. Anch'essa presup­pone uno spazio assoluto. Il tempo, pur esso assoluto, è definito soltanto a meno di un fattore di proporzionalità, è il tempo nor­male. L'osservatore poi è quello assoluto, che si vale del tempo normale ed è solidale col cielo delle stelle fisse. Se l'osservatore assoluto muta soltanto il suo riferimento spaziale, se cioè nelle prime [2] non compare t, immutate risultano le leggi dinamiche, perchè ancor qui lo spazio geometrico è riguardato come assoluto.

Anche le leggi dinamiche, come le cinematiche, non hanno carattere invariantivo di fronte ad un generico passaggio da un

osservatore 0 ad un altro 0, passaggio tradotto dalle [2] quando nelle funzioni Fi compare t. Lo hanno però se, sempre suppo­nendo assoluti lo spazio e il tempo, 0 si muove di moto trasla­torio rettilineo uniforme rispetto ad 0. In tal caso le [2] diven­tano le particolarmente semplici trasformazioni dette di GALILEO

(benché ad esse GALILEO non faccia cenno) :

[2"] ^ . = ( ^ , / ) , T=t. •

Ad esempio, se O ed 0 si valgono di due terne cartesiane

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ortogonali inizialmente coincidenti, ed 0 trasla nella direzione dell'asse x con velocità costante u, le [2"] sono :

x = x — ut, y = y , z = z, t= t.

L'invarianza delle leggi meccaniche nel passaggio da un os­servatore ad un altro, in moto traslatorio rettilineo uniforme di fronte al primo, è un fatto fisico assolutamente accertato, indi­pendente dalle ipotesi [2'], e costituisce il principio di relatività galileiana : e questo principio è veramente dovuto a GALILEO.

5. — Ed eccoci finalmente al campo elettromagnetico. L'osservatore assoluto della dinamica classica, munito di un

riferimento spaziale solidale con le stelle fìsse e di un orologio normale, esplora lo spazio vuoto esterno a corpi r che provocano fenomeni elettromagnetici. Egli è munito d'uno strumento un cui ristretto elemento v può porre, nei vari istanti, nei vari punti dello spazio. Si suppone che lo strumento non alteri sensibil­mente i fenomeni che si vogliono misurare. L'osservatore misura così in v una carica elettrica che egli spoglia da ogni elemento dipendente da y dividendola per il volume di 7 : ottiene in tal modo una densità di carica elettrica p. Misura la densità, di cor­rente elettrica di convezione, prodotto di p per la velocità v. Misura poi la forza ponderomotrice che si esercita su y quando ivi sia una carica elettrica. La divide per la carica di Y otte­nendo un vettore dello spazio, E, che dà l'intensità del campo elettrico (impropriamente detto forza- elettrica). Analogamente ottiene un vettore dello spazio, H, che dà l'intensità del campo magnetico (la cosidetta forza magnetica). I vettori spaziali E, H, calcolati in ogni punto dello spazio esternamente a T e in ogni istante, caratterizzano il campo elettromagnetico provocato dai fenomeni che avvengono nei corpi F. Analogamente lo scalare p e il vettore spaziale pv caratterizzano la distribuzione elettrica.

Lo scalare p e i vettori pv, E, H sono i fattori delle seguenti quantità' fisiche :

EX pv eguale alla potenza specifica di corrente, pE eguale alla forza ponderomotrice elettrica per unità di volume, pv A H proporzionale alla forza ponderomotrice magnetica per

unità di volume.

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EXJE proporzionale alla densità d'energia elettrica, HX H proporzionale alla, densità, d'energia magnetica, E A H proporzionale al vettore raggio, il cui flusso uscente da

una superfìcie chiusa, eguaglia l'energia che ne irradia nel­l'unità di tempo. Le leggi a cui ubbidiscono i precedenti fattori sono quelle

di MAXWELL. Nel vuoto esse si scrivono così :

[3] div H = 0 [4] div E = e

[ 5 ] r o t £ + ì | ^ 0 [6] rotH-i(e.+ - f ) = 0

in esse e è una costante universale : la velocità della luce (*). Conseguenze :

1) dalla [4] e dalla [6], per derivazione, l'equazione:

[7] l £ + d i T ( e » ) = o

che traduce la conservazione dell'elettricità; 2) integrando' la [3] e la [5], si esprimono H ed E me­

diante un potenziale vettore A ed un potenziale scalare a :

[8] H = rot A [9] E= G-— + grad a ; C dt

3) da tutte le equazione di MAXWELL si deduce che, in assenza, di cariche elettriche, i due vettori E ed H ubbidiscono alle equazioni di d'ALEMBERT :

[io] D£-^-A£ = o, •u^A^-Atf^o. L e2 dt2 e2 et2

(*) Se e è la costante dielettrica e p la permeabilità magnetica nel vuoto, le equazioni di Maxwell nel vuoto sono propriamente le seguenti :

div H = 0 div E = A e

r o t E + ̂ ^=0 rot ff-i-L, + -^) = 0

ed è una velocità il rapporto c/V e/u , coincidente con la velocità della luce. Queste equazioni si riducono alle [3], [4], [5], [6] scritte nel testo quando le unità di misura siano quelle di Gauss, in cui è fatto s = fx=l. In tal caso la costante universale e risulta eguale alla velocità della luce.

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Queste ci assicurano che le perturbazioni elettromagnetiche si propagano con velocità e : la velocità della luce. Di qui l'iden­tificazione della propagazione della luce con quella di un campo elettromagnetico : la teoria elettromagnetica della luce.

In tutta la teoria classica del campo elettroni agii etico, che ho fugacemente sintetizzato, lo spazio geometrico è assoluto, è, anzi, la sede del campo. Cambiando riferimento spaziale, cam­biano le componenti dei vettori pv, E, H, ma non cambiano le leggi di MAXWELL e tutte le loro conseguenze.

Lo spazio-tempo.

6 — E che cosa succede passando da un osservatore ad un altro in moto rispetto al precedente?

Passiamo dall'osservatore assoluto 0 all'osservatore 0 in moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto al precedente. Se lo spazio e il tempo' sono entrambi assoluti, tale passaggio è tra­dotto dalle trasformazioni [2"] dette di GALILEO. Orbene, rispetto a tali trasformazioni le leggi maxwelliane non sono invarianti. Che cosa elice in proposito l'esperienza? Essa afferma che le leggi elettromagnetiche sono invece invarianti di fronte al fatto fisico passaggio da un osservatore ad un altro in moto traslatorio ret­tilineo uniforme rispetto al primo e invariabile è la velocità e della luce. Ciò vuol dire o che le leggi maxwelliane sono errate, oppure errate sono le [2"], cioè sono errate le ipotesi [2'] da cui le [2"] si traggono, cioè spazio e tempo non sono separatamente due assoluti.

Le esperienze che verificano le equazioni di MAXWELL sono così raffinate che non permettono di toccare tali equazioni, e allora è giocoforza sostituire le [2"], con la profonda conse­guenza di negare carattere assoluto separatamente allo spazio e al tempo. Ma come eseguire tale sostituzione? L'esperienza stessa insegna. Essa afferma che la propagazione della luce, tipico feno­meno elettromagnetico insito nelle [10], è lo stesso sia se giudi­cato da O che da O. Ciò vuol dire che all'onda sferica elemen­tare a cui O attribuisce l'equazione c2dt2—(dx2 + dy2 + dz2) = 0 deve corrispondere la medesima onda a cui 0 attribuisce l'equa­zione c2dt2 — {dx2 + dy2 + dz2) = 0 , e o nelle due formule è la

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medesima. Ciò vuol dire che la trasformazione dalle coordinate spazio-temporali di 0 a quelle di 0 deve essere tale da lasciare inalterata in valore e in forma l'espressione differenziale qmv dridim ensionale

[11] ds2 = c2dt2 - (dee2 -+- dy2 -f dz2) = c2dt2 - di2 .

Essa è nulla per la propagazione della luce, ma tale non è per un generico movimento.

La trasformazione cercata è allora compiutamente indivi­duata, corrisponde ad una rotazione d'assi in uno spazio quadri­dimensionale di metrica [11] : è la trasformazione di Lorentz del tipo :

[12] xi=Li(x,t) (i=l, 2 ,3) , t=L(x,t),

dove L2.ed L dipendono entrambe dalle x e da t. Essa, se u è pic­colo di fronte a e, coincide con la [2"] galileiana, lascia cioè invariati .separatamente di e di, cioè il tempo e la, distanza fra due punti dello spazio geometrico tridimensionale, ma non così se % è paragonabile a e.

La grave rinuncia ad uno spazio e ad un tempo assoluti è però compensata dall'esistenza' di un assoluto. Il continuo qua­dridimensionale di metrica [ U ] , lo spazio-tempo.

Vediamo ora come lo spazio-tempo è fatto e che cosa conse­gue dall'affermazione in virtù della quale esso è l'unico assoluto della fisica, che sostituisce i due assoluti della fìsica classica, lo spazio e il tempo.

7. — Per maggior simmetria di notazioni, poniamo x0 =ct, xi = x, x2^= y, x3 = z: la coordinata che indichiamo con x0 è il tempo espresso in unità romeriane, in cammino percorso dalla luce, così che la [11] si scriverà:

[11'] ds2 = dx02 — (dxi2 -f dx2

2 + dx 2) .

Ad ogni punto dello spazio-tempo corrisponde un evento ele­mentare, insieme di una determinazione temporale, data dalla coordinata x0 e di. una spaziale, data dalle tre coordinate spa-siali Xi x-2 x:i. Ad ogni linea dello spazio-tempo, le cui equa-

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zioni si ottengono dando xx -r2 ,xa in funzione di xn, corrispondo il movimento di un punto nello spazio geometrico tridimensio­nale, il quale ultimo non è altro che una sezione dello spazio-tempo fatta fissando a?u, e cioè il luogo degli eventi che l'osser­vatore considerato giudica, contemporanei.

Dalla [11] o [11'] si deduce che fra le linee dello spazio­tempo ve ne sono alcune per cui ds2 > 0 , linee a lunghezza « reale, altre per cui ds* < 0 , linee a lunghezza immaginaria. Le prime corrispondono a. movimenti che avvengono con velo­cità — minore dello velocità della luce, le altre corrispondono

dt -.. a movimenti che avvengono con velocità — maggiore. Le prime

dt hanno il medesimo carattere delle linee ,/•«, sono linee tempo­rali ; le secondo hanno il medesimo carattere delle linee dello spazio geometrico tridimensionale, sono le linee spaziali. In tal modo nello spazio-tempo lo spazio e il tempo si fondono, ma non si confondono, perchè un segno contraddistingue i ds2 delle linee temporali dai ds2 delle linee spaziali. Esistono nello spazio­tempo linee reali a lunghezza s nulla. Sono queste le linee che

di corrispondono a movimenti per cui —rr = e, a movimenti cioè

che avvengono con la velocità della luce. Consideriamo un generico cambiamento del riferimento spa­

zio-temporale :

[13] x a = ~xa(x°.%1%2,T3) (a = 0,1, 2, 3) .

Se la trasformazione [13] coincide con la [12] di LOREXTZ,

essa definisce il passaggio da una quaterna d'assi cartesiani ad un'altra, e ad essa corrisponde il passaggio da un osservatore ad un altro in moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto al primo. Nelle trasformazioni [13] sono però' anche comprese quelle che corrispondono al passaggio eia un osservatore ad un altro in moto qualsivoglia rispetto al primo, moto comunque accelerato, e nelle [13] sono anche comprese le trasformazioni che corrispondono al passaggio da un osservatore assoluto ad un altro comunque mobile rispetto al precedente e che per di più si serve eli metri deformabili e di orologi senza bilancere. ft da notare però che mentre per una trasformazione di LOREXTZ [12],

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che definisce il passaggio dall'osservatore assoluto ad un altro in moto traslatorio rettilineo uniformi1 rispetto al primo, ds2

dato dalla [11'] resta invariato in valore e in forma, per una gè nerica trasformazione [13] (Ir resta ancora invariato in valore, ma non in forma, per assumere l'espressione differenziale quadra­tica :

[11"] ds2= chapilx^W ,

dove, conformemente all'uso, è sottinteso il segno di somma­toria rispetto ai due indici a e (3 che assumono i valori 0, 1, 2, 3.

Qual'è la struttura dello spazio-tempo? Pseudoeuclidea, sicu­ramente nell'intorno di un evento. l'seudoeuclidea sempre e ovunque, se si ritiene di poter allargare l'intorno di un evento lino a comprendere tutto lo spazio-tempo, e allora sempre e ovunque la sua metrica potrà porsi nella forma pseudopitago-rica [11] (attenti al segno meno che vi compare, che è essen­ziale!). Ma lo spazio-tempo, se esigenze fisiche lo richiedono, può riguardarsi riemanniano, e allora tuttai la sua geometria è insita nella metrica [11"] in cui i coellicenti aap sono funzioni del posto e del tempo, e non è possibile porre sempre e ovunque la [11"] nella forma pseudopitagorica [11']. Lo spazio-tempo, in corrispondenza ad esigenze fìsiche, può riguardarsi anche come non riemanniano, come uno spazio di WEYL, ad esempio.

8. — Tediamo ora che cosa consegue dall'affermazione che lo spazio-tempo è la sede dei fenomeni fisici, è un assoluto della fìsica.

Come nella fìsica classica l'affermazione che lo spazio geo­metrico tridimensionale e l'assoluto sede dei fenomeni fisici porta all'invarianza, di tutte le leggi fisiche di fronte ad un cam­biamento del riferimento spaziale, così l'affermazione che lo spazio-tempo e l'assoluto, sede dei fenomeni fisici, porta all'inva­rianza di tutte le leggi fisiche di fronte ad un generico cambia^ mento [13] dei riferimento spazio-temporale. Ne segue, in parti­colare, l'invarianza delle leggi fìsiche di fronte al passaggio da un osservatore ad un altro in moto traslatorio rettilineo uni­forme rispetto al primo, passaggio che è tradotto da una parti­colare trasformazione [13], la trasformazione di LORBNTZ [12], e ciò porta ad estendere a tutti i fenomeni fisici il principio di re-

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latività ristretta che GALILEO enunciò per la meccanica. Ma l'in­varianza sussiste anche eli fronte al passaggio da un osservatore ad un altro in moto qualsivoglia, rispetto al primo (che fa ad esempio le capriole rispetto al primo), passaggio che è pure tra­dotto da particolari trasformazioni [13], e ciò si badi bene senza bisogno di introdurre forze apparenti (forze centrifughe, di Co-RIOLIS, ecc.) come avviene nella meccanica classica.

Dall'essere lo spazio-tempo l'assoluto sede dei fenomeni fisici consegue dunque il principio dì relatività generale.

In base a tale concezione come si ordinano i vari capitoli della tisica?

9. — Il primo capitolo non è più, come nella fisica classica, costituito dalla geometria (anche se questo capitolo non lo si trova nei libri di fisica), bensì dalla, cinematica. Fare della geo­metria fisica' vuol dire prescindere nello spazio-tempo dalla coor­dinata temporale a?„, è come fare la geometria del piano nell'am­bito dell'ordinaria geometria dello spazio tridimensionale. La geometria dello spazio-tempo è la cinematica, la cinematica che ubbidisce al principio di relatività generale. Essa formula, ad esempio, leggi come questa: il moto di un punto è dato da una geodetica dello spazio-tempo. Le grandezze cinematiche saranno invarianti nello spazio-tempo, saranno cioè lunghezze, aree, vo­lumi, angoli dello spazio-tempo, non lunghezze, aree, volumi dello spazio geometrico, non tempi, non ordinarie velocità, non ordinarie accelerazioni. Gli stati cinematici saranno rappresen­tati da vettori e tensori dello spazio-tempo, le leggi cinematiche da relazioni scalari, vettoriali, tensoriali, aventi carattere inva-riantivo di fronte ad un generico cambiamento [13] del riferi­mento spazio-temporale.

10. — Il secondo capitolo della fisica sarà la dinamica, e come già nella concezione di KIRCHHOFF, la statica non vi potrà essere considerata che come una. sua sezione ottenuta prescin­dendo dalla coordinata temporale oo0.

Ma. la dinamica classica non soddisfa al principio di relati­vità generale, e neppure al principio di relatività galileiana, quando si neghi carattere assoluto separatamente allo spazio e al tempo per attribuire tale carattere all'insieme dei due, allo

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spazio-tempo, perchè la meccanica classica è invariante per le trasformazioni [2"] di GALILEO, non per quelle [12] di LORENTZ.

Bisogna pertanto modificare la meccanica classica per renderla conforme al princìpio eli relatività. Queste modifiche sono lievi dal punto di vista quantitativo, allorché sono in gioco piccole velocità di fronte a quella della luce, e sono tollerate dalle gros­solane esperienze che servono di base alle leggi fondamentali della dinamica classica. Sono però gravi dal punto di vista con­cettuale, perchè portano alla variabilità della massa con la velo­cità e all'equivalenza fra la massa e l'energìa.

Kesa. la. dinamica soddisfacente al principio di relatività, le grandezze dinamiche saranno invarianti nello spazio-tempo, gli stati dinamici saranno rappresentati da vettori o tensori dello spazio-tempo, le leggi dinamiche avranno carattere invariantivo di fronte ad un generico cambiamento [13] del riferimento spa­zio-temporale. EINSTEIN costruì in tal modo prima la teoria della relatività ristretta e poi la generale, traendone una suggestiva teoria dela gravitazione. Ma non è di questa teoria che vorrei parlare. Vorrei invece, passando al terzo capitolo della fisica, dare una visione sintetica, ispirata a MINKOWSKI, del campo elettromagnetico nello spazio-tempo.

Campo elettromagnetico nello spazio-tempo.

11. — Supponiamo- lo spazio-tempo pseudoeuclideo e sce­gliamo il riferimento in modo che la metrica abbia* la forma [11] o [117]. Consideriamo il tensore eloppio emisimmetrico dello spazio-tempo Fa(j che ha come componenti, nel riferimento con­siderato, quelle del seguente quadro :

0 -E, - ¾ - ¾ A 0 # 3 H2

E, -B, 0 H,

« 3 -Bt - * 1 0

[14] _ - ' Fap = -FPa (a, £ = 0, 1, 2, 3)

Ex E2 E-, sono le componenti cartesiane spaziali di E e 7?i H2 H, qnelle eli H. Il tensore F a riassume i due vettori E ed H dello

1 ap

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spazio geometrico, che danno rispettivamente le intensità del campo elettrico e del campo magnetico. Al cambiare del riferi­mento, le sue componenti non sono più quelle del quadro [14] : si trasformano secondo le norme dei tensori, cioè

[15] F^-Fe°ww Il tensore ora definito caratterizza nello spazio-tempo il campo elettromagnetico, è il tensore elettromagnetico.

Consideriamo ora il vettore dello spazio-tempo

(ì Tn

Esso, nel riferimento precedentemente considerato, ha come com­ponenti :

P-./.-1 v l V2 v * ) •

[16] Q Q~- Q-- Q— ^ Li LI LI !

dove vl rr va sono le componenti cartesiane spaziali del vettore v. I l vettore spazio-temporale j a riassume la densità elettrica Q e il vettore Q V dello spazio geometrico che dà la. corrente specifica di convezione. Al cambiare del riferimento le sue componenti si trasformano con le norme dei vettori ; cioè

n„-> - dxQ

[17] ?« = ^T=-« • ax

Invariante è invece il modulo j del vettore spazio-temporale j a

e j = Q \/ 1 - (v/c)-. Il vettore spazio-temporale ora definito dà la distribuzione elettrica.

Le equazioni di MAXWELL [3], [4], [5], [6], nelle quali si fac­ciano intervenire in luogo di E, H, Q\ le componenti dal tensore F „ e del vettore j a , restano' invariate quando si passi da un riferimento ad un altro qualsivoglia, purché si trasformino le componenti del tensore elettromagnetico e quelle del vettore di­stribuzione elettrica con le regole generali [lo] e [IT] del cal­colo tensoriale e purché, s'intende, le derivazioni insite nelle equazioni maxwelliane siano quelle tensoriali, ft ad esempio fa-

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cile farne la verifica, passando dal riferimento di un osservatore assoluto solidale con le stelle fisse a quello di un altro osserva­tore che si muove di moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto al primo, utilizzando quindi la trasformazione di LORENTZ, che tale passaggio traduce, per calcolare le derivate delle vecchie coordinate rispetto alle nuove, derivate che intervengono nelle [15] e [17].

Ben propriamente potremo dunque riassumere il campo elet­tromagnetico in un tensore doppio emisimmetrico dello spazio­tempo, il tensore elettromagnetico F„, ben propriamente po­tremo riassumere la distribuzione elettrica ili un unico vettore dello spazio-tempo, il vettore ja . Le componenti di Fa/j dipen­dono da quelle dei vettori spaziali E ed H, le componenti di ja di­pendono da Q e dalle componenti del vettore spaziale gy. Variano queste componenti col riferimento, variano con l'osservatore. Una carica elettrica concentrata in un punto P, fìsso con l'osser­vatore 0 , dà. origine ad un campo elettrostatico, e H = 0. La stessa carica, concentrata in P, giudicata da un osservatore 0 , mobile rispetto al precedente, è una corrente, e dà quindi origine ad un campo elettromagnetico, per cui H^O. Ombre sono dunque le componenti di Faj} e j a , ombre sono intensità, del campo elet­trico E, intensità del campo magnetico H, densità elettrica p, in­tensità specifica p v della corrente di convezione, ombre che si allungano, s'accorciano, scompaiono a. seconda del gioco di luce, a seconda dell'osservatore. Sola realtà fisica è lo stato elettro­magnetico caratterizzato dal tensore F a. la distribuzione elet-trica caratterizzata dal vettore / ° . Grandezze elettriche vere sono gli invarianti t rat t i da questi tensori, quale fazione elet­tromagnetica Q = F„ FaP, invariante quadratico di Fafi (l'in­variante lineare è identicamente nullo), quale l'invariante qua­dratico di j , che è il quadrato del suo modulo /.

12. — Il tensore elettromagnetico F « e la distribuzione elettrica ja componendosi (nello spazio-tempo., s'intende) gene­rano un vettore, il vettore

[18] Kp = FaPj* ( 0 = 0 , 1 , 2 , 3 , ) .

Questo vettore K dello spazio-tempo rappresenta le azioni meccaniche del campo. Nel riferimento che dà alla metrica la

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forma [117] K0 è proporzionale alla potenza specifica della cor­rente, e Ki, K>, Kz sono le componenti spaziali della forza pon-deromotrice per unità di volume.

Tutte le manifestazioni energetiche del campo si lasciano compendiare in un unico tensore doppio simmetrico dello spazio -tempo: il tensore energetico E a/} , la cui divergenza eguaglia il precedente vettore K :

[19] Eapio-Kn

(l'indice a preceduto da una lineetta è indice di derivazione ten­soriale, ed è sottintesa, al solito, la sommatoria, rispetto ad a da 0 a 3).

Il tensore energetico non è univocamente determinato dalla [19] (*). La scelta più spontanea cade su di nn tensore che ha come componenti, nel riferimento [11'], E(w eguale alla den­sità d'energia elettromagnetica, Eoi Eo? E^ proporzionali alle componenti del vettore spaziale raggio, Eik (/, 7i* = 1,2, 3) coin­cidenti con le componenti del tensore spaziale che dà gli sforzi maxwelliani.

Le componenti del vettore K ? , che dà le azioni meccaniche, e quelle del tensore energetico Ea„ dipendono dal riferimento, sono ombre. Ombre sono la potenza specifica di corrente, le forze ponderomotrici, ombre l'energia elettromagnetica, il vettore rag­gio, gli sforzi maxwelliani. Sola realtà fisica è lo stato mecca­nico, individuato dal vettore spazio-temporale 7\~ , lo stato ener­getico, individuato dal tensore spazio-temporale E „ . Vere grandezze meccaniche ed energetiche sono gli invarianti che se ne traggono.

13. — E le leggi elettromagnetiche di MAXWELL [3] [4] [5] [6] come si presentano nello spazio-tempo? In modo estrema­mente semplice. Basta averle sentite enunciare una sol volta per non dimenticarle più. Esse sono leggi tensoriali nello spazio­tempo, e questo loro carattere ne assicura automaticamente Fin-varianza di fronte ad un generico cambiamento del riferimento spazio-temporale.

(*) Cfr. P. UDESCIIIXI, Sulla indeterminazione del tensore energetico nello spazio-tempo, Kend. Lincei, voi. VI, 1D49, pag. 210.

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La [3] e la [5] si riassumono nello spazio-tempo in questa unica:

il tensore elettromagnetico è irrotazionale, cioè :

[20] Faft/y + Ffir,a + Fya/ft = 0 .

La [4] e la [0] si riassumono in quest'unica :

la divergenza del tensore elettromagnetico eguaglia la distribu­zione elettrica, cioè :

[21] FafiIP = j a .

Come sono concettualmente più semplici le [20] e [21] in confronto alle [3] [4] [5] [(>] con relative insidie di segni e con quel e da mettere bene a posto !

Pure semplici sono le conseguenze delle due leggi fonda­mentali.

Dalla [21] si trae la legge di conservazione dell'elettricità, la [7], che ora si scrive :

[22] jal« = 0 .

Essa afferma che la distribuzione elettrica è soleiioidale nello spazio-tempo.

Dalla [20], integrando, si esprime il tensore elettromagne­tico come derivato da un vettore spazio-temporale cp :

[23] Fap = <ppìa — cpajp .

Nel riferimento [11'] il vettore <p. ha come componente cp0 il potenziale scalare a, come componenti ^ c&a <p3 le tre componenti cartesiane del potenzialo vettore A. Potenziale scalare e poten­ziale vettore si riassumono dunque nel potenziale spazio-tempo­rale <?,, e le [8] e [9] si riassumono nell'unica. [23].

Dalla [20] e dalla [21] si deduce che, se ;ja - 0, il tensore elettromagnetico è irrotazionale e solenoidale, cioè armonico :

[24] Fapi\ = 0 ,

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e, come vogliono le [10],

• Fafi = 0 .

Si noti che l'armonicità nello spazio geometrico tridimensio­nale è tradotta dall'equazione di LAPLACE, nello spazio-tempo dall'equazione di -d'ALEMBERT. Ciò è conseguenza del provviden­ziale segno meno che compare nella, [ i r ] . Provvidenziale ho detto, perchè grazie ad esso l'equazione [24] (a differenza della equazione di LAPLACE) ha varietà caratteristiche reali ed e possi­bile un'effettiva propagazione ondosa : la propagazione delle onde elettromagnetiche, della luce, del calore raggiante.

14. — Ho espresso le due leggi fondameli tali del campo elet­tromagnetico nello spazio-tempo in forma differenziale. Ma, come l'irrotazionalità o la solenoidalità di un vettore nello spa­zio geometrico può esprimersi in forma integrale dicendo che è nullo il lavoro del vettore lungo una generica linea chiusa o é nullo il suo flusso uscente da una generica superficie chiusa, così mi è riuscito facilmente di dare analoga forma integrale alle due leggi [20] e [21]. Si può affermare che ò nullo il lavoro del ten­sore elettromagnetico lungo una generica varietà bidimensionale chiusa dello spazio-tempo, ed affermare che il flusso del tensore elettromagnetico uscente dal contorno di una generica regione dello spazio-tempo eguaglia l'impulso elettrico entro tale re­gione (*).

Ma non mi soffermerò su tale aspetto delle leggi elettroma­gnetiche, e neppure mostrerò come quanto abbiamo detto suppo­nendo lo spazio-tempo pseudoeuclideo si estenda al caso in cui esso è riemanniano, o anche non riemanniano, e neppure dirò dei tentativi volti ad interpretare in termini geometrici, relativi a spazi quadridimesionali non riemanniani, sia la. gravitazione (come riuscì all'EiNSTEiN nella teoria della relatività generale), sia l'elettricità, istituendo quindi una teoria geometrica unitaria di tut ta la fisica macrocosmica attualmente nota. Concluderò in­vece sottolineando quanto segue.

(*) B. PINZI, Formulazione integrale delle leggi meccaniche ed elettroma­gnetiche nello spazio-tempo, Rencl. Ist. Lombardo, voi. LXXVIII, 1945; Formu­lazione integrale delle leggi elettromagnetiche nello spazio-tempo, li end. Lincei, voi. V, 1948, pag. 203.

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L'interpretazione di EINSTEIN delle esperienze di MICHEL-

SON e eli FIZEAU sulla propagazione della Juce ci induce a. ritenere che ]o spazio e il tempo non siano separatamente assoluti, cioè indipendenti dall'osservatore, ma che assoluto sia invece lo spa­zio-tempo, il grande palcoscenico in cui la nostra mente pone il dramma fisico, E tale convinzione è rafforzata dalle ormai in­numerevoli conferme sperimentali della teoria della relatività che appunto presuppone assoluto lo spazio-tempo. Ma, se è vero che esiste un'armonia nel mondo e che le leggi che lo governano ne sono una eco, non possiamo far tacere l'argomento che più di ogni altro ci convince dell'esistenza dell'unico assoluto spazio­temporale : la bellezza e la profondità della teoria einsteiniana che fa della gravitazione un fatto geometrico, e più ancora la compiutezza, l'eleganza, l'estrema semplicità concettuale della rappresentazione nello spazio-tempo dei fenomeni elettromagne­tici e delle leggi che li governano.