Spazio ai lettori - Informatic Knowledge...«Rosa Camuna» alla memoria del prof. Lucio Parenzan...

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Spazio ai lettoriPer gli interventi dei lettori:

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È attivo il sito dell’Aido Regionale:

www.aidolombardia.it800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

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Colledan e LucianettiIl trapianto di polmone?Risultati importanti...

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Giuseppe Remuzzi tra gli insignitidel premio «Rosa Camuna»

La nevralgia trigeminale16pagina

Nevralgia del trigeminoI grassi polinsaturi possono aiutare?18

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Essere di esempio per gli altriRiccardo Redaelli è Maestro del Lavoro21

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Enrica Colzani premio F.I.D.A.P.A 2014per il sociale24

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«Rosa Camuna» alla memoria del prof. Lucio ParenzanPioniere dei trapianti, ha aperto l’era della cardiochirurgia pediatrica

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Notizie dalle Sezioni27pagina

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAido Lombardia - ONLUS

Anno XXIII n. 219 - luglio 2014

Editore: Consiglio Regionale Aido Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

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Direttore EditorialeLeonida Pozzi

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Dott.ssa Cristina Grande

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Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

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Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera A. Manzoni di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Giuseppe Piccolo - Direttore Cir

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Prof. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura Sposito; Clelia Epis; Fernanda Snaiderbaur

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

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Estate, tempo di aria libera, di camminate, di attività fisiche. Tempo, percerti aspetti, di rinascita perché l’incontro fra corpo, mente e natura, fa-vorito dal bel tempo, è sempre un incontro piacevole, a volte perfino rige-nerante, dopo un inverno passato al chiuso fra auto (o autobus), casa eufficio. Con Prevenzione Oggi abbiamo pensato giusto interessarci di chi

non può godere di questi benefici perché malato. Ci siamo infatti chiesti come siala vita di chi soffre di patologie polmonari. Sappiamo, per averli incontrati, che lasituazione dei malati di queste patologie è dura, faticosa, carica di sofferenze, per-ché quando il respiro è così corto da diventare quasi un atto fisico, sostenuto dauno sforzo di volontà, non è più respiro e la fatica di vivere è tanta. Nessuna dellepersone sane si accorge di quanto sia importante l’atto più banale, inconsapevole,spontaneo, vitale: immettere aria nei polmoni. Spesso la malattia polmonare è tal-mente grave da comportare una sola via d’uscita: il trapianto. A Bergamo, al-l’ospedale Papa Giovanni XXIII, si fanno trapianti sia sugli adulti che sui

bambini. L’intervista al dottor Michele Colledan e aldottor Alessandro Lucianetti ha lo scopo di raccontare ailettori come vivono le persone in attesa di trapianto dipolmone, quali prospettive si aprano con il trapiantostesso, e cosa si profila all’orizzonte nel campo delle curepossibili. Emerge chiaramente dalle parole di Colledane Lucianetti che purtroppo manca tanta “letteraturascientifica” perché i numeri riguardanti il trapianto dipolmone sono ancora numeri bassi e in quanto tali rela-tivamente utili alla medicina e al perfezionamento dellecure. Ne emerge però, ancora una volta, la grande dedi-zione, sorretta da una passione per il bene dell’uomo cheè palpabile, dei medici dei nostri ospedali. Ancora unavolta emerge l’eccellenza dell’ospedale Papa GiovanniXXIII che a noi interessa di raccontare non tanto perrendere merito a questa grande struttura di cura, ma af-finché sia sempre più ampia e diffusa una corretta cul-tura della medicina esistente così che le persone e le loro

famiglie possano essere aiutate ad orientarsi scegliendo sempre il meglio.Facciamo nostro, in questo numero, anche il prestigioso riconoscimento della

Regione Lombardia che nei giorni scorsi ha attribuito a tre insigni bergamaschiil Premio “Rosa Camuna”. Al professor Lucio Parenzan (alla memoria), al pro-fessor Giuseppe Remuzzi e alla medaglia d’oro paralimpica oltre che detentrice direcord mondiali Martina Caironi sono infatti stati assegnati i premi di maggiorprestigio della Regione Lombardia. L’Aido regionale, attraverso “PrevenzioneOggi” vuole evidenziare questi significativi riconoscimenti, in particolare nei con-fronti di due grandi amici e sostenitori della chirurgia dei trapianti e della nostraAssociazione, quale è stato finché è vissuto, l’indimenticabile prof. Lucio Parenzan,e quale è il prof. Giuseppe Remuzzi, scienziato e ricercatore che tutto il mondo ciinvidia. Con particolare affetto sottolineiamo i meritati riconoscimenti che sonostati assegnati dalla comunità civile ai nostri dirigenti, Riccardo Redaelli, vicepresidente regionale, che ha ricevuto la Stella al merito del lavoro, e quindi è Mae-stro del lavoro, ed Enrica Colzani, presidente della Sezione Monza Brianza, pre-miata dalla Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari).

Auguriamo ai nostri affezionati e meravigliosi lettori che, accompagnati dallalettura di queste pagine, possano vivere serenamente le prossime settimane estive etornare dalle meritate vacanze (per chi le potrà fare) confortati da qualche noti-zia finalmente positiva per la nostra bella e martoriata nazione.

Leonida Pozzi

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Editoriale

In copertina:foto di FFiorenzo Carzaniga - Fotoclub Airuno (Lc)

Intervista su trapianto di polmone e qualità di vita

Riconoscimenti a tanti amici dell’Aido

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Polmone e intestino, due orga-ni fondamentali nella vitadelle persone, la cui salute èalla base della qualità diogni esistenza umana. Sono

anche due organi difficili da trapianta-re nell’uomo, non tanto per il gesto chi-rurgico in sé, quanto per la difficoltà del-la gestione post trapianto. Ancora una vol-ta troviamo ospitalità presso l’OspedalePapa Giovanni XXIII di Bergamo, dovesi effettuano sia il trapianto di polmone,come quello di intestino quest’ultimo soloin età pediatrica. Pochi ospedali in Ita-lia fanno tutto questo, ragion per cui è im-portante il confronto con i protagonisti diquesta medicina d’avanguardia, nel no-stro caso il dott. Michele Colledan e il dott.Alessandro Lucianetti, con i quali è pos-sibile costruire un quadro chiaro e com-prensibile per i nostri affezionati lettori.L’intervista è aperta dalla domanda delpresidente regionale Leonida Pozzi.POZZI: Vorremmo oggi trattare i

temi del trapianto di polmone e di in-testino. Mi risulta che l’OspedalePapa Giovanni XXIII di Bergamo siaai livelli di primato per quanto ri-guarda il trapianto di polmone neibambini.COLLEDAN: Credo di sì, pur consi-derando che i bambini sottoposti a tra-pianto di polmone sono, in un anno,davvero pochi: uno, due al massimo. POZZI: Vorremmo parlare oggi di tra-pianto di polmone, anche in conside-razione delle difficoltà connesse allagestione di questo particolare tipo ditrapianto. Probabilmente c’è tanto la-voro, tanta ricerca, tanta applicazio-ne da fare ancora – e lo stesso pos-siamo dire per il trapianto di intesti-no – per raggiungere i livelli dei tra-pianti di organi più diffusi e consoli-dati, come fegato, cuore, reni e via di-cendo. Quali sono le difficoltà princi-pali del trapianto di polmone oggi?COLLEDAN: Effettivamente i risulta-

COLLEDAN E LUCIANETTIIl trapianto di polmone?Risultati importanti...

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ti del trapianto di polmone sonomeno entusiasmanti di quanto non sia-no quelli di fegato o di rene. Non sonoperò così preoccupanti quanto quellidi trapianto di intestino o multivi-scerale. Problema fondamentale è ildeterioramento cronico dell’organo.Si può parlare di rigetto cronico maprobabilmente non è solo una que-stione immunologica. Bisogna infat-ti tener presente che il polmone è unorgano fortemente esposto all’ester-no. Effettivamente c’è una impor-tante perdita di funzione dell’organo;circa 5-10 per cento dei pazienti ognianno manifesta una forma di disfun-zione dell’organo che possiamo chia-mare rigetto cronico anche se, ripeto,probabilmente è una causa multifat-toriale. Questo porta a far sì che la so-pravvivenza a cinque anni, sui gran-di numeri internazionali, si aggira at-torno al 50 per cento. Rispetto al-l’intestino ha il vantaggio che i risul-

tati nel breve termine non sono cosìsconfortanti e soprattutto il recupe-ro di qualità della vita, quando l’in-tervento va bene, è davvero impres-sionante. C’è un altro motivo: semprepoiché il polmone è esposto all’esternoanche nel donatore si deteriora primadegli altri, alla fine solo una percen-tuale variabile fra il 10 e il 30 per cen-to dei donatori multiorgano può do-nare anche i polmoni. Questo fa sì cheil numero dei trapianti di polmone, ein Italia ancora di più, sia decisamenteinferiore a quello dei trapianti di fe-gato o di reni, e quindi complessiva-mente l’esperienza che si riesce ad ac-

cumulare e i dati scientifici che si rie-sce a produrre sono più deboli, più tar-divi e quindi si impara meno. Non, siachiaro, a livello di singola équipe, maè la comunità scientifica che è incondizione di generare conoscenza piùlentamente. LUCIANETTI: Non dimentichiamo ilproblema dei donatori e il fatto che lapopolazione dei donatori adesso èspostata molto più in là, come età.Quindi avere organi di qualità mi-gliore è, in questo senso, sempre piùdifficile. Aggiungo che la gestione deldonatore di polmone in rianimazioneè molto più complessa che per altri or-gani. Spesso purtroppo ci troviamo adover valutare organi che non sono inbuone condizioni. POZZI: Quali sono le patologie cheportano al trapianto di polmoni?COLLEDAN: Dobbiamo distinguere trala popolazione adulta e quella pedia-trica. Nella popolazione adulta, par-P

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Colledan: «Effettivamente i risultati del trapianto di polmone sono menoentusiasmanti di quanto non siano quelli difegato o di rene. Non sono però così preoccupanti quanto quelli di trapianto di intestino o multiviscerale. Problema fondamentale è il deterioramentocronico dell’organo»

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lo a livello mondiale, abbiamo duegrandi capitoli : uno è la broncopatiaostruttiva (o enfisema). In Italia in re-altà è una indicazione abbastanzarara, diversamente per esempio dagliStati Uniti dove è una indicazione mol-to frequente. In questo caso dobbia-mo dire che il trapianto in realtà nonallunga la sopravvivenza (perché rie-scono ad avere una buona sopravvi-venza anche senza il trapianto) ma mi-gliora decisamente la qualità di vita.L’altro grosso capitolo è quello del-le patologie interstiziali. In una parola,la fibrosi polmonare, che invece è unafrequente causa di trapianto in Italia.Nella popolazione pediatrica o nei gio-vani adulti la malattia più frequenteè la fibrosi cistica (mucoviscidosi). At-tenzione: dobbiamo tener presente cheil numero di trapianti in età pediatri-ca è estremamente basso… attorno ai100 casi ogni anno al mondo, non dipiù. Difficile essere precisi perchépur esistendo un registro mondiale,non è completamente partecipato.POZZI: Ci sono particolari indicazioniriguardanti l’età dei donatori di pol-mone?COLLEDAN: Sono sempre dati teori-ci. Possiamo dire che mentre il fega-to con l’età invecchia poco o quasiniente (se è un fegato sano), il polmoneinvece invecchia. Nella mancanza didati scientifici certi cerchiamo di te-nere un limite sapendo che crescen-do l’età del donatore i risultati peg-giorano. LUCIANETTI: È evidente che la fun-zione respiratoria di ogni persona conl’età diminuisce. I parametri che ven-gono utilizzati per valutare la validi-tà dei polmoni dimostrano che c’è unacaduta fisiologica con il passare deglianni. POZZI: Quindi un donatore può es-serlo per il fegato, per il cuore, per al-tri organi o tessuti ma non per il pol-mone?COLLEDAN: Sì. Consideri che solo dal15 al 30 per cento dei donatori ha deipolmoni che vengono giudicati idoneiper il trapianto. Ragion per cui si fan-no meno trapianti. Se, in termini ge-

Michele ColledanATTIVITÀ LAVORATIVA

Direttore Dipartimento di Chirurgia (dal 2010) eDirettore Unità Operativa Complessa di Chirur-gia Generale III, Centro Trapianti di Fegato, cen-tro Trapianti di Polmone - Ospedali Riuniti di Ber-gamo (dal 2003)

ATTIVITÀ CLINICA- 27 anni di esperienza continuativa estesa a tut-ti gli aspetti del trapianto di fegato in età adul-ta e pediatrica. Direttore di uno tra i program-mi di trapianto più attivi in Italia e tra i più attivial mondo nell’ambito pediatrico. Vasta esperienzadi tecniche innovative di trapianto ridotto e split.Sviluppo e descrizione, per la prima volta al mon-do, di una tecnica innovativa di split- liver checonsente il trapianto di due pazienti adulti conil fegato di un unico donatore.- Esperienza di trapianto di polmone in età adul-ta e pediatrica, Primo operatore nel primo tra-pianto bipolmonare eseguito con successo in Ita-lia in un bambino di 6 anni, nei primi casi di tra-pianto combinato fegato polmoni e nei primi casidi trapianto polmonare “split” eseguiti con suc-cesso in Italia.- Esperienza di trapianto intestinale e multiviscerale,primo operatore nei primi casi di trapianto inte-stinale pediatrico e di trapianto multiviscerale pe-diatrico eseguiti con successo in Italia.- Vasta esperienza di chirurgia generale, addo-minale e toracica, elettiva e d'urgenza, apertae video-laparo-toracoscopica.

COLLABORAZIONIÈ stato membro del Consiglio direttivo della Eu-ropean Liver and IntestineTransplant Associa-tion dal 2005 al 2011. Dal 2008 al 2010 è sta-to membro del Nord Italia Transplant Program.È rappresentante del MIURS nel Consiglio Direttivodel consorzio interuniversitario Trapianti d’Organo.È membro di numerose società scientifiche in-ternazionali.

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nerali, si fanno mille trapianto di fe-gato l’anno in Italia, quelli di polmo-ne sono poco più di un centinaio. CALLIONI: La bassa percentuale di tra-pianti è dovuta magari anche ad unaminore richiesta?COLLEDAN: Essendo una terapia, di-ciamo “giovane”, non c’è ancora nelmondo scientifico la piena accettazionedel trapianto come valida possibilitàdi cura. Da un lato, siccome per il tra-pianto di polmone ci sono tutte le pro-blematiche che abbiamo detto, c’èmeno entusiasmo. Dall’altro c’è ancoraun po’ di scetticismo. Sta succedendopiù lentamente, a distanza di tren-t’anni, quello che succedeva con il fe-gato. Io ricordo che quando con il prof.Galmarini e il prof. Fassati iniziava-mo i trapianti di fegato al Policliniconon erano molti i malati inviati dagliepatologi. In realtà ci arrivavano ma-lati che capitavano, attraverso percorsipersonali, magari dal Pronto soccor-so. Le cose sono molto cambiate per-ché oggi gli epatologi “del trapianto”sono tra i più brillanti.. Per quanto ri-guarda il polmone siamo ancora in-dietro: non ci sono consapevolezza, ac-cettazione, approvazione. E questo an-che se i dati a supporto ci sono. POZZI: Le perplessità non sono peròrivolte all’atto chirurgico in sé.LUCIANETTI: No: in realtà la tecnicarisale agli anni Sessanta e non è cam-biata di molto. Con il tempo è statacollaudata e migliorata, ma non è cam-biata. COLLEDAN: L’atto chirurgico non èparticolarmente complesso. È com-plessa tutta la procedura chirurgicanel senso che l’anestesista rianimatoresi trova davanti un paziente complessoda gestire, sia che si tratti di circola-zione extracorporea sia che non sitratti di quella. Per l’interazione framedico e anestetista questo presentadegli aspetti di complessità... Le dif-ficoltà si manifestano anche nel post-operatorio sia precoce che a medio elungo termine. A volte succede cheimprovvisamente il polmone che an-dava bene comincia a peggiorare la suafunzione e non ce la fa più.

Alessandro LucianettiFORMAZIONE E SPECIALIZZAZIONI

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1997all’Università degli studi di Milano con vota-zione 110 e lode, si è specializzato in Chi-rurgia Generale (Milano, 1992), Chirurgia Pe-diatrica (Milano, 1998) e Chirurgia Toracica(Modena, 2007). Ha svolto un lungo perio-do (1989-1994) di training di microchirur-gia e chirurgia sperimentale sul piccolo egrosso animale alla Scuola di Specializzazionedi Chirurgia Sperimentale dell’Universitàdegli Studi di Milano.

ATTIVITÀ LAVORATIVADal 1989 al 1990 è stato chirurgo al Cen-tro per il Trapianto di Fegato e l’Assistenzadel Coma Epatico Acuto all’Ospedale Mag-giore Policlinico di Milano I.R.C.C.S. (Dir. Prof.D.Galmarini). Dal 1990 al 1997 è stato as-sistente chirurgo a tempo pieno nella stes-sa struttura. Dopo l’autorizzazione al trapianto di fegatoricevuta dall’Ospedale di Bergamo, si tra-sferisce nella neonata Unità di Chirurgia III eTrapianti di fegato e polmone, allora direttada Bruno Gridelli, di cui, dal settembre2001, ricopre il ruolo di vice-direttore. Dal2007 è Responsabile dell’Unità di ChirurgiaToracica dell’Ospedale di Bergamo con at-tiva e costante collaborazione al programmadi trapianto di fegato e polmone e di chirur-gia generale nell’Unità di Chirurgia III.

COLLABORAZIONIÈ socio dell'European Society for Organ Tran-splantation (ESOT), dell'International LiverTransplantation Society (ILTS) e della Socie-tà Italiana di Chirurgia Toracica (SICT).

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POZZI: Si può fare il trapianto quan-do il polmone malato è aggredito daun tumore?COLLEDAN: No. Tranne che per unrarissimo caso di tumore benigno. An-che se il primo trapianto di polmonefatto al mondo, nel 1963, è stato fat-to su un carcerato condannato a mor-te che aveva un tumore del polmoneche avrebbe giustificato una pneu-mectomia, cioè una asportazione. Mala sua funzione respiratoria, avendoanche l’altro polmone malato in ter-mini funzionali, non consentiva di to-gliergli quel polmone. Da qui la de-cisione di fare il trapianto; oggi nonsi farebbe. Nei casi di tumore si togliela parte di polmone o tutto il polmo-

ne interessati. Uno dei principali mo-tivi per non praticare trapianti nei pa-zienti con tumore è il fatto che al tra-pianto fa seguito la terapia immuno-soppressiva e questa rappresenta una“via libera” per il tumore. L’unico or-gano che fa eccezione a questa rego-la è il fegato, ma solo per un partico-lare tipo di tumore ed in stadio pre-coce, diversamente il tumore si ri-propone inesorabilmente dopo il tra-pianto stesso.LUCIANETTI: Dobbiamo capire che cisono persone in grado di vivere benecon un solo polmone. Conosco un ap-passionato di ciclismo che va in Sel-vino tranquillamente in bici e ha unsolo polmone. Tantissime personecon due polmoni nemmeno osanoprovarci. POZZI: Quanto sono vincolanti, neltrapianto di polmone, le dimensioni

del ricevente e del donatore?LUCIANETTI: Conta soprattutto l’al-tezza. Ma esistono tecniche di ridu-zione del polmone, per adattarlo allanuova sede, che a volte si possono uti-lizzare. Polmoni di donatori grandipossono essere modellati con appa-recchiature meccaniche oppure contecniche di riduzione anatomica. Quia Bergamo, da noi, sono interventi giàfatti.POZZI: Quindi si adatta il polmonealla gabbia toracica del ricevente.LUCIANETTI: C’è una capacità vitaleche si esprime in litri. Elaborando de-terminati calcoli possiamo saperequale sia il bisogno in termini di vo-lumi per il ricevente. COLLEDAN: È un po’ quello che av-viene con il fegato, anche se va pre-cisato che le tolleranze sono modeste.Ciò fa del rapporto dimensionale fradonatore e ricevente un dato impor-tante. Se il polmone è troppo piccolosi creano spazi vuoti all’interno del to-race inoltre l’organo poi non è in gra-do di sostenere tutta la portata di quelcuore e rischia di imbibirsi di acqua enon funzionare. Se è troppo grandequando si chiude si schiacciano delleparti che poi non essendo ventilatebene tendono a fare infezioni. Ed è inquesto caso che si riducono le di-mensioni. POZZI: Per certi aspetti mi richiamatealla mente la figura del sarto. È comese si preparassero i “polmoni su mi-sura”. COLLEDAN: Ci sono parametri di ri-ferimento che permettono di valuta-re in anticipo. Vero che a volte ci sonosorprese inaspettate. Capita, per esem-pio, che ci si trovi davanti a polmoniben più grandi di quanto ci si aspet-tasse e debbano essere ridotti. Dipendepoi dalla malattia del paziente. Unapersona malata di enfisema ha un to-race enorme e dentro ci sta qualunquepolmone. Al contrario chi soffre di fi-brosi ha un torace piccolo e a volte sifa fatica ad adattare il polmone allospazio disponibile. CALLIONI: Quindi le cavità che ospi-tano i polmoni si allargano o si con-

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Lucianetti: «Esistono tecniche di riduzione del polmone, per adattarlo alla nuova sede,

che a volte si possono utilizzare. Polmoni di donatori grandi possono essere

modellati con apparecchiature meccaniche oppurecon tecniche di riduzione anatomica.

Qui a Bergamo, da noi, sono interventi già fatti»

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traggono seguendo l’evoluzione del-le malattie?LUCIANETTI: Come in tutti i proces-si fisiologici, l’organismo si adatta allesituazioni in essere. Quindi, per esem-pio i muscoli si rattrappiscono, lo spa-zio tra le coste si riduce, ecc. Non di-mentichiamo che nel trapianto sipossono usare i lobi del polmone.Quello destro ha tre lobi; quello sini-stro ne ha due. Anche in questo casosi applica la tecnica dello split. COLLEDAN: Non si deve però pensa-re che sia esattamente come nel tra-pianto di fegato. In realtà abbiamomolta meno flessibilità, le tolleranzesono più modeste e lo split si fa peravere due polmoni da uno ordinario

quando c’è una grossa differenza fradonatore e ricevente. Altrimenti si ri-schierebbe di trapiantare due polmo-ni troppo piccoli. Il fegato rigenera, ilpolmone no. Il polmone un po’ siespande ma non è la stessa cosa..Quindi non abbiamo la stessa facilitàdi azione come per lo split del fegato.E aggiungo che sullo split del fegato,essendone stati fatti migliaia in giroper il mondo l’esperienza è significa-tiva. Di quello del polmone, essendonestati fatti pochi, disponiamo di un mi-nor numero di dati scientifici di rife-rimento. POZZI: Negli adulti che speranza divita massima abbiamo con il trapian-to di polmone?COLLEDAN: È difficile dirlo. Po-tremmo forse cominciare a parlare diventi anni o magari anche di più. Mail dato di riferimento, ad oggi, è che

circa il 50 per cento dei pazienti è an-cora vivo cinque anni dopo il tra-pianto. Noi abbiamo cominciato dodicianni fa. Il primo paziente è mortodopo cinque anni ma per cause non di-rettamente dipendenti dalle condizionidel polmone. Era un ragazzo conuna fibrosi cistica che aveva fatto il tra-pianto di fegato e polmoni. Però,come spesso succede per pazienti chesono malati fin da bambini sviluppa-no un rapporto di grande dipenden-za dai genitori, anche se magari il tra-pianto avviene a venti anni. Questo ra-gazzo era totalmente dipendente dal-la mamma che un giorno si scoprì am-malata di linfoma e dovette ricoverarsiper le chemioterapie. Il fatto ha la-

sciato un po’ allo sbando il ragazzo cheha cominciato a non essere così attentonelle cure. Purtroppo quando è arri-vato da noi era in condizioni di rigettocronico molto importante sia per il fe-gato che per il polmone. Eravamo riu-sciti a recuperare sul fegato e stava-mo valutando di rimetterlo in lista peril polmone ma non ce l’ha fatta e pur-troppo è morto. Magari mi sbaglio, masono convinto che se la mamma nonsi fosse ammalata il ragazzo ci sareb-be ancora. Questo è importante dir-lo perché l’aderenza alle cure neibambini trapiantati quando eranopiccoli e per dieci-quindici anni pren-dono delle medicine, può svilupparsiuna forma di rifiuto di una condizio-ne di diversità dagli altri. Considera-te che stiamo parlando di giovani chenon ricordano si essere stati trapian-tati e continuano e prendere farmaciP

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Colledan: «Rispetto al fegato, nello split delpolmone abbiamo molta meno flessibilità, letolleranze sono più modeste e lo si fa per avere duepolmoni da uno ordinario quando c’è una grossadifferenza fra donatore e ricevente. Altrimenti sirischierebbe di trapiantare due polmoni troppopiccoli. Il fegato rigenera, il polmone no»

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perché noi e i famigliari diciamo loroche devono farlo. È assolutamentecomprensibile che esploda in loro ildesiderio di “normalità”. La medicinasi sta interrogando sui problemi con-nessi al passaggio delle età: da bam-bini accolti e coccolati in pediatria, dagiovani o adulti nei reparti ospedalieridella medicina per gli adulti, un po’ piùfreddi e distanti. Ripeto, si tratta di unaproblematica di cui la medicina si devefar carico perché abbiamo a che farecon persone maggiormente dipendentidalle strutture e dai genitori, con iquali hanno un “cordone ombelicale”più grosso e più difficile da tagliare.Mamma e papà sanno che dalla lorocostanza nel percorso delle fisiotera-

pie, delle cure, delle medicine, dipen-de la salute del figlio. Dipende cioè chevivano o che muoiano. Quando io stu-diavo medicina le persone malate di fi-brosi cistica non arrivavano a ven-t’anni, adesso l’età media di soprav-vivenza è sui 45 anni. Questo a prez-zo di investimenti che partono dallafamiglia.LUCIANETTI: Quella dei malati di fi-brosi cistica è una vita in salita: sonospesso ricoverati, hanno qualità di vitapessima. È davvero difficile.POZZI: Il ricordo va a un ragazzo in-credibile, toscano, che abbiamo in-tervistato per Prevenzione Oggi qual-che tempo fa: F.C.. Come sta?COLLEDAN: Bene. Ogni anno, il gior-no del compleanno dal trapianto mimanda una mail. Mi ricordo che eraarrivato al trapianto in condizioni pre-carie.

CALLIONI: Quando lo abbiamo inter-vistato, a Bergamo, abbiamo potutoverificare la forza di una famigliaunita e particolarmente impegnata asostenerlo.POZZI: Mi risulta che la terapia an-tirigetto per il post trapianto di pol-mone sia simile a quella del fegato edi altri organi. Dobbiamo purtroppoconstatare che sulle cure antirigettonon vi sono stati clamorosi avanza-menti negli ultimi anni.

COLLEDAN: Purtroppo è così. I far-maci a disposizione sono sostanzial-mente gli stessi. Peraltro dobbiamo ri-cordare che essendo le procedure diregistrazione dei farmaci antirigettoprocedure specifiche per ogni organo,ed essendo il trapianto di polmone untrapianto che presenta pochi numeriutili per gli studi necessari alla regi-strazione del farmaco stesso, e poichécon bassi numeri di intervento ov-viamente le case farmaceutiche sonopoco interessate ad investire (o co-munque lo sono meno rispetto a or-gani con numeri di gran lunga supe-riori) c’erano – adesso il problema è

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Colledan: «Il dato di riferimento, ad oggi, è checirca il 50 per cento dei pazienti

è ancora vivo cinque anni dopo il trapianto. Noi abbiamo cominciato dodici anni fa.

Il primo paziente è morto dopo cinque anni ma per cause non direttamente dipendenti

dalle condizioni del polmone»

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superato – diversi farmaci che erano“fuori elenco” per il trapianto di pol-mone. Un assurdo che, come detto, èstato superato ma che ha costrettotanti medici, al tempo, a usare i far-maci antirigetto “fuori elenco”. Equesto con una assunzione di re-sponsabilità non tanto medica perchél’efficacia dei farmaci era provata,ma per gli aspetti contabili. La Cor-te dei Conti avrebbe anche potuto op-porre obiezioni. In generale è un or-

gano, il polmone, che si immunosop-prime un po’ di più degli altri. La com-binazione specifica più adatta, invece,avendo pochi numeri di riferimento èun po’ più difficile da trovare. POZZI: Ci sono studi interessanti, unodi questi al Mario Negri di Bergamo,per favorire una forma di riconosci-mento dell’organo ricevuto, ma perora le strade per la immunosoppres-sione sono ancora poche e tutte con-solidate. Ho saputo per la verità di per-sone che pur avendo smesso la cura,per esempio della ciclosporina, han-no continuato a vivere serenamente.COLLEDAN: Succede, ma non sap-

piamo ancora prevedere con sicu-rezza quali pazienti possano fare que-sto, quindi mancano dati scientifici diriferimento. Né possiamo immagina-re di provare e vedere cosa succedeperché non possiamo rischiare di tro-varci poi di fronte ad un rigetto in-trattabile. Sono molto promettenti glistudi del Mario Negri che per ora peròsono stati sperimentati con successonel piccolo animale e non hanno pro-dotto risultati altrettanto positivi,invece, nel grosso animale. Molto la-voro è stato poi svolto dallo stessogruppo sul trapianto di rene. Sappia-mo quindi che c’è qualcosa, che esisteuna possibilità, che alcuni meccanismiche portano al rigetto possono portare

anche al non-rigetto, ma come pilotarlio prevederli non lo sappiamo ancoraperfettamente.POZZI: Questa sarà una scopertaepocale.LUCIANETTI: Aprirebbe scenari in-credibili e dalle enormi potenzialità dicura.POZZI: Quanti trapianti di polmonepediatrico sono stati fatti finora?LUCIANETTI: Dodici, su bambini, nelcorso di dieci anni. Parliamo di per-sone dai 5 ai 17 anni.POZZI: E invece quanti trapianti diadulti?LUCIANETTI: Novanta trapianti in84 pazienti: sei sono stati ritrapiantati. POZZI: In caso di necessità di tra-pianto in un bambino e mancando ladisponibilità di un polmone prove-niente da un bambino, come poteteprocedere?

Colledan: «Sono molto promettenti gli studi delMario Negri che per ora però sono statisperimentati con successo nel piccolo animale e nonhanno prodotto risultati altrettanto positivi,invece, nel grosso animale. Sappiamo che alcunimeccanismi che portano al rigetto possono portareanche al non-rigetto, ma come pilotarli oprevederli non lo sappiamo ancora perfettamente»

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COLLEDAN: In quel caso, come dice-vamo prima, utilizziamo i lobi o par-ti dei polmoni. Comunque le necessi-tà di trapianto di polmone in unbambino rimangono molto molto po-che. POZZI: Nel caso di trapianto in unbambino, e quindi dell’uso di un pol-mone ridotto o di una parte di pol-mone, come è possibile che questo pol-mone segua lo sviluppo del bambinoche diventerà giovane e poi adulto?COLLEDAN: Questo è un caso che pre-senta aspetti interessantissimi e sa-rebbe bello poterlo studiare. In real-tà uno sviluppo avviene. Siamo difronte ad un mix di tessuto e celluledel polmone che si trapianta ma c’è uncontesto umorale, ormonale e anchedi cellule staminali di un bambino checresce e che si mescolano insieme. Ipolmoni crescono, questo è certo, ma

non sappiamo se crescono perché si di-latano le cavità aeree o perché cre-scono con le dinamiche normalissimedi tutti gli organi non lo sappiamobene. Probabilmente è una interazio-ne di entrambe le cose. LUCIANETTI: È scientificamente im-possibile, per ora, assumere delle cer-tezze. Anche quando ad una personaadulta si toglie un lobo di un polmo-ne è impossibile rendersi conto, congli esami oggi possibili, che mancaquel lobo. Questo perché quel pol-mone tende ad espandersi occupandolo spazio del lobo che è stato tolto.POZZI: Ma è diverso dal fegato, chesi rigenera.COLLEDAN: Certo. Un organo puòcrescere o perché si gonfia o perchécresce il tessuto. Il polmone è fatto divescicolette d’aria. Nell’adulto il pol-mone non cresce ma si gonfia; nelbambino l’analisi di alcuni dati fun-zionali fa pensare che si verifichi an-che un aumento del tessuto. Teniamopoi presente che di solito si trapian-ta con polmone giovane. Noi gli splitli abbiamo fatti con un diciottenne econ un undicenne. È un argomento sulquale sappiamo poco, molto difficile dastudiare, e i dati a disposizione, a li-vello mondiale, sono pochi. LUCIANETTI: Noi ci preoccupiamoovviamente di verificare la funzionerespiratoria. I bambini, per esempio,

Lucianetti: «Sulla crescita del polmone èscientificamente impossibile, per ora, assumeredelle certezze. Anche quando ad una persona

adulta si toglie un lobo di un polmone èimpossibile rendersi conto, con gli esami oggi

possibili, che manca quel lobo. Questo perché quel polmone tende ad espandersi

occupando lo spazio del lobo che è stato tolto»

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presentano una buona spirometria; al-cuni giocano anche a calcio. POZZI: Quindi possiamo dire che il vo-lume di aria introdotto è pari a quel-lo di un polmone normale.COLLEDAN: Sì. Va aggiunto che in ge-nere i bambini malati di fibrosi cisti-ca raramente crescono molto.POZZI: I dati della sopravvivenza,sono confortanti?COLLEDAN: A cinque anni siamo vi-cini al 75 per cento, per i bambini, pergli adulti siamo attorno al 55-60 percento a cinque anni. POZZI: Qual è attualmente la situa-zione della lista d’attesa?LUCIANETTI: Al momento siamo a cir-ca venticinque persone. POZZI: Sono tanti.COLLEDAN: È vero. E consideri chenoi siamo ancora di quelli con la listad’attesa più contenuta. POZZI: La scelta del centro di riferi-mento spetta al paziente o ai medici?COLLEDAN: Spetta al paziente ov-viamente consigliato dai suoi medicicuranti. A Bergamo siamo moltopoco selettivi e accogliamo un’ampiagamma di richieste, non soltantoquelle che hanno una buona speran-za di successo. Abbiamo talvolta an-che persone in lista d’attesa che defi-nirei “in contumacia”.CALLIONI: È una definizione curiosa,che richiama più ad aspetti giuridici

e penali che non ad interventi sanitari.COLLEDAN: Il meccanismo è lo stes-so. Mi spiego meglio: normalmente ilpaziente viene messo in lista presso ilcentro trapianti. Se è grave lo si ri-covera e lo si studia da ricoverato, sesta abbastanza bene lo si studia in am-bulatorio in day hospital, qua da noi.Lo conosciamo, lo abbiamo visto, lohanno visto gli anestesisti, lo hannovisto gli pneumologi, lo abbiamo vi-sto noi… ed è stato messo in lista qua.Se ci telefonano, dico a caso, da Trie-ste e ci dicono: “Abbiamo un malato in-tubato intrasportabile che sta mo-rendo per una forma acuta o per unoscompenso acuto di una malattia cro-nica che forse sarebbe arrivata altrapianto ma ci sembrava ci fosse an-cora tempo e lo abbiamo già messo incircolazione extracorporea”, non lopossiamo portare a Bergamo per stu-

Colledan: «Un organo può crescere o perché sigonfia o perché cresce il tessuto. Il polmone è fatto di vescicolette d’aria.Nell’adulto il polmone non cresce ma si gonfia;nel bambino l’analisi di alcuni dati funzionali fa pensare che si verifichi anche un aumento deltessuto. Teniamo poi presente che di solito si trapianta con polmone giovane»

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diarlo: il trasporto è rischioso . Ancheperché se poi lo porta qua, lo tiene quae ha il letto occupato ; così non puòtrapiantare un altro paziente se ne ca-pita l’occasione. Quindi li mettiamo inlista a distanza lasciandoli pressol’ospedale di origine. Ci facciamomandare tutta la documentazione;significa prendere dei rischi aggiun-tivi ma, in rari casi, lo facciamo. LUCIANETTI: A Bergamo siamo mol-to aperti, e quindi ci troviamo anchequesti casi. L’anno scorso ben due otre.POZZI: Si può dire quanto stanno me-diamente in lista d’attesa i pazienti?COLLEDAN: Credo si possa parlare diotto-dieci mesi. La media però signi-fica poco perché i pazienti non sonoin fila come alla cassa del supermer-cato: i più gravi passano davanti aimeno gravi. Purtroppo comunque

vi è una significativa mortalità in li-sta d’attesa, più alta che per altri or-gani. CALLIONI: Con una qualità di vita, inattesa del trapianto, non certo otti-male.COLLEDAN: Questo lo possono diremeglio i malati. Noi che li vediamo cipossiamo immaginare cosa sia la vitadi una persona che fatica a respirare,che tutto il giorno ha il problema direspirare… Noi ci accorgiamo di respirare soloquando siamo in affanno dopo unacorsa o quando emergiamo da un’ap-nea. Chi è in lista d’attesa per il tra-pianto di polmoni e quindi a causa diuna malattia respiratoria, vive semprecon l’angoscia del respiro che non ar-riva o che arriva a fatica. Pensiamo cheanche solo mangiare è faticoso perchéintanto che si ingoia non si respira.Non si può certo parlare di qualità divita.LUCIANETTI: Per questo, più che peraltre patologie, il trapianto è una li-berazione, cambia in meglio la vita, main meglio di moltissimo. E non si hatimore di fare l’intervento anche sel’aspettativa di vita è di cinque anni.Perché sono comunque cinque anni divita vera.

Testi a cura di Leonio CallioniHa collaborato Leonida PozziFotografie di Paolo Seminati

Lucianetti: «Per l’angoscia che prova ognigiorno un paziente che ha problemi respiratori,

più che per altre patologie, il trapianto è una liberazione, cambia in meglio la vita,

ma in meglio di moltissimo. E non si ha timore di fare l’intervento anche se

l’aspettativa di vita è di cinque anni. Perché sono comunque cinque anni di vita vera»

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Un nuovo importante ri-conoscimento al Prof.Giuseppe Remuzzi che loscorso 29 maggio a Mi-lano ha ricevuto il pre-

mio Rosa camuna 2014, conferito dal-la Regione Lombardia a coloro che sisono distinti per impegno ed opero-sità nello sviluppo economico, socia-le e culturale della nostra Regione. L’importante riconoscimento da que-st’anno ha riunito i premi «Lombar-dia per il lavoro», «Rosa camuna» e«Premio per la pace». Il PremioRosa camuna nasce per valorizzarepubblicamente l’impegno, la creativitàe l’ingegno di persone, imprese, enti,associazioni e fondazioni che hannocontribuito allo sviluppo economico,sociale, culturale e sportivo dellaLombardia, rendendone più alto ilprestigio.A decidere la lista dei vincitori delPremio Rosa camuna è un’appositacommissione di cui fanno parte il go-vernatore della Regione, il presi-

dente del Consiglio regionale e tut-ti i capigruppo. Il presidente dell’au-la lombarda, Raffaele Cattaneo, ha co-municato dopo l’assegnazione deipremi che le candidature sono statescelte all’unanimità da tutti i capi-gruppo presenti in Consiglio, e che :“La decisione è stata presa sulla base dialcuni criteri, quali la rappresentativitàdei territori e la distribuzione nei varisettori della società civile, con l’obietti-vo di valorizzare personalità ed eccel-lenze, realtà produttive, economiche e so-ciali, che tengono alto il nome della no-stra Regione a livello nazionale e inter-nazionale”.Il riconoscimento al professor Re-muzzi, attuale presidente della SocietàInternazionale di Nefrologia, Diret-tore del Dipartimento di Medicinadell’Ospedale Papa Giovanni XXIIIdi Bergamo e Coordinatore delle Ri-cerche dell’Istituto Mario Negri diBergamo, premia una carriera al-l’insegna dell’impegno e dell’eccel-lenza nel campo della ricerca nefro-

Giuseppe Remuzzi tra gli insigniti

del premio «Rosa Camuna»

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logica con studi che hanno consenti-to la messa a punto di strategie chepermettono di rallentare (e talvoltaarrestare) la progressione delle ma-lattie renali, che hanno portato allascoperta di meccanismi di autoripa-razione del rene danneggiato e chehanno reso possibile per la prima vol-ta al mondo la creazione in labora-torio di strutture renali funzionanti,con l’obiettivo a lungo termine di so-stituire la funzione renale con un renecompletamente costruito in labora-torio. Il professor Remuzzi si è detto mol-to onorato del premio ricevuto. “In unmomento in cui di cultura scientifica e diricerca si parla spesso in modo scorret-to, è importante che ci siano istituzioniche riconoscano e promuovano il valoredella scienza come progresso del sapereper migliorare la vita delle persone”. Lo scorso 29 gennaio Mario Manto-vani, vice presidente e assessore allaSalute di Regione Lombardia, avevaproposto alla Giunta lombarda un for-male riconoscimento per i cinque

scienziati che, grazie al loro ingegno,contribuiscono ogni giorno ad ac-crescere l’immagine della sanità e del-la ricerca Lombarda, una vera eccel-lenza riconosciuta nel mondo. I nomidei premiati si sono affiancati a quel-lo della Fondazione IRCCS Ca’ Gran-da Ospedale Policlinico di Milano . Lacandidatura era nata a seguito dellapubblicazione di una speciale classi-fica, resa nota da un gruppo di ri-cercatori americani, che collocavatra i primi 400 scienziati più in-fluenti al mondo sei italiani, tra que-sti proprio i cinque studiosi impegnatinelle strutture sanitarie lombarde eproposti da Mantovani alla Giunta.Fra gli otto italiani, sei lavorano inItalia e due all’estero. A guidare laclassifica italiana, in seno ai miglio-ri 400, è Alberto Mantovani, profes-sore di Patologia Generale all’Uni-versità di Milano e direttore scienti-fico dell’Istituto Clinico Humanitas.Quindi i professori Antonio Colom-bo dell’Università Vita-Salute SanRaffaele, proprio Giuseppe Remuzzi

Giuseppe Remuzzi, nato aBergamo il 3 aprile del 1949, si

è laureato in Medicina eChirurgia all’Università diPavia, si è specializzato in

ematologia e in nefrologia. Nel1975 ha cominciato a lavorarenel reparto di Nefrologia degliOspedali Riuniti di Bergamo e

ventiquattro anni dopo ne èdiventato primario. Già dametà degli anni Ottanta ha

iniziato a collaborare conl’Istituto di ricerche

farmacologiche Mario Negri diBergamo, dove adesso coordina

tutte le attività di ricercarelative alle malattie renali.

Nel 2013, poi, è diventatopresidente della Società

internazionale di nefrologia.

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dell’Istituto Mario Negri di Bergamo,Giuseppe Mancia dell’Università diMilano Bicocca, Vincenzo Di Marzodel CNR di Pozzuoli e Alberto Zan-chetti dell’Università degli Studi diMilano.Cinque di questi sei scienziati lavo-rano in strutture di Milano e Berga-mo a conferma dell’alto livello di ri-cerca che si conduce in Lombardia. Inquesta classifica emergono, poi, altrinomi di italiani che però lavorano al-l’estero, come Carlo Croce all’Uni-versità dell’Ohio e Napoleone Ferraradella Genentech Incorporated, cheprecedono Remuzzi in graduatoria.Mancano del tutto, invece, scienzia-ti stranieri di alto livello che lavora-no in Italia“Il premio - prosegue Remuzzi - è unriconoscimento alla Ricerca stessa, cheè l’unico mezzo capace di poter mi-gliorare la qualità di vita delle perso-ne. È importante che anche la politicaabbia riconosciuto la sua importanza eche il suo valore sia stato affiancato aquello di altre realtà eccellenti nel cam-

po sociale, industriale, economico”.Tra i premiati vi era anche la giova-ne atleta bergamasca Martina Caironi(24 anni), campionessa paralimpicanel Londra 2012 sui 100 metri :“Questa ragazza - commenta Remuz-zi - è un’atleta vincente grazie anche allaricerca che ha sviluppato le soluzioni tec-niche che, insieme alla sua straordinariavolontà e al suo talento, le hanno permessodi vincere un oro olimpico”.In conclusione Remuzzi ha sottoli-neato l’importanza di un progetto chelo vede coinvolto in prima fila proprioin questi mesi: “La Società Interna-zionale di Nefrologia, della quale sono

Presidente, ha sviluppato un progetto am-bizioso, ma realizzabile, per il quale vor-remmo che nel 2025 non si morisse piùa causa di Insufficienza Renale acuta. Con il termine insufficienza renale acu-ta si intende l’improvvisa perdita dellacapacità dei reni di svolgere la loro fun-zione principale che è quella di elimina-re il liquido in eccesso e gli elettroliti, cosìcome il materiale di scarto dal sangue.L’insufficienza renale acuta si svilup-pa rapidamente nell’arco di poche ore opochi giorni. Può essere fatale e richie-de un trattamento intensivo. Tuttavia puòessere reversibile. Se la persona colpita èin buona salute, può recuperare la nor-male funzione renale se curata e segui-ta. Purtroppo nei Paesi poveri si muoreancora per questo, stiamo lavorandoperchè non avvenga più.Lo scorso 21 giugno ho incontrato ilPrincipe Daniel di Svezia, consortedella Principessa Ereditaria, è un tra-piantato di rene sensibile a questa pro-blematica e si è reso disponbile ad ap-poggiarci nelle vesti di Testimonial”.

Clelia Epis

«Il premio è un riconoscimento alla Ricerca stessa, che è l’unico mezzo capace di poter migliorare la qualità di vita delle persone. È importante che anche la politica abbia riconosciuto la sua importanza e che il suo valore sia stato affiancato a quello di altre realtà eccellenti nel campo sociale, industriale, economico»

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Un dolore terribile,anche se solita-mente di breve du-rata, da pochi secon-di ad alcuni minuti,

lancinante, come una scossa elettrica,che può ripresentarsi più volte nellagiornata, che si manifesta da una solaparte del viso, favorito anche da stimo-li minimi quali l’aria fredda sul viso, lamasticazione, una vibrazione, spazzo-landosi i denti: tutto questo prende ilnome di nevralgia trigeminale. Il nervo trigemino sensitivo è cosìchiamato in quanto dopo la sua emer-sione dalla base del cervello si divide intre diramazioni: 1) la branca superiore, o nervo oftalmico:

innerva parte del cuoio capelluto,fronte, orecchio e occhio e porta alcervello sensazioni raccolte in que-ste aree;

2) la branca intermedia, o nervo ma-scellare: innerva e raccoglie stimolisensoriali da guancia, parte superio-re della mascella, labbro superiore,denti e gengive, parte laterale delnaso;

3) la branca inferiore o mandibolare: èla parte più grande e innerva sia laparte sensitiva che motoria dellamandibola, denti, gengive e labbro in-feriore.

Ma è soprattutto la branca mandibola-re, talora associata alla mascellare, cheè interessata al processo nevralgico. Ildolore interessa normalmente la metàdel viso, nella sua zona centrale o infe-riore del volto. Talora è avvertito comeun dolore ai denti diffuso alla metà del-l’arcata dentaria superiore, tale da in-durre alcuni a farsi togliere più denti nel-

la speranza di risolvere il problema. Quando l’attacco doloroso si ripetefrequentemente nell’arco della giorna-ta o nel tempo (giorni e talora mesi) ren-de la vita difficile e può invalidare inmodo importante il paziente. Se il dolore persiste a lungo, oltre 20-30 minuti, il disturbo non è una sem-plice nevralgia ma può avere una ori-gine da patologie organiche. Le personepiù colpite sono le adulte e le anziane,dopo i 50 anni; solo nell’1% dei casi lanevralgia colpisce giovani al di sotto dei25 anni. L’origine del disturbo è sta-to a lungo sconosciuto. Ora si è os-servato che nel 70% dei casi la causascatenante è rappresentata da unacompressione della radice del nervo daparte di una arteria, compressioneche a lungo danneggia il rivestimen-to del nervo (guaina mielinica) provo-cando una specie di “cortocircuito” cheè all’origine del dolore. Nel 30 % deicasi l’origine del disturbo è dovuta aproblemi più gravi quali la sclerosi mul-

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La nevralgia trigeminale

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tipla. Frequentemente la sintomato-logia dolorosa è conseguente ad un epi-sodio di erpes zoster o fuoco di San-t’Antonio, che interessa la zona di in-nervazione trigeminale, ma in questicasi la diagnosi è facilitata dalle eruzionicutanee erpetiche tipiche di questa pa-tologia. Anche forme tumorali checomprimono il nervo e malformazio-ni vascolari possono essere l’origine deldisturbo, ma in questi casi la sinto-matologia dolorosa nevritica si ac-compagna ad altri segni obiettivi chepossono giustamente indirizzare ladiagnosi e la terapia più opportuna. Lamalattia nel 65 % dei casi è episodica.Solo in circa il 35 % dei casi si ripre-senta dopo anni dal primo attacco, inaltri la remissione del sintomo nevri-tico è meno duratura e il disturbo si ri-presenta dopo alcuni mesi. Nella maggioranza dei casi la terapiamedica in corso di attacco acuto ha scar-sa efficacia. Più efficace la terapia che hacome scopo la prevenzione di nuovi at-tacchi; tra questi un antiepilettico (car-bamazepina). L’efficacia di tali terapie èscarsa e riguarda circa il 30% dei casi. Nei casi persistenti si deve attuare unaterapia più aggressiva quali la decom-pressione vascolare chirurgica che ha loscopo di decomprimere la pressione del-l’arteria sul nervo. Nelle persone più an-ziane è anche utile la radioterapia op-pure la lesione chimica, elettroliti-ca o tramite catetere del gangliodi Gasser, da cui dipende il ner-vo trigemino. La prevenzione è assai diffi-cile da attuare in quantotrattasi di patologia com-pressiva in parte lega-ta all’invecchiamento.Certo è che evitaredi fumare, di assu-mere stimolanti efare una vita sana,in genere può aiu-tare. È anche ne-cessario non at-tuare terapie anti-dolorifiche “fai date” che possono nonsolo giovare poco o nulla,

ma portare anuovi disturbi per

eccesso di farmaci. Èsempre bene affidarsi ad

un neurologo esperto chepotrà diagnosticare precoce-

mente e con maggior compe-tenza la patologia, soprattutto se pri-

mitiva (nevralgia trigeminale) oppuresecondaria (tumori ecc.).

Dott. Gaetano Bianchi

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Il trattamento dietetico delle ma-lattie neurologiche come la sclerosimultipla e alcuni tipi di epilessianon è una novità. Molti ricercatorihanno esplorato anche il rappor-

to tra i meccanismi neuroinfiamma-tori implicati nella comparsa di ne-vralgie, come quella dolorosissima deltrigemino, e alcuni tipi di grassi pre-senti nella dieta. I lipidi dietetici e inparticolare gli acidi grassi polinsaturidella serie omega 3 e omega 6 pos-sono influenzare processi fisiologicicome le infiammazioni e le reazioniimmuni e il valore dei cibi ricchi diquesti nutrienti è sostenuto da mol-ti studiosi.

GLI STUDI SULLA DIETA POVERA DI GRASSILate Roy L. Swank già nel 1948 ini-ziò a studiare la dieta povera di gras-si nella sclerosi multipla e pubblicò nel1990, sulla prestigiosa rivista scien-tifica Lancet, i risultati dei suoi stu-di. Anche se questi risultati non sonostati universalmente accettati dagli al-tri ricercatori, il Dr. Swank ha aper-to la strada ad altri studi che hannotestato la dieta povera di grassi in pa-zienti con sclerosi multipla e ne-vralgia del trigemino e poi inpazienti con nevralgia deltrigemino, dipendente daaltre cause.Un recente studio nordamericano condotto supazienti con ne-vralgia deltrigemi-no ha di-

mostrato l’efficacia di una dieta a bas-so contenuto di grassi saturi neltrattamento del dolore.Lo studio pubblicato nel 2013 e con-dotto dai due studiosi statunitensi Na-rayan Verma della School of Medi-cine di Warren e Frank Sherwooddella Tricounty Neurology and Sle-ep Clinic di Warren, è un’indagine su55 pazienti con nevralgia del trige-mino, iscritti a un forum su internet.I pazienti iscritti al forum presen-tavano sintomi severi e ricorren-ti di nevralgia. Dopo aver rice-vuto uno schema di dieta a bas-so contenuto di grassi saturi(da 3 a 25 g di grassi saturi algiorno) e averlo seguito perun periodo di tempo, i sog-getti dello studio hanno ri-sposto a un questionariocon 20 domande. I ri-sultati dello stu-dio sonos t a t iposi-

NEVRALGIA DEL TRIGEMINO

I GRASSI POLINSATURIPOSSONO AIUTARE?

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tivi: la dieta è stata ben tollerata e hapermesso, in molti casi, di ridurre oeliminare la terapia farmacologica.Il piano dietetico proposto da Vermae Sherwood nel loro studio forniva ri-cette e istruzioni sulla lettura delle eti-chette alimentari, suggerimenti per ipasti al ristorante e informazioni su-gli alimenti, secondo la seguente lista:Alimenti da evitare: Lardo, for-maggi, dolci contenenti grassi, yogurte latte interi, cocco, salse grasse tipomaionese o salsa tonnata, Alimenti da mangiare occasional-mente e in piccole quantità: fega-to, carni semigrasse e uovaAlimenti privi o con contenuto mi-nimo di grassi saturi: pollame sen-za pelle, carni magre, pasta, riso, mais,avena e altri cereali interi o in farina,verdure e frutta fresche o surgelatenon acide, pane senza aggiunta digrassi, legumi, olio di oliva extra-vergine, olio di semi di mais, soia o gi-rasole,meringhe e gelatineCibi che possono scatenare l’at-tacco: pomodoro, agrumi, caffè, the,pepe, peperoncino, alimenti piccanti,caramelle, dolcificanti acalorici, zuc-chero, salatini, gelatine, sale e cacao.

CACAO CONTROVERSONon tutti i ricercatori sono d’accor-do sul fatto che il cacao possa scate-nare l’attacco di nevralgia al trige-mino o, in generale, l’attacco di emi-crania. Lavori di revisione di nume-rose ricerche, come il lavoro fatto dal-

le linee guida scozzesiper la diagnosi e il trat-tamento dell’emicraniae della cefela nell’ adul-

to, hanno conclu-so che, seb-bene alcunipazienti asso-cino lo scate-narsi dell’at-

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crania all’ingestione di alcuni ali-menti, non si sono trovate importan-ti evidenze scientifiche a supporto ditali teorie e, in particolare, a suppor-to dell’eliminazione del cacao. L’uni-ca sostanza che resta incriminatacome scatenante per gli attacchi do-lorosi è il caffè.Una recente ricerca pub-blicata sulla rivistaMolecular nutrition& food research daltitolo “Inclusionof cocoa as a die-tary supplementrepresses ex-pression of in-f l ammator yproteins in spi-nal trigeminal nucleusin response to chronic trige-minal nerve stimulation” de-gli autori Cady, Denson eDurham, conclude che ilcacao dimostra un effetto in-fiammatorio e potrebbe ap-portare beneficio come te-rapeutico naturale per i pro-blemi temporomandibolarie altre condizioni con dolo-re oro facciale.

FARE PASTI REGOLARIL’ipoglicemia, la diminu-zione, cioè del livello dizuccheri nel sangue, puòessere causa di mal di te-sta.Fare pasti regolari evita di stare pertroppo tempo a digiuno e previene ilcalo di zuccheri: è quello che con-cludono le linee guida scozzesi per ladiagnosi e il trattamento dell’emi-crania, a proposito dei provvedi-menti dietetici. L’opinione degliesperti è che, in genere, gli attacchidi emicrania, e, quindi anche le ne-vralgie del trigemino, possono esse-re associate con l’irregolarità nel-l’assunzione dei pasti.Non saltare i pasti e non far tra-scorrere molto tempo tra un pasto el’altro può evitare l’insorgenza degliattacchi dolorosi.

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I CONSIGLI ALIMENTARIAnche se l’effetto positivo di una die-ta povera di grassi sulla nevralgia deltrigemino non trova tutti i ricercatoriconcordi, eliminare il caffè, fare pastiregolari e mangiare pochi grassi,sono regole alimentari che aiutano an-che a prevenire molte malattie car-diovascolari e seguirle può comunqueportare effetti benefici sulla salute,quindi…perché non provare?Negli ultimi anni, sia in Europa chein Nord America, i governi si sonoimpegnati in campagne di informa-zione ed educazione alimentare cheincoraggiassero la riduzione dell’ap-porto totale di grassi con la dieta .I grassi sono i nutrienti piu’ energe-

tici. Ogni grammo di grasso appor-ta 9 kcal e tagliare i grassi significaanche tagliare le kcalorie ed evitaredi diventare sovrappeso e/o obesi.I grassi possono essere saturi,monoinsaturi e poliinsaturi e mol-ti alimenti contengono tutti e trei tipi.Per sapere se un alimento, o unprodotto alimentare, contienegrassi bisogna leggere l’eti-chetta nutrizionale.Alcune etichette for-niscono solo il conte-nuto totale di grassi,mentre altre, comequella della figura 1,forniscono anche in-formazioni sul tipo digrassi presenti.I grassi da limitare nel-

la dieta sono i grassi saturi come bur-ro, lardo, strutto, olio di cocco e oliodi palma, il grasso contenuto nellecarni grasse, nei salumi, nei dolci e neiformaggi grassi. Questi grassi do-vrebbero non essere superiori a unterzo dei grassi totali della dieta.Esistono però anche i grassi trans, chesi trovano naturalmente e in piccolequantità nel formaggio e nelle carnirosse come quelle di manzo e l’agnel-lo oppure derivano da oli vegetali chehanno subito un processo chimico perdiventare solidi, come alcune mar-garine. Molti prodotti alimentari come dol-ci, snack e biscotti, contengono gras-si trans che sono dannosi per la sa-lute e dovrebbero essere eliminati dal-la dieta.Questi grassi sono indicati nella listadegli ingredienti sull’etichetta ali-mentare come “grassi vegetali par-zialmente idrogenati”.I grassi da preferire sono i grassi mo-noinsaturi, come l’acido oleico del-l’olio di oliva e i grassi polinsaturicome quelli contenuti nell’olio disemi di girasole, di mais e di soia cheforniscono anche acidi grassi essen-ziali della serie omega 6.Preziosi per la salute sono gli acidigrassi essenziali che sono polinsatu-ri della serie omega 3.Il pesce azzurro come sgombro, sal-mone e sardine è un’eccellente fontedi acidi grassi omega 3 ma questi

grassi sono contenuti anchein alcuni alimenti ve-

getali come le noci ei semi di lino.Cristina Grande

FIGURA 1

Etichetta con informazionisul tipo di grassi presentinel prodotto

Anche le nocisono una buona fontedi acidi grassi omega 3

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al primo maggio di que-st’anno il vicepresiden-te regionale dell’AIDORiccardo Redaelli èMaestro del Lavoro. Si

possono fregiare di questa qualificacoloro, tra i cittadini italiani, che ven-gono decorati con la “Stella al Me-rito del Lavoro”, una onorificenzaconcessa ogni anno a sole 1000 per-sone in tutto il Paese e conferita con

Decreto del Presidente della Re-pubblica su proposta del Ministerodel Lavoro e della Previdenza So-ciale. La Decorazione della Stella alMerito del Lavoro trae le proprieorigini dal regio decreto del 1923.Nel 1952, dopo la fine della II guer-ra mondiale, l’onorificenza venne ri-pristinata e nel 1992 fu infine nor-mata secondo le leggi vigenti a tut-t’oggi. Per ottenere la “Stella al R

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ESSERE DI ESEMPIO PER GLI ALTRI

RICCARDO REDAELLIÈ MAESTRO DEL LAVORO

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Merito del Lavoro” i candidati, se-gnalati dalle rispettive aziende di ap-partenenza, devono aver compiuti i50 anni di età, prestato attività la-vorativa ininterrottamente per al-meno 25 anni alle dipendenze di unao più aziende ma, soprattutto, devonoessersi particolarmente distinti persingoli meriti di perizia, laboriositàe di buona condotta morale. Nato nel 1951 a Sondrio, Redaelli èl’unico valtellinese che in questo2014 sia stato insignito della “Stel-la al Merito del Lavoro”, ritirata in-sieme agli altri 129 lombardi che ilprimo maggio erano a Milano pres-so la Sala Congressi della Provincia

di Milano per la cerimonia ufficiale.“È stata un’esperienza emozionante, nonmi sarei mai immaginato di esser in-dividuato come persona a cui dare que-sto riconoscimento. Come del resto cre-do succeda ad ogni persona che fa il pro-prio mestiere cercando di farlo al megliodelle sue possibilità ma senza per que-sto sbandierarlo ai quattro venti. Nonti aspetti che capiti proprio a te. Certoè incontestabile che faccia piacere vede-re riconosciuto il proprio sforzo, inparticolare mi ha colpito l’attestazionedi simpatia che mi è arrivata da tantagente, amici dell’AIDO ma anche gen-te di Sondrio che mi ferma per stradae si congratula. Mi fa piacere dicevo, maal momento mi ha anche sorpreso, per-chè mi ha permesso di percepire, con-cretamene e per la prima volta, un cer-to consenso diffuso. È una cosa che nonho mai cercato nè ho mai pensato di cer-care ma mi è arrivata e ora mi sono resoconto che è una esperienza positiva e con-divisa da molti. E questo mi dà un for-te stimolo a fare ancora tanto e meglio”.

I candidati alla Stella devono avereminimo 25 anni di anzianità lavora-tiva ma per Readelli il primo giugnosi tratta di festeggiarne ben 36, dianni di carriera, svolti lavorandosempre presso la Banca Popolare diSondrio. “Ho iniziato dopo essermi lau-reato in Economia Politica alla Bocconied aver prestato servizio militare - ri-corda - quando iniziai, nel 1978, pas-sai i miei primi otto anni a Milano, poivenni spostato a Seregno per seguire l’at-tività estero di quella filiale di nuovaapertura. Dall’ottobre 1990 ritornai in-fine a Sondrio, ove sono tuttora”. Ades-so Redaelli è Responsabile EsteroMerci presso la sede di Sondrio e sioccupa della gestione delle proble-matiche legate all’attività di incassoe pagamento per la clientela dellabanca, aziende prevalentemente, cheoperano con l’estero. Nella lettera uf-ficiale di convocazione alla cerimo-nia, ricevuta da Redaelli con l’invi-to a recarsi a Milano, la motivazio-ne dell’onorificenza parlava di peri-zia, laboriosità e condotta morale.Per perizia, come si legge nel sito uf-ficiale della Federazione dei Maestridel Lavoro d’Italia, si intende “per-fezionare giorno dopo giorno ed ognigiorno di più la propria professionali-tà, le proprie cognizioni, i propri rap-porti umani, ponendoli al servizio del-le proprie capacità, rendendosi in gra-do, in ogni momento, di affrontare e ri-solvere i quesiti anche ardui che posso-no essere prospettati o prospettarsi”. Lalaboriosità riguarda invece il “pro-durre un impegno notevole, continuo,progressivo; vivere, generare il lavoro conamore, tenacia, disciplina e dedizione”ed infine la buona condotta moraleviene definita invece come “l’ele-mento di base connaturato in ciascunoanche se sempre suscettibile di miglio-ramento”. Lo sviluppo dei tre requi-siti viene sintetizzato nella frase: “Es-sere di esempio, incitamento, insegna-mento agli altri”. In effetti, l’unicitàdi questo riconoscimento risiedeproprio nel porre sotto l’attenzionepubblica la vita lavorativa dei Mae-stri, persone che sono riuscite nel

«Non avevo mai avuto in tutta la mia vitaun riconoscimento formale di questo tipo ed il

giorno della cerimonia è stato davvero un bel momento. Ne sono molto felice ma non mi

monto la testa. Bisogna restare sempre con i piediben piantati per terra. E continuare a lavorare»

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tempo a diventare esempio per i col-leghi più giovani, istruendoli nel-l’attività professionale. “Gli altri ti-toli e benemerenze legate al mondo dellavoro che il Presidente della Repubblicaconcede ogni anno non sono così speci-fici in merito - spiega Redaelli - in que-sto caso infatti la motivazione si rife-risce esplicitamente all’aver dato un con-tributo fattivo al mondo del lavoro. Uncontributo misurabile in termini di va-lori che si è riusciti a trasmettere ai pro-pri collaboratori più giovani tramite ilproprio operato al fine di permettere lorodi crescere ed evolvere a loro volta”.Date queste sue caratteristiche, econsiderando questi ultimi odiernianni, segnati da scandali, gravi epi-sodi di disonestà ed un crescente tas-so di mobbing sul lavoro1, il rico-noscimento risulta così ancor piùprezioso. “Appena assunto in banca ri-cordo che ebbi notizia di un vecchio di-rigente che proprio allora stava per ri-cevere questa onorificenza - raccontaRedaelli -.Oggi è il mio turno. Spero dipoter essere a mia volta di stimolo peri colleghi più giovani. È riconosciutoMaestro del Lavoro infatti, colui che in-segna e trasmette i valori lavorativi chelui stesso ha acquisito negli anni”.Nonostante la Stella sia un ricono-scimento prettamente legato al la-voro, Redaelli ritiene che sicura-mente ha avuto un peso nella valu-tazione del suo profilo la sua attivi-tà nel volontariato. “Decidere chideve avere l’onore di diventare Maestrodel Lavoro include certamente anchel’analisi della vita di relazione che uncandidato può avere - dice infatti Re-daelli -. Sono membro dell’AIDO dal-l’inizio degli anni 90, ormai oltre 20anni, e da sei sono anche vicepresiden-te regionale nonché presidente del grup-po comunale di Sondrio. Quando ho ini-ziato ero un semplice aderente, poi sonoentrato nel consiglio provinciale diSondrio, sono diventato vicepresidenteprovinciale e infine nel 2008 sono sta-to eletto nel consiglio regionale. Al-l’inizio fu il cavalier Pozzi, presiden-te regionale AIDO, a propormi la vi-cepresidenza regionale ora sono stato ri-

confermato per questa carica alle elezionidel 2012”. Redaelli, tornando anco-ra un momento al giorno della pre-miazione che gli ha conferito il titoloonorifico di Maestro del Lavoro,aggiunge: “Non avevo mai avuto intutta la mia vita un riconoscimento for-male di questo tipo ed il giorno della ce-rimonia è stato davvero un bel momento”ma, da lombardo laborioso e riser-vato qual è, non può che conclude-re dicendo: “Ne sono molto felice manon mi monto la testa. Bisogna restaresempre con i piedi ben piantati per ter-ra. E continuare a lavorare”.

Fernanda Snaiderbaur

1 Il termine mobbing, nella sua accezione più comune,identifica un insieme di comportamenti violenti dinatura psico-fisica rivolti verso una persona, protrattinel tempo e tendenti ad emarginare il soggetto chesubisce questo comportamento dalla società di cuiesso fa parte. Questi atteggiamenti, sempre piùcomuni nel mondo del lavoro, causano spesso seri eduraturi danni alle vittime. Esempi tipici sono leangherie, vessazioni, demansionamento lavorativo,emarginazione, umiliazioni, insulti, maldicenze,aggressioni fisiche e verbali ed ostracizzazione. R

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Lo scorso 6 maggio la sezionedella Provincia di Monza eBrianza della FederazioneItaliana Donne Arti Profes-sioni Affari, F.I.D.A.P.A., ade-

rente all’associazione omologa inter-nazionale, la BPW, ha conferito il “Pre-mio Donna F.I.D.A.P.A Italy 2014” a cin-que cittadine della propria provincia.Cinque professioniste che si sono di-stinte nei campi dell’istruzione, della cul-tura, della medicina, della Giustizia e delsociale. Proprio in quest’ultimo ambi-to è stata insignita dell’onorificenza lapresidente della sezione AIDO di Mon-za e Brianza Enrica Colzani.“Si vede che il lavoro svolto dall’AIDOdella nostra provincia è stato di buonaqualità, attirando l’attenzione del Co-mitato direttivo dell’associazione cheha deciso alcuni mesi fa a chi assegnarequesti riconoscimenti” ha commentatoa caldo la presidente, secondo cui ilpremio non è tanto e solo un rico-noscimento alla sua persona quantoun attestato di stima ed approvazio-ne per l’operato dell’AIDO provin-ciale nel suo insieme. La motivazione letta al pubblico du-rante la premiazione nella Sala del Te-soro del Museo del Duomo di Mon-za, luogo dove si è svolta la cerimo-nia, recitava: “L’Ospedale San Ge-rardo di Monza è ai primi posti fra gliospedali lombardi come attività di re-perimento degli organi e numero didonazioni. Sono risultati importanti,frutto anche del lavoro di personecome Enrica Colzani a cui va il nostroplauso per aver messo a disposizionein tutti questi anni il proprio tempoe le proprie capacità per gli altri e perla nostra comunità. Al centro del suoagire ha sempre posto il valore del-

la relazione e della condivisione.Promotrice di stili di vita caratteriz-zati dal senso della responsabilità edella donazione come valore sociale.Ha saputo comunicare la cultura deldono attraverso la comunicazionedella cultura della solidarietà verso glialtri, perché noi stessi siamo gli altri.L’acconsentire al prelievo dei nostriorgani dopo la morte diventa così ma-nifestazione della nostra consape-volezza che la malattia degli altri, leloro difficoltà a vivere normalmente,fanno anche parte di tutti noi. Vo-lontari non si nasce, lo si diventa sesi è un po’... speciali.”“Mi sono sentita davvero onorata di sa-lire sul palco delle premiate accanto alRettore dell’Università Milano-BicoccaMaria Cristina Messa ed alla Direttri-ce della Casa Circondariale di MonzaMaria Pitaniello (due delle cinque pre-miate dall’edizione 2014 del PremioDonna FIDAPA ndr.). L’associazioneFIDAPA ha fatto scelte molto oculate pre-miando persone di questa caratura, don-ne che vivono in ambienti anche diffici-li testimoniando quotidianamente eman-cipazione e crescita. Sono davvero ono-rata per essere stata identificata da FI-DAPA come meritevole di un premio chevalorizza tali profili” ha sottolineatola Colzani che ha anche spiegatocome la sala scelta per la cerimonia,all’interno del Museo del Duomo diMonza, sia un luogo assolutamente dipregio, molto amato dai cittadinidella sua provincia e, per quanto leiricordi, nuovo a questo tipo di ceri-monie. “Ho conosciuto quella che è di-ventata l’attuale presidente dell’asso-ciazione, Loretta Breda, qualche anno faalla Casa del volontariato di Monza” ri-corda la presidente della sezione

ENRICA COLZANIPREMIO F.I.D.A.P.A 2014PER IL SOCIALE

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AIDO Monza e Brianza il cui rap-porto con la Federazione FIDAPA èrelativamente recente “dopo quell’oc-casione ho ricevuto nel tempo vari invi-ti per i loro convegni. Tutti incentrati sulruolo femminile nella società attualema soprattutto in quella futura”. La no-tizia della sua premiazione EnricaColzani l’ha ricevuta tramite unamail in cui si comunicava la scelta deidirigenti FIDAPA e si invitava a re-carsi presso la Sala del Tesoro il 6maggio per ritirare il premio, consi-stente in un omaggio floreale ed unatarga. “Nel mio caso - ricorda la pre-sidente Colzani - l’onorificenza mi èstata consegnata dall’Assessore alle Po-litiche Sociali di Monza, CherubinaBertola - ed aggiunge - la presenza dipolitici alla cerimonia, dal sindaco diMonza al presidente della Provincia,nonchè alcuni assessori, fa ben sperare sul-la capacita di sensibilizzare le istituzioniche queste manifestazioni continuano aconservare - ha detto - ma la presenzache più mi ha colpita comunque è stataquella della mia sezione AIDO, a cui ionon avevo svelato di questa giornata.Molti dei suoi membri si sono fatti tro-vare in sala in questo giorno per me spe-ciale. Una vera, bella sorpresa”. Al momento della consegna del pre-mio, la presidente della sezione di

Monza e Brianza ha avuto modo difare un intervento in cui ha perora-to la causa della donazione e sensi-bilizzato nuovamente la cittadinanzaa segnalare la propria scelta in meritoalla donazione degli organi dopo lapropria morte. “Come AIDO provin-ciale abbiamo firmato un protocollod’intesa con i sindaci della nostra pro-vincia e l’Asl invitando le giunte aprendere atto, con delibere attuative,della possibilità per il cittadino che si recaall’ufficio anagrafe di scrivere su di unmodulo le sue volontà, per dare il proprioassenso o dissenso alla donazione. Questi moduli vengono poi spediti dal co-mune all’Asl che a sua volta li inoltra te-lematicamente al SIT (Servizio Infor-matico dei Trapianti), atto con cui si san-cisce ufficialmente se un cittadino è di-venuto un donatore”.Nel discorso non è infine mancato unpassaggio sull’attività di lunga du-rata che l’AIDO svolge nelle scuo-le. “Quest’anno abbiamo parlato con4200 studenti in tutta la provincia - ri-corda la presidente - con un grande ri-torno di risposte ed adesioni che siconferma soprattutto tra gli studentimaggiorenni che decidono di iscriversidopo gli interventi dei volontari AIDOnelle loro classi”.

Fernanda Snaiderbaur

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Tra i rico-noscimen-ti che laRe g i o n eLombar-

dia ha attribuito que-st’anno, con la nuo-va manifestazionedenominata PremioRosa Camuna (che,ricordiamo, riuniscei premi Lombardiaper il lavoro, Rosacamuna e Premioper la pace) Bergamoha avuto una spe-ciale collocazionecon ben tre scelte: il prof. GiuseppeRemuzzi (di cui trattiamo in altro ar-ticolo di questo numero), il prof. Lu-cio Parenzan, e la campionessa para-limpica, medaglia d’oro e primatistamondiale della velocità, Martina Cai-roni.Sia il prof. Remuzzi che il prof. Pa-renzan sono figure molto note nelmondo Aido. Si tratta di personalitàche hanno contribuito in modo de-terminante a far crescere, portando-le a livello mondiale, la ricerca, la chi-rurgia e il dopotrapianto. Le ricerchedi Remuzzi sono scritte nelle paginepiù significative della storia scienti-fica internazionale. L’impegno di Pa-renzan per il trapianto risale a tem-pi ormai remoti, ma va sottolineatoche il contributo concreto assicura-to da Parenzan è stato decisivo.Il professore è mancato il 28 genna-io di quest’anno; pochi giorni dopo lacerimonia dell’attribuzione del Pre-mio Rosa Camuna, ritirato dalla si-gnora Parenzan, avrebbe compiuto 90anni. Era infatti nato il 3 giugno del1924. Profugo istriano, cittadino

onorario di Berga-mo, medaglia d’orodella sanità pubblica,Lucio Parenzan ha ilmerito di avere im-posto la chirurgiadel trapianto insiemecon la cardiochirur-gia sui bambini. E’stato inoltre maestroeccezionale, capacedi trasmettere la suapassione e la suascienza, anche attra-verso la Internatio-anl Heart School,con sede a Bergamo

a una moltitudine di giovani mediciche oggi sono chirurghi affermati eapprezzati. Parenzan è stato prota-gonista positivo della parte pionieri-stica del trapianto: in grado nella suavita di arrivare a circa 15 mila ope-razioni, ha effettuato personalmente350 trapianti di cuore.Nella notte fra il 22 e il 23 novembre1985 con la sua équipe eseguì il pri-mo trapianto di cuore a Bergamo, ilterzo in Italia dopo quelli di Padovadel 14 novembre e quello di Pavia del18 novembre. Sosteneva che “il tra-pianto è fondamentale per un ospedaleperché vuol dire che c’è una orga-nizzazione perfezionata. Un ospe-dale dove si fanno i trapianti è in de-finitiva più sicuro per tutti e questoè un beneficio che va ben oltre i ma-lati che accedono al trapianto”.Grazie all’impegno del prof. Paren-zan, Bergamo e la regione Lombar-dia rappresentano ormai da anni unpunto di riferimento di eccellenza in-ternazionale per la cardiochirurgia eper la chirurgia dei trapianti.

L.C.

«ROSA CAMUNA» ALLA MEMORIA DEL PROF. LUCIO PARENZAN

Pioniere dei trapianti, ha aperto l’eradella cardiochirurgia pediatrica

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Domenica 29 Giugno al Bocciodromo di Arconate, si èsvolta la seconda edizione dell’iniziativa sportiva so-ciale e solidale organizzata da Avis, AIDO e BocciofilaArconatese. La manifestazione ha visto sfidarsi pertutta la giornata i giocatori delle varie rappresentative.Una giornata piena di iniziative, discussioni e dibattiti,sensibilizzata da confronti sul tema delle donazioni.Con una partecipazione di pubblico di circa 200 per-sone, si sono svolte le gare di bocce a coppia, scam-biando i vari associati: anche quest’anno è statapremiata al primo posto l’associazione Avis, con parte-cipanti Fiorenzo e Luciana. Come di consueto, alle13.00 si è tenuto il pranzo sociale collettivo, preparatodallo chef Ignazio e dai suoi collaboratori.In rappresentanza dell’Amministrazione Comunale èintervenuta Nadia Di Pancrazio, delegata alle associa-zioni, che con grande interesse ha apprezzato la colla-borazione e l’intesa creatasi tra queste tre associazioni,avvicinandosi a uno sport che non aveva mai cono-sciuto da vicino. Sono intervenuti di seguito i tre Presi-denti delle Associazioni, rispettivamente GianfrancoRavagnani per il Gruppo Bocciofilo, che ha ringraziatocon soddisfazione la passione sportiva riscontrata;Carlo Torretta per l’Avis, che si è reso disponibile peraltre iniziative in collaborazione con Bocciofila e AIDOed infine Giacomina Biasini per l’AIDO, che ha sottoli-

neato le difficoltà di manifestare pubblicamente per lasua piccola associazione.A tal proposito è intervenuto il consigliere regionaleFIB Davide Doni, che ha apprezzato l’iniziativa e ha ri-lanciato l’idea della necessità di una polisportiva o diuna ProLoco, mancante ad Arconate, “strumento indi-spensabile per garantire una buona collaborazione trale piccole e grandi associazioni, capace di realizzareprogetti in comune rafforzando una continuità e unapresenza sul territorio a tutte le realtà associative,anche a quelle più piccole”. Al termine dell’incontro, larappresentante dell’Amministrazione Comunale NadiaDi Pancrazio si è resa disponibile ad aprire un dialogo-confronto sull’argomento. Una manifestazione ben riu-scita, sicuramente da ripetersi in futuro per tenere bensaldo un sodalizio tra realtà associative che si è creatoe che merita di essere sviluppato con nuove idee e si-nergie comuni.

Donata Colombo

L’Aido brescianava in carcere

Tra gennaio e febbraio l’Aido bresciana, insieme al co-ordinamento prelievi area bresciana guidato dal dott.Ottorino Barozzi, ha preso per la prima volta l’iniziativadi presentarsi nelle carceri bresciane per conversarecon i detenuti sui problemi e le realtà connesse alla do-nazione degli organi.L’iniziativa è stata presa nella convinzione che il temadella “sofferenza” e del “riscatto” (dalla malattia e dallamorte) che è insito nell’attività dell’Aido non sia privo diuna analogia con le condizioni di vita dei detenuti, an-ch’essi in stato di sofferenza e di attesa di riscatto.Intensa ed a tratti commossa è stata la partecipazione,di questa partecipazione abbiamo avuto una ricca esingolare testimonianza nella lettera che un detenutoha inviato ad un giornale locale e che riportiamo inte-

gralmente nella convinzione che si tratti di un docu-mento di grande ed umano interesse. Cogliamo l’occa-sione per rinnovare anche in questa sede i nostriringraziamenti alle direttrici del carcere Verziano,Dott.ssa Paola Francesca Lucrezi e del carcere di Can-ton Mombello Dott.ssa Francesca Gioieni.

Iniziativa sociale e sportivaal Bocciodromo

BRESCIA

ARCONATE (MI)

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(fegato) che ha permesso lui di “rinascere per la secondavolta”. Stessa favola reale a lieto fine per Stefano Gaia chenonostante infinite dialisi e due trapianti di rene, oggi rie-sce a condurre una vita dignitosa. Loro due e tutti coloroche sono stati baciati dal buon destino oggi vivono graziealla volontà di coloro che con uno straordinario gestod’amore, consapevolmente avevano espresso la volontàdi tale gesto misericordioso, cioè la dichiarazione di as-senso alla donazione organi e tessuti del proprio corpo incaso di morte. Permettetemi di citare con coscienza anche tutti i fami-liari e le persone vicine dei defunti, che con grande re-sponsabilità hanno acconsentito, anche davanti a tempistretti e situazioni estreme, al prelievo di organi vitali, enon basta elogiarli ma prendere esempio come unagrande “scuola di vita”. “Viviamo con più coscienza elimi-nando l’indifferenza”.Un particolare ringraziamento è dovuto alla Direttricedella Casa Circondariale Dott.ssa Francesca Gioieni, dellaComandante della Polizia Penitenziaria Dott.ssa Abos-sida, dall’Educatrice Dott.ssa Filomena Tammaro e natu-ralmente agli Agenti di Polizia Penitenziaria che hannopermesso e collaborato alla realizzazione di tale evento.Ora concludo ringraziando la delegazione A.I.D.O. del-l’ottimo lavoro di sensibilizzazione che ha trasmesso unvalore aggiunto alla mia umile vita. Dai dati divulgatioggi gli iscritti dell’A.I.D.O. sono più di 1.300.000, ma unacosa è certa... che da domani ce ne sarà uno in più... il sot-toscritto!“Diamo voce alla chiamata della vita... finalmente liberodi scegliere!”

Mario PerrettaCella 41 Sezione Nord Canton Mombello

PRIGIONIERO DI UN ATTO D’AMOREGentile direttore,chi le scrive è Perretta Mario, detenuto presso il carcere cit-tadino Canton Mombello, vorrei chiederLe con la presentedi darmi l’opportunità di testimoniare pubblicamente l’ec-cellente incontro che si è tenuto, qualche giorno fa qui al-l’interno della Casa Circondariale di Brescia, con unadelegazione dell’A.I.D.O. (Associazione Italiana DonatoriOrgani) composta dal Dott. Ottorino Barozzi (coordina-tore prelievo organi e tessuti ai fini di trapianto) dallaDott.ssa Paola Terenghi (componente dell’équipe 1º ria-nimazione Spedali Civili di Brescia) e dalla Sig.ra RosariaPrandini (Vicepresidente Provinciale A.I.D.O.) supportatiinoltre dalle emozionanti storie di Tullio Noventa e Ste-fano Gaia, persone speciali in quanto trapiantati d’eccel-lenza e umili testimonial del frutto della donazione.È stato molto significativo confrontarsi con questa re-altà per me che sono “prigioniero” che vive la restrizionenella speranza di riacquistare la sospirata libertà, cheprima o poi arriva e il disagio che ho provato durante ladetenzione svanisce davanti a testimonianze e situa-zioni drammatiche di chi speranza forse non ha. Appenariacquistato la libertà ci si può rimboccare le maniche eci convinciamo che la vita continua... “La vita continua”è anche il titolo di un cortometraggio che ci hanno fattovisionare. Questa pellicola ti proietta nella realtà di chi èveramente “prigioniero”, giorno dopo giorno, ora dopoora, di una “chiamata che ti salva la vita”. Proprio come è successo a Tullio Noventa che si è trovatoricoverato in reparti d’ospedale dove prevale la vera sof-ferenza, dove la parola morte purtroppo è presente, macon l’aiuto dei propri cari che lo hanno sostenuto e di un“Angelo” che gli ha donato, con un atto d’amore, l’organo

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Notizie dalle Sezioni

Fiaccolata a ricordodel Beato Don Carlo Gnocchi

Ci sono eventi o ricorrenze che, per la loro importanza,un’associazione che si onora di rappresentarli, non puòlasciar passare sotto silenzio. Nasce da questa motiva-zione il desiderio di onorare nel giusto modo l’anni-versario di un uomo, un sacerdote, che per lagrandezza delle sue opere, recentemente è stato in-nalzato all’onore degli altari.La sera del 31 maggio, con una fiaccolata itinerante perle vie della nostra città, il Gruppo Aido di Martinengo,e la locale sezione Alpini hanno organizzato dei mo-menti di riflessione su Don Gnocchi, nel 5° anniversariodella beatificazione, per ricordare le sue opere ed il suogrande senso di solidarietà umana.

Per realizzare questo desiderio, abbiamo presentato unfilmato sulla vita del Beato, abbiamo attinto a docu-menti dell’epoca, letti e commentati in ogni posta-zione, ed infine, per rendere più solenne ognimomento il coro alpino ha eseguito alcuni canti ispi-

MARTINENGO (BG)

«La donazione di organiSapere per capire e... scegliere»

L’Aido Provinciale di Mantova ha organizzato nel mesedi novembre un incontro informativo sulla donazionedi organi intitolato “La Donazione d’organi -sapere percapire e .. scegliere” . È intervenuta la presidente AidoProvinciale, sig.ra Rebecchi Daniela, che oltre a ringra-ziare i presenti ha sottolineato l’importanza di questeserate per informare i cittadini, con la presenza di me-dici specialisti, in maniera corretta e precisa. La rela-trice, sig.ra Speziali Nicoletta, infermiera espertadell’ASL di Mantova e referente del progetto “La MiaVita in Te”, ha trattato l’argomento della dichiarazione divolontà alla donazione d’organi a scopo di trapianto, inparticolare ha illustrato come può fare un cittadino periscriversi presso le ASL e dato accenni alla legge91/1999 del silenzio-assenso, ha ribadito l’importanzadel ruolo indispensabile dell’associazione Aido e deivolontari per la divulgazione della cultura del dono. L’intervento principale della serata è stato del Dott.Massimo Cita, Anestesista Rianimatore dell’AziendaOspedaliera Carlo Poma di Mantova, che ha relazionatoassieme alla sig.ra Morena Giuliani, infermiera esperta,sul tema della donazione multi organo e morte ence-falica. Con il supporto di immagini, il Dott. Cita ha illu-strato punto per punto tutti gli esami e i test specificiche i medici seguono per accertare una morte encefa-lica come dettato dalla legge sulle norme per l’accer-tamento e la certificazione della morte (n.578 del29/12/1993).

Tutti i controlli e gli esami sono effettuati per rilevarel’assenza di riflessi del tronco encefalico, segno dellamorte di tutto l’encefalo. Si è poi soffermato sulle mo-dalità per l’accertamento, che viene eseguito da un col-legio medico formato tra tre soggetti : un medicolegale, uno specialista in anestesia e rianimazione e unneurofisiopatologo. I presenti hanno, quindi, potutorendersi conto di quanto la legge italiana è stata “ga-rantista” e di come tutta l’organizzazione sia ben chiarae debba essere rispettata e soddisfare tutti i requisiti.Inoltre tutta la procedura di accertamento viene ripe-tuta almeno due volte nell’arco di 6 ore, a maggior tu-tela del soggetto stesso. La corretta informazione sulladonazione permette al cittadino di scegliere e di farloconsapevolmente. All’incontro hanno partecipato anche numerosi pre-sidenti dei gruppi comunali, i quali, assieme ai loroconsiglieri e volontari, hanno potuto “arricchirsi” cul-turalmente per parlare correttamente di donazione diorgani. Durante l’anno 2013 numerosi sono stati gliincontri informativi organizzati dall’Aido Provincialedi Mantova e dai gruppi comunali su parte del terri-torio mantovano grazie alla collaborazione di medicie addetti che hanno aderito al Progetto “La Mia Vitain te”, progetto di sensibilizzazione ed educazione alladonazione di midollo osseo, organi, tessuti, cellule esangue realizzato dalle associazioni ABEO, ADMO,AIDO e AVIS assieme a ASL Mantova, Azienda Ospe-daliera Carlo Poma, Ufficio Scolastico Provinciale, Pro-vincia di Mantova e CSVM. Dato il successo di questiincontri, nel 2014, saranno ripetuti in altri comunidella provincia di Mantova.

MANTOVA

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rati ai fatti descritti. Tutto ciò ha dato come risultato,una serata viva e ricca di partecipazione, molto inte-ressante per i fatti visti ed esposti, e carica di emozioni.Importanti contributi sotto questo profilo, sono arrivatida Mauro Steffenini di S. Colombano al Lambro nei suoispontanei commenti alle letture, ma anche dalla toc-cante esperienza del trapianto delle cornee di DonGnocchi, tratta dal diario del prof. Galeazzi , letta dai ra-gazzi del gruppo Aido di Martinengo. Va da sé, che ricordare persone così grandi, ricche diumanità e di amore per gli altri come Don Gnocchi, nonè cosa semplice; ma di questo ne eravamo sicuramenteconsapevoli, tuttavia il grande impegno e tutto il lavorodi ricerca e di preparazione ha portato ai risultati spe-rati. Ne è uscito il ritratto di un uomo, che nella sua vitaha avuto come unico desiderio quello di donarsi aglialtri in ogni ambito della loro esistenza, e di un sacer-dote, con il desiderio di cercare in ogni bambino, inogni mutilatino, in ogni soldato ferito o morente, ilvolto di Cristo. I fatti raccontano che questo progetto ha sempre abi-tato nel cuore di Don Gnocchi, ma ha preso corpo e siè maggiormente concretizzato, attraverso momentiparticolarmente dolorosi della sua vita. Uno su tuttiquando, come cappellano militare, sopravvive miraco-losamente alla battaglia di Nikolajewka e decide di de-dicare la sua vita alla memoria degli alpini morti, ai loroorfani e ai piccoli feriti dalle bombe, tanto da essere de-finito: l’angelo dei bimbi mutilati. Il suo altruismo ed il

grande senso di solidarietà umana si concludeva con ildesiderio espresso in punto di morte di donare le cor-nee a due suoi ragazzi per ridare loro la vista.Questo ultimo grande gesto è stato oggetto di una sin-golare e toccante testimonianza da parte del dottor Sil-vio Colagrande, uno dei ragazzi di Don Gnocchi, chericevette in dono una cornea all’età di 12 anni, riacqui-stando la vista. Colagrande, ha saputo raccontare congrande delicatezza ed il giusto rispetto alcuni meravi-gliosi spunti della vita di Don Gnocchi, fra i quali anchela sua esperienza personale, come nessun altroavrebbe potuto fare, suscitando forti emozioni fra i pre-senti.La sua testimonianza si concludeva con una promessa,che in occasione della nostra assemblea di inizio anno,sarà di nuovo con noi per la presentazione del librosulla sua vita, da poco terminato: Lembi di Cielo. L’itinerario della fiaccolata si concludeva in oratorio conil canto preferito dal Beato Don Gnocchi - Stelutis Alpi-nis - dove il significato delle parole si fonde molto conil senso che lui ha saputo dare alla vita. Gli organizzatori ringraziano tutti coloro che hanno col-laborato per la buona riuscita della manifestazione, inmodo particolare le persone che hanno messo a di-sposizione le loro abitazioni per le soste, don Andreache ha dato la sua disponibilità dell’oratorio, e DonDario che ha concluso con una preghiera finale e la be-nedizione con la reliquia di Don Gnocchi.

Gruppo Aido Martinengo

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Si è svolto martedì 29 aprile 2014 alle ore 21.00 presso laAula del 400 dell’Università di Pavia, facoltà di Medicina l’in-contro con gli studenti universitari di tale corso, organizzatoda SISM, AIDO Sezione Provinciale Pavia ed AssociazioneTrapiantami un sorriso. Alla serata hanno partecipato comerelatori il Dottor Paolo Geraci, coordinatore dei prelievi e deitrapianti del Policlinico S. Matteo di Pavia; il Professor GianFrancesco Peloso, addetto alle relazioni con le istituzioni; Ne-groni Enrica, Presidente Sezione Provinciale di Pavia; il Dot-tor Massimo Abelli, responsabile dei trapianti di reni delPoliclinico S. Matteo di Pavia ed il Dottor Maurizio Campa-gnoli, medico di base e volontario dell’associazione Tra-piantami un sorriso. Il dibattito è stato aperto dallaPresidente del SISM, Giulia Costantini e dalla LPO (local pu-blic health officer) del SISM, Maria Chiara Gelmi, che hanno

illustrato la serata ed hanno presentato i relatori. NegroniEnrica e il Professor Peloso Gian Francesco hanno parlatodell’AIDO in generale (storia, finalità e scopi associativi). Suc-cessivamente è stato proiettato il DVD “E la vita continua”.Dopo la visione del filmato il Dottor Paolo Geraci ed il Dot-tor Massimo Abelli, oltre a rispondere alle domande dei ra-gazzi, hanno affrontato la parte medica, che ha interessatodi più il pubblico presente. Hanno parlato delle loro espe-rienze. Il Dottor Campagnoli invece ha parlato della suaesperienza di medico di base raccontando le difficoltà che siincontrano con i pazienti ammalati inseriti nelle liste di at-tesa. Alla serata erano presenti un trentina di ragazzi, pro-fessori della facoltà di medicina ed alcuni rappresentanti deigruppi AIDO. La serata ha avuto un esito positivo, infatti allafine diversi ragazzi si sono iscritti. La Sezione Provinciale diPavia coglie l’occasione per ringraziare i membri del SISM diPavia per la bellissima serata che hanno organizzato e perl’occasione offertaci per diffondere la cultura della dona-zione ai ragazzi universitari.

Sezione Provinciale Aido Pavia

L’Aido incontragli studenti di medicina

PAVIA

L’Aido presente con uno standalla Festa di San Giovanni

Far conoscere le attività dell’associazione e divulgaremateriale informativo relativo alla donazione degli or-gani: con questi intenti i volontari dell’Aido (Associa-zione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti eCellule) Sesto San Giovanni domenica 15 giugno eranopresenti con un proprio gazebo in piazza Oldrini, allaFesta di San Giovanni. «Un modo per farci conoscere

SESTO SAN GIOVANNI (MI)

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Il trapianto di cuore:fra tecnologia e umanità

purtroppo non si concretizza sempre in un successo mache comunque è una possibilità, variabile in relazione allediverse situazioni, di ritorno ad una vita pressoché nor-male…”Il Prof. Gargiulo ha ribadito anche l’ottima qualità del la-voro in ambito trapiantologico del nostro Paese ricono-sciuta a livello internazionale. Un lungo e scroscianteapplauso ha accolto il Professore al termine della suasplendida relazione ricca di elementi tecnici descritti consemplicità e per l’umanità trasparsa dalla sua esperienzaprofessionale. La Presidente AIDO Provinciale di MN si-gnora Daniela Rebecchi ha ricordato i valori dell’Associa-zione, in primis la necessità di portare avanti la culturadel dono a tutti i livelli, cominciando dalle scuole ele-mentari. Ha fornito anche alcuni dati fra cui la presenza inAIDO MN di quasi 19.000 iscritti. L’impegno di AIDO saràsempre teso ad ottenere i migliori risultati per il bene dichi è in lista di attesa. Hanno portato la loro testimo-nianza poi alcune persone trapiantate di rene, fra cui unricevente il rene dalla moglie vivente: di cuore e di cor-nea fornendo essi stessi la prova pratica di quanto sia im-portante sostenere la cultura del dono.Il dott. Vincenzo Sgarioto Responsabile del Reparto diRianimazione dell’Ospedale di Pieve di Coriano è inter-venuto per esporre l’esperienza di chi in prima linea deveaffrontare il compito di chiedere ai familiari il consensoper il prelievo e per riportare alcuni dati circa la situazioneattuale in tema di lista di attesa e di prelievi “… l’anda-mento attuale dei prelievi di organi è in calo…”È seguito un dibattito con domande dal pubblico che hamostrato vivo interesse.Ha concluso la serata il dott. Franco Guernieri che ha ri-cordato quanto sia importante la coesistenza fra tecno-logia e umanità “… la tecnologia è anche il duro lavoro ditante persone… umanità è il dramma di chi ha perso lasalute ma anche la gioia di chi l’ha ritrovata…” Alla fine è stata letta una bellissima poesia dal titolo“Quello che so di te” con la quale Francesca Boffo, una ra-gazza diciannovenne, ha vinto un concorso indetto daAITF e della quale è stata consegnata una copia ai parte-cipanti.Un lungo e sentito applauso ha concluso la bella serata.

Il 14 marzo 2014 a Villa Poma (MN) presso la Sala Civica,organizzato dal locale Gruppo AIDO, si è svolto un Con-vegno aperto a tutta la popolazione, dal titolo: “Il tra-pianto di cuore fra tecnologia e umanità”.Davanti ad un folto pubblico che ha gremito la Sala il Pre-sidente del Gruppo AIDO di Villa Poma sig. Umberto Ber-telli ha dato il benvenuto ai presenti e ai relatorispiegando le ragioni che hanno motivato l’incontro “…bisogna rinnovare l’interesse intorno al mondo della do-nazione e dei trapianti…”Il dott. Roberto Pedrazzoli, Sindaco di Villa Poma, ha por-tato i saluti dell’amministrazione comunale e ringraziatoa sua volta tutti i partecipanti sottolineando l’importanzadelle attività del volontariato nel contesto della vita so-ciale. Moderatori della serata sono stati la dottoressaMaria Cristiana Brunazzi, Direttore del Dipartimento To-raco Cardio Vascolare Az. Osp. C. Poma di MN e il dott.Manfredo Rambaldini Direttore del Reparto di Cardio-Chirurgia della Stessa Az. Ospedaliera che hanno intro-dotto il tema ricordando “che il trapianto cardiaco è ormaiuna tecnica efficace utilizzata in diverse e gravi patologiecon alte percentuali di successo “ presentando poi il Re-latore della serata Prof. Gaetano Gargiulo Direttore dellaCardiochirurgia Pediatrica dell’Università di Bologna.Dopo aver simpaticamente mostrato il suo percorso digiovane studente che dalla Calabria ionica si è trasferitoa Bologna per iniziare gli studi di Medicina, allungandoquesto suo percorso fino al territorio mantovano avendosposato una Collega di Quingentole, paese distantepochi chilometri, il Prof. Gargiulo ha illustrato con grandesemplicità e altrettanta bravura sia l’aspetto tecnico ri-guardante le patologie cardiache pediatriche sia l’aspettoumano relativo ai piccoli pazienti in lista di attesa e ai lorofamiliari.“… si ricorre al trapianto quando tutte le altre tecnichechirurgiche non possono aiutare i piccoli pazienti altri-menti destinati ad uno scompenso cardiaco inelutta-bile… il trapianto rappresenta una speranza che

dai sestesi – commenta il Presidente Aido Sesto SanGiovanni Francesco Bertaiola – e testimoniare l’impor-tanza della cultura della Donazione».Un impegno sul territorio quello dell’Aido di Sesto SanGiovanni che si è concretizzato con l’incremento degliiscritti da 1404 a 1475 (dati al 31 dicembre 2013).«Un’ulteriore conferma – ricorda Bertaiola – ci è statadata dalla Dott.ssa Raffaella Mistò, responsabile dellaBanca degli occhi di Monza, la quale ci ha informato

che nel 2013 ha ricevuto 86 cornee dall’Ospedale diSesto (43 donatori) e 2 cornee da Multimedica (1 do-natore) per un totale di 88 cornee contro le 80 del-l’anno precedente. Questi risultati ci ripagano di tuttol’impegno profuso per la diffusione della cultura dellaDonazione di organi tessuti e cellule». In calo invece ledonazioni. «I dati nazionali non sono ancora disponi-bili, ma sappiamo che in Lombardia, ad esempio, nel2013 i trapianti sono calati da 664 a 614».

VILLA POMA (MN)

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