SP 67, la strada della Tramontana Scura

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SP 67 LA STRADA DELLA TRAMONTANA SCURA ROBERTO SCHENA

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P67: 13 chilometri di strada provinciale da Apparizione, una frazione al confine di Genova, fino a Calcinara, quattro case nell’entroterra.

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Edizioni Punctum 2012www.punctumpress.com

ISBN 978-88-95410-21-0© 2012, Punctum

SP 67, la strada della tramontana scuraSP 67, the road of the dark north wind© Roberto Schena, 2012

Estratti da Journal de la traversée de le Mont Neant comment il fut redigeè par le lieutenant de demi-brigade Jean Charavet (1801-1805): © Paolo Caredda, 2012Taken from Journal de la traversée de le Mont Néant comment il fut redigeè par le lieutenant de demibrigade Jean Charavet (1801-1805): © Paolo Caredda, 20124 amici...: © Paolo Caredda, 20124 friends...: © Paolo Caredda, 2012

Progetto grafico: Alvise Renzini/Opificio CiclopeGraphic project: Alvise Renzini/Opificio CiclopeTraduzione: Valentina Russo e Rita Maria PecoraraTranslation: Valentina Russo and Rita Maria PecoraraStampa: EBS, VeronaPrinting: EBS, Verona

- Grazie a Silvana per le dritte, a Paolo per averci aggiunto del suo, ai compagni di viaggio Rogie, Leo Mantovani e Lavage.

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…Dopo la battaglia cercammo scampo sulle falde del Fasce, con il proposito di ricongiungerci al resto del reggimento non appena la furia degli elementi ci consentisse di ritornare a valle…… Il sentiero è intricato e quasi impercettibile ai nostri occhi, una nebbia fonda ingolfava le creste del monte inghiottendo ogni varietà: solo i grugniti distanti di un suino ci ancoravano al mondo materiale e cancellavano l’impressione di essere anime disperse in una plaga del purgatorio……Il vento soffia forte da Occidente con una temperatura di almeno 20 gradi centigradi sotto lo zero. Ci siamo riparati il volto con scialli, coperte e strisce di cuoio ricavate dagli zaini così da lasciare esposti solo gli occhi… …Una mandria di maiali errava lontana nei banchi di caligine: parevano grandi come i bufali dell’America e di portamento altrettanto furibondo……Marciare è impresa oltremodo laboriosa, le erbe lunghe, il terreno cedevole. Abbiamo incontrato orme di cavalli e molti scheletri ma nessuna creatura vivente. Se l’industria dell’uomo potrà in qualche evo futuro convertire questa desolazione in una terra abitabile è più di quanto io e i miei compagni potremo mai appurare. Le brume offuscavano la volta stellata così che il compasso di ordinanza non era di utilità alcuna. Dopo appena due miglia gli uomini erano già esausti e i cani mostravano i sintomi iniziali del congelamento… …Nostri inseguitori pertinaci, i maiali selvatici si sono fatti più temerari, attirati dalle orme insanguinate dei nostri cani……La nebbia continua a scendere in fasce pesanti e grava sulla terra celando piante, stagni e rupi come a volere negare l’armonia proteiforme della Natura. L’immaginazione umana non saprebbe concepire paesaggio più squallidamente desolato. Un tedio profondo affliggeva l’animo, una monotonia di forme più spaventevole del repertorio di succubi che i nostri preti usano per frastornare le beghine……I maiali salvatici avanzarono a grandi balzi e si avventarono sui cani con grugniti impossibili a descriversi. Gran parte della muta cadde preda della loro voracità mentre noi guardavamo sbigottiti, cercando riparo tra i cespugli inebbiati, e il moschetto che imbracciavamo ci pareva pietrificato……Raggiunta alfine la sommità del precipizio guardammo in preda alla vertigine la città sotto di noi, comprendendo che la strada era perduta per sempre. Pregai che il freddo ponesse rapida fine alle nostre pene perché stentare in questo sgomento è destino più grave della morte…

Estratti da: Journal de la traversée de le Mont Néant comment il fut redigeè par le lieutenant de demi-brigade Jean Charavet (1801-1805)

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…After the battle we searched for a way out at the foot of the Fasce, with the aim of rejoining the rest of the regiment as soon as the fury of the elements would allow us go back to the valley……The path was intricate and almost imperceptible to our eyes, thick fog engulfed the mountain ridges swallowing every variety: only distant grunts of hogs would anchor us to the material world and cancel our impression of being wandering souls in a plague of purgatory……The wind blew strongly from the west with a temperature of at least 20 degrees centigrade below zero. We covered our faces with scarves, blankets and strips of leather cut from our rucksacks so that only our eyes were exposed……A herd of pigs was wandering far in the haze: they looked as big and furious as American buffaloes….…The marching was extremely laborious through tall grass and sinking terrain. We came across horse tracks and many skeletons but no living creatures. How the industry of men could one day convert this desolate region into a livable territory is beyond what myself or my companions would ever be able to comprehend. Mist obscured the vault of heaven so that our compass in the stars was of no use to anyone. After only two miles the men were already exhausted and the dogs showed the first signs of freezing……The wild pigs, our tenacious pursuers, were becoming even more temerarious, attracted to the bloody footprints left by the dogs……The fog continued to creep down in heavy bands and gravitated towards the earth hiding plants, ponds and rocks as if it wanted to deny the protean harmony of Nature. Human imagination couldn’t conceive a more seedily desolate landscape. A deep tedium tortured our souls, a monotony of forms, even more scaring than the repertoire of succubi used by our priest to stun the beguines……The wild pigs moved forward quickly and sprang at the dogs with indescribable grunts.Most of the pack fell prey to their voracity while we watched dismayed, searching for safety within the foggy bushes, and the muskets we were embracing appeared petrified……Once we got to the cliff’s summit we looked, overcome with vertigo, at the city below us, realizing that the way was lost forever. I prayed that the cold would swiftly end our pain because to remain in this anguish is a destiny worse than death…

Taken from: Journal de la traversée de le Mont Néant comment il fut redigeè par le lieutenant de demibrigade Jean Charavet (1801-1805)

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4 amici.Ridevano e fumavano dentro un’Opel Corsa in affitto parcheggiata su un bordo di cemento.Qualcuno era arrivato da Londra, qualcuno da Milano. Uno aveva le mani garzate. Non erano mai saliti lassù, oggi non saprebbero dire perché erano finiti sul Monte Fasce. Verso le cinque di pomeriggio si accorsero di tre figure: avanzavano a piedi sulla Provinciale, in direzione della macchina.L’asfalto caldo li sfuocava nella distanza, ma di sicuro portavano jeans a torso nudo, uno si caricava sulle spalle qualcosa, un bastone per le vipere probabilmente ma poteva essere un fucile.Li accompagnavano dei cani di grossa taglia, imprecisati.La strada era lunga e gli amici ebbero il tempo di ascoltare la coda di un coro, non particolarmente amichevole.Novantasette su cento erano i figli dei contadini che abitavano a Becco.Avrebbero continuato per la loro strada senza curarsi dei quattro amici in macchina.E’ difficile capire perché l’ansia si era infiltrata nella vettura e la riempiva come un gas. Tutti avevano visto Un tranquillo weekend di paura e almeno due avevano letto La maschera di Innsmouth, ma è comunque difficile dare una faccia e dire il nome del demone che li aveva assaliti.Le Figure erano più vicine ora, in linea teorica una pietra avrebbe già potuto centrare la fiancata. - Metti in moto - disse uno dentro l’Opel, il guidatore non se lo fece ripetere. Sulla strada una freccia di legno indicava un’osteria in fondo a una discesa. Scesero ma la strada non finiva mai, dopo venti curve nel verde qualcuno disse: - ma dove stiamo andando, ci aspettano di sotto e ci fanno un culo quadro.Uno spiazzo interrompeva i tornanti. Uscirono dalla macchina, c’era un villaggio in fondo al bosco. Iniziarono a ispezionarlo, senza staccarsi troppo. Panche lunghe abbandonate. Case di villeggiatura con le finestre sprangate. Un pneumatico dondolava da una coppia di grosse corde. Un crocifisso brunito piantato sul sagrato, le braccia come le ali di un rettile antico.Riuscirono a decifrare la scritta intagliata nel legno: Nostra Signora del Bosco.Risalirono accelerando in seconda, quattro conigli impreparati alle lezioni che il Monte sa impartire a chi viene da fuori.

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La nebbia era scesa sulla strada: troppo buio e freddo per essere in estate, nuvole impigliate tra i rami degli alberi. Non avevano visto una sola macchina per tutta la giornata.Tane di pietra nell’erba alta. Un ibrido di cinghiale incrociato sul ciglio, una pira di serrande accatastate nel cortile di una baracca. Dal comignolo usciva un fumo nero. Dentro la baracca una voce urlava: - Menabeliiinn! Si fermarono solo alle luci di un ristorante: avevano superato il confine invisibile del monte. I postumi dell’inquietudine li agitavano ancora, mentre si sgranchivano nel parcheggio della trattoria-bar Ligagin. Il vino sfuso della casa aiutava a cambiare l’ansia in euforia. Qualcuno prendeva appunti per dopo, uno telefonò a Schena. Nessuno lo diceva ma sono sicuro che sentivamo tutti di essere penetrati in una Terra Morbida, e che avessimo partecipato a qualcosa che rendeva molto insipide le chiacchiere della città di sotto e quel qualcosa ci avrebbe legato insieme per molto tempo, forse fino alla fine, invisibile agli occhi degli altri, come succede ai veterani sopravvissuti di una guerra mistica.Non so se gli altri sono tornati su, di sicuro non l’abbiamo fatto insieme. Solo quello che avevo con il terzo amico è continuato a crescere, gonfiandosi come gli strani funghi che si nascondono in queste nebbie. Delle altre due amicizie una è appassita e l’altra marcita orribilmente, seguendo il corso di tutte le piante comuni.Erano gli ultimi giorni di Luglio, dicono che il Fasce dà il meglio di sé in questo tempo dell’anno.

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4 friends.They were laughing and smoking inside a rented Opel Corsa parked on the concrete edge.Some had come from London, some from Milan. One had bandaged hands. They had never been there before, even today they couldn’t explain how they had ended up on Monte Fasce.At around five in the afternoon they realized there were three figures walking on the street towards the car. The hot asphalt blurred them in the distance, but they were surely wearing jeans and bare-chested, and one was carrying something on his shoulder, probably a snake stick but it could have been a shotgun.An indefinite number of big dogs were with them.The way was long and the friends had time to hear the end of a chorus, not a particularly friendly one.The chances were ninety-seven out of a hundred that they were the children of the farmers who lived in Becco.Most likely they would go on their way without paying any attention to the four friends in the car.It was difficult to understand why anxiety had penetrated the vehicle and was filling it up like a gas. All of them had seen Deliverance and at least two of them had read The shadow over Innsmouth, but it is still difficult to give a face and to say the name of the demon that had attacked them.The Figures were already a stone’s throw away from the car. Or vice-versa. - Start the engine - said one inside the Opel, the driver didn’t need to be retold.On the road a wooden arrow pointed to a tavern at the end of a slope.They went down but the road never ended and after the twentieth curve through greenery someone said: - Where are we going? They are waiting for us down there and they are going to kick our asses.A clearing interrupted the curves. They got out of the car. There was a village at the end of the woods. They started to look around, without distancing themselves too much.Long abandoned benches. Holiday houses with barred windows. A tire was hanging on a pair of heavy ropes. A burnished crucifix planted on the churchyard, arms like wings of an ancient reptile.They managed to decipher the writing carved on the wood: Our Lady of the Wood.They got back in, accelerating in second gear, four rabbits unprepared for the lessons the Monte teaches outsiders.The fog had come down over the road: too dark and cold to be in the summer, clouds entangled on tree branches. They had not seen a car all day.

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Stone dens in the tall grass. A hybrid of wild boar met on the roadside, a pyre of shutters piled in the courtyard of a shack. Black smoke was coming out from the chimney.Inside the shack a voice was shouting: - Menabeliiinn! They only stopped at the lights of a restaurant: they had crossed the invisible border of the mount.The aftermath of anxiety was still shaking them as they stretched in the parking lot of the eating-house Ligagin. The house wine on tap helped change anxiety to euphoria.Someone was taking notes for later, one phoned Schena.No one said it but I am sure we all felt that we had entered a Smooth Land, and that we had taken part in something that made the talk of the city down there dull and that something would tie us together for a long time, maybe until the end, invisible to other people’s eyes, as it happens to the veterans who have survived a mystic war. I don’t know if the others have gone up there again, we surely haven’t done it together.Only what I had with my third friend has continued to grow, inflating like the strange mushrooms that hide in these fogs.As for the other two friendships, one has faded and the other has horribly rotted, following the course of any common plant. They were the last days of July, they say that the Fasce gives its best in this time of the year.

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Finito di stampare nel mese di Gennaio 2012 presso EBS, Verona

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ISBN 978-88-95410-21-0

Euro 30,00