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Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, Provincia di Milano
Assessorato all’Attuazione della Provincia di Monza e Brianza
Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano
I beni Culturali della nuova Provincia di Monza e Brianza Primo Laboratorio: la conoscenza
Monza, 20 maggio 2005
Sala Riunioni della Provincia di Milano, Piazza Cambiaghi 8
• Saluti di apertura: Sindaco di Monza
Interventi:
• Gigi Ponti, Assessore per l’attuazione della Provincia di Monza e Brianza
Presentazione dei laboratori
• Enzo Minervini, Responsabile Unità operativa Sistema Informatico regionale Beni
Culturali
Il sistema di catalogazione regionale e il territorio della nuova provincia
• Angelo Cappellini, Direttore settore Beni Culturali della Provincia di Milano
Lo stato della conoscenza: la catalogazione
• Mauro Livraga, Sopraintendenza Archivistica della Lombardia
La conservazione degli archivi
• Marina Rosa, Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio
Il patrimonio architettonico e la tutela
• Renzo Ascari, Presidente Parco Valle del Lambro
Il patrimonio ambientale
• Simonetta Coppa, Sopraintendenza per il Patrimonio storico artistico e
etnoantropologico di Milano
Il patrimonio storico-artistico
• Work Shop degli Assessori Comunali alla cultura
chairman: Arch. Antonio Infosini
INTRODUZIONE
La VII settimana della Cultura promossa dal Ministero per i Beni Culturali ha inteso
unire sotto il tema L’Italia è arte. Per Tutti, una serie di iniziative mirate a sottolineare
una delle più spiccate particolarità del nostro paese, un patrimonio storico-artistico tanto
ricco quanto diffuso.
In stretta coerenza con tale tematica, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per
il Paesaggio della Lombardia Occidentale e la Provincia di Milano, Assessorato
all’Attuazione della Provincia di Monza e Brianza e Assessorato alla Cultura, hanno
inteso realizzare un convegno-laboratorio che si è posto come obiettivo primario quello
della conoscenza del patrimonio culturale di cui è caratterizzata la futura Provincia,
primo e fondamentale passo per salvaguardarne e valorizzarne nel dovuto modo i valori.
L’incontro dal titolo I beni Culturali della nuova Provincia di Monza e Brianza. La
conoscenza, che ha visto la partecipazione di gran parte degli Assessori alla Cultura dei
Comuni costituenti la futura realtà amministrativa, si è svolto il 20 maggio 2005 presso la
Sala Riunioni della Provincia di Milano ed ha voluto essere un primo importante momento
di confronto e dibattito sul tema ben più ampio delle problematiche legate alla
conservazione e gestione del patrimonio maggiormente “a rischio” che verrà sviluppato in
successivi Workshop.
Michele FAGLIA - Sindaco di Monza
L’Assemblea dei Sindaci ha promosso un primo Forum della Brianza che si è tenuto a
Seregno il 25 febbraio scorso. Uno dei temi trattati, che sarà oggetto anche di un incontro
specifico in autunno, riguarda proprio la tematica dei valori ambientali e storico/culturali
della Brianza. Il professore Renato Mannheimer ha condotto un’indagine, da cui è emerso che
sono due le tematiche centrali e le problematicità più forti all’interno della Brianza.
Da un lato, la questione del lavoro, che è sempre stata tipica e caratteristica del nostro
territorio e che, però, vive un momento di crisi, di grande trasformazione anche in seguito
alle modificazioni dell’assetto mondiale dei mercati. Quindi, sotto questo profilo, è importante
che anche la Brianza si attrezzi nei confronti di un forte processo non solo di innovazione, ma
anche di formazione, perché una delle carenze della Brianza sta proprio nella mancanza di
università e di adeguati strumenti di formazione.
Il secondo tema riguarda l’ambiente, i valori storico/culturali e le infrastrutture. Raggruppo
questi argomenti, all’apparenza diversi, proprio per far capire come siano tutti strettamente
legati. Pensiamo, per esempio, alle infrastrutture di cui la Brianza è particolarmente carente,
soprattutto di quelle su ferro e su gomma, ed necessita di una forte riqualificazione
attraverso nuovi interventi. Questo tema delle infrastrutture non può essere visto a sé stante:
non è indifferente da dove passa una strada, non è indifferente come una strada o una
ferrovia si relazionino al contesto, al paesaggio, alle emergenze storico/culturali, alle
emergenze architettoniche, ai vecchi borghi. Insomma, a quelle caratteristiche ambientali che
caratterizzano la Brianza in modo fortemente differenziato rispetto a tutto il resto del
contesto della Provincia di Milano. Quindi leggere in modo integrato le problematiche, credo
che sia il punto di vista più interessante, più evidente, forse anche più ricco di spunti per
pensare al futuro. Il convegno promosso oggi è un primo passo per sistematizzare la
conoscenza. E’ importante mettere in rete tutte le emergenze storico-culturali della Brianza
da inserire all’interno di un contesto paesistico della Brianza e da relazionare al domani.
Credo che il passaggio più interessante sia poi quello relativo al riuso, soprattutto alla lotta
al degrado.
Noi abbiamo tante ville, tante situazioni ambientali degradate. Penso che una delle priorità che
dobbiamo porci tutti insieme, assumendosi ognuno le responsabilità che gli competono, sia quella
di rilanciare una campagna contro il degrado, che sia una campagna a tutto campo. Come sindaco
di Monza, io vivo la responsabilità di una Villa Reale che è ancora lacerata, che non ha ancora una
prospettiva. Stiamo cercando di costruirla con la Regione. Certamente, non è un percorso facile.
Abbiamo all’interno del Parco, ville e cascine degradate. E’ mancato un piano, un progetto, un
programma di ampio respiro. È quello che dobbiamo cercare di costruire insieme. Credo che questa
nuova Provincia di Monza e della Brianza non sia un fatto puramente burocratico/istituzionale, ma
debba diventare sempre più un fatto di sistema per cui i Comuni, insieme, possano lavorare per
raggiungere obiettivi forti, condivisi e per superare situazioni di stallo all’interno delle quali si trova
anche, come emergenza fondamentale, quella relativa ai beni culturali.
Quindi, con molto piacere parteciperò a questo convegno. Credo che questo incontro di oggi
debba poi allargarsi, coinvolgere tutte le strutture dirigenziali dei Comuni in modo che si
faccia sistema, si metta in comune una banca dati e si possa, quindi, lavorare anche su tutte
le progettualità che le singole Amministrazioni hanno in corso. Io so di Amministrazioni che
non sanno a cosa destinare immobili di altissimo valore storico e architettonico che
rimangono lì abbandonati e, quindi, con la possibilità solo di essere guardati, ma di non
essere utilizzati. Il passaggio necessario, anche dal punto di vista culturale, è questo: non si
può parlare di pura conservazione se non si parla anche di riuso. È fondamentale che queste
strutture vengano rivissute, vengano riutilizzate per i bisogni dell’oggi, della società
contemporanea, delle nostre comunità e che, quindi, non ci si debba più accontentare del
concetto del museo di sé stesso, per cui un immobile è autocelebrativo, rappresenta sé stesso
e la sua storia. Credo, invece, che qualsiasi patrimonio del passato debba essere
reinterpretato e debba essere rivissuto secondo la cultura dell’oggi, nel rispetto, chiaramente,
della sua impostazione e delle sue valenze storico/architettoniche. E credo che debba essere
riutilizzato per diventare uno strumento dell’oggi proiettato sempre più verso il futuro. Io mi
riconosco in questa corrente culturale e spero che l’incontro di oggi serva anche ad iniziare
un ragionamento su questo tema così importante.
Gigi Ponti - Assessore all’attuazione della Provincia di Monza e Brianza
Dopo il primo incontro degli assessori comunali alla cultura con l’Assessore Provinciale Daniela
Benelli, avviamo oggi un lavoro capillare di mappatura e di conoscenza dei beni culturali della
nuova Provincia, cui seguiranno altri due appuntamenti monografici, uno a settembre sui sistemi
culturali territoriali e uno a novembre sui sistemi turistici.
La nostra Brianza, infatti, può essere considerata come un museo diffuso, dove anche i piccoli
centri e i paesi contribuiscono a creare la vera ricchezza del territorio. Un valore che è dato non solo
dal pregio degli edifici, ma anche dalla capacità di aggregazione che nel tempo sono riusciti a
mantenere e a consolidare attorno a sé.
Il patrimonio culturale della Brianza rappresenta un quota significativa di quello generale della
Provincia di Milano: circa il 30% delle ville, palazzi storici, monumenti, chiese, sono dislocati sul
nostro territorio. La ragione è semplice, considerando che nel corso dei secoli la Brianza – più di
ogni altra area della Provincia – è stata prescelta dalle grandi casate e famiglie quale luogo
privilegiato di residenza. Gli edifici rimasti oggi sono i segni tangibili di questa storia e hanno
contribuito a punteggiare il nostro territorio con le testimonianze che ancora abbiamo sotto gli
occhi.
E’ senza dubbio un patrimonio prezioso, talvolta di grande qualità, come ci illustreranno i relatori
della mattinata: un patrimonio che chiede e merita di essere tutelato, valorizzato, ma prima di tutto
”ri-scoperto” e conosciuto a fondo.
Questo è il senso dell’incontro di oggi e del coinvolgimento attivo dei 50 comuni brianzoli: tutela e
sviluppo del patrimonio culturale sono certamente gli elementi base da cui partire per costruire
un’identità riconoscibile e condivisa della Brianza e della nuova Provincia che è in cantiere e di cui
stiamo consolidando le fondamenta…
I beni culturali sono beni mobili, immobili, pubblici e privati, archeologici, archivistici ed
ecclesiastici e tanto altro ancora: questa è la vera dote patrimoniale della Brianza, che cerchiamo –
insieme a tutti gli attori convolti - di conoscere, riconoscere e valorizzare.
Il prossimo passo su questa strada è quello di contribuire insieme ai Comuni ad individuare le
priorità e gli indirizzi per definire la destinazione d’uso degli edifici, anche per meglio distribuire le
diverse funzioni sul territorio: sale espositive, convegni, strutture alberghiere devono infatti trovare
una corretta distribuzione e organizzazione, come tasselli di un solo quadro.
L’evoluzione naturale di questo lavoro è progettare una rete culturale avanzata che sia il network di
collegamento della Brianza, per facilitare un cammino di crescita comune anche con lo scopo di
presentare un’offerta culturale che sappia riconoscere nei “percorsi tematici” i filoni su cui lavorare
e impostare una progettualità condivisa.
Enzo MINERVINI - Responsabile U.O. SIRBEC Regione Lombardia
In Regione Lombardia mi occupo del sistema informativo dei beni culturali, cioè il sistema
che raccoglie i dati conoscitivi sul patrimonio architettonico, archeologico, storico/artistico,
demo/etno/antropologico che si trova sul territorio regionale.
La Regione, infatti, promuove campagne di catalogazione, con finalità di conoscenza del
patrimonio; questi dati vengono formalizzati in schede di catalogo che sono uguali per tutto il
territorio nazionale, così come il linguaggio con cui vengono descritti i beni viene determinato
in Commissioni di lavoro miste tra lo Stato e le Regioni. L’ente di Stato che promuove le
regole della conoscenza è l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, le Regioni,
poi d’intesa con le Soprintendenze conducono campagne di catalogazione sul territorio.
Per quale ragione si cataloga? Si cataloga per avere gli strumenti di conoscenza funzionali a
tutelare, si tutela per conservare e si conserva per valorizzare, quindi per usare i beni. Ci
sono due scuole tra chi si occupa di questo tema. Una è molto mirata alla conservazione
statica, cioè al fatto che si studiano i beni, si conoscono, e meno li si usa, meglio è. In
Lombardia siamo sull’altro versante, cioè noi pensiamo che la catalogazione, il sistema di
conoscenza debba servire per dare ai politici un sistema di supporto alle decisioni, quindi
debba dare gli elementi di conoscenza per decidere dove investire - in maniera compatibile
con la conservazione del patrimonio - per usare il patrimonio architettonico, per rendere
fruibile il patrimonio storico artistico, per far sì che le comunità locali riconoscano nel
patrimonio un elemento costitutivo della propria identità. Io sono convinto che se il
patrimonio storico artistico architettonico è conosciuto e riconosciuto come elemento
costitutivo dell’identità di una comunità, è più facile la tutela perché ovviamente la comunità
se ne appropria. In questo senso le Province, nel nostro sistema, hanno un ruolo abbastanza
centrale, la legge regionale 1/00 prevede di passare la delega per la catalogazione alle
Province, è un passaggio che sta avvenendo a geometria variabile, nel senso che non tutte le
Province sono sullo stesso piano, non tutte le Province hanno, al loro interno, messo in moto
meccanismi per formare una comunità professionale di tecnici in grado di occuparsi
correntemente di queste cose. Alcune Province lombarde sono già in grado di marciare da
sole, altre meno, ma il nostro obiettivo è di arrivare a far sì che il sistema informativo dei
beni culturali sia un sistema cooperativo gestito soprattutto dalle province, con un ruolo
centrale dell’ente Provincia nella programmazione delle campagne di catalogazione, nella
programmazione delle campagne di conoscenza, legando queste ad una serie di priorità che
devono essere quelle legate all’intervento sui beni. Per quanto riguarda la costituenda
Provincia di Monza, noi abbiamo già parecchi dati. Qualche anno fa c’è stata una campagna
cartografica “Carta del rischio”. La Carta del rischio è un sistema di rilevazione del
patrimonio architettonico che descrive gli edifici, con riferimento anche al loro stato di
conservazione ed ha un sistema di calcolo sui rischi di deterioramento a cui sono esposti.
Abbiamo fatto una campagna “Carta del rischio” sulla Villa Reale e su 27 edifici intorno alla
Villa Reale nel Parco.
Esistono poi campagne di catalogazione fatte ai musei civici di Monza e nel museo etnografico
di Monza e Brianza. Quindi il terreno non è del tutto vergine, si è già intervenuto su questo
territorio e abbiamo già rapporti con operatori che sul territorio di Monza e della Brianza
hanno operato nel corso degli ultimi anni. Per esempio sui beni architettonici ci sono stati
rapporti col Politecnico di Milano abbastanza consolidati. Credo che, con la costituzione della
nuova Provincia, si debba pensare alla costituzione di quello che noi chiamiamo “Polo
provinciale SIRBEC Carte del rischio”, da costituire di concerto con la Regione che cofinanzia
al 50% tutti i progetti di catalogazione e ha uno specifico capitolo di spesa dedicato agli
interventi delle Province nel campo della catalogazione e della conoscenza dei beni culturali.
In 10 delle 11 Province lombarde sono avviati i poli di catalogazione provinciali e in alcuni
casi funzionano anche molto bene.
Ci sono molti edifici catalogati nell’arco delle campagne di catalogazione promosse anni fa
dalla Provincia di Milano che sono anche all’interno del nostro sistema informativo, oltre che
di quello della Provincia di Milano. Quest’ultima sta intervenendo per aggiornare i dati perché
c’è un continuo problema di aggiornamento, soprattutto in un territorio in trasformazione
com’è Milano e la zona intorno ad essa fortemente industrializzata. Pensate che soltanto
nell’85 noi abbiamo fatto un censimento degli edifici di archeologia industriale con cui sono
stati censiti su scala regionale 950 edifici. Di quei 950 edifici, oggi ce ne sono circa. Questi
sistemi di conoscenza servono anche per dare gli strumenti alla Sovrintendenza, ai politici
che gestiscono il territorio per intervenire, per decidere come intervenire nella tutela del
patrimonio. Il patrimonio va conservato,ma anche adoperato. Il non utilizzo del patrimonio,
soprattutto architettonico, è la prima causa di deterioramento. Quindi contiamo sul fatto che
la Provincia di Monza e Brianza diventi velocemente uno dei poli del nostro sistema. La
Regione c’è, siamo disponibili anche subito ad avviare un confronto sulle priorità e sulle
scelte di cose da fare.
Angelo CAPPELLINI - Direttore settore beni culturali Provincia di Milano
Buongiorno. Innanzitutto Vi porto il saluto dell’Assessore Daniela Benelli, che è
particolarmente attenta a questa tematica, in particolare alla valorizzazione del territorio
della grande e vasta area metropolitana. Una vecchia mozione del Parlamento italiano degli
anni 60, elaborata dalla Commissione Franceschini, definiva bene culturale tutto ciò che è
testimonianza materiale avente valore di civiltà. Oggi direi che questa definizione va molto
stretta, anche perché, specialmente in questo periodo stiamo vedendo di recuperare tutta la
testimonianza immateriale che è fondamentale specialmente nel nostro territorio. In questo
momento sto seguendo un sistema culturale che ha l’obiettivo di mantenere la memoria della
tradizione e del lavoro nell’area del Sestese, di tutto quello che è la prima fascia del Nord
Milano, da Garbagnate e Arese, fino a Cinisello e a Sesto San Giovanni. Anche questa parte
immateriale è decisamente importante perché tutta una serie di professionalità sono andate
sparendo recentemente, da quando le aziende della zona sono state chiuse.
Ma non di questo Vi voglio parlare oggi: mi soffermerò, invece, sui beni culturali,
architettonici e ambientali della Provincia di Monza e Brianza.
Si tratta di una Provincia straordinaria, poco conosciuta, ma di grande bellezza, tutta da
evidenziare. Una Provincia che va da Limbiate, con Palazzo Pusterla che ha visto i fasti
napoleonici, e il vicino Parco delle Groane, dove 203 anni fa nacque la prima Repubblica
italiana, di cui abbiamo festeggiato due anni fa il bicentenario. Il primo Presidente fu
Napoleone Buonaparte con Vice Presidente Melzi D’Eril, e ricordo, per aver letto, che proprio
in quella occasione Beethoven, grande repubblicano, scrisse l’Eroica, opera che ottenne gli
elogi del Bonaparte, stracciati dal musicista successivamente, quando Napoleone divenne
dittatore e poi imperatore dei francesi. Ma per dire quanto è bella questa nuova Provincia che
sta nascendo, voglio citare Villa Arese Borromeo di Cesano Maderno, all’interno della quale il
nobile proprietario ricercava nella volta celeste tutti i valori galileiani; Palazzo Ferrari di
Lissone che è un gioiello del ‘900, progettata dal Terragni, uno dei più importanti architetti
dell’epoca di cui proprio due anni fa abbiamo festeggiato i 100 anni della nascita. Vorrei
ricordare anche Villa Traversi di Meda per la sua collocazione ambientale.
Rileggendo insieme ai miei collaboratori i dati del censimento sui beni architettonici e
ambientali in possesso della Provincia di Milano, risulta con evidenza che questa è proprio
una zona della salubrità e della bellezza naturalistica. Infatti il nostro territorio
metropolitano è diviso in due fasce: quella a Sud, acquitrinosa e malsana, dove sorgevano
solo fortificazioni, monasteri e abbazie, e quella a Nord, dei corsi d’acqua navigabili e
cristallini della salubrità e delle residenze di delizia. Quasi il 36% dei beni architettonici
residenziali, la tipologia delle ville di delizia, o ville di piacere, sono insediate nella nuova
Provincia di Monza e Brianza: infatti, secondo i dati in nostro possesso, sono ben 776 su
2.200 di tutta la Provincia di Milano.
Quando facemmo questo censimento, dividemmo in sei categorie tutto il patrimonio che
andavamo catalogando. In questa provincia sono infatti presenti in modo significativo
l’architettura civile, l’architettura della produzione, l’architettura militare, l’architettura
religiosa, i beni ambientali e paesaggistici, i beni archeologici.
La Brianza è anche una terra di grande spiritualità tanto è vero che attraverso i dati raccolti
risulta qui la presenza di quasi il 39% fra Conventi, Seminari, Monasteri e Chiese di
particolare interesse.
Non mi dilungo ulteriormente poiché il censimento è già da tempo on-line, a disposizione di
tutti gli Amministratori, oppure potete chiederlo presso gli uffici della Provincia di Milano.
Altre cose che abbiamo esaminato oltre ai beni architettonici sono quelli paesaggistici: la
Brianza possiede, all’interno della Provincia di Milano, il 43% dei giardini storici, mentre per
quanto concerne i beni archeologici abbiamo rilevato che qui non sono presenti in modo
particolare; se ne trovano, invece, in buona percentuale nella fascia a sud di Milano.
Va ricordato che quest’area di Monza e Brianza si trova al centro di quattro Province
lombarde significative, che sono Varese, Como, Lecco e Milano, per cui non si può non tenere
in assoluta evidenza le sue peculiarità ed eccellenze. Attraverso il censimento abbiamo
rilevato anche la presenza del mondo del lavoro e dell’industria. Abbiamo già citato quella che
è chiamata l’architettura della produzione, che comprende le cascine, gli impianti produttivi e
le infrastrutture. Anche qui c’è un forte insediamento, ovviamente diversificato. Ad esempio,
importante presenza di architettura agricola, oggi in parte trasformata, la ritroviamo in
questa fascia e in particolare a Cesano Maderno, Seregno, Limbiate, Seveso, eccetera.
I dati in nostro possesso ci hanno permesso anche di capire che questa Provincia è una di
quelle più ricche del territorio lombardo. Infatti la gente ricca attira la creatività, la
letteratura, l’arte, i beni architettonici e ambientali… E questa è sempre stata una zona di
soldi: al tempo di Ludovico il Moro erano qui presenti Leonardo da Vinci, Bramante e tanti
altri, successivamente il Tiepolo e il Piermarini.
Però noi oggi dobbiamo considerare anche i beni dell’industria, i beni del lavoro - risorse che
per un lungo periodo sono state dimenticate - proprio per aver presente le nostre origini e
ricordare.
Attualmente questi beni sono oggetto di una attenta riflessione e quest’area, che non è Arese
con l’Alfa Romeo, non è Sesto san Giovanni con la Breda, non è Milano con la Lambro motori
e l’Isotta Fraschini, ha avuto degli importanti insediamenti. Penso, ad esempio, a Desio con
l’Autobianchi. Per il resto ha un tessuto particolare che è in prevalenza artigianale nel quale,
nel corso del tempo, si sono sviluppate delle eccellenze per quanto riguarda la produzione del
mobile e nel settore del design. Quest’ultimo, oggi, elemento forte e qualificante della nostra
area metropolitana.
Quanto detto ci permette di capire qual è stata anche la trasformazione industriale della zona
in oggetto. Ecco perché il nostro interesse non si limita alla tutela dei beni che hanno
superato i 50 anni - come diceva la ex legge 1089 e oggi il codice per i beni culturali -, ma è
nostro interesse mantenere tutte queste testimonianze e dare loro una nuova vita. Questo è
un tema che mi sta particolarmente a cuore: quello delle nuove destinazioni d’uso. Noi
dobbiamo iniziare a pensare che cosa fare di questi beni per mantenerli in vita. Lo ripeterò
fino alla noia, ma io voglio vivere il mio secolo. Non più, come si è fatto negli anni Ottanta, in
cui tutti gli spazi liberi diventavano solo biblioteche.
Il bene culturale che abbiamo censito e che vogliamo destinare a un nuovo utilizzo deve
essere compatibile con esso e con i nuovi bisogni che la collettività manifesta. Quindi si
valuterà quanto, per esempio, Palazzo Pusterla sia compatibile con le nuove funzioni che gli
vogliamo assegnare, che possono essere di servizi e di convegnistica o luogo della ricerca e
della formazione universitaria.
Non possiamo pensare ai beni culturali senza tener conto delle trasformazioni della società e
del mondo circostante. Oggi, ad esempio, la facoltà di Idraulica ad Abbiategrasso sta creando
un polo delle acque. Mi viene in mente Sesto San Giovanni, Cesano Maderno stessa ne è un
esempio, Bollate, Limbiate, che stanno ospitando altri tipi di università: questi poli di
eccellenza devono trovare destinazione all’interno di luoghi che particolarmente andrebbero
tutelati. Infatti devono essere anche compatibili con questi.
E non solo queste funzioni sono da considerare.
Abbiamo anche grande bisogno di nuovi spazi a supporto dell’attività fieristica e per la
ricezione della convegnistica stanziale.
Per esempio ci siamo accorti che tutta la nostra Provincia, parlo di quella di Milano solo per
comodità, non dispone di un centro congressi residenziale ed al passo con i tempi. Se
vogliamo organizzare convegni ed eventi di prestigio dobbiamo andare a Como, a Villa Olmo o
a Villa d’Este. Perciò dobbiamo pensare di portare luoghi di accoglienza di eccellente qualità
sia ambientale che tecnologica, all’interno di queste nuove aree, tenendo conto che proprio la
Provincia di Monza sarà anch’essa influenzata dal nuovo Polo fieristico che è stato insediato
recentemente e che da Novembre entrerà a regime.
Bisogna quindi pensare che questi beni devono trovare una nuova destinazione. Come
Provincia di Milano, stiamo aggiornando la loro catalogazione perché il censimento è
terminato nel 1994 e allora ci eravamo attenuti a quello che era il dettato legislativo che
tutelava i beni che avevano più di 50 anni.
I beni che avevano 49 anni allora, oggi ne hanno 65 e quindi è opportuno andare a rivedere e
riaggiornare questo censimento. È nostra intenzione andarlo a fare a breve, stiamo già
pensando – con il Politecnico di Milano - di aggiornare una mappa di questo territorio, anche
perché le schede in nostro possesso sono mancanti di una serie di “campi” oggi ovviamente
arricchiti perché allora l’obiettivo della Presidente, che era Novella Sansoni, era quello di
fornire agli Amministratori locali, visto il vuoto nel censimento nazionale, una serie di
informazioni sul loro patrimonio perché affrontassero, nell’approntamento dei PRG, il tema
del governo di questi beni, spesso neanche conosciuti, nel contesto territoriale. I campi,
pertanto, erano estremamente contenuti. Erano 38 e anche molto rigidi: per esempio
indicavano il tipo di palazzo, lo stato di salute, se il parco possedeva colture arboree, se aveva
i coppi o se aveva i marcapiani, eccetera. Oggi, essendo trascorsi 15 anni, parti di questo
patrimonio si sono degradate e alcuni beni non ci sono neanche più, qui abbiamo delle
testimonianze.
Va tutto aggiornato. Questo ci permetterà di individuare nuove destinazioni d’uso e lavorare
per mettere a sistema le aree interessate.
Ciò significa progettare dei sistemi culturali integrati, ed è la seconda parte del censimento,
quella che noi stiamo facendo: si tratta di conoscere il patrimonio che c’è sul territorio, in
particolare abbiamo focalizzato l’attenzione su Monza e Brianza e proprio recentemente
abbiamo inviato una lettera a tutte le Amministrazioni locali per individuare l’esistenza non
solo dei beni architettonici ma anche per conoscere gli insediamenti museali, teatrali,
bibliotecari, le sale cinematografiche, gli auditorium, gli spazi espositivi, le aree per
manifestazioni.
Hanno già risposto circa l’85% dei Comuni di Monza e Brianza e anche qui i dati sono
significativi.
Esistono 8 musei, ci sono 19 teatri importanti, sparsi sul territorio, sale cinematografiche, 50
biblioteche, 9 sale multicinema, 16 auditorium, 57 spazi espositivi, 42 aree per
manifestazioni musicali o ricreative. Per aree intendo dire anche spazi all’aperto. Mi viene in
mente Paderno Dugnano e il grande complesso del recupero della Cava, adiacente
all’Euromercato.
A questo punto il nostro obiettivo è perfezionare il censimento, aggiornarlo al 2005 e fondere
insieme tutte le informazioni che Voi potete fornire e che i ricercatori del Politecnico ci
forniranno per poter rimappare e poi ridisegnare una zona che è decisamente in
trasformazione e che è particolarmente interessante.
Mi riservo di aggiungere altro se me lo chiederete e Vi ringrazio per l’attenzione.
Mauro LIVRAGA - Soprintendenza Archivistica della Lombardia
Il mio intervento riguarda le problematiche della conservazione degli archivi prodotti dagli
enti pubblici, dai privati, nonché della attività di vigilanza svolta su questi dalla
Soprintendenza Archivistica.
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, D. Lgs. 42/2004 sostiene, relativamente
all’obbligo della tutela e della vigilanza da parte dello Stato sugli archivi degli enti pubblici,
che il documento, fin dalla sua produzione, è un bene culturale.
Questo vuol dire che è un bene culturale il documento che viene scritto correntemente
nell’ambito dello svolgimento dell’attività di un ufficio della Pubblica Amministrazione, che
viene, poi, protocollato, o registrato, classificato, fascicolato e successivamente conservato in
archivio. Pertanto, se l’archivio è un insieme di documenti prodotti e ricevuti, allora l’archivio
è un bene culturale sia quello corrente, sia quello di deposito o, se volete, semi-corrente, sia
l’archivio storico vero e proprio. Non è più solo un bene culturale l’archivio storico, cioè le
pergamene della chiesa di San Giovanni di Monza, piuttosto che le pergamene del Comune di
Milano o di qualche altro Comune della vostra nuova Provincia: non solo le pergamene del
1100 o del 1200, i documenti del 1500, del 1700, ma sono da considerarsi beni culturali
anche i documenti prodotti nel 2005, documenti che oggi noi scriviamo, che oggi noi usiamo.
Perché? Perché questi documenti servono per testimoniare l’attività giuridico/amministrativa
dell’ente, e che sono già fin dall'origine testimonianze storiche dell’attività che l’ente svolge ed
ha svolto sul territorio; così come quelli di una persona o di un’impresa. Su tutti questi
documenti si svolge l’attività di vigilanza e tutela della Soprintendenza Archivistica per la
Lombardia.
La Soprintendenza Archivistica svolge la vigilanza e la tutela sugli archivi pubblici e privati
nell’ambito delle 11 Province lombarde, più la neonata Provincia di Monza. Sono circa 1.546
Comuni, altrettanti enti di assistenza e beneficenza e altre 7.000 istituzioni pubbliche che
conservano e producono archivi, a questi si aggiungono gli archivi privati, quelli di impresa e
gli archivi ecclesiastici.
Esercitare la vigilanza e la tutela vuol dire sostanzialmente aiutare gli enti a conservare bene
gli archivi, a far sì che i documenti prodotti non vengano in alcun modo, distrutti, persi o
smarriti per strada. La tutela e la conservazione del patrimonio artistico è molto evidente per
quanto riguarda un palazzo, un quadro. Quando intervengo nel restauro di un edificio, se
sbaglio il restauro di una facciata - semplifico molto il mio linguaggio - quando tolgo le
impalcature vedo immediatamente che ho fatto un grave errore di intervento. Se sbaglio a
restaurare un quadro di Raffaello posso percepire a occhio nudo il mio errore; ma se non
gestisco correttamente un archivio, i danni prodotti dal mio operare non sono così immediati
ed evidenti, non è immediatamente percepibile il mio errore. Se ne accorgerà poi, nel lungo
periodo, chi studierà le carte, che quell’archivio è lacunoso, che l’ordinamento non
corrisponde alla realtà o manca qualche cosa. Pertanto l’attività di tutela della
Soprintendenza Archivistica si svolge attraverso la vigilanza della produzione, della gestione e
dell’ordinamento e riordinamento degli archivi, siano essi archivi correnti, siano archivi
storici, al fine di aiutare a produrre archivi coerentemente organizzati e comprensivi di tutta
quella documentazione che per obbligo di legge, o per ragioni culturali, deve essere
conservata: l’intervento di vigilanza è tout court, cioè dal protocollo, alla conservazione, ai
depositi d’archivio, cioè i luoghi fisici dove teniamo i documenti.
Cosa significa tutto questo? Per il protocollo vuol dire verificare se il protocollo informatico
funziona secondo le regole previste dalla legge; se il sistema documentale informatico
permette la conservazione a tempo indeterminato dei documenti elettronici a firma digitale;
se i magazzini di conservazione dei documenti analogici, cioè i documenti cartacei, oppure i
microfilm, oppure i film o quant’altro, sono a norma e permettono una conservazione
ottimale; se l’ordinamento dell’archivio, fin dal principio, corrisponde a quanto prevede la
legge e le regole archivistiche; se l’archivio storico è conservato secondo i criteri scientifici
della dottrina archivistica, che, ricordo, è una scienza.
Viene svolto, da parte della Soprintendenza Archivistica, uno sforzo quasi immane, che non
vuole essere però assolutamente un intervento negativo sull’attività, sulla autonomia
dell’ente, ma vuole essere un intervento di coordinamento, anche perché la Sovrintendenza
archivistica della Lombardia ha cinque funzionari con circa 9.000 enti pubblici da vigilare e
collaborare per coordinare gli interventi di ordinamento. Pertanto un’attività che va
programmata attraverso piani di interventi pluriannuali. Per esempio: le visite ispettive, che
si fanno nei singoli Comuni per verificare la gestione degli archivi, vengono programmate
nell’arco di 2, 3, 4 anni e poi svolte a seconda del calendario e a seconda delle risorse
economiche, poiché il Ministero dei beni culturali, purtroppo, è uno dei Ministeri a cui, di
solito, si vanno a tagliare le risorse quando la spesa pubblica è in crescita.
Conservare i documenti, conservare gli archivi vuol dire anche produrli fin dall'inizio con la
strumentazione e le regole corrette, a norma di legge, e con la tecnologia attualmente in uso.
La conservazione deve essere pensata non più tanto solo sui documenti antichi, le pergamene
che ormai riusciamo a conservare e restaurare ottimamente, ma piuttosto il problema si pone
sui documenti elettronici, sui documenti a firma digitale: come conservare le banche dati,
come conservare il protocollo informatico, come conservare le varie informazioni, come
conservare i documenti a firma digitale, che, vi ricordo, non sono le stampe cartacee della
videoscrittura, ma sono degli impulsi elettronici conservati su supporti di memorizzazione, su
un server, un CD, un DVD e quant’altro, e l’insieme di questi impulsi elettronici raccordati
con la firma digitale sono il vero documento, non già la stampa cartacea, non già la
rappresentazione a video.
Come conservare a tempo indeterminato questi impulsi elettronici? E’ questa la sfida del
futuro, nell’ambito della gestione documentale, che può essere vinta solo impostando fin dal
principio, sistemi di conservazione e di produzione delle informazioni già corretti, già a norma
di legge, già con gli standard scientifici che noi abbiamo in uso a tutt’oggi. In questo senso
l’attività della Soprintendenza, relativamente alla conservazione, si svolge a tutto campo
dall’archivio corrente, all’archivio storico. Si svolge pure formando il personale degli enti, gli
archivisti che lavorano. Si svolge pure con le visite ispettive, dalle quali emerge, ahimè, che la
maggior parte degli enti pubblici lombardi trascura il proprio patrimonio documentario. Devo
dire che un 50% lo tiene in soffitta, o lo tiene in cantina. L’altro 50% con varie sfumature ha
degli archivi a norma. Dalle visite poi scaturiscono interventi di ordinamento.
Ogni volta che si interviene all’interno di un Comune, di un ente pubblico per chiedere il
riordinamento dell’archivio o la ristrutturazione del locale di deposito della documentazione,
questo mette in moto nell’ente un meccanismo di recupero di risorse economiche da poter
utilizzare per ordinare o riordinare gli archivi.
L’Assessore e il Sindaco citavano il fatto che la Brianza è una terra ricca d’arte e anche di
imprese, pertanto un’altra sfida è quella di recuperare e salvaguardare gli archivi di impresa,
quale patrimonio della comunità, della neonata Provincia. Spesse volte quando parliamo con
gli imprenditori, oppure con i grandi gruppi industriali o anche con i grandi gruppi artigianali
locali, ci sentiamo dire: che importanza ha conservare le carte? Che importanza ha
conservare le fatture e quant’altro? È vero, non dobbiamo conservare tutto perché altrimenti
non ce la facciamo, però è molto importante conservare la memoria storica, la memoria anche
corrente di queste imprese. Pensiamo ai brevetti, pensiamo ai disegni. Ieri c’era un convegno
alla Triennale sugli archivi dei grandi studi di architettura lombardi. Da Aulenti, a Renzo
Piano e quant’altri, gli archivi di questi studi di architettura sono una messe infinita di
informazioni. Ci sono disegni che Renzo Piano ha fatto a tavolino, i temi proposti in
Università, i progetti studiati con suoi colleghi o con i suoi collaboratori nello studio. Durante
il Convegno si parlava anche di un grande architetto milanese che aveva fatto un primo
viaggio a New York nel '78, quando era ancora uno studente, insieme a due suoi colleghi, e là
aveva schizzato i primi disegni e preso appunti sui tovaglioli di carta dei bar che
frequentavano, erano le prime idee che venivano loro suscitate vedendo l’architettura
americana e che poi si sarebbero tradotte nei loro progetti una volta tornati in Italia.
La ricchezza di questi archivi è data da tutti gli studi e gli interventi, realizzati e non, per
progetti sul territorio, nonché le proposte presentate in occasione di pubblici concorsi.
Questa documentazione d’«impresa» rappresenta un valore culturale di altissimo livello: gli
archivi di impresa sono una risorsa enorme, come sono una risorsa enorme tutti gli archivi
delle istituzioni private o locali della neonata Provincia, perché ricordo che la memoria, si
sedimenta in vari luoghi, nei monumenti, nei quadri, ma soprattutto si sedimenta nei
documenti che, voglio ribadire, sono rappresentazioni che raccontano la vita, la storia,
l’azione che noi abbiamo compiuto sul territorio.
In conclusione invito gli amministratori della nuova Provincia a predisporre progetti di ampio
respiro, come diceva il Sindaco, fare sistema, predisporre percorsi tematici al fine di portare
alla produzione di un processo di valorizzazione di tutti gli archivi pubblici, di quelli privati,
di quelli d’impresa, perché la nuova Provincia possa partire, da questo punto di vista, col
piede giusto, nel miglior modo possibile.
Mi ricordo, a questo proposito, l’esperienza della Provincia di Lodi, neonata Provincia
anch’essa. Quando fu costituita l’Amministrazione provinciale arrivarono vari funzionari dalla
Provincia di Milano, piuttosto che da altri Comuni, piuttosto che da altri enti pubblici e
funzionari dello Stato. Ognuno di loro portò una tradizione documentale che si era ingenerata
nel loro ufficio. Ad un certo punto la gestione dell’archivio era diventata una torre di Babele,
si dovette intervenire drasticamente per annullare tutte le voci, tutte le tradizioni, perché
dopo qualche anno sembrava che vivessimo in un ente che avesse 250 anni di vita e che non
fosse riuscito a gestire il proprio archivio.
La neonata Provincia di Monza, in campo archivistico, dovrebbe pensare, come sta facendo
per tutti i beni culturali, un progetto per la gestione documentale, per evitare la
sovrapposizione di tradizioni, ma soprattutto, per evitare che ognuno vada avanti da solo, con
esito già sperimentato della torre di Babele. La Soprintendenza archivistica, come le altre
Soprintendenze, c’è per collaborare, aiutare, dare una mano e non assolutamente per
intervenire in senso negativo a bloccare l’attività autonoma di tutti gli enti, ma per aiutare,
attraverso la vigilanza e la tutela, a costruire sistemi documentari. Grazie.
Marina ROSA – Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio
Il mio intervento riconduce il discorso al tema iniziale, quello della conoscenza.
Il dottor Minervini vi ha spiegato cosa ha fatto la Regione in tutti questi anni nel settore della
catalogazione ed a che punto è giunta questa complessa operazione, così pure il dottor
Cappellini che vi ha illustrato il lavoro condotto dalla Provincia di Milano, accennando a ben
2.200 edifici di interesse storico e artistico catalogati in tutto il territorio di loro competenza.
Io vi parlerò di beni architettonici mostrandovi la situazione vincolistica ed aggiornandovi
sulle novità introdotte dal Codice per i Beni Culturali, recentemente entrato in vigore.
Le immagini che vedrete scorrere mostrano un quadro riassuntivo dei provvedimenti di
vincolo ai sensi della normativa vigente attualmente esistenti sul territorio della futura
Provincia di Monza e Brianza( Fig. 1) . Potete constatare come i numeri siano piccolissimi in
confronto a quelli che sono stati citati negli interventi precedenti. In generale vediamo per
ogni comune 3, 2, 7 vincoli, con poche Ville e Palazzi e pochissime Chiese; arriviamo a 12 a
Desio, comprensivi però di 5 vincoli di rispetto a Villa Tittoni, che dovrebbero essere presto
rimossi poichè le aree sono state purtroppo interessate, intorno agli anni ‘60/70, da
un’edificazione selvaggia.
Il Comune che ha più vincoli di tutti è ovviamente Monza, ma anche in questo caso, se Voi
andate a vedere sotto la voce varie, 13 dei 15 vincoli indicati sono di rispetto dell’Arengario e
di Villa Archinto. Di conseguenza vincoli veri e propri in questi 15 ve ne sono due: l’ospedale
di Monza e l’ex Macello. Anche Monza, tutto sommato, ha numeri piccolissimi.
Abbiamo invece una situazione un tantino più favorevole a Vimercate, dove troviamo ben 15
vincoli diretti.
Il quadro finale vede solo 34 Comuni della futura Provincia interessati da provvedimenti di
tutela per un totale di 137 edifici, di cui 55 ville, 26 palazzi, 23 chiese, solo 6 cascine e 27
beni di varia natura, all’interno dei quali sono comprese, come abbiamo visto,diverse zone di
rispetto, un castello, un ponte, una torre, due edifici industriali ed altre singole tipologie di
manufatti architettonici. Sedici Comuni sono invece assolutamente privi di qualsiasi
strumento vincolistico.
All’interno di questo elenco troviamo diverse “eccellenze”, quali la basilica di Agliate, Palazzo
Borromeo a Cesano Maderno, Villa Tittoni a Desio, Villa Antona Traversi a Meda, Villa Reale,
Villa Taverna a Triuggio, Villa Gallarati Scotti ad Oreno ed altre ancora. Però non dobbiamo
dimenticare che, oltre a queste eccellenze, come sappiamo tutti, esiste un patrimonio diffuso
altrettanto meritevole di conservazione e salvaguardia e molto più a rischio rispetto agli
edifici manifestamente “interessanti”, poichè non assoggettato ad alcuna forma di tutela, se
non , a volte, quella prevista nei Piani Regolatori. Esiste pertanto, di fatto, una carenza
vincolistica piuttosto rilevante che può trovare un’esemplificazione nel Comune di Besana
Brianza dove esistono unicamente tre vincoli: la Casa Volta già Dragoni, l’ex Convento
Benedettino ed alcuni edifici facenti parte integrante del convento stesso che riducono
praticamente il numero a due. Al contrario, se esaminiamo il contenuto del volume “Ville
della Brianza” edito nel 1978, troviamo censite nel territorio di Besana addirittura 37 ville,
quasi esclusivamente di proprietà privata, tutte senza specifica tutela.
Se prendiamo in considerazione poi il repertorio dei beni di interesse storico-ambientale
redatto nel 1988 da Italia Nostra, constatiamo che su 16 dei 34 Comuni della futura
Provincia di Monza e Brianza che abbiamo visto essere interessati da vincoli, vengono rilevati
ben 230 beni architettonici. Esempi emblematici possono essere Briosco e Carnate, entrambi
assenti dall’elenco, che invece, secondo la rilevazione di Italia Nostra, vedono la presenza, il
primo, di 16 edifici di interesse storico-artistico e il secondo di 9. Tra i beni censiti in questo
documento, ci sono poi 72 complessi rurali, di cui ben 29 nel solo Comune di Vedano.
Questo conferma la presenza sul territorio di un patrimonio decisamente “a rischio”; mentre
nessuno penserebbe infatti a trasformare o demolire Villa Reale, il Duomo di Monza o Villa
Tittoni, molti tra amministratori e privati, spesso ignari del valore di quel patrimonio a torto
definito “minore”, propongono ed, a volte purtroppo attuano, pesanti trasformazioni o
addirittura demolizioni parziali e totali.
Un grande aiuto per un controllo più attento del territorio è giunto da due fattori: le schede
di catalogazione e gli articoli 4 della legge 1089 del ’39 e 5 del Decreto Legislativo che ha
preceduto la nuova normativa. Una consistente parte del patrimonio culturale e
architettonico ha infatti un interesse storico e artistico acclarato e spesso consacrato in
documenti ufficiali quali appunto le schede di catalogazione. Accanto a ciò dobbiamo
evidenziare che la carenza vincolistica è stata, dal 1939 in avanti, anche parzialmente
compensata da quella sorta di automatismo che si era instaurato in conseguenza alla
mancata presentazione da parte degli enti, sia pubblici che morali, degli elenchi previsti nei
dispositivi delle leggi di tutela, mai effettivamente compilati. Gli Amministratori qui presenti
sanno benissimo che l’inadempienza ai dettati della legge di tutela sulla stesura degli elenchi
prevista dai citati articoli aveva consolidato il criterio per cui i beni di proprietà di enti
pubblici e morali, che possedessero il contestuale requisito dei cinquant’anni di vita, erano
da considerarsi potenzialmente degni di tutela, ma ricorderanno anche che le Soprintendenze
ne dovevano estrinsecare l’interesse storico-artistico, formalizzandolo attraverso lo strumento
della “declaratoria” Automatismo di grande importanza ed utilità, ma limitativo nella sua
efficacia in quanto comunque necessitante di un riconoscimento per essere operativo; molto
spesso beni pubblici virtualmente assoggettabili a tutela (cascine, edifici rurali , gran parte
dell’architettura dei primi cinquantanni del Novecento, etc.) venivano considerati dagli
amministratori pubblici privi di qualsiasi interesse e come tali trattati.
Con l’introduzione del nuovo Codice dei Beni Culturali, che ha recepito la criticità di questa
impostazione, il concetto viene letteralmente ribaltato.
Il Codice ha operato la decisiva e importante scelta di assoggettare in via cautelativa alle
disposizioni di tutela tutti i beni indicati dal codice stesso che, oltre ad appartenere ad enti
pubblici o morali, hanno i requisiti dell’ ultrecinantennalità e della non esistenza in vita
dell’autore. Quindi i beni di proprietà pubblica restano assoggettati alle disposizioni di tutela
sino all’esito della verifica di sussistenza dell’interesse culturale che deve essere effettuata
dalle Soprintendenze, o d’ufficio o su richiesta: tutto è tutelato, tutto è vincolato, salvo che
non si riconosca il contrario.
L’esito positivo della verifica operata dalle Soprintendenze, formalizzato in un atto, equivale
ad una dichiarazione di interesse storico/artistico del bene; l’edificio, il monumento, il
quadro o la statua, il documento resta così definitivamente sottoposto al regime di tutela.
Un eventuale esito negativo, invece, libera completamente il bene da ogni vincolo e, qualora
non sussistano ragioni di pubblico interesse, i beni storici artistici appartenenti agli enti
pubblici possono anche essere sdemanializzati.
Questo, per la prima volta, vale anche per le proprietà dello Stato, inserito fra i soggetti
destinatari delle disposizioni di tutela: tutti i beni demaniali sono pertanto soggetti anch’essi
a verifica dell’esistenza dell’interesse storico-artistico, verifica che deve però avvenire entro il
termine massimo di 120 giorni. Qualora tale termine non fosse rispettato scatta il
meccanismo del “silenzio assenso”.
Questo meccanismo così discusso ed oggetto di vasto dibattito e di forte preoccupazione
riguarda solo ed unicamente i beni demaniali. Per i beni, sia mobili che immobili, di
proprietà di tutti gli altri enti pubblici e di soggetti privati senza fini di lucro invece il
riconoscimento del valore culturale è esente dall’imposizione di un termine finale.
Un ulteriore fatto innovativo inserito nel codice è lo strumento del ricorso amministrativo
attraverso il quale il Ministero per i Beni Culturali ha inteso riappropriarsi di una funzione di
controllo di merito sui propri provvedimenti sino ad oggi affidata a professionisti esterni
incaricati di stendere le perizie dei contenziosi, fornendo contestualmente ai cittadini e agli
enti una seconda opportunità per fare emergere eventuali nuovi elementi, magari non
sufficientemente valutati nella fase di predisposizione dell’atto. L’introduzione dello
strumento del ricorso amministrativo potrebbe avere inoltre, come positiva conseguenza, una
netta diminuzione del contenzioso in sede giurisdizionale.
Anche per quanto concerne la conoscenza, di cui molto si è parlato in questo nostro breve
incontro e che, come abbiamo visto, si estrinseca nel censimento dei beni culturali, il Codice
ha inserito il principio della definizione delle procedure di catalogazione in concorso con le
Regioni e in collaborazione con le Università. In particolare il comma 2 dell’articolo 17
stabilisce che il Ministero e le Regioni debbano definire “ metodologie comuni di raccolta,
scambio, accesso ed elaborazioni di dati a livello nazionale e di integrazione in rete delle
banche dati dello Stato, delle Regioni e degli altri enti pubblici territoriali” . Ogni Istituzione è
chiamata a curare la catalogazione dei beni di interesse storico-artistico di propria
appartenenza, ed a censire anche, mediante intese con enti proprietari diversi, altri beni. I
dati desunti dalle diverse catalogazioni debbono poi confluire nel Catalogo Nazionale dei Beni
Culturali. Disposizioni queste finalizzate ad ottenere quella uniformità di risultati
indispensabile ad operare un’efficace e coordinata azione di tutela.
Prima cosa succedeva? Quello che di fatto abbiamo sentito stamani: la Regione procedeva ad
attuare una sua catalogazione, la Provincia faceva altrettanto ed il Ministero cercava di
condurre un suo censimento. Tutti i dati affluivano al Catalogo Nazionale, ma il fatto che
ogni istituzione procedesse isolatamente per la sua strada determinava il rischio che
catalogasse tre volte lo stesso bene e neanche una altri. Uno scoordinamento che ha avuto
come risultato il non raggiungimento dell’obiettivo primario della conoscenza: a decenni
dall’avvio della catalogazione non si è ancora in grado di quantificare ed individuare con
esattezza quel patrimonio culturale di cui è ricchissimo il nostro paese. L’introduzione del
concetto di integrazione in rete delle banche dati dovrebbe ovviare a questo inconveniente; a
ciò si aggiunge il fatto che, come abbiamo appreso stamani, la Regione ha demandato alle
Amministrazioni Provinciali il non semplice compito del censimento del patrimonio culturale .
Questo passaggio di competenze si configura elemento determinate nel raggiungimento
dell’obiettivo; eliminando un attore l’azione dovrebbe infatti risultare di maggior efficacia.
Certo è che la conoscenza, oggetto del nostro primo incontro e fondamento principe di
un’azione di salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio culturale, deve partire
sostanzialmente dal basso; ogni piccola realtà territoriale deve imparare a riconoscere il
valore culturale dei beni di propria appartenenza perché è solo attraverso questo semplice
processo che si può giungere a tutelare e valorizzare il patrimonio nella sua globalità. Ed è in
fondo proprio questa la finalità dell’incontro di oggi, fortemente voluto dalla Soprintendenza
per i Beni Architettonici di Milano e dall’Amministrazione Provinciale, che, oltretutto, si dovrà
poi far carico del gravoso compito della catalogazione; la volontà di instaurare un tavolo
permanente intorno al quale lavorare tutti insieme per portare avanti quel processo di
conoscenza del territorio della nuova provincia indispensabile ad ottimizzare l’utilizzo dei
beni ad esso afferenti in funzione della trasmissione al futuro dei valori che li
contraddistinguono.
Purtroppo Monsignor Crivelli non è presente per problemi di salute; il tema del patrimonio
ecclesiastico è di estrema rilevanza nel contesto territoriale e non riuscire ad avere
informazioni sullo stato della conoscenza dei beni ecclesiastici è sicuramente limitativo del
quadro generale che si desiderava offrire a tutti voi. Cercheremo di affrontarlo la prossima
volta. Grazie.
Renzo ASCARI - Presidente Valle del Lambro
Buongiorno. Innanzitutto un ringraziamento all’Assessorato per l’attuazione della nuova
Provincia di Monza e Brianza e all’architetto Marina Rosa per l’invito. Apparentemente
rispetto al patrimonio architettonico, quello ambientale può sembrare meno nobile ma è
comunque importante perché è l’ambiente che contiene tutto. L’averci invitati a questo
laboratorio significa che la nuova Provincia investe molto sull’ambiente, d’altra parte è una
delle tematiche per cui si legittima la creazione di una nuova Provincia. Alcune problematiche
legate all’ambiente non possono essere risolte su una scala locale, ma devono essere risolte
su una scala chiaramente più grande. La nuova Provincia è sicuramente un ambito ideale per
poter affrontare questo tipo di problematiche.
Questa convinzione che un ambito sovraccomunale è più legittimato nel risolvere i problemi,
non è soltanto un mio pensiero, ma è una convinzione che hanno anche i cittadini della
nuova Provincia. Difatti in un recente sondaggio commissionato dalla nuova Provincia emerge
con chiarezza che il 40% degli intervistati del nostro territorio si aspetta un miglioramento
della qualità dell’ambiente con la costituzione appunto di questa nuova Provincia. Vuol dire
che i cittadini riconoscono che un ambito sovraccomunale può essere uno strumento più
appropriato per la soluzione delle problematiche ambientali.
In questi mesi, ci è venuta un’idea che ci piacerebbe illustrare in un prossimo laboratorio, e
che, in questa circostanza, accenno brevemente. Abbiamo commissionato all’Istituto di
Ricerca della Regione Lombardia uno studio di fattibilità economico-finanziaria per la
costituzione dell’AGENZIA DEL PARCO; all’interno di questo studio vi è un capitolo chiamato
“le risorse del territorio” che evidenzia quanto segue. (Teniamo conto che l’istituto di ricerca
l’ha fatto sul territorio del nostro Consorzio che comprende sia Comuni della nuova Provincia
di Monza e Brianza, sia alcuni Comuni del Lecchese e del Comasco). Da questi dati emerge
che vi sono sul territorio 179 punti di interesse naturale per una densità di 2,2 punti/km
quadrato; che vi sono 642 punti di interesse architettonico, per una densità di 8 punti/km
quadrato; che vi sono 141 punti di interesse di visuali e paesaggistici per una densità di 1,7
punti/km quadrato. Vi sono sia punti storico-architettonici che ambientali, con delle
peculiarità diverse, ma che secondo l’istituto di ricerca della Regione Lombardia hanno un
unico comune denominatore che purtroppo è negativo. Non sono promossi per quello che
valgono, anzi addirittura sono in alcuni casi stati dimenticati. Non spetta a me indicare dei
rimedi a questa mancanza di valorizzazione dei beni storici ed architettonici, io voglio però
portarvi un esempio concreto recentemente effettuato dal nostro Consorzio affinchè si possa
attuare una politica di promozione in campo ambientale. Il Fiume Lambro è l’elemento
naturale per cui sussiste il nostro Consorzio, è la presenza ambientalmente più importante. Il
Lambro attraversa il territorio di 35 Comuni che fanno parte del nostro Consorzio e,
nonostante sia la presenza caratterizzante, in tutti questi anni nessuno ha mai pensato di
attuare un piano di manutenzione del fiume. Nel 2002 il Lambro si è “arrabbiato” e sappiamo
quello che ha fatto: ha inondato molti dei 35 Comuni del Parco, il centro storico di Monza è
stato totalmente invaso dall’acqua, il piazzale sottostante questa sede era inagibile. Questo
fatto ci insegna che il non intervenire e cioè il fare una tutela, com’era quella degli anni
scorsi, di tipo passivo, non ci aiuta: infatti ci ha fatto conoscere la parola calamità.
Il nostro Consorzio, accogliendo la richiesta dei Comuni e dei Sindaci si è attivato
promuovendo il progetto “Lambro pulito” che attualmente è in fase di realizzazione il cui
importo complessivo è di circa 2 milioni di Euro. Il progetto consiste in interventi straordinari
sul tratto di fiume da Erba a Monza che prevedono la pulizia dell’alveo che si è ridotto in
questi ultimi 50 anni di 2/3 della propria portata. Consolidiamo le sponde e tagliamo tutte
quelle piante che oggi sono in uno stato di precarietà sul Fiume Lambro. Non vogliamo però
che questo intervento termini con la fine dei lavori prevista entro la fine del 2005, altrimenti
correrremmo il rischio di ritrovarci poi successivamente fra qualche anno nella stessa
condizione in cui ci siamo trovati nel 2002, vale dire di dover affrontare una nuova situazione
di emergenza e aver mal utilizzato una quantità ingente di denaro pubblico. Per cui noi
contiamo, su questo tratto di territorio che va da Monza ad Erba, di affidare al termine di
questo intervento straordinario la manutenzione del fiume alle associazioni di volontariato
locale, con dei contratti che ci permettano di mantenere lo stato del fiume in una condizione
ottimale.
Dicevo appunto di questo abbandono dell’ambiente a sé stesso che porta inevitabilmente ad
una mancanza di valorizzazione. Questo non deriva solamente da una superficialità, ma è
figlio di una cultura, che vedeva l’ambiente in contrasto con l’uomo, basata sulla tutela di
tipo passivo. L’ambiente deve rimanere così come è, non si è mai pensato di valorizzarlo. Però
purtroppo abbiamo constatato sulla nostra pelle che questa tutela passiva, di non intervento
da parte dell’uomo, ha portato a quello che tutti abbiamo visto in questi anni.
Finalmente questa cultura è cambiata, da una cultura passiva si è passati ad una cultura
attiva, fondata sulla conoscenza. Io tutelo nella misura in cui amo, ma non posso amare se
non conosco, non posso voler bene ad una persona se non la vedo e questo vale anche per il
territorio. Non lo posso tutelare se non lo amo, se non lo conosco e non lo percorro. Per cui il
nostro Consorzio sta istituendo su questi presupposti un’agenzia del Parco, vale a dire un
ente giuridicamente autonomo rispetto al nostro Consorzio che ha proprio come obiettivo
principale la promozione del territorio.
Noi vogliamo dialogare anche con le imprese che ci sono sul territorio, vogliamo metterci al
loro servizio; ad esempio, le comitive estere che spesso vengono in Brianza per visitare gli
impianti industriali, potrebbero essere accompagnate alla riscoperta di luoghi
ambientalmente più importanti del Parco. Vogliamo anche premiare con un marchio del Parco
quelle imprese locali, che, oltre ad avere sul territorio una presenza di tipo produttivo,
abbiano anche una particolare sensibilità sotto l’aspetto ambientale, mi riferisco alla
certificazione ISO 14001, piuttosto che Emas II.
L’Agenzia ha proprio questo scopo, quello di promuovere e far conoscere il nostro territorio,
attraverso la fruibilità. Le piste ciclopedonali che stiamo realizzando in questi mesi, che
vanno da Monza ad Erba, sono il presupposto per consentire ai nostri cittadini di godere
dell’ambiente attraverso la sua percorribilità. La condizione per poter tutelare l’ambiente è la
sua conoscenza attraverso la fruizione. Il nostro Consorzio, si sta attivando affinchè, anche i
laghi di Pusiano e di Alserio possano essere fruiti attraverso l’utilizzo di una barca elettrica
che sta portando le nostre scolaresche di sponda in sponda a conoscere le presenze
ambientali, le presenze storico - culturali ed architettoniche che vi sono in alcuni Comuni. Mi
riferisco al comune di Bosisio Parini, il paese natale appunto del Parini, al comune di
Pusiano, con il Palazzo Beauhaurnais ed alcune presenze naturali come alcuni canneti che vi
sono sul lago. Questa fruizione anche dei laghi, chiaramente prevedendo i necessari
accorgimenti di salvaguardia ambientale, sono la forma più corretta di tutela per quanto
riguarda l’ambiente stesso. La valorizzazione dell’ambiente può partire anche da situazioni di
degrado.
Consentitemi di portarvi un altro esempio concreto sempre riferito al Fiume Lambro, questo
fiume che è molto carente dal punto di vista della sicurezza; se dovesse avvenire ancora un
periodo di pioggia copiosa come quella avvenuta nel Novembre 2002, probabilmente ci
ritroveremmo in una situazione di emergenza. Il piano di assestamento idrogeologico della
Regione Lombardia prevede per la messa in sicurezza del Fiume Lambro la creazione di due
vasche di esondazione per l’accumulo dell'acqua di piena. Quando il fiume si ingrossa
dobbiamo scaricare in queste vasche una grossa quantità d’acqua per mettere in sicurezza i
Comuni del Parco. Queste vasche, che devono contenere migliaia di metri cubi d’acqua,
creano al territorio e all’ambiente sicuramente un impatto negativo, in quanto, per contenere
le acque, si devono realizzare delle muraglie in cemento armato.
Il Consorzio Parco Valle Lambro, ha proposto alla Regione Lombardia anziché la realizzazione
delle dighe per il contenimento delle acque di piena, che avrebbero sicuramente un impatto
negativo sull’ambiente, di utilizzare come invaso per le acque le cave esistenti sul territorio.
In tal modo quelle che oggi sono delle ferite effettuate al nostro territorio, come la cava di
Brenno, utilizzata in passato dalla Cementeria di Merone per l’escavazione, oggi possa essere
utilizzata per mettere in sicurezza il fiume Lambro e quindi i cittadini che vivono lungo il suo
corso.
Io penso che la valorizzazione di un territorio possa avvenire anche attraverso la
rimodulazione di una presenza che oggi seppur negativa, domani possa divenire positiva. E’
quello che è avvenuto a Merone dove delle ex cave, attraverso un intervento di riqualificazione
ambientale, sono state trasformate nell’oasi di Baggero, vale a dire degli splendidi laghetti
artificiali immersi nel verde. Oggi quest’area è meta di centinaia e centinaia di persone che la
domenica intendono trascorrere una giornata in un ambiente sano e tranquillo, all’interno
appunto di questa oasi. Garantire le esigenze di sicurezza con la possibilità di fruizione
dell’ambiente, da parte dei cittadini, penso sia una delle scommesse che dobbiamo, tutti noi,
affrontare nei prossimi anni.
La sinergia tra pubblico e privato prima illustrata con la cava di Brennero e l’oasi di
Baggero, può essere attuata anche fra le istituzioni e gli enti. Grazie alla legge regionale
40/95, si è creata una sinergia fra Regione Lombardia, Comune di Monza, Sovrintendenza,
Parco Valle Lambro e i Comuni limitrofi al Parco di Monza. Ciò ha portato ad ingenti
investimenti su quello che è uno dei più importanti elementi del nostro territorio che è
appunto il Parco di Monza, cioè il parco recintato più grande d’Europa, meta di migliaia e
migliaia di persone che vogliono godere di questo ambiente. Io penso che questi interventi di
tutela, di fruizione e di conoscenza non possano prescindere da una pianificazione e
programmazione territoriale.
Noi abbiamo un’occasione storica, determinata dalla nuova legge regionale di governo del
territorio. Il nuovo testo della Regione Lombardia, obbliga tutte le Amministrazioni comunali
a riformulare i vecchi Piani Regolatori generali entro quattro anni dall’entrata in vigore della
nuova Legge Regionale n°12/2005. Questa è sicuramente un’occasione per il nostro
Consorzio, ma penso anche per tutte le Amministrazioni coinvolte a riformulare una nuova
pianificazione territoriale. Pianificazione che non sia più frutto di singole contrattazioni fra il
Comune e il Consorzio Parco Valle del Lambro per cercare di salvaguardare determinati
singoli interessi, ma che abbia come obiettivo principale quello di realizzare, non solo sulla
carta, un vero parco Regionale, composto da 35 Comuni e 3 Province. Faccio un ultimo
esempio che mi ha sorpreso notevolmente, e che ci fa capire quanto lavoro dobbiamo fare in
occasione della realizzazione delle nuova Provincia. All’interno dello studio di fattibilità per la
costituzione della nuova Agenzia del Parco sono state fatte una serie di analisi, fra cui anche
una sul turismo locale. Attualmente nel Parco Valle Lambro vi è un’area a parcheggio ogni 10
km di strade e una fontana ogni 20; se vi fosse un ulteriore afflusso di visitatori, gli attuali
servizi sarebbero insufficienti per poterli accogliere. Se facciamo della fruizione e della
conoscenza le forme di tutela del territorio, dobbiamo anche essere attenti in fase di
pianificazione, prevedendo tutti quei servizi necessari altrimenti si creano soltanto delle
aspettative senza dare quei giusti supporti che comunque creano le condizioni per fare in
modo che questa tutela si possa realizzare.
Concludo perché penso di avere fin troppo abusato della Vostra cortesia, facendo gli auguri
alla nuova Provincia per il lavoro che sta facendo e dando un semplice consiglio, dettato
proprio dalla mia piccola esperienza di Presidente del Consorzio Parco Valle Lambro, che per
certi aspetti è un ente simile ad una piccola Provincia.
Le scelte devono essere condivise perché si possano concretizzare.
Grazie.
Simonetta COPPA - Soprintendenza Patrimonio artistico/etnoantropologico di Milano
Grazie. Mi presento anch’io. Sono il funzionario della Soprintendenza per il patrimonio
artistico, storico, etnoantropologico, responsabile non solamente per il territorio della futura
costituenda Provincia di Monza e Brianza, ma per il territorio della Brianza storica e, più in
generale, per l’alto Milanese.
La Sovrintendenza esercita un’azione di tutela che non è un’attività rigida, di blocco, di
controllo in senso coercitivo; è invece un’attività di supporto e di collaborazione, si svolge in
sinergia innanzitutto con gli altri organi periferici del Ministero per i beni e le attività
culturali, quindi le Sovrintendenze per i beni architettonici, per gli archivi e per il patrimonio
archeologico, in sinergia anche con le Amministrazioni locali. Nel territorio che ci interessa
oggi più da vicino, infatti, molte Amministrazione locali sono titolari, secondo vari aspetti,
secondo varie angolazioni, di edifici storici. Senza evidentemente dimenticare Monza,
possiamo ricordare Cesano Maderno, con il Palazzo Borromeo Arese, possiamo ricordare
Vimercate, con il settecentesco Palazzo Trotti, un’altra dimora monumentale di Vimercate ha
in previsione una trasformazione in struttura museale di un edificio storico di proprietà
comunale, ma potremmo ricordare altri innumerevoli casi e poi in sinergia anche con enti
ecclesiastici che sono titolari, in larghissima parte, del nostro patrimonio culturale. Con gli
enti ecclesiastici, sia a livello locale, le Parrocchie o gli altri soggetti religiosi presenti sul
territorio, sia l’organo centrale di riferimento in ambito diocesano, il territorio della nuova
Provincia è interamente compreso nell’ambito della diocesi ambrosiana, quindi con l’ufficio
per i beni culturali ed ecclesiastici della diocesi di Milano
Venendo a parlare più direttamente, sia pure molto in sintesi, su quelle che sono le linee
portanti, le caratteristiche fondative del patrimonio storico artistico della Brianza e della
nuova Provincia di Monza e Brianza, va sottolineato e, in parte lo hanno già anticipato i
precedenti relatori, che vi è un legame forte con Milano. Legame forte che non vuol dire
subordinazione, quindi non vuol dire che il patrimonio storico artistico che troviamo nel
nostro territorio è marginale, provinciale in senso negativo, è periferico rispetto a quello che
troviamo nella città di Milano.
Vi sono delle ragioni storiche e culturali precise per spiegare questo legame forte.
Innanzitutto vorrei ribadire che la Brianza, non solo la nuova Provincia di Monza e Brianza,
ma la Brianza storica, che è territorio a volte abbastanza indefinito nei suoi confini, a
seconda anche degli scrittori che se ne sono occupati, ha comunque un elemento forte di
identità storica nella appartenenza storica alla diocesi ambrosiana e questo ha comportato
tutto un flusso di correnti di scuole artistiche che si innestano nella realtà milanese, ma con
ricadute importanti su quello che è appunto il volto storico, artistico e, più in generale,
culturale del territorio. Al di là di questa appartenenza storica che risale all’avvento della
cristianizzazione in Lombardia, non dobbiamo dimenticare, anche questo è stato anticipato
dai relatori che mi hanno preceduto, che, prima di diventare nell’800 territorio
paleoindustriale, quindi territorio di filande, di manifatture, prima di diventare nel ‘900,
territorio a fortissima industrializzazione, quindi territorio di fabbriche, di capannoni e
quant’altro, nei secoli dell’antico regime il nostro territorio era appunto interessato dal
fenomeno delle ville di delizia, come le troviamo chiamate in un famoso repertorio
settecentesco di Marcantonio Dal Re, le ville di delizie o palagi cantarecci dello Stato di
Milano.
In buona parte queste ville di delizia si trovano nel territorio a nord di Milano, territorio
collinare, territorio anche climaticamente più felice rispetto alla pianura irrigua a sud di
Milano, ma più adatta alle attività agricole che non alle villeggiature di delizia. Questo fa sì
che appunto le grandi famiglie, i patrizi, i nobili che a Milano erano committenti eccellenti di
opere d’arte per le loro ville, per le loro dimore sul territorio, ingaggiassero i medesimi artisti
che lavoravano per loro a Milano. A Monza lo vediamo benissimo per i Durini, mi limito a
questo esempio, nel palazzo milanese dei Durini troviamo al lavoro nel 600 e nel 700 artisti
come Montalto, Ercole Procaccini e altri che poi troviamo al lavoro nel Duomo di Monza e non
dimentichiamo che i Durini erano feudatari di Monza, che poi troviamo al lavoro in Chiese,
Ville e Palazzi del territorio.
È molto importante che il nostro territorio, che è territorio soprattutto oggi con un prevalente
volto legato all’economia, legato all’industria, non dimentichi la sua memoria storica, perché
è solo recuperando un forte senso di identità, una forte memoria storica, che si riesce, come
già è stato detto, a trovare un uso consono al patrimonio storico architettonico ed a fruire in
modo corretto del patrimonio storico artistico.
I profondi rivolgimenti peraltro legati alle trasformazioni socio/economiche/industriali
proprio di questa zona nord di Milano direi che hanno reso forse più difficoltoso il recupero
proprio di questa memoria storica. Paradossalmente in certe valli alpine o subalpine più
marginali è più forte il senso d’identità, ma pensiamo a quanto ha giocato in questa parte
della Lombardia lo sconvolgimento legato anche ai forti flussi migratori tra le due guerre e poi
anche nel secondo dopoguerra. Devo dire che sono benemerite, a questo riguardo, le iniziative
di alcune Amministrazioni. Il Comune di Vimercate, per esempio, ha promosso una serie di
iniziative alcuni anni fa col titolo generale di Mirabilia Vicomercati per portare all’attenzione
proprio dei cittadini, in una forma di divulgazione corretta e anche di approfondimento
scientifico, le diverse fasi appunto della storia e anche della storia architettonica, artistica
locale e naturalmente, come Sovrintendenza, abbiamo dato molto volentieri un supporto a
queste iniziative.
Il Comune di Monza che più recentemente ha edito, in sinergia con altri soggetti, appunto un
corposo volume sulla storia e sull’arte a Monza, ha in preparazione anche un’opera, in questo
caso un’iniziativa editoriale a largo respiro proprio sulla storia della Brianza storica con il
coordinamento generale del professor Giorgio Rumi, che prenderà in considerazione i diversi
aspetti storici, etnografici, geografici, artistici e quant’altro.
WORKSHOP ASSESSORI ALLA CULTURA
Antonio INFOSINI - Moderatore dibattito
Sono Antonio Infosini, sono Direttore dell’area tecnica del Comune di Cesano Maderno, dove
negli ultimi 12 anni mi sono anche occupato di patrimonio storico, di rifunzionalizzazione
soprattutto nell’ambito dell’esperienza di localizzazione dell’Università. Collaboro anche da 4
anni col Politecnico di Milano, dove mi occupo di Lavori Pubblici.
I relatori ci hanno illustrato lo stato dell’arte degli strumenti, alcuni dei quali in fase di
definizione, attualmente disponibili, che ci permettono e ci permetteranno di avere il quadro
complessivo di conoscenza sul patrimonio dei beni culturali della futura provincia di Monza
e Brianza. Tuttavia si tratta di un quadro da completare,aggiornare,modificare ed integrare
anche in rapporto al quadro dei bisogni ed esigenze dei comuni, sia in relazione alle proprie
aspettative sia a quelle che i comuni pongono alla neonata provincia.
Vorrei riassumere, per introdurre il dibattito, le riflessioni espresse negli interventi.
In primo luogo la variegata percezione ed importanza che, a seconda dei casi, assume il
concetto di bene culturale; il contenitore fisico, la collezione, la promozione di particolari
attività; percezione, del resto, perfettamente in linea con il concetto di bene culturale che lo
stesso codice assume definendo bene culturale tutte le cose immobili e mobili che presentano
un riconosciuto interesse artistico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e
bibliografico, secondo le procedure illustrate dal codice. Senza dimenticare, però, anche i
beni paesaggistici che sono costituiti da immobili ed aree espressione di valori storici,
culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio;
In secondo luogo, rispetto al contenitore, le destinazioni e le funzioni, attuali e previste,
alcune analoghe che, probabilmente, necessiterebbero, proprio per una maggiore
valorizzazione, di una visione allargata in termini territoriali, di utenza, di promozione, di
finanziamenti dedicati e, perché no, anche per mitigare eventuali conflittualità;
In terzo luogo la difficoltà di contemperare quello che ad una prima lettura può sembrare un
paradosso: conservazione e valorizzazione potrebbero addirittura confliggere. Infatti
quest’ultima comporta, come minimo, un problema di equilibrio delle funzioni da assegnare
con la necessità di conservare e salvaguardare il bene. Ma anche se così fosse, per dirla con
un noto filosofo britannico Charles Handy, la stessa presa di coscienza del paradosso può
diventare (tramite un approccio proattivo) un motivo di stimolo nella ricerca di soluzioni
operative di tipo innovativo per il superamento del paradosso stesso. Esiste il problema-
trasformiamo il problema in opportunità
Per fare ciò occorre dapprima conoscere, indagare, analizzare ma anche ascoltare. Ascoltare e
raccogliere le istanze che anche in questa sede emergeranno. Lo scopo di quest’ultima parte
del convegno odierno è anche quello di fornire risposte in merito a quanto illustrato
quest’oggi, anche per costruire meglio i tavoli che apriremo nei prossimi incontri, immaginare
scenari, prospettive, suggestioni, proposte che gli enti locali intendono mettere in primo
piano rispetto al tema della valorizzazione dei beni culturali, con particolare riguardo al ruolo
e alle aspettative che, sempre gli enti locali, ripongono, in questo campo, nella neonata
provincia.
Del resto, ancora il nuovo codice dei beni culturali, nell’enunciare i principi fondatori,
sottolinea all’art. 1 che la Repubblica tutela e valorizza il Patrimonio Culturale e che questa
valorizzazione concorre a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio
e a promuoverne lo sviluppo della cultura, affidando, poi, oltre che allo stato e alle regioni,
proprio alle province e ai comuni il compito principale di assicurare e sostenere la
conservazione del patrimonio culturale e di favorirne la pubblica fruizione e valorizzazione.
Ho detto compito principale non a caso. Infatti, a questo compito sono chiamati ad
intervenire anche gli altri soggetti pubblici e soprattutto i Privati proprietari, possessori o
detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale.
Infine un ultimo spunto: sistema e rete devono essere obiettivo ma non necessariamente la
condizione sine qua non, senza la quale non sia possibile avviare il percorso. Per costruire un
sistema, realizzare una rete occorrono accordi, finanziamenti, infrastrutture e, dunque,
inevitabilmente tempo. Se la costituzione della rete o del sistema si protraesse
eccessivamente nel tempo, dovrebbe essere possibile agire anche senza di esse, ponendo
tuttavia attenzione ad evitare azioni che possano configgere, in futuro, con l’obiettivo ultimo.
Un obiettivo ambizioso e difficile ma che risolve, appunto, il paradosso di cui parlavo prima e
ne fa una risorsa.
Credo ci siano sufficienti elementi per avviare il tavolo. I relatori sono a vostra disposizione
sia per rispondere a eventuali quesiti.
Annalisa BEMPORAD - Assessore alla Cultura Comune di Monza
Io sono Annalisa Bemporad, sono Assessore alla Cultura nel Comune di Monza. Volevo
richiamare la relazione che aveva fatto Daniela Benelli quando c’era stato il primo incontro
per la Provincia di Monza e Brianza in Piazza Duomo in un’occasione comune che parlava di
mantenere e valorizzare il passato e di proiettarlo nel futuro. Allora ci sono tre cose che
volevo dire rispetto all’interessante serie di interventi che si sono sentiti stamani. Uno è
quello che sono d’accordissimo sul fatto che occorre avere una conoscenza del proprio
patrimonio, una conoscenza approfondita e anche un censimento dei giacimenti culturali più
vari, dagli archivi, alle ville, alle strutture industriali dimesse. Occorre però che mettiamo a
punto un metodo comune che senta anche le Amministrazioni locali rispetto al come, perché
quando a me è arrivata una lettera che mi chiedeva di condensare in venti righe le priorità
culturali della città di Monza, io ci ho pensato un bel po’, poi ho mandato una guida del
Touring di Monza e Brianza con due righe di accompagnamento, perché chiaramente è molto
difficile. Ci sono dei livelli diversi, chiaramente occorre che una griglia venga predisposta, che
chi si occuperà, penso sotto l’egida della nuova Provincia di questo censimento, che è un
livello alto, un livello di conoscenza che sta sopra ad una serie di operazioni che possono
essere comunque condotte, condividendo il metodo e anche mettendo a punto una
diversificazione di valore, ma di valore, intendo semplicemente di dimensioni, di capacità
anche rispetto ad eventuali contenitori, così come alle strutture dichiarate come “culturali”
presenti sui nostri territori che sono molto diversificate.
Esistono dei problemi culturali che vengono prima e che vanno comunque indagati a cui
invito i colleghi Assessori alla Cultura a confrontarsi al più presto perché sull’identità della
Brianza, sulle sue vocazioni culturali, al di là dei giacimenti, al di là delle strutture, al di là
di quelli che sono il patrimonio architettonico e artistico, più o meno, abbandonato, più o
meno valorizzato, occorre che facciamo mente comune e che ci sia una definizione identitaria
più precisa che sta molto al di sopra di tutto quanto. È una riflessione alla quale chiamo
veramente tutti quanti perché è molto difficile che noi poi riusciamo anche a dare delle
destinazioni adeguate al tipo di struttura.
L’altra cosa che deve rendere operativo e interessante questo lavoro è: i giacimenti culturali
del passato sono straordinari, vanno mantenuti, probabilmente non abbastanza è stato fatto
e magari Amministrazioni diverse hanno potuto intervenire in modo diversificato anche per
diversità di mezzi e di tante altre ragioni. Ma esistono anche dei giacimenti per il futuro.
Questo è un territorio molto attivo dal punto di vista della produzione, ma noi pensiamo a
quello che rappresenta dal punto di vista dell’innovazione tecnologica in campo industriale,
in campo informatico, in tutti i campi in cui si sta lavorando, perché questa è l’identità di
questo territorio più interessante anche da vedere in una forma futura. Quindi noi dobbiamo
lavorare su questo perché questo può essere un grande patrimonio da mettere a disposizione
dal punto di vista culturale al resto del Paese, non soltanto della Provincia di Milano o della
Provincia di Monza. Di questo sono profondamente convinta venendo da fuori, essendo
un’immigrata ormai da lunga data, ma comunque un’immigrata, la cosa più interessante che
si trova da queste parti per chi viene dalla Toscana, piuttosto che da un altro posto.
E anche l’innovazione, dal punto di vista del pensiero, della capacità, io penso soltanto ai
giacimenti di collezionismo, a quello che c’è nel campo proprio della personale coltivazione di
qualche passione e che dà poi dei risultati di grande interesse che devono essere messi a
sistema.
Quindi su molti di questi argomenti bisogna fare riflessione a livello di studio, sul quale
ovviamente avremo bisogno, come singoli Comuni ma anche come Provincia, di aiuto, studio,
destinazione di fondi, eccetera, ma anche sul fatto che si può cominciare a lavorare su punti
tematici che sono stati richiamati dalle relazioni e su percorsi tematici che possono dare
risultati a breve scadenza, che possano servire per il lavoro di tutti e dare dei risultati in
termini abbastanza immediati, perché questo può rappresentare un incentivo per poi fare il
discorso più avanzato. Grazie.
Antonio INFOSINI - Moderatore dibattito
Mi pare che l’Assessore abbia lanciato uno spunto, a mio avviso, molto interessante, cioè
quello di definire prima l’identità della Brianza e poi pensare alle destinazioni. A maggior
ragione credo sia importante parlarne qui oggi. Riguardo al metodo, io condivido la sua
giusta osservazione. È evidente che l’approccio che stiamo cercando di fare è un approccio di
carattere sperimentale e quindi può essere soggetto magari a ripetizioni o anche a degli
errori, quindi le valutazioni che faremo in futuro, sono destinate a prendere spunto dalle
proposte che Voi farete alla Provincia, affinché la Provincia, come mi pare di aver letto anche
su alcuni giornali, non si limiti ad essere una mera trasposizione delle competenze milanesi
alla Provincia di Monza e Brianza, ma prenda in questi due o tre anni lo spunto per cercare
di creare una struttura che sia veramente poi legata alle esigenze effettive.
Volevo dire ancora una cosa affinché venga meglio precisato l’aspetto del vincolo automatico
che credo abbia almeno due valenze. Una assolutamente di tutela, ma l’altra anche,
permettetemi poi di spiegarlo meglio, che merita attenzione. Sostanzialmente mi pare di aver
capito che se i Comuni non faranno questa dichiarazione sulla sussistenza dell’interesse
culturale (e due sono gli elementi fondamentali: che abbiano oltre 50 anni e che l’autore non
sia più vivente), si determinerà uno stallo che potrà essere rimosso solo dopo che la
Soprintendenza abbia espresso l’esistenza o l’inesistenza dell’interesse stesso.
Io non credo, ce l’ha detto anche il funzionario della Soprintendenza che si occupa di archivi,
che la Soprintendenza agisca d’ufficio, è difficilissimo.
Marina ROSA - Soprintendente Beni architettonici e Paesaggio
Anche perché vedete in tutti questi anni, dal 39 ad adesso avete visto quanto pochi sono i
vincoli, di conseguenza Voi sapete bene che non potremmo intervenire d’ufficio. È ovvio che -
specifico un attimo - le Amministrazioni, gli enti e i privati, perché dobbiamo pensare anche
ai privati, nel momento che decidono di intervenire su un edificio, non un edificio importante,
una villa Taverna, una villa Gallarati Scotti, ma una cascina oppure un ufficio postale del
1937, devono sapere che, prima di intervenire, devono presentare alla Soprintendenza la
richiesta di riconoscimento o meno del valore storico artistico di questo immobile. Perché nel
momento che la Soprintendenza valuta e dice: no, questo immobile, intendo dire l’ufficio
postale, non ha nessun interesse, allora poi l’Amministrazione procede e noi non entriamo
più in merito agli interventi che fa, ovviamente se diciamo: sì ha interessi, poi partono tutte
le procedure autorizzative legate agli edifici vincolati.
Carlo MARIANI - Assessore alla Cultura Brugherio
Volevo avere la parola per dichiarare il mio consenso all’intervento dell’Assessore Bemporad.
Io magari non direi l’identità della Brianza, parlerei però di un progetto comune e condiviso
di politiche da portare avanti in Brianza che poi presupponga e rafforzi l’identità, questo mi
sembra del tutto evidente. Questo progetto è anche importante perché mi pare che siamo
obbligati anche da vicende e dallo svolgersi dei fatti a occuparci in fretta di queste cose,
magari non direttamente, ma in modo indiretto.
Ad esempio stiamo vedendo lo smantellamento del distretto dell'elettronica che aveva nella
Brianza una vastissima e maggioritaria configurazione. Si è formata alla fine negli anni 60,
nessuno né in Lombardia, né altrove nella classe politica ne ha intuito il valore e la rilevanza
nazionale.
C’è un altro distretto, quello del mobile che ci riporta alle questioni riferite anche nelle
relazioni, ovvero a quanto sia stretto lo sviluppo dell’attività mobiliera artigianale rispetto al
costituirsi delle ville di delizia, la presenza della grande Villa Reale e il fatto che su questa
direttrice, poi sostenuta anche dalle ferrovie, si è costruito all’interno del mercato di Milano e
in questo particolare di pregio un artigianato prima e una scuola d’arte poi costituita dal
Comune di Monza, alla fine dell’800 sulla base di un’intuizione dell’Umanitaria di Milano.
Per cui quando si dice: c’è un intreccio nella storia e nelle identità fra Monza e la Brianza e
Milano, è vero, ma il distretto mobiliero che ha per esempio come capisaldi delle cose molto
fragili a Lissone, a Cantù e che pure rappresenta per l’economia una parte così importante,
tanto è vero che si dice che qui ci sono 19 Comuni della Regione Lombardia collocati come il
distretto del design nella Brianza prossima, credo che questo sia, per esempio, un pezzo di
un ragionamento che non voglio assolutamente affrontare, ma che indico come un tema
importante su cui ragionare e scavare, perché lì si intreccia una memoria storica, una
identità, un tipo di sviluppo e qualcosa di importante che è diventato anche testimonianza
nel tempo, di innovazione e che ancora continua. Pensiamo soltanto a Lissone, con LS13 Gae
Aulenti e gli altri docenti del Politecnico che hanno avviato la standardizzazione e la
produzione per moduli, che è diventata anche un pezzo del design italiano e dello stile
italiano nel mondo.
Mi fermo per dire che ci sono sicuramente molti di questi elementi che vanno indagati e
sarebbe utile che formassimo gruppi di lavoro anche per potere avere l’agio di identificarli e
farli vivere anche con tutti quei contributi che non sono assolutamente costrizioni, ma aiuti
che ci vengono dati dai relatori della Soprintendenza. Parlando di contenitori, nel nostro
comune stiamo cercando di integrare la biblioteca con una galleria da destinare ad
esposizioni di arti figurative: potrebbe svilupparsi e crescere se messa in rete con Monza. Per
il teatro c’è il San Rocco di Seregno, penso a Monza che ha pure un centro teatrale, penso al
Teatro San Giuseppe di Brugherio: non ci deve essere una logica di concorrenzialità, ma una
sinergia una costituzione della presenza. E anche nella città noi cerchiamo di costruire un
sistema culturale che integri l’ambiente, il paesaggio e anche le preesistenze dei contenitori.
Ad esempio attorno al vecchio cimitero si sta costruendo un sistema anche ambientale nuovo
con un concorso di idee, mentre nel nuovo cimitero il progetto è quello di costruire l’ambiente
agrario, perché ci sono ancora le preesistenze in parte, per fortuna, i corsi d’acqua, gli alberi,
le numerose cascine, alcune anche sottoposte a vincolo e a tutela e quindi fortunatamente
preservate che possono mantenere questo carattere.
Se si pensa all’ultimo punto, il turismo deve diventare, può diventare il progetto di una
fruizione, l’ha già detto l’amico del Parco della Valle del Lambro. Bisogna trovare quindi dei
momenti in cui unifichiamo questi pezzi, queste tessere di un possibile progetto. Grazie.
Chiara VILLA - Assessore alla Cultura Vimercate
Sono Chiara Villa, Assessore alla Cultura di Vimercate. Io volevo fare un’osservazione,
prendendo spunto da quello che diceva Minervini. Lei ha parlato di catalogazione per
catalogare, catalogare per tutelare, tutelare per valorizzare, cioè i tre passaggi che riguardano
i beni culturali. Io però pongo una domanda che francamente esce un po’ dai nostri
Assessorati specifici, anche un po’ forse dalle nostre competenze. Credo che il problema sia
anche quello di progettare il nuovo. Noi stiamo valorizzando dei beni che hanno oggi un
riconoscimento di valore perché sono stati costruiti e pensati in un certo modo, anche in
relazione all’ambiente che è un discorso importantissimo. Le ville di delizia vivono all’interno
di un luogo verde, di un ambiente che deve essere l’ambiente di delizia. Però il problema poi
diventa, a questo punto, per Monza e Brianza, come dire caratterizzarsi e mantenere anche
questo spirito di innovazione anche un impegno nel costruire la cultura futura, non soltanto
nel valorizzare, ma anche nel riprogettare. Qui sto pensando agli edifici, ai nuovi parchi, alle
nuove collocazioni della città, perché non basta il recupero di un bene antico, bisogna creare
anche i beni contemporanei, i beni moderni e io penso che su questo forse la Brianza
appunto ha il 20%, il 30%, non ha importanza, però potrà costruire una percentuale molto
più alta di beni culturali futuri. Questa era la mia osservazione, per cui questo discorso della
cultura esce dai confini che necessariamente le nostre funzioni qui ci danno. Riguarda
veramente una politica urbanistica di carattere più generale, perché se poi accanto al
recupero del bene culturale c’è un pensiero architettonico infelice sul nostro presente, il bene
architettonico rimane un po’ orfano. Questo volevo osservare.
Daniela POLLASTRI - Assessore Parco e Villa Reale Monza
Sono Daniela Pollastri, sono Assessore al Parco e Villa Reale del Comune di Monza. Sul
recupero del Fiume Lambro, mi riferisco all’intervento del Presidente Ascari. Assolutamente
d’accordo su questo tipo di recupero e anche sul recupero in sinergia pubblico/privato. Io
vorrei sottolineare un piccolo aspetto che è molto piccolo, ma che potrebbe anche essere
importante. Riguarda il recupero dei retaggi, le usanze di quella che era la società agricola
che caratterizzava la Brianza.
Faccio due piccoli esempi. Una volta ogni proprietà agricola aveva più di una cisterna per la
raccolta delle acque piovane, acque piovane che naturalmente così non confluivano nelle
acque del Lambro e che poi venivano recuperate nei periodi di minor intensità delle piogge
per usi agricoli. Noi adesso abbiamo una frammentazione di piccole proprietà, soprattutto
nella Brianza, con tanti giardini. Si sta riusando, ho visto nei vari Comuni e anche Monza sta
proponendolo, la proposta con incentivi a chi vuole realizzarsi una piccola cisterna per uso
delle acque piovane per innaffiare le piante, per mantenere i propri giardini. Secondo me
dovrebbe diventare obbligatoria questa dotazione di una cisterna perché migliaia di metri
cubi di acqua recuperati nei bacini potrebbero essere invece distribuiti nelle piccole
proprietà.
Poi un’altra cosa, per esempio. So che fino a tempi recenti, e per tempi recenti intendo una
ventina di anni fa, dico un esempio che so, ma ce ne saranno numerosi altri, c’erano delle
feritoie nelle murature di Villa Penati perché quando il Lambro esondava, l’acqua scorreva nel
parco di Villa Penati e non procurava danni ai centri residenziali. Queste feritoie sono state
chiuse una ventina di anni fa, altri accorgimenti che comunque portano a piccoli interventi
non invasivi rispetto al territorio, ma comunque risolutivi in piccola parte, ma poi le piccole
parti sommate producono delle grandi parti.
Poi naturalmente, per quanto riguarda il Lambro, io sottolineo l’importanza, ma so che lo
stiamo facendo, sottolineo e voglio che si sappia cosa stiamo facendo, del recupero delle
rogge che all’interno del Parco stanno per essere rimesse in funzione, però poi ci sono anche
le rogge all’esterno del Parco, in tutte le zone sud della città che sono state perlopiù chiuse o
dismesse o comunque sono trascurate e il recupero del sistema dei mulini. Il Parco ne ha tre
ma so che nella zona sopra il Parco, a San Giorgio, in altre zone ci sono numerosi mulini che
hanno caratteristiche importanti, che costituiscono un sistema importante da rivalutare,
perché no, magari anche per una riproduzione di energia, se non di energia da legare alla
macina del grano, però energia da recuperare, da rimettere in circolo. Questo per quanto
riguarda il Parco.
Per quanto riguarda invece il riuso di ville. Innanzitutto voglio estendere a tutti i presenti un
invito per domani mattina. Si inaugurerà il salone di Villa Mirabello restaurato e riportato
agli antichi splendori, se così si può dire, è un piccolo intervento in un grande complesso che
necessita di ulteriori interventi.
Villa Mirabello, non tutti lo sanno, è sede degli uffici dell’amministrazione Parco e Villa Reale,
poi c’è una parte adibita a biblioteca. Questo uso mantiene questi ambienti in uno stato
quanto meno di decenza. Gli ambienti non usati, quelli al primo piano sono in uno stato di
assoluto degrado. Per Villa Mirabello si sta pensando alla necessità di trovare un utilizzo che
presupponga un restauro importante e vero, comunque se domani qualcuno di Voi vuole
partecipare a questa inaugurazione, vedere coi propri occhi quanto può essere riportato ad
un livello di accettazione e di invito, di decenza, uno spazio che altrimenti rischia di perdersi,
siamo alle 11, a Villa Mirabello. Grazie.
Antonio INFOSINI - Moderatore dibattito
Tre brevi commenti su tre interventi, prima poi di ripassare la parola. Riguardo a quello che
diceva l’Assessore Mariani, mi pare che la sua sia una sofisticazione ulteriore rispetto a ciò
che diceva prima l’Assessore, quindi sostanzialmente Lei pone a monte la definizione di un
progetto e poi man mano si scende sulla definizione di una identità della Brianza e quindi
arrivare poi alle destinazioni.
Rispetto ai temi lo scopo è proprio questo. Noi non spariremo da qui a settembre, fino al
prossimo incontro. Ci saranno sicuramente delle corrispondenze che terranno conto di ciò
che è stato detto in questo convegno, ci saranno dei tavoli di lavoro in cui privilegeremo
alcuni aspetti in parte emersi dalla discussione, in parte emersi dalle relazioni che sono state
qui fatte.
L’Assessore Villa pone un problema enorme, si tratta di un tema che è sicuramente molto
suggestivo e che pone dei problemi giustamente non soltanto nell’ambito delle competenze
dell’Assessore alla Cultura, si tratta di un progetto politico.
Angelo CAPPELLINI - Direttore settore beni culturali Provincia di Milano
Innanzitutto per quanto riguarda i vincoli che sono presenti alla Soprintendenza vanno anche
aggiornati naturalmente perché noi abbiamo rilevato che Palazzo Isimbardi dipende dalla
Prefettura come Palazzo Diotti, invece sono nate le province poi negli anni successivi e
Palazzo Diotti è della Provincia di Milano come lo è Palazzo Isimbardi, perché c’è ancora il
vincolo del 1911 e non è stato aggiornato.
Io ho seguito per la Provincia di Milano anche la divisione tra Milano e la Provincia di Lodi. È
stata un’esperienza decisamente non positiva perché si è fatta la divisione proprio dei pani e
dei pesci. Erano 200.000 persone che se ne andavano via, tot per persona, questo e questo e
via, via. Si sono divise le cose in un modo veramente assurdo e spero che non succeda con la
Provincia di Monza e Brianza.
I cittadini non lo capirebbero. Per la divisione dei pani e dei pesci, i colleghi della Provincia di
Lodi chiesero il Bernardino Campi di Limbiate, che a loro interessava perché era lodigiano,
senza capire che faceva parte integrante di un complesso religioso e aveva un significato per
riguarda la comunità di Limbiate,. L’auspicio del cittadino, non tanto del funzionario, è che
gli Amministratori considerino che devono rendere conto alle proprie comunità. Per me la
Villa di Cesano Maderno non è di Cesano Maderno, è talmente importante questo: è come dire
gli Uffizi di Firenze. Non ha significato. Come cittadino italiano non lo capisco e qui la Villa di
Cesano Maderno è un complesso che fa parte di un’area molto più vasta.
Come dirigente pubblico e sarò chiamato al mio compito, ma questo ribadirò al mio Assessore
e al Presidente Penati, che vi sono dei beni che devono stare al sistema interprovinciale. Così
Palazzo Pusterla, la Villa Reale, il Duomo di Milano.
Per cui l’invito è andare oltre, verso sistemi culturali integrati e anche interprovinciali. Oggi li
stiamo facendo, per il design, ad esempio. Stiamo lavorando su questa tema importante che
ci porta in collegamento immediato con la Provincia di Como.
Avevo detto nel mio intervento che Monza è al centro e sarà uno snodo importante di quattro
altre Province significative della Lombardia: Lecco, Como, Milano e Varese che sono fra le più
importanti. L’interscambio ci tutelerà dal cadere in un campanilismo becero, privo di
significato e sterile per tutti. Io credo che gli Amministratori di oggi devono pensare a quello
che sarà il futuro.
Un’altra cosa e chiudo immediatamente: occorre pensare di vivere il nostro secolo. Io voglio
vivere il 2000, anzi, sono un uomo del ‘900, però lo voglio vivere lo stesso... Gradirei che si
ricordassero i nostri architetti. Lissoni l’ho citato, poi conterranei, ma abbiamo anche avuto
Bottoni, Giò Ponti, Pierluigi Nervi, Muzio. Le loro architetture sono dei capolavori non devono
essere oscurati dai richiami al passato, al Canaletto, al Bernardino Campi e al Colosseo.
Abbiamo di quelle cose ottocentesche o novecentesche che sono delle meraviglie che vanno
tutelate e vanno veramente proiettate nel futuro.
Marina ROSA - Soprintendente Beni architettonici e Paesaggio
Io volevo ricondurre la cosa all’obiettivo dell’incontro di oggi. Soprattutto volevo cogliere una
proposta che fatto l’Assessore di essere operativi, visto che questo dovrebbe uno workshop.
Dicevo prima che martedì io personalmente ho promosso, sempre all’interno della settimana
dei beni culturali, una iniziativa, all’ordine degli architetti: una conferenza promossa da me
sulla cosiddetta casa di plastica di Sesto San Giovanni, un edificio degli anni 70 che vogliono
demolire e su cui la Soprintendenza vorrebbe intervenire, anche se non ha 50 anni. Ma in
questo momento gli strumenti che abbiamo a disposizione non ce lo consentono. Questo per
dirvi che non è che noi abbiamo una visione limitata. Sicuramente, la Soprintendenza era in
prima linea su Terragni e siamo in prima linea su tutti questi edifici, ma come
Soprintendenza non possiamo occuparci della promozione dell’architettura moderna. Lo sta
facendo il nostro Ministero che ha istituito a livello centrale un dipartimento per
l’architettura moderna volto alla sua promozione, anche con bandi di progettazione
internazionale. Ma sul nostro territorio non è nostra competenza.
Vorrei poi richiamare quanto detto dall’architetto Pollastri quando accennava al discorso dei
mulini. C’è un’iniziativa a Monza, coordinata da un club service, che vorrebbe, in
collaborazione col Parco Valle Lambro e con tutte le istituzioni, promuovere proprio un
discorso sulla via dei mulini: sono argomenti molto sentiti e su cui si sta già lavorando.
Antonio INFOSINI - Moderatore dibattito
Per arrivare al prossimo incontro con qualcosa di concreto credo che occorra, dopo aver fatto
la sintesi dei temi che sono emersi, vedersi sicuramente altre volte attorno ad un tavolo di
lavoro vero e proprio. Quindi bisogna fare la sintesi di ciò che è stato detto, proporre una
serie di temi, come quelli legati alla definizione delle destinazioni, alla individuazione delle
funzioni da mettere a rete e, fatta questa proposta, stabilire un calendario che, da qui a
settembre, ci porti ad incontrarci più volte. Quindi direi che la fase successiva sarà
sicuramente questa.
Marina ROSA - Soprintendente Beni architettonici e Paesaggio
Stamattina qualcuno, accennava al fatto di Vimercate che in una delle ultime riunioni che
avete avuto ha proposto questo discorso del forum... Forse è il caso di creare una sorta di sito
che raccolga le varie riflessioni, magari delle proposte per cominciare a lavorare organizzando
il lavoro in gruppi, istituendo dei tavoli di lavoro ai quali aderire secondo i propri interessi.
Potrebbe essere una metodologia di lavoro.
Enzo MINERVINI - Responsabile U.O. SIRBEC Regione Lombardia
Io credo che si debba lavorare moltissimo per ridisegnare il ruolo delle Province. La Provincia
è un ente che 20 anni fa si pensava di abrogare. Io penso che fosse un errore perché più si
avvicina al cittadino il controllo delle politiche, più si avvicina la costruzione delle politiche
alle competenze presenti nel territorio, tanto è più facile non fare errori.
In questo senso io credo che il compito dello Stato e della Regione sia quello di definire dei
quadri e per quello che riguarda il mio lavoro della catalogazione è sviluppare le banche dati,
dare le norme di catalogazione, sviluppare sistemi condivisi, e poi seguire quelle che sono le
volontà programmatorie che dal territorio emergono. In questo senso credo che la Provincia
abbia un ruolo fortissimo. Quello che noi concretamente offriamo alla Provincia, è la
possibilità di finanziamenti. In molte Province lombarde in questo momento, la Regione sta
finanziando al 100% la identificazione con una scheda estremamente semplificata, capace di
parlare con la struttura informativa dello Stato, circa gli edifici di interesse storico artistico,
storico trattino artistico, cioè anche le cascine, anche gli edifici industriali dismessi, non solo
quelli dove ci sono gli affreschi di Lorenzo Lotto. La Regione offre questa possibilità per
costruire, dare una carta d’identità minima sull’edificio sulla quale poi si può decidere se
studiare o no e se intervenire o no.
Uno degli aspetti di fragilità di tutto il sistema oggi, è mettere in raccordo la cultura dei
funzionari che operano negli Assessorati alla Cultura con quella di coloro che operano nella
pianificazione del territorio.La nostra ambizione è, attraverso questa operazione, costruire lo
strato informativo dei beni culturali nel sistema informativo territoriale. Cioè georeferenziare,
con un poligono sulla carta tecnica regionale tutti gli edifici nei quali le autonomie locali
dicono: quello è importante perché è bello, perché ha una storia, perché penso che mi serva.
Recentemente abbiamo fatto dei corsi gestiti col Politecnico di Milano e promossi
dall’Assessorato alla Cultura indirizzati ai tecnici della pianificazione territoriale: ne abbiamo
tenuto anche uno qui a Triuggio.
Altro aspetto fondamentale è evitare gli sprechi. In questo momento, c’è un sistema
informativo dell’istituto centrale del catalogo, un sistema informativo dell’istituto centrale del
restauro, che fanno quasi la stessa cosa e credo che la DARC, direzione arte contemporanea
stia facendo un sistema informativo dell’architettura contemporanea. Ciò è preoccupante
quando invece stiamo cercando con le Sovrintendenze, con le Province, di fare un sistema
informativo possibilmente unico, di programmare fortemente le catalogazioni per non
spendere inutilmente in doppie catalogazioni. Abbiamo avuto un rapporto di collaborazione
conflittuale con le diocesi su questo tema per cercare di raccordare i vari sistemi informativi.
Abbiamo fatto una sperimentazione sugli edifici di Asnago Vender, Terragni e Lingeri di
messa in raccordo della catalogazione degli archivi degli architetti con le schede storico
artistiche dei beni architettonici, per consentire la navigazione tra i documenti. Va costruito
un sistema informativo unico, primo perché si risparmia denaro; secondo, perché si danno
degli strumenti a chi poi effettivamente interviene sul territorio, cioè sui tecnici che fanno la
programmazione. Terza cosa: perché sono anche delle cose molto belle e interessanti da
vedere e che servono per conoscere e quindi vanno quanto più possibile rese fruibili dal
pubblico sulla rete.
Annalisa BEMPORAD - Assessore alla Cultura di Monza
Io volevo apprezzare le precisazioni e anche gli interventi che sono stati apportati perché
chiariscono ma anche per chiarire meglio quello che volevo dire. Penso che questo discorso
della catalogazione, dell’unificazione della descrizione dei cataloghi vada realizzato a monte,
nel senso che è sicuramente una cosa indispensabile e sulla quale l’intervento della
Soprintendenza della Regione, del Ministero, ma secondo me è necessario lavorare a più
livelli. Il livello del coordinamento fra la pianificazione urbanistica e le risorse culturali e
architettoniche, storiche, eccetera, è un altro obiettivo fondamentale.
Un altro obiettivo fondamentale è quello che nel frattempo le cose che sono di livello altissimo
e appartengono a tutti finiscono per non appartenere a nessuno e drammatica è la situazione
della Villa Reale di Monza. A proposito della Villa Reale del Parco e di tutto questo giacimento
la cui costruzione ha richiesto quattro anni presenta, ancora oggi in occasione del
bicentenario, seri problemi non solo sulla sua destinazione, ma anche sul recupero e sul
mantenimento di un minimo di condizioni di mantenimento dell’opera.
Questo è un appello ad uno scatto di orgoglio degli Amministratori della Brianza che spesso
per necessità, e per appartenenza ad una struttura più ampia, ci appoggiavamo alla Provincia
di Milano, alla Regione, eccetera, eccetera. Adesso lo scatto di orgoglio deve portarci a
rappresentare noi stessi. Per questo parlavo di - identità forse è un po’ troppo- di trovare
delle linee comuni di lavoro, perché se non sono io, per me, chi sarà per me, e se non ora
quando? Adesso è il momento di fare questa cosa. Per cui secondo me un riferimento che ci
veda partecipi, se non altro nel momento in cui viene stabilito un criterio di catalogazione, di
censimento a livello di Amministratori comunali, è necessario. Occorre anche che noi
Amministratori a livello locale ci si trovi e si individuino delle linee operative che non sono né
esaustive, né prese una volta per sempre, né impositive, ma che siano per scelta e per
analogia.
Un piccolissimo esempio sono le sinergie, che, per esempio, si stanno cercando su singole
iniziative culturali, come quella che abbiamo preso con il Comune di Villasanta sulla filosofia,
piuttosto che quelle che stiamo prendendo, che sto prendendo come Assessorato alla Cultura
con altri Comuni su singoli temi. Se ci si riesce a trovare per gruppi, magari sulla
suddivisione territoriale, ma non necessariamente, se si riesce a fare team su questa cosa e a
trovare delle piste di lavoro, queste possono servire per un’ulteriore riflessione.
Marina ROSA - Soprintendente Beni architettonici e Paesaggio
Condividendo quanto ora detto, io credo che il fatto che nasca la nuova Provincia sia
un’occasione unica che non dobbiamo sprecare. Quindi stamattina, si sia manifestata la
volontà, il desiderio di tutti, di lavorare su questo tema. Una cosa che però vorrei
sottolineare, chiamando in causa la mia collega Simonetta Coppa, è che noi parliamo tutti di
edifici perché alla fine, poi è la cosa che agli Amministratori tocca più da vicino, perché
hanno magari edifici acquistati da poco a cui devono trovare destinazioni d’uso, però
dobbiamo pensare, come abbiamo visto stamattina, che il patrimonio culturale non si limita
al discorso di edifici. Il patrimonio culturale, i beni culturali sono ben altro: ad esempio la
Villa Reale è una sorta di summa maxima di tutte le cose di cui abbiamo parlato stamattina.
C’è l’architettura, ci sono i beni immobili e mobili, ce ne sono più pochi, ma comunque ci
sono i giardini storici, c’è l’ambiente con il Lambro, ci sono gli archivi, insomma c’è tutto.
Quindi un edificio non è soltanto una scatola, ma è un contenitore importante di cose
altrettanto importanti.
Simonetta COPPA - Soprintendenza Patrimonio storico artistico/etnoantropologico
Milano
Colgo l’occasione, mi rifaccio a quello che era stato detto prima dal dottor Cappellini a
proposito della pala di Bernardino Campi a Limbiate, pretesa dalla Provincia di Lodi. È un
esempio, senza fare una questione di Secchia rapita, di come sia importante recuperare, ai
fini dell’identità storica, anche certe radici culturali. Questa pala, ed è un esempio tra i molti,
non è che sia emigrata da Cremona a Limbiate o da Lodi a Limbiate: è stata eseguita da
Bernardino Campi, come altri pittori della famiglia Campi, protagonisti di una certa stagione
culturale, religiosa, storico/artistico della Milano di Carlo Borromeo, è stata eseguita per la
Chiesa in cui si trova, quindi paradossalmente riportarla a Lodi o a Cremona sarebbe
un’operazione di decontestualizzazione forte. Una richiesta di questo genere è una richiesta
animata da uno spirito localistico che però non tiene conto appunto di certe radici. Senza
minimamente contraddire quello che è stato detto a proposito della pianificazione del
moderno e del contemporaneo, vorrei richiamare attenzione anche sull’importanza di
recuperare una certa memoria storica che si è persa più in questo territorio che non in altri
economicamente e industrialmente meno vivaci, ma proprio per questo meno stravolti. Buona
parte di questo patrimonio storico, e mi spiace che non sia potuto intervenire il
rappresentante della Curia, si è sedimentato nelle Chiese e quindi seguito dai Beni culturali
ecclesiastici.
Qui una piccola precisazione, adesso io non ho sottomano il codice ma proprio tra i beni
tutelati si parla di beni di soggetti privati non aventi finalità di lucro. Questa formula, che è
un po’ macchinosa, individua gli enti culturali ecclesiastici che non sono enti pubblici, ma i
cui beni comunque rientrano tra quelli che formano proprio la nostra memoria storica e che
quindi la legge di tutela individua come beni da tutelare. La vecchia 1089 era più chiara nella
formulazione, però i beni di cui si parla, di soggetti senza finalità di lucro, sono appunto
quelli che si riferiscono agli enti culturali ecclesiastici.
Antonio INFOSINI - Moderatore dibattito
Mi pare che gli ultimi tre interventi siano stati incentrati sull’auspicio, che soprattutto
Marina Rosa, il dottor Cappellini e anche Minervini hanno espresso, che la neonata Provincia
eviti di arrivare ad una mera suddivisione del patrimonio, e a lasciar prevalere fenomeni di
campanilismo: giustamente Cappellini faceva l’esempio della integrazione dei sistemi
metropolitani che arrivano addirittura fino a Lugano. Recentemente abbiamo sentito questa
stessa frase in un convegno in cui hanno partecipato Cacciari e Botta, dove Botta addirittura
ha detto che lui si sente abitante alla periferia di Milano, tirandosi dietro addirittura le ire
degli svizzeri.
Concluderei dicendo che ci sarà sicuramente una sintesi di quanto ci siamo detti quest’oggi,
stileremo quindi un calendario per arrivare a definire una serie di successivi incontri.
Nell’ambito di questi calendari faremo anche una precisazione rispetto ai temi che
proponiamo che potrebbero anche non essere esaustivi, per cui c’è la possibilità sicuramente
di poter, integrare o evidenziare altri temi, magari non emersi oggi o che non abbiamo
percepito. Io direi che poi occorra arrivare anche alla individuazione di strumenti più agili,
quali appunto il forum nell’ambito di un sito o all’integrazione dei sistemi di conoscenza.