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Regione Piemonte - Benessere animale e prevenzione randagismo SOMMARIO Introduzione 2 Elementi di etologia 3 Interpretazione di comportamenti aggressivi 4 Altri atteggiamenti caratteristici 6 Il benessere animale 7 Analisi dei cinque principi di libertà 8 L’anagrafe canina regionale 11 Il Tatuaggio 12 Il servizio di cattura 13 Modalità di cattura 14 I canili sanitari ed i canili rifugio 15 Scheda di affido cani randagi 17 L’alimentazione del cane e del gatto 18 Sicurezza sul lavoro 20 Malattie parassitarie da parassiti interni determinanti zoonosi 21 Malattie protozarie 23 Malattie infettive virali 23 Malattie infettive batteriche 24 Gestione sanitaria e profilassi ambientale di canili e gattili 25 Esecuzione di terapie locali o orali 26 Terapie locali 26 Terapie orali 26

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SOMMARIO

Introduzione 2

Elementi di etologia 3

Interpretazione di comportamenti aggressivi 4

Altri atteggiamenti caratteristici 6

Il benessere animale 7 Analisi dei cinque principi di libertà 8

L’anagrafe canina regionale 11 Il Tatuaggio 12

Il servizio di cattura 13

Modalità di cattura 14

I canili sanitari ed i canili rifugio 15

Scheda di affido cani randagi 17

L’alimentazione del cane e del gatto 18

Sicurezza sul lavoro 20

Malattie parassitarie da parassiti interni determinanti zoonosi 21

Malattie protozarie 23

Malattie infettive virali 23

Malattie infettive batteriche 24

Gestione sanitaria e profilassi ambientale di canili e gattili 25

Esecuzione di terapie locali o orali 26 Terapie locali 26 Terapie orali 26

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Introduzione

Con questo manuale si è voluto proporre un suggerimento operativo a quanti, per attività lavorativa o di volontariato, si trovano a svolgere quotidianamente un lavoro a diretto contatto con cani o gatti privi, momentaneamente o stabilmente, di un proprietario. Le persone in questione possono essere identificate con le seguenti figure: operatori pubblici dei canili o dei servizi di cattura e custodia di cani vaganti, volontari di associazioni animaliste, “gattare” e zoofili in generale. Fra le motivazioni di questo manuale si è rivelata basilare l’importanza assunta dall’evoluzione del pensiero e della legislazione che hanno caratterizzato gli ultimi decenni sulla centralità del benessere animale nell’ambito delle azioni di controllo e salvaguardia sanitaria delle popolazioni animali. Infatti il messaggio legislativo contenuto nel D.P.R. 320 del 1954, il vecchio ma tuttora vigente Regolamento di Polizia Veterinaria, era rappresentativo della necessità esclusiva di fornire garanzie sanitarie nei confronti di malattie gravi come la rabbia; oggi, oltre a considerare cani e gatti oggetto di misure preventive e di controllo per questa grave zoonosi, si sono affermate e consolidate norme di legge e prassi operative volte a tutelare il benessere degli animali in accordo con le loro esigenze fisiologiche e le loro “caratteristiche anche etologiche”. Lo stato italiano ha infatti voluto recepire un deciso mutamento della sensibilità sociale riguardo alla tutela del benessere degli animali domestici con la Legge quadro n. 281 del 14/8/91. Prima di questa legge il destino di un cane randagio, dopo la cattura, poteva essere: l’eutanasia praticabile trascorsi appena 3 gg dalla cattura; la cessione ad Istituti Scientifici per la sperimentazione o l’adozione da parte di privati. La Legge 281 riconoscendo il diritto alla vita dei cani randagi, ha disposto che non possano più essere soppressi se non per gravi motivi, né ceduti per la sperimentazione: peraltro l’applicazione concreta di questo importante principio, in mancanza di un deciso rafforzamento delle misure di prevenzione del randagismo e della piena responsabilizzazione dei cittadini, ha contribuito a creare una situazione di superaffollamento, dovuta alle carenze di strutture, nei canili ora esistenti.

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I Comuni piemontesi sprovvisti di un servizio di cattura e custodia dei cani vaganti sono ancora molti, ma numerosi sono anche i progetti in fase di realizzazione, o quasi conclusi, distribuiti su tutto il territorio regionale. Questo prontuario vuole anche avere lo scopo di fornire alcune semplici nozioni utili alla realizzazione di questo servizio.

Elementi di etologia

L’etologia è la scienza che studia il comportamento di una determinata specie, sondando tutti gli aspetti della vita relazionale di un essere vivente. Che il cane sia considerato il migliore amico dell’uomo è risaputo da tempo immemore; ciò è forse dovuto al fatto che migliaia di anni fa l’essere umano ed il cane hanno iniziato un rapporto di simbiosi, creando le loro rispettive e specifiche culture comportamentali, ma percorrendo binari etologici paralleli. Questo tipo di rapporto è iniziato, secondo alcuni, all’incirca 100-120.000 anni fa e si differenzia notevolmente dal domesticamento del gatto il cui riferimento cronologico è di soli 2000-3000 anni prima della nascita di Cristo. La differenziazione temporale del domesticamento, unita a quella eco-biologica esistente tra cane e gatto, sono alla base delle nette diversità comportamentali fra queste due specie di animali di affezione a noi più vicine. Nella specie felina solo negli ultimi decenni si è assistito ad un cambiamento della vita sociale con una metamorfosi da vita solitaria a gregaria; questa situazione si è venuta a creare perché il cibo ora si trova concentrato in determinati punti delle nostre città, creando zone di aggregazione costante (le cosiddette “colonie feline”). Un tempo invece, o ancora oggi per quello che riguarda il gatto selvatico, la vita di relazione dei felini era limitata ad alcuni momenti, come ad esempio il gioco dei cuccioli o il periodo degli accoppiamenti; si trattava quindi di una vita poco sociale. Una certa correlazione tra genetica e comportamento ha al proposito ancora una qualche importanza, anche se spesso prevale l’influenza delle esperienze del singolo individuo.

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Ci si riferisce, ad esempio, ai gatti provvisti di mantello completamente tigrato i quali risultano mantenere il carattere selvatico molto più di altri soggetti con mantello differente. Così pure, nell’ambito delle razze feline, il gatto delle foreste Norvegesi, continua a risultare restio alla totale domesticazione. Nel cane invece, l’organizzazione sociale è maggiormente , ed in modo innato, di tipo gregario; da questa attitudine derivano i problemi legati ai cani “rinselvatichiti”, i quali tendono a formare spontaneamente gruppi con organizzazione gerarchica ben definita, costituiti da un capo branco seguito da varie femmine e relativi cuccioli. La differenza tra l’aggregazione sociale esistente nei gatti e quella presente nei cani risiede proprio nel fatto che nei primi, le colonie nascono per un vantaggio del gruppo (ottenere cibo dagli umani) con convivenza, sia pur bellicosa, nell’epoca dei calori, di diversi maschi; nel caso dei cani generalmente vi è un solo maschio o per lo meno uno solo è dominante, perché solo un soggetto deve poter perpetuare la specie attraverso il proprio seme. L’allevamento dei cuccioli in entrambe le specie è di competenza femminile, con una curiosa eccezione nei cani levrieri di ceppo asiatico (afgani, ma soprattutto nei Saluki o levrieri persiani). In queste razze infatti anche il maschio nutre i cuccioli rigurgitando cibo impastato con saliva; inoltre ha l’istinto di mantenere una sorveglianza protettiva continua sulla cucciolata, da cui è impossibile separarlo.

Interpretazione di comportamenti aggressivi

Pur ritenendo che molti lettori posseggano cognizioni specifiche, poiché già operano nel settore, si ritiene utile illustrare e spiegare i più comuni atteggiamenti aggressivi che possono essere assunti dai nostri animali. Costituiscono segni di atteggiamento aggressivo, comuni a cani e gatti: • l’orripilazione del pelo sulla schiena • l’appiattimento delle orecchie (con il fine di far apparire più grande il

muso) • l’emissione di suoni bassi e profondi (ringhi) • lo sguardo torvo

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Sono invece caratteristici solo del gatto: • l’orripilazione del pelo su tutto il corpo (soprattutto della coda che

diviene “gonfia”) per apparire più grandi ed incutere maggior timore, congiuntamente all’assunzione di una posizione del corpo trasversale rispetto al nemico

• il dimenamento della coda, a tratti più violento a tratti meno, a seconda del messaggio che l’animale in quel preciso momento sta lanciando

• vocalizzi Solo nei cani si possono rilevare: • il sollevamento delle labbra e l’arricciamento del tartufo

accompagnati da ringhi e messa in mostra dei denti • frequentemente, ma non sempre, la coda portata tra le zampe,

rigida, indice di paura e di incertezza tra la fuga o l’aggressione. Comportamento aggressivo non significa aggressione, è preferibile il comportamento meno dispendioso; lo scontro potrebbe portare danno.

E’ tuttavia importante ricordare che, proprio nel cane, a volte non ci sono segni premonitori di alcun genere, né vocali, né di posture particolari, esempio: Pastore maremmano. Anche alcuni atteggiamenti dell’uomo sono importanti per il significato che assumono comparati ad analoghi atteggiamenti animali. Ad esempio fissare il cane negli occhi, cogliendone lo sguardo, nel linguaggio di questa specie, viene interpretato come una sfida a cui il soggetto deve rispondere con una reazione violenta, se non vuole essere considerato gerarchicamente inferiore e quindi sottomesso. Inoltre non bisogna dimenticare che qualsiasi animale, quando si trova in situazioni di pericolo per sé o per la propria prole, esprime un’aggressività che altrimenti, in situazioni emotivamente equilibrate, non manifesterebbe. Particolare attenzione va posta quindi nell’avvicinare, ad esempio, un animale che non ha possibilità di fuga, peggio ancora se ferito. Analogamente un cane da contenere per una qualunque manualità (visita, terapia, identificazione, tatuaggio) va sempre e comunque considerato pericoloso, anche se i primi approcci sembrano contraddire quest’eventualità.

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Sarà quindi corretto operare dopo avere legato il muso con una garza a nastro lunga 50 cm circa, facendo un nodo sulle canne nasali, passando i due lembi sotto la mandibola, incrociando e andando a legare i capi liberi dietro le orecchie, a livello della nuca.

Altri atteggiamenti caratteristici

Da non confondere con gli atteggiamenti aggressivi sono i comportamenti di dominanza. L’incontro tra due cani è caratterizzato da preamboli costituiti dal reciproco annusamento dei genitali e del muso e dallo scodinzolamento . in un secondo tempo, stabiliti i ranghi, il cane dominante porterà la coda alta ed in movimento, il soggetto sottomesso si sdraierà mostrando l’addome. Questo comportamento si manifesta con maggior frequenza tra come ultimo atto l’individuo risultato dominante segna il territorio con la propria urina. Nelle femmine, sempre del genere canide, il soggetto gerarchicamente superiore ha atteggiamenti di monta nei confronti del soggetto sottomesso. Nell’osservare una comunità di cani che abbia la possibilità di manifestare liberamente il proprio comportamento di gruppo si noterà come anche il momento del pasto riveli in maniera veritiera la gerarchia. Il capo gruppo avrà posizione prioritaria nell’avvicinarsi a consumare il cibo, così pure come nello scegliere i posti a lui più consoni per riposare. L’atteggiamento dei sottomessi nei confronti del capo (sia esso rappresentato da un canide o da un umano) viene espresso con le cure parentali manifestate dai primi nei confronti del secondo. Tali cure sono rappresentate principalmente dallo spulciamento ritualizzato, cioè da una sorta di “mordicchiamento” anche in assenza di tali ectoparassiti, definito dagli inglesi “grooming”. Esistono inoltre, atteggiamenti espressi da cani e gatti interpretati dalla cultura popolare, in modo distorto. Il cane che “dà la zampa” esprime semplicemente un retaggio del cucciolo che richiede cibo rigurgitato all’adulto. Parimenti il gatto separato dalla madre in tempi molto precoci esprime l’atteggiamento cosiddetto di “fare il pane”. Con questa espressione si intende un movimento simile a quello praticato dai cuccioli durante la suzione del latte, effettuato mediante pressione alterna della zampe anteriori sulla mammella.

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Il benessere animale

Si tratta di un concetto decisamente ampio, soggetto ad evoluzione a mano a mano che crescono l’attenzione scientifica e la sensibilità civile al problema, ed emotivamente coinvolgente; per tali motivi è spesso difficile definirne i confini. La valutazione del benessere non può basarsi su principi antropomorfi, cioè sulla tendenza ad attribuire a specie diverse dalla nostra percezioni e sensazioni umane. Infatti ogni specie ha caratteristiche proprie sia dal punto di vista anatomico e funzionale che da quello etologico; rappresentato, quest’ultimo, dall’etogramma cioè da tutti i moduli comportamentali tipici della specie. A questo proposito sono stati proposti diversi schemi di valutazione. E’ di scuola anglosassone, ad esempio, la definizione dei cinque basilari principi di libertà che devono essere soddisfatti per garantire il benessere psico-fisico dell’animale: 1. libertà dalla paura 2. libertà dal dolore 3. libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione 4. libertà di disporre di un ambiente fisico adeguato 5. libertà di esprimere i comportamenti fisiologici ed etologici della

specie. Un sano e profondo rapporto affettivo presuppone però che le condizioni di benessere e serenità siano rispettate in modo reciproco. E’ per questo che non devono neppure sussistere situazioni di prevaricazione dell’animale sull’uomo espresse da uno stato di subordinazione umana ai capricci dell’animale da compagnia. Pare quindi necessario ricordare, ai destinatari di questo manuale, di diffondere il seguente pensiero educativo: la libertà di un individuo cessa laddove inizia quella di un altro individuo.

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Analisi dei cinque principi di libertà

Nel primo punto risiedono le fondamenta di un equilibrato rapporto uomo-animale. Indipendentemente dai “metodi educativi” scelti dal proprietario del cane è importante che venga raggiunto lo scopo finale senza suscitare atteggiamenti di paura da parte dell’animale stesso. È inoltre importante sottolineare che non esiste una uniformità di carattere fra gli animali d’affezione; al contrario chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il mondo animale, sa che ogni individuo ha una “personalità” data, come già spiegato, dalla intersecazione del corredo genetico con le esperienze personali. Si richiamano peraltro le già sottolineate correlazioni tra atteggiamenti umani che incutono timore nell’animale e le relative reazioni aggressive. Al secondo punto si fa riferimento al dolore in qualunque sua espressione come la sofferenza e l’angoscia. Potrà essere una sofferenza fisica data da maltrattamenti (sarà quindi in diretta relazione con il punto 1) oppure indiretta dovuta ad esempio a malattie non curate. L’angoscia è invece una sofferenza di natura psichica che può derivare dalla impossibilità, in caso di paura ,di esprimere i comportamenti di fuga o di attacco. Il terzo punto garantisce dei fabbisogni elementari per cui non si ritiene necessario dare delucidazioni supplementari. Il detentore dell’animale ha il dovere di custodire e impedire la fuga dell’animale stesso. Il quarto punto si riferisce alla necessità di avere un ambiente fisico adeguato, rappresentato da condizioni adatte di temperatura, umidità, ventilazione ed illuminazione. È inoltre importante che sia curata la pulizia e l’igiene dei box e di tutti i locali a disposizione degli animali. Una delle necessità fisiologiche importanti da rispettare per quanto riguarda l’ambiente è la possibilità di muoversi liberamente; la costrizione fisica data da uno spazio angusto o da una catena fissa può portare a reazioni aggressive imprevedibili e del tutto ingiustificate (all’apparenza).

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Il bisogno primario di movimento si può esprimere con la semplice deambulazione o con la possibilità di effettuare salti e corse, concetti ben illustrati e normativamente stabiliti dall’art. 1 del D.P.G.R. n° 4359 del 11/11/93. Nell’ambito di spazi forzatamente ridotti (es.canili) è necessario evitare di far convivere animali incompatibili per sesso o comportamento. Una situazione a cui rivolgere attenzione è quella che riguarda le femmine vicine al momento del parto o in lattazione; in questo particolare momento fisiologico all’animale necessitano pace e tranquillità, luoghi puliti e sicuri. È bene quindi che si avvicinino solo persone conosciute dall’animale e di cui esso abbia fiducia. Il quinto punto è forse il più complesso da trattare: è un argomento su cui attualmente legislatori e studiosi di etica si stanno confrontando senza aver ancora raggiunto un giudizio unanime, per la difficoltà a stabilire il comportamento etologico tipico di specie, le cui razze sono state selezionate e quindi condizionate a finalità molto distanti dalle caratteristiche originarie. Un tempo i cani Terrier (cioè “da tana”) a cui appartengono razze quali i diffusissimi Yorkshire esprimevano i propri comportamenti etologici nell’ambito dell’attività venatoria. Da molto tempo ormai questi animali rappresentano esclusivamente un riferimento affettivo e la loro principale attività è data dal riposo su morbidi tappeti, spesso niente affatto sgradito. Tutti riconoscono comunque l’importanza di libertà di espressione fondamentali, come quelle essenziali di movimento (alzarsi, coricarsi, girarsi, provvedere alla cura del corpo), di riposo, di contatto con conspecifici. In generale, l’aspetto etologico, comunque, viene considerato sempre più importante nella valutazione del benessere di un animale: ad esempio, per i soggetti di specie gregarie come il cane, l’essere lasciati in totale solitudine per tempi prolungati rappresenta sicuramente uno stato di sofferenza, riconosciuto come tale dalla legislazione svizzera. Esempi importanti di libera espressione etologica sono forniti dal gioco e dal sonno. Il gioco è una manifestazione tipica degli animali giovani, è strumento di conoscenza dell’ambiente nonché

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prova generale per ciò che saranno gli atteggiamenti (caccia, riproduzione, combattimento, ecc.) in età adulta; in condizioni di malessere fisico o psichico tale espressione tende a diminuire o scomparire. Negli adulti e addirittura negli animali anziani il gioco permane anche se il significato cambia leggermente; non è più apprendimento, ma bensì espressione di sentimenti positivi quali gioia, spensieratezza e, dando un significato di più ampio respiro e inerente al nostro argomento, di benessere psichico e sociale. Analogamente il sonno ci dà notizie sullo stato del soggetto; la ricerca di posti isolati e bui per il riposo, nonché la dilatazione in senso temporale del sonno sono indicatori di uno stato di malessere psico-fisico. Le espressioni fisiologiche di uno stato di benessere sono poi rappresentate da: un appetito sano nella quantità come nella qualità; l’ingestione di sostanze inorganiche o comunque anomale per la specie denotano un turbamento mentale o un problema clinico; così una richiesta di cibo esagerata può avere la stessa duplice genesi. Anche gli atti di defecazione e urinazione compiuti in luoghi impropri, ad esempio nell’acqua di abbeverata o nei luoghi di riposo, può essere un segnale di disagio. Curiosa nei gatti la perdita massiccia e a “chiazze” di pelo quando si trovano sottoposti a stress. In molti animali uno stato di stress legato ad una vita noiosa e monotona genera dei movimenti ripetitivi, assolutamente inutili, ma ugualmente espressi di continuo, segno sicuro di inadeguatezza delle condizioni di detenzione. Lo studio che ha per oggetto il benessere animale trova recepimento anche nelle nuove tecniche educative; sono infatti sempre più usate le metodiche dei “rinforzi positivi”, in sostituzione dei sistemi di punizione corporale. Secondo tali principi si tende a premiare il soggetto quando compie un’azione da noi voluta e a far ripetere l’esperienza tal quale (azione � rinforzo), piuttosto che punirlo quando la compie in modo scorretto.

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L’anagrafe canina regionale

E’ lo strumento indicato dalla Legge quadro 281/91 come fondamentale per il controllo del fenomeno del randagismo. Consiste nella registrazione anagrafica presso i comuni e le Asl di ogni singolo cane identificato con tatuaggio. Per ognuno viene individuato un detentore, con la finalità di: 1. stabilire la proprietà e consentire la restituzione dell’animale

eventualmente sfuggito alla custodia; 2. individuare le responsabilità per quanto riguarda i doveri di

custodia e mantenimento del benessere animale. Questo sistema, almeno in linea teorica, può contribuire a risolvere il problema del randagismo, in quanto il soggetto eventualmente ritrovato vagante sul territorio viene prontamente restituito al proprietario. In questo modo l’Ente pubblico non affronta le spese della custodia e del mantenimento e il cane è subito riportato nelle condizioni di origine, comunque migliore di quelle che possono stabilirsi in un canile. L’anagrafe canina nella realtà trova ancora molte difficoltà applicative; è soprattutto il tatuaggio sistematico di tutti i cani l’ostacolo ancora da superare: solo il 30% dei cani catturati risulta essere identificato, la rimanenza va ad ingolfare le già carenti strutture di ricovero, gravando sui bilanci comunali. I comuni non sembrano completamente consapevoli che azioni di vigilanza (concordabili con i Servizi Veterinari delle ASL) sull’applicazione dell’anagrafe canina, porterebbero concreti vantaggi economici e quantomeno un ridimensionamento netto del problema randagismo. Un’altra carenza del sistema va indicata in una ancora troppo scarsa conoscenza e coscienza dei doveri del “buon detentore”, che fa ritenere importante la realizzazione di campagne informative periodiche e di progetti educativi permanenti, particolarmente dedicati alla popolazione scolastica.

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Il tatuaggio

E’ un intervento che, se perfettamente eseguito, consente l’identificazione del cane e quindi del detentore che ne è responsabile. Viene effettuato gratuitamente dai Servizi Veterinari delle ASL o, a pagamento, dal proprio veterinario di fiducia. Al cane iscritto all’anagrafe canina regionale viene assegnata una sigla composta dal numero dell’Asl, sigla della Provincia ed un numero progressivo a volte accompagnato da una lettera che identifica il comune. Non rappresenta una pratica dolorosa poichè si utilizzano strumenti del tutto simili a quelli usati per il tatuaggio delle persone; tuttavia l’animale deve essere ben contenuto da personale esperto, perché mal sopporta di essere bloccato sul tavolo operatorio. Data la rapidità (3 - 4 minuti) e la lievità dell’intervento è da preferire il contenimento manuale all’uso di sedativi o preanestetici. La sede del tatuaggio è il piatto (la faccia interna) della coscia destra, ma è ammesso anche il padiglione auricolare per i cani tatuati con sigla E.N.C.I. direttamente dall’allevatore. Nel caso del tatuaggio effettuato sulla coscia, il cane viene contenuto nella posizione di decubito laterale sul fianco destro; una museruola o, meglio, un lacciolo gli impediscono di mordere. È necessario essere metodici nel prendere ogni misura di sicurezza perché il disagio causato dal contenimento può determinare un tentativo di reazione anche nell’animale più mite. Per contenere adeguatamente il cane sono necessari due operatori che intervengono rispettivamente all’anteriore bloccando arti e capo sul tavolo, ed al posteriore, mantenendo sul tavolo l’arto destro e sollevando il sinistro e la coda. È importante che questa operazione venga effettuata con sicurezza e fermezza, in quanto il cane che percepisce di avere margini di movimento si agiterà molto, impedendo il buon esito dell’intervento. Questo sistema identificativo non è esente da pecche; non è raro infatti che ci si trovi di fronte a tatuaggi scarsamente leggibili, a causa soprattutto di una non perfetta esecuzione. A questo proposito va ricordato che è estremamente importante che la scheda segnaletica, redatta in occasione della identificazione del cane, venga compilata con grande cura anche nella descrizione dei segni

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particolari, affinché possa essere uno strumento utile nei casi in cui il tatuaggio non sia completamente leggibile. L’evoluzione tecnica dei mezzi elettronici di identificazione (microchip) e la progressiva riduzione dei costi ne potranno consentire in tempi non lunghi l’adozione al posto del tatuaggio, che tuttavia continuerà a rappresentare un metodo efficace grazie alla leggibilità diretta, non mediata da strumenti.

Il servizio di cattura

Ogni comune deve essere dotato, singolarmente o in associazione con altri comuni, di un servizio di cattura dei cani vaganti. L’attivazione dei servizi di cattura era prevista dal Regolamento di Polizia Veterinaria come strumento di controllo e prevenzione della rabbia, malattia pericolosissima e mortale anche per l’uomo, attualmente non presente sul territorio italiano, ma ancora diffusa in molte regioni del mondo, anche vicine ai nostri confini. La pericolosità della rabbia e la sua potenziale diffusione con gli animali selvatici come ad esempio la volpe, fanno ritenere lo strumento del servizio di cattura ancora fondamentale . Inoltre i cani vaganti sono spesso causa di incidenti stradali , che data l’intensità di traffico delle nostre realtà urbane e suburbane, possono mettere a rischio la vita delle persone oltreché quella dei cani stessi. Meno frequentemente , almeno per quanto riguarda il territorio del Piemonte, si assiste a fenomeni di randagismo vero e proprio con cani rinselvatichiti , organizzati in branchi, che causano danni agli animali domestici e selvatici e si mostrano aggressivi anche nei confronti dell’uomo. L’attività di cattura può essere svolta direttamente dai comuni con propri dipendenti, oppure essere delegata a ditte private o ad associazioni di volontariato. In ogni caso il personale addetto deve essere adeguatamente formato, attrezzato e nominativamente incaricato dal Comune per lo svolgimento di questa attività. La cattura deve essere effettuata nel rispetto del benessere dell’animale con modalità che assicurino la tutela dell’operatore.

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Data la delicatezza ed il rischio insiti in questo intervento è vietato alle persone non autorizzate catturare animali vaganti. L’intervento deve avvenire su richiesta della Polizia Municipale o dei Carabinieri, per prevenire problemi di incolumità pubblica (es.: incidenti stradali) e per evitare un uso improprio del servizio. Gli operatori del servizio di cattura devono essere costantemente reperibili ed essere in grado di raggiungere rapidamente la zona segnalata. Il cane catturato deve essere trasferito in un canile pubblico per essere sottoposto all’osservazione veterinaria.

Modalità di cattura Il servizio di cattura deve essere dotato di un autoveicolo idoneo al trasporto con un’adeguata separazione tra il vano destinato agli animali e quello per le persone. Le dimensioni del vano destinato agli animali devono essere tali da contenere anche uno o due gabbie nei casi di catture multiple di cani di piccola taglia o di gatti. Le superfici interne di questa parte del veicolo devono essere lavabili e disinfettabili e prive di oggetti sporgenti o spigolosi. Per le operazioni di cattura la dotazione minima deve comprendere lo strangolo ad asta rigida, lo strangolo flessibile o frustone, robusti guanti di cuoio, lacci, museruole, coperte. L’animale, dopo essere stato bloccato con lo strangolo, deve essere trattato con grande attenzione, deve essergli impedito di mordere bloccandogli la mandibola con un laccio o con una museruola e deve essere posto nel veicolo in uno spazio sufficientemente stretto, tanto da evitargli traumi contro le pareti. I soggetti che non sono avvicinabili e quindi catturabili con i normali strumenti sono, di solito, cani rinselvatichiti che hanno perso totalmente confidenza nei confronti dell’uomo. Per questi animali e per quelli che manifestano un atteggiamento di forte aggressività è bene che, dopo aver fatto la segnalazione al Servizio Veterinario dell’ASL, la cattura venga effettuata dal personale specializzato del Presidio Multizonale di Profilassi e Polizia Veterinaria. Questi dispongono di attrezzature speciali quali i fucili per praticare la teleanestesia, che servono a lanciare una siringa carica con una dose di sedativo, o gabbie automatiche per la cattura di gatti randagi.

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I canili sanitari ed i canili rifugio

La vigente normativa in materia di controllo del randagismo e di tutela del benessere animale distingue le strutture destinate al ricovero dei cani privi di proprietario in canili pubblici e rifugi, con funzioni distinte e ben definite. Il canile pubblico è destinato soprattutto ad accogliere i cani vaganti catturati dall’apposito servizio. Assolve ad uno scopo fondamentale ed imprescindibile di gestione igienico-sanitaria del territorio, provvedendo ad allontanare con tempestività i cani lasciati liberi divagare e garantendone la custodia durante il periodo utile ad accertare lo stato di salute (osservazione sanitaria). Deve servire zone più o meno ampie in funzione di vari fattori locali quali: il numero di abitanti, le vie di comunicazione, la conformazione geografica, etc. La proprietà e gestione dell’impianto garantita dalle Amministrazioni Comunali conferisce a questo servizio obbligatorio caratteristiche di affidabilità e continuità che assicurano l’assolvimento delle funzioni ordinarie e di emergenza (calamità, epizoozie, etc.). Le strutture devono consentire l’osservazione individuale e l’eventuale cura dei soggetti catturati: deve essere pertanto costituito da box adatti ad ospitare confortevolmente un solo soggetto. Presso il canile sanitario si provvede innanzitutto a verificare la proprietà e quindi il tatuaggio dell’animale e ad avvisare l’eventuale proprietario. Nel caso il cane non sia identificabile deve essere tatuato. Il periodo dell’osservazione sanitaria, che dura 10 giorni, ha lo scopo di valutare lo stato sanitario dell’animale, d’effettuare le profilassi delle zoonosi e di escludere qualsiasi sintomatologia riferibile alla rabbia. Trascorso favorevolmente questo periodo i cani privi di proprietario possono essere destinati ai rifugi o ceduti ai privati che ne facciano richiesta. È fondamentale che i movimenti in ingresso ed in uscita degli animali vengano accuratamente annotati su un apposito registro di carico e scarico a cura del responsabile del canile (vd. allegati). Grande cura deve essere dedicata, da parte di chi gestisce il canile alle operazioni di pulizia, disinfezione, disinfestazione e derattizzazione.

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La gestione del servizio pubblico di cattura dei cani vaganti e di custodia degli stessi nel canile sanitario è a cura delle Amministrazioni comunali, le quali possono provvedervi direttamente con proprio personale dipendente o affidare questo incarico ad altri idonei soggetti, a condizione che gli addetti dimostrino attitudine e capacità operative. Tutti gli interventi di tipo igienico-sanitario vengono effettuati sotto il controllo del servizio veterinario dell’Asl competente per territorio. Il rifugio accoglie il cane che, trascorso il periodo di osservazione sanitaria, non ha ancora trovato un nuovo detentore. Svolge, quindi, una funzione di assistenza verso questi animali e non ha un ruolo sanitario. Il soggiorno presso il rifugio può durare un tempo indefinito, anche tutta la vita dell’animale, e le strutture devono essere sufficientemente accoglienti da garantire il benessere dell’animale, in funzione di lunghi periodi di permanenza, garantendo quindi ai cani ospitati adeguate possibilità di movimento e di socializzazione. La capacità massima dell’impianto, stabilita in 100 capi, è un fattore importante che consente una buona gestione di ogni singolo soggetto ed evita il formarsi di concentramenti di cani troppo grandi, che sono all’origine di seri problemi igienico-sanitari ed ambientali. Scopo prioritario del gestore del rifugio, solitamente Associazioni per la tutela degli animali, deve essere quello di affidare i cani a nuovi proprietari in modo da ripristinare quelle condizioni di benessere che non si possono ottenere neanche nel migliore dei canili. L’affidamento ad un nuovo proprietario di un cane rappresenta un momento molto delicato; è abbastanza frequente infatti che l’animale venga riconsegnato al canile perché sono emersi , dopo un primo periodo di convivenza, problemi che hanno generato incompatibilità. È quindi importante che il nuovo detentore sia ben informato sul proprio ruolo e sulle caratteristiche del cane che sta per adottare. L’affidamento di un animale domestico va considerato provvisorio per i primi 60 giorni successivi alla cattura, durante i quali esso rimane comunque a disposizione del proprietario che ne reclamasse la restituzione; successivamente va considerato come definitivo. Il Servizio Veterinario dell’ASL deve essere informato di tutti gli affidamenti, affinché possa vigilare sul benessere degli animali.

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Scheda di affido cani randagi (da compilare a cura del responsabile della struttura) Elementi identificativi dell’animale: razza ............................ taglia ............................ sesso ............ mantello ........................ colore ........................... età (approssimativa) ....... n° tatuaggio ................. altro .......................................... Servizio Veterinario Azienda Sanitaria Locale dove il cane è stato tatuato: ASL n° .......... di ........................... Prov. ..................... Indirizzo .......................................................................

DICHIARAZIONE Il sottoscritto ......................................................... residente in ......................................... prov. .................................. tel. ............................... identificato con documento di riconoscimento ................ n° ................................... rilasciato in ....................................... in qualità di affidatario dell’animale di cui sopra si impegna a mantenere lo stesso in buone condizioni presso la propria residenza o al seguente domicilio ............................................................................................. e a non cederlo se non previa segnalazione al Servizio Veterinario dell’Azienda Sanitaria locale dove il cane è stato tatuato. Si impegna altresì a dichiarare allo stesso servizio lo smarrimento o il decesso dell’animale e a mostrare l’animale affidato al personale incaricato nel corso dei controlli domiciliari predisposti dal Servizio Veterinario dell’Azienda Sanitaria Locale competente. Firma del Responsabile Firma dell’affidatario della struttura del cane

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L’alimentazione del cane e del gatto

I fabbisogni nutrizionali delle due specie sono differenti per ciò che riguarda diversi tipi di principi nutritivi. cane gatto Proteine Il fabbisogno rientra nei

normali valori necessari per

i mammiferi; rappresenta il

4% circa della dieta

Fabbisogno elevato, è incapace di

adattarsi ad una dieta a basso

tenore proteico. Necessita del 19%

di proteine nella dieta

Aminoacidi solforati

Esigenze tipiche dei mam-

miferi

Particolare fabbisogno di taurina

per il normale funzionamento della

retina, essa si trova nei muscoli e

nei tessuti animali in genere; il gatto

non può sintetizzarla. La carenza si

manifesta con problemi a retina e

cuore.

Grassi (acidi grassi essenziali)

Fabbisogno mediocre, può

sintetizzare tutti gli acidi

grassi essenziali; il

fabbisogno rappresenta

circa l’1% della dieta.

Utilizza e digerisce

benissimo i grassi

Ha bisogno di assumere dalla dieta

i grassi, poiché non è in grado di

sintetizzare due acidi grassi

essenziali su tre. Una carenza di

tali sostanze comporta una crescita

stentata, ipofertilità, affezioni della

pelle.

Vitamina A Il fabbisogno è soddisfatto

da una normale dieta a

base di carne, frattaglie o

pesce contenenti

carotenoidi (precursori della

vitamina A) trasformati poi

in vitamina dall’organismo

I gatti non possono trasformare i

carotenoidi in vitamina A; perciò

devono assumerla tal quale dalla

dieta (reni, fegato, carne, olio di

fegato di pesce). E’ possibile che si

verifichi l’ipervitaminosi A in diete

esclusivamente a base di fegato; si

manifestano in questo caso zoppie,

neoformazioni ossee da cui

anchilosi

Vitamina B Esigenze tipiche dei mam-

miferi

Fabbisogno simile al cane tranne

che per niacina e colina. Necessita

di somministrazione di vitamina B3

(niacina) nella dieta, perché non

riesce a sintetizzarla. Fabbisogno è

più elevato anche per la colina.

Inoltre una dieta costituita da solo

pesce marino determina una

carenza di vitamina B1 (tiamina)

per la presenza nel pesce stesso

dell’enzima tiaminasi, il quale

distrugge la vitamina. Ciò

comporta: scarso appetito, pelo

arruffato, perdita dell’equilibrio e

convulsioni.

Zuccheri Fabbisogno nella norma;

distingue il sapore dolce

Non avverte il gusto dolce, ma è in

grado di digerire gli zuccheri.

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Risulta evidente come il gatto sia un carnivoro in senso più stretto rispetto al cane, pur necessitando di una certa quantità di vitamine e fibre ricavate, in natura, dall’intestino dei piccoli roditori o volatili di cui va in caccia. Inoltre il gatto adulto è spesso privo o comunque carente di un enzima chiamato lattasi, fondamentale per la digestione del latte; da ciò deriva frequentemente il problema dell’intolleranza a questo alimento con sintomatologia enterica di tipo diarroico. Nel cane invece è la digestione degli amidi ad essere difficoltosa per carenze proprie della specie; sarà perciò utile, nel caso si somministri pasta o riso, lasciar cuocere molto a lungo e poi lavare bene con acqua corrente per asportare l’amido. La quantità di cibo da somministrare giornalmente ai gatti è di circa 200-250 gr di proteine animali (carne o pesce). Nel cane questa valutazione è molto più variabile in relazione, come ovvio, alla taglia dell’animale nonché al tipo di attività fisica svolta; ad esempio, un cane che vive molto all’aperto avrà bisogno, in inverno, di un’alimentazione più grassa rispetto ad un cane di appartamento. Si sottolinea l’importanza di non somministrare mai carne di maiale cruda ai cani ed ai gatti; questo tipo di carne se ottenuta da suini portatori può infatti trasmettere ai nostri animali da affezione un virus molto pericoloso in grado di determinare la “malattia di Aujesky” o “pseudorabbia”. Tale malattia è causata da un virus dotato di affinità per il tessuto nervoso, che si insedia generalmente a partire dal cavo orale, laddove la mucosa non è perfettamente integra; risale le vie nervose e si esprime con una sintomatologia costituita per lo più da un prurito insopportabile. Il sintomo perdura e peggiora nel tempo determinando un comportamento autolesivo che porta a mutilazioni del soggetto colpito; la morte sopravviene per edema polmonare nel 100% dei casi. Non esistono terapie risolutive contro il virus e neppure terapie in grado di eliminare o anche solo alleviare i sintomi e la prevenzione è l’unica misura applicabile. Questa malattia non rappresenta un pericolo per la salute umana, non essendo ascrivibile alle malattie che possono colpire anche l’uomo.

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I principi fin qui esposti hanno lo scopo di accrescere le conoscenze generali del lettore, ma considerando le difficoltà pratiche di una alimentazione fresca, per altri versi preferibile e consigliabile in ambiente domestico, nei canili la scelta cade frequentemente su cibi secchi o inscatolati o comunque preparati. In questo caso difficilmente si andrà incontro a carenze o eccessi di qualsivoglia principio nutritivo, mentre fondamentale diventa una costante ed abbondante disponibilità di acqua da bere, soprattutto in combinazione con alimenti secchi. La scelta inerente il tipo di alimentazione può cadere, sinteticamente, su tre alternative: • cibi freschi cucinati al momento del bisogno; • cibi preparati secchi: vari tipi di cereali e proteine conservati allo

stato di disidratazione; • cibi preparati conservati: scatolame, preparazione a base di carne refrigerate o congelate. E’ importante che l’alimento, qualunque esso sia, venga conservato in ambienti salubri, al riparo da infestazioni di animali di vario genere (topi, scarafaggi). I locali che fungono da magazzino devono essere asciutti e puliti, il cibo secco conservato in contenitori non raggiungibili dagli animali ricoverati nella struttura.

Sicurezza sul lavoro

Affrontando compiti e mansioni relative alla cattura, alla custodia o alla cura degli animali ospitati in un canile bisogna essere adeguatamente informati dei rischi che occorre prevenire e precisamente: 1) dei pericoli derivanti dalla manipolazione di un animale 2) dei rischi correlati alla possibilità di contrarre una malattia

direttamente dagli animali o per il loro tramite. Per ciò che riguarda il primo punto, si faccia riferimento anche al capitolo “Interpretazione di comportamenti aggressivi”; gli atteggiamenti di avvertimento manifestati dall’animale non vanno mai sottovalutati per la sicurezza propria e dei collaboratori con cui si sta operando.

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Tutte le manualità di contenimento possono essere eseguite con la protezione di guanti spessi, considerando però che con tale sistema si ha una minore libertà di movimento. Si consiglia quindi di usare una serie di precauzioni con il fine di poter operare nella condizione di maggior sicurezza possibile. Nel caso quindi di cani insofferenti o semplicemente sconosciuti o ancora di animali su cui ci si appresti ad eseguire manualità anche solo fastidiose (es. tatuaggio), sarà doveroso ricorrere all’uso della museruola o del laccio. Inoltre nel caso in cui sia necessario il decubito laterale dell’animale si possono afferrare (con l’animale già sdraiato) le due zampe che poggiano sul tavolo incrociandone i piedi ed immobilizzando la testa con una mano. Ancora da tenere in considerazione, come misura precauzionale per casi particolari, l’uso del laccio a strangolo, costituito da un tubo cavo al cui interno scorre una corda; questa viene fatta passare attorno al collo del cane mediante lancio o avvicinamento cauto; una volta tirata, la corda fungerà da collare più o meno serrato a seconda della trazione esercitata. L’operatore dispone di una maggior garanzia di sicurezza, rappresentata dalla struttura rigida del tubo cavo che si viene a frapporre fra lui ed il cane, ottenendo così il duplice vantaggio di minore rischio per chi si trova a gestire la situazione e di impossibilità di fuga dell’animale. Per ciò che riguarda i gatti, oltre all’uso dei guanti si può ricorrere ad asciugamani molto spessi o coperte da avvolgere attorno all’animale, con lo scopo di evitare i graffi. Per quanto riguarda i rischi di tipo biologico, indicati al punto 2), è indispensabile introdurre il concetto di “zoonosi”. Questo termine raggruppa le malattie infettive o infestive che contagiato un animale sono in grado di trasmettersi all’uomo determinando l’insorgenza di una patologia. Le malattie trasmissibili dagli animali all’uomo sono diverse centinaia molte delle quali confinate solo in certe aree geografiche o tipiche di alcuni ambienti dove esistono le condizioni per la diffusione del contagio, come nel caso del gruppo, assai numeroso, di patologie che richiedono l’intervento di un insetto o di un artropode (es. zecca) vettore. Di seguito vengono tratteggiate le caratteristiche distintive delle zoonosi più comuni nella nostra regione.

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Malattie parassitarie da parassiti interni determinanti zoonosi

Ascaridi: parassiti molto frequenti nei cuccioli, le loro uova vengono continuamente emesse con le feci; laddove esiste un’eccessiva promiscuità tra gli animali e gli esseri umani si può avere un’infestazione, soprattutto nei bambini, tramite l’ingestione accidentale di uova di detti parassiti. Ciò può accadere, ad esempio, quando cani o gatti infestati lambiscono il viso di bambini; si sviluppano quindi delle larve dette “migrans”, le quali trovano il terreno ideale per il loro sviluppo nella retina. Tenie: fra i diversi tipi di tenie la principale responsabile dei pericolo per la salute umana è appartenente al genere Echinococcus, infestante del cane. Il parassita adulto produce strutture organiche dette “proglottidi” le quali vengono periodicamente emesse all’esterno con liberazione di centinaia/migliaia di uova: esse possono essere ingerite dall’uomo e dare delle forme cistiche in organi vitali. Questa evenienza risulta particolarmente pericolosa perché la rottura accidentale di una di queste cisti provoca la fuoriuscita di un liquido fortemente allergenico per l’uomo. Si può avere quindi uno stato di imponente ed immediata reazione allergica il cui acme è rappresentato dallo shock anafilattico. Altre tenie come il Dypilidium caninum sono possibili responsabili di zoonosi, ma in questo caso si deve verificare, da parte dell’uomo, l’ingestione di una larva di pulce, eventualità piuttosto rara. Lo sviluppo di questo tipo di tenia, infatti, necessita, nei piccoli animali, di un ospite intermedio, rappresentato appunto dalla pulce.

DISINFEZIONE NEGLI ALLEVAMENTI per neutralizzare alcuni agenti patogeni si consigliano i seguenti disinfettanti:

AGENTI PATOGENI

DISINFETTANTI

Toxoplasma Ammoniaca al 10%

Ascaridi e tricocefali (questi ultimi

non sono agenti di zoonosi) Ipoclorito di sodio al 5%

Anchilostomi (non sono agenti di

zoonosi) Soluzione di cloro al 27%

Zoonosi ad espressione cutanea: rappresentate dalla rogna o scabbia provocata da degli acari e dalle micosi.

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Malattie protozarie

Toxoplasmosi da T. Gondii: il gatto è l’unico ospite definitivo e come tale l’unico in grado di trasmettere la malattia tramite l’emissione di oocisti con le feci. L’uomo si infesta con l’ingestione di vegetali crudi coltivati in zone dove i gatti infestati vanno a defecare. Un’altra via di contaminazione è l’assunzione di carne di bovino infestato, consumata poco cotta o completamente cruda; ancora si può avere contagio pulendo la lettiera di un gatto malato. La sintomatologia nel gatto è nulla per la maggior parte dei casi, raramente si possono avere crisi di aggressività immotivata. Nell’uomo, in modo similare, si può avere un decorso silente, oppure una localizzazione oculare con conseguente possibile cecità o ancora, temperature febbrili molto alte non accompagnate da altri sintomi. Norme precauzionali volte a limitare al massimo il rischio di contrarre la malattia: evitare di alimentare i gatti e gli esseri umani stessi con carne bovina cruda. Soprattutto per le donne in stato di gravidanza è necessario evitare anche il semplice contatto con la carne cruda; questa malattia infatti viene definita “la malattia dei cuochi” proprio per il pericolo di contagio rappresentato dalla manipolazione della carne cruda a mani nude. Leishmaniosi: malattia determinata da un protozoo veicolato al cane, all’uomo e raramente al gatto dalle zanzare o da altri insetti ematofagi (pappataci, zecche e mosche).

Malattie infettive virali

Rabbia: malattia virale infettiva, da sempre temuta a causa del suo alto potere infettante e dell’esito letale che viene a determinarsi nel 100% dei casi in cui si sono avuti i primi sintomi clinici; sono sensibili tutti gli animali a sangue caldo (i nostri comuni animali domestici, nonché i pipistrelli) i quali manifestano la malattia con differente sintomatologia. Attualmente i casi di rabbia sono relativamente poco frequenti, ma è necessario che l’attenzione da parte degli organi preposti alla vigilanza per la salute pubblica non venga meno, considerando il pericolo che la malattia comporta per il genere umano. A questo è da imputare l’interesse mantenuto vivo nel tempo da parte degli organi legislatori, sempre attenti ad attribuire la giusta importanza alla prevenzione di questa malattia (D.P.R. 320 del 1954, legge quadro 281/91 per la prevenzione del randagismo, esemplificata da diverse norme legiferate nella nostra regione come la L.R. 34 - L. 20 su anagrafe canina - D.P.G.R. n. 4359 e altre).

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Svariati tipi di vaccini sono stati studiati e prodotti per tentare di prevenire questa grave malattia, fino ad arrivare a poter disporre, oggi, di sostanze immunizzanti prive di inconvenienti e di sicura efficacia.

Malattie infettive batteriche

Leptospirosi: batterio con potere infettante per il cane, raramente per il gatto. L’uomo può contrarre la malattia mediante il contatto con l’urina o la saliva di ratti infetti o direttamente da cani ammalati o anche solo portatori. Borreliosi: microrganismi in grado di determinare nei cani e nell’uomo la Malattia o Morbo di Lyme; è sempre necessaria l’intermediazione delle zecche. Tubercolosi: pur essendo una zoonosi, non è da considerare un rischio elevato, questo perché il genere di Mycobacterium che colpisce il cane ed il gatto non ha facilità ad adattarsi all’organismo umano. Di contro il batterio responsabile di lesioni tubercolari a carico dell’organismo umano può adattarsi alla sopravvivenza ed alla replicazione nei nostri animali d’affezione. Rickettsiosi: classe di microrganismi parassiti cellulari a cui appartengono svariati generi in grado di determinare malattie, per il tramite delle zecche, ad esseri umani e cani. Un esempio, purtroppo, di attualità è rappresentato dalla Febbre bottonosa del Mediterraneo, così definita perché determina , nell’uomo, dei “bottoni” cutanei associati a sintomi generali. Chlamydiosi: rinvenibile soprattutto nel gatto, ma possibile anche nel cane, in cui determina congiuntiviti e/o polmoniti; la trasmissione della patologia specie specifica o interspecifica avviene per contatto diretto determinando la sintomatologia sopra esposta oltre alla cosiddetta “malattia da graffio di gatto”, manifestazione tipica dell’uomo. Questa breve e sommaria carrellata volta alla descrizione di malattie infettive e parassitarie determinanti zoonosi, non vuole avere lo scopo di mera informazione nozionistica, ma bensì intende dimostrare l’importanza pratica di mantenere una corretta igiene e profilassi ambientale nelle strutture che ospitano cani o gatti. Per chiarire il concetto di profilassi si propone la seguente definizione: insieme di provvedimenti atti a prevenire la diffusione delle malattie.

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Tale risultato infatti può essere perseguito e raggiunto prevenendo il contagio, in caso di malattie infettive, o l’infestazione in caso di parassitosi. Nel primo caso ci si avvarrà delle vaccinazioni rispettando per la loro inoculazione, i tempi e le modalità indicate dai medici veterinari. Nel secondo caso, sempre dietro le prescrizioni degli operatori sanitari già indicati, si procederà alla sverminazione periodica degli animali nonché, fondamentale, alla disinfestazione degli ambienti da insetti ematofagi di vario genere, responsabili, come illustrato, della trasmissione di diverse patologie.

Gestione sanitaria e profilassi ambientale di canili e gattili

Uno dei problemi prioritari dal punto di vista sanitario della gestione di una struttura ospitante gatti o cani è senz’altro la disinfestazione dagli ectoparassiti. Questi sono rappresentati da pulci, zecche, zanzare, pidocchi, mosche, pappataci ed altri. Oltre ad essere fastidiosi di per sé stessi creando all’animale pruriti e lesioni cutanee a volte di notevole entità e punto di partenza per eventuali complicazioni a carattere micotico, alcuni di questi insetti sono in grado di parassitare anche l’uomo con le conseguenze zoonosiche già descritte. Soprattutto nella stagione calda, ritenendo con ciò il periodo che va da primavera ad autunno, è bene dunque procedere alle disinfestazioni. Non è superfluo ricordare, o informare per chi non è già a conoscenza, che certi ectoparassiti come le zecche, se rinvenute non vanno mai schiacciate. Questo perché, nel caso si trattasse di femmine gravide, si contribuirebbe alla profusione nell’ambiente di uova a loro volta infestanti: è preferibile quindi bruciare le zecche rinvenute nell’ambiente. È importante anche provvedere a delle periodiche disinfestazioni dai ratti, responsabili di patologie anche zoonosiche. Un altro grave problema che si può creare all’interno delle comunità animali è l’insorgere di epidemie virali o batteriche; per alcune di queste è possibile praticare le vaccinazioni. Nei cani si può evitare con tale sistema, l’insorgere di malattie quali: la tosse da canile, l’epatite virale, il cimurro, la gastroenterite, la leptospirosi.

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I gatti possono essere salvaguardati da: panleucopenia (gastroenterite), affezioni respiratorie imputabili a due differenti agenti eziologici virali; leucemia e clamidiosi.

Esecuzione di terapie locali o orali

Terapie locali

Rientrano nella terapia locale la disinfezione di parti lesionate e l’applicazione di creme e/o unguenti. Per la disinfezione di ferite cutanee si consiglia di non utilizzare l’alcool per due motivi: 1. brucia e quindi è sempre mal tollerato dall’animale 2. provoca una denaturazione delle proteine della pelle con possibile

ritardo nell’attività di cicatrizzazione della ferita. Consigliabili sono altri comuni disinfettanti quali acqua ossigenata, sali di ammonio quaternario, derivati dello jodio e del mercurio. Quando la ferita si presenta su zone molto pelose è buona norma far precedere la disinfezione da una toelettatura della zona. Si intende con ciò la rasatura del pelo a mezzo forbici o lametta da barba per evitare che la sierosità prodotta dai tessuti lesionati vada a conglutinare il pelo. Questa evenienza è da evitare perché nei giorni successivi la disinfezione potrebbe divenire decisamente difficoltosa. Inoltre il pelo infarcito di siero, sangue vivo e, eventualmente, di materiale purulento crea una situazione di anaerobiosi (mancanza

di ossigeno) in presenza di calore, condizioni ideali per lo sviluppo di micosi e di certi germi. Ancora, per la eventuale terapia locale a base di pomate è bene che la zona si presenti glabra. Relativamente a quest’ultimo tipo di terapia si raccomanda di massaggiare sempre bene la cute su cui si è apposta la pomata fino a completo assorbimento, fatte salve indicazioni diverse riportate sul foglietto illustrativo, che va sempre consultato. È utile portare quanti perché molti prodotti possono causare irritazioni o allergie o essere assorbiti attraverso la pelle dell’operatore.

Terapie orali

E’ necessario effettuare una distinzione tra cane e gatto data i differenti comportamenti di specie.

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Per i cani generalmente non sussistono problemi, è sufficiente infatti somministrare il medicamento con il cibo. Nel caso di soggetti più difficili li si può allettare con cibi a gusto forte e particolarmente appetiti al cui interno nascondere la pastiglia. Si può anche far ingerire direttamente il farmaco aprendo la bocca del cane e appoggiando la compressa oltre la curvatura della lingua; subito dopo la bocca viene mantenuta chiusa con una mano mentre con l’altra si massaggia la gola al fine di favorire la deglutizione. Nel caso dei gatti la situazione si presenta diversa data la natura più restia a qualunque manipolazione e la notevole diffidenza verso odori e sapori nuovi. Il sistema meno coercitivo è senz’altro il miscelamento del farmaco al cibo sfruttando anche in questo caso lo stratagemma del cibo a gusto forte. Tuttavia per il finissimo olfatto dei è bene prevedere un’alternativa. Il medicamento può essere disciolto in acqua e aspirato con una siringa oppure miscelato direttamente all’interno della stessa; si toglie l’ago e si appoggia la siringa vicino alla commessura labiale vale a dire in prossimità della guancia spingendo delicatamente lo stantuffo. Si fa defluire il liquido lentamente massaggiando contemporaneamente la gola per indurre l’animale a deglutire. Trattandosi di farmaci molto densi (ad esempio gel) è anche proponibile la metodica consistente nello spalmare la sostanza su di una zampa anteriore, sfruttando il naturale istinto dell’animale ad eseguire la propria toelettatura , infastidito dalla sostanza estranea.

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