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SOMMARIO Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1 Serafino Camilli Il Gemellaggio Offida - Lanciano . . . . . . . . . . . .1 Don Luciano Carducci L’Iscrizione Sud-Picena di Castignano . . . . . . . .2 Vitale Travaglini Ophyte e il Serpente Aureo . . . . . . . . . . . . . . . . .2 Maria Luisa Romano Un ricordo di Olindo Pasqualetti . . . . . . . . . . . . .5 Nicola Savini La responsabilità sociale della BCC Picena . . . .6 Serafino Camilli Manifestazioni di Maggio . . . . . . . . . . . . . . . . . .6 Giancarlo Premici Feste Picene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7 Michele Angelini Addio Licia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9 Mario Vannicola Qualcosa in più sull’istruzione . . . . . . . . . . . . .10 Tanja Stracci Spigolature Storico-Folkloristiche . . . . . . . . . .11 Don Luciano Carducci Ipotesi sulla centuriazione augustea… . . . . . . .11 Vitale Travaglini Curiosità offidane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12 Vitale Travaglini C on molta soddisfazione pre- sentiamo questo quarto numero della nuova serie di OPHYS. Un traguardo veramente importante che non segna certamente un punto di arrivo ma offre la spinta per anda- re oltre. Realizzare un periodico come il nostro non è semplice e richiede sacrificio e tanta buona volontà per mantenere fede a quanto promesso ai nostri lettori all’inizio delle pubblicazioni. Grazie alla fattiva collaborazione con la Banca di Credito Cooperativo Picena abbiamo riservato dello spazio anche alle noti- zie di interesse storico-folkloristico e varie riguardanti il vicino centro di Castignano. Una nostra intenzione, però, rimane quella di allargare il numero dei collaboratori locali per- ché il periodico possa essere sempre più rispondente agli scopi che ci era- vamo fissati. Nell’ultima riunione del comitato di redazione si è discusso della partecipazione dei ragazzi delle scuole locali e la proposta è stata accettata da tutti. Ai ragazzi verrà dato largo spazio con notizie riguardanti la storia, il folklore ed altre che interes- sano principalmente il loro mondo. Nostri incaricati prenderanno contatti con i responsabili della scuola affin- chè questa partecipazione possa esse- re veramente fattiva e spingere i ragazzi a dare un reale contributo all’attività di ricerca di notizie riguar- danti il nostro centro. Come già i let- tori avranno constatato, è stata migliorata la veste tipografica ed altre modifiche verranno apportate perché chi ci segue, oltre alla qualità delle notizie, possa rimanere soddisfatto anche del modo come vengono pre- sentate. Con l’inizio del nuovo anno ci proponiamo di continuare su que- sta strada rendendola sempre più bene accetta ai lettori che ci hanno sostenuto ed anche invitato a mante- nere quanto fino ad ora abbiamo offerto, sia come qualità delle notizie che come periodicità nella distribu- zione, che resterà gratuita.SERAFINO CAMILLI Anno 2 - nuova serie Numero 4 COPIA GRATUITA Offida, Maggio 2003 Periodico del Centro Studi “Guglielmo Allevi” - Offida 1 IL GEMELLAGGIO OFFIDA - LANCIANO DI DON LUCIANO CARDUCCI L a festa del Miracolo Eucaristico, tradizionalmente chiamata della Croce Santa, quest’anno assumerà un tono più solenne per due circostanze favorevoli: il settecentotrentesimo anni- versario del Miracolo avvenuto a Lanciano (1273 - 2003) e il gemellaggio tra Lanciano ed Offida, le due città del Miracolo Eucaristico. Il 3 maggio prossimo, l’Arcivescovo di Lanciano mons. Carlo Ghidelli gui- derà una delegazione con a capo il sin- daco della città, autorità, sacerdoti e un gruppo di pellegrini, che saranno rice- vuti dal nostro vescovo mons. Silvano Montevecchi , dal sindaco ing. Lucio D’Angelo, dai parroci cittadini, da varie autorità. Nel corso del solenne pontifi- cale nel nostro santuario, saranno offer- te all’arcivescovo di Lanciano due pre- ziose reliquie: un frammento della tovaglia di Ricciarella e un frammento della tegola, frammenti prelevati dal vescovo mons. Ambrogio Squintani, nella ricognizione canonica del 3 dicembre 1956 e gelosamente custoditi, che poi saranno conservate nella casa di Ricciarella, recentemente restaurata e riportata ad oratorio per ricordare appunto il miracolo avvenuto nel 1273. Sarà poi nostro gradito dovere ricambiare la visita e andare pellegrini a visitare e a pregare nella casa di Giacomo Stasio e di Ricciarella. Per preparare spiritualmente a que- sto avvenimento, la festa del 3 maggio, sarà preceduta da una “Settimana Eucaristica” predicata dal sacramentino padre Leopoldo Cristinelli. Vorrei segnalare una iniziativa che dovrà con- tinuare negli anni avvenire: una zona della nostra diocesi è invitata ad orga- nizzare un pellegrinaggio al nostro san- tuario. Saranno le parrocchie della Vallata del Tronto: Ancorano, Castel di Lama, Colli, Monsampolo, Pagliare, Spinetoli, Stella di Monsampolo, Villa S. Antonio, Villa S. Giuseppe, Villa S. Pio X, la prima vicaria ad essere invitata. I rispettivi parroci guideranno il pellegri- naggio che si effettuerà il pomeriggio di sabato 26 aprile p.v.

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SOMMARIOIntroduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1Serafino Camilli

Il Gemellaggio Offida - Lanciano . . . . . . . . . . . .1Don Luciano Carducci

L’Iscrizione Sud-Picena di Castignano . . . . . . . .2Vitale Travaglini

Ophyte e il Serpente Aureo . . . . . . . . . . . . . . . . .2Maria Luisa Romano

Un ricordo di Olindo Pasqualetti . . . . . . . . . . . . .5Nicola Savini

La responsabilità sociale della BCC Picena . . . .6Serafino Camilli

Manifestazioni di Maggio . . . . . . . . . . . . . . . . . .6Giancarlo Premici

Feste Picene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7Michele Angelini

Addio Licia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9Mario Vannicola

Qualcosa in più sull’istruzione . . . . . . . . . . . . .10Tanja Stracci

Spigolature Storico-Folkloristiche . . . . . . . . . .11Don Luciano Carducci

Ipotesi sulla centuriazione augustea… . . . . . . .11Vitale Travaglini

Curiosità offidane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12Vitale Travaglini

Con molta soddisfazione pre-sentiamo questo quarto

numero della nuova serie di OPHYS.Un traguardo veramente importanteche non segna certamente un puntodi arrivo ma offre la spinta per anda-re oltre. Realizzare un periodicocome il nostro non è semplice erichiede sacrificio e tanta buonavolontà per mantenere fede a quantopromesso ai nostri lettori all’iniziodelle pubblicazioni. Grazie alla fattivacollaborazione con la Banca diCredito Cooperativo Picena abbiamoriservato dello spazio anche alle noti-zie di interesse storico-folkloristico evarie riguardanti il vicino centro diCastignano. Una nostra intenzione,però, rimane quella di allargare ilnumero dei collaboratori locali per-ché il periodico possa essere semprepiù rispondente agli scopi che ci era-vamo fissati. Nell’ultima riunione delcomitato di redazione si è discussodella partecipazione dei ragazzi dellescuole locali e la proposta è stataaccettata da tutti. Ai ragazzi verrà dato

largo spazio con notizie riguardanti lastoria, il folklore ed altre che interes-sano principalmente il loro mondo.Nostri incaricati prenderanno contatticon i responsabili della scuola affin-chè questa partecipazione possa esse-re veramente fattiva e spingere iragazzi a dare un reale contributoall’attività di ricerca di notizie riguar-danti il nostro centro. Come già i let-tori avranno constatato, è statamigliorata la veste tipografica ed altremodifiche verranno apportate perchéchi ci segue, oltre alla qualità dellenotizie, possa rimanere soddisfattoanche del modo come vengono pre-sentate. Con l’inizio del nuovo annoci proponiamo di continuare su que-sta strada rendendola sempre piùbene accetta ai lettori che ci hannosostenuto ed anche invitato a mante-nere quanto fino ad ora abbiamoofferto, sia come qualità delle notizieche come periodicità nella distribu-zione, che resterà gratuita.■

SERAFINO CAMILLI

Anno 2 - nuova serieNumero 4

COPIA GRATUITAOffida, Maggio 2003

Periodico del Centro Studi“Guglielmo Allevi” - Offida

1

IL GEMELLAGGIO OFFIDA - LANCIANODI DON LUCIANO CARDUCCI

La festa del Miracolo Eucaristico,tradizionalmente chiamata della

Croce Santa, quest’anno assumerà untono più solenne per due circostanzefavorevoli: il settecentotrentesimo anni-versario del Miracolo avvenuto aLanciano (1273 - 2003) e il gemellaggiotra Lanciano ed Offida, le due città delMiracolo Eucaristico.

Il 3 maggio prossimo, l’Arcivescovodi Lanciano mons. Carlo Ghidelli gui-derà una delegazione con a capo il sin-daco della città, autorità, sacerdoti e ungruppo di pellegrini, che saranno rice-vuti dal nostro vescovo mons. SilvanoMontevecchi , dal sindaco ing. LucioD’Angelo, dai parroci cittadini, da varieautorità. Nel corso del solenne pontifi-cale nel nostro santuario, saranno offer-te all’arcivescovo di Lanciano due pre-ziose reliquie: un frammento dellatovaglia di Ricciarella e un frammentodella tegola, frammenti prelevati dalvescovo mons. Ambrogio Squintani,nella ricognizione canonica del 3

dicembre 1956 e gelosamente custoditi,che poi saranno conservate nella casadi Ricciarella, recentemente restaurata eriportata ad oratorio per ricordareappunto il miracolo avvenuto nel 1273.

Sarà poi nostro gradito doverericambiare la visita e andare pellegrinia visitare e a pregare nella casa diGiacomo Stasio e di Ricciarella.

Per preparare spiritualmente a que-sto avvenimento, la festa del 3 maggio,sarà preceduta da una “SettimanaEucaristica” predicata dal sacramentinopadre Leopoldo Cristinelli. Vorreisegnalare una iniziativa che dovrà con-tinuare negli anni avvenire: una zonadella nostra diocesi è invitata ad orga-nizzare un pellegrinaggio al nostro san-tuario. Saranno le parrocchie dellaVallata del Tronto: Ancorano, Castel diLama, Colli, Monsampolo, Pagliare,Spinetoli, Stella di Monsampolo, Villa S.Antonio, Villa S. Giuseppe, Villa S. PioX, la prima vicaria ad essere invitata. I

rispettivi parroci guideranno il pellegri-naggio che si effettuerà il pomeriggiodi sabato 26 aprile p.v. ■

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OPHYTE E IL SERPENTE AUREODI MARIA LUISA ROMANO

L’ISCRIZIONE SUD-PICENA DI CASTIGNANODI VITALE TRAVAGLINI

AMontecalvo di Castignano, sulfondo della sig.ra Angela

Conconi Crocetti, nel 1890 venne allaluce un obelisco di tufo.Trattatasi di unastele sud-picena del VI°-V° secolo a.C.sulle cui due facce è tracciata un’iscrizio-ne a carattere funerario-celebrativo, inuna variante locale, l’osco-piceno, di unaforma linguistica da riferire a quellesabelliche, popolazioni centro-meridio-nali.

La scrittura è bustrofedica, ossia silegge, in modo alterno da sinistra adestra e viceversa. L’alfabeto utilizzasegni derivanti dal greco con adattamen-ti locali, per cui è possibile leggere iltesto, ma non comprenderne il significa-to.

In genere le parole sono separate

dall’interpunzione da tre punti in lineaverticale, mentre quella con due puntiserve ad indicare la congiunzione frasillabe e quella con due punti ripetuti acollegare le parti di una parola scritte indue linee consecutive.

Risulta, così, la seguente interpreta-zione del testo:

. . . . . .Faccia a MATEREIF .PATEREIF. FU

::ITUD. FAPIRIF. ARITIF. IMIF.PUIF. . . . . .. . . . . .

Faccia b PUPUNUM. ESTU:F.APAIUS. ADSTAIUF. SUAIS. MANUS.MEITIMUM

. . . . . .Sono comprensibili solo alcune

parole: matereif, patereif uguali al lati-

no matribus e patribus; manus era per iromani l’anima del defunto divinizzata;apaius, la gens Appaea è notanell’Aemilia regio. Alcuni pensano chepupunum, presente anche nell’iscrizio-ne di Loro Piceno, sia il nome anticodei Piceni. Altri lo indicano comemonumento sepolcrale. Il sensopotrebbe essere questo: La gente Apaiadedica questo cippo, come monumen-to alle madri ed ai padri divenute divi-nità dell’oltretomba.

Vittore Pisani ne tentò la seguente tra-duzione latina: Matribus patribus estostrenuis arentibus inferis,quibusmonumentum hunc Apaei statueruntsuis Manibus cippum [stai(esto) qualemonumento (monumentum hunc) allemadri ed i padri (matribus patribus)laboriosi (strenuis), anime accolte negliinferi (arentibus inferis), cui (quibus),come sue divinità defunte (suis manibus)gli Apaei innalzarono (statuerunt) uncippo(cippum)].

La stele doveva essere posta al cen-tro di un recinto sacro.

Dal 1920 ha fatto parte della CivicaCollezione Archeologica di AscoliPiceno. Oggi è possibile osservarla nelMuseo Archeologico Statale di AscoliPiceno in piazza Arringo. Una copia èesposta nella piazza antistante la Sededella Banca di Credito CooperativoPicena in Castignano.■

PRIMA PARTE

Marche. Offida nel Piceno, ametà strada tra Ascoli Piceno e

il mare Adriatico. La sua storia tramedioevo e Longobardi... le sue bellis-sime chiese...

Una tra le tante, imponente e inte-ressante, dalla superba architettura èSanta Maria della Rocca, XIV secolo,che marca il punto più alto del paeseantico e sembra sospesa sui CALAN-CHI, dove la naturale erosione del ter-reno ha dato vita qui ad un paesaggiosingolare e di grande impatto visivo.Nella chiesa di S. Agostino sono con-servati i resti del Miracolo Eucaristicoavvenuto a Lanciano in Abruzzo nel1273. Questo avvenimento si celebraogni anno il 3 di maggio, con la festadella Croce Santa. Da febbraio a marzosi festeggia il carnevale d’Offida.

In questo paese, tanto ricco di fasci-no quanto d’antichissima storia, vi èuna strada dal nome veramente interes-sante, appunto via del Serpente Aureo.Mi accorsi che questo nome spalancava

diverse porte sull’affascinante mondo alquale poteva essere appartenuto.Quanto segue è ciò che è emerso dallamia ricerca.

_________________

Esaminando questa lunga via conattenzione si capisce il perché del suoaffascinante nome. Facciamo qualchepasso indietro nel tempo.

Isola di Rodi o Rhodus (Rhodos,Rhodes) anticamente chiamata Aethraea eOphiussa o Ophiusa. Tra le varie leg-gende circa la sua origine si narra fossestata fondata da Tlepolemus, figlio diErcole. Rodi possedeva 3 centri Dorici,Lindus, Ialysus e Camirus, queste città conCos, Cnidus, e Alicarnasso formavano laEsapoli Dorica. I suoi abitanti furonograndi navigatori, più volte alleati diRoma nelle guerre che si succedettero inquel tempo.

Si narra che nella città d’Offida anti-camente fosse adorato un serpented’oro, “il serpente aureo”. Lo storicooffidano Allevi ci dà notizia della sua

ricerca e ritrovamento in Offida di untempio “...e seguendo il filo di una tradi-zione locale, che mette in questi dintornila esistenza di un tempio, denominatodal Serpente Aureo, io ne cercai e ne rin-venni gli avanzi in un podere del miovaloroso amico Giovanni Mastrangelo.Sono reliquie a breve distanza dalla città,dal lato di tramontana, sulla cima di uncolle coperta un giorno da boschi, comeci lasciava indovinare il nome stesso diMacchie rimasto dalla contrada.Fra unamateria di grossi mattoni e mattoncelli amiglia, di tegole piatte e convesse, di pezzidi travertino, di qualche avanzo d’into-naco dipinto seppelliti a breve profondi-tà, ho tornato a luce una cripta scavatanel suolo e rivestita di stucco, dalla qualenon è improbabile, che i sacerdoti ren-dessero i responsi, se egli è vero che il tem-pio di Ophite fosse sede di un oracolo”.

Viene da chiedersi com’è possibile–secondo la nostra concezione moder-na – chiedere responsi ad un “serpen-te” a meno che non lo si ritenesse sim-bolo di un’alta divinità. Per compren-

Stele di Castignano con l’iscrizione. Museo archeologico statale di Ascoli Piceno.

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dere questo si deve volgere lo sguardoalla mitologia.

Asclepio ed il serpente

Asclepio è figlio d’Apollo e dellabellissima ninfa Coronide. La leggendanarra che Coronide incinta fu colpita amorte da una freccia di Diana (nomelatino di Artemide). Il corpo diCoronide fu poi deposto su un rogo eMercurio la fece partorire. Apollo poiprese suo figlio Asclepio e lo portò dalcentauro Chirone sul monte Pelionchiedendogli di allevarlo per lui. Funutrito da Trigona.

Lì imparò tutto sulle arti di guarigio-ne e divenne un grande medico. Atenagli affidò due vasi contenenti il sanguedella Medusa Gorgone.

Il sangue della parte destra dellaMedusa riportava in vita e quello dellaparte sinistra uccideva (nella via indui-sta queste due energie si chiamano Idae Pingala - n.d.a.).

Asclepio scelse di utilizzare il san-gue della parte destra per riportare imorti in vita, e questo non piacque aZeus, il quale temeva che l’umanitàpotesse imparare a sfuggire del tuttoalla morte. Perciò lo uccise con un ful-mine, ma, per richiesta di Apollo, fecedi lui una costellazione: la costella-zione Ofiuco-Serpentario.

Asclepio è rappresentato come unuomo con la barba, lunga veste, spessoa petto nudo, appoggiato ad un basto-ne attorno al quale si attorciglia ungrosso serpente. Vi era un tempio cir-condato da una zona di fitti cespugli, innome di Asclepio (Esculapio poi per iRomani) ad Epidauro, il cui culto vieneintrodotto a Roma nel 293 a.c.

I serpenti erano sacri a lui poichésimboli di rinnovamento, per via dellamuta annuale e si credeva avessero ilpotere di scoprire le erbe curatrici. Si

narra che i discendenti d’Asclepio aves-sero il loro centro presso Cos e Cnidus.Erano una casta di sacerdoti e la cono-scenza della medicina era un sacrosegreto tramandato, in queste famiglie,di padre in figlio.

La leggenda narra che Asclepioebbe due, forse tre figlie: una si chia-mava Panacea ed era una dea grecasimbolo della guarigione per mezzo dierbe mediche. Un'altra, Igiea o Igea,divinità rappresentante la salute fisica espirituale, corrispondeva a Salus la dearomana della salute. Igea era rappre-sentata come una vergine, con unalunga veste, che nutre un serpente dauna coppa. In molte antiche religioni siparla di serpenti dai poteri creatori.Basti vedere il serpente di bronzo cheMosè piantò nel deserto oppure laverga di Aronne che prese vita trasfor-mandosi in un serpente davanti alFaraone in Egitto. In ogni parte delmondo vi è una tradizione con il sim-bolo del serpente. Nella leggenda delGuerrin Meschino propria delleMarche, questo cavaliere, cercando lesue vere origini, viene a sapere da unoracolo che la sola persona al mondoche potrà dirgli di chi è veramentefiglio è la Sibilla che vive nel monte, (ilMonte Sibilla appunto).

Egli vi giunge e, pur essendo statoavvertito di uscirne prima dello scaderedi un anno, vi rimane, fuggendo poiper paura di aver peccato. Si narra cheogni sabato notte la Sibilla e le sueancelle si tramutavano in serpenti.

Le donne-serpente, o pitonesse,dette anche Pizie, sacre ad Apollo, anti-camente erano sacerdotesse con le dotidi profezia, tanto sacre che addirittura iRe ne chiedevano responsi.

Tali sacerdotesse sapevano leggeree ascoltare il silenzio, che vi era nelvento, o addirittura il muoversi dellefoglie, traducendolo poi in ciò che eradefinito profezia; quel silenzio, quellapace, erano anche interiori. Era ancheuna lettura aurica, nonché spiritualedegli eventi e delle persone.

Recatosi dal Papa egli ne implora ilperdono, e la leggenda ci tramanda cheil cavaliere non fu subito perdonato“neanche se fiorisce il bastone pastora-le..” sembra gli sia stato detto. Fatto stache fugge, ormai perduto e rientra nel“dissoluto” mondo entroterra della Fata.Si narra che il terzo giorno fiorì il basto-ne pastorale del papa il quale lo mandòsubito a chiamare ma troppo tardi.

Nulla si seppe più del GuerrinMeschino.

Visitai Offida in un giorno di finemaggio nel 1999, e notai subito il nomedi via del Serpente Aureo. Percorsi lavia fino a S. Maria della Rocca, e unavolta lì mi voltai a guardare indietroverso il centro di Offida. Ebbi la perce-zione di vedere, riconoscere qualcosache conoscevo già, solo che, comespesso capita, non seppi metterlo afuoco li per lì. Tornata a Roma accesi ilmio computer e gettai uno sguardo sualcune mappe di costellazioni cheavevo. Ed era lì. Davanti al mio sguar-do stupefatto vi era la costellazione diOphiucus che rispecchiava esattamen-te il percorso centrale di Offida.Riuscite ad immaginare la mia meravi-glia? Ho iniziato le mie ricerche da lì, enon sono ancora finite.

Ora mi rivolgo a voi amici lettori;possiamo chiederci quale fosse il pen-siero, il credo, degli abitanti dell’isola diRodi, nel fondare una città dalla formanon solo di un serpente ma di unacostellazione nella quale vivrebbe eter-namente un loro eroe simbolo di luce,Ophiucus (Asclepio, la divinità diOphiusa), Serpentario= Offida.

Ophis significa serpente in greco,dalla radice oph- e Ophiucus sarebbe“colui che tiene il serpente”; infattinella leggenda della costellazione tro-viamo Ophiucus-Asclepio, un idealefigura d’uomo, che avvolto dal serpen-te, ne stringe un capo in ogni mano. E’probabile che un tempo, via delSerpente Aureo fosse il nome di tutto iltratto, che va attualmente dall’inizio divia Roma dove si trova S. Maria dellaRocca, attraversa Piazza del Popolo,percorre la stessa via del SerpenteAureo fino a Piazza della Libertà. Viadel Serpente Aureo è lunga all’incirca660 metri.

La testa -caput- di Ophiucus-

Apollo del BelvedereIV secolo a.c.

Musei Vaticani. Roma

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Serpentario-costellazione, è visibile infi-ne nella via-tracciato, da S. Maria dellaRocca all’incirca fino metà di via Roma.

La coda -cauda- riparte dai pressi diPiazza del Popolo fino a piazza dellaLibertà dove si trovano le antiche mura.Il percorso centrale del paese presentaqualche modifica, ma già dalle primemappe dell’800 è possibile avere con-ferma di quanto già detto. Mi scuso conil lettore per essermi ripetuta tanto neinomi, ma si capirà vista la particolaritàdel tema terra-cielo.

La costellazione, le mappe e le

misurazioni saranno materia di studionella seconda parte di quest’opera.

La costellazione di Ophiuchus

Offida dunque è una città fondatada uomini che sapevano leggere i cieli,(il serpentario si vede ancora sui cielidelle Marche all’inizio del mese di giu-gno), ma che fondavano centri dove ilcielo poteva essere unito alla terra. Unauspicio di futura fortuna e prosperità?Di certo per loro era anche un aggan-cio spirituale con il cielo.

Anticamente non era cosa rara cheun popolo si spostasse alla ricerca diuna terra “promessa”.

Un oracolo aveva forse parlato lorodi questa terra dove singolarmente laconformazione terrestre poteva acco-gliere con straordinaria similarità la lorofusione cielo-terra? Sicuramente si.Possiamo immaginare questi nostri lon-tani amici giungere dall’Adriatico einoltrarsi in queste terre a loro scono-sciute, giungere vicino ai calanchi,osservare increduli questa terra ospita-le, fertile, e così incredibilmente similea quanto da loro ritenuto divino.. “..tro-verete un luogo che unisce il vostro dionel cielo sulla terra..” forse questeerano le parole di un oracolo?Seguirono forse una traiettoria indicatadalla costellazione Ophiucus per trova-re il luogo?

Gli antichi credevano nell’energiache scaturiva dalla terra stessa. Per que-sto proprio sopra i Calanchi? Sappiamo

che Rodi poi creò e custodì una dellesette meraviglie del mondo, appunto ilColosso di Rodi, quindi i suoi abitantierano costruttori capaci di grandiopere. Devo aggiungere qui che iniziaiquesta mia ricerca nel 1999. Al temposcrissi la mia ipotesi che i primi abitan-ti o fondatori di Offida provenisserodall’isola di Rodi. Oggi, nel 2003, incorso d’opera, leggo con sorpresa, ed èper me una conferma entusiasmante,nel libro di Guglielmo Allevi che hopotuto consultare presso e grazie allacortesia della biblioteca comunale diOffida, che egli aveva scritto la stessaipotesi: “…e il suo nome restituito allaprimitiva forma d’Ophyte, troverà belriscontro nell’isola di Ophiusa, appogli antichi così nominata da’ suoi ser-penti, innanzi che si chiamasse Rodidalle molte rose che ivi fioriscono…”.

Ma vogliamo chiederci ancora: per-ché il nominativo Serpente Aureo? Pervia della leggenda del serpente d’oro?Per via della costellazione? Forse eranoa conoscenza del pi greco? Avevanoconoscenze di Ermetismo e Alchimia?Sicuramente si.

I loro sacerdoti, -coloro dalle dotisacre-, erano capaci di leggere il cielo ela terra, il numero, la geometria e l’a-stronomia, il punto, il tratto e la linea.Pensiero, vibrazione, azione, la SezioneAurea. Sapevano che ogni frequenzacorrisponde ad una forma e viceversa.Arti da loro ritenute della massimasacralità. Apollo era padre d’Asclepio,ma anche una delle maggiori divinitàgreche, dio della luce solare, Helios, ilSole, che più tardi diverrà il Colosso diRodi. Asclepio voleva donare agliuomini l’immortalità, come Prometeo, eil serpente n’era la rappresentazione.

Serpenti e draghi gli erano consa-crati e a lui era sacrificato il gallo.

Il serpente ancora oggi nella via spi-rituale induista, come per gli alchimisti,sarebbe l’energia o Kundalini che giacealla base della colonna vertebrale, ladea dormiente o sposa divina, un ser-pente di luce -serpente aureo- capacedi viaggiare verso l’alto per sublimarel’energia dell’uomo.

Ma torniamo ora alla mitologia chein sé possiede i simboli che ci possonospalancare le porte del tempo e dellacomprensione. I due primi livelli di let-tura sono i seguenti: La leggendamitologica e La creazionePRIMO LIVELLO: la leggenda mitologica

Abbiamo già affermato che Asclepioè figlio d’Apollo e della bellissima ninfaCoronide. La leggenda narra cheCoronide incinta fu colpita a morte dauna freccia di Diana. Il corpo di

Coronide fu poi deposto su un rogo eMercurio la fece partorire.

Apollo poi, preso suo figlio lo portòdal centauro Chirone sul monte Pelionchiedendogli di allevarlo per lui. Funutrito da Trigona. La ninfa Coronide èincinta di Asclepio, figlio di Apollo, ilsole, quando è colpita a morte da unafreccia della sorella gemella di Apollo,Diana-Artemide. Coronide significhe-rebbe corvo e nel linguaggio alchemicoi neri corvi sono simboli d’oscurità,quindi Coronide sarebbe un simbolodel buio, ma aspetta un figlio daApollo, il dio della luce. Diana la colpi-sce con una freccia. Diana-Artemide èl’aspetto femminile del dio Apollo, ilchiarore, la luna. Coronide è depostasu un rogo -dove è ovvio che bruceràdiventando cenere- ma prima Mercuriofarà nascere Asclepio.SECONDO LIVELLO:la Creazione

Il buio, prima della nascita del tutto-universo-, contiene già in sé il frutto,l’offerta, la creazione, ma ancora in unostato inglobato, racchiuso. Viene all’im-provviso colpito da una freccia di luce,il pensiero. Darà luce alla vita. Non èun caso che qui in Offida si festeggiaun carnevale dall’antichissimo sapore,in cui si ritrovano ancora tracce deiBaccanali greci e dei Saturnali romani.Bacco-Dionisio, il protettore del vino, icui simboli sarebbero la verga, lacoppa, e il tralcio di vite. Ancora altrasimbologia che indica la via ermetica.

Il serpente era il simbolo della mate-ria degli Ermetisti e per questo rappre-sentava Asclepio. In un secondo tempoè nato il caduceo, ossia l’asta attornoalla quale si avvolgono due serpentisimbolo di Mercurio-Ermete. Il signifi-cato resta lo stesso. Oggi simboleggia lamedicina e i farmacisti.

E’ d’obbligo qui citare uno scritto diprofonda saggezza, attribuito a ErmeteTrismegisto, il tre volte grande, Ermesper i Greci, Thoth per gli antichi Egizi,così recita:

La Tavola di Smeraldo

E’ vero, è vero senza errore, è certo everissimoCiò che è in alto è come ciò che è inbasso,Ciò che è in basso è come ciò che è inalto,Per fare il miracolo di una Cosa Unica .Così come tutte le cose sono semprestate nell’Uno e venute dall’Uno, cosìtutte le cose sono nate per adattamen-to della Cosa Unica.Il Sole è il padre, la Luna è la madre. IlVento l’ha portato nel suo ventre, la

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Terra è la sua nutrice.Qui è il padre di tutto, il Telesma ditutto il mondo; la sua potenza non halimiti se viene convertita in Terra.Tu separerai la Terra dal Fuoco, il sotti-le dallo spesso, dolcemente con granlavoro.Esso dalla Terra risale al Cielo, subitoridiscende in Terra, raccoglie la forzadelle cose superiori e di quelle inferiori.Con questo mezzo tu avrai tutta la glo-ria del mondo e si allontanerà da teogni oscurità.E’ la forza forte di ogni forza, perchévincerà ogni cosa sottile e penetreràogni cosa solida.E’ in questo modo che il mondo vennecreato.Da questa fonte scaturiranno adatta-menti innumerevoli il cui mezzo abbia-mo indicato.E’ per questo che sono stato chiamatoErmete Trismegisto: perché possiedo letre parti della Sapienza Universale.Ciò che ho detto dell’operazione delSole è perfetto e completo.

Ad Offida il Serpente Aureo, è fissa-to -geograficamente- sui calanchi chesembrano zampe di drago. Curiosocaso. Via del Serpente Aureo sarebbe un“serpente di luce” che indica nel cielo lacostellazione di cui porta il nome, forseper ricordare all’umanità il suo verocompito ossia assurgere ad una “vitasuperiore”. Da questo punto di vistacomprendiamo che i costruttori di unatale incredibile opera non potevano cheessere sacerdoti. Esseri che hanno volu-to incidere in questa località la parola“infinito” sotto forma di un complessosimbolismo che la rappresenta, in ognicaso, come è sopra citato “Come in altocosì in basso.. unire il cielo alla terra perfare il miracolo della cosa unica..”.

Con curiosità notiamo che gliAppennini percorrono l’Italia come unaspina dorsale, il Nilo attraversa l’Egittodall’alto in basso come una spina dor-sale. Ed è tutto ancora sotto i nostriocchi, come se i landmark lasciati daquesti antichi sacerdoti costruttori nonsi fossero mai deteriorati, e nonostante

lo scorrere inesorabile del tempo, comeantiche sentinelle, sono ancora lì diguardia al loro segreto.

Forse se la nostra umanità tornassea questi livelli di conoscenza oggi,seguirebbe questo filo d’Arianna e ciapparirebbe davanti all’improvvisocome uno schema, un tracciato a raggiinfrarossi che è sempre stato lì, davedere e riconoscere; il profondosignificato-sacro-sistema di vita di que-sti nostri predecessori.

Recentemente mi sono recata dinuovo ad Offida, e in una splendidasera di giugno, lì, proprio sopra l’altis-sima e splendida S. Maria della Roccache sembra lambire il cielo, brillanoancora alte le stelle d’Ophiucus.■

BibliografiaClassical dictionary ed. Blakeney, Dizionario diMitologia ed. La Spiga, Enciclopedia dei Simboli ed.GarzantiOffida Origini e Storia, Guglielmo Allevi: Centenariodella Scomparsa: Regione Marche Assessorato alla

Cultura.

(continua)

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UN RICORDO DI OLINDO PASQUALETTIDI NICOLA SAVINI

Vogliamo ricordare questa volta,sulle pagine di “Ophys”, uno

dei figli più illustri della terra di Offida.“Un uomo doppiamente sacerdotedella fede e della scienza”, come lo hadefinito il dott. Nicola Venanzi, profes-sore emerito del Liceo-Ginnasio “T.Varrone” di Rieti.

Stiamo parlando di OlindoPasqualetti, celebre latinista, uomo discienza dotato di profonda umanità edefinito dalla critica neoumanista dellamodernità.

Olindo Pasqualetti nasce in Offidanel 1916. Ancora ragazzo si trasferiscecon la famiglia a San Benedetto delTronto dove conclude il secondo ciclodelle scuole elementari. Da qui, a 12anni, parte per entrare nel seminariodell’Istituto della Consolata per leMissioni Estere. A Torino termina ilcorso di studi seminaristici, umanistici,filosofici, teologici e in questa stessacittà è ordinato sacerdote nel 1940. Silaurea in lettere antiche pressol’Università Cattolica di Milano dove, inseguito, svolge per più di un ventenniola sua attività nell’Istituto di Filologiaclassica. In precedenza, per diversianni, aveva esercitato l’insegnamentodi latino e greco in diversi licei pubbli-ci e privati d’Italia (Varallo Sesia,Vercelli, Fermo). La sua improvvisamorte, avvenuta presso la “Casa Madredelle Missioni Consolate” di Torino il

21 Novembre 1996, suscitò profondaimpressione nella sua città natale, per-ché ad essa rimase sempre legato daprofondo affetto, tanto da dedicarle lacelebre lirica “Ophidae UrbisProdigium”.

Per suo espresso desiderio, OlindoPasqualetti riposa ora nel cimitero diOffida, accanto alla sua adorata mamma.A lui è stata intitolata la piazza davanti alsantuario di Santa Maria a Mare, dovespesso amava soggiornare. Poiché fin dagiovanissimo “quod temptabat scriberelatine erat”, ha pubblicato in rivistenazionali ed estere, poesie, componi-menti in prosa, saggi, recensioni in lin-gua latina. Ha partecipato a molti con-corsi di poesia e prosa latina, nei qualiha conseguito 14 premi, 10 secondipremi, 23 terzi premi. Quasi tutte le sueopere sono state raccolte in “GeminaMusa” nel 1987 e in “Tre appendici aGemina Musa” nel 1992. Ha anche alsuo attivo pubblicazioni universitarie etesti scolastici con le Case Editrici DanteAlighieri e Minerva Italica. Ha collabora-to con i più noti latinisti all’EnciclopediaVirgiliana (Treccani). Ha partecipato aiConvegni Internazionali: Ciceroniano,Oraziano, Ovidiano, Pliniano,Varroniano. È stato socio di “OpusFundatum Latinitas” (Città del Vaticano),del Centro Studi Varroniani di Rieti,dell’Accademia di Scienze di Roma edell’Accademia Marchigiana di Scienze e

Lettere. Nel 1996 l’AmministrazioneComunale di San Benedetto del Tronto,per meriti di ordine economico, umani-tario e culturale gli ha assegnato l’ambi-to premio “Premio Truentum”. Dal 1962al 1995 ha ricevuto ben 15 prestigiosipremi e riconoscimenti nazionali e inter-nazionali. Di lui, così ha detto il prof.Emidio Diletti, preside emeritodell’Istituto Magistrale “Mercantini” diRipatransone: “Nelle poesie di OlindoPasqualetti è evidente la partecipazionealla storia del proprio tempo, la presa dicoscienza dei problemi del presente.Non manca l’elogio del progresso scien-tifico e tecnico che ha migliorato le con-dizioni di vita e di lavoro. Ma pure tra-pelano con chiarezza le preoccupazioniper il futuro minacciato dai mali che noistessi ci procuriamo con la nostra stol-tezza: minacce di guerra, conflitti socia-li, fame, paura di disastri atomici, inqui-namento della natura, infauste conse-guenze della diffusione della droga”. Eper concludere, ecco un’espressionedella prof.ssa Giovanna BiffinoGalimberti dell’Università Cattolica diMilano: “Con Pasqualetti scompare unadelle figure più eminenti fra i poetineoumanisti, una delle personalità piùsignificative fra i sostenitori della culturaclassica come fondamento insostituibileper la formazione dell’uomo, uno deipiù raffinati e colti interpreti del mondoantico”.■

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La Banca di Credito CooperativoPicena, nata dalla fusione delle

Casse Rurali di Castignano e Montalto,continua ad allargare il suo raggio diazione e, recentemente, ha aperto unafiliale anche a Villa S.Antonio di AscoliPiceno.

Sull’attività di questo tipo di istituto dicredito il vice direttore della sede diCastignano, Giuseppe Benigni, ci hadetto: “Le banche di Credito Cooperativonon perseguono l’obiettivo del sempliceprofitto ma hanno lo scopo di contribui-re alla promozione e allo sviluppo dellacomunità sostenendo gli investimentidelle famiglie e delle piccole e medieimprese. Esse hanno obiettivi di valoriz-zazione dell’impresa ma non di lucroindividuale. Per questi motivi le BCCsono banche a responsabilità sociale.Diventa quindi necessario che venga dif-fusa la cultura dei valori delle istituzionicon cui si hanno rapporti in qualità diclienti, di azionisti, di finanziatori, di for-nitori. In questa ottica è stata portata atermine la recente campagna di comuni-cazione del Credito Cooperativo che,oltre a far conoscere il Gruppo al grandepubblico, ha voluto trasmettere il mes-saggio della diversità delle banche diCredito Cooperativo rispetto alla altrebanche. La mia banca è differente...per-

ché cresce con me. Perché non mi lasciamai solo. Perché ha a cuore cose che lealtre banche non hanno neanche inmente. Questo dichiarano i protagonistidegli spot trasmessi nello scorso autun-no, quasi stupendosi di non trovare nelmondo circostante la stessa sintonia, lastessa sollecitudine, la stessa capacità dirisposta cui li ha abituati il CreditoCooperativo. Questa diversità deriva daun sistema di valori in cui le banche diCredito Cooperativo si riconoscono. Ivalori sono riassunti in un documento: LaCarta dei Valori. Essa costituisce un pattofra il Credito Cooperativo e le comunitàlocali. Inoltre detta regole di comporta-mento per gli amministratori, i dipenden-ti e i soci, impegnandoli in tal senso. Fraquesti valori troviamo: MUTUALITA’,significa che la banca cooperativa erogail credito principalmente ai soci. Al 31dicembre 2002 la compagine socialedella BCC Picena contava oltre 1600 soci.SOLIDARIETA’: molteplici sono le inizia-tive a favore di attività culturali, sociali,sportive e di volontariato presenti nel ter-ritorio. Recentemente la BCC ha profusoun particolare impegno nel sostenere lepopolazioni colpite dal terremoto. Inoltreda alcuni anni che il credito cooperativomarchigiano sostiene la Lega del Filod’Oro. IL LOCALISMO: erogare il credito

nello stesso luogo dove viene raccolto èil sistema per promuovere lo sviluppodel contesto socio-economico locale.Con le sue dodici filiali la BCC Picenagarantisce il servizio bancario anche incentri di ridotte dimensioni o con uninsufficiente numero di unità produttive.L’APPARTENENZA AD UN SISTEMA DIBANCHE: il localismo della BCC Picenatrova integrazione ed ulteriore forza inun sistema composto da una rete di 474BCC con 3100 sportelli aggregate a livel-lo regionale a 15 Federazioni che a lorovolta esprimono, a livello nazionale, laFederazione Italiana delle Banche diCredito Cooperativo. Un grande “ sistemabancario nazionale” con legami semprepiù stabili a livello internazionale: IlSistema del Credito Cooperativo Italiano.Una banca che vive e vuole vivere la suaresponsabilità sociale. E’ questa la BCCPicena che, fedele all’impegno assuntonella Carta dei Valori, lo concretizza nelsoddisfare i bisogni finanziari dei soci edei clienti, ricercando il miglioramentocontinuo della qualità e della convenien-za dei prodotti e servizi offerti”.

Abbiamo ringraziato il vice direttoreBenigni per le notizie forniteci ed ancheper la collaborazione che la BCC PICENAha offerto per il sostegno al nostro perio-dico.■

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLA BANCA DI CREDITO COOPERATIVO PICENADI SERAFINO CAMILLI

T ra le manifestazioni ludiche cheun tempo si svolgevano in

Offida nei primi giorni di maggio, la piùimportante era quella della giostra del-l’anello. Essa richiamava una gran folla,accanto ai maggiorenti della città, pode-stà, priori, consoli e capitano, dispostisul palco. I cavalieri, allo squillare delletrombe, si lanciavano al galoppo cer-cando di infilare un anello appeso aduna forca con la punta della lancia. “Echi riesciva nella difficile prova, avevadalla dama sguardi e sorrisi e, dalmagistrato, non l’anello d’argento, cheera conservato in Comune per gli annisuccessivi, ma un bel fiorino d’oro”. (G.Allevi A zonzo per Offida p.136).

Il tutto avveniva tra una folla plau-dente, con lo squillo delle chiarine, ilrullio dei tamburi e lo sparo degli archi-bugi. Le vie, il palco e la piazza, oppor-tunamente addobbate, conferivano unanota di policroma festività. I cavalieri edi cavalli erano elegantemente vestiti,sfoggiando ricchi e sontuosi paluda-

menti. Si trovano testimonianze dellagiostra in numerosi documenti e neglistatuti fino al XVII secolo. Il gioco del-l’anello venne rievocato in una ceramicaad opera dello scultore offidano AldoSergiacomi nel 1955.

Altra tradizione era quella di portareun albero dalla campagna e piantarlo incittà, in un luogo prestabilito. Lo stessoAllevi fa risalire questa tradizione alle

feste floreali celebrate dai romani; tradi-zione molto diffusa nel medioevo inItalia, Francia, Germania ed Inghilterra.

Anche i Longobardi, nei primi dimaggio piantavano un albero, simbolodel rinnovamento della vita. Si organiz-zavano dei finti combattimenti; alloscopo venivano costruiti tre castelli,probabilmente di legno, uno in piazzaValorani, uno in piazza XX Settembreed uno davanti alla chiesa di S.Agostino, per essere espugnati il giornodella festa.

Numerosi musicanti venivano chia-mati per la festa: suonatori di pifferi,trombe, tamburi, cetre, arpe, luiti,impiegati per concerti e feste danzanti.Si tenevano anche recite e sacre rappre-sentazioni.

Si potrebbe tentare di riproporrealcune di queste manifestazioni, dopoun’attenta ricerca ed uno studio di fatti-bilità, coinvolgendo gli enti e le associa-zioni preposte allo sviluppo e valorizza-zione della cultura e del turismo.■

MANIFESTAZIONI DI MAGGIODI GIANCARLO PREMICI

La raffigurazione della giostra dell’a-nello in una ceramica opera di AldoSergiacomi, conservata nel museo delloscultore offidano.

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Presentiamo in questo numero duestudi dell’Angelini strettamente legatitra loro, ambedue relativi alle feste e, inparticolare, al canto di primavera“Relliégrete Regine”.

L’argomento fu trattato quasi con-temporaneamente da Guglielmo Alleviin un articolo uscito sull’antico Ophysed inserito, come gli altri, in appendiceall’A zonzo per Offida alla quale operasi rimanda per gli eventuali confronti eapprofondimenti.

Valeria Tozzi e Mario Vannicola

FESTE PICENE: I° PRIMAVERA

Nessun popolo e nessuna religione,che io mi sappia, hanno potuto rinun-ciare a festeggiare l’epoca dell’anno incui la Natura rinnova periodicamente lospettacolo magnifico della generazione.Numerose feste e costumanze primave-rili, alterate e mescolate, ma nonostan-te sempre riconoscibili, sono giunte anoi e restano ancora nella tradizionedel nostro popolo.

L’uovo pasquale, simbolo dellagenerazione; il gioco della scoccetta lemaggiolate in cui … ramoscelli e suoni Van gli amanti recando alle fanciulle

Il gioco del verde, ossia il pezzetti-no di foglia di alloro che devesi con-servare in bocca od in tasca1, sono lecostumanze più diffuse che le nostrepopolazioni pur esse conservano.

A San Marco (25 aprile) si va a fareallegre merende in campagna: a passàl’acqua. Evidentemente questo nomeche si da a simili scampagnate si riat-tacca a costumanze derivanti dall’anticoculto dell’acqua.

Il Giovedì santo, nelle chiese fannoil Sepolcro e di esso ornamento princi-pale sono vasi, entro ai quali sono statiseminati: grano, fave, ecc., lasciandoche le piantine crescessero al buio perconservarle bianche. Delle stesse pian-te si adornavano dai Greci e daiRomani i cosidetti giardini, specie disepolcri, di Adone2.

L’infiorata, costumanza comunenon solo a tutta Italia come la prece-dente, ma a tutta l’Europa: come omag-gio alla Divinità, si fa in Offida pelCorpus Domini (a Genzano la fannoper l’Ascenzione). Derivazione direttadelle feste floreali romane.

Le infiorate amorose poi si fanno,oltre che nella festa sopradetta, a SanGiovanni ed a San Pietro, e possonoessere buone o per dispetto. Nelleprime si adorna la soglia della portadella casa della fanciulla con fiori,nastri, fazzoletti, ciambelle e simili donigraditi. Nelle seconde invece impiega-no: sterco, calce, paglia3, ortiche, guscid’uovo, foglie di sambuco e frutta difichi paccate4.

Nella chiesa degli Agostiniani diOffida si conservano le reliquie di unmiracolo eucaristico che dicono avve-nisse in Lanciano nel 1273. Quelle reli-quie hanno fama di guarire gli spirita-ti, cioè gli invasati dal Demonio ed è aquesto santuario che fa meta un nume-roso pellegrinaggio che vi giunge dallelontane province dell’Italia Meridionalela vigilia del 3 Maggio.

Preceduta da sacerdoti la numerosafolla entra in città cantando:

Evviva la croceLa croce evvivaEvviva la croceE chi la portò.Seguono carri sui quali sono adagia-

ti poveri epilettici e donne isteriche: glispiritati!

Questa fama di guarire gli invasatidallo spirito maligno è probabile siarimasta ad Offida per tradizione, fin daquando su questi colli i Pelasgi adora-vano il serpente d’oro; ma non mi paresi possa riattaccare direttamente senzamaggiori prove questo pellegrinaggioattuale, alla folla che altra volta quitraeva a chiedere gli auspici all’Ophyspelasgico.

Il pellegrinaggio è manifestazionespontanea d’ogni secolo e d’ogni gene-razione. La faceva il popolo ebreo(Luca, II, 42-44), lo fanno attualmente imusulmani.

Nella bella stagione viene naturalenegli uomini la festività del cuore, ildesio di cose nuove e l’opportunità(mitezza di clima, pochi lavori nellacampagna) per intraprendere in massa,solennemente, quella speciale manife-stazione di culto che è la visita ad unluogo santo per adempirvi un obbligo,o imposto da precetti religiosi quasi perattingere alla fonte prima nuova fede, oassunto spontaneamente per chiederealla divinità un bene o per ringraziarladi averlo ottenuto.

Ma senza volere riattaccare il nostropellegrinaggio a riti antichissimi, misembra notevole la differenza fra que-sti, fatti da popolazioni meridionali5 edi pellegrinaggi veramente locali comequello al Monte dell’Ascensione6 dovele nostre popolazioni vanno gaiamentein piccole comitive isolate, senza cantiprocessionali, senza fanatismo, più chealtro a spassarsela.

Non v’ha dubbio che il ballo canti-lena:, che le nostre giovani cantano aPasqua7 non provenga dagli antichissi-mi balli coi quali i nostri padri festeg-giavano il rinnovo della natura. DagliEgiziani ai Greci, ai Romani, aiLongobardi, al Medio Evo, alCalendimaggio fiorentino tramandatocida Giovanni Villani, alla ballata delPoliziano; viene sino a noi non inter-rotta la tradizione dei canti e balli pri-maverili. In Normandia, in Brettagna, inBiscaglia (la farandola), vi sono anco-ra danze identiche alle nostre: inInghilterra, in Francia, in Germania, intutta Italia, viene festeggiato il rinnovo.Presso i popoli cristiani tale festa vaquasi sempre confusa con quelle dellaPasqua, feste di risurrezione, di nuovavita pure esse.

Il nostro Relliégrete Regine cono-sciuto già dai lettori dell’Archivio, dopoil rallegramento della Vergine per larisurrezione del figlio segue con unmiscuglio di canti di Maggio e di giuo-chi fanciulleschi, sovrapposti e confusi,fra i quali è caratteristico, se non origi-nale ritrovandosi in molti luoghidell’Italia Meridionale; l’ultimo perquella maldicenza salace contro giova-notti e fanciulle, per quella specie diberlina annuale degli innamorati.

Ora, nel Relliégrete Regine, verocanto di Maggio , è il brano seguente:

Sulla bella piazza de RomaNu bell’albere c’è nateE c’è nate ‘un po’ nu fioreChe le brance rentajate.E ce sta ‘na bella fija,La mannò su la pellaraA la mezza notte scura;Lucceca, lucceca, bella luna!

Il bell’albero è l’albero di Maggio.Il majo, o albero di Maggio, era un

palo nudo od un giovane arbusto alpe-stre (con le brance rentajate), guarnitodi nastri, fiamme, fiori e lampioncini.

1 V. Archivio, v. XII, pag. 3112 V. Nuova Antologia; 15 luglio 1893, articolo di Ers. Lovatelli3 V. nel Faust la scena della fontana4 Altrove: crusca, pula, cocci, spine, foglie di salice, di pioppo, ecc.

tutti simboli offensivi per la fanciulla.

5 Ricordisi quello di S. Michele del M. Gargano e tanti altri, fra i quali quello che ilD’Annunzio descrive, nel Trionfo della Morte.

6 V. Gazzetta Letteraria, n. 49, 18937 Pubblicato nell’Archivio, v. XI, 1892

FOLKLORE OFFIDANO

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Qurest’usanza ebbero i Greci(Dendroforie), i Romani, i Longobardi efu praticata in Italia in tutto il MedioEvo8.

Talvolta vi mettevano in cima sala-mi, prosciutti, polli facendone 1’alberodella cuccagna ed in questa forma, con-tinuando a chiamarlo majo, il giuoco sifa ancora nelle feste campestri delPiceno. Così durò a Roma pel I°Maggio fino al 1523, e si faceva nellachiesa dei santi Apostoli, mettendo sul-l’albero un porchetto vivo9. Non altri-menti, mi si riferisce, si fa ancora perPasqua nelle Calabrie.

Che l’albero di Maggio si facesse inOffida è indubitato. Il nostro statuto(lib. II°. cap. 12) non tace a tale propo-sito e dice:

“Deve il d. Capitano (del popolo) ildi delle calende del mese di Maggio,provvedersi d’un’arbore atto ed ido-neo e questa condurre in Offida epiantare in mezzo a. luogo consueto10.”

Dal fatto poi che quest’albero erageneralmente un’intera pianta fatta con-durre dai prossimi monti e dal costumeche ancora continua di portar seco dallafesta che si fa in Appignano del Trontonel terzo giorno di Pasqua un ramoscel-lo di abete11; mi pare si possa supporreche anche in questo vicino paese sifacesse in altri tempi il majo.

Se nella strofa riportata vi si parladella piazza di Roma questo non puòtrarre in inganno. - Per quanto diròappresso, era necessario artificio riferirela narrazione del fatto altrove e non inOffida e spontaneo doveva venire allebocche delle popolane il nome di Roma,il nome di città che più corre sulle boc-che di tutti12. Nei canti popolari accadeben sovente di vedere menzionati certinomi storici o di luoghi come per anto-nomasia, per indicare un’idea generaleche quei nomi rappresentano alla mentedel popolo. - Oggi le nostre stornellatri-ci non cantano che l’amoroso è andatopiemontese con Vittorio, vale a dire cheè bersagliere col Re?

Intorno all’albero si ballava e si can-tava, ma non sempre tutto restava nellecito e nell’ onesto e Venezia nel 1424doveva vietare che si piantassero mallinel Bresciano ed un’ordinanza del 1661in Inghilterra prescriveva che d’allora inpoi tutti gli alberi festivi del maggio,causa di licenza nei costumi, fosseroabbattuti13.

Certo per le stesse ragioni gli anzia-ni del comune bolognese trovarononecessario nel sec. XIII° di proibire laprocessione della “Contessa. di Maggio” che si faceva portando in giro su uncarro una fanciulla, seguita dalle com-pagne e dal popolo, cantando e tripu-diando14.

Gli antichi Greci avevano il canto aballo del bacio, origine di corruzione; iRomani anch’essi, ce lo ricordaLattanzio, solevano darsi a sfrenatalicenza, nell’ occasione dei giuochi flo-reali; - sconci addirittura e festa per ledonne da trivio erano i tripudi intornoal majo a Pavia nel sec. XIV15.

Ed in Offida le cose non dovevanoandare più liscie; ce lo assicura una tra-dizione che ancora vi è vivissima16.

E il brano del nostro canto a balloche più sopra ho riportato confermaquesta licenza e la seconda strofa èevidentemente la ricordanza moltopoco velata d’una disgraziata avventuracapitata ad una bella fija, che qualchesignore intraprendente, eccitato dalchiasso, dai salti e dalle libazioni;mandò o condusse su la pellara (il pol-laio) alla mezza notte oscura!

E le amiche della ragazza, malignet-te, nel farne soggetto di una strofa delcanto, chiudono con sincero spiritopopolare inviando un saluto berteggia-tore alla luna, che penetrando con i suoiraggi pel finestrino del pollaio, era stataunica ed indifferente spettatrice delfatto: “luccica, luccica, bella luna” !...

Nel “Faust” di Goethe, giovani efanciulle ballano in tondo sotto il tiglioe cantano il canto pasquale. E’ un rifa-cimento del poeta, ma la forma ed ilsoggetto del canto è tradizionale.

E come si chiude il canto ?E di man si giocava e ne volavaAll’aria ogni guarnello....Con parolette amorose e velateEi la traea bel belloIn disparte, e già udivan di lontanoSottesso il tiglio fervere il baccano17.Proprio! Un’allegria licenziosa ed una

fanciulla sedotta, come se Goethe aves-se avuta conoscenza del, “RelliégreteRegine” sotto il majo antico!

Tutte queste costumanze valgono adimostrare che potente conservatore siail popolo. Per lungo volgere di secoli eglici ha conservato l’antico canto a ballopelasgicò ed etrusco destinandolo adaltri riti; feste e costumanze primaverili

greche, romane, longobarde, medioevaliegli ha conservato affastellandole e ripar-tendole da aprile a giugno fra le solenni-tà di S. Marco, della Pasqua, della Croce,dell’Ascensione, del Corpus Domini ecc.

Potevano ancora ben proporgli altrefeste! tutte egli le avrebbe accettatecome l’avido bambino prende tutti idolci e tutti i balocchi che gli si dà; eproprio come bambino , con infantileinconscienza egli ha spezzati, trasforma-ti e mescolati i suoi vari divertimenti.

Offida, 1896

(Estratto dall’Archivio per le tradizioni popolari,Vol. XV. - Palermo Carlo Clausen, editore, 1896).

IIE RELLIÉGRETE REGINE

giuoco - cantilena fanciullesca diOffida nel Piceno

La cantano le giovani di Offida,tenendosi per mano e girando in cer-chio nel giorno di Pasqua e nei duegiorni successivi come saluto allaVergine, alla quale è resuscitato ilFigliuolo. Di questo canto non sonoriuscito a trovar tracce nei paesi vicini.

E rellégrete Regine,Che tuo fije è resuscitateChe18 de sabete e mattineE relliègrete Regine.

Lu pertò de San FrancischeDille e mé chi te l’é ditte.Me l’é ditte na bella zitellaScappa fore la più bellaLa più bella, la più galanteSora Cesira19 se faccia avante.

La chiama abbandona il circolo eviene a mettersi nel mezzo.

Sora Cesira sta in giarninoRiposate ‘mpò ‘n tantinoRiposate a poco a pocoRitornate al vostro loco.Sulla bella piazza de RomaNu bell’albere c’è nateE c’è nate ‘un po’ nu fioreChe le brance rentajate.E ce sta ‘na bella fijaLa mannò su la pellara20

A la mezza notte scuraLucceca, lucceca, bella luna.E rapritece le porte.Che le porte sta bone upèrte.Che le porte sta bone upèrte,

8 CORAZZINI, Componimenti minori della letteratura popolare.9 MORINI, Buffonerie vecchie e nuove (fuori commercio).10 Anche gli statuti di Amandola pubblicati nel 1336 ordinano le feste ed il palo di

Maggio (V. FERRANTI, Memorie di Amandola, v. I° pag. 108 e 291).11 Pianta usata in molti luoghi nelle feste tradizionali del Maggio.12 E dove ancora verso la metà del ‘600 si celebrava il majo licenzioso.13 CORAZZINI, Op. cit.14 V. Opuscolo di Nino Tamassia. 1893

15 D. SACCHI. Antichità romant. d’Italia, II. 31.16 Come in Toscana ed a Roma (V. Sonetti del Belli. - Lapi 1887, vol. 6°, pag. 178) è

costumanza la notte del primo Maggio, dirò cosi, “sagrificare all’amore”; e si chia-ma appunto piantar maggio.

17 Cito la traduzione di G. Scalvini. - Milano, 1836.18 Pleonasmo.19 Si metta un nome delle giocatrici.20 Pollajo.

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Sopra quante voléte entrare.……….Monsegnore è ite e caccieQuarchedune certe l’ammazze.Su la prate de l’erba granne21

Sta Pasquale col so’ cavalle.O Pasquale dacce lume,I lu sole, o la lune.La capritte errète errèteFugge, fugge com’un prète.Rentra, rentra, chi vo’‘ntràChe le porte c’è da serrà.Su li munte de li pajsci,Che bèlle donne ce à da passà,Ce à da passà le signeritteTutti fa quesci, quesci.

Così, così; e intanto imitano il salu-to col cappello.

E ci nen ce sa fa22

Vive li munte e li pajscià.Ce à da passà li scarparitteTutti fa quésci , quesci,(imitano il tirar dello spago come i

calzolai).E ci nen ce sa faVive li munte e li pajscià

E seguitano così pei sartorelli e pergli altri mestieri imitando col gesto illavorare di ciascun artigiano.

Te so trovate a maritareA maritare te so trovate.

E chi me volete dare?Che scontènte amare mé!23

Te vuoje da Rirì de Mecò24

Rirì de Mecò te vuoje dò.Ne la vuoje Rirì de MecòChe ugne spiquele ce n’è dò25.Te vuoje dà lu SpezialeLu Speziale te vuoje dà.Ne lu vuoje lu SpezialeChe me pista su lu mertale.Te vuoje dà lu Melanare,Lu Melanare te vuoje dà.Ne lu vuoje lu Melanare,Che m’enfarine la settane.Te vuoje dà PeccenìPeccenì te vuoje dà.Ne lu vuoje PeccenìChe vunte26 l’ovè jo ‘n Tescì27.Te vuoje dà Vencè’ de FioreVencè’ de Fiore te vuoje dà.Ne lu vuoje Uencè’ de FioreChe té mènte28 a la tradetore.Te vuoje dà la servette,La servette te vuoje dà.Ne la vuoje la servettaChe me se roseca la quetechétta.Te vuoje dà Mème d’Alléve Mèmè d’Aleve te vuoje dà.Ne lu vuoje Mèmè d’Allève29

Che quande cammine pare chetrème.

e seguitano così colpendo con frizzie motteggi tutte le persone più in vistadel paese e specialmente i giovanotti.

In ultima chiudono con S. Giuseppe:Te vuoje dà San IesèppeSan Iesèppe te vuoje dà.Quille lu cerche, quille lu ‘nviteSan Iesèppe è lu miè marite.Uhft chemmare!

E finiscono con un girare vorticoso.

M. Angeliniraccolse

Pare a me che questo canto risulti ditre parti, che sono tre frammenti dicanti diversi: la prima finisce al 22°verso: Luccica, luccica, bella luna, che,senza meno, è il vero canto pasqualeper accompagnare il giro tondo; laseconda è il famoso giuocodell’Ambasciatore, che però potrebbefinire una strofe prima del dialogo ilquale principia: Te so trovate a marita-re, o in quel torno. Questo brano è, delresto, molto irregolare e vi si riconoscela intrusione di versi probabilmenteappartenenti ad altri canti popolari. Laterza parte ed ultima è un canto a ballomolto in uso nell’Italia meridionale. Illettore potrà vedere da sé i riscontriparziali del Relliégrete Regine.

Giuseppe Pitré

(Estratto dall’Archivio per le tradizioni popolari,

Vol. XI. - Palermo Carlo Clausen, editore, 1892)

Michele Angelini

21 Pratogrande, contrada di Castorano22 E chi non ci sa fare.23 Cantano proprio così, e significa: Come sono disgraziata, povera me!24 Gaspare Vannicola

25 Ogni cantone ne ha due (di amanti).26 Butta.27 Tesino, fiume nel territorio di Offida.28 Che guarda.29 Guglielmo Allevi

L’inverno, prima di lasciare ilpasso al gioioso tornare alla vita

della natura nel tripudio della primave-ra, ha voluto, accompagnato dalle par-che, ricondurci bruscamente sotto ilsuo rigido imperio.

Con loro il 20 marzo è trasmigratadalla vita mortale a quella eterna l’ani-ma di Licia Antimiani vedova del nostroscultore Aldo Sergiacomi.

Una sincera amicizia, continuata dapiù generazioni, legava la mia famigliaa quella di Aldo poi un'altra, certamen-te più forte, si è sviluppata con Licia inquesti cinque anni passati in sua com-pagnia nell’apertura del suo museonato e cresciuto amorevolmente attor-no agli ambienti, attrezzi e ricordi deldefunto scultore.

Nel momento che ha varcato persempre la soglia di casa ho voluto man-tenere la promessa di fargli rivedere

quegli ambienti aperti e illuminati.Nel serrarli non sono riuscito rin-

chiuderci i tanti ricordi: mi è rimastanella mente la sua immagine, immo-bile, seduta lì a lato del tavolino…“imperterrita e ostinata” nell’aperturaestiva, come in quella natalizia inmezzo ai rigori dell’inverno di questasua “creatura”.

La porta si è chiusa, pensai: è persempre.

Si è riaperta a Pasqua, si riaprirà perla festa di Croce, affettuoso tributodella famiglia all’estinta. Riaprirà questaestate… come al solito!

Offida è una piccola città e la riddadi voci e supposizioni nate in buona emalafede sul destino di questo museoche si sussurrano da tempo sono dive-nute ora un continuo tuonare. Licia neera rattristata, io altrettanto; l’iniziativaprivata a beneficio pubblico è latente-

mente invisa; a pochi (spero), ma è lacittà intera, con la sua pigrizia, che nepaga le conseguenze perdendo, orischiando di perdere, tanta parte delsuo patrimonio.

Serve così un chiarimento. Già altrevolte ho accennato allo stato di avanza-mento della pratica, fortemente volutada Licia, perché il suo museo privatofosse tra quelli riconosciuti di notevoleinteresse storico artistico dallo Stato.Ora, con la sua morte, tale rendicontodiviene per me un obbligo morale, unestremo segno di gratitudine per l’e-sempio, più unico che raro, che mi hadato coinvolgendomi in questa sualodevole iniziativa.

Grande e continua è stata la preoc-cupazione che Licia ha avuto sulla sortedel suo museo e, fra le diverse possibi-lità di garantirgli un futuro, quella piùsicura, ed anche ritenuta più facilmente

ADDIO LICIA!DI MARIO VANNICOLA

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Integrando quanto GiancarloPremici ha scritto nel suo articolo

“La scuola in Offida tra ‘800 e ‘900” vor-rei aggiungere che la situazione scola-stica in tutta Italia fino al 1859 fu piut-tosto drammatica. La possibilità d’istru-zione era solo per quei bambini cheavevano la fortuna di nascere in fami-glie nobili. Gli altri conoscevano benpresto il lavoro senza, così, poter vive-re un’infanzia tranquilla e felice.

La legge Casati è stata, certo, unpunto di partenza ma occorre ricordareche essa presentava due limiti fonda-mentali:

1- il fatto di non prevedere sanzioniper quei genitori che non adempivanoall’obbligo di mandare i figli a scuola,situazione nella quale erano le bambi-ne a essere maggiormente svantaggiate,soprattutto tra i ceti più poveri;

2- il fatto di confermare la tradizio-nale divisione e disparità formativa tramaschi e femmine, prescrivendo per iprimi l’insegnamento di “elementi digeometria e disegno lineare” e per lebambine i “lavori donneschi”, intesicome addestramento al governo dellacasa e della famiglia.

Solo nel 1877 la legge Coppino isti-tuì la vera scuola dell’obbligo in cui siprevedevano, finalmente, sanzionisevere per gli inadempienti.

Bisogna per questo distinguerebene l’istruzione maschile da quellafemminile. In realtà nella scuola, in cui

teoricamente si dovevano accrescere iltrio indivisibile del leggere, scrivere efar di conto, ci si preoccupava più diinsegnare a lavorare a maglia, a rica-mare, a lavorare a tombolo. I lavorifemminili, dunque, continuavano adessere considerati indispensabili nell’e-ducazione della donna.

Le bambine, così, rimanevano anal-fabete. Questa realtà è durata per secolied è da cinquant’anni circa che le donnehanno potuto ricevere una istruzionepari a quella maschile. Questo ritrattodell’istruzione femminile è naturalmentevalso anche per le bambine di Offida.

Abbiamo fonti che ci permettono didimostrare come la scuola locale abbiavoluto trasmettere quel “doppio scopo”scolastico: l’alfabetizzazione e il lavoromanuale.

Ricordiamo, per questo, la Scuola diMerletti fondata nel 1911 all’internodella Scuola Femminile Normale. Unascuola che ai tempi fu fortemente criti-cata, soprattutto dalle madri delle fan-ciulle le quali non accettavano il fattoche l’insegnamento della lavorazionedel merletto potesse essere affidato adun ente esterno alla famiglia. Infattierano solo le madri che potevano inse-gnare l’arte del merletto alle propriefiglie. E’ questo, forse, uno dei motiviper cui tale scuola fu chiusa un annodopo. Oggi, invece, ne servirebbe unavisto che la lavorazione del merletto adOffida si sta affievolendo tra le giovani.

Bisognerebbe fondare un corso dimerletto e coinvolgere la scuola localeaffinché attivi progetti utili al recuperodi quest’arte.

Vista la flessibilità che la scuolaodierna possiede, grazie alla legge sul-l’autonomia, si potrebbe articolare unprogetto in cui sin dalla scuola dell’in-fanzia gli alunni tutti (maschi e femmi-ne) siano coinvolti nella manipolazionedi fili, aghi, cartoncini, ecc. Sarebbeveramente bello far scoprire alle nuovegenerazioni un lavoro così bello e pienodi storia. Nei programmi scolastici, infat-ti, si insegna una storia “generale”, unastoria che narra e documenta fatti nazio-nali e internazionali. In realtà sarebbepiù utile insegnare ai ragazzi la storialocale, soprattutto ad Offida. Un paesepieno di storia; una storia che può aiu-tare il presente e permettere un’evolu-zione verso il futuro. E’ giusto, quindi,quanto citava il direttore della rivistaOphys Guglielmo Allevi (1834 - 1896):

“…studiate il nostro popolo.Studiatelo nel suo tipo etnografico,nel suo idioma, nelle sue costumanze,né pregiudizi, nei canti, nelle tradi-zioni, nelle favole…il carro delle civil-tà incede trionfale ed esso schiacciasotto le ruote, seppellisce nella polveredell’oblìo tutto ciò che di più vetustosi rinviene nel nostro popolo. Il carroincede, il carro passa, il carro è tra-scorso…e adesso, dei secoli che furo-no che cosa ci è rimasto?”■

QUALCOSA IN PIÙ SULL’ISTRUZIONEDI TANJA STRACCI

attuabile, è parsa quella di porlo sottola tutela dello Stato come previsto dalD.L. 490/99 (testo unico sui beni cultu-rali) suggerita anche in una visita alMuseo dalla Dott.ssa BenedettaMontevecchi di Urbino.

Dopo aver quindi realizzato unelenco sommario di tutte le opere costi-tuenti la collezione, ai primi di novem-bre del 2000 ha inoltrato la domandaalla competente Soprintendenza ai beniartistici delle Marche.

Dopo oltre due anni di inutili tele-fonate, e grazie al disinteressato inter-vento del Comune di Offida, si è prov-veduto a realizzare una prima impor-tante campagna di fotoriproduzione ditutte le opere esposte. Questo atto hapermesso di superare questa prima fasedi stallo della pratica e, al principio diagosto, è giunto infine il fac simile discheda cartacea su cui impiantare lanecessaria catalogazione.

Il 26 settembre 2002 ha avuto quin-di luogo l’attesa visita al Museo daparte dei funzionari dellaSoprintendenza; in rappresentanzadella proprietaria – la cui salute in queigiorni era sensibilmente peggiorata – lanipote Sandra Antimiani ha gentilmen-te guidato alla visita dell’esposizione.

Nella stessa giornata mi fu richiestodi trascrivere su supporto informatico,attraverso un apposito programma delministero, tutte le schede cartacee sumodelli distinti: le opere d’arte propria-mente dette (OA), i disegni (D), lestampe (S), le fotografie (F) e gli ogget-ti di carattere demoetnoantropologico –tutti gli attrezzi del mestiere - su appo-site schede (BDM).

Di tale lungo lavoro, nel qualedevono confluire tutti i dati possibili suogni singola opera assieme al riferi-mento all’immagine fotografica, si èormai giunti, posso affermare, alla fine.

E’ infatti in corso di compimento lacatalogazione degli ultimi schizzi auto-grafi che Aldo fece su una cinquantinadi volumi della sua biblioteca ed unaulteriore revisione di controllo delleschede inviate a Urbino sin dal mese digennaio.

Questo è tutto quanto io possa fareper onorare gli impegni presi e lamemoria di una illustre cittadina offida-na, e nella solitudine e nel silenzio miaccingo a riaprire il museo a lei tantocaro con l’animo pieno di tristezza e disperanza…

Addio Licia!■

Nel trigesimo della scomparsail Centro Studi Guglielmo Allevi

ricorda con affetto la socia benemeritaLICIA ANTIMIANI ved. SERGIACOMI

Leonessa 9 novembre 1923Offida 20 marzo 2003

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T empi duri per Offida a cavallo trail 1400 e il 1500. Guerre intestine

tra le fazioni dei Boldrini e i Baroncelli,invasioni di truppe straniere che scoraz-zavano per le nostre terre. E si sa laguerra porta fame e malattie.

La popolazione tormentata dallacarestia e dalla pestilenza, innalzò pre-ghiere e alla sera del 3 maggio del 1507al termine della processione, nella piaz-za del Comune, fece voto alla CroceSanta per essere liberata da così grandiflagelli. E la preghiera fu esaudita. Maperché la grazia ricevuta rimanesse nellamemoria della gente, il Comune diOffida quattro anni dopo, il 17 maggio1514, fece redigere dal notaio GiovanniDanzarelli il seguente atto:

“Per li immensi benefici della divinalargità concessi allo populo della terrade Ophida: et tali benefici non venganoin oblivione delli posteri: et successori:Hinc est che circa li anni del nostrosignore M°D°VII° el prefato populo ophi-dano oltre la patuta grande et estrema

fame essendo della contagiosa pesteanche vexato retrovandose nella piaza;dove nel dì della celebrazione della san-tissima croce mostrandose in precessio-ne dicta croce alli tre di de maio: et inquello sanctissimo diel prefato populocusi vexato con grande fervore de core ettucto infiammato con alta voce miseri-cordia chiamando el Salvatore: lu qualesacramentalmente et ineffabiliter sta indicta croce:La prece de ipso populo dallasumma clementia esaudita fo cessandola cruda fame: et dira pesta: Et per talereceputa gratia universalmente promiseet obbligo ad dicta croce affrancareomne anno uno centinario de pecorenelli pascoli de ophida: et le denari chese pagando per dicta affrancare se deb-bano pagare: et dicto voto satisfare perla receputa gratia: et debbiano evidente-mente expendere in ornamento de essacroce overo della ceppella: overo altaredoce sta posta dicta croce in detta chie-sia de S.co Augustino et quisto tale paga-mento essere convertito in dicto orna-

mento se debba indicare de anno inanno sopraq della cosciencia delli sin-daci de decta chiesia insemi con lo sin-daco della comunità che serranno per litempi:Et questo non facendose la comu-nità sia libera tale pagamento posserlocommettere per qualuncha altro modoche glie paresse che sia cosa pia: et inlaude del nostro Salvatore in nellasopradicta chiesia de S.co Augustino. Etde tucte sopradicte cose ad vera testimo-nianza havemo facta fare la presentepatente scriptura per mane del nostrocancellero: et ad corroboratione de quel-la con la impressione del nostro consue-to sigillo. Data nel nostro Palazo dellanostra consueta residentia sub annisD.ni M.D.XI°.XVII Maii Dicti anni.

Laus summo Deo.Io. Danzarellus de Smrillo Canc.

Castello Firmano Mandato subscripsi”A di 12 de marzo 1615 Io

Francesco Caroso trovai questo brevoavvoltolato che gli pizi che mi avevadate la figlia de Domenico Morelli.■

SPIGOLATURE STORICO-FOLKLORISTICHEDI DON LUCIANO CARDUCCI

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Un evento importante per l’asset-to del territorio italico si deter-

minò durante il regno dell’imperatoreOttaviano Augusto (63 a.C-14 d.C.).Uscito vincitore nella lotta per il poterecon Lepido ed Antonio, assegnò e divi-se le terre di alcune regioni, tra cui ilPiceno, ai veterani (legionari) del suoesercito.

Il Piceno fu scelto perché dovevaessere ripopolato dopo le deportazioniseguite alla guerra sociale (98-88 a.C.),capeggiata da Ascoli. Lo scopo palese fuquello di dare loro una ricompensa mavi fu l’esigenza pratica e politica diallontanare da Roma e disperdere unamassa di militari, non più necessaria, mapericolosa se tenuta unita. Questa ope-razione, effettuata in misura moltominore, anche in precedenti epoche,andò sotto il nome di centuriazione.Tale denominazione derivò dall’asse-gnazione di un appezzamento di terraad ogni componente la centuria (centouomini), che formava la base di unalegione. Il terreno, dell’estensione didue iugeri, era tolto al legittimo proprie-tario su ordine dei rappresentanti diAugusto. Lo iugero (dal latinoiogum=giogo) era una misura romana(240x120 piedi), riferita dalla superficiedi terreno che un paio di buoi riusciva

ad arare in una giornata di lavoro nor-male e corrisponde a circa 0,25 ha.

La suddivisione veniva praticata daagrimensori detti gromatici (da groma,strumento da lavoro usato per traguar-dare da un punto all’altro) ed era segna-ta con cumuli di sassi ed elementi natu-rali, ove questi erano adatti allo scopo.Altrimenti si usavano dei cippi di pietrasu cui venivano riportati i confini. Unodi questi è stato rinvenuto in territorio diAmandola.

Rimangono ancora fino a noi i nomidi alcune misure di superficie come lapertica (10 piedi), la tavola (mq.100) ela temlata (tumulata di sassi per indica-re limite di confine, mq. 1300).

In genere venivano espropriati i ter-ritori più fertili vicini ai corsi d’acqua tra-lasciando boschi, luoghi paludosi odistanti dalle vie di comunicazione.

L’assegnazione delle terre ai legiona-ri, pur sembrando un sorpruso, arrecòperò vantaggi alle popolazioni italiche.Quei militari necessitavano solo di unposto ove potersi stabilire (la superficiedi terreno assegnata era piuttostomodesta), ma portavano denaro, fruttodei loro bottini di guerra, esperienzaagricola e capacità artigianali poichénell’esercito, quando erano accampati,svolgevano tali attività. In genere non

avevano famiglia per cui se la crearonoin loco; le donne così unirono i soprav-venuti con i residenti creando parentelenuove e diverse. Ne conseguì un miglio-ramento genetico perché diminuirono leunioni fra elementi locali, spesso con-sanguinee, determinate dalla scarsitàdelle comunicazioni e dalla sedentarietàdella popolazione.

In Offida si può supporre una centu-riazione nel territorio compreso tra ifiumi Tronto e Tesino, delimitato adovest dai torrenti Lava e Caico, lungo iquali rimangono toponimi di origine lati-na o gromatica in questa successione:Lama (acquitrino), Tose (tosaesilvae=selve disboscate), Lava (labies),Valle (valles), Selva (silvae), Caico (cae-cus), Macchia (macle), che servivano adindicare una linea di confine. Ad est talelinea era segnata dalla continuità dei duelunghi fossi detti ora Lago e S.Ignazioche si estendono dal Tronto al Tesino incui sono residuati toponimi di originelatina o gromatica: Padulo (palude),Pescolla (pescoso), Lago. Parte di taleterritorio, chiamata Collecchio (dal lati-no colliculus=piccolo colle) è intercalatada numerose colline poste in senso taleda favorire la suddivisione ed attribuzio-ne delle proprietà. La fertilità del suolopuò essere confermata poi dalle tre

IPOTESI SULLA CENTURIAZIONE AUGUSTEA DEL TERRITORIO DI OFFIDA

DI VITALE TRAVAGLINI

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© Centro Studi “Guglielmo Allevi” - Piazza del Popolo, 1763035 OFFIDA (AP) - tel.0736880009 fax 0736880907

e-mail: [email protected] - web: www.ophis.it

Direttore responsabile: Serafino Camilli. Segreteria diredazione, realizzazione, grafica, web: Alberto Premici.

Hanno collaborato: Don Luciano Carducci, Marco MercoliniTinelli, Vitale Travaglini, Serafino Camilli, Nicola Savini,Giancarlo Premici, Alberto Premici, Mario Vannicola,

Valeria Tozzi, Tanja StracciUn ringraziamento particolare alla Dott.ssa Nadia Colletta

per la gentile e competente collaborazione prestata.

Impaginazione e Stampa: La Nuova Stampa - Offida (AP)Reg. Trib. di Ascoli Piceno l’11 maggio 2002.

INVITIAMO TUTTI A COLLABORARE CON OPHYS inviando i propriarticoli via e-mail, fax o recapitandoli direttamente in segreteria

DISTRIBUZIONE GRATUITA

necropoli che vi sono state rinvenute:Lava, Orto Morganti (periferia di Offida)e Colle Tafone (zona cimitero). Esse sonoda connettere a tre insediamenti perma-nenti, vitalizzati da una buona produttivi-tà agricola. La necropoli della Lava, usatafino a tutta l’età del ferro e, secondo alcu-ni, anche in epoca storica, è da conside-rare la più antica. L’insediamento sulcolle Tafone è il più completo perchécomprendeva una fonte un tempio eduna necropoli, venuta alla luce durantegli scavi per la costruzione del cimitero.Da quanto si può desumere oggi in essavi erano inumati anche defunti di epocaromana, per cui si può pensare che lacomunità indigena si integrò con i nuovivenuti. Anche il tempio, un sacello inlegno di m.4x4, poggiante su fondamen-ta di pietre risalente al III sec.a.C. e dedi-cato a Giove, secondo il parere degliarcheologi dell’epoca, sta a dimostrarel’esistenza di un culto di una divinità

romana portato dai miliziani, in sostitu-zione di uno locale. Guglielmo Allevi,che portò alla luce il tempio, supposesenza alcun fondamento che fosse dedi-cato all’OPHYS, presunto nume tutelaredel luogo, da cui sarebbe derivato ilnome Offida.

Non effettuò ricerche nel territoriocircostante, ma si limitò a controllare lecase coloniche della zona per accertare sivi fossero incorporati reperti provenientidal tempio stesso. L’importazione di cultiromani è confermata dalla dedica delcolle su cui sorge ora Cossignano a Marte(Collis Martis fino al possesso dei mona-ci benedettini). La necropoli dell’ortoMorganti, fatta risalire ad epoca imperia-le romana e paleocristiana, fa presumereforse la presenza di una comunità sorta aseguito della centuriazione, sul pianoroin cui sorge oggi Offida.

Si può anche pensare che il nomeOffida possa risalire all’epoca della cen-

turiazione. Le cognizioni linguisticheattuali ci orientano su un nome formatoda due radici: OPH ed IDA. Ad oph, dallatino OPS, si può attribuire il significa-to di opulento, ricco di risorse. A Romaera venerata la dea OPI, cui era affidatala conservazione del grano nei granai.Ida, vocabolo indoeuropeo, va interpre-tato con la parola colle o monte, tradot-to in colliculus latino. Il toponimoOffida vorrebbe significare il colle (icolli) fertile.

Tutti gli insediamenti, costituti damateriale deperibile, si estinsero duran-te le invasioni barbariche per saccheggi,incendi, carestie e malattie. La centuria-zione interessò in modo molto minoregli altri luoghi del territorio di Offida,perché non sono rimasti toponimi di ori-gine latina, per cui si può desumere chein quell’epoca la maggior parte del ter-ritorio di Offida fosse coperto da uncospicuo sviluppo boschivo.■

A QUALI GIOCHI GIOCAVANO?Negli Statuti di Offida, al Libro IV°,

Capitolo 22, è scritto: Ludentes vero adscaccos,ad ilam,cum pecunia, velsine, ad aliquam poenam non tenea-tur, dummodo luderent in plateis, sta-tis publicis (chi gioca a scacchi, a palla,con o senza denaro, non è soggetto adalcuna ammenda, se gioca in piazza oin una strada pubblica).

Il gioco della palla, maggiormente dif-fuso in Italia ed in Francia, all’epoca in cuifurono redatti gli Statuti offidani (1524),era quello chiamato della pallamaglio:sembra si svolgesse tra due persone che silanciavano cercando di colpire una pallinadi cuoio con un bastone simile ad unamazza.

Il vocabolo pallamaglio è compostoappunto da palla e da maglio (dal latinomalleum=mazza, martello). Questo tipodi gioco ebbe un seguito nei paesi anglo-sassoni ove si trasformò in cricket (pallaa spatola) e in golf (palla a martello).Era un calcio differente da quello più

noto giocato a Firenze, che derivava dal-l’herpastum, praticato dalle legioniromane e rifiorito in Inghilterra sottoforma del rugby e del calcio. Col nomedi scacchi si indicavano i giochi che sipraticavano su una scacchiera quali gliscacchi stessi, la dama ed altri caduti indisuso.

Anche se non indicati negli Statutierano praticati il lancio dei dadi, le garedi morra ed il tiro della ruzzola, cheera di formaggio ma talvolta di legno odi pietra. Per l’esecuzione di tale giocoin alcune località sono stati ritrovati varie complicati percorsi tracciati lungo levie cittadine. All’epoca della redazionedegli Statuti era già diffuso il gioco dellecarte che, insieme a quello dei dadi, sipoteva praticare in tabernis atque aliislocis huismodi (nelle taverne o in luo-ghi simili),ove erano permessi a condi-zione che si mettesse come posta il vinoe non il denaro perché diversamenteerano considerati giochi d’azzardo.■

Nel panorama dell’informazione èormai una certezza che quella on-linesia in forte evoluzione, avendo coper-to quasi per intero il territorio nazio-nale. L’immediatezza nell’aggiorna-mento, unito alla comodità di consul-tazione e una navigazione semplice,rende tali strumenti graditi ad una granmassa di utenti. Nella nostra provinciaho trovato di grande interesse l’inizia-tiva de www.ilquotidiano.it, aggiorna-to in tempo reale e ricco di notizie supolitica, cultura, spettacoli, sport edaltro ancora, tutto rigorosamente perti-nente e comunque riconducibile allanostra terra. Interessanti poi gli edito-riali ed i reportages che completanoed arricchiscono la testata. Ho iniziatocon essa una stretta collaborazionepubblicando diversi articoli sullanostra città e consultabili nell’archiviodel sito, attraverso la parola chiave“offida”.

CURIOSITÀ OFFIDANEDI VITALE TRAVAGLINI