Solfatara

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Visita guidata 2010 La Solfatara La Solfatara, appunti su un luogo ricco di mistero.

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Appunti su un luogo ricco di misteri

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La Solfatara, appunti su un luogo ricco di mistero.

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APPUNTI PER UNA VISITA. da www.solfatara.it La Solfatara nell'800 tra Scienza e Medicina Un vero e proprio laboratorio en plein air diventa la Solfatara di Pozzuoli, quando, nel 1861 l'acquistano i fratelli De Luca, di origine calabrese. Fino ad allora, tra alterne vicende, viene soprattutto sfruttata dal punto di vista minerario, per produrre allume Nelle industrie tessili era usato come fissante per colori, il suo uso era quindi basilare nella tintura della lana, nella realizzazione delle miniature su pergamena e nella concia delle pelli. Serviva

poi alla produzione del vetro ed in medicina era usato come emostatico. e bianchetto, tagliare legna, estrarre acqua dal sottosuolo, o ancora per offrire piacevoli brividi di paura a turisti imbevuti di reminiscenze mitologiche. Nei primi anni dell'Ottocento diventa una struttura militare, e viene anche adibita a zona di esercitazione per il tiro al bersaglio. Questo antico uso, forse, è rimasto nella successiva predilezione mostrata per questo luogo come sede di duelli più o meno all'ultimo sangue. De Luca svolge i suoi studi e i suoi esperimenti sull'aria, l'acqua, le terre della Solfatara, non trascurando di operare chimicamente anche su piante e animali del posto. Molto accurate sono, in particolare, le descrizioni delle diverse terre presenti nel cratere del vulcano quiescente, la piombina, la terra gialla e il bianchetto, del quale ricorda l'uso nella manipolazione delle tinture, nella preparazione della calce e, al tempo dei Romani, per rendere bianchissima l'alica o abica, un preparato per torte e focacce. Già nel secolo precedente il barone Brentano, allora proprietario del terreno, aveva impiantato una fabbrica di allume. Il suo scopo è semplicemente di mettere a disposizione degli altri il risultato dei suoi continui studi ed esperimenti: chi vuole può servirsi dell'aria balsamica di cui egli ha individuato i composti, tra cui l'arsenico lievemente anestetizzante, composti benefici per le malattie di petto, o dell'acqua, di uso sia interno che esterno, per curare piaghe, reumatismi, sterilità. Ben contenti di ciò sono i responsabili della Farmacia dell'Ospedale degli Incurabili di Napoli, il cui bilancio migliora sensibilmente da quando molti prodotti prima elaborati e dispensati (allora senza rimborso...), vengono sostituiti dall'acqua della Solfatara, fornita dal fratello di Sebastiano De Luca, Domenico, oculista in quell'ospedale: acqua che tali prodotti contiene in natura, che non costa, non dà cattivo odore nelle sale e fa dimettere i malati molto prima. Storia I Romani dell’epoca imperiale già conoscevano la Solfatara. Strabone (66 a.C. -24 d.C.) ne dà la più antica testimonianza scritta giunta fino a noi, nella sua “Strabonis geographica”, indicandola con il nome “Forum Vulcani”, Dimora del Dio Vulcano, ingresso per gli Inferi. La Solfatara apre ufficialmente alla visita nell’anno 1900, pur essendo sin da tempi remoti meta di escursioni per i noti fenomeni vulcanici, per la cura delle acque sulfuree e per le stufe calde; era infatti compresa tra le quaranta più famose terme dei Campi Flegrei sin dal Medioevo. Non vi era viaggiatore del ‘700 e ‘800 che non inserisse la Solfatara tra le sue escursioni nell’ambito del cosiddetto “Grand Tour”, viaggio di istruzione per i giovani delle famiglie nobili europee. Intorno al 1900 è stato organizzato all’interno della Solfatara anche uno stabilimento termale come testimoniano sia un foglio pubblicitario sia una stampa illustrativa dell’epoca. In questo “bagno termale” era possibile curarsi con i fanghi, data l’esistenza di una fangaia naturale, e con le acque sulfuree nonché fare i bagni di vapore nelle cosiddette stufe. Nella Solfatara è stata operante sino agli inizi del ‘900 un'attività estrattiva di allume, zolfo e bianchetto, attività che ebbe il suo apice nel Medioevo.

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La fangaia E' costituita da acque di origine piovana e acqua di condensazione dei vapori, che si mescolano con il materiale di tipo argilloso presente alla superficie del cratere. La composizione dei gas che fuoriescono dalla fangaia è molto varia (H2S acido solfidrico, N2O protossido di azoto, H2O, CH4, He,C); la composizione del liquido è altrettanto ricca (Boro, Sodio, Magnesio, Vanadio, Arsenico, Zinco, Iodio, Antimonio, Rubidio e altri); il fango così prodottosi naturalmente è ottimo per usi termali. La composizione chimica dei gas indica una presumibile origine dei vapori a poche centinaia di metri sotto il suolo della Solfatara, ad una temperatura fra i 170° ed i 250° C. Le scure striature sulla superficie del fango sono costituite da colonie di batteri resistenti a condizioni estreme di acidità e temperatura, che sono considerati di grande interesse scientifico. Grande fumarola E' il nome della principale fumarola della Solfatara con temperatura del vapore acqueo di circa 160° C. Nell’interno di tale bocca si condensano alcuni sali contenuti nel vapore tra cui il realgar (As S solfuro di arsenico), il cinabro (Hg S è la fonte principale da cui si ricava il mercurio) e l’orpimento (As2 S3 trisolfuro d'arsenico) che danno una colorazione giallo rossiccia alle rocce circostanti; è inoltre presente l’acido solfridrico (H2S), dal caratteristico odore di uova putride. L'acido solfidrico è considerato un veleno ad ampio spettro, ossia può danneggiare diversi sistemi del corpo. Ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo sgradevole odore e può causare incoscienza nell'arco di pochi minuti. Agisce come l'acido cianidrico inibendo la respirazione mitocondriale.

La zona della Bocca Grande era denominata dagli antichi Forum Vulcani ovvero la Dimora del Dio del Fuoco. Agli inizi del ‘900 fu qui edificato, per il vulcanologo tedesco Friedländer, un piccolo Osservatorio Vulcanologico, di cui restano alcune rovine, che crollò sia per effetto dei periodici movimenti tellurici collegati al Bradisismo Flegreo sia per l’apertura di una fumarola. Il pozzo Nell’alto medioevo erano attive nei Campi Flegrei almeno 40 sorgenti termali tra cui quella della Solfatara; alcune di esse risultano già conosciute in Età Classica. Le acque termali della Solfatara erano ritenute curative dei nervi, della vista, delle febbri, delle malattie della pelle e della sterilità. Il pozzo attualmente visibile venne costruito nei primi anni del ‘800 per estrarre allume dall’acqua emunta dalla sottostante falda a circa 10 metri di profondità.Il prof. Sebastiano de Luca, noto chimico dell’Università di Napoli, compì intorno al 1870 numerose indagini scientifiche su tali acque che risultarono ricche di allume, ossidi dello zolfo, solfati di calcio, magnesio e altre sostanze. L’acqua della Solfatara possiede un caratteristico ed aspro sapore di limone. L’acqua minerale venne successivamente utilizzata per riprendere l’antica attività termale che proseguì fino agli anni ‘20. La profondità della falda acquifera che alimenta il pozzo è variabile nel tempo e si ipotizza una sua relazione con le fasi bradisismiche. La storia dei Campi Flegrei è attraversata periodicamente da fasi di Bradisismo positivo (innalzamento del suolo) e negativo (abbassamento del suolo); tali lenti movimenti hanno fatto variare il livello sul mare della città di Pozzuoli di alcuni metri nel corso dei secoli.

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Le stufe Sono due antiche grotte scavate nel fianco della montagna sul lato nord alla fine del ‘800 per realizzare sudatorii naturali e successivamente rivestite di muratura. Si sostava all’interno delle grotte per non più di pochi minuti, ciò provocava una energica sudorazione ed obbligava a respirare gli intensi vapori sulfurei che quivi si sprigionavano. Pertanto esse erano ritenute ottime per la cura delle affezioni delle vie respiratorie, delle malattie della pelle e dei reumi. I sudatorii naturali erano peraltro conosciutissimi sin dall’Età Classica ed erano una delle attrattive termali dei Campi Flegrei. La flora nell'area vulcanica Nel cratere del Vulcano Solfatara è presente una notevole varietà di specie botaniche, anche molto differenti tra loro per esigenze climatiche e pedologiche; ciò è dovuto essenzialmente a due fattori: a) L'attività vulcanica che eleva la temperatura della rizosfera e impedisce la sopravvivenza della vegetazione o le impone un anomalo adattamento con un tessuto radicale eminentemente superficiale. b) L' orografia che rende più soleggiato il versante nord, arido e ricoperto di graminacee, più umido e ombreggiato quello opposto dove è presente un bosco mesofilo, alcune specie di felci ( Pteridium aquilinum, Asplenium adiantum nigrum, Cystoperis fragilis), castagni ( Castanea sativa Miller) e pungitopo ( Ruscus aculeatus). Il fondo del cratere offre ampie zone di macchia mediterranea con

Erica (Erica arborea)

Corbezzolo (Arbutus unedo)

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Salsapariglia (Smilax aspera L.)

Cisto ( Cistus salvifolius)

Mirto ( Myrtus communis)

e ginestre (Cytisus scoparius L., Spartium junceum L.) sono inoltre presenti due orchidacee,

la serapide cuoriforme (Serapias cordigera L.) e la serapide maggiore ( Serapias vomeracea B.)

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Le Orchidacee (Orchidaceae Juss., 1789) sono una famiglia di piante monocotiledoni, appartenenti all'ordine delle Orchidales . Questa famiglia è costituita da piante erbacee perenni, alcune delle quali sono in grado di assorbire dall'acqua presente nell'ambiente le sostanze necessarie alla loro sopravvivenza tramite le radici aeree (autotrofia) e capaci anche di nutrirsi assimilando sostanze da organismi in decomposizione (sapròfite). Come specie arboree sono molto diffusi

il leccio ( Quercus ilex),

la robinia (Robinia pseudoacacia L.)

e l' eucaliptus (Eucalyptus camaldulensis),

introdotto per le indubbie qualità di ombreggiamento e riparo dal vento e per la sua capacità di adattamento anche nelle zone più direttamente influenzate dall' attività vulcanica. Di tutte le piante della Solfatara di Pozzuoli la più singolare e forse la meno facile da trovare è

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l' ipocistide (Cytinus hypocistis L.);

solo gli esperti sanno che la si deve cercare ai piedi dei cisti (Cystus salvifolius L.) in quanto, come indica il suo nome, è una pianta parassita del cisto.Le sue radici si fissano su quelle del cisto e ne traggono nutrimento, non essendo la pianta in grado di elaborare la sintesi clorofilliana. Le foglie ormai inutili sono ridotte a squame, i fiori globosi e dagli intensi colori gialli e rossi, crescono rasoterra spesso nascosti dalle foglie secche. Osservazioni sulla fauna ornitologica nel cratere del Vulcano Solfatara

usignoli,

fringuelli,

averle e merli:

complessivamente 15 specie avvistate in un tempo minore di quello necessario per preparare e bere una tazza di caffè.

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La Solfatara rappresenta un' area favorevole per gli uccelli, lungo i bordi del cratere vi è una ricca vegetazione che offre luoghi favorevoli alla nidificazione; l'intera area è molto tranquilla specialmente nelle ore in cui gli uccelli sono più attivi (poco dopo l'alba e prima del crepuscolo), essa si trova, inoltre, sulla rotta di migrazione tra l'Africa e l'Europa. Così oltre ai merli che possono essere avvistati tutto l'anno esiste un'ampia varietà di altre specie che utilizzano queste area ben protetta della costa tirrena come punto di sosta per riposare ed involarsi rispettivamente verso il nord in primavera ed il sud in inverno. Fortunatamente per coloro che si dedicano all'osservazione degli uccelli la maggior parte delle specie esistenti nella Solfatara fa sentire chiaramente la sua presenza: per esempio i toni alti e melliflui della

capinera, i ticchettii dell'occhiocotto, i

trilli crescenti del fiorrancino e tanti altri versi. A parte il merlo con il suo intenso verso, si possono sentire nella Solfatara molti altri uccelli prima ancora di vederli perché all'interno del cratere predomina un'atmosfera tranquilla e silenziosa.

Se si è fortunati si possono avere fugaci apparizioni di specie del tipo dell'usignolo di fiume. Così oltre al binocolo, ogni buon osservatore deve possedere un bel paio d'orecchie per essere capace di distinguere i numerosi differenti versi che s'incrociano nel cratere della Solfatara. Per molti uccelli l'Italia resta un paese pericoloso sia per transitarci durante la migrazione che per viverci. Soprattutto lungo la Via Domiziana, tra il Lago Patria e Mondragone, durante la stagione della caccia (ma anche al di fuori) è possibile sentire un susseguirsi ripetuto di colpi d'arma da fuoco, un modo di praticare la caccia spesso illegale e pericoloso. Per questo motivo la Solfatara è un luogo importante dal punto di vista ornitologico: essa rappresenta un angolo di paradiso per gli uccelli migratori, un tassello corretto in un mosaico fin troppo frammentato di situazioni ambientali sfavorevoli lungo la costa tirrenica. A parte il volere mettere in evidenza l'importanza di questo luogo vulcanico per la vita degli uccelli, noi sappiamo che già da lungo tempo è in corso una campagna di censimento degli uccelli della Solfatara.

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Pertanto abbiamo redatto un elenco provvisorio degli uccelli individuati e osservati nella Solfatara (Tab. 1) ed abbiamo inoltre incluso alcune illustrazioni e descrizioni delle specie più diffuse che possono essere udite e viste nel cratere.. Tale lista non vuole essere certamente esaustiva e noi saremo lieti di aggiungere in ogni momento i nomi di altre specie osservate ed individuate. Noi abbiamo, inoltre, avanzato un'ipotesi sullo stato delle varie specie ornitologiche osservate. Alcune sono decisamente migratorie (come l'upupa) ed attraversano questa zona dirette verso le più favorevoli condizioni ambientali del nord. Altre sono più difficilmente classificabili: per esempio le capinere che udiamo in estate possono essere individui differenti da quelle che poi osserviamo durante l'inverno successivo. Pertanto nelle colonne sulla destra noi intendiamo indicare la caratteristica di una specie nel suo insieme e non per specifici individui. Singolarità naturali Nella Fangaia sono state isolate colonie di batteri che vivono a temperature superiori ai 90° C tra cui il “Bacillus acidocaldarius” e la “Caldariella acidophila” nonché l’archeobatterio “Sulfolobus solfataricus”. Sulle pareti alle spalle della Bocca Grande vegetano in condizioni di elevata temperatura e acidità alghe unicellulari termofile quali il “Cyanidium caldarium”. È inoltre segnalata la presenza di un particolare insetto, una nuova specie di collembola denominata “Seira tongiorgii”.

I Batteri. Con il nome di batteri “estremofili” vengono attualmente indicati tutti i microrganismi che vivono in ambienti ritenuti estremi sia per l’essere umano che per la maggior parte degli organismi superiori. Negli ultimi anni, questi batteri, hanno acquistato un rinnovato interesse industriale per lo sviluppo di nuovi processi produttivi. Il “Sulfolobus solfataricus” è utilizzato in particolare per la produzione di acidi organici combustibili liquidi e di enzimi termostabili, utilizzati nell’industria alimentare per la produzione di sciroppi zuccherini. Insetti. “Seira tongiorgii” è una specie di collembola nuova per la scienza rinvenuta nella Solfatara di Pozzuoli nel 1989. I collemboli sono i progenitori degli insetti alati: infatti il più antico insetto conosciuto è un collembolo, “Rhyniella praecursor”, rinvenuto in un frammento di ambra del periodo Devoniano, risalente cioè a circa 400 milioni di anni fa; per questo motivo vengono talvolta definiti “fossili viventi”. La “Seira tongiorgii” non presenta particolarità morfologiche ma possiede adattamenti fisiologici che le consentono di vivere a stretto contatto con un substrato estremamente acido e ricco di emissioni di zolfo, quale è quello della Solfatara, proibitivo per altre specie di collemboli. Proprio tali adattamenti fisiologici suggeriscono che questa specie sia un endemismo, una specie cioè, esclusiva della Solfatara di Pozzuoli. Impaginazione e copertina di Prencipe Rosario aprile 2010