Smodem 2 - 2013: Casa Don Beppe Socci

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TRIMESTRALE iscritto al n° 789 del Registro Periodici, Tribunale di Lucca - Direttore Responsabile: Vera Caruso n° 2 anno 2013 cinque per mille alla cooperativa C.RE.A. Il codice fiscale è 00985350461 - Grazie Martedì 14 maggio, con semplice cerimonia, viene scoperta la targa che intitola a don Beppe Socci la Comunità Alloggio Protetta (C.A.P.) di via Comparini a Viareggio, finora conosciuta come “Arcacasa”. Sono contento che, su mia proposta, questa intitolazione abbia avuto un consenso immediato e ampiamente condiviso sia da parte dell’associazione ARCA: Una Casa per l’Handicap, proprietaria della struttura, che da parte della cooperativa CREA che la gestisce da sempre. Don Beppe, nella memoria dei viareggini, è strettamente legato ai portatori di handicap, in una accezione allargata a tutti coloro che nella vita sociale sembrano destinati a rimanere indietro, separati dagli altri da condizioni di vita che ne fanno dei “diversi”. “Indifferenti mai”, un suo motto fatto proprio da CREA, nasce in lui dal sentirsi intimamente immerso nella condizione umana che lo scuote fin nel profondo di sé: «Rimango sempre intimamente sconvolto quando sul mio cammino quotidiano incontro qualcuno che nella sua persona porta i segni di un abbandono, di una solitudine, di un’angoscia, di un vuoto che è impossibile colmare» (don Beppe in Lotta come Amore, “La condizione umana”, 1995). La C.A.P. di via Comparini vide la luce grazie ad uno sforzo corale di tutti i settori della società viareggina e don Beppe fu il testimonial e uno dei principali sostenitori del progetto. Fu inaugurata nel dicembre del 1999, due anni dopo la sua morte improvvisa per infarto nel gennaio del 1998. Fin da allora la Comunità Alloggio fu accostata alla figura di don Beppe e per la gente di Viareggio e non solo, è abitata “dai ragazzi di Beppe”. Perché allora questa intitolazione che può apparire scontata e tardiva? Via Virgilio 222 55049 Viareggio Tel. 0584 384077 Fax 0584 397773 [email protected] www.coopcrea.it CREA soc. coop. sociale Non solo per sancire un dato di fatto. La realtà attuale, segnata da una crisi che si prolunga e non accenna ad allentare la presa sopratutto sullo stato sociale e quindi sulla solidarietà collettiva, minaccia di travolgere le realtà, come questa nostra residenza, accusate di essere troppo costose e portatrici di distorsioni sugli stessi ospiti rispetto a forme di affido o di sostegno alle singole famiglie. Il riferimento a don Beppe acquista qui, a mio parere, tutta la sua bruciante attualità. La storia di questo uomo mite, dalle energie mai esauste e dalla ostinata ricerca di un coinvolgimento concreto e fattivo con gli ultimi, suggerisce una linea di pensiero e di azione che non si limiti all’ottica del servizio. Negli anni in cui si caricò direttamente della responsabilità di quattro fratellini che non potevano essere accuditi dai genitori, Beppe non ebbe timore di “sporcarsi le mani” con l’oscuro lavoro di casalingo, ma seppe fare della sua casa (abitò sempre in affitto, cambiando più volte appartamento) un crocevia di persone che dalla sua amicizia presero coraggio e idee per allargare la pratica dell’affido familiare e della adozione in Versilia. Ancora una volta nella storia dei bisogni e delle relazioni umane speriamo in un felice connubio tra servizi sociali e cultura diffusa che sappia trovare, nonostante la crisi che ci attanaglia, risposte possibili e sostenibili. Connubio che trovi nella “Casa don Beppe Socci” un punto di incontro, di confronto e di ricerca verso forme di convivenza in cui ogni “differenza” non sia vista solo come peso e prezzo da pagare, ma come spinta verso forme più autentiche di integrazione umana. Luigi Sonnenfeld Casa Don Beppe Socci Progettata per offrire ospitalità a persone adulte disabili che per vari motivi non possono rimanere nelle famiglie di provenienza o per dare sollievo temporaneo a famiglie con disabili in difficoltà, la Comunità Alloggio è stata immaginata e concepita proiettata sul concetto di inclusione sociale. Nel cuore del quartiere con i suoi negozi, la posta, i bar, il campo sportivo…tutto a portata di mano. La casa dove ora trovano accoglienza sedici persone. Un’accoglienza fatta di mestiere, professionalità e progettazione continua ma anche e soprattutto di umanità, flessibilità e cuore. La casa immaginata da Don Beppe e da tutti coloro che hanno contribuito a farla nascere, nel tempo si è riempita di voci, risate e canti, a tratti anche di urla e pianti. Si è riempita di umori, odori, sapori, insomma di umanità. Si è riempita di fogli, di progetti di programmi e di attenzione. Attenzione al benessere e alla sicurezza di chi la abita e di chi la vive come luogo di lavoro. Il tempo è passato per tutti, anche per i suoi abitanti, che hanno visto i propri bisogni crescere ed in molti casi allargarsi sul versante sanitario. Così la casa ha dovuto dimostrarsi flessibile ed andargli incontro. Mediare e sostenere, tra aspetti di cura e di assistenza ed aspetti sociali e educativi, senza lasciare indietro il sale della vita, le relazioni, l’affettività, la condivisione, la scelta, la libertà. Tenere in equilibrio tutto ciò è complesso, passa per sentieri faticosi e battaglie da cui non si esce sempre vittoriosi. Ma vale così tanto la pena, per le soddisfazioni che arrivano sempre, a volte così piccole che occorre saperle vedere, a volte evidenti ed entusiasmanti. La casa di don Beppe ha buone fondamenta: nella cultura pacifista ed aggregante dei preti operai, nel lavoro di coinvolgimento e polarizzazione di risorse di “Arca” e “Arca una casa”, nella serietà e capacità gestionale di “Crea”. Poi ci sono le mura, che racchiudono e proteggono (altrimenti che casa è?) all’interno delle quali si muove il piccolo microcosmo di “ragazzi e ragazze” con i loro educatori, familiari, assistenti sociali, medici, infermieri, ma non è un caso che queste mura siano di vetro. Infine il tetto. Il tetto di questa casa sono tutti coloro che ci hanno creduto e ci credono. Che possa e debba esserci sempre un’opportunità di crescita e di benessere, che si possa camminare con e non solo per, e che tutti proprio tutti abbiano il diritto di modellare la propria esistenza anche se nel farlo hanno bisogno di aiuto e protezione. Anna Greco, coordinatrice C.A.P. In equilibrio tra complessità e soddisfazione Un vecchio nome nuovo

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Martedì 14 maggio, con semplice cerimonia, viene scoperta la targa che intitola a don Beppe Socci la Comunità Alloggio Protetta (C.A.P.) di via Comparini a Viareggio, finora conosciuta come “Arcacasa”. Sono contento che, su mia proposta, questa intitolazione abbia avuto un consenso immediato e ampiamente condiviso sia da parte dell’associazione ARCA: Una Casa per l’Handicap, proprietaria della struttura, che da parte della cooperativa CREA che la gestisce da sempre.

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TRIMESTRALE iscritto al n° 789 del Registro Periodici, Tribunale di Lucca - Direttore Responsabile: Vera Caruso n° 2 anno 2013

cinqueper

millealla cooperativa C.RE.A. Il codice fiscale è 00985350461 - Grazie

Martedì 14 maggio, con semplice cerimonia, viene scoperta la targa che intitola a don Beppe Socci la Comunità Alloggio Protetta (C.A.P.) di via Comparini a Viareggio, finora conosciuta come “Arcacasa”. Sono contento che, su mia proposta, questa intitolazione abbia avuto un consenso immediato e ampiamente condiviso sia da parte dell’associazione ARCA: Una Casa per l’Handicap, proprietaria della struttura, che da parte della cooperativa CREA che la gestisce da sempre.Don Beppe, nella memoria dei viareggini, è strettamente legato ai portatori di handicap, in una accezione allargata a tutti coloro che nella vita sociale sembrano destinati a rimanere indietro, separati dagli altri da condizioni di vita che ne fanno dei “diversi”.“Indifferenti mai”, un suo motto fatto proprio da CREA, nasce in lui dal sentirsi intimamente immerso nella condizione umana che lo scuote fin nel profondo di sé: «Rimango sempre intimamente sconvolto quando sul mio cammino quotidiano incontro qualcuno che nella sua persona porta i segni di un abbandono, di una solitudine, di un’angoscia, di un vuoto che è impossibile colmare» (don Beppe in Lotta come Amore, “La condizione umana”, 1995). La C.A.P. di via Comparini vide la luce grazie ad uno sforzo corale di tutti i settori della società viareggina e don Beppe fu il testimonial e uno dei principali sostenitori del progetto. Fu inaugurata nel dicembre del 1999, due anni dopo la sua morte improvvisa per infarto nel gennaio del 1998.Fin da allora la Comunità Alloggio fu accostata alla figura di don Beppe e per la gente di Viareggio e non solo, è abitata “dai ragazzi di Beppe”.Perché allora questa intitolazione che può apparire scontata e tardiva?

Via Virgilio 22255049 Viareggio

Tel. 0584 384077Fax 0584 [email protected]

CREA soc. coop. sociale

Non solo per sancire un dato di fatto. La realtà attuale, segnata da una crisi che si prolunga e non accenna ad allentare la presa sopratutto sullo stato sociale e quindi sulla solidarietà collettiva, minaccia di travolgere le realtà, come questa nostra residenza, accusate di essere troppo costose e portatrici di distorsioni sugli stessi ospiti rispetto a forme di affido o di sostegno alle singole famiglie. Il riferimento a don Beppe acquista qui, a mio parere, tutta la sua bruciante attualità. La storia di questo uomo mite, dalle energie mai esauste e dalla ostinata ricerca di un coinvolgimento concreto e fattivo con gli ultimi, suggerisce una linea di pensiero e di azione che non si limiti all’ottica del servizio. Negli anni in cui si caricò direttamente della responsabilità di quattro fratellini che non potevano essere accuditi dai genitori, Beppe non ebbe timore di “sporcarsi le mani” con l’oscuro lavoro di casalingo, ma seppe fare della sua casa (abitò sempre in affitto, cambiando più volte appartamento) un crocevia di persone che dalla sua amicizia presero coraggio e idee per allargare la pratica dell’affido familiare e della adozione in Versilia.Ancora una volta nella storia dei bisogni e delle relazioni umane speriamo in un felice connubio tra servizi sociali e cultura diffusa che sappia trovare, nonostante la crisi che ci attanaglia, risposte possibili e sostenibili. Connubio che trovi nella “Casa don Beppe Socci” un punto di incontro, di confronto e di ricerca verso forme di convivenza in cui ogni “differenza” non sia vista solo come peso e prezzo da pagare, ma come spinta verso forme più autentiche di integrazione umana.

Luigi Sonnenfeld

Casa Don Beppe Socci

Progettata per offrire ospitalità a persone adulte disabili che per vari motivi non possono rimanere nelle famiglie di provenienza o per dare sollievo temporaneo a famiglie con disabili in difficoltà, la Comunità Alloggio è stata immaginata e concepita proiettata sul concetto di inclusione sociale. Nel cuore del quartiere con i suoi negozi, la posta, i bar, il campo sportivo…tutto a portata di mano. La casa dove ora trovano accoglienza sedici persone. Un’accoglienza fatta di mestiere, professionalità e progettazione continua ma anche e soprattutto di umanità, flessibilità e cuore. La casa immaginata da Don Beppe e da tutti coloro che hanno contribuito a farla nascere, nel tempo si è riempita di voci, risate e canti, a tratti anche di urla e pianti. Si è riempita di umori, odori, sapori, insomma di umanità. Si è riempita di fogli, di progetti di programmi e di attenzione. Attenzione al benessere e alla sicurezza di chi la abita e di chi la vive come luogo di lavoro. Il tempo è passato per tutti, anche per i suoi abitanti, che hanno visto i propri bisogni crescere ed in molti casi allargarsi sul versante sanitario. Così la casa ha dovuto dimostrarsi flessibile ed andargli incontro. Mediare e sostenere, tra aspetti di cura e di assistenza ed aspetti sociali e educativi, senza lasciare indietro il sale della vita, le relazioni, l’affettività, la condivisione, la scelta, la libertà. Tenere in equilibrio tutto ciò è complesso, passa per sentieri faticosi e battaglie da cui non si esce sempre vittoriosi. Ma vale così tanto la pena, per le soddisfazioni che arrivano sempre, a volte così piccole che occorre saperle vedere, a volte evidenti ed entusiasmanti. La casa di don Beppe ha buone fondamenta: nella cultura pacifista ed aggregante dei preti operai, nel lavoro di coinvolgimento e polarizzazione di risorse di “Arca” e “Arca una casa”, nella serietà e capacità gestionale di “Crea”. Poi ci sono le mura, che racchiudono e proteggono (altrimenti che casa è?) all’interno delle quali si muove il piccolo microcosmo di “ragazzi e ragazze” con i loro educatori, familiari, assistenti sociali, medici, infermieri, ma non è un caso che queste mura siano di vetro. Infine il tetto. Il tetto di questa casa sono tutti coloro che ci hanno creduto e ci credono. Che possa e debba esserci sempre un’opportunità di crescita e di benessere, che si possa camminare con e non solo per, e che tutti proprio tutti abbiano il diritto di modellare la propria esistenza anche se nel farlo hanno bisogno di aiuto e protezione.

Anna Greco, coordinatrice C.A.P.

In equilibrio tra complessità e soddisfazione

Un vecchio nome nuovo

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Luglio 2012. Dopo un mese di collaborazione professionale come infermiere presso la RSA “Casa dei Nonni” a Camaiore, la Cooperativa C.RE.A, mi offre l’opportunità di diventare dipendente e di allargare il raggio lavorativo ad un’altra struttura: l’”Arca Casa”. Sinceramente quando mi è stato detto di che tipo di lavoro si trattava ero un po’ titubante, quasi “spaventato” dall’approccio con la disabilità mentale, ma erano sensazioni infondate. Quelle sensazioni che prova chi non è mai entrato in contatto con questa realtà, troppo distante dalla vita di tutti i giorni. - Speriamo non ti succeda nulla – mi dicevano quanti conoscevano “ di fama” questa struttura per la disabilità psicofisica. In effetti dopo mesi di lavoro presso l’Arca devo dire che qualcosa mi è successo. Ho avuto ed ho la possibilità di prestare servizio a persone troppo spesso considerate come l’ultimo carro della società, una società che riconosce come “figli” le persone che hanno capacità di produrre, nel senso economico del

termine, e che considera “figliastri” proprio quelli che hanno più bisogno. Fortunatamente sono riuscito a sentire sulla mia pelle tutto l’affetto, la gioia, l’amore che questi “ragazzi” ti sanno trasmettere, il loro lasciarsi guidare dagli operatori in azioni che per noi sembrano di routine, dal mettersi una maglia al disegnare, ma che per loro possono diventare piccole conquiste quotidiane. Naturalmente non è tutto rosa e fiori, come del resto in tutte le migliori famiglie, sono presenti piccole liti come tra fratelli, ma con l’aiuto degli operatori tutto torna presto nella norma. A livello di professione infermieristica sinceramente le applicazioni non sono molte, ma credo che tutto sia in qualche maniera compensato dal bagaglio di esperienza umana che mi porterò dietro per tutta la mia carriera lavorativa e per questo non potrò fare altro che ringraziare la cooperativa e soprattutto questi ragazzi che in poco tempo mi hanno dato così tanto.

Andrea Francesconi, infermiere

Io della costruzione dell’Arca una Casa ho seguito la parte “finanziaria” nel senso della raccolta fondi che sono pervenuti da privati e fondazioni, ma, nonostante vivessi i soli numeri di vil denaro, ho avvertito il grande impegno e la volontà di fare qualcosa di veramente significativo per la città. Qualcosa che niente chiedeva se non lo slancio di donare a persone più sfortunate di noi una accoglienza fattiva ed un tetto dove soggiornare. Posso affermare che le somme devolute sono state spese fino all’ultimo centesimo per lo scopo prefissato e per opere benefiche e ciò mi dette una grande gioia in un mondo in cui le cronache giornaliere sono piene di disonesti comportamenti. Ed anche ogni ora che è stata spesa gratuitamente dai promotori dell’iniziativa è stata un dono che non si compra, che non si confeziona con carte colorate, ma che deve essere esempio silenzioso di amore e sensibilità verso gli altri.

Dentro una casaho visto gente

ogni giorno affrontar, con passione,

un servizio delicatoai” ragazzi” dedicato. Ho visto gente gioiosa

a sorregger con pazienza l’altrui differenza.

D’improvviso ho capitoquanto c’è ancora da fare

per dir di saper amare.

Antonio Del Testa, Arca: Una casa per l’handicap

Un mondo tutto da scoprire

Costruita per accogliere

“...vorrei solo potermi inventare per lui una vita felice, sono convinto che sia possibile, basta crederci”

“Una notte ho sognato che parlavi”di Gianluca Nicoletti

(giornalista e scrittore)

Verbale di una riunione dei ragazzi

Smodem n°1, anno zero - dicembre 1999

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Chi lavora come noi a stretto contatto con la disabilità, deve essere sempre pronto a fornire nuovi stimoli e tante idee per far sì che queste persone nonostante le oggettive limitazioni possano convivere con la collettività e cercare, per quel che possibile, di essere indipendenti. Per i motivi appena elencati, da tempo la nostra struttura offre laboratori ricreativi mirati a far cooperare “i nostri ragazzi” tra loro e con persone esterne.Un’esperienza che per esempio, ricordiamo con gioia, è il laboratorio creativo effettuato in collaborazione con la R.S.A. Barbantini nel quale gli obbiettivi da noi prefissati sono stati raggiunti in modo stupefacente. E’ stato infatti sorprendente vedere come quei “due mondi” così diversi tra loro, quello della disabilità e quello della anzianità, siano riusciti a cooperare aiutandosi e lavorando come

una vera squadra. Un altro laboratorio della nostra struttura che riscuote molto interesse e partecipazione è quello di pittura. E’ frequentato da una decina di ospiti, il cui grave ritardo mentale limita la loro autonomia nella gestione di varie attività del quotidiano. Con questo progetto ci siamo prefissati di raggiungere vari obiettivi: sviluppare abilità creative e comunicative e offrire momenti collettivi di socializzazione e divertimento. Il tutto si realizza in due appuntamenti settimanali, uno all’interno della nostra struttura e uno all’esterno, nello studio del pittore Giorgio Di Giorgio, volontario storico della nostra cooperativa, che ospitandoci ogni lunedì nel suo regno, ci dà l’opportunità di raggiungere i veri obiettivi del nostro progetto: sperimentare passi verso l’autonomia. Ed è sempre una sorpresa ed una soddisfazione,

per noi operatori, vedere come il nostro gruppo di aspiranti pittori sa mantenere un comportamento corretto durante il tragitto a piedi, rispettando le regole della strada (semafori, strisce pedonali, ecc.), aspettandosi e aiutandosi l’uno con l’altro, salutare e conversare con gli amici del mercato, ordinare e pagare le bevande al bar, prima di dedicarsi al lavoro di pittura. Poi nello studio del pittore si vedono risultati molto positivi come riuscire ad organizzare il tavolo di lavoro, dividersi tra chi prepara i colori e chi i fogli, chi aiuta con le sedie per la sistemazione dei posti: ognuno ha un compito e raggiunge il proprio segmento di autonomia durante l’attività. E per noi operatori ogni obiettivo raggiunto dai “ragazzi” è di tutti ed è ciò che ci motiva a continuare e a fare sempre meglio.

Lina Morescalchi, Operatrice Socio Assistenziale

Ogni obiettivo raggiunto è di tutti

Dalla Carta dei Servizi della CREA

La Comunità Alloggio Protetta “ArcaCasa” è una struttura nata per rispondere al bisogno di cura e accoglienza di adulti disabili in contesti qualificati e caratterizzati da una forte integrazione con il territorio.L’impegno dell’Associazione “Arca: una casa per l’handicap”, la progettualità e collaborazione della cooperativa C.RE.A, nel dicembre 1999, hanno portato alla realizzazione della struttura attraverso una campagna di raccolta fondi che ha trovato una significativa risposta nella comunità locale.

La struttura, in quanto Casa, si propone di favorire la vita in comune e l’inserimento degli ospiti nel contesto sociale. Il servizio è gestito dalla cooperativa C.RE.A. in convenzione con l’Azienda USL 12 Viareggio e con i comuni della Versilia.Il servizio è rivolto a 16 adulti disabili riconosciuti in condizione di handicap in base alla legge 104/92. I posti sono suddivisi in: 13 posti per non autosufficienti, 2 per autosufficienti. N° 1 posto è riservato all’accoglienza temporanea di adulti disabili che si trovano

momentaneamente privi del sostegno familiare.Il complesso degli interventi è inquadrato nell’ambito del progetto globale del servizio che individua le finalità e gli aspetti qualificanti per la gestione della casa. La progettazione individualizzata, il lavoro d’équipe, la promozione della rete sociale di supporto, il controllo e la valutazione secondo i parametri del Sistema Qualità, costituiscono gli strumenti principali del lavoro degli operatori nella struttura.

ArcaCasa è a Viareggio, in via dei Comparini, 3/c.

La scrivente, Borsacchi Maria, coordinatrice della Sezione del Tribunale del Malato Cittadinanzat-tiva presso l’Ospedale Versilia, desidera esprimere la propria ammirazione per come le SS.LL. con-ducono il “centro” e tengono in maniera egregia gli “ospiti” (tutti soggetti fortemente particolari), riuscendo con metodo e tanta passione a produrre del “lavori” veramente interessanti.La scrivente è rimasta veramente molto ben impressionata sia dalla struttura e soprattutto dall’abnegazione con cui le SS.LL. si dedicano al loro delicato lavoro.

Carissimi salutidott.ssa Maria Borsacchi

“”

“Imparo, Sostengo, Cresco”: questo è il nome del pro-getto di servizio civile che mi ha dato l’opportunità di conoscere Arcacasa e tutti i suoi ospiti. Grazie a questo progetto della Cooperativa C.RE.A. ho trascorso ormai quasi un anno presso questa struttura e posso dire di aver vissuto un’esperienza appagante e costruttiva.I primi momenti sono stati forse quelli più delicati perché ho dovuto conoscere tutti i ragazzi presenti ad Arcacasa e creare con loro una relazione, entrando in un equilibrio ormai consolidato senza provocare turbamenti, e allo

stesso tempo ho dovuto farmi conoscere ed integrarmi nel gruppo. Così una volta entrata, in punta di piedi, in questa routine quotidiana ho avuto modo di partecipare ed aiutare durante lo svolgimento delle varie attività che riempiono le giornate dei ragazzi, dalle semplici uscite nel quartiere, alle attività di pittura con Giorgio di Gior-gio, alle gite, fino alle feste alle quali non immaginavo venissero tante persone.É un’esperienza che mi sento di consigliare a tutti coloro che hanno voglia di dare, di fare un percorso con questi

ragazzi; molto presto è facile rendersi conto che è molto più ciò che ricevi rispetto a ciò che dai.Grazie a questo anno di servizio civile volontario pos-so dire di essere cresciuta, questo percorso mi ha dato l’opportunità di conoscere persone speciali che mi hanno fatto passare anche momenti difficili, ma alla fine mi hanno regalato tanti sorrisi che non scorderò molto facil-mente.

Chiara Mazzocchivolontaria - Servizio civile

Imparo, sostengo, cresco

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>> Nei modelli della dichiarazione, sia CUD

che 730 o Modello Unico, è p revista una

sezione per scegliere la destinazione della

quota del cinque per mille.

Basta apporre l a propria f irma a f ianco

dell’opzione “sostegno del volontariato, delle

organizzazioni non lucrative di utilità sociale,...”

e riportare:

il codice fiscale della cooperativaC.RE.A.:

>> Il cinque per mille non è un versamento aggiuntivo e non determina maggiori imposte da pagare.

00985350461

Redazione:Barbara Argentieri, Cristiano Barducci, Vera Caruso, Duri Cuonz, Serena Del Cima, Anna Greco, Andrea Peruzzi, Luigi Sonnenfeld Hanno partecipato a questo numero:Maria Borsacchi, Vera Caruso, Lisa D’Alessandro, Antonio Del Testa, Andrea Francesconi, Anna Greco, Lina Morescalchi, Luigi Sonnenfeld

Grafica e impaginazione:Duri Cuonz - Cooperativa C.RE.A

Consulente per la comunicazione:Barbara Argentieri

Smodem è consultabile su www.coopcrea.it

Anche stanotte luce accesa, su e giù per le scale... boh! Ma che faranno qui? Ecco altri due arrivano, poi più tardi ancora due arrivano e due se ne vanno... ma non è finita, c’è qualcuno che arriva sempre prima degli altri... e così tutti i giorni! Ma chi ci abita qui?... non l’abbiamo ancora capito, sono mesi ormai che siam qui, si mangia, si dorme, si guarda... ma non ci capiamo proprio nulla o meglio qualcosa ma non tutto.Dunque, qualcuno abita qui, ci mangia, ci dorme, a volte esce ma poi torna. Uomini, donne, chi più alto, chi più basso, chi più giovane, chi più vecchio, tutti un po’ grassottelli... ma non devono essere fratelli, son tutti così diversi. Che siano amici? Beh non tutti lo sono, ma qualcuno sicuramente sì.A volte litigano e allora gridano, a volte si picchiano pure... e allora arrivano quelli che non si sa che ci fanno qui, che vanno e vengono giorno e notte e non dormono mai a separarli e tirano pure loro qualche urlo che a volte serve a volte no.A volte son tutti lì che mangiano e c’è uno che tira l’acqua al tavolo dietro e tenta di lanciar la sedia e allora lo portano fuori e noi VIA!Spesso invece c’è uno che fugge da tavola per andare in poltrona a ridere o salire le scale chissà a fare che cosa. C’è uno che poveretto qualsiasi cosa accada è li seduto su una sedia con le ruote che gli altri muovono per lui. Non è che non cammini, perchè a volte lo fa, è che non riesce da solo, ha bisogno di un appoggio e forse di un po’ di compagnia che a volte trova in una ragazza che viene di tanto in tanto, anche lei con una sedia con le ruote, sempre gentile e attenta con lui.Son tutti matti questi... l’altro giorno me ne stavo a prendere il sole in giardino, beato, e sento qualcosa cadermi vicino, apro gli occhi e vedo una bottiglia con della roba bianca profumata gettata li a terra, poco dopo vedo volare da una finestra altra roba, bottiglie, penne, pure uno di quei cosi che fan la musica. Strano modo di pulire questi! Son strani in tutto, questi!C’è una, sembra grande, ma deve essere una bimba piccola, gira coi pupazzi in braccio, di solito è pure brava ma non provare a toccargliene uno perchè diventa una piccola belva!C’è uno invece che non ama far niente, deve essere uno di quei pigroni, cerca di dormire ovunque... e ci riesce pure... finchè non arriva la signorina dai mille fidanzati, ne cambia uno alla settimana, è stata fidanzata pure con un certo Burlamacco (chi sia poi questo non si sa, ma dev’essere uno importante da

queste parti), che lo prende e lo fa ballare, girare, camminare. C’è uno che vedo sempre lì in veranda, occhialetti, cappelli ricci, medaglie, a sbuffare dalla bocca un affare puzzolente che a lui sembra piacere un sacco a vederlo dalla faccia soddisfatta che fa. Ama molto fare scherzetti ad un altro un po’ pauroso con due occhi furbi che parlan da soli che tira certi urli quando lo vede! A volte è con lui un altro lungo, magro che esce da solo ogni mattina, sbuffa anche lui ma cose più piccole, meno puzzolenti che tiene in un borsello che si porta sempre dietro.Son strani certo...C’è pure una che dev’essere una pittrice o qualcosa di simile, piccina, con gli occhialetti, con un sacco di pennarelli e libri. Disegna, colora, disegna, colora con gran impegno, lei non grida mai, non litiga, fa il suo lavoro sempre, spesso ride, ride di gusto.C’è una invece che è arrivata tempo fa, valige, borse, non si sa se va o resta. Anche lei è fidanzata, ma sempre con lo stesso, e gli telefona pure tutti i giorni. E’ sempre allegra ma quando si arrabbia ha una voce! Lei si trucca, si fa i cappelli, si veste sempre come se andasse ad una festa.C’è un’altra invece che si vede poco, sta sempre su (a far che? boh...), scende a mangiare, a volte la sera guarda la tv quando gli altri sono a letto, certa roba le piace! Sangue, misteri, grida! Che schifo!C’è un’altro poi, un ragazzone sempre vestito bene, che si diverte a metter paura a una che ama guardare i programmi di cucina in tv... ha una voce lei!Eccoli, arrivano giù anche stamani si riparte con una strana giornata... speriamo almeno che si ricordino di darci qualcosa da mangiare. Ma dove siamo finiti? Restiamo un altro po’, fosse mai che ci capiamo qualcosa... MIAOOOOOOO

Lisa d’Alessandro, Operatrice Socio Sanitaria

Ma dove siamo finiti?

Invito inaugurazione dicembre 1999