SLIDING DOORS PREVIDENZA · 2020. 1. 28. · proposito Voltaire nel suo Diziona-rio filosofico,...

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PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE DIPENDENTI DELLA BANCA TOSCANA COLLOCATI IN PENSIONE ANNO XXXIV - N. 157 - SETTEMBRE 2014 DIRETTORE RESPONSABILE: DUCCIO GUASPARRI • COMITATO DI REDA- ZIONE: GIANCARLO BALLERINI - FRANCO LAMPREDI Registrazione al Tribunale di Firenze numero 2892 del 15 ottobre 1980 Stampa: SAFFE srl - Via S. Morese, 12 - CALENZANO - Firenze • Non si stampa- no scritti anonimi e gli autori rispondono dei loro scritti • TRIMESTRALE GRA- TUITO • SEDE: VIA CAVOUR, 82/A - FIRENZE - TELEFONO 055/28.29.25• Po- ste italiane Sped. in abb. postale -70% DCB Firenze Così si intitola un bel film del 1998 che aveva come protagoni- sta femminile Gwyneth Paltrow, bella ma soprattutto brava. La tra- duzione dall’inglese è PORTE GI- REVOLI. Tali porte, in un passato non poi tanto remoto, erano una caratteristica snob di alcuni locali, in particolare degli Hotel con più di tre stelle. La loro peculiarità consi- ste nel consentire l’accesso e l’u- scita ad una persona per volta, nei due sensi. È noto lo sketch nel quale un tizio, ignaro del funziona- mento di questo tipo di porta, vi entra e si ferma, forse pensando che il meccanismo lo facesse spo- stare automaticamente, così an- che le porte si fermano e un altro tizio che si era inserito dalla parte opposta e quindi rimasto bloccato dice con tono seccato: “si muova, faccia da perno!” (dove ‘faccia’ è imperativo presente terza persona del verbo fare) e l’altro: “si muova lei, faccia da pirla!” (dove ‘faccia’ è sostantivo e sta per volto, viso). Ho iniziato in tono un po’ faceto, ma in seguito affronterò argomen- ti molto meno leggeri. La trama del film – in estrema sintesi – narra due storie della pro- tagonista, conseguenti all’aver im- boccato ingressi differenti dopo essere uscita da una porta girevo- le. Le vicende si differenziano mol- tissimo l’una dall’altra. L’epilogo per entrambe è però un letto di ospedale dove la protagonista vie- ne ricoverata a seguito di eventi, incidenti del tutto dissimili. Il film mi piacque molto per originalità di soggetto, per la sceneggiatura, per l’interpretazione. Mi lasciò in- vece perplesso la morale, secon- do la quale ogni esistenza, ogni vi- cissitudine della vita si compie se- condo il disegno del destino. Quei due o tre che, bontà loro, leggono i miei scritti, già conosco- no (perché ne ho parlato nel mio glossario sul latino) il motto scritto a caratteri cubitali sopra la catte- dra della grande aula adibita a lo- cale-studio per gli allievi interni del Collegio Sacro Cuore di Siena do- ve ho compiuto i tre anni delle scuole medie inferiori, non per scelta, ma per cause familiari (fa- to?). La massima era FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE. Per quelli che non hanno mai avu- to a che fare con la lingua dei no- stri progenitori, traduco: CIASCU- NO (quisque) È(est) ARTEFICE (faber) DELLA SUA (suae) FOR- TUNA (fortunae). Questo, per me, più che un motto è stato costante- mente un monito, una guida nelle decisioni più importanti e ho sem- pre cercato di imboccare la porta che sapevo mi avrebbe condotto a sostenere sacrifici, a fare rinunce per le quali, dopo, sarei stato in qualche modo ripagato. Con ciò evitando la porta per la quale l’im- mediato, il presente sarebbe stato più agevole e con minori problemi. Da cui, ad esempio, la determina- zione e, direi, l’ostinazione a con- seguire la laurea pur lavorando. In quegli anni – forse i migliori della vita – per preparare gli esami uni- versitari ho perso tante ore di son- no, tante serate con gli amici, tan- ti fine settimana, quasi tutte le fe- rie e …tante altre cose. Nei ‘ritagli’ di tempo ho anche fatto 18 mesi di servizio militare (AUC alla Scuola di Guerra Aerea delle Cascine, poi Sottotenente di complemento) e mi sono pure sposato, con una collega. A lei dico sempre “non im- magini che fortuna hai avuto ad aprire quella porta, ad incontrar- mi”; naturalmente lei ribatte che, nella circostanza, il destino è stato molto propizio anche nei miei con- fronti. Chiedo scusa per questa notazione fin troppo personale. Sempre con riferimento alla scritta “FABER EST…..”, voglio peraltro precisare che se avessi letto pri- ma, anziché ora da pensionato stagionato, quanto ebbe a dire in proposito Voltaire nel suo Diziona- rio filosofico, forse avrei evitato di aprire certe porte, e forse non avrei fatto alcune delle scelte det- tate da quella massima; diceva in proposito il filosofo francese del Settecento “Coloro i quali ritengo- no che l’uomo saggio faccia da sé il proprio destino sono dei perfetti saputelli imbecilli”. Mah!? Quanto alle porte girevoli per in- ciso faccio notare che ormai pochi sono gli edifici che le adottano; di gran lunga più utilizzati gli ingressi con porte a vetri scorrevoli che si aprono, sia in entrata che in usci- ta, non appena l’utente entra nella zona prospiciente alle porte stes- se attivandole con un apposito meccanismo. Avviandomi alla conclusione, af- fronto l’ultima parte del mio ‘pez- zullo’ in toni seriosi, anzi decisa- mente seri. C’è un periodo nella vita, più o PREVIDENZA a cura di gb/ Blocco adeguamento pensioni Porto a conoscenza dei lettori che la Sezione lavoro del Tribunale di Palermo, presieduta dal dott. Antonio Ardito, con ordinanza del 6 no- vembre 2013 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del- l’art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011 (convertito nella Legge 22 dicembre 2011 n. 214) nella parte in cui dispone, per il biennio 2012-2013, il bloc- co della perequazione automatica delle pensioni di importo mensile su- periore, per il 2012, ad euro 1405,05 lordi e, per il 2013, ad euro 1441,56 lordi (pari a tre volte il trattamento minimo Inps). Trattasi di una fascia reddituale molto bassa che ha penalizzato oltre sei milioni di pensionati che – a parte una costante perdita del potere di acquisto della moneta che si registra nel ns. Paese – si sono visti im- poverire il trattamento pensionistico. L’ordinanza del Tribunale di Palermo, nel richiamare altri precedenti pronunciamenti della Consulta in materia, si sofferma, in particolare, sulla sentenza 3 novembre 2010 n.316, nella quale la Corte Costituzio- nale avverte che, se è vero che “la garanzia costituzionale dell’adegua- tezza e della proporzionalità del trattamento pensionistico incontra il li- mite delle risorse disponibili, al quale il Governo e il Parlamento devo- no uniformare la legislazione di spesa, è pur vero, anche, che “la so- spensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo, ovvero della frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità perché le pensioni, sia pure di maggior consistenza, potrebbero non essere sufficiente- mente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto del- la moneta”. Il Legislatore non ha tenuto conto del “monito” della Corte Costituzio- nale disponendo il blocco totale della rivalutazione automatica delle pensioni per due anni (2012 e 2013) per le pensioni d’importo mensile lordo superiore ad appena tre volte il trattamento minimo Inps. Secondo il giudice del Tribunale di Palermo sarebbero violati: a) il principio di cui all’art. 38, comma 2, Cost., dal momento che la mancata rivalutazione impedisce la conservazione nel tempo del valore della pensione, menomandone l’adeguatezza; b) il principio di cui all’art.36, comma 1, Cost., atteso che la mancata rivalutazione viola il principio di proporzionalità tra pensione (che costi- tuisce il prolungamento in pensione della retribuzione goduta in costan- za di lavoro) e retribuzione goduta durante l’attività lavorativa; c) il principio derivante dal combinato disposto degli artt. 36, 38 e 3 Cost., perché la mancata rivalutazione, violando il principio di propor- zionalità tra pensione e retribuzione e quello dell’adeguatezza della pre- stazione previdenziale, altera il principio di eguaglianza e ragionevolez- za, causando una irrazionale discriminazione in danno della categoria dei pensionati, d) il principio di universalità dell’imposizione di cui all’art.53 Cost. non- ché quello di non discriminazione ai fini dell’imposizione, di ragionevo- lezza nell’esercizio del potere di imposizione e della parità di prelievo a parità di presupposto di imposta di cui al combinato disposto degli artt. 3, 23 e 53 Cost. dal momento che, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato, la misura adottata si configura quale prestazione patrimonia- le di natura sostanzialmente tributaria. Tanti termini giuridici, tante parolone, ma, a mio modesto parere, non succederà niente, salvo un’ulteriore raccomandazione come già avve- nuto in passato. In questi giorni di metà agosto un dibattito su un eventuale taglio del- le pensioni oltre un’indefinita soglia…, nonostante le reiterate bocciatu- re della Corte Costituzionale, e sulla rideterminazione con il metodo contributivo di quelle liquidate con il retributivo. Se tale ricalcolo venis- se effettuato significherebbe venir meno a quanto a suo tempo stabilito dallo Stato ed al principio di affidamento del medesimo nei confronti dei cittadini. In merito a queste proposte un sindacalista della CGIL ha detto: “Lasciate in pace i pensionati che hanno perso il 30% di po- tere d’acquisto negli ultimi 15 anni”. Per quanto riguarda le pensioni relative all’anno in corso c’è stata una parziale rivalutazione, prima, applicando i criteri previsti dal disegno di legge n. 1120/2013 e, successivamente, quelli previsti dalla Legge di Stabilità 2014, tanto che l’Inps ha comunicato che le pensioni interes- sate da tali variazioni saranno oggetto di un nuovo ricalcolo. (Le varia- zioni, se ci saranno, o forse sono già state effettuate, sono comunque così minime da non essere rilevate N.d.R). meno lungo, in cui ci sentiamo fisi- camente forti, efficienti, quasi im- mortali. Poi il progredire dell’età ci offusca alquanto la mente, la pelle tende ad incartapecorire, il volto viene segnato da rughe sempre più fitte ed evidenti……. Ecco allo- ra che non possiamo esimerci dal considerare ciò che per tutti, ma proprio tutti, si prospetta in manie- ra ineludibile: l’apertura di una por- ta dalla quale è impossibile torna- re indietro, a meno che non si pen- si alla reincarnazione. Ma sia che si creda nella metempsicosi, sia che si segua una religione che in qualche modo prospetti il prose- guimento della nostra vita nell’Al- dilà, sono rare le persone che af- frontano la morte, o l’idea stessa della morte, con animo sereno. Quante volte, in coincidenza con la scomparsa di un parente, di un amico, di un conoscente, viene da riconsiderare tale certa evenienza, gli affanni quotidiani, il modo di rapportarsi con noi stessi e con gli altri, nella consapevolezza che quella porta anche per noi sta per aprirsi ed è sempre più vicina. Quindi ESTOTE PARATI (siate pronti!) come suggerisce il motto dei boy scout, mutuato dall’ammo- nimento di Gesù che appunto invi- ta a non farci cogliere di sorpresa dalla morte. È pur vero che PRIMA si deve vivere! Un antico detto popolare lo conferma, con sana ironia: “la morte c’ha da trovare vivi”. Famo- sa poi la frase di Rita Levi Montal- cini, la grande scienziata premio Nobel per la fisica, ultracentena- ria, scomparsa da non molto: “non è importante aggiungere giorni al- la vita, ma piuttosto aggiungere la vita ai giorni”. Quando sono aperte le scuole, periodicamente vado a prendere all’uscita mio nipote (nove anni). Un giorno, la scorsa primavera, a bruciapelo mi disse: “Nonno, sei vecchio, allora presto morirai” e io: “beh…sì è così, ma purtroppo non si muore soltanto da vecchi”. E lui: “Ma nonno, allora se si de- ve morire, perché si nasce?” Ed io: “Per vivere”. Risposta lapida- ria che per lui mi sembrò essere né esauriente, né persuasiva. Cambiai discorso ed abbraccian- dolo uscimmo insieme da una porta secondaria. [email protected] SLIDING DOORS di Duccio Guasparri (segue a pag. 2)

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  • PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE DIPENDENTI DELLA BANCA TOSCANA COLLOCATI IN PENSIONE

    ANNO XXXIV - N. 157 - SETTEMBRE 2014DIRETTORE RESPONSABILE: DUCCIO GUASPARRI • COMITATO DI REDA-ZIONE: GIANCARLO BALLERINI - FRANCO LAMPREDIRegistrazione al Tribunale di Firenze numero 2892 del 15 ottobre 1980Stampa: SAFFE srl - Via S. Morese, 12 - CALENZANO - Firenze • Non si stampa-no scritti anonimi e gli autori rispondono dei loro scritti • TRIMESTRALE GRA-TUITO • SEDE: VIA CAVOUR, 82/A - FIRENZE - TELEFONO 055/28.29.25• Po-ste italiane Sped. in abb. postale -70% DCB Firenze

    Così si intitola un bel film del1998 che aveva come protagoni-sta femminile Gwyneth Paltrow,bella ma soprattutto brava. La tra-duzione dall’inglese è PORTE GI-REVOLI. Tali porte, in un passatonon poi tanto remoto, erano unacaratteristica snob di alcuni locali,in particolare degli Hotel con più ditre stelle. La loro peculiarità consi-ste nel consentire l’accesso e l’u-scita ad una persona per volta, neidue sensi. È noto lo sketch nelquale un tizio, ignaro del funziona-mento di questo tipo di porta, vientra e si ferma, forse pensandoche il meccanismo lo facesse spo-stare automaticamente, così an-che le porte si fermano e un altrotizio che si era inserito dalla parteopposta e quindi rimasto bloccatodice con tono seccato: “si muova,faccia da perno!” (dove ‘faccia’ èimperativo presente terza personadel verbo fare) e l’altro: “si muovalei, faccia da pirla!” (dove ‘faccia’ èsostantivo e sta per volto, viso).

    Ho iniziato in tono un po’ faceto,ma in seguito affronterò argomen-ti molto meno leggeri.

    La trama del film – in estremasintesi – narra due storie della pro-tagonista, conseguenti all’aver im-boccato ingressi differenti dopoessere uscita da una porta girevo-le. Le vicende si differenziano mol-tissimo l’una dall’altra. L’epilogoper entrambe è però un letto diospedale dove la protagonista vie-ne ricoverata a seguito di eventi,incidenti del tutto dissimili. Il filmmi piacque molto per originalità disoggetto, per la sceneggiatura,per l’interpretazione. Mi lasciò in-vece perplesso la morale, secon-do la quale ogni esistenza, ogni vi-cissitudine della vita si compie se-condo il disegno del destino.

    Quei due o tre che, bontà loro,leggono i miei scritti, già conosco-no (perché ne ho parlato nel mioglossario sul latino) il motto scrittoa caratteri cubitali sopra la catte-dra della grande aula adibita a lo-cale-studio per gli allievi interni delCollegio Sacro Cuore di Siena do-ve ho compiuto i tre anni dellescuole medie inferiori, non perscelta, ma per cause familiari (fa-to?). La massima era FABER ESTSUAE QUISQUE FORTUNAE.Per quelli che non hanno mai avu-to a che fare con la lingua dei no-stri progenitori, traduco: CIASCU-NO (quisque) È(est) ARTEFICE

    (faber) DELLA SUA (suae) FOR-TUNA (fortunae). Questo, per me,più che un motto è stato costante-mente un monito, una guida nelledecisioni più importanti e ho sem-pre cercato di imboccare la portache sapevo mi avrebbe condotto asostenere sacrifici, a fare rinunceper le quali, dopo, sarei stato inqualche modo ripagato. Con ciòevitando la porta per la quale l’im-mediato, il presente sarebbe statopiù agevole e con minori problemi.Da cui, ad esempio, la determina-zione e, direi, l’ostinazione a con-seguire la laurea pur lavorando. Inquegli anni – forse i migliori dellavita – per preparare gli esami uni-versitari ho perso tante ore di son-no, tante serate con gli amici, tan-ti fine settimana, quasi tutte le fe-rie e …tante altre cose. Nei ‘ritagli’di tempo ho anche fatto 18 mesi diservizio militare (AUC alla Scuoladi Guerra Aerea delle Cascine, poiSottotenente di complemento) emi sono pure sposato, con unacollega. A lei dico sempre “non im-magini che fortuna hai avuto adaprire quella porta, ad incontrar-mi”; naturalmente lei ribatte che,nella circostanza, il destino è statomolto propizio anche nei miei con-fronti. Chiedo scusa per questanotazione fin troppo personale.Sempre con riferimento alla scritta“FABER EST…..”, voglio peraltroprecisare che se avessi letto pri-ma, anziché ora da pensionatostagionato, quanto ebbe a dire inproposito Voltaire nel suo Diziona-rio filosofico, forse avrei evitato diaprire certe porte, e forse nonavrei fatto alcune delle scelte det-tate da quella massima; diceva inproposito il filosofo francese delSettecento “Coloro i quali ritengo-no che l’uomo saggio faccia da séil proprio destino sono dei perfettisaputelli imbecilli”. Mah!?

    Quanto alle porte girevoli per in-ciso faccio notare che ormai pochisono gli edifici che le adottano; digran lunga più utilizzati gli ingressicon porte a vetri scorrevoli che siaprono, sia in entrata che in usci-ta, non appena l’utente entra nellazona prospiciente alle porte stes-se attivandole con un appositomeccanismo.

    Avviandomi alla conclusione, af-fronto l’ultima parte del mio ‘pez-zullo’ in toni seriosi, anzi decisa-mente seri.

    C’è un periodo nella vita, più o

    PREVIDENZAa cura di gb/

    Blocco adeguamento pensioniPorto a conoscenza dei lettori che la Sezione lavoro del Tribunale di

    Palermo, presieduta dal dott. Antonio Ardito, con ordinanza del 6 no-vembre 2013 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del-l’art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011 (convertito nella Legge 22 dicembre2011 n. 214) nella parte in cui dispone, per il biennio 2012-2013, il bloc-co della perequazione automatica delle pensioni di importo mensile su-periore, per il 2012, ad euro 1405,05 lordi e, per il 2013, ad euro1441,56 lordi (pari a tre volte il trattamento minimo Inps).

    Trattasi di una fascia reddituale molto bassa che ha penalizzato oltresei milioni di pensionati che – a parte una costante perdita del potere diacquisto della moneta che si registra nel ns. Paese – si sono visti im-poverire il trattamento pensionistico.

    L’ordinanza del Tribunale di Palermo, nel richiamare altri precedentipronunciamenti della Consulta in materia, si sofferma, in particolare,sulla sentenza 3 novembre 2010 n.316, nella quale la Corte Costituzio-nale avverte che, se è vero che “la garanzia costituzionale dell’adegua-tezza e della proporzionalità del trattamento pensionistico incontra il li-mite delle risorse disponibili, al quale il Governo e il Parlamento devo-no uniformare la legislazione di spesa, è pur vero, anche, che “la so-spensione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo,ovvero della frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo,esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabiliprincipi di ragionevolezza e proporzionalità perché le pensioni, siapure di maggior consistenza, potrebbero non essere sufficiente-mente difese in relazione ai mutamenti del potere di acquisto del-la moneta”.

    Il Legislatore non ha tenuto conto del “monito” della Corte Costituzio-nale disponendo il blocco totale della rivalutazione automatica dellepensioni per due anni (2012 e 2013) per le pensioni d’importo mensilelordo superiore ad appena tre volte il trattamento minimo Inps.

    Secondo il giudice del Tribunale di Palermo sarebbero violati:a) il principio di cui all’art. 38, comma 2, Cost., dal momento che la

    mancata rivalutazione impedisce la conservazione nel tempo del valoredella pensione, menomandone l’adeguatezza;

    b) il principio di cui all’art.36, comma 1, Cost., atteso che la mancatarivalutazione viola il principio di proporzionalità tra pensione (che costi-tuisce il prolungamento in pensione della retribuzione goduta in costan-za di lavoro) e retribuzione goduta durante l’attività lavorativa;

    c) il principio derivante dal combinato disposto degli artt. 36, 38 e 3Cost., perché la mancata rivalutazione, violando il principio di propor-zionalità tra pensione e retribuzione e quello dell’adeguatezza della pre-stazione previdenziale, altera il principio di eguaglianza e ragionevolez-za, causando una irrazionale discriminazione in danno della categoriadei pensionati,

    d) il principio di universalità dell’imposizione di cui all’art.53 Cost. non-ché quello di non discriminazione ai fini dell’imposizione, di ragionevo-lezza nell’esercizio del potere di imposizione e della parità di prelievo aparità di presupposto di imposta di cui al combinato disposto degli artt.3, 23 e 53 Cost. dal momento che, indipendentemente dal nomen iurisutilizzato, la misura adottata si configura quale prestazione patrimonia-le di natura sostanzialmente tributaria.

    Tanti termini giuridici, tante parolone, ma, a mio modesto parere, nonsuccederà niente, salvo un’ulteriore raccomandazione come già avve-nuto in passato.

    In questi giorni di metà agosto un dibattito su un eventuale taglio del-le pensioni oltre un’indefinita soglia…, nonostante le reiterate bocciatu-re della Corte Costituzionale, e sulla rideterminazione con il metodocontributivo di quelle liquidate con il retributivo. Se tale ricalcolo venis-se effettuato significherebbe venir meno a quanto a suo tempo stabilitodallo Stato ed al principio di affidamento del medesimo nei confronti deicittadini. In merito a queste proposte un sindacalista della CGIL hadetto: “Lasciate in pace i pensionati che hanno perso il 30% di po-tere d’acquisto negli ultimi 15 anni”.

    Per quanto riguarda le pensioni relative all’anno in corso c’è stata unaparziale rivalutazione, prima, applicando i criteri previsti dal disegno dilegge n. 1120/2013 e, successivamente, quelli previsti dalla Legge diStabilità 2014, tanto che l’Inps ha comunicato che le pensioni interes-sate da tali variazioni saranno oggetto di un nuovo ricalcolo. (Le varia-zioni, se ci saranno, o forse sono già state effettuate, sono comunquecosì minime da non essere rilevate N.d.R).

    meno lungo, in cui ci sentiamo fisi-camente forti, efficienti, quasi im-mortali. Poi il progredire dell’età cioffusca alquanto la mente, la pelletende ad incartapecorire, il voltoviene segnato da rughe semprepiù fitte ed evidenti……. Ecco allo-ra che non possiamo esimerci dalconsiderare ciò che per tutti, maproprio tutti, si prospetta in manie-ra ineludibile: l’apertura di una por-ta dalla quale è impossibile torna-re indietro, a meno che non si pen-si alla reincarnazione. Ma sia chesi creda nella metempsicosi, siache si segua una religione che inqualche modo prospetti il prose-guimento della nostra vita nell’Al-dilà, sono rare le persone che af-frontano la morte, o l’idea stessadella morte, con animo sereno.Quante volte, in coincidenza conla scomparsa di un parente, di unamico, di un conoscente, viene dariconsiderare tale certa evenienza,gli affanni quotidiani, il modo dirapportarsi con noi stessi e con glialtri, nella consapevolezza chequella porta anche per noi sta peraprirsi ed è sempre più vicina.

    Quindi ESTOTE PARATI (siatepronti!) come suggerisce il mottodei boy scout, mutuato dall’ammo-nimento di Gesù che appunto invi-ta a non farci cogliere di sorpresadalla morte.

    È pur vero che PRIMA si devevivere! Un antico detto popolare loconferma, con sana ironia: “lamorte c’ha da trovare vivi”. Famo-sa poi la frase di Rita Levi Montal-cini, la grande scienziata premioNobel per la fisica, ultracentena-ria, scomparsa da non molto: “nonè importante aggiungere giorni al-la vita, ma piuttosto aggiungere lavita ai giorni”.

    Quando sono aperte le scuole,periodicamente vado a prendereall’uscita mio nipote (nove anni).Un giorno, la scorsa primavera, abruciapelo mi disse: “Nonno, seivecchio, allora presto morirai” eio: “beh…sì è così, ma purtropponon si muore soltanto da vecchi”.E lui: “Ma nonno, allora se si de-ve morire, perché si nasce?” Edio: “Per vivere”. Risposta lapida-ria che per lui mi sembrò esserené esauriente, né persuasiva.Cambiai discorso ed abbraccian-dolo uscimmo insieme da unaporta secondaria.

    [email protected]

    SLIDING DOORSdi Duccio Guasparri

    (segue a pag. 2)

  • Pagina 2 ANNO XXXIV • N. 157 • SETTEMBRE 2014 • Voce Nostra

    Il 23 Lu-glio u.s. èmorto unGrande.

    Lo chia-m a v a m otutti Zorro,non sol-tanto perla Z che

    distingueva il cognome della suafirma, ma anche e soprattutto perle sue qualità, le sue doti caratte-riali e professionali che, per certiversi, lo accostavano al mitico per-sonaggio cine-televisivo, in quantoriusciva sempre a districarsi al me-glio in ogni situazione, anche lapiù complessa.

    Oltre ad una memoria di ferroche gli consentiva di ricordare uo-mini e cose, aveva il grande pre-gio di inquadrare rapidamente lepersone, sia se si trattava di clien-ti, sia di coloro che con lui collabo-ravano ai vari livelli in banca. Do-vrei dire “nelle banche”: prima laBanca Toscana poi la Capogrup-po. Zini è infatti ‘nato’ in Banca To-scana dove fu assunto nell’imme-diato dopoguerra (al funzionariocon cui ebbe il colloquio pre-selet-tivo, manifestò, senza esitazione,che lui voleva diventare direttore,non di banca ma della Banca). Lacarriera fu rapida e particolarmen-te brillante, fino a diventarne Am-ministratore Delegato. Mai in pre-cedenza uno della Banca Toscanaaveva ricoperto tale ruolo.

    Nel 1983 fece il grande salto, di-ventando Provveditore del Montedei Paschi di Siena. Anche questoincarico di vertice assoluto mai fuprima ricoperto da un ex BancaToscana.

    Per me e per tanti come me èsempre stato comunque IL DI-RETTORE per antonomasia.

    Altra caratteristica peculiare: mi-rava sempre all’essenziale. Mapur essendo un pragmatico, nontrascurava affatto la teoria, in par-ticolare quella attinente alla PRO-FESSIONE DI BANCHIERE cheegli conosceva assai bene. Non acaso molti suoi più stretti collabo-ratori lo consideravano un MAE-STRO. Fra i suoi allievi migliorinon posso non citare il nostro DivoGronchi che Zini chiamò accanto asé al Monte quale responsabiledell’Area FINANZA. Se qualcunodovesse pensare che ho usato icaratteri maiuscoli e la sottolinea-tura con polemica, non sbagliereb-be affatto. La competenza, la pre-parazione professionale di CarloZini, diplomato ragioniere a pienivoti, sempre aggiornato sia teori-camente che operativamente, nonè neppure paragonabile con l’insi-pienza e la cialtroneria di certi pro-fessori, ingegneri e avvocaticchiche lo hanno poi sostituito al verti-ce del Monte dei Paschi. Voglioanche far notare che una frase co-me quella detta da uno dei due at-tuali top manager dopo la conclu-sione del ‘faticoso’ mega aumentodel Capitale Sociale della BancaMPS (5 miliardi di euro, circa10.000 miliardi di lire): “speriamoche bastino”, Zini non l’avrebbedetta neanche sotto tortura!

    Non ometto di riferire che an-ch’egli per arrivare così in alto do-vette avvalersi della politica. Cosìcome i politici si avvalsero di lui,fra l’altro ‘facendosi belli’ grazie al-le strepitose performance delMontepaschi, magnificamentesupportate dagli altrettanto ottimirisultati della Sua ex Banca Tosca-na, allora fiore all’occhiello dellebanche controllate dal GruppoMPS. I bilanci furono contrasse-gnati da incrementi costanti e si-

    gnificativi, tanto negli asset patri-moniali quanto e, soprattutto, neiconti economici.

    Nel decennio 1983/1993 dunqueil Monte dei Paschi di Siena ebbe,come Banca (non più Istituto di Di-ritto Pubblico), la sua stagione piùsplendida, cui si accompagnò unanotevole ma oculata espansioneterritoriale, sia nazionale che inter-nazionale. Da evidenziare che finoai primissimi anni di questo secoloil numero degli sportelli era unadelle connotazioni più rilevanti edimportanti delle banche; poi la for-te evoluzione tecnologica a livellooperativo e la comunicazione inte-rattiva, ha progressivamente ridi-mensionato fino ad annullare talevalore, tant’è che nell’attualità sitende piuttosto a chiudere le filialie purtroppo anche a contrarre ilnumero dei dipendenti.

    Nel 1993 Zini si dimise da tuttele cariche a seguito di un avviso digaranzia che lo vide coinvolto peruna vicenda assurda, quasi para-dossale, per la quale fu poi piena-mente assolto. Ciò comunque pro-vocò il suo allontanamento, o me-glio il suo volontario isolamentodal mondo economico finanziario.Rimase in contatto soltanto con gliamici più cari. Chi scrive non nefaceva parte e se ne rammaricamoltissimo. Ma la non inclusionecredo sia attribuibile piuttosto alfatto che sono stato sempre unodei peones con i quali lui ha avutosporadici contatti di lavoro limitata-mente ai tempi in cui era ancora inBanca Toscana. Ciò spero possaattenuare gli aspetti lacunosi diquesta nota che Voce Nostra hacomunque deciso di pubblicareper ricordare lui come persona ecome personalità che per certi ver-si – di riflesso – ha dato buona lu-ce anche a tutti noi suoi affeziona-ti collaboratori.

    A DIO Grande Direttore. [email protected]

    Ricordo di Carlo Zini

    Mi ero trasferito in montagna damio figlio da un giorno soltantoquando, sfogliando “La Nazione”,l’occhio mi cadde sul tuo necrolo-gio. Il mio cuore ebbe un tuffo, mapoi vedendo che l’inserzione prove-niva da Prato, sperai che si trattas-se solo di una omonimia. Sfogliaivelocemente il giornale per consul-tare gli avvisi mortuari della crona-ca di Firenze nella speranza che sitrattasse di uno sconosciuto.

    Purtroppo l’inserzione a firma diDivo Gronchi e signora, mi con-fermò che il mio timore era fonda-to. Non ho potuto partecipare altuo funerale di persona, ma sonostato presente con il pensiero e lapreghiera.

    Ci eravamo conosciuti quando dapendolari consumavamo il pranzoin compagnia presso la trattoriaFrizzi in Borgo degli Albizi; erava-mo una ventina, spensierati e bur-loni, tanto quanto eravamo respon-sabili durante le ore di lavoro.

    Mi tornano alla mente le seratetrascorse insieme al teatro Verdi perassistere alle rappresentazioni delleriviste di Macario, Totò, Rascel, ecc.

    Un altro ricordo è quando, pres-so il ristorante Il Girarrosto di Pon-tassieve, festeggiammo la tua pro-mozione con conseguente trasfe-rimento all’agenzia di Marina di

    Massa e rivedo con chiarezza an-che quasi tutti i partecipanti: Ro-berto Malloggi, Fiorenzo Burchi,Aldo Ramacciotti, Orlando Pogge-si, Giovanni Cuccaro, Piero Gras-selli, Niccolò Pacciani, Ivo Teucci,Alfredo Cioni, tu ed io, più altri duecolleghi di cui non ricordo i nomi(ricordo però che uno dei due do-po pochi mesi dette le dimissioni).

    L’ultima volta che ci siamo vedu-ti fu più di dieci anni fa in via Tor-nabuoni all’angolo con via della Vi-gna: ormai da tempo tutti e due inpensione, facemmo una chiac-chierata di una mezz’oretta.

    Da titolare a Marina di Massa aProvveditore del Monte dei Paschidi Siena di strada nei hai fatta! Du-rante questo percorso avrai di si-curo avuto anche dei problemi, masono stati ben compensati dallesoddisfazioni professionali. Nelcorso dei miei trentatré anni pas-sati presso l’Ufficio del Personaledella Direzione Centrale ho avutomodo di seguire passo passo ilprocedere del tuo successo.

    Ho voluto scrivere queste pocherighe per ricordarti a quanti ti han-no conosciuto e perché tu possaessere di esempio ai giovani co-sicché comprendano che con l’im-pegno e la professionalità è possi-bile raggiungere ogni traguardo.

    R.I.P.Aldo Parigi

    La morte di CARLO ZINI (1928/2014)

    Pubblichiamo volentieri questa sentita partecipazione di Aldo Parigi

    Indennità di accompagnamentoPossono ottenerla tutte le persone con il 100% d’invalidità, cioè che

    hanno necessità di assistenza continua per deambulare e/o svolgere gliatti quotidiani della vita.

    È concessa dopo la verifica dei requisiti sanitari effettuata dalle com-petenti commissioni mediche.

    È pari a 504,07 euro mensili per 12 mensilità; non è soggetta ad Irpef;viene erogata dall’Inps indipendentemente dalle condizioni economiche edall’età della persona.

    CRAL già BANCA TOSCANA

    LIBRI STRENNA DEL CRAL

    Come comunicato da Mario Frassinelli all’assemblea dell’Associazio-ne Pensionati B.T. del 12 aprile u.s. il CRAL proporrà per le prossime fe-stività questo libro strenna:

    Quattro passi nella Capitale: Firenze 1865, il Palazzo Portinari Salviati(titolo provvisorio)

    Il giorno 25 luglio 1865 la scrittrice e giornalista Louise Colet, france-se, ma dalle lunghe frequentazioni italiane e risorgimentali, si trovava invisita a Firenze.

    La città, che in quell’anno divenne capitale d’Italia, fu oggetto di unastraordinaria trasformazione urbanistica che si attuò attraverso i proget-ti dell’architetto Poggi, per accogliere i funzionari e la corte che si tra-sferivano da Torino, oltre le sedi delle ambasciate, dei quotidiani e di tut-te le realtà proprie di una nuova capitale, che si configurava provviso-ria, ma comunque intesa ad adeguarsi al ruolo e al livello prestigioso diquelle europee.

    Questo il contesto in cui si sviluppano i contenuti del progetto che in-tende analizzare i principali eventi storici riferibili all’esperienza di Fi-renze capitale, ovvero gli anni dal 1865 al 1871, sino al trasferimentodella capitale a Roma, facendo ricorso anche alla storia cosiddetta ‘mi-nore’, all’aneddotica, agli umori cittadini, al fine di proporre una letturasingolare degli avvenimenti, che unisca il rigore della ricerca alla piace-volezza del racconto.

    Dall’antefatto della Convenzione di Settembre, all’arrivo dei Piemon-tesi, ai personaggi politici, alla vita sociale; quindi le opere pubbliche, inuovi quartieri, le Cascine, l’ippodromo, ma anche i salotti letterari, i tea-tri e l’arte, rappresentata dai suoi massimi esponenti, i Macchiaioli. A gui-darci in questo viaggio sarà proprio la ‘visitatrice’ Louise Colet, autenti-co personaggio storico liberamente e fantasticamente proiettato nella Fi-renze del tempo, in un racconto che, grazie alla sagace penna dellascrittrice Lucia Bruni, risolverà passi salienti della storia, ci fornirà infor-mazioni recondite della psicologia umana e del vivere quotidiano, e cicondurrà alla scoperta delle glorie cittadine con l’incedere proprio dellanarrativa piuttosto che della trattazione storica, in un’invenzione lettera-ria totalmente nuova. Un reportage storico-fantastico, potremmo definir-lo, supportato dalla ricerca e dalla conoscenza del prof. Federico Napo-li, che concentrerà la sua esperienza nell’ampio capitolo dedicato ai ‘Pa-lazzi del Potere’, e in particolar modo alle ‘Case dei Portinari’, meta de-signata e ambita del viaggio cittadino della nostra avventurosa giornali-sta: dalla residenza del re alle sedi diverse dei Ministeri, la storia dellevicende costruttive, ma anche delle famiglie proprietarie nei secoli, i per-sonaggi che hanno abitato il complesso, gli artisti che vi hanno lavoratoe l’attività svolta al suo interno nel periodo di Firenze capitale.

    Infine il saggio, colto e raffinato, del prof. Attilio Brilli, che commenteràle vivaci, interessanti e inedite reazioni dei viaggiatori stranieri che so-stano a Firenze, fra il 1865 e il 1871, dinanzi ai profondi cambiamenti acui è soggetta la città, dall’abbattimento delle mura arnolfiane, del mer-cato vecchio e del ghetto, alla creazione dei viali e di nuovi quartieri re-sidenziali. Il tutto corredato anche da immagini di una guida inglese del-la città, redatta proprio in quegli anni.

    * * *Maria Luisa OrlandiniT O S C A N A S E G R E T ALucia Pugliese Editore Il Pozzo di Micene Pagg. 240 – Euro 16

    Il sottotitolo aggiunge: “abbazie, pievi, castelli e foreste incantate, leg-gende e misteri…tanta buona cucina”.

    L’anno scorso, coll’approssimarsi della fine d’anno, il nostro CRALpropose, come strenna, questo libro. Attratto dal titolo, da ‘antico’ (sta-vo per dire vecchio) toscano, lo acquistai e, lì per lì, rimasi alquanto de-luso, sia perché poco o nulla rispondeva ai consueti canoni del librostrenna nelle dimensioni e nel corredo iconografico, sia perché sfo-gliandolo constatai che non della Toscana intera si parlava, ma preci-puamente di PRATOMAGNO e CASENTINO, come meglio specificatoin seconda di copertina.

    Leggendolo devo subito dire che l’iniziale delusione è del tutto svani-ta perché, a differenza dei più appariscenti e sfarzosi libri strenna dal te-sto spesso poco interessante e carente, questo tiene fede al sottotitolocon puntuali e documentati riferimenti storici dei paesi, borghi, pievi,chiese, castelli citati; gli usi e le consuetudini, laiche e religiose, dellepopolazioni locali. Assai curata la toponomastica, anch’essa supportatada testi storico-linguistici.

    (“PREVIDENZA”... continua da pag. 1)

    (segue a pag. 3)

    INNO ALLA VITA

    Ama la vita così com’è,amala pienamente,senza pretese,amala quando ti amanoo quando ti odiano,amala quando nessuno ti capisce,o quando tutti ti comprendono.Amala quando tutti ti abbandonano, o quando tutti ti esaltano come un re.Amala quando ti rubano tutto, o quando te lo regalano.Amala quando ha sensoo quando sembra non averloneppure un po’.Amala nella piena felicità,o nella solitudine assoluta.Amala quando sei forte,o quando ti senti debole.Amala quando hai paura, o quando hai una montagna

    di coraggio.Amala non soltanto per i grandi piacerie le enormi soddisfazioni;amala anche per le piccolissime gioie.Amala seppure non ti dà ciò che

    potrebbe,amala anche se non è come la

    vorresti.Amala ogni volta che nascie ogni volta che stai per morire.Ma non amare mai senza amore.Non vivere mai senza vita!

    Madre Teresa di Calcutta

  • Voce Nostra • ANNO XXXIV • N. 157 • SETTEMBRE 2014 Pagina 3

    Numerosi ed inediti sono gli aneddoti, le leggende e le storie che si in-trecciano con vicende esoteriche di genti e di briganti. La natura e i suoisplendidi scenari sono descritti in maniera superlativa: l’Orlandini rivelauna conoscenza approfondita dei paesaggi, della loro flora e della lorofauna. Altrettanto elevata risulta la preparazione dell’A in storia dell’artequale si riscontra nella descrizione degli edifici destinati al culto e diquelli civili. Davvero originale la descrizione circostanziata – quasi sitrattasse di esseri esistenti o realmente esistiti – di fate, gnomi, folletti,streghe e streghi, befane e befani…. Poi si viene a conoscenza di esor-cismi e sortilegi, di guaritori che curavano benedicendo – cioè segna-vano – recitando preghiere e formule magiche. Nel 1972 – scrive l’A. –“i medici dell’ospedale di Poppi dissero ad alcuni ricercatori dell’Univer-sità di Siena di essere spesso costretti a intervenire su persone che perguarire dall’epatite ingoiavano cimici e pulci vive, oppure rane e piccolirospi vivi come rimedio per i disturbi gastrici”.

    Non solo aneddoti e leggende però. Anche tante storie vere, asseve-rate da fonti certe. Come la rievocazione di devastanti terremoti e di tre-mende epidemie, quali quelle a metà del primo Millennio; la morte nera– la peste – che colpì l’Europa intera nel 1348 descritta anche dal Boc-caccio; e quella del 1630 di cui ci parla il Manzoni nel suo capolavoro.

    Tanti sono i capitoli degni di segnalazione. A titolo del tutto indicativoricordo “Quando le foreste camminavano” dove si apprende fra l’altroche dal 1840, con la costruzione delle strade per la Consuma, cessò lafluitazione cioè il trasporto a valle dei tronchi d’albero, attraverso il cor-so dei fiumi, dai boschi del Pratomagno e della Consuma fino a Livor-no. Molto belle anche le pagine che rievocano, con dovizia di particola-ri, la battaglia di Campaldino (1289) sulla quale ci intrattiene Dante nelPurgatorio; egli vi prese parte schierato nell’esercito guelfo, partecipa-zione che gli procurò ‘temenza molta’. Osserva l’Orlandini: “è probabileche un’istintiva prudenza, la buona stella della grande letteratura impe-dissero in qualche modo che il Sommo Poeta si trovasse fra quei tantiche rimasero sul terreno, nel reciproco sforzo di ammazzarsi”. Semprecon riferimento ad eventi bellici, pregevoli le drammatiche pagine che ri-cordano la Linea Gotica – dove le truppe tedesche nel 1944 stabilironoun imponente schieramento militare sui crinali degli Appennini per ben320 chilometri, dalle Apuane alle Marche – con i tragici scontri e gli ec-cidi efferati che tra gli altri videro protagonisti, loro malgrado, gli abitan-ti del Casentino e del Pratomagno.

    Ma, come annota l’A., “la vita continua ignorando la storia e si riap-propria del presente”.

    Concludono il testo: *I canti dei Montanini con i quali si attesta come fos-sero ben radicati nella popolazione l’improvvisazione e la facilità di espri-mersi in rima; *Le ricette che, immagino, il nostro Franchino ben conosca,ma forse alcune riusciranno nuove anche a lui; un *Piccolo Dizionario ditermini gastronomici toscani (in specie della Provincia di Arezzo).

    In ogni caso, lo ripeto, quelli citati in questa recensione sono soltantouna ‘spigolatura’ del tutto personale, e quindi opinabile, dei tanti argo-menti trattati dalla Orlandini; per non parlare delle ‘chicche’ che si pos-sono apprezzare leggendo il libro. Una di queste, che non voglio tra-scurare, è il Tariffario per i reati a sfondo sessuale, che teneva contodello stato sociale delle vittime, una sorta di codice civile ‘emanato’ daiConti Guidi (per secoli Signori di quei luoghi) con l’entità delle ammen-de comminate nelle varie ipotesi di reato della specie: istruttivo!

    Né mancano fotografie, riproduzioni di incisioni e disegni, ma il tuttoin misura assai contenuta rispetto al testo che è scritto in un italiano agi-le e gradevole, senza paroloni, meticoloso nella punteggiatura.

    Dunque un libro che consiglio a tutti perché da gustare, perché da leg-gere e non da sfogliare ed inserire nella propria biblioteca come quasisempre accadeva con i libri strenna di edizione bancaria. Insomma un li-bro sorprendente che farà conoscere ed apprezzare i luoghi ivi descritti achi non sono già noti e li farà amare ancor di più a chi già li conosceva.

    [email protected]

    P.S. Se il prezzo di copertina scoraggiasse qualcuno, a seguito di ve-rifica telefonica col CRAL, preciso che per noi pensionati è in vigore unconsistente sconto che riduce il costo a 11 euro.

    (“CRAL già BANCA TOSCANA”... continua da pag. 2)

    Il 28 di marzo 2009 ha cessatola propria attività la Banca Tosca-na Spa, azienda ultracentenaria,che ha scritto pagine di storia nel-l’esercizio della propria attività dibanca di credito ordinario. Ho vis-suto e lavorato in quella realtà pertrentaquattro anni e mezzo, più diventi da quando ho ottenuto laprocura, cioè il potere di firma perla banca. Ho condiviso la miaesperienza lavorativa e di vita conmigliaia di colleghe e colleghi per-ché, a regime, la banca aveva unamedia di circa quattromilacinque-cento dipendenti che, negli anni,hanno visto numerosi ingressi etante uscite, di coloro che hannoraggiunto l’età per andare in quie-scenza. Definire una realtà così vi-vace, così complessa e articolata,che ha consentito a tutti di cresce-re ed esprimersi, seppur nel ri-spetto delle regole e delle direttivericevute, non è cosa facile però misento di condividere una metaforache ho usato alcune volte, da Di-rettore che ha avuto incarichi tem-poranei al Centro di Formazionedelle Risorse Umane.

    Ad ogni partecipante, special-mente ai giovani, cercavo di farcapire dove erano capitati e qualera il grande futuro che si apriva difronte a Loro per il semplice fattodi essere entrati a far parte dell’A-zienda (lo scrivo sempre con l’Amaiuscola, in segno di rispetto).

    Il mio discorso di benvenuto erapiù o meno questo:

    Care ragazze, cari ragazzi, stateper iniziare a lavorare in Banca To-scana, la migliore azienda delGruppo Monte dei Paschi, se vo-lessimo rifarci ad una metaforamarinara dovremmo assimilare laBanca MPS ad una grande nave,un galeone, con tre ponti e centi-naia di cannoni schierati in lunghe

    batterie, un equipaggio numerosoe grandi risorse stivate nel ventredella nave. Una realtà dove si puòtrovare di tutto, ogni tipo di risorsa.È questa, però, una nave che simuove lentamente, in spazi di ma-re molto aperti e, per fare mano-vra, ha bisogno di tempi lunghi.Voi fate parte dell’equipaggio diuna delle navi più piccole, BancaToscana, una vera e propria navecorsara, agile, veloce, rapida, effi-cace, manovrabilissima che puònavigare e fare manovre anche intempi molto stretti. È una nave chepuò aggredire un mercato e con-quistarlo, può ritrarsi, difendersi,ritirarsi, mai per abbandonare lalotta, solo per riposizionarsi eprendere la rincorsa, nuovo slan-cio. La vostra permanenza a bor-do non sarà mai scontata, e nem-meno banale, ed avrete sempre alvostro fianco amiche ed amici checondivideranno con voi ogni mo-mento della giornata, senza mai ti-rarsi indietro. Troverete capitaniche sono esperti lupi di mare egrandi condottieri e potrete ap-prendere, da ognuno di loro, cosediverse frutto di professionalità edesperienze che vi saranno utili percrescere ed affermarvi nel mondodegli affari. Riempirete d’oro le ca-paci stive del galeone, lo proteg-gerete e dovreste ricevere ade-guati supporti e protezione, peressere messi nella migliore condi-zione di esprimervi per far bene ilvostro lavoro.

    Questo messaggio mi ritornaspesso in mente e rivedo tanti vol-ti conosciuti, tanti occhi che hocercato di far brillare di un guizzodi orgoglio di appartenenza e tanticuori che ho cercato di scaldarecon la mia passione e con il gran-de bene che ho voluto a tutti loro,fin da subito, dal primo istante.

    Però i bei ricordi non stemperano

    l’amarezza di quel 28 marzo quan-do il Galeone ha deciso di affonda-re le proprie navi corsare e far sa-lire tutti sulla stesso barcone. Devodire che ci ho provato, per quattrolunghi anni, fortemente provato edho fatto di tutto e di più per coin-volgere e coinvolgermi con gli oltretrentunomila colleghi (tanti erava-mo diventati) però non sono riusci-to mai a provare quel pieno sensodi appartenenza, di amicizia, di fa-miglia che, per una certa parte, èandato a fondo con il relitto dellanave corsara che qualcuno avevadeciso di affondare.

    Chi legge storie sa che i corsari,come i pirati, hanno la pelle dura,il corpo è pieno di cicatrici però lospirito rimane sempre indomito ein ognuno di noi è viva la capacitàdi riconoscersi e di ritrovarsi, con ilsorriso e la grande amicizia disempre.

    Questa notte non dormirò pen-sando a domani, al primo GrandeRaduno in Firenze delle donne edegli uomini di Banca Toscana,potrò ridere e piangere allo stessotempo, per commozione e felicitàe dirò centinaia di volte. “Ricordatiche ti voglio bene!”, perché così èe così sarà, per lungo tempo an-cora, fino a quando vivrò, perchétutti coloro che incontrerò avrannocosì ben chiaro il grande senti-mento che provo per questaazienda e per tutti quelli che han-no condiviso con me questa espe-rienza.

    Buonanotte, che il domani cisorrida!

    Nota della Redazione: StefanoBartoli ha scritto quanto sopra lavigilia dell’incontro

    “Eri della Banca Toscana se…”tenutosi il 24.05.2014. L’incontro èstato un grande successo; si èchiuso con l’impegno ad effettuar-ne altri.

    di Stefano Bartoli

    Popcorn e pubblicità

    Un’indagine condotta da alcuniricercatori dell’Università di Colo-nia e pubblicata sul Journal ofConsumer Psychology sostieneche chi mastica popcorn davanti algrande schermo è meno espostoall’effetto della pubblicità.

    I ricercatori hanno diviso il cam-pione in due gruppi: a uno hannosomministrato popcorn e all’altrouno zuccherino da sciogliere inbocca e, quindi, senza effetto ma-sticazione. Dopo una settimana idue gruppi sono stati invitati nel la-boratorio di psicologia e gli sonostate mostrate le immagini di variprodotti pubblicizzati. Il secondogruppo ha mostrato una preferen-za per i prodotti pubblicizzati ri-spetto a chi aveva masticato pop-corn. Il motivo? Uno degli autoridello studio spiega che “quandoleggiamo o ascoltiamo qualcosa ilcervello simula il corrispondentemovimento della bocca e della lin-gua nel leggere o nel ripetere avoce alta; ma l’atto di masticare di-sturba questo processo al puntoda impedire che il contenuto si fis-si nella memoria”.

    I Videogiochi d’azione

    Molti giovani trascorrono parec-chie ore ai videogiochi. Sembrache non sia una perdita di tempoinutile perché, giocare ai videogio-chi d’azione, allena il cervello aprendere decisioni in modo rapidoper risolvere velocemente qualsia-si situazione di emergenza.

    I videogiochi preferiti dagli ado-lescenti maschi sono però quelliaggressivi e, se da una parte alle-nano il cervello a prendere deci-sioni in modo rapido, d’altra partesono in grado di apportare anchesignificative modificazioni a livelloemotivo e, chi passa molte ore agiocare con questi videogame, di-venta meno sensibile alla violenzae può mettere in atto comporta-menti aggressivi con più facilità,perché non li percepisce come ta-li.

    Ciò risulta da studi presentati almeeting annuale 2013 dell’Ameri-can Psychological Association(APA) ad Honolulu (Usa).

    Super colazione ed obesità

    Un’abbondante colazione è il

    CURIOSITÀa cura di gb/

    primo passo per una buona formafisica, una buona alleata per averepiù energia, migliorare il buonumore e assicurare anche una di-minuzione dell’indice di massacorporea, cioè della misurazionedel grasso rispetto all’altezza ed alpeso.

    Ciò risulta da studi effettuati, ri-spettivamente dall’Università di TelAviv, dall’Università di Praga e dalministero della Salute della Re-pubblica Ceca i cui risultati sup-portano il detto antico: “Mangia acolazione come un re, a pranzocome un principe e a cena comeun povero” per vivere bene ed alungo.

    Scontrini fiscali e salute

    Gli scontrini fiscali sono stampatisu carta termica che contiene livel-li molto elevati di bisfenolo A (Bpa)una sostanza utilizzata anche perla fabbricazione di oggetti di plasti-ca e lattine. A parte che occorre fo-tocopiarli perché, col tempo, sicancellano e quando andiamo a ri-prenderli per inserirli nella dichiara-

    (segue a pag. 4)

    MONTE DEI PASCHI DI SIENAI RISULTATI AL 30 GIUGNO 2014

    • CET1 ratio phased-in al 13,5%, in linea con le best practice; • CET1 fully phased al 12% • Buffer di capitale stimato tra 6,5 miliardi di euro e 4,5 miliardi di eu-

    ro in vista del Comprehensive Assessment • Rimborsati 10 miliardi di LTRO da inizio anno • Ripresa della Raccolta Complessiva: +1,6 t/t • Risultato netto di periodo a -353 milioni di euro impattato da com-

    ponenti non ricorrenti; Utile netto “normalizzato” sostanzialmentein pareggio

    • Sottoscritto l’accordo sindacale per l’uscita di 1334 risorse entro il31/12/2014 attraverso l’attivazione del Fondo di Solidarietà

    • Widiba: ottenuta l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria;la Banca on line diventerà pienamente operativa dall’inizio delquarto trimestre 2014.Sostanzialmente completato il processo di riequilibrio patrimonia-

    le/finanziario e di de-risking della Banca.Risultato netto di periodo influenzato, oltre che da componenti non

    ricorrenti, dal debole quadro congiunturale, solo parzialmente com-pensato dalla dinamica positiva del costo del funding e dalla conti-nua riduzione dei costi.

    LA NAVE CORSARA

  • Pagina 4 ANNO XXXIV • N. 157 • SETTEMBRE 2014 • Voce Nostra

    zione dei redditi non si leggono piùe sono quindi inutilizzabili, sembra-no essere dannosi per la salute; inparticolare per l’apparato riprodut-tivo e il sistema nervoso. Ciò emer-ge da uno studio effettuato da ungruppo di ricercatori del CincinnatiChildren’s Hospital.

    Hanno richiesto a un gruppo di24 studenti universitari di sfogliareper due ore consecutive e a maninude degli scontrini fiscali. Hannopoi raccolto e analizzato dei cam-pioni di urina. La settimana suc-cessiva hanno fatto ripetere lostesso lavoro, ma indossando deiguanti. Analizzando le urine hannorilevato nelle stesse una maggiorsostanza tossica quando gli stu-denti avevano maneggiato gliscontrini a mani nude.

    Il morbo di K

    Conoscete tale malattia? Certa-mente No! Infatti, è una malattiainesistente inventata da un medi-co italiano, Giovanni Borromeo,per salvare molte persone dalledeportazioni naziste.

    Aprì a Roma un “reparto isola-mento” nell’Ospedale Fatebene-fratelli all’Isola Tiberina nel qualericoverò, sotto falso nome, moltiebrei dochiarandoli affetti da talemalattia.

    Comunicò che la malattia, ilmorbo di K era una malattia neu-ro generativa che conduceva rapi-damente, in fasi successive, allademenza e alla morte fra atrocisofferenze; era molto contagiosa enon esisteva alcuna cura.

    (“CURIOSITÀ”... continua da pag. 3)

    Il grande orologio che si trovasopra la porta centrale della con-trofacciata del Duomo di Firenze èuno dei più antichi orologi mecca-nici esistenti al mondo. Noto come“l’orologio di Paolo Uccello” dalnome di uno dei maggiori artistidel Rinascimento che, nel 1433,dipinse il grande quadrante (6,70 x6,70 metri) con ai lati quattro mi-steriose teste di uomini con aureo-la, che sembrano guardare verso ilcentro e verso il basso: secondoalcuni i Profeti mentre per altri iquattro Evangelisti.

    L’orologio della cattedrale fio-rentina è uno dei pochi che com-pie un giro di 24 ore dal tramontoe con un movimento antiorario,segnando così l’ora definita itali-ca o anche “Ora dell’Ave Maria”.A Firenze l’Ora dell’Ave Maria ètuttora segnalata dal suono dellecampane del campanile di Giotto,che durante l’arco della giornatascandisce il tempo sei volte, tre lamattina e tre il pomeriggio e chevariano durante l’anno: un’ora pri-ma del tramonto, all’ora del tra-monto la ventiquattresima, quelladella recita dei Vespri che servivaa far rientrare a casa tutti coloroche lavoravano nei campi, e un’o-ra dopo il tramonto della “or dinotte”.

    Il primo meccanismo si deve alfiorentino Angelo di Niccolò nel1433. Nel corso dei secoli però haavuto bisogno di diverse riparazio-ni fino ad arrivare al meccanismoattuale che risale al 1761, opera diGiuseppe Bargiacchi, noto orolo-giaio fiorentino. In quell’occasioneil quadrante, dipinto da Paolo Uc-cello, fu modificato secondo il mo-dello francese da 24 a 12 ore e fusostituita la lancetta originale. L’o-rologio è stato poi restituito allecaratteristiche originali solo nel

    1973 quando un restauro ha ripor-tato alla luce il bellissimo quadran-te e ripristinato l’antico funziona-mento con una sola lancetta di tremetri di lunghezza rifatta in basead un documento del 1443 che lavoleva a forma di stella. La stellavenne realizzata ispirandosi allacometa raffigurata nella vetratacon la Natività, disegnata sempreda Paolo Uccello, situata nel tam-buro del Duomo.

    Per accedere al meccanismoche attiva il grande orologio si de-ve salire una stretta scala a chioc-ciola posizionata all’interno delmuro della facciata. Una novanti-na di gradini che Lucio Bigi e Ma-rio Mureddu, due custodi dell’Ope-ra di Santa Maria del Fiore, damolti anni percorrono per occupar-si della regolazione dell’orologiocon il tramonto e della carica setti-manale. Sono talmente legati aquell’orologio da averlo descrittoanche in un libro edito dalla Libre-ria Editrice Fiorentina.

    Grazie alla sponsorizzazionedella maison di alta orologeriasportiva Officine Panerai, nataproprio a Firenze nel 1860, il mec-canismo, che negli ultimi anni haevidenziato varie problematiche,dalla presenza di sostanze nocivecome l’ossido di ferro, a una forteusura dei neccanismi, tornerà oraa funzionare alla perfezione. Aiprofessori Andrea Palmieri e UgoPancani del Centro studi per il re-stauro di orologi dell’Isis Leonardoda Vinci di Firenze, è stato affida-to il compito di restituire piena fun-zionalità all’orologio, interventoche dovrebbe concludersi entrol’autunno di quest’anno.

    L’articolo è tratto da “TOSCANAOGGI” Settimanale Regionale diInformazione che ne ha gentil-mente autorizzata la riproduzione.

    L’OROLOGIO DI PAOLO UCCELLOIN RESTAURO PER CONTINUARE

    A SEGNARE “L’ORA ITALICA”di Rossella Tarchi

    Guardare al futuro

    “È inutile accusare il passato più di quanto giovi al presente. Biso-gna invece provvedere al presente per amore del futuro senza ri-sparmiare nuove fatiche”.

    *Tucidite*storico greco (ca 460-dopo il 309 a.C.)

    Giovanni PerroneLA VALLE DEL GIARDINO DEL TÈTc’a Yuen kow

    Il titolo del libro è volutamente incontrasto con la storia avventuro-sa, travolgente e tragica racconta-ta e vuole evocare luoghi di pre-ghiera e di rispetto verso la natura.Infatti Tc’a-Yuen-Kow, tradotto let-teralmente significa “Valle del giar-dino del tè” dove si trovava unconvento.

    L’Autore è un collega, come noipensionato. Ha lavorato a lungo aMontepulciano. Ha pubblicato altrilibri, questo è il quarto.

    Giovanni Perrone lo ha scrittoavvalendosi di documentazioneautentica, in particolare della corri-spondenza e del diario del prota-gonista, al secolo Arturo Barbieripoi diventato Padre Paolo o me-glio fra’ Paolo. Frate francescanoper innata vocazione, missionarioper determinazione, medico percaso. Oggi lo definiremmo sofisti-catamente operatore sanitario, main realtà fra’ Paolo nel corso dellasua lunga e perigliosa vita di mis-sionario, curò e guarì molte perso-ne, affrontando le malattie conmezzi scarsissimi ma con tantobuon senso e facendo appello alricordo di ‘antichi rimedi’ appresi infamiglia dai nonni e dalla madre. Èsoprattutto lei, la mamma, che hadeterminato quasi tutte le sceltefondamentali di vita e, in primis,nel trasmettergli una fede profon-da, incrollabile.

    Il libro è la testimonianza fedeledelle mille traversie di Padre Pao-lo missionario in Cina. È la Cinadella prima metà del Novecento,un Paese che è un Continente(circa 30 volte l’Italia). In quell’e-poca gli spostamenti da una mis-sione all’altra (ma anche da unluogo ad un altro) potevano farsiesclusivamente a piedi, in biciclet-ta o a dorso di mulo. Un Paese inpreda a innumerevoli guerriglie lo-cali e alla guerra fra le truppe diMao Tse-tung e quelle di ChiangKai-schek, tutte assai cruente eportatrici di lutti e di miseria che lapopolazione subiva inerme; cosìcome doveva sopportare carestie,inondazioni e incredibili privazioni.Molti cinesi erano poi schiavi del-l’oppio di cui spesso abusavanoalla ricerca illusoria di un’attenua-zione – sia pure momentanea –dei loro gravi disagi. Ma soprattut-to le guerre connotavano, in nega-tivo, la vita delle città e dei villaggi.

    L’A., grazie alla documentazioneraccolta (non senza fatica) ne dàcompiuta testimonianza attraversola descrizione di episodi, di avven-

    ture e – in prevalenza – disavven-ture vissute dal missionario. Ma èla sua ‘professione’ di medico chedomina il filo rosso della narrazio-ne. Perché in fondo è attraverso lasua bravura nel curare le ‘ferite’ fi-siche dei suoi malati che egli rie-sce anche a compiere la sua mis-sione ecclesiale. Come già dettosopra fra’ Paolo è sempre in ‘pri-ma linea’, spesso suo malgrado,sempre ricercato per la sua bravu-ra di ‘dottore’. Tale era da tutti con-siderato pur non avendo mai fattoalcun approccio teorico, nemmenocome infermiere…Né mancarono,alla fine, attestazioni ufficiali comeasseverato dall’articolo pubblicatoin un giornale regionale toscanonell’agosto 1965 a seguito dellasua morte, avvenuta a 64 anni.

    Veramente degne di nota e digrande apprezzamento sia la do-cumentazione fotografica che ac-compagna il testo, sia l’appendiceiconografica che lo conclude. Ditale documentazione mi piace se-gnalare una “chicca” che per me,sedicente latinista, ha rappresen-tato una sorpresa e una ‘novità’:nel 1901 i certificati di battesimo ri-lasciati dal prete erano scritti in la-tino!

    Ringrazio, in conclusione, l’Au-tore per avermi gratificato di que-sto libro, concedendomi il piaceredi leggerlo. Vorrei volentieri consi-gliarlo a chi legge questa ‘scheda’,ma credo che sia difficile acqui-starlo perché Giovanni Perrone loha pubblicato in proprio tramiteuna tipografia di Sinalunga. Sequalcuno volesse leggerlo, glieloimpresto sia pure sottolineandoche è come se fosse pubblicatodalla Casa Editrice Pietro, cioèche deve tornare indietro.

    Duccio Guasparri

    Dante CarollaTRA IL NULLA E L’INFINITO IL CREDO DEI NON CREDENTI

    Cantagalli

    Trattasi di un libro del Mons.Dante Carolla, direttore dell’Uff.catechistico della diocesi di Firen-ze, con la prefazione del Cardina-le Gerhard Ludwig Muller, Prefettodella Congregazione per la Dottri-na della Fede.

    È una ricerca che egli fa suigrandi autori cosiddetti “non cre-denti” e il loro rapporto con il nullae l’infinito; la sete d’infinito è un bi-sogno che abita nel cuore dell’uo-mo e che emerge inaspettato, an-che in chi apparentemente lo negae lo respinge.

    Nella prefazione il Card.Gerhard Ludwig Muller scrive:

    “Auspico che questo libro possagiovare ai non credenti e ai cre-denti. Ai primi, auguro che non ab-biano paura ad usare la ragionesecondo l’ampiezza originaria deisuoi orizzonti e sappiano dare cre-dito a tutte le sue esigenze, ai se-condi che sappiano essere fedelial Dono ricevuto, che ne docu-mentino la fecondità e che possa-no riconoscere con autentica sa-pienza le tracce inconfondibili cheil Mistero dissemina ovunque”.

    Ed ecco l’introduzione di Mons.Carolla:

    “L’infinito è un’esperienza. Sem-bra un’affermazione provocatoriama è la pura, costante e, direi, uni-versale verità vissuta da tutti gliuomini. Senza Infinito non si vive;lo tocchiamo, lo sperimentiamocontinuamente”.

    A sostegno di questa tesi riportaun passo tratto da I demoni – 1871di F. Dostoevskij.

    Poi il primo autore che commen-ta – prendendo a base lo Zibaldo-ne, il Canto notturno di un pastoreerrante dell’Asia, il Canto Alla suadonna e la famosa celebre e signi-ficativa poesia L’infinito – è Giaco-mo Leopardi. Dante Carolla si do-manda: “Come può uno che noncrede all’Infinito esprimere così ap-passionatamente l’Infinito? Questoinno all’Infinito mi sembra una pre-ghiera. Siamo di fronte ad un uomoche veramente fa l’esperienza del-l’Infinito, certo non di un Dio perso-nale, non di un Dio cristiano, nondel Dio della rivelazione biblica,ma certo di un Infinito vero chepreclude a un Dio personale”.

    Riporta poi e commenta profon-damente passi di tanti altri scritto-ri, poeti e filosofi come Lawrence,Borchert, Nietzsche, Foscolo, Mo-ravia, Sartre, Pirandello, Pessoa,Beckett, Brecht, Calvino, Baude-laire, Camus, Lagerkvist, Neruda,Saba, Silone, Montale, Quasimo-do, Borges, Pasolini, Hesse, Pa-scoli, Kafha, Pavese, Hemingway,D’Annunzio, Prezzolini, Rebora, emette in evidenza i loro dubbi, leloro domande, le loro angoscie…di chi – deluso della religione, dichi – con la prospettiva del nulla, edi chi – nel nulla scopre l’infinito.Problematiche che, ritengo, nes-suno di noi, studiando qualcuno diquesti autori, ai tempi della scuola,abbia neppure immaginato.

    Dopo aver commentato tanti au-tori mons. Carolla conclude: “L’esi-genza di infinito è un’esperienzaumana universale. Non è certomonopolio esclusivo dei credenti”.

    Ed ancora: “Se avessimo un po’di pazienza e di attenzione gli universo gli altri, ci accorgeremmo diquanto siamo profondamente con-vergenti come esseri umani, diquanto, per certi aspetti, oserei di-re, siamo uguali. Siamo tutti abita-ti dall’Infinito, in tutti è presente,più o meno chiaramente, la suaorma, la sua traccia”.

    Infine l’autore sottolinea la ne-cessità dell’alleanza tra fede e ra-gione, affinché credenti e non cre-denti dimostrino un atteggiamentodi onestà verso il Mistero, tutti abi-tati dall’Infinito la cui presenza ap-pare ben visibile nella storia dellaletteratura, della poesia, della filo-sofia e condizione indispensabileper costruire un mondo più vero,più libero e più umano.

    Giancarlo Ballerini

    SCAFFALE

  • Voce Nostra • ANNO XXXIV • N. 157 • SETTEMBRE 2014 Pagina 5

    L’amministrazione di sostegno

    Come noto l’Italia è uno dei Pae-si più vecchi del mondo con un in-dice di vecchiaia di 148,6 anzianiogni 100 giovani. L’età media dellapopolazione continua ad aumenta-re ed aumenta anche il numerodelle persone che, sebbene nonaffette da demenza senile, hannosubito un impoverimento delle re-lazioni familiari, non riescono a ge-stire il propri beni e, talvolta, sonooggetto di truffe o di circonvenzionida parte di persone poco affidabili,per non dire da truffatori.

    Per queste persone nel nostroordinamento è stato introdotto l’i-stituto dell’amministrazione di so-stegno. L’articolo 404 del CodiceCivile stabilisce infatti: “La perso-na che, per effetto di un’infermitàovvero di una menomazione fisicao psichica, si trova nell’impossibi-lità, anche parziale o temporanea,di provvedere ai propri interessi,può essere assistita da un ammi-nistratore di sostegno, nominatodal Giudice Tutelare del luogo incui questa persona ha la residen-za o il domicilio”.

    L’assistito conserva la possibilitàdi compiere tutti gli atti ordinari equelli necessari a soddisfare tuttele esigenze della propria vita quoti-diana, mentre quelli che riguarda-no il patrimonio sono compiuti dal-l’amministratore di sostegno; quellidi straordinaria amministrazione,come la vendita o l’acquisto di be-ni immobili, hanno bisogno dell’au-torizzazione del Giudice Tutelare.

    La scelta dell’amministratore disostegno è fatta nell’interesse delbeneficiario e può essere lo stessobeneficiario a indicarlo in previsio-ne di una futura decadenza fisicao intellettuale.

    L’amministrazione di sostegno sidistingue nettamente dall’istitutodell’interdizione, previsto dall’Art.414 del Codice Civile, perché l’in-terdetto non può compiere alcunatto, né di ordinaria né di straordi-naria amministrazione.

    Questo l’Art. 414 C.C. “Il maggio-re di età e il minore emancipato iquali si trovano in condizioni di abi-tuale infermità di mente che li ren-de incapaci di provvedere ai propriinteressi, sono interdetti quandociò è necessario per assicurare laloro adeguata protezione”.

    Allarme phishing

    L’Agenzia delle Entrate nel mesedi maggio u.s. ha emesso un co-municato con il quale avverte chesono stati compiuti nuovi tentatividi phishing ai danni di cittadini. So-no state inviate dall’indirizzo [email protected]. fal-se notifiche di rimborsi fiscali conl’invito a cliccare sul link “Chie-dere il rimborso” che rimanda aduna finta pagina web dell’Agen-zia delle Entrate dove si chiede diinserire informazioni personali.L’Agenzia comunica che è total-mente estranea all’invio di questimessaggi e raccomanda di nondar seguito a quanto richiesto.

    In un successivo messaggio delmese di luglio u.s. l’Agenzia delleEntrate ha comunicato che stainformando circa 105mila contri-

    buenti che è pronto per loro unrimborso fiscale (sono quelli chehanno presentato il Mod. 730 sen-za avere un sostituto d’imposta,come per esempio chi ha perso illavoro) e che, per velocizzare l’e-rogazione, è possibile farsi accre-ditare l’importo sul conto correntecomunicando alla detta Agenziadelle Entrate il proprio “IBAN”.

    Per evitare il rischio di phi-shing l’Agenzia comunica chenon accetta Iban per posta od e-mail. Sempre per motivi di sicu-rezza l’Agenzia comunica, comegià fatto nel mese di maggio, chenon invia e-mail o messaggi cuisono allegati file da compilare etrasmettere, né software e appli-cazioni da scaricare su computero dispositivi mobili.

    Quali le possibilità per fornire l’I-ban all’Agenzia delle Entrate?

    Attraverso i servizi telematici di-sponibili sul sito www.agenziaen-trate.it accedendo alla propriaarea autenticata, oppure, presen-tando direttamente agli sportelli ilmodulo per la richiesta di accredi-tamento.

    Tasso ufficiale di sconto etasso ufficiale di riferimento

    Fino al 1963 il Tasso Ufficiale diSconto (TUS) è stato determinatodalla Banca d’Italia; dal 1964 dalConsiglio direttivo della BCE ed havariato la denominazione in TassoUfficiale di Riferimento (TUR).

    L’ultima variazione è stata unadiminuzione di 10 punti base edha portato il TUR, con decorrenzadall’11.6.2013 allo 0,15%, misuracosì bassa fino ad ora mai regi-strata.

    A fini statistici riporto le ultimedieci variazioni:

    Nota – Su Voce Nostra N.149 –Settembre 2012 ved. variazionidal 2002.

    Nuovo libretto per le caldaie

    Il Dm 1° febbraio 2014, in attua-zione delle disposizioni del Dpr74/2013, ha previsto nuovi model-li di libretti per gli impianti di riscal-damento e, novità: l’estensionedegli stessi anche per gli im-pianti di condizionamento. È ne-cessario, sia per gli impianti esi-stenti, sia per quelli nuovi.

    Il libretto è la “cartella clinica”dell’impianto. Lo deve seguire dal-la prima accensione a fine servizioe demolizione, registrare tutte lemodifiche, gli interventi di manu-tenzione, i controlli, l’efficienzaenergetica.

    Era prevista l’entrata in vigoredal 1° giugno 2014 ma, con unsuccessivo decreto del Ministero

    dello Sviluppo in data 20 giugno ecioè ex post, l’entrata in vigore èstata rinviata al 15 ottobre 2014ma, specifica lo stesso ministero,la sostituzione dei vecchi modellicon i nuovi può avvenire in occa-sione e con la gradualità dei con-trolli periodici di efficienza energe-tica o di interventi per guasti.

    L’inflazione e la deflazione

    L’inflazione continua a scendere(ved. grafico da Gennaio2013 aLuglio 2014) e con l’indice tenden-ziale (variazione rispetto allo stes-so mese dell’anno precedenteN.d.R.) del mese di luglio (+0,1%)ha raggiunto il livello più basso daquasi cinque anni (2009 = +0,7%).

    Ricordo che l’inflazione è l’aumen-to generalizzato dei prezzi di ven-dita delle merci e dei servizi; inquesto momento, il calo dell’infla-zione è da attribuire invece all’ac-centuarsi della diminuzione deiprezzi e, in particolare, di quelli deigeneri alimentari. E perché scen-dono con rischio di deflazione?Perché molti consumatori, moltefamiglie, hanno difficoltà a far qua-drare il bilancio domestico e com-prano sempre meno; in particolarein questi ultimi tempi si è registra-ta una minor spesa delle famiglienel settore primario dell’alimenta-zione e ciò nonostante la diminu-zione di questi prezzi e la corre-sponsione dei famosi 80 euro chenon ha dato l’effetto sperato.

    Inoltre, detta diminuzione sco-raggia anche quei consumatoriabbienti, che non faticano a farquadrare il bilancio familiare, per-ché tendono a rinviare gli acquistiin attesa di un’ulteriore diminuzio-ne dei prezzi.

    Se i prezzi scendessero per ef-fetto della concorrenza, (ad esem-pio quello che è successo nel tra-sporto aereo con la nascita dellecompagnie low-cost: la diminuzio-ne dei prezzi dei voli ha prodottoun effetto positivo) sarebbe un be-ne per i consumatori, ma se inve-ce, come ora, calano perché dimi-nuiscono gli acquisti, può semprefar contenti i consumatori, ma ciògenera deflazione.

    La deflazione innesca una peri-colosa spirale, un circolo vizioso:le imprese guadagnano meno edhanno meno liquidità; avendo me-no liquidità riducono la produzio-ne; riducendo la produzione han-no meno necessità di mano d’ope-ra; non assumono o, peggio, licen-ziano con aumento della disoccu-pazione.

    Quindi occorre più temere il calodei prezzi, cioè la deflazione che ilsuo aumento, l’inflazione. La stra-da intrapresa dalla BCE di ridurreil TUS allo 0,15% non ha dato, almomento, l’esito auspicato; avreb-be dovuto indurre i prezzi a cre-scere, pur mantenendo l’inflazionesotto un teorico 2% annuo.

    Come cambiano le banche

    Il nostro socio Giancarlo Politi loha proposto varie volte nei suiscritti: le banche hanno capacità divendita di prodotti extrafinanziaripoco esplorate. In alcuni Uffici Po-stali ci sono da qualche tempo ta-voli per la vendita di cancelleria edaltro; poi ci sono i supermercati, lecatene commerciali, i provider te-lefonici che funzionano da “quasibanche” con il pagamento di uten-ze, rette, abbonamenti, ticket.

    Gabriele Piccini, manager diUnicredit ha detto: “Volevano di-sintermerdiarci e noi proviamo adisintermediare loro”. E così haannunciato che – dal 3 novembrep.v. – nelle filiali Unicredit ci saràvia libera alla concorrenza nellavendita di elettrodomestici, telefo-nini, attrezzi da palestra ed altro. Ilproduttore delle merci entra incontatto con una platea di clientisolvibili, la banca attrae clienti in-teressati ad eventuali sconti e ri-conferma la centralità dei paga-menti fra venditore ed acquirente.

    La droga più diffusa nelmondo: il caffè?

    Sì, avete letto bene, si tratta pro-prio del caffè. La caffeina è, infatti,una sostanza psicotropa apparte-nente, come la morfina e la nicoti-na, alla grande famiglia degli alca-loidi. Recenti ricerche effettuateall’Università di Dublino hanno no-tato che la caffeina causa dipen-denza e quindi a crisi di astinenza,come la maggior parte delle dro-ghe, ma fa anche bene alla salute:allunga la speranza di vita del10% per gli uomini e del 16% perle donne.

    Secondo un lavoro pubblicatosulla rivista americana Clinical ga-stroenterology and hepatology ri-sulta che bere regolarmente duetazzine di caffè al giorno riduce del40% il rischio di carcinoma epato-cellulare (il più comune cancro delfegato), e tre tazzine addirittura lodimezzano. Riduce inoltre il ri-schio di ammalarsi di diabete 2.

    Secondo un’altra ricerca – effet-tuata negli Stati Uniti su un cam-pione di 402.260 persone(229.119 uomini e 173.141 donne)e pubblicata sul New Englandjonrnal of medicine – risulta che ilgruppo di coloro che hanno bevu-to da due a sei tazzine al giorno dicaffè, messo a confronto con ungruppo di controllo, che non ha

    bevuto caffè, corre meno rischi dimorte per malattie cardiache, ma-lattie respiratorie, ictus e perfinoinfezioni (la tazzina anche un blan-do antibiotico?). Inoltre, poiché lacaffeina migliora l’attenzione e laprontezza dei riflessi, nei bevitoridi caffè si è osservata una minorfrequenza di ferite.

    Risultano benefici anche per chisoffre della malattia di Parkinsonche, inizialmente, si manifesta co-me un tremito, causato dalla mor-te delle cellule che producono ladopamina, uno dei neurotrasmetti-tori più importanti. Il miglioramentoè stato evidente e ben misurabile,nella metà dei pazienti, dopo seisettimane di assunzione da due aquattro tazzine di caffè al giorno.

    Secondo una ricerca durataquattro anni su 124 volontari l’as-sunzione di tre tazzine di caffè algiorno ridurrebbe anche il rischiodi Alzheimer.

    Secondo l’American chemicl so-ciety una tazzina di caffè al giornoridurrebbe anche il rischio di tumo-re della pelle.

    Altri studi effettuati presso laCornell University, negli Stati Uniti,sembrano aiutare a proteggere lavista dalla degenerazione macula-re della retina e da altri disturbi le-gati all’invecchiamento. Merito, tragli altri, dei polifenoli, potenti an-tiossidanti che riducono gli effettidei radicali liberi sulle cellule del-l’organismo, comprese quelle del-l’occhio. I ricercatori hanno testatogli effetti dell’acido clorogenicocontenuto nel caffè su topi desti-nati a subire una degenerazionedella retina ed hanno osservatoche i topi cui era stato dato unestratto di caffè non sviluppavanoi danni attesi alla retina.

    Altri studi hanno accertato neibevitori abituali di caffè un miglio-ramento dell’umore, meno depres-si e una riduzione dei rischi di sui-cidio.

    È inoltre noto che bere caffè at-tenua il senso di fatica, accentuala capacità di concentrazione, ab-brevia i tempi di reazione.

    Ed allora? Nessun senso di colpa, è una

    droga… ma non rinunziamo agustarci una… due, tre anchequattro tazzine di caffè al giorno!

    Una curiosità. Il nostro Paese èritenuto il maggior consumatore dicaffè ma non è così: solo 4,8 Kgl’anno a persona contro i 10,5 Kgdella Finlandia, seguita dalla Dani-marca e dall’Olanda.

    NOTIZIE VARIEa cura di Giancarlo Ballerini

    L’ANGOLO DEL BUONUMORE

    Tra amici: – Sai, finalmente ho trovato il modo per avere l’ultima pa-rola in casa mia!

    – E come hai fatto? – Semplicemente dicendo: Sì cara, hai ragione tu!

    * * *

    Due ragazzi discutono del loro futuro.Tu cosa farai da grande?Il medico… e, in particolare, l’oculista. Al tuo posto, medico sì, ma farei il dentista.E perché mai?Per una questione di convenienza: l’uomo ha solo due occhi, mentre

    di denti ne ha trentadue!

    * * *

    Sapete quale è il colmo per un elettricista?Essere sempre in tensione durante il lavoro e non sopportare le pre-

    se in giro.Un altro colmo, sempre per un elettricista?Bere una birra alla spina!

  • Pagina 6 ANNO XXXIV • N. 157 • SETTEMBRE 2014 • Voce Nostra

    C’è ancora, l’ho cercato sul web.È sempre lì. Non mi sembra cam-biato molto da allora. Dalle fototrovate e dai commenti rilasciatidai clienti sul sito, direi che non ècambiato affatto... Le foto riprodot-te sono state prese di notte maneanche le luci, nel loro pateticotentativo di rendere più gradevolel’immagine, riescono nel loro in-tento. Dei commenti rilasciati daiclienti... è meglio sorvolare.

    Correva l’anno 1962, forse più1963 che sessantadue. Comun-que era quell’inverno lì. Uno degliinverni più tristi che io ricordi.

    Lavoravo alla direzione dell’isti-tuto bancario presso la quale eroimpiegato: la Banca Toscana. Sta-vo praticando quello che allora ve-niva chiamato “il corso” e che indefinitiva si trattava di uno “stage”di durata indefinita. Per già duevolte ero riuscito ad evitare il miotrasferimento a Firenze. Con lacomplicità del mio direttore cheera più che felice che io rimanessiin filiale, perché a quell’epoca eroin grado di coprire tutti i servizi,dalla cassa alla segreteria e, per-tanto, venivo considerato quelloche si usava definire un “jolly”.

    Le prime due volte che avevanochiesto al mio capo di interpellar-mi, riguardo ad un eventuale miotrasferimento alla D.C. per fre-quentare il già sopra menzionatocorso d’istruzione, brevemente“corso”, per la formazione di fun-zionari, avevo sempre risposto:no. Anzi, avevo pregato il mio di-rettore, di riferire che non mi senti-vo preparato e che preferivo resta-re in filiale. La prima volta che miavevano fatto la proposta, mi erosposato da poco, la seconda, chearrivò alcuni anni dopo la prima,avevo già una bambina. Il lavoroche allora svolgevo era soddisfa-cente, abitavo in Versilia dove eronato; avevo programmato la miavita in base allo stipendio cheprendevo, non avevo eccessiveambizioni e, pertanto, ero piena-mente soddisfatto della mia situa-zione.

    Ma la terza volta, la direzionenon chiese alcun parere e mi inviòla lettera di trasferimento. Voleva-no proprio me! Ma io, invece disentirmi lusingato come sarebbestato più logico pensare, fui presoda uno sconforto che mi causò an-che disturbi somatici: un “giradito”al pollice della mano destra che mitenne compagnia per lungo tem-po! Con il senno di poi, ho rivistoquella situazione sotto punti di vi-sta diversi da quelli che, irragione-volmente, mi avevano aggredito almomento del ricevimento della let-tera di trasferimento, e rimpiansi,poi, vista l’ineluttabilità della cosa,il tempo che avevo perso da quan-do avevo rifiutato il primo invito.

    A Firenze mi sentivo sperduto, inuna realtà che, contrariamente amolti altri che ritenevano questasituazione un privilegio e, forseera così, mi aveva privato di tuttiquei valori di cui godevo prece-dentemente: la famiglia, mia figlia,tutti i miei contatti, i miei “hobbies”.Era come se mi avessero strappa-to dalle mie radici. Ero così dispe-rato che, per qualche tempo, pen-sai addirittura di trovarmi un altrolavoro che mi consentisse di vive-

    re nei miei amati luoghi. Noi versi-liesi siamo fatti così... Poi, la ra-gione ebbe il sopravvento e, strin-gendo i denti e tante altre cose...resistetti. E adesso sono certo diavere fatto la cosa giusta.

    Il problema era che non potevofare il pendolare come alcuni riu-scivano a fare. Il viaggio che avreidovuto sopportare fra andata e ri-torno, oltre che servito male daimezzi di trasporto, mi avrebbeconcesso solo il tempo di dormirealcune ore con conseguenze chemi sarei trovato a pagare durantela giornata di lavoro. Pertanto,avevo trovato una camera a buonprezzo in via della Scala, dovesoggiornava già un mio collega diMassa, e lì mi adattai a passare lenotti, fino al momento che alcuniparenti di mia moglie, saputo dellamia presenza in città e conosciutala mia situazione economica (lostipendio mi consentiva appena dimantenere la famiglia a casa e mea Firenze, con molte limitazioni)molto munificamente mi accolseroin casa loro offrendomi una came-ra dove passai il resto delle nottidella mia permanenza in quellamagnifica città che, nonostantel’avessi conosciuta in circostanzenon molto felici, amai subito.

    Ebbi la fortuna di trovare, sul po-sto di lavoro, persone che compre-sero la mia situazione e, fin dall’ini-zio della mia presenza fra loro, miaiutarono a sopportare, poi a supe-rare quello stato di depressioneche mi aveva assalito i primi giorni.La prima settimana fu la più dura;poi, grazie allo spirito di adatta-mento che è una delle prerogativedel genere umano, quelle succes-sive furono più sopportabili. Co-munque già dal lunedì mattina ini-ziavo a pensare al venerdì sera,quando sarei tornato a casa. Con-tavo le ore che mi avrebbero divisoda quel momento...

    Già, ma il ristorante della traver-sa di via del Corso che cosa c’en-tra?

    È vero, lo avevo dimenticato.Questo è situato in via dei Cerchi,una traversa di via del Corso doveaveva sede (aveva, perché poi futrasferita alla periferia della città) laDirezione Centrale della banca do-ve io lavoravo. Eravamo un grup-petto di cinque, sei persone, tutticolleghi che frequentavamo il “cor-so” (ripetitiva, mio malgrado, que-sta parola: via del Corso, il corsod’istruzione, il “corso” “toutcourt”..!). Solo uno, un mio ex ami-co di scuola che mi aiutò molto inalcuni frangenti, era già funziona-rio. Un ragazzo brillante che avreb-be poi fatto una bella carriera.

    E tutti i giorni per l’ora di pranzo,ci ritrovavamo lì, al ristorante dellatraversa di via del Corso...

    C’era, riservato a noi, un tavolocapiente per accogliere il nostro nu-mero. Era in una stanzetta che ap-pena ci conteneva; buia perchésenza finestre e con illuminazione arisparmio.… Noi dicevamo, con unapunta di malignità, che questo fa-cesse parte di una “tattica” del risto-ratore che cercava così di coprire lapochezza e la povertà dei piatti.

    Rivangare dopo tanti anni certiricordi, si corre il rischio di esage-rare in tutti i due sensi i fatti acca-duti, ma l’impressione di base, e

    sono quasi certo che è quella giu-sta, è che spesso mangiavamo gliavanzi del giorno prima. Non c’erala “carta” – ma che dite! – forsenon sapevano neanche che cosafosse, perché se ben ricordo, nonne ho mai vista una in giro sugli al-tri tavoli. Tutto a voce!

    Il cameriere che ci serviva eraun buon diavolo, alto, di età avan-zata, un po’ calvo, taciturno. Si li-mitava a portarci i piatti in tavola e,se ben ricordo, non ci anticipavamai di che cosa fossero le portate.Ma forse qui mi sbaglio. Quel pe-riodo fu così nero per me che miinduce a ricordare gli aspetti peg-giori delle cose ed a peggiorarequelle che probabilmente poteva-no così non definirsi...

    Comunque il lunedì, eravamocerti che ci propinavano gli avanzidella domenica. Rivelatore era ilpollo. La carne di pollo cotta tantotempo prima, freddata, e poi ri-scaldata diventa fibrosa, dura, chea strapparla con i denti mettereb-be in pericolo il possessore di unaeventuale protesi.

    Si spendeva mille lire, è vero,prezzo fisso. E con mille lire già aquell’epoca si “raccattava” poco,pertanto, chiudevamo un occhio esi tirava avanti.

    Io, che dovevo “sterzare” lo sti-pendio fra il mio mantenimento aFirenze e quello della mia famigliaa casa, cercavo di mangiare ab-bondantemente a pranzo per po-ter saltare la cena. Per ingannarel’appetito, facevo lunghe passeg-giate, dopo l’orario di lavoro. Chiu-devo, quasi sempre, la giornata,con un bicchiere di latte ed un cor-netto delle mattina (il barista mi fa-ceva lo sconto e, a volte, il cornet-to me lo regalava...) Aveste vistoche linea avevo. Un figurino!

    Durante quella pausa, la pausadel pranzo, intendo, alcuni di noi,quelli che ne avevano voglia, e fraquesti si distinguevano i pisani, te-nevano banco su svariati argo-menti sui quali si faceva palestraverbale provocando accanite di-scussioni.

    Un giorno successe che io, chenotoriamente mi estraniavo daquesto gioco, perché lo trovavo in-fantile e dispersivo, quel giorno,nel bel mezzo di un’accanita di-scussione, non ricordo su quale ar-gomento, ma tanto vale, perchéanche i più futili servivano ad enfa-tizzare il dibattito, nel mezzo di unapausa, rare a dire il vero, riuscii adinserirmi e me ne uscii con questasortita: ... “io chiedo la trasferta!”

    Per i non addetti ai lavori, perquelli al di fuori del nostro ambito,mi sento in dovere di illustrare perquanto mi possa riuscire, a rende-re chiara la cosa: la “trasferta” chepur avendo molto in comune conla “diaria” da questa si distingueper alcuni particolari: la “trasferta”è una sorta di rimborso spese cheviene erogato all’interessato inuna cifra standard, forfettaria, gior-naliera, per i giorni che gli vengo-no concessi in caso di trasferi-mento – deciso dalla direzione –dalla filiale di appartenenza. Il va-lore giornaliero è identico per tutti,cambia la durata dei giorni con-cessi che è sempre a discrezionedell’ufficio erogatore. La “diaria”che nel nostro ordinamento, alme-

    no di quel tempo, non era in uso,consiste in un rimborso spese inbase alle giustificazioni presentatedurante il periodo di una missionedi lavoro disposta dall’ufficio da cuidipende l’interessato. Alle spesegiustificate viene aggiunto un“quid” fisso che serve a rimborsa-re spese altrimenti impossibili adessere dimostrate: colazione,caffè ed altre piccole spese. Macome ripeto, a quel tempo opera-vamo in regime di “trasferta” gior-naliera: una cifra fissa che si divi-deva solo in tre distinti scaglioni:“un terzo di trasferta”, “mezza tra-sferta” e “trasferta intera” a secon-da della durata giornaliera dell’in-carico. Alla richiesta si aggiunge-vano le spese sostenute per iviaggi: auto, treno, bus, ecc.

    Ed era veramente un toccasanaper chi aveva la ventura di usu-fruirne. Una boccata di ossigenoche andava ad integrare lo stipen-dio. E, per me, non sarebbe statasolo una boccata ma un erogatoreda sub… una rianimazione boccaa bocca...!

    La mia uscita fu accolta da unimmediato, quasi “tombale” silen-zio, seguito da un attimo di sbalor-dimento, un attimo di riordino d’i-dee, ma fu così tangibile lo scon-tro dei pensieri che cercavano difare mente locale, che quasi nepercepii il rumore!

    Mentre io guardavo i miei com-pagni di mensa con atteggiamentodeciso, quasi di sfida, quelli, supe-rato il primo momento di sbalordi-mento, mi aggredirono con tutto illoro sarcasmo: “non dire “bische-rate”, non l’ha mai chiesta nessu-no”, “te la danno a te perché seipiù bello?”, “perdi tempo e rischi dimetterti in cattiva luce con l’ ufficiodel personale!” e via di segui-to...Solo uno, mi ricordo, un pisa-no, che sognava la Sardegna adocchi aperti, tanto che si auguravache, un giorno, la nostra Bancapotesse aprirvi una filiale, magarialla Maddalena, e mandarci lui co-me titolare! Un altro sognatore!Peggio di me che speravo in quel-lo che avevo appena accennato difare ma che, fino a quel momento,nessuno poteva vantarsi di avereottenuto, ecco, solo lui, l’altro so-gnatore, se ne uscì con la battutapiù logica che il momento potevasuggerire: “prova, se te la danno ate, la chiedo anch’io!”

    Per chiarire la situazione, vadetto che tutti quelli che erano sta-ti chiamati a partecipare ai “corsi”di formazione per funzionari, rite-nendo la cosa come un privilegioottenuto e, sicuramente lo era,non avevano preso in considera-zione di chiedere la trasferta che,come da contratto di lavoro, era diloro diritto.

    La direzione un po’ “tirchia” dob-biamo ammetterlo, non si era maipreoccupata di sollecitarne la ri-chiesta e, pertanto, veniva datocome certo che a “noi” la trasfertanon spettava e sarebbe stata “di-sdicevole” o addirittura negativaogni richiesta diretta in quel senso.

    Ma mi trovavo in un momento digrande ristrettezza economica. Lostipendio che percepivo non erasufficiente a mantenere me a Fi-renze e mia moglie e mia figlia acasa. Nonostante tutti i sacrifici

    che mi imponevo: saltare la cenaoppure superarla con un bicchieredi latte ed un panino presi al bar,non bastavano a farmi sentiretranquillo economicamente. Mi erastato promesso di mandarmi qual-che giorno in trasferta per benefi-ciare di un’integrazione dello sti-pendio, ma per il momento era an-cora presto. Dovevo ancora com-pletare il giro degli uffici e quellopiù importante, l’Ufficio Rischi, eraancora da venire.

    Per questi motivi, una mattina,preso il coraggio con due mani,con il cuore che mi saltava in gola,bussai all’Ufficio Personale, dovevenni ricevuto dal Vice Direttore,che allora era il dott. Piccini. Cor-tese come sempre, mi chiese checosa poteva fare per me. Sul mo-mento rimasi come bloccato men-tre mi domandavo: “ma che cosaci faccio qui. Sto rischiando il miofuturo di lavoro” e nella mia mentegiravano immagini di filiali dellamaremma toscana e zone limitro-fe dove certamente, dopo la miaimpertinenza, mi avrebbero trasfe-rito e lì dimenticato. Ma mi resiconto che era il momento del mio“alea jacta est”, ormai il Rubiconeera stato attraversato, e dopo averfatto un grosso respiro, tutto d’ unfiato, esposi: “direttore, non vorreiessere seccante, ma ho o non hodiritto di chiedere l’indennità di tra-sferta relativa al mio trasferimentoa Firenze?”

    Appena finita la frase rimasi,quasi in apnea, in attesa della ri-sposta, continuando a darmi del-l’imbecille per avere osato tanto.Le “tragiche” conseguenze chequesto fatto poteva procurarmi,s’ingigantivano nella mia mente.Potevo cadere in disgrazia soloper avere osato quello che fino adallora era considerato un tabù. Es-sere stato chiamato a fare parte diun gruppo di eccellenza e, invecedi esserne grato ed inchinarmi rin-graziando i miei mecenati, osa-vo… quello che nessuno, fino aquel momento, aveva osato osare(!) Chi me lo aveva fatto fare!

    Mentre restavo così, sentendo-mi in piena confusione, il dott. Pic-cini, con la sua solita cortesia, si li-mitò a rispondermi: “certo, è suodiritto!”

    Credendo di non avere ben ca-pito lo pregai di ripetermi la rispo-sta cosa che lui, sempre cortese-mente fece, sorridendo in modobenevolo ed incoraggiante, per-ché probabilmente si rendeva con-to del mio momento di grande im-barazzo.

    Allora, rinfrancato dalla situazio-ne realizzata, esternai tutti i miei ti-mori per le eventuali conseguenzeche il mio ardire avrebbe potutoprocurarmi.

    Sempre sorridendo, il dott. Picci-ni estraesse da un cassetto unmodulo di richiesta di trasferta e,porgendomelo (sembrava averlopreparato per l’occasione) mi dis-se: “si ricordi sig. Bacci che chi co-nosce e fa valere i propri dirittisarà sempre apprezzato. Lo riem-pia, lasciando in bianco il numerodei giorni di trasferta richiesti,provvederà la Direzione ad indi-carli”.

    IL RISTORANTE DELLA TRAVERSA DI VIA DEL CORSO, ovvero della notula di trasferta...

    di Ugo Bacci

    (segue a pag. 7)

  • Voce Nostra • ANNO XXXIV • N. 157 • SETTEMBRE 2014 Pagina 7

    Quando lasciai l’ufficio non cre-devo a quello che avevo fatto e aquello che avevo ottenuto! Nonvedevo l’ora di andare a pranzoper raccontarlo!

    Pochi minuti dopo l’una ci ritro-vammo tutti al solito tavolo, nel so-lito angolo con il solito triste came-riere che girava per la sala semideserta in attesa di dedicarsi a noinel momento che fossimo prontiper ricevere la nostra “razionegiornaliera”.

    Rimasi deluso. Pensavo che miavrebbero assalito subito per sa-pere il risultato della mia dichiara-zione del giorno precedente, inve-ce...di tutto parlammo ma l’argo-mento “trasferta” non fu neanchesfiorato!

    Aspettai il momento che ritenni ilpiù propizio: il momento immedia-tamente precedente l’alzata da ta-vola che precedeva la nostra visi-ta alla “Cubana”, sull’angolo di viaDel Corso con via Calzaioli, per ilrito del caffè del dopo pranzo.

    Nel momento topico del movi-mento univoco delle sedie chevengono spostate indietro e sisente un unico rumore, come se ilmovimento fosse eseguito a co-mando, ecco, proprio in quel mo-mento, entrai in scena levandodalla tasca il modulo della trasfer-ta e sventolandolo come avrebbefatto un navigato attore che, sullascena del teatro, mostra il docu-mento che rappresenta la chiavedi tutta la storia della commedia,esclamai: “e questo? Sapete checos’è questo? Quando rientriamolo porterò all’Ufficio Personale enon mi rimarrà che aspettare chemi chiamino per comunicarmi l’im-porto che mi liquideranno come in-dennità di trasferta per il mio tra-sferimento a Firenze”.

    Tutti gli occhi dei miei commen-sali si fissarono sul quel pezzo dicarta, come se non lo avesseromai visto e che, invece, tutti cono-scevamo poiché era il modulo piùamato da tutta la classe bancaria.

    Dopo un attimo di sbalordimen-to, le domande fioccarono: “dovel’hai preso? Chi te lo ha dato? Conchi hai parlato? Non vorrai micaprenderci in giro, te lo sei procura-to, chissà come, e vuoi darci ad in-tendere...!” Lo scetticismo ed unapunta d’invidia aleggiavano in tut-te le frasi che vennero espresse inquel momento.

    La mia risposta fu tanto laconicaquanto categorica: “vedrete”!!

    Passarono alcuni giorni dallapresentazione della mia richiesta eancora non ricevevo risposta. Icompagni di tavola avevano rico-minciato a stuzzicarmi, a darmi delsognatore e a sfottermi, quando,una mattina, ricevetti una telefona-ta dal Personale che mi comunica-va che era stata approvata la miarichiesta e che, in occasione delprossimo stipendio, mi avrebberoaccreditato sul conto il corrispettivodi quindici (15) giorni di trasferta.

    Sul momento non mi resi contodi avere lanciato un sasso in unostagno...

    Non sto a ripetervi i commentidei miei compagni di tavola. Aquesto punto, ormai, avrete intuitodi quali tipi si trattava!

    Fu l’inizio di un movimento lento,come un bradisismo inarrestabile.I primi ad approfittare dell’occasio-ne furono loro, i miei “amici”!

    Uno dopo l’altro si presentarono

    al Personale e fecero la loro ri-chiesta. La voce si sparse. Anche“stagisti” degli anni precedenti,seppi, avanzarono richiesta d’ in-dennità di trasferta poiché, comediritto di lavoro, non era caduto inprescrizione.

    Era esploso un movimento cheavrebbe avuto uno svolgimentoimprevisto.

    La Direzione per ovviarne lo stil-licidio, prese la decisione di chia-mare tutti gli “aventi diritto” invitan-doli ad avanzare la loro richiestaentro un arco di tempo stabilito.

    Certamente il mio nome in queigiorni doveva echeggiare con unacerta frequenza nelle stanze dellaDirezione.

    E, forse, qualcuno di quelli checontano avrà pensato o anchedetto: “era meglio che lo avessimolasciato dov’era prima di venire, cisaremmo risparmiati soldi, noie ebrutte figure”.

    Infatti, da quella volta, tutti i nuo-vi partecipanti a “stages”, corsi oquant’altro comprendesse un tra-sferimento, venivano invitati, findal primo giorno, a presentare larichiesta d’indennità di trasferta.

    In questa storia c’é un particola-re che credo debba essere pun-tualizzato e che penso illustri unpo’ meglio il mio carattere. Comeho detto, io fui il primo ad avan-zare la richiesta d’indennità di tra-sferta ed i giorni concessimi furo-no quindici. In base alla normache ogni giorno stabiliva l’am-montare, fisso, del rimborso daerogare.

    Accadde però che, ad alcuni deimiei, chiamiamoli “imitatori”, furo-no concessi trenta (30!), dico tren-ta giorni di trasferta!!!

    Successe, come era logico eprevedibile, che i miei compagni diristorante, invece di ringraziarmiper la strada che avevo loro aper-to, mi prendessero in giro per il fat-to che, alcuni di loro, avevano be-neficiato dalla loro richiesta, il dop-pio di quello a me concesso.

    E questo, a me, non andava be-ne. Si dice che ogni rivoluzione hai suoi martiri ma a me la figura delmartire, proprio, non mi si confa-ceva: non c’ero tagliato!

    Non ci pensai molto. Non potevoaccettare una situazione che,obiettivamente, a mio avviso, nonera accettabile.

    Risalii quelle scale che avevo di-sceso un di’ con grande baldanza(riecheggia, vagamente, un famo-so bollettino di guerra di quasicent’anni fa. C’è un po’ di plagio,confesso!)

    E bussai a quella PORTA! Quel-la porta che poteva rappresentareper ognuno di noi, per vari motivi,la porta del paradiso o quella delpurgatorio... escludo quella dell’in-ferno, perché, qualunque cosa po-tesse succedere dietro quella por-ta, era rimediabile! Ero preso dal-l’angoscia per quello che ritenevoun eccesso di ardire, un osarequalche cosa per ottenere quelloche un’ingiustizia (così la pensa-vo) non mi aveva dato. Però ilpensiero che non potevo fermarmisull’ottenuto perché, se lo avessifatto, oltre che essere ricoperto di“sfottò” dai miei compagni, e dachi mi conosceva come iniziatoredi questa piccola rivoluzione, avreifatto la figura del “pecorone” an-che nei confronti della Direzioneche mi avrebbe sicuramente mal

    giudicato sull’aspetto del caratteree della fermezza d’intendimenti.

    Bussai, mi fu aperto, entrai... e,sempre plagiando, mi sentii dinuovo come Cesare al momentoche attraversava il già nomato Ru-bicone: solo che lui il suo “aleajacta est” lo aveva pronunciato so-lo una volta... mentre per me inco-minciava ad inflazionare...!

    Andai direttamente verso l’ uffi-cio di colui che contava e che ve-devo attraverso la porta apertadella sua stanza. Anche lui mi videe, con il solito cordiale sorriso, miinvitò ad entrare. Dopo i convene-voli d’uso, esposi, con il massimogarbo, la mia questione su quelloche ritenevo ingiusto, quello che,per me, era una discriminazione ditrattamento. Dopo avermi attenta-mente ascoltato, senza alcuncommento da parte sua, aprì il so-lito cassetto e mi “allungò” un altromodulo di richiesta d’indennità ditrasferta in bianco e con un com-prensivo mezzo sorriso, aggiunse:“replichi la richiesta lasciando, co-me in quella precedente, i giorni didiaria da indicare, in bianco”.

    Grande il dott. Piccini, perchésempre di lui si trattava!

    Non posi tempo in mezzo. Ap-pena uscito dalla stanza mi avvici-nai al primo tavolo che mi stavapiù vicino, chiesi, al collega che visedeva, una penna, compilai e fir-mai la notula e la consegnai allapersona che ormai sapevo essereil curatore di quel servizio. Salutai,ringraziai e me ne uscii fuori sod-disfatto di avere compiuto un attoche mi metteva in pace con il mioorgoglio e con la fondata speran-za di ottenere quello che avevochiesto.

    Ma perché tanti timori nel richie-dere e pretendere che i nostri dirit-ti venissero rispettati? Perché ne-gli anni di cui vi parlo, i primi anniSessanta, il potere era in mano alpadrone o esercitato dai suoi rap-presentanti e il sindacato latitava,sia perché era dalla parte del da-tore del lavoro, sia perché anche isuoi rappresentanti erano dipen-denti dello stesso e tenevano aconservarsi, con tutte le sue pre-rogative, il loro posto di lavoro. Maanche perché, principalmente, c’e-ra molta impreparazione. Non homai saputo di cause o procedi-menti in atto, a favore dei lavora-tori, intentati dal sindacato.

    Per questo motivo ogni azioneche usciva dai crismi di comporta-mento ritenuto “normale”, correvail rischio di comportare azioni di ri-valsa verso il promotore o i pro-motori dell’azione.

    Dopo poche settimane da questifatti abbandonai Firenze per inizia-re una serie di trasferte che misbatté dall’alto Valdarno alla pianapisana, dalla piana pisana allaVersilia, da questa all’alta Lunigia-na. Fu un periodo frenetico che,oltre a consentirmi di arrotondare ilmagro stipendio (con il grado diimpiegato semplice, credetemi,anche allora era difficile sbarcare illunario), mi consentì di mettere inpratica ed affinare le mie cono-scenze del servizio estero ed istru-zione rischi. Ero pronto a fare ilprimo balzo