Sistemi di welfare -...
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A.A. 2013-2014 Corso di Laurea Magistrale in Scienze dell’Amministrazione
Sistemi di welfare
2. I LIVELLI DI ISTRUZIONE E DISUGUAGLIANZE
Maria Letizia PrunaSPS/09 – Sociologia dei processi economici e del lavoro
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Il set di indicatori sull’istruzione utilizzati in ambito europeo1. Spesa pubblica per l’istruzione e la formazione2. 25-64enni con livello di istruzione non elevato3. Livelli di competenza degli studenti 15enni4. Giovani che abbandonano prematuramente gli
studi5. Partecipazione dei giovani al sistema di
istruzione e formazione6. 30-34enni con istruzione universitaria7. Giovani che non lavorano e non studiano8. Apprendimento permanente
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1. Spesa pubblica per l’istruzione e la formazione
La spesa in istruzione e formazione – misurata in rapporto al prodotto interno lordo (PIL) – rappresenta un indicatore per valutare le policy attuate in materia di crescita e valorizzazione del capitale umano. L’indicatore consente di quantificare, a livello nazionale e internazionale, quanto i paesi spendono per migliorare le strutture e incentivare insegnanti e studenti a partecipare ai percorsi formativi. In Italia l’incidenza della spesa pubblica in istruzione e formazione sul PIL è pari al 4,2 per cento (2011), in calo rispetto all’anno precedente e molto al di sotto della media dell’Unione Europea.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Spesa pubblica per l'istruzione e la formazione nei paesi Ue (2011 - % PIL)
Media UE 27
Fonte: Eurostat, General government expenditure by function
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2. 25-64enni con livello di istruzione non elevato
Il livello di istruzione della popolazione adulta (25-64enni) rappresenta una buona proxy delle conoscenze e delle competenze associabili al capitale umano di ciascun paese. Bassi livelli di istruzione espongono le persone adulte a una minore inclusione nel mercato del lavoro e riducono le probabilità di accesso ai programmi di formazione continua nel corso della vita. In Italia, nel 2012, il 43,1 per cento della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha conseguito come titolo di studio più elevato la licenza di scuola media (denominata “scuola secondaria di primo grado” dalla “riforma Moratti”, varata con la Legge n. 53 del 2003).
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello di istruzione secondaria inferiore per sesso nei paesi UE (2012, %)
Fonte: Eurostat, Labour force survey
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La graduatoria europeaNella graduatoria dell’Unione europea l’Italia occupa la quarta peggiore posizione, dopo Spagna, Malta e Portogallo e mostra un valore ben al di sopra della media Ue27 (25,8 per cento). Gli scarti tra paesi sono comunque elevati, andando da oltre il 60 per cento di popolazione meno istruita per Malta e Portogallo a poco meno del 7 per cento in Lituania. Più in generale, molti paesi dell’Est Europa si distinguono per bassi valori dell’indicatore, segnalando quindi un grado di istruzione mediamente più elevato, mentre valori più alti si rilevano nei paesi dell’area mediterranea. Una performance nettamente migliore di quella media si osserva in Germania (13,7 per cento), mentre i Paesi Bassi e l’Irlanda mostrano valori rispettivamente di poco superiori e di poco inferiori a quello medio.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello di istruzione secondaria inferiore per regione (2012, %)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
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Popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello di istruzione secondaria inferiore per regione (2012, %) – Differenze regionali
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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3. Livelli di competenza degli studenti 15enni
L’aumento dei livelli di competenza della popolazione è uno degli obiettivi al centro dell’agenda di Lisbona, confermato dalla strategia 2020. Il progetto Pisa (Programme for International Student Assessment), promosso dall’Oecd e realizzato in Italia dall’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), si propone di valutare i livelli di competenza acquisiti dagli studenti 15enni, prossimi alla fine dell’istruzione obbligatoria, relativamente a tre ambiti: la lettura, la matematica e le scienze. Nel 2012, come già nel 2003, la matematica ha rappresentato l’ambito principale di rilevazione.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Definizioni utilizzate
Gli indicatori proposti misurano le quote di studenti in ciascun livello delle scale complessive di literacy (alfabetizzazione) in lettura, matematica e scienze. I livelli nella scala delle competenze considerati sono 7 per la lettura (livello 1b, che è il livello più basso, quindi livello 1a, livello 2, livello 3 e così via fino al livello 6) e 6 per la matematica e le scienze (il secondo è il livello minimo sufficiente). È stato inoltre introdotto un livello inferiore a 1, per gli studenti che non riescono a rispondere ai quesiti più semplici.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Studenti per livello di competenza in lettura nei paesi Ue (2012 - %)
Fonte: Elaborazione su dati Ocse - I paesi sono classificati in ordine decrescente rispetto alla percentuale di studenti 15enni con livelli di competenze pari o superiori a quelle base (da 2 a 6).
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Studenti per livello di competenza in matematica nei paesi Ue (2012 - %)
Fonte: Elaborazione su dati Ocse - I paesi sono classificati in ordine decrescente rispetto alla percentuale di studenti 15enni con livelli di competenze pari o superiori a quelle base (da 2 a 6).
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Il confronto con l’EuropaAnche se i risultati segnano un progresso rispetto alle edizioni precedenti dell'indagine, in Italia quasi uno studente su quattro non raggiunge in matematica il livello sufficiente. I due livelli apicali della scala della matematica includono poco meno del 10 per cento degli studenti delle scuole italiane, mentre negli stessi livelli si colloca oltre il 15 per cento degli studenti in Finlandia, Polonia e Germania e il 19 per cento in Belgio e Paesi Bassi. Nella lettura circa uno studente su cinque ha competenze inferiori a quelle basilari. Solo il 6,7 per cento si colloca nei due livelli più elevati, mentre in Finlandia, Belgio e Francia il contingente dei migliori supera il 12 per cento.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Studenti per livello di competenza in lettura per regione (2012 - %)
Fonte: Elaborazione su dati Ocse
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Studenti per livello di competenza in matematica per regione (2012 - %)
Fonte: Elaborazione su dati Ocse
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Il confronto tra le regioni
�L'analisi dei risultati regionali mostra un sistema di istruzione scolastica fortemente differenziato
� Il divario nel rendimento si dimostra ampio per tutte le competenze, con un netto vantaggio del Centro-Nord.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Le competenze in lettura
Per la lettura, in tutte le regioni settentrionali oltre l'80 per cento degli studenti si colloca su livelli pari o superiori alle competenze basilari (in Lombardia sfiora il 90 per cento). Al contrario, in Sardegna, Campania e Sicilia oltre il 27 per cento non raggiunge i livelli sufficienti e in Calabria addirittura il 37 per cento.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Le competenze in matematica Anche in matematica la situazione è decisamente peggiore nel Mezzogiorno: i 15enni con competenze insufficienti sono il 45,8 per cento in Calabria e superano il 35 per cento in Campania e Sicilia, mentre non arrivano al 14 per cento nella provincia autonoma di Trento, nel Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Lombardia. In queste regioni del Nord si riscontra anche il maggior numero di eccellenze (oltre il 15 per cento), con i migliori risultati in Veneto (18,7 per cento) e in Friuli (17,1).
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Studenti per livello di competenza in lettura e per tipo di scuola frequentata (2012 - %) Fonte: Elaborazione su dati Oecd/Invalsi - Pisa
Fonte: Elaborazione su dati Oecd/Invalsi - Pisa
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Studenti per livello di competenza in matematica e per tipo di scuola frequentata (2012 - %) Fonte: Elaborazione su dati Oecd/Invalsi - Pisa
Fonte: Elaborazione su dati Oecd/Invalsi - Pisa
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Il confronto tra i tipi di scuola
� Risultano marcate anche le differenze per tipo di scuola frequentata: appena il 5,6 per cento dei liceali ha competenze insufficienti nella lettura, rispetto a oltre il 20 per cento degli studenti degli istituti tecnici e a quasi il 45 per cento di quelli dei professionali. In questi ultimi, inoltre, oltre la metà degli studenti ha competenze insufficienti in matematica.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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La Strategia Europa 2020 ha posto, tra gli obiettivi quantitativi da raggiungere a quella data nel campo dell’istruzione e della formazione, la riduzione al di sotto del 10 per cento della quota di abbandoni scolastici precoci (early school leavers). L’obiettivo è una riformulazione di quello definito come prioritario dalla precedente Strategia di Lisbona ma non raggiunto, alla data stabilita del 2010, dalla maggioranza dei paesi europei tra cui rientra anche l’Italia.
4. Giovani che abbandonano gli studi prematuramente
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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La costruzione dell’indicatore� Nel confronto europeo l’indicatore individua la
quota di popolazione in età 18-24 anni che ha abbandonato gli studi senza aver conseguito un titolo superiore al livello 3C short della classificazione internazionale sui livelli di istruzione (Isced *).
� Nei confronti regionali l’indicatore è definito come la percentuale della popolazione in età 18-24 anni con al più la licenza media, che non ha concluso un corso di formazione professionale riconosciuto dalla regione di durata superiore ai 2 anni e che non frequenta corsi scolastici o svolge attività formative.
* L'ISCED (International Standard Classification of Education) è uno standard creato dall'UNESCO come sistema internazionale di classificazione per l'istruzione (http://www.uis.unesco.org/TEMPLATE/pdf/isced/ISCED_A.pdf)
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Che cosa misura
� L’abbandono prematuro degli studi è uno dei risultati del cattivo funzionamento del sistema scolastico e formativo. Per questo la quota di giovani che abbandonano prematuramente gli studi è un indicatore largamente utilizzato per misurare le policy attuate in materia di istruzione e formazione.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2013
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26Fonte: Istat-Eurostat, Labour Force Survey
Giovani che abbandonano prematuramente gli studi per sesso nei paesi UE (2012, %)
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La situazione in ItaliaIn generale, la scelta di non proseguire gli studi, spesso indice di un disagio sociale che si concentra nelle aree meno sviluppate, non è assente neanche nelle regioni più prospere, dove una sostenuta domanda di lavoro può esercitare un’indubbia attrazione sui giovani, distogliendoli dal compimento del loro percorso formativo in favore di un inserimento occupazionale relativamente facile. In Italia, sebbene il fenomeno sia in progressivo calo, si è ancora lontani dagli obiettivi europei: nel 2012 la quota di giovani che ha interrotto precocemente gli studi è pari al 17,6 per cento, il 20,5 tra gli uomini e il 14,5 tra le donne.
Fonte: Istat, Noi Italia 2014
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Il confronto con l’EuropaNel 2012 il valore medio dell’indicatore nell’Ue27 si attesta al 12,8 per cento. Tra i paesi che presentano incidenze inferiori al 10 per cento, i più virtuosi sono Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia (tutti con quote intorno al 5 per cento). Nell’ambito dei principali paesi dell’Unione, Germania e Francia si trovano in buona posizione con valori pari rispettivamente al 10,6 e 11,6 per cento, mentre la posizione peggiore è occupata dalla Spagna, con un tasso di abbandoni scolastici precoci del 24,9 per cento. Nella graduatoria dei ventisette paesi Ue, l’Italia si colloca nella quarta peggiore posizione, subito dopo il Portogallo (20,8 per cento). Il divario dell’Italia con il dato medio europeo è più accentuato per la componente maschile (20,5 contro 14,5 per cento), in confronto a quella femminile (14,5 e 11,0 per cento).
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Giovani che abbandonano gli studi per regione (2012, %)
Fonte: Istat, Rilevazione continua sulle forze di lavoro, 2012
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L’andamento del fenomeno nel periodo 2004-2011 per regione
Fonte: Istat, Rilevazione continua sulle forze di lavoro
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5. Partecipazione dei giovani al sistema di istruzione e formazione
La partecipazione dei giovani al sistema di formazione anche dopo il termine del periodo di istruzione obbligatoria è considerato un fattore essenziale per preparare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro, facilitando anche il successivo e continuo apprendimento in ambito lavorativo, nonché ad una più consapevole e attiva partecipazione alla vita sociale. Il tasso di partecipazione dei giovani in età 15-19 anni, dopo un lungo periodo di costante crescita, si è attestato nel 2011 all’81,3 per cento, mentre la partecipazione al sistema di formazione dei 20-29enni è oggi pari al 21,1 per cento.Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Che cosa misura
� Il tasso di partecipazione dei giovani in età 15-19 anni individua, in larga prevalenza, gli iscritti al ciclo di studi secondario superiore (livello Isced 3), mentre il tasso di partecipazione dei giovani in età 20-29 anni identifica, prevalentemente, la quota di partecipazione al sistema terziario (livelli Isced 5 e 6).
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Tassi di partecipazione al sistema di istruzione e formazione dei giovani 15-19enni e 20-29enni nei paesi UE (2011, %)
Fonte: Elaborazioni su dati Ocse - (a) Dati sottostimati a causa della propensione
dei giovani residenti a studiare nei paesi limitrofi.
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15-19 anni 20-29 anni
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Il confronto con l’EuropaNella generalità dei paesi considerati, quasi 9 studenti 15-19enni su 10 partecipano al sistema di istruzione (valori superiori al 90 per cento si registrano in Belgio, Irlanda, Polonia, Paesi Bassi, Slovenia, Ungheria, Germania e Repubblica Ceca) mentre si evidenzia, in negativo, la posizione del Regno Unito (78,3 per cento). La più elevata partecipazione dei giovani di età 20-29 anni si rileva nei paesi dell’Europa settentrionale, in particolare in Danimarca e Finlandia, dove si registra un coinvolgimento di più del 41 per cento dei giovani. Oltre l’Italia, altri importanti paesi della Ue si collocano al di sotto dei valori medi europei: in Francia la quota supera di poco il 20 per cento e nel Regno Unito si attesta al di sotto del 19 per cento.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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6. 30-34enni con istruzione universitaria
Il livello di istruzione della popolazione di 30-34 anni è tra gli indicatori individuati dalla Commissione europea nella Strategia Europa 2020. Il target fissato, da raggiungere entro il prossimo decennio, è che almeno il 40 per cento almeno il 40 per cento dei giovani tra i 30 e i 34 anni consegua un dei giovani tra i 30 e i 34 anni consegua un titolo di studio universitario o equivalentetitolo di studio universitario o equivalente. Nel 2012, in Italia, il 21,721,7 per cento dei giovani 30-34enni ha conseguito un titolo di studio universitario, con un incremento di 6 punti percentuali tra il 2004 e il 2012.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Popolazione in età 30-34 anni che ha conseguito un titolo di studio universitario nei paesi UE (2012, %)
Fonte: Eurostat, Labour force survey
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Il confronto con l’Europa
� Nel 2012, quasi la metà dei paesi dell’Unione europea (i paesi del Nord Europa insieme a Cipro, Francia e Spagna) ha già raggiunto il target fissato nella Strategia Europa 2020. L’Italia si colloca, invece, all’ultima posizione nella graduatoria dell’Unione, dopo Romania e Malta, mostrando un valore dell’indicatore inferiore di oltre 14 punti alla media Ue27 (35,8 per cento).
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Popolazione in età 30-34 anni che ha conseguito un titolo di studio universitario per regione (2012, %)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
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Il confronto tra le regioni�Le regioni italiane presentano valori e andamenti
dell’indicatore piuttosto eterogenei. Nel Centro-Nord, ad eccezione della Valle d’Aosta e del Veneto, l’indicatore si colloca in tutte le regioni al di sopra della media e nella regione Emilia-Romagna assume il valore più alto a livello nazionale (28,6 per cento). In generale, in Emilia-Romagna la quota di giovani con titolo di studio universitario cresce di quasi 11 punti percentuali dal 2004, quando era pari al 17,8 per cento. In Sardegna, Sicilia e Campania la quota di 30-34enni con istruzione universitaria assume valori particolarmente contenuti e inferiori al 17 per cento. Nel Mezzogiorno, Abruzzo e Molise segnalano risultati superiori alla media (22,3 e 23,9 per cento).
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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7. Giovani che non lavoranoe non studiano (NEET)
Da diversi anni a livello europeo si è posta l’attenzione sui NeetNeet (Not in Education, Employment or Training), giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo ma neppure impegnati in un’attività lavorativa. In questo gruppo di giovani un prolungato allontanamento dal mercato del lavoro e dal sistema formativo può comportare il rischio di una maggiore difficoltà di reinserimento.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Giovani Neet di 15-29 anni per sesso nei paesi UE (2012, %)
Fonte: Eurostat, Labour force survey
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Il confronto con l’Europa� In Italia la quota dei Neet è molto superiore
a quella media dell’Ue27 (rispettivamente 23,9 e 15,9 per cento) e con valori significativamente più elevati rispetto a Germania (9,6 per cento), Francia (15,0 per cento) e Regno Unito (15,4 per cento). La Spagna presenta una quota di Neet(22,6 per cento) leggermente inferiore a quella italiana, mentre Grecia e Bulgaria presentano incidenze maggiori (27,1 e 24,7 per cento). Nella maggior parte dei paesi europei il fenomeno coinvolge in misura maggiore le donne.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Neet: tra inattività e disoccupazione� Nella media dei paesi Ue circa la metà dei
Neet è alla ricerca di una occupazione, con picchi di oltre il 70 per cento in Grecia, Spagna e Portogallo. Nel nostro Paese negli anni più recenti l’aggregato si è caratterizzato per una minore incidenza dei disoccupati e una più diffusa presenza di inattivi; tuttavia, nel 2012 la quota di disoccupati tra i giovani Neet è aumentata in misura significativa, passando dal 33,9 per cento al 40,2 per cento e riducendo il divario con la media europea.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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La situazione in ItaliaNel 2012, in Italia oltre 2.250 mila giovani (il 23,9 per cento della popolazione tra i 15 e i 29 anni) risultano fuori dal circuito formativo e lavorativo. L’incidenza dei Neet è più elevata tra le donne (26,1 per cento) rispetto agli uomini (21,8 per cento). Dopo un periodo in cui il fenomeno aveva mostrato una leggera regressione (tra il 2005 ed il 2007 si era passati dal 20,0 al 18,9 per cento), l’incidenza di Neet è tornata a crescere durante la fase ciclica negativa: l’indicatore, che ha rilevato un incremento annuo molto sostenuto nel 2009 e nel 2010, registra un consistente aumento anche nel 2012.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Giovani Neet di 15-29 anni per regione (2012, %)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
![Page 46: Sistemi di welfare - people.unica.itpeople.unica.it/marialetiziapruna/files/2012/04/Lezione-2-Livelli... · Maria Letizia Pruna ... o v a s o n i a i n l a n d i a U o t o g l o B](https://reader031.fdocumenti.com/reader031/viewer/2022022513/5af06ab27f8b9ad0618e0495/html5/thumbnails/46.jpg)
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Il confronto tra le regioniMentre nel biennio 2009-2010 la crescita dell’area dei Neet aveva coinvolto principalmente i giovani del Centro-Nord e nel 2011 l’incremento aveva interessato esclusivamente il Centro e il Mezzogiorno, nel 2012 il significativo incremento nell’incidenza dei giovani che non lavorano e non studiano ha riguardato diffusamente tutte le aree del Paese. In particolare nel Mezzogiorno, dove la condizione di Neet è di gran lunga prevalente, l’incidenza del fenomeno raggiunge il livello più alto, pari al 33,3 per cento (17,6 per cento nel Centro-Nord), ponendo in luce le criticità di accesso all’occupazione per un gran numero di giovani residenti nel meridione. Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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8. Apprendimento permanenteL’aggiornamento delle competenze individuali durante tutto l’arco della vita rappresenta un requisito essenziale per restare integrati nel mercato del lavoro e costituisce anche un elemento chiave nella lotta contro l’esclusione sociale. La Strategia di Lisbona aveva posto tra i cinque benchmark da raggiungere entro il 2010 nel campo dell’istruzione e della formazione quello di una quota di adulti impegnati in attività formative pari al 12,5 per cento. Negli anni più recenti l’Italia non manifesta significativi progressi in questo ambito, e nel 2012 l’indicatore raggiunge il 6,6 per cento. Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Popolazione in età 25-64 anni che partecipa all'apprendimento permanente per sesso nei paesi UE (2012, %)
Fonte: Eurostat, Labour force survey
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Il confronto con l’EuropaNel 2012 il valore medio dell’indicatore nell’Ue27 si attesta al 9,0 per cento (8,4 e 9,7 per cento rispettivamente per uomini e donne). L’intensità della partecipazione degli adulti ad attività formative è molto differente nell’area. Le migliori performance emergono nei paesi scandinavi (Danimarca, Svezia, Finlandia). Tra i principali paesi dell’Unione, il Regno Unito ha la maggiore quota di adulti in apprendimento (15,8 per cento). In Italia il valore dell’indicatore (6,6 per cento), pur essendo superiore a quello della Francia (5,7 per cento), è inferiore a quello della Spagna (10,7 per cento) e della Germania (7,9 per cento) e delinea il ritardo in materia di apprendimento permanente del nostro Paese. Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Formazione permanentee disuguaglianze� Le donne partecipano in misura maggiore degli
uomini alle attività formative in quasi tutti i paesi Ue, Italia inclusa. Nell’Ue27 l’incidenza di l’incidenza di formazione e apprendimento permanente formazione e apprendimento permanente aumenta al crescere del livello di istruzioneaumenta al crescere del livello di istruzione. In Italia, tuttavia, il divario tra i possessori dei livelli medio-alti di istruzione e i meno istruiti è più evidente rispetto alla media europea, evidenziando la scarsa attenzione del nostro Paese all’utilizzo della formazione durante tutto l’arco della vita come elemento chiave nel contrasto all’esclusione sociale e alle disuguaglianze.
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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Popolazione in età 25-64 anni che partecipa all'apprendimento permanente per regione (2012, %)
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
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Il confronto tra le regioni� L’analisi regionale segnala la più diffusa
partecipazione ad attività formative nelle province autonome di Trento e Bolzano (rispettivamente 10,1 e 9,2 per cento) e in Umbria (7,9 per cento); seguono Toscana (7,8 per cento), Sardegna (7,6 per cento), Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo (7,5 per cento), Emilia-Romagna, Marche e Lazio (tutte al 7,4). La Sicilia presenta il più basso valore dell’indicatore (4,8 per cento). Con la sola eccezione della provincia autonoma di Bolzano, del Molise e della Campania, in tutte le regioni si registra un divario positivo a favore delle donne, che raggiunge il valore più elevato in Abruzzo ed in Sardegna (circa 2,5 ed 1,9 punti rispettivamente).
Fonte: Istat, NoiItalia, 2014
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53
Due scenari per la società della conoscenza
a) Uno scenario, ispirato all’ineguaglianza, costellato di “isole di eccellenza in un mare di ignoranza”: una élite della conoscenza circondata da una vasta popolazione poco qualificata
b) Uno scenario, ispirato all’omogeneità, con un elevato livello medio di qualificazione e una minima dispersione.
(Esping-Andersen 2010)
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Istruzione e mercato del lavoro
L’istruzione:� Innalza la partecipazione femminile al
lavoro� Innalza la qualità dell’occupazione e i
livelli delle retribuzioni� Innalza la probabilità di trovare un
lavoro e di non perderlo