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SIS 2001 Dalla forza di Aristotele al campo elettromagnetico —– Vittorio de Alfaro Dip. di Fisica Teorica, Universit` a di Torino Gennaio 2002

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SIS 2001

Dalla forza di Aristotele

al campo elettromagnetico

—–

Vittorio de AlfaroDip. di Fisica Teorica, Universita di Torino

Gennaio 2002

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Chapter 1

La forza per Aristotele.

1.1 Introduzione.

Talvolta si propone di delineare la ”storia” di un con-cetto, la sua evoluzione storica1. Tipicamente si prendecome filo conduttore un concetto moderno, estenden-done il significato in modo da seguire storicamente unaparte del pensiero dedicato al mondo fisico.

Questo metodo di costruire la storia di un concettoviene talvolta applicato a tutta una sfera di pensierofilosofico e fisico occidentale, in cui il concetto ha cam-biato radicalmente il significato e la funzione.

Ma cio ha senso soltanto all’interno di un quadrodi riferimento omogeneo, altrimenti in questo modo di”fare” la storia si corrono alcuni rischi. Si puo farcredere che il significato dei concetti sia immutabile nelcorso della storia, e che solo variino i dettagli: si pos-sono far passare personaggi e periodi del passato come”precursori” e giudicarli in base alla loro maggiore ominore rispondenza alle idee moderne.

Far passare qualcuno/a per precursore e rendereun cattivo servizio: significa valutarlo/a solo perchepoi e venuto/a qualcun altro/a che e andato/a piuavanti. E meglio valutare indipendentemente da quantoe avvenuto dopo; in fondo, la persona in questione nonconosceva il futuro e non poteva scegliere di chi essereprecursore.

Sarebbe necessario un filologo per stabilire qualeparola veniva usata da quale autore per intendere”forza” e quali ambiti culturali erano legati alla parola.Infatti il significato delle parole e strettamente dipen-dente dal contesto culturale. Se parliamo di forza oggi,dobbiamo sapere se ne parliamo da fisici, da atleti, seintendiamo parlare della forza pubblica o di quella deldestino o di quella viva. Anche nel quadro della fisicai concetti sono ambigui e vanno chiariti, si puo parlareper esempio della forza viva (introdotta da Leibniz perindicare l’energia cinetica)2. Solo la ricostruzione filo-logica precisa puo chiarire l’ambito nel quale si colloca

1La ricostruzione storica e tutto il contrario di un frattale.Il livello di ingrandimento con cui trattiamo un processo storicoinfluenza enormemente le conclusioni che ne traiamo. Col nos-tro livello di ingrandimento, saro molto sommario. Parleremo diprincipii. Spero che quello che dico oggi invogli ad occuparsi piuseriamente dei fatti.

2Nell’ambito dela fisica moderna con la parola ”forza” fino al‘900 si sono intesi concetti diversi: la forza viva (energia cinetica),la quantita di moto, la forza propria etc.

la parola e quindi fornire una chiave per i suoi signifi-cati.

Prendiamo ad esempio il concetto di forza nella fisicamoderna (si Prendiamo ad esempio il concetto di forzanella fisica moderna (si intende da Galileo e Newton inpoi). Gia in un caso come questo il quadro di riferi-mento cambia decisamente. Se poi ci riferiamo al peri-odo precedente la fisica moderna (per intenderci, primadi Galileo e di Newton) parliamo di concezioni diversedel mondo e inseguire un concetto attraverso ere cul-turali molto diverse ha poco senso.

Si deve allora rifiutare ogni compito del tipo di quelloproposto, di seguire cioe la storia di un concetto at-traverso culture diverse? Sarebbe meglio; ma e statofatto e si fara ancora. Puo perfino capitare un temacosı congegnato.

Quindi per una volta faremo anche noi questo eser-cizio, con tutte le cautele che la situazione impone.

Dovremo seguire il concetto di ”forza” da Aristoteleai tempi moderni. Intenderemo come forza ”la causadel movimento” nelle diverse culture. Per movimentovorremmo intenderemo la traslazione nello spazio di unoggetto che resta immutato; ma gia qui ci troveremo indificolta. Nella Grecia si aveva del movimento una con-cezione piu vasta: ogni tipo di ”mutamento dell’essere”.Dovremo tenerne conto.

1.2 Aristotele.

Non possiamo lanciarci in un esame analitico delle ideedei varii filosofi antichi a proposito dell’essere e del di-venire. Considereremo soltanto Aristotele (al Sufi degliArabi, il Filosofo per antonomasia).

Di Aristotele possediamo i trattati scientifici, operescritte per fare lezione; non possediamo le opere direttead un pubblico piu ampio, di cui conosciamo solo alcuniframmenti.

Naturalmente ci interessa Aristotele al suo tempo ele sue concezioni sulla causa del movimento (definizionedi ”forza”). Aristotele da un’impronta di immanenzaalla sua filosofia. Si occupa del mondo osservabile inquanto tale, che va spiegato per se stesso e trova lagiustificazione della sua essenza e della sua costituzionein se stesso e non in riferimento ad altre realta, incor-poree. Per Platone in definitiva il mondo delle cosetrae forza e significato dal mondo, separato, delle idee.

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Per Aristotele il mondo ha un’esistenza indipendente daconcetti o da enti trascendenti. La sua filosofia riguardail reale. E interessato alle scienze classificatorie (scienzenaturali) non soltanto alla geometria e alla matematica.

La filosofia greca antica aveva discusso la problem-atica relativa al ”cambiamento dell’essere”, negato damolti come illusorio. Se gli ionici avevano consider-ato l’essere unico ed immutabile realizzato nella varietadelle cose naturali, la scuola eleatica considerava comereale solo la sostanza immobile e condannava come ap-parenza il mutamento, la varieta e la molteplicita dellecose.

La dottrina platonica delle idee fonda la gius-tificazione della capacita intellettuale umana nellaconoscenza del mondo che l’anima possiede perche vi eunita tra l’anima e la realta che e l’oggetto del sapere.Ma l’essenza della realta sono le idee, criteri di valu-tazione della scienza, cause del grado di valore presentenelle cose naturali che, trascendenti rispetto alle cosestesse, costituiscono modi dell’essere assoluto e spie-gano le cose del mondo.

Ma Aristotele e un perfetto professore. L’istituzionedi insegnamento superiore che egli fonda e gestisce esimile ad una universita all’antica: vi si si poteva stu-diare ogni disciplina dello scibile. E Aristotele e unprofessore che ha rifondato e conosce tutte le discipline.

E impossibile ripercorrere qui tutta la sua con-cezione del mondo. La sua filosofia e la teoria gen-erale dell’esistente, della conoscenza, di come ragionaresull’esistente (la logica), la descrizione del funziona-mento delle cose esistenti, della varieta e delle mu-tazioni. Non faremmo sufficiente giustizia alla comp-lessita del suo pensiero e alla sua capacita di classificaree spiegare.

Vale la caratterizzazione generale dell’immanenza deiprincipii che reggono il mondo dei fatti; Aristotele sioppone al platonismo secondo cui il vero essere e ilmondo trascendentale delle idee o forme, di cui il mondodelle cose e un riflesso. L’oggetto della filosofia e dellascienza e per Aristotele il mondo delle cose sensibili; laconoscenza parte dall’esperienza sensibile e l’intellettoelabora i dati. L’atteggiamento di fondo e dunque em-pirico. La verita e immanente, le cause e le ragioni deimoti sono immanenti alla natura stessa.

Con questi principii, armati della teoria generale delmetodo per trarre concatenazioni logiche e osservando ifatti naturali, il ragionamento deve riuscire a formare laconoscenza del mondo. In particolare ci interessano lesue concezioni sulla causa del movimento, la definizionedi ”forza”.

Le premesse sono buone, i risultati profondi e di gran-dissima generalita. Nella struttura generale Aristotelerivela le grandissime capacita di sistematizzazione egeneralizzazione. Costruisce la teoria del tutto ed hauna risposta a tutto; tutto viene organizzato da unamente potentissima: la teoria dell’essere, la logica, lafisica, l’astronomia, le scienze naturali. In queste ul-time, e specialmente nella biologia marina, Aristotelerivela le sue capacita di osservatore e sperimentatore.Nella geometria i postulati sono le proprieta generali

mentre i teoremi si classificano a seconda delle pro-prieta che realizzano (i concetti usati nellla loro di-mostrazione). Questo sara il modello delle classifi-cazioni nella biologia: il ruolo dei postulati e presodai grandi principii (respirazione, deambulazione, ripro-duzione etc) e i diversi animali sono classificati a sec-onda della realizzazione di questi principii generali. Alcontrario la matematica ha una funzione secondaria nelpensiero aristotelico.

Ma il ragionamento puro, in generale di caratterequalitativo e classificatorio, mai quantitativo, non portaa risultati validi: pur partendo da buone premesse diimmanenza si giunge a ”spiegazioni” puramente ver-bali (e non capita solo ad Aristotele e non capitavasolo allora). Giudicati col metro di oggi i suoi risul-tati non hanno valore conoscitivo: il ragionamento nonbasta. Servono fatti selezionati con attenzione e propos-ito ed osservati in modo da astrarre in difficili condizionii principii guida della conoscenza di quell’insieme difenomeni. Lo sappiamo da tutta la lenta evoluzionedella scienza moderna. Ma Aristotele deve conclud-ere, vuole formulare una teoria generale del tutto, glimancano la modestia di non trarre conseguenze troppogenerali da poche conoscenze e la pazienza di met-tersi umilmente a sperimentare per qualche centinaio dianni prima di scoprire qualcosa delle leggi della natura,con un atteggiamento comune a molti, soprattutto aicostruttori di sistemi filosofici ma anche a scienziati chegeneralizzano troppo in fretta, operazione sempre peri-colosa. Stiamo scherzando, naturalmente, guardandocon gli occhi degli scienziati moderni ai risultati di Aris-totele. Ma certo non c’ e alcun risultato del pensieroaristotelico che abbia alcun valore per la fisica modernao per le scienze naturali.

Tuttavia Aristotele ha costituito il punto di riferi-mento per la scienza medievale e fino al ’600. Nelmondo antico e medievale la discussione sulle ”forze”passava attraverso il quadro steso da Aristotele. Ac-cenniamo dunque sommariamente agli aspetti del suopensiero che trattano argomenti vicini a cio che oggichiamiamo fisica.

L’esposizione che segue tratta Aristotele ingiusta-mente: non sono esposte le analisi e i ragionamentiche lo conducono alle conclusioni. Non sono espostele capacita di osservazione che Aristotele mostra peresempio nella biologia. Non si possono apprezzare lesue immense capacita di organizzazione, sistemazionee classificazione. Vogliamo soltanto esporre le pocheargomentazioni che ci servono per il nostro fine (im-proprio ma assegnato): il concetto di forza nella storiadella scienza.

1.3 La vita.

Aristotele era nato nella piccola citta‘ greca di Stagira,sulla costa nord-est della penisola calcidica, nel 384 - 83a, C. da Nicomaco (della corporazione degli Asclepiadi,medico di Aminta di Macedonia) e da Festi, di Calcide(dove alla fine Aristotele si rifugio‘); entro nella scuoladi Platone a 18 anni e vi rimase per 20 circa, fino alla

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morte del vecchio filosofo. Considero sempre Platonecome il suo maestro; ma, come disse in un passo bennoto della Etica a Nicomaco, ”l’amicizia e la verita sonoentrambe care, ma e cosa santa onorare di piu la verita”.

Morto Platone era cessato il profondo legame conl’Accademia. Aristotele si reco in Misia dove, insiemead altri due scolari di Platone (Erasto e Corisco) ebbe laprotezione del tiranno Ermia, compagno all’ Accademiadi cui sposo una nipote e figlia adottiva, Pizia. (Pareche Pizia sia morta durante il periodo ateniese; poi Aris-totele contrasse un legame duraturo ed affettuoso conErpilli, di Stagira, da cui ebbe Nicomaco.) Tre annidopo si trasferı a Mitilene. Nel 343-2 a.C. Filippo, re diMacedonia, lo volle a Pella per assumere l’educazionedel figlio Alessandro che aveva 13 anni. Cosı Aristotelepote formarlo, conunicandogli tra l’ altro la convinzionedel valore della cultura greca, in grado di dominare ilmondo se posta sotto un capo unico.

Dopo la morte di Filippo Aristotele ritorno ad Atenefondando il ”Liceo” in un boschetto dedicato ad ApolloLiceo e alle Muse a nord - est della citta‘ ; esso com-prendeva gli edifici, il giardino e la passeggiata (il peri-pathos). Vi tenne corsi regola ri; l’amicizia del potentis-simo Alessandro metteva a disposizione mezzi di studioeccezionali che facilitarono le sue ricerche in tutte ledirezioni conosciute. Fu il suo periodo piu’ bello.

Alla morte di Alessandro, nel 323, l’insurrezione delpartito nazionalista ateniese contro il dominio mace-done lo obbligo a fuggire a Calcide, nella isola di Eubea.Lı, a circa 63 anni, morı nel 322 - 321 per una malattia,pare, allo stomaco.

Poco si sa del suo modo di vivere: una tradizione at-tendibile lo descrive calvo, con gambe sottili, occhi pic-coli, un leggero difetto di pronuncia, molto ben vestito.Aveva un temperamento, pare, beffardo e non ebbe at-teggiamenti ascetici.

I suoi scritti si dividono in due classi: quelli essoterici(diretti verso il pubblico) e quelli acroamatici, destinatialle lezioni. Questi ultimi vennero ritrovati, dopo lapresa della Grecia (-146), nella cantina dei discendentidi Corisco; portate a Roma da Silla, vennero pubblicateda Andronico da Rodi intorno alla meta del secolo Ia.C., soppiantando le opere essoteriche di cui oggi ciresta solo qualche frammento.

Tra gli scritti acroamatici troviamo le seguenti opere.Logica (15 libri).

Categorie: Interpretazione, Analitici primi (due libri),Analitici secondi (due), Topici (otto), Elenchi sofistici.Metafisica (14 libri scritti in tempi diversi).Fisica e Storia naturale: Lezioni di Fisica (ottolibri), Sul Cielo (quattro), Sulla generazione e la Cor-ruzione (due), Meteore (quattro), Storia degli Animali,Sulle parti degli Animali, Movimento degli Animali,Sull’Anima (tre), Parva Naturalia, Problemi (alcunicerto suoi).Etica etc.: Etica ad Eudemo (lo scolaro di Aristoteleche la edito), Etica a Nicomaco (suo figlio), Grande Et-ica, Politica (8 libri), Costituzione degli Ateniesi (unicarimasta delle 158); Economica, Retorica (3 libri), Poet-ica (ci e giunta solo in parte). Sono andate perdute leopere storiche sui Pitagorici e altri.

Sono considerati non di Aristotele gli scritti Econom-ica (secondo libro); Sulle linee indivisibili; Meccanismi;Fisiognomica; Retorica ad Alessandro; Melisso Seno-fane e Gorgia.

1.4 Logica e filosofia.

Il procedimento generale (che garantisce anche il valoredi verita delle scienze) e la logica che, considerata comebase generale della conoscenza, costituisce in realta unascienza nuova. Essa e basata sull’idea che le determi-nazioni fondamentali del pensiero (categorie) corrispon-dono esattamente alle determinazioni dell’essere. Essesono 10 (i 10 predicati): la sostanza, la quantita , laqualita, la relazione, il dove, il quando, lo stato in luogo,il possesso, l’azione attiva e passiva. In buona partela logica e basata sulle proprieta della frase nella lin-gua greca. Aristotele esamina quindi la proposizione ele concatenazioni di proposizioni (sillogismi‘ induzioni,processo della conoscenza) su cui non possiamo adden-trarci.

La filosofia, presupposto di tutte le scienze, ha peroggetto l’essere in quanto tale e quindi in primo luogol’essere in generale (teologia), poi le scienze delle realtaimmutabili (quinta essenza, relativa ai mondi celesti) equindi le scienze sublunari. Seguono le scienze pratichee quelle produttive.

1.5 Le scienze.

Le scienze sono classificate da Aristotele in teoretiche,che hanno come fine la conoscenza del necessario (leproprieta generali dell’essere), scienze pratiche (che mi-rano alla conoscenza del possibile come guida della con-dotta, p. es. etica, politica), e scienze produttive (chemirano alla conoscenza utile per produrre).

Le scienze teoretiche sono la metafisica, la fisica e lamatematica. La metafisica tratta delle cose che hannoun’esistenza separata e sono invariabili (sostanze cheesistono libere da qualsiasi connessione con la materiafisica), la fisica tratta delle sostanze separate ma muta-bili (cioe’ i corpi naturali, dotati di movimento e capacidi quiete), la matematica tratta di sostanze invariabiliche non hanno un’esistenza separata (numeri e figuregeometriche sono accidenti di sostanze).

1.6 La sostanza.

Aristotele rifiuta le dottrine sulla immutabilita dell’es-sere (illusorieta del cambiamento). L’essere esiste per see non in relazione ad altro e puo mutare. Non vi e con-traddizione tra essere e mutamento se si da all’”essere”un significato piu ampio che contiene il mutamento.

Aristotele rifiuta anche le spiegazioni basate sullapura quantita (estensione, geometria etc); la strutturadel mondo si basa su qualita diverse dell’essere.

La teoria della sostanza e mutuata dalla strutturadella frase greca: la sostanza e il soggetto dell’esistenza,

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il costituente fondamentale di ogni cosa concreta, e ilmodo essenziale di cio che esiste. Le altre partico-larita dell’essere sono attributi di quantita, accidenti,modi specifici dell’essere (non nel senso che non es-istono ma nel senso che non sono necessari). Essi stannoalla sostanza come gli aggettivi stanno al nome cui siriferiscono.

1.7 Cause: materiale, formale,efficiente e finale.

In ogni sostanza si possono riconoscere la causa mate-riale e la causa formale, elementi inscindibili, distintisolo nell’analisi, non esistenti separatamente. Esse pos-sono variare, cosı il pezzo di marmo e materia e forma(perche’ e sostanza esistente). La sua forma comprendeforme accidentali (la temperatura la posizione) e formeessenziali (gli elementi di cui e formato). A sua voltail blocco di marmo e materia nei confronti della statuache se ne ricava. Insieme a queste due esistono altredue cause: la causa efficiente (chi intende produrre laforma finale) e la causa finale (il risultato). In totaleabbiamo quindi 4 cause.

1.8 Potenza e atto.

Nella sostanza e in azione una coppia di contrari: lapotenza e l’atto. Ogni essere, ogni particolare sostanza,e sia potenza che atto: ogni corpo naturale contiene idue membri della coppia. E proprio l’introduzione diquesti due concetti che permette di superare il dilemmaantico tra essere e divenire. Una ghianda produce unaquercia: era nell’essenza della sostanza ghianda di con-tenere una quercia come potenza. A sua volta il seme eatto rispetto al frutto da cui proviene. L’introduzionedi questa coppia di principii permette di superare le dif-ficolta connesse al mutamento dell’essere. Il mutamentoe passaggio dalla potenza all’atto. Naturalmente nes-suna sostanza terrena e puro atto o pura potenza. Essae atto rispetto alla sua evoluzione passata e potenzarispetto alla sua evoluzione futura.

Va ricordata la visione del mondo in baseall’esperienza di un uomo del periodo. Le trasfor-mazioni essenziali osservate in natura sono quelle deigrandi eventi naturali di corpi naturali: la crescita, latrasformazione e la corruzione dei vegetali e degli an-imali, il variare dei fenomeni atmosferici, il moto dicaduta dei gravi, il fluire dell’acqua verso il basso, ilgalleggiare nell’acqua dei corpi piu leggeri. I moti fisicisono dominati dall’attrito. I carri sono lenti perchetrainati da forza animale e perche l’attrito domina ognifenomeno. Appena si cessa di spingere gli oggetti si fer-mano. Continuano soltanto i moti ”naturali”, la gen-erazione, la trasformazione, la corruzione (dell’essere),il moto di caduta o di ascensione. Questo e il quadrodel mondo fisico aristotelico (e degli antichi). In questecondizioni la nostra fisica non puo nascere.3

3C’e un lungo dibattito sulle ragioni per cui la scienza non si e

1.9 La fisica.

Passiamo rapidamente alla Fisica. La fisica di Aris-totele e la teoria dei mutamenti e delle loro cause, unacosa molto diversa dalla fisica di oggi. Essa viene es-posta in una serie di libri che coprono i diversi aspettidei mutamenti: si tratta dei trattati di Fisica (causee movimenti in generale), Cielo (movimenti celesti,natura degli elementi corporei e loro trasformazioni),Generazione e Corruzione (nascita e fine in generale),Meteorologia (mutamenti al di sopra della sfera ter-restre ma sublunari) e dell’insieme delle opere bio-logiche.

Ogni mutamento e un passaggio da una potenza adun atto. Come abbiamo spiegato, il risultato finaledi un passaggio e ancora una sostanza dotata sia dipotenza che di atto, poiche cio e nell’essenza dellasostanza. La potenza che si e trasformata in atto nonc’e piu ma c’e altra potenza che si trasformera. Cosıla pianta realizzata continua a mutare, alla fine muoree la sua sostanza continua a trasformarsi. In definitivala fisica aristotelica costituisce la teoria generale dellasostanza sub-lunare, cioe della natura, la cui caratter-istica e proprio il mutamento.

I moti considerati nella nostra fisica sono anch’essimutamenti, ma costituiscono un capitolo molto piccolodella teoria generale dei mutamenti in natura. La mec-canica dei proietti lanciati (i gravi) studia il cambia-mento di luogo, un particolarissimo tipo di mutamentotra tutti i mutamenti sublunari e tutto sommato nonmolto importante tra tutte le categorie di mutamenti.

Infatti esiste una conseguenza importante di questomodo qualitativo di concepire il movimento fisico comeun caso particolare di mutamento. La crescita di unapianta da un seme e il moto di un sasso sono ambeduetransizioni da potenze ad atti; ma il secondo e un movi-mento di tipo piu elementare. Ne segue che l’attenzionedi Aristotele si appunta sui movimenti come la crescita,la generazione e la corruzione, piu complessi e dunquepiui‘ importanti che il moto fisico di traslazione di unoggetto. Si instaura cosı una certa gerarchia dei moti incui il moto di traslazione dei corpi materiali e inevitabil-mente piu rudimentale e dunque meno interessante delletrasformazioni piu complesse cui vanno soggetti gli or-ganismi viventi e i sistemi complessi. Tra l’altro ricor-diamo che Aristotele in fatto di scienza sublunare hainteressi da biologo ben piu che da fisico e scarso inter-esse per le matematiche. Non bisogna infine dimenti-care che la nostra fisica, la caduta dei gravi soprattutto,e sacrificata ad un ruolo di scarso interesse da questa

sviluppata in periodi storici e aree geografiche diverse dal periodomoderno e dalla cultura europea. Forse la forza motrice fornitaa basso prezzo dagli schiavi nelle societa antiche ha impeditola formazione di un ceto di artigiani e costruttori indipendentie precisi come base dello sviluppo tecnologico; forse manca lospirito di precisione e intraprendenza (anche nella ricerca) chesi sviluppa soprattutto in ambiente puritano; forse e perche’ inCina manca lo sviluppo dei borghesi imprenditori e commerciantiche commissionino lo sviluppo scientifico; etc etc etc. E difficiledire. Non sappiamo capire e spiegare un fenomeno che capita,figuriamoci spiegare qualcosa che non capita! Sapreste spiegareperche in Italia non si fanno le corride?

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visione del mondo e dalla metodologia qualitativa cheAristotele usa sistematicamente.

1.10 La quiete; le cause del mu-tamento.

La natura sub-lunare e il regno del cambiamento. Lafisica e la scienza generale dei cambiamenti nella natura;lo studio delle sue cause deve dunque avere caratteregenerale.

Sembra che si possa distinguere trai corpi che si muovono da soli (gli animali) e gli al-

tri (gli oggetti inanimati). Ma a ben vedere anche imovimenti degli animali sono dovuti al loro nutrimentoe ai conseguenti desideri e sensazioni generati nel loroanimo dai cibi e dagli altri elementi di vita che gli ani-mali incontrano nella natura (l’aria o l’acqua per esem-pio). Gli oggetti inanimati sono mossi dalla rimozionedell’ostacolo al loro moto naturale e il moto terminaallo stato di quiete quando essi raggiungono il loro lu-ogo naturale. Cosı Aristotele enuncia un principio gen-erale della fisica: tutto cio che si muove in natura (cioe’nel mondo sub- lunare) viene mosso da qualcos’altro.

Ogni processo naturale ha un termine al quale si ar-resta, un punto di arrivo, una meta di luogo nel casodi movimento locale, un fine nel caso di mutamentopiu complesso, a cui il mutamento termina e si ha laquiete. Da questa quiete potra partire un nuovo mu-tamento, ma si tratta di altra cosa. Ogni processo haun termine, un punto di arrivo. La quiete e dunque lostato di un corpo non soggetto a cause di mutamento.Quali sono le cause?

(A noi questo interessa molto: se per ”forze” inten-diamo le cause avremo una risposta parziale al compitoche ci siamo assegnati).

Aristotele classifica le cause generali del mutamento.Certamente una causa e cio da cui una cosa si gen-era, il punto di partenza del mutamento stesso (causamateriale). Se non esistesse il soggetto non vi sarebbemutamento. Ma una causa e anche la forma, il puntodi arrivo, il modello a cui tende il mutamento (causaformale). Vi e poi l’agente immediato che produce ilcambiamento (causa efficiente). Infine, una causa e ilfine o scopo del cambiamento (causa finale).

Esempi. Se un albero cresce, la sua materia e la causamateriale, la forma finale del suo sviluppo e la causaformale, il nutrimento tratto dal terreno e la causa effi-ciente e l’albero sviluppato la causa finale. Se un arti-giano fabbrica una sfera di bronzo, il bronzo inizialee la causa materiale, la sfericita e la causa formale,l’artigiano la causa efficiente e la sfera di bronzo la causafinale.

In generale un evento ha mescolanze diverse di queste4 cause, la cui presenza e necessaria per realizzarel’evento. Aristotele continua a classificare relazioni tracause, a classificare cause prossime e cause remote,cause accidentali e cause generali.

Da questi pochi cenni vedete chiaramente che le causearistoteliche non hanno a che fare con il nostro concetto

di forza. Si situano in un ambito culturale diverso.

1.11 Il movimento; il luogo; iltempo.

Il movimento e un tipo speciale di mutamento. Nonogni mutamento e un movimento: la generazione (mu-tamento da un termine negativo al suo contradditto-rio) e la corruzione (viceversa) sono mutamenti ma nonmovimenti.

Il movimento aristotelico consiste in una trasfor-mazione continua, da un termine positivo a un ter-mine positivo, che attua parzialmente una potenzialita.Durante il movimento si ha un passaggio continuo at-traverso potenzialita che divengono atti; quindi altrepotenzialita cominciano ad agire. Caratteristica delmovimento e la sua incompletezza: finche il movimentodura le trasformazioni in atti delle potenzialita (relativeal movimento) della sostanza in moto non sono comple-tate; quando le potenzialita sono attuate il movimentotermina. Ne segue che il movimento deve avere cause;se queste sono assenti si ha quiete.

Gli elementi impliciti nel movimento sono cio cheproduce il movimento, cio che e mosso, la durata delmoto e cio verso cui e mosso. Esistono tre generi dimoto: rispetto alla qualita, alla quantita e al luogo.Quest’ultimo, il moto locale, e particolarmente impor-tante per noi. Solo il moto locale e continuo. Solo ilmoto locale circolare puo essere continuo ed infinito.

La concezione di ”luogo” e relazionale. Il luogo edefinito dai corpi, non e un ente indipendente da essi.Non esiste lo spazio indipentemente dai corpi reali equindi non esiste il vuoto ma solo i luoghi occupati daicorpi. Il luogo di un corpo A ”e il limite del corpocontenente il corpo A”.

L’argomentazione prosegue rilevando la non concepi-bilita del ”vuoto” come porzione di ”spazio” non oc-cupata da corpi (Aristotele non definisce lo spazio). Ilrazionalismo immanente subordina l”esistenza del lu-ogo a quella di un corpo che lo definisce e conduce anegare l’esistenza di spazio non occupato da corpi (ilvuoto).

Aristotele analizza anche il tempo. Esso e ”il nu-mero del movimento secondo il prima e il poi”. Unadefinizione interessante: gli eventi sono ordinati in unasuccessione, il tempo costituisce questo ordinamento epuo essere espresso mediante un numero. Il tempo nonriguarda solo il movimento ma ogni mutamento: gener-azione o corruzione, crescita, cambiamento qualitativoo moto locale.

1.12 ”Sul Cielo”: studio delmoto locale.

Il trattato Sul Cielo” e dedicato alla struttura delcosmo: al sistema astronomico e al movimento locale.

L’universo e un luogo strutturato, non uno spazio in-differenziato. Basandosi sulla teoria di Eudosso e di

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Callippo Aristotele descrisse un sistema di sfere con-centriche (47 o 55, a seconda che si tratti di Eudossoo di Callippo) per i corpi celesti. I moti circolari sonogli unici ad avere la proprieta di essere continui ed in-finiti. Inoltre la materia dei cieli non e, per Aristotele, lastessa del mondo sub- lunare: invece dei 4 elementi checostituiscono il mondo sub- lunare i cieli (dalla luna insu) sono costituiti da una quinta essenza incorruttibile.Essi sono privi di corruzione e generazione e dotati dipuri movimenti circolari.

Al di sotto della sfera della Luna abbiamo le 4 sferedegli elementi mutabili: fuoco, aria, acqua e terra,nell’ordine in cui i loro luoghi assoluti stanno ordinatidall’esterno verso il centro dell’universo a seconda dellaloro pesantezza. I moti locali sono continui ma noninfiniti.

La spiegazione dei moti ”naturali” dei corpi sublu-nari sta appunto nell’esistenza dei luoghi ”naturali”.Un sasso tende verso il centro dell’universo perche’ e ilsuo luogo naturale; il fuoco tende ad innalzarsi nell’ariaperche’ il suo luogo naturale e la sfera superiore a quelladell’aria, e cosi’ via.

L’argomento in favore dell’ordinamento naturalecome proprieta assoluta dei corpi si basa sul fatto chequantita diverse delle sostanze primitive si compor-tano nello stesso modo; un sasso piccolo non galleg-gia sull’acqua anche se il suo peso e minore di quellodell’acqua circostante, e cosı via. Ci sono dunque generidifferenti di materia ciascuna delle quali ha un luogo as-soluto nel cosmo in cui si trova in quiete.

Si vede che Aristotele abbandona uno dei due punticardinali della spiegazione dei moti naturali data daPlatone: (1) la terra e attratta verso la terra, il fuocoverso il fuoco, etc, per il principio che il simile tendeverso il simile; (2) ogni elemento ha un suo luogo natu-rale nello spazio. Nella visione di Aristotele il postulato(1) e un principio non immanente e quindi non accetta-bile.

Da questa impostazione generale (moti circolari, ma-teria diversa, primo motore) deriva una netta sep-arazione tra fenomeni sublunari e fenomeni celesti(che nella formulazione platonica era evitata perche’l’attrazione tra simili era generale). Le conseguenzedureranno a lungo, fino almeno a Keplero e verrannorimosse del tutto solo con la gravita newtoniana.

1.13 Dinamica; il vuoto.

I moti locali sono classificati in moti naturali (moti perraggiungere il luogo naturale: un sasso che cade) e motiviolenti (un sasso lanciato verso l’alto).

Si pone il problema del motore. Vediamo il caso delmoto ”naturale” di caduta di un grave. La causa mate-riale e formale della caduta sta nella natura del grave,nella causa, qualsiasi essa sia stata, che dette al gravela sua forma sostanziale e tutti gli attributi relativi.La causa efficiente e la rimozione dell’impedimento allacaduta, per esempio del sostegno, e il luogo naturale ela causa finale. I commentatori posteriori definirono lacausa formale come il motore lontano, la causa materi-

ale come il motore prossimo e la rimozione dell’ostacolocome il motore accidentale. Questo pare chiaro.

Meno chiara e la spiegazione dei moti violenti el’identificazione delle loro cause. Nella visione generalei moti violenti sono limitati spazialmente e temporal-mente. Al moto violento subentra il moto naturale: unsasso lanciato verso l’alto ritorna con moto naturale allaterra, la freccia esaurisce il moto violento e cade. I motiviolenti sono accidentali, non sono dovuti alla natura eAristotele vi dedica poco spazio.

Sarebbe sbagliato pensare a leggi quantitative delladinamica aristotelica (come avvenne per Newton). Maalcune sue affemazioni vennero riprese nel tardo MedioEvo e vale la pena di riportarle. Nella Fisica [libro VII,cap. 5, ed. Laterza, Bari 1968, p. 206] si legge:

Sia A il motore, B il mosso, C la lunghezzapercorsa, D il tempo in cui si attua il movi-mento. In un tempo uguale la forza ugualeA muovera la meta di B per il doppio di C,e muovera C nella meta di D: tale infattisara la proporzione. E, inoltre, se la stessaforza muovera lo stesso oggetto in questotempo qui secondo tanta lunghezza, e lomuovera secondo la meta della lunghezza nellameta del tempo, anche la meta della forzamuovera parimenti la meta dell’oggetto inuguale tempo secondo una lunghezza uguale.

Con ”motore” costante gli spazi sono proporzionaliai tempi (velocita costante). Se l’oggetto e la metala velocita sara doppia; quando la trazione o la spinta(il ”motore”) cessano, la velocita si annulla. Unosforzo dimezzato genera uno spostamento dimezzatonello stesso tempo (velocita dimezzata).

Introduciamo impropriamente la massa m per ”B”,la forza F per il ”motore”, s per lo spazio percorso, tper il tempo e v per la velocita. In termini moderni,ma sforzando il pensiero di Aristotele potremmo rias-sumere la frase precedente con le formule seguente:

v = s/t; F = kv.

In un passo precedente Aristotele si occupa del motonaturale verso il basso e discute la resistenza del mezzo[Fisica, libro IV, cap. 8, ed. Laterza, Bari 1968, p.100]:

... lo stesso peso e lo stesso corpo simuovono piu rapidamente per due cause: operche’ e differente cio attraverso cui l’oggettopassa (... acqua o terra o aria...) oppureperche’ l’oggetto spostato, qualora gli altri fat-tori siano gli stessi, differisce per l’eccesso delpeso o della leggerezza.

Ne e la causa il mezzo in quanto fa da at-trito [...]. E l’attrito e maggiore quando ilmezzo sia meno divisibile, ossia quando essoha una densita maggiore.

Sia dunque il corpo A spostato attraversola grandezza B [il percorso nel mezzo B] in un

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tempo Γ e attraverso la grandezza ∆ [il per-corso nel mezzo ∆] piu sottile in un tempo E:se la lunghezza di B e quella di ∆ sono ugualiil tempo sara proporzionato alla resistenza delcorpo che fa da attrito. [...]

Vi sara dunque, tra velocita e velocita lamedesima proporzione che intercorre tra l’ariae l’acqua: sicche’ se la sottigliezza e doppia ilcorpo percorrera la grandezza B in un tempodoppio che la grandezza ∆ e, quindi, il tempoΓ sara il doppio del tempo E. E sempre,quanto piu incorporeo e meno resistente e piudivisibile sara il mezzo attraverso cui l’oggettoe spostato, tanto piu velocemente esso saraspostato.

In termini moderni si potrebbe interpretare il passocosi’: siano v1, v2 le velocita di un grave in caduta indue mezzi di densita d1 e d2. Si ha

v1/v2 = d2/d1.

E il vuoto? un’applicazione della regola darebbe ve-locita infinita. Aristotele se ne rende conto:

Ma se lo spostamento attraverso il mezzo piusottile si compie lungo un dato tempo e at-traverso un dato percorso, lo spostamento at-traverso il vuoto supererebbe qualsiasi pro-porzione.

Ma questo e un paradosso perche l’infinito in attonon esiste nel mondo fisico. L’argomentazione rafforzala conclusione dell’impossibilita del vuoto.

1.14 I moti violenti.

Ma quali sono le cause dei moti violenti? La situazionee poco chiara per quanto riguarda il motore dopo laseparazione dal proiciente (arco o mano o calcio o cat-apulta etc.). Se nel caso dei moti naturali il motoree la natura del corpo fisico, nel caso dei moti violentiil motore deve essere esterno e agire per spinta o pertrazione. Non puo infatti agire a distanza. Che cosaspinge un sasso o una freccia nel volo?

Consideriamo il moto di una freccia. La causa mate-riale e chiara, cosı anche quella formale, si tratta dellacostituzione della freccia e dell’arco. La causa finale eil bersaglio. Ma la causa efficiente, che piu si avvic-ina al nostro concetto di causa e di forza, quale e edove risiede? Tutto cio che si muove viene mosso daaltro, dice un principio generale. Prima di scoccarla,la causa efficiente risiede certo nella tensione dell’arco.Ma dopo? Nella fisica aristotelica non c’e posto perazioni a distanza. Un corpo agisce su di un altro perspinta o trazione, e questo avviene solo se i due corpisono contigui. Ma allora la causa efficiente che fa muo-vere la freccia dopo il distacco deve risiedere nell’aria.

Che cosa spinge un sasso dopo che la mano l’ha lan-ciato, o una freccia scoccata dall’arco? Aristotele dice[Fisica libro IV, cap. 8, p.99]:

Inoltre i proiettili si muovono ancora benche’non li tocchi piu colui che li ha lanciati, esi muovono o per reazione, come dicono al-cuni [Platone] oppure perche’ l’aria, spinta,spinge a sua volta con un moto piu veloce diquello spostamento del corpo spinto in virtudel quale il

corpo stesso viene spostato verso il suo proprioluogo.

Si tratta del ”moto peristaltico”. Il problema delmoto violento in assenza di motore evidente saralungamente dibattuto nel tardo Medio Evo, quandol’impostazione generale aristotelica costituira il quadrodi riferimento delle facolta universitarie ecclesiastiche.Ma bisognera attendere un nuovo ambiente sociale(costruttori, artigiani e scienziati) e una nuova scienzache abbandonera l’aristotelismo perche si possa fondareun nuovo quadro culturale per il concetto di forza.

Questi pochi cenni aiutano a comprendere il mondodella dinamica di Aristotele. Il mondo osservativo edominato dagli attriti: le velocita degli oggetti si estin-guono piu o meno rapidamente quando cessa l’azione;il moto di un corpo in caduta avviene in un mezzo avelocita costante.

Una nota di riflessione. La scienza aristotelica e lasua fisica sono sorpassate e possono essere oggetto diironia, specialmente in una classe di scuole secondarie.Cio e ragionevole e puo essere condiviso a patto di ri-cordare di quante altre ”teorie” dovremmo ridere e daquante dottrine ”razionali” odierne dovremmo caute-larci se le dinamiche dei fenomeni non sono basate suragionevoli conoscenze scientifiche. Provate a fare unelenco e provate a trovare gli atteggiamenti anti sci-entifici anche nella societa contemporanea. Con cosasostituire la conoscenza scientifica? perche’?

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Chapter 2

Aristotele nel Medio Evo.

2.1 Aristotele dopo il Mille.

Il problema della continuazione del moto violento detteluogo a molte contestazioni. L’alessandrino GiovanniFilopono (c. 490 - 570) e un esempio di dissenso sui temidella fisica e dell’astrofisica. In particolare egli nega cheun corpo cada piu o meno velocemente a seconda delsuo peso e respinge la spiegazione che il mezzo ambi-ente fornisca la spinta quando cessa la spinta del mo-tore principale nel moto violento, sostenendo che vieneimpartita al proiettile una certa forza motrice immate-riale. Questa questione verra ripresa dai commentatorimedievali. Ma fino al 1000 poco resto di Aristotele: al-cune opere di logica tradotte in latino da Boezio (di cuisi avevano anche i commenti alla logica). Pero le sueopere erano ben note in Medio Oriente (Siria) e conla conquista araba vennero tradotte e diffuse nell’areadella cultura araba.

Intorno al 1000 la situazione comincio a cambiare.Un certo numero di trattati fu rifatto in traduzioni la-tine spesso compiute da studiosi vaganti che in monas-teri spagnoli avevano acquistato conoscenza della linguaaraba.

Nel dodicesimo e nel tredicesimo secolo l’onda ditraduzioni si accrebbe. L’Occidente riscoprı questeopere con le traduzioni dall’arabo e dal greco (special-mente dopo la conquista di Costantinopoli da partedei Crociati nel 1204). I centri furono la Spagna, inparticolare la scuola di traduttori di Toledo, e la Si-cilia. Dall’arabo si tradussero l’Aritmetica, le Tav-ole Astronomiche e l’Algebra di al-Khwarizmi [tra il1126 e il 1145], l’Ottica di Ibn al-Haitham [XII se-colo], l’astronomia di al-Bitruji [1217], la Fisica diAristotele [XII secolo], gli Elementi di Euclide [1126forse], le Coniche di Apollonio e il trattato sul Cer-chio di Archimede [XII secolo], l’Almagesto [1150 circa]e l‘Ottica di Tolomeo [1175]. Dal greco la Metere-ologia [forse nel 1156], la Fisica [nel XII secolo e nel1260] e la Metafisica [XII secolo e 1270 circa] di Aris-totele, l’Ottica di Euclide, molti lavori di Archimede[1269], la Pneumatica [XII secolo] e la Catottrica [dopoil 1260] di Erone, l’Almagesto di Tolomeo [intorno al1150]. Dall’arabo ancora vennero tradotti il Com-mento ad Aristotele di Averroe e l’opera di Avicennache conteneva la parte geologica e chimica delle operedi Aristotele. In quel periodo furono anche tradottele altre opere classiche destinate a costituire la base

dell’insegnamento, tra cui Apollonio da Perga, Galenoe Ippocrate.

Questa cultura si innesto su un mondo occidentale insviluppo sia nei commerci che nelle istituzioni culturali.E degli anni intorno al 1200 la fondazione delle Univer-sita, delle quali bisogna ricordare che, profondamentediverse da quelle moderne, erano rette da religiosi ecomprendevano le facolta di Teologia, di Giurispru-denza e di Lettere e Arti.

Questo corpo di conoscenze classiche, ed in partico-lare il pensiero di Aristotele, si presentava come unquadro coerente, razionale di ogni aspetto generaledell’universo basato sulla conoscenza delle cause nat-urali, molto piu completo ed attraente rispetto alla cul-tura paleo medioevale preesistente. In particolare leopere di Aristotele non costituivano solo una teoria sci-entifica ma una concezione del mondo che comprendevatutto l’”essere” nellle sue diverse forme.

Il pensiero aristotelico era in generale poco compati-bile con le dottrine cristiane. Era una filosofia priva dirivelazione da cui era assente ogni trascendenza ed ognicontenuto religioso. Alcune teorie in particolare, comel’eternita del mondo, contrastavano direttamente conla dottrina cristiana. Il Commento di Averroe (1126- 1198) avvicinava s‘ıAristotele alla trascendenza ma,nella visione maomettana, ne interpretava il razional-ismo per negare il libero arbitrio (umano e divino ) enegare l’esistenza delle anime individuali. Si ripetevail problema della Patristica dell’incontro tra il razion-alismo greco e la rivelazione cristiana. Agostino (354- 430) sosteneva che la pura ragione non permette lacomprensione dell’esistente e che sia l’esperienza che larivelazione sono necessari; chiarı che non puo esservialcuna contraddizione di fondo tra le due fonti e chediscrepanze apparenti sono dovute alla necessita delleScritture di essere capite: in esse i riferimenti ai par-ticolari del mondo fisico sono accidentali. Ma natural-mente, continuava Agostino, se i filosofi insegnasseroqualcosa di contrario alle Scritture, cioe alla interpre-tazione che di esse da la Chiesa di Roma, essi sarebberoper cio stesso nel falso e la dottrina sarebbe in grado didimostrarlo sulla base appunto della Rivelazione.

Sorgeva il problema del rapporto tra le due fonti,problema che la Chiesa ha trascinato per secoli convicende alterne e drammatiche. Aristotele apparivarazionalmente attraente ma incompatibile col pensierocristiano e pericoloso per la vera religione. Le sue tesi

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furono condannate in piu luoghi e in diversi tempi.Nel 1210 a Parigi il Consiglio Ecclesiastico Provincialeproibi’ l’insegnamento dei principii della filosofia dellanatura e nel 1215 anche la lettura pubblica delle operemetafisiche e naturali. (Va detto che il bando riguar-dava Parigi e non altre giurisdizioni eccelsiastiche e noncondannava lo studio individuale delle opere di Aris-totele.)

Ma il suo pensiero non poteva essere facilmentetrascurato. L’attrazione verso il suo pensiero era for-tissima per via della sistemazione organica di tutto loscibile, dalla teoria generale dell’essere alle regole dellaconoscenza. Lo stesso papa Gregorio IX incarico unacommissione di rivederne le opere di filosofia naturale.Nel 1255 alcune sue opere costituivano materia di esamealla stessa facolta delle Arti di Parigi mentre ad Oxfordlo studio delle opere di Aristotele non incontrava oppo-sizione ma anzi fu incoraggiato dal francescano RobertoGrossatesta (1168 - 1253), prima lettore in quella uni-versita e poi vescovo.

2.2 Il rientro dell‘aristotelismo.

Il raccordo del pensiero aristotelico con la dottrina dellaChiesa fu dovuto essenzialmente ad Alberto Magnoe soprattutto a Tommaso d’Acquino. Questo ultimocompı la grande operazione di incorporare le dottrinearistoteliche nel quadro generale della teologia cris-tiana. Da allora in poi la filosofia aristotelica si dif-fuse nelle universita, specialmente in ambienti domeni-cani dalla teologia di impronta razionale (la tradizionefrancescana si collegava piuttosto a certi aspetti misticidell’agostinismo).

La brillante sintesi di Tommaso permise di recuperarela visione del mondo e la capacita classificatoria e logicadel grande pensatore e stabilı in generale un’unita tra lafede e la scienza. Ma aveva due facce. Essa garantivauno statuto al razionalismo ed alla scienza e addirit-tura sosteneva che non poteva esistere incompatibilitatra scienza e fede. Ma questa affermazione implicavache dovessero andare d’accordo, e natrualmente in casodi discrepanza doveva prevalere l’interpretazione dellaChiesa.

Inoltre con questa operazione culturale la Chiesa sisobbarcava, non necessariamente ma in pratica pesan-temente, di tutta la cosmologia e la fisica aristoteliche:cosmologia geocentrica, dottrina dei 4 elementi, teo-ria dei moti locali e dei luoghi naturali, negazione delvuoto, dinamica e cosı via. Ogni attacco alla fisica aris-totelica fu quasi necessariamente interpretato come unaminaccia per il magistero stesso della Chiesa.

E interessante notare che ancora nel 1277, dopo lamorte di Tomaso, il vescovo di Parigi Etienne Tem-pier condanno 219 tesi filosofiche e scientifiche, tracui l’interpretazione averroista del pensiero aristotelico,determinista, che negava la resposabilita indivuale el’identita individuale stessa.

Il decreto del 1277 esercito forte influenza alla Univer-sita di Parigi. Tra l‘altro secondo alcuni storici attualiquesta condanna mantenne la possibilita di contestare

Aristotele senza che la dottrina cristiana fosse messa indubbio. Ne approfittarono nel Medio Evo soprattuttoalcuni filosofi di parte francescana come Ockham, Rug-gero Bacone e lo stesso Grossatesta che si ispirarono aifenomeni luminosi e all’Agostinismo per sviluppare unapproccio ai fenomeni fisici distaccato dal razionalismoaristotelico. Ma la Chiesa come tale non aveva espressoalcuna opinione. Il decreto stesso venne poi revocato,nel 1325.

Gli inglesi Grossatesta [circa 1175 - 1253] e RuggeroBacone [circa 1214 - 1292], lo slesiano Vitellio [nato in-torno al 1230] e Teodorico di Freiberg discussero parec-chio di ottica.

Ma questa e un’altra storia. Noi dobbiamo tornareal concetto di forza.

2.3 Il dibattito sul moto nel XIVsecolo.

Nell’ambito della fisica aristotelica il moto locale era unpunto debole e la sua causa fu discussa dagli scolasticimedievali.

Gli aristotelisti puri da buoni razionalisti dovevanoidentificare la forza in una azione di contatto e nellanatura sostanziale dei corpi, non in improponibili azionia distanza; queste erano invece contenute in, o suggeriteda, uno schema filosofico alternativo che si riconoscevain Platone. La discussione oscillava in generale tra variipunti di riferimento. Continuo ad essere viva la con-cezione platonica del moto naturale come tendenza deicorpi a ”riunirsi al simile”. Si trattava di una sorta di”azione a distanza” (respinta da Aristotele) che soprav-viveva e fu all’origine di ispirazioni anche per Copernicoe per Keplero, come vedremo. Un’altra forma di azionea distanza fu sostenuta da San Bonaventura: la repul-sione della materia da parte delle sfere celesti.

In generale bisogna osservare che il platonismo fuun modello di pensiero anti aristotelico che valutava ilmondo delle idee, la matematica, la geometria, e ponevai concetti in posizione privilegiata ed indipendente dalmondo della materia; quindi concetti come lo spazio e iltempo possedevano un’ontologia indipendente e prece-dente, gerarchicamente, alla materia stessa. Cosı ilplatonismo serpeggiava in tutta la storia della culturaporgendo argomenti agli oppositori del pensiero aris-totelico, dai neoplatonisti del periodo alessandrino amolti francescani (mentre gli ambienti domenicani er-ano favorevoli ad Aristotele).

Nello sviluppo della meccanica moderna questo filonedi pensiero anti aristotelico ebbe un ruolo importantenella formazione culturale sia di Galileo che di Newton.Ma gia prima, con lo svolgersi del XIV secolo, le scuoledi scienza, sviluppate in modo originale, cominciaronoa muoversi in modo indipendente.

La scuola di Merton (Bradwardine c. 1290 - 1349,Heytesbury c. 1350, Swineshead c. 1340 - 1350 e Dum-bleton c. 1330 - 1350 furono i membri piu prominenti)discusse il problema del moto nello spazio e nel temposeparando l’aspetto cinematico (trattato a lungo) da

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quello dinamico. Pure in assenza di metodi differen-ziali che dessero una definizione logica di velocita istan-tanea (e di sistemi astronomici, considerati forse essen-zialmente diversi) questi personaggi svilupparono molteidee; tra queste anche la cosiddetta relazione del Mer-ton College: se s e la distanza percorsa in un tempo tin cui la velocita aumenta da v0 a v1, si ha

s =(

vo +v1 − v0

2

)t .

Di questo teorema esistono molte prove nei varii lavoridella Scuola.

Jean Buridan (c.1300 - c. 1360), rettore della Sor-bona, rifiutava la spiegazione della spinta dell‘aria neimoti violenti adducendo varie osservazioni fisiche; resp-ingeva anche la spiegazione della caduta libera versoil luogo naturale perche’ il motore deve accompagnareil moto. Sviluppo invece una teoria (dell‘impeto): ilmotore originale (la mano, l‘arco, la forma sostanziale)imprime al corpo un certo ”impeto” che lo fa muoverefinche’ non si esaurisce per l‘azione di altre forze. Neiproietti l‘aria smorza l‘impeto; nei corpi in caduta lib-era la loro gravita naturale accresce l‘impeto; la suamisura e data dalla quantita di materia moltiplicataper la velocita. Sarebbe inutile pero cercare in Buridan(e in tutti gli altri) un precursore della inerzia galileianae newtoniana. In lui agiva il principio aristotelico dellaproporzionalita tra la causa (l‘impeto) e l‘effetto (la ve-locita).

Nicola Oresme (c. 1320 - 1382) intorno al 1350 inseg-nava alla Universita di Parigi. Fu un suo grande meritolo sviluppo di un metodo grafico per rappresentare lavariazione delle qualita. Supponiamo che la velocita diun corpo in un dato intervallo di tempo sia visualiz-zata mediante una distanza chiamata longitudine. Unistante di tempo t e rappresentato da un punto P suquesta distanza. Da P si estende una linea perpendi-colare alla longitudine, con una lunghezza uguale allavelocita del corpo al tempo t (di nuovo in unita arbi-trarie). Questa linea e la latitudine. L‘insieme delle lat-itudini copre un’area definita del piano e definisce unafigura che Oresme chiama ”configurazione” del moto.

Un moto uniforme corrisponde ad una configurazionerettangolare, un moto con accelerazione costante cor-risponde ad un trapezio (un triangolo se la velocita in-iziale e nulla). In questo modo ogni distribuzione di ve-locita rivela immediatamente un certo numero di fattisul movimento in questione.

Mediante questo metodo si riuscı ad ottenere unadeterminazione geometrica della distanza percorsa dalcorpo in movimento. Oresme suppose (senza prova)che la distanza fosse proporzionale all‘area anche perun moto vario.

Oresme uso questo metodo anche per notare errorie sbagli in molti argomenti semi matematici di Aris-totele. Provo tra l‘altro che, diversamente da Aris-totele, il moto per un tempo infinito puo attraversareuna distanza finita; per questo uso il caso speciale di uncorpo che ha velocita v il primo giorno, v/2 il secondo,v/4 il terzo e cosi’ via. La distanza complessiva e data

das = v(1 +

12

+14

+ ...)

e si prova geometricamente che la somma complessivae finita ed eguale a 2v. Il metodo aveva carattere gen-erale e valeva anche per aspetti non meccanici tra cuila psicologia e la stessa teologia.

Per il filosofo Guglielmo di Ockham (c.1290 - c. 1349)invece la forza non era necessaria: egli riteneva che ilmoto presupponesse soltanto un corpo materiale che sitrova in posti diversi in differenti istanti. Un corpo simuove e questo e tutto. Questa opinione estrema futalvolta interpretata recentemente come la prima intu-izione della legge di inerzia; ma il testo non sostienequesta conclusione. Quasi tutti i filosofi naturali tre-centeschi sostennero invece la necessita della forza percausare il moto; il loro problema era il tipo di moto chederiva da una forza data.

Ma sarebbe troppo lungo seguire tutto il dibattitomedievale e rinascimentale sulle cause, sul moto vio-lento e su quello naturale. Tralasciando gli sviluppiintermedi passeremo a discutere di Copernico, Kepleroe Galileo e a formulare la dinamica newtoniana.

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Chapter 3

Copernico.

3.1 Gli inizi di Copernico.

Nicolo Copernico nacque il 19 febbraio 1473 a Torun (oThorn) nella Prussia polacca. Il padre, anche lui Nicolo,ricco borghese, vi si era stabilito da Cracovia e avevasposato Barbara Watzelrode che discendeva, pare, dallaSlesia. A 10 anni, perduti i genitori, Nicolo Copernicofu adottato col fratello Andrea dallo zio materno, LucaWatzelrode, canonico del capitolo di Frauenburg, chenel 1489 divenne vescovo di Warmia (Ermland). Lozio, persona assai colta che aveva anche studiato in unauniversita‘ italiana, se ne prese grandi cure. Nel 1491Copernico fu da lui iscritto all’universita di Cracoviadove rimase tre o quattro anni. Sembra che vi abbia se-guito il curriculum della Facolta delle arti orientato alladialettica e alla filosofia. Si interesso profondamenteanche all’astronomia benche non fosse un astronomo”tecnico”: era piuttosto un ”umanista”: artista, eru-dito, intellettuale e anche uomo di azione.

Partı per Bologna alla fine del 1496, iscrivendosi il6 gennaio 1497 alla nazione germanica di cui facevanoparte d’ufficio gli slesiani e i prussiani. A quel temponon esistevano problemi, la nozione stessa di nazioneera vaga; inoltre la nazione germanica lı era privilegiata.A Bologna Copernico conseguı il titolo dimagister ar-tium in un anno e proseguı certamente lo studio della as-tronomia, benche il celebre astronomo Domenico Mariada Novara (1454 - 1504) lo considerasse non tam discip-ulus ma piuttosto quam adiutor et testis observationum.Oltre al diritto seguı altri studii tra cui medicina efilosofia e imparo il greco. Subı fortissima l’influenzadella mentalita del rinascimento e fu ispirato dal neo-platonismo e pitagorismo che aveva il centro a Firenze.Nel 1500, anno del Giubileo, si reco a Roma dove, cidice Retico, tenne una serie di conferenze sulle matem-atiche (pare si sia trattato di astronomia).

Nel frattempo lo zio era riuscito a farlo eleggerecanonico della cattedrale di Frauenburg (probabilmentenel 1497). Nel 1501 Copernico torno, per poco, in Polo-nia. Ricevuto il 27 luglio 1501 il permesso di studiaremedicina, si reco di nuovo in Italia, a Padova. A Fer-rara (il 31 maggio 1503) conseguı il dottorato in DirittoCanonico mentre a Padova continuo a studiare medic-ina senza peraltro addottorarsi. Nella seconda meta del1503, pressato, dovette raggiungere la sua diocesi pernon piu abbandonarla (secondo altri ritorno in patriasolo nel 1506).

A Frauenburg divenne amministratore dei beni delcapitolo; fu poi nominato delegato permanente ad Al-lenstein, o Olstyn. Visse a Heilberg con lo zio fino allasua morte, nel 1512, poi si stabilı a Frauenburg.

3.2 Il Commentariolus.

Preso da molti continui problemi, Copernico non ebbemolto tempo libero per meditare e calcolare; dovette,tra l’altro, occuparsi delle difese delle citta comp-rese nella diocesi, in particolare di Allenstein, attac-cata dalle truppe di Alberto di Hohenzollern nel 1520.Scrisse anche lo schema sulla Moneta che presento aGraudenz nel 1522. Fu cosı che il suo trattato De Revo-lutionibus Orbium Coelestium crebbe molto lentamente.

Sembra che lo schema fosse nato presto, prima cheCopernico lasciasse l’Italia; ma grosso modo il De Rev-olutionibus fu terminato, nelle linee fondamentali, nonprima del 1530 e non dopo il 1532 (l’apogeo di Veneredi quell’anno e le vicende posteriori non vi apparvero),anche se vi furono certamente aggiornamenti posteriori.

Prima del De Revolutionibus Copernico aveva com-posto una breve esposizione, il Commentariolus1 in cuisi trovano molti motivi che saranno sviluppati nel DeRevolutionibus. Di questo breve trattato furono speditea pochi amici fidati solo alcune copie. Copernico nonvoleva infatti render pubblico ne l’uno ne l’altro.

Ma qualche notizia si sparse. Nel 1539 giunse aFrauenburg un giovane professore protestante di Wit-tenberg, Giorgio Joachim Retico, che aveva sentito par-lare delle nuove teorie di Copernico.2 Ne fu conquis-tato. Poche settimane dopo scrisse al matematico e as-tronomo Johann Schoner una lunga lettera in cui oltrea fornire molte notizie su Copernico gli annunciava cheavrebbe pubblicato rapidamente una esposizione dellesue tesi. La Narratio Prima apparve subito, anonima,

1De hypothesibus motuum coelestium a se constitutis com-mentariolus, composto alcuni anni dopo essere tornato dall’Italia.

2Giorgio Joachim Lauschen, detto Retico perche provenivadalla Rezia romana, era nato il 16 febbraio 1516 a Feldkirch.Studio a Zurigo; fu poi, protestante, a Wittenberg dal 1532.Tra il 1539 e il 1540 fu nella Prussia cattolica, dove fu trat-tato molto bene. Di nuovo a Wittenberg nel 1540, tenne corsisull’astronomia di al-Farghani, di Tolomeo e di Sacrobosco. AWittenberg nel ’42 fu nominato decano della Facolta delle artima nello stesso anno accetto una cattedra a Lipsia dove restofino al 1551. Nel 1557 era a Cracovia. Morı nel 1574.

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a Danzica ed ebbe un grande successo. Due anni dopouscı a Basilea un’altra edizione.

3.3 Il De Revolutionibus.

La reazione era stata molto favorevole e Copernico, di-etro consiglio degli amici, si risolse infine a pubblicareil trattato. Cosı Retico torno ad Allenstein nell’estatedel 1541 e vi preparo la versione finale. Ma poi, nel1542, dovette partire per Lipsia e passo l’incarico

finale ad Andreas Osiander, ben noto teologo luter-ano. Costui, cui era nota la rabbia dei teologi protes-tanti per queste cose, il 20 aprile 1541 aveva proposto aCopernico di premettere una prefazione in cui procla-mava il carattere ipotetico della nuova teoria:

Al lettore sulle ipotesi di quest’opera.Dubito che taluni – essendosi gia dif-

fusa la notizia delle novita delle ipotesi diquest’opera [...] – si indigneranno moltissimoe giudicheranno che non si debbano sconvol-gere le discipline liberali ben costituite giada lungo tempo. Se pero vorranno esam-inare per bene la questione, troveranno chel’autore di quest’opera non ha intrapreso al-cuna cosa che meriti biasimo. E infatti com-pito dell’astronomo raccogliere, per mezzo diun’osservazione intelligente e abile, la storiadei moti celesti. Quindi, non essendo in gradodi stabilire le cause vere, egli deve escogitaree inventare cause e ipotesi che gli permet-tano di calcolare esattamente quei moti [...]in base ai principii della geometria. L’autoredi quest’opera ha assolto entrambi questi com-piti in maniera eccellente. Poiche non e nec-essario che tali ipotesi siano vere, anzi nep-pure verosimili, ma basta che offrano dei cal-coli conformi all’osservazione. [...]

La risposta di Copernico non ci e nota ma Keplerososteneva che Copernico proclamo anche in quel caso lanecessita di pubblicare apertamente le proprie opinioni.

Il trattato fu pubblicato a Norimberga per i tipi diGiovanni Petreio. Copernico ricevette il primo esem-plare stampato il 24 maggio 1543, nel giorno in cui morı.Tre giorni dopo Tiedemann Giese, vescovo di Kulm,scrisse a Retico una lettera indirizzata ai magistratidi Norimberga in cui chiese di far ristampare le primepagine del De Revolutionibus con una nota esplicativa.Retico da Lipsia vedeva le cose in modo diverso daGiese a Kulm: fece pervenire a Norimberga la protestadi Giese ma senza intervenire direttamente. Richiesepero ad Osiander, ed ottenne, il riconoscimento dellapaternita di quella prefazione. I magistrati a loro voltatrasmisero la lettera di Giese al libraio Giovanni Petreioche rispose insolentemente. La questione si chiuse cosı.

Nella bellissima lettera di dedica che compose per ilpapa Paolo III Copernico confessava la paura di venirecondannato da certe persone per aver proposto idee ap-parentemente assurde sulla costituzione dell’universo ed

espose le sue esitazioni a pubblicare l’opera; ma con-cluse difendendo con vigore e fierezza la propria po-sizione: gli ignoranti devono infine tacere; mathematicamathematicis scribuntur. L’incapacita dei vecchi sis-temi di rappresentare i movimenti apparenti restandofedeli al principio dei moti circolari uniformi dei corpicelesti lo indusse a credere che i ”matematici” avesseroassunto qualche postulato sbagliato. Scorsi tutti i libripossibili e confortato dal movimento della Terra, Coper-nico riuscı a spiegare i veri moti in maniera semplice[disse] ottenendo un universo perfettamente organiz-zato:

Rapportando i moti dei pianeti al moto or-bitale della Terra e prendendo questo per basedella rivoluzione di ciascun astro ne derivanonon solo i moti apparenti di questi ma anchel’ordine e la dimensione di tutti gli astri edorbi, e nel cielo stesso si trova una connessionetale che non si puo cambiar nulla in nessunadelle sue parti senza che ne derivi una confu-sione di tutte le altre e dell’intero universo.

Sembra che Copernico fosse stato colpito dal fatto cheil periodo di rivoluzione del deferente dei pianeti interniera uguale ad un anno tropico e quello degli epicicli deipianeti esterni era uguale al loro periodo sinodico. Perfare questo pero era necessario che il deferente venisseespresso in termini di anno solare del pianeta e noncome rapporto tra deferente e pianeta; e analogamenteper gli epicicli dei pianeti esterni; un compito che siaddiceva certo a Copernico.

Copernico escluse che esistessero equanti matem-atici privi di contenuto fisico. L’immagine schematicadell’universo deve essere semplice e seducente.

Ma il numero di cerchi di ogni singolo pianeta erain realta molto simile. La Terra per esempio ne ha 8e anche gli altri pianeti ne possiedono molti. Il motoorbitale della Terra sostituisce il moto del pianeta sulsuo epiciclo, ma il resto si equivale. Paradossalmentele teorie di Mercurio e di Venere sono altrettanto com-plesse che in Tolomeo, mentre quelle della Luna e deipianeti superiori sono leggermente piu semplici: per laLuna bastano 2 epicicli concentrici, per i pianeti esternine basta uno.

Per ottenere un risultato nuovo bisogna dunque con-siderare non un pianeta per volta ma tutto l’insieme:poiche l’orbe in moto della Terra si sostituisce agli epi-cicli di tutti i pianeti, il guadagno esiste, anche se infondo si riduce a 5 soli epicicli perche Copernico, cherifiutava di accettare gli equanti, dovette introdurre unepiciclo supplementare per ogni pianeta.

Ma la superiorita vera sta nell’uniformita e nella sis-tematicita che permettono di spiegare le irregolarita deimoti apparenti dei pianeti come un effetto di prospet-tiva. E inoltre si ha concordanza tra le distanze deipianeti dal Sole e i loro tempi di rivoluzione; quie evidente la superiorita dell’astronomia copernicana.Tolomeo presenta sı le determinazioni di distanza, maesse sono del tutto casuali: si potrebbero scambiare leposizioni dei pianeti senza che niente variasse, mentre

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le distanze di Copernico sono perfettamente distribuite.In Copernico si comprendono molto bene le posizionidei pianeti che sono collegati al Sole, non alla Terra.Sfortunatamente questo universo, che era grande maragionevole per la fisica antica, diventa immenso perCopernico. Sono punti di vista inconciliabili.

In realta gli aristotelici e Copernico avevano inter-essi e aspettative essenzialmente diversi. Per i primi lagravita porta al centro dell’orbita terrestre; la Terra egrave ed inerte mentre i cieli sono immuni da ogni pe-santezza. Secondo costoro per muovere la Terra sarebbenecessario un motore esterno di immensa potenza. LaTerra e grave e tende al centro del mondo. Invece icieli per loro natura si muovono senza motori materiali,essendo mossi da pure entita spirituali. Aggiungiamoche il mondo degli aristotelici e finito e non particolar-mente grande. Invece per Copernico valeva l’opposto:la gravita non e la tendenza dei gravi al loro luogo nat-urale nell’universo ma la tendenza di ogni corpo celeste(e della Terra) a formare un tutto. Naturalmente ciosi paga con una visione sı uniforme del mondo, ma im-mensamente piu ampia e quindi non accettabile dagliaristotelici. Tra l’altro, se la Terra si muove, e quindianche il cielo piu esterno varia durante l’anno, comemai non si vedono le variazioni delle stelle?

La ragione fondamentale e che per Copernico lagravita non costituiva una tendenza al centro dellaTerra ma era la tendenza di ogni corpo celeste (e inparticolare anche della Terra) ad unirsi. All’obiezionefisica che la rotazione della Terra dovrebbe generare unaenorme forza centrifuga che la disintegrerebbe Coper-nico, che dei cieli aveva una visione ben diversa, repli-cava che si dovrebbe usare una obiezione molto mag-giore se si muovessero i cieli.

Si trattava dunque di punti di vista essenzialmentenon conciliabili: per la fisica antica il moto naturaledi un corpo era determinato dalla natura specifica chee la forma sostanziale definita, mentre in Copernicoquesta funzione e svolta dalla forma geometrica. Perlui dunque i corpi celesti ruotano perche sono sferici.La forma sferica, geometricamente perfetta e per via diquesta perfezione ricercata da tutti i corpi naturali, nonsolo e piu adatta al movimento ma e una causa suffi-ciente perche genera il piu perfetto e piu naturale deimovimenti, quello circolare. Questo e dunque il verosistema del mondo.

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Chapter 4

Keplero.

4.1 Il Mysterium Cosmograph-icum.

Giovanni Keplero (il suo nome era Johann Kepler)nacque il 27 dicembre 1571 (vecchio stile) a Weil, nelWurttemberg, da un padre militare di ventura e da unamadre figlia (scapestrata) del borgomastro. Benche’avesse un fisico gracile e problemi alle mani (e la suavista fosse ridotta) riuscı a fare gli studi, dapprima aLeonberg dal 1577, poi ad Adelberg e negli ultimi dueanni a Maulbron. Si iscrisse all’universita di Tubingennel 1588. Ivi segui‘ tra gli altri gli insegnamenti difilosofia di Vitus Muller dal quale pote‘ ricevere sug-gerimenti in senso platonico e pitagorico. Apprese an-che il greco. Sotto l’influenza del suo maestro MichaelMaestlin aveva concepito una passione molto vivace perl’astronomia ma intendeva diventare pastore. Nel 1594pero venne fatto il suo nome a succedere a Georg Sta-dius e Keplero accetto, ritenendo che si trattasse di unasistemazione provvisoria. Si trasferı cosı a Graz l’11aprile di quell’anno.

Lı l’insegnamento della matematica, quasi in-esistente, gli permise di eseguire agevolmente le altreincombenze, calendarii e pronostici (il primo pronos-tico prevedeva un inverno freddissimo, rivolte conta-dine e la guerra contro i Turchi e si verifico puntual-mente), lasciandogli tempo libero. Fu cosı che nel1595 scrisse il Mysterium Cosmographicum (Prodro-mus dissertationum cosmographicarum continens Mys-terium cosmographicum [...]), pubblicato l’anno dopo aTubingen con l’aiuto di Maestlin che eseguı anche unaserie di calcoli (pubblicati in appendice con ottimi di-agrammi e disegni) e ottenne dal pro rettore MattiasHafenreffer anche l’approvazione dell’universita. (Laseconda edizione, riveduta, apparve nel 1621.)

Maestlin voleva anche che al libro, che presupponevache il lettore possedesse conoscenze matematiche ed as-tronomiche, venisse aggiunta una parte generale e chevenisse soppressa la parte che riguardava la non con-traddittorieta tra l’astronomia copernicana e la SacraScrittura. Keplero acconsentı a riscrivere i brani oscurie a sopprimere alcuni altri brani ma non pote portare al-tre modifiche; cosı Maestlin stesso fece altre modifichee aggiunse all’appendice una ristampa della NarratioPrima di Retico. Keplero gli offrı in regalo una coppad’argento dorata e sei talleri.

Nel Mysterium cosmographicum, benche opera gio-vanile, Keplero appare a tutto tondo. Per lui il sistemadi Copernico serve a spiegare cio che per Tolomeo restasemplice osservazione: perche il moto della Terra cam-bia i rapporti tra il luogo della sua orbita e quello deglialtri pianeti; perche i pianeti inferiori non si allontananomai dal Sole mentre nei tre pianeti superiori l’apogeoe sempre in congiunzione col Sole e il perigeo semprein opposizione; perche il deferente (nei pianeti inferiori)o l’epiciclo (nei pianeti superiori) compie la rivoluzionenello stesso tempo impiegato dal Sole; e cosı via. Infattiper Keplero il sistema di Copernico non e equivalentema e l’unico vero.

Keplero giunse a fornire anche una prova molto pre-cisa della sfericita dei pianeti. I pianeti sono sei e

la Terra e la misura di tutti gli altri orbi: cir-coscrivi ad essa un dodecaedro; la sfera chelo circonda e quella di Marte. A Marte circo-scrivi un tetraedro: la sfera che lo contiene eGiove. A Giove circoscrivi un cubo: la sferache lo comprende e Saturno. Nell’orbe dellaTerra inscrivi un icosaedro: la sfera inscrittain esso e quella di Venere. A Venere inscriviun ottaedro: in esso sara inscritta la sfera diMercurio. Qui trovi la ragione del numero deipianeti.

L’accordo naturalmente e approssimativo: ponedouguale a 1000 il raggio della sfera di un pianeta, perogni successivo pianeta interno si avra la tabella chesegue:

Saturno 1000, Giove secondo calcolo 577, Giove sec-ondo Copernico 635; Giove 1000, Marte secondo cal-colo 333, Marte secondo Copernico 333; Marte 1000,Terra secondo calcolo 795, Terra secondo Copernico757; Terra 1000, Venere secondo calcolo 795, Veneresecondo Copernico 794; Venere 1000, Mercurio sec. cal-colo 577, Mercurio sec. Copernico 723 (o 707 se siprende il raggio del cerchio inscritto nel quadrato dibase comune alle due piramidi che lo compongono).

La corrispondenza non e perfetta ma e molto signi-ficativa. Per Giove e per Mercurio la divergenza eratroppo grande ma cio non deve stupire, considerandol’enorme distanza che ci separa dal primo e la difficoltadi fornire i moti del secondo in modo soddisfacente. In-oltre i dati di Copernico erano sbagliati perche, per non

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differire troppo da Tolomeo, egli aveva riferito i motinon al Sole vero ma al centro dell’orbe terrestre, chepero non puo avere una parte importante nella strut-tura dell’universo. E poi in questa nostra approssi-mazione non c’e spessore per le orbite planetarie. In-fine, anche le loro traiettorie (orbi per Copernico) sonoeccentriche rispetto al Sole.

Il Mysterium Cosmographicum contiene moltissimecose, per la maggior parte dettate dall’ardore inizialeche sanciva a priori i (cosiddetti) principii geometricidella scienza dell’universo. Ben diverso sara il caso dellaAstronomia Nova. Ma procediamo nell’ordine.

Keplero sposo l’ereditiera Barbara von Muhleck il 27aprile 1597 a Graz. Il successivo 13 dicembre invio aTycho (o Tikhon) Brahe una lettera. Brahe risposel’11 aprile 1598 da Wandbeck (presso Amburgo; avevadovuto abbandonare l’isola di Hven). In essa egli dicevatra l’altro:

La tua intelligenza fine e il tuo spirito acuto vibrillano di chiara luce; e un’idea ingegnosa eoriginale quella di mettere in rapporto le dis-tanze e i tempi di rivoluzione dei pianeti, cometu fai, con le proprieta simmetriche dei corpiregolari. [...] Percio

ti esprimo la mia approvazione per l’ardore chehai mostrato nel portare a compimento questericerche. Ma non saprei dire se ti si possadare ragione in tutto. Se si utilizzassero i verivalori delle eccentricita dei pianeti, che io misono procurato in molti anni, si potrebbe pro-cedere ad una verifica piu precisa. Ma poicheio sono molto occupato nella elaborazione enella edizione dei miei lavori astronomici,chenon ho potuto portare a compimento in Dan-imarca, non ho in questo momento il tempodi eseguire tale confronto. [...] Questo e altrecose ancora, che non ho il tempo di sviluppare,mi fanno dubitare della tua scoperta, peraltroassai ingegnosa.

E piu avanti:

Applica dunque a cio le forze del tuo spirito ese vi trovi una concordanza perfetta che nonviene meno in alcuna parte e che non lascianulla a desiderare, sarai per me un grandeApollo[nio].

A Maestlin nel maggio Brahe chiarı:

Se il perfezionamento della astronomia devefarsi piuttosto a priori, per mezzo di questicorpi regolari, che a posteriori, sulla base dellaconoscenza dei fatti rivelati dalle osservazioni,come tu suggerisci, dovremo certo attenderetroppo a lungo, se non eternamente, e invano,che qualcuno lo realizzi.

4.2 Astronomia Nova: Marte.

Il viaggio di Keplero a Wandsbeck sarebbe stato lungo,caro e faticoso. Ma alla fine del ’99 Brahe fu nominato”Matematico imperiale” di Rodolfo II nel castello diBenatek presso Praga. Da lı scrisse una lettera genero-sissima a Keplero. Essa pero giunse in ritardo: Keplerosi era gia messo in viaggio. A Benatek fu ricevuto abraccia aperte da Brahe; vi resto 4 mesi (invece che unpaio di settimane) e infine accetto l’offerta che Brahegli aveva proposto. Cosı al suo arrivo nel 1601, su suaproposta, fu nominato assistente e quando, il 24 ottobredello stesso anno (N.S.), Brahe morı improvvisamente(aveva tardato troppo ad orinare durante una cena conl’Imperatore) gli succedette come ”Matematico impe-riale”. Il protestante Keplero era partito appena intempo dalla Stiria dove l’arciduca Ferdinando aveva in-augurato una politica di repressione contro i Protestantigiungendo ad allontanarli proprio in quell’anno.

Giunto a Benatek dopo il doppio disastro di Brahe(Hven) e suo (Graz), Keplero dovette occuparsi diMarte come Tycho gli aveva chiesto. Brahe lo consid-erava come un perfetto esecutore, mentre Keplero eraun profondo conoscitore e non un esecutore, sia pureperfetto. Morto Brahe, Keplero pubblico a Praga nel1602 il trattato De fundamentis astrologiae certioribus,a Francoforte nel 1604 il ad Vitellionem paralipomenaquibus Astronomiae pars optica traditur; nel 1606 pub-blico, ancora a Praga, il trattato de Stella nova in pedeSerpentarii cui nello stesso anno aggiunse due altreparti, una pubblicata a Praga e l’altra a Francoforte.Compose tra le tante le astrologie di Rodolfo e di Wal-lenstein.

In questi lavori Keplero mostro le sue ben note atti-tudini; ma doveva fare ben di piu. Nel 1609 pubblicoun ponderoso trattato che conteneva la storia del suopensiero, dei fallimenti, delle tribolazioni e dei successifinali di tutti quegli anni posteriori al 1596. Il libroin questione e Astronomia nova aitiologetos [in greco]seu physica coelestis tradita commentariis de motibusstellae Martis. Il titolo annunciava una rivoluzione.

Come disse Keplero nella introduzione:

La mia intenzione in quest’opera consiste so-prattutto nel promuovere la dottrina astro-nomica (particolarmente per quanto riguardail moto di Marte) in tutte le sue tre forme[Tolomeo, Copernico, Brahe], in modo chetutti i valori calcolati sulla base delle tavolecorrispondano ai dati forniti dall’osservazione,cio che finora non si e potuto fare con suf-ficiente esattezza. Cosı la stella Marte nelmese di agosto del 1608 distava poco menodi 4 gradi dal luogo assegnatole dalle Tabu-lae Prutenicae [di Reinhold]. E nei mesi diagosto e settembre 1593 questo errore, chenei miei nuovi calcoli e pressoche eliminato,comportava poco meno di 5 gradi. Mentreperseguo questo fine e lo raggiungo felicementepasso anche alla metafisica di Aristotele, opiu precisamente alla fisica celeste e indago

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le cause naturali dei movimenti. Questa con-siderazione ci offre chiari argomenti per di-mostrare che solo la concezione del mondo diCopernico e vera (con qualche piccolo muta-mento) e le altre due sono false.

Vediamo i particolari. Il 20 dicembre 1601 Kepleroinformo Maestlin (troppo presto) che gia possedeva unateoria di Marte e di tutti e 5 i pianeti mentre Brahe eravivo. Parlando di Brahe disse:

Quel che Tycho fece fu prima del ’97. Poi gliaffari presero una brutta piega, Tycho fu os-sessionato da tremende preoccupazioni e com-incio a diventare puerile. L’abbandono scon-siderato della sua patria lo tormento. Qui poila corte lo ha perduto definitivamente. Nonera uomo da poter vivere con qualcuno senzasuscitare gravi contrasti, soprattutto con per-sone di tale eminenza, consiglieri di re e diprincipi, ben consapevoli del loro rango.

Anni dopo, nella lettera a Maestlin del 5 marzo 1605,gli confido:

Le alte dignita e i grandi onori non esistonoper me. Io vivo qui sulla scena del mondocome un privato cittadino. Se posso strapparealla corte una parte del mio stipendio, sonolieto di non essere obbligato a vivere comple-tamente a mie spese. Per il resto, mi regolocome se io non fossi al servizio dell’Imperatorema dell’intero genere umano e della posterita.Convinto di questo, disprezzo con un orgogliosegreto tutti gli onori e tutte le dignita [...].il mio solo onore e per me il fatto che dallaProvvidenza mi siano state affidate le osser-vazioni di Tycho.

Il 1601 era troppo presto per cantare vittoria. Ke-plero dovette restare molto a lungo sull’orbita di Marte.Il primo passo dovette consistere nella prova che ilpunto cui devono rapportarsi i moti degli orbi eccen-trici dei pianeti e il centro del Sole e non un puntomatematico detto Sole medio. Le cause fisiche devonoprovenire solo da un corpo fisico.

La teoria di Marte secondo Brahe e Regiomontano,verificata mediante il calcolo del pianeta durante 10opposizioni successive al Sole, era giunta a stabilire lelongitudini con una precisione che non superava i 2’ epoteva essere attribuita ad errori di osservazione. Perqueste ragioni Keplero, nella revisione della teoria diBrahe, si rivolse ad altro. Per prima cosa determinol’inclinazione dell’orbita di Marte rispetto alla eclittica,trovando che vale un grado e 50 primi, che la sua incli-nazione e costante e che attraversa il Sole vero. Quindiegli reintrodusse l’equante (tolemaico) nella teoria fon-dandosi sulla osservazione di ben 4 opposizioni . Tra le10 a disposizione scelse quelle del 1587, ’91, ’93 e ’95.Va notato che per Copernico e Brahe l’equante coin-cideva col centro dell’orbita, mentre per Tolomeo essobisecava l’eccentricita, come fece Keplero.

Nel capitolo XVI del libro II, dopo aver dedicato 15pagine in folio a chiarire in dettaglio il suo metodo os-servativo, egli spiego che se il lettore giudichera noioso edifficile questo capitolo, tanto piu sara da compiangerel’autore che dovette fare lo stesso lavoro 70 volte.

La longitudine dell’afelio e 28 gradi 48’ 55”; quantoalle distanze del Sole e dell’equante esse sono 0,11332e 0,07232, posto il raggio =1. Usiamo allora la sua hy-pothesis vicaria che reintroduceva l’equante tolemaico;essa ebbe un notevole valore psicologico (ci volle moltotempo perche Keplero se ne sbarazzasse). Bisognadire pero che Keplero non voleva spiegare fisicamenteil moto epiciclico (benche anche lui lo usasse) e ten-deva a negarne la realta formale: un’anima motricedeve possedere intelligenza e per questo e necessarioche un cerchio si riferisca ad un punto fisico, non a unpunto matematico.

Ma la ipotesi vicaria, se fornisce le longitudini elio-centriche di tutte le opposizioni osservate con un er-rore inferiore a 2’ 12”, fornisce risultati molto diversida quelli della sua teoria per le latitudini; nel casodi Marte questo divario puo raggiungere il valore di 5gradi. Era dunque condannata dai fatti, pur restandoun utile strumento di lavoro. Infatti la bisezione delleeccentricita non funzionava: se la concordanza era ac-cettabile per gli absidi e per i luoghi spostati di 90 gradi,per le distanze di 45 e 135 gradi lo scarto tra i calcoli el’osservazione raggiungeva 8’. Keplero concluse:

Poiche la divina benignita ha concesso in Ty-cho Brahe un osservatore diligentissimo, taleche le sue osservazioni ci rivelano l’esistenzanei calcoli di Tolomeo di un errore di 8’,e giusto che noi accettiamo con gratitudinequesto beneficio di Dio e ne traiamo profitto.Ossia, dobbiamo fare in modo di scoprire fi-nalmente la vera struttura dei moti celesti.

Quegli 8’ aprirono la strada al rinnovamento di tuttal’astronomia distruggendo i precedenti assiomi fonda-mentali della scienza del cielo che nessuno aveva messoin dubbio per duemila anni.

4.3 Astronomia nova: l’orbitadella Terra.

Nel suo libro Keplero ci riporto la progressione dei suoilavori nel modo stesso in cui essi avvenivano. Ci dissecosı che, sistemato (almeno temporaneamente) Marte,affronto il moto della Terra. A tale fine considero 4 situ-azioni in cui Marte sta nella stessa posizione rispetto alSole (intervalli di 687 giorni): 5 marzo 1590, 21 gen-naio 1592, 8 dicembre 1593 e 15 ottobre 1595. Poicheun cerchio e definito da 3 suoi punti, identificando S colSole medio (da cui il moto della Terra appare uniforme)Keplero determino la distanza dal centro dell’orbita. I3 raggi vettori non sono uguali (come sembravano es-sere per Copernico e per Brahe). L’equante ed il Sole sitrovano circa alla stessa distanza dal centro dell’orbita(da parti opposte).

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Questo risultato gli apparve fondamentale: la Terra(il Sole per Brahe) ubbidisce alle stesse leggi di Marte.Keplero aggiunse altre 2 dimostrazioni. Una utilizzavail metodo di falsa posizione partendo da 4 posizioni diMarte, l’altra calcolava in 5 date diverse, separate dalperiodo orbitale di Marte rispetto al Sole, la posizionedella Terra usando la bisezione della sua eccentricita.Il metodo puo essere rovesciato, partendo sempre dalleosservazioni di Brahe per calcolare le posizioni di Marterispetto al Sole corrispondenti alla stessa posizione dellaTerra.

4.4 Astronomia nova: i pianeti.

A questo punto Keplero abbandono gli innumerevolicalcoli dedicandosi per piu di un anno (tra l’ottobre1602 e Natale 1603) ad altri lavori: la parte otticadell’astronomia (del 1604) e il lavoro De stella nova(del 1606).

Ripreso poi il lavoro, Keplero si occupo delle orbitedei pianeti. Scoprı che non si tratta di una forza ani-male, dovuta ad un’anima, cioe ad una intelligenza; lacausa di ogni attenuazione e intensificazione va postanel punto (il Sole) che sta al centro del mondo, dacui si computano le distanze. I pianeti si comportano,egli disse, in modo conforme alle leggi della bilancia odella leva. Se il pianeta si muove con maggiore diffi-colta (quindi piu lentamente) quanto piu e lontano dalcentro, cio equivale a dire che il peso diviene tanto piugrave quanto piu si allontana dal fulcro, in virtu delbraccio che lo sostiene a quella distanza. Non esistono,dice anche, orbi fisici che trasportino i pianeti: il mototrasversale viene dal Sole vero. E falsa la dottrina aris-totelica che attribuisce ai corpi moti naturali ”assoluti”verso il basso e verso l’alto; la gravita e il risultato diuna attrazione da fuori: il sasso non tende verso la Terrama e attratto da questa e a sua volta l’attrae verso di se.Cosı la Terra attrae la Luna e a sua volta ne e attratta.I gravi non tendono al centro della Terra in quanto cen-tro del mondo, ma in quanto centro di un globo affine.Se la Terra non fosse sferica i gravi provenienti da ogniparte non sarebbero diretti verso il suo punto centralema giungerebbero in punti diversi.

Nell’introduzione alla Astronomia Nova (scritta perultima) Keplero disse infine:

Si considerino i corpi del Sole e della Terra esi giudichi a quale dei due convenga di piu es-sere la fonte dell’altro: sara il Sole, che muovetutti gli altri pianeti, a muovere la Terra osara la Terra a muovere il Sole, che e il mo-tore degli altri pianeti, e tanto piu grande diessa? Che dire del periodo di rivoluzione di365 giorni? Per la sua grandezza si situa tra ilperiodo di Marte, che e di 687 giorni, e quellodi Venere,che e di 225.

Questi risultati sono di importanza capitale. La mod-ifica introdotta da Keplero – il trasferimento dell’originedalle orbite planetarie nel Sole vero – conferma la verita

della dottrina copernicana, fondata sulla concezione di-namica dell’universo.

Ma anche i pianeti hanno virtu motrici proprie. IlSole li sposta di lato ma chiaramente non puo ne avvic-inarli ne allontanarli. A fare questo (allontanarsi edavvicinarsi e declinare la latitudine) e il pianeta stesso.Keplero annuncio’:

• Il corpo del pianeta e per natura incline alla quiete[...].

• Esso viene trasferito di luogo in luogo, secondo lalongitudine dello Zodiaco, dalla virtu che emanadal Sole.

• Rimanendo invariata la distanza Sole - pianeta,tale trasferimento si realizzerebbe lungo una trai-ettoria circolare.

• Se lo stesso pianeta potesse compiere due intererivoluzioni intorno al Sole a due diverse distanze,i tempi periodici starebbero in proporzione doppiadelle distanze, ossia dell’ampiezza dei cerchi.

• La virtu nuda e sola che risiede nel corpo stessodel pianeta non e sufficiente a trasportare il suocorpo di luogo in luogo poiche [il pianeta] non hapiedi, ali o pinne che gli permettano di fare presasull’aria eterea.

• Tuttavia l’avvicinarsi del pianeta al Sole el’allontanarsi da esso derivano dalla virtu propriadel pianeta.

Questi assiomi non conducevano ancora alla soluzionecercata. Nella introduzione alla Astronomia Nova Ke-plero ammise che i motori gli dettero grandi fatiche.

L’errore non consisteva nell’averli introdottima nel fatto che li avevo legati, [...],alle macine dei cerchi, tratto in erroredall’opinione comune [...].

La conclusione fu che i pianeti non formano cer-chi (sarebbe impossibile per l’anima di un pianetaconoscere la tavola di concordanza tra gli angoli sottoi quali apparirebbe il diametro del Sole e le distanzeda percorrere sul raggio vettore che collega il pianetaal Sole). Keplero si distacco dunque definitivamenteda epicicli, deferenti ed equanti passando a consideraretraiettorie ovali.

4.5 Astronomia nova: l’ellisse.

Passarono ancora due o tre anni, sempre moltotravagliati, prima che Keplero potesse concludere che latraiettoria e una ellisse di cui il Sole occupa un fuoco.Nella lettera a Fabricius dell’11 ottobre 1605 si espressecosı:

[...] Quando vidi che le distanze [Sole –Marte] fondate sull’ipotesi di un cerchio eccen-trico perfetto erano troppo grandi [...] nella

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stessa misura in cui la mia ellisse (che differiscedi pochissimo da un ovale) era troppo piccola,avrei potuto giustamente commentare cosı:il cerchio e l’ellisse appartengono allo stessogenere di figure e peccano ugualmente, ma insenso inverso: quindi la verita sta nel mezzo;tra due figure ellittiche non puo trovarsi al-tro che un’ellisse. La traiettoria di Marte saradunque una ellisse, la cui lunula tagliata viaha una larghezza chee meta di quella dellalunula dell’ellisse precedente. La larghezzadi tale lunula era di 858/100.000; la lunuladell’ellisse di Marte doveva quindi essere larga429; di questa frazione dovevano essere accor-ciate nelle longitudini medie le distanze calco-late per una traiettoria perfettamente circo-lare. Questa e la verita. Ma guarda come nelfrattempo io mi sia lasciato trascinare da vaneallucinazioni a nuove fatiche. [...]

Povero me! E solo all’epoca delle festepasquali che mi resi conto (se fossi stato piuattento avrei potuto ricordarmi che l’avevogia dimostrato nei miei Commentarii) che unatraiettoria di tal fatta non e ellittica [...] mache negli ottanti si avvicina di piu al cerchio,e quindi diviene gonfia. [...]

Ma ecco il risultato, mio Fabricius: la trai-ettoria del pianeta e una ellisse perfetta (cheDurer chiama spesso ovale) o non se ne scostache di una quantita impercettibile.

Un anno e mezzo piu tardi, in una lettera a Kepleroin cui riprendeva le teorie di Brahe e di Copernico,Fabricius formulo una critica generale delle nuove con-cezioni introdotte da Keplero nella astronomia, in parti-colare l’abbandono della circolarita delle orbite celesti.Movimenti non uniformi erano perfettamente ammis-sibili nella astronomia tolemaica; ma contro cio avevaprotestato Copernico. Fabricius (non copernicano) ac-cettava in questo la critica copernicana a Tolomeo: imoti celesti devono essere uniformi rispetto ai propricentri.

Keplero riconobbe legittima l’esigenza di uniformitaavanzata da Fabricius, ma contesto che la circolaritafosse il solo mezzo per garantirla. Cosı comincio col ri-cordargli che il principio della uniformita circolare non eaffatto osservato dai movimenti reali dei pianeti. I moti(i cerchi uniformi) non si accordano con i fenomeni. SeFabricius aveva sostenuto che tutti i moti si effettuanosu un cerchio perfetto, cio, rispose Keplero, e falso per imoti composti. Secondo Copernico, continuo Keplero,essi si effettuano su una traiettoria rigonfia ai lati; sec-ondo Tolomeo e Brahe, anche su spirali. La differenzarispetto a Fabricius e dunque la seguente: per Keplero sitrattava del moto complessivo del corpo, un movimentoreale e completo, non scindibile nelle sue componenti.

Keplero ne parlo diffusamente:

Ne la mia fatica ebbe termine finche [...]con dimostrazioni laboriosissime e utilizzandoi dati di numerosissime osservazioni giunsi a

stabilire che la traiettoria del pianeta in cielonon e circolare, ma e una traiettoria ovale, per-fettamente ellittica.

La geometria a sua volta mi insegno cheuna tale traiettoria viene descritta se al mo-tore proprio dei pianeti assegniamo il compitodi fare oscillare il corpo lungo la linea retta chetermina nel Sole; mediante tale librazione an-che le equazioni dell’eccentrico risultano giustee conformi all’osservazione.

Infine l’edificio ormai compiuto fu coro-nato dal tetto, e si dimostro geometricamenteche una tale librazione deve essere prodottada una facolta magnetica, corporea. Per-tanto questi motori propri dei pianeti si riv-elano, con la massima probabilita, come af-fezioni degli stessi corpi planetarii parago-nabili a quella, che e nel magnete, che tendeverso il polo e attrae il ferro: sı che tuttoil sistema dei moti celesti e governato da fa-colta meramente corporee, ossia magnetiche,eccettuato solo la rotazione in loco del corpodel Sole; per questa rotazione sembra che ci siabisogno della forza proveniente da un’anima.

Queste ”dimostrazioni laboriosissime” riguardano so-prattutto i calcoli innumerevoli cui Keplero si dovettesobbarcare per determinare con precisione la traietto-ria di Marte e trovarne l’equazione, compito partico-larmente difficile per via del fallimento della ipotesi vi-caria. L’orbita di Marte e dunque una ellisse. La vec-chia idea della circolarita perfetta delle orbite era statain realta un errore.

Keplero introdusse anche, in questa occasione, duetesi. Una stabilisce che ogni pianeta percorre una ellissedi cui il Sole occupa uno dei fuochi. La seconda tesi diceche i tempi di rivoluzione sono proporzionali alle cor-rispondenti aree. La terza legge non faceva parte dellaAstronomia nova: comparira nell’opera successiva.

Nel 1610 Keplero si procuro un cannocchiale; con essopote riscoprire le macchie solari, da lui gia previste.Pubblico cosı nel maggio 1610 la Dissertatio cum nun-cio sidereo, in cui tra l’altro approvava e sosteneva latesi di Galileo (del mese di marzo).

4.6 Epitome e Harmonice.

Nel 1611 usci‘ ad Augsburg (Augusta) Dioptrice. Inquell’anno, il 23 maggio, Mattia prese il trono, rele-gando il fratello Rodolfo in un castello (dove morı l’annoseguente). Anche la moglie di Keplero morı durantequella estate. I tempi cambiarono e Keplero trovo moltedifficolta a riscuotere gli assegni. Cosı nel 1612, purrestando formalmente Matematico imperiale, divennematematico degli Stati dell’alta Austria, stabilendosi aLinz dove si risposo l’anno dopo con Susanna Reutlin-gen, orfana e povera.

Nel 1613, al seguito di Mattia, Keplero ando alla Di-eta di Ratisbona, ma il desiderio di adeguare la riformaevangelica al cambiamento di 10 giorni che il Papa aveva

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deciso non pote allora venire esaudito per via di notipregiudizi.

A Linz Keplero pubblico nel 1615 la Nova stechiome-tria Doliorum e nel 1619 il trattato De Cometis sullaapparizione di ben tre comete fu pubblicato ad Augs-burg (Augusta). Nel 1620 sua madre fu imprigionataper 13 mesi e Keplero dovette anche tornare a Weil perriuscire a liberarla (morı l’anno dopo). Dal 24 giugnoal 29 agosto del 1622 Linz subı un pericoloso assedio.

L’Epitome Astronomiae copernicanae e la piu sistem-atica e compiuta opera di Keplero. La prima partevenne pubblicato a Linz nel 1618, la seconda parte sem-pre a Linz nel 1620, la terza parte a Francoforte nel1621. In questi volumi le sue scoperte sono presentatenel quadro della sua concezione generale del cosmo. Viriappaiono con rilievo accresciuto gli argomenti archeti-pali che erano gia apparsi nel Mysterium cosmograph-icum. Si capisce bene la sua fedelta al pitagorismoo neoplatonismo cristiano che aveva ispirato la suagiovinezza. Come un fuoco celato sotto le ceneri a lungoquesta fedelta risorge sia nell’Epitome che in Harmon-ices Mundi. Dall’inizio del libro IV dell’Epitome in cuiespone la fisica celeste, Keplero annuncio:

La filosofia di Copernico assegna le partiprincipali del mondo a sue regioni separate.Poiche nella sfera, immagine di Dio creatore earchetipo del mondo [...] ci sono tre regioni,simboli delle tre persone della ss. Trinita: ilcentro, simbolo del Padre, la superficie, sim-bolo del Figlio, e l’intervallo, dello SpiritoSanto, furono create altrettante parti princi-pali del mondo, ognuna in una regione par-ticolare della sfera: il Sole nel centro, la sferadelle fisse nella superficie e infine il sistema deipianeti nella regione intermedia tra il Sole e lestelle fisse.

Piu avanti:

La perfezione del mondo consiste nella luce,nel calore, nel moto e nell’armonia deimoti, che sono entita analoghe alle facoltadell’anima: la luce alla facolta sensitiva, ilcalore alla facolta vitale e naturale, il motoa quella animale e l’armonia alla razionale. Ein verita la bellezza del mondo risiede nellaluce; la vita e la vegetazione hanno la lorosede nel calore, nel moto si trova una sortadi quasi azione, e nelle armonie la contem-plazione, in cui Aristotele pone la beatitu-dine. Ora, poiche ad ogni affezione concor-rono necessariamente tre cose, ossia la causaa qua (da cui), il soggetto in quo (in cui) e laforma sub qua (sotto la quale): il Sole, dunque,rispetto a tutte le dette affezioni del mondo,ha la funzione di causa efficiente, mentre la re-gione delle stelle fisse ricopre quella di forma,di contenente e di termine; l’intervallo (inter-medium), infine, svolge la funzione di soggetto.[...] Per tutte queste ragioni il Sole si pre-

senta come il corpo piu importante di tutto ilmondo.

Mostrata, con queste e con altre parole, l’eminenzadella dignita del Sole, Keplero proseguı spiegando chela sua posizione centrale risulta automaticamente an-che se non si invoca il simbolo trinitario. Come ave-vano ben visto gli antichi Pitagorici, seguiti da Coper-nico, il posto centrale, il piu onorevole, spetta proprioal Sole: come fonte di vita, di calore e di luce deve stareal centro dell’universo. Lo stesso vale per la sua fun-zione di sorgente e movimento che implica una posizionecentrale: infatti una sua rotazione intorno al proprioasse (che, dice Keplero, non deriva solo dalla Astrono-mia nova ma adesso anche dalla osservazione telescopicadelle macchie solari) impone ai pianeti di girare intorno.Dopo aver escluso la presenza di un’anima senza orbe atraslare un corpo e di intelligenza che muova ogni globoplanetario, Keplero concluse

... la figura ellittica della traiettoria dei pi-aneti e le leggi dei moti in virtu dei quali sigenera una tale figura rivelano piuttosto lanatura della bilancia o una necessita materialeche non un concetto e una determinazione daparte di una mente.

Infatti, per muovere corpi materiali bisogna disporredi forze fisiche che agiscano su di essi: i corpi celestinon fanno eccezione.

Piu avanti:

... e abbastanza chiaro che non si dovra in-trodurre alcuna intelligenza che muova in cer-chio i globi obbedendo ai dettami e agli ordinidella ragione; ne si dovra attribuire il moto dirivoluzione a un’anima che, come avviene nellarotazione intorno a un’asse, con una spintauniforme imprima il moto nei globi; ma chee solo e unicamente al corpo solare, situatoal centro dell’intero universo, che si puo at-tribuire tale moto primario dei pianeti intornoal corpo del Sole. [...] 1) Quanto piu un pi-aneta dista, rispetto agli altri, dal Sole, tantopiu lento e il suo moto, in modo tale che ilrapporto dei tempi periodici e in proporzionesesquialtera delle distanze dal Sole [T 2/R3, ela relazione tra tempi e distanze trovata nel1618]. Da cio deduciamo quindi che il Sole e lafonte del moto. 2) La medesima conseguenzasi puo dedurre dal moto dei singoli pianeti, nelsenso che quanto piu, in qualsiasi periodo, unpianeta si avvicina al Sole, tanto piu veloce-mente si muove, in proporzione esattamentedoppia [1/R2]. Ne vi ripugna la dignita e lapotenza del corpo del Sole, che e bellissimo edi sfericita perfetta, ed e grandissimo e fontedi luce e di calore, da cui scaturisce tutta lavita vegetativa; tanto che il calore e la lucepossono essere considerati quasi strumenti dicui il Sole si serve per comunicare il moto aipianeti [per muovere i pianeti, dice Keplero,

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e necessaria una species particolare; ma lucee calore rafforzano i motori propri dei pianetiche assicurano la loro rotazione intorno al pro-prio asse]. 4) Ne risulta con ogni probabilita larotazione in loco del Sole intorno al suo asseimmobile, nello stesso verso che si riscontranel moto di tutti i pianeti; e con un periodoinferiore a quello del pianeta piu vicino e piuveloce di tutti, Mercurio.

Epitome e un testo molto lungo e assai complesso dicui abbiamo fornito solo pochissime pagine. Lo stessopossiamo dire dell’altro grande testo, i 5 libri di Har-monice mundi, pubblicati a Linz nel 1619, che rias-sumono e concludono la fisica dell’insieme dei pianeti.Si tratta del culmine delle speculazioni cosmologichedi Keplero. Ma purtroppo dobbiamo fermarci; gia datempo abbiamo superato quanto ci e stato permessoscrivere in questa sede. Ricordiamo ancora che nel 1627uscirono per i suoi tipi le Tabulae Rudolphianae checontenevano la teoria dei logaritmi appena pubblicata,a Ulm dove si era trasferito l’anno prima. Vi si trovavatra l’altro il catalogo di 777 stelle di Brahe che Kepleroporto‘ a 1004. Passo infine nel nord della Germania, aSagan.

Giovanni Keplero morı quasi improvvisamente il 30(20) novembre 1630 (secondo la Encyclopaedia Britan-nica il 15 novembre nuovo stile) a Ratisbona, dove siera recato per tentare di riscuotere un credito.

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Chapter 5

Galileo.

5.1 Gioventu.

Chi era Galileo Galilei, nato a Pisa il 15 febbraio 1564?Il padre, Vincenzo Galilei, era musicista fiorentino;

sua madre era Giulia Ammannati di Pescia. Poco edetto del periodo iniziale. Era, pare, un bambino sveg-lio che seguı i corsi elementari (e poi quelli avanzati)con la dovuta partecipazione.

Nel 1574 il padre Vincenzo e tutta la famiglia rien-trarono a Firenze dove Galileo continuo i suoi studi.Nel 1581, il 6 settembre, Galileo si iscrisse alla Facolta‘delle Arti di Pisa con l’intenzione di studiare Medic-ina; abbastanza rapidamente pero se ne disinteresso,e cosı anche accadde per la fisica aristotelica di Borricorroborata dagli studi del peripatetico Libri; Galileopreferı occuparsi della lettura delle matematiche sottola attenta guida di Ostilio Ricci da Fermo che era statoallievo di Tartaglia.

In tutti quegli anni Galileo subı l‘influenza degli scrit-tori del passato: oltre a ristudiare in prima personaAristotele, si occupo di Pitagora, Platone, Archimede,Euclide (che comincio a studiare nella traduzione latinadi Tartaglia) e di parecchi altri. Era, in quel peri-odo e dopo, estroverso, di grandi capacita e moltoprofondo. Gia nel 1583 (secondo Viviani), partendodall‘osservazione dell’isocronismo delle varie oscillazionilibere di una lampada a pendolo nel Duomo di Pisaaveva scoperto le leggi dell’isocronismo.

Nel 1585 Galileo ritorno presso la famiglia a Firenzesenza aver conseguito alcun titolo accademico. Vitrascorse 4 anni impartendo lezioni private e interes-sandosi alle piu diverse discipline.

Nel 1586 la Bilancetta, manoscritta, segno il suoingresso nella vita scientifica. Due anni dopo tennedue lezioni alla Accademia di Firenze su ”figura, sitoe grandezza” dell’Inferno di Dante. Nel 1589, grazieall‘interessamento di Guidobaldo da Monte (uno deimatematici con cui era entrato in contatto in queglianni) fu nominato lettore di matematiche nella Univer-sita di Pisa. Lı resto per tre anni occupandosi preva-lentemente di meccanica. Si distacco sempre di piuda Aristotele, avvicinandosi ai sostenitori della teoriadell‘impeto e negli studi raccolti nel De Motu (pos-tumo) espose le prime teorie sulla caduta dei gravi.

In questo periodo entro in contatto con colleghi dacui ebbe diversi stimoli culturali. Tra di loro spic-cava il platonico Jacopo Mazzoni di Cesena: grazie

alla sua amicizia Galileo sviluppo alcuni atteggiamentiscientifici fondamentali: la fiducia platonico - pitagor-ica nelle matematiche come strumento di conoscenzadella natura e la critica della concezione aristotelicadella fisica e della cosmologia (nelle Scuole dominaval‘Aristotelismo, affiancato in via subordinata da inseg-namenti platonici spesso formali).

Ma la situazione economica si aggravo per la mortedel padre; come primogenito era suo obbligo prendersicura della madre, delle sorelle e del fratello minoreMichelangelo.

5.2 Il periodo padovano.

Sul finire del ’92 Galileo fu chiamato a ricoprire lacattedra di matematiche presso l‘universita di Padova,con un notevole aumento di stipendio che gli garantıla sicurezza. Trascorse lı 18 anni in grande liberta dipensiero per la garanzia fornita dalla protezione dellaRepubblica di Venezia contro il prepotere della Inqui-sizione. Furono certo, a posteriori, i suoi anni piu fe-lici: un insegnamento coronato dal successo, l’inizio diimportanti ricerche fisiche, l’ideazione di un proficuolaboratorio per apparecchiature scientifiche. Si compıl’adesione al copernicanismo sfociata nelle famose scop-erte astronomiche del 1610. In questo periodo ebbefrequenti contatti con il vivo ambiente veneziano strin-gendo in particolare una profonda amicizia con PaoloSarpi e con Francesco Sagredo.

Nel ’93 scrisse Le Mecaniche, saggio di statica edinamica archimedea, e il Trattato di Fortificazione,sommario di lezioni su temi di ingegneria militare.Quattro anni dopo seguirono lettere di chiaro intentocopernicano a Mazzoni e a Keplero, mentre il Trat-tato della sfera, ovvero Cosmografia conteneva an-cora un’esposizione del geocentrismo tolemaico. Avevasposato la veneziana Marina Gamba, un’unione desti-nata a durare a lungo da cui nacque nel 1600 Virginia el’anno dopo Livia. Piu tardi, nel ’06, nacque Vincenzo.

Nel 1604 tenne tre lezioni sulla composizione di unnuovo astro (era una Supernova) di cui ci restano solopochi frammenti. Due anni dopo pubblico Le oper-azioni del compasso geometrico e militare, strumentoda lui costruito nove anni prima la cui stampa fecenascere una aspra polemica con Baldassarre Capra cheattribuiva l’invenzione al proprio maestro, il tedesco

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Gutzenhausen; per queste ragioni stampo nel 1607 laDifesa contro alle calunnie et imposture di BaldassarreCapra.

Nel 1609 Galileo giunse alla formulazione giusta dellalegge sulla accelerazione di caduta e sul moto parabol-ico dei proiettili. Avuta notizia di uno strumento otticoin uso in Olanda per far vedere ”le cose lontane cosıperfette come se fossero state molto vicine”, costruı unmodello (il cannocchiale) assai superiore, iniziando lefortunate osservazioni celesti. Scoprı i quattro satel-liti di Giove, le macchie lunari, le fasi di Venere e piutardi le macchie solari. Di queste scoperte dette notiziapubblicando a Venezia il 12 marzo 1610 il Sidereus Nun-cius, dedicato a Cosimo II, il granduca di Toscana cheera stato suo allievo. Si trattava di un conciso opuscoloin latino il cui lungo sotto titolo indicava sinteticamentela sconvolgente portata scientifica:

Grandi e oltremodo mirabili spettacoli apreed espone allo sguardo di ognuno e inspecial modo di filosofi ed astronomi, daGalileo Galilei, patrizio fiorentino, dello stu-dio padovano pubblico matematico, col can-nocchiale da lui da poco inventato, osservatinella faccia della luna, in innumerevoli fisse,nella Via Lattea, nelle stelle nebulose, e inprimo luogo in quattro pianeti intorno allastella di Giove, a diversi intervalli e periodi,con celerita mirabile rotanti: da nessuno fi-nora conosciuti, primo l’autore di recente liscorse, e assegno loro il nome di astri medicei.

Nelle pagine iniziali Galileo si soffermava a descri-vere la propria invenzione del cannocchiale, ricordandosia gli analoghi strumenti rudimentali fabbricati dagliartigiani fiamminghi, sia la ”dottrina delle rifrazioni”quali presupposti della propria innovazione metodolog-ica. Espose quindi le sue nuove osservazioni sulla super-ficie lunare e sulla sua scabrosita (gli aristotelici la vol-evano liscia e speculare) e chiarı il carattere terrestre eriflesso della leggera luminosita percepita ivi nella partein ombra. Passo poi ad esplorare la grandezza appar-ente delle fisse e la struttura della Via Lattea e dellenebulose. Infine la parte piu lunga e completa fu ded-icata al resoconto della scoperta dei satelliti di Giove(che costituirono per Galileo una ulteriore, cospicua,conferma del copernicanismo):

Queste sono le osservazioni sui quattro pianetimedicei, di recente e per la prima volta dame scoperti; e sebbene da esse non ancorasia dato ricostruire in termini numerici i loroperiodi, e lecito almeno porre in evidenza al-cuni fatti degni di attenzione. [...] Nessunopuo mettere in dubbio che essi compiono iloro giri intorno a Giove nel medesimo tempoche effettuano tutti insieme i periodi dodecen-nali intorno al centro del mondo. [...] Ab-biamo inoltre un ottimo ed eccellente argo-mento per togliere di scrupolo coloro che, puraccettando con animo tranquillo nel sistema

copernicano la rivoluzione dei pianeti intornoal sole, sono pero cosı turbati dalla rotazionedella sola luna intorno alla terra, mentre in-tanto ambedue compiono l’annuo giro intornoal sole, da ritenere che si debba respingerequesta struttura dell’universo come impossi-bile.

5.3 Galileo a Firenze: primaparte.

Il 10 luglio 1610 Galileo accetto‘ di ritornare a Firenze(superando ogni remora del patriziato veneto); vennenominato ”primario matematico” dello Studio di Pisasenza obbligo di lezioni e ”primario matematico efilosofico” del Duca di Toscana. Il lungo periodoveneziano lo aveva maturato: si sentiva adesso comple-tamente a suo agio, il suo copernicanismo era aperto edevidente; aveva grandi amici, era stimato ed immensa-mente considerato. Il suo rientro a Firenze non potevacominciare in condizioni migliori. Cercava dunque difavorire la diffusione del Copernicanismo da grato figliodella Chiesa, sempre pensando agli effetti nuovi ed almodo di presentarli alle persone dotte e amanti delnuovo, capaci di vedere le cose nuove; non certo aidottori che si annidavano nelle universita. Si adoperosempre ad affrontare i problemi concreti, evitando for-malismi (dannosi) ed artifizi verbali. Tra l’altro perlui il cannocchiale resto ”l’occhiale”, il microscopioera ”l’occhialino”, la bilancia idrostatica era ”la bi-lancetta”.

Nel marzo del 1611 si reco a Roma. Fu il periodo piuluminoso della sua carriera. Al suo arrivo (fine marzo)scrisse a Filippo Salviati:

Sono stato favorito da molti di questi Ill.miSigg. Cardinali, Prelati et diversi Principi, liquali hanno voluto vedere le mie osservazionie sono tutti restati appagati. [...] Questa mat-tina sono stato a baciare il piede a Sua San-tita, presentato dall’Ecc.mo Sig. Ambasciatornostro, il quale mi ha detto che io sono statostraordinariamente favorito, perche Sua Beat-itudine non comporto che io dicessi pure unaparola in ginocchioni.

Per i suoi meriti l’Accademia dei Lincei lo accolse trai suoi soci con grande onore, offrendogli un circolo fidatoe una tribuna. Malgrado la giovane eta il suo fondatore,Federico Cesi (allora Marchese di Monticelli, piu’ tardiDuca d’Acquasparta e Principe di S. Angelo), fu il suopiu fido amico e consigliere in Roma.

Restava, purtroppo, la grossa svista: per Galileo,spirito vigoroso e semplice al tempo stesso, si trattavadi avvicinare le persone importanti al Copernicanismo(come se si trattasse di una strada da percorrere); frale persone che si contavano era una cosa diversa: ilcopernicanismo poteva andare bene fino ad un datopunto, fino a quando non entrasse in contrasto con ledottrine ecclesiastiche piu fondamentali, con la filosofia

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e la teologia, la cui cosmologia era tolemaica. Ma dalpunto di vista superiore, teologico, non c’era dubbioche il ”vero” sistema fosse tolemaico. Una lenta intro-duzione, durata 100 - 200 anni, sarebbe stata possibile:non un rapido passaggio per le persone illustri, che adaltissimo livello mancavano. Fu questa la base del pro-fondo dissidio tra Galileo e la Chiesa che si sarebberisolto nel ’33 con la condanna di Galileo.

Di temperamento aperto e vigoroso, Galileo sapevadunque di dover andare cauto: non si faceva illusionisulla comprensione della gente, neppure nei confrontidi cose semplici ed evidenti, per esempio la prova chele macchie solari si trovano sulla superficie del globosolare, invece di essere (come riteneva il gesuita padreScheiner) corpi opachi gravitanti intorno al Sole. Sper-ava che potessero penetrare a poco a poco. Le suearmi consistevano nelle ”necessarie dimostrazioni” e inuna cauta ironia. Era ben lontano dall’essere indiscretopresentando al popolo in volgare un problema (quellocopernicano) che nella forma data avrebbe dato scan-dalo alle anime pie. Alla fine, sulle questioni fondamen-tali ecclesiastiche il Papa e i Cardinali naturalmentenon potevano copernicanizzarsi; un lavorio lento, con-tinuo, che richiedesse l’adesione al copernicanismo e larevisione della forma delle Scritture, avrebbe richiestocentinaia di anni.

Il Cardinale Conti, al quale aveva chiesto consiglio,gli rispose il 7 luglio 1612:

... se V. S. parla dell’incorrottibilita del cielo,come pare che accenni nella sua, dicendo sco-prirse ogni giorno nove cose nel cielo, le re-spondo non esser dubbio alcuno che la Scrit-tura non favorisce ad Aristotele, anzi piut-tosto alla sentenza contraria, sı che fu comuneopinione de Padri che il cielo fosse corrut-tibile. Se poi queste cose che di nuovo si scor-gono in cielo, dimostrino questa corruttibilita,ricerca longa consideratione, sı perche il cieloessendo da noi sı distante, e difficile affermaredi lui cosa di certo senza longhe osservatione,sı anco perche se e corruttibile, bisogna habbideterminate cause di queste mutatione. [...]Quanto poi al moto della terra et del sole,si trova che di due moti della terra puol es-sere questione: l’uno de quali e retto, et fassidalla mutatione del centro di gravita; et chiponesse tale moto, non direbbe cosa alcunacontro la Scrittura, perche questo e moto ac-cidentario alla terra. L’altro moto e circolare,sı che il cielo stii fermo et a noi appare moversiper il moto della terra, come a naviganti ap-pare moversi il lido; et questa fu l’opinione diPittagorici, seguitata poi dal Copernico, dalCalcagnino et altri, et questa pare meno con-forme alla Scrittura [...]. Nondimeno DiegoStunica, sopra il nono capo di Giob, al ver-setto 6, dice essere piu conforme alla Scrit-tura moversi la terra, ancor che comunementela sua interpretatione non sia seguita. Che equello che si e potuto trovare fin hora in questo

proposito; se bene quando V. S. desideri di ha-vere altra chiarezza d’altri luoghi della Scrit-tura, me lo avisi, che gli lo mandaro.

Il maestro dei teologi, cardinale Roberto Bellarmino,se ne era impensierito; gia nel 1611 aveva voluto sapereche cosa fosse quella novita‘ del ”cannone ovvero oc-chiale”. Il dibattito copernicano si era imposto alla suaattenzione. Bellarmino aprı un’inchiesta (segreta, nat-uralmente) sulla questione. Nel suo spirito, il sospettoteologico non aveva nessun rapporto con le conclusioniscientifiche, da lui ritenute esenti da pregiudizi; ma lasua posizione generale, lontana dalla imparzialita sci-entifica, si mostro evidente alla luce degli avvenimentisuccessivi (per Galileo fu estremamente difficile da com-prendere). E inoltre, non gli pareva poi importante lasostanza di alcune frasi di Galileo e il suo stesso testodelle Controversie era stato posto all’Indice nel 1590donec corrigeretur. Bastava che Galileo parlasse ex sup-positione, proprio come sembrava il caso di Copernico,e cosı infatti rispose al napoletano Padre Antonio Fos-carini, Provinciale della Calabria, il 12 aprile 1615.

A Firenze Niccolo Lorini, professore di storia eccle-siastica, inveı dal pergamo contro le nuove dottrine ilgiorno dei Morti del 1612; era un po’ presto: colto infallo, si tiro indietro con una lettera di scuse a Galileo.Nel frattempo Galileo aveva fatto pubblicare nel marzo1613 le Lettere sulle macchie solari a Marco Welser(stampate a Roma a cura della Accademia dei Lin-cei). Il loro titolo ufficiale era Istoria e dimostrazioniintorno alle macchie solari e loro accidenti: rappresen-tano la risposta a padre Cristoforo Schneider nella dis-puta sulla priorita dell’osservazione e sulla natura stessadelle macchie. Esse sono apertamente copernicane.

Nel ’12 era uscito il Discorso intorno alle cose chestanno in su l’acqua o in quella si muovono. Alla finedel ’13 (il 21 dicembre) Galileo scrisse una Lettera aCastelli, modello di misura e abilita, in cui abilmentenotava che, mentre nel sistema Tolemaico non si puobloccare il sole, pena la disorganizzazione dell’interamacchina dei cieli, col sistema Copernicano, posto ilsole al centro del mondo, diventa lecito intendere cheGiosue abbia fermato proprio il moto della terra e deipianeti senza disordinarli. Queste acrobazie intellet-tuali tendevano a scindere il fronte avversario.

5.4 Dal 1614 al 1616.

La quarta domenica dell’Avvento, il 20 dicembre 1614,Tommaso Caccini, dell’ordine dei Predicatori, salı ilpergamo di Santa Maria Novella a ribadire il testo diGiosue sostenendo che l’idea dell’immobilita del soleera eretica; passo poi ad asserire che la Matematicaera un‘arte diabolica e che i Matematici andavano ban-diti da ogni stato cristiano. Nel linguaggio corrente”astronomo” significa ”astrologo”, e i principi avevanosempre avuto ai loro dipendenze ”matematici di corte”la cui funzione principale era stata di stendere oroscopi.Cosı, con manovra astuta, Caccini tentava di metterenello stesso sacco le idee scientifiche nuove e tutto il

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vecchio arsenale di magie, fatture e strologamenti chespaventava il popolino.

La pressione si accrebbe: il 7 febbraio 1615 Loriniinvio al Santo Uffizio una copia della Lettera a Castelli.Era sbagliata in modo essenziale su due punti. AncheCaccini era tornato alla carica e chiese di essere con-vocato al Santo Uffizio. La sua domanda fu ammessaalla seduta del 19 marzo: ”Il Santissimo ha disposto chesia interrogato Padre Tommaso Caccini il quale, al diredel Cardinale d’Aracoeli, e informato su quanto con-cerne gli errori di Galileo, e domanda di testimoniaresu questo soggetto per sgravio di coscienza”. Seguı, il 13novembre, Padre Ximenez, lo spagnolo sempre in viag-gio, che confermo di aver sentito da scolari che la terrasi muove, che Iddio e‘ accidente e che non esistono quan-tita‘ continue; che Dio e‘ sensitivo dealiter, che ride epiange etiam dealiter. Si trattava in definitiva di beghefratesche; a queste il Sant’Uffizio non dedico particolareattenzione. Gia avevano capito che si trattava solo dibeghe fratesche prive di riscontri oggettivi. Ma al dila della disputa, poco rilevante, restava la certezza delSanto Uffizio che il Copernicanismo poteva essere usatomagari come ipotesi ma certo non doveva sostituirsi algenerale atteggiamento tolemaico, indispensabile corol-lario della filosofia aristotelica.

Al contrario Galileo, da semplice e profondo credente,si batteva attentamente per sostituire il nuovo credo alvecchio. Ma la situazione a quel punto era diventataimpossibile: i fatti scientifici diventavano problemi teo-logici; troppi erano allora i nodi ritenuti insolubili. Dauna parte stava Galileo, che credeva nella possibilita‘platonico - pitagorica di fornire nuove idee essenzialiconnesse a nuove scoperte; dall’altra parte stavano iCardinali del Santo Uffizio che ritennero che nelle ques-tioni teologiche e filosofiche la dottrina cristiana fossechiaramente tolemaica (e che su queste questioni nonesistessero problemi).

Alla fine del 1615 Galileo ritenne che non fosse piu ilcaso di indugiare. Partı dunque per Roma il 3 dicem-bre. Continuava, da buon cristiano, ad adoprarsi peril Copernicanismo; e non si avvide che, in una so-cieta priva di valori assoluti e di scienza, il Coperni-canismo non poteva essere la nuova dottrina ma al piuavrebbe potuto essere tollerato come ”ipotesi” pura-mente matematica. La decisione segreta finale sulle”proposizioni di Galileo” comincio il 18 febbraio: il 23i qualificatori del Santo Uffizio si pronunciarono seg-retamente. Delle due proposizioni (il sole e il centrodel Mondo, e per conseguenza immobile di moto lo-cale; la Terra non e il centro del Mondo, e non e im-mobile, ma si muove secondo se tutta, etiam di motodiurno), la prima fu dichiarata all’unanimita filosofica-mente stultam et absurdam, et formaliter haereticam,poiche contraddiceva esplicitamente in molti punti ladottrina della Sacra Scrittura, sia nel senso letterale chenella interpretazione unanime dei Padri. La secondaproposizione fu dichiarata, anche essa all’unanimita,meritare la stessa censura in filosofia, e quanto allaverita teologica, essere almeno erronea quanto alla fede.

La censura fu sottomessa alla Congregazione Gen-erale della Inquisizione il 25 febbraio, e ne uscı con la

ratifica esecutiva del Papa. Bellarmino ebbe istruzionedi convocare Galileo in udienza privata e di ammonirlopaternamente di abbandonare in tempo l’opinione chestava per essere proclamata erronea e contraria allafede. Il 3 marzo, alla seduta settimanale della Con-gregazione, il Cardinale riferı che tutto era a posto evenne ordinata la pubblicazione del decreto in cui, oltrea vari altri libri (di Corrado di Schusselburg e di altri)si disse (tradotta in Italiano):

E poiche anche alla notizia della Sacra Con-gregazione pervenne, che quella falsa dott-rina Pitagorica in tutto opposta alla DivinaScrittura, sulla mobilita della terra ed immo-bilita del sole, che De revolutionibus orbiumcoelestium di Nicolao Copernico e Giob diDiego Astunica gia insegnano a divulgare e farrecepire; [...] pertanto, affinche non sia salvataulteriormente l’opinione a disdoro della verita‘Cattolica, ordino che i detti Nicolao Coper-nico, De revolutionibus orbium coelestium, eDiego Astunica, Giob, siano da sospenderefino a che siano corretti; invece il libro delPadre Paolo Antonio Foscarini carmelitano siadel tutto da proibire e da condannare; e tuttigli altri libri da proibire; pertanto col pre-sente Decreto li proibisce tutti, condanna esospende.

Il 5 marzo il decreto fu pubblicato: i libri condan-nati furono confiscati. Per non aver potuto presentarel’imprimatur Lazzaro Scorriggio, lo stampatore di Fos-carini, fu gettato in prigione dal Cardinal Carafa aNapoli. La Congregazione se ne compiacque.

Cosa era accaduto a Galileo? Nell’incartamento seg-reto della Inquisizione si trova l’argomento che segue.

Giovedı 25 febbraio 1616.L’ Ill.mo S. Cardinale Millino notifico al

Rev. Padre assessore e commissario delSanto Uffizio la relata censura dei P. Teologialle proposizioni del Matematico Galileo, cheil sole sia il centro del mondo e sia im-mobile di moto locale, e che la terra simuova, anche di moto diurno; il Santissimoordinoall’Ill.mo S. Cardinale Bellarmino, dichiamare il detto Galileo e di ammonirlo ditralasciare l’opinione detta; e se intendessericusare, il P. Commissario, in presenza diNotaio e Testi, gli faccia precetto di asten-ersi totalmente dall’insegnare o difendere ocomunque trattare questa dottrina; se non sifosse assoggettato, venisse carcerato.

Venerdı 26Nel palazzo di abitazione del detto S.

Card. Bellarmino e nelle mansioni di SuaIll.ma dominazione, lo stesso Ill.mo S. Car-dinale, chiamato il sopraddetto Galileo, [...]in presenza del R. P. Michelangelo Seghizidi Lauda, dell’ordine dei Predicatori, Comm.Gen. del Santo Uffizio, ammonı Galileo

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sull’errore della suddetta opinione, e di tralas-ciarla; indi senz’altro il P. Commissario alpredetto Galileo, ancora presente e costitu-ito, prescrisse ed ordino‘ a nome del S.moN. S. Papa e di tutta la Congregazione delSanto Uffizio, di abbandonare completamentel’opinione suddetta che il sole sia il centro delmondo ed immobile e la terra venga mossa,ne di essa in alcun modo tenga, insegni nedifenda; altrimenti, si proceda contro di luinel Santo Uffizio. A questo precetto il dettoGalileo aderı e promise di adeguarsi.

La logica della prima parte dell’operazione e‘ evi-dente. Galileo era venuto a Roma in veste di chi sol-lecita chiarimenti e direttive; tutto si era svolto corret-tamente e nella seduta del 3 marzo le sue pur coperni-canissime Lettere Solari vennero esentate da ogni pecca.La cosa fuori posto era l’intimazione sub poenis adabbandonare il Copernicanismo, di non tenerne alcunconto. Galileo aveva aderito. Anche dal punto di vistaformale l’ultima parte del documento non funzionava.Le istrruzioni dicevano ”avanti a notaio e testi”; mail notaio non aveva firmato e, diversamente dall’uso,nessun funzionario dell’Inquisizione era stato menzion-ato come testimone. Infine l’accusato era richiesto difirmare di sua mano e la firma doveva essere legaliz-zata. Cio non era avvenuto. Anche dalla minuta sem-bra quindi trattarsi solo di un verbale di notifica. Ma al-lora dove e l’originale? e la formula ”io, Galileo Galilei,ho ricevuto precetto come sopra e prometto di obbe-dire”?

Per mettere fine alle voci e salvaguardare l’onoreGalileo domando a Bellarmino un certificato e l’ottenne:

Noi, Roberto Cardinale Bellarmino, havendointeso che il Signor Galileo Galilei sia calun-niato o imputato di havere abiurato in manonostra, et anco di essere stato per cio pen-itenziato di penitentie salutari, [...] diciamoche il Sig. Galileo non ha abiurato in manonostra ne di altri qua in Roma ne meno in al-tro luogo che noi sappiamo, alcuna sua opin-ione o dottrina, [...] ma solo gli e stata de-nuntiata la dichiarazione fatta da N.ro Sig-nore et publicata dalla Sacra Congregazionedell’Indice, nella quale si contiene che la dott-rina attribuita al Copernico sia contraria alleSacre Scritture, et pero non si possa difenderene tenere. Ed in fede di cio habbiamo scrittaet sottoscritta la presente di nostra propriamano, questo dı 26 di Maggio 1616.

Galileo resto‘ a Roma ancora 4 mesi. Solo il 30 giugnosi rimise in viaggio per Firenze. Il 24 ottobre la figliaVirginia ricevette i voti col nome di suor Maria Celeste.L’anno dopo anche la figlia Livia ricevette i voti comesuor Arcangela. Nel ’20 gli mori‘ la madre.

5.5 Tra il 1617 e il 1633.

Nel ’21 mori‘ Bellarmino, l’anno dopo, il 28 gennaio, fula volta di Cosimo II, succeduto da Ferdinando II sottola tutela di Maria Cristina. Il 6 agosto del ’23 divennepapa Urbano VIII il card. Maffeo Barberini, uomo divasta cultura e amico personsle di Galileo. In quell’annovenne pubblicato a cura della Accademia dei Lincei ilSaggiatore, nel quale con bilancia esquisita e giusta siponderano le cose contenute nella libra astronomica efilosofica di Lotario Sarsi Sigensano. In un suo passo escritto:

La filosofia e scritta in questo grandissimo li-bro che continuamente ci sta aperto innanziagli occhi (io dico l’universo), ma non si puo‘intendere se prima non s‘impara a intenderla lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali escritto. Egli e scritto in lingua matematica, ei caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figuregeometriche, senza i quali mezzi e impossibilea intenderne umanamente parola.

L’anno dopo Galileo si reco nuovamente a Roma e furicevuto da Urbano; aveva in animo di informarsi concautela anche sulle sue opinioni sulle tesi copernicane,ma non ottenne risposte precise. Tuttavia uscı dai col-loqui con animo rinfrancato, riprendendo la battagliainterrotta nel ’16. In risposta alla Disputatio de situ etquiete terrae in cui Francesco Ingoli intendeva confutarele teorie copernicane, scrisse una lettera che non vennene pubblicata ne spedita, ma fu largamente diffusa tragli amici di Galileo e venne fatta leggere allo stesso papaBarberini per saggiare fino a che punto la sua aperturain campo culturale concepisse una libera ricerca scien-tifica. La risposta parve abbastanza favorevole e Galileoinizio a scrivere il Dialogo dei massimi sistemi, opera digrande ampiezza da pubblicare con la licenza della Au-torita ecclesiastica. La stesura, piu volte interrotta pervia di una infermita, venne infine terminata nel ’30 eGalileo si reco nuovamente a Roma, anche per ottenerel’imprimatur. Comr formula iniziale Galileo scrisse:

Dialogo di Galileo Galilei, Linceo, matem-atico straordinario dello studio di Pisa efilosofo e matematico primario del Serenissi-momo Gran Duca di Toscana. Dove ne’ con-gressi di quattro giornate si discorre sopra idue Massimi Sistemi, Tolemaico e Coperni-cano; proponendo indeterminatamente le ra-gioni filosofiche e naturali tanto per l’unaquanto per l’altra parte.

Si trattava di un poderoso volume in italiano, a formadi dialogo, scritto a imitazione platonica in 4 giornate.Si confrontano 3 personaggi: Filippo Salviati (amico ediscepolo di Galileo e suo portaparola copernicano, dapoco deceduto), Francesco Sagredo (parimentiti legatoa Galileo da grande amicizia e qui simbolicamente in-vestito del ruolo di interessante e colto moderatore);Simplicio (immaginario alfiere della concezione aris-totelico - tolemaica).

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Nonostante apparenti concessioni allo ”ipoteticismo”di Urbano, secondo cui le teorie di Tolomeo e di Coper-nico sarebbero solo ipotesi calcolatorie, prive di realevalore di verita, il Dialogo dei Massimi Sistemi erain effetti una serrata disamina per sostenere con ar-gomenti logici ed empirici la superiorita del Coperni-canismo come cosmologia corroborata razionalmente efattualmente nei confronti del dogmatico geocentrismoe teleologismo peripatetico.

Nel Dialogo la materia e svolta secondo il coerenteschema che segue. Prima giornata, confutazione dellabasilare presa della scienza tradizionale sulla etero-geneita del mondo celeste e terrestre; si adducono in-dizi atti a smentire l’inalterabilita e incorruttibilita deicieli e ad attestare l’ unita fisica del cosmo. Sec-onda giornata: il moto della terra elimina le cospicueobiezioni anti copernicane sulla base di considerazionilogiche ed empiriche: il principio di inerzia, la relativita‘del moto e l’isocronismo pendolare. Terza giornata:rivoluzione intorno al sole: le osservazioni dei moti plan-etari, le fasi di Venere, i satelliti di Giove, le macchiesolari consentono a Galileo, per bocca di Salviati, dimostrare che la dottrina aristotelica non corrispondeall’osservazione dei fenomeni astronomici e che il sis-tema eliocentrico e geometricamente e dinamicamentepossibile. La Quarta giornata riguarda le maree (sp-iegazione sbagliata; era giusta invece quella keplerianain termini di attrazione lunare, essenzialmente per viadella diffidenza galileiana verso concezioni di attrazione,ritenute dotate di precipuo significato astrologico).

Ottenuta l’autorizzazione della Chiesa a condizioneche nell’opera risultasse esplicitamente una posizionemolto scettica relativamente alle teorie esposte, ammet-tendo che l’Artefice del mondo abbia potuto imporrealla natura tanto le tesi tolemaiche che quelle coper-nicane, Galileo pubblico il 21 febbraio 1632 il Dialogopresso il tipografo G. B. Landini di Firenze.

Ma in luglio l’Inquisizione fiorentina emise l’ordine disequestrare l’opera appena uscita. Il Papa Urbano VIIIappariva fuori di se: ma come, Galileo l’aveva preso ingiro; e lui stesso, volendo fare il mecenate, l’aveva incor-aggiato e si era posto tra l’uscio e il muro! Il successivo 1ottobre l’Inquisitore di Firenze si reco da lui e gli intimoa nome del Santo Uffizio di presentarsi a Roma entroun mese. Galileo si ammalo e cerco di soprassedere mail 19 novembre ricevette la seconda convocazione chedichiarava che in caso di ritardo un commissario, scor-tato da un medico, avrebbe condotto Galileo a Romaprigioniero e in catene.

Nel frattempo la posizione di Galileo era leggermentemigliorata, mentre il tono del Papa si era un po’ atten-uato. Nel suo primo colloquio con Niccolini, il 5 set-tembre, il Papa aveva parlato della ”piu perversa ma-teria che si potesse mai avere alle mani”; il 27 febbraioebbe a dire ”materia gelosa e fastidiosa, cattiva dott-rina [....] fu mal consigliato [...] era stata una cismpo-lata cosı fatta. Anche il Santo Uffizio aveva incontratodifficolta sul terreno del dogma; si sarebbe rifatto suquello politico.

Dopo 23 giorni di viaggio, compresa una penosa quar-antena a Ponte a Centino, Galileo giunse all’ambasciata

il 13 febbraio 1633; ricevette le cure sollecite dellamoglie dell’ambasciatore, Caterina Niccolini. Per al-cune settimane vi resto formalmente indisturbato ericevette visite ufficiose di prelati vicini all’Inquisizione.Galileo non sapeva niente dei dettagli del processo. Eraindignato, battagliero e pronto ad affrontare il dibat-tito. Quando, l’8 aprile, Galileo fu informato di quantol’attendeva, accolse la notizia con immenso coraggio:sarebbe stato di fronte a 10 cardinali obbligati ad as-coltare e ad intendere ragione. Vi e una grandezza trag-ica in questa speranza che egli conservo fino all’ultimo:la speranza di convincere quelle menti che egli avrebbedovuto sapere essere immobili. Niccolini dovette dirgliad un certo punto che le cose si sarebbero svolte di-versamente, che Galileo era in grande pericolo di esseretrattenuto e carcerato. Galileo ne uscı cosı trasformatoche Niccolini temette per la sua vita.

L’11 aprile Galileo si rese presso il Sant’Uffizio e apartire dal 12 fu interrogato. Poiche il Dialogo erauscito con le autorizzazioni ecclesiastiche l’accusa chegli venne mossa ad un certo punto fu di non aver resonota al censore l’ammonizione rivoltagli dal card. Bel-larmino nel 1616. Nella fase finale fu accusato di avervolontariamente evitata la citazione di precetto, che eglinon aveva mai avuto (solo Bellarmino aveva parlatodella questione il 26 febbraio 1616, senza far apparireprecetto alcuno). Ma a questo punto Galileo, stanco,infermo, sfiduciato e minacciato di tortura dovette am-mettere il suo ”errore”. Nella mattina del 21 giugnosi presento‘ di nuovo al Segretario e gli venne ancorachiesto di dire la verita‘, che altrimenti si sarebbe venutialla tortura. Galileo ripete:

Io son qua per far l’obedienza; e non ho tenutaquesta opinione dopo la determinatione fatta,come ho detto.

Dopo quest’ultima risposta di Galileo si trova questafrase a conclusione del processo verbale:

E siccome nulla piu si poteva ottenere in es-ecuzione del decreto gli si fece firmare la suadeposizione e venne rinviato alle sue stanze.

Il giorno seguente, mercoledı 22 giugno, Galileo fucondotto sulla mula dell’Inquisizione alla grande saladel convento domenicano di Santa Maria sopra Min-erva, nel centro di Roma, dove erano riuniti i cardinalidel Santo Uffizio e oltre venti testimoni. Rivestito delcamice bianco dei penitenti, si inginocchio davanti aigiudici mentre gli veniva letta la lunga sentenza cheterminava con queste parole:

Ti condanniamo al carcere formale inquesto S.to Off.o ad arbitrio nostro, e per pen-itenze salutari t’imponiamo che per tre annia venire dichi una volta la settimana li settesalmi penitentiali; riservando a noi facolta dimoderare, mutare, o levar in tutto o parte lesodette pene e penitenze.

Et cosı diciamo, pronuntiamo, sententi-amo, dichiariamo, ordiniamo e reservamo in

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questo et in ogni altro meglio modo e formache di ragione potemo e dovemo.

Dopo questa sentenza venne presentata a Galileo laformula della abiura. Galileo fece due eccezioni: cheegli non dovesse mai dire di non essere cattolico, e chemai avesse ingannato nessuno nella pubblicazione delsuo libro. Quindi pronuncio l’abiura, poi si levo e andoa firmarlo:

Io Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato,promesso e mi sono obligato come sopra, et infede del vero, di mia propria mano ho sotto-scritta la presente cedola di mia abiurationeet recitatala di parola in parola, in Roma, nelconvento della Minerva, questo dı 22 Giugno1633. Io Galileo Galilei ho abiurato come disopra, mano propria.

Due giorni dopo, il venerdı, Galileo venne ricondottodall’Ambasciatore alla Trinita‘ dei Monti. Dal 6 lugliopasso a Siena, presso l’amico vescovo Ascanio Piccolo-mini. Lı comincio‘ a stendere le Nuove Scienze. Indicembre ottenne dal Papa il permesso di trasferirsinella sua villa ”Il Gioiello”, ad Arcetri.

5.6 Gli ultimi anni.

Il 2 aprile 1634 morı ad Arcetri, nel convento di SanMatteo, la figlia suor Maria Celeste che gli era statasempre vicina, confortandolo nelle ore piu difficili, econ la quale aveva scambiato un voluminoso carteg-gio. L’anno dopo, a Leida, presso gli Elzeviri, vennepubblicata una edizione latina del Dialogo dei MassimiSistemi tradotto da Mattia Bernegger.

Galileo, che continuava ad occuparsi dei Discorsi edimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienzeattinenti alla meccanica e ai movimenti locali, conun’appendice del centro di gravita di alcuni solidi, dedi-cati al Conte di Noailles, divenne completamente ciecoalla fine del 1637. I Discorsi vennero pubblicati an-che essi a Leida nel 1638, scritti in forma di dialogotra Salviati, Sagredo e Simplicio in 4 giornate. Alcuneparti frammentarie vennero trovate dopo la sua morte.

Le prime 2 giornate sono in italiano mentre la terzae la quarta contengono ampi passi latini del trattatoDe motu locali che Salviati attribuisce all’amico Ac-cademico (Galileo stesso). Anche qui si trova unadigressione su temi varii, senza che l’alto interessescientifico e l’organicita sostanziale dell’opera sianopregiudicati; anzi, ne risulta una trattazione di straor-dinaria ricchezza intellettuale e di significato storicorivoluzionario. La resistenza dei materiali costituiscele due giornate iniziali dei Discorsi mentre la dinamicane costituisce la seconda parte.

Prima giornata: si riflette sulla struttura della mate-ria, sulla continuita, sulla indivisibilita, sull’atomo e ilvuoto; si intravvede l’incipiente transizione della prob-lematica dell’atomismo democroteo da pura congetturafilosofica a ipotesi propriamente scientifica. Con mo-tivazioni teoriche e di fatto sono sconfitte le tesi aris-toteliche dell’impossibilita del movimento nel vuoto e

della proporzionalita tra peso e velocita di caduta; siriprendono quindi le analisi delle leggi sulle oscillazionipendolari insieme a considerazioni importanti di otticae acustica.

La seconda giornata riguarda vedute archimedee e ri-conduce i diversi casi di resistenza dei materiali a com-binazioni di leve. La statica viene applicata con argo-mentazioni geometriche.

La terza giornata e dedicata allo studio delle leggidel moto uniforme, del moto naturalmente e uniforme-mente accelerato o ritardato, con un geniale proced-imento ipotetico deduttivo. Le postulazioni astratteiniziali sono stabilite matematicamente (con ricorso a”infiniti gradi di tardita”) e sottoposte a controllo me-diante noti esperimenti sui piani inclinati.

La quarta giornata e unita alle precedenti per argo-mento e per valore intrinseco; si compongono le traiet-torie dei proiettili sulla base del principio della com-posizione dei movimenti. Si tratta di una indagineipotetico deduttiva, scevra di remore aristoteliche, cherende comprensibile il moto ”naturale” della cadutadei gravi e quello ”violento” dovuto all’esplosione dellepolveri da sparo, Essa dimostra teoricamente e con-ferma empiricamente che la traiettoria ha una strutturaparabolica. Estremamente importante e infine la pre-cisazione del principio di inerzia e il suo rapporto conil principio di relativita.

Nel 1640 Galileo scrisse la breve Lettera sul candoredella luna. Colpito nel novembre 1641 da un attaccofebbrile, Galileo morı ad Arcetri l’8 gennaio 1642.

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Chapter 6

Newton.

6.1 Date e vita.

Isaac Newton era nato il 25 dicembre 1642. Morı il 20marzo 1726 - 1727. Perche allora queste ambiguita? Larisposta richiede una digressione sul calendario.

Come sanno gli appassionati di datazione, la riformagregoriana del conteggio del tempo era entrata in fun-zione un certo giovedı 4 ottobre del 1582; il Papaaveva decretato che il giorno dopo era il venerdı 15ottobre. Come questo sia avvenuto nei dettagli nonlo so, bisogna chiederlo a quegli storici che ricostruis-cono le vicende quotidiane della gente comune (nessunoriceveva lo stipendio a mese, e pochi si interessavanoalla data; il giorno della settimana, dato fondamentale,non fu toccato e i santi vennero spostati in avanti inmodo che la loro successione restasse immutata, conqualche inevitabile ritocco).

Ma gli Inglesi non avevano seguito l’esempio degliaborriti papisti. Cosı il loro Natale 1642, nascita diIsaac, era per i Cattolici il 4 gennaio 1643. Quindila morte di Galileo (8 gennaio 1642, per gli Inglesi29 dicembre 1641) non avvenne nello stesso anno dellanascita di Newton, come qualcuno aveva sostenuto inun simbolico accostamento.

Fin qui niente di tanto strano: anche la rivoluzioned’ottobre e avvenuta il 7 novembre. Ma c’e di piu.Gli Inglesi di quel tempo cambiavano la numerazionedell’anno il 25 marzo. Per la verita qualcuno avevadelle incertezze e tra il 1o gennaio e il 25 marzo spessosi usava la datazione doppia (cosı nel caso in questionela morte sarebbe avvenuta il 20 marzo 1726/27)1. Adogni modo, la morte di Newton per i Cattolici avvenneil....30 marzo 1727 diranno tutti aggiungendo 10 giorni.Invece no, il 31. Perche nel frattempo era passato l’anno1700, bisestile per i Giuliani (e per gli Inglesi quindi)ma non per i Gregoriani. I giorni di discrepanza eranosaliti dunque a 11 (dopo il 1900 furono 13, come sannoappunto gli interessati alle vicende russe del 1917; magli Inglesi avevano provveduto a mettersi in linea nel1752, saltando dal mercoledı 2 settembre al giovedı 14,occasione di parecchie morti.).

(Incidentalmente: il 25 marzo 2002 alle 12 comincia ilgiorno 2.452.359 dalla data di inizio del mondo secondoGiuseppe Giusto Scaligero (1540 - 1609), il 10 gennaio

1Questo metodo della doppia data e molto scomodo, comesanno quelli che facevano le scuole nel ventennio fascista, dove inpiu‘ bisognava scrivere l’Era Fascista in odiatissime cifre romane.

-4713, calendario giuliano. Gli scienziati hanno prefer-ito questa data a quella del 23 ottobre -4004 ore 4 delpomeriggio, avanzata dal vescovo Ussher.)

Secondo il mondo cattolico dunque Isaac Newtonnacque il 4 gennaio 1643 a Woolsthorpe, nel Lin-colnshire. Fu estremamente riservato, sia da fanciulloche in tutti gli anni successivi. Il padre, che si chiamavaIsaac, morı tre mesi prima che Newton nascesse. Treanni piu tardi la madre Hannah si risposo col rev. Barn-abas Smith. Questi, nato nel 1582, era riuscito a pas-sare indenne attraverso tutti i cambiamenti e, appenarimasto vedovo. si era risposato, appunto nel 1647, a65 anni. Era anche pingue. Il piccolo Isaac fu sped-ito presso i nonni materni e Hannah ebbe il tempo difar nascere altri tre figli prima che il padrigno morissequando Newton aveva 10 anni.

Nell’autunnodel 1661 Newton si iscrisse all’universita di Cambridge;ivi, sotto l’insegnamento di Barrow, apprese tra l’altroEuclide, Cartesio (errori!) e Keplero, in particolare lasua ottica. Imparo l’algebra, la fisica e la chimica. Eraestremamente riservato; non divento mai amico intimodi altri studenti, come del resto gli accadde poi pertutta la vita. Nel 1665 ricevette il B.A. Ritorno a casaper evitare la peste (si dice che in quel periodo abbiatrovato la legge generale del moto dei gravi). Nel 1668ebbe il M.A. ed un suo manoscritto (De Analysi, nonpubblicato) gli permise di ottenere l’anno successivo lacattedra lucasiana, cedutagli da Isaac Barrow che in-teneva dedicarsi a funzioni piu pie. Non fu un maestromodello: insegnava poco e solo quegli argomenti che lointeressavano.

In quegli anni studio e pratico l’ottica con costanzastraordinaria; riuscı ad inventare il telescopio (privodi aberrazione), che fu presentato alla fine del 1671da Barrow alla Royal Society e ottenne grandi accla-mazioni (anche da parte di Christiaan Huygens). Cosıl’anno dopo ne divento socio. La lontananza da Lon-dra gli permise di restare lontano dagli intrighi di corte.Si era prima dedicato anche alla gravitazione, ed avevatrovato le leggi generali del moto. L’errore di Snell nelmisurare la Terra fu da lui notato prima che Picardfacesse misure migliori nel 1670.

Hannah morı nel 1679, un periodo di 6 mesi che New-ton passo a Woolsthorpe, occupandosi anche di chiud-ere i conti e vendere quello che gli restava.

Nel 1684 Halley comunico alla Roy. Soc. le scop-

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erte di Newton. A quel punto non c’era piu ragionedi essere riservato, e il 28 aprile 1685 (VS) Newtonpresento i primi due libri del Philosophiae NaturalisPrincipia Mathematica, sviluppando anche una polem-ica con Hooke. Il trattato completo venne poi pubbli-cato nel 1687, ricevendo commenti favorevolissimi in In-ghilterra e anche in Olanda. Nel 1689 - 90 l’universita diCambridge lo elesse deputato alla Convenzione e quindial Parlamento.

Non era legato ne ai Tories ne ai Whigs ma, indipen-dente, era vicino ad ambedue. Segretamente era uni-tariano e aveva profittato di un codicillo per non doveressere ordinato (in quel caso avrebbe dovuto ammet-tere di essere unitariano e sarebbe stato escluso dallecariche ed espulso dall’universita). Nel 1692 ebbe unenorme esaurimento nervoso, conseguenza dell’incendiodel laboratorio con la perdita, tra l’altro, degli appuntidi chimica e astrologia. E dubbio che sia poi tornatonormale. Pare si sia accentuato, forse fino alla paranoia,il carattere sospettoso, geloso e intollerante.

Nel 1695 divenne ispettore della Zecca di Londra,trasferendosi lı nell’aprile dell’anno dopo; dal ’99 ne fuil presidente. Era finalmente una carica corrispondentesia alle sue aspirazioni che al suo passato orangista.

In quel periodo il governo decise di riservare la mon-eta vecchia al pagamento delle imposte e alla sotto-scrizione di questioni pubbliche; bene per Newton (emalissimo per i poveri, che dovettero svendere a metaprezzo il denaro vecchio ai gia abbienti).

Newton seppe aumentare la produzione di moneta;frequento anche prigioni e taverne, per cogliere even-tuali confessioni di malandrini. In soli tre anni furonogettate in prigione piu di 100 persone, molti dei qualipoi appesi. Notiamo il caso di Chaloner, che infine fusmascherato grazie agli intrighi di Newton e mandatoalla forca per alto tradimento.

Alla Zecca Newton pubblico i trattati di economiamonetaria (introdusse la zigrinatura laterale nel tagliodelle monete) e scrisse gli appunti sulla necessita dicolpire nel modo piu energico (morte) chi aveva coniatomonete false. Era diventato presidente della Roy. Soc.dal 1703 e Sir dal 1705.

Nel 1704 uscı Opticks, ripubblicata ampliata nel 1717e poi nel 1721. Fu del 1722 la seconda edizione (primaufficiale) della Arithmetica Universalis. In quegli ul-timi anni lavoro anche a problemi di cosmologia (vederenella Transactions ”Remarks upon the Observationsmade upon a Chronological Index of Sir Isaac New-ton”) di cui si interesso anche la Principessa di Galles.Era forse, al suo tempo, il miglior conoscitore della let-teratura giudaica e paleo cristiana (si occupo anche didatazione, ma nel Principia non fece menzione di dateiniziali). Newton non si sposo; morı a Londra il 20marzo 1626-27 (VS) che corrispondeva al 31 NS.

La personalita di Newton e molto complessa; lesue pubblicazioni sono solo una parte degli scritti;all’approssimarsi della morte distrusse molti mano-scritti. Il ”baule” che conteneva i manoscritti superstitipervenne alla nipote e al marito John Conduitt e fu con-servato per due secoli dai membri della famiglia. Buona

parte dei manoscritti scientifici accettati dai discendentifu pubblicata, mentre il resto venne tenuto segreto.

Nel 1936 il baule fu aperto e il contenuto fu posto invendita. Si ritiene che circa 1,4 milioni di parole fosserodedicati alla teologia e alla cronologia (corrispondenti a4-5000 pagine in formato medio), 550.000 alla alchimia,150.000 alla Moneta, 1 milione a soggetti scientifici e500.000 a soggetti varii.

John Maynard Keynes (1883 - 1946), che se neoccupo attivamente, conobbe la ”faccia nascosta” diNewton e ritenne che l’uomo che aveva aperto leporte della scienza moderna fosse invece l’erede diun’altra ”scienza”, babilonese. Affascinato, il grandeeconomista compro una parte dei manoscritti, donan-doli al Trinity College di Cambridge. Quelli che nonpote comprare furono dispersi, ma si trovano quasi tuttipresso istituzioni pubbliche. Il loro accesso da partedegli storici non e proibito ma spesso molto limitato.

Si seppe anche con certezza che Newton fu in seg-reto un unitariano convinto. Questa fu la ragione percui si oppose strenuamente ad essere nominato min-istro della Chiesa Anglicana: a quel punto avrebbedovuto dichiararsi unitariano e sarebbe stato destitu-ito da ogni carica e allontanato da Cambridge. Chissa!Forse sarebbe approdato al Nuovo Mondo! Certo e in-vece che, unitariano segreto, fu il presidente anglicanodella Zecca.

Le immense ricerche alchimiche e teologiche che occu-parono Newton in quegli anni molto produttivi furononegli anni successivi oggetto di lavori importanti chehanno portato gli storici ad ammorbidire il punto divista di Keynes, pur senza eliminare del tutto il lorocarattere di eccezione. Ma i voluminosi manoscritti nonsono ancora stati pubblicati. La parte essenziale delleopere di alchimia si trova all’universita di Cambridge.I testi religiosi stanno, dispersi, in parecchi posti: i piuimportanti si

trovano all’universita ebraica di Gerusalemme.Restano del tutto incogniti alcuni manoscritti rari, trai quali i 13 lotti acquistati, alla vendita del 1936, daparte di Emmanuel Fabius, antiquario a Parigi.

Questo segreto, i manoscritti non scientifici di New-ton, e ”perduto”; la scienza si e sviluppata escludendoil suo contenuto che e rimasto chiuso. Quell’altra”scienza” attestata dagli storici non e riconosciuta daifisici che sono persuasi che la realta impone quasi total-mente la descrizione che stiamo per darne. Cosı il New-ton preso da noi costituisce una versione ”corretta”: unmostro sacro di cui ogni parola e vera perche costituisce,secondo noi, il suo grande ”discorso sulla natura.2

6.2 I Principia.

Newton pubblico nel 1687 il libro Philosophiae Nat-uralis Principia Mathematica. Non ne abbiamo unacopia in biblioteca, il numero di copie che furono tiratein quella prima edizione era attorno a 300-350. Ma

2La biografia completa piu recente e J. Westfall, Never atRest, 1980 che raccomandiamo di consultare se si vuole avereun’idea attuale della sua complessa personalita.

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ho una riproduzione del frontespizio che forse vi inter-essa vedere. Si tratta di fotocopia da fac-simile. Vimostro anche il frontespizio della traduzione in Inglesedi Andrew Motte del 1729; e basato sulla terza edizione,quella del 1726, e naturalmente contiene lo ScholiumGenerale aggiunto da Newton alla seconda edizione,quella del 1712.

Nei ”Principia” Newton prese a modello il trattatodi Euclide: il libro e composto in maniera dedut-tiva, con proposizioni, dimostrazioni, discussioni e com-menti. Benche Newton possedesse lo strumento del cal-colo infinitesimale le dimostrazioni furono condotte conmetodi geometrici.

La dinamica newtoniana ha alla base i concetti dispazio e di tempo, di cui in questa sede sottolineiamoalcuni punti di particolare importanza.

In Newton lo spazio ha due funzioni. E il quadronel quale si situano gli eventi (il punto materiale, con-cetto alla base della meccanica newtoniana, e caratter-izzato dalla massa e dalla posizione nello spazio). Malo spazio determina anche un sistema di riferimento as-soluto, quello nel quale le forze sono ”non apparenti”3.Lo spazio assoluto dunque e indipendente dalla materiache puo contenere (si puo pensare a contenuti diversi)e possiede la fondamentale proprieta fisica di discrim-inare le forze vere da quelle apparenti. Nello spazioassoluto le forze agenti sono vere, mentre nei sistemi inmoto accelerato rispetto allo spazio assoluto sono pre-senti forze apparenti.

Analogamente per il tempo: non e permesso usaresenza conseguenze tempi allungati in certe parti e accor-ciati in altre, come una specie di elastico. Il tempo veroe uno, e le leggi del moto valgono per quel tempo: uncorpo isolato si muove di moto uniforme in quel tempo.Usando il tempo assoluto e lo spazio assoluto le ac-celerazioni sono causate dalle vere forze, anzi, secondol’equazione fondamentale del moto, sono proporzionaliad esse: il coefficiente di proporzionalita e la quantitadi materia. Inoltre, poiche forze, quantita di materia eaccelerazioni restano le stesse per due sistemi in motorelativo uniforme, l’equazione del moto scritta senzaforze apparenti vale in ogni sistema in moto uniformenello spazio assoluto.

Naturalmente la separazione tra spazio e tempo e lastessa per tutti i sistemi di riferimento.

Lo spazio e il tempo sono dunque due entita postulateche sono componenti autonome della rappresentazionedella realta fisica. L’altra fondamentale entita e la ma-teria, la quale ha la proprieta dell’inerzia ed e caratter-izzata da una certa massa in un certo punto dello spazioad un dato istante del tempo. La scena e ora completa:lo spazio e il quadro e garantisce la realta delle forze, lamateria in questa cornice si muove nel tempo secondole forze.

Newton pose Dio a fondamento dello spazio, sia vuotoche pieno, e del tempo. Dio e dovunque e sempre in

3Come diciamo in altra sezione, i sistemi in moto uniformerispetto allo spazio assoluto sono indistinguibili dal punto di vistadelle leggi del moto. Tuttavia lo spazio assoluto permette dieliminare ogni altra discussione, e di questo c’e un gran bisognonel 1687.

modo esplicito, non come metafora. Lo spazio e iltempo sono sensorium Dei4.

La formalizzazione e stata realizzata postulandoquanto era necessario e rinunciando a quant’altro fosseinutile: per esempio, ad una concezione di cosmo uni-tario, concluso, finito e significativo, che magari avessecause e principii geometrici per spiegare l’intera strut-tura del mondo. Tutto questo viene rimosso. E conquesti concetti viene rimossa anche ogni gerarchia eogni ordine che non provengano dai nuovi, appunto,principii matematici.

La concezione di spazio e tempo dotati di esistenzapropria, ontologicamente indipendenti dalla materia,giunse a Newton dalla scuola platonica di Cambridge.Noi siamo abituati alla concezione in cui la geome-tria precede la fisica (spazio indipendente e idealmenteprecedente la materia). Ma bisogna riflettere un mo-mento sul cambiamento operato da questa concezionerispetto alla fisica aristotelica: si pone il problema dellospazio vuoto. Che cosa lo definisce? Come puo es-istere uno spazio senza che un corpo esistente lo occupi?Leibniz e la sua scuola razionalista criticheranno questaconcezione, considerata metafisica; ma questa e la con-cezione dello spazio e del tempo che tuttora usiamo.Si dice che in Relativita Generale lo spazio e il tempoabbiano una metrica dipendente dalla materia; la ma-teria modifica le proprieta metriche dello S-T, non nedetermina le dimensioni e la segnatura, che tra l’altrodistingue (in modo unico per Newton) la coordinatatemporale da quelle spaziali.

6.3 Struttura generale.

La matematica deve essere il punto iniziale dellafilosofia naturale e deve costituire l’arte della sua misuraaccurata (piuttosto che essere favorita ”ontologica-mente”, come era il caso per Galileo). La nuova fisicadeve essere sistemata in modo assiomatico, deduttivo,a partire dai principii generali; troveremo subito 8definizioni, cui fanno seguito i 3 assiomi, o leggi delmoto, compresi i corollari. Si svolgono poi le propo-sizioni che possiamo sintetizzare come segue:

• La massa e la quantita di materia;

• mv e la quantita di movimento.

• Ogni corpo non soggetto a forze esterne perseveranel suo stato di quiete o di moto rettilineo uni-forme.

• Il mutamento del moto e proporzionale alla forzamotrice impressa ed ha luogo lungo una linea retta.

• La forza applicata da luogo alla quantita ma, vari-azione di mv nell’unita di tempo.

• Le forze hanno varie origini: urto, pressione, forzacentripeta ...

4Nella filosofia del ’600 veniva chiamato Sensorium l’organonel cervello dove l’informazione proveniente dai sensi viene rac-colta e percepita dall’anima immateriale.

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• Ad ogni forza (azione) di un corpo su un secondocorrisponde una forza (reazione), eguale in moduloe contraria in segno, del secondo sul primo.

Si entra quindi nel cuore della fisica newtoniana.

6.4 Scholium Generale.

Prendiamo lo Scholium Generale della II edizione.Useremo la versione di the Mathematical Principles ofNatural Philosophy, By Sir Isaac Newton, transl. byAndrew Motte, London 1727 (la traduzione e‘ mia; hocercato di rispettare l’interpunzione originale). Newtondice:

Fin qui ho dato le definizioni delle paroleche sono meno note e ho spiegato il senso in cuidevono essere comprese nel discorso seguente.Non definisco Tempo, Spazio, Luogo e Moto,che sono ben noti a tutti. Voglio solo os-servare che il volgo concepisce queste quan-tita‘ soltanto sotto il profilo della relazioneche hanno con corpi sensibili. Ne segue chenascono certi pregiudizi e per rimuoverli sara‘conveniente distinguerle in Assolute e Rela-tive, Vere ed Apparenti, Matematiche e Co-muni.

I. Il Tempo Assoluto, Vero e Matematico,fluisce uniformemente in se e per sua naturasenza relazione con alcunche di esterno, e conaltro nome viene chiamato Durata: il tempoRelativo, Apparente e Volgare, e una qualchemisura (sia essa accurata o no) sensibile ed es-terna della Durata per mezzo di movimento, laquale e comunemente usata invece del tempoVero; come per esempio un’Ora, un Giorno,un Mese, un Anno.

II. Lo Spazio Assoluto, per la sua propriaessenza, senza relazione con alcunche’ di es-terno, rimane sempre simile e immobile. LoSpazio Relativo e‘ qualche dimensione mo-bile o misura degli spazi assoluti; che i nostrisensi determinano, per la sua posizione rela-tiva a corpi; e che e‘ comunemente scambi-ato per lo spazio immobile; Tale e‘ la dimen-sione di uno spazio sotterraneo, aereo o ce-leste, determinato dalla sua posizione rispettoalla Terra. Lo Spazio Assoluto e quello Rela-tivo, sono identici in forma e grandezza; maessi non restano sempre numericamente glistessi. Perche’ se la Terra, per esempio, simuove; un luogo della nostra Aria, che relati-vamente e rispetto alla Terra, rimane semprelo stesso, sara‘ ad un certo tempo una partedello spazio assoluto in cui l’Aria passa; ad unaltro tempo sara‘ un’altra parte dello stesso, ecosi’, compreso in modo assoluto sara‘ mutev-ole in perpetuo.

III. Il Luogo e‘ una porzione di spazio cheun corpo occupa, e, a seconda dello spazio,

e‘ assoluto o relativo. Dico, una Porzione diSpazio, non la posizione ne’ la superficie es-terna del corpo. Perche‘ i luoghi di solidieguali sono sempre uguali; mentre le loro su-perfici, per via delle diverse forme, sono spessodiseguali. Le posizioni, propriamente, nonhanno quantita‘ ne’ sono esse stesse propri-amente i luoghi, quanto piuttosto sono le pro-prieta‘ dei luoghi. [...]

IV. Il moto Assoluto, e‘ la traslazione diun corpo da un luogo assoluto ad un altro;e il moto Relativo, la traslazione da un lu-ogo relativo ad un altro. Cosi‘ in una Navein navigazione, il luogo relativo di un corpo e‘quella parte della Nave che il Corpo possiede;o quella parte della sua cavita‘ che il Corporiempie, e che quindi si muove insieme allaNave: E la quiete Relativa e‘ la permanenzadel Corpo nella stessa parte della Nave o dellasua cavita‘. Ma la quiete Reale, assoluta,e’ la permanenza del Corpo nello stesso lu-ogo di quello Spazio Immobile in cui la Navestessa, la sua cavita‘ e tutto cio‘ che contiene simuovono. Ne segue che, se la Terra e‘ davveroin quiete, il Corpo a riposo relativamente allaNave si muovera‘ realmente e assolutamentecon la stessa velocita‘ che la Nave ha sullaTerra. Ma se anche la Terra si muove, il motovero ed assoluto del Corpo risultera‘, in partedal vero moto della Terra nello spazio immo-bile; in parte dal moto relativo della Nave sullaTerra: e se il corpo si muove anche rispettoalla Nave; il suo vero moto risultera‘, in partedal vero moto della Terra, nello spazio immo-bile, e in parte dai moti relativi sia della Navesulla Terra che del Corpo nella Nave; e daquesti moti relativi risultera‘ sul moto relativodel Corpo sulla Terra. [...]

Il tempo Assoluto, in Astronomia, si dis-tingue da quello Relativo, per l’Equazione ocorrezione del tempo volgare [si riferisce alla”equazione del tempo”, differenza tra il pas-saggio medio al meridiano e il passaggio ef-fettivo nei diversi giorni dell’anno]. Perche‘i giorni naturali sono per natura ineguali,benche’ comunemente vengano consideratiuguali, e usati come misura del tempo: gliAstronomi correggono questa diseguaglianzaper poter dedurre piu’ accuratamente i moticelesti. [...] Tutti i moti possono essere ac-celerati e ritardati, ma la progressione vera, oequabile, del tempo assoluto non ammette al-cuna variazione. La durata, o perseveranzadell’esistenza delle cose rimane immutata, siache il moto sia veloce o lento o inesistente.[...] Come l’ordine delle parti del Tempo e‘ im-mutabile, cosi’ anche l’ordine delle parti nelloSpazio [...] Perche’, i tempi e gli spazi sono,come se fossero, i Luoghi sia di se stessi che ditutte le altre cose. Tutte le cose sono postenel Tempo in ordine di successione; e nello

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spazio nell’ordine di Posizione. E‘ dalla loroessenza o natura che essi siano Luoghi; e che iluoghi primari delle cose sian in movimento e‘assurdo. Questi sono quindi i luoghi assoluti;e le traslazioni fuori da quei luoghi sono i soliMoti Assoluti.

Ma poiche‘ le parti dello Spazio non pos-sono essere viste ne’ distinte l’una dall’altradai sensi, allora al loro posto noi usiamo mis-ure sensibili di quelle. [...] E cosi’ invecedi luoghi e moti assoluti, usiamo quelli rela-tivi; e cio’ senza inconvenienti nelle questionicomuni: ma nelle disquisizioni Filosofiche,dovremmo astrarre dai sensi e considerare lecose in se’, distinte da quelle che sono solomisure sensibili di esse. Perche’ puo‘ darsi chenon esista alcun corpo realmente in quiete alquale i luoghi e i moti degli altri possano essereriferiti.

Ma noi possiamo distinguere la Quiete dalMoto, assoluti e relativi, uno dall’altro, dalleloro Proprieta‘, Cause ed Effetti. E‘ una pro-prieta‘ della Quiete, che i corpi realmente inquiete sono in quiete uno rispetto all’altro.E quindi, siccome e‘ possibile, che nelle re-gioni remote delle Stelle fisse, o forse moltooltre, vi possa essere qualche corpo in quieteassoluta; ma e‘ impossibile sapere dalla po-sizione relativa di corpi nelle nostre regioni,se ce n’e‘ qualcuno che mantiene la stessa po-sizione rispetto a quel corpo remoto; ne segueche la quiete assoluta non puo‘ essere deter-minata a partire dalla posizione di corpi nellenostre regioni. [...]

Le Cause dalle quali si distinguono i motiveri da quelli relativi, uno dall’altro, sono leforze esercitate sui corpi per generare il moto.Il moto vero non e‘ ne’ generato ne’ alteratose non da qualche forza impressa sul corpoche viene mosso; mentre il moto relativo puo‘venir generato o alterato senza alcuna forzaimpressa al corpo. [...]

Gli effetti che distinguono il moto assolutoda quello relativo sono le forze di allontana-mento dall’asse del moto circolare. Perche’,non ci sono queste forze in un moto circolarepuramente relativo, mentre in un moto circo-lare vero e assoluto, esse sono maggiori o mi-nori, a seconda della quantita‘ di moto.

Segue l’esempio del secchio pieno d’acqua posto inrotazione attorno al proprio asse di simmetria.

...all’inizio la superficie dell’acqua sara‘ pi-ana come era prima che il recipiente cominci-asse a ruotare; ma il recipiente, comunicandogradualmente il proprio moto all’acqua, com-incera‘ a farla ruotare percettibilmente e ri-tirarsi poco a poco dal centro, e montare ailati del recipiente, formando una figura con-cava, (come ho sperimentato) e piu’ veloce

e‘ il moto e piu’ l’acqua salira‘, finche‘ in-fine, svolgendo le sue rivoluzioni nello stessotempo che il recipiente, essa diventa in qui-ete nel suo interno. Questa salita dell’acquamostra la sua tendenza a recedere dall’assedel moto; e il moto circolare vero e assolutodell’acqua, che e‘ qui direttamente contrario aquello relativo, si rende manifesto, e puo‘ es-sere misurato da questa tendenza. Dapprima,quando il moto relativo dell’acqua nel secchioera massimo non produceva alcuna tendenza arecedere dall’asse: l’acqua non tendeva ad an-dare verso la circonferenza ne’ a salire verso ilbordo del recipiente, ma restava con superficiepiana, e quindi il suo Vero moto circolare nonera cominciato. Ma poi, quando il moto rela-tivo dell’acqua era diminuito, la salita verso ibordi del recipiente provava la sua tendenza arecedere dall’asse; e questa tendenza mostraval’aumento continuo del moto circolare realedell’acqua, finche‘ non aveva raggiunto la mas-sima grandezza, quando l’acqua era a riposorelativamente al recipiente. E quindi questatendenza non dipende in alcun modo dallatraslazione dell’acqua rispetto allo spazio am-biente, ne’ il moto circolare vero puo‘ venirdefinito da traslazioni di questo genere. Esisteun solo moto circolare reale per ogni corpo inrotazione, in corrispondenza di una unica ca-pacita‘ di tendere a recedere dal proprio assedel moto, come suo effetto proprio e corrispon-dente: mentre i moti relativi in uno stessocorpo sono innumerevoli, a seconda delle varierelazioni che esso ha con i differenti corpi es-terni. E altre relazioni simili, sono del tuttosprovviste di qualsiasi effetto reale, a parte ilfatto che anche essi possono prender parte aquell’unico vero moto. [...] E‘ molto difficilescoprire, e distinguere effettivamente, i motiVeri dei singoli corpi e distinguerli da quelliApparenti: poiche‘ le parti di quello spazioimmobile in cui quei moti si compiono, nonvengono in alcun modo sotto l’osservazione deinostri sensi.

Non vi piace molto tutto questo, vero? Ma non di-mentichiamo che ne e‘ venuta la piu‘ grande svolta dellaconoscenza naturale. Questo vi aiuta a capire cosa e‘fisica.

Se Newton nella sua vita avesse scritto solo questoScholium o avesse continuato in questa maniera,sarebbe stato un filosofo presto dimenticato. Ma ilsuo proposito era invece di collegare e unificare (eprevedere) un grande numero di fenomeni naturali permezzo della matematica. Da qualche punto dovevapure partire: e postulo‘ una struttura dello spazio e deltempo. Poi, si occupo‘ di altro, nel libro: dei fenomeniche si possono descrivere matematicamente nel quadropostulato. E ci riusci‘ benissimo.

Il fatto che i critici concettuali di Newton siano statimolto pochi (e non tra i fisici) fino alla seconda meta‘

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dell’800, significa che con le sue basi c’era molto dafare per il programma di cui sopra, e che i postulatifunzionavano.

La concezione delle forze newtoniane derivava dallastatica: la forza e un agente fisico, ubbidisce alla regoladel parallelogramma, le forze (non le accelerazioni!) sisommano, vale il principio di azione e reazione. Nellastatica le forze risultanti si annullano. In generale sele forze applicate non si fanno equilibrio la loro appli-cazione produce una accelerazione la cui entita e inver-samente proporzionale ad un coefficiente caratteristicodel corpo che Newton individuo come la quantita dimateria (la massa).

La teoria della composizione e dell’equilibrio dis-cendeva in ultima analisi dal mondo degli artigiani edei costruttori cui tanto deve Galileo, non certo dalle”cause” della fisica aristotelica.

6.5 I vortici di Cartesio.

Una parte dei Principia e dedicata all’esame dell’ipotesifisica di Cartesio (Rene Descartes, 1596 - 1650), secondoil quale l’attrazione e una conseguenza del moto di vor-tici di materia sottile che compenetra tutti i corpi.

Alla base della concezione di Descartes stava il dual-ismo nella concezione del mondo, la separazione tra leoperazioni dello spirito, libere, e le regole della naturache segue rigidamente e senza alcuna liberta leggi mec-caniche di azione a contatto (l’unica liberta risiede nellamente umana che pero non costituisce un principio at-tivatore della natura; spetta al Creatore l’avviamen-to, ottenuto imprimendo movimento, e il sostegno dellanatura).

Nella spiegazione cartesiana ”meccanica” del mondo,la materia era stata creata da Dio e posta in movimento.Del tutto inerte, a parte l’impulso iniziale, la materiaera il regno della necessita. Essa era stata creata in-izialmente nella forma di cubi, che sono la piu semplicefigura geometrica. Gli angoli dei cubi poi si smussaronoproducendo una sorta di limatura, e i cubi si ridusseroa sferette (secondo elemento, materia luminifera). Lalimatura forma il primo elemento (materia luminosa),la cui agitazione costituisce la luce che si trasmette at-traverso le piccole sfere del secondo elemento. La li-matura si riunisce anche in agglomerati a forma di viti,o scanalature, capaci di colmare i vuoti tra le particelledel secondo elemento e anche di agglomerarsi tra loroper formare il nucleo di materia che costituisce la Terrae i pianeti. Il Sole e le altre stelle fisse sono circondatida enormi vortici composti di materia dei due primielementi (luminosa e luminifera). I pianeti, circondaticiascuno a sua volta da un vortice minore, galleggianoin questi vortici. Per esempio il vortice terrestre va di-ciassette volte piu veloce della Terra e quindi possiedeuna forza centrifuga assai maggiore che di conseguenzarespinge tutti i corpi lenti verso la Terra che li trascinaintorno al Sole. La finitezza e la stabilita dei vorticisono dovute all’azione dei vortici contigui, e le forzecentripete che trattengono nell’orbita i pianeti sono, per

Descartes, dovute ai vortici; cosı anche la gravita ter-restre e dovuta al suo vortice.

Il vuoto in questa concezione meccanica non trovavaposto. L’universo era completamente pieno delle di-verse materie originate dalla materia cubica iniziale.Ne trovavano posto agenti occulti: gli eventi materi-ali (cioe, a parte l’attivita spirituale umana) sono iprodotti necessari di processi fisici rigidamente deter-minati.

Idee di questo genere (a parte la non esistenza delvuoto) erano condivise anche dagli atomisti del tempo(ricordare Pierre Gassendi). Per tutti costoro la naturae composta da una sola materia, che puo assumere dif-ferenti forme e grandezze; le differenti parti di essapossono interagire solo per contatto. Quanta saggezzaapparente in questo programma di meccanicismo! equanto lontane sono queste concezioni dalla scienza diNewton!

D’altra parte, alternativamante alla spiegazione diCartesio vi erano altri ”modelli fisici” per spiegare lagravita. Descartes aveva bandito attrazione e vuoto.La parola ”attrazione” fu molto spesso usata da quantisi occupavano di magnetismo per descrivere la ”virtu”con la quale il magnete attrae il ferro. Gilbert, nel 1600,adoperava per il magnetismo il termine ”coitio” (coe-sione, tendenza all’unione). Keplero prese in prestito iltermine ”attrazione” proprio dal magnetismo, per rap-presentare la gravita come una forza magnetica iner-ente ai corpi che si respingono o si attraggono come imagneti. Per essa la Terra attrae i corpi (Keplero erain dissenso da Copernico, per il quale i corpi terrestrie planetari erano ”animati” da una certa tendenza aunirsi).

Si capisce da queste rapidissime osservazioni percheCartesio ritenesse di aver dato una spiegazione mecca-nica della gravita. Si comincia a comprendere anchequale strano impatto abbia costituito la visione newto-niana.

Newton sottopose a analisi matematica e geometricaquesta teoria, dimostrando che in nessun modo si po-teva accordare con la fenomenologia. Il vortice dellaTerra perderebbe a poco a poco il movimento; se laTerra galleggiasse nel vortice, dovrebbe averne la stessadensita. Esiste il vuoto e l’aria pesa. E Infine e‘ im-possibile accordare questa descrizione con le leggi diKeplero, ne il moto sull’ellisse avviene con le velocitapreviste dai vortici.

Nel Libro II (Scolio alla Sez. 9) cosı Newton conclusela discussione sull’impossibilita dei vortici cartesiani:

E infine evidente che i pianeti non sono por-tati in giro da vortici corporei; infatti, sec-ondo l’ipotesi Copernicana, i pianeti ruotanointorno al Sole in ellissi di cui il Sole sta nelfuoco comune; e i raggi diretti verso il Soledescrivono aree proporzionali ai tempi. Ma leparti dei vortici non possono mai ruotare inquesto modo.

Seguı l‘analisi dettagliata del moto in un vortice cheprova l‘incompatibilita del moto cartesiano con le leggidi Keplero.

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6.6 La Gravita.

Dopo aver stabilito le proprieta dello spazio e del tempoNewton enuncio le leggi fondamentali della dinamica,come abbiamo gia detto. Con l‘ausilio dei concettidi spazio assoluto e di tempo assoluto dotati di pro-prieta fisiche ha senso affermare che nello spazio asso-luto un corpo non soggetto a forze si muove di motouniforme. Infatti Newton riteneva di conoscere le forze:sono trazioni, spinte che ubbidiscono alla legge di com-posizione (sono vettori, diciamo oggi). Ma c’e di piu.Sono forze che ubbidiscono a leggi matematiche, per es-empio le forze costanti o quelle elastiche (o di gravita‘,come vedremo tra un istante). E proprio l’espressionematematica delle forze riempie di significato la leggefondamentale della dinamica, F = ma. Essa non euna tautologia ma una equazione che lega tre quantitadefinite in modo diverso e per questo e l’equazione fon-damentale della dinamica.

Dalle forze tangibili Newton passo rapidamente allagravita di cui egli era in grado di dare soltanto la leggematematica.

Nel libro I dei Principia, dopo aver provato le pro-prieta generali delle forze centripete che sono inversa-mente proporzionali al quadrato della distanza, la dis-cussione si conclude con questo Scolio:

Queste Proposizioni ci conducono natural-mente all’analogia che esiste tra le forze cen-tripete e i corpi centrali verso i quali questeforze sono di solito dirette; infatti e ragionev-ole supporre che forze che sono dirette versocerti corpi devono dipendere dalla natura edalla quantita di questi corpi, come vediamoche accade negli esperimenti magnetici. Equando questi casi avvengono dobbiamo calco-lare le attrazioni dei corpi assegnando a cias-cuna delle sue particelle la propria forza etrovando poi la somma totale. Io qui uso laparola attrazione in genere per una tendenzaqualsiasi dei corpi ad avvicinarsi, sia che latendenza insorga dall’azione dei corpi stessitendenti uno all’altro o in agitazione recip-roca per mezzo di spiriti emessi; o se abbiaorigine dall’azione dell’etere, o dell’aria, o diqualsiasi mezzo, vuoi corporeo o incorporeo,che in qualche maniera obblighi i corpi in essoposti a muoversi uno verso l’altro. Nello stessosenso generale uso la parola impulso, senzadefinire in questo trattato la specie o le qualitafisiche delle forze, ma studiando le loro quan-tita e proporzioni matematiche; come ho os-servato prima nelle Definizioni. In matem-atica dobbiamo investigare le quantita delleforze con le loro proporzioni in conseguenzadelle condizioni supposte; poi, quando si entranel campo della fisica, paragoneremo quelleproporzioni con i fenomeni della Natura, inmaniera da sapere quali condizioni di quelleforze rispondano ai diversi generi di corpi at-trattivi. E fatti questi preparativi potremo ar-

gomentare con maggiore sicurezza sulle speciefisiche, sulle cause e sulle proporzioni delleforze. Vediamo di trovare adesso con qualiforze i corpi sferici composti da particelledotate di poteri attrattivi nel modo descrittodevono agire uno con l’altro; e che genere dimoto ne consegue.

Newton separava dunque la descrizione matematicadelle forze dalla discussione della loro natura fisica.Questo e il senso in cui disse ”Hypotheses non fingo”:non aveva spiegazioni per la legge della forza.

6.7 L’Architetto.

Nello Scholium Generale Newton, riassumendo ancoragli argomenti contro i vortici cartesiani, disse:

L’ipotesi dei vortici e piagata da molte dif-ficolta. Se per ogni pianeta il raggio che locongiunge al Sole possa descrivere aree pro-porzionali ai tempi, i tempi periodici dellevarie parti dei vortici dovrebbero osservarela proporzione duplicata delle loro distanzedal Sole. Ma se i tempi periodici dei pianetidevono seguire la sesquiplicata [proporzioneT 2/R3] proporzione delle loro distanze dalSole, i tempi periodici delle parti del vorticedovrebbero stare in proporzione sesquiplicataalle loro distanze. Se i vortici minori [quelliresponsabili del moto dei satelliti] possonomantenere le loro minori rivoluzioni intornoa Saturno, Giove, e agli altri pianeti, e navi-gare tranquillamente e indisturbati nel vorticemaggiore del Sole, i tempi periodici delle partidel vortice del Sole dovrebbero essere uguali.Ma le rotazioni del Sole e dei pianeti intorno ailoro assi, che dovrebbe corrispondere al motodei loro vortici, sono ben lontane da questeproporzioni. I moti delle comete sono perfet-tamente regolari, sono governati dalle stesseleggi del moto dei pianeti, e non possono inalcun modo essere spiegati dall’ipotesi dei vor-tici. Infatti le comete sono trasportate conmoto molto eccentrico attraverso tutte le partidel cielo indifferentemente, con una liberta chee incompatibile con la nozione di un vortice.

I corpi proiettati nell’aria non soffrono al-cuna resistenza se non dell’aria. Togliamol’aria, come avviene nel vuoto del signor Boyle,e la resistenza cessa. Infatti nel vuoto una pi-umetta leggera e un pezzo di oro solido dis-cendono con velocita uguale. E la parita diragione deve accadere negli spazi celesti al disopra della atmosfera terrestre; in questi spaziin cui non c’e aria che si opponga al moto tuttii corpi si muovono con la massima liberta; ei pianeti e le comete continueranno costante-mente le loro rivoluzioni in orbite date, in tipoe in posizione, dalle leggi spiegate sopra.

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Newton ora cambio argomento. Un conto sono leleggi della meccanica, un conto diverso la disposizionedel sistema solare, che mostra l’opera di un artefice. Ildiscorso prese tutt’altra impronta.

Ma sebbene questi corpi possano persever-are nelle loro orbite semplicemente per viadelle leggi della gravita, tuttavia essi non pos-sono in alcun modo aver ottenuto all’inizio leposizioni regolari delle stesse orbite da quelleleggi [le condizioni iniziali].

I sei pianeti primari ruotano intorno alSole, in cerchi concentrici al Sole, e con motidiretti verso le stesse parti [nella stessa di-rezione] e quasi nello stesso piano. Dieci Lunegirano intorno alla Terra, a Giove e a Sat-urno, su cerchi concentrici, con le stesse di-rezioni del moto e quasi nei piani delle orbitedi quei pianeti. Ma non si puo concepire checause puramente meccaniche possano dar lu-ogo a moti cosı regolari: infatti le comete simuovono per tutte le parti del cielo, in or-bite molto eccentriche. Con quel genere dimoto esse si spostano facilmente attraverso gliorbi dei pianeti, e con grande rapidita; e neiloro afelii, dove si muovono piu‘ lentamente, esi trattengono piu‘ a lungo, recedono ad unaenorme distanza reciproca e subiscono quindiun disturbo minimo dalla loro attrazione re-ciproca. Questo sistema immensamente bellodel Sole, dei Pianeti e delle comete, puo pro-cedere soltanto dal disegno e dal potere di unessere intelligente e potente. E se le stellefisse sono centri di sistemi simili, anch’essi for-mati da simile saggio disegno, devono esseretutti soggetti al potere di Uno; specialmente,perche la natura della luce delle stelle fisse ela stessa di quella solare, e da ogni sistema laluce passa in tutti gli altri sistemi. E per im-pedire che i sistemi delle stelle fisse possano,per la loro gravita, cadere mutuamente unosull’altro, Egli ha posto questi sistemi ad im-mense distanze tra loro.

Chi dunque e‘ l’architetto? Newton proseguı:

Questo Essere governa tutte le cose, noncome l’anima del mondo ma come il Signoredi tutto: e per via del suo dominio egli deve es-sere chiamato Il Signore Dio Pantocrator [ingreco], ovvero Reggitore Universale. PercheDio e una parola relativa rispetto ai servi; eDeita e il dominio di Dio, non sul propriocorpo, come immaginano coloro che immag-inano Dio come l’anima del mondo, ma suiservi. Il Dio supremo e un Essere eterno, in-finito, assolutamente perfetto; ma un essereper quanto perfetto, senza dominio non puodirsi essere il Signore Iddio; perche noi dici-amo, mio Dio, tuo Dio, il Dio di Israele, il Diodegli Dei, e il Signore dei Signori; ma noi non

diciamo il mio Eterno, il tuo Eterno, l’Eternodi Israele, l’Eterno degli Dei; non diciamo ilmio Infinito, ne il mio Perfetto: questi sonotitoli che non hanno connessione con i servi.La parola Dio significa di solito Signore; manon ogni Signore e Dio. E‘ il potere di unEssere spirituale che costituisce un Dio; unvero, supremo o immaginario potere costitu-isce il vero, supremo o immaginario Dio. Edal suo vero potere segue che il vero Dio eun Essere Vivente, Intelligente e Potente; edalle sue altre perfezioni, che e Supremo o ilPiu Perfetto. Egli e Eterno ed Infinito, On-nipotente ed Onnisciente; cioe, la sua duratava dall’Eternita all’Eternita; la sua presenzadall’Infinito all’Infinito; egli governa tutte lecose, e sa tutte le cose che sono o che pos-sono essere. Egli non e l’Eternita o l’Infinito,ma e Eterno ed Infinito; non e la Durata o loSpazio ma dura ed e presente. Egli dura persempre, ed e presente ovunque; ed esistendosempre e dovunque, egli costituisce la Durata,e lo Spazio. Poiche ogni parcella di Spazio esempre, e ogni momento indivisibile di Duratae ovunque, certo Il Fattore e Signore di tuttele cose non puo essere mai ne in nessun posto.Ogni anima che ha percezione e, sebbene indifferenti tempi e in differenti organi di sensoe di moto, ancora la stessa persona indivisibile.Ci sono parti successive nella durata, parti co-esistenti nello spazio, ma ne l’una ne l’altranella persona di un uomo o nel suo principiopensante; e molto meno esse possono esseretrovate nella sostanza pensante di Dio. Ogniuomo, nella misura in cui ha percezione, e unoe lo stesso uomo durante l’intera vita, in tuttie ognuno i suoi organi di senso. Dio e lo stessoDio, sempre e dovunque. Egli e onnipresente,non solo in linea di principio, ma anche in re-alta; perche il principio non puo

sussistere senza realta. In lui sono tuttele cose contenute e mosse; ma esse non locambiano: Dio non e cambiato per nulla dalmoto dei corpi; i corpi non sentono resistenzadalla presenza di Dio. Tutti ammettono che ilsupremo Iddio esiste necessariamente; e con lastessa necessita egli esiste sempre e dovunque.Per cui egli tutto pervade, e occhio, orecchio,mente, braccio, potere di percepire, di capire,di agire; ma in una maniera per niente cor-porea, in una maniera del tutto sconosciutaa noi. Come un cieco non ha idea dei col-ori, cosı non abbiamo idea del modo in cuiil saggissimo Dio percepisce e comprende lecose. Egli e totalmente privo di corpo e difigura corporea, e quindi non puo essere visto,ne sentito, ne toccato; e non deve essere ado-rato sotto rappresentazione di alcuna cosa cor-porea. Noi abbiamo un’idea dei suoi attributima non sappiamo quale sia la reale sostanza.Dei corpi vediamo solo le figure e i colori,

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udiamo solo i suoni, tocchiamo solo le su-perfici esterne, percepiamo gli odori e senti-amo il gusto; ma le loro sostanze interne nonsono note ne con i sensi ne con alcun attoriflesso della mente; ancora meno possiamoavere un’idea della sostanza divina. Noi loconosciamo soltanto dalla sua saggissima edeccellentissima composizione delle cose e dallecause finali; lo ammiriamo per la sua per-fezione; lo riveriamo e l’adoriamo per via delsuo dominio. Infatti lo adoriamo come servi;e un Dio senza dominio, porovvidenza e causefinali non e altro che Fato e Natura. Unacieca necessita metafisica, che sarebbe certo lastessa sempre e dovunque, non potrebbe pro-durre la varieta delle cose. Tutta quella diver-sita di cose naturali che troviamo, adattataa tempi e luoghi differenti, puo aver originesoltanto dalle idee e dal volere di un Essereche esiste necessariamente. Ma per allegoriasi dice che Dio vede, che parla, che sorride, cheama o odia, che desidera, che da, che riceve,che si rallegra, che si adira, che combatte,che trama, che lavora e costruisce. In effettitutte le nozioni di Dio sono tratte dagli usi delgenere umano, da una certa similitudine che,benche non perfetta, ha qualche somiglianza.E cosı via per quanto concerne Dio; di cui,discutere dall’apparenza delle cose appartienecertamente alla filosofia naturale.

A qiesto punto riprese il discorso sulla gravita con ilfamoso ”Hypotheses non fingo”:

Fin adesso abbiamo spiegato i fenomeni deicieli e del nostro mare [le maree] per mezzodel potere della gravita, ma non abbiamo an-cora definito la causa di questo potere. Ecerto che essa deve procedere da una causa chepenetra fino proprio al centro del sole e deipianeti senza soffrire la minima diminuzionedella sua forza; che opera, non secondo laquantita delle superfici delle particelle su cuiopera (come abitualmente facevano le causemeccaniche) ma secondo la quantita di mate-ria solida che essi contengono, e propaga lasua virtu‘ in tutte le direzioni a distanze im-mense, decrescendo sempre come l’inverso delquadrato delle distanze. La gravitazione versoil sole e costituita dalle gravitazioni verso lemolte particelle di cui e composto il corpo delsole; e nell’allontanarsi dal sole recede precisa-mente come l’inverso del quadrato delle dis-tanze fino all’orbita di Saturno [ultimo pianetanoto], come e evidentemente manifesto dallaquiescenza dell’afelio dei pianeti; no, perfinodal piu‘ remoto afelio delle comete, se anchequegli afelii sono quiescenti. Ma finora nonsono riuscito a dedurre dai fenomeni la causadi questa proprieta della gravita, e non im-magino ipotesi [hypotheses non fingo]. Tutto

cio che non si deduce dai fenomeni va infattichiamato ipotesi e nella filosofia sperimentalenon trovano posto le ipotesi, sia metafisicheche fisiche, sia di qualita occulte, sia mecca-niche. In questa filosofia proposizioni parti-colari vengono desunte dai fenomeni e quindirese generali con l’induzione. E cosi‘ chefurono scoperte l’impenetrabilita , la mobilitae le forze impulsive dei corpi [le leggi dell’urto],e le leggi del moto e della gravitazione. Eper noi e sufficiente che la gravita esiste real-mente ed agisce secondo le leggi che abbiamospiegato, e serve abbondantemente a rendereconto di tutti i moti dei corpi celesti, e delnostro mare.

6.8 La materia.

E interessante osservare che le righe che chiudono iPrincipia accennano alla struttura della materia, ar-gomento cui Newton dedico pensiero e osservazioni masu cui non raggiunse mai certezze paragonabili a quellesulla dinamica, sul sistema del mondo e sull’ottica:

E adesso potremmo aggiungere qualcosariguardo un certo sottilissimo spirito che per-vade i corpi macroscopici e vi risiede; per laforza ed azione di questo spirito le particelledei corpi si attraggono a vicenda a breve dis-tanza e hanno coesione, se contigue; e i corpielettrici operano a distanze maggiori, e respin-gono o attraggono i corpuscoli vicini; e la lucee emessa, riflessa, rifratta, inflessa, e riscaldai corpi; e ogni sensazione viene eccitata, e lemembra dei corpi animali si muovono al co-mando della volonta, cioe per le vibrazioni diquesto spirito si propagano mutuamente lungoi filamenti nervosi solidi, dagli organi esternidei sensi al cervello e dal cervello ai muscoli.Ma queste son cose che non possono essere sp-iegate in poche parole, ne noi siamo dotati diquella sufficienza di esperimenti che e richi-esta per una determinazione accurata e di-mostrazione delle leggi con cui questo spiritoelettrico ed elastico opera.

David Gregory (1659-1708) giovane matematicoscozzese che frequento Newton, lascio una nota5:

Il suo dubbio era se dovesse porre l’ultimaQuestio cosi‘: Di che cosa e riempito lo spazioche e privo di corpi. La pura verita e cheegli ritiene che Dio sia onnipresente nel sensoletterale; E che come noi siamo sensibili agliOggetti quando le loro Immagini ci sono por-tate all’interno del cervello, cosı Dio deve es-sere sensibile ad ogni cosa; infatti egli ritieneche come Dioe presente nello spazio in cui non

5Vedere J.B Cohen and R.S. Westfall, Newton, Norton Criti-cal Edition 1995 p.329.

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vi e alcun corpo, cosi‘ e presente nello spazio incui e presente un corpo. Ma se questo modo diproporre questa sua nozione fosse troppo au-dace, egli ritiene di fare cosi‘. Quale causa gliantichi assegnavano per la gravita. Egli ritieneche essi attribuivano a Dio la causa, niente dimeno; nessun corpo essendo la causa poichetutti i corpi sono pesanti.

6.9 Ancora sulla Gravita.

Nel 1672/73 Newton ebbe una corrispondenza col teol-ogo Richard Bentley che era entusiasmato dalla fisicanewtoniana e dalla gravita che egli tendeva ad inter-pretare come una emanazione o forza divina.

Newton rispose alle domande poste dal teologo. Ri-affermo che la costituzione del Sole e del sistema solarerivela un disegno divino, mentre l’inclinazione dell’asseterrestre, che provoca le stagioni, non e altrettanto sig-nificativa. Commento poi il caso di un universo conmateria diffusa, finito ed infinito e, discutendone le in-stabilita, rispose a Bentley spiegando che in un uni-verso infinito ed omogeneo basta una perturbazione acambiarne la struttura. La seconda lettera (17 gennaio1692/93) diceva tra l’altro:

In secondo luogo io non conosco alcun poterenella natura che possa causare questo mototrasverso [dei pianeti intorno al Sole; si parlasempre delle condizioni iniziali] senza il brac-cio divino.

Newton proseguı spiegando le ragionidell’innaturalezza delle condizioni iniziali del sistema(le abbiamo gia trovate nello Scholium Generale). In-fine in chiusura disse:

Lei talvolta parla della gravita come essenzialee inerente alla materia: La prego di non at-tribuirmi quella nozione, perche la causa dellagravita io non pretendo di conoscere, e quindila sua considerazione prenderebbe piu‘ tempo[si riferisce a quanto affermato nello ScholiumGenerale].

Nella quarta lettera (25 febbraio 1692/93) Newtoncommento cosi‘ la questione delle cause della gravita:

Mi piace molto l’ultima parte della Suaseconda Affermazione.

E inconcepibile che la materia bruta inan-imata debba (senza la mediazione di qualcosaaltro che sia non materiale) operare su altramateria senza mutuo contatto; come deve sela gravitazione nel senso di Epicuro e essen-ziale ed inerente in essa. E questa la ragioneper cui non desidero che Lei attribuisca a meil concetto di gravita innata. Che la gravitadebba essere innata inerente ed essenziale allamateria in modo che un corpo possa agire a

distanza attraverso il vuoto senza la medi-azione di alcunche per il cui mezzo e attraversocui l’azione o la forza possa essere trasportatadall’uno all’altro e per me un’assurdita cosıgrande che ritengo che nessuno che abbia nellequestioni filosofiche una facolta competente dipensiero possa giammai caderci. La gravitadeve essere causata da un agente che agiscecostantemente secondo certe leggi, ma chequesto agente sia materiale o immateriale euna questione che ho lasciato alla consider-azione dei miei lettori.

E ancora, nella Query aggiunta alla seconda edizionedell’Opticks, del 1717, Newton chiarı il suo pensieroprofondo:

Considero questi principii [gravita, fermen-tazione o azioni chimiche e coesione] non comequalita occulte che si suppone risultino daforme specifiche di cose, ma come leggi gen-erali della natura, dalle quali le cose stessesono formate e la cui verita ci appare at-traverso i fenomeni, benche le loro cause nonsiano ancora scoperte. Poiche queste sonoqualita manifeste, e soltanto le loro cause sonoocculte. [...] Dire che ogni specie di cosee dotata di una qualita occulta specifica invirtu della quale esse agiscono e producono ef-fetti manifesti equivale a non dire nulla: maderivare due o tre principii generali del motodai fenomeni e dire poi come le proprieta eazioni di tutte le cose corporee seguano da taliprincipii manifesti sarebbe un grande passoavanti in filosofia, anche se le cause di taliprincipii non fossero ancora scoperte; percionon ho scrupoli a proporre i principii del motomenzionati sopra, i quali hanno una portatamolto generale, e lascio ad altri l’incarico discoprirne le cause.

Affermazioni, come si vede, molto realistiche. New-ton non sbandierava alcun positivismo o empirismopratico: stava discutendo fatti reali, ne aveva com-preso le leggi matematiche, ma non conosceva le causemeccaniche del comportamento della gravita. E nonfaceva, come qualcuno potrebbe credere, una difesadella conoscenza puramente descrittivo - matematica.Le cause, semplicemente, non gli erano note. A suavolta la materia e‘ costituita da atomi eguali e da inter-stizi, pori vuoti. Il vuoto esiste, anzi la maggior partedei corpi e‘ vuota. Nel 1777 Joseph Priestley scrisse 6:

Non appena furono noti i principii dellafilosofia newtoniana si comprese quanto poco,rispetto ai fenomeni della natura, fosse dovutoalla materia solida e quanto invece alle potenze[...] E‘ stato affermato che [...] tutta la ma-teria solida dell’universo potrebbe essere rac-chiusa in un guscio di noce.

6Vedere A. Thackray, Atoms and Powers, Harvard Un. Press,Cambridge MA 1970.

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Si capisce come il vuoto di Newton si stendesse suquasi tutto l’universo!

6.10 La Materia per Newton.

Newton dedico molti studi alla struttura della mate-ria. In parte si trovano nel trattato di Ottica che fustampato nel 1704, ma per la maggior parte non furonopubblicati proprio perche Newton non giunse ad unrisultato che soddisfacesse il livello di certezza che glipareva necessario per giungere ad una conclusione. Pursenza addentrarci nella epistemologia di Newton dobbi-amo sottolineare che la sua modernita, piu che nelle sueconcezioni, sta proprio nel rigore dei controlli cui sotto-pose le teorie prima di poterle accettare con sicurezza.Esempi di questo modo di procedere sono proprio i duelibri sui principii della meccanica (1787) e dell’ottica(1704).

Agli occhi dei filosofi continentali contemporaneil’incapacita di fornire la causa fisica della gravita costi-tui‘ un regresso. Parve a chi si occupava dall’esterno diqueste questioni che Newton introducesse forze occultea distanza, e quindi la sistemazione newtoniana fu vistada costoro come una forma di oscurantismo.

Ma in realta dopo Newton, portato dal suo rigore edalla volonta di sistemare i fatti sperimentali significa-tivi a dare una sistemazione matematica, si spostanoi significati delle parole ”conoscere” e ”capire”. Lafisica ha preso proprio la strada di Newton, quelladella matematizzazione della scienza e della geometriz-zazione dello spazio (e del tempo).

Ci sono, in questa storia newtoniana, molte lezioni daapprendere sul modo di procedere della scienza mod-erna. Lo scienziato e interessato alla reale descrizionee previsione in termini quantitativi; crede fermamentenella razionalita del mondo esterno e cerca le cause e ledescrizioni che permettono di classificare e prevedere ifenomeni. Certamente non lancia proclami di metodo,che ai suoi occhi non servono gran che per far pro-gredire la conoscenza del reale. E cio vale anche sele convinzioni personali della persona in questione neiriguardi dell’oggettivita, in senso filosofico, del mondoson le piu varie: lo scienziato si comporta sempre comese il mondo fosse esterno, comprensibile razionalmentema rigido, che cede le sue leggi a chi si accosta con intel-ligenza e con pazienza cerca di comprenderne la logica.

6.11 L’Ottica.

Poiche non avremo occasione di parlarne diffusamente,diciamo qui alcune parole sull’ottica.

Prima del 1650 l’ottica equivaleva essenzialmente allageometria. Per esempio secondo Cartesio la pressione ecausata dalla materia sottile (secondo elemento globu-lare) e i colori sono dovuti alla sua rotazione. Fu neces-sario Newton per portare una quantita di osservazioniche derivano dalla esperienza. Secondo le sue osser-vazioni la luce e causata da un rapido e corto moto

di vibrazione; ogni impulso del corpo luminoso gen-era una sfera che si propaga con onde trasversali e lepulsazioni sono quindi perpendicolari alla direzione dipropagazione. Newton fece molti esperimenti; spiegotra l’altro che la rifrazione dipende dal colore, che iraggi abituali sono miscele, che la luce monocromaticaha le proprieta ritenute vere per la luce bianca (che euna miscela); che e impossibile costruire una lente acro-matica per la luce normale.

In realta Newton, restringendo il campo e specializ-zandosi, passava dal razionalismo all’empirismo scien-tifico. Il dilettante razionalista con visioni generiche esuperficiali si trovava disorientato.

Notiamo anche che nelle Queries Newton affronto lediscussioni su teoria pulsante o corpuscolare; resto in-deciso, p.es. suggerı che il colore potesse essere una”vibrazione” che, partendo dai punti di incidenza diun raggio sulla superficie di separazione, sorpassa iraggi di luce e li pone in ”stati di facile riflessione otrasmissione” (fenomeni di interferenza). D’altra partela propagazione rettilinea spiegherebbe che i raggi lu-minosi siano composti da piccolissimi corpi emessi dallesostanze luminose: essi si muoverebbero in linea retta.Dallo spato d’Islanda si puo dedurre che la ”vibrazione”ha lati di massima riflessione e di massima rifrazione.Newton disse che, nonostante la tendenza ad essere par-ticelle rettilinee, la vibrazione dimostra che questi statidi facile riflessione o trasmissione restano un problemada risolvere.

I contemporanei ne ebbero uno shock. Vi furonoreazioni critiche di Hooke e di Huygens, che arguironocome gli esperimenti di Newton erano speculativi, ir-rilevanti o falsi. Hooke non capı mai che la sua teorianon poteva spiegare i fatti; Huygens, nel Traite de laLumiere, non menzionava neppure i colori.

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Chapter 7

La fisica dopo Newton.

7.1 Newtonianesimo e cartesia-nismo continentale.

I seguaci di Newton accettarono immediatamente lasua attrazione come una proprieta fondamentale dellamateria, senza piu porsi domande sulle cause. Cosıl’attrazione newtoniana conquisto validita reale rapi-damente, almeno in Inghilterra. Da questa situazionerisulto (temporaneamente) un totale divorzio tra la con-cezione del mondo diffusa tra gli scienziati inglesi e icontinentali nella prima parte del Settecento. E diver-tente ricordare cosa scrisse Voltaire nelle sue LettresAnglaises (1733):

Un Francese che arriva a Londra trova lecose veramente cambiate, in filosofia come intutto il resto. Ha lasciato il mondo pieno; lotrova vuoto. A Parigi, l’universo lo si vedecomposto di vortici di materia sottile; a Lon-dra non si vede niente di tutto cio. Da noi,e la pressione della Luna che causa il flussodel mare; presso gli Inglesi e il mare chegravita verso la Luna, di modo che quandovoi credete che la Luna dovrebbe darci l’altamarea, questi signori credono che dovra es-serci bassa marea; il che, sfortunatamente,non potra essere controllato, dato che, perchiarire il problema, sarebbe stato necessarioesaminare la luna e le maree al primo istantedella creazione.

Rileverete inoltre che il Sole, che in Fran-cia non entra affatto in questa faccenda, qui vicontribuisce per circa un quarto. Per i vostricartesiani, tutto avviene per un impulso chenon si comprende affatto; secondo Newton,per un’attrazione di cui non si conosce megliola causa. A Parigi, la Terra ve la immaginatefatta come un melone; a Londra, essa e appi-attita ai due lati. La luce per un cartesianoesiste nell’aria; per un newtoniano, giunge dalSole in sei minuti e mezzo. La vostra chim-ica fa tutte le operazioni con acidi, alcali emateria sottile; l’attrazione domina fin nellachimica inglese.

L’essenza stessa delle cose e talmentecambiata da non potervi accordare ne sulla

definizione dell’anima ne su quella della mate-ria. Descartes afferma che l’anima e il pensierosono la stessa cosa, Locke prova piuttosto beneil contrario. Descartes afferma ancora che lasola estensione costituisce la materia; Newtonvi aggiunge la solidita‘.

Spero che sia chiara la rottura che Newton provoconella concezione meccanica del mondo. La favola mec-canicista di Descartes non resse all’analisi quantitativadi Newton. Newton trovo la legge matematica dellaforza di gravita e non volle fare ipotesi; i successoridimenticarono la querelle meccanicista e accettaronocome spiegazione la legge di Newton. Cambio il sig-nificato della frase ”spiegazione fisica”.

7.2 IlNewtonianesimo dopo New-ton.

La visione della fisica post-newtoniana, a sua voltachiamata meccanicismo, e fondata sul postulato dellastruttura dello spazio-tempo, sul postulato della mate-ria costituita da particelle dotate di massa e soggettaalla equazione del moto, sulle forze e in particolare sullalegge della gravita‘.

I postulati non si discutono: si giustificano sulla basedei risultati. E i risultati, sia quelli immediati di New-ton che quelli derivati da tutta la scienza meccanica delSettecento, sono in pieno accordo con l’esperienza.

Cosı un altro spostamento di prospettiva si e com-piuto: dopo Newton l’accento e l’interesse per la sp-iegazione del cosmo e cambiato. Nella concezione delsistema solare i dati fondamentali erano ora la leggedell’attrazione e le equazioni del moto, concetti matem-atici, mentre molte cose che prima erano giudicate im-portanti erano lasciate da parte, almeno per il mo-mento. La struttura effettiva del sistema, il numeroe la disposizione dei pianeti, erano considerati dati ac-cidentali (o divini), condizioni iniziali. Venivano an-nullati i tentativi di spiegare globalmente la strutturacome avevano tentato invece molti, compreso il primoKeplero del Mysterium Cosmographicum del 1596. Sitrattava di un processo iniziato molti anni prima.

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Col ”De Revolutionibus...” di Copernico, pubblicatonel 1543 attraverso il parallasse dei pianeti si intro-ducevano le dimensioni lineari del sistema solare e lavisione cosmologica veniva disarticolata, che compren-devano spazi vuoti insensati e incomprensibili per i cos-mologi del tempo. Questa sistemazione, di cui ora conNewton si comprende la causa, permette di portare allaperfezione la meccanica classica, sia per i risultati fisiciche per gli sviluppi formali.

Naturalmente se Newton aveva fatto immensi pro-gressi nel calcolo infinitesimale, la sua esposizione, neiPrincipia, era basata su argomenti geometrici. Ma tragli sviluppi formali e i successi non c’e certo ne il bisognone il desiderio di rivedere i principii: funzionano troppobene e c’e troppo da fare. Semmai, i successi rafforzanole convinzioni.

Dopo Newton la considerazione delle ”forze” siadeguo rapidamente. Come abbiamo detto cambio ilconcetto. Dalla ricerca della ”spiegazione” fisica si pas-sava alla ”legge matematica” come unica spiegazionedei moti. Con Lagrange si discutono poi le conseguenzefisiche, non i principii primi.

Sarebbe interessante allargare la rassegna del con-cetto di forza alla discussione settecentesca sulle forzeche tengono unita la materia. La forza di gravita vienepresa come esempio e punto di partenza per spiegare larepulsione tra corpi a distanze ravvicinate (dove sta uncorpo non ce ne puo‘ stare un altro). Con l’aiuto dellaconcezione atomistica (interazione tra corpi puntiformi)si genera una modellistica di leggi di forza dipendentidalla distanza (Ruggero Boscovich, vedere il libro diThackray) in cui non possiamo addentrarci qui.

7.3 Mezzi continui newtoniani.

Comparve e si sviluppo, nel Settecento e nell’Ottocento,anche il concetto di campo: descrizione di un sistemacontinuo. Gli esempii non mancavano nella fisica, dallevelocita e densita al calore e alle deformazioni. Si trat-tava pero, almeno per la fluidodinamica e l’elasticita,di un concetto ausiliario che non cambia ne allarga ipostulati fondamentali della meccanica newtoniana. Ladescrizione di un sistema mediante il campo, funzionecontinua dello spazio, era consideratoa come una ap-prossimazione: la costituzione fondamentale dei sistemiera sempre data dalle particelle newtoniane dotate dimassa. I campi si producevano solo nella materia pon-derabile e descrivevano in modo approssimato il com-portamento di moltissime particelle contigue mediantel’approssimazione di rappresentarle come un sistemacontinuo nello spazio.

Restava il problema delle loro azioni reciproche, cioedella coesione e dei fenomeni chimici, ma era un prob-lema lontano dagli interessi della fisica; cosı anche laluce, per tutto il Settecento, resto al livello cui l’avevalasciata Newton.

Da dove ripartira il movimento che portera in defini-tiva a immense novita tra l’altro nel concetto di campo,e cambiera la concezione dello spazio e del tempo?

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Chapter 8

Il campo elettromagnetico.

8.1 Nuovi fenomeni in gioco.

Per allargare e cambiare il quadro delle grandezzefisiche sara necessario conoscere una serie di nuovifenomeni elettro magnetici. Sara essenziale il concettodi campo elettro magnetico come nuova entita fon-damentale a pari livello con le particelle newtonianedotate di massa.

Nel Settecento inizia lo studio (talvolta salottiero)dei fenomeni elettrici; ma bisogna aspettare la finedel secolo perche Coulomb (1736-1806) formuli, neglianni 1785-89, la legge dell’attrazione e repulsione dellecariche elettriche, del tutto analoga alla legge gravi-tazionale. L’azione a distanza e ancora al centro delladescrizione. E del resto Kant in un suo lavoro giovaniledel 1747 non aveva suggerito che il numero di dimen-sioni spaziali fosse determinato dalla forma della leggedi Newton? Se Dio avesse scelto una qualsiasi altralegge di potenza, la dimensionalita dello spazio sarebbestata diversa (evidentemente Kant conosceva la geome-tria euclidea in N dimensioni).

Ma nell’Ottocento i progressi sono rapidi. E lenovita‘ verranno sia dall’ottica che dai nuovi esperi-menti che chiariscono la dinamica dei fenomeni elettricie magnetici.

Ricordiamo che nei primi decenni dell’Ottocento erastata riconosciuta la natura ondulatoria della luce e lasua polarizzabilita. Ora, se la luce e un moto ondoso,deve esserci un mezzo sede della vibrazione. Ogni buonfisico esperto sui fenomeni ondosi (onde del mare, ondeacustiche etc) non avrebbe dubitato un solo momentoa interpretare la luce come la propagazione di un’ondatrasversale in un mezzo meccanico: questo mezzo fuchiamato etere.

Ma l’etere luminifero da problemi. La polarizzazionedella luce e trasversale e ne segue che l’etere deve essereun corpo quasi rigido, le cui parti possono muoversi solosecondo le piccole oscillazioni che costituiscono appuntole onde luminose. Come si muovono i corpi ponderabiliin questo mezzo? E l‘etere viene trascinato da quelli oresta immobile? L’esperimento fondamentale di Fizeau(1819-1896), nell’interpretazione di allora, mostro chel’etere entro un mezzo trasparente veniva trascinatosolo parzialmente dal movimento del mezzo (oggi di-remmo che Fizeau misurava un effetto dovuto alla con-trazione relativistica di FitzGerald - Lorentz). E diffi-cile immaginare un mezzo meccanico dotato di queste

proprieta.Ma pensiamo all’elettromagnetismo. Henry Faraday

(1791-1867, tra i piu grandi fisici sperimentali del se-colo) sviluppo idee essenziali sul ruolo del mezzo neifenomeni elettrici e magnetici. Studiando soprattuttol’induzione elettrica si era convinto che il punto di vistadella azione a distanza era inadeguato per la descrizionedi questi fenomeni, per via della funzione del dielettrico.Infatti l’induzione attraverso il mezzo isolante dipendedalla natura del mezzo; vi sono concomitanti fenomenidi polarizzazione; e le linee di induzione sono curve, inparticolare quelle esistenti tra due corpi elettrizzati ven-gono modificate dalla presenza di altri corpi. Quindi ilmezzo e un componente attivo del fenomeno. Ricor-diamoci che fu Faraday ad introdurre i concetti di lineedi forza e tubi di flusso, praticamente come li studiamooggi nell’elettrostatica.

Faraday definı i criteri che distinguono l’azione a dis-tanza da quella cui prende parte il mezzo e analizzo diconseguenza il comportamento dei fenomeni. Parago-nando la gravita alle forze elettriche e magnetiche, lasua conclusione fu che la prima e un’azione a distanza;che invece nei fenomeni elettrici e magnetici il pro-cesso di propagazione ha un’effettiva esistenza e l’effettodipende da ambedue le terminazioni di una linea diforza.

E difficile pero realizzare un modello fisico (cioe mec-canico, materiale) dell’azione elettrica del mezzo; Fara-day propose che la trasmissione avvenisse perche le par-ticelle del mezzo si polarizzano elettricamente; l’azionesi propaga per particelle contigue e da luogo a linee diforza e tubi di flusso che possono essere curvi.

Ci si arena su problemi difficili: come spiegare le pro-prieta isolanti (con interstizi di vuoto? ma allora siritorna all’azione a distanza). Ma questo non ci inter-essa. Ci preme sottolineare che nella teoria dell’elettromagnetismo si fa strada per l’azione una concezionecontinua alla quale il mezzo separatore partecipa at-tivamente. Il mezzo si polarizza, contiene energiaanalogamente ad un sistema elastico, le linee di forzasono entita fisiche. Il campo gioca un ruolo simileal campo degli spostamenti rispetto alle posizioni diequilibrio in un mezzo elastico. Faraday vedeva vera-mente i fenomeni elettro magnetici come una modificadel mezzo attraverso cui il campo si trasmette.

James C. Maxwell (1831-1879) giunse alla matem-atizzazione completa dei fenomeni elettro magnetici.

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Con lui la teoria dell’ elettromagnetismo arrivo allostesso livello di formalizzazione della meccanica (manon quanto a principii primi e interpretazione, comeappunto vedremo).

La teoria matematica dell’elettro magnetismo erachiara e semplice. Un certo numero di equazioni dif-ferenziali connette la configurazione dei campi elettricie magnetici nello spazio ad un certo istante alle con-figurazioni agli istanti successivi. Il mezzo partecipapienamente ai fenomeni elettro magnetici: vi e ener-gia nei dielettrici, il concetto di campo e dominante (ericordiamoci che al campo sono associati impulso ed en-ergia, cioe le caratteristiche fondamentali di ogni azionemeccanica). I campi elettrici e magnetici trasportanoenergia e impulso, che sono appunto localizzati nellospazio dovunque esistano i campi.

Dal punto di vista formale l’elettrodinamica era oraal livello della meccanica, con la differenza che la de-scrizione delle azioni e continua e locale, nel senso deicriteri di Faraday: vi sono mutamenti materiali nellospazio interposto, la propagazione non e istantanea,l’energia elettromagnetica e localizzata nel campo e sipuo trasformare in altri tipi di energia.

8.2 Il mezzo elettro magnetico:l’etere.

Ma non era ne chiara ne semplice la realizzazione diun modello meccanico che stia alla base di questi com-portamenti. Ricordiamo che le particelle newtonianeerano ancora le uniche grandezze fisiche fondamentali;e quindi ogni spiegazione doveva, in ultima analisi, ri-portare ogni fenomeno ad un mezzo materiale descrittodalle equazioni della meccanica. Maxwell cerco di elab-orare anche un modello meccanico: le linee di forzamagnetiche sarebbero causate da vortici, i quali sonoseparati uno dall’altro da particelle il cui flusso cos-tituisce la corrente elettrica. Questo modello si ap-plicherebbe non solo alla materia ma allo spazio ap-parentemente libero, ovvero all’etere luminifero. Sonosempre presenti i problemi della struttura continua odiscreta del mezzo, e di conseguenza dell’esistenza diuna azione a distanza.

Il modello meccanico di Maxwell non ci interessa inparticolare; l’ho citato solo per sottolineare una carat-teristica della fisica di questo scorcio di secolo: comeho detto, tutto quello che riguarda le equazioni delcampo era bello ed elegante, mentre ogni modello mec-canico era sgraziato e incapace di rendere conto di tuttii fenomeni. Maxwell lo evito piu tardi.

La verita e che la fisica dell’elettromagnetismo venivacompresa sempre di piu in termini matematici e sempredi meno in termini di modelli meccanici. Si arrivava adun dualismo totale nell’interpretazione: da una parte lamatematica chiara, dall’altra gli insoddisfacenti modellimeccanici della materia sede dei fenomeni elettromag-netici. Una situazione schizofrenica.

Quale e la relazione tra la materia sede dei fenomenielettro magnetici e l’etere luminifero? Ricordiamoci

che Maxwell, nei lavori del 1862-63 in cui sviluppo leequazioni del campo, ottenne che i disturbi (diremmo leonde) si propagano nel campo con una velocita‘ ”circa”eguale alla velocita‘ della luce, secondo le misure diKohlrausch e Weber del 1856. E quindi, concludeva,

l’elasticita del mezzo magnetico nell’aria e lastessa di quella del mezzo luminifero, se purequesti due mezzi coesistenti, coestesi ed egual-mente elastici non sono piuttosto un unicomezzo.

(Va detto che gia Faraday aveva sospettato la naturaelettromagnetica della luce.)

Heinrich Hertz (1857-1894) verifico sperimental-mente la trasmissione delle onde e formulo un quadroteorico in cui materia ed etere sono simili: la materianon e soltanto veicolo di velocita e di energia cinetica,ma anche delle cariche e dei campi elettro magnetici;e poiche i campi si propagano anche dove non esistemateria normale, anche l’etere, sede dei fenomeni elet-tromagnetici, e una materia, simile alla materia pon-derabile. E per Hertz l’etere partecipava ai moti dellamateria (in questo in contrasto con i risultati di Fizeau).Era, quella di Hertz, una descrizione che attribuiva pro-prieta meccaniche ed elettriche sia all’etere che alla ma-teria.

Per un quadro ancora piu chiaro bisogna rivolgersi aHendrik Lorentz (1853-1928) che formulo la teoria nelmodo piu semplice, con una descrizione molto vicina aquella attuale: l’etere perde ogni proprieta meccanica,mentre la materia perde le proprieta elettro magnetiche.E solo l’etere, sia nel vuoto che nei mezzi, ad essere lasede dei campi elettro magnetici; e dal canto loro le par-ticelle della materia sono materiali e l’unica proprietache le collega al campo elettrico e la carica. La polar-izzazione e dovuta allo spostamento degli elettroni inun isolante, e anche la magnetizzazione e dovuta allecorrenti circolari degli elettroni.

A proposito dei modelli meccanici Lorentz dice:

Le equazioni fondamentali dell’elettro mag-netismo possono assumere una forma cor-rispondente a certi teoremi generali della mec-canica e si possono inventare ”modelli” mecca-nici in cui i fenomeni assumono la stessa formadi quelli elettro magnetici. Ma in questo pro-cesso si incontra la difficolta che i modelli, ameno che siano validi solo per un numero lim-itato di eventi, diventano cosı complicati danon essere soddisfacenti.

Albert Einstein scherzando disse che Lorentz avevalasciato all’etere l’immobilita come unica caratteristica;e diceva anche che aveva solo la funzione di soggetto delverbo ”vibrare”.

Al di la dei modelli particolari e delle ipotesi sullastruttura dell’etere e dell’elettricita guardiamo la situ-azione dal nostro punto di vista. Il fatto e che nelleequazioni dell’ elettro magnetismo compare un coeffi-ciente che e una velocita: c, la velocita della luce. Cio

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pone le equazioni fondamentali di Maxwell su un pi-ano diverso rispetto alle equazioni di Newton, le quali,se scritte in un sistema di riferimento, valgono anche,scritte nello stesso modo, in ogni sistema che si muovadi moto uniforme rispetto a quello. Questo non puo‘valere per le equazioni in cui compaia una velocita acoefficiente.

Niente di male in fondo, la fisica dei mezzi mate-riali era abituata ad una situazione del genere: neimoti ondosi compaiono proprio coefficienti connessi allevelocita delle onde misurate nel sistema di riferi-mento in cui il mezzo e in quiete. Naturalmentequeste equazioni non hanno la pretesa di essere invari-anti per trasformazioni di Galileo, perche il mezzo costi-tuisce un sistema privilegiato (l’invarianza di Galileo siriottiene, se proprio volete, se muovete anche il mezzo).

Niente di male dunque; l’elettromagnetismo trattai fenomeni di vibrazioni e tensioni che avvengono nelmezzo, l’etere, che pervade la materia comune (le ondeelettromagnetiche passano attraverso molti materiali) eanche il ”vuoto” privo di materia ponderabile.

Niente di male, sebbene le caratteristiche materialidell’etere siano strane. Deve essere molto rigido, mai corpi ponderabili vi si muovono senza incontrare re-sistenza - nessuno ha sentito il vento dell’etere. Ne icorpi trascinano l’etere, o, se lo fanno, la partecipazioneal moto e solo parziale.

L’etere dunque nell’ultimo decennio dell’Ottocentocostituisce un sistema di riferimento immobile e privi-legiato, quello appunto per cui valgono le equazioni diMaxwell col coefficiente c. Lorentz ha quasi eliminatoil dualismo esistente tra la bellezza delle equazioni el’artificiosita dei modelli eliminando appunto i modelli,poiche il suo etere ha perso ogni caratteristica; e solo lasede dei fenomeni elettro magnetici.

Ma se e cosı, se le equazioni del campo elettro mag-netico valgono nel sistema in cui l’etere e fermo, allorala velocita della luce in un sistema di riferimento noncoincidente con l’etere dovra essere diversa. E qui lemisure precise di A. Michelson e Edward Morley, chenel 1887 a Cleveland misurarono la deriva della Terrarispetto all’etere, non si accordavano con la teoria.

E ancora confusione. L’effetto si puo‘ spiegare con iltrascinamento totale dell’etere da parte dei mezzi mate-riali in moto; ma la spiegazione, oltre ad esser difficileda ammettere in generale, era in contrasto con i vec-chi esperimenti ottici di Fizeau. Nel 1895 sia GeorgeFitzGerald (1851-1901) che Lorentz proposero una sp-iegazione: i corpi si contraggono nella direzione del loromoto. Se cosı fosse l’etere potrebbe ancora restare im-mobile.

Ma e di nuovo una situazione aggrovigliata e pocoelegante. E nel 1902-1904 Dayton Miller e Morley, chemanovravano a Cleveland un interferometro ben piupreciso di quello del 1887, non videro differenze tra variimateriali nella contrazione. 1

1La storia di questi esperimenti ando avanti ancora per duedecenni: negli anni ’20 Miller otteneva effetti non nulli in cima alMonte Wilson in California, mentre Rudolph Tomaschek a Hei-delberg e sulla Jungfrau non trovava nulla. Quelli di Tomaschekerano esperimenti basati su un apparato diverso (in un es-

Questo breve contatto con la situazione sperimen-tale ci fa comprendere che la situazione era sgradev-ole e poco soddisfacente. Ancora una volta: da unlato la teoria, chiara ed elegante; dall’altro la presenzadell’etere, ingarbugliata e paradossale.

8.3 L’etere e lo spazio assoluto.

Tutto questo si accordava tecnicamente con i postulatidella meccanica, come ho gia detto. Vi e invarianza pertrasformazioni di Galileo ma esiste un sistema privile-giato per i fenomeni elettro magnetici, quello dell’eterein cui valgono le equazioni di Maxwell. E molto spesso,come osserva Einstein nel primo lavoro sulla relativita,la descrizione dell’interazione tra due corpi cambia aseconda di quale dei due sia pensato a riposo nell’etere.

Ma forse questo si accorda anche con i pensieri diNewton sullo spazio assoluto. Non sara l’etere proprioquello spazio assoluto immobile di cui parlava Newtonnello Scholium? E questo che si credeva?

La questione e difficile perche vi erano parecchie cat-egorie di persone e non so rispondere con certezza. Ilproblema e se gli scienziati come Lorentz, che avevanoperfettamente presente la questione dal punto di vistascientifico, identificassero l’etere elettro magnetico conlo spazio assoluto di Newton. Dopo aver seguito le dis-cussioni sulla natura e la funzione dell’etere possiamodire che le due cose erano distinte, anche se la sec-onda poteva favorire psicologicamente la credenza nellaprima, specie nelle attivita‘ non specialistiche.

Per gli scienziati attivi su tutta la questione lospazio assoluto di Newton era un postulato remoto,di carattere matematico, che definiva le vere forzenell’equazione fondamentale della meccanica. L’etereinvece era la sede dei fenomeni elettro magnetici; sene discutevano i movimenti (il trascinamento) e le vi-brazioni (le onde elettro magnetiche); se ne detteromodelli materiali, almeno fino a Lorentz. Evidente-mente per costoro ogni discussione sull’etere era dettatadalla situazione della elettrodinamica. (E giusto peroritenere che un etere immobile fosse particolarmente ac-cettabile nello spazio assoluto di Newton.)

Teniamo presente che l’etere non era di per se neces-sario per garantire lo spazio assoluto di Newton; infattila meccanica aveva lo spazio assoluto e nessun etere.Il fatto e che se siamo in presenza di un fenomeno on-doso siamo abituati a pensare ad un mezzo materialesede delle onde; e la non invarianza delle equazioni diMaxwell rispetto alle trasformazioni di Galileo venivaspiegata appunto con la presenza di questo mezzo chedeterminerebbe, solo per i fenomeni elettromagnetici, si

perimento un condensatore carico, in moto rispetto all’etere,dovrebbe produrre un campo magnetico; nell’altro, il conden-satore dovrebbe essere soggetto ad una torsione), ma c‘eranoipotesi in piu e non ci fu consenso totale. Esperimenti con in-terferometri furono svolti ancora al Wilson Observatory da RoyKennedy, con risultati negativi. Auguste Piccard e E. Stahel por-tarono i loro apparati sul Rigi in Svizzera ma non videro effetti;cosı anche Carl Chase a Pasadena. Come vedete, non semprel’esperimento e conclusivo.

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noti, un riferimento privilegiato (nella meccanica nes-suno poteva distinguere lo spazio assoluto immobile daun sistema di riferimento in moto uniforme assoluto).

La connessione che gli scienziati avevano in mente tral’etere e lo spazio assoluto era piu‘ sottile. Era data,come abbiamo detto, dalla fondamentale fiducia nelleproprieta di invarianza delle equazioni della mecca-nica, cioe della invarianza per operazioni del gruppo diGalileo, formato dalle operazioni di traslazione spazialie temporali, di rotazione spaziale, e dalle trasformazionidi Galileo tra due sistemi in moto relativo uniforme(che Galileo non scrisse). Certo, alla base delle invari-anze di Galileo c’e lo spazio assoluto, ma questo e col-laudato dalla meccanica piu che spiegato dalla presenzadell’etere.

8.4 Mach: critica dello spazio as-soluto.

Se c’e crisi perche meccanica ed elettromagnetismo nonvanno d’accordo, la critica ai fondamenti della mec-canica newtoniana avanza anche da un punto di vistadi metodo. E Mach (1838-1916) l’esponente piu‘ notodi questo sviluppo che sottopone a revisione i metodidella scienza. Fisico di grandissima cultura, tennesuccessivamente cattedra di matematica, di fisica e difilosofia. Nel suo fondamentale libro ”La Meccanica nelsuo Sviluppo Storico-Critico” (la cui prima edizione edel 1883 e la settima del 1912) Mach espresse la propriaconcezione della scienza e dei suoi metodi. Leggiamo leprime frasi della prefazione alla prima edizione:

Il presente volume non e un trattato sulla ap-plicazione dei principii della meccanica. Essoha piuttosto un intento critico o, per dirla an-cora piu‘ esplicitamente, antimetafisico. [...]Oggi non sono piu il solo a sostenere la miaidea fondamentale che la scienza sia essenzial-mente una economia di pensiero.

Per Mach i sensi sono la sola fonte di conoscenza.La scienza, spinta da necessita di qualche genere, fauna selezione parziale delle sensazioni: cosı per esem-pio la meccanica ha validita nell’ambito di una classe didati empirici. La scienza inizia col procedimento essen-ziale della misura. E la conoscenza scientifica consistenell’insieme dei nessi che si possono stabilire tra i datiempirici selezionati. I concetti fondamentali (p.es. nellameccanica la massa, la forza etc) sono definiti medi-ante misura e solo cosı hanno diritto di considerazione.Il concetto rappresenta una o piu‘relazioni tra dati difatto:

Tutta la scienza ha lo scopo di sostituire, ossiadi economizzare, esperienze mediante la ripro-duzione e l’anticipazione di fatti nel pensiero.

Via via che la scienza procede affinando i suoi con-trolli critici, ogni ente di ragione, ogni costruzione con-cettuale va sottoposta a continua revisione attraverso

il confronto con enti di fatto extralogici. Quindi Machsottopone a critica ogni ipotesi e rifiuta l’introduzionenella fisica di qualsiasi grandezza e concetto che nonrappresentino relazioni tra oggetti, cioe dati empirici.

Si tratta di uno sviluppo di un punto di vista ricor-rente in diverse situazioni culturali che ha radici an-che lontane nel pensiero filosofico, a partire da Occam.Come tutte le generalizzazioni filosofiche nel campodella scienza, la funzione di questa linea di pensieroe talvolta positiva, inducendo ad analisi critiche chefavoriscono lo svincolo da certi schemi; d’altra partepuo essere negativa perche limita la fantasia, per esem-pio questa visione della scienza era molto spesso fas-tidiosa per gli scienziati militanti, il cui credo ogget-tivo e di natura piu realista. Si pensi al dibattitosulla interpretazione meccanico - statistica della ter-modinamica, cui Mach era contrario perche giudicavala termodinamica una scienza compiuta, la scienzadei nessi tra le grandezze termodinamiche, senza cheessa fosse di necessita ricondotta alla meccanica. Oall’atomismo: Mach sottopose il concetto di atomoad esame critico, concludendo che il concetto grezzoe solo un ente di ragione, mentre i sensi colgono pro-prieta diverse volta per volta. Un atteggiamento, comesi vede, non adatto a promuovere ricerche sulla cos-tituzione dell’atomo stesso, anche se non vorrei darel’impressione che si trattasse di un atteggiamento com-pletamente negativo, ma solo di eccessiva cautela crit-ica. Mach intendeva dire che e da abbandonare la rapp-resentazione intuitiva dell’atomo e si pose addirittura ladomanda se non fosse necessaria per il mondo atomicouna diversa geometria, una diversa dimensione. Comesi vede, ci si muove in una tale generalita‘ che le sueproposizioni possono avere il valore sia di spinta perliberarsi delle restrizioni che di impedimento all’uso dimodelli materiali in appoggio all’intuizione.

Dunque i concetti fondamentali della meccanica sonorelazioni tra dati di fatto di sistemi meccanici. Possi-amo estenderli a fenomeni non meccanici? La risposta eno. E naturale negare ai fenomeni meccanici una esten-sione di validita fino a coprire altri fenomeni. Poiche ecompito della conoscenza lo stabilire relazioni tra dati,e inutile all’economia scientifica basare ogni conoscenzasulle ipotesi meccaniche. Infatti la scienza, diversa-mente ad esempio dalla geometria, non e basata sull‘ob-bligo di dimostrazione, che consisterebbe nella richiestadell’inserimento di ogni tipo di fenomeni nello stessosistema di assiomi, nel caso specifico l’inserimentonel sistema meccanico. E compito della teoria fisical’ordinare, non il dimostrare. Questo per Mach.

Ecco un esempio in cui l’uso della critica di Machfornisce materia di riflessione nella questione dell’eteremeccanico e dell’elettro magnetismo agendo positiva-mente nel dibattito. Einstein sara ispirato da questeriflessioni, anche se, anni dopo, le giudichera negative.

8.5 Mach: la Meccanica.

Torniamo alla meccanica. Nel suo libro Mach ne esam-ina criticamente i fondamenti (lo Scholium di Newton)

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e rifiuta come superfluo il concetto di moto assoluto. Ilcomportamento meccanico di un sistema di corpi nellospazio deve dipendere solo dalle distanze e dalle ve-locita relative, non dalle proprieta non verificabili dellospazio assoluto non misurabile. Lo spazio assoluto eun concetto non collegato a dati empirici e pertanto vaeliminato. Dice Mach:

Tutte le masse, tutte le velocita, quinditutte le forze sono relative. Non esiste dif-ferenza tra relativo ed assoluto che noi riusci-amo a cogliere coi sensi. D’altra parte nonc’e ragione che ci costringa ad ammetterequesta differenza, dato che l’ammissione nonci porta vantaggio ne teorico ne di altro ordine.Gli autori moderni che si lasciano convinceredall’argomento newtoniano del vaso d’acqua adistinguere fra moto assoluto e moto relativonon si rendono conto che il sistema del mondoci e dato una sola volta, e che la teoria tole-maica e quella copernicana sono soltanto in-terpretazioni, ed entrambe ugualmente valide.Si cerchi di tener fermo il vaso newtoniano,di far ruotare il cielo delle stelle e di verifi-care l’assenza delle forze centrifughe. E ap-pena necessario far notare che nei passi sopracitati ancora una volta Newton non mantieneil proposito di prendere in considerazione soloil fattuale. Nessuno, a nostro parere, e ingrado di dire qualcosa sullo spazio assoluto esul moto assoluto, che sono pure enti idealinon conoscibili sperimentalmente. Come ab-biamo gia detto, tutti i principii della mecca-nica sono conoscenze sperimentali su posizionie moti relativi dei corpi.

E ancora:

L’esperimento newtoniano del vaso pienod’acqua sottoposto a moto rotatorio ci in-segna solo che la rotazione relativa dell’acquarispetto alle pareti del vaso non produceforze centrifughe percettibili, ma che tali forzesono prodotte dal moto rotatorio relativo allamassa della Terra e agli altri corpi celesti.Non ci insegna nulla di piu. Nessuno puo‘dire quale sarebbe l’esito dell’esperimento, insenso qualitativo e quantitativo, se le paretidel vaso divenissero sempre piu massicce, finoa uno spessore di qualche miglio. Davanti anoi sta quell’unico fatto; il nostro compito emetterlo d’accordo con gli altri fatti che giaconosciamo, non con le nostre arbitrarie fan-tasticherie.

In fondo questa discussione potrebbe apparire irrile-vante. Che si tratti del sistema delle stelle o dello spazioassoluto, poiche non possiamo operare su nessuno deidue, la meccanica di Newton resterebbe quella che e. Epiu in generale siamo tentati di affermare che generaliz-zazioni cosı elevate sul metodo della scienza non hannorilevanza perche‘ i veri problemi della scienza si situano

ad un livello meno elevato di generalizzazione, ma piuadeguato.

(Tutto il discorso e riferito ai problemi della scienzadel tempo di Mach; oggi e tutta altra questione, i fisicinon hanno piu bisogno di discorsi di metodologia per es-sere stimolati a nuove idee; tutto questo ha perso senso.Con buona pace degli epistemologi.)

Questo e vero da un punto di vista puramente logico.Di per se non era rilevante per la meccanica che New-ton parlasse di spazio assoluto piuttosto che di sistemadelle stelle fisse e di sistemi in moto uniiforme rispettoa quello.

Ma dal punto di vista storico invece impariamo chequesti principi generali di tipo epistemologico avevanoallora conseguenze rilevanti. Intanto dal punto di vistaculturale: a Newton non interessava la discussione crit-ica sulla relativita dei movimenti; la scelta era dettatada questioni di cultura e sensibilita del tempo. (E poi,forse se si fosse soffermato sui principi dello Scholiumavrebbe perso di mira i problemi reali che lo interes-savano). E a quel tempo c’era bisogno di certezze perpoter sviluppare il programma reale di ricerca sul sis-tema del mondo allora noto.

E ancora, sappiamo dalla storia che la scelta di unatteggiamento piuttosto che di un altro puo suggerirenuove idee e nuovi sviluppi che possono dare frutti re-ali. 218 anni dopo Newton la critica di Mach aiuteraEinstein a concepire la relativita ristretta (anche se ilrisultato della teoria non sara nella direzione che volevaMach, come vedremo).

8.6 Mach: esperimenti terrestri.

E c’e dell’altro. Se e impossibile spostare a piacimentole stelle, sara possibile immaginare esperimenti terrestrie vedere se, entro i limiti sperimentali, vi sono confermeper le idee di Mach. Infatti i due punti di vista portanoa immaginare situazioni in cui i comportamenti fisicisarebbero diversi, come Mach ha rilevato nella citazioneprecedente. Vediamo come.

Secondo Mach le proprieta inerziali dello spazio de-vono essere determinate dalla distribuzione delle massenell’universo. La presenza di forze ”apparenti” in sis-temi in rotazione rispetto allo spazio assoluto deve es-sere spiegata con la rotazione rispetto ad esse. L’inerziae determinata dalla distribuzione delle masse e dal fattodi accelerare rispetto ad esse. Paragoniamo il principiodi inerzia di Newton e quello di Mach:

Newton: Un sistema non soggetto a forze e in quieteo in moto uniforme rispetto allo spazio assoluto.

Mach: Un sistema non soggetto a forze e in quieteo in moto uniforme rispetto alle stelle fisse (idealizzatecome un sistema rigido).

Se crediamo a Mach siamo portati a pensare chel’inerzia di un corpo di prova possa venir modificata seuna massa nei dintorni viene spostata, mentre questoeffetto non accade per Newton. In particolare si puoritenere che l’accelerazione di un corpo vicino inducaun’accelerazione nel corpo di prova. In linea di principio

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si puo dunque misurare la differenza tra i due compor-tamenti. Mach pero non introduce alcun meccanismofisico ne matematico che determini queste proprieta. Lasua resta una petizione di principio che pero ha avutoun importante ruolo nel dibattito sulle relativita.

Tutto questo ci conferma che le teorie metodologi-che non sono migliori o peggiori in assoluto (si parladi quelle ragionevoli eh!) ma soltanto relativamentealla funzione di stimolo di idee e conoscenze nuove chepossono indurre a cambiare posizione in una particolaresituazione culturale.

Un’altra lezione sul metodo e la scienza!

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