SINTESI E CARATTERIZZAZIONE DI MOLECOLE PER IL … famiglia dei recettori per la colecistochinina....
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL FARMACO
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FARMACIA
TESI DI LAUREA
SINTESI E CARATTERIZZAZIONE DI
MOLECOLE PER IL TARGETING
ATTIVO SUL RECETTORE CCK2R
RELATORE: CH.MO PROF. GIOVANNI MARZARO
CORRELATORI: CH.MO PROF. NICOLA REALDON
DOTT. ALBERTO ANDRIGHETTO1
DOTT.SSA FRANCESCA BORGNA1
DOTT.SSA FRANCESCA MASTROTTO
DOTT. MATTIA ASTI2
1Istituto Nazionale di Fisica Nucleare 2Arcispedale Santa Maria Nuova
LAUREANDO: MARCO VERONA
ANNO ACCADEMICO: 2017/2018
Ai miei genitori
A mia sorella Giulia
I
INDICE
1. RIASSUNTO ................................................................................................................ pag. 1
2. INTRODUZIONE ................................................................................................. pag. 3
2.1 TARGETED THERAPY E SOVRAESPRESSIONE
RECETTORIALE ......................................................................................................... pag. 4
2.1.1 COLECISTOCHININA E SUE TIPOLOGIE
RECETTORIALI ............................................................................................... pag. 6
2.1.2 SOVRAESPRESSIONE DI CCK2R NEL CANCRO .............. pag. 7
2.1.3 STRUTTURA RECETTORIALE E RAZIONALE
IMPIEGATO NELL’IDEAZIONE DEI LIGANDI .................. pag. 9
2.2 RADIOFARMACI ..................................................................................................... pag. 10
2.2.1 RADIONUCLIDI IN CAMPO MEDICO ...................................... pag. 11
2.2.2 RADIONUCLIDI PER LA DIAGNOSTICA .............................. pag. 13
2.2.3 RADIONUCLIDI IMPIEGATI IN TERAPIA .......................... pag. 17
2.2.3.1 EMETTITORI α ....................................................................... pag. 17
2.2.3.2 EMETTITORI β ....................................................................... pag. 19
2.2.3.3 EMETTITORI γ ....................................................................... pag. 20
2.2.4 PRODUZIONE DI RADIONUCLIDI AD INTERESSE
MEDICO ................................................................................................................ pag. 20
2.3 PROGETTO SPES: NUOVA FRONTIERA PER LA
PRODUZIONE DI FASCI DI IONI ESOTICI
RADIOATTIVI ............................................................................................................. pag. 23
2.3.1 PRODUZIONE DI FASCI DI IONI RADIOATTIVI ........... pag. 24
2.3.2 PROGETTO ISOLPHARM .................................................................... pag. 26
2.3.2.1 PRODUZIONE DI RADIOFARMACI MEDIANTE
L’UTILIZZO DELLA TECNICA ISOL .................... pag. 26
2.3.2.2 NUCLIDI DI INTERESSE MEDICO OTTENIBILI
CON IL TARGET SPES......................................................... pag. 27
3. OBIETTIVO .............................................................................................................. pag. 29
4. RISULTATI E DISCUSSIONE ...................................................... pag. 31
4.1 SINTESI DI Z-360 (NASTORAZEPIDE)............................................ pag. 31
4.2 SINTESI DI IP1 (ISOLPHARM 1) .............................................................. pag. 35
II
4.3 SINTESI DI IP2 (ISOLPHARM 2) ................................................................. pag. 38
4.4 TENTATIVO DI SINTESI DI UN LINKER IDROFILICO
MEDIANTE RAFT POLYMERIZATION ............................................ pag. 44
5. PARTE SPERIMENTALE ....................................................................... pag. 53
5.1 MATERIALI ....................................................................................................................... pag. 53
5.2 STRUMENTAZIONE ................................................................................................ pag. 53
5.3 METODI ................................................................................................................................. pag. 55
5.3.1 SINTESI DI NASTORAZEPIDE (Z-360) ......................................... pag. 55
5.3.2 SINTESI DI IP1 .................................................................................................... pag. 66
5.3.3 SINTESI DI IP2 .................................................................................................... pag. 75
5.3.3.1 SINTESI DIVERGENTE DA Z-360 .............................. pag. 75
5.3.3.2 SINTESI CONVERGENTE SU Z-360 ......................... pag. 81
5.3.3.3 SINTESI DI IP2 ............................................................................ pag. 88
5.3.4 TENTATIVO DI SINTESI DEL LINKER IDROFILICO
POLIMERICO ...................................................................................................... pag. 92
5.3.5 ANALISI TNBS: IDENTIFICAZIONE DEI GRUPPI
AMMINICI PRIMARI .................................................................................. pag. 100
6. BIBLIOGRAFIA ............................................................................................... pag. 103
III
INDICE DEGLI SCHEMI
Schema 1 Sintesi di Nastorazepide (Z.360) pag. 31
Schema 2 Formazione dell’isocianato: meccanismo di reazione pag. 34
Schema 3 Sintesi di IP1 (Isolpharm 1) pag. 35
Schema 4 Sintesi di IP2 (Isolpharm 2) pag. 38
Schema 5 Meccanismo di attivazione dell’acido mediante CDI pag. 39
Schema 6 Deprotezione del gruppo Fmoc mediata da CDI pag. 40
Schema 7 Meccaniscmo di acil migrazione pag. 41
Schema 8 Tentativo di sintesi del linker polimerico pag. 45
Schema 9 Meccanismo di polimerizzazione RAFT pag. 46
Schema 10 Sintesi del linker polimerico pag. 49
IV
INDICE DELLE FIGURE
Figura 1 Struttura generale della famiglia recettoriale GPCR pag. 7
Figura 2 Struttura dell’Aspericina e dei suoi derivati di origine pag. 8
sintetica impiegati nello studio della terapia mirata sul
recettore CCK2R
Figura 3 Caratteristica strutturale relativa alla connessione small pag. 9
molecule-ligando mediante una corta catena alchilica
Figura 4 Carta dei nuclidi pag. 10
Figura 5 Esemplificazione della struttura e funzione di un pag. 13
Radiofarmaco coniugato ad una molecola
Figura 6 Strumentazione impiegata nell’analisi diagnostica pag. 14
SPECT
Figura 7 Schema riassuntivo della tecnica di analisi PET pag. 16
Figura 8 Formula di struttura 18FDG pag. 17
Figura 9 Reattore nucleare, acceleratore, generatore di pag. 22
radionuclidi
Figura 10 Schema del sistema di produzione dei RIB pag. 25
Figura 11 Schema a blocchi del progetto ISOLPHARM pag. 27
Figura 12 Struttura generale di un radioligando pag. 30
Figura 13 Nastorazepide (Z-360) pag. 30
Figura 14 DOTA tris-(tert-butil estere) pag. 37
Figura 15 Sottoprodotto ottenuto in seguito alla ciclizzazione pag. 40
Figura 16 Struttura generale RAFT agent pag. 44
Figura 17 Analisi di massa del polimero pag. 48
Figura 18 Cicloaddizione di Huisgen azide-alchino pag. 50
V
Figura 19 Retta di taratura utilizzata per l’analisi TNBS pag. 101
Figura 20 Polimero analizzato mediante saggio TNBS pag. 101
INDICE DELLE TABELLE
Tabella 1 Esempi di tipologie tumorali presentanti pag. 4
sovraespressione recettoriale
Tabella 2 Alcuni dei farmaci attualmente in commercio pag. 5
impiegati nella terapia mirata di diverse tipologie
tumorali
Tabella 3 Dati relativi al volume dei campioni e loro pag. 100
assorbanza per la costruzione della retta di
taratura. (Analisi TNBS)
Tabella 4 Valori di assorbanza del campione incognito e pag. 102
concentrazione dei gruppi aminici presenti
VI
ABBREVIAZIONI
A Numero di massa
ABS Assorbanza
Boc-Dap-OH acido (S)-2-[(tert-Butilossicarbonil)ammino]-3-
amminopropionico
BOP Benzotriazol-1-ilossitris(dimetilammino)fosfonio
esafluorofosfato
CDI Carbonildiimidazolo
CE Cicloesano
DCM Diclorometano
DMF N,N-Dimetilformammide
EDCl 1-Etil-3-(3-dimetilaminopropil)carbodiimmide
EGFR Epidermal growth factor receptor
EtOAc Acetato di etile
EtOH Etanolo
GPC Gel permeation chromatography
GPCR G protein coupled receptor
IP1 IsolPharm 1
IP2 IsolPharm 2
LET Linear energy transfer
LiHMDs Litio bis(trimetilsili)ammide
MeOH Metanolo
MW Microwaves
N Numero di neutroni
NHS N-idrossisuccinimmide
PET Tomografia ad emissione di positroni
PMSA Prostate specific membrane antigen
SPECT Tomografia ad emissione di fotone singolo
TEA Trietilammina
TFA Acido trifluoroacetico
THF Tetraidrofurano
TLC Thin Layer Cromatography
TMS Tetrametilsilano
TNBs Acido 2,4,6-trinitrobenzen solfonico
Z Numero atomico
VII
d Doppietto
dd Doppietto di doppietti
m Multipletto
q Quartetto
s Singoletto
s all Singoletto allargato
t Tripletto
VIII
1
1. RIASSUNTO
In questo lavoro di tesi è descritta la messa a punto di una via di sintesi efficace
per la preparazione di ligandi adibiti al targeting attivo di radioisotopi ad
elevata purezza prodotti mediante metodo ISOL. Il target preso in
considerazione in questo operato di tesi è il recettore CCK2R, una sottoclasse
recettoriale sovraespressa in alcune tipologie tumorali appartenente alla
famiglia dei recettori per la colecistochinina.
In primo luogo, è stato individuato un direzionante, molecola avente il
compito di riconoscere e indirizzare il ligando verso il recettore d’interesse. A
tale scopo è stata presa in considerazione la Nastorazepide o Z-360, un
derivato benzodiazepinico antagonista del recettore CCK2R. È stata quindi
delineata la via di sintesi per l’ottenimento di quest’ultima basandosi su un
processo sintetico riportato in letteratura, apportando diverse modifiche per
migliorarne l’efficienza generale.
Successivamente sono stati ideati e sintetizzati ex novo alcuni linker idrofilici
aventi il compito di incrementare l’affinità dei ligandi verso il recettore e
contestualmente modularne la solubilità e la farmacocinetica.
In seguito al loro assemblamento, mediante condensazione di direzionante,
linker e chelante, i ligandi ottenuti sono stati caratterizzati e sottoposti a studi
preliminari volti a determinarne la solubilità e la stabilità.
Riassunto
2
3
2. INTRODUZIONE
Il cancro è una patologia al giorno d’oggi ampiamente diffusa e una delle
principali cause di morte nel mondo. Tale patologia è causata da un
progressivo accumulo di mutazioni non riparate a carico del genoma cellulare.
Aneuploidia, riarrangiamenti genetici e cromosomici, amplificazioni,
delezioni, mutazioni che portano alla perdita o all'acquisto di una funzione
sono fra le cause più comuni alla base della genesi tumorale. La conseguenza
di queste mutazioni è l’assunzione da parte delle cellule neoplastiche di un
comportamento anormale che porta a crescita cellulare incontrollata, perdita
della capacità auto-apoptotica, mancanza di inibizione da contatto, instabilità
genomica e propensione alla metastasi 1.
Negli ultimi anni, un grande contributo in campo terapeutico è stato fornito
dalla targeted therapy, strategia terapeutica innovativa comprendente una
nuova generazione di farmaci antitumorali a bersaglio molecolare sviluppata
in maniera tale da colpire in modo selettivo un target specifico presente
soltanto nelle cellule tumorali, o comunque con una maggiore espressione in
queste rispetto alle cellule normali. L’azione più specifica di questi farmaci ha
permesso di limitarne gli effetti collaterali rispetto a quanto avviene con i
farmaci chemioterapici convenzionali, con notevole miglioramento della
qualità della vita dei pazienti affetti da tumore.
La lotta contro il cancro ha inoltre portato ad approcci multidisciplinari,
traendo preziose opportunità da ambiti scientifici diversi dalla medicina. La
condivisione delle conoscenze e delle potenzialità di discipline quali la
bioingegneria, la fisica e la chimica delle particelle subatomiche hanno portato
ad un grande sviluppo in campo medico nucleare e radiofarmaceutico. Questo
ha permesso lo sviluppo di nuovi campi di ricerca volti alla produzione di
nuovi radiofarmaci ad azione mirata verso il tessuto neoplastico e allo
sviluppo di nuove tecnologie di imaging sempre più accurate e affidabili 2.
La sperimentazione e la realizzazione di questi nuovi approcci di cura e
diagnosi in ambito oncologico porterà a migliorare la qualità di vita e la
sopravvivenza dei pazienti affetti da questa patologia offrendo una possibile
alternativa alle terapie convenzionali.
Introduzione
4
2.1 TARGETED THERAPY E SOVRAESPRESSIONE
RECETTORIALE
Negli ultimi anni le ricerche svolte in campo immunologico, genetico e
biologico molecolare hanno permesso di sviluppare nuove competenze in
ambito oncologico; è stato possibile identificare e comprendere la genesi, la
progressione e le caratteristiche di diverse tipologie tumorali. È stato inoltre
possibile identificare una specifica correlazione target-patologia la quale ha
permesso lo sviluppo di un nuovo modello di terapia a bersaglio molecolare
nota come targeted therapy. Quest’ultima a differenza della tradizionale
chemioterapia, scarsamente specifica e causa di innumerevoli effetti
indesiderati, presenta un’azione diretta in modo specifico contro un bersaglio
presente solamente nelle cellule neoplastiche, o comunque con una maggiore
espressione in queste rispetto alle cellule normali.
Una caratteristica frequente del tessuto tumorale è la sovraespressione
recettoriale. Tale fenomeno è solitamente dovuto alle numerose aberrazioni
genetiche a cui le cellule neoplastiche sono sottoposte. Al giorno d’oggi sono
note molte tipologie tumorali caratterizzate da una sovraespressione
recettoriale, alcune delle quali sono riportate in (Tabella 1).
Tipologia recettoriale Tumori in cui sono sovraespressi
Recettore per la Bombesina (BnR) Polmone, prostata, seno, pancreas, testa / collo, colon, utero, ovaio, rene, glioblastoma, neuroblastoma, carcinoidi intestinali e carcinoidi bronchiali.
Recettori per la Somatostatina (SSTRs) SSTR (1-5)
Prostata, Tumore polmonare a piccole cellule, tumore neuroendocrino, carcinoma mammario, carcinoma del colon-retto, carcinoma gastrico.
Recettori per le integrine Glioblastoma (U87MG), ovaio, seno
Recettori per le Transferrine (FRs) FRα, FRβ, FRα
Seno, ovaio, gliomi, glioblastomi
Recettore per la colecistochinina (CCK2R) Colon, polmone, seno ovaio, tratto G.I.
Recettore del fattore di crescita endoteliale (EGFR)
Polmone, seno vescica, ovaio
Recettori per la Biotina (BRs) Leucemia
Tabella 1. Esempi di tipologie tumorali presentanti sovraespressione
recettoriale
Introduzione
5
Questo fenomeno può essere sfruttato in diversi modi per comprendere la
biologia del cancro ed ottenere una terapia mirata sul tessuto neoplastico.
Essendo l’attività di questi recettori il più delle volte associata alla divisione e
alla differenziazione cellulare, una loro sovraespressione può essere
facilmente associata all’insorgenza di neoplasie o all’induzione di metastasi.
Una prima strategia terapeutica quindi prevede la modulazione o l’inibizione
di questi recettori mediante la somministrazione di anticorpi o sostanze
organiche di diversa natura in grado di inibirne l’attività, bloccando quindi gli
stimoli e le vie di segnale coinvolte nella progressione tumorale. Alcuni
farmaci a bersaglio molecolare entrati da diversi anni nella pratica clinica sono
gli anticorpi monoclonali “anti EGFR”, quali il cetuximab, in grado di
interagire e bloccare il fattore di crescita epidermico (EGFR) inducendo
inoltre una risposta immunitaria verso il tumore. Oltre a questi, altri farmaci
sono attualmente impiegati in terapia per il trattamento di diversi tumori
(Tabella 2).
Tabella 2. Alcuni dei farmaci attualmente in commercio impiegati nella
terapia mirata di diverse tipologie tumorali 3.
Introduzione
6
Vi sono poi altri approcci terapeutici attualmente in studio, i quali non vanno
ad interferire con la funzione propria del recettore, ma prevedono la
somministrazione di farmaci in grado di riconoscerlo ed interagire con esso,
indirizzando così l’azione farmacologica verso i tessuti in cui questo è
sovraespresso. Questo targeting attivo può essere ottenuto legando il farmaco
a molecole organiche di diversa natura quali anticorpi, peptidi, small
molecules o altre in grado di riconoscere il target d’interesse4.
Un esempio di notevole importanza è rappresentato dal DOTATOC, ligando
analogo della somatostatina impiegato nel trattamento di tumori di origine
neuroendocrina. Il DOTATOC è attualmente impiegato sia nella terapia che
nella diagnosi di queste tipologie tumorali, a seconda se sia marcato con 177Lu
o 68Ga rispettivamente.
Più recentemente l'antigene di membrana specifico prostatico (PSMA) è
risultato un target promettente nel trattamento del cancro alla prostata
metastatico resistente alla castrazione. I ligandi sviluppati per effettuarne la
diagnosi (68Ga-PSMA-11) e la terapia (177Lu-PSMA-617) sono attualmente
in fase clinica.
Altri siti target attualmente in studio sono il recettore dell’acido folico, della
bombesina e della colecistochinina (CCK2R) i quali risultano sovraespressi in
diverse tipologie tumorali, o il recettore per l’acido glutammico (NMDAR),
potenziale target per la diagnosi di Alzheimer, schizofrenia ed epilessia.
2.1.1 COLECISTOCHININA E SUE TIPOLOGIE
RECETTORIALI
La colecistochinina (CCK) o pancreozimina (pZ) è un ormone di natura
peptidica sintetizzato nelle cellule enteroendocrine duodenali avente funzioni
diverse a seconda della tipologia di recettori a cui si lega. I recettori per la
CCK, nonostante le differenze funzionali e la diversa distribuzione
nell’organismo, appartengo alla stessa famiglia recettoriale GPCR
presentando quindi una caratteristica strutturale comune data dalla presenza
delle sette eliche transmembrana, di un dominio extracellulare N-terminale di
lunghezza variabile e un dominio intracellulare C-terminale.
Introduzione
7
Figura 1. Struttura generale della famiglia recettoriale GPCR
Nell’organismo sono presenti diverse tipologie recettoriali, coinvolte nel
legame con la colecistochinina: CCKAR (o CCK1R) e CCKBR (o CCK2R)
rispettivamente.
CCKAR (CCK1R), la cui sigla “A” indica alimentary, è un recettore presente
a livello del tratto gastro-intestinale la cui funzione è adibita alla secrezione
della bile da parte della cistifellea e degli enzimi pancreatici impiegati nel
processo digestivo di grassi e proteine. Questa tipologia recettoriale è inoltre
coinvolta nella stimolazione della secrezione insulinica.
CCKBR (CCK2R), la cui sigla “B” indica brain, è un recettore presente a
livello del sistema nervoso centrale il cui funzionamento sembrerebbe essere
associato alla regolazione di diversi fattori come ansia e depressione in seguito
all’inibizione dell’attività dopaminergica a livello cerebrale5, senso di sazietà
in seguito all’inibizione del tasso di svuotamento gastrico6, memoria,
nocicezione e stimolazione della crescita nervosa in seguito all’induzione del
rilascio di nerve grow factor (NGF)7.
2.1.2 SOVRAESPRESSIONE DI CCK2R NEL CANCRO
Negli ultimi anni diversi studi hanno riportato una correlazione tra il recettore
CCK2R e il cancro. I dati presenti in letteratura infatti indicano una
sovraespressione di CCK2R in diverse tipologie tumorali di natura
neuroendocrina, quali adenocarcinomi gastrici, carcinoma midollare della
Introduzione
8
tiroide, carcinoma del colon retto, carcinoma polmonare a piccole cellule e
carcinoma al pancreas8.
Questa sovraesressione nelle cellule neoplastiche ha suscitato un grande
interesse per lo studio e la produzione di agenti terapeutici e di imaging aventi
come target d’interesse questo recettore per la colecistochinina8.
Per l’ottenimento di questi ligandi sono stati presi in considerazione diversi
composti aventi affinità verso CCK2R, come ad esempio CCK octapepitide
(CCK-8), neuropeptide di natura endogena e agonista del recettore, o come le
small molecules Devazepide, Netazepide (YF476) e Nastorazepide (Z-360),
antagonisti del recettore CCK2R e derivati dell’Aspericina, analogo
benzodiazepinico di origine naturale9.
N
N
O
NH
O
N
HN
O
HO
H
Aspericina
HN NH
O
NH
N
NO
N
O
Netazepide
N
NO
NH
O
HN
Devazepide
N
N
OO
HN
O
HN
O OH
Nastorazepide
Figura 2. Struttura dell’Aspericina e dei suoi analoghi di origine sintetica
impiegati nello studio della terapia mirata sul recettore CCK2R.
Introduzione
9
Gli studi volti all’ideazione di questi ligandi hanno portato ad investigare sulla
tipologia di interazione tra small molecules e recettore per poter ottenere valori
di affinità recettoriali elevati con un conseguente incremento della selettività.
Da tali studi è emerso che entrambi i recettori CCK legano i peptidi endogeni
mediante interazioni con i loop extracellulari o i domini N-terminali, mentre
per l’interazione con small molecules o altri ligandi di natura comparabile,
presentano una tasca interna avente dimensioni e residui amminoacidici
diversi tra le tue tipologie CCK1R e CCK2R.
2.1.3 STRUTTURA RECETTORIALE E RAZIONALE
IMPIEGATO NELL’IDEAZIONE DEI LIGANDI
Le considerazioni riguardanti l’interazione small molecules-recettore
precedentemente esposte sono state impiegate per delineare la struttura dei
ligandi presenti in questo operato di tesi. Considerando i dati relativi ad uno
studio analogo10, per agevolarne l’accesso alla tasca recettoriale interna, la
small molecule è stata connessa alla restante porzione del ligando mediante
una corta catena alchilica lineare, come riportato in figura 3.
Figura 3. Caratteristica strutturale relativa alla connessione small molecule-
ligando mediante una corta catena alchilica.
L’introduzione di una porzione alchilica dovrebbe permette di avere un ridotto
ingombro sterico e una notevole libertà di rotazione impedendo così che la
restante porzione del ligando, molto più strutturata e ingombrante, possa
interferire riducendo così l’affinità verso il recettore.
Introduzione
10
2.2 RADIOFARAMACI
I radiofarmaci sono medicinali aventi la funzione di veicolare un radioisotopo,
ovvero un elemento presentante un nucleo atomico radioattivo. Il nucleo
atomico rappresenta il punto in cui la quasi totalità (99.9%) della massa
atomica viene concentrata. Esso è costituito da due tipi di particelle: i protoni
e i neutroni. Queste due particelle hanno masse molto simili tra loro (1.67*10-
24) ma presentano carica differente, positiva per i protoni (1.6*10-19C) e nulla
per i neutroni.
Generalmente per poter determinare la stabilità di un nucleo viene valutato il
rapporto tra il numero di protoni (Z) e il numero di neutroni (N). Uno
strumento molto utile per poter avere una panoramica generale riguardo alla
stabilità dei nuclei è la carta dei nuclidi, riportata in figura 4.
Figura 4. Carta dei nuclidi.
Introduzione
11
Ogni nuclide è definito da uno specifico valore di A e di Z, in cui il valore di
A, indicante il numero di massa, è dato dalla somma del numero atomico (Z)
e del numero di neutroni (N). Generalmente, per bassi valori di Z, i nuclidi
che risultano stabili presentano un ugual numero di protoni e neutroni (Z=N)
in quanto le interazioni protone-neutrone in questo caso sono più forti delle
interazioni protone-protone o neutrone-neutrone e riescono quindi a garantire
una maggiore stabilità del nucleo. Per masse atomiche maggiori invece (A ≥
40), la curva di stabilità tende a divergere verso nuclei aventi un numero di
neutroni maggiore rispetto al numero di protoni (nuclei neutron-rich). Tale
fenomeno è giustificato dal fatto che in questa situazione, la forza di
repulsione elettrostatica tra i protoni risulta essere superiore rispetto alle altre
forze in gioco. Perché il nucleo risulti stabile è necessario quindi che questo
presenti un maggior numero di neutroni, particelle elettricamente neutre e
quindi non in grado di generare forze di repulsione. Per valori di massa
atomica ancora maggiori (A > 109), l’interazione forte tra neutroni e protoni
viene vinta dalla forza di repulsione elettrostatica con una conseguente
diminuzione di stabilità dei nuclidi.
È possibile che due atomi di uno stesso elemento aventi lo stesso valore Z
possano presentare un numero di massa atomica (A) differente. Questi atomi
differiscono per il loro numero di protoni e vengono chiamati isotopi (dal
greco ìsos, "stesso" e tòpos, "posto") in quanto occupano la stessa posizione
nella tavola periodica. Gli isotopi vengono indicati con la dicitura 𝐸𝑍𝐴 , in cui
E indica l’elemento.
2.2.1 RADIONUCLIDI IN CAMPO MEDICO
Le caratteristiche prese in considerazione per identificare possibili
radionuclidi candidati per l’applicazione medica sono le seguenti11:
• Proprietà di decadimento: a seconda della tipologia di nuclide preso in
considerazione si possono avere diversi tipi di decadimento con diverse
radiazioni ionizzanti emesse. In campo diagnostico solitamente vengono
impiegati nuclidi in grado di emettere radiazioni altamente penetranti a bassa
energia lineare trasferita (LET). Queste radiazioni possono essere rilevate da
Introduzione
12
opportuni dispositivi posti esternamente al corpo del paziente e, presentando
una bassa energia, riducono al minimo le quantità di radiazioni a cui questo è
sottoposto. Per la terapia invece vengono generalmente impiegati nuclidi in
grado di emettere radiazioni altamente energetiche a corto raggio, capaci di
focalizzare la radiazione nel tessuto bersaglio inducendo morte cellulare.
• Emivita o Tempo di dimezzamento (T1/2): questo valore indica il tempo
occorrente perché la metà degli atomi di un campione puro dell’isotopo
decadano in un altro elemento. L’emivita è indice di stabilità di un nuclide:
più breve è l’emivita, meno l’atomo è stabile. Questo tempo di dimezzamento
del radiofarmaco deve essere sufficientemente lungo per consentirne il
trasporto dal sito di produzione all’ospedale e una sua corretta
biodistribuzione in seguito a somministrazione. Tuttavia, l’emivita non deve
essere troppo lunga per evitare un’eccessiva esposizione del paziente alle
radiazioni al termine dell’indagine diagnostica.
• Proprietà chimiche: Queste riguardano la capacità di accumulo del nuclide
su uno specifico tessuto. Per raggiungere il tessuto bersaglio, i radionuclidi
possono essere somministrati come tali, oppure essere legati a molecole
organiche adibite al riconoscimento del target. Nel primo caso, le
caratteristiche chimiche del radiofarmaco devono essere tali da consentire uno
spontaneo accumulo del nuclide nel tessuto malato. Come possibile esempio
può essere preso in considerazione lo 89Sr il quale, accumulandosi
selettivamente nel tessuto osseo, grazie al suo comportamento chimico
analogo al calcio, è impiegato nella cura palliativa del dolore osseo
metastatico; un altro esempio può essere dato dallo 131I che, accumulandosi
spontaneamente nella tiroide, è impiegato nel tumore tiroideo o in casi gravi
di ipertiroidismo autoimmune. Nel caso in cui il farmaco non presenti
caratteristiche chimiche tali da consentirne lo spontaneo accumulo, deve
essere legato a molecole che fungano da trasportatore verso il bersaglio
(Figura 5). Un esempio è dato dal glucosio, molecola coinvolta nei processi
energetici cellulari, impiegato per la produzione di 18FDG, radiotracciante
notevolmente impiegato nella tomografia ad emissione di positroni (PET)
costituito da una molecola di glucosio in cui un ossidrile è sostituito da un
atomo di 18F. Altre molecole di natura più complessa possono essere impiegate
per indirizzare i radionuclidi al tessuto target; è il caso di peptidi ed anticorpi
Introduzione
13
monoclonali, o small molecules, disegnate appositamente per riconoscere e
legare uno specifico bersaglio. Un esempio è dato da PSMA-11 e del PSMA-
617, ligandi marcati con 68Ga e 177Lu rispettivamente, in grado di riconoscere
lo specifico antigene superficiale (PSMA) presente nelle cellule tumorali
prostatiche. Pure in questo caso il fattore chimo è importante in quanto la
struttura di questi complessi radionuclide-ligando deve essere
sufficientemente stabile per impedire il rilascio del radioisotopo in circolo.
Figura 5. Esemplificazione della struttura e funzione di un radiofarmaco
coniugato ad una molecola.
• Facilità di produzione su larga scala: I radionuclidi, specialmente
quelli impiegati in diagnostica, a causa della loro breve emivita devono
essere prodotti giornalmente dalle rispettive sedi ospedaliere. Per
questa ragione la loro produzione deve essere agevole ed efficiente per
far sì di poterne ottenere la quantità necessaria in tempi ragionevoli.
2.2.2 RADIONUCLIDI PER LA DIAGNOSTICA
I radionuclidi utilizzati in campo diagnostico sono caratterizzati da
un’emissione altamente penetrante e una bassa energia lineare trasferita
(LET). Queste radiazioni sono in grado di lasciare il corpo del paziente ed
essere dunque rilevate da apposite apparecchiature poste esternamente. Le
principali tecniche di imaging che utilizzano radiofarmaci sono la scintigrafia,
la tomografia a emissione di fotone singolo (SPECT) e la tomografia a
emissione di positroni (PET).
Introduzione
14
Scintigrafia e Tomografia ad emissione di fotone singolo (SPECT)
Entrambe queste tecniche diagnostiche si basano sull’utilizzo di gamma
camere in grado di rilevare raggi γ emessi da radioisotopi somministrati al
paziente. In seguito alla rielaborazione dei dati ottenuti, è possibile quindi
ottenere un’immagine accurata della distribuzione dei radioisotopi
nell’organismo. La sostanziale differenza tra le due tecniche diagnostiche sta
nella diversa tipologia di immagine che queste sono in grado di fornire.
Mentre la scintigrafia fornisce immagini planari in 2D, la SPECT (Figura 6)
offre la possibilità di avere immagini tomografiche in 3D.
Figura 6. Strumentazione impiegata nell’analisi diagnostica SPECT
La scintigrafia viene utilizzata comunemente per lo studio del funzionamento
di cuore, polmone o tiroide, per il rilevamento di metastasi e per lo studio della
circolazione sanguigna.
La SPECT, invece, è utilizzata quando sia utile, ai fini della diagnosi, ottenere
un’immagine tridimensionale specialmente per lo studio di tumori, tiroide e
ossa. Viene utilizzata anche per lo studio della funzionalità cardiaca e
cerebrale.
Introduzione
15
Essendo entrambe le tecniche diagnostiche basate sulla rilevazione di raggi γ,
queste prevedono l’utilizzo degli stessi radiotraccianti. Le radiazioni emesse
devono risultare sufficientemente energetiche (in un range tra 100 e 200 keV)
per poter lasciare il corpo del paziente senza essere eccessivamente attenuate,
permettendone quindi il rilevamento esterno. L’isotopo utilizzato
maggiormente è l’isomero 99mTc, il quale possiede la maggior parte delle
caratteristiche desiderabili per questo tipo di applicazione. Esso emette una
radiazione γ di 141 keV, ideale per la SPECT e decade per transizione interna
a 99gTc, isotopo con emivita di 0,2 milioni di anni e considerato per questo
stabile; non è presente emissione di radiazione γ nel decadimento e l’emivita
di 6 ore lo rende abbastanza stabile per il legame a molecole carrier8.
Introduzione
16
Tomografia ad emissione di positroni (PET)
La tomografia ad emissione di positroni (Figura 7) rappresenta un metodo
diagnostico in grado di fornire una rappresentazione quantitativa della
distribuzione del tracciante grazie a cui studiare funzioni fisiologiche,
informazioni complementari agli studi morfologici.
I radioisotopi utilizzati sono emettitori di positroni (β+). La particella β+
emessa va incontro ad annichilazione non appena incontra un elettrone e
questa reazione dà origine all’emissione di due fotoni γ emessi in direzioni
opposte a 180° tra loro con un’energia pari a 511 keV. La rilevazione
simultanea di questi due fotoni permette una localizzazione molto accurata del
punto di emissione favorendo quindi la localizzazione del tracciante.
I principali radioisotopi utilizzati per la PET sono quattro: 18F, 15O, 11C e 13N.
Figura 7. Schema riassuntivo della tecnica di analisi PET
18F è sicuramente il radioisotopo più utilizzato in quanto presenta una grande
capacità nel legare atomi di C. Per questo motivo infatti viene incorporato
facilmente in diverse molecole organiche, andando a sostituire gruppi
funzionali come –H o –OH. Il composto predominante in campo diagnostico
è il 18FDG, una molecola di glucosio modificata in cui un gruppo ossidrilico è
stato sostituito da un atomo di 18F (Figura 8). 18FDG viene incorporato dalle
cellule in seguito a fosforilazione ma non è soggetto a metabolismo. Per
Introduzione
17
questo motivo rimane nella cellula abbastanza a lungo da consentire una
rilevazione del segnale. Le cellule tumorali, presentando un aumentato up-
take di glucosio, inducono l’accumulo di 18FDG sul tessuto neoplastico,
permettendone quindi la sua identificazione mediante analisi PET8.
Figura 8. Formula di struttura 18FDG
2.2.3 RADIONUCLIDI IMPIEGATI IN TERAPIA
I radionuclidi utilizzati a scopo terapeutico presentano emissioni poco
penetranti (radiazioni corpuscolate quali α e β- non rilevabili dall’esterno) ma
con un’alta energia lineare trasferita (LET), in grado di danneggiare il tessuto
irradiato mediante attacco diretto al DNA cellulare e grazie alla produzione di
radicali liberi. L’entità del danno indotto da queste radiazioni è tale da
sovrastare i sistemi endogeni di riparazione presenti, inducendo quindi la
morte cellulare. I radionuclidi utilizzati in ambito terapeutico possono essere
classificati in base al loro modo di decadimento in emettitori α, β e γ11.
2.2.3.1 Emettitori α
Gli emettitori α mostrano un ampio potenziale terapeutico grazie alle
caratteristiche della loro radiazione. Queste presentano un’elevata energia
lineare trasferita (LET), pari a circa 100 KeV e una bassissima penetrazione
tissutale, pari a 0.1 mm. Un’energia così elevata, può provocare un massivo
danno a livello del materiale genetico all’interno del nucleo della cellula,
provocando così la morte di quest’ultima. Un’altra caratteristica importante è
che, esseno il meccanismo di danneggiamento cellulare radicale-indipendente,
non richiede la presenza di ossigeno per ottenere un buon tasso di efficacia.
Introduzione
18
Questo fa sì che le cellule ipossiche, situate in zone del tumore poco perfuse,
siano sensibili alle radiazioni tanto quanto le altre.
Un’altra importante caratteristica degli emettitori α riguarda la loro elevata
recoil energy: dopo l’emissione, il nuclide generato (figlio) presenta un
elevato valore di energia, compreso tra 100 e 160 KeV. Solitamente, il
decadimento del nuclide originario (padre) porta alla rottura del legame
nuclide-vettore con una conseguente distribuzione del nuclide figlio in aree
non desiderate. Il nuclide generato può presentare caratteristiche diverse:
qualora fosse stabile o emettitore α o β, il suo rilascio potrebbe essere tollerato;
se invece fosse un emettitore γ, sarebbe necessario valutarne l’emivita, in
quanto, se questa risultasse molto breve (da µs a ms) porterebbe ad un
istantaneo decadimento senza recare alcun danno, mentre se risultasse più
lunga (da s a h) darebbe la possibilità al nuclide figlio di diffondere all’interno
dell’organismo. In tal caso la loro applicazione in terapia dovrebbe essere
valutata molto attentamente.
La terapia con emettitori α, a causa del breve raggio delle radiazioni, è
generalmente di scarsa efficienza nella cura dei tumori solidi. Per superare
questo problema è stata ideata una strategia terapeutica chiamata DART
(diffusing alpha-emitters radiation therapy), la quale prevede l’impianto di
fonti radioattive all’interno del tumore. Gli effetti combinati, derivanti dalla
diffusione interstiziale e dalla convezione vascolare consente un’omogenea
diffusione dell’attività radioattiva all’interno della massa tumorale
aumentando così l’efficacia terapeutica.
Il primo emettitore α impiegato in terapia fu il 222Rn, per la cura dell’artrite
reumatoide all’inizio del XX secolo. Sebbene la terapia portasse ad un effetto
antinfiammatorio a lungo termine, vi erano però dei gravi effetti indesiderati
dovuti all’esposizione dei tessuti sani alla radiazione. La terapia in questione
prevedeva delle immersioni in una miscela di acqua e 222Rn avente una
concentrazione di 0.3-3 KBq/L o l’esposizione ad una miscela di aria e 222Rn
avente una concentrazione pari a 30-150 KNq/m3.
Altri emettitore α storicamente impiegato in terapia sono i due isotopi 236Ra e
223Ra, il primo impiegato nel trattamento della spondilite anchilosante mentre
il secondo nella cura delle metastasi ossee di vari tumori grazie alla sua
capacità di accumularsi nel tessuto osseo.
Introduzione
19
2.2.3.2 Emettitori β
Molti radionuclidi emettitori di particelle β- sono attualmente utilizzati in
terapia. Questi sono caratterizzati da radiazioni aventi una bassa energia
lineare trasferita (≤1 keV/µm) ed un raggio d’azione variabile, dell’ordine di
qualche mm. I radionuclidi capaci di emettere unicamente particelle β sono
pochi, più frequenti invece sono quelli che durante il loro decadimento portano
anche all’emissione di radiazioni γ, talvolta molto energetiche. Mentre da un
lato questo fenomeno può aumentare l’azione citotossica del farmaco,
dall’altro può portare ad un incremento dell’attività radioattiva a cui le cellule
sane sono esposte; inoltre dal punto di vista della sicurezza sarebbero richieste
ulteriori precauzioni per il trasporto e lo stoccaggio del radiofarmaco.
Emettitori β sono utilizzati sia in terapie loco-regionali che sistemiche. Per
quanto riguarda le prime, si tratta di alcune applicazioni nella brachiterapia.
Questa strategia terapeutica prevede il posizionamento chirurgico di fonti
radioattive (solitamente emettitori γ) in prossimità del sito tumorale. In
alternativa, per evitare l’utilizzo di emettitori γ, può essere preso in
considerazione il 188R che, essendo caratterizzato da un’alta energia di
emissione β può risultare una valida alternativa nella cura di tumori della pelle
diversi dal melanoma. Alternativamente emettitori β sono utilizzati per la cura
di infiammazioni articolari, come artriti, grazie ad iniezioni di colloidi
nell’articolazione. A seconda delle dimensioni di quest’ultima si utilizzano
diversi tipi di radionuclidi: 90Y per grandi articolazioni come l’anca o il
ginocchio, 186Re per articolazioni di medie dimensioni come il gomito e 169Er
per piccole articolazioni come le dita.
Terapie sistemiche prevedono invece la somministrazione orale o iniettabile
al paziente di nuclidi liberi o veicolati mediante carrier. Tra questi può essere
ricordato lo 131I, nuclide impiegato nella terapia contro il tumore alla tiroide
grazie alla sua innata capacità di accumulo nel sito bersaglio.
Altri emettitori β, come lo 89Sr e 153Sm, sono inoltre utilizzati nella terapia
palliativa del dolore osseo metastatico, in quanto capaci di accularsi a livello
del tessuto osseo. Questa capacità è dovuta alle loro proprietà chimiche, simili
a quelle del calcio, e all’aumentato metabolismo delle cellule metastatiche. I
radionuclidi aventi questa capacità di accumulo a livello osseo sono chiamati
bone-seeking radioisotopes.
Introduzione
20
Infine, emettitori β come 90Y, 131I e 177Lu, possono essere utilizzati nella
radioimmunotherapy (RIP) o nella peptide receptor radionuclide therapy
(PRRT) in seguito al loro legame con anticorpi monoclonali o peptidi
rispettivamente.
2.2.3.3 Emettitori γ
In genere gli emettitori γ sono utilizzati per terapie loco-regionali come la
brachiterapia, la quale prevede il posizionamento chirurgico di sorgenti
radioattive in prossimità della massa tumorale. Questo genere di terapia si può
dividere in due tipologie: high dose rate (HDR) e low dose rate (LDR). La
prima prevede l’esposizione per un breve periodo di tempo (minuti) ad intense
sorgenti di radiazioni, costituite solitamente da nuclidi come 60Co, 153Gd,
169Yb o 192Ir. La seconda, invece, consiste nel posizionare per periodi più
lunghi (giorni, mesi o anni) fonti ad energia minore e a corto raggio, questo
per poter minimizzare la dose assorbita dai tessuti sani. I nuclidi ricercati per
questo genere di terapia presentano solitamente una lunga emivita, alcuni
esempi sono 103Pd, 125I e 131Cs.
2.2.4 PRODUZIONE DI RADIONUCLIDI AD INTERESSE
MEDICO
La produzione di radionuclidi per applicazioni in medicina nucleare risulta
essere un aspetto delicato e di fondamentale importanza. Ciò che determina la
bontà di un metodo di produzione è sicuramente la facilità di produrre su larga
scala, ma è fondamentale anche considerare due ulteriori aspetti: l’attività
specifica e la purezza radionuclidica11.
• Attività specifica: si riferisce alla radioattività di un radionuclide per un’unità
di massa dell’elemento o della forma chimica considerata e generalmente
viene espressa in GBq/mg o Ci/mg (1 curie, Ci, equivale a 37 GBq). Questo
valore rappresenta un parametro molto critico in quanto spesso, per motivi
Introduzione
21
legati al metodo di produzione, oltre all’isotopo di interesse sono presenti altri
isotopi stabili dello stesso elemento definiti cold isotopes. Questi non hanno
nessun tipo di effetto a fine diagnostico o terapeutico ma diluiscono solamente
il radioisotopo di interesse. Uno degli obiettivi dei metodi di produzione di
radiofarmaci è proprio ottenere radioisotopi ad alta attività specifica.
I radioisotopi puri, cioè senza la presenza di cold isotopes, sono chiamati
carrier-free, mentre quelli accompagnati da molti isotopi stabili sono detti
carrier-added.
• Purezza radionuclidica: Questo valore è indice di un’eventuale presenza nel
farmaco di altre specie radioattive non desiderate; fenomeno il più delle volte
riconducibile al processo produttivo. Generalmente è da evitare la
contaminazione da parte di nuclidi aventi lunga emivita, questo per non
sottoporre il paziente ad una radiazione eccessiva.
L’ottenimento di radionuclidi può avvenire in diversi modi, ognuno dei quali
presenta i rispettivi vantaggi e svantaggi. Il più comune metodo di produzione
prevede l’utilizzo di un reattore nucleare (Figura 9); metodo molto efficiente
per quanto riguarda la produzione su larga scala ma causa di una elevata
produzione di scorie radioattive con le rispettive problematiche di
smaltimento. Un’opzione alternativa è data dalla produzione con acceleratore
(Figura 9), il quale prevede l’ottenimento dei nuclidi d’interesse in seguito alla
collisione di particelle ad altissima velocità (protoni, deuteroni o particelle α)
su specifici target. Questo metodo di produzione è impiegato per
l’ottenimento della maggior parte degli isotopi utilizzati nelle tecniche di
diagnosi PET e SPECT. I principali vantaggi derivanti dall’uso di acceleratori
sono l’alta attività specifica dei radioisotopi ottenibili, la minor quantità di
rifiuti radioattivi e il più facile accesso rispetto ai precedenti reattori.
Per la produzione e l’utilizzo di radioisotopi a breve emivita è invece preferito
l’utilizzo dei generatori di radionuclidi (Figura 9). Questi si basano sulla
produzione di un radionuclide genitore a lunga emivita che, in seguito a
decadimento, genera il radioisotopo di interesse. Il figlio, presentando
caratteristiche chimiche diverse dal padre, può essere successivamente isolato
mediante separazione chimica.
Introduzione
22
Figura 9. Da sinistra a destra: reattore nucleare, acceleratore, generatore di
radionuclidi.
Introduzione
23
2.3 PROGETTO SPES: NUOVA FRONTIERA PER
LA PRODUZIONE DI FASCI DI IONI ESOTICI
RADIOATTIVI
SPES (Selective Production of Exotic Species) è un progetto multidisciplinare
avente come obiettivo quello di creare un apparato sperimentale per la
produzione di fasci di ioni radioattivi (Radioactive Ion Beam - RIB) da poter
utilizzare in studi di fisica nucleare e di interesse sanitario. Il progetto SPES è
coordinato a livello nazionale da INFN-LNL (Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare – Laboratori Nazionali di Legnaro – PD), Dipartimenti di Scienze
Chimiche, Scienze del Farmaco ed Ingegneria Meccanica dell’Università
degli Studi di Padova, ed a livello internazionale prevede strette collaborazioni
con CERN (Svizzera) ed i Laboratori di Oak Ridge (USA).
È suddiviso in quattro fasi:
• • SPES-α: prevede l’acquisizione, l’installazione e la messa in opera di
un ciclotrone ad alte prestazioni con un’alta corrente in uscita (≈ 0.7 mA) e ad
alta energia (fino a 70 MeV). Il ciclotrone sarà provvisto di due fasci: uno
dedicato alla facility di fisica dei fasci di ioni radioattivi ed il secondo a studi
di fisica applicata.
• • SPES-β: prevede la produzione di nuclei nuovi, neutron-rich, simili a
quelli generati nelle fasi terminali della vita delle stelle ed assenti sulla Terra
a causa della loro brevissima emivita.
• • SPES-γ: riguarda la produzione di radionuclidi di interesse medico
mediante l’uso del ciclotrone SPES-α. L’obiettivo è la produzione di
radiofarmaci innovativi e di radionuclidi convenzionali con nuovi approcci.
• • SPES-δ: prevede lo sviluppo di un’intensa sorgente neutronica dal
ciclotrone e/o da un acceleratore lineare ad alta densità. Le applicazioni si
estendono dall’astrofisica nucleare ai test per il comportamento
dell’elettronica nello spazio, dalla caratterizzazione dei rifiuti nucleari ai
trattamenti sperimentale dei tumori.
Introduzione
24
2.3.1 PRODUZIONE DI FASCI DI IONI RADIOATTIVI
La produzione di RIB ad elevata purezza, intensità ed energia prevista dal
progetto SPES richiede la costruzione di apparati, detti facilities, che si basano
principalmente sulla tecnica ISOL (Isotope Separation On-Line) ovvero sulla
separazione degli isotopi in linea.
Le unità chiave costituenti le facilities sono12:
• l’acceleratore primario (ciclotrone);
• il Front-End, ovvero l’insieme dei dispositivi necessari alla produzione
ed al trasporto dei fasci di ioni radioattivi costituito dal complesso
target-sistema di estrazione e ionizzazione;
• i separatori di massa e di isobari;
• il post acceleratore.
Il fascio di particelle ad una certa energia, prodotto dal ciclotrone, viene fatto
collidere su un bersaglio (target) di materiale fissile (carburo di uranio - UCx)
con produzione di isotopi radioattivi a seguito di reazioni nucleari. Il target di
produzione di radioisotopi ed il sistema di estrazione e ionizzazione sono
contenuti all’interno di una camera (camera target) raffreddata mediante un
circuito ad acqua per poter dissipare il calore derivante dalle elevate potenze
in gioco, e mantenuta in alto vuoto (10-6 mbar) per evitare l’ossidazione dei
componenti presenti ed aumentare il cammino libero medio delle particelle
radioattive prodotte. Per poter migliorare l’estrazione dei prodotti di fissione,
la camera viene mantenuta ad una temperatura media di 2000°C grazie ad un
dispositivo di riscaldamento (heater).
I radioisotopi prodotti in seguito al bombardamento dal target vengono
indirizzati verso la sorgente di ionizzazione, dove vengono ionizzati
positivamente e, grazie alla carica acquisita, possono essere estratti ed
accelerati applicando una differenza di potenziale portando alla formazione di
un RIB. Il fascio estratto dalla sorgente di ionizzazione è sottoposto ad una
prima fase di purificazione mediante un separatore di massa (Wien Filter) il
quale, tramite l’applicazione di un campo elettrico statico ed un campo
magnetico variabile, consente di deviare tutti gli isotopi di massa non
Introduzione
25
desiderata, focalizzando e separando quelli della massa voluta fino ad ottenere
un fascio isobarico9 (Figura 10).
Infine, il RIB ottenuto può essere convogliato alle sale sperimentali ed
utilizzato in esperimenti che richiedono fasci a bassissima energia oppure
essere post accelerato.
In ambito europeo le opportunità scientifiche offerte dai RIB, ed i problemi
tecnologici ad essi associati, hanno portato la comunità scientifica a proporre
la costruzione di una facility europea di tipo ISOL (progetto EURISOL); è in
tale ambito che si focalizza il progetto SPES presso LNL13.
Figura 10. Schema del sistema di produzione dei RIB
Introduzione
26
2.3.2 PROGETTO ISOLPHARM
2.3.2.1 PRODUZIONE DI RADIOFARMACI MEDIANTE
L’UTILIZZO DELLA TECNICA ISOL
Tra le masse prodotte mediante l’impiego delle facility ISOL presente ai LNL-
INFN (Figura 11) sono presenti radioisotopi che rivestono un potenziale
interesse per applicazioni diagnostiche e terapeutiche. All’interno del progetto
SPES si apre, quindi, il progetto ISOLPHARM il cui scopo è la produzione di
radionuclidi estremamente puri da poter impiegare in ambito medico.
Al giorno d’oggi diversi ospedali sono muniti di piccoli ciclotroni e producono
in loco i radioisotopi utilizzati in diagnostico seguendo la procedura
tradizionale. Tale processo prevede l’irraggiamento di un target su cui sono
generate le specie isotopiche di interesse, le quali sono successivamente
estratte mediante processi chimici. Tali processi tuttavia non permettono la
separazione degli eventuali contaminanti isotopici presenti, che entrando
successivamente nel farmaco, ne riducono l’attività specifica e quindi
l’efficacia.
I radioisotopi usati in terapia sono invece prodotti dalle grandi case
farmaceutiche attraverso l’uso estensivo di reattori nucleari, per cui, oltre al
problema della purezza radionuclidica, si presenta anche la questione della
gestione e lo smaltimento delle scorie radioattive prodotte.
Il progetto ISOLPHARM è estremamente innovativo in quanto permette di
ottenere radionuclidi carrier-free 12. Generando un fascio isobarico (isobaric
beam), l'elemento desiderato è presente solamente in una forma isotopica
dando luogo a valori di attività specifica elevatissimi. Teoricamente, infatti,
non sono presenti contaminanti dello stesso elemento chimico. Gli unici
contaminanti presenti sono rappresentati dagli isotopi di altri elementi dello
stesso peso atomico, ma chimicamente differenti e per questo separabili a
posteriori.
Gli atomi presenti nel fascio isobarico sono raccolti utilizzando il target
secondario, un disco di materiale appositamente selezionato in grado di
trattenere la maggior quantità di ioni radioattivi impattanti e rilasciarli
successivamente in seguito a processi di dissoluzione chimica. La
Introduzione
27
purificazione finale viene effettuata sfruttando le diverse caratteristiche
chimiche dei contaminanti isotopici eventualmente presenti.
Figura 11. Schema a blocchi del progetto ISOLPHARM. Esso è composto
da due fasi: la produzione di isotopi con la tecnica ISOL e la marcatura di
radiofarmaci (PHARM) con i nuclei prodotti, a seguito della purificazione
radionuclidica 12.
2.3.2.2 NUCLIDI DI INTERESSE MEDICO OTTENIBILI CON
I TARGET SPES
A seconda del materiale utilizzato per il target possono essere prodotti diversi
radionuclidi di interesse clinico. Il target UCx è formato da 238U, pertanto gli
isotopi radioattivi neutron-rich prodotti appartengono agli elementi con
numeri atomici tra 28 e 57 (tra Ni e La). Tra essi sono presenti radionuclidi
rilevanti già utilizzati nella medicina nucleare: 89Sr (utilizzato nel trattamento
delle metastasi ossee), 90Y (usato nella radioimmunoterapia), 125/131I (il primo
è sfruttato per la brachiterapia, il secondo per le patologie della tiroide) e
133Xe.
Utilizzando dei target diversi, costituiti da materiale non fissile, si possono
invece produrre radioisotopi proton-rich innovativi aventi potenzialità molto
interessanti da poter sfruttare in ambito medico. Di particolare interessante è
il target in carburo di titanio (TiC) per la produzione di isotopi di Sc, elemento
Introduzione
28
ideale per la radioteranostica in quanto i radionuclidi 43/44Sc sono impiegati
nella diagnostica mediante PET, mentre 47Sc presentando un’emivita più
lunga è utilizzato per la terapia. Un altro materiale oggetto di studio
utilizzabile per il target è il germaniuro di zirconio (ZrGe). Tra i radioisotopi
che possono essere prodotti con ZrGe è presente la coppia teranostica
costituita dai nuclidi 64Cu e 67Cu, impiegati rispettivamente per scopi
diagnostici e terapeutici.
29
3. OBIETTIVO
Sempre più al giorno d’oggi è nota la fondamentale importanza della medicina
nucleare in ambito oncologico. Gli studi e le ricerche svolte in questo campo
negli ultimi decenni hanno permesso di effettuare dei grandi passi avanti sia
in ambito diagnostico che terapeutico grazie allo sviluppo di radiofarmaci con
azione mirata al tessuto tumorale.
La possibilità di direzionare il farmaco su uno specifico target caratterizzante
il tessuto tumorale ha implementato l’efficacia diagnostica permettendo di
individuare i tumori nel loro stadio iniziale aumentando quindi i tassi di
sopravvivenza e remissione completa dalla malattia. Ha permesso inoltre di
incrementare la specificità d’azione del farmaco aumentando l’efficacia della
terapia e riducendo notevolmente gli effetti indesiderati.
ISOLPHARM, motore di questo lavoro di tesi, è un progetto di ricerca
multidisciplinare nato grazie alla collaborazione tra i laboratori INFN di
Legnaro, il Dipartimento di Scienze del Farmaco e il Dipartimento di Scienze
Chimiche volto allo studio e allo sviluppo di una tecnologia innovativa
finalizzata alla produzione di radionuclidi beta emettitori isotopicamente puri
da poter impiegare nella produzione di radiofarmaci aventi attività specifica
estremamente elevata.
Presso i laboratori di ricerca del Dipartimento di Scienze del Farmaco è stato
condotto lo studio finalizzato all’ideazione di possibili ligandi da poter
impiegare come carrier nel targeting attivo di radionuclidi sul recettore per la
colecistochinina CCK2R, tipologia recettoriale sovraespressa in diverse
tipologie tumorali nonché target di riferimento preso in considerazione in
questo studio. Nonostante le possibili differenze tra i diversi ligandi è stata
delineata una struttura comune, costituita da tre unità chiave aventi specifiche
funzioni:
1. Molecola direzionante: unità necessaria al riconoscimento del target
d’interesse sovraespresso nel tessuto tumorale.
2. Linker idrofilico: porzione volta alla modulazione di solubilità,
farmacocinetica e affinità verso il recettore target nonché collegamento
tra molecola direzionante e chelante.
3. Chelante: unità adibita alla complessazione del radionuclide.
Obiettivo
30
Figura 12. Struttura generale di un radioligando
Prima tappa per l’attuazione di tale progetto è l’identificazione e la messa a
punto di una via sintetica per l’ottenimento di Z-360 (Nastorazepide),
antagonista del recettore CCK2R e molecola direzionante presa in
considerazione per l’ottenimento dei ligandi.
Figura 13. Nastorazepide (Z-360)
Lo step successivo riguarda l’identificazione e la sintesi di alcuni linker
idrofilici basandosi su dati presenti in letteratura per prevederne l’influenza
sui ligandi finali i quali verranno successivamente sottoposti a studi di
solubilità, stabilità, radiomarcatura e affinità recettoriale.
Obiettivi di questa tesi sono quindi la messa a punto di una via sintetica
efficiente per l’ottenimento di Z-360 (Nastorazepide), l’identificazione e
l’ottenimento di possibili linker idrofilici idonei, la pianificazione e messa a
punto di vie sintetiche efficenti per l’ottenimento dei ligandi finali e il loro
studio preliminare volto a determinarne solubilità e stabilità in soluzione
acquosa.
31
4. RISULTATI E DISCUSSIONE
4.1 SINTESI DI Z-360 (NASTORAZEPIDE)
Per la sintesi di Z-360 è stata opportunamente modificata la via descritta in
WO2017/030859 14 (Schema 1).
F
NO2 NO2
NHCOOH
NHBoc
NH2
NHCOOH
NHBoc
NH
HN
O
NHBocN
HN
O
NHBoc
N
NO
NHBoc
O
N
NO
NH
O
NH
O
COOH
N
NO
NH2
O
a b
c
de
f
g
1 2 3
4
5
6
7 8
Schema 1. Sintesi di Nastorazepide (Z-360). Condizioni di reazione:
a. Boc-Dap-OH, K2CO3, EtOH, 78°C, 7 ore, resa 70%
b. 10% Pd/C, MeOH, H2, 3 ore, resa 91%
c. EDCl, DMF, 1(0°C), 2(R.T.), 18 ore, resa 83%
d. Cicloesanone, PtO2, CH3COOH, H2, 6 ore, resa 80%
e. Cloropinacolone, LiHDMS, THF, N2, 1(-78°C), 2(R.T.), 1 ore, resa 80%
f. TFA (30%), DCM, 1(0°C), 2(R.T), 1 ora, resa quantitativa
g. Acido 3-ammino benzoico, TEA, THF, 1(0°C), 2(R.T), 16 ore, resa 87%
Risultati e Discussione
32
La via sintetica prevede l’iniziale formazione del nucleo benzodiazepinico con
la successiva addizione a quest’ultimo di appositi gruppi funzionali andando
così a costituire la molecola finale.
Il primo step della via consiste in una reazione di sostituzione nucleofila tra
l’-fluoro-2-nitrobenzene (1), e Boc-Dap-OH. La reazione è stata condotta a
reflusso in presenza di K2CO3 ed etanolo. Il prodotto 2 è stato isolato mediante
precipitazione in acqua in seguito ad acidificazione volta a ripristinare il
gruppo acido della molecola. Per favorire tale processo, il work-up è stato
condotto in bagno di ghiaccio. L’aggiunta di acido è stata eseguita molto
lentamente monitorando costantemente i valori di pH in quanto un
abbassamento eccessivo del pH avrebbe portato ad una contestuale
eliminazione del gruppo protettore della funzione amminica (Boc).
Il composto 2 è stato successivamente sottoposto a riduzione mediante Pd/C
10% in atmosfera di H2 per ottenere il composto 3 che è stato successivamente
ciclizzato in seguito all’attivazione del gruppo acido mediante EDCl in
presenza di DMF anidra, portando alla formazione del nucleo
benzodiazepinico 4. Un requisito fondamentale per questo step della via
sintetica è la totale assenza di acqua nell’ambiente di reazione in quanto
quest’ultima potrebbe portare all’inattivazione di EDCl. La funzione
amminica del composto 4 è stata utilizzata quindi per l’amminazione riduttiva
con cicloesanone ottenere il composto 5.
Questo passaggio è risultato essere il punto più critico dell’intera via sintetica
in quanto la metodica riportata in letteratura non ha portato all’ottenimento
del prodotto d’interesse. Per questo motivo sono stati adottati doversi
approcci.
Dapprima è stata seguita la metodica presente in WO2017/030859 la quale
prevedeva una reazione di amminazione riduttiva in acido acetico e
diclorometano mediata da sodio acetossiboroidruro come agente riducente.
Non avendo ottenuto nessun prodotto diverso da quelli di partenza è stato
necessario abbandonare tale metodo.
Si è ipotizzato che l’insuccesso fosse dovuto ad un’eccessiva quantità di acido
acetico presente nella miscela di reazione che, essendo in largo eccesso,
avrebbe potuto competere per la reazione di riduzione andando a sottrare il
sodio acetossiboroidruro all’equilibrio ostacolando così la reazione di
amminazione riduttiva voluta. Sulla base di questa teoria, è stata adottata la
stessa metodica iniziale riportata in WO2017/030859 aggiungendo però un
Risultati e Discussione
33
numero di moli di acido acetico equivalenti alle moli di sodio
acetossiboroidruro, non ottenendo però il risultato sperato.
Alla luce di questi risultati, è stata avanzata una seconda ipotesi ovvero che
l’insuccesso delle precedenti reazioni fosse dovuto ad un’incapacità di sodio
acetossiboroidruro di ridurre l’immina formatasi. Si è quindi deciso di
impiegare sodio boroidruro, agente riducente più aggressivo, che è stato
aggiunto a più riprese fino ad un eccesso molare di 12 volte rispetto all’anello
benzodiazepinico. La reazione ha però portato all’ottenimento di un prodotto
diverso da quello sperato, probabilmente derivante da una riduzione del
gruppo ammidico presente nell’anello anziché all’amminazione riduttiva
voluta. Questa ipotesi è stata successivamente confermata da una ricerca in
letteratura, la quale ha confermato la capacità di sodio boroidruro di ridurre i
gruppi ammidici se posto in acido acetico e solventi clorurati. Alla luce di ciò
è stato eseguito un ulteriore tentativo seguendo la medesima metodica
utilizzando però THF come solvente di reazione. Stando a quanto riportato in
letteratura, l’utilizzo di un solvente non clorurato avrebbe infatti dovuto
evitare eventuali reazioni secondarie ma nonostante questo il prodotto
desiderato non è stato ottenuto.
Si è deciso, quindi, di passare ad una metodica completamente diversa tratta
da WO2013/126797 15, che ha previsto l’utilizzo di idrogeno gassoso come
agente riducente in presenza di platino ossido come catalizzatore. La reazione,
condotta in acido acetico, ha così permesso di ottenere il composto 5. Il
successivo step di reazione ha portato all’addizione di cloropinacolone
all’azoto ammidico dell’anello benzodiazepinico mediante una reazione di
sostituzione nucleofila ottenendo il composto 6. Tale reazione è stata condotta
in atmosfera di azoto in THF utilizzando una base forte come litio bis-
trimetilsililammide per deprotonare l’azoto ammidico ad una temperatura di -
78 °C, raggiunta grazie alla combinazione di ghiaccio secco e acetone.
Condizioni di reazione così drastiche sono necessarie in quanto il litio bis-
trimetilsililammide, essendo molto reattivo potrebbe degradarsi impedendo
quindi il corretto svolgimento della reazione. Questo step di sintesi ha
presentato delle problematiche legate allo scale-up: aumentando la quantità di
sostanza posta a reagire la reazione non è andata a completezza e per questo
motivo è stato necessario recuperare il prodotto non reagito mediante colonna
cromatografica e porlo nuovamente a reagire. Il composto 6 è stato
successivamente trattato con una soluzione di acido trifluoroacetico al 30% in
Risultati e Discussione
34
diclorometano per ottenere la deprotezione del gruppo amminico in seguito
all’eliminazione del gruppo protettore Boc ottenendo il composto 7.
L’aggiunta di acido trifluoroacetico è avvenuta molto lentamente mantenendo
il composto 6 in bagno di ghiaccio per evitare che l’eccessiva acidità potesse
portare a reazioni di idrolisi collaterali non desiderate.
Il composto 7 è stato infine fatto reagire con l’acido 3-isocianatobenzoico con
la conseguente ottenimento di Z-360 in seguito alla formazione del legame
ureidico.
Quest’ultimo step di reazione può essere diviso in due parti. Nella prima parte
si ha la formazione dell’acido 3-isocianatobenzoico ottenuto dalla reazione tra
acido 3-amminobenzoico e trifosgene in rapporto 3:1 in presenza di
trietilammina. Questo specifico rapporto stechiometrico è dettato dal fatto che
un equivalente di trifosgene libera 3 equivalenti di fosgene secondo il
meccanismo di reazione riportato nello schema 2 che reagiscono con
altrettanti equivalenti di acido 3-amminobenzoico dando come prodotto di
reazione l’isocianato d’interesse.
Schema 2. Formazione dell’isocianato: meccanismo di reazione.
La miscela di reazione è stata mantenuta costantemente sotto vigorosa
agitazione per evitare la formazione di cristalli eccessivamente voluminosi
derivanti dai sali di trietilammina formatisi nell’ambiente di reazione.
COOH
NH
H
O O
O
Cl
ClCl
Cl
ClCl
B:
N O
O
Cl
ClCl
H
COOH
N
COOH
C O
B:
Cl Cl
O
NH
COOH
HB:
Cl Cl
O
NH
COOH
HB:
N Cl
O
H
COOH
B:
N Cl
O
H
COOH
B:
N
COOH
C O N
COOH
C O
Risultati e Discussione
35
Nella seconda parte si ha la formazione del legame ureidico in seguito alla
reazione tra il gruppo amminico dell’anello benzodiazepinico e l’isocianato
neoformato con l’ottenimento del composto 8.
4.2 SINTESI DI IP1 (IsolPharm 1)
Per l’ottenimento di IP1 è stata delineata una via sintetica ex novo il cui
razionale è stato tratto da uno studio presente in letteratura16, 17.
Schema 3. Sintesi di IP1 (Isolpharm 1). Condizioni di reazione:
a. N-Boc-1,6-esandiammina, CDI, TEA, CH3CN, 1(95°C), 2(R.T.), 4 ore,
resa 70%
b. TFA (30%), DCM, 1(0°C), 2(R.T), 1 ora, resa quantitativa
c. DOTA-tris(tert-butil estere), CDI, TEA, CH3CN, 1(95°C), 2(R.T.), 4 ore,
resa 17%
d. TFA (30%), DCM, 1(0°C), 2(R.T), 1 ora, resa quantitativa
N
N
O HN
OHN
O
NH
O
HN
Boc
N
N
O HN
OHN
O
NH
O
HN N
NN
N
OO
O
O
OO
O
N
N
O HN
OHN
O
NH
ONH2
N
N
O HN
OHN
O
OHO
8 9
10
11
a
b
c
d
N
N
O HN
OHN
O
NH
O
HN N
NN
N
OOH
O
OH
OHO
O
12
X
N
N
O HN
OHN
O
NH
O
HN N
NN
N
OOH
O
OH
OHO
O
12
Risultati e Discussione
36
La via di sintesi, riportata nello schema 3, è strutturata in quattro step e
prevede dapprima la connessione tra molecola direzionante (Z-360) e linker e
successivamente la condensazione del chelante DOTA con l’ottenimento del
ligando finale d’interesse. Il primo step di reazione consiste nella
condensazione tra il gruppo acido del composto 8 e il gruppo amminico di N-
Boc-1,6-esandiammina con l’ottenimento del composto 9.
La reazione è stata inizialmente eseguita attivando il gruppo acido con EDCl
seguendo la metodica già impiegata precedentemente per la ciclizzazione
dell’anello benzodiazepinico costituente Z-360. A causa delle basse rese di
reazione è stato deciso di impiegare una strategia diversa. La scarsa efficienza
potrebbe essere giustificata dal fatto che la metodica impiegata era stata
inizialmente ideata per una reazione di condensazione intramolecolare,
reazione molto più favorita rispetto ad una condensazione tra due molecole
distinte. Si è quindi deciso di impiegare il CDI come attivatore dell’acido
ottenendo ottimi risultati con una resa di reazione pari al 70%.
Il composto 9 è stato successivamente trattato con una soluzione di acido
trifluoroacetico al 30% in diclorometano per ottenere la deprotezione del
gruppo amminico in seguito all’eliminazione del gruppo protettore Boc
ottenendo il composto 10.
Il composto 10 è stato quindi posto a reagire inizialmente con il chelante
DOTA, presente in eccesso rispetto all’ammina per favorire la reazione con
uno solo dei quattro gruppi acidi del chelante. Il tentativo iniziale però non ha
portato all’ottenimento del prodotto desiderato. Una delle possibili cause di
questo insuccesso potrebbe essere attribuita all’interazione tra i quattro gruppi
acidi presenti sul DOTA che impedirebbero il corretto andamento della
reazione. Alla luce di questi fatti è stata svolta una ricerca in letteratura per
valutare una diversa strategia. Basandosi su uno studio presente in
letteratura18, si è deciso di utilizzare il DOTA-tris(tert-butil estere), un
derivato del DOTA la cui struttura è riportata in figura 14 avente però tre
gruppi acidi protetti da dei tert-butili e quindi non disponibili per eventuali
reazioni secondarie o interazioni indesiderate.
Risultati e Discussione
37
Figura 14. Struttura di DOTA tris-(tert-butil estere)
Il composto 10 è stato quindi posto a reagire con il DOTA-tris(tert-butil estere)
in seguito a sua attivazione con CDI secondo la medesima procedura utilizzata
per l’ottenimento del composto 9, ottenendo il composto 11. Il composto 11 è
stato successivamente sottoposto a trattamento in ambiente acido per acido
trifluoroacetico ottenendo il composto 12.
A causa della difficile interpretazione dei loro spettri 1H-NMR, i composti 9,
10, 11 e 12 sono stati ulteriormente caratterizzati mediante spettroscopia di
massa, la quale ha permesso una caratterizzazione certa ed accurata dei
prodotti di reazione ottenuti.
N
N
N
N
OO
O
O
HO O
OO
Risultati e Discussione
38
4.3 SINTESI DI IP2 (IsolPharm 2)
La sintesi ideata per l’ottenimento di IP2 ha previsto l’introduzione di una
porzione idrofilica, costituita da una corta catena di PEG, volta ad
incrementare l’idrofilia e conseguentemente la solubilità finale del ligando in
veicolo acquoso. A causa della limitata quantità di molecola direzionante il
percorso sintetico delineato inizialmente è stato modificato permettendo di
ridurre le perdite di Z-360 dovute alle rese di reazione.
Schema 4. Sintesi di IP2 (Isolpharm 2). Condizioni di reazione:
a. N-Fmoc-N″-succinil-4,7,10-trioxa-1,13-tridecanediamine CDI, TEA,
CH3CN, 1(95°C), 2(R.T.), 4 ore, resa 36%
b. Morfolina 50%, DMF, 1(0°C), 2(R.T.), 1,5 ore, resa 97%
c. DOTA tris(tert-butil estere), BOP, TEA, DMF, 24 ore, resa
d. TFA (30%), DCM, 1(0°C), 2(R.T), 1 ora, resa quantitativa
e. CDI, TEA, CH3CN, 1(95°C), 2(R.T.), 4 ore, resa 46%
f. TFA (30%), DCM, 1(0°C), 2(R.T), 1 ora, resa quantitativa
g. CDI, TEA, CH3CN, 1(95°C), 2(R.T.), 4 ore, resa 32%
N
N
OHN
O
HN
O
NH
ONH2
O
NH
O
O NH
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
HO
OHN
O
OHN
Fmoc
H2N
HN
Boc
3
HN
O
NH
O
O NH
Fmoc
3NH
Boc
HN
O
NH
O
O NH
Fmoc
3H2N
N
N
OO
HN
HN
O
OHO
a
b
e
f
g
10
13
14
15
16
17
18
19
20
8
Fmoc
O
NH
O
O NH2
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
N
N
N
N
OO
O
O
OO
O
O
NH
O
O NH
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
3
3
3
N
N
N
N
OOH
O
OH
OHO
O
O
NH
O
O NH
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
3
c
d
Risultati e Discussione
39
Il percorso sintetico iniziale, riportato nello schema 4, ha previsto la
condensazione tra la catena di PEG (composto 18) e il composto 10 in seguito
ad attivazione del gruppo acido mediata da CDI ottenendo il composto 13.
Una delle criticità riscontrate in questo step riguarda l’ambiente di reazione
che si viene a creare in seguito all’aggiunta di CDI il quale, durante il processo
di attivazione del gruppo acido, libera imidazolo secondo quanto riportato
nello schema 5 andando a conferire un carattere basico alla miscela di
reazione.
R OH
O
NNH
N N
O
N N
R O
O
+ N N
O
N N
R O
O
N
O
N
NNH
R O
O
N
O
N
N
N
H
N
N
O
O
O
R
N
N
O
O
O
R
NNH
R N
O
N
CO2
R O
O
N
O
N
Schema 5. Meccanismo di attivazione dell’acido mediante CDI.
L’aumento del valore di pH fa si che il composto 18 sia coinvolto in alcune
reazioni secondarie che portano come risultato alla formazione del
sottoprodotto riportato nella figura 6, derivante dalla ciclizzazione della
porzione succinica del composto 18 ed una parziale eliminazione del gruppo
protettore Fmoc, sensibile a pH basici, con conseguente librazione
dell’ammina terminale alla catena, secondo il meccanismo di reazione
riportato in figura 15 e sua successiva reazione con uno dei gruppi acidi
attivati.
Risultati e Discussione
40
N OO
O NH
O
O
HO
HN O
OO
O
O
HN
Fmoc
Fmoc
Figura 15. Sottoprodotto ottenuto in seguito alla ciclizzazione.
Schema 6. Deprotezione del gruppo Fmoc mediata da CDI.
La strategia attuata per impedire l’eliminazione del gruppo protettore Fmoc è
stata quella di ridurre la concentrazione di imidazolo presente nella miscela di
reazione. Essendo il CDI presente in quantità stechiometrica e quindi non
modificabile, è stato aumentato il volume di solvente riducendo drasticamente
la concentrazione di imidazolo presente in seguito all’attivazione dei gruppi
acidi. Sono state inoltre apportate ulteriori modifiche al work-up di reazione
il quale prevedeva la concentrazione a secchezza della miscela di reazione;
per evitare che l’aumento di concentrazione dell’imidazolo, conseguente alla
rimozione del solvente, provocasse l’eliminazione del gruppo Fmoc, si è
O
O
NH
ONH
O
O
NN
H
N
HN
NH
O
O
NH
O
O
-CO2
3
O
O
NH
O
NN
3
O
O
NH
O
NN
3
H2N
O
O
NH
O
NN
3
Risultati e Discussione
41
provveduto a neutralizzare la miscela di reazione con una soluzione di acido
acetico prima che questa fosse concentrata a secchezza. Le modifiche
apportate hanno permesso di evitare l’eliminazione del gruppo protettore ma
non sono state in grado di impedire la formazione del sottoprodotto in seguito
alla ciclizzazione del composto 18. Il composto 13 è stato successivamente
posto in una soluzione basica di piperidina al 20% in DMF come riportato in
letteratura19 con conseguente deprotezione del gruppo amminico, ottenendo
così il composto 14 desiderato. La reazione ha presentato fin da subito una
resa molto bassa, dovuta alla formazione di diversi sottoprodotti e al parziale
passaggio in fase acquosa del composto 14 durante il work-up di reazione.
Quest’ultimo ha previsto dei lavaggi del crudo di reazione con una soluzione
acquosa satura di cloruro d’ammonio che ha però causato la protonazione del
gruppo amminico libero con un ulteriore aumento di idrofilia della molecola.
Per evitare ciò è stata apportata una modifica al work-up di reazione,
eliminando la DMF mediante la formazione di una miscela azeotropica con
toluene evitando quindi di utilizzare soluzioni acquose.
È stata inoltre eseguita una ricerca in letteratura per motivare l’inefficienza
della reazione legata alla formazione di sottoprodotti. Basandosi su quanto
riportato in letteratura20, è stata presa in considerazione la possibilità che
l’inefficienza della reazione fosse legata ad eventuali reazioni
secondarie dovute ad acil migrazioni intra o intermolecolari, indotte
dalle elevate concentrazioni di piperidina nell’ambiente di reazione
secondo il meccanismo riportato nello schema 7.
H2NX R
O
NH
X
O
X = Eteroatomo
Schema 7. Meccanismo di acil migrazione
Basandosi su quanto riportato in letteratura la reazione di deprotezione è stata
quindi condotta in bagno di ghiaccio alla temperatura di 0 °C senza però
ottenere nessun miglioramento rispetto alla precedente metodica.
Risultati e Discussione
42
Si è giunti quindi alla conclusione che il linker idrofilico introdotto nella
molecola fosse instabile in ambiente basico; con ciò, basandosi su quanto
riportato in letteratura21 è stata scelta una metodica di reazione che prevedesse
l’utilizzo di una base più debole della piperidina. La morfolina, base utilizzata
nella successiva reazione, ha permesso di ottenere una deprotezione del
gruppo amminico con resa del 97%, evitando la formazione di sottoprodotti
indesiderati.
Il composto 14 ottenuto è stato successivamente condensato con DOTA tris-
(tert-butil etere) in presenza di BOP secondo quanto riportato in un precedente
lavoro di tesi22, ottenendo il composto 15. La reazione era stata
precedentemente eseguita seguendo la metodica con CDI utilizzata fino ad ora
per le precedenti reazioni di condensazione senza però ottenere il composto
desiderato. Il composto 15 è stato successivamente sottoposto a trattamento in
ambiente acido per acido trifluoroacetico ottenendo di IP2 (composto 16).
In parallelo alla via sintetica appena descritta è stata ideata una strategia
alternativa per ridurre il più possibile il quantitativo di Z-360 impiegato, la
quale, oltre ad essere molto costosa, era presente in quantità limitata rispetto
agli altri reattivi.
La nuova metodica proposta, ha previsto l’iniziale costituzione del linker
idrofilico, la cui condensazione con Z-360 è avvenuta solamente in un
secondo momento. In questo modo è stato possibile dissociare la prima parte
della via sintetica e far si che eventuali abbattimenti di resa associati ad essa,
non andassero ad influire sul quantitativo di Z-360 a disposizione.
Inizialmente sono stati quindi condensati il composto 17 e il composto 18 in
presenza di CDI come attivatore dei gruppi acidi ottenendo il composto 19.
La reazione ha portato alla formazione del medesimo sottoprodotto descritto
in precedenza riportato in figura 15. Il composto 19 è stato successivamente
trattato con una soluzione di morfolina al 50% in DMF ottenendo così il
composto 20 in seguito ad eliminazione del gruppo protettore Fmoc.
Il composto 8, in seguito all’attivazione del suo gruppo acido mediante CDI è
stato condensato al composto 20 con l’ottenimento del composto 13 il quale è
stato posto a reagire con le medesime condizioni di reazione precedentemente
descritte fino all’ottenimento del composto 16 (IP2).
Risultati e Discussione
43
A causa della difficile interpretazione dei loro spettri 1H-NMR, i composti
13, 14, 15 e 16 sono stati ulteriormente caratterizzati mediante spettroscopia
di massa, la quale ha permesso una caratterizzazione certa ed accurata dei
prodotti di reazione ottenuti.
Risultati e Discussione
44
4.4 TENTATIVO DI SINTESI DI UN LINKER
IDROFILICO MEDIANTE RAFT
POLYMERIZATION
Per il terzo ligando IP3 era stato previsto un linker avente notevoli
caratteristiche idrofile costituito da un polimero composto da 10 unità
comprendenti 5 monomeri di mannosio e 5 monomeri di N-etossiacrilammide
rispettivamente. La strategia sintetica attuata per l’ottenimento del polimero
d’interesse si è basata sulla Reversible Addition-Fragmentation chain
Transfer polymerization anche chiamata RAFT polymerization. Quest’ultima
è una tecnica di polimerizzazione molto versatile e innovativa che permette
un controllo molto preciso dell’accrescimento del polimero consentendo una
previsione relativa al suo peso molecolare finale e l’ottenimento di una bassa
polidispersività. Il nucleo principale, motore di questa reazione, è l’agente di
polimerizzazione RAFT, un tiolo derivato la cui struttura è riportata in figura
16.
S
S
RZ
Figura 16. Struttura generale RAFT agent
L’agente di polimerizzazione RAFT presenta due gruppi: un gruppo R,
chiamato “gruppo dormiente”, il quale non partecipa alla reazione e un gruppo
Z, chiamato “gruppo vivente”, il quale prende parte alla reazione permettendo
l’allungamento della catena polimerica.
La via sintetica ideata, riportata nello schema 8, ha previsto l’iniziale
condensazione del composto 17 all’agente di polimerizzazione RAFT
(composto 21) in seguito all’attivazione del suo gruppo acido mediata da
EDCl ottenendo il composto 22.
Risultati e Discussione
45
OO O
H2N
N
O
O
NH2
HN
Boc
O
HOS
NC
S
S
NH
HN
Boc
O
S
NC S
S
O
HOHO
HOOH
ONH
O
NH
O
HO
NH
HN
O
CNS
NHO
NHO
HO OOHO
OH
HOOH
nm
N
O
O
a
b
c
17
21
22
23
24
26
2728
29
NH
NH2
O
CNS
NHO
NHO
HO OOHO
OH
HOOH
nm
N
O
O
31
N N
N
HN
NH
HN
Boc
O
NCS S
S
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
m n
25
Boc
NH
NH2
O
CNS
NHO
NHO
HO OOHO
OH
HOOH
nm
N
O
O
30
d
e
?
?
O
H2N
Risultati e Discussione
46
Schema 8. Tentativo di sintesi del linker polimerico. Condizioni di reazione:
a. EDCl, NHS, DCM, N2 1(0°C), 2(R.T.), 24 ore, resa 68%
b. VA-044, Acqua/Diossano 80:20, 1(0°C), 2(60°C), overnight, resa 97%
c. Acetone, 65°C, 2 ore, resa 15 %
d. Esilammina, TEA, DMF, N2, 8 ore, resa 75%
e. TFA (30%), DCM, 1(0°C), 2(R.T), 1 ora.
Il composto 22 è stato successivamente posto reagire con i composti 23
e 24, monomeri costituenti il polimero. La reazione è stata condotta in
una miscela di acqua e diossano in rapporto 80:20, in presenza
dell’attivatore radicalico VA-044. La miscela di reazione è stata
inizialmente posta a degasare con N2 in bagno di ghiaccio, passaggio
fondamentale per eliminare l’ossigeno dall’ambiente di reazione il
quale avrebbe potuto portare a reazioni radicaliche indesiderate. In
seguito, la miscela è stata posta in bagno d’olio termostatato alla
temperatura di 60 °C per tutta la notte. L’aumento di temperatura,
necessario per la formazione della specie radicalica mediata da VA-
044, ha permesso l’avvio del processo di polimerizzazione RAFT, il cui
meccanismo è riportato nello schema 9, con l’ottenimento del composto
25.
Schema 9. Meccanismo di di polimerizzazione RAFT23.
S
S
RZ + R
1
S
S
RZ
R 1
S
S
RZ
R 1R
1
R1
Z
HS
S
R
R 1 S
S
R
R1
R1
ZS
S
R
R1
Z + R1
RAFT Monomeroattivato
R1
+ A R1
Monomeroattivato
AttivatoreMonomero
Risultati e Discussione
47
La reazione ha presentato fin da subito diversi problemi tra cui l’immiscibilità
tra le due fasi costituenti la miscela di reazione. Il composto 22, solubilizzato
in diossano, è risultato inizialmente immiscibile con i composti 23 e 24
solubilizzati in acqua a causa dell’aumento di lipofilia dell’agente RAFT in
seguito alla condensazione con il composto 17. Nonostante la netta
separazione di fase, la reazione è stata ugualmente condotta seguendo quanto
riportato in letteratura, ottenendo non più una miscela presentante una
separazione di fase ma una miscela opalescente con caratteristiche correlabili
ad un’emulsione. Questa variazione fisica è stata successivamente associata
alla formazione del polimero, il quale, presentando una struttura anfifilica, ha
portato all’emulsionamento della miscela di reazione. Il composto 25 è stato
successivamente sottoposto ad analisi GPC la quale ha riportato un buon
valore di polidispersività (1.17) ma un eccessivo tempo di ritenzione, indice
di un peso molecolare superiore rispetto al valore atteso. Si è ipotizzato che il
valore relativo al peso molecolare ottenuto, fosse dovuto ad una
micellizzazione del polimero posto in acqua, solvente utilizzato per effettuare
l’analisi, oppure fosse dovuto ad una incompleta reazione del RAFT agent a
causa della difficoltà di miscelazione iniziale, con conseguente formazione di
polimeri aventi catene polimeriche di lunghezza maggiore. Per determinare
l’esatto peso molecolare del polimero sono state proposte diverse alternative,
tra cui proseguire con la via di sintesi addizionando il composto 28, ottenuto
ponendo a reflusso una soluzione dei composti 26 e 27 in acetone, al composto
25. Il prodotto di reazione risultante (composto 29), avendo un gruppo
alchino, avrebbe dovuto presentare un segnale caratteristico allo spettro 1H-
NMR il quale, rapportandolo con gli altri segnali presenti, avrebbe permesso
di risalire al numero di monomeri costituenti il polimero e quindi al suo peso
molecolare. Questa strategia non ha però portato al risultato sperato in quanto
lo spettro 1H-NMR eseguito è risultato di difficile interpretazione e, a causa
di questo, il segnale relativo all’alchino non è stato identificato.
Si è deciso quindi di sottoporre il prodotto di reazione all’analisi di massa
(ESI) la quale però non ha fornito un risultato soddisfacente. Il grafico
ottenuto, riportato in figura 17, riporta un ampio range di pesi molecolari,
risultato non affidabile e quindi non preso in considerazione.
Risultati e Discussione
48
Figura 17. Analisi di Massa del polimero.
Non avendo ottenuto risultati soddisfacenti è stata presa in considerazione una
strategia alternativa la quale prevedeva la deprotezione del gruppo amminico
presente nel polimero mediante trattamento in ambiente acido con
l’ottenimento del composto 30 e sua successiva analisi mediante saggio TNBS
per poter quantificare i gruppi amminici primari presenti sulla molecola.
Questi, essendo in rapporto 1:1 con il polimero, avrebbero permesso di risalire
alla sua concentrazione e indirettamente al suo peso molecolare. I risultati
ottenuti hanno però indicato un peso molecolare di gran lunga superiore
rispetto a quanto riportato dalla precedente analisi GPC. Questo divario
potrebbe essere dovuto ad una errata pesata iniziale del campione con un
conseguente errore nel calcolo del suo peso molecolare o ad una incompleta
deprotezione dei gruppi amminici con una successiva perdita del loro rapporto
1:1 con il polimero.
A causa di tutti questi fattori di incertezza la metodica è stata abbandonata.
Si è deciso quindi di delineare una via sintetica alternativa, riportata nello
schema 10, la quale non prevedeva l’iniziale condensazione della N-Boc-1,6-
esandiammina al RAFT agent per evitare i problemi di miscelazione
riscontrati nella metodica precedente, possibile causa dell’insuccesso iniziale.
Risultati e Discussione
49
Schema 10. Sintesi del linker polimerico. Condizioni di reazione:
a. VA-044, Acqua/Diossano 80:20, 1(0°C), 2(60°C), overnight, resa 97%
b. Esilammina, TEA, DMF, N2, 8 ore.
c. CuSO4, sodio ascorbato, t-BuOH, 80°C, 100 W, 1 minuto
HO
O
S
NC S
S
O
HOHO
HOOH
ONH
O
NH
O
HO
HO
O
NCS S
S
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
HO
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
N3NH
NH
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
NH
Boc
N N
N
HN
a
b?
?
21
23
24
28
32
33
HO
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
ON N
N
HN
34
35
31
c
O
NH2
O
NH2
O
NH2
Risultati e Discussione
50
Il primo step della via sintetica ha previsto la reazione di polimerizzazione tra
il RAFT agent privo di catena alchilica (composto 21) e i due monomeri
(composti 23 e 24) con l’ottenimento del composto 32. Come previsto
l’ottenimento del polimero, avvenuto seguendo le stesse condizioni di
reazione riportate in precedenza, non ha riportato problemi relativi a
separazione di fase in quanto tutti i componenti risultavano perfettamente
miscibili tra loro. Il composto 32 è stato successivamente sottoposto ad analisi
GPC la quale ha riportato un buon valore di polidispersività (1.10) e un tempo
di ritenzione riconducibile al peso molecolare atteso (2500 Da). In luce a ciò
è stato possibile confermare le ipotesi avanzata in precedenza, le quali
attribuivano la causa dell’insuccesso alla natura lipofila della N-Boc-1,6-
esandiammina condensata al RAFT agent.
Il composto 32 è stato successivamente posto a reagire con il composto 28
seguendo la medesima metodica impiegata in precedenza. Lo spettro 1H-NMR
eseguito sul prodotto ottenuto non ha però permesso di identificare con
chiarezza il segnale derivante dal gruppo alchino, caratteristico del composto
33. Non avendo la possibilità di caratterizzare con certezza il prodotto di
reazione si è deciso di proseguire con la via di sintesi la quale prevedeva una
cicloaddizione di Huisgen azide-alchino rame-catalizzata tra il composto 34 e
l’alchino terminale del composto 33 con la conseguente formazione di un
1,2,3-triazolo, come riportato in figura 18, il quale avrebbe dovuto fornire un
segnale caratteristico se sottoposto ad analisi 1H-NMR.
R1 NN
N
R2
NN N
R2
R1
+
Figura 18. Cicloaddizione di Huisgen azide-alchino
Risultati e Discussione
51
La reazione di cicloaddizione è stata condotta in microonde in presenza di
CuSO4 e sodio ascorbato, agente antiossidante necessario per mantenere il
rame liberato da CuSO4 nella sua forma ridotta Cu(I), fattore fondamentale
per la buona riuscita della reazione.
Il prodotto di reazione è stato successivamente sottoposto ad analisi 1H-NMR
la quale però non presentava i segnali attesi derivanti dal’1,2,3-triazolo.
Non avendo avuto la possibilità di caratterizzare con precisione i composti 33
e 35 non è stato possibile risalire con certezza ad un’eventuale causa e
associare quest’ultima ad uno specifico step di reazione.
A causa dei problemi riscontrati nelle metodiche precedentemente descritte si
è deciso di abbandonare definitivamente la sintesi del linker polimerico.
Risultati e Discussione
52
53
5. PARTE SPERIMENTALE
5.1 MATERIALI
I prodotti ed i reagenti (Acros, Aldrich, IrisBiotech) sono stati utilizzati come
tali, senza purificazioni.
La purezza dei solventi organici (Carlo Erba e Lab Scan) è di grado analitico.
I solventi deuterati utilizzati per NMR (Isotec) presentano un grado di purezza
isotopica del 99,5%.
La cromatografia su strato sottile è stata effettuata su lastre al gel di silice 60
F245 (0.2 mm, Merck), eluendo come indicato volt per volta.
La cromatografia su colonna è stata eseguita utilizzando gel di silice 60 (0.063
– 0.100 mm, Merck), eluendo con i solventi di volta in volta indicati.
5.2 STRUMENTAZIONE
Gli spettri 1H.NMR sono stati eseguiti con spettrometro Bruker 300-AMX e
400-AMX, utilizzando TMS come standard interno (δ=0) ed i solventi
deuterati di volta in volta indicati; i valori di assorbimento sono espressi in δ
e le costanti in Hz.
Gli Spettri di massa sono stati eseguiti su un Applied Biosystem Mariner
System 5220 per iniezione diretta del campione e mediante un analizzatore
MALDI TOF/TOF 400 Plus AB Sciex, (MA, USA).
Per le reazioni assistite da microonde è stato utilizzato un reattore di tipo
monomodale (CEM Discover) con sistema di controllo della potenza e della
temperatura automatici.
Le analisi GPC sono state eseguite utilizzando un rilevatore a tripla serie
Marvel Viscotek (modello 302) dotato di difrattometro, light scattering
(diffusione della luce a basso angolo-LALS e scattering della luce ad angolo
retto-RALS) e viscosimetro differenziale. Sono state impiegate colonne
accoppiate TSKgel G3000 (7 μm, 7.8×300 mm) e TSKgel G4000 (10 μm,
Parte Sperimentale
54
7.8 × 300 mm) termostatate a 40°C e utilizzando come eluente NaNO3 0,1 M
integrato con NaN3 alla concentrazione di 0.02% peso/peso (pH 7,4) con una
portata pari a 0,6 mL/min. I pullulani impiegati come stadard nella
calibrazione delle colonne sono stati forniti da Malvern Instruments Ltd.,
U.K.
Le misure spettrofotometriche di assorbimento UV sono state eseguite
mediante uno spettrofotometro UV-Vis λ25 Perkin Elmer (Norworlk, CT,
USA).
Parte Sperimentale
55
5.3 METODI
5.3.1. SINTESI DI NASTORAZEPIDE (Z-360)
Sintesi di acido 2-tert-butossicarbonilamino-3-(2’-
nitrofenil)amminopropionico
F
NO2
COOHNH
NH2
Boc
K2CO3, Etanolo
HN
NO2
COOH
HNBoc
Una soluzione di 2-fluoronitrobenzene (0.9 g, 6.7 mmoli), Boc-Dap-OH (2.0
g, 10.0 mmoli) e K2CO3 (2.8 g, 20.0 mmoli) in EtOH (15 mL) è stata posta a
reflusso per 16 ore (TLC: CHCl3/MeOH 9:1 + 1% HCOOH).
Dopo raffreddamento la miscela di reazione è stata concentrata a secchezza e
il residuo è stato ripreso con H2O (50 mL) lavato con dietil etere (3 x 50 mL).
La fase acquosa è stata posta in bagno di ghiaccio e acidificata sotto agitazione
con HCl 1M fino a pH 4. Il precipitato giallo formatosi è stato recuperato
mediante filtrazione ottenendo così l’acido 2-tert-butossicarbonilammino-
3-(2’-nitrofenil)amminopropionico.
La fase acquosa è stata ulteriormente estratta con EtOAc (25mL x 2). La fase
organica anidrificata è stata concentrata a secchezza e il residuo giallo ottenuto
riunito al precedente precipitato (2.0 g, resa 93%).
1H-NMR (CDCl3): 8.25 (s all, 1H, NH); 8.15
(d, J=8.2, 1H, 3’-H); 7.46 (t, J=8.2, 1H, 5’-
H); 7.00 (d, J=8.2, 1H, 6’-H); 6.70 (t, J=8.2,
1H, 4’-H); 5.40-5.30 (s all, 1H, NH); 4.65-
4.56 (m, 1H, 2-H); 3.90-3.67 (m, 2H, 3-H);
1.44 (s, 9H, 3 x CH3).
Parte Sperimentale
56
Sintesi di acido 2-tert-butossicarbonilamino-3-(2’-
amminofenil)amminopropionico
HN
NO2
COOH
HNBoc
10% Pd/C
Metanolo
HN
NH2
COOH
HNBoc
Una sospensione di Pd/C 10% (0.2 g) in MeOH (60 mL) e stata posta sotto
agitazione in atmosfera di H2 per 1 ora. Alla sospensione è stata aggiunta una
soluzione di acido 2-tert-butossicarbonilammino-3-(2’-nitrofenil)
amminopropionico (2.0 g, 6.2 mmoli) in MeOH. L’atmosfera di H2 è stata
ripristinata e la miscela di reazione è stata lasciata in agitazione per 3 ore
(TLC: EtOAC/MeOH 8:2).
La miscela di reazione è stata filtrata su celite. Il filtrato è stato concentrato a
secchezza ottenendo così l’acido 2-tert-butossicarbonilamino-3-(2’-
amminofenil)-amminopropionico (1.8 g, resa quantitativa).
1H-NMR (CDCl3): 6.95-6.70 (m, 4H, 4 x Ar-
H); 5.80 (s all, 1H, NH); 4.54-4.46 (m, 1H, 2-
H); 3.60-3.40 (m, 2H, 3-H); 1.42 (s, 9H, 3 x
CH3).
Parte Sperimentale
57
Sintesi di 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one
HN
NH2
COOH
HNBoc
EDCl
N,N-DimetilformammideNH
HN
O
NH
Boc
Una soluzione di acido 2-tert-butossicarbonilamino-3-(2’-amminofenil)-
amminopropionico (0.7 g, 2.3 mmoli) in DMF anidra (25 mL) è stata posta in
agitazione in bagno di ghiaccio. Alla soluzione è stata aggiunta EDCl (0.5 g,
2.6 mmoli) e la miscela di reazione è stata mantenuta in agitazione per 18 ore,
mantenendola al riparo dall’umidità mediante pipa di cloruro calcio (TLC:
CHCl3/MeOH 9:1).
La miscela di reazione è stata ripresa con una soluzione acquosa satura di
NH4Cl (500 mL) e successivamente estratta con EtOAc (3 x 150 mL).
La fase organica è stata sottoposta a lavaggi con una soluzione acquosa satura
di NaHCO3 (2 x 150mL), anidrificata e infine concentrata a secchezza
ottenendo così il 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (0.6 g, resa 97%).
1H-NMR (CDCl3): 7.42 (s all, 1H, NH);
7.05-6.97 (m, 1H, Ar-H); 6.90-6.75 (m, 3H,
3 x Ar-H) 5.70 (s all, 1H, NH); 4.56-4.49 (m,
1H, 3-H); 3.92-3.85 (m, 1H, 4-Ha); 3.47-3.40
(m, 1H, 4-Hb); 1.44 (s, 9H, 3 x CH3).
Parte Sperimentale
58
Tentativo di sintesi di 5-cicloesil-3-tert-butossicarbonilammino-
1,3,4,5-tetrahydro-2H-benzo[b][1,4]diazepin-2-one
NH
HN
O
NH
Boc
NH
N
O
NH
Boc
O
METODO A
Ad una soluzione di 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (0.6 g, 2.3 mmoli) in AcOH/DCM 1:1 (15 mL)
è stato aggiunto cicloesanone (0.3 g, 2.9 mmoli) goccia a goccia sotto
agitazione. La soluzione è stata lasciata in agitazione per 1 ora. Dopo aver
aggiunto NaBH(OAc)3 (0.8 g, 3.6 mmoli) la miscela è stata lasciata in
agitazione (TLC: CE/EtOAc 6:4). Poiché non si è assistiti alla formazione di
alcun prodotto diverso da quello di partenza questo metodo è stato
abbandonato.
METODO B
Ad una soluzione di 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (0.1 g, 0.5 mmoli) in AcOH/DCM 1:1 (5 mL) è
stato aggiunto cicloesanone (60.0 mg, 0.7 mmoli) goccia a goccia sotto
agitazione. La soluzione è stata lasciata in agitazione per 1 ora. Dopo aver
aggiunto NaBH(OAc)3 (0.6 g, 3.0 mmoli) la miscela è stata lasciata in
agitazione (TLC: CE/EtOAc 6:4). Poiché non si è assistito alla formazione di
alcun prodotto diverso da quello di partenza questo metodo è stato
abbandonato.
METODO C
Ad una soluzione di 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (60.0 mg, 0.2 mmoli) in DCM (1 mL) e AcOH
Parte Sperimentale
59
(20.0 mg, 0.4 mmoli) è stato aggiunto cicloesanone (30.0 mg, 0.3 mmoli)
goccia a goccia sotto agitazione. La soluzione è stata lasciata in agitazione per
1 ora. Dopo aver aggiunto NaBH(OAc)3 (80.0 mg, 0.4 mmoli) la miscela è
stata lasciata in agitazione (TLC: CE/EtOAc 6:4). Poiché non si è assistiti alla
formazione di alcun prodotto diverso da quello di partenza questo metodo è
stato abbandonato.
METODO D
Ad una soluzione di 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (0.3 g, 1.0 mmoli) in AcOH/DCM 1:1 (10 mL)
è stato aggiunto cicloesanone (0.1 g, 1.3 mmoli) goccia a goccia sotto
agitazione. La soluzione è stata lasciata in agitazione per 1 ora.
Successivamente alla miscela di reazione è stato aggiunto NaBH4 (0.4 g, 12.0
mmoli) in due porzioni equivalenti a distanza di 30 minuti (TLC: CE/EtOAc
6:4). La miscela di reazione è stata ripresa con acqua, alcalinizzata con NaOH
2M fino a pH 10 e successivamente estratta con EtOAc (3 x 50 ml). La fase
organica è stata anidrificata e concentrata a secchezza. Poiché non è stato
ottenuto il prodotto desiderato questo metodo è stato abbandonato.
METODO E
Ad una soluzione di 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (60.0 mg, 0.2 mmoli) e cicloesanone (80.0 mg,
0.8 mmoli) in THF (1 mL) è stato aggiunto sotto agitazione AcOH (50.0 mg,
0.8 mmoli). La soluzione è stata posta a reflusso sotto agitazione per 1 ora.
Dopo raffreddamento alla miscela di reazione è stato aggiunto NaBH4 (0.1 g,
2.8 mmoli) in tre porzioni ad intervalli di 30 minuti (TLC: CE/EtOAc 6:4).
La miscela di reazione è stata diluita con acqua (5 mL), alcalinizzata con
Na2CO3 fino a pH 10 ed estratta con EtOAc (2 x 3 mL). La fase organica è
stata anidrificata e concentrata a secchezza. Poiché non è stato ottenuto il
prodotto desiderato questo metodo è stato abbandonato.
Parte Sperimentale
60
Sintesi di 5-cicloesil-3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-
tetrahydro-2H-benzo[b][1,4]diazepin-2-one
NH
HN
O
NH
Boc
NH
N
O
NH
Boc
O
Acido acetico
PtO2
Ad una soluzione di 3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (2.1 g, 7.5 mmoli) in AcOH (16.5 mL) è stato
aggiunto PtO2 (59.0 mg, 0.2 mmoli). La miscela di reazione è stata posta in
atmosfera di H2 e lasciata in agitazione per 16 ore (TLC: CE/EtOAc 8:2). La
miscela di reazione è stata ripresa con EtOAc (10 mL), filtrata e
successivamente neutralizzata con una soluzione acquosa di NaOH 2M fino a
pH 7. Dopo aver anidrificato la fase organica il solvente è stato rimosso
mediante evaporatore rotante; il residuo ottenuto è stato precipitato in etere
ottenendo il 5-cicloesil-3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-
2H-benzo[b][1,4]diazepin-2-one (2.1 g, resa 80%).
1H-NMR (CDCl3): 7.20-7.13 (m, 2H, 7-H e
8-H); 7.03-6.91 (m, 2H, 6-H e 9-H); 5.51-
5.46 (m, 1H, NH); 4.49-4.39 (m, 1H, 3-H);
3.78-3.70 (m, 1H, 4-Ha); 3.39-3.31 (m, 1H,
4-Hb); 3.29-3.20 (m, 1H, H-cicloesano);
2.01-1.93 (m, 1H , H-cicloesano); 1.89-1.81
(m, 1H, H-cicloesano); 1.79-1.70 (m, 2H, 2 x
H-cicloesano); 1.64-1.56 (m, 2H, 2 x H-
cicloesano) 1.41 (s, 9H, 3 x CH3); 1.37-
1.10 (m, 4H, 4 x H-cicloesano).
Parte Sperimentale
61
Sintesi di 1-(3’,3’-dimetil-2’-osso)butil-5-cicloesil-3-tert-
butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one
NH
N
O
NH
Boc
N
N
O
NH
Boc
O
O
LiHMDs, Tetraidrofurano
-78 °C
Cl
METODO A
Una soluzione di 5-cicloesil-3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-
tetrahydro-2H-benzo[b][1,4]diazepin-2-one (0.2 g, 0.5 mmoli) in THF (5mL)
è stata posta a -78 °C in atmosfera di N2.
Dopo 20 minuti è stata aggiunta una soluzione di LiHMDs 1M in THF (0.7
mL, 0.7 mmoli) goccia a goccia. La miscela di reazione è stata mantenuta in
agitazione a -78 °C per 30 minuti trascorsi i quali è stato aggiunto
cloropinacolone (0.1 g, 0.7 mmoli). La miscela di reazione è stata mantenuta
in agitazione a temperatura ambiente per 1 ora (TLC: CE/EtOAc 6:4). Tale
processo di aggiunta di LiHMDS e cloropinacolone è stato ripetuto per un
totale di 3 volte fino al completamento della reazione. La miscela di reazione
è stata diluita con una soluzione acquosa satura di NH4Cl fino a pH 7 e
successivamente estratta con EtOAc (3 x 20 mL). La fase organica è stata
anidrificata e concentrata a secchezza ottenendo l’1-(3’,3’-dimetil-2’-
osso)butil-5-cicloesil-3-tert-butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-
2H-benzo[b][1,4]diazepin-2-one (0.2 g, resa 80%).
Parte Sperimentale
62
1H-NMR (CDCl3): 7.18-7.14 (m, 2H, 7-H e
8-H); 7.02-6.94 (m, 2H, 6-H e 9-H); 5.58-
5.53 (m, 1H, NH); 5.16 (d, J=17.9, 1H, 1’-
Ha); 4.48-4.40 (m, 1H, 3-H); 4.12 (d, J=17.9,
1H, 1’-Hb); 3.65-3.58 (m, 1H, 4-Ha); 3.31-
3.15 (m, 2H, 4-Hb e H-cicloesano); 2.04-1.96
(m, 1H, H-cicloesano); 1.87-1.78 (m, 1H, H-
cicloesano); 1.77-1.58 (m, 4H, 4 x H-
cicloesano); 1.39 (s, 9H, 3 x CH3); 1.26 (s,
9H, 3 x CH3) 1.23-1.14 (m, 4H, 4 x H-
cicloesano).
Parte Sperimentale
63
Sintesi di 3-ammino-1-(3’,3’-dimetil-2’-osso)butil-5-cicloesil-1,3,4,5-
tetrahydro-2H-benzo[b][1,4]diazepin-2-one
N
N
O
NH
Boc
O
N
N
O
NH2
ODiclorometano
Acido Trifluoroacetico 30%,
Una soluzione di 1-(3’,3’-dimetil-2’-osso)butil-5-cicloesil-3-tert-
butossicarbonilammino-1,3,4,5-tetrahydro-2H-benzo[b][1,4]diazepin-2-one
(1.5 g, 3.2 mmoli) in DCM (20 mL) è stata posta in bagno di ghiaccio. Alla
soluzione è stato aggiunto TFA (6 mL) goccia a goccia e la miscela di reazione
è stata lasciata in agitazione per 1 ora a temperatura ambiente (TLC:
CE/EtOAc 6:4).
La soluzione è stata quindi concentrata a secchezza ottenendo il 3-ammino-
1-(3’,3’-dimetil-2’-osso)butil-5-cicloesil-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (1.2 g, resa quantitativa)
1H-NMR (CDCl3): 7.51-7.37 (m, 3H, 3 x Ar-H);
7.20-715 (m, 1H, Ar-H); 4.82 (s, 2H, 1’-H); 4.27-
4.07 (m, 3H, 3-H e 4-H); 3.77-3.68 (m, 1H, H-
cicloesano); 2.25-2.16 (m, 1H, H-cicloesano); 2.04-
1.55 (m, 2H, 2 x H-cicloesano); 1.80-1.55 (m, 3H,
3 x H-cicloesano); 1.45-1.25 (m, 4H, 4 x H-
cicloesano); 1.21 (s, 9H, 3 x CH3).
Parte Sperimentale
64
Sintesi di Nastorazepide (Z-360)
N
N
O
NH2
O
Trietilammina,
Tetraidrofurano
N
N
O
NH
O
NH
O
HOOC
H2N
COOH
N
COOH
CO
Una soluzione di acido 3-amminobenzoico (82.0 mg, 0.6 mmoli) in THF
anidro (2 mL) è stata posta in bagno di ghiaccio fino al raggiungimento di 0
°C. Alla soluzione è stato successivamente aggiunto bis-triclorometil
carbonato (45.0 mg, 0.2 mmoli) sotto vigorosa agitazione la quale è proseguita
per ulteriori 10 minuti.
Alla miscela è stata aggiunta TEA (0.3 g, 2.0 mmoli) goccia a goccia nell’arco
di 5 minuti e successivamente la miscela di reazione è stata mantenuta in
agitazione per altri 5 minuti, trascorsi i quali è stata aggiunta una soluzione di
3-ammino-1-(3’,3’-dimetil-2’-osso)butil-5-cicloesil-1,3,4,5-tetrahydro-2H-
benzo[b][1,4]diazepin-2-one (0.1 g, 0.2 mmoli) in THF anidro (1.5 mL). La
miscela è stata lasciata in agitazione a temperatura ambiente per 16 ore (TLC:
CHCl3/MeOH 9:1 + 1% HCOOH).
La miscela di reazione è stata ripresa con EtOAc (10 mL) e sottoposta a
lavaggi con una soluzione acquosa satura di NH4Cl (2 x 10). La fase organica
è stata anidrificata e successivamente concentrata a secchezza ottenendo così
la Nastorazepide (Z-360) (70.0 mg, resa 87%).
Parte Sperimentale
65
1H-NMR (CDCl3): 8.34 (d, J=7.8, 1H, 4”-
H); 8.22 (s all, 1H, NH); 7.72 (s, 1H, 2”-
H); 7.60 (d, J=7.8, 1H, 6”-H); 7.41-7.31
(m, 3H, 3 x Ar-H); 7.12-7.02 (m, 2H, Ar-
H); 5.30-5.22 (d, J=17.6, 1H, 1’-Ha);
4.72-4.64 (m, 1H, 3-H); 4.22-4.14 (d,
J=17.6, 1H, 1’-Hb); 3.90-3.82 (m, 1H, 4-
Ha); 3.54-3.46 (m, 1H, 4-Hb); 3.36-3.28
(m, 1H, H-cicloesano); 2.10-2.02 (m, 1H,
H-cicloesano); 1.90-1.44 (m, 9H, H-
cicloesano); 1.24-1.18 (s, 9H, 3 x CH3).
Parte Sperimentale
66
5.3.2. SINTESI IP1
Sintesi di Z-360-NH-Ex-NH-Boc
METODO A
N
N
OHN
O
HN
O
COOH
H2N
HN
BocN
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
Boc
EDCl,
N,N-Dimetilformammide
Una soluzione di Nastorazepide (52.0 mg, 0.1 mmoli) e N-Boc-1,6-
esandiammina (35.0 mg, 0.2 mmoli) in DMF anidra (0.5 mL) è stata posta in
atmosfera di N2 in bagno di ghiaccio per 10 minuti fino al raggiungimento di
0 °C. Alla soluzione è stato aggiunto EDCl (38.0 mg, 0.2 mmoli) e, dopo aver
ripristinalo l’atmosfera di N2, la miscela di reazione è stata lasciata in
agitazione a temperatura ambiente per 24 ore (TLC: DCM/EtOAc/MeOH
6:3:1). La miscela di reazione è stata ripresa con EtOAc (5 mL) e sottoposta a
dei lavaggi con una soluzione acquosa satura di NH4Cl (3mL x 2). La fase
organica è stata anidrificata e concentrata a secchezza. Il residuo ottenuto è
stato purificato mediante colonna cromatografica (DCM/EtOAc/MeOH 6:3:1)
ottenendo così Z-360-NH-Ex-NH-Boc (20.0 mg, resa 30 %).
Parte Sperimentale
67
METODO B
N
N
OHN
O
HN
O
COOH
H2N
HN
BocN
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
Boc
Carbonildiimidazolo,
Trietilammina, Acetonitrile
Ad una soluzione di Nastorazepide (52.0 mg, 0.1 mmoli) in acetonitrile (1
mL) è stato aggiunto CDI (24.0 mg, 0.2 mmoli). La miscela è stata posta sotto
agitazione a reflusso con pipa di calcio per 3 ore. Dopo raffreddamento
un’aliquota della miscela di reazione è stata diluita in MeOH ed analizzata
mediante TLC (TLC CHCl3/MeOH 9:1).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (15.0 mg, 0.2 mmoli) e successivamente, a
distanza di 10 minuti, una soluzione di N-Boc-1,6-esandiammina (26.0 mg,
0.1 mmoli) in acetonitrile (1 mL). La miscela è rimasta in agitazione a
temperatura ambiente con pipa di calcio per 1 ora e successivamente
concentrata a secchezza. Il residuo è stato ripreso con EtOAc (10 mL) e
sottoposto a lavaggi con una soluzione acquosa satura di NH4Cl (5 mL x 2).
La fase organica è stata anidrificata e purificata mediante colonna
cromatografica (eluente: CHCl3/MeOH 95:5) ottenendo così Z-360-NH-Ex-
NH-Boc (50.0 mg, resa 70 %), con spettro 1H-NMR identico a quello
precedentemente ottenuto.
Parte Sperimentale
68
1H-NMR (CDCl3): 7.49 (s all, 1H, NH); 7.35 (d, J=8.3, 1H, 6”-H); 7.28-7.22
(m, 2H, Ar-H x 2); 7.14-7.07 (m, 2H, Ar-H x 2); 7.01-6.95 (m, 3H, Ar-H x 3);
6.65-6.60 (m, 1H, NH); 5.31 (d, J=17.6, 1H, 1’-Ha); 4.86-4.74 (m, 1H, 3-H);
4.62 (s all, 1H, NH); 4.10 (d, J=17.6, 1H, 1’-Hb); 3.56-3.32 (m, 4H, 1”’-CH2
e 6”’-CH2); 3.30-3.20 (m, 1H, 3-H); 3.10-3.00 (m, 2H, 4-H); 2.12-2.00 (m,
1H, H-cicloesano]); 1.90-1.50 (m, 10H, H-alifatici); 1.45-1.41 (s, 9H,
COOtBu); 1.38-1.29 (m, 7H, H-alifatici); 1.15-1.11 (s, 9H, COtBu).
Parte Sperimentale
69
Sintesi di Z-360-NH-Ex-NH2
N
N
O HN
O
HN
O
NH
O
HN
BocAcido Trifluoroacetico 30%,
Diclorometano
N
N
O HN
O
HN
O
NH
ONH2
Una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH-Boc (50.0 mg, 0.1 mmoli) in DCM (1
mL) è stata posta in bagno di ghiaccio per 20 minuti fino al raggiungimento
di 0 °C.
Alla soluzione è stato aggiunto TFA (0.3 mL) goccia a goccia. La miscela di
reazione è stata lasciata in agitazione per 1 ora a temperatura ambiente (TLC:
CHCl3/MeOH 9:1).
La soluzione è stata concentrata a secchezza ottenendo Z-360-NH-Ex-NH2
(40.0 mg, resa quantitativa).
N
NO
O
HN
O
HN
O NH
NH2
1'
2''
3
4
5''
67
89
4''
6''
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
1H-NMR (CDCl3): 7.80-7.70 (s all, H, 2”-H); 7.43-7.29 (m, 3H, Ar-H x 3);
7.24-7.16 (m, 2H, Ar-H x 2); 7.09-7.01 (m, 2H, Ar-H x 2); 5.25-5.18 (d,
J=17.60, 1H, 1’-Ha); 4.70.-4.62 (m, 1H, 3-H); 4.28-4.20 (d, j=17.60 1H, 1’-
Hb); 3.50-3.30 (m, 4H, 1”’-CH2 e 6”’-CH2); 3.30-3.20 (m, 1H, H-cicloesano);
3.10-3.00 (m, 2H, 4-CH2); 2.12-2.00 (m, 1H, H-cicloesano); 1.90-1.80 (m,
2H, H-cicloesano x 2); 1.75-1.50 (m, 7H, H-alifatici); 1.46-1.36 (m, 4H, H-
cicloesano x 4); 1,33-1.24 (m, 4H, 3”’-CH2 e 4”’-CH2); 1.16-1.13 (s, 9H,
COtBu).
Parte Sperimentale
70
Tentativo di sintesi di IP1-tris(tert-butil estere)
Una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH2 (20.0 mg, 30.0 µmoli) e DOTA (24.0
mg, 60.0 µmoli) in DMF anidra (0.3 mL) è stata posta in bagno di ghiaccio
sotto agitazione in atmosfera di N2 per 15 minuti fino al raggiungimento di 0
°C. Successivamente è stato aggiunto EDCl (13.0 mg, 70.0 µmoli). Dopo aver
ripristinato l’atmosfera di N2 la miscela è stata mantenuta in costante
agitazione per 14 ore a temperatura ambiente. (TLC: DCM/EtOAc/MeOH
6:3:1).
La miscela di reazione è stata ripresa con una soluzione acquosa satura di
NH4Cl (5 mL) e successivamente estratta con EtOAc (5 mL x 2). La fase
organica è stata anidrificata e concentrata a secchezza. Poiché non è stata
ottenuto il prodotto d’interesse questa metodica è stata abbandonata.
N
N
OHN
O
HN
O
NH
ONH2
N N
N N
O
HO OOH
O
OHHO O
EDCl,
N,N-Dimetilformammide
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN N
NN
N
OOH
O
OH
OHO
O
Parte Sperimentale
71
Sintesi di IP1-tris(tert-butil estere)
Ad una soluzione di DOTA-tris(tert-butil estere) (33.0 mg, 58.0 µmoli) in
acetonitrile (1 mL) è stato aggiunto CDI (14.0 mg, 87.0 µmoli). La miscela è
stata posta sotto agitazione a reflusso con pipa di calcio per 3 ore. Dopo
raffreddamento un’aliquota della miscela di reazione è stata diluita in MeOH
ed analizzata mediante TLC (TLC CHCl3/MeOH 9:1-N.B. far correre oltre il
fronte).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (9.0 mg, 87.0 µmoli) e successivamente, a
distanza di 10 minuti, una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH2 (40.0 mg, 70.0
µmoli) in acetonitrile (1 mL). La miscela è rimasta in agitazione a temperatura
ambiente con pipa di calcio per tutta la notte (TLC CHCl3/MeOH 9:1).
La miscela di reazione è stata concentrata a secchezza, il residuo è stato ripreso
con EtOAc (10 mL) e sottoposto a lavaggi con una soluzione acquosa satura
di NH4Cl (5 mL x 2) e una soluzione acquosa stura di NaHCO3 (5 mL x 2). La
fase organica è stata anidrificata e purificata mediante colonna cromatografica
(CHCl3/MeOH 95:5) ottenendo così IP1-tris(tert-butil estere) (11.0 mg, resa
17%).
N
N
O HN
O
HN
O
NH
ONH2
N N
N N
O
O O O
O
OHO O
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN N
NN
N
OO
O
O
OO
O
Carbonildiimidazolo,
Trietilammina, Acetonitrile
Parte Sperimentale
72
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN N
N
N
N
O O
O
O
OO
O
8
7 6
4
3
1' 4''
5''
6''2''
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
9
1''''
2""
3""
4""
1H-NMR (CDCl3): 9.16-9.10 (s, 1H, 2”-H); 8.16-8.10 (m, 1H, NH); 7.95-7.90
(d, J=7.70, 1H, 4”-H); 7.74-7.70 (s, 1H, 6”-H); 7.50-7.44 (d, J=7.70, 1H, 5”-
H); 7.38-7.31 ( s all, 1H, NH); 7.22-7.14 (m, 2H, Ar-H x 2); 7.00-6.92 (m, 2H,
Ar-H x 2); 6.66-6.62 (s all, 1H, NH); 5.16-5.08 (d, J=17.60, 1H, 1’-Ha); 4.75-
4.67 (m, 1H, 3-H); 4.19-4.12 (d, J=17.60, 1H, 1’-Hb); 3.78-3.04 (m, 14H, H-
alifatici); 3.00-1.80 (m, 23H, H-alifatici); 1.88-1.46 (m, 8H, H-alifatici); 1.46-
1.38 (m, 27H, COOtBu-DOTA x 3); 1.26-1.22 (m, 4H, 3”’-CH2 e 4”’-CH2);
1.21-1.17 (s, 9H, s, 9H, COtBu).
HRMS per C63H101N10011 [M+H+]: 1173.7651 (teorico); 1173.7620 (trovato)
Parte Sperimentale
73
Sintesi di IP1
Una soluzione di IP1-tris(tert-butil estere)(11.0 mg, 10.0 µmoli) in DCM (2
mL) è stata posta in bagno di ghiaccio per 20 minuti fino al raggiungimento
di 0 °C.
Alla soluzione è stato aggiunto TFA (0.6 mL) goccia a goccia. La miscela di
reazione è stata lasciata in agitazione per 24 ore a temperatura ambiente (TLC:
CE/EtOAc 6:4).
La soluzione è stata concentrata a secchezza ottenendo IP1 (9.6 mg, resa
quantitativa).
N
N
O HN
O
HN
O
NH
O
HN N
NN
N
OO
O
O
OO
O
N
N
O HN
O
HN
O
NH
O
HN N
NN
N
OOH
O
OH
OHO
O
Acido Trifluoroacetico 30%,
Diclorometano
Parte Sperimentale
74
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN N
N
N
N
O OH
O
OH
OHO
O
8
7 6
4
3
1' 4''
5''
6''2''
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
9
1''''
2""
3""
4""
1H-NMR (MeOD-d4): 7.86-7.82 (s, 1H, 2”-H); 7.40-7.24 (m, 6H, Ar-H x 6);
7.16-7.02 (m, 2H, Ar-H e NH); 5.26-5.16 (d, J=17.75, 1H, 1’-Ha); 4.61-4.52
(m, 1H, 3-H); 4.42-4.32 (d, J=17.75, 1H, 1’-Hb); 4.05-3.65 (m, 6H, 2””-CH2,
3””-CH2 e 4””-CH2); 3.50-3.00 (m, 25H, H-cicloesano e H-DOTA); 2.12-
2.00 (m, 2H, H-cicloesano x 2); 1.90-1.30 (m, 16H, H-alifatici); 1.26-1.21 (s,
9H, COtBu).
HRMS per C51H77N10011 [M+H+]: 1005.5773 (teorico); 1005.5747 (trovato)
Parte Sperimentale
75
5.3.3. SINTESI IP2
5.3.3.1 Sintesi divergente da Z-360
Sintesi di Z-360-NH-Ex-NH-Boc (sintesi divergente)
N
N
OHN
O
HN
O
COOH
H2N
HN
BocN
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
Boc
Carbonildiimidazolo,
Trietilammina, Acetonitrile
Ad una soluzione di Nastorazepide (52.0 mg, 0.1 mmoli) in acetonitrile (1
mL) è stato aggiunto CDI (24.0 mg, 0.2 mmoli). La miscela è stata posta sotto
agitazione a reflusso con pipa di calcio per 3 ore. Dopo raffreddamento
un’aliquota della miscela di reazione è stata diluita in MeOH ed analizzata
mediante TLC (TLC CHCl3/MeOH 9:1).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (15.0 mg, 0.2 mmoli) e successivamente, a
distanza di 10 minuti, una soluzione di N-Boc-1,6-esandiammina (26.0 mg,
0.1 mmoli) in acetonitrile (1 mL). La miscela è rimasta in agitazione a
temperatura ambiente con pipa di calcio per 1 ora e successivamente
concentrata a secchezza. Il residuo è stato ripreso con EtOAc (10 mL) e
sottoposto a lavaggi con una soluzione acquosa satura di NH4Cl (5 mL x 2).
La fase organica è stata anidrificata e purificata mediante colonna
cromatografica (CHCl3/MeOH 95:5) ottenendo così Z-360-NH-Ex-NH-Boc
(50.0 mg, resa 70 %).
Parte Sperimentale
76
1H-NMR (CDCl3): 7.49 (s all, 1H, NH); 7.35 (d, J=8.3, 1H, 6”-H); 7.28-7.22
(m, 2H, Ar-H x 2); 7.14-7.07 (m, 2H, Ar-H x 2); 7.01-6.95 (m, 3H, Ar-H x 3);
6.65-6.60 (m, 1H, NH); 5.31 (d, J=17.6, 1H, 1’-Ha); 4.86-4.74 (m, 1H, 3-H);
4.62 (s all, 1H, NH); 4.10 (d, J=17.6, 1H, 1’-Hb); 3.56-3.32 (m, 4H, 1”’-CH2
e 6”’-CH2); 3.30-3.20 (m, 1H, 3-H); 3.10-3.00 (m, 2H, 4-H); 2.12-2.00 (m,
1H, H-cicloesano]); 1.90-1.50 (m, 10H, H-alifatici); 1.45-1.41 (s, 9H,
COOtBu); 1.38-1.29 (m, 7H, H-alifatici); 1.15-1.11 (s, 9H, COtBu).
Parte Sperimentale
77
Sintesi di Z-360-NH-Ex-NH2 (sintesi divergente)
N
N
O HN
O
HN
O
NH
O
HN
BocAcido Trifluoroacetico 30%,
Diclorometano
N
N
O HN
O
HN
O
NH
ONH2
Una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH-Boc (50.0 mg, 70.0 µmoli) in DCM (1
mL) è stata posta in bagno di ghiaccio per 20 minuti fino al raggiungimento
di 0 °C.
Alla soluzione è stato aggiunto TFA (0.3 mL) goccia a goccia. La miscela di
reazione è stata lasciata in agitazione per 1 ora a temperatura ambiente (TLC:
CHCl3/MeOH 9:1).
La soluzione è stata concentrata a secchezza ottenendo Z-360-NH-Ex-NH2
(40.0 mg, resa quantitativa).
N
NO
O
HN
O
HN
O NH
NH2
1'
2''
3
4
5''
67
89
4''
6''
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
1H-NMR (CDCl3): 7.80-7.70 (s all, H, 2”-H); 7.43-7.29 (m,3H, Ar-H x 3);
7.24-7.16 (m, 2H, Ar-H x 2); 7.09-7.01 (m, 2H, Ar-H x 2); 5.25-5.18 (d,
J=17.60, 1H, 1’-Ha); 4.70.-4.62 (m, 1H, 3-H); 4.28-4.20 (d, j=17.60 1H, 1’-
Hb); 3.50-3.30 (m, 4H, 1”’-CH2 e 6”’-CH2); 3.30-3.20 (m, 1H, H-cicloesano);
3.10-3.00 (m, 2H, 4-CH2); 2.12-2.00 (m, 1H, H-cicloesano); 1.90-1.80 (m,
2H, H-cicloesano x 2); 1.75-1.50 (m, 7H, H-alifatici); 1.46-1.36 (m, 4H, H-
cicloesano x 4); 1,33-1.24 (m, 4H, 3”’-CH2 e 4”’-CH2); 1.16-1.13 (s, 9H,
COtBu).
Parte Sperimentale
78
Sintesi di Z-360-NH-Ex-NH-Peg-Fmoc (sintesi divergente)
METODO A
Ad una soluzione di N-Fmoc-N″-succinyl-4,7,10-trioxa-1,13-
tridecanediamine (0.5 g, 0.8 mmoli) in acetonitrile (3.5 mL) è stato aggiunto
CDI (0.2 g, 1.3 mmoli). La miscela è stata posta sotto agitazione a reflusso
con pipa di calcio per 2 ore. Dopo raffreddamento un’aliquota della miscela
di reazione è stata diluita in MeOH ed analizzata mediante TLC (TLC
CHCl3/MeOH 9:1).
A causa della formazione di un sottoprodotto dovuto alla rimozione del
gruppo protettore Fmoc questa metodica è stata abbandonata.
METODO B
Ad una soluzione di N-Fmoc-N″-succinyl-4,7,10-trioxa-1,13-
tridecanediamine (0.1 g, 0.2 mmoli) in acetonitrile (6.4 mL) è stato aggiunto
CDI (49.0 mg, 0.3 mmoli). La miscela è stata posta sotto agitazione a reflusso
con pipa di calcio per 2 ore. Dopo raffreddamento un’aliquota della miscela
HO
O HN
O
OHN
Fmoc
N
N
O HN
OHN
O
NH
ONH2
ONH
O
O NH
Fmoc
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
Carbonildiimidazolo,
Trietilammina, Acetonitrile3
3
Parte Sperimentale
79
di reazione è stata diluita in MeOH ed analizzata mediante TLC (TLC
CHCl3/MeOH 9:1).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (30.0 mg, 0.3 mmoli) e successivamente, a
distanza di 10 minuti, una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH2 (0.2g, 0.2 mmoli)
in acetonitrile (3 mL). La miscela è rimasta in agitazione a temperatura
ambiente con pipa di calcio per 2 ore e successivamente concentrata a
secchezza.
A causa della formazione di un sottoprodotto dovuto alla rimozione del
gruppo protettore Fmoc questa metodica è stata abbandonata.
METODO C
Ad una soluzione di N-Fmoc-N″-succinyl-4,7,10-trioxa-1,13-
tridecanediamine (0.2 g, 0.4 mmoli) in acetonitrile (11 mL) è stato aggiunto
CDI (85.0 mg, 0.5 mmoli). La miscela è stata posta sotto agitazione a reflusso
con pipa di calcio per 2 ore. Dopo raffreddamento un’aliquota della miscela
di reazione è stata diluita in MeOH ed analizzata mediante TLC (TLC
CHCl3/MeOH 9:1).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (53.0 mg, 0.5 mmoli) e, a distanza di 10
minuti, una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH2 (0.2g, 0.2 mmoli) in acetonitrile
(15 mL) goccia a goccia nell’arco di 15 minuti. La miscela è rimasta in
agitazione a temperatura ambiente con pipa di calcio per 2 ore (TLC
CHCl3/MeOH 9:1).
La miscela è stata acidificata con una soluzione 1M di CH3COOH in
acetonitrile fino a pH 5 e successivamente concentrata a secchezza. Il residuo
ottenuto è stato ripreso con EtOAc (40 mL) e lavato con una soluzione
acquosa satura di NH4Cl (20 mL x 2). La fase organica è stata anidrificata e
concentrata a secchezza. Il residuo ottenuto è stato purificato mediante
colonna cromatografica (CHCl3/MeOH 97:3 e CHCl3/MeOH 9:1) ottenendo
Z-360-NH-Ex-NH-Peg-Fmoc (0.2 g, resa 36%).
Parte Sperimentale
80
1H-NMR (CDCl3): 7.78-7.72 (d, J=7.55, 2H, Ar-H x 2); 7.67-7.52 (m, 3H,
Ar-H x 3); 7.42-7.33 (t, 2H, Ar-H x 2); 7.33-7.26 (t, 2H, Ar-H x 2); 7.25-7.19
(m, 2H, Ar-H x 2); 7.17-7.01 (m, 4H, Ar-H x 4); 6.98-6.93 (m, 1H, 6-H); 5.28-
2.19 (d, J=17.94, 1H, 1’-Ha); 4.80-4.78 (m, 1H, 3-H); 4.46-4.32 (m, 2H, 13””-
CH2); 4.24-4.16 (m, 1H, 14””-H); 4.16-4.06 (d, J=17.94, 1H, 1’-Hb); 3.66-
3.10 (m, 23H, H-alifatici); 2.54-2.40 (m, 4H, 1””-CH2 e 2””-CH2); 2.10-2.00
(m, 2H, 4””-CH2); 1.88-1.26 (m, 20H, H-alifatici); 1.18-1.12 s, 9H, COtBu).
HRMS per C64H87N8011 [M+H+]: 1143.6494 (teorico); 1143.6495 (trovato)
1'
2''
3
4
5''
6
7
8
9
4''
6''
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
N
NO
O
HN
O
HN
O NH
HN
O
O
NH
OO
O NH
O
O
1''''
2''''
3''''
4''''
5'''' 6''''
7'''' 8''''
9'''' 10''''
11''''
12'''' 13''''
14''''
15''''16''''
17''''
18''''
19''''
20''''21''''
22''''
Parte Sperimentale
81
5.3.3.2 Sintesi convergente su Z-360
Sintesi di Boc-NH-Ex-NH-Peg-Fmoc (sintesi convergente)
Ad una soluzione di N-Fmoc-N″-succinil-4,7,10-triossa-1,13-
tridecandiammina (0.5 g, 1.0 mmoli) in acetonitrile (32 mL) è stato aggiunto
CDI (0.2 g, 1.5 mmoli). La miscela è stata posta sotto agitazione a reflusso
con pipa di calcio per 1 ora. Dopo raffreddamento un’aliquota della miscela
di reazione è stata diluita in MeOH ed analizzata mediante TLC (TLC
CHCl3/MeOH 9:1).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (0.2 g, 1.5 mmoli) e,a distanza di 10 minuti,
una soluzione di N-Boc-1,6-esandiammina (0.3g, 1.2 mmoli) in acetonitrile
(20 mL) goccia a goccia nell’arco di 15 minuti. La miscela è rimasta in
agitazione a temperatura ambiente con pipa di calcio per 2 ore (TLC
CHCl3/MeOH 9:1).
La miscela è stata acidificata con una soluzione 1M di CH3COOH in
acetonitrile fino a pH 5 e successivamente concentrata a secchezza. Il residuo
ottenuto è stato ripreso con EtOAc (40 mL) e lavato con una soluzione
acquosa satura di NH4Cl (20 mL x 2). La fase organica è stata anidrificata e
concentrata a secchezza. Il residuo ottenuto è stato purificato mediante
colonna cromatografica (CHCl3/MeOH 95:5) ottenendo Boc-NH-Ex-NH-
Peg-Fmoc (0.3 g, resa 46%).
HO
O HN
O
OHN
Fmoc
Carbonildiimidazolo,
Trietilammina, AcetonitrileH2N
HN
Boc
3
HN
O
NH
O
O NH
Fmoc
3NH
Boc
Parte Sperimentale
82
O NH
HN
NH
OO
O NH
O
O
O
O O1
2
3
4
5 1'
2'
3'
4'
5' 6'
7' 8'
9' 10'
11'
12' 13'
14'
15'16'
17'
18'
19'
20'21'
22'
6
1H-NMR (CDCl3): 7.78-7.73 (d, J=7.55, 2H, Ar-H x 2); 7.62-7.57 (d, J=7.55,
2H, Ar-H x 2); 7.43-7.35 (t, J=7.55, 2H, Ar-H x 2); 7.33-7.27 (t, J=7.55, 2H,
Ar-H x 2); 6.70-6.63 (s all, 1H, NH); 6.44-6.36 (s all, 1H, NH); 5.67-5.59 (m,
1H, NH); 4.66-4.57 (s all, 1H, NH); 4.45-4.35 (m, 2H, 13’-CH2); 4.24-4.17
(m, 1H, 14’-CH2); 3.65-3.49 (m, 12H, H-alifatici PEG); 3.35-3.25 (m, 4H, H-
alifatici); 3.22-3.14 (m, 2H; 1-CH2); 3.12-3.02 (m, 2H, 12’-CH2); 2.49-2.44
(s, 4H, 1’-CH2 e 2’-CH2); 1.83-1.68 (m, 4H, H-alifatici);1.50-1.44 (m, 4H, H-
alifatici); 1.44-1.40 (s, 9H, COOtBu); 1.34-1.26 (m, 4H, 3-CH2 e 4-CH2).
Parte Sperimentale
83
Sintesi di NH2-Ex-NH-Peg-Fmoc (sintesi convergente)
Una soluzione di Boc-NH-Ex-NH-Peg-Fmoc (0.3 g, 0.5 mmoli) in DCM (3.5
mL) è stata posta in bagno di ghiaccio per 20 minuti fino al raggiungimento
di 0 °C.
Alla soluzione è stato aggiunto TFA (1 mL) goccia a goccia. La miscela di
reazione è stata lasciata in agitazione per 1 ora a temperatura ambiente (TLC:
CHCl3/MeOH 9:1).
La soluzione è stata concentrata a secchezza ottenendo NH2-Ex-NH-Peg-
Fmoc (0.2 g, resa quantitativa).
H2N
HN
NH
OO
O NH
O
O
O O1
2
3
4
5 1'
2'
3'
4'
5' 6'
7' 8'
9' 10'
11'
12' 13'
14'
15'16'
17'
18'
19'
20'21'
22'
6
1H-NMR (CDCl3): 7.79-7.74 (d, J=7.55, 2H, Ar-H x 2); 7.58-7.574(d, J=7.55,
2H, Ar-H x 2); 7.44-7.37 (t, J=7.55, 2H, Ar-H x 2); 7.34-7.28 (t, J=7.55, 2H,
Ar-H x 2); 4.56-4.36 (m, 2H, 13’-CH2); 4.26-4.16 (m, 1H, 14’-H); 3.66-3.44
(m, 12H, H-alifatici PEG); 3.36-3.16 (m, 6H, H-alifatici); 3.08-2.94 (m, 2H,
12’-CH2); 2.68-2.58 (s, 4H, 1’-CH2 e 2’-CH2); 1.82-1.60 (m, 6H, H-alifatici);
1.54-1.24 (m, 6H, H-alifatici).
Acido Trifluoriacetico 30%,
Diclorometano
HN
ONH
O
O NH
Fmoc3
NH
Boc
HN
ONH
O
O NH
Fmoc3
H2N
Parte Sperimentale
84
Sintesi di Z-360-NH-Ex-NH-Peg-Fmoc (sintesi convergente)
HN
ONH
O
O NH
Fmoc3NH2
Carbonildiimidazolo,
Trietilammina, Acetonitrile
O
NH
O
O NH
N
N
O HN
O
HN
O
NH
O
HN
Fmoc
N
N
OO
HN
HN
O
OHO
3
Ad una sospensione di Z-360 (0.2 g, 0.3 mmoli) in acetonitrile (10 mL) è stato
aggiunto CDI (68.0 mg, 0.4 mmoli). La miscela è stata posta sotto agitazione
a reflusso con pipa di calcio per 1 ora. Dopo raffreddamento un’aliquota della
miscela di reazione è stata diluita in MeOH ed analizzata mediante TLC (TLC
CHCl3/MeOH 95:5).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (42.0 mg, 0.4 mmoli) e, a distanza di 10
minuti, una soluzione di NH2-Ex-NH-Peg-Fmoc (0.2 g, 0.3 mmoli) in
acetonitrile (10 mL) goccia a goccia nell’arco di 15 minuti. La miscela è
rimasta in agitazione a temperatura ambiente con pipa di calcio per 1 ora (TLC
CHCl3/MeOH 9:1).
La miscela è stata acidificata con una soluzione 1M di CH3COOH in
acetonitrile fino a pH 5 e successivamente concentrata a secchezza. Il residuo
ottenuto è stato ripreso con EtOAc (40 mL) e lavato con una soluzione
acquosa satura di NH4Cl (20 mL x 2). La fase organica è stata anidrificata e
concentrata a secchezza. Il residuo ottenuto è stato purificato mediante
colonna cromatografica (EtOAc/EtOH 95:5 e CHCl3/MeOH 95:5) ottenendo
Z-360-NH-Ex-NH-Peg-Fmoc (0.1 g, resa 32%).
Parte Sperimentale
85
1H-NMR (CDCl3): 7.78-7.72 (d, J=7.55, 2H, Ar-H x 2); 7.67-7.52 (m, 3H,
Ar-H x 3); 7.42-7.33 (t, 2H, Ar-H x 2); 7.33-7.26 (t, 2H, Ar-H x 2); 7.25-7.19
(m, 2H, Ar-H x 2); 7.17-7.01 (m, 4H, Ar-H x 4); 6.98-6.93 (m, 1H, 6-H); 5.28-
2.19 (d, J=17.94, 1H, 1’-Ha); 4.80-4.78 (m, 1H, 3-H); 4.46-4.32 (m, 2H, 13””-
CH2); 4.24-4.16 (m, 1H, 14””-H); 4.16-4.06 (d, J=17.94, 1H, 1’-Hb); 3.66-
3.10 (m, 23H, H-alifatici); 2.54-2.40 (m, 4H, 1””-CH2 e 2””-CH2); 2.10-2.00
(m, 2H, 4””-CH2); 1.88-1.26 (m, 20H, H-alifatici); 1.18-1.12 (s, 9H, COtBu).
HRMS per C64H87N8011 [M+H+]: 1143.6494 (teorico); 1143.6495 (trovato)
1'
2''
3
4
5''
6
7
8
9
4''
6''
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
N
NO
O
HN
O
HN
O NH
HN
O
O
NH
OO
O NH
O
O
1''''
2''''
3''''
4''''
5'''' 6''''
7'''' 8''''
9'''' 10''''
11''''
12'''' 13''''
14''''
15''''16''''
17''''
18''''
19''''
20''''21''''
22''''
Parte Sperimentale
86
Sintesi di Z-360-NH-Ex-NH-Peg-NH2 (sintesi convergente)
METODO A
Ad una soluzione di Z-360-NH-Ex-Peg-NH-Fmoc (11.0 mg, 10.0 µmoli) in
DMF (1 mL) è stata aggiunta piperidina (0.2 mL) sotto costante agitazione.
La miscela è stata lasciata in agitazione per 15 minuti (TLC: CHCl3/MeOH
9:1).
La miscela di reazione è stata ripresa con EtOAc (10 mL) e sottoposta a
lavaggi con una soluzione acquosa satura di NH4Cl (5 mL x 2). La fase
organica è stata anidrificata e il solvente allontanato a vuoto. Il residuo è stato
purificato mediante colonna cromatografica (CHCl3/MeOH 9:1) ottenendo
così Z-360-NH-Ex-NH-Peg-NH2.
A causa della formazione di sottoprodotti questa metodica è stata
abbandonata.
METODO B
Una soluzione di Z-360-NH-Ex-Peg-NH-Fmoc (70.0 mg, 60.0 µmoli) in DMF
(5 mL) è stata posta sotto agitazione in bagno di ghiaccio per 15 minuti. Alla
miscela, costantemente mantenuta in bagno di ghiaccio, è stata aggiunta
piperidina (0.2 mL) sotto costante agitazione. La miscela è stata lasciata in
agitazione per 15 minuti (TLC: CHCl3/MeOH 9:1). La miscela di reazione è
stata ripresa con EtOAc (20 mL) e sottoposta a lavaggi con una soluzione
acquosa satura di NH4Cl (10 mL x 2). La fase organica è stata anidrificata e il
ONH
O
O NH
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
Fmoc3
O
NH
O
O NH2
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
3
Parte Sperimentale
87
solvente allontanato a vuoto. Il residuo è stato purificato mediante colonna
cromatografica (CHCl3/MeOH 9:1) ottenendo così Z-360-NH-Ex-NH-Peg-
NH2 (11.0 mg, resa 20%).
METODO C
Una soluzione di Z-360-NH-Ex-Peg-NH-Fmoc (0.1 g, 0.1 mmoli) in DMF (2
mL) è stata posta sotto agitazione in bagno di ghiaccio per 10 minuti. Alla
miscela, costantemente mantenuta in bagno di ghiaccio, è stata aggiunta
morfolina (2 mL) sotto costante agitazione. La miscela è stata lasciata in
agitazione per 1,5 ore a temperatura ambiente (TLC: CHCl3/MeOH 9:1).
Il solvente di reazione è stato concentrato a secchezza (azeotropo toluene). Il
residuo è stato purificato mediante colonna cromatografica (CHCl3/MeOH
9:1) ottenendo così Z-360-NH-Ex-NH-Peg-NH2 (0.1 g, resa 97%).
1'
2''
3
4
5''
6
7
8
9
4''
6''
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
N
NO
O
HN
O
HN
O NH
HN
O
O
NH
OO
O NH2
1''''
2''''
3''''
4''''
5'''' 6''''
7'''' 8''''
9'''' 10''''
11''''
12''''
1H-NMR (MeOD-d4): 7.76-7.73 (m, 1H, Ar-H); 7.48-7.43 (m, 1H, Ar-H);
7.40-7.35 (m, 1H, Ar-H); 7.34-7.25 (m, 3H, Ar-H x 3); 7.11-7.03 (m, 2H, Ar-
H x 2); 5.23-5.15 (d, J=17.94, 1H, 1’-Ha); 4.61-4.53 (dd, J=6.98, 1H, 3-H);
4.44-4.35 (d, J=17.94, 1H, 1’-Hb); 3.65-3.34 (m, 18H, H-alifatici); 3.25-3.18
(m, 3H, H-alifatici); 3.10-3.05 (m, 2H, 12”” CH2); 2.47-2.44 (s, 4H, 1””-CH2
e 2””-CH2); 2.12-2.02 (m, 1H, H-alifatico); 1.95-1.26 (m, 21H, H-
alifatici),1.26-1.20 (s, 9H, COtBu).
HRMS per C64H77N809 [M+H+]: 921.5814 (teorico); 921.5806 (trovato)
Parte Sperimentale
88
5.3.3.3 Sintesi di IP2
Sintesi di IP2-tris(tert-butil estere)
METODO A
Ad una soluzione di DOTA-tris(tert-butil estere) (27.0 mg, 47.0 µmoli) in
acetonitrile (1 mL) è stato aggiunto CDI (12.0 mg, 70.0 µmoli). La miscela è
stata posta sotto agitazione a reflusso con pipa di calcio per 3 ore. Dopo
raffreddamento un’aliquota della miscela di reazione è stata diluita in MeOH
ed analizzata mediante TLC (TLC CHCl3/MeOH 9:1).
Alla miscela è stata aggiunta TEA (42.0 mg, 0.4 mmoli) e, a distanza di 10
minuti, una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH-Peg-NH2 (52.0 mg, 57.0 µmoli)
in acetonitrile (3 mL). La miscela è rimasta in agitazione a temperatura
ambiente con pipa di calcio per 1 ora (TLC CHCl3/MeOH 9:1).
Poiché è stata ottenuta una miscela complessa di prodotti questa metodica è
stata abbandonata.
METODO B
Ad una soluzione di DOTA-tris(tert-butil estere) (40.0 mg, 71.0 µmoli) in
DMF (2 mL) sono state aggiunti BOP (35.0 mg, 80.0 µmoli) e TEA (16.0 mg,
0.2 mmoli) rispettivamente. La miscela è stata mantenuta in agitazione per 10
N N
N N
O
O O O
O
OHO O
ONH
O
O NH
N
N
O HN
O
HN
O
NH
O
HN
N
N
N
N
OO
O
O
OO
O
ONH
O
O NH2
N
N
O HN
O
HN
O
NH
O
HN
3
3
Parte Sperimentale
89
minuti trascorsi i quali è stata aggiunta una soluzione di Z-360-NH-Ex-NH-
Peg-NH2 (74.0 mg, 80.0 µmoli) in DMF (2 mL). La miscela di reazione è stata
mantenuta in agitazione per 24 ore a temperatura ambiente (TLC:
CHCl3/MeOH 9:1).
La miscela è stata concentrata a secchezza, ripresa con EtOAc (10 mL) e
successivamente sottoposta a lavaggi con una soluzione acquosa satura di
NH4Cl (5 mL x 2). La fase organica è stata anidrificata e concentrata a
secchezza. Il residuo ottenuto è stato purificato con colonna cromatografica
(CHCl3/MeOH 9:1) ottenendo così IP2-tris(tert-butil estere). (30.7 mg, resa
30%)
O
NH
O
OO
O NH
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
N
N
N
N
OO
O
O
OO
O
9
8
7 6
4
3
1' 4"5"
6"2"
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
1''''
2''''
3''''
4''''
5'''' 6''''
7'''' 8''''
9'''' 10''''
11''''
12''''
1H-NMR (CDCl3): 8.10-8.04 (s all, 1H, Ar-H); 7.68-7.56 (m, 2H, Ar-H x 2);
7.40-7.28 (m, 2H, Ar-H x 2); 7.24-7.18 (m, 3H, Ar-H x 3); 6.84-6.78 (m, 1H,
NH); 6.60-6.52 (m, 1H, NH); 5.30-5.20 (d, J=17.94, 1H, 1’-Ha); 4.78-4.66
(m, 1H, 3-H); 4.18-4.08 (d, J=17.94, 1H, 1’-Hb); 3.64-3.12 (m, 35H, H-
alifatici); 2.68-2.42 (m, 16H, H-DOTA); 2.10-2.00 (m, 2H, H-alifatici); 1.88-
1.50 (m, 16H, H-alifatici); 1.46-1.42 (m, 27H, COOtBu-DOTA x 3); 1.37-1.33
(m, 4H, 3”’-CH2 e 4”’-CH2); 1.18-1.16 (s, 9H, COtBu).
HRMS per C77H127N12016 (M+H+): 1475.9493 (teorico); 1475.9584 (trovato)
Parte Sperimentale
90
Sintesi di IP2
ONH
O
O NH
N
N
O HN
OHN
O
NH
O
HN
N
N
N
N
OO
O
O
OO
O
Acido Trifluoriacetico 30%,
Diclorometano
3
ONH
O
O NH
N
N
O HN
OHN
O
NH
O
HN
N
N
N
N
OOH
O
OH
OHO
O
3
Una soluzione di IP2-tris(tert-butil estere) (30.7 mg, 21.0 µmoli) in DCM (2
mL) è stata posta in bagno di ghiaccio per 20 minuti fino al raggiungimento
di 0 °C.
Alla soluzione è stato aggiunto TFA (0.6 mL) goccia a goccia. La miscela di
reazione è stata lasciata in agitazione per tutta la notte a temperatura ambiente
(TLC: CHCl3/MeOH 9:1).
La soluzione è stata concentrata a secchezza ottenendo IP2 (27.0 mg, resa
quantitativa).
Parte Sperimentale
91
O
NH
O
OO
O NH
N
N
OHN
O
HN
O
NH
O
HN
N
N
N
N
OOH
O
OH
OHO
O
9
8
7 6
4
3
1' 4"5"
6"2"
1'''
2'''
3'''
4'''
5'''
6'''
1''''
2''''
3''''
4''''
5'''' 6''''
7'''' 8''''
9'''' 10''''
11''''
12''''
1H-NMR (MeOD-d4): 7.91-7.86 (d, J=8.12, 1H, Ar-H); 7.77-7.72 (d, J=8.12,
1H, Ar-H); 7.60-7.53 (m, 1H, Ar-H); 7.52-7.46 (m, 1H, Ar-H); 7.44-7.25 (m,
3H, Ar-H x 3); 7.15-7.02 (m, 1H, Ar-H); 5.24-5.16 (d, J=17.94, 1H, 1’-Ha);
4.60-4.46 (m, 1H, 3-H); 4.43-4.34 (d, J=17.94, 1H, 1’-Hb); 3.65-3.45 (m, 14H,
H-alifatici); 3.40-3.15 (m, 16H, H-alifatici); 2.47-2-44 (s, 4H, 1””-CH2 e 2””-
CH2); 2.12-2.03 (m, 1H, H-cicloesano); 1.80-160 (m, 4H, H-alifatici); 1.64-
1.56 (m, 4H, H-alifatici); 1.54-1.44 (m, 4H, H-alifatici); 1.40-1.30 (m, 10H,
H-alifatici); 1.26-1.22 (s, 9H, COtBu).
HRMS per C65H103N12016 [M+H+]: 1307.7615 (teorico); 1307.7650 (trovato)
Parte Sperimentale
92
5.3.4. TENTATIVO DI SINTESI DEL LINKER
IDROFILICO POLIMERICO
Sintesi Propargil-Maleimide
O OONH2
AcetoneN
O
O
Una soluzione di anidride maleica (2.0 g, 20.0 mmoli) in acetone (10 mL) è
stata posta a reflusso. Alla soluzione è stata aggiunta propargilmaleimide (1.0
g, 18.2 mmoli). La miscela è stata mantenuta sotto agitazione a reflusso per 2
ore.
La miscela è stata concentrata a secchezza. Il crudo ottenuto e stato purificato
mediante ricristallizzazione (Etere dietilico/MeOH 4:1).
Il precipitato è stato recuperato per filtrazione e lavato con Etere dietilico
ottenendo così la Propargil maleimide (0.4 g, resa 15%).
N
O
O
1
23
4
1H-NMR (CDCl3): 6.42 (d, J=12.7, 1H, CH=CH); 6.23 (d, J=12.7, 1H,
CH=CH); 4.19 (q, J=2.7, 2H, CH2); 2.36-2.33 (t, J=2.7, 1H, CH).
Parte Sperimentale
93
Sintesi di N-Boc-N’-RAFT-esan-1,6-diammina
NH2
HN
Boc
O
HOS
NC
S
S
NH
HN
Boc
O
S
NC S
S
EDCl, N-Idrosuccinimmide,
Diclorometano
Una soluzione di N-Boc-1,6-esandiammina (76.0 mg, 0.4 mmoli) e RAFT
(58.0 mg, 0.2 mmoli) in DCM (25 mL) è stata posta in agitazione in bagno di
ghiaccio con pipa di calcio fino al raggiungimento di 0°C.
Alla soluzione è stata aggiunta NHS (54.0 mg, 0.4 mmoli). La miscela di
reazione è stata posta in agitazione in atmosfera di N2 per 10 minuti trascorsi
i quali è stato aggiunto EDCl (84.0 mg, 0.4 mmoli). Dopo aver ripristinato
l’atmosfera di N2 la miscela è rimasta in agitazione per 24 ore (TLC:
CHCl3/MeOH 9:1).
La miscela di reazione è stata concentrata a secchezza e ottenuto purificato
con colonna cromatografica (CHCl3/MeOH 9:1) ottenendo così N-Boc-N’-
RAFT-esan-1,6-diammina (70.0 mg, resa 68%).
HN
NH
O
S
NC S
SO
O1
2
3
4
5
6
1'
2'
3'
4'
5'
1H-NMR (CDCl3): 3.38-3.31 (q, 2H, 1-CH2); 3.28-3.21 (q, 2H, 6-CH2); 3.15-
3.07 (m, 2H, 4’-CH2); 2.56-2.44 (m, 3H, H-alifatici); 2.42-2.34 (m, 1H,H-
alifatico); 1.90-1.88 (s, 3H, 3’-CH3); 1.54-1.46 (m, 4H, 2-CH2 e 5-CH2); 1.45-
1.42 (s, 9H, COOtBu); 1.38-1.30 (m, 7H, 3-CH2, 4-CH2, 5’-CH2).
Parte Sperimentale
94
Polimerizzazione con N-Boc-N’-RAFT-esan-1,6-diammina
NH
HN
Boc
O
S
NC S
S
O
HOHO
HOOH
ONH
O
NH
O
OH
VA-044, Acqua, Diossano
NH
HN
Boc
O
NCS S
S
HN
O
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
m n
Ad una soluzione di N-(2-mannosil)-etil acrilammide (57.0 mg, 0.2 mmoli) e
N-(2-idrossi)-etil acrilammide (23.5 mg, 0.2 mmoli) in acqua (70 µL) è stata
aggiunta una soluzione di N-Boc-N’-RAFT-esan-1,6-diammina (18.8 mg,
40.0 µmoli) in diossano (60 µL) e una soluzione acquosa di VA-044 (50 µL)
avente una concentrazione di 5.6 mg/mL. La miscela è stata degasata con N2
per 30 minuti in bagno di ghiaccio e successivamente posta in agitazione in
bagno d’olio (60 °C) per tutta la notte.
La miscela di reazione è stata precipitata in THF. Il precipitato ottenuto è stato
sottoposto a lavaggi con THF ottenendo così il polimero d’interesse.
A causa dell’eccessivo peso molecolare del polimero ottenuto questa metodica
è stata successivamente abbandonata.
Parte Sperimentale
95
Tentativo di addizione della propargil-maleimide al polimero
NH
HNBoc
O
NCS S
S
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
Trietilammina, N,N-Dimetilformammide
Esilammina
NH
HN
Boc
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
Una miscela di polimero (110.0 mg, 40.0 µmoli) e propargil-maleimide (32.0
mg, 90.0 µmoli) in DMF (2 mL) è stata degasata con N2 per 30 minuti. Alla
miscela è stata aggiunta esilammina (89.0 mg, 0.9 mmoli) e TEA (13.4 mg,
0.1 mmoli). La miscela di reazione è stata posta in agitazione in atmosfera di
N2 per 6 ore trascorse le quali è stata precipitata in THF. Non essendo riusciti
a caratterizzare con certezza il prodotto ottenuto questa metodica è stata
successivamente abbandonata.
Parte Sperimentale
96
Tentativo di deprotezione del gruppo amminico terminale
NH
HN
Boc
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
m n
Acido Trifluoriacetico 30%,
Diclorometano
N
O
O
NH
H2NO
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
m n
N
O
O
Una soluzione di Polimero-NH-Boc (1.4 g, 0.6 µmoli) in DCM (0.5 mL) è
stata posta in bagno di ghiaccio per 20 minuti fino al raggiungimento di 0 °C.
Alla soluzione è stato aggiunto TFA (0.15 mL) goccia a goccia. La miscela di
reazione è stata lasciata in agitazione per 1 ora a temperatura ambiente.
La soluzione è stata concentrata a secchezza.
Il residuo ottenuto è stato analizzato mediante spettroscopia 1H-NMR e
mediante analisi TNBS seguendo la metodica “ANALISI TNBS” ma non
essendo riusciti a caratterizzare con certezza il prodotto ottenuto questa
metodica è stata successivamente abbandonata.
Parte Sperimentale
97
Polimerizzazione con RAFT agent
HO
O
S
NC S
S
O
HOHO
HOOH
ONH
O
NH
O
OH
VA-044, Acqua, Diossano
HO
O
NCS S
S
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
Ad una soluzione di N-(2-mannosil)-etil acrilammide (210.5 mg, 0.8 mmoli)
e N-(2-idrossi)-etil acrilammide (87.5 mg, 0.8 mmoli) in acqua (149 µL) è
stata aggiunta una soluzione di RAFT agent (40.0 mg, 0.2 mmoli) in diossano
(37.3 µL) e una soluzione di VA-044 (34.6 µL) avente una concentrazione di
28 mg/mL. La miscela è stata degasata con N2 per 30 minuti in bagno di
ghiaccio e successivamente posta in agitazione in bagno d’olio (60 °C) per
tutta la notte.
La miscela di reazione è stata precipitata in THF. Il precipitato ottenuto è stato
sottoposto a lavaggi con THF ottenendo così il polimero d’interesse. (resa 92
%)
HO
O
NCS S
S
HN
O
HN
O
OHOOHO
OH
HO OH
a
b
a'
b'
5 5
c c'
1H-NMR (DMSO): 7.90-7.30 (m, 2H, NH [c, cʹ]); 4.90-4.40 (m, 5H,
OHmannosio); 2.00-1.70 (m, 2H, CH backbone polimero [b, bʹ]); 1.60-1.20 (m,
20H, CH2 backbone polimero, [a, aʹ]).
Parte Sperimentale
98
Tentativo di addizione della propargil-maleimide al polimero
Una miscela di polimero (100.0 mg, 40.0 µmoli) e propargil-maleimide (14.9
mg, 80.0 µmoli) in DMF (2 mL) è stata degasata con N2 per 30 minuti. Alla
miscela è stata aggiunta esilammina (40.5 mg, 0.4 mmoli) e TEA (40.5 mg,
0.4 mmoli). La miscela di reazione è stata posta in agitazione in atmosfera di
N2 per 6 ore trascorse le quali è stata precipitata in THF. Non essendo riusciti
a caratterizzare con certezza il prodotto ottenuto questa metodica è stata
successivamente abbandonata.
HO
O
NCS S
S
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
Trietilammina, N,N-Dimetilformammide,Esilammina
HO
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
Parte Sperimentale
99
Tentativo di cicloaddizione di Huisgen azide-alchino
HO
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
O
N3 NH
ONH2
HO
O
NCS
HNO
HNO
OHOOHO
OH
HO OH
5 5
N
O
ON N
N
HN
O
NH2
Tert-butil alcol, CuSO4,Sodio ascorbato
Una sospensione di polimero (58.0 mg, 20.0 µmoli) e azide (2.6 mg, 20.0
µmoli) in Tert-butil alcol sono stati posti sotto flusso di azoto per 10 minuti in
vial chiusa. Alla sospensione è stata successivamente addizionata una
soluzione di ascorbato di sodio 1M (23 µL) e una soluzione di CuSO4 1M (23
µL).
La reazione è stata condotta in microonde alla temperatura di 80°C alla
potenza di 100 W per 1 minuto.
La miscela di reazione è stata successivamente precipitata in THF.
Non essendo riusciti a caratterizzare con certezza il prodotto ottenuto e avendo
riscontrato delle notevoli difficoltà nel rimuovere i sali di rame formatisi nel
corso della reazione, questa metodica è stata successivamente abbandonata.
Parte Sperimentale
100
5.3.5 ANALISI TNBS: IDENTIFICAZIONE DI GRUPPI
AMMINICI PRIMARI
Preparazione della retta di taratura con Gly-Gly:
Una soluzione 10 mg/mL di Gly-Gly in acqua milliQ è stata diluita fino
all’ottenimento di una concentrazione 0,4 mM.
La soluzione acquosa di TNBS 5M a disposizione è stata diluita 1:30 per
eseguire il test.
Una soluzione di Borato 0.1 M a pH 9.3 è stata impiegata come tampone
durante il test.
I campioni (saggio eseguito in doppio) per la retta di taratura sono stati
preparati come segue.
Gly-Gly
(µL)
Tampone
(µL)
TNBS
(µL)
µmol/mL
NH2
ABS 1 ABS 2 ABS
media
1
(Bianco)
0 970 30 0 0 0 0
2 15 955 30 0.006 0.036 0.090 0.063
3 50 920 30 0.02 0.126 0.139 0.133
4 70 900 30 0.028 0.281 0.297 0.289
5 150 820 30 0.06 0.684 0.710 0.697
6 200 770 30 0.08 0.937 0.938 0.938
Tabella 3. Dati relativi al volume dei campioni e loro assorbanza impiegati
per la costruzione della retta di taratura.
In seguito all’aggiunta del TNBS i campioni a concentrazione nota sono stati
posti al buio per 30 minuti e successivamente è stata eseguita una lettura
spettrofotometrica a 420 nm ottenendo così i valori relativi a ABS 1 e ABS 2
i quali hanno permesso di delineare una retta di taratura.
Parte Sperimentale
101
Figura 19. Retta di taratura utilizzata per l’analisi TNBS
Preparazione del campione incognito:
NH
NH2
O
CNS
NHO
NHO
HO OOHO
OH
HOOH
nm
N
O
O
Figura 20. Polimero analizzato mediante saggio TNBS
Pesando un’esatta quantità di polimero (1.4 mg) è stata preparata una
soluzione madre in acqua milli Q (0.9 mL) avente la concentrazione di 1.6
mg/mL.
Dalla soluzione madre sono stati prelevati 200 µL i quali sono stati
successivamente diluiti con 870 µL di soluzione tampone. Alla soluzione così
ottenuta sono stati aggiunti 30 µL della soluzione di TNBS precedentemente
preparata.
Il campione incognito è stato posto al buio per 30 minuti e successivamente è
stata eseguita una lettura spettrofotometrica a 420 nm.
y = 12,012x - 0,0352R² = 0,9895
-0,2
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1
AB
S 4
20
nm
µmoli/mL NH2
Retta taratura gly-gly
Parte Sperimentale
102
ABS 1 ABS 2 Media µmoli/mL NH2
Campione incognito 0.057 0.063 0.06 7.93*10-3
Tabella 4. Valori di assorbanza del campione incognito e concentrazione dei
gruppi amminici presenti.
Inserendo i valori relativi all’assorbanza del campione incognito nella retta di
taratura è stata ricavata la concentrazione relativa ai gruppi amminici primari
presenti nel polimero (7.93*10-3 µmoli/mL).
Essendo questi in rapporto 1:1 con il polimero è stato possibile risalire al suo
peso molecolare (18500 Da).
103
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