SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle … · Joubert nella quale, oltre ad atassia,...

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I^ Facoltà di Medicina e Chirurgia C.L.U.P.S. in FISIOTERAPIA Sede di Latina Presidente : Prof. Francesco Pierelli Tesi di laurea SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle Funzioni Bulbari Relatore: Candidato: Prof. Carlo Casali Giuseppe Falangone Anno Accademico 2006/2007

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I^ Facoltà di Medicina e Chirurgia

C.L.U.P.S. in FISIOTERAPIA Sede di Latina

Presidente : Prof. Francesco Pierelli

Tesi di laurea

SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle Funzioni

Bulbari Relatore: Candidato: Prof. Carlo Casali Giuseppe Falangone

Anno Accademico 2006/2007

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INDICE INTRODUZIONE…………………………………………………………… 3 Capitolo primo LE SINDROMI ATASSICHE……………………………………………… 4 1.1 Atassie cerebellari congenite…………………………………………….. 7 1.2 Atassie ereditarie cerebellari a trasmissione autosomica dominante….… 10 1.3 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo I………………….……. 11 1.4 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo II…………………….... 12 1.5 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo III………………....…... 13 1.6 Sindromi atassiche autosomiche recessive - Atassia di Friedreich………. 14 1.7 Atassie metaboliche……………………………………………………… 16 1.8 Sindromi atassiche legate al dna mitocondriale………………………… 17 1.9 SARA (Scala per la valutazione e classificazione dell’atassia)…………. 19 1.10 Trattamento multidisciplinare…………………………………………... 22 Capitolo secondo LA DISARTRIA………………………………………………………...….... 23 2.1 Anatomo-fisiologia della voce……………………………………………. 24 2.2 Disartria atassica………………………………………………………….. 33 2.3 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disartria……………….. 36 2.4 Strategie di comunicazione per persone con atassia…………………….... 38 2.5 Strategie per l’ascoltatore…………………………………………………. 40 2.6 Il ruolo del logopedista-fisioterapista..............................................…….... 42 2.7 Lee Silverman Voice Treatment………………………………………….. 43 2.8 Trattamento basato sulla chiarezza e la prosodia………………………..... 46 Capitolo terzo LA DISFAGIA ……………………………………………………………… 47 3.1 Anatomo-fisiologia della deglutizione…………………………………… 48 3.2 Complicanze……………………………………………………………… 54 3.3 Team multidisciplinare…………………………………………………… 54 3.4 Valutazione clinica……………………………………………………….. 56 3.5 Obiettivi del trattamento…………………………………………………. 61 3.6 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disfagia………………. 62 3.7 Strategie di deglutizione per persone con atassia………………………… 65 3.8 Il ruolo del logopedista-fisioterapista ……….....………………………… 69 Capitolo quarto QUESTIONARIO…………………………………………………...………. 70 CONCLUSIONI……………………………………………………………... 76 Bibliografia…………………………………………………………………... 77

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INTRODUZIONE

Questo lavoro si prefigge di valutare, dopo un introduzione generale

sulle sindromi atassiche, la situazione attuale riguardo la presenza di

alterazioni delle funzioni bulbari ed eventuali trattamenti riabilitativi.

Verrà descritto il ruolo del logopedista e del fisioterapista, saranno

esposti dei consigli concreti per facilitare la comunicazione e la

deglutizione del paziente e si cercheranno dei criteri di valutazione.

Un questionario evidenzierà nel concreto la presenza di disartria e di

disfagia nei pazienti atassici intervistati mettendo in luce la loro reale

situazione.

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Capitolo primo

LE SINDROMI ATASSICHE

ATASSIA dal greco “ataxis”: assenza di ordine

Le sindromi atassiche sono un gruppo eterogeneo di patologie

neurologiche, caratterizzato clinicamente da incoordinazione motoria

e disturbi dell’equilibrio e del cammino.

IL “MOSAICO” DELL’ATASSIA CEREBELLARE

1. DISMETRIA: Disturbo della posizione finale e della traiettoria di

un movimento

2. ASINERGIA: Frammentazione di un movimento fluido in una

serie di componenti irregolari e a scatti.

3. ADIADOCOCINESI: Incapacità di eseguire con ritmo rapido

movimenti in direzioni opposte

4. DISCRONOMETRIA: Ritardo iniziale di un movimento e suo

prolungamento eccessivo

5. BRADITELECINESIA: Rallentamento terminale del movimento

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I deficit possono essere provocati da patologie a carico del cervelletto

e delle sue vie afferenti ed efferenti. Le sindromi atassiche cerebellari

e spinocerebellari possono essere sommariamente suddivise in:

a) Congenite

b) Acquisite (dovute a cause identificabili)

c) Ereditarie

d) Forme neurodegenerative sporadiche a eziologia ignota

(tabella 1)

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Classificazione delle Sindromi Atassiche

Esordio neonatale-infantile Sporadiche, autosomico-recessive o legate all’X Spesso segni clinici associati (ritardo mentale, atrofia ottica, spasticità)

Difetti di Sviluppo embrionario

Forme non evolutive

Autosomico-dominanti ADCA tipo I-II-III (SCA 1…25) Atassie episodiche (EA1 e, EA2) DRPLA

Autosomico-recessive

Atassia di Friedreich Atassia telangiectasia Atassia con aprassia oculomotoria (AOA1 E AOA2) Atassia da defici vitamina E Abetalipoproteinemia Malattia di Refsum Altre atassie metaboliche

X-linked Atassia con anemia sideroblastica (XLSA/A)

DNA mitocondriale

Neuropatia, atassia, retinite pigmentosa (NARP), Myoclonus Epilepsy with Ragged-Red Fibers (stroke) (MERRF)

Immunitarie Infettive Neuropatie Neoplasie

Sclerosi Multipla, sindromi paraneoplastiche, autoimmuni Infezioni virali acute, meningiti

Endocrine Gastrointestinali

Celiachia, malassorbimento vitamina E

Atrofia Multisistemica Degenerazione striatonigrica (SND)

Tabella 1

Sindrome di Shy-Drager (SDS)

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1.1 Atassie cerebellari congenite

Lo sviluppo embriologico del cervelletto si protrae nel periodo post-

natale, fino al terzo anno di vita, e richiede l’espressione programmata

nel tempo di più geni. Tutto ciò rende le strutture cerebellari

suscettibili ad anomalie genetiche e a insulti infettivi, vascolari, tossici

e fisici.

Le atassie cerebellari congenite costituiscono un gruppo eterogeneo di

malattie sicuramente rare, ma probabilmente anche sotto-

diagnosticate, in cui la patologia è presente sin dalla nascita. D’altra

parte, la valutazione delle funzioni cerebellari può risultare molto

difficile nei primi anni di vita, quando il cervelletto e le vie cerebellari

non hanno ancora completato la loro maturazione e il bambino

normale è fisiologicamente “atassico”. Un’atassia congenita può

quindi manifestarsi in maniera aspecifica. Per esempio: un ritardo

nell’acquisizione delle tappe motorie oppure prima ancora dell’atassia

della marcia e degli arti, possono risultare evidenti ipotonia, nistagmo,

tremore intenzionale, o segni associati, come ritardo mentale,

spasticità e microcefalia. L’atassia spesso non è progressiva e talora

può esservi miglioramento nel corso degli anni.

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Nell’ambito delle atassie cerebellari congenite distinguiamo, dunque,

forme non sindromiche, che hanno presentazione aspecifica, e forme

sindromiche, che presentano caratteri peculiari che ne permettono il

riconoscimento clinico (Harding,1984).

La presentazione clinica è più caratteristica nelle forme sindromiche,

le quali sono tutte genetiche (Tabella 2).

La forma più frequente di atassia ereditaria congenita è la sindrome di

Joubert nella quale, oltre ad atassia, disartria, ritardo motorio, tremore,

nistagmo, sono presenti episodi di iperpnea e apnea, aprassia

oculomotoria, facies dismorfica e agenesia del verme. Il quadro della

RM è caratteristico, con ipoplasia del verme, approfondimento della

fossa interpeduncolare posteriore, ispessimento e allungamento dei

peduncoli cerebellari superiori, da cui risulta l’apparenza di un dente

molare (molar tooth sign). La sindrome è eterogenea dal punto di vista

genetico; una forma è causata da mutazioni del gene AHI1.

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Tabella 2

Forma Trasmissione Quadro Clinico

Ipoplasia cerebellare AR Presentazione aspecifica

Ipoplasia delle cellule dei granuli AR Presentazione aspecifica

Ipoplasia pontocerebellare tipo 2 AR Presentazione aspecifica

Sindrome con disequilibrio AR Presentazione aspecifica

Sindrome di Joubert AR Episodi di iperpnea/apnea, anomalie dei movimenti oculari, facies dismorfica, agenesia del verme

COACH syndrome AR Ipoplasia vermiana, oligofrenia, coloboma, fribrosi epatica

Sindrome di Gillespie AR Ritardo mentale, aniridia parziale

Sindrome da glicoproteine deficienti in carboidrati, tipo 1

AR Ritardo psicomotorio e di crescita, neuropatia, epatopatia, lipodistrofia

CAMOS AR Ritardo psicomotorio e di crescita, atrofia ottica, alterazioni cutanee

Ipoplasia cerebellare congenita X-legata X-legata Ritardo motorio, oftalmoplegia,

ipoplasia cerebellare

Sindrome del Paine X-legata Microcefalia, ritardo psicomotorio, convulsioni, atrofia ottica, spasticità e ipoplasia olivo-ponto-cerebellare

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1.2 Atassie ereditarie cerebellari a trasmissione autosomica dominante

Harding (1982) ha proposto una classificazione clinica che è stata

ampiamente accettata:

ADCA tipo I: è la forma più frequente ed è caratterizzata da atassia

cerebellare progressiva, variamente associata con oftalmoplegia,

demenza, atrofia ottica, amiotrofia e segni piramidali ed

extrapiramidali.

ADCA tipo II è caratterizzato da una degenerazione retinica

pigmentaria.

ADCA tipo III è una forma cerebellare “pura” a esordio più tardivo,

nella quale sono assenti segni oculari, demenza e segni

extrapiramidali.

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1.3 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo I Prevalenze maggiori di questa forma sono state riportate nelle

Azzorre, nella regione di Holguin (Cuba) e in Calabria, probabilmente

per la presenza di un effetto fondatore.

Eziologia: Espansioni patologiche CAG in SCA 1-3, 12 e CTG in

SCA 8 sono associate ad ADCA tipo I.

Sintomatologia: L’età media dell’esordio è 34 anni con range dalla 1°

alla 7° decade.

Circa il 10 per cento dei pazienti ha esordio prima dei 20 anni e il 95

per cento ha manifestato la malattia all’età di 65 anni.

Il quadro clinico è caratterizzato da una costante atassia della

deambulazione, che è il sintomo di esordio più frequente, disartria

quasi costante e dismetria molto frequente. Anomalie dei movimenti

oculari sono presenti in più del 70 per cento dei pazienti.

L’oftalmoplegia sopranucleare si evidenzia inizialmente con una

paralisi dello sguardo verticale e può portare nel corso della malattia a

una paralisi dello sguardo in tutte le direzioni.

La risonanza magnetica mostra costante atrofia cerebellare,

usualmente associata ad atrofia della parte ventrale del tronco.

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1.4 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo II ADCA tipo II è caratterizzata da distrofia maculare pigmentaria e

rappresenta circa il 5 per cento delle famiglie dominanti. I reperti

patologici sono quelli di un’atrofia olivopontocerebellare.

Sintomatologia: L’età di esordio è usualmente più precoce che nella

ADCA tipo I, ma può variare da 6 mesi a 60 anni. La malattia

esordisce usualmente con atassia, preceduta da disturbo visivo in un

terzo dei casi. Il quadro clinico non è specifico ed è caratterizzato da

atassia, segni piramidali, oftalmoplegia sopranucleare, saccadi

rallentate, occasionali movimenti coreiformi e talora demenza. I

sintomi oculari consistono in ridotta acuità visiva centrale con

conservazione della visione periferica, con progressione verso la

cecità. L’esame del fundus mostra granuli di pigmento nella macula.

Negli stadi tardivi di malattia è presente atrofia ottica.

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1.5 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo III Le ADCA di tipo III sono rappresentate da forme di atassia

cerebellare “pura”, lentamente evolutive a esordio tardivo.

Rappresentano il 5-15 per cento di ampie casistiche di atassie

dominanti. Il reperto patologico è usualmente quello di un’atrofia

cerebellare corticale.

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1.6 Sindromi atassiche autosomiche recessive Atassia di Friedreich E’ stata la prima atassia degenerativa a essere descritta ed è anche la

forma più frequente nei paesi occidentali: la sua frequenza nella

popolazione è di 1/500.000 mentre 1/100 è quella dei portatori sani.

La malattia è assente in Cina, Giappone e nella popolazione nera sub-

sahariana.

L’atassia della deambulazione è il sintomo iniziale più frequente;

compaiono poi dismetria e disartria cerebellare.

L’esame obiettivo mostra areflessia osteotendinea, ipopallestesia, e

molto frequentemente compare il segno di Babinski. Le anomalie dei

movimenti oculari, quasi costanti, consistono in instabilità della

fissazione, frammentazione saccadica dei movimenti lenti di

inseguimento e dismetria dei saccadici. In un terzo dei pazienti è

presente nistagmo nello sguardo laterale. Scoliosi e piede cavo sono

molto frequenti.

Con il progredire della malattia si aggravano i segni cerebellari e

compaiono ipostenia prossimale agli arti inferiori, amiotrofie distali,

disfagia per i liquidi, turbe sfinteriche. Possono essere presenti atrofia

ottica e ipoacusia, le funzioni cognitive sono invece normali.

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Il diabete mellito, presente nel 15-20 per cento dei pazienti, compare

in genere nelle fasi avanzate della malattia. Dopo un tempo mediano

di 15 anni dall’esordio, il paziente è costretto alla sedia a rotelle. La

sopravvivenza media è di 36 anni dall’esordio della malattia ed è

ridotta dalla presenza di diabete e di cardiomiopatia ipertrofica (De

Michele e coll.,1996).

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1.7 Atassie metaboliche

Harding (1984) ha distinto le atassie cerebellari da difetto metabolico

noto in forme intermittenti e progressive. Sono entità cliniche rare,

con esordio precoce e trasmissione per lo più autosomica recessiva,

con specifiche alterazioni biochimiche che possono essere rivelate da

determinazioni di attività enzimatiche o di metabolici su siero o urine.

L’atassia spesso si associa ad altri segni neurologici e a

interessamento di altri organi.

La malattia, X-legata, si presenta nei maschi come una grave

encefalopatia iperammoniemica spesso fatale in età neonatale.

Nelle femmine il quadro clinico può variare dalla normalità a una

grave sintomatologia con ritardo psicomotorio e di crescita ed episodi

di vomito, atassia, confusione, convulsioni, precipitati da eccessiva

assunzione alimentare di proteine, da infezioni o da terapia con

valproato.

Le cause più frequenti di atassia metabolica progressiva sono deficit

di vitamina E, encefalomiopatie mitocondriali e malattie da accumulo.

Nei deficit di vitamina E un trattamento sostitutivo precoce può

migliorare il quadro clinico.

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1.8 Sindromi atassiche legate al dna mitocondriale

Le encefalomiopatie mitocondriali sono caratterizzate da alterazioni

morfologiche e biochimiche derivanti da deficit della fosforilazione

ossidativa, la via comune finale del metabolismo mitocondriale.

Il quadro clinico è multisistemico con prevalente interessamento di

muscolo scheletrico e cardiaco, sistema nervoso e sistema endocrino.

Può riscontrarsi aumento del lattato e della CPK nel siero e la biopsia

muscolare può mostrare accumulo di mitocondri anormali in sede

subsarcolemmale e intermiofibrillare (ragged-red fibers).

L’atassia progressiva può anche essere presente in altre malattie

metaboliche, quali leucodistrofie, gangliosidosi GM2,

ceroidolipofusci-nosi, colestanolosi, malattia di Wilson.

Nella maggior parte dei pazienti i sintomi di esordio della malattia

sono l’atassia della marcia e la difficoltà a mantenere la stazione

eretta. In altri casi, le prime manifestazioni della patologia consistono

in evidenti alterazioni scheletriche, in particolare la scoliosi.

Quest’ultimo segno clinico si presenta con una accentuata gravità

direttamente relativa alla precocità dell’inizio della sindrome atassica.

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Questa relazione si spiega con il fatto che l’atassia è fonte di disturbi

dell’ equilibrio e dei riflessi posturali con evidenti alterazioni

tridimensionali a carico della colonna vertebrale. L’areflessia degli

arti inferiori e le alterazioni della pallestesia e del senso di posizione

sono quasi sempre presenti fin dall’inizio. Nei due terzi dei casi il

riflesso plantare è in estensione. Si registra un progressivo deficit di

forza delle estremità, dovuto ad alterazioni dei fasci piramidali e

dell’atrofia muscolare distale. Il tono muscolare tende a diminuire e

alcuni pazienti possono avere spasmi spontanei in flessione.

Questi pazienti inoltre presentano nel decorso della malattia disturbi

del linguaggio (disartria), della fonazione, dei movimenti degli occhi e

della deglutizione (disfagia).

In meno del 10 per cento dei casi è presente ipoestesia tattile e

dolorifica. La presenza del dolore non è un prodotto in se dell’atassia,

ma è generalmente una sua conseguenza dovuta al fatto che i soggetti

assumono posizioni alterate del corpo e degli arti, sono più esposti alle

cadute e presentano una predisposizione alla insorgenza di dolori

articolari.

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1.9 SARA

Una delle scale riconosciute per la valutazione specifica delle

sindromi atassiche è la “Scala per la valutazione e classificazione

dell’atassia” (SARA), composta da otto item, comprendenti

l’osservazione della deambulazione, della stazione eretta e seduta, dei

disturbi del linguaggio, della prova di inseguire con il dito, della prova

indice-naso, movimenti veloci e alternati della mano, lo strisciare il

tallone lungo la tibia.

La SARA è utilizzata dall’Unità di Neuroriabilitazione della Clinica

neurologica del Policlinico Universitario “Federico II” di Napoli e

presso l’ICOT Polo pontino dell’Università “La Sapienza” di Roma.

(tabella 3)

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Scala per la valutazione e classificazione dell’Atassia (SARA) 3a versione

Deambulazione

Al paziente si chiede di camminare ad una distanza sicura dalla parete, con un cambio di direzione e di camminare in tandem (entrambi i piedi su di una unica linea, senza spazio tra il

tallone e la punta delle dita)

Stazione Eretta Al paziente viene chiesto di stare in posizione

naturale, con piedi uniti in parallelo ed in tandem. Sta ad occhi aperti e non deve

indossare scarpe.

0 Normale , nessuna difficoltà nel camminare, nel girare o camminare in tandem

0 Normale, capace di stare in tandem per più di 10 sec

1 Scarsa difficoltà, solo visibile quando cammina 10 passi consecutivi in tandem

1 Capace di stare a piedi uniti senza oscillare, ma non in tandem per più di 10 sec

2 Chiaramente anormale, camminare in tandem non è possibile per più di 10 passi

2 Capace di stare a piedi uniti per più di 10 sec, ma con oscillazioni

3 Considerevole barcollamento, difficoltà nel girare, ma senza sostegno

3 Capace di stare in piedi per più di 10 sec senza sostegno in posizione naturale, ma non a piedi uniti

4 Marcato barcollamento, richiesto il sostegno intermittente alla parete

4 Capace a stare in piedi per più 10 sec in posizione naturale solo con sostegno intermittente

5 Grave barcollamento, richiesto il sostegno permanente di un bastone o leggero sostegno di un braccio

5 Capace di stare in piedi per più di 10 sec in posizione naturale solo con un sostegno costante di un braccio

6 Cammina per più di 10 metri solo con sostegno ( due speciali bastoni o girello o una persona che accompagna)

6 Incapace di stare per più di 10 sec con sostegno costante di un braccio

7 Cammina meno di 10 metri solo con sostegno ( due speciali bastoni o girello o una persona che accompagna)

8 Incapace a camminare, anche con una persona che accompagna

Punteggio Punteggio

Seduto

Si chiede al paziente di sedere sul lettino senza sostegno dei piedi, occhi aperti e braccia stese

Disturbi del linguaggio Il linguaggio è valutato durante una normale

conversazione

0 Normale, nessuna difficoltà a stare seduto per più di 10 secondi

0 Normale

1 Scarse difficoltà, oscillazioni intermittenti

1 Tracce di disturbi del linguaggio

2 Oscillazione costante, ma capace di stare seduto per più di 10 secondi senza sostegno

2 Linguaggio alterato, ma facile da capire

3 Capace di stare seduto per più di 10 secondi solo con sostegno intermittente

3 Parole occasionali difficili da capire

4 Incapace di stare seduto per più di 10 secondi senza sostegno continuo

4 Molte parole difficili da capire

5 Singole parole comprensibili

6 Linguaggio incomprensibile, nessuna parola

Punteggio Punteggio

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Inseguire col dito

Valutare separatamente ogni lato Il paziente siede comodamente. Se necessario gli viene concesso il sostegno dei piedi e del tronco. L’esaminatore siede di fronte al paziente ed esegue, cinque movimenti consecutivi, veloci ed improvvisi in direzioni imprevedibili in un piano frontale, nel 50% della portata del paziente. I movimenti hanno un ‘ampiezza di 30cm ed una frequenza di 1/2sec. Al paziente si chiede di seguire i movimenti col dito indice, tanto veloce quanto preciso. Un movimento lento ed ipometrico è valutato 0 finché il paziente è capace di eseguire i cinque movimenti indicati.

Test “indice-naso”

Valutare separatamente per ogni lato. Il paziente siede comodamente. Se necessario gli viene concesso il sostegno dei piedi e del tronco. L’esaminatore siede di fronte al paziente ed esegue cinque movimenti consecutivi indicati in direzione orizzontale su un piano frontale nel 90% della portata del paziente. I movimenti sono eseguiti ad una velocità modesta con un’ampiezza di 30cm. Al paziente viene chiesto di indicare ripetutamente con il suo dito indice dal naso al dito dell’esaminatore e viceversa. L’ampiezza del tremore è definita come la massima distanza dall’obiettivo o dalla traiettoria del movimento.

0 Normale, nessuna ipermetria 0 Normale, nessuna oscillazione

1 Ipermetria, mancare il bersaglio < 5cm

1 Oscillazione con un’ampiezza <2cm

2 Ipermetria, mancare il bersaglio <15cm

2 Oscillazione con un’ampiezza <5cm

3 Ipermetria, mancare il bersaglio >15cm

3 Oscillazione con un’ampiezza >5cm

4 Incapace per qualsiasi motivo di eseguire 5 movimenti indicati

4 Incapace per qualsiasi motivo di eseguire 5 movimenti indicati

punteggio destra sinistra punteggio destra Sinistra

Tabella 3

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1.10 Trattamento multidisciplinare Le particolari caratteristiche delle atassie genetiche richiedono che i

programmi riabilitativi siano curati da una equipe multidisciplinare in

grado di garantire un approccio terapeutico e fisioterapeutico globale.

È dunque opportuno coinvolgere figure professionali come il

neurologo, il cardiologo, il fisiatra e l’ortopedico. Il piano di

trattamento dovrà essere attuato da figure come il fisioterapista, il

logopedista, il terapista occupazionale, lo psicomotricista, lo

psicologo.

La terapia riabilitativa certamente non risolve il sintomo ma punta a

migliorare la qualità della vita del paziente. Prendersi cura e dare

attenzione al paziente per un lungo periodo vuol dire sicuramente

migliorare le sue condizioni di vita.

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Capitolo secondo

LA DISARTRIA

La disartria è un disturbo della parola dovuto a cattiva coordinazione

dei movimenti necessari per parlare (atassia della parola), è

caratterizzato da:

1. Eloquio rallentato

2. Parola scandita, ritmo irregolare

3. Volume variabile (a volte esplosivo)

N.B.: la comprensione del linguaggio è perfetta

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2.1 Anatomo-fisiologia della voce

Durante la fonazione l’energia aerodinamica generata dall’apparato

respiratorio (mantice polmonare) viene trasformata a livello laringeo

in energia acustica e successivamente modificata dalle strutture

sovraglottiche (cavo orale, orofaringe, rinofaringe, cavità nasali, ecc.).

La sorgente del suono è quindi rappresentata dalla laringe ed in

particolare dalle corde vocali mentre il filtro che caratterizza il timbro

vocale è rappresentato dalle strutture sovraglottiche.

L’apparato fonatorio è l’insieme delle strutture che partecipano alla

genesi ed all’emisione del suono ed è costituito da:

Mantice respiratorio: strutture polmonari, muscolari toraciche

diaframmatiche ed addominali che generano un flusso espiratorio con

una pressione variabile.

Sfintere glottico: corde vocali vere, le cui vibrazioni generano il suono

la cui frequenza è proporzionale alla lunghezza, alla tensione ed alla

massa delle corde stesse.

Cavità di risonanza e articolazione o tratto vocale o vocal tract: cavo

orale, orofaringe, rinofaringe, cavità nasali, ecc. che sono responsabili

delle variazioni del timbro e dell’intensità vocale grazie al differente

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posizionamento delle strutture muscolari delle labbra, della lingua e

del palato molle verso le strutture ossee dei denti, del palato duro e

delle altre parti del vocal tract.

Il mantice respiratorio

Il mantice respiratorio è un insieme di organi deputati innanzitutto agli

scambi gassosi tra l’aria ed il sangue e solo secondariamente a

produrre flusso aereo necessario alla fonazione, alla tosse,

all’espettorazione, il raschio, il fischio, ecc.

Questo apparato è costituito da:

- scheletro toracico: costituito da 12 vertebre dorsali posteriormente,

anteriormente dallo sterno e lateralmente dalle coste.

Durante la respirazione sono possibili due modalità di movimento

toracico. L’elevazione-abbassamento, che è più pronunciato nella

parte alta del torace, corrisponde ad un movimento costale detto “a

leva di pompa” che si verifica a livello delle articolazioni costo-

vertebrali secondo un asse trasversale orizzontale; la dilatazione-

restringimento, tipico della parte bassa del torace, si realizza per il

movimento costale “a manico di secchio” lungo un asse orizzontale

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antero-posteriore.In parole semplici mentre si inspira la parte alta del

torace si innalza, mentre quella bassa si dilata.

Anche la colonna vertebrale assume un’importanza fondamentale,

infatti una estensione separa le coste e favorisce la inspirazione mentre

la flessione favorisce gli atti espiratori. Posizioni scorrette della

colonna vertebrale infatti può ridurre l’efficacia degli atti respiratori.

Espansione a manico di secchio Espansione a leva di pompa

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- muscoli inspiratori (diaframma, muscoli intercostali esterni),

muscoli inspiratori secondari ( sternocleidomastoideo, scaleni, ecc.),

muscoli espiratori (intercostali interni, muscoli addominali)

- Polmoni: Organi in cui avvengono gli scambi gassosi tra l’aria ed il

sangue. Presentano una espansione attiva (generata soprattutto dal

diaframma) durante l’inspirazione ed una retrazione prevalentemente

passiva che si realizza per mezzo della retrazione elastica del polmone

e della gabbia toracica.

Sfintere glottico: la laringe

La laringe è un organo impari, mediano, localizzato nella regione

anteriore del collo e che comunica superiormente con l’ipo-faringe e

con l’orofaringe ed inferiormente con la trachea.

E’ costituita da una serie di cartilagini che ne formano lo scheletro,

dalle articolazioni e dai legamenti che le uniscono, dai muscoli

estrinseci ed intrinseci.

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Cartilagini della laringe

cartilagine tiroidea: impari e

mediana costituita da due lamine

posizionate in modo tale da

ricordare uno scudo rivolto

anteriormente. Inferiormente si

articola con la cartilagine

cricoide.

cartilagine cricoidea: impari e

mediana ha forma di anello con

castone posteriore. In alto si

articola con la cartilagine tiroide.

Sulla cartilagine cricoidea, posteriormente ed ai due lati della linea

mediana, si articolano le due cartilagini aritenoidi, piccole e molto

mobili: possono ruotare, spostarsi all'infuori e all'indietro in modo da

separarsi o da mettersi a contatto. La loro forma ricorda vagamente

una piramide triangolare con la base in corrispondenza

dell'articolazione con la cricoide.

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Gli apici delle aritenoidi si

continuano nelle piccolissime

cartilagini cornicolate o del

Cantorini.

L'epiglottide è una sottile

cartilagine a forma di foglia che

si ancora col suo “picciolo”

nell'angolo interno della

cartilagine tiroidea.

Durante la deglutizione si

abbassa come un coperchio a proteggere la laringe ed a permettere il

passaggio del cibo nell’esofago, posteriormente.

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Muscoli della laringe

Li distinguiamo in estrinseci ed intrinseci.

Gli intrinseci hanno

entrambe le inserzioni

sulla laringe; la loro

contrazione consente i

diversi movimenti alle

cartilagini laringee

modificando la

posizione delle corde

vocali.

Possiamo dividere i

muscoli intrinseci in

dilatatori (consentono l’allontanamento delle corde vocali e l’apertura

del piano glottico), costrittori (avvicinano le corde vocali) ed i tensori

della corda vocale. I muscoli estrinseci si inseriscono a livello della

cartilagine tiroidea e all’osso ioide ed allo sterno consentendo le

escursioni verticali della laringe contribuendo alla sua stabilizzazione

insieme ad altri muscoli del collo.

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La laringe può essere divisa in

3 livelli: sovraglottico, glottico

e sottoglottico.

La sovraglottide comunica con

il faringe attraverso l’aditus

laringeo, orientato in senso

postero-superiore. La parete

anteriore è costituita

dall’epiglottide, le pareti laterali

presentano due rilievi (le false

corde) e due concavità

(ventricoli del Morgagni), la faccia posteriore corrisponde alla parete

anteriori delle cartilagini aritenoidee.

La glottide è uno spazio triangolare ad apice anteriore (commissura

anteriore) che in fonazione diventa virtuale, delimitato dalle corde

vocali vere.

La sottoglottide, a forma di imbuto rovesciato, si continua con la

trachea.

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Le corde vocali vere appaiono come

due legamenti bianchi mobilissimi,

posti in posizione antero-posteriore

con un bordo libero quasi tagliente.

Nell’uomo le corde vocali vere sono

lievemente più lunghe e più spesse

rispetto a quelle della donna. Ciò contribuisce alla diversità di tonalità

della voce maschile e di quella femminile.

Anteriormente si inseriscono in prossimità dell’angolo interno della

cartilagine tiroide mentre posteriormente ogni corda è inserita a livello

della cartilagine aritenoide omolaterale.

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2.2 Disartria atassica

La disartria atassica è dovuta a una lesione cerebellare. Questa lesione

può essere causata da un ictus, da un trauma o da disturbi neurologici

Il cervelletto ha un importante ruolo nella coordinazione del

movimento grazie alla sua integrazione delle informazioni sensitive e

motorie. Grazie ai suoi collegamenti col sistema di vestibolare,

interviene anche nell’equilibrio. Perciò, le lesioni cerebellari danno

luogo ad incoordinazione e a disgregazione della fluidità dei

movimenti (tremore) così come problemi con la postura, l’equilibrio e

anche nell’articolazione delle parole può risultare ridotto l’efficiente

movimento delle labbra, della lingua, del palato molle e della laringe.

Dopo un danno cerebellare i pazienti sono lenti ad iniziare i

movimenti e spesso non raggiungono o oltrepassano gli obiettivi.

La disartria atassica è dovuta a un danno del circuito di controllo del

cervelletto. Secondo Duffy (1995), esso può interessare la

respirazione, la fonazione, la risonanza ma colpisce soprattutto la

prosodia e la pronuncia.

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Caratteristiche dell’eloquio disartrico

FONAZIONE

La fonazione può variare eccessivamente in altezza, l’eloquio

dell'atassico è descritto a volte come esplosivo e a scatti; può essere

evidente l'aumento dello sforzo necessario per parlare. La qualità

vocale può essere rauca.

RISONANZA

Non è frequente il tono nasale, anche se può verificarsi.

PROSODIA

Pazienti con disartria atassica tendono a mettere un accento uguale ed

eccessivo su tutte le sillabe pronunciate. Il termine PAROLA

SCANDITA descrive questo tipo di prosodia (il termine fu usato

originalmente da Charcot nel descrivere la prosodia di un paziente che

parlava molto lentamente e faceva una pausa dopo ogni sillaba).

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PRONUNCIA

La pronuncia non è corretta, è scarsa la coordinazione del linguaggio e

della respirazione. Il parlare del paziente con disartria risulta articolato

male, lento. Le sillabe, a causa dell'incoordinazione dovuta alle lesioni

cerebellari, sono suddivise in modo irregolare. I suoni di questi

pazienti sono quasi inebriati.

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2.3 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disartria:

1) L’Association française de l'ataxie de Friedreich afferma che la

disartria nell’atassia di friedreich è presente nel 91% dei casi.

2) Uno studio eseguito su 13 pazienti con atassia di Friedreich [Late-

Onset Friedreich Ataxia] valuta anch’esso la disartria presente

nell’85% dei pazienti con atassia di Friedreich tipica e nel 92% dei

pazienti con atassia di Friedreich tardiva.

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3) Un altro a lungo termine su 104 pazienti con atassia di Friedreich

[Neurological, Cardiological, and Oculomotor Progression in 104

Patients With Friedreich Ataxia During Long-term Follow-up] ha

notato nel follow-up un soggettivo miglioramento della disartria nel

31% (29 su 95) dei pazienti.

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2.4 Strategie di comunicazione per persone con atassia

1. Prima di iniziare una conversazione con una persona sconosciuta,

spiegarle che qualche volta ha difficoltà nel parlare. Chiedere loro di

dire se non capiscono. Questo di solito aiuta a rilassare chi parla e chi

ascolta; avvertire l'ascoltatore di fare molta attenzione; e permettergli

di dire se ha difficoltà a capire (altrimenti potrebbe stare zitto per non

provocare imbarazzo).

2. Può aiutare parlare faccia a faccia. L’Ascoltatore nel guardare in

faccia chi parla ottiene un aiuto maggiore vedendo i movimenti della

bocca e, se si vicina di più, potrà anche sentire meglio.

3. Se possibile ridurre il rumore di fondo (es. spegnere la tv, chiudere

la porta o andare in un stanza silenziosa).

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4. Parlare in modo lento per dare alla lingua più tempo per

pronunciare le parole.

5. Ridurre la quantità delle cose da dire andando rapidamente al punto

del discorso.

6. Dare prima una parola chiave: l'ascoltatore capirà molto meglio se

conosce l'argomento, anche quando l’articolazione delle parole non è

molto buona.

7. Per ripetere, cambiare leggermente le parole in modo da non

essere ripetitivo

Aiuti alla comunicazione

Se parlare diviene troppo difficile, c'è una larga gamma di aiuti alla

comunicazione dal semplice alfabeto, immagini e tabelle fino ad

arrivare alla tecnologia più sofisticata.

È importante ottenere il sistema giusto per l'individuo in base ai suoi

bisogni, è qui che diviene necessaria la valutazione di un logopedista.

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2.5 Strategie per l’ascoltatore

1. Ricordare alla persona con atassia le sue strategie di comunicazione

se tende a dimenticare di usarle.

2. Lasciargli il tempo necessario; per parlare con qualcuno che è

disartrico ci vuole sempre più tempo, ed egli parlerà meglio se si sente

rilassato: non andare di fretta.

3. Essere un ascoltatore attivo e dare alla persona con atassia la

massima attenzione. Questo permette di essere più coinvolti e

concentrati e ascoltare meglio.

4. Essere onesto quando non si capisce: non fingere di aver capito.

Dire ciò che si è capito, in modo che chi parla non deve ripetere

l'intero messaggio inutilmente, poi lasciare che chi parla tenti di

riempire le lacune ripetendo solo le informazioni mancanti.

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Un altra cosa che può incidere sulla comunicazione è la frustrazione,

da entrambi le parti. Bisogna comprendere i momenti in cui il paziente

è irritato perchè non riesce ad esprimersi.

Comunque, bisogna dire che l’umore, la malattia e la confidenza che

ha il paziente con l’interlocutore possono influire sulla qualità della

comunicazione.

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2.6 Il ruolo del logopedista-fisioterapista

Il logopedista può offrire un piano di trattamento e fornire degli

esercizi per migliorare l’articolazione delle parole. Questo può

includere:

. consigli circa la buona postura

. esercizi per migliorare forza e l’accuratezza dei muscoli

. esercizi per pronunciare le parole in modo più chiaro, più lentamente

e con pause frequenti

. consigli su come concentrarsi sull’enfasi e l’intonazione nel discorso

. strategie della comunicazione, come dire prima i punti più importanti

di quello che si vuole dire

. controllo della respirazione

. uso di amplificatori o gli altri aiuti per la comunicazione

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2.7 Lee Silverman Voice Treatment

“Effetti di un trattamento intensivo della voce in una paziente con

disartria atassica”

Questo studio ha esaminato gli effetti del trattamento intensivo della

voce (Lee Silverman Voice Treatment [LSVT]) sulla disartria atassica

di una donna con disfunzione cerebellare secondaria alla deficienza di

tiamina. È stata fatta una valutazione percettiva e acustica di frasi

esempio registrate appena prima di somministrare il LSVT, subito

dopo, e a 9 mesi di distanza. I risultati indicano miglioramenti a breve

e a lungo termine nella fonazione, nell’articolazione, nella chiarezza

delle parole, nella comunicazione complessiva e nell’attività

lavorativa seguendo il LSVT.

Le scoperte di questo studio offrono una base iniziale per

l’applicazione del LSVT nella disartria atassica.

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Trattamento della voce con metodica LSVT

Il Lee Silverman Voice Treatment è stato creato per pazienti con

malattia di Parkinson e viene applicato dal 1986.

Il LSVT è un metodo nuovo per l’Italia, ma è usato da anni negli USA

e in altri paesi del mondo ed è supportato da vari studi che ne

dimostrano l’efficacia.

Il LSVT è un trattamento che permette di aumentare l’intensità della

voce del paziente mediante l’incremento della pressione dell’aria

sottoglottica, quindi migliora la vibrazione delle corde vocali.

Il trattamento si basa sul principio espresso dal motto: “pensa ad alta

voce, pensa ad un urlo”: lo sforzo fonatorio che ne deriva aumenta il

tono dei muscoli della laringe migliorando così l’eloquio del paziente.

Concetti essenziali del trattamento sono:

1. Concentrarsi per aumentare l’intensità della voce

2. Aumentare lo sforzo necessario per la fonazione

3. Eseguire la terapia in maniera intensiva

4. Automonitorarsi

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Il LSVT modifica i meccanismi neuronali con miglioramento della

voce. Il paziente sa di dover incrementare lo sforzo per poter parlare

meglio.

Il trattamento si concentra sull’aumento del volume in contesti di

comunicazione quotidiana.

Il LSVT viene somministrato con un programma intensivo di 16

sedute di un ora al mese. Ogni seduta consiste di ripetizione di compiti

simili, come la produzione di “ah” sostenuta alla massima durata e alla

massima estensione possibile.

Vi è una gerarchia di compiti linguistici che aumenta di difficoltà ogni

settimana:

- prima settimana: parole e frasi

- seconda settimana: frasi

- terza settimana: lettura

- quarta settimana: conversazione

Tutti i pazienti con malattia di Parkinson ottengono miglioramenti.

È necessario eseguire ulteriori ricerche per verificare l’efficacia di

questa metodica anche nelle sindromi atassiche.

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2.8 Trattamento basato sulla chiarezza e la prosodia

Lo studio è stato effettuato su quattro pazienti con disartria atassica.

Il trattamento si è basato su due caratteristiche del linguaggio: la

chiarezza e la prosodia. I miglioramenti nella chiarezza del discorso

sono stati inizialmente raggiunti controllando la velocità del parlare. È

stata studiata una gerarchia di strategie nel controllo della velocità,

variando da un’impostazione forzata della velocità mantenendo un

ritmo prefissato, ad un controllo della velocità auto-monitorato dai

pazienti stessi. In questo modo i pazienti hanno migliorato le loro

abilità di controllo, trovando un equilibrio tra la chiarezza e la

velocità. Invece, non sono stati raggiunti modelli normali di prosodia a

causa della difficoltà, dei pazienti atassici, nel coordinare con

precisione la frequenza di base, l’altezza e il tempismo degli accenti.

Tre dei quattro pazienti hanno imparato ad usare solo aggiustamenti

della durata dell’accento. In questo modo sono capaci di mettere

l’accento sulle parole giuste, minimizzando il loro modo di parlare

bizzarro dovuto ai grandi cambiamenti della frequenza di base e alle

brusche variazioni di altezza.

È necessario eseguire ulteriori ricerche cliniche orientate.

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Capitolo terzo

LA DISFAGIA

La disfagia è un disordine nella progressione di una sostanza dalla

bocca allo stomaco. Altera la normale deglutizione a sua volta

definibile come l’abilità a convogliare sostanze solide, liquide,

gassose o miste dalla bocca allo stomaco.

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3.1 Anatomo-fisiologia della deglutizione

La deglutizione è un processo neuromuscolare articolato e complesso

che consente la progressione ed il trasporto del bolo alimentare,

liquido e solido, dalla cavità orale verso le vie digestive inferiori. E’

un atto che può avvenire sia volontariamente, durante l’assunzione

degli alimenti, sia passivamente in seguito a stimolazione da parte di

secrezioni salivari. E’ stato calcolato che vengono mediamente

eseguiti 590 atti deglutitori in una sola giornata (145 durante i pasti,

395 fra un pasto e l’altro in stato di veglia, 50 nel sonno).

La funzione deglutitoria viene suddivisa in quattro fasi

cronologicamente successive e distinte, con riferimento alle regioni

anatomiche via via interessate dal transito del bolo alimentare:

1. preparazione orale

2. stadio orale

3. stadio faringeo

4. stadio esofageo

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Prima della deglutizione l’osso ioide, come postura preparatoria si

sposta in posizione di moderata elevazione; contemporaneamente si

verifica l’arresto della “manipolazione” intraorale e l’inibizione della

respirazione, che si rendono indispensabili per l’incrociamento tra via

aerea e digestiva, in modo da alternare funzione deglutitoria e

respiratoria. Superiormente la separazione fra rinofaringe e orofaringe

è determinata dall’azione del velo palatino, il cui muscolo tensore

svolge un ruolo fondamentale, mentre inferiormente la base linguale

compie un movimento di elevazione.

L’atto deglutitorio è un complesso meccanismo attuato mediante

l’azione coordinata dei nervi cranici deputati al controllo dei muscoli

di bocca, laringe ed esofago. I nervi cranici interessati sono il V, VII,

IX, X, XII, con l’interessamento del midollo allungato e dei neuroni

motori superiori.

La prime due fasi, durante le quali si verifica una contrazione rapida

dei muscoli miloioidei, che danno inizio ai movimenti della

deglutizione, sono sotto il controllo volontario.

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Nella successiva fase faringea entrano in azione i muscoli faringei

(costrittore superiore e medio) la cui contrazione, di tipo involontario,

segue quella dei miloioidei.

L’ultima fase, anch’essa involontaria, si conclude a livello esofageo

con la contrazione del muscolo costrittore inferiore faringeo.

Per l’innesco di questa componente riflessa dell’atto deglutitorio

segnali afferenti provenienti dal cavo orale attraverso il trigemino, dal

plesso faringeo, attraverso il glossofaringeo, dall’epilaringe e dai seni

piriformi, attraverso il ramo interno del nervo laringeo superiore,

convergono tutti nel sistema spinale trigeminale del fascicolo solitario

e si portano al centro della deglutizione situato nel nucleo del tratto

solitario e nella sostanza reticolare. Da qui segnali efferenti attraverso

il IX, X e XII nervo cranico giungono ai muscoli sovraioidei,

costrittori del faringe e cricofaringeo.

In ogni emisfero cerebrale è presente un centro della deglutizione,

capace di attivare l’atto deglutitorio; tali centri sono interconnessi sia

tra loro che con i centri cerebrali responsabili del vomito, del respiro e

della masticazione.

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Durante la fase di preparazione orale viene conferita al cibo una

consistenza adeguata alla deglutizione mescolandolo con la saliva e

triturandolo. Nella fase orale la lingua opera un movimento verso

l’alto ed indietro, in un’azione sequenziale di compressione e

srotolamento verso il palato, spingendo così il bolo in faringe, ciò è

possibile grazie all’azione coordinata, sinergica e progressiva dei

muscoli linguali, intrinseci ed estrinseci: stilo-glosso, palato-glosso,

faringo-glosso, muscoli trasversi e longitudinali della lingua. L’azione

linguale non serve solo a raccogliere il bolo a mo’ di stantuffo verso

l’istmo delle fauci, ma ha anche un ruolo predominante

nell’elicitazione della successiva fase faringea. Lo stadio faringeo si

svolge nella zona compresa tra l’istmo delle fauci e la parte antistante

lo sfintere esofageo superiore. E’ questo un momento critico del

processo di deglutizione poiché corrisponde all’attraversamento ed al

superamento dell’incrocio aereo-digestivo. Quando il bolo passa in

faringe, la stimolazione di questa per via riflessa, porta al

rilasciamento dello sfintere esofageo superiore che permette al bolo di

entrare in esofago dando inizio allo stadio esofageo.

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Si ha poi la contrazione di tale sfintere che si richiude impedendo il

reflusso alimentare esofagofaringeo.

Fase orale: patterns motori

Normalmente l’atto deglutitorio si svolge al di fuori del controllo

corticale ma la fase orale si differenzia dalle altre perché è

consapevole e volontaria, cioè è di fondamentale importanza ai fini

terapeutici.

Una volta che il cibo viene trasformato in bolo viene trattenuto e

compresso tra la porzione anteriore del dorso linguale e la porzione

anteriore del palato. La punta della lingua poggia sul terzo anteriore

del palato, precisamente sulle creste palatine, la parte mediana si

solleva schiacciandosi contro la volta del palato, mentre la parte

posteriore si stacca dal palato formando un angolo di 45° permettendo

così il transito del bolo. I bordi linguali si trovano fra il margine

radicolare dei denti superiori e la porzione di palato iuxta dentale. Si

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verificano in tal modo contrazioni intrinseche della lingua che

deformano, con un movimento ondoso, il corpo linguale: il bolo è

spinto in faringe come se fosse “pasta dentifricia” spremuta dal suo

contenitore.

L’apice della lingua esercita sul suo punto di appoggio una pressione

di circa 100g/cm 2, mentre quella esercitata da tutto il suo insieme sui

denti è di circa 2 kg, per un tempo che oscilla tra un quinto e un

decimo di secondo.

Contemporaneamente alla spinta verso l’alto della lingua, la

mandibola si solleva e la arcate dentali vengono a contatto grazie alla

contrazione dei muscoli masticatori: temporale, massetere e

pterigoideo interno, innervati dal V paio di nervi cranici. La forza

applicata ai denti durante la deglutizione è di circa 30 kg, per una

durata di circa 685 millisecondi .

Le labbra e le guance si chiudono senza sforzo o contrazioni visibili:

non vi è alcuna partecipazione attiva della muscolatura mimica.

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3.2 Complicanze

Le complicanze della disfagia si distinguono in:

- a breve termine: crisi asfittiche, broncopolmoniti

- a lungo termine: complicanze respiratorie, dimagrimento,

disidratazione e morte

3.3 Team multidisciplinare

Operatori coinvolti: La definizione diagnostica e il

trattamento di una disfagia coinvolge

un gruppo eterogeneo ed articolato di

operatori sanitari e non sanitari il cui

intervento deve essere coordinato.

- chirurgo - fisiatra e fisioterapista - foniatra e logopedista - gastroenterologo - geriatra - infermiere - neonatologo, pediatra - neurologo - nutrizionista e dietista - odontoiatra - pneumologo - radiologo - internista - otorinolaringoiatra - psichiatra e psicologo - terapista occupazionale

La Tabella 4 riassume gli operatori

professionali coinvolti nella gestione

dell’utente disfagico.

Tabella 4

54

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Primo momento dell’attività del team è la definizione diagnostica e

stimare la gravità del disturbo in merito allo sviluppo di complicanze

quindi identificare le opzioni terapeutiche, redigendo un piano di

trattamento personalizzato che preveda il monitoraggio dei risultati

raggiunti .

Tale attività prevede uno scambio rapido e fruibile delle informazioni

che ciascuna figura nel team è abilitata a fornire per il raggiungere una

deglutizione funzionale o concordare l’impiego di una via alternativa

di alimentazione a quella orale. La risoluzione dell’handicap correlato

alla disfagia migliorerà la qualità di vita dell’utente.

55

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3.4 Valutazione clinica

La valutazione clinica dell’utente disfagico parte della anamnesi che

dovrà porre particolare attenzione ai pregressi medici, chirurgici o

radioterapici che possono aver interessato il distretto cervico-facciale

o toracico, l’assunzione di farmaci (neurolettici, barbiturici,

antistaminici, diuretici), lo stato nutrizionale e la variazione di peso ed

idratazione negli ultimi mesi come espressione di possibili

complicanze di disfagia (malnutrizione e disidratazione). (Tabella 5)

Principali segni indicatori di disfagia:

- manipolazione e selezione di cibi in termini di volumi, consistenze, preparazione del bolo, perdita di saliva o cibo dalla bocca

- modificata abilità nell’assumere farmaci per os - uso di utensili o stoviglie con apertura non adeguata della bocca

e delle labbra - comportamento durante il pasto: mangiare lentamente, deglutire

più volte, utilizzo di posture facilitanti durante la deglutizione - affaticamento durante il pasto, interruzione precoce del pasto

(spesso con imbarazzo per tosse, rigurgiti ecc.) - voce gorgogliante (o umida) dovuta a ristagno di secrezioni o

bolo sulle corde vocali

Tabella 5

- tosse associabile alla deglutizione realizzandosi prima, durante o dopo l’atto

56

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La tappa successiva della valutazione

prevede uno studio delle abilità

motorie e della sensibilità degli

effettori della deglutizione con

particolare attenzione al grado di

protezione offerta alle vie respiratorie

durante la deglutizione (innalzamento

laringeo e tosse protettiva).

Valutazione di: - stato mentale - linguaggio - articolazione e parola - respirazione - voce e risonanza - postura - labbra: sensibilità, forza- apertura della bocca - muscoli della

masticazione - denti - salivazione - sensibilità cavo orale e

orofaringe - lingua: mobilità, forza - velo palatino - deglutizione volontaria - test con bolo

(Tabella 6)

Tabella 6

La terza fase di questa valutazione è condotta da deglutologi e

prevede la somministrazione di boli a diverso volume e consistenza

per valutare la successiva comparsa di tosse, raschio in gola,

modificazione della qualità vocale. Al termine di ciascuna fase

possiamo ottenere degli elementi per impostare il piano di trattamento,

procedere alla tappa successiva ovvero richiedere una valutazione

strumentale.

57

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Una indagine strumentale è indicata per diagnosticare e/o pianificare

la gestione e il trattamento in pazienti con sospetto o ad alto rischio di

disfagia orofaringea (popolazione a rischio) desunta dalla valutazione

clinica.

Le indagini strumentali per lo studio della deglutizione oggi a nostra

disposizione sono molteplici e opteremo per indagini dinamiche

(studio in tempo reale).

L’esame strumentale che più si avvicina al gold standard e oggi

considerato tale è la videofluoroscopia (VFS) anche se evidenze

mediche recenti documentano come non azzeri il rischio di falsi

negativi. Ne deriva la necessità di ricorrere a più indagini strumentali.

Fra queste l’indagine endoscopica ( Fiberoptic Endoscopic Evaluation

of Swallow– FEES) è quella di più agevole reperimento .

La Tabella 7 riassume i principali vantaggi e svantaggi delle due

metodiche che devono essere considerate complementari.

58

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VFS:

vantaggi: - studio in tempo reale dell’intero atto deglutitivi (dalle labbra allo stomaco) svantaggi: - invasivo (rischio radiologico)

- esecuzione disagevole (pazienti non collaboranti) - ambiente e personale dedicato - oneroso - visione bidimensionale (sottostima dei ristagni) - studio della sola componente motoria della deglutizione

- non coglie l’affaticamento FEES:

vantaggi: - non invasiva - facile esecuzione - studia pazienti acuti e non collaboranti - ripetibile - economica - visione simile alla tridimensionale - studia i ristagni svantaggi: - studia la sola fase faringea Tabella 7

59

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L’esame strumentale, oltre a stimare l’integrità anatomica degli

effettori della deglutizione, la loro prestazionalità per schemi motori

deglutitori e non deglutitori e la sensibilità dei distretti, consente di

eseguire test con bolo per documentarne la eventuale progressione

nelle vie respiratorie durante la deglutizione nei termini di

penetrazione (bolo sopra le corde vocali) o aspirazione/inalazione

(bolo sotto le corde vocali). Non va dimenticato che una inalazione

può essere silente cioè avvenire senza indurre tosse. L’inalazione può

avvenire prima, durante o dopo l’atto deglutitivo distinguendo

rispettivamente una inalazione pre-, intra- e post-deglutitoria.

(Tabella 8)

ASPIRAZIONE Pre-deglutitoria

Nelle principali patologie neurologiche centrali. Trattamento conservativo: -dieta solida -posizioni facilitanti

Intra-deglutitoria

Per inadeguata protezione delle basse vie aeree. Trattamento conservativo:-esercizi di adduzione

Post-deglutitoria Per ristagno in ipofaringe. Trattamento conservativo: - dieta morbida - rotazione del capo - manovra di Mendelsohn

Tabella 8

60

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3.5 Obiettivi del trattamento

Obiettivo del trattamento è il raggiungimento di una deglutizione

funzionale cioè una deglutizione che si realizzi col minor rischio di

aspirazione garantendo in tal modo una adeguata nutrizione,

idratazione ed assunzione di farmaci per os. Il trattamento del paziente

disfagico deve sempre considerare la patologia di base. Esso può

prevedere, se si escludono i provvedimenti medici o chirurgici,

modificazioni dietetiche (escludendo dalla dieta specifiche

consistenze), modificazioni comportamentali (per aumentare

l’attenzione durante il pasto), posture e manovre facilitanti (che

agevolano la progressione del bolo attraverso il faringe durante la

deglutizione).

61

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3.6 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disfagia

1) Uno studio eseguito su pazienti coreani con Atassia

spinocerebellare di tipo 1, 2, 3, 6 e 7 [Frequency Analysis and

Clinical Characterization of Spinocerebellar Ataxia Types 1,2,3,6,and

7 in Korean Patients] evidenzia la frequenza delle caratteristiche

cliniche di queste patologie tra cui è presente anche la disfagia.

62

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2) Un altro studio eseguito su 13 pazienti con atassia di Friedreich

[Late-Onset Friedreich Ataxia] valuta la disfagia presente nell’38%

dei pazienti.

3) In uno studio a lungo termine su 104 pazienti con atassia di

Friedreich [Neurological, Cardiological, and Oculomotor

Progression in 104 Patients With Friedreich Ataxia During Long-term

Follow-up] il 64% dei pazienti presenta problemi nella deglutizione

(34 su 53). Inoltre, durante il follow-up si è notato un peggioramento

della disfagia nell’11% (10 su 95) dei pazienti.

63

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4) Ciliberti E. e Galvez-Jimenez affermano che con il procedere

dell’atassia di Friedreich, compaiono disartria e disfagia. L’eloquio

diventa via via indistinto, lento, e, alla fine, incomprensibile. I pazienti

possono esperimentare lieve indebolimento dei muscoli facciali con

associata debolezza alla deglutizione. L’incapacità a coordinare

respiro, parola, deglutizione e risata può far sì che il paziente quasi si

soffochi mentre parla (Ciliberti E and Galvez-Jimenez N. 2002.

Friedreich Ataxia. eMedicine).

64

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3.7 Strategie di deglutizione per pazienti atassici

L'atassia può colpire i muscoli necessari per la masticazione e per la

deglutizione allo stesso modo degli altri gruppi muscolari. Essi

possono essere indeboliti e i loro movimenti rallentati o resi imprecisi

e incoordinati. Il tipo e la gravità del problema variano enormemente

tra gli individui.

La disfagia può comportare problemi nel masticare, sensazione di cibo

che si conficchi in gola o difficoltà nel trasportare il cibo attraverso la

bocca.

Mangiare può divenire molto lento, stancante e disordinato. Alcuni

pazienti possono tossire o soffocarsi durante o dopo avere mangiato,

ciò può spaventare il paziente. L’eccesso di saliva può fuoriuscire

dalla bocca. Questi problemi possono combinarsi rendendo il

mangiare stressante e sgradevole per il paziente.

I pazienti possono anche aspirare liquidi o cibo nelle vie aeree e nei

polmoni. Questo può essere un processo subdolo, senza tosse o altri

segni evidenti (“aspirazione silente”, in cui il paziente non ne è

consapevole) e ciò può causare infezioni e polmoniti.

65

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Perciò le infezioni polmonari persistenti e ripetute dovrebbero essere

sempre investigate.

Quando vengono scoperti, i sintomi di disfagia spesso possono essere

contrastati con successo rendendo la deglutizione più facile. Diagnosi

e trattamento sono un sforzo dell’equipe e di solito coinvolgono un

radiologo che esegua Raggi X durante la deglutizione, un logopedista,

un dietologo, il paziente con atassia, la sua famiglia e chi se ne prende

cura.

La raccomandazione principale per aiutare a identificare precocemente

la disfagia e per evitare complicazioni tardive è eseguire follow-ups

regolarmente.

66

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Dieta

. Una dieta con cibi morbidi richiede meno masticazione; in modo che

mangiare non è meno stancante

. Evitare cibi grumosi o molto asciutti; aggiungere sugo (per esempio)

a un cibo secco per ammorbidirlo

. Purée o cibi frullati possono essere più facilmente maneggiati

. Addensare le bibite (aggiungere una preparazione di farina o a base

di granturco) per rallentare il flusso, dando più tempo e capacità di

controllo durante i pasti

. Alternare i liquidi al cibo solido; sorseggiare liquidi durante un pasto

. Mangiare poco e spesso durante il giorno; ciò è meno stancante che

fare pasti pieni

. Se non vi sono difficoltà nel mangiare pasti pieni; mangiare il pasto

principale a mezzogiorno quando la maggior parte dei pazienti ha più

energia e forza in modo da ingoiare con più sicurezza e più facilità

. Bere una piccola quantità di acqua alla fine di un pasto per rimuovere

qualsiasi cibo che sia rimasto in gola; poi schiarirsi la voce tossendo

intenzionalmente

67

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Postura e ambiente

. Mantenere una buona postura: sedersi comodamente anche usando

supporti; piegare il mento in giù verso il torace quando ingoia per

aiutare a chiudere le vie aeree e ridurre il rischio di soffocamento

. Mangiare in un'atmosfera rilassata; senza distrazioni (parlare o

guardare la tv) per aumentare la concentrazione

. Non mangiare in fretta il pasto: prendersi il tempo necessario per

masticare bene, aspettare un po’ tra una deglutizione e l’altra

. Rimanere diritto per almeno 30 minuti dopo il pasto

I dietologi possono dare dei consigli sulla preparazione del cibo, per

ingoiarlo in modo più sicuro e con una dieta bilanciata, nutriente e

appetitosa.

I pazienti che hanno bisogno di aiuto con l’alimentazione dovrebbero

essere fiduciosi verso chi si prende cura di loro. I care givers

dovrebbero essere tranquilli e avere particolare attenzione nel porgere

un boccone o nel dare da bere dopo che il paziente abbia deglutito.

In teoria, chiunque si occupi di una persona con atassia dovrebbe

conoscere la manovra di Heimlich: una prima manovra di soccorso per

evitare il soffocamento del paziente.

68

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3.8 Il ruolo del logopedista-fisioterapista

Il logopedista esegue una valutazione completa della deglutizione e dà

consigli basati su di essa, rivedendo regolarmente il paziente per

effettuare eventuali modificazioni nel trattamento. Lo scopo principale

è dare alla persona con atassia un maggiore controllo nel mangiare e

nel bere.

Le domande che deve porsi sono:

- Il paziente mangia e beve in sicurezza?

- Il paziente mangia cibi e bevande adeguati alla sua patologia?

“Ognuno ha bisogno del giusto livello nutritivo e di idratazione per

mantenere il proprio benessere e la propria salute.”

69

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Capitolo quarto

QUESTIONARIO

PAZIENTE N° : 1 2 3 4 5

1.ha problemi nel parlare

(DISARTRIA)?

SI

SI

pochissimi

NO

SI (voce

nasale)

2.chi si occupa della sua

disartria?

nessuno

nessuno

nessuno

//

nessuno

3.fa qualche trattamento

per contrastarla?

NO

NO

NO

//

NO

4.Conosce il Lee

Silverman voice

treatment?

NO

NO

NO

//

NO

5.la sua disartria è stabile

nel tempo?

peggiora

in estate

peggiora

SI

//

SI

6.utilizza delle strategie

per parlare meglio?

concen-

trazione

NO

NO

//

parlare

lentamente,

scandire le

parole

7.utilizza degli aiuti alla

comunicazione (es. tabelle,

alfabeto,immagini,pc)?

NO

NO

NO

//

NO

8.considera la sua disartria

un handicap?

SI

NO

NO

//

SI

70

Page 71: SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle … · Joubert nella quale, oltre ad atassia, disartria, ritardo motorio, tremore, ... assunzione alimentare di proteine, da infezioni

PAZIENTE N° : 1 2 3 4 5

1.ha problemi nel deglutire

(DISFAGIA)?

SI

SI

pochi

SI

SI

2.come le accade di tossire

o strozzarsi?

mangiando in fretta o bevendo l’acqua

si strozza

soprattutto

con i liquidi

bevendo il

caffè caldo

con i liquidi e con la saliva

Con che frequenza? + volte al giorno

raramente raramente spesso 2 volte al giorno

3.chi si occupa della sua

disfagia?

nessuno

nessuno

nessuno

nessuno nessuno

4.fa qualche trattamento per

contrastarla?

NO

NO

NO

NO NO

5.la sua disfagia è stabile

nel tempo?

SI

SI

SI

peggiora

SI

6.utilizza delle strategie di

compenso?

concentra-zione

NO

evita il caffè caldo

NO

mangia lentamen-

te 7.segue delle limitazioni

dietetiche?

NO

NO

NO

NO NO

8.considera la sua disfagia

un handicap?

SI

NO

NO

NO

SI

71

Page 72: SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle … · Joubert nella quale, oltre ad atassia, disartria, ritardo motorio, tremore, ... assunzione alimentare di proteine, da infezioni

PAZIENTE N° : 6 7 8 9 10

1.ha problemi nel parlare

(DISARTRIA)?

NO

solo se

agitato

SI: quando è

stanca

SI SI

2.chi si occupa della sua

disartria?

//

nessuno

logopedista

logopedista nessuno

3.fa qualche trattamento

per contrastarla?

//

NO

esercizi

esercizi NO

4.Conosce il Lee

Silverman voice

treatment?

//

NO

NO

NO NO

5.la sua disartria è stabile

nel tempo?

//

SI

migliorata

peggiora peggiora

6.utilizza delle strategie

per parlare meglio?

//

NO

respiri

lunghi

NO

parla lentamente

7.utilizza degli aiuti alla

comunicazione (es. tabelle,

alfabeto,immagini,pc)?

//

NO

NO

NO NO

8.considera la sua disartria

un handicap?

//

NO

NO

NO

SI

72

Page 73: SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle … · Joubert nella quale, oltre ad atassia, disartria, ritardo motorio, tremore, ... assunzione alimentare di proteine, da infezioni

PAZIENTE N° : 6 7 8 9 10

1.ha problemi nel deglutire

(DISFAGIA)?

NO

SI

SI

SI

SI

2.come le accade di tossire

o strozzarsi?

//

con i

liquidi

con i liquidi tiepidi, e con la saliva nel

sonno

con i

liquidi

con i

liquidi

Con che frequenza? //

raramen-te

2 volte al giorno

2 volte al giorno

2 volte a settimana

3.chi si occupa della sua

disfagia?

//

nessuno

logopedista

logopedista

nessuno

4.fa qualche trattamento per

contrastarla?

//

NO

educazione all’

attenzione

esercizi

NO

5.la sua disfagia è stabile

nel tempo?

//

SI

migliorata

SI

SI

6.utilizza delle strategie di

compenso?

//

NO

evita i liquidi tiepidi,

concentrazione

NO

conosce le postura corretta ma non

la utilizza7.segue delle limitazioni

dietetiche?

//

NO

NO

NO

NO

8.considera la sua disfagia

un handicap?

//

NO

NO

SI NO

73

Page 74: SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle … · Joubert nella quale, oltre ad atassia, disartria, ritardo motorio, tremore, ... assunzione alimentare di proteine, da infezioni

Resoconto questionario sulla disartria

1.ha problemi nel parlare

(DISARTRIA)?

Si: 8

No: 2

2.chi si occupa della sua

disartria?

nessuno: 6

logopedista: 2

3.fa qualche trattamento

per contrastarla?

No: 6

Si: 2

4.Conosce il Lee Silverman

voice treatment?

No: 8

5.la sua disartria è stabile

nel tempo?

Si: 3

peggiora: 4

migliora: 1

6.utilizza delle strategie per

parlare meglio?

No: 4

Si: 4

7.utilizza degli aiuti alla comunicazione (es. tabelle, alfabeto,immagini,pc)?

No: 8

8.considera la sua disartria

un handicap?

Si: 3 No: 5

74

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Resoconto questionario sulla disfagia

1.ha problemi nel

deglutire

(DISFAGIA)?

Si: 9

No: 1

2.come le accade di

tossire o strozzarsi?

con i

liquidi: 9

Con che frequenza? + volte al

giorno: 5

raramente: 4

3.chi si occupa della

sua disfagia?

nessuno: 7

logopedista: 2

4.fa qualche

trattamento per

contrastarla?

No: 7

Si: 2

5.la sua disfagia è

stabile nel tempo?

Si: 7

peggiora: 1

migliora: 1

6.utilizza delle

strategie di

compenso?

No: 5

Si: 4

7.segue delle

limitazioni

dietetiche?

No: 9

8.considera la sua

disfagia un

handicap?

Si: 3 No: 6

75

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CONCLUSIONI

Il questionario eseguito evidenzia la presenza massiccia di disartria e

disfagia nei pazienti atassici intervistati. La percentuale molto bassa di

essi che effettua un trattamento logopedico impedisce la validazione

delle attuali tecniche riabilitative e lo sviluppo di nuove più

appropiate.

Esistono delle scale di valutazione, anche non specifiche per le

sindromi atossiche, che permettono di valutare la disartria come un

deficit della qualità di vita e la disfagia per la sua pericolosità,

pensiamo ad esempio alle polmoniti ab-ingestis che negli stadi

terminali della malattia possono provocare la morte del paziente.

È necessario pertanto ampliare l’utilizzo delle scale di valutazione,

eseguire degli studi mirati al raggiungimento di nuove strategie

riabilitative valide e coinvolgere maggiormente medici, terapisti e

pazienti nella lotta alle disfunzioni bulbari.

76

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