Simon Winchester - Diego Garcia

31
Simon Winchester DIEGO GARCIA Traduzione di Alessandro Rocca retrovie (3) Adelphiana www.adelphiana.it 6 dicembre 2001

description

Geografia

Transcript of Simon Winchester - Diego Garcia

  • Simon Winchester

    DIEGO GARCIA

    Traduzione di Alessandro Rocca

    retrovie(3)

    Adelphianawww.adelphiana.it6 dicembre 2001

  • 2Per molti di noi, Diego Garcia quella che un tempo sisarebbe detta unespressione geogra$ca un nome cheleggiamo sempre e solo introdotto da sei parole (i bom-bardieri partiti dalla base di) e seguito, al massimo, datre (nellOceano Indiano). E si capisce abbastanza be-ne come per Simon Winchester, dopo trentanni di repor-tage su eventi quali la guerra delle Falkland, la cadutadei Marcos e la morte di Pol Pot, due romanzi dedicati aforme diverse di delirio classi$catorio o cartogra$co, unterzo in corso sulleruzione del vulcano Krakatoa, la ten-tazione di raccontare lo scabroso paradosso di questo nonluogo sia stata troppo forte. Il risultato uninchiesta dif-$cile, pi volte interrotta, forzatamente lacunosa che tut-tavia proietta, su quellatollo vuoto e lontano, ombre nonmeno inquietanti di quelle dei B 52 in partenza per lA-sia centrale.

  • Come convincere un migliaio di cani a gettarsi tra le$amme| Come convincerli, perch di questo si trat-t, a immolarsi sulla pira sacri$cale| I cani in que-stione erano un branco di randagi piuttosto incat-tiviti da sterminare per cogenti ragioni geopolitiche,e cio per accontentare Londra e Washington. Sul-lisola di Diego Garcia, in un torrido pomeriggiodella primavera 1971, la grana era tutta di Sir BruceGreatbatch, Comandante dei Cavalieri dellimpe-ro delle Indie, Compagno dellOrdine di San Miche-le e San Giorgio e Membro dellOrdine degli eccel-lenti dellimpero, ma anche Governatore della co-lonia delle Seychelles e Commissario di una neona-ta entit imperiale di cui allora quasi nessuno avevasentito parlare: i Territori Britannici dellOceanoIndiano.Quarantanni e pi di onorata carriera nelle colo-nie, durante la quale Sir Bruce aveva amministratoi sudditi di due sovrani, Giorgio VI ed Elisabetta II,in possedimenti ancora estesi dalla Nigeria setten-trionale a Barbados, avrebbero forse meritato unpi degno coronamento. E invece adesso, su quella

    3

  • scheggia di corallo nel bel mezzo dellOceano In-diano, a met strada fra Sri Lanka, Mombasa e lapenisola arabica, Sir Bruce si trovava a organizzarenon i festeggiamenti per il compleanno della regi-na o lapertura di un parlamento coloniale, ma ilmacello di mille bastardi.Dal punto di vista logistico Sir Bruce aveva a dispo-sizione tutto il necessario. Sullisola, dove un tem-po si produceva olio di cocco, cera infatti il for-no, un capannone di mattoni basso e lungo per-corso allinterno da due scaffalature. Quella in al-to serviva a raccogliere la polpa di centinaia di no-ci, quella in basso i gusci. Bruciando i gusci la polpacuoceva e il suo contenuto liquido circa il cin-quanta per cento del frutto evaporava, lasciandocome residuo la copra, una grassa sostanza com-mestibile dalla cui spremitura, in un secondo mo-mento, si ricavava lolio. Per lisola era un sistemaeconomicamente vantaggioso, in quanto consenti-va di utilizzare la noce in ogni sua parte e non ri-chiedeva limportazione di combustibile. Ma avevail grave limite di essere pensato su misura per il re-gno vegetale. Comunque sia, altre pire disponibilinon ce nerano. Cos gli addetti riempirono il ca-pannone di gusci almeno una tonnellata e ac-cesero il fuoco, che sprigion subito dense volutedi fumo nero. Naturalmente i cani recalcitravano,fuggendo sulla spiaggia o cercando di azzannare iloro palafrenieri.Questo grande ricevimento imperial-canino, chemise a durissima prova le capacit di Sir Bruce, siprotrasse per diverse ore. Alla $ne, con laiuto di fu-

    4

  • cili, bocconi di carne alla stricnina e fruste di fogliedi palma, i cani vivi furono radunati, e quelli mor-ti ammassati nel capannone. Dopodich Sir Bruce,eseguendo un piano che rientrava in un pi vastodisegno di ritirata da quellangolo dellimpero, fe-ce sigillare il forno e nel giro di poco tempo anchese non cos poco, a leggere le cronache dellepoca i cani $nirono bruciati o as$ssiati. Dopo circa uno-ra, al tramonto, Sir Bruce fece ispezionare i resti,quindi dichiar che sulla regia colonia dei Ter-ritori Britannici dellOceano Indiano non esisteva-no pi creature abbastanza grandi da poter arreca-re, a qualsiasi titolo, disturbo.Un telegramma inform dellaccaduto il governodegli Stati Uniti. Alcuni anni prima, generali e am-miragli americani avevano a lungo insistito su que-stopera di pulizia, da cui avevano fatto dipen-dere la costruzione, sullisola, di quella che chiama-vano una piccola attrezzatura di supporto alle co-municazioni. Ora laccordo stipulato tra inglesi eamericani nel 1966 poteva diventare operativo.Prima dellalba un battaglione di genieri della Ma-rina militare americana, che in attesa di ordini erarimasto a farsi sballottare dalle onde fuori dalle ac-que territoriali, prese $nalmente terra. Portava cons una decina di ruspe dai pneumatici alti tre volteun uomo, che incominciarono subito a rimestarela sof$ce sabbia rosata e a posare le fondazioni diquella che era destinata a diventare una delle pigrandi e importanti basi militari allestero mai co-struite dagli americani in tempo di pace. In con-temporanea con lo sbarco dei genieri, un preoccu-

    5

  • pato funzionario del Foreign Of$ce scrisse ai suoiambasciatori a Washington e allONU: In nessuncaso si deve chiamare ci che stiamo costruendo u-na base. Per la verit, non si vedeva che altro no-me usare.Sono passati trentanni, e a Diego Garcia vivono cir-ca quattromila persone fra marinai e ausiliari. Ci so-no due piste da cinque chilometri per i bombar-dieri, due rifugi nucleari e un intricato sistema didighe e pontili. Gli alti fondali della laguna consen-tono lormeggio anche a trenta navi contempora-neamente. Il pro$lo dellisola una $oritura di tor-ri, cupole, depositi di petrolio e di carburante pergli aerei, guarnigioni militari, poligoni di tiro e cam-pi di addestramento. Nellestate del 2000 il gover-no americano ha de$nito Diego Garcia una pedinaindispensabile nella strategia di controllo di buo-na parte del mondo e in particolare del MedioOriente.

    Diego Garcia prende il nome da un navigatore por-toghese del sedicesimo secolo. Sulle mappe assomi-glia allimpronta del piede di un bambino, con ungrazioso tallone a sud e limboccatura della laguna(ormai una delle vie dacqua militari pi traf$cateal mondo) che serpeggia tra alluce e medio. Sullatorre del serbatoio dellacqua posto al suo ingres-so dipinta una scritta: Diego Garcia, limprontadella libert. Oggi lisola fa di tutto per sembrareun New Jersey dei Tropici, ma in realt di america-no ha pochissimo.E infatti inglese. Per la precisione, essendo stata

    6

  • istituita nel 1965, la pi recente colonia dellim-pero britannico, con un regime amministrativo mol-to simile a quello delle isole Falkland, Bermuda,Cayman, e delle decine di residui dellimpero an-cora governati da Londra. Su Diego Garcia garri-scono molte stelle e molte strisce, ma sul pennonepi alto sventola la Union Jack. La massima auto-rit residente nellisola non il contrammiraglioamericano, ma luf$ciale britannico (in genere uncomandante della Marina, quindi due gradi sottoil collega) responsabile della cosiddetta Royal Na-val Party 2002. A dividere il potere con lui, almeno

    7

  • quando giunge in visita da Londra, Margaret Sa-vill, una diplomatica attualmente a capo dei Terri-tori Britannici dellOceano Indiano.I quattromila americani in servizio sullisola dovreb-bero osservare le leggi (in particolare, $gurarsi,quelle sugli stupefacenti) amministrate in nome diSua Maest da John White, il commissario delliso-la che per si fa vedere di rado, essendo ben piimpegnato a guidare, dal suo uf$cio londinese, lemosse della diplomazia britannica in Africa orien-tale. A dar manforte anche a lui, di nuovo, Mrs Sa-vill, che di tanto in tanto salta sul C-130 americanocui sono af$dati i collegamenti tra lisola e Singa-pore, a sei ore di volo. Un decreto autorizza Savilla trasferire i poteri, in sua assenza, al personale co-mandato a rotazione sullisola: venti fanti di Mari-na, sei poliziotti di Scotland Yard e un paio di fun-zionari di dogana piuttosto incerti sul da farsi.Ma perch si torna a parlare di Diego Garcia| Es-senzialmente per via di una causa sfociata, lannoscorso, in una delle sentenze pi severe mai emes-se nei confronti del governo inglese, e che ha por-tato alla luce lintera, e assai poco edi$cante, vicen-da. Al processo sono stati presentati sei faldoni zep-pi di documenti, molti dei quali coperti, $no a quelmomento, da segreto di stato. Dai dettagli emersi ri-sulta che il giudizio sul comportamento di Sir Bruce,specie se lo si paragona a quello dei colleghi, vatemperato. Dal punto di vista pratico, lorganizza-zione del piccolo olocausto canino era il compitopi gravoso di tutti. Al confronto, sbarazzarsi degli

    8

  • esseri umani alcuni dei quali erano i proprietaridei cani stato come bere un bicchier dacqua.

    Quando il governo inglese ha preso la bizzarra de-cisione di creare dal nulla una nuova colonia, qual-cuno deve aver sentito puzza di bruciato. Il tutto ac-cadeva a met degli anni Sessanta, e cio proprionel momento in cui Londra pensava di concederelindipendenza ai suoi due maggiori possedimentiinsulari dellOceano Indiano, Mauritius e le Sey-chelles. Let dellimpero volgeva al termine, e dil a poco tutte le basi militari inglesi in Oriente Hong Kong, Singapore, lisola di Gan nelle Maldi-ve e Aden sarebbero state abbandonate.In quel periodo gli strateghi militari occidentaliguardavano con estrema preoccupazione alla Cinadi Mao, che aveva appena invaso lIndia e scon$ttolesercito di Nuova Delhi in uno scontro di fron-tiera sullHimalaya. Per reagire alla presunta mi-naccia cinese (che andava ad aggiungersi alla cre-scente influenza sovietica in Medio Oriente, Africae India), gli Stati Uniti dovevano rilevare le basi nel-lOceano Indiano. Serviva un posto sicuro, sgom-bro di indigeni e non soggetto ai capricci di statinazionali nuovi e con ogni probabilit inaf$dabili.Una conferenza angloamericana su questi argo-menti si tenne in segreto, a Londra, nel febbraiodel 1964. E in quelloccasione ci fu una lieta sor-presa, la scoperta di un oscuro arcipelago proprioal centro dellOceano Indiano, dove tempo addie-tro la RAF aveva costruito una pista di emergenzatuttora agibile.

    9

  • Sul posto fu immediatamente inviata una squadradi ispettori, la quale, dopo un attento sopralluogo,concluse che con un investimento di alcuni milio-ni di sterline pista e isola potevano essere trasfor-mate in una base militare perfettamente utile alloscopo. Cerano diversi punti adatti alla costruzio-ne di nuove piste datterraggio, specchi dacquaampi e ben protetti per lattracco delle navi, e tut-to lo spazio necessario per gli accantonamenti disoldati e marinai. Inoltre lisola era ancora una co-lonia, e con una accorta manovra diplomatica dicui nessuno doveva ovviamente sapere nulla sa-rebbe stato possibile mantenerla tale.Le isole Chagos questo il loro nome uf$ciale venivano chiamate dai locali Isole dellOlio. Il loroprincipale prodotto, ricavato come abbiamo vistodalla copra, serviva alla scarsa illuminazione pub-blica di Mauritius e delle Seychelles. Larcipelagoha unestensione immensa ventunmila miglia qua-drate di oceano, a coprire i picchi e le gole di Limu-ria, una catena montuosa dellantica Gondwana.Soltanto in otto punti le vette giungono abbastan-za vicino alla super$cie da lasciare emergere i co-ralli. Quattro sono scogli disseminati di relitti sucui si frangono le linee bianche e frastagliate dellarisacca. Le altre quattro sono invece veri e propriatolli, per un totale di sessantacinque isole coralli-ne suddivise in gruppi: le Salomone e latollo di Pe-ros Banhos a nord, le Egmont al margine occiden-tale e, sulla punta meridionale del territorio, la-tollo a forma di piede, nove chilometri di larghez-za e circa venti di lunghezza dal tallone allalluce:

    10

  • Diego Garcia. E qui dove una volta le navi a va-pore dirette in Australia si fermavano per rifornir-si di carbone, e dove cera una stazione del cavo te-lefonico transoceanico la RAF aveva costruito lasua pista.Da quando nel 1814 il primo trattato di Parigi le a-veva sottratte alla Francia, le Isole dellOlio veni-vano amministrate da Mauritius, e come ovvio u-na Mauritius indipendente le avrebbe considerateparte integrante del suo territorio. Ora, che unaMauritius indipendente potesse diventare un allea-to af$dabile non era affatto certo, tanto meno nel1964. Come scriveva il 20 ottobre di quellanno unfunzionario del Colonial Of$ce: Per le autoritmilitari inglesi e americane sarebbe inaccettabilese le strutture in questione fossero anche solo inparte soggette al controllo politico di uno stato invia di formazione.Si arriv dunque a un accordo piuttosto comples-so. A Mauritius sarebbe stata concessa in tempi bre-vissimi lindipendenza, ma a una condizione, chedietro il pagamento di tre milioni di sterline, e unvago impegno americano a favorire limportazio-ne dello zucchero prodotto nellarcipelago, la po-sizione delle Isole dellOlio venisse considerata aparte o, per citare il termine esatto, stralciata. Insostanza, le Chagos dovevano rimanere britanni-che $no a quando lInghilterra lo avesse ritenutoopportuno.Che una faccenda come la formazione dei Territo-ri Britannici dellOceano Indiano fosse intricata, edi conseguenza non si prestasse a soluzioni sempli-

    11

  • ci, lo si pu anche capire. Ma la complessit unconto, lambiguit un altro. E gli inglesi, nella cir-costanza, si comportarono in modo ambiguo, an-che se furono costretti a farlo perch a un certopunto salt fuori un inconveniente: per quanto o-scure, ignote e dimenticate, le Chagos erano abita-te, e da generazioni. Il che comportava tutta una se-rie di problemi.Fin dallinizio gli americani avevano molto insistitosul fatto che, per ragioni di sicurezza, Diego Gar-cia e gli atolli circostanti dovessero essere disabita-ti. Prima di venire cedute le isole andavano, comesi diceva nei documenti americani dellepoca, ri-pulite e boni$cate, in modo da poter accoglieretruppe, sottomarini nucleari e bombardieri. Il pri-mo obiettivo dellacquisizione di queste isole scris-se un anonimo funzionario inglese in un memoran-dum senza data intitolato Obiettivi assicurarse-ne, con mezzi legali, il pieno controllo ... in modoche Gran Bretagna e Stati Uniti possano evacuare lapopolazione che attualmente vi risiede. Su que-sto punto gli americani non erano disposti a tran-sigere, e le autorit inglesi fecero il possibile per ac-contentarli. La prima mossa fu garantire agli allea-ti che gli abitanti degli atolli andavano consideraticollaboratori a tempo determinato. Per sicurez-za, nel novembre del 1965, e poi di nuovo nel 1971,venne varato un provvedimento che riguardandouna colonia non richiedeva alcun passaggio parla-mentare in base al quale chiunque sbarcasse sul-lisola, o anche solo vi si trovasse senza autorizza-zione, infrangeva la legge e poteva venire deporta-

    12

  • to, o arrestato in attesa di deportazione. Su questopunto il testo di legge era molto chiaro: In attesadi trasferimento ... il soggetto verr detenuto instato di fermo, che agli effetti di legge equivale aun arresto.Ma anche allora lONU non accettava che la sovra-nit di una regione abitata passasse di mano in mo-do arbitrario e senza una preventiva consultazionedegli abitanti. Fondare una nuova colonia, e quin-di una nuova cittadinanza, avrebbe richiesto la ve-ri$ca da parte di una commissione ONU dello sta-tus degli abitanti. In particolare, secondo la proce-dura adottata dalla quasi totalit dei paesi durantele grandi decolonizzazioni degli anni Cinquanta eSessanta, bisognava accertare se ci fossero azioniin corso per ottenere una forma o laltra di auto-governo.E cera un altro punto delicato. Nel maggio del1964 gli inglesi sapevano benissimo quale uso del-la notizia avrebbero potuto fare le potenze e i mo-vimenti anti-imperialisti: Spartirsi i territori colo-niali in funzione degli obiettivi strategici angloa-mericani, specie contro la volont degli abitanti, si-gni$ca servire su un piatto dargento al blocco so-vietico il pretesto per attaccarci, e con il sostegnoafroasiatico scriveva un sottosegretario del ForeignOf$ce al suo pari grado britannico presso le Na-zioni Unite. I nostri rapporti con gli stati afroasia-tici ne risulterebbero compromessi, e la propagan-da comunista ci farebbe a pezzi.Lunica via duscita era che gli abitanti delle Cha-gos si potessero davvero considerare lavoratori a

    13

  • tempo determinato. In quel caso, gli americani po-tevano rescindere i loro contratti, invitandoli a la-sciare lisola, e vietargli di rientrare per altri lavori un comportamento forse brutale, ma ancora accet-tabile sotto il pro$lo formale. Diverso il caso deglioperai che la Chagos Agalega Oil Company avevafatto venire dalle Seychelles o da Mauritius per la-vorare alla fabbrica di copra, nei forni o alla spre-mitura dellolio. Per loro, infatti, le prescrizioni del-le Nazioni Unite in materia di trasferimenti di so-vranit, cos come lobbligo di riferire regolarmen-te sulloperazione, non si applicavano. Ma si trattava davvero di operai a contratto| Nel1964 un funzionario del ministero delle Colonie ri-feriva che un esiguo numero di persone, e in qual-che caso anche i loro genitori, era nato sullisola.La notizia suscit grande apprensione. Dopo ulte-riori ricerche si scopr che in buona parte gli abi-tanti delle Chagos non venivano da Mauritius o dal-le Seychelles, ma dallAfrica orientale, e discende-vano dagli schiavi prelevati allinizio dellOttocen-to in Madagascar, Somalia e Mozambico.Nelle Chagos ce nerano pi di mille e cinquecen-to. Parlavano creolo, erano piccoli e tarchiati. Pergli uomini del Foreign Of$ce fu particolarmenteimbarazzante scoprire che quasi tutti erano, tecni-camente, cittadini inglesi; di fatto, chi era nato sul-le isole da genitori nati sulle isole poteva conside-rarsi suddito della Corona. Per di pi, molti sem-bravano saperlo; nel 1955 un visitatore aveva rac-contato che gli isolani erano orgogliosi della loroUnion Jack, e lo avevano accolto intonando una

    14

  • sgangherata versione di God Save the Queen, inter-pretata con uno spiccato accento francese.

    15

  • La scoperta, su isole che il governo britannico ave-va promesso di consegnare agli americani ripuli-te e boni$cate, di mille e pi inglesi neri e segali-gni, e che come non bastasse parlavano creolo, fe-ce trasalire i funzionari di Londra. Per essere pre-cisi, li gett nel panico. E li spinse a comportarsi,da quel momento in poi, in perfetta malafede.

    Nessun isolano va considerato un residente. Que-sta fu una delle prime direttive politiche tracciate,nel novembre del 1965, da un membro del Colo-nial Of$ce (che a partire dal 1968 venne riassorbi-to nel Foreign Of$ce). Per quanto riguardava leNazioni Unite, un altro funzionario del ministeroscrisse: Suggerirei di far $nta di niente. Mi spiegomeglio: passerei la questione sotto silenzio, a me-no che non sia lONU a sollevarla.In sostanza, i diplomatici proponevano di rilascia-re documenti da cui gli isolani risultassero comun-que cittadini di Mauritius o delle Seychelles, e que-sto nella speranza di convincere sia gli interessatisia le Nazioni Unite che la salvaguardia dei lorodiritti democratici non riguardava gli inglesi unfatto, sostenevano, che ha il carattere dellovvie-t. Pur concordando, un collega notava come nelColonial Of$ce fosse diffuso un certo sospetto, de-cisamente antiquato, nei confronti delle bugie an-che se vero che in questo caso, non sapendo conquante persone abbiamo a che fare, dif$cile direse si tratterebbe di una frottola innocente o di unaballa colossale. Eppure una strategia della menzogna cominciava

    16

  • a prendere forma. I funzionari dellamministrazio-ne londinese stavano diventando pi sfacciati. Al-lepoca il sottosegretario del ministero era DenisGreenhill pi tardi Lord Harrow. Nellagosto del66, tramite il suo segretario Patrick Wright in se-guito Sir , aveva fatto inviare alluf$cio britannicopresso lONU una nota che sembrava, pi che al-tro, uno scherzo da caserma.Niente mezze misure: quegli scogli devono rima-nere nostri, e gli unici indigeni che ci vogliamo so-pra sono i gabbiani. Dei cui diritti la commissioneper le pari opportunit non si occupa, se non sba-glio.E dopo aver presumibilmente ridacchiato della suastessa spiritosaggine, Greenhill aveva aggiunto, diproprio pugno, queste righe:Purtroppo, oltre agli uccelli ci sono alcuni Tarzane qualche Venerd di origini oscure, che sarebbe ilcaso di trasferire volontariamente a Mauritius, oda quelle parti l. Dopodich, sono daccordo, do-vremo essere inflessibili....Da quel momento, la politica verso gli abitanti deiTerritori Britannici dellOceano Indiano si sareb-be ispirata a un doppio registro: la popolazione lo-cale non esisteva, e se esisteva andava volontaria-mente trasferita a Mauritius.Fu quanto accadde cinque anni dopo. Nellarco didiciotto mesi, a partire dal 1971, una flottiglia di na-tanti pass al setaccio le frastagliate insenature del-le Chagos, evacuando tutti gli isolani. Diego Garcia,con i suoi cani, fu ripulita per prima, quindi ven-ne il turno delle altre isole abitate Peros Banhos,

    17

  • Salomone. La popolazione fu ammassata nella zo-na dei magazzini portuali di Port-Louis, sullisoladi Mauritius, dove si trova ancora oggi.

    Nonostante unordinanza del governo vietasse e-spressamente lingresso ai giornalisti, io nelle Cha-gos ci sono andato lo stesso, e per un paio di setti-mane ho anche avuto modo di guardarmi intorno.I fatti risalgono al 1985, e i documenti del ForeignOf$ce li riportano cos: Arrivato a bordo di unoyacht ... stato respinto dallUf$cio immigrazione ...e ha ripreso la sua rotta. Come in molte comuni-cazioni del Foreign Of$ce, anche qui le imprecisio-ni si sprecano.Il dato reale che sono arrivato a bordo di unoyacht, per la precisione una goletta dacciaio imma-tricolata in Australia e proveniente da Cochin, nel-lIndia meridionale. La prima tappa stata Bod-dam, unica isola delle Salomone sicuramente abi-tata, almeno in passato. L sono rimasto dieci gior-ni. Era una specie di paradiso spiagge deserte, ac-qua caldissima. Mancava giusto un minimo di pri-vacy. Ogni pomeriggio, infatti, un C-130 della basedi Diego Garcia sorvolava latollo a bassa quota elequipaggio mi fotografava mentre perlustravo li-solotto, prendevo appunti, disegnavo mappe o fa-cevo qualche schizzo degli edi$ci.Ricordo una strada costeggiata da piccoli cottage adue stanze, una chiesa, e un cimitero con la tombadi una certa Mrs Thompson, morta nel 1932. Ce-rano una macina per la copra con gli ingranaggiarrugginiti, caldaie anchesse divorate dalla ruggi-

    18

  • ne, pestelli e mortai di legno stagionato per la spre-mitura dellolio. E poi una piccola teleferica che e-ra servita per trasportare le casse gi al molo, e oraaffondava mestamente in una macchia di sargassi.Le vecchie chiatte erano ancora l in secca, cos co-me le bardature dei muli che avevano trascinato icarrelli $no al piano di carico.Ledi$cio pi interessante era una piccola, splen-dida villetta pi o meno in stile coloniale francese:tre piani, verande, pergolati, un giardino coperto,un prato. A una parete la foto di una graziosa d-butante del Wiltshire, ritagliata da un numero del1971 di Country Life. In un angolo, quattro volu-mi ingialliti della Times History of the War, e una co-pia di Puskin in tedesco. E poi piatti e casseruole,giocattoli, mucchi di vestiti e scarpe ammuf$ti e,fuori, schiere di galline che mi accolsero con unconfuso chiocciare, e lespressione arruffata dei pol-li domestici tornati ruspanti.Qualsiasi cosa i nostri funzionari cercassero di da-re a bere agli americani, alla comunit afroasiati-ca e alle Nazioni Unite, quelle non erano residen-ze di lavoratori a tempo determinato. Il villaggioaveva un passato lungo e anche abbastanza prospe-ro. Era stato una comunit dove si erano celebratefunzioni religiose, matrimoni, funerali e battesimi,e dove la gente aveva letto libri, giocato, lavorato,risparmiato e fatto progetti. Uno degli ultimi erada attribuire a una donna che, riallacciandosi allastoria dellarcipelago raccontata da Robert Scottin Limuria, aveva pensato di trasformare Boddam inporto franco. Lisola doveva insomma diventare u-

    19

  • na tappa delle crociere interne indiane, e i turisti,dopo aver fatto il bagno insieme alle mante nellalaguna verdeazzurra, si sarebbero lasciati tentareda cristalli e whisky esentasse. Il posto si prestava,niente da dire.Dopo dieci giorni di inerzia decisi di far rotta suDiego Garcia. Passai un giorno e una notte sullesecche battute dai venti delle Chagos, quindi riu-scii a entrare in laguna e a ormeggiarmi tra le navida guerra e i sottomarini atomici. Mi scoprironosubito, e i funzionari dellimmigrazione davanti aiquali venni portato non sembravano molto bendi-sposti. Tirarono fuori dalla cartella le lettere con cuidue anni prima il Foreign Of$ce mi aveva formal-mente negato il permesso di sbarco e me le sven-tolarono sotto il naso, insistendo perch togliessiimmediatamente il disturbo. Ma il mio skipper, una ragazza australiana senzapeli sulla lingua, comunic agli uomini dellimmi-grazione di voler usare la laguna come porto disoccorso un suo preciso diritto di navigante edichiar che si sarebbe trattenuta a Diego Garciaper almeno due giorni. E dato che il codice marit-timo internazionale ha la precedenza anche sui re-golamenti di Diego Garcia, gettammo lancora sen-za che le autorit potessero impedircelo.

    Gli americani furono abbastanza gentili. Appena ilmotoscafo dei funzionari britannici torn gorgo-gliando a riva si accostarono le scialuppe dei mari-nai imbarcati sulla nave di comando La Salle e sulsottomarino atomico Corpus Christi, che ci carica-

    20

  • rono a bordo per portarci a fare un giro. La flottadi Pearl Harbor faceva ridere, in confronto a quel-la che avevamo davanti. Decine di navi appoggiocon i ponti carichi di carri armati, missili, autocar-ri, ruspe e cisterne di carburante, ognuna attenta-mente separata dallaltra da uno spazio di sicurez-za, il cosiddetto arco desplosione. Cerano anchefregate, cacciatorpediniere e portaerei. Sulla pistaatterravano e decollavano velivoli di ogni genere:intercettatori, bombardieri, aerei da rifornimento involo e caccia controcarro. Riprendere il mare eper mare intendo le migliaia di miglia di oceanoassolutamente vuoto che separano Diego Garcia daognuno dei suoi potenziali obiettivi in terraferma fu un sollievo.Non ho pi avuto modo di tornare a Diego Garcia.Ci ho riprovato nel 1993, ma il Foreign Of$ce miha negato lautorizzazione.

    E cos mi sono accontentato di Mauritius, dove lan-no scorso ho conosciuto Rosalyn Rabrin, una don-na che dallet di dieci anni, e per quasi trenta, havissuto in una piccola baracca senza $nestre a Cas-sis, una zona miserevole di Port-Louis. La capannamisura quattro metri per cinque e allinterno, al ca-lare del sole mauriziano, il calore diventa insoppor-tabile. Rosalyn ci vive con suo marito, Rosemont,che quando capita lavora ai magazzini gi al porto,e con i loro quattro $gli, due dei quali Sharma eMartina, di quindici e dodici anni erano l connoi. Il soggiorno interamente occupato da dueletti, una sedia e un armadio, senza neppure lo spa-

    21

  • zio per un tavolo. Un bulbo che pende dal sof$ttoillumina la stanza e a cena, o quando i bambinifanno i compiti, ci si trasferisce fuori, nel cortileinvaso dalle immondizie. Dai passaporti risulta che Rosalyn e i suoi $gli sonoper legge, per nascita e per scelta cittadini britan-nici. Come gli abitanti di Gibilterra, di SantElena,dellisola di Anguilla, hanno il passaporto dei Ter-ritori Britannici, una curiosa cittadinanza di serie B(va ricordato che chi risiede nei possedimenti fran-cesi cittadino francese a pieno titolo). Forse ungiorno i Rabrin potranno vivere legalmente e sen-za limiti di tempo in Gran Bretagna, ma per il mo-mento questa solo unipotesi al vaglio della Ca-mera, e Rosalyn rimane con$nata nella baracca chela accolse quando sbarc da una nave provenientedallisola di Boddam.Rosalyn era cresciuta nella stradina di cottage di cuiho parlato prima e ricordava parecchio. Lemporio,ad esempio, che apriva una volta alla settimana. Miha mostrato una fotogra$a della chiesa, e unaltrain cui si vede la casa dellamministratore. Da bam-bina guardava bardare i muli che trascinavano ibarili dolio al molo. Lei e le sue amiche, che fre-quentavano la scuola elementare dellisola, anda-vano a fare il bagno, e seguivano per gioco le chiat-te che venivano trainate $no alle navi cisterna alcentro della laguna. In realt la nave cisterna erasempre la stessa, la Zambezia, che arrivava a Mauri-tius in quattro giorni e ogni tanto caricava anchepasseggeri. Port-Louis era invece servita dal Nord-vaer, o da un piccolo battello, lIsola di Farquhar, che

    22

  • ogni tre mesi faceva il giro di tutte le isole distri-buendo provviste varie.Rosalyn non aveva dimenticato neppure il giornoin cui gli abitanti del villaggio furono radunati, e sisentirono dire che dovevano andarsene.Era lestate del 1971. Nel settembre dellanno pri-ma un dirigente del Foreign Of$ce aveva $rmatolordine di deportazione, e un decreto extraparla-mentare che imponeva, tra laltro, di mantenerela $nzione per cui gli abitanti ... non costituisconouna popolazione stanziale o semistanziale. Il pri-mo passo del governo era stato comprare, per unmilione di sterline, lunica fabbrica che desse lavo-ro agli isolani, la Chagos Agalega Oil Company, echiuderla. Mrs Rabrin si ricordava molto bene i fun-zionari che quel mattino destate sbarcarono dallanave e consegnarono a tutti gli adulti un pezzo dicarta con ogni probabilit, lordine di deporta-zione.Ci dissero che stavano chiudendo le isole mi haraccontato Rosalyn nel suo creolo sincopato, conil tassista che faceva da interprete. Non so come lapresi, non saprei dirlo. Ricordo che mia mamma emio pap erano molto arrabbiati, questo s. Racco-gliemmo le nostre cose e, verso sera, fummo siste-mati sulla nave. Eravamo chiusi gi in basso, nellagrande stiva di ferro, e intanto caricavano i cavallie i muli sul ponte superiore sento ancora il rumo-re spaventoso degli zoccoli sulle nostre teste.Ci avevano proibito di prendere con noi i cani.Cera da impazzire. Non capivo perch ci stesseroportando via, nessuno aveva fatto niente di male.

    23

  • Molti stavano ancora lavorando, avevano spremu-to olio $no a poche ore prima.Partimmo che era gi notte, quindi non posso di-re di aver visto molto, anche perch non mi sembrache dove stavamo ci fossero degli obl. Per arriva-re a Mauritius ci mettemmo tre giorni. Non ceraniente da mangiare, e pochissimo da bere. Certistrizzavano i vestiti e la biancheria, raccoglievanolacqua piovana e si arrangiavano cos. Era terribi-le. Finalmente arrivammo a Port-Louis, qualcunodiede a mio padre un po di denaro e ci dissero ditrovarci una casa. Ma pap non trov mai un verolavoro. Non ci siamo mai ambientati.Le chiesi se avesse intenzione di tornare a casa. Infondo adesso viveva in una citt piena di possibili-t, se non altro per le $glie, mentre a Boddam noncera pi niente, solo rovine. Era sicura di volercitornare|S, rispose certo che s. Forse non per sempre,ma lo desideriamo tutti. Bello o brutto, quel posto casa nostra. Voglio rivederlo, voglio i miei ricor-di. E voglio che ci vengano anche i nostri $gli. Ledue ragazze annuivano convinte. S, ripet la ma-dre vogliamo assolutamente andarci.In quegli stessi giorni la questione veniva $nal-mente affrontata con un minimo di decenza. Do-po tre decenni di schermaglie legali, si era decisodi stabilire se gli isolani potessero rientrare nei ter-ritori che erano stati loro, e reclamare ci che ave-vano perduto.Nei decenni precedenti, alla penosa situazione diquelli che i mauriziani chiamano les Ilois si era pre-

    24

  • stata unattenzione scarsa e intermittente. Il primogiornale a fare qualche indagine fu il Wash-ington Post nel 1975, quando un suo cronista in-viato sullisola aveva sentito parlare di circa due-mila cittadini britannici imprigionati senza una ra-gione apparente in un edi$cio in disuso vicino aimagazzini del porto. Di tutte le manovre e le deci-sioni del loro governo a proposito delle Chagos,gli inglesi non avevano invece mai saputo nulla,dato che le uniche notizie erano apparse sulla Gaz-zetta dei Territori Britannici dellOceano Indiano,testata non proprio diffusissima.Allepoca mi trovavo a Washington come inviato delGuardian, e qualcosina scoprii ad esempio chegli inglesi, non volendo far sapere in giro quantoavevano ricevuto per i cinquantanni di af$tto del-le isole, avevano chiesto agli americani di far $gu-rare quei quattordici milioni di dollari come unosconto sui costi di ricerca e sviluppo di una nuovagenerazione di missili nucleari Polaris, che stava-no per essere venduti alla Royal Navy. Quando la no-tizia venne alla luce ci furono alcune audizioni par-lamentari, nel corso delle quali il senatore EdwardKennedy dichiar che il comportamento inglesedenunciava unevidente mancanza di sensibilitumanitaria, mentre il New York Times scrisseche per chi si ostina a credere che lazione del go-verno britannico si ispiri sempre e comunque a cri-teri di onest e decenza il tutto risultava assai de-primente. Utilizzando le riprese in bianco e nerodegli anni Cinquanta recuperate dagli archivi delCentral Of$ce of Information fu anche montato

    25

  • un $lm per la televisione inglese, che dimostravacome gli isolani avessero sempre vissuto a DiegoGarcia, e dava unidea piuttosto chiara del tortoche avevano subito. Ma pi o meno ci si ferm l. A met degli anniOttanta, quando il clima politico consigliava un at-teggiamento pi morbido, il governo britannicovers agli isolani un risarcimento di quattro milio-ni di sterline, guardandosi bene anche solo dal no-minare leventualit di un loro rientro a casa. Quan-to allaviazione americana, invit sullisola ungruppo di giornalisti esperti in questioni militari nella grande famiglia della stampa, i pi malleabi-li e proni ai desideri della committenza. Durata delsoggiorno, cinque ore: giusto il tempo per sdilin-quirsi sulle meraviglie tecnologiche intraviste. LaMalta dellOceano Indiano scrisse uno di loro. Unluogo dal valore strategico incalcolabile gli feceeco un altro.E per un trentennio non era stato fatto altro. Cer-to, gli sfortunati abitanti di Diego Garcia avevanodovuto subire torti, maltrattamenti, persino lesi-lio, ma in fondo il loro destino era poca cosa rispet-to alle esigenze militari e alla sicurezza dellOcci-dente, e in particolare degli Stati Uniti. In altre pa-role il $ne, in questo caso, giusti$cava ampiamen-te i mezzi.

    Il misto di scaltrezza e indifferenza con cui, fossestato per loro, Foreign Of$ce e Pentagono avreb-bero continuato a gestire la questione andato inpezzi lanno scorso, quando Olivier Bancoult, un

    26

  • mite isolano di mezza et che oggi lavora per lacompagnia elettrica di Mauritius, riuscito a farsiassegnare un patrocinio gratuito e a trascinare ingiudizio il governo britannico. Bancoult ha soste-nuto che il quarto articolo del decreto sullimmi-grazione del 1971, che aveva reso possibile lespul-sione degli isolani, era illegale. Il riferimento, nel-lo speci$co, era a un passo particolarmente espli-cito: nessuno potr penetrare nei Territori Bri-tannici dellOceano Indiano, e nel caso vi si tro-vasse gi non potr rimanerci, a meno che non de-tenga regolare permesso, o che il suo nome risultinella lista di coloro che hanno ottenuto il permes-so.... Il fatto che con quel nessuno dovessero in-tendersi, qui, gli abitanti delle isole, allorecchio diBancoult suonava come un evidente sopruso: e chela legge, come nel Medioevo, autorizzasse lespul-sione da un territorio era, semplicemente, inaccet-tabile.Il caso stato assunto dal famoso avvocato sudafri-cano Sir Sydney Kentridge, un vero paladino dei di-ritti civili, mentre il difensore di Bancoult, RichardGifford, proveniva dallo studio legale di BernardSheridan, che si era a lungo interessato alla situa-zione degli isolani. Allinizio erano in pochi a cre-dere che la Corte avrebbe accettato il ricorso. Da-vid Pannick, il Procuratore della Corona ingaggia-to dal Foreign Of$ce, aveva avanzato molti e per-suasivi argomenti a favore della tesi che il processoandasse sottoposto allattenzione non dellAlta Cor-te ma della Corte Suprema dei Territori BritannicidellOceano Indiano in realt costituita da un

    27

  • giudice, praticamente in pensione, che vive e am-ministra la giustizia nel Gloucestershire.Ma alla $ne lAlta Corte ha accettato di esaminarelesposto, e il 3 novembre del 2000 il collegio giu-dicante ha emesso un verdetto sbalorditivo. Citan-do la Magna Charta, e in particolare gli articoli chedichiarano illegale deportare un essere umano dal-la propria casa, la Corte ha deciso allunanimit cheil quarto articolo va considerato inammissibile, edovr quindi essere cancellato, mentre a Bancoulte agli isolani ancora in vita, come Rosalyn Rabrin etutti coloro che vivono nelle baracche di Mauritiuse delle Seychelles, dovr essere consentito il ritor-no a casa.Il ministro degli Esteri britannico, Robin Cook, hadichiarato che il governo non presenter ricorsocontro la sentenza. Il giorno stesso, a poche ore didistanza, il Foreign Of$ce ha emesso una nuova or-dinanza, che limita gli effetti della precedente allasola Diego Garcia. Per le altre Chagos, chiunque inpossesso di un passaporto dei Territori motivatoda un qualsivoglia legame con le isole avr comple-ta libert di movimento. I Rabrin e i loro $gli, in al-tre parole, potranno tornare a casa, sullisola diBoddam, riavere il loro piccolo cottage, riaprire ilnegozio, ripulire il giardino della chiesa, liberaredalle erbacce la vecchia lapide di Mrs Thompson erimanersene l, dove Rosalyn nata, $no a quan-do piacer loro.

    Al momento lintera questione sprofondata in unmare di complicazioni e recriminazioni. Gli inglesisono in una posizione ignominiosa, e manifestano

    28

  • un profondo disagio. I mauriziani sono sconcertati.Gli americani furibondi, e li si pu capire, essendoil Pentagono certo che i britannici avessero com-pletamente boni$cato larcipelago, e che la situa-zione sarebbe rimasta immutata $no alla scadenzadel contratto di af$tto di Diego Garcia.Nel giugno scorso il sottosegretario di stato allaDifesa Eric Newsom ha scritto al suo pari grado bri-tannico che nuovi insediamenti nelle isole intornoa Diego Garcia avrebbero una conseguenza allar-mante, limmediata, necessaria introduzione di si-stemi di sorveglianza, monitoraggio e perimetrazio-ne elettronica potenzialmente in grado di inter-rompere, danneggiare o mettere a rischio le ope-razioni militari di vitale importanza condotte nel-la base. Come dire, c il rischio di aprire le porteai terroristi.Per la prima volta nella storia della nostra coope-razione militare a Diego Garcia, una quota signi$-cativa del personale e altre risorse dovrebbero es-sere destinate a compiti di protezione degli uomi-ni, dei materiali e delle attrezzature sul posto. A cau-sa dei costi elevati, per entrambi i governi, la messaa punto dei necessari requisiti di sicurezza potreb-be comportare un riesame complessivo delle dota-zioni dellisola....Questa stata la prima dichiarazione uf$ciale ame-ricana dopo la proclamazione della sentenza, cheinizialmente non aveva quasi trovato eco su unastampa americana tutta concentrata sulle presiden-ziali. Nel novembre scorso, a Mauritius, ho sentitoun uf$ciale della Marina statunitense parlare con

    29

  • disprezzo dei giudici da operetta di Londra, edella totale irrilevanza delle loro decisioni.Stavamo facendo quattro chiacchiere dalle partidei docks di Port-Louis, e guardavamo una grandenave appoggio americana allattracco, la Bob Hope,con a bordo cinquecento marinai della base in li-cenza. No, ha detto nessuno torner sulle isole,almeno $no a che ci rimarr il contingente ameri-cano. E da come vanno le cose, ha aggiunto ci ri-marr per un bel pezzo.

    Secondo Olivier Bancoult e i suoi avvocati e se-condo quello che i diplomatici britannici vannodicendo nelle conversazioni private gli america-ni che la pensano cos saranno presto delusi. Gliisolani torneranno alle loro isole, e anche moltopresto. Con conseguenze tuttaltro che scontate.Gli originari delle Chagos che vivono a Mauritius ealle Seychelles sembra siano ormai cinquemila, traadulti e bambini. Se la maggior parte di loro ritor-na a casa, bisogner creare una colonia completa-mente nuova. E per garantire ai propri cittadini iservizi di base, gli inglesi dovranno costruire, fraBoddam e Peros Banhos, edi$ci amministrativi, unapiccola rete di strade e fognature, una stazione dipolizia, un tribunale, una scuola, un ospedale, unastazione radio. Be, probabile che assisteremo a unbizzarro revival del colonialismo vittoriano. E na-turalmente il governo dovr creare posti di lavoro,forse legati alla produzione della copra e delloliodi cocco, o pi probabilmente al turismo.

    30

  • A quanto pare, il Foreign Of$ce sta esaminandotutte le possibilit.

    simon winchester

    31