Silvano Fausti - Giovanni Cc. 17-21

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Gv 17,1-26

42. adesso glorificami tu, Padre, presso te stesso.

con la gloria che avevo presso di te

prima che il mondo fosse

17,1-5

17,1(Di) queste cose parl Ges

e, levati i suoi occhi verso il cielo,

disse:

Padre,

venuta lora:

glorifica il Figlio tuo

affinch il Figlio glorifichi te,

2

cos come gli desti

potere su ogni carne,

di dare loro a quanto gli hai dato

vita eterna.

3

Ora questa la vita eterna:

che conoscano te,

lunico vero Dio,

e colui che mandasti,

Ges Cristo.

4

Io ti glorificai sulla terra,

avendo compiuto lopera

che mi hai dato

perch (la) facessi;

5

e adesso glorificami tu,

Padre,

presso te stesso,

con la gloria che avevo presso di te

prima che il mondo fosse.

1.Messaggio nel contesto

Adesso glorificami tu, Padre, presso te stesso, con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Le parole di Ges prima della sua passione sono uno squarcio di luce: rivelano, come il Prologo (1,1-18), il mistero profondo della sua relazione con Dio e con il mondo, che, a questo punto del Vangelo, siamo in grado di intravedere. la finestra che il Vangelo ci apre sullio pi intimo di Ges, Figlio di Dio e fratello di ogni uomo. Per non smarrirci in questo vasto mare, necessario accostarci con occhi aperti e purificati dallamore.

Il c. 17 una ripresa finale, sinfonica, dei vari temi del Vangelo. Si tratta di una melodia divina una variazione modulata sullamore ineffabile tra Padre e Figlio, comunicato ai fratelli , che conclude il testamento di Ges. Come ogni testamento, dichiara agli eredi i beni che lascia. Pi si scava in questa miniera inesauribile, pi si trova. A questo punto si presi dalla sensazione non solo di trovare qualcosa di prezioso, ma di trovarsi addirittura nella stanza del tesoro, anzi dentro un diamante, grande come luniverso, infinito come Dio stesso. Ogni parola ne una rifrazione diversa e abbagliante, che suscita sempre nuovo stupore. Il tema dominante la gloria, del Padre, del Figlio e di noi suoi fratelli.

Il lettore, trasportato a volo daquila nelle profondit del cielo, quasi schiacciato dallimmensit di ci che sente; ma il testo come due potenti ali che lo sollevano e immergono nellabisso del mistero, suo e di Dio. Il commento, a questo punto pi che altrove, appare superfluo e ridicolo. Come detto nellintroduzione, due cose paiono inutili e poco intelligenti: parafrasare una poesia e spiegare una barzelletta. E una terza sa addirittura di profanazione: commentare queste parole di Ges, la cui bellezza va oltre il sublime. Il farfugliare confuso, che su di esse si pu fare, vuole soltanto essere un segno, pi importuno del solito, per richiamare lattenzione al testo un po come il gracchiare del corvo sul luogo dove banchetta il re e c saziet per tutti, anche per i suoi simili.

Ci che il Figlio ci lascia in eredit il suo stesso rapporto con il Padre. Le sue parole sono una preghiera: si rivolge a quel Tu che fa esistere lio. Si tratta di un dialogo tra il tu del Padre e lio del Figlio, non tra lio e il tu. Prima dellio c sempre il tu, in relazione al quale mi viene la mia identit.

Ges il Figlio amato che ama dello stesso amore il Padre e i fratelli: il suo sguardo rivolto insieme al cielo e alla terra, al Padre e a tutti i suoi figli. La sua carne di Figlio delluomo infatti lo rende solidale con ogni uomo. Per questo i poli del dialogo sono tre: Tu, io ed essi. Insieme al Padre e al Figlio siamo coinvolti anche noi, che alla fine diventeremo uno con lui e con il Padre, nellunico amore.

Il Vangelo di Giovanni contiene altre due preghiere di Ges al Padre. Nella prima, davanti a Lazzaro morto (11,41s), lo ringrazia in anticipo di fronte a tutti perch, chi lo ascolta, creda in lui come inviato dal Padre e veda la gloria di Dio (11,40; cf. 11,4). Nella seconda, davanti alla propria morte imminente, gli chiede di glorificare il suo nome (cf. 12,27s). Anche questa terza e ultima, molto pi lunga e articolata, ha come argomento la gloria del Padre e del Figlio, che ormai comunicata ai fratelli.

Ci che la preghiera chiede, donato nella preghiera stessa. La glorificazione di Ges avviene adesso, mentre in dialogo con il Padre. Anche quella dei suoi non avverr solo dopo la morte, in un futuro imprecisato. Accade al presente: chi aderisce a lui e prega in lui, partecipa alla gloria che lui da sempre ha presso il Padre.

Fin dallantichit stata chiamata la preghiera sacerdotale. La denominazione vera, ma qui i sacrifici sacerdotali lasciano il posto allagnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1,29). Nella carne di Ges, Figlio delluomo e Figlio di Dio, ogni carne in comunione diretta con Dio.

Questa preghiera pu essere letta come la versione giovannea del Padre nostro: una lode al Padre, seguita da varie richieste, nella quale Giovanni elabora e approfondisce i dati della tradizione. Se la si confronta con il Padre nostro di Mt 6,9b-13, si ritrovano numerose corrispondenze. Dio invocato come Padre sei volte (vv. 1.5.11.21.24.25; cf. Mt 6,9b), e ha come dimora il cielo (v. 1, cf. Mt 6,9b); si parla del suo nome (vv. 6.11.12.17.19.26; cf. Mt 6,9c) e si ricorda il dono della vita eterna (vv. 2-3), che equivale a: Venga il tuo regno (Mt 6,10a); lespressione: Voglio che, dove sono io, anchessi siano con me, ecc. (v. 24), richiama: Sia fatta la tua volont, come in cielo cos in terra (Mt 6,10b) e linsistenza sul verbo dare (ricorre diciassette volte: vv. 2tris.4.6bis.7.8bis.9.11.12.14.22bis.24bis), richiama: dacci oggi il nostro pane quotidiano (Mt 6,11); si parla di rottura col mondo, di osservanza della Parola, di appartenenza al Figlio e al Padre (vv. 6-11) e di unit nellamore (vv. 20-23), che esplicitano il significato del perdono ricevuto e accordato (cf. Mt 6,12a.12b); si chiede infine laiuto nella tentazione, perch nessuno si perda (v. 12; cf. Mt 6,13a), e la custodia dal maligno (v. 15; cf. Mt 6,13b).

Nella preghiera del Figlio presente ogni fratello, che, in lui e con lui, si rivolge al Padre con il suo stesso amore. Il Padre, al quale Ges si rivolge, pi che mai nostro. Tutto ci che uno desidera, gli gi dato se prega cos. Da qui linsistenza sul verbo dare. Esso caratterizza il rapporto tra Padre e Figlio e il nostro rapporto con il Figlio stesso, che ci d se stesso come vero pane di vita.

Pur avendo appena parlato della defezione dei discepoli (cf. 16,32), Ges li considera fedeli. La sua fedelt di Figlio delluomo a Dio e di Figlio di Dio alluomo, la fonte indefettibile del nostro essere figli e fratelli.

Con questa preghiera Ges d la chiave per entrare nel mistero della sua passione e ne anticipa i frutti. Gli avvenimenti che seguono scaturiscono dal suo amore per il Padre e per noi. Ges si affida totalmente al Padre, sapendo che far brillare in lui e in noi la sua gloria. la Gloria, che egli da sempre ha come Figlio di Dio, alla quale ora torna come Figlio delluomo.

Non facile articolare il testo. Si possono seguire criteri lessicali, stilistici, letterari o tematici, rilevando aspetti diversi. Senza mai dimenticare che in ogni testo la singola parte gioca in connessione con il tutto, proponiamo larticolazione pi usuale. I vv. 1-5 sono una preghiera al Padre, con la richiesta della glorificazione sua e del Padre, e della nostra in lui; i vv. 6-23 sono unintercessione per quanti credono e crederanno nel Figlio; i vv. 24-26, conclusivi, sono un bilancio della vita di Ges alla luce della Gloria, che ormai si sta svelando compiutamente.

Largomento dei vv. 1-5 appunto la Gloria. Allinizio Ges chiede al Padre di glorificare il Figlio, perch il Figlio glorifichi il Padre (v. 1); alla fine dice di aver glorificato il Padre e gli chiede di glorificarlo della sua gloria eterna di Figlio (vv. 4-5); al centro spiega che la glorificazione di ambedue consiste nel fatto che il Figlio ha ricevuto dal Padre di dare ai fratelli la vita eterna, cio la conoscenza del Padre e del Figlio (vv. 2-3). Il sostantivo gloria ricorre una volta, il verbo glorificare quattro volte. Si tratta della gloria comune del Padre e del Figlio: la gloria dellamore. Essa si manifesta nellumanit di Ges, Parola diventata carne, che la comunica a ogni carne. In lui, il Figlio, ogni uomo conosce Dio come Padre: Chi ha visto me, ha visto il Padre (14,9).

La croce glorifica il Padre che, nel Figlio, si manifesta come amore per tutti. A sua volta glorifica anche Ges, mostrandolo come Figlio uguale al Padre. Infine glorifica anche noi, suoi fratelli. Infatti la glorificazione, che Ges chiede per s, non tanto il culto che gli renderanno i credenti, quanto il suo stesso ritorno al Padre, con il quale trasmette a noi il suo Spirito, che ci fa figli. La Parola infatti, diventando carne, entrata nello spazio e nel tempo per aprire ogni spazio e tempo alla Gloria.

I verbi dare, glorificare e compiere richiamano il c. 13 (cf. 13,1.26.29.31.32.34), che sta allinizio dellora; contemporaneamente rimandano alla croce, dove tutto compiuto (19,28.30).

Questi versetti iniziali saranno ripresi, con variazioni, nel finale (cf. vv. 24-26).

Ges il Figlio che ha rivelato al mondo il nome di Dio come Padre. Compiuta la sua missione, ritorna a chi lha inviato. Ma non se ne torna da solo, bens come primogenito tra molti fratelli (cf. Rm 8,29b), grazie alla sua carne solidale con ogni carne.

La Chiesa la comunit di quelli che hanno visto la gloria dellUnigenito: conoscendo lui e il Padre, hanno la vita eterna.

2.Lettura del testo

v. 1: (Di) queste cose parl Ges. La preghiera che segue strettamente unita a queste cose di cui Ges ha parlato nellultima cena: ha fondato la comunit indicando la via dellamore (cc. 13-14), tracciandone la missione, con le sue difficolt e i suoi frutti sorprendenti (cc. 15-16). Ai discepoli, inviati a continuare la sua opera nel mondo, ora dona la sorgente dellamore: il suo rapporto con il Padre.

levati i suoi occhi verso il cielo. Dal cielo sceso il Figlio (cf. 3,13.31; 6,32.33.38.41.42.50.51.58) e lo Spirito sopra di lui (1,32). Dal cielo venne anche la voce del Padre (12,28b). Ai discepoli Ges aveva promesso che avrebbero visto il cielo aperto sul Figlio delluomo (1,51). Il cielo indica la sfera divina, il Padre stesso, dal quale il Figlio viene e al quale torna, dal quale riceve lo Spirito che doner ai fratelli quando sar elevato da terra (19,30). Il cielo aperto, comunione piena tra Dio e uomo, sar il suo fianco squarciato, dal quale si riversa sul mondo il mistero di Dio (cf. 19,34).

Padre. Con questo nome Ges chiama Dio: il Figlio amato che ama il Padre. Ges, rivolgendosi a lui davanti ai discepoli, apre loro il suo stesso rapporto con lui.

Padre, in ebraico abb (= pap), il primo balbettare del bambino, che illumina il volto del padre e del figlio. Questa parola, carica di affetto, esprime relazione di amore corrisposto, sicurezza e forza.

Padre la Parola: detta dal Figlio, dice il Padre. In essa donata, a chiunque ascolta, la realt di Dio: rivela che Dio ci Padre e noi siamo suoi figli. Linvocazione Abb il grido dello Spirito in noi (cf. Gal 4,6; Rm 8,15). Dire Padre a Dio in Spirito e verit, nello Spirito del Figlio che la nostra verit, il vero culto (4,23s), lineffabile gioia di scoprire lidentit sua e nostra. In questa parola finalmente Dio per noi ci che da sempre in se stesso; e noi diventiamo ci che, grazie a lui, siamo.

In questa preghiera Ges invoca sei volte il Padre. Attende che questo nome fiorisca dal nostro cuore sulla bocca: la settima invocazione, che ci costituisce figli. Allora passiamo dal sesto al settimo giorno. La creazione finalmente compiuta: Dio riposa e noi entriamo da figli nel suo riposo di Padre. E con noi la creazione tutta, che attende con impazienza, nelle doglie del parto, la rivelazione della gloria dei figli di Dio (cf. Rm 8,19-25).

Ges ha invocato il Padre una prima volta quando, risvegliando Lazzaro, ha mostrato che la gloria di Dio luomo vivente. E luomo vivente colui che aderisce a Ges, Figlio inviato dal Padre (11,40-42). Una seconda volta lha invocato nel suo turbamento davanti allora, quando gli chiede di glorificare il suo nome (12,27-28a). Proprio in quel momento la voce dal cielo lo glorifica davanti agli ascoltatori (12,28b). Ora, nellimminenza della croce, sgorga dal suo cuore questa preghiera, che un compendio di tutta la sua esistenza di Figlio.

venuta lora. lora della glorificazione del Figlio delluomo, preannunciata a Cana (2,4), iniziata dopo lunzione di Betania (12,23) e pienamente accettata da Ges, nonostante il turbamento che comporta (12,27). infatti lora del seme che muore per fruttificare (12,24). Il Figlio la vive come espressione piena del suo amore per il Padre e i fratelli (13,1), manifestazione della Gloria (cf. 13,31s).

glorifica il Figlio tuo. Lespressione, ripresa nel v. 5, fa da inclusione al testo. Nei primi tre versetti Ges parla di se stesso in terza persona. Questa forma impersonale, pi solenne, rende lio di Ges universale: il Figlio unigenito, principio di tutto, che tutti abbraccia. Il Figlio chiede in dono al Padre la Gloria. Luomo nulla desidera pi della gloria. Esiste infatti in quanto riconosciuto e amato, importante per qualcuno. Tutto facciamo per contare agli occhi altrui, fino a diventare schiavi dellimmagine che gli altri ci danno di noi.

Nella Bibbia gloria non indica la fama che uno gode presso gli altri. Questa vana-gloria, che va e viene secondo lo spirare del vento. La gloria che nessuno ci toglie il valore che abbiamo agli occhi di Dio: valiamo quanto lui stesso, che amore infinito per noi. Perch tu sei prezioso ai miei occhi, perch sei degno di stima e io ti amo, dice il Signore (Is 43,4).

In ebraico la parola kavod (= gloria) il peso, la consistenza che una persona ha in s, il suo valore intrinseco. La gloria di Dio significa ci che egli , che si rivela a noi nello splendore di ci che fa. In Giovanni la Gloria la bellezza dellamore perfetto, che si rivela e si dona a noi dalla croce.

La gloria del Figlio la stessa del Padre (cf. 1,14), che nessuno mai ha visto e che Ges ci manifesta (cf. 1,18). Il Padre glorifica il Figlio innanzi tutto mediante le opere che gli ha dato di compiere, come esplicitamente si annota nel primo e nellultimo segno (cf. 2,11; 11,4). Ora lo glorificher dalla croce, dove, nel suo amore incondizionato, riveler Io-Sono (8,28).

affinch il Figlio glorifichi te. Lespressione, ripresa nel v. 4, fa da seconda inclusione al testo: al Figlio interessa la gloria del Padre, come al Padre quella del Figlio. Il fine della glorificazione delluno quella dellaltro, e viceversa. Con la sua azione e, soprattutto, con la sua passione, il Figlio glorifica il Padre perch manifesta al mondo il suo amore (cf. 3,16).

Ges chiede al Padre che, attraverso il dono della sua vita (10,18), tutti lo conoscano come amore infinito: la gloria di un Dio che si mette a lavare i piedi delluomo (13,5) e si dona a chi lo tradisce (13,31s). La gloria di Dio salvezza delluomo e di tutto il creato: la sua bellezza, amore reciproco tra Padre e Figlio, che in Ges si comunica a ogni creatura.

Se la Parola, che era presso il Padre, principio di tutto, la Parola diventata carne riporta tutto al suo principio. Ges infatti lagnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1,29), il Figlio mandato per salvare il mondo (3,16s), il salvatore del mondo (4,42), la cui carne data per la vita del mondo (6,51).

v. 2: cos come gli desti potere. Il verbo dare esprime lazione propria dellamore: chi ama d tutto, fino a dare se stesso. Ricorre tre volte in questo versetto e diciassette volte in tutto il capitolo. Il numero 17 corrisponde in ebraico al valore numerico della parola tov (= buono, bello), lesclamazione di Dio che guarda le opere della sua creazione (cf. Gen 1). Infatti il potere dato al Figlio di dare ai fratelli vita eterna nella conoscenza del Padre, rende la creazione bella e buona, come Dio lha vista fin dal principio.

La glorificazione, sulla terra, del Padre e del Figlio ha la sua origine nel potere dato al Figlio. Egli ha lo stesso potere del Padre, che ha in se stesso la vita (5,26): il dono che riceve in quanto Figlio. Questo suo potere si rivela nellamore che d la vita. Infatti, proprio dando la vita, diventa principio di vita come il Padre. Questo il comando che il Figlio riceve dal Padre (10,18).

su ogni carne. Nulla di ci che stato fatto esiste fuori dalla Parola (cf. 1,3); ora, nella carne della Parola, ogni carne ritrova la propria gloria. Lumanit di Ges salvezza di ogni uomo, comunione tra creatore e creatura, compimento della creazione stessa.

Il potere del Figlio su tutto il creato quello dellamore: il potere di chi si fa servo, perch anche noi possiamo lavarci i piedi gli uni gli altri (13,13s), amandoci con lo stesso amore con il quale egli ci ama (13,34).

di dare. Il suo potere non quello di possedere, ma di dare, come il Padre. Se il possedere causa di divisione, rivalit e morte, il dare principio di comunione, amore e vita.

loro. Designa i discepoli, i fratelli che il Padre ha dato al Figlio, attirandoli a lui (cf. 6,44). Non sono un gruppo chiuso: sono le primizie del chicco di grano, dei tralci che, uniti a lui, porteranno molto frutto (12,24; 15,5).

a quanto gli hai dato. La sgrammaticatura (quanto invece di quanti), voluta. I discepoli sono considerati come una cosa sola (vv. 11.21.22.23; cf. 10,16.30; 11,52). Sono uniti tra di loro, perch uniti al Figlio e al Padre. Questunione il compimento dellamore, attraverso il quale il mondo conosce il Figlio e lamore del Padre (cf. v. 23).

vita eterna. Il dono del Figlio la vita del Padre. Ogni carne destinata a vivere del soffio di Dio, lo Spirito Santo, amore reciproco tra Padre e Figlio.

Lespressione vita eterna in Giovanni sostituisce quella di regno di Dio, usuale negli altri Vangeli. Ges ci d il potere di diventare figli di Dio (1,12), di nascere dallalto per vedere il regno di Dio (3,3). Il regno di Dio, che Padre, la fraternit dei suoi figli nel Figlio.

v. 3: questa la vita eterna. Ges specifica in cosa consiste la vita eterna che ci comunica: il suo stesso rapporto di conoscenza e amore con il Padre. Il v. 3, unitamente ai vv. 7-8.10, richiama il detto giovanneo di Mt 11,25-27 e Lc 10,21s.

che conoscano te. La vita conoscere Dio come Padre, avere di lui la stessa conoscenza del Figlio (cf. v. 25). Non si tratta di semplice conoscenza intellettuale, ma di esperienza vitale. Conoscere esprime la relazione intima di amore tra Padre e Figlio. Ges venuto a manifestare il nome del Padre (v. 6), a farcelo conoscere (v. 26bis), perch contempliamo la sua gloria di Figlio (v. 24): ci vuol dare il suo stesso rapporto con il Padre. Questi infatti ama noi come ama lui, il Figlio unigenito (v. 23), il quale, a sua volta, ci ama con lo stesso amore con il quale amato dal Padre (cf. 15,9). I due sono uno nellamore e ci vogliono partecipi della loro stessa unione, per manifestare al mondo la Gloria (cf. vv. 21-24).

Lo stupore infinito e il gaudio indicibile di ogni persona conoscere di essere amato dal Padre con lo stesso amore con il quale ama il Figlio. Qui, appagato ogni desiderio, si compie il sogno impossibile di Adamo, che voleva essere come Dio.

La vita che Ges ci d la sua stessa conoscenza e comunione di Figlio con il Padre. Infatti conoscere te giustizia perfetta e riconoscere la tua potenza radice di immortalit (Sap 15,3). Il Vangelo scritto per farci conoscere il dono di Dio (cf. 4,10). In quanto uomini, noi viviamo secondo ci che conosciamo. Chi non conosce il Padre, ignora s, gli altri e il mondo s come figlio, gli altri come fratelli, il mondo come dono del Padre. Da qui limportanza, e linsistenza, del conoscere. Per Giovanni la fede conoscenza; ci che non si conosce non affidabile. Per fidarsi, bisogna prima aver saggiato la fedelt dellaltro.

lunico vero Dio. Lespressione unico vero designa Dio in contrapposizione agli idoli, molteplici e falsi, che promettono, ma non danno vita. Lunico vero Dio quello che conosciamo attraverso il Figlio: il Padre che ci ama come figli e che amiamo come Padre.

e colui che mandasti. Ges si pone sul medesimo piano dellunico vero Dio: il Figlio, mandato dal Padre per salvare il mondo mediante la conoscenza del suo amore (cf. 3,16.17). infatti la conoscenza dellamore che salva. Non si pu conoscere il Padre senza il Figlio che lo rivela (cf. 1,18), n il Figlio senza il Padre che a lui ci attira (cf. 6,44).

Ges Cristo. lunica volta che Ges chiama se stesso Ges Cristo. Si nomina Ges Cristo solo in 1,17, dicendo che da lui ci viene la grazia della verit. In 20,31 lautore dice lintento del suo scritto: Affinch crediate che Ges il Cristo, il Figlio di Dio e affinch, credendo, abbiate vita nel suo nome.

Ges, il Messia, ci rivela lunico vero Dio come Padre di tutti: il Figlio da lui inviato per rivelarci il suo amore. In questo amore il Messia ci ha annunziato ogni cosa (cf. 4,25).

v. 4: io ti glorificai sulla terra (cf. v. 1c). Il discorso passa dalla terza alla prima persona: Ges ha rivelato ai fratelli la gloria di Dio, la bellezza dellamore tra Padre e Figlio.

avendo compiuto lopera che mi hai dato perch (la) facessi. Ges, che ha levati gli occhi al cielo (cf. v. 1), ora li rivolge sulla terra, guardando lopera compiuta (cf. v. 26). Ha glorificato il Padre: ha manifestato il suo amore dando vita e libert ai fratelli, aprendo gli occhi ai ciechi e lavando i piedi ai discepoli. La sua fatica raggiunger tra poco il suo fine, quando consegner lo Spirito (19,30). Lopera del Figlio la stessa del Padre: renderci fratelli per essere figli.

v. 5: adesso glorificami tu, Padre, presso te stesso (cf. v. 1b). La glorificazione di Ges un processo storico, come il diventare carne della Parola. Germoglia visibilmente nel suo battesimo, cresce nel suo operare per gli uomini e si compie adesso nel suo innalzamento, quando dona la vita.

Il Ges terreno, attraverso la croce, esaltato alla destra di Dio: esplica pienamente la potenza del Dio amore. Il suo innalzamento la sua elevazione presso il Padre, la pienezza del suo potere di amare e dare vita. Questa la Gloria che i discepoli presto contempleranno (v. 24; cf. 1,14b). Ges, ormai prossimo alla croce, chiede che il Padre lo glorifichi adesso, manifestando in lui il suo eterno amore per il Figlio e per tutti i suoi figli.

con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse (cf. v. 24). Ges, in quanto Parola diventata carne, ha una gloria che prima del mondo: il Figlio di Dio. Ma anche in quanto Figlio delluomo, carne della Parola, predestinato da sempre a rivelare a ogni carne la gloria dalla quale e per la quale stata fatta.

In altre parole: luomo Ges, gi prima della fondazione del mondo, predestinato ad essere il Figlio, per rivelare ad ogni uomo che figlio di Dio. Egli lUnigenito (1,14; 3,18), dalla cui pienezza attinge chiunque lo accoglie (cf. 1,16), diventando lui stesso figlio (cf. 1,12).

Non si pu staccare la gloria eterna di Dio e la sua rivelazione storica dalla carne di Ges di Nazareth, il Cristo, il Figlio unigenito: egli ci ha esposto il mistero di Dio, che nessuno mai ha visto (cf. 1,18).

3.Pregare il testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando Ges, davanti ai discepoli, che alza gli occhi al cielo.

c. Chiedo ci che voglio: conoscere il Padre come lo conosce Ges, il Figlio.

d. Contemplo la scena, lasciando risuonare in me ogni parola di Ges.

Da notare: levati i suoi occhi al cielo

Padre

venuta lora

glorifica il Figlio tuo

affinch il Figlio glorifichi te

gli desti potere su ogni carne

il potere di dare loro a quanto gli hai dato vita eterna

questa la vita eterna: conoscere te, lunico vero Dio, e colui che mandasti, Ges Cristo

io ti glorificai sulla terra avendo compiuto lopera che mi hai dato da fare

adesso glorificami tu, Padre, presso di te, con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.

4. Testi utili:Sal 27; 84; Es 33,18-23; Gv 1,14-18; 1Cor 2,1-16.

43. tutti siano uno,

come tu, Padre, in me e io in te,

[..] affinch conosca il mondo che tu mi mandasti

e li amasti come amasti me

17,6-2317,6

Manifestai il tuo nome agli uomini

che mi desti dal mondo.

Erano tuoi

e li desti a me

e hanno custodito la tua parola.

7

Adesso hanno conosciuto

che tutte le cose che mi hai dato

sono da te,

8

perch le parole

che desti a me,

(le) ho date loro

ed essi le accolsero

e conobbero veramente

che da te uscii;

e credettero

che tu mi mandasti.

9

Io per loro chiedo,

non per il mondo chiedo,

ma per coloro che mi hai dato,

perch sono tuoi;

10

e le cose mie tutte sono tue

e le tue mie;

e sono stato glorificato in loro.

11

E (io) non sono pi nel mondo:

essi sono nel mondo,

ma io vengo a te.

Padre santo,

custodiscili nel tuo nome,

ci che mi hai dato,

affinch siano uno,

come noi.

12

Quando ero con loro,

io li custodivo nel tuo nome,

ci che mi hai dato;

e li conservai

e nessuno di loro si perse

se non il figlio della perdizione,

cos che si adempisse la Scrittura.

13

Adesso vengo a te

e (di) queste cose parlo nel mondo

affinch abbiano la gioia, quella mia,

completa in se stessi.

14

Io ho dato loro la tua parola

e il mondo li odi

perch non sono dal mondo,

come io non sono dal mondo.

15

Non chiedo che li levi dal mondo,

ma che li custodisca dal maligno;

16

dal mondo non sono,

come io non sono dal mondo.

17

Santificali nella verit:

la tua parola verit.

18

Come mandasti me nel mondo,

anchio mandai loro nel mondo;

19

e per loro io santifico me stesso,

affinch siano anchessi santificati in verit.

20

Ora non solo per questi chiedo,

ma anche per quelli che credono in me

per la loro parola,

21

affinch tutti siano uno,

come tu, Padre,

in me e io in te,

affinch anchessi siano [uno] in noi,

affinch il mondo creda

che tu mi mandasti.

22

E io la gloria che hai dato a me

(l)ho data a loro,

affinch siano uno,

come noi (siamo) uno,

23

io in loro

e tu in me,

affinch siano perfetti nelluno,

affinch conosca il mondo

che tu mi mandasti

e li amasti

come amasti me.

1. Messaggio nel contesto

Tutti siano uno, come tu, Padre, in me e io in te, [] affinch conosca il mondo che tu mi mandasti e li amasti come amasti me (vv. 21a.23b): il Figlio prega che i fratelli siano una cosa sola nellamore, affinch possano essere suoi testimoni davanti al mondo.

Il brano un ringraziamento per lopera che il Padre gli ha dato di compiere e unintercessione per i fratelli che la continueranno dopo di lui.

Questa preghiera, che si estende per tutto il c. 17, il vertice della rivelazione di Ges ai discepoli, direttamente coinvolti nel suo dialogo di Figlio con il Padre. Come precedentemente abbiamo detto, sei volte esce dalla bocca di Ges la parola Padre (vv. 1.5.11.21.24.25), in attesa che ciascuno di noi, in lui, dica: Padre nostro. Questa settima invocazione spetta a noi. latto che ci rende liberi. Liberi, in latino, significa figli, la parte libera della famiglia in contrapposizione agli schiavi. Diventando figli del Padre e fratelli tra di noi, glorifichiamo cos il suo nome sulla terra come in cielo.

Il Figlio benedice il Padre per ci che in lui gi compiuto: la manifestazione della sua gloria al mondo. Insieme per anche chiede (vv. 9bis.15.20) e vuole (v. 24) ci che chiede che i suoi vivano e testimonino ci che lui ha gi compiuto.

Tra poco Ges se ne va al Padre; ma non ci lascia orfani (14,18). Ci consegna ci che lui : la sua gloria, la sua conoscenza del Padre. In queste parole ci rivela il suo volto di Figlio, che dona a ogni fratello. A questo dono corrisponde il libero assenso di chi lo accoglie, oppure la resistenza e lodio del mondo, non ancora conquistato dallamore.

Questa preghiera uneucaristia cosmica. In gratitudine al Padre, il Figlio fa memoria dellopera da lui compiuta, che prosgue nel tempo attraverso i suoi fratelli, fino a raggiungere tutti. Perch tutti, mediante la testimonianza dellamore, saranno attirati a lui (cf. 12,32). Il destino del mondo la manifestazione della Gloria: lamore del Padre e del Figlio, progressivamente ma inarrestabilmente, briller nel cuore e sul volto di ogni uomo. Di questo Ges ringrazia; di questo anche noi ringraziamo, facendo memoria della sua glorificazione.

Il fatto che gi la comunit dei discepoli partecipi alla Gloria, non comporta un trionfalismo mondano: il trionfo dellamore, di un Dio che si fa servo delluomo.

Al centro della preghiera c lessere uno dei discepoli, presenti e futuri. il dono del Figlio, che ci rende figli e fratelli. Mentre Ges se ne va, i discepoli restano nel mondo. Ma non sono dal mondo: sono propriet di Dio (vv. 6.9), appartengono al Padre come figli e al Figlio come fratelli.

Questa preghiera, con richiami stilistici e tematici a 1,1-18, come un prologo che anticipa linnalzamento di Ges, dove Dio esprime la sua gloria. Esprimere significa spremere-fuori: il Figlio spreme-fuori di s, in noi, la sua essenza di Figlio del Padre. La Parola, da sempre, precede e crea ci che poi avviene nel tempo.

Su 500 parole che ricorrono in questa preghiera, 100 sono dei verbi. Il verbo indica azione. La relazione Padre/Figlio, comunicata a noi, dinamica e attiva, come la vita. Predomina il verbo dare (17 volte): ogni relazione damore un dare, fino al dono di s. I verbi al passato indicano lazione terrena di Ges, ormai compiuta. Da questa scaturiscono i verbi al presente e gli imperativi, che indicano come lazione del Figlio sar sempre presente attraverso quella dei suoi fratelli.

Come gi detto nel brano precedente (cf. messaggio nel contesto), queste parole di Ges sono una versione giovannea del Padre nostro. Poste tra la cena e larresto, costituiscono anche una rilettura gloriosa del dramma Padre/Figlio, che gli altri vangeli pongono nellorto. Questa preghiera ci introduce nella passione, dandole il suo significato profondo e mostrandone i frutti. In Giovanni tutto visto dalla fine. Il fine, ultimo nellesecuzione, sempre primo nellintenzione di chi lo persegue.

Alla luce di questa preghiera, comprendiamo il senso profondo della storia e dei suoi attori dal punto di vista di chi lha messa in moto. Al principio c il Padre che d tutto al Figlio e lo glorifica, custodendo e santificando nella verit i suoi discepoli; il Figlio, a sua volta, d ai discepoli vita eterna, le sue parole, la Parola e la Gloria, manifestando e facendo conoscere il nome del Padre, perch giungano a essere uno tra di loro, con lui e il Padre, partecipando alla sua gioia completa di Figlio, affinch il mondo (nominato ben 18 volte) lo conosca come il Figlio mandato a manifestare lamore del Padre. Queste semplici parole racchiudono insieme il destino della terra e del cielo, del tempo e delleternit: luniverso intero attirato e pervaso dalla Gloria. Alla fine tutti saremo figli, conosceremo lamore del Padre e potremo dire: Abbiamo riconosciuto e creduto allamore che Dio ha per noi. Dio amore; chi sta nellamore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1Gv 4,16). Il fine e il mezzo della missione, sia per Ges che per i suoi discepoli, sempre e solo lamore.

Lunit dei discepoli vista come un dono: non da costruire, ma da accogliere e custodire. Anche se noi siamo infedeli, lamore e lalleanza di Dio non vengono mai meno. Anzi, la nostra infedelt evidenzia allo stato puro la sua fedelt indefettibile.

La divisione tra i cristiani il grande peccato: luccisione del corpo di Cristo. Noi cristiani delle varie chiese, se non ci riconosciamo a vicenda, perpetuiamo lassassinio di Caino. Abele, il fratello rifiutato e ucciso, il Figlio che ci ama come il Padre, fino a dare la vita per noi. Non c filialit senza fraternit e non c fraternit senza rispetto dellaltro. La filialit negata da chi pretende di essere lunico figlio e non riconosce il fratello nella sua differenza da lui. Quanto vale per il rapporto tra le varie Chiese, vale anche per il rapporto tra la Chiesa e Israele.

Il nostro essere uno nellamore lunione damore sempre nella distinzione, mai nella soppressione dellaltro rivela al mondo il nome di Dio come Padre e compie il suo disegno di salvezza. Questo ostacolato dalle nostre divisioni. Il diavolo, divisore per definizione, ha da sempre cercato di dividere gli uomini. Il suo metodo usuale unire contro qualcuno, straniero o eretico, cattivo o diverso. Oggi anche se favorisce la solidariet contro lasse del male, costituita da quelli che si oppongono ai nostri interessi preferisce agire con la confusione pi che con la divisione: unisce gli uomini in un frullatore, omologando e omogeneizzando tutto, anche gli opposti. Infatti suscita in loro gli stessi desideri e propone un unico modello, ben diverso dal Pastore bello che d la vita (cf. 10,1-21).

Comunione e distinzione si oppongono a divisione e confusione come vita e morte. In una persona viva testa e corpo sono uniti, ma distinti; se per caso sono divisi o con-fusi, capitato un incidente mortale. La globalizzazione, processo culturale inevitabile, pu essere sotto il segno dellomogeneit imposta o della diversit accolta.

Diceva un uomo saggio che la Chiesa non fatta di mattoni, possibilmente della stessa argilla e di uguale cottura. fatta di pietre vive (1Pt 2,5), tutte diverse; ognuna presa com e lavorata secondo la sua posizione rispetto alle altre. Sullunit nellamore sempre esemplare il testo di 1Cor 12-13. Ununione viva e vitale tra le persone, le Chiese e i popoli, esiste solo se mantiene distinzione e alterit. In questo si gioca non solo lessenza della Chiesa e la credibilit della sua missione: in gioco il destino stesso delluomo e della sua umanit.

Il testo, incentrato sul tema dellunit, si articola in due parti diseguali. La prima una richiesta al Padre per la comunit presente (vv. 6-19), la seconda per la comunit futura (vv. 20-23). Ambedue iniziano ricordando ladesione al Figlio, frutto, rispettivamente, della sua testimonianza (vv. 6-8) e di quella dei suoi discepoli (v. 20). La preghiera di Ges, anche stilisticamente, come il moto di unonda spinta dal vento che si propaga, ravvivando successivamente tutta lacqua del mare. Le numerose ripetizioni, sia nel testo che nel commento, non sono superflue: sono un continuo ritorno alle parole di Ges, perch rimangano impresse in chi ascolta.

Ges inviato al mondo per manifestare il Nome: il Figlio che ci mostra il Padre, amandoci con lo stesso amore con il quale amato da lui.

La Chiesa, unita al Figlio e al Padre, continua la missione di Ges. Rivela chi Dio e chi luomo: Dio amore tra Padre e Figlio, luomo sua creatura destinata a vivere di questo amore. Lunione tra i fratelli la Gloria, il cielo che si riflette sulla terra: Dio si rivela al creato e lo deifica, a lode sua e salvezza nostra. Questa unione tra i fratelli infatti la continuazione, nello spazio e nel tempo, dellincarnazione del Figlio.

2. Lettura del testov. 6: Manifestai il tuo nome. Manifestare il nome, nel senso di far conoscere la persona, non si trova in altra parte della Bibbia. Ges ha manifestato agli uomini il Nome: linconoscibile, Colui che quello che , si chiama Abb, pap. Dire questo nome significa entrare con lui nella sua relazione damore di Figlio con il Padre: Dio mio pap, mio pap Dio! Padre dice alterit e identit, natura e relazione, origine e destinazione.

La carne di Ges, la sua umanit, lepifania o, meglio, lenfania del Padre. Ci che il Figlio ha fatto e detto, ci ha fatto conoscere che il Padre nel Figlio: Chi ha visto me, ha visto il Padre (14,9).

agli uomini che mi desti dal mondo. Sono i discepoli, che gi hanno rotto con il mondo: tirati fuori dalle tenebre, sono venuti alla luce come figli. Essi sono la primizia di quelli che, per la loro testimonianza, crederanno nel Figlio. Questi infatti stato inviato al mondo (3,17) come salvatore (4,2), perch ogni uomo diventi ci che : figlio del Padre.

erano tuoi. Non appartengono al mondo, ma al Padre: sono sua propriet (Es 19,5), suoi figli.

li desti a me. Il Figlio considera come dono del Padre quelli che aderiscono a lui (cf. 6,44): sono suoi fratelli.

hanno custodito la tua parola. La parola del Padre il Figlio stesso, che rivela il suo amore. I suoi discepoli sono quelli che lhanno accolto e custodito (cf. 15,9s). Il verbo custodire, in greco, significa osservare, guardare bene (cf. vv. 11.12.15): locchio va dove il cuore.

v. 7: adesso hanno conosciuto. Il verbo conoscere domina i vv. 6-8 (cf. anche vv. 3.23.25.26). Questa conoscenza unesperienza vitale di relazione con Ges come Figlio del Padre. Conoscere amare e amare conoscere. Chi ha accolto la Parola, conosce adesso la rivelazione del Figlio.

tutte le cose che mi hai dato sono da te. Conoscere significa avere la stessa esperienza del Figlio, che riceve dal Padre il suo essere e il suo sentire, il suo parlare e il suo agire: tutto ci che il Figlio e ha, dal Padre, dono del suo amore.

v. 8: perch le parole che desti a me, (le) ho date loro. Ges ci ha manifestato il Padre e noi labbiamo conosciuto, perch ha dato a noi le parole che il Padre ha dato a lui. Le parole ricevute dal Figlio si sintetizzano nel comando dellamore. Ges lha compiuto alla perfezione e lo lascia in dono ai suoi discepoli (cf. 13,1-17.34; cf. Mt 11,25-27; Lc 10,21s).

essi le accolsero. I discepoli sono quelli che accolgono le parole che Ges ha dato loro. In realt la Parola una: il Figlio che ama come amato dal Padre. Ma la parola damore si articola in molte parole, anzi in ogni parola. Accoglierla latto di libert delluomo, che lo genera figlio di Dio (cf. 1,12).

conobbero veramente che da te uscii. Chi accoglie le parole della Parola diventata carne, conosce Ges come il Figlio uscito dal Padre.

credettero. Il conoscere diventa credere: conoscere fondamentalmente credere allamore. Le parole damore sono conosciute da chi le accoglie con amore. Chi non ama, non capisce. Solo lamore contiene verit e vita, la verit della vita.

che tu mi mandasti. Loggetto del conoscere/credere Ges come Figlio inviato dal Padre per manifestare ai fratelli il suo amore.

v. 9: io per loro chiedo. La domanda di Ges esprime un desiderio. sicuro che sar esaudito, perch il medesimo del Padre. espresso ad alta voce, davanti ai suoi discepoli, perch anchessi lo conoscano e desiderino (cf. 11,41s; 12,30).

non per il mondo chiedo. Ges non chiede per il mondo. Il mondo qui inteso come quella struttura di menzogna che domina i nostri rapporti. In quanto tale va distrutto e vinto (cf. 16,33c), come un tumore, per salvare il malato. Quando invece il mondo inteso come linsieme degli uomini schiavi di questo sistema, allora si dice che Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, per salvarlo (3,16s). Ges infatti lagnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1,29), il salvatore del mondo (4,42), colui che d la sua carne per la vita del mondo (6,51), colui che luce del mondo (8,12), la luce che viene nel mondo per illuminare ogni uomo (1,9s; cf. 1,4).

ma per coloro che mi hai dato, perch sono tuoi. Ges intercede per gli uomini che il Padre gli ha dato come fratelli. Si sottolinea nuovamente la loro appartenenza al Padre (cf. v. 6).

v. 10: le cose mie tutte sono tue e le tue mie. Il Figlio riconosce che quanto ha ed gli viene dal Padre, come il Padre a sua volta gli d quanto lui stesso ha ed . Questo dono la conoscenza reciproca tra Padre e Figlio, la loro relazione di amore ineffabile (cf. Mt 11,27; Lc 10,22), nella quale siamo inclusi anche noi, che apparteniamo al Padre come figli e al Figlio come fratelli.

sono stato glorificato in loro. Ges stato glorificato nei discepoli, perch lhanno riconosciuto come Figlio, ricevendo la sua stessa relazione con il Padre (cf. Mt 11,25; Lc 10,21). In concreto glorificato attraverso il loro amore di fratelli che custodiscono la Parola del Padre (v. 6), appresa dalle sue parole di Figlio (v. 8).

In questa sua richiesta Ges considera come gi avvenuto ci che avverr pi tardi, dal mattino di Pasqua in poi. Sa infatti che tutto quello che si chiede nella preghiera, con fede di averlo ottenuto, sar accordato (cf. 11,22.41s; Mc 11,24).

v. 11: (io) non sono pi nel mondo. Ges sta compiendo la Pasqua, il suo passaggio da questo mondo al Padre (13,1). Finisce la sua vita sulla terra, nella quale ha manifestato agli uomini il Nome (cf. v. 6a). bene per noi che se ne vada, perch ci mander il Consolatore (16,7): va a prepararci un posto, perch anche noi siamo dove lui (14,2s).

essi sono nel mondo. Pur non essendo dal mondo (cf. v. 6b; 15,18s), i discepoli restano nel mondo, per continuare la sua stessa missione. Lessere nel mondo, sia per il Figlio che per ogni suo fratello, la condizione in cui si gioca il ritorno al Padre. Qui e ora siamo chiamati a vivere da figli del Padre. Lessere figli di Dio non evasione dai limiti dello spazio e del tempo, ma impegno a vivere nella carne secondo lo Spirito, per nascere dallalto.

Padre santo. Il Padre ora chiamato santo, pi avanti giusto (v. 25). Santo significa separato, diverso, altro. attributo esclusivo di Dio, altro da tutto: lui solo santo. Eppure vuole che tutti siamo come lui: Siate santi perch io sono santo (Lv 11,44). Paradossalmente Dio, essendo amore, talmente altro da diventare come noi perch noi siamo come lui. La propriet di Dio, Padre santo, quella di santificarci: ci rende simili a lui, diversi dal mondo, perch, essendo Padre, ci fa suoi figli e fratelli tra di noi.

custodiscili nel tuo nome. Il nome la presenza, la persona. Attraverso il Figlio che ce lo ha manifestato (v. 6a), il Padre ci custodisce in s, in comunione con lui come nostro Padre. In lui custodiamo la nostra verit di figli.

ci che mi hai dato. I discepoli sono ci che il Padre ha dato al Figlio (cf. vv. 6.9). C il singolare, perch sono considerati ununit (cf. anche vv. 2.12), quellunit nellamore che la gloria di Dio e la sua rivelazione al mondo.

affinch siano uno. Il fine della preghiera del Figlio al Padre che i fratelli siano uno, una cosa sola (cf. Ef 1,2-6). Il tema verr ripreso e ampliato nei vv. 20-23. Lessere uno il desiderio fondamentale delluomo: la realizzazione dellamore, fonte di gioia e vita.

Se il male divide e uccide, lamore unisce e fa vivere. ununit nella distinzione, che non sopprime, anzi suppone lesistenza dellaltro. La vera santit che il Padre vuole dai suoi figli lunit nellamore, una fraternit dove ogni diversit accolta e ogni miseria oggetto di misericordia. Infatti, riformulando il comando: Siate santi, perch io sono santo (Lv 11,44), Luca dice: Diventate misericordiosi come il Padre vostro misericordioso (Lc 6,36). La santit, la perfezione di Dio (cf. Mt 5,48), ci per cui Dio Dio e solo lui, la misericordia. Questo attributo rivela la sua essenza come onnipotenza di un amore assoluto, che crea e ricrea ogni creatura a sua immagine e somiglianza.

Una santit o perfezione senza misericordia satanica. La misericordia la santit e perfezione propria di Dio, comunicata a noi nel Figlio. Essa ci rende uno con lui e come lui, figli del Padre e fratelli tra di noi (cf. Mt 5,43-48; Lc 6,35), capaci di vincere il male con il bene (Rm 12,21) e di ricomporre in unit ogni frattura e divisione.

come noi. Lunione che c tra i fratelli la stessa che c tra Padre e Figlio, la cui vita lamore reciproco. Ges ha gi detto che lui e il Padre sono una cosa sola (10,30). Altrove esprime lo stesso concetto come immanenza reciproca: luno nellaltro (cf. v. 21; 10,38; 14,10.23). Lunione tra Padre e Figlio, comunicata a noi dal Figlio, riunisce in uno i figli di Dio dispersi (11,52), facendo un solo gregge, un solo pastore (10,16).

La divisione tra i cristiani il grande male che si oppone alla glorificazione del Padre e del Figlio sulla terra: divide la tunica inconsutile (cf. 19,23s), dilania il corpo del Figlio. La via allunione tra le varie Chiese leggere e rileggere queste parole di Ges, fino a quando non scompare dal nostro cuore la cecit e lanimosit che viene dal divisore. Allora saremo uniti anche a Israele; e la Gloria si riveler a tutti.

Da Dio non pu venire la divisione, sinonimo di morte. Da lui viene solo lunione, nellaccettazione della diversit e nel discernimento, che distingue lazione sua da quella del nemico. Da lui viene soprattutto il perdono, che sana ogni divisione. Due sono le ragioni per cui un uomo pu essere continuamente ricoperto di zelo contro la condotta degli altri: lorgoglio e la stupidit. Al di fuori di queste due [ragioni] che muovono luomo allo zelo, questultimo non si d (Isacco di Ninive).

v. 12: quando ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, ci che mi hai dato, ecc. Ges ormai non pi nel mondo (v. 11). Mentre sta andandosene, ricorda ai discepoli che lui ha fatto ci che chiede al Padre: li ha custoditi e conservati nel suo nome, con la cura del pastore per le sue pecore.

nessuno di loro si perse. Infatti il Pastore bello d la sua vita in favore delle pecore. Esse non andranno perdute: nessuno pu strapparle dalla sua mano, che la stessa del Padre (10,28s).

se non il figlio della perdizione (cf. 2Ts 2,3). Il figlio della perdizione significa il figlio perduto. Di solito riferito a Giuda. un detto inquietante, perch sembra parlare della sua dannazione e della sua predestinazione ad essa. Ma bisogna tener presente che tutta la Bibbia, dalla Genesi allApocalisse, una parabola della ricerca del figlio perduto e ritrovato, morto e tornato in vita (cf. Lc 15,24.32). Con lui si identificato il Figlio stesso, che si fatto per noi maledizione e peccato (2Cor 5,21; Gal 3,13): egli lAlfa e lOmega, il primo e lultimo (Ap 1,8; 21,6; 22,13), il primo che si fatto ultimo (cf. Mc 9,35p;10,31.43sp), il minimo tra i fratelli (Mt 25,40.45), per essere con tutti e in tutti.

La perdizione, non va dimenticato, lorizzonte stesso della salvezza: si pu salvare solo ci che perduto (Lc 19,10). Giuda, in questo caso, rappresenta luomo che ancora sotto linflusso del diavolo (6,70; 13,2.27), dal quale il Figlio venuto a liberare i suoi fratelli: il prototipo delluomo perduto, che il Figlio venuto a salvare. Queste parole di Ges vanno lette alla luce del c. 13.

Y. Simoens invece identifica il figlio della perdizione non con Giuda, ma con satana, chiamato luomo iniquo, il figlio della perdizione, lavversario (2Ts 2,3). Secondo Giovanni lui lautore del tradimento di Giuda (13,2.27), il capo di questo mondo (cf. 12,31), colui che per primo non ha custodito la Parola, diventando menzognero e omicida (8,43s). Ma anche lui figlio perduto, creatura di Dio; come tale resta infinitamente amato. Fino a quando lodio potr resistere allamore, se lamore infinito?

cos che si adempisse la Scrittura. Richiama 13,18-21, dove Ges cita il Sal 41,10. Questo non significa che male, il cui apice la croce di Ges, sia voluto da Dio. per previsto da lui, che ne far il luogo in cui rivela lassolutezza del suo amore.

v. 13: adesso vengo a te e (di) queste cose parlo nel mondo. Ges, prima di tornare al Padre, ci lascia queste parole, che sempre parleranno al mondo, attraverso i suoi discepoli. In particolare attraverso il discepolo che Ges amava, il quale le ricorda e racconta a noi nel suo Vangelo.

affinch abbiano la gioia, quella mia, completa in se stessi. Le sue parole, che ci fanno uno nellamore, hanno come fine la nostra gioia (cf. 15,11). la stessa del Figlio, amato dal Padre. Ges vuole che essa sia in noi in misura sempre maggiore, fino a essere completa. Tutta lazione di Dio punta alla gioia delluomo. La gioia la firma dautore, il sigillo di Dio su ogni opera sua.

v. 14: io ho dato loro la tua Parola. Il dono di Ges, il Figlio, lui stesso, Parola del Padre. la Parola che ci purifica e monda (cf. 15,3), la verit che ci fa liberi (8,32), la luce che ci fa uscire dal mondo, inteso come appartenenza alla tenebra. Questa Parola Spirito e vita (cf. 6,63): comunicandoci il suo stesso amore per il Padre e i fratelli, ci rende figli di Dio.

e il mondo li odi, ecc. (cf. 15,18-25). Il mondo ama ci che suo (cf. 15,19): la tenebra odia la luce, la menzogna odia la verit (cf. 3,20). I discepoli sono odiati allo stesso modo di Ges, perch egli non dal mondo, ma dal Padre, e dice la verit (8,45). Chi dal mondo ha un altro padre: il diavolo, omicida e menzognero fin dallinizio (cf. 8,31-47). La gioia che i discepoli hanno quella del Figlio, che non dal mondo, ma dal Padre, il quale non lo lascia mai solo (16,32). Anche nelle afflizioni gode sempre della sua consolazione (cf. 2Cor 1,3-7).

v. 15: non chiedo che li levi dal mondo. I discepoli devono restare nel mondo, senza essere dal mondo. Cos possono continuare la sua missione, per la salvezza del mondo. Essi sono nella carne, ma non vivono della carne. Vivono, in questo mondo e in questa carne, da figli della luce (12,36).

ma che li custodisca dal maligno (cf. Mt 6,13). Il Padre santo, custodendoli nel suo nome, li rende uno nellamore. In questo modo li preserva dal maligno, il diavolo che li divide dal Padre e dai fratelli (cf. 1Gv 2,14-18), per imprigionarli nelle tenebre, in solitudine e tristezza.

v. 16: dal mondo non sono, come io non sono dal mondo. I discepoli, come Ges, riconoscono la loro origine dal Padre, del quale fanno le opere. Per questo hanno gioia e vivono da figli e da fratelli.

v. 17: santificali nella verit. Il Padre santo ci rende santi come lui, stabilendoci nella verit sua di Padre e nostra di figli. Siamo santi come lui, se amiamo i fratelli con lo stesso amore suo e del Figlio.

la tua parola verit. La Parola del Padre il Figlio unigenito, che ci manifesta il nome del Padre. Da lui riceviamo la grazia della verit (1,17), della verit che ci fa liberi (8,32), figli e fratelli.

v. 18: come mandasti me nel mondo, anchio mandai loro nel mondo (cf. 3,16s; 20,21). La missione del Figlio, mandato nel mondo per rivelare lamore del Padre e salvarlo (3,16s), diventa ora la stessa dei suoi discepoli (cf. 20,21). Ogni figlio tale perch si volge verso gli altri come fratelli. Chi non diventa fratello, non neppure figlio. Per questo la missione al mondo non riservata a qualcuno: costitutiva per ogni credente che, nel Figlio, abbia scoperto lamore del Padre verso tutti.

v. 19: per loro io santifico me stesso. Ges santificato dal Padre per la sua missione di Figlio (cf. 10,36) mediante lo Spirito (cf. 1,33s). A sua volta Ges santifica se stesso come Figlio amando i fratelli con lo stesso amore del Padre, sino a esporre, disporre e deporre la propria vita in loro favore (cf. 10,11.15.17.18). Questa santificazione si compir sulla croce, quando la sua carne, diventata epifania del Santo, manifester lamore perfetto e ci offrir il suo Spirito (19,30).

affinch siano anchessi santificati in verit. In verit significa veramente. Ma richiama anche nella verit del v. 17. Il Padre santifica il Figlio e il Figlio santifica se stesso perch anche noi siamo santi come lui. Ci che ci santifica la verit dellamore che Ges ci rivela. Il fine dellazione del Figlio santificare i fratelli, rendendoli figli a immagine del Padre.

v. 20: non solo per questi chiedo, ecc. Ges, dopo aver chiesto per i discepoli presenti, chiede le stesse cose per quelli che crederanno in lui attraverso la loro parola. Tra questi siamo anche noi, gli attuali lettori del Vangelo.

Come il futuro dei fratelli presenti, cos anche i fratelli futuri sono gi presenti nella preghiera del Figlio, che tutti abbraccia e a ciascuno dona il suo rapporto con il Padre.

v. 21: affinch tutti siano uno (cf. vv. 11.22.23). Ges chiede, anche per i discepoli futuri, che siano una cosa sola. Lessere uno nellamore rivela sulla terra la santit di Dio, unico Padre di tutti. Nellunione tra i fratelli si conosce il Padre e il suo amore. I vv. 21-23, con le variazione dei vv. 24-26, sono una ripresa sinfonica del v. 11b: coloro ai quali stato manifestato il Nome (v. 6) siano una cosa sola. Questa la glorificazione sua e del Padre, che Ges chiede allinizio della sua preghiera (vv. 1-5).

come tu, Padre, in me e io in te. Lorigine e il modello della nostra unione quella tra Padre e Figlio, espressa qui come immanenza reciproca: chi ama dimora dellamato, abitato da chi accoglie.

affinch anchessi siano [uno] in noi. I discepoli, pur restando nel mondo, uniti a Ges come i tralci alla vite, sono uno nel Figlio e nel Padre. Vivono della stessa vita, immersi nellabisso senza fondo del loro amore reciproco, grembo unico di tutto. Sono uno in Dio, in cielo; per questo sono uno anche sulla terra (v. 22).

affinch il mondo creda. La credibilit di Dio affidata alla nostra testimonianza di essere uno. Attraverso il nostro amore fraterno tutti gli uomini possono conoscere Dio come Padre; nessuno escluso, perch tutti siamo suoi figli amati. Il frutto della nostra missione viene dalla nostra unione con il Figlio (cf. 15,1-12), che ci unisce al Padre e tra di noi. La missione non che lirradiamento della Gloria: il mondo vede il Padre nel volto dei fratelli di colui che ha detto: Chi ha visto me, ha visto il Padre (14,9).

v. 22: la gloria che hai dato a me, (l) ho data a loro. Ges ha riversato su di noi lamore che ha ricevuto dal Padre. Per questo abbiamo la sua gloria: siamo figli e possiamo amarci come lui ci ha amati.

affinch siano uno, come noi (siamo) uno. La gloria dellamore ci fa essere uno tra di noi, come il Padre e il Figlio sono uno: realizza sulla terra la presenza di Dio.

v. 23: io in loro e tu in me. Si riprende il v. 21, spiegandolo. Il Figlio nei credenti che lo amano perch li ha amati. Il Padre a sua volta in noi come nel Figlio che lo ama. Lamore infatti rende presente lamato in chi lo ama. Siamo uno come Dio (cf. v. 21), perch in noi dimora il Figlio e anche il Padre, che in lui dimora come lui nel Padre.

affinch siano perfetti nelluno. Ges ripete quanto detto al v. 21, aggiungendo il concetto di perfezione e compiutezza, che sottintende un cammino per raggiungere la meta desiderata.

affinch conosca il mondo che tu mi mandasti (cf. v. 21). Nella misura in cui i discepoli crescono nellunit fraterna, manifestano al mondo il volto del Figlio inviato dal Padre. Lunione tra gli uomini sar possibile quando i cristiani saranno uniti tra di loro: la loro unione sacramento di salvezza per il mondo.

e li amasti come amasti me (cf. v. 26). Lunione tra i discepoli fa conoscere al mondo lamore che il Padre ha per il Figlio: lo stesso del Figlio per i fratelli (15,9) e dei fratelli tra di loro (13,34; 15,12).

La rivelazione di Ges tocca qui il suo vertice: noi siamo una cosa sola con il Padre, che ci ama con lo stesso amore unico e totale con cui ama il Figlio. Il credente davvero entusiasta (= respira in Dio), perch nel Padre e nel Figlio, che lo amano di amore eterno. Nella sua risposta damore, Dio in lui come lui in Dio (cf. 1Gv 4,16b).

Di questo amore infinito tutti abbiamo sete: necessario come lacqua per vivere. Desideriamo che ci sia, ma temiamo che non ci sia. Ges venuto a donarcelo.

3. Pregare il testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando Ges davanti ai suoi discepoli, che alza gli occhi al cielo.

c. Chiedo ci che voglio: una comunione sempre maggiore con i fratelli, perch tutti, nel nostro amore di figli, conoscano quello del Padre.

d. Ascolto e lascio entrare in me ogni parola di Ges.

Da notare:manifestai il tuo nome agli uomini che mi desti dal mondo

erano tuoi e li desti a me

le parole che desti a me, le ho date a loro

essi le presero e conobbero veramente che uscii da te

le cose mie sono tue e le tue mie; e sono stato glorificato in loro

io non sono pi nel mondo, ma essi sono nel mondo

Padre santo, custodiscili nel tuo nome

siano uno, come noi

quando ero con loro, li conservai nel tuo nome

nessuno si perse, se non il figlio della perdizione

abbiano la gioia, quella mia, completa in se stessi

il mondo li odi perch non sono dal mondo

custodiscili dal malvagio

santificali nella verit

come mandasti me nel mondo, anchio mandai loro nel mondo

per loro santifico me stesso

siano anchessi santificati in verit

chiedo anche per quelli che credono in me per la loro parola

siano uno, come tu, Padre, in me e io in te

affinch il mondo creda che tu mi mandasti

la gloria che hai dato a me, io lho data a loro

siano uno, come noi siamo uno: io in loro e tu in me

siano perfetti nelluno

affinch conosca il mondo che tu li amasti come amasti me.

4. Testi utili:Sal 103; 117; Mt 11,25-30; Mt 18, 19-35; 1Cor 12-13; Ef 3, 14-21; 1Pt 2,4s.

lamore del quale amasti me

sia in loro e io in loro

17,24-2617,24

Padre,

quanto mi hai dato,

voglio che, dove sono io,

anchessi siano accanto a me,

affinch contemplino la mia gloria,

che mi hai dato,

perch mi amasti

prima della fondazione del mondo.

25 Padre giusto,

anche se il mondo non ti conobbe,

io invece ti conobbi;

e questi conobbero

che tu mi mandasti;

26 e feci loro conoscere il tuo nome

e (lo) far conoscere,

affinch lamore

del quale amasti me

sia in loro

e io in loro.

1.messaggio nel contesto

Lamore del quale amasti me sia in loro e io in loro. Sono le ultime parole di Ges prima della passione. In essa ci comunicher lamore con il quale il Padre ama lui; cos anche noi lo ameremo e lui sar in noi come noi da sempre siamo in lui.

Si sottolinea il nesso tra gloria e amore, che sottende la seconda parte del Vangelo. Infatti la Gloria, la bellezza assoluta che fa s che Dio sia Dio, lamore tra Padre e Figlio, che il Figlio delluomo innalzato riverser su chiunque lo contempla.

Ges non solo chiede (cf. vv. 9.15), ma anche vuole (cf. v. 24): la sua volont di Figlio la stessa del Padre che lha inviato al mondo per far conoscere il suo amore e salvarlo (cf. 3,16). Non velleitarismo: il suo voglio (v. 24) davvero lerba che cresce nel giardino di quel re che ha potere su ogni cosa (v. 2). La volont del Padre e del Figlio sono in perfetta sintonia: il loro amore reciproco vuole donarsi a ogni creatura.

In Mc 14,36p Ges sostiene una lotta per dire al Padre: Non ci che voglio io, ma ci che vuoi tu. la sua pasqua interiore, il passaggio dalla volont delluomo a quella del Dio amore. In Giovanni, che guarda con occhio retrospettivo, questa tensione, appena accennata in 12,27 per indicarne il superamento, ormai risolta nella Gloria.

Il nostro futuro di discepoli sicuro, perch ancorato al voglio del Figlio che lo stesso del Padre: nessuno ci strapper dalla sua mano (cf. 10,28s). in questottica si capiscono gli inni delle lettere agli Efesini e ai Colossesi, che cantano il mistero delluniverso in Dio e di Dio nelluniverso, creato attraverso il Figlio, in lui e per lui, principio e fine di ogni esistenza (cf. Ef 1,3-14; Col 1,15-20).

Nel finale della preghiera il Padre invocato due volte (vv. 24.25), come allinizio (vv. 1.5). queste ultime battute, simili alle prime, sono una sintesi dellintercessione di Ges (v. 24) e di tutta la sua opera (vv. 25-26).

Il Figlio vuole che i suoi discepoli e, attraverso la loro testimonianza, tutti gli uomini siano dove lui , presso il Padre, per contemplare la sua gloria. Questo il fine della sua missione, ormai al compimento. Anche se il mondo non conosce il Padre, e per questo rifiuta il Figlio, Ges ha conosciuto il Padre e si rivelato ai discepoli come il Figlio che lo manifesta. Lo far conoscere compiutamente nella sua glorificazione in croce, quando consegner loro lamore estremo che il Padre ha per lui. Allora anche il Figlio sar in loro. Sar la sua glorificazione piena, che dora in poi continuer nella storia, grande e piccola: sar la sua presenza nei fratelli, che si amano del suo stesso amore.

Essere dove Ges, con lui, per contemplare la sua gloria, una realt presente oppure solo futura, dopo la nostra morte o, addirittura, dopo il suo ritorno?

Per Giovanni la condizione attuale di chi ama Ges, di chi vive e crede in lui. Essa per conosce un cammino: cresce nel corso della storia personale e universale, per raggiungere il suo compimento, che il fine di tutto al di l della fine di tutto. lunione mistica del discepolo con Ges, il mio Signore e il mio Dio! (cf. 20,28). In questa unione con lui la morte perde il suo pungiglione (cf. 1Cor 15,56) e diventa insussistente. Infatti Ges ha detto: Chi vive e crede in me, non morir in eterno e anche se muore, vivr (11,26.25). Uniti a lui come il tralcio alla vite (cf. 15,1ss), sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui (1Ts 5,10). Per noi, come per lui, la morte sar il cambiamento di domicilio, il trasferirci da questo mondo al Padre, compimento dellamore e svelamento della Gloria (cf. 13,1ss).

Ges vuole che noi siamo con lui dove lui, presso il Padre. Ci fa conoscere il suo nome, perch il suo amore sia anche in noi.

La Chiesa la comunit dei fratelli che ha contemplato, riconosciuto e ascoltato, nella carne di Ges, la gloria del Figlio (1,14; cf. 1Gv 1,1-4): lamore del Padre, concesso in lui a ogni uomo.

2. Lettura del testov. 24: Padre, quanto mi hai dato. Ges sta parlando al Padre dei discepoli, considerati come ununit (cf. vv. 2.21). Sono gli uomini che il Padre gli ha dato dal mondo, come suoi fratelli (v. 2): sono diventati figli, perch hanno accolto il Figlio e sono una cosa sola con lui e con il Padre (vv. 11b.21). Lessere uno nellamore il desiderio fondamentale delluomo, analogo alla forza di attrazione per la materia.

voglio. Prima Ges chiedeva. Ora vuole ci che chiede: vuole che si compia la volont del Padre, come in cielo, cos in terra. Suo cibo di Figlio fare la sua volont (cf.4,34). Egli d la vita a chi vuole (5,21); e la sua volont la stessa del Padre che lha inviato (5,30) a salvare il mondo (3,16s). questa volont del Padre e del Figlio il loro amore reciproco, lo Spirito che il Figlio comunica ai fratelli (7,39; 19,34; 20,22). Esso vivifica ormai la nostra storia di maledizione e di peccato, portandola efficacemente alla riconciliazione: ci fa passare dalla divisione alla comunione damore.

dove sono io, anchessi siano. Il Figlio vuole la comunione piena dei fratelli con lui. Il dove di Ges il Padre: in lui dimora, da lui viene, a lui va, in lui e di lui vive. Come Dio chiese al primo uomo: Dove sei?(Gen 3,9), cos i primi discepoli hanno chiesto a Ges: Dove dimori? (1,38). Il racconto del Vangelo ci ha mostrato dove il Figlio sta di casa: nellamore del Padre, che dischiude ai fratelli. Qui anche noi troviamo la nostra casa di figli del Padre e fratelli tra di noi. la patria da dove Adamo era fuggito, abbandonando il suo luogo naturale. Lontano da esso, luomo lontano da s, fuori dal suo posto: uno spostato, estraneo a s e a tutto.

accanto a me. Accanto a lui, posti al suo fianco come i suoi due compagni sul Golgota, partecipiamo al suo trionfo (cf. 19,18). Il nostro essere presso il Padre avviene nella nostra comunione con il Figlio. In compagnia sua, anche noi ritroviamo il nostro luogo di origine: finisce lesilio e regniamo con lui. Entriamo nella famiglia di Dio (Ef 2,19); per non pi da schiavi, ma da liberi, figli nel Figlio.

affinch contemplino la mia gloria. Da qui contempliamo la sua gloria di Unigenito, quella che i discepoli hanno visto nella Parola diventata carne (1,14). Se luomo vivente gloria di Dio, la visione di Dio vita delluomo. La sua gloria risplende sul nostro volto, trasfigurandoci a immagine del suo (cf. 2Cor 3,18).

La visione della quale Ges parla non solo una realt futura, dopo la morte o dopo il suo ritorno: chi a sua fianco, conosce il suo amore reciproco con il Padre. Questa la vita eterna, che gi ora otteniamo: nella nostra condizione terrestre, come Ges nella sua carne, viviamo la vita celeste. Non solo siamo chiamati figli di Dio, ma lo siamo realmente, anche se in modo ancora velato (cf. 1Gv 3,1s).

Questa visione presente non esclude quella futura, che ne sar il disvelamento pieno. La stessa morte ormai insussistente come morte: diventa il travaglio del parto. Infatti la conoscenza del Padre vince il peccato, pungiglione della morte che ci avvelena lesistenza (cf. 1Cor 15,56). La nostra vita non pi per-la-morte, ma un passaggio da questo mondo al Padre, un venire alla luce nella nostra condizione di figli (cf. 11,4.40).

Posti accanto a Ges, siamo suoi compagni: morti e risorti con lui, camminiamo in una vita nuova (Rm 6,4; Col 2,12). Siamo addirittura seduti alla destra di Dio (Ef 2,6): la nostra vita ormai nascosta con Cristo in Dio (Col 3,3).

Gi su questa terra ci dato di contemplare la gloria dellamore, ma come in uno specchio (1Cor 13,12a). Quando per si manifester Cristo, nostra vita, anche noi saremo manifestati con lui nella gloria (Col 3,4) e lo vedremo faccia a faccia (1Cor 13,12b), cos come egli . Allora la nostra trasformazione, gi in atto, sar compiuta (cf. 1Gv 3,2).

Giovanni comunque sottolinea il gi pi che il non-ancora: la gloria del Figlio gi comunicata ai discepoli dalla croce di Ges.

che mi hai dato. Il Padre ha dato a Ges la gloria del Figlio, come gli ha dato la corona dei fratelli: la gloria che hai dato a me si rivela in coloro che hai dato a me, e che sono accanto me, dove sono io (v. 24a).

perch mi amasti prima della fondazione del mondo. La gloria del Figlio lamore eterno del Padre. Ges ci rivela che donata anche a ciascuno di noi. Infatti ha appena detto di noi al Padre: Li amasti come amasti me (v. 23b). Conoscere lamore del Padre ritrovare la propria identit di figli, avere la vita autentica. Chi non conosce il Padre, non si pu sentire figlio: privo di ci che lo costituisce tale.

Prima della fondazione del mondo significa prima del tempo: da sempre il Padre ama il Figlio e anche noi. Il suo amore, che prima, anche durante e oltre ogni tempo (cf. Sal 117): il fondamento stesso della creazione, suo principio e suo fine.

v. 25: Padre giusto. Prima il Padre era chiamato santo, perch ci custodisce nella sua santit, nellamore che ci fa essere una cosa sola con lui e tra di noi (v. 11). Ora chiamato giusto, perch ci giustifica, facendoci giusti come lui giusto. La giustizia richiama il giudizio. Il Padre giusto esercita la sua giustizia amando incondizionatamente i suoi figli. Questa giustizia si rivela nel giudizio del Figlio uguale al Padre: la croce, dove, dando la vita per i fratelli che lo uccidono, rivela la gloria dellamore. Vedendo questo giudizio, tutti diventiamo giusti, perch comprendiamo di essere figli amati. Questo, e non altro, il giudizio e la giustizia di Dio, che ci fa santi e giusti nellamore, come lui.

Nella sua ultima preghiera Ges invoca il Padre per la sesta volta. Attende, lo ripetiamo ancora, che la settima volta siamo noi a chiamarlo con lo stesso nome. linvocazione che ci fa diventare figli, fratelli suoi e tra di noi.

anche se il mondo non ti conobbe. Il mondo significa la struttura di menzogna che domina i rapporti umani. Il mondo tale perch non conosce il Padre. Per questo nelle tenebre. Ma quando lo conosce, cessa di essere mondo, come la notte si dissolve quando viene il sole.

Conoscere il Padre non essere dal mondo. Il Figlio, che non dal mondo, venuto nelle tenebre per essere luce del mondo (1,9; 8,12). Anche i suoi discepoli restano nel mondo, senza essere dal mondo, per continuare la sua testimonianza di verit (cf. vv. 13-19).

io invece ti conobbi. La conoscenza del Padre fa s che il Figlio sia tale. Da qui linsistenza sul verbo conoscere. La coscienza di Ges come Figlio di Dio la sua conoscenza dellamore del Padre, di cui vive e che ci rivela. Se Ges non avesse avuto coscienza di essere Figlio di Dio, non lo sarebbe; e non si capirebbe nulla di ci che ha fatto e detto. Infatti non rivela altro che il suo essere Figlio, epifania o, meglio, enfania del Padre: Chi ha visto me ha visto il Padre (14,9).

questi conobbero. I discepoli, a differenza del mondo, hanno ricevuto la conoscenza del Padre attraverso Ges Cristo, suo Figlio (cf. vv. 2-3).

che tu mi mandasti. La prima conoscenza dei discepoli quella di Ges, come mandato dal Padre, Figlio inviato ai fratelli. Tutto ci che egli ha fatto e detto per noi, ci schiude la Gloria, del Padre e sua.

v. 26: feci loro conoscere il tuo nome. Il Figlio, facendoci conoscere Dio con il suo nome di Padre, ci d la vita eterna, la nostra verit di figli (vv. 3s). Far conoscere il nome del Padre esprime, in modo sintetico, lessere e lagire di Ges. Ogni agire manifesta lessere: il suo agire per i fratelli manifesta il suo essere Figlio e fa conoscere il Padre.

e (lo) far conoscere. Ges ha glorificato il Padre con ci che ha detto e fatto. Tra poco lo glorificher allestremo con ci che gli faranno sulla croce. L il Padre sar pienamente conosciuto nellamore perfetto del Figlio, che ci consegner il suo Spirito (19,30). Allora sar espulso il capo di questo mondo, che ci accecava gli occhi e induriva il cuore (12,31.40a): saremo tutti attirati al Figlio e, volgendoci a lui, guariremo dalla menzogna che ci ha nascosto il volto nostro e del Padre (12,32.40b).

questa conoscenza del Padre, palese a tutti sul Golgota, sar accolta dai discepoli che, a loro volta, la comunicheranno agli altri. Il senso della storia la rivelazione inarrestabile dellamore che si reso visibile nella carne del Figlio crocifisso. Coloro che, per primi, hanno in lui riconosciuto e creduto allamore che Dio ha per noi (1Gv 4,16), lo testimonieranno a tutti, perch partecipino della loro gioia (1Gv 1,1-4). Conoscere il Padre la vita, per ogni figlio (cf. v. 3).

affinch lamore del quale amasti me sia in loro (cf. v. 23). Lamore totale e assoluto che il Padre ha verso il Figlio (cf. v. 24b), lo stesso che egli ha verso ogni uomo (cf. v. 23b), suo figlio nel Figlio. con la sua vita da fratello, Ges venuto a donarcelo; e non a misura (3,34), ma in modo completo (19,30). Attraverso di lui anche noi conosciamo il Padre. Allora il suo amore anche in noi. Infatti, vedendo lamore di Ges che ci ama con lo stesso amore del Padre (15,9), gli apriamo il cuore. Cos diventiamo figli, capaci di amare come siamo amati.

Il fine dellazione di Ges che noi, contemplando la sua gloria (v. 24), abbiamo in noi stessi lamore che il Padre ha per lui, in modo che anche noi ne viviamo.

e io in loro. Da sempre noi siamo nel Figlio, perch ci ama; quando accogliamo il suo amore, allora anche lui sar in noi, perch lo amiamo. Lamato infatti dimora in chi lo ama, diventando sua vita (cf. Gal 2,20).

Dio abita ovunque gli si apre la porta. Volgendo locchio alla ferita di colui che abbiamo trafitto (19,37), il nostro cuore di pietra si aprir. E accoglier lamore, rispondendo con amore.

3.Pregare il testoa. Entro in preghiera come al solito.

b. Mi raccolgo immaginando Ges davanti al Padre e ai discepoli.

c. Chiedo ci che voglio: avere in me lamore che il Padre ha per il Figlio.

d. Lascio risuonare in me ogni parola di Ges.

Da notare:ci che hai dato a me

voglio che, dove sono io, siano anchessi con me

affinch contemplino la mia gloria

mi amasti prima della fondazione del mondo

il mondo non ti conobbe

io ti conobbi

questi conobbero che tu mi mandasti

feci loro conoscere il tuo amore e lo far conoscere

lamore del quale amasti me sia in loro e io in loro

.

4.Testi utiliSal 34; 100; 1Gv 1,1-4; 4,7-5,4; 1Cor 13,1ss; Rm 8,28-30; Ef 1,3-14; Col 1,15-20.

45. Io-Sono

18,1-11

18,1Dette queste cose,

Ges usc con i suoi discepoli

al di l del torrente Cedron,

dove cera un giardino,

in cui entr

lui e i suoi discepoli.

2Conosceva il luogo anche Giuda,

quello che lo stava consegnando,

perch molte volte l si era riunito

Ges con i suoi discepoli.

3Allora Giuda, preso il manipolo

e dei servi (mandati) dai capi dei sacerdoti e dai farisei,

viene l con lanterne, torce e armi.

4Allora Ges, sapendo tutte le cose

che stavano per venire su di lui,

usc e dice loro:

Chi cercate?

5Gli risposero:

Ges, il Nazoreo.

Dice loro:

Io-Sono!

Ora stava anche Giuda,

colui che lo consegnava, accanto a loro.

6Allora, come disse loro:

Io-Sono,

indietreggiarono

e caddero a terra.

7Allora di nuovo li interrog:

Chi cercate?

Ora essi dissero:

Ges, il Nazoreo.

8Rispose Ges:

Vi ho detto

che Io-Sono.

Se dunque cercate me,

lasciate che questi se ne vadano.

9Affinch si adempisse

la parola che disse:

Di quelli che mi hai dato,

nessuno persi di loro.

10Allora Simon Pietro,

avendo una spada,

la tir

e colp il servo del capo dei sacerdoti

e recise il (lobo del) suo orecchio destro.

Il nome del servo era Malco.

11Allora Ges disse a Pietro:

Getta la spada nel fodero.

Il calice che mi ha dato il Padre,

non lo berr proprio?

1.Messaggio nel contesto

Io-Sono, la risposta a coloro che cercano Ges, il Nazoreo. Questa scena un prologo narrativo al racconto della passione, dove si rivela la Gloria. Richiama il prologo iniziale, che preannunciava le resistenze delluomo contro la Parola, ma anche la vittoria pasquale. Infatti la luce splende nella tenebra e la tenebra non la afferr (1,5), venne nella sua propriet e i suoi non la ricevettero (cf. 1,11); ma a quanti la accolsero, a essi diede il potere di diventare figli di Dio (1,12) e dalla sua pienezza noi tutti accogliemmo grazia su grazia (cf. 1,16). Per questo la comunit dei credenti, primizia della moltitudine di coloro che saranno attratti dal Figlio delluomo innalzato (12,32), esclama: Contemplammo la sua gloria, gloria di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verit (v. 14)

Dopo aver parlato nei cc. 13-17 della Gloria, finalmente la vediamo allopera. Il salvatore del mondo (4,42; cf. 3,16s) si presenta al mondo: da una parte c lui con i suoi discepoli, dallaltra Giuda con i rappresentanti del potere romano e dei capi dei giudei. il confronto ultimo tra amore e odio. La luce viene nelle tenebre; fiaccole e lanterne illuminano la notte e fanno luccicare le armi.

Anche qui Giovanni si discosta dagli altri Vangeli. Racconta la stessa vicenda con ottica diversa, tralasciando o aggiungendo dettagli significativi. Innanzi tutto non racconta lagonia nellorto, anche se non la ignora (cf. 12,27). Come gli altri Vangeli accenna al calice (v. 11; cf. Mc 14,36p), ma non parla dellangoscia e della paura di Ges davanti ad esso. Al contrario dichiara la sua piena volont di berlo, mentre Pietro vorrebbe impedirlo. La scena rappresenta la rivelazione del re, non larresto di Ges. Questo segue immediatamente dopo, dove si dice che presero (= concepirono) Ges (v.12). Il testo pervaso dalla maest di Ges il Nazoreo, il re che sar intronizzato sulla croce (cf. 19,14.19). Con questo titolo lo chiamano i suoi stessi nemici, mentre lui manifesta la sua gloria, dicendo: Io-Sono. Invece dellagonia e dellarresto, Giovanni presenta il trionfo di Ges: il Figlio che, nel suo amore sovrano, si consegna ai fratelli. Ges, in tutta la passione secondo Giovanni, non oggetto della violenza del mondo: il soggetto, che conosce e dirige tutto, fino al compimento pieno dellamore.

Il racconto si svolge in un giardino. Richiama quello delle origini, dove Dio pose luomo (Gen 2,8) e avvenne il primo scontro tra verit e menzogna (Gen 3,1ss). Ci che qui inizia si concluder in un altro giardino, ai piedi dellalbero che ha ridato vita alluomo (cf. 19,41). L vicino ci sar anche lincontro con Maria Maddalena, principio dellumanit nuova (cf. 20,11ss).

Gli altri Vangeli, con laiuto di testi biblici, cercano di decifrare lenigma della croce del Figlio, riprovato dagli uomini che lo uccidono e approvato da Dio che lo risuscita da morte: la passione del Giusto, del Servo sofferente, del Messia che porta la salvezza di Dio. In Giovanni invece il cammino di Ges visto, fin dallinizio, come manifestazione della Gloria, che, rivelata da Cana a Betania attraverso segni, dal giardino degli Ulivi a quello del Calvario si fa vedere faccia a faccia. Il Ges che affronta la passione gi glorioso. Questo non mette in ombra la sua umanit, ma la fa apparire come riverbero della luce di Dio. Infatti Ges, Parola diventata carne, insieme Figlio delluomo e Figlio di Dio. Nel NT non mai messa in dubbio n lumanit n la divinit di Ges. Per, mentre gli altri Vangeli fanno vedere in lui lumanit di Dio, Giovanni fa vedere in lui la divinit delluomo.

Gli altri Vangeli guardano dalla parte dello spettatore, che alla fine riconosce il Figlio di Dio. Il discepolo prediletto invece osserva come Ges vede ogni vicenda con la sua coscienza di Figlio, che conosce lamore del Padre. Non a caso riporta la testimonianza di colui che, adagiato nel grembo e poggiato sul petto di Ges, alla fine contempler il Trafitto (cf. 13,23.25; 19,34.35). Come al solito, mentre gli altri Vangeli sono un racconto che procede dallinizio fino al termine, qui si parte dalla fine e si rilegge tutto alla luce di ci che gi si capito. I primi seguono un ordine didattico, ottimo per giungere a capire; il quarto Vangelo per chi sa le cose e le contempla ormai come sono, in profondit.

Non a caso Ges, tranne che nella metafora del chicco di frumento (12,24), non dice mai che muore; dice invece: vado (poruomai: 14,2.3.12.28; 16,7.28), me ne vado (hypgo: 7,33; 8,14.21.22; 13,3.36; 14,4.28; 16,5.10.17), sono innalzato (hypsomai: 3,14; 8,28; 12,32.34), sono glorificato (doxzomai: 7,39; 11,4; 12,23; 13,31.32). Lora della croce, prevista dallinizio (2,4), per lui il momento di trasferirsi da questo mondo al Padre (13,1), il ritorno a colui dal quale uscito (13,3): la sua ora (7,30; 8,20), quella della glorificazione (12,23), della nascita delluomo (16,21). Se per losservatore la morte di Ges lora della sua glorificazione, per Ges la glorificazione lora della sua morte, quando manifesta al mondo, in modo compiuto, lamore eterno di Dio.

In breve: per tutti i Vangeli la carne crocifissa di Ges gloria di Dio e salvezza delluomo. Mentre per gli altri guardano con gli occhi dello spettatore, il discepolo prediletto vede con locchio stesso del Maestro. Per questo la passione sotto il segno della Gloria. In essa il Figlio realizza la passione di Dio per questo mondo perduto ed esprime, insieme, la sua essenza di amore estremo. La sua gloria, manifestata dal primo allultimo segno (2,11; 11,4.40), rivelata simbolicamente nel lavare i piedi e nel dare il boccone a Giuda (13,1-30), comunicata ai fratelli nella preghiera al Padre (17,1ss), ora, mentre si consegna ai nemici, raggiunge tutti.

Lautodonazione di Dio, gi totale ma implicita nella creazione, si esplicita nel dono della legge e attende di essere riconosciuta da un cuore nuovo, capace di amare come amato (cf. Ger 31,31-34; Ez 36,24-27). Questo cuore nuovo opera del Figlio delluomo innalzato, che ci d vita eterna (3,16), perch ci fa conoscere Io-Sono (8,28) e ci attira tutti a s (12,32), dopo aver gettato fuori il capo di questo mondo (12,31). Finalmente, dallalto della croce, il Signore regna su tutti, rivestendo della sua bellezza ogni creatura.

Il testo inizia presentando da una parte Ges con i suoi discepoli, dallaltra i suoi avversari riuniti insieme (vv. 1-3). Al centro c la domanda di Ges, la sua rivelazione e la reazione dei nemici (vv. 4-7). Segue la sua preoccupazione per i discepoli (vv. 8-9) e il gesto di Pietro, che vuole impedirgli di bere il calice che il Padre gli ha dato (vv. 10-11).

Ges, pi che essere catturato, cattura tutti. Come gi detto, ci che segue sar la sua consegna volontaria ai fratelli. il dono damore, che le tenebre prendono. Cos lo concepiscono (cf. v. 12) e diventano gravide di luce.

La scena del giardino raffigura la lotta tra luce e tenebre. Lesito scontato, come per la notte che affronta il sole. Liniziativa tutta di Ges, luce del mondo. Lui interroga e i nemici confessano di cercare il Nazoreo, titolo del re dei giudei (19,19). In quanto re, non subisce, ma conduce il processo e, alla fine, compie il suo giudizio.

Ges, il Nazoreo, il re promesso. Consegnandosi agli uomini, rivela la gloria e la potenza del Dio amore.

La Chiesa fatta da quanti hanno capito di essere tra coloro ai quali Ges si consegna.

2.Lettura del testo

v. 1: Dette queste cose. Il racconto della passione allacciato a queste cose, che Ges ha appena esposto nella preghiera al Padre (c. 17) e nel testamento ai discepoli (cc. 13-16). Quanto ha detto, soprattutto nei cc. 13 e 17, la Parola da cui scaturisce il seguito del Vangelo, che rivela la Gloria. Ma anche unintroduzione, e un commento, che d al lettore la luce per comprenderla.

Ges usc (cf. v. 4). Il verbo, quando applicato a Ges, indica la sua uscita dal Padre (cf. 8,42; 13,3; 16,27.30; 17,8), che lha inviato per salvare il mondo (3,16). Anche Giuda usc, nella notte (13,30). Ora Ges, luce del mondo (8,12), esce per entrare nella notte del mondo, dove incontra Giuda e i suoi fratelli. Esce per immergersi nelle tenebre, nella morte: la Parola creatrice, uscita da Dio, al quale non torner senza aver compiuto ci per cui stata mandata (cf. Is 55,11).

con i suoi discepoli. I discepoli non sono ancora con lui, ma lui gi con loro: sono i fratelli che il Padre gli ha dato. con loro nella citt per portarli dove lui, nel giardino. L era Adamo, quando stava con Dio.

al di l del torrente Cedron. Ges esce oltre il torrente Cedron. Come il re Davide che sfugge a chi cerca di ucciderlo (cf. 2Sam 15,14.22ss), abbandona la citt. Vi torner per essere proclamato e intronizzato re da quelli che lo vogliono eliminare. Cos il nuovo Abele regner, a modo suo, sulla citt fondata dal fratello Caino. Lallusione a Davide mette in rilievo la regalit di Ges il Nazoreo, il virgulto di Iesse, che si riveler proprio nella sua passione.

dove cera un giardino. I Padri hanno visto unallusione al giardino delle origini, dove Dio aveva posto luomo. L inizi la perdizione, l inizia la salvezza. NellEden si affrontarono verit e menzogna; con inganno, vinse la menzogna. Ora la luce appare nelle tenebre e fa vedere linganno.

La rivelazione della Gloria inizia in questo giardino, il Getsemani, posto ad oriente della citt. Ad occidente c il Golgota, laltro giardino, dove il re, elevato da terra e messo sotto terra, feconder di vita il grembo della morte. Ambedue i giardini sono fuori le mura. Nel passaggio dalluno allaltro, Ges compie la sua Pasqua . infatti lAgnello, il cui sangue risparmia il popolo dallo sterminio (Es 12,13). la Pasqua del Signore, la notte in cui fa giustizia di tutti gli dei: lui il Signore (cf. Es 12,11s).

in cui entr. Ges, uscito dal Padre, entra nel giardino per compiere la sua missione e liberare luomo.

lui e i suoi discepoli. Non si dice che i discepoli entrano con lui. Anche se Ges con loro (cf. v. 2), essi non sono con lui. Infatti pietro, loro rappresentante, porta con s la spada, come quelli che vogliono prendere Ges. ancora nella logica di Caino. Per questo lo lasceranno solo (16,32).

v. 2: conosceva il luogo anche Giuda, quello che lo stava consegnando. Questo giardino il luogo. Il termine connesso con il tempio, il luogo per eccellenza, dove Dio dimora (cf. 4,20). Richiama il luogo dove Ges guarisce luomo essiccato (5,13), il luogo dove dona il pane (6,10), il luogo che il Figlio ci prepara presso il Padre (14,2), il luogo del Golgota dove si compie la rivelazione del Dio amore (19,17), il luogo del giardino (19,41) dove il chicco di grano, caduto nella terra, porta molto frutto (12,24).

perch molte volte l si era riunito Ges con i suoi discepoli. Il giardino frequentato da Ges con i suoi discepoli. il luogo della riunione (in greco: sinagoga!), dove lui con loro perch anchessi siano con lui. Secondo Luca, nel suo soggiorno a Gerusalemme, Ges pernottava sul monte degli Ulivi (Lc 21,37), dove and, come il solito, anche dopo lultima cena (Lc 22,39).

v. 3: allora Giuda. Dopo che Ges entrato nel giardino con i suoi discepoli, entra in scena anche Giuda, con la schiera degli avversari. Dove sono i figli della luce (cf. 12,36), entra colui che era uscito nelle tenebre, con quelli che ne sono vittime. Ges stesso aveva detto a Giuda di fare presto ci che voleva fare (13,27). Nel giardino c lo scontro tra la Parola, che tutto crea, e la menzogna, entrata in Giuda come in Adamo, che tutto distrugge.

Giuda, seguito dagli altri, attore, non autore di ci che fa. Autore il diavolo, entrato in lui (cf. 13,2.27) e in quanti gli hanno prestato ascolto. Il dramma per non concluso: una storia aperta. Nel giardino, oltre lautore del male, c anche lautore del bene, che tiene la regia. Lultima parola spetta alla Parola, principio e fine di tutto, che tutto porta al bene previsto (cf. Rm 8,28).

preso il manipolo. Secondo alcuni si tratta della terza parte di una coorte, secondo altri della coorte stessa, composta da 600 a 1.000 uomini (760 fanti e 240 cavalieri), comandata dal chiliarco (= capo di mille uomini, cf. v. 12). Nei sinottici si parla di una folla anonima. In Giovanni invece sono truppe romane, distinte dalle guardie mandate dai sacerdoti e dai farisei.

Ges, salvatore del mondo (4,42; cf. 3,16s), si incontra con tutti, lontani e vicini, riuniti contro di lui: Davvero in questa citt si radunarono insieme contro il tuo santo servo Ges, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli di Israele, per compiere ci che la tua mano e la tua volont avevano preordinato che avvenisse (At 4,27s).

Il numero enorme di soldati indica la grandezza e la vastit dellodio del mondo contro colui che porta il peccato del mondo (1,29). La violenza smisurata del male evidenzia la forza dellamore e fa brillare la Gloria.

Nominando i soldati a servizio dellimperatore del mondo, si sottolinea per contrasto la regalit universale di Ges, il nazoreo. Egli sta affrontando il capo di questo mondo, che non ha alcun potere su di lui (14,30): adesso sar spodestato (cf. 12,31).

dei servi (mandati) dai capi dei sacerdoti e dai farisei. I capi dei sacerdoti e i farisei mandano, insieme alle truppe romane, dei servi armati, addetti alla guardia del tempio (cf. 7,30.32.44s).

viene l. Dove si trova Adamo, interviene il serpente: dove Ges con i suoi discepoli, si concentra la potenza del male, sotto la guida di Giuda, nel cui cuore entrato satana (13,27).

con lanterne, torce e armi. Negli altri Vangeli, vengono con spade e bastoni (cf. Mc 14,43p), per prendere colui che fu venduto per danaro (cf. Mc 14,11p) e consegnato con un bacio (cf. Mc 14,44sp). Danari, spade, bastoni e coppe (= casa, intimit, bacio) sono le carte con cui luomo da sempre gioca, e si gioca la vita: sono i mezzi con i quali si impadronisce di tutto, scrivendo la monotona storia di violenza che libri e cronache tramandano ai posteri.

Giovanni, oltre le armi che servono per uccidere, nomina lanterne e torce, che servono a far luce. Queste luci nella notte fanno vedere ci che in gioco: il confronto tra luce e tenebre, verit e menzogna, amore e odio, vita e morte. Suggeriscono anche, visivamente, da che parte sta la vittoria. Cosa pu capitare alle tenebre se prendono la luce del mondo (cf. v. 12)?

v. 4: Ges, sapendo tutte le cose che stavano per venire su di lui. Ges sa ci che capita (cf. 13,1.3.11.18). Il male che sta per abbattersi su di lui, lo conosce bene: conosce le resistenze dei fratelli allamore del Padre.

usc (cf. v. 1). Egli, che nella sua incarnazione uscito dal Padre, ora, nel giardino, esce incontro ai fratelli immersi nella notte.

chi cercate? Che cercate? la prima parola che Ges rivolge ai discepoli (1,38). Sanno gi, per indicazione del Battista, che egli lagnello di Dio. Vogliono sapere dove dimora, per dimorare con lui (cf. 1,39ss). Qui invece la domanda : Chi cercate?. in questione lidentit della persona. Sar anche la domanda del Risorto alla Maddalena, che non riconosce nelluomo del giardino colui che stato crocifisso (20,15). Nessuna ricerca neutra: mossa da odio o da amore, per la mor