Silloge tripartita solitudo amara est

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1 L’ammore è verde di Antonio Perrone ([email protected]) Vico Solitaria 41, 80132 NAPOLI (NA) 081 7643462/ 333 2916685 A te che hai rotto il guscio la crosta, il carapace di mille e mille anni di solitudine

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Silloge poetica di brani editi e inediti di Antonio Perrone.

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L’ammore è verde di Antonio Perrone ([email protected])

Vico Solitaria 41, 80132 NAPOLI (NA)

081 7643462/ 333 2916685

A te che hai rotto il guscio la crosta, il carapace di mille e mille anni

di solitudine

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Biografia minima e introduzione al libello: Fondatore della rivista letteraria indipendente Mosse di Seppia, Antonio Perrone, nato a Napoli il 17/09/91 ed ivi residente, studente alla facoltà di Lettere Classiche presso la Federico II, tenta un ulteriore esperimento poetico con la silloge L'ammore è verde: trenta componimenti introdotti da un proemio a stampo classicistico (Inno ad Erato) suddivisi in tre sezioni (Solitudo, aMara, est) e accomunati tutti dalla tematica erotico-elegiaca.

La prima parte, Solitudo, è dominata da una forte impronta classica, che ricorre nei temi (il richiamo alle muse, i poeti greci) nelle forme (il distico elegiaco in latino e quello in greco), nella metrica (scandita da settenari ed endecasillabi tutti frutto di un estenuante labor limae, anche quando il componimento sembra assumere le forme di un gioco, come ad esempio in Dedica di un Don Giovanni), nei virtuosismi linguistici (come le due poesie in lingua inglese). I componimenti appaiono nella forma di poesie sparse, benché legate dalla tematica comune e dallo stile sopradetto. La seconda parte è più vicina a un linguaggio quotidiano e prosastico (cede anche al dialetto, nei componimenti L’ammore è verde da cui il titolo, e in Maruzzella), ed è tutta incentrata sulla figura della donna amata dal poeta, Mara, figura che si delinea concreta e astratta nella successione delle reminiscenze scandite dai versi. La terza parte è forse la più particolare dell’intera silloge, in quanto presenta tre racconti in versi (settenari, endecasillabi e novenari i metri dominanti) che si muovono a metà tra un orizzonte filastroccheggiante e prosastico.

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-Solitudo 4 Inno ad Erato 5 Dialogo dell’innamorato e della traditrice 6 Zelos 7 Ricorderai di me 9 To the most beautiful 10 A te, e ad ogni parte di te 11 A te che vieni a notte 12 Sonetto incatenato 13 Domina 14 Dedica di un Don Giovanni 15 Sereno e Adriano 16 Burst 17 Lamento del sole che cala all’orizzonte 18 Ringkomposition

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Inno ad Erato Adornata di mirto e di rose mi richiami con lira dorata, tu sorella di otto altre Muse dalla chioma marrone intrecciata Eliconia d’Amabile canto di Memoria e di Tempo genìa ti riservo una prece ed il pianto non permettere volino via Ché tuo padre, egli stesso, prepose te cantrice di storie d’amore e dispose che tu consolassi i lamenti del petto e il dolore. O Musa Se davvero l’amore e la guerra condividono stesso valore mai ti valse di più la sorella coi suoi versi di morte e d’onore coi suoi miti di guerra e guerrieri che splendevan di bronzeo fulgore. Tale sei come tale lo eri: delle Pieridi, tu, la migliore. Ma ora tocca leggera le corde con il plettro d’avorio intarsiato che la musica giunga alle porte di chi un giorno sincero ha provato il bruciore d’un cuore colpito da Cupido che in fasce va alato e lenisci con docili dita la ferita del dardo infiammato. Apollonia. O Amabile Aonia veritiero o fasullo che sia io ti dedico questo libello.

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Dialogo dell'innamorato e della traditrice "Io sono tua, io ti amo ma ancora non è il tempo di un troppo grande amore" Amore cosa dici? "Io sono tua, io ti amo ma ancora non è tempo pel nostro grande amore" Amore tu mi uccidi… "Io sono tua, io ti amo ma ancora non è tempo di porgerti il mio cuore" Amore adesso basta! "Io sono tua, e ti amo ma, amore, non è tempo per quello che vogliamo" Amore sto morendo "Io sono tua. E ti amo. Ma amore non ha tempo e tu non sei sincero" Amore non è vero Mio amore, io ti amo Ma tu mi stai uccidendo e io ti prego invano.

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Zelos <<M’appare come un Dio, quell’uomo che ti siede a fronte, e mentre tu parli dolcemente e ridi amabilmente egli t’ascolta. Questo mi scuote il cuore in petto […].>> Così cantava la lesbia poesia O adorata Costanza Tu non sei mia, lo so, ma è proprio a tal contezza ch’io ti bramo, ti voglio. Giunone mi comanda Dea ostica al tradire Regina del possesso Sovrana che mi porta alla manìa. Lei mi trascina all’ossessione, a que- sta strana malattia che mi gonfia il petto e m’intreccia le mani. questa smania che mi si infuria dentro e si avvinghia ai pensieri come una piovra Dov’è? Che fa? Con chi? Perché? Cos’ha? È lì? Non so… Non so. La Gelosia è più di mille volti ma ha una sola maschera: L’inquieto.

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Ricorderai di me Ricorderai di me quando ti chiederanno se mai, solo una volta hai temuto l’amore. Ricorderai di me nel lontano tuo paese quando un giorno, per caso guarderai verso il mare. Ricorderai di noi e del nostro segreto Della spiaggia e del bacio del dubbio e il batticuore. Ricorderai le stelle il freddo e il bagnasciuga la fuga e la promessa e infine (e solo infine) Racconterai di noi. Racconterai di me. Perché di me, il ricordo domani farà male E tu vorrai scacciarlo tenerlo in una mano scagliarlo via, lontano. Perché io questa notte Oh, amore! Io t’ho amata. E di certo, lo sai però non me lo dici. Io non l’ho detto mai.

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Dietro la scogliera Lo trasmisi in un bacio: l’eterna vacuità d’essere nati. Glielo insegnai in due baci:

l’assurda concezione di un rimorso.

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To the most beautiful I really love the greenish eyes of yours I really love the way you look at me I really love when you are absent minded and then you do without intention. ‘n’ I really really love the smile of yours but writing this could be quit dull Cause everyone tell you. I know. Cause everyone write stuff like that. I also love that I love you although I have not told you. Never had. Cause you’re so pretty when you watch and you don’t know. You’ll never do. Right now, I love this night belongs to you (and other nights were yours as well) I love these lines will be for you for ever My heart will not Cause Love does not know ever.

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A te, e ad ogni parte di te Alla bocca: Tu succosa rossa mela che io addento avidamente Tu sollievo dalla fame e principio del peccato A te dono la menzogna. Al seno: Tu copiosa lattea fonte in cui bagno le mie labbra Tu guanciale delicato su cui poso il capo stanco A te volgo i primi affanni. Al ventre: Tu abbondante cornucopia ch’è ricolma dei miei frutti Tu metafora di vita e figura del pudore A te offro la mia carne. Alla donna: Tu Pandora senza inganni che possiedi tali doni Tu padrona del mio corpo e del corpo tu il mio cuore Per te suona l’epigramma.

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A te che vieni a notte

Ti sogno spesso, sai… (t’ho sognata anche adesso) Mi ricordo di te ma non so tu chi sei. Non hai nome, né voce mille volti ha il tuo amore mille mani, e più sguardi. Ma un solo odore, i tuoi mille corpi. Io non lo so chi sei però so che ti amo.

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Sonetto incatenato Ah! E se potesse durare in eterno il fioco scintillio nei nostri sguardi E il mio tremare, pe’Iddio ch’è superno! il mio tremare nel mentre mi guardi eterno fosse come rosa al verno raggio, come le musiche dei bardi Come la terra nel suo moto alterno Come d’un faggio, in inverni vegliardi, rossore. Ah fosse eterno e smisurato! ch’eterni e smisurati s’è in amore: Due nasi quattro labbra ed un sol fiato quattro mani due petti un solo cuore. Poiché non ha metà un innamorato Perché di più fa sempre uno Amore.

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Domina Àmor mèus vita mèi te nèc modo còrde donàvi1 Àccipe càrmen quoquè cum ùtrumquè tibi dò

1 Amore mio, vita mia. Non ti ho donato soltanto il cuore.

Accetta anche questa poesia. Te li offro entrambi.

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Dedica di un Don Giovanni A Marta, Sara, Tina Siddharta, Mara, Mina La sarta, Clara, Pina Roberta ed Ugolina. A Giovanna e Simona Anna e Rosa (la bona) Rosanna e poi Ramona Susanna da Verona. A Martina l’ostessa A Lina la repressa A Nina la duchessa la dottoressa la giudicessa e la capessa. Ah! Poi Vanessa! E a Luciana, Maria Adriana e Sofia Viviana (e pur la zia che m’ama alla follia). A Tania, a lei, all’altra Sonia e poi quell’altra… Mie donne, siete troppe! È meglio “Un bacio a tutte”

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Sereno e Adriano Come il Pelìde e Patroclo Cleobulo e Anacreonte Alessandro, Efestione Spartano e Spartano Così noi, Adriano. Un amato e un amante che in fior di giovinezza predilige bellezza di colui che gli è uguale.

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Burst You are the real joy This is the real joy How did I till today How did I yesterday? I love you. I love you. I love you. I love you. I love you. I looooove you. I looooveeee yooouuuuuu. I love you so much! And you know. And I know And the world has to know that: I’m with Avril I love my Avril I live for Avril I think of Avril I stand by Avril I trust in Avril I lean on Avril I’m the thirtyone of March She’s April.

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Lamento del sole che cala all’orizzonte

Ποθος ερου βασανιζεις μοι ενθαδε κραδιηι Ροδον Ηως μ’ελιπον και δ’εθελω το θανειν 2

2 Desio d’amore, mi strazi nel cuore

Rosalba m’ha lasciato, e io voglio morire.

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Ringkomposition Oh quante volte tenderò la mano nell’afferrar le sfuggevoli vesti E quanto ancora sfilerà lontano l’imago tua, gli incantevoli gesti d’una madama dal volto sì claro ch’à candide mani, occhi celesti e mi chiama per nome, dice "O caro vien, è la fine di giorni sì mesti". Al che d’un passo, un passo solo avanzo e lei mi guarda con placida fronte allora un altro, mi faccio baldanzo- so, fino a che s’avvicina sua sponte. ’ride, sussurra parole sentite ma in quei suoi occhi color orizzonte io mi disperdo… e le vesti ho smarrite. O quante volte ne cerco le impronte.

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-aMara 20 L’ammore è verde 21 A Mara 22 Amore la tua mano 23 Sei l’odore 24 22 25 Ritrattino 26 Bar Maria 27 Maruzzella 28 S’erò 29 La seconda volta 30 Eroma 31 Ti chiamavo bambina

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L’ammore è verde Pe’ mme l’ammor’è vverde pecché verd’è ’a speranza ca te fa aizà ’a capa e t’aiuta a gghì annanze. Pe’ mme l’ammor’è vverde comm’è ll’acqua d’ ’o mare e ll’erva sott’ ’e piere e ’e mmane d’ ’e sciurare. Pe’ mme l’ammor’è vverde. E nunn’è ’o russo, ’o giallo oppure ’o cceleste: nunn’è fuoco ca abbrucia nunn’è ’o sole, e nemmanc’ ’o cielo. Pe’ mme l’ammor’è vverde pecché verdi so’ l’uocchie ca tu tiene e i’ l’ammore l’aggio visto pe’’llà.

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A Mara Conoscevi la mia passione filologica, la mia mania, il gioco, l’ossessione puerile che si cela dietro il voglio scoprire il senso d’ogni cosa, d’ogni verbo, parola, rito, convenzione. Mi piaceva insegnarti che semaforo vuol dire portatore di segnali, che megafono è grande voce e invece microfono è piccina. Mi piaceva dirti che Spagna è dove cala il sole perché nel greco hespèra vuol signi- ficare sera. E che mattino è hemèra. Ti divertiva chiedermi tra i tanti amici tuoi "che significa quello? E maiale? E tricheco? E fai sul serio Che ombrello proviene dal greco?" Molte etimologie le conoscevo per davvero, alcune altre le inventavo lì per lì, per fare una bella figura e perché ti piaceva indicare di chi ti eri innamorata tanto di quanto ero intelligente io rispetto agli altri di quanto quasi non mi meritassi tu. Amore mi manchi e nonostante sia stato io a lasciarti andare ora mi sento smarrito e smarrito sta a significare privato di Mara.

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Amore è la tua mano

Amore è la tua mano che mi tocca la barba con le dita bianca, pallida, diafana come il marmo senza screziature. Amore è le tue cosce senza forma grandi, imbarazzate, incoscienti riposate gentili ai miei orecchi in una carezza impudica. Amore è la formica che risale tra i peli di una gamba Come un alpino si inerpica, scala s’afferra, s’arrampica e poi muore sui ginocchi. L’amore mio i tuoi occhi verdi, come il filo d’erba sotto i piedi come il capo del fusto che ci adombra come il fogliame, e le spiga, e le vene dei tuoi polsi. Verdi come il rovo che mi tiene il cuore stretto in una morsa.

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Sei l’odore Sei l’odore del caffè e l’aroma del toscano il sudore della mano che scrive da sola. Sei lo spazio tra le parole il silenzio degli a capo l’attesa del punto fermo. Sei il grigio della grafite sei la sillaba sbiadita dal pollice distratto sei le pieghe dell’ennesimo foglio A4 su cui scrivo prima di ricopiare. Sei di resina, colla e glucosio non sei di carne stasera.

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22 Credevamo d’avere un numerello che ci portasse fortuna, una sorta di segno del destino, un modo "bello" di pensare ad un mano sempre pòrta. Lo cercavamo in ogni situazione in ogni cosa, luogo, circostanza. Lo trovavamo impresso alla stazione sui treni, i cassonetti o in una stanza d’hotel. "Oh cara guarda che c’è scritto!" "Oddio, è impossibile, è dovunque" "22mila, camera in affitto" "Poteva starci un numero qualunque!" Ci piaceva pensare che noi due fossimo gli unici, i soli, davvero, che riuscissero a vedere il 22 quasi un presagio del nostro sentiero. 22 erano, tra le altre cose anche gli anni, i miei e i tuoi insieme la targa della macchina di casa la poesia preferita delle Rime. 22 furono i giorni, precisi, che io ci misi per innamorarmi.

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Ritrattino

Nell'occhio destro hai una macchia marrone, come un pizzico di nocciola su un gelato al pistacchio. Mi sembra un neo nell'occhio, un punto nello specchio limpido del tuo volto.

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Bar Maria

2013, febbraio, il 3

sul tavolino:

un accendino

tabacco

caffè

"Io sono Mara e sono

pur senza tacco

1 e 73"

2013, sempre febbraio

(non ricordo la data)

sul tavolino:

cioccolata, caffè

un carillon

"Io sono Mara e sono

la donna di nessuno"

2013, aprile, il 4

sul tavolino:

una mano nell’altra

tabacco

caffè

"Io sono Mara sono

innamorata

di te."

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Maruzzella Stasera ce sta ’a luna ncopp’ a stu tetto verde fatto d’alberi e foglie. Me pare nu pallone ca ha perz’ quaccheduno pecché pazzianne l’ha tirat’ forte nu poc tropp’ forte e nunn’ è caduto cchiù. Stasera ce sta ’a luna ncopp’ a ’stu pavimento fatt’ ’e bblù e tene na vestaglia longa longa ca s’ ’a trascina areto appriess’ all’onne. Me pare na ’uagliona ca se sta pe’ spusà me pare propio tu. Stasera ce sta ’a luna, Maruzzè! È janca e chiena chiena E splenne comme ’o sole. Vedisse quann’ è bella Vedisse quann’ è ddoce! Me par’ overo tu però tu si’ cchiù bbella.

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S’erò

Seduta in terra sul pavimento della Feltrinelli leggevi assorta un manuale della storia greca. Mi hai chiesto "Ricordi la data della mègale stratèia?" T’ho corretto dicen- do "Si dice megàle" hai sorriso e mi hai detto "Hai ragione". Non t’ho risposto, ti ho preso con mano le guance sussurrando in un bacio "S’erò".

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La seconda volta Ieri abbiamo dormito insieme nel letto io e te abbracciati. Tu con il capo sul petto io con il mento sul capo. Mi hai detto "sei il primo che dorme con me" Mi hai detto "dormire è più bello del sesso è più vero, più dolce" Io t'ho sorriso ma non t'ho risposto non sapevo che dire non credevo era vero, e per questo ora ne scrivo: "Piccola Mara, dormivo e nel sonno io piangevo".

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Eroma Mia salvatrice, mia carnefice. Mia pace e mia dannazione. Sollievo e poi tormento. Tu antidoto e veleno. Amore hai mano duplice ma unico è il coltello.

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Ti chiamavo bambina Ti chiamavo bambina, piccina, mia rosa Ti ho dedicato lettere, versi e canzoni, una volta ho tentato un romanzo ma non sono bravo con la prosa. Tu mi chiamavi Perrone Per cinque mesi mi hai chiamato così per cognome. Al sesto abbiamo iniziato a parlare una lingua comune. Ci chiamavamo Amore. Amore mio, amore tuo, amore nostro… io a volte ti chiamavo mostro. Dicevo: “Sei troppo bella per essere vera, sembri una dea, una gòrgone… Medusa!” Tu giustamente ti offendevi ed io non ti ho mai chiesto scusa. Scusami amore perché ti ho lasciato mi sono fatto da parte. Tu mi ha insegnato l’arte di chi ama davvero.

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-est 33-34 Francesca e Alessandro 35-37 Il marinaio e l’abbandonata 38-41 Il poeta e la suora

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Francesca e Alessandro La notte calò più profonda e nel cielo s’accese la luna. La strada dormì vagabonda e l’acqua del mare fu bruna … Lontano il Vesuvio guardava la sua città prediletta che, muta, di già sonnecchiava sull’onde come una barchetta. (La bruma qui tace il languore Di piuma è la luce che muore.) Ma poi, nello stesso silenzio un fiore nell’aria cullato mi desta da quello che penso e volgo il mio sguardo di lato Di lato al terrazzo da cui guardavo ogni sera il sentiero mi trovo tra gli antri più bui un vetro cui avanti c’è un cero. E proprio da quella finestra un lume che fioco danzava nel vento che soffia da destra due amanti nascosti mostrava: Un uomo e una donna giaceva su un talamo fatto d’amore e il dolce dormire prendeva gli affanni del giorno e il timore Stringevano insieme l’abbraccio sì forte, quei due ‘nnamurati che Amore serrò in catenaccio e tradivano i loro sposati. S’amarono sempre taciuti Francesca e Alessandro Tenore

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che a giorno si fu sconosciuti ma a notte faceva l’amore. E stesi su letto di rosa dormivano pur quella sera con cuore che vinto si posa al fuoco che scioglie la cera. Ed io, che solo m’incanto mirando cotanto splendore mi chiedo qual vita val tanto se non c’è mai sogno d’amore. "O Napoli mia O Napoli bella se spegni la via s’accende una stella."

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Il marinaio e l’abbandonata In una notte estiva di stelle e di commiati sedevan sulla riva due tristi innamorati Francesco lui e lei Rosalba come il sole amanti a cui gli dèi felicità non vuole. Francesco era in marina tenente al sesto anno Rosalba contadina (figlia di un tale Ermanno) Guardavano le stelle tenendosi per mano sfiorandosi la pelle dell’uno all’altra piano. "Tu guarda come è bello il cielo all’ultim’ora ricopre in un mantello la nascitura aurora". "Il cielo è bello è vero ma bello più del cielo è il fremito sincero che c’è nel tuo parlare". "… Perché non resti qui?" "Restare dici? E chi terrà il comando in mare quando il signor Marano ordinerà il salpare?" "Un altro capitano!" "Un altro capitano… orsù dammi la mano"

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Nella casacca blu dal fondo di un taschino un piccolo rubino Francesco tira su. Lo tiene tra le dita ci gioca per un po’ lo infila poi all’amata nella sua gonna ecrù "Amore non dovevi" "Io resterei, lo sai non parto per diletto. Tu non scordarlo mai ma scorda chi l’ha detto" "No amore non lo accetto!" "Eppure devi eppur dobbiamo" "Come scordare il petto sul quale mi tenevi amore non lo accetto! Francesco io ti amo!". Francesco serrò il mento rimase silenzioso strinse i pugni in tormento per il desìo amoroso. "Mia gioia, mia dolcezza il cuore mi si spezza mi esplode il petto, vedi! Ancor posaci il capo se non credi". E con la mano spinge l’amata al petto amante forte la stringe al cuore forte la tiene stretta da solo si ferisce ma tace il suo dolore.

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Il cuor di un navigante è fuoco e fa faville ha mille e una amante e l’ama tutte e mille. "O mia Rosalba, o vita!" "…" "Ammettilo, è finita" Già l’alba sale in cielo ma ancor gli amanti stanno coperti sotto il velo d’amore, dolce inganno. E l’onde chiama al mare il marinaio, feconde, che al suono della nave si volta e non risponde. "Va via!" grida l’amante e leva al ciel lamento O quante volte o quante! risuonerà nel vento.

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Il poeta e la suora I Ad una cattedrale di Marsiglia in una valle verde a cielo d’oro giunsi stremato, dopo trenta miglia di viaggio, errando senza mai ristoro Perché ad un cuore affannato non c’è riposo alcuno che riesca a lenirlo E un uomo innamorato non ce l’ha confine o freno che possa arrestarlo Ma mio confine e riposo era là e solo adesso io avevo capito quel che un innamorato bene sa: l’amore non va mai rifuggito. Ché se fuggi l’amore non c’è vita che abbia senso, dacché quel senso è amore e benché da tempo Lei fosse partita dovevo rimediare a un grande errore. II Nella chiesa v’entrai con passo lento spingendo con le mani il gran portone lungo la luce che sul pavimento il sole tratteggiava nell’androne Tutto intorno, sui muri, e per il tetto effigi, affreschi, mosaici e quadri in svariati colori e ameno aspetto di angeli e santi, di figli e di madri. Rapito rimiravo con incanto decorazioni e fregi d’ogni sorta e procedetti alla navata, quando a un tratto Lei m’apparve sulla porta Mano casta e cuor pio (Mariapia, Mariapia) "Ungi il capo alla fonte"

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occhi verdi e benevola fronte. Riso di madre. III In quel momento il cuore mi si arresta si ferma, cede, poi scoppia gioioso come il baleno che nella tempesta brilla, sile, poi tuona fragoroso "Amore mio Piccola Pia Ti ricordi chi sono?" "Alessandro Marato. Potrei scordare l’uomo che mi disse hai sbagliato?" "…" "Mi sei mancato" Così parlò l’amore rifuggito e in lacrime gettò le braccia attorno chi dall’amore era stato ferito ora all’amore avea fatto ritorno. IV "Quanto tempo è trascorso? Quanto tempo separa l’addio dal rimorso? … Mi sei mancata" "…" "Rimpiangi ciò che è stato? Quanto sarebbe potuto e non fu?" "Qualche volta. E sol quando il ricordo di te mi richiama più forte" "Allora perché?"

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V "Così doveva andare Quest’era il mio destino Questo l’afflato… Un perché non ce l’ho! Che cosa vuoi che dica?! Se non volevi questo perché non m’hai baciato?" "Un perché no, non c’è non ci sono motivi al timore d’amare non vi è una ragione a fuggire l’amore. Ho sbagliato". IV "Perché non sei tornato?" "Amore… sono qui" "Io t’avrei detto sì" "Dillo lo stesso" "Adesso no. Non posso" "Dimmi che m’ami" "Io t’amerei ma adesso…" E singhiozzando spinse il capo al petto d’amore perso e poi ritrovato forte piangendo, stringendomi stretto come al solo che mai avesse amato "Adesso è tardi". VII Poi delicata mi sciolse l’abbraccio ma negli occhi zaffiro lei titubava e con la mano tenendomi il braccio esitò, mentre muta mi guardava

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"Solo una cosa" "Dimmi, mia rosa" "Ti chiedo scusa" E da bocca agognata solo un bacio sul capo "Addio amore mio".