Silenzio anteprima

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Joshua, cinquantenne contabile in una società che si occupa di progettazione, marketing e pubblicità, si è alienato in un lavoro poco gratificante, ma che è costretto a svolgere per la normale sopravvivenza. Sin dall'infanzia, rappresentazioni quasi esoteriche lo proiettano in un mondo di dubbi e quesiti. Ciò lo conduce a sviluppare una particolare sensibilità che difficilmente si integra con la superficialità della vita quotidiana. Vive quasi in idiosincrasia con il genere umano. Riesce a godere di piccoli piaceri scaturiti da cose semplici e da momenti trascorsi insieme alle poche e scelte amicizie che accompagnano i suoi giorni. La vita lo costringe a perdere il suo grande amore. Ciò ne condizionerà l'esistenza. Ma Joshua ha sempre la consapevolezza che l'unico sentimento in grado di far superare tutti gli ostacoli e di muovere le montagne è l'amore: nulla lo può fermare.

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Antonio Noto

Silenzio

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Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i PaesiCasa Editrice [email protected]

ISBN: 978-88-96926-47-5

Antonio Noto, Silenzio, Antipodes, Palermo 2014

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“Ama chi ti ama, non amare chi ti sfugge,ama quel cuore che per te si strugge.

Non t’ama chi amor ti dice,ma t’ama chi guarda e tace…”

William Shakespare

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Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

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Capitolo1

È una sera d’ottobre. Il cielo plumbeo diffonde un’evanescentesensazione di tristezza e malinconia, il rumore ovattato dellemacchine che scorrono lungo la via accanto alla finestra, conciliaquel senso di torpore e arrendevolezza che nelle ultime ore di unagiornata frenetica e a volte umiliante assale chi è riuscito ancoraper un giorno a sopravvivere al mondo.

La sera che insegue la notte sembra suggerire un momento diriflessione e concede una pausa per ripercorrere gli avvenimentidelle ore trascorse.

L’ormai metodico e quasi aberrante susseguirsi di azioni sempreuguali e ripetitive si snoda tra le pieghe di una memoria breve econtemporanea: difficile carpire momenti che hanno segnato unpicco nel tracciato di un immaginario elettrocardiogramma. Cos’èstato capace di modificare questo senso di pacatezza simileall’arrendevolezza? Un sorriso, un contatto, uno sguardo, unaparola, un gesto, un odore, un sapore, un colore, una canzone,piccoli eventi capaci di restituire grandi emozioni, di modificare lapiattezza di una vita non vissuta ma subita.

Ciò che è stato, è stato… ciò che sarà, sarà… e tutto ciò cheviene catalogato in quell’archetipo definito libero arbitrio, potrà

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essere incastonato nelle celle che compongono il percorso di vitache ognuno di noi percorre?

La frenetica giornata, puntellata da appuntamenti concordati,telefonate inattese, problemi irrisolti e colloqui mancati, seppur nellasua apparente iperattività, è trascorsa lenta e in quell’ora chedifficilmente può catalogarsi tra pomeriggio e sera, rientratinell’umile alloggio che definiamo “casa”, il resoconto che si riesce atirarne fuori è scarno e disadorno.

I gesti compiuti ormai roboticamente, sempre uguali e ripetitivi,vengono interrotti da piccoli eventi che costellano i minuti trascorsi dipiccole meteore, fugaci apparizioni di bagliori che schiariscono il buio.

Nel suo loft, situato nella periferia cittadina, Joshua stravaccatosul divano in pelle bianca ripercorreva gli attimi della sua giornatacercando di trovare quei piccoli segnali che lo avevano fatto sentireancora vivo.

Già, il loft lo aveva voluto fortemente quando si era separatodalla moglie. Aveva cercato in lungo e in largo prima di decidere.Ne aveva visitato a decine ma nessuno gli era sembrato adatto allesue aspettative. Sembravano tutti uguali ed in nessuno aveva scortoquel senso di libertà che anelava, in nessuno aveva trovatol’assenza di ostacoli e vincoli che impedissero ogni liberamovimentazione dell’arredo e delle suppellettili. La pocaluminosità, dovuta al fatto di trovarsi quasi sempre al piano terra,rendeva quegli spazi, nonostante alcuni di loro fossero grandissimi,angusti e claustrofobici.

La mancanza di uno spazio esterno dove poter riposare e goderedel caldo abbraccio dei raggi solari di cui era avido, aveva fatto sìche la sua ricerca risultasse infruttuosa per parecchio tempo.

Ma un giorno di maggio, all’imbrunire, passeggiando senza metaa bordo della sua moto lungo le strade periferiche della città, avevanotato un cartello che nella sua semplicità e diversità, aveva attiratola sua attenzione. Era un comunissimo ritaglio di cartone, contornatoperò, in modo quasi maniacale, con del nastro telato rosso,

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l’accuratezza con cui era stato predisposto il tutto, rendeval’insieme particolare ed inusuale. A caratteri vergati a mano, macon strabiliante precisione, erano impresse le seguenti parole:AFFITTASI LOFT – 333.5478… null’altro!

D’impulso, senza alcuna apparente ragione e senza specificomotivo, si era fermato a bordo strada e con il motore ancora accesoaveva cercato il cellulare nel marsupio. Aveva composto quel numeroe dopo un’infinita attesa, una flebile voce aveva risposto «Sii?»

Come si può rispondere al cellulare con quel semplicemonosillabo, era come se l’interlocutore o l’interlocutrice (non erariuscito a decifrare da quel sibilo il sesso), attendesse quella chiamatae che conoscesse in anticipo la richiesta che le sarebbe stata fatta dilì a poco. Cercando di mantenere il tono di voce alquanto asetticoaveva comunicato con la donna (se ne rese conto subito dopo),fissando un appuntamento per l’indomani per visionare l’alloggio.

Ciò che lo aveva turbato durante la conversazione, era stato il fattoche la donna insistentemente gli aveva ripetuto di non attendersimolto dal loft, gli aveva spiegato che si trattava di un unico ambiente,grande all’incirca una settantina di metri quadri. Vi si accedevadall’androne di un palazzo costruito intorno agli anni settanta el’unico confort, consono al vivere civile, era rappresentato dal bagnoricavato con muri di cartongesso all’angolo estremo dello spazio.

Il giorno seguente recatosi sul luogo concordato in largo anticipo,come era solito fare, aveva atteso fumando e ammazzando il tempoosservando le poche persone che transitavano in zona. Poneva la suaattenzione al modo di muoversi di quegli esseri che gli passavanoaccanto, cercando di scrutare nei loro occhi come se potesserotrasmettergli pensieri e sensazioni. Era convinto che qualsiasi seppurinvolontario messaggio venisse fuori e si propagasse attraverso losguardo. Era per questo che riteneva di riuscire a capire dall’incrociodella reciproca visuale se una persona fosse felice o meno.

In perfetto orario si presentò dinanzi a lui una giovane ragazza.Non poteva certo definirsi una stangona. La sua piccola statura

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comunque rendeva merito ad un corpo ben equilibrato e diproporzioni quasi perfette. Le gambe e le braccia risaltavano da unabitino stampato a fiori molto semplice ed era evidente un’assiduapratica sportiva. I capelli castani tendenti al biondo, raccolti in unacrocchia tenuta su da una matita, incorniciavano il volto di unincarnito quasi porcellaneo. Gli occhi di grandi proporzioni rispettoai lineamenti generali, avevano un colore azzurro languido e lelunghe ciglia che li racchiudevano facevano risaltare ancor di piùquello sguardo perso nel vuoto, come se nessuno potesse turbarla.Ma quando, muovendo le sue labbra carnose e regolari prive di alcuntrucco, emise un suono soave, quasi etereo, profanando la quiete dellastrada, Joshua rimase estasiato, stordito. Quella voce sembravaprovenire da un altro mondo calda, sensuale, suadente. Trasmettevapacatezza e tranquillità. Spandeva intorno un’armonia infinita.

Presentatasi con cordialità lo invitò a seguirla. Giunta dinanzi alportone della palazzina che ospitava il loft, cominciò a rovistareall’interno della sua grande borsa a sacco. Una miriade di oggettivennero tirati fuori. Tra questi, la quantità di libri, opuscoli, stampee manuali, rivelarono una smodata avidità letteraria. Dopo un po’, inmezzo a tutto quel bailamme, tintinnarono le chiavi, erano raccolteinsieme e trattenute da un nastro rosso legate da un fiocco. Joshuaguardò la ragazza e gli parse di scorgere un leggero rossore sulle sueguance. L’imbarazzo scomparve quando, aperto il portone di legnoscuro e percorso il piccolo androne, si ritrovarono sulla sinistradinanzi la porta dell’appartamento che la giovane, dopo svariati goffitentativi, riuscì finalmente ad aprire. Dopo si voltò verso di lui esbuffò in una risata coinvolgente.

Appena Dahlia (era questo il suo nome) ebbe aperto le serrandedelle vetrate poste sul lato lungo del loft, la luce inondò l’intero spazio.

L’ingresso poneva l’ospite in una visuale completa dell’interospazio e Joshua si rese conto che la ragazza non aveva mentito sulladisposizione dell’ambiente.

Il lungo rettangolo parquettato era completamente disadorno; si

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scorgevano soltanto, la porta del presumibile bagno in fondo, asinistra la finestra che dava sulla strada e di fronte ad essa la lungaserie di porte finestre che percorrevano il lato perimetrale più lungo.

Le sensazioni di benessere, di libertà, di apertura al mondo interoche pervasero Joshua in quel momento furono percepite da Dahlia.Erano state le stesse che tempo addietro avevano scalfito la suaanima, quando suo padre l’aveva portata lì e le aveva comunicato chequello era il suo regalo di compleanno.

Varcata la soglia di una delle porte finestra, giunsero nello spazioesterno di pertinenza. Una porzione della parte antistante il loft erapavimentata con piccoli ciotoli di porfido e delimitata da due piccolimuretti in pietra naturale, mentre più avanti, un piccolo bosco diconifere contornava la proprietà. La sensazione di frescura chetrasudava da quel piccolo mondo vegetale, incastonato nellabruttura del cemento che lo circondava, rendeva l’insiemegradevole e quasi innaturale.

Fu a quel punto che Joshua cominciò a domandarsi chi fossequella donna. L’aspetto quasi hippy del suo abbigliamento, lemovenze quasi impacciate, quel suo modo di parlare, facevanopensare ad un essere fuori luogo e poco inserito in una società dovel’apparenza è tutto, ma il fatto di aver ricevuto come regalo dicompleanno quell’appartamento, restituiva l’ipotesi cheappartenesse ad una classe agiata e che i propri genitori l’avesseroamata e vezzeggiata.

Joshua decise di non intaccare quell’aurea di magia checircondava Dahlia e perciò non indagò oltre. Non voleva essereinvadente né tantomeno voleva rompere quel sottile filo immaginarioche si era creato tra i due.

Concordarono il prezzo (assai parco per la verità), come pure ilfatto che nessuna caparra fosse versata a titolo di cauzione. L’unicarichiesta, alquanto inusuale, che Dahlia fece, fu di essere ricevutanon appena Joshua avesse terminato di arredare il loft. Era convintache lo stile che avrebbe utilizzato l’inquilino sarebbe stato uguale

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a quello che avrebbe scelto lei stessa qualora avesse occupatol’immobile per uso personale.

Si scambiarono le informazioni per la redazione del contrattod’affitto e fissarono la data per la consegna delle chiavi congedandosicon una stretta di mano.

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