Significato lessicale e significato testuale

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Significato lessicale e significato testuale Secondo Weinrich (1982 [1966]) per definire il reale funzionamento della lingua il significato lessicale definisce solo una semantica fittizia, in cui parole isolate delineano un contenuto al di fuori di ogni contesto e situazione. Il vero significato, anche delle parole o lessemi, è soltanto quello che le integra in testi, secondo la nota affermazione di Wittgenstein: “Per una grande classe di casi ‒ anche se non per tutti i casi ‒ in cui ce ne serviano, la parola ‘significato’ si può definire così: il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio”. Weinreich individua quattro principi alla base della semantica (della parola), logicamente collegati fra loro. Tutti e quattro, tuttavia, sfociano in altrettanti corollari quando li si integri alla dimensione testuale: • ogni significato (lessicale, dizionariale) è ampio (ma quello testuale è circoscritto) • ogni significato (lessicale, dizionariale) è vago (ma quello testuale è preciso) • ogni significato (lessicale, dizionariale) è sociale (ma quello testuale è individuale, legato all’hic et nunc) • ogni significato (lessicale, dizionariale) è astratto (ma quello testuale è concreto). L’ampiezza implica vaghezza (maggiore l’estensione, minore l’intensione), quest’ultima richiede che i significati siano socialmente utilizzabili e condivisi e la loro socialità implica astrattezza. Nei testi e nelle situazioni reali, l’estensione è ridotta al riferimento/referenza effettiva

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Significato lessicale e significato testuale

Secondo Weinrich (1982 [1966]) per definire il reale funzionamento della lingua il significato lessicale definisce solo una semantica fittizia, in cui parole isolate delineano un contenuto al di fuori di ogni contesto e situazione. Il vero significato, anche delle parole o lessemi, è soltanto quello che le integra in testi, secondo la nota affermazione di Wittgenstein: “Per una grande classe di casi ‒ anche se non per tutti i casi ‒ in cui ce ne serviano, la parola ‘significato’ si può definire così: il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio”. Weinreich individua quattro principi alla base della semantica (della parola), logicamente collegati fra loro. Tutti e quattro, tuttavia, sfociano in altrettanti corollari quando li si integri alla dimensione testuale:

• ogni significato (lessicale, dizionariale) è ampio (ma quello testuale è circoscritto)

• ogni significato (lessicale, dizionariale) è vago (ma quello testuale è preciso)

• ogni significato (lessicale, dizionariale) è sociale (ma quello testuale è individuale, legato all’hic et nunc)

• ogni significato (lessicale, dizionariale) è astratto (ma quello testuale è concreto).

L’ampiezza implica vaghezza (maggiore l’estensione, minore l’intensione), quest’ultima richiede che i significati siano socialmente utilizzabili e condivisi e la loro socialità implica astrattezza. Nei testi e nelle situazioni reali, l’estensione è ridotta al riferimento/referenza effettiva e dunque anche la vaghezza intensionale viene meno; il legame con il contesto e la situazione rende individuale il significato, che è anche fenomenologicamente concreto.

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Grice e la pragmatica

Il filosofo e linguista britannico Grice ha sviluppato, a partire dagli anni cinquanta dello scorso secolo, una teoria della comunicazione di natura cognitiva e inferenziale nettamente contrapposta alla teoria deduttiva e di ascendenza cibernetica detta “modello del codice”.La sua proposta, variamente accolta da ambiti disciplinari quali la semiotica e la pragmatica, è stata in seguito rielaborata e perfezionata da filoni di ricerca come la teoria della pertinenza; essa si può riassumere in tre nuclei concettuali, essenziali perché consentono di ripensare e ridefinire in un quadro pragmatico-cognitivo tematiche ascritte in genere alla teoria dell’argomentazione o alla retorica.

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Grice: il significato del parlante

1. Il significato come intenzione. Comunicare non è una semplice codifica e decodifica di messaggi, ma è una forma di attribuzione di uno stato mentale a un Parlante (P) da parte del Destinatario (D), con cui quest’ultimo riconosce a P delle intenzioni (in qualche modo rese pubbliche). C’è dunque una distinzione fra significato convenzionale e significato del parlante, ovvero fra detto e implicato (che in ambito testuale-letterario diviene opposizione fra detto e non-detto).

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Grice: le massime conversazionali

2. Il principio di Cooperazione e le massime conversazionali. Per riuscire a cogliere il significato del parlante, D è guidato dall’aspettativa che l’enunciato soddisfi determinati standard (relativi a informatività, sincerità, pertinenza, chiarezza). Altro problema, naturalmente, è come definire questi standard [Grice tende a porli come universali basati su un principio di razionalità condiviso, altri li considerano culturalmente determinati]. Nella testualità letteraria i parametri sono in parte dettati da convenzioni di genere.

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Grice: le implicature

3. Implicature. Nel significato globale di un enunciato, pertanto, è essenziale distinguere tra quel che è esplicitamente detto da P e ciò che è invece implicato (in modi diversi). Le intenzioni comunicative di P sono dunque orientate (a D), aperte (riconoscibili) e riflessive (soddisfatte in quanto sono riconosciute).

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Il principio di cooperazione e le Il principio di cooperazione e le massime di H. P. Gricemassime di H. P. Grice

“Dai il tuo contributo alla conversazione nel modo richiesto, allo stadio in cui è richiesto dallo scopo condiviso o dalla direzione dello scambio comunicativo in cui sei impegnato”

Massima di Quantità

1. Fai in modo che il tuo contributo sia tanto informativo quanto richiesto dagli scopi dello scambio in corso

2. Non dare un contributo più informativo del necessario

Massima di Qualità

Cerca di dare un contributo di informazioni vere, e in particolare

1. Non dire cose che ritieni false

2. Non dire cose per le quali non hai prove adeguate

Massima di Relazione

Sii pertinente

Massima di Modo

Sii perspicuo, e in particolare

1. Evita espressioni ambigue

2. Evita espressioni oscure

3. Sii breve (evita inutili prolissità)

4. Procedi ordinatamente

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Le dimensioni comunicative di un enunciato Le dimensioni comunicative di un enunciato secondo Gricesecondo Grice

Significato comunicativo

detto implicato

convenzionalmente non convenzionalmente

conversazionalmente non conversazionalmente

in modo particolare in modo generale

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Semiotica del testo: Eco e la cooperazione interpretativa

Nell’ambito della semiotica, a partire dalla fine degli anni Settanta, Eco ha teorizzato una concezione della testualità in base alla quale qualunque testo è intessuto di non-detto, di non manifestato a livello espressivo ma presupposto. Ciò significa che il lettore deve mette in atto movimenti cooperativi attivi e coscienti per interpretare il testo la cui intenzione, peraltro, può essere considerata (in parte) parzialmente autonoma rispetto a quella del suo autore.  “Il testo è dunque intessuto di spazi bianchi … e chi lo ha emesso prevedeva che essi fossero riempiti e li ha lasciati bianchi per due ragioni. Anzitutto perché un testo è un meccanismo pigro (o economico) che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal destinatario, e solo in casi di estrema pignoleria, estrema preoccupazione didascalica o estrema regressività, il testo si complica di ridondanze e specificazioni ulteriori – sino al limite in cui si violano le normali regole di conversazione. E in secondo luogo perché, via via che passa dalla funzione didascalica a quella estetica, un testo vuole lasciare al lettore l’iniziativa interpretativa, anche se di solito desidera essere interpretato con un margine sufficiente di univocità. Un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare” (Eco).

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L’esercitazione:come far “parlare” un testo “pigro”

L’esercitazione che propongo prende spunto da questa idea di un testo “pigro” o economico, e dalla necessità per il lettore di esplicitare il non-detto (in base a inferenze pragmaticamente giustificate assai simili alle implicature griceane). Ho selezionato pertanto un micro-racconto di un’autrice argentina, Rosalba Campra (tratto da R. Campra, I racconti di Malos Aires, Roma, Fahrenheit 451, 1993) che si caratterizza per una scelta volutamente reticente: il non-detto prevale sul detto e, per usare le parole di Gustavo Fares nella sua recensione al piccolo libro della Campra, “il lettore viene sfidato ad aggiungere i suoi [significati], a giocare con i significati del testo, ad inventare un codice di interpretazione”.Esattamente quel che vi chiedo di fare ma riscrivendo il testo Attaccamento (a p. 110 del volume): impegnandovi a esplicitare il non-detto, produrrete un nuovo racconto nel quale la vaghezza del testo originario (in cui segnalano, da un punto di vista stilistico-retorico: anafora ‘vuota’ in relazione al Soggetto o protagonista; assenza di determinazioni spazio-temporali esplicite, ambiguità relativa all’intenzionalità delle azioni compiute dai personaggi, mancanza di un chiaro orientamento narrativo ecc.) si trasformi in quella che Eco definisce una “univocità sufficiente”.