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Ministero della Salute Federazione Ordini Farmacisti Italiani (FOFI) Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi farmaceutici delle Aziende sanitarie (SIFO) Sicurezza dei pazienti e Gesti one del Rischio c lini co: la Qualità de ll assist enza f armaceuti ca Manuale per la formazione dei farmacisti del SSN

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Ministero della Salute

Federazione Ordini Farmacisti Italiani (FOFI)

Società Italiana di Farmacia Ospedaliera

e dei Servizi farmaceutici delle Aziende sanitarie (SIFO)

Sicurezza dei pazienti e Gestione

del Rischio clinico: la Qualità

dell’assistenza farmaceutica

Manuale per la formazione dei farmacisti del SSN

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senza il consenso scritto dell’Editore).

Il presente Manuale è stato realizzato con il finanziamento della Direzione Generale della programmazione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema - Ministero della Salute- nell‟ambito delle

iniziative attuate tramite le quote derivanti da “prestazioni rese a richiesta ed utilità dei soggetti interessati”,

ai sensi della Legge 29 dicembre 1990, n. 407, art. 5, comma 12.

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Presentazione del Capo del Dipartimento Qualità del Ministero della Salute.

La Sicurezza dei pazienti è una priorità che il nostro Servizio sanitario si

pone a garanzia della qualità ed equità delle cure prestate su tutto il

territorio nazionale.

Il miglioramento della qualità dipende da molteplici fattori che agiscono

sul sistema e può essere raggiunto attraverso pratiche di Governo clinico

che pongono al centro della programmazione e gestione dei servizi sanitari

i bisogni dei cittadini e valorizzano nel contempo il ruolo e la responsabilità

di tutte le figure professionali che operano in sanità.

Rafforzare le competenze dei professionisti è infatti un valore essenziale,

così come la formazione costituisce uno strumento indispensabile per assi-

curare l’erogazione di cure efficaci e sicure.

In questi anni, molte iniziative formative sono state intraprese, seppure con

varie tipologie e modalità diverse. Tali esperienze inducono a riflettere sulla

necessità di raggiungere un livello uniforme di conoscenze che favorisca la

messa in atto di adeguate strategie per la Sicurezza dei pazienti.

In questa ottica il Manuale fornisce le informazioni necessarie per sviluppare

le competenze e la consapevolezza dei farmacisti in merito alle problematiche

legate alla gestione del Rischio clinico e tradurre tali acquisizioni nella

quotidiana pratica professionale.

L’obiettivo, infatti, è quello di offrire, nello specifico ambito della Sicurezza

dei pazienti, un’opportunità di formazione ad operatori sanitari e suggerire

a Regioni e Province Autonome, Aziende sanitarie, Università nonché

Ordini professionali, strumenti formativi per sviluppare ulteriori programmi

nella logica del miglioramento della qualità e della S icurezza delle cure.

Dott. Filippo Palumbo

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Presentazione del Presidente della Federazione

degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI).

La tutela del diritto alla salute, nei Paesi industrializzati, viene spesso fatta

coincidere con lo stanziamento di risorse adeguate ad assicurare assistenza

e prestazioni per il maggior numero possibile di condizioni e di cittadini.

Questo è senz’altro necessario, ma non sufficiente: come dimostra la

letteratura scientifica, i principali indicatori di salute attualmente impiegati

(dall’aspettativa di vita alla morbidità e mortalità per le patologie a più

elevato impatto sociale) sono direttamente e significativamente influenzati

dalla capacità dell’organizzazione sanitaria di contenere efficacemente il

Rischio clinico e, quindi, limitare il numero degli errori. La gestione del

Rischio clinico è dunque un determinante dell’assistenza sanitaria che

riguarda non solo l’ospedale ma anche gli ambulatori, le farmacie, le

residenze protette, e rappresenta una priorità per la salvaguardia della

sostenibilità economica della sanità. Negli Stati Uniti, dove questo genere

di analisi ha una lunga storia, l’Institute of Medicine ha calcolato che ogni

anno gli errori clinici comportano una maggiore spesa pari a oltre 37

miliardi di dollari, 17 dei quali vanno attribuiti a errori prevenibili. Un

costo economico rilevante, dunque, che si traduce in una diminuzione di

risorse che potrebbero essere dedicate a migliorare e ampliare l’assistenza

ai cittadini. Per la sua centralità nel processo di cura, il farmaco (la sua

corretta gestione, prescrizione e dispensazione) è elemento critico nella

gestione del Rischio clinico e, di conseguenza, il farmacista, lo specialista

del farmaco, ha un ruolo di primo piano nella prevenzione dell’errore,

tanto nell’ospedale quanto nel territorio e dovunque si impieghi un

medicinale. Alla Direzione Generale della Programmazione sanitaria, dei

livelli di assi- stenza e dei principi etici di sistema del Ministero della

Salute, va dunque il mio ringraziamento per aver identificato come capofila

di questo progetto la Federazione degli Ordini dei Farmacisti, cioè l’Ente

che rappresenta tutti i professionisti italiani del farmaco,

indipendentemente dal settore in cui operano. Sono certo che questo

manuale, primo risultato del progetto, dia avvio ad un percorso di

arricchimento professionale che non mancherà di contribuire al costante

sforzo per migliorare la tutela della salute nel nostro Paese.

Dott. Andrea Mandelli

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Presentazione del Presidente della Società Italiana di Farmacia

Ospedaliera e dei Servizi farmaceutici delle Aziende sanitarie (SIFO).

La Qualità dell’assistenza farmaceutica non può prescindere da elementi

base quali la Sicurezza dei pazienti e, di conseguenza, la corretta gestione

del farmaco e del dispositivo medico in tutte le sue fasi, dall’acquisizione

alla somministrazione. La Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei

Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO) già da alcuni anni

collabora alle molteplici iniziative che in questo campo sta promuovendo

il Ministero della Salute. E’ ormai noto che tra gli elementi importanti per

ridurre gli errori di terapia vi è quello di promuovere la formazione

continua degli operatori. Il presente Manuale è stato redatto proprio con

l’obiettivo di fornire ai farmacisti gli elementi salienti per acquisire le cono-

scenze necessarie e sviluppare competenze in tema di gestione sicura

delle terapie farmacologiche. Per la prima volta in Italia si è voluto mettere

in luce la gestione del Rischio clinico legato alle terapie farmacologiche

nei diversi contesti: nell’ospedale, nella continuità assistenziale ospedale-

territorio, nelle farmacie di comunità, nelle residenze sanitarie assistite,

nelle case di cura, negli istituti penitenziari, al domicilio del paziente; con-

sapevoli del fatto che le cause dell’errore possono variare a seconda del

contesto nel quale il farmaco e il dispositivo medico sono gestiti. Grazie al-

l’utilizzo di esempi pratici, allo studio di casi e alla rappresentazione

chiara dei punti nodali su cui focalizzare l’attenzione, il Manuale fornisce,

oltre agli elementi base sulla gestione del Rischio clinico e all’etica dei

comportamenti, le strategie che il farmacista ospedaliero, territoriale o di

comunità può e deve mettere in atto durante le fasi della gestione delle

terapie farmacologiche interagendo con tutti gli attori coinvolti, siano essi

istituzioni, clinici, tecnici, amministratori, pazienti. Il Manuale “Sicurezza

dei pazienti e Gestione del Rischio clinico: la Qualità dell’assistenza far-

maceutica” sarà messo a disposizione anche delle Scuole Universitarie di

Specializzazione in Farmacia Ospedaliera. Con esso si vuole trasmettere a

tutti i farmacisti un chiaro, importante e positivo messaggio sulla necessità

di uscire dalla realtà della singola farmacia per operare sempre più a

contatto con tutti gli operatori sanitari e con i pazienti, dando vita a quella

sinergia vincente di potenziamento che solo l’approccio multidisciplinare

e l’apertura verso l’esterno possono garantire, a tutto vantaggio della

Sicurezza dei pazienti.

Dott.ssa Laura Fabrizio

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INDICE

CAPITOLO 1

La Sicurezza dei pazienti e la gestione del Rischio clinico:

quadro generale di riferimento e metodi di analisi

1.1.

1.2.

1.3.

Introduzione ..............................................................................

Rischio clinico, Gestione del Rischio clinico ed errore in sanità

La Sicurezza dei pazienti e la gestione del Rischio clinico:

quadro generale di riferimento...................................................

Strategie per la promozione della Sicurezza ..............................

Metodi e strumenti per l‟identificazione, l‟analisi e la gestione

del Rischio clinico .....................................................................

13

13

17

18 1.4.

1.5.

23

24

27

1.5.1. Strumenti per l‟identificazione del rischio ......................................

1.5.2. Strumenti di analisi ....................................................................

CAPITOLO 2

La componente etica nella gestione del Rischio clinico

2.1. Introduzione ..............................................................................

2.2. Etica del rischio: aspetti teorici ..................................................

2.2.1. Le Radici antropologiche del rischio .............................................

2.2.2. Le diverse Prospettive per affrontare il rischio .................................

31

32

32

33

2.3. I Fattori di rischio certi ed incerti: prevenzione, precauzione e le politiche cautelative ............................................................

Valutazione e Gestione del rischio: alcuni aspetti di etica..........

Giustificazione, ottimizzazione, limitazione ..............................

La responsabilità morale e giuridica per la promozione

della cultura della sicurezza ......................................................

Il consenso informato ................................................................

Giustizia ed equità.....................................................................

Considerazioni generali .............................................................

36

36

37

2.4.

2.5.

2.6. 39

39

42

43

2.7.

2.8.

2.9.

CAPITOLO 3

La Sicurezza dei pazienti e la prevenzione degli errori in terapia sul territorio: le Farmacie di comunità. La sicurezza nell’uso dei prodotti ad attività salutare

3.1. Introduzione .............................................................................. 47

3.2. Gli errori nella gestione del farmaco sul territorio: cause e fattori

contribuenti, misure preventive. ................................................ 47

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51 3.2.1. L‟educazione nelle scuole....................................................................

3.2.2. Il rapporto con il medico di medicina generale e con il pediatra

di famiglia .........................................................................................

3.3. La Sicurezza dei pazienti nella gestione dei prodotti

ad attività salutare......................................................................

3.3.1. Tipologie dei prodotti ...........................................................................

3.3.2. Rischi nella gestione ............................................................................

3.3.3. Le misure preventive ..................................................................

52

53

53

55

57

CAPITOLO 4

L’evoluzione della professione del farmacista in farmacia, tra nuovi servizi

e Rischio clinico

4.1. La farmacia dei servizi: il nuovo ruolo del farmacista ................

4.2. Il Rischio clinico in farmacia .....................................................

59

68

CAPITOLO 5

La Sicurezza dei pazienti e la gestione del farmaco in ospedale

5.1. La Sicurezza dei pazienti e la gestione del farmaco in ospedale: la Commissione Terapeutica Ospedaliera (CTO)

e i Prontuari aziendali................................................................

La Sicurezza dei pazienti e le preparazioni galeniche ................

Le tecnologie per la Sicurezza del paziente ...............................

La comunicazione .....................................................................

Le Raccomandazioni del Ministero............................................

La Sicurezza dei pazienti e il Farmacista di Dipartimento ..........

Dieci principi fondamentali per la Sicurezza dei pazienti ..........

73

76

80

84

87

91

92

5.2.

5.3.

5.4.

5.5.

5.6.

5.7.

CAPITOLO 6

La Sicurezza dei pazienti in specifici ambiti

6.1. La Sicurezza dei pazienti nell‟uso dei farmaci oncologici ..........

6.1.1. Il percorso sicuro delle terapie oncologiche .............................

95

95

6.2. La gestione del Rischio clinico con l‟impiego di radiofarmaci in Medicina Nucleare. ...............................................................

La Sicurezza dei pazienti nell‟uso dei farmaci:

l‟area materno-infantile..............................................................

La Sicurezza dei pazienti nell‟uso dei farmaci

Look-alike/Sound-alike (LASA)...................................................

La Sicurezza dei pazienti nell‟uso dei “farmaci ad alto livello

di attenzione” o “farmaci ad alto rischio” ..................................

La profilassi antibiotica ..............................................................

La gestione dei gas medicali di sala operatoria ..........................

La Sicurezza in sala operatoria : antisepsi, disinfezione

e sterilizzazione.........................................................................

Il tromboembolismo post–operatorio .........................................

98

6.3.

100

6.4.

104

6.5.

109

111

114

6.6.

6.7.

6.8.

116

120 6.9.

10

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CAPITOLO 7

La Sicurezza dei pazienti e la prevenzione degli errori in terapia sul territorio:

i distretti ASL, la continuità ospedale – territorio)

7.1.

7.2.

7.3.

7.4.

Introduzione ..............................................................................

Gli ambiti dell‟assistenza farmaceutica ......................................

e fasi del processo ed errori in terapia........................................

La comunicazione .....................................................................

125

126

127

134

CAPITOLO 8

La Sicurezza dei pazienti in ambito territoriale: le RSA, gli Hospice,

le Strutture private di riabilitazione e cura, gli Istituti penitenziari

8.1. Introduzione. Le Strutture assistenziali territoriali accreditate:

la problematica.......................................................................... 141

8.2.

8.3.

8.4.

8.5.

8.6.

Le Residenze Sanitarie Assistenziali pubbliche, private accreditate141

Le Strutture private di riabilitazione e cura.................................

Gli Hospice ...............................................................................

L‟ospedalizzazione domiciliare .................................................

Gli Istituti Penitenziari ...............................................................

146

147

149

151

CAPITOLO 9

La responsabilità professionale

9.1. Introduzione ..............................................................................

9.2. La responsabilità penale ............................................................

155

158

CAPITOLO 10

La Farmacovigilanza e la Vigilanza sui dispositivi medici

10.1. La Farmacovigilanza dei medicinali per uso umano: introduzione167

10.1.1. La Farmacovigilanza: definizione ed obiettivi .....................................

10.1.2. Il ruolo della Farmacovigilanza per la determinazione del Valore

e per la definizione dell‟Efficacia del farmaco ........................................

10.1.3. Metodologia in Farmacovigilanza .......................................................

10.1.4. Definizione di reazione avversa da farmaco (secondo il Codice

Comunitario e l‟OMS) .............................................................................

10.1.5. La rete di Farmacovigilanza .......................................................

10.2. La Vigilanza sui dispositivi medici .............................................

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CAPITOLO 1

LA SICUREZZA DEI PAZIENTI E LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO: QUADRO GENERALE DI

RIFERIMENTO E METODI DI ANALISI.

1.1. Introduzione

I sistemi sanitari moderni sono impegnati a governare l‟alta

complessità derivante dai numerosi elementi umani e tecnologici

che li compongono, orientando le attività verso standard di qualità

in sintonia con le aspettative dei pazienti. Il miglioramento della

qualità richiede necessariamente di porre attenzione ai temi della

Sicurezza dei pazienti e di attuare misure di gestione del Rischio

clinico. Tale problematica ha assunto particolare rilevanza negli

ultimi dieci anni: pietre miliari sull‟argomento sono “To err

is human” dell‟Institute of Medicine (USA, 1999) e “An

organisation with a memory” del Dipartimento della Sanità inglese

(2000). Suc- cessivamente, strategie di prevenzione vengono

affrontate nei docu- menti della World Alliance for Patient Safety,

promossa dall‟OMS nel 2004,“Forward Programme 2005/2006 -

2008/2009”.

Anche nel nostro Paese sono state intraprese iniziative a garanzia della Sicurezza dei pazienti, secondo quanto indicato

negli ultimi Piani Sanitari Nazionali e in vari documenti di indirizzo

e programmazione del Ministero della Salute.

1.2. Rischio clinico, Gestione del Rischio clinico ed errore in sanità

Quando si parla di Sicurezza dei pazienti, si devono conoscere

alcune parole chiave che facilitano un‟auspicabile osmosi culturale

su questo argomento.

Per Rischio clinico si intende la possibilità che un paziente subisca un “danno o disagio imputabile, anche se in modo involon-

tario, alle cure mediche che causa un prolungamento del periodo

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di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la

morte” (Kohn, IOM 1999).

La Gestione del Rischio clinico è il processo sistematico, com-

prendente sia la dimensione clinica che quella gestionale, che

impiega un insieme di metodi, strumenti e azioni che consentono di

identificare, analizzare, valutare e trattare i rischi al fine di migliorare

la Sicurezza dei pazienti.

L‟errore può causare un evento avverso, cioè un evento inde-

siderabile, che comporta un danno al paziente, non dovuto alle sue

condizioni cliniche, ma correlato al processo assistenziale.

L‟evento avverso è, per sua natura, indesiderabile, non inten-

zionale e dannoso per il paziente; quando derivato da errore è

definito “prevenibile” ovvero “evitabile”.

È necessario aumentare il patrimonio di conoscenze per pro-

muovere le migliori strategie di identificazione e di prevenzione di

eventi evitabili e, pertanto, l‟adozione di un lessico comune risponde

all‟esigenza di confrontare le varie esperienze, analizzare le infor-

mazioni, sviluppare la ricerca ed individuare le soluzioni.

La Direzione Generale della Programmazione sanitaria, dei

livelli di assistenza e dei principi etici di sistema del Ministero della

Salute, ha elaborato nel 2006, con il supporto del Gruppo di lavoro

sulla Sicurezza dei pazienti, il Glossario per la Sicurezza dei

pazienti e la gestione del Rischio clinico,disponibile sul sito del Mi-

nistero all‟indirizzo: http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInter-

naQualita.jsp?id=314&menu=sicurezza.

Vengono riportate nella tabella 1.1 le definizioni dei principali

concetti a cui si fa riferimento in questo manuale, così come

presentate nel Glossario.

Una delle distinzioni più importanti è quella tra errore (o insuf-

ficienza) attivo ed errore (o insufficienza) latente. L’errore attivo è

ben identificabile, prossimo, in senso spazio-temporale, al

verificarsi dell‟evento avverso; spesso è riconducibile ad un‟azione

sbagliata commessa da un operatore o ad un incidente, ad esempio

il malfunzionamento di una strumentazione. Gli errori latenti sono

invece, per lo più, insufficienze organizzativo-gestionali (progettazione,

organizzazione e controllo), che restano silenti nel sistema, finché

un fattore scatenante non li rende manifesti in tutta la loro potenzialità,

causando danni più o meno gravi.

La somministrazione di un farmaco sbagliato è un errore attivo

commesso da un operatore sanitario, facilmente identificabile come

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tico, riabilitativo) correlato al bisogno del paziente (o della collettività), fornito nei

sitivo tra benefici, rischi e costi.

termina il mancato raggiungimento, non attribuibile al caso, dell‟obiettivo desiderato.

Errore di prescrizione

Errore di trascrizione/ interpretazione

Errore di etichettatura/confezionamento

Errore di allestimento/preparazione

della somministrazione (per esempio diluizione non corretta, mescolanza di

Errore di distribuzione

Errore di somministrazione

prevenibili o non prevenibili. Un evento avverso attribuibile ad errore è “un

all‟azione del farmaco stesso. Gli eventi avversi da farmaco comprendono: eventi

avversi da farmaco non prevenibili, che avvengono nonostante l‟uso appropriato,

per caso fortuito o perché intercettato o perché non ha conseguenze avverse

verifica alle dosi normalmente usate nell‟uomo per la profilassi, la diagnosi, la terapia

la progettazione e l‟implementazione di sistemi operativi e processi che minimiz-

pazienti.

prevenire o correggere gli eventi avversi che possono derivare dall‟uso di far-

safety)

15

Tabella 1.1. Definizioni

Appropriatezza

L‟appropriatezza definisce un intervento sanitario (preventivo, diagnostico, terapeu-

modi e nei tempi adeguati, sulla base di standard riconosciuti, con un bilancio po-

Errore

Fallimento nella pianificazione e/o nell‟esecuzione di una sequenza di azioni che de-

Errore in terapia

(medication error)

Qualsiasi errore che si verifica nel processo di gestione del farmaco e può essere rappresentato da:

Riguarda sia la decisione di prescrivere un farmaco sia la scrittura della prescri- zione.

Riguarda la errata comprensione di parte o della totalità della prescrizione me- dica e/o delle abbreviazioni e/o della scrittura.

Riguarda le etichette ed il confezionamento che possono generare scambi di farmaci.

Avviene nella fase di preparazione o di manipolazione di un farmaco prima

farmaci incompatibili), può accadere sia quando il farmaco è preparato dagli operatori sanitari sia quando è preparato dal paziente stesso.

Avviene nella fase di distribuzione del farmaco, quando questo è distribuito dalla farmacia alle unità operative o ai pazienti.

Avviene nella fase di somministrazione della terapia, da parte degli operatori sanitari o di altre persone di assistenza, o quando il farmaco viene assunto au- tonomamente dal paziente stesso.

Evento avverso (Adverse event)

Evento inatteso correlato al processo assistenziale e che comporta un danno al paziente, non intenzionale e indesiderabile. Gli eventi avversi possono essere

evento avverso prevenibile”.

Evento avverso

da farmaco (Adverse Drug

Event)

Qualsiasi evento indesiderato che si verifica durante una terapia farmacologica, per effetto dell‟uso o del non uso di un farmaco, ma non strettamente correlato

avversi da farmaco prevenibili, ovvero causati da un errore in terapia ed eventi

definiti come “Reazioni Avverse a Farmaci” (ADR.).

Evento evitato (Near miss o

close call)

Errore che ha la potenzialità di causare un evento avverso che non si verifica

per il paziente.

Reazione avversa a farmaco (Adverse Drug Re- action)

Risposta ad un farmaco, indesiderata, involontaria, nociva e non prevenibile, che si

o per ripristinare, correggere o modificare le funzioni fisiologiche.

Sicurezza del

paziente (Patient safety)

Dimensione della qualità dell‟assistenza sanitaria, che garantisce, attraverso l‟iden- tificazione, l‟analisi e la gestione dei rischi e degli incidenti possibili per i pazienti,

zano la probabilità di errore, i rischi potenziali e i conseguenti possibili danni ai

Sicurezza nell’uso dei farmaci (Medication

Insieme di azioni adottate, nel percorso di gestione del farmaco, per evitare,

maci.

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comportamento non corretto che causa un danno, ma è necessario

ripercorrere tutte le fasi del processo di lavoro per individuare le cir-

costanze che, direttamente o indirettamente, lo hanno reso

possibile. Potrebbero essere identificate come insufficienze latenti

nel sistema: la prescrizione-trascrizione manuale della terapia, la

conservazione dei farmaci che rende possibile lo scambio di fiale,

l‟insufficiente addestramento del personale. Alcuni errori sono

riconducibili alle caratteristiche delle confezioni dei farmaci, ad

esempio l‟attribuzione di nomi facilmente confondibili, dosaggi e

vie di somministrazione equivocabili. Solo attraverso opportune

analisi è possibile identificare le cause di errore, attive e latenti, e ri-

disegnare i processi al fine di ridurre la probabilità che lo stesso

errore si ripeta. Se può essere relativamente semplice individuare

l‟errore attivo, può essere invece piuttosto complesso individuare

tutte le insufficienze latenti presenti nel sistema che possono

provocare una successione di altri errori, “secondari” e consequenziali

al primo. L‟effetto degli errori secondari può essere così evidente e

rilevante da eclissare la gravità e la possibilità di identificare e

rilevare l‟errore “primitivo”.

Al fine di consentire l‟identificazione inequivocabile dell‟errore

ed il confronto, sono state proposte nel tempo diverse classificazioni

dell‟errore in sanità, fino alla definizione, nel 2009, di una tassonomia,

realizzata dall‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) attraverso

un processo partecipativo.

Per prevenire il verificarsi di un errore, è necessario progettare

specifici modelli di controllo del Rischio clinico. Se si vuole

raggiungere un efficace controllo del rischio, ovvero ridurre la pro-

babilità che si verifichi un errore (attività di prevenzione) e contenere

le conseguenze dannose degli errori comunque verificatisi (attività

di protezione) è fondamentale che le insufficienze del sistema

vengano rimosse.

Le politiche di gestione del rischio, volte sia alla prevenzione

degli errori evitabili che al contenimento dei loro possibili effetti

dannosi, e, quindi, in ultima analisi, alla garanzia della Sicurezza

dei pazienti costituiscono il sistema di gestione del Rischio clinico.

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1.3. La Sicurezza dei pazienti e la gestione del Rischio clinico:

quadro generale di riferimento

1.3.1. L’approccio sistemico

Nelle organizzazioni complesse, la maggior parte degli incidenti

è generata dall‟interazione fra le diverse componenti del

sistema: tecnologica, umana ed organizzativa. All‟inizio degli

anni novanta lo psicologo James Reason ha fornito un modello,

soprannominato del “formaggio svizzero”, utile per illustrare il

problema degli errori in tale ambito e per la comprensione

delle complessità e disomogeneità intrinseche al sistema.

I buchi nelle fette di formaggio rappresentano le insufficienze

latenti che sono presenti nei processi sanitari; quando si

modificano più fattori che normalmente agiscono come barriere

protettive, i buchi si possono allineare e permettere il concatenarsi

di quelle condizioni che portano al verificarsi dell‟evento avverso.

Charles Vincent, esperto internazionale del Rischio clinico, ha

identificato le seguenti cinque classi di fattori che determinano

il grado di rischiosità di un sistema:

1. fattori organizzativi e gestionali;

2. fattori che riguardano l‟ambiente operativo;

3. fattori legati al gruppo di lavoro;

4. fattori individuali dell‟operatore;

5. fattori inerenti le caratteristiche del paziente.

La conoscenza dei fattori causali o contribuenti al verificarsi di

possibili errori è presupposto fondamentale per la costruzione

di percorsi destinati a migliorare la qualità dell‟assistenza,

delle strutture e degli aspetti organizzativi.

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1.3.2. Il Rischio clinico: aspetti culturali

In una “cultura delle responsabilità” (just culture) l‟errore è con-

templato come evento possibile e, pertanto, i processi e gli errori

sono sistematicamente oggetto di analisi e verifica, mentre il

biasimo e la colpevolizzazione sono considerati un ostacolo alla

trasparenza, necessaria per prevenire ed apprendere. James Reason

ha evidenziato le caratteristiche della cultura della Sicurezza:

l è competente: i professionisti hanno precisa conoscenza

dei fattori tecnici, organizzativi, ambientali ed umani che

concorrono a determinare gli errori;

è equa: vi è nella Organizzazione un clima di fiducia che favorisce

la segnalazione di rischi ed errori da parte degli operatori i

quali sono consapevoli di ciò che mette a rischio la Sicurezza;

considera le segnalazioni: sia il personale che la direzione

strategica sono consapevoli dell‟importanza della

accuratezza dei dati e premiano la segnalazione degli errori

e dei quasi errori (near miss);

è flessibile: la responsabilità di adottare soluzioni immediate

per la Sicurezza viene attribuita a chi lavora sul campo.

l

l

l

La promozione della cultura della Sicurezza deve prevedere

strategie sistematiche di comunicazione e formazione, elaborate

sui risultati del monitoraggio della stessa nel specifico contesto.

1.4. Strategie per la promozione della Sicurezza

1.4.1 Livello internazionale

Negli Stati Uniti, la Agency for Healthcare Research and

Quality (AHRQ) ha promosso, nel 2001, l‟impiego diffuso di

misure quali:

la richiesta ai pazienti di ricordare e ripetere quanto è stato

detto loro durante la procedura del consenso informato;

l‟aspirazione continua delle secrezioni tracheobronchiali per

prevenire la polmonite da ventilazione artificiale;

l‟utilizzo di presidi antidecubito per prevenire lesioni da

pressione;

la corretta autogestione della terapia da parte dei pazienti in

trattamento con anticoagulanti orali per ottenere un effetto

appropriato e la prevenzione di possibili complicanze.

l

l

l

l

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L’Institute for Healthcare Improvement (IHI) (www.ihi.org/ihi)

di Boston ha lanciato nel 2005 una campagna per incrementare

la sicurezza e l‟efficacia negli ospedali, individuando quali

strategie efficaci:

la prevenzione degli eventi avversi da farmaci; l

l la prevenzione delle infezioni da catetere venoso cen-

trale;

l la prevenzione delle infezioni della ferita chirurgica e la ri-

duzione delle complicanze chirurgiche;

l la prevenzione delle polmoniti associate a ventilazione as-

sistita;

l la prevenzione dei danni da “farmaci ad alto livello di atten-

zione”;

la prevenzione delle piaghe da decubito; l

l l‟erogazione delle prestazioni basate sulle evidenze scientifiche

per lo scompenso cardiaco congestizio al fine di evitare le

cadute; il coinvolgimento della direzione strategica nella promozione della Sicurezza del paziente.

La Dichiarazione di Lussemburgo “Luxembourg Declaration

on Patient Safety” (2005) raccomanda, tra l‟altro, alle Aziende

sanitarie di:

l

promuovere un approccio di massima collaborazione tra

operatori e direzione aziendale finalizzata alla promozione

della Sicurezza dei pazienti;

l realizzare nelle unità operative progetti di sviluppo della si-

curezza e promuovere una cultura che porti ad accettare e

discutere gli errori;

l avviare la cooperazione tra operatori, pazienti e familiari

per rendere anche questi ultimi consapevoli dei quasi errori

e degli eventi avversi.

Nel 2004 è stata costituita all‟interno dell‟OMS, con lo scopo

principale di supportare lo sviluppo delle politiche e delle

pratiche sulla Sicurezza dei pazienti, la Word Alliance for

Patient Safety, che ha prodotto documenti programmatici at-

traverso i quali sono state promosse varie iniziative.

La Dichiarazione di Londra “Patients for Patient Safety”,

l

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redatta nel novembre 2005 dalla World Alliance for Patient

Safety, assume prioritariamente i seguenti impegni:

promuovere programmi per la promozione e l‟empowerment

dei pazienti;

l sviluppare un dialogo con tutti i partner per la promozione

della Sicurezza;

l introdurre sistemi per la segnalazione degli errori sanitari su

base internazionale;

l

identificare le “migliori pratiche” in questo ambito e diffon-

derle.

La Linea guida dell‟OMS “Hand Hygiene In Health Care: A

Summary- Clean Hands Are Safer Hands” (2005) promuove il

lavaggio delle mani a tutti i livelli nell‟ambito delle prestazioni

sanitarie.

Il documento “Stakeholders’ Position Paper On Patient Safety”,

elaborato nel 2005 dalla European Society for Quality in He-

althcare (ESQH) (www.esqh.net), presenta le Raccomandazioni

concordate dalle più rappresentative associazioni europee di

pazienti ed operatori, tra cui:

l sviluppare nelle unità operative progetti riguardanti le proble-

matiche legate alla promozione della Sicurezza dei pazienti;

l

promuovere una cultura che esamini/studi/approfondisca

efficacemente gli errori e le omissioni;

introdurre sistemi di Incident reporting;

coinvolgere i pazienti nella promozione della Sicurezza.

l

l

l

Diversi Paesi europei hanno avviato sistemi di sorveglianza, at-

tuato iniziative di intervento e formazione, prodotto Racco-

mandazioni ed individuato Agenzie e/o Centri dedicati alla

promozione della sicurezza, come la National Patient Safety

Agency (NPSA) in Inghilterra (www.npsa.nhs.uk).

1.4.2. Livello nazionale

Il tema del Rischio clinico e della Sicurezza dei pazienti affrontato

a livello internazionale a partire dagli anni ‟90, sta destando pro-

gressivamente attenzione nel nostro Paese, come dimostrato dai

documenti programmatici e di indirizzo nazionali, quali il Piano

Sanitario Nazionale (PSN) 2003-2005, il PSN 2006-2008, “Un

New Deal della Salute” ed il Patto per la salute.

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Il Ministero della Salute, anche avvalendosi del supporto tecnico della Commissione sulla Sicurezza dei pazienti istituita

presso la Direzione Generale della Programmazione sanitaria

nel 2003, ha avviato numerose attività tra cui:

il monitoraggio e l‟analisi degli eventi avversi, con l‟obiettivo di raccogliere dati relativi al verificarsi di eventi sentinella

per conoscerne i fattori causali;

la stesura di Raccomandazioni, con lo scopo di fornire indi-

cazioni per prevenire il verificarsi di eventi avversi;

la formazione, per diffondere strumenti uniformi di studio ed

analisi e aumentare le competenze degli operatori sanitari;

la promozione del coinvolgimento di cittadini, pazienti e loro

familiari, al fine di renderli protagonisti della propria cura;

l‟approfondimento degli aspetti medico-legali ed assicurativi,

per analizzarne gli approcci internazionali e verificare le di-

mensioni qualitative e quantitative delle spese assicurative

pertinenti.

l

l

l

l

l

Sul sito del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it /qualita/qualita.jsp) sono disponibili i documenti relativi alle

iniziative avviate dalla Direzione Generale della Programmazione

sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici

di sistema, nell‟ambito della Sicurezza dei pazienti.

A partire dal 2005, è stato attivato, prima in fase sperimentale

e dal 2009 in fase operativa su tutto il territorio nazionale, il

monitoraggio degli eventi sentinella attraverso il Sistema di

monitoraggio degli errori in sanità (SIMES), con l‟obiettivo di:

l raccogliere le informazioni riguardanti gli eventi sentinella

occorsi nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN);

analizzare i fattori contribuenti e determinanti per l‟accadi- mento degli eventi;

elaborare Raccomandazioni rivolte a tutte le Strutture del

SSN per ridurre il rischio di accadimento degli eventi stessi;

assicurare il ritorno informativo alle Strutture del SSN ed

alle Regioni e Province Autonome (PA).

l

l

l

Le principali caratteristiche del sistema di monitoraggio adottato dal Ministero della Salute sono quelle di essere confidenziale,

indipendente, non punitivo, orientato al sistema, analizzato da

esperti, reattivo, tempestivo.

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In esito a tale attività di monitoraggio è stato pubblicato, nel

novembre 2009, il II Rapporto di monitoraggio degli eventi

sentinella, con i risultati di 4 anni di attività (settembre 2005-

agosto 2009).

Si indicano di seguito alcuni dei risultati più significativi: sulle

385 segnalazioni di eventi avversi effettuate dalle Strutture sa-

nitarie, il “Suicidio o tentato suicidio di paziente in ospedale”

ha rappresentato l‟evento più frequentemente segnalato (88

segnalazioni pari al 22,9% del totale); la seconda categoria

per numerosità di segnalazioni (66 eventi, corrispondenti al

17,1% del totale) è rappresentata da “eventi non classificabili”;

l‟evento “Morte o grave danno per caduta di paziente è la 3a

categoria (38 segnalazioni corrispondente al 9,9% del totale),

mentre l‟evento “Morte, coma o grave danno derivati da errori in

terapia farmacologica” è risultato pari al 4,2% del totale.

Più del 40% degli eventi sono occorsi nelle stanze di degenza,

mentre il 25,7% si è verificato in sala operatoria. Le aree di cura

maggiormente interessate sono, nell‟ordine, ostetricia e ginecologia,

chirurgia generale, medicina generale e ortopedia/traumatologia.

Tra i fattori che maggiormente hanno contribuito al verificarsi

dell‟evento segnalato, vengono più frequentemente identificati

quelli legati a: uso non corretto dei farmaci e delle tecnologie

sanitarie, mancanza di Linee guida e protocolli, carenza di for-

mazione, scarsa comunicazione, mancata manutenzione delle

apparecchiature. Rispetto al I Rapporto, pubblicato nell‟ottobre

2007 e riferito al periodo settembre 2005 - febbraio 2007, si

rileva che la frequenza delle segnalazioni è rimasta costante nel

tempo e che il fenomeno della sottosegnalazione resta ancora

una problematica rilevante. Rispetto al precedente rapporto

emerge, inoltre, che il 44,4% degli eventi sono stati analizzati

attraverso idonee metodologie, evidenziando un progressivo

miglioramento. Nel 40,5% dei casi è stato individuato un P iano

di azione per prevenire il ripetersi dell‟evento, mentre nella rile-

vazione precedente tale percentuale corrispondeva al 20%.

A fronte di questi ultimi risultati positivi, occorre, tuttavia, pro-

muovere una specifica formazione per sviluppare ulteriormente

le capacità di analisi e risposta degli operatori e delle Aziende

sanitarie. In questa prospettiva, il Ministero della Salute ha

reso disponibile sul proprio sito il manuale metodologico per

la Root Cause Analysis (RCA) ed ha in programma lo sviluppo

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di altri strumenti dedicati alla individuazione dei fattori contri-

buenti e delle cause profonde.

Sulla base delle criticità emerse dalle rilevazioni nazionali e

delle esperienze internazionali, inoltre, sono state elaborate e

diffuse specifiche Raccomandazioni.

Il Rapporto del monitoraggio degli eventi sentinella fornisce,

quindi, un quadro generale delle tipologie, del contesto e

delle modalità di accadimento degli eventi, che consente di in-

dividuare, in una logica di sanità pubblica, le possibili azioni

da mettere in atto per contrastare il ripetersi di tali gravi eventi.

Si sottolinea che i dati raccolti non rappresentano il numero

reale di eventi avversi occorsi, ma, piuttosto, l‟atto di segnalare

esprime il livello di sensibilità e di cultura della Sicurezza da

parte degli operatori delle strutture sanitarie.

1.5. Metodi e strumenti per l’identificazione, l’analisi e la gestione del Rischio clinico

Vari sono i metodi e gli strumenti per l‟analisi dell‟errore e la

gestione del R ischio clinico la cui finalità è individuare le

insufficienze del sistema, che possono contribuire al verificarsi di

un evento avverso, a l l o s c o p o d i progettare le idonee barriere

protettive. In tal senso, si possono seguire fondamentalmente due

diversi approcci, che non si escludono a vicenda:

l l’approccio proattivo: l‟analisi parte dalla revisione

dei processi e delle procedure esistenti, identificando, nelle

diverse fasi, i punti di criticità. Questo approccio può essere

utilizzato anche nella ideazione e progettazione di nuove

procedure, di processi e di tecnologie per realizzare barriere

protettive che impediscano l‟errore umano/attivo;

l’approccio reattivo: l‟analisi parte da un evento avverso e

ricostruisce a ritroso la sequenza di avvenimenti con lo

scopo di identificare i fattori che hanno causato o che

hanno contribuito al verificarsi dell‟ evento.

Per assicurare un efficace sistema di promozione della Sicurezza

del paziente è necessario avvalersi di entrambi gli approcci.

l

23

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1.5.1. Strumenti per l’identificazione del rischio

a. Sistemi di segnalazione (Reporting)

Un sistema di segnalazione (Reporting) è una modalità

strutturata per la raccolta di informazioni relative al verificarsi

di eventi avversi e/o di quasi eventi, per poter apprendere ed

intervenire con le appropriate misure preventive e, più in

generale, per diffondere le conoscenze e favorire la ricerca

specifica nelle aree a maggior criticità.

Per quanto riguarda i contenuti, il sistema può essere:

l aperto, ovvero raccogliere qualunque tipo di dato relativo

ad eventi avversi o quasi eventi, riferiti a tutte la gamma

delle prestazioni;

l predefinito, ovvero raccogliere dati relativi ad una lista

definita di eventi (ad esempio, eventi sentinella) o ad una

area specifica (ad esempio, farmaci).

La segnalazione può essere raccolta con strumenti a formato

precostituito o a libera narrazione ed inviata attraverso posta,

telefono, posta elettronica, o raccolta via web, mettendo in

atto le opportune forme di tutela della riservatezza.

In alcune realtà internazionali è previsto che la segnalazione

venga effettuata anche dai pazienti e loro familiari e e dai cit-

tadini.

Nel nostro Paese sono stati implementati sistemi di segnalazione

di Incident reporting a livello di Regioni ed Aziende sanitarie

che raccolgono eventi avversi e quasi eventi per favorire l‟analisi

e la predisposizione delle azioni preventive; il Ministero della

Salute ha attivato dal 2005 un sistema di monitoraggio degli

eventi sentinella e ha pubblicato nel mese di novembre del

2009 l‟aggiornamento del I Rapporto in esito alle segnalazioni

pervenute. Negli Stati Uniti, l‟Institute for Safe Medication

Practice (ISMP) ha avviato un modello di Incident reporting che

ha coinvolto un gruppo di farmacisti con il compito di rivedere

tutti i report, identificare i nuovi rischi e dare priorità alle

azioni. Le Raccomandazioni prodotte vengono, quindi, diffuse

a coloro che partecipano alla rete informativa (nella maggioranza

ospedali), attraverso la newsletter Medication Safety Alert.

b. Riunione per la Sicurezza (Briefing sulla Sicurezza)

Il Briefing sulla Sicurezza è un metodo facile da usare per pro-

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muovere un approccio condiviso alla Sicurezza dei pazienti;

consiste nella effettuazione di una breve riunione (da cinque a

quindici minuti), durante la quale i partecipanti evidenziano i

rischi potenziali per i pazienti e definiscono le modalità di mo-

nitoraggio e prevenzione, nonché gli accorgimenti da adottare.

Si parte con la rilevazione di problemi, dati, osservazioni (in

caso di assenza di situazioni specifiche si può fare riferimento

a problemi potenziali). È utile che la riunione segua una

metodica prestabilita e che un conduttore faciliti la discussione

e garantisca un clima di collaborazione, assicurando che

eventuali segnalazioni non costituiscono oggetto di giudizio o

richiamo. È utile la registrazione delle lacune latenti e dei

fattori causali o contribuenti, che di volta in volta vengono

identificati, per poter intraprendere azioni migliorative. Il metodo

va usato con regolarità e continuità per dare risposta ai problemi

che emergono, per responsabilizzare gli operatori nei compor-

tamenti individuali, per il miglioramento del clima lavorativo

ed il potenziamento del “lavoro di squadra”.

c. Debriefing

A fine giornata (o almeno a fine settimana) viene effettuato il

Debriefing, una breve riunione il cui scopo è analizzare

quanto effettivamente accaduto in relazione ai fattori ed alle

misure preventive adottate. Lo scopo è verificare se le azioni

previste e concordate siano state implementate e se siano so-

praggiunte eventuali problematiche, al fine di condividere

ulteriori misure da intraprendere.

d. Focus group

Il Focus group è una metodologia che serve per identificare

tutti gli aspetti di un problema partendo dalle esperienze e

dalle percezioni delle persone interessate. Possono essere,

quindi, effettuati sia tra pari che con le altre figure

professionali coinvolte, ma anche con i pazienti ed i loro

familiari. La discussione, della durata di circa un‟ora e mezza,

deve essere condotta da un moderatore preparato. Il gruppo

deve essere composto da un numero di persone che varia da 8 a

12. L‟efficacia del Focus group dipende dalle domande

formulate che devono essere aperte e consentire il confronto e la

massima interazione. Durante la discussione è possibile far

emergere eventi avversi, quasi eventi e lacune latenti.

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e. Revisione di cartelle cliniche

La revisione delle cartelle cliniche permette indagini sui processi

decisionali e osservazioni di esito, analizzando l‟aderenza a

Linee guida e protocolli. Il revisore può cercare specifici tipi di

dati o eventi presenti in modo implicito, laddove un clinico

esperto emette un giudizio relativo ad un evento avverso e /o

errore, ad esempio la mancata modifica di una terapia dopo la

segnalazione di reazioni avverse. Il processo di revisione delle

cartelle può essere anche usato per monitorare i progressi nella

prevenzione degli eventi avversi. Le cartelle sono utili per indagini

preliminari, ma danno informazioni contestuali molto limitate e

richiedono una preparazione omogenea dei rilevatori. La selezione

delle cartelle cliniche da sottoporre a revisione può essere

focalizzata su un tipo specifico di evento da individuare.

f. Screening

Questo metodo ha lo scopo di identificare possibili eventi

avversi utilizzando i dati disponibili nei sistemi sanitari. Le

banche dati possono essere interrogate in modo retroattivo o

in tempo reale, oppure si possono consultare gli archivi cartacei

tradizionali. In questo modo si identifica la presenza di

determinati eventi, precedentemente identificati come “segna-

latori”, ad esempio la prescrizione di un antidoto nel caso di

eventi avversi da farmaci.

g. Osservazione

L‟osservazione per scoprire errori è una metodologia che va

utilizzata in modo mirato e limitato nel tempo. Si avvale di un

osservatore esterno ed esperto, chiamato a rilevare, anche con

l‟ausilio di griglie, la discordanza tra il processo assistenziale

messo in atto e gli standard attesi. Il metodo viene usato preva-

lentemente per rilevare errori in terapia. L‟osservazione richiede

molto lavoro e, quindi, ha costi elevati, tuttavia essa offre in-

formazioni molto ricche che facilitano la comprensione non

solamente rispetto all‟accaduto, ma anche sul processo e sulle

dinamiche che portano all‟evento.

h. Safety walkaround (Giri per la Sicurezza)

Questo metodo consiste in “visite” che i referenti della Sicurezza,

con mandato della Direzione aziendale, effettuano nelle unità

operative per identificare con il personale i problemi legati

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alla Sicurezza. Il personale viene invitato a raccontare eventi,

fattori causali o concomitanti, quasi eventi, problemi potenziali

e possibili soluzioni. I referenti identificano delle priorità fra

gli eventi e poi l‟équipe sviluppa soluzioni condivise con tutto

lo staff. La raccolta deve essere anonima ed i problemi che

emergono vengono inseriti in un database che registra le se-

gnalazioni e le conseguenti azioni correttive. Le modalità or-

ganizzative prevedono degli incontri, all‟interno delle unità

operative, fra gli esperti e un piccolo gruppo o singoli operatori,

della durata di pochi minuti, in cui si cerca di raccogliere e di

stimolare le segnalazioni del personale per quanto riguarda si-

tuazioni di danno o di rischio.

1.5.2. Strumenti di analisi

Un programma di gestione del Rischio clinico utilizza diverse

tipologie di strumenti per l‟analisi del rischio, analizzando gli

eventi, quando occorsi, con metodi di tipo reattivo o analizzando

i processi per prevenire gli eventi con modalità di tipo proattivo.

Se l‟obiettivo è realizzare un processo sanitario sicuro, l‟approccio

proattivo è da preferire a quello reattivo.

a. L’Analisi delle Cause Profonde (Root Cause Analysis)

La Root Cause Analysis (RCA) è uno metodo che aiuta ad

identificare le cause e i fattori contribuenti correlati ad un

evento avverso. Si tratta di una analisi retrospettiva che consente

di comprendere cosa, come e perché è accaduto un evento.

Requisiti della RCA sono:

un gruppo interdisciplinare; l

l la partecipazione di coloro che sono stati coinvolti nel-

l‟evento;

l l‟imparzialità nell‟evidenziare potenziali conflitti di

interesse. Si procede con la ricostruzione cronologica

dell‟evento, rac-

cogliendo le informazioni necessarie per comprenderne la di- namica; tutte le informazioni devono restare strettamente con-

fidenziali e tutti i partecipanti debbono attenersi a tale principio.

Si effettua l‟analisi del contesto, della organizzazione del

lavoro, dei processi comunicativi, della competenza del per-

sonale, delle modalità di gestione e valutazione.

È necessario effettuare una ricognizione accurata della letteratura

relativa all‟evento. Per ricercare le cause ed i fattori contribuenti

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vengono utilizzati alcuni diagrammi, quali quello di Ishikawa e il diagramma ad albero. Le classi di cause oggetto di analisi

possono comprendere: strutture, attrezzature, organizzazione

del lavoro, processi e metodi, personale.

b. L’Analisi dei modi e degli effetti delle insufficienze (FMEA -Failure

Mode and Effect Analysis; FMECA-Failure Mode and Effect Criticality

Analysis)

La FMEA è un metodo utilizzato per identificare le vulnerabilità

dei processi con approccio proattivo da parte di un gruppo di

lavoro multidisciplinare. È un metodo per esaminare un processo

prospetticamente, evidenziando le possibili criticità e quindi

identificare come riprogettarlo. Essa prevede l‟analisi della lette-

ratura, la raccolta della documentazione ed eventuali interviste.

Il processo viene scomposto in macroattività; ogni macroattività

viene analizzata sulla base dei singoli compiti da portare a ter-

mine; per ogni singolo compito vengono individuati i possibili

errori (modi di errore). Si valuta, quantitativamente, la probabilità

di errore e, qualitativamente, la gravità delle sue conseguenze.

Per effettuare la “stima del rischio”, si analizzano le modalità

di accadimento di errore o guasto (Failure Mode) e i loro effetti

(Failure Effect).

c. L’Audit clinico

L’Audit è una metodologia di analisi strutturata, applicata dai

professionisti attraverso il confronto sistematico dell‟assistenza

prestata con criteri espliciti, per identificare scostamenti rispetto

a standard conosciuti o di best practice, attuare le opportunità

di cambiamento individuate ed il monitoraggio dell‟impatto

delle misure correttive introdotte. L‟Audit si realizza attraverso

una serie di incontri in cui l‟équipe, possibilmente multidisci-

plinare e multiprofessionale, analizza un caso clinico o un

percorso assistenziale avvalendosi della documentazione

sanitaria ed amministrativa e di eventuali testimonianze, pro-

cedendo quindi al confronto con la letteratura. I contenuti del-

l‟Audit possono essere: l‟outcome delle attività cliniche e delle

attività assistenziali, le prestazioni, le risorse e il loro impiego,

tutte le forme di assistenza formali ed informali, i processi or-

ganizzativi, gli eventi avversi e gli eventi mancati. Al termine

dell‟Audit va elaborato un report e vanno identificate le misure

di miglioramento.

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CAPITOLO 2

LA COMPONENTE ETICA NELLA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO

2.1. Introduzione

Sono molto numerosi gli ambiti in cui vi sono importanti im-

plicazioni di etica del binomio “rischio-farmaco” ed ognuno ha

specificità proprie. I rischi che più direttamente coinvolgono chi

esercita la professione di farmacista riguardano gli aspetti clinici, gli

errori di prescrizione, di distribuzione o di somministrazione, le

reazioni avverse e, più in generale, tutto ciò che riguarda la gestione

del farmaco sia in ambito ospedaliero che territoriale. In tali contesti

hanno grande rilevanza anche la sperimentazione clinica, le medicine

non convenzionali, i farmaci biologici, la medicina cosiddetta “per-

sonalizzata”, il diritto ai farmaci, gli interessi commerciali.

Scopo del capitolo è invece la descrizione dei fondamenti es-

senziali dell‟etica del rischio, con particolare attenzione per gli

aspetti specifici rilevanti per il farmaco. Pertanto, pur avendo

attenzione anche verso le ricadute applicative, si privilegiano qui ri-

ferimenti teorici di base sull‟etica del rischio.

Il rischio è una componente ineliminabile nella vita ed in ogni

atto umano. Anche in ambito sanitario non è possibile una completa

eliminazione del rischio. Nel settore sanitario il rischio è anzi

assunto in modo consapevole in misura maggiore che in altri settori:

ogni pratica, dalla prescrizione di un farmaco all‟intervento chirurgico,

è infatti accompagnata da rischi, che vengono tollerati sulla base di

valutazioni comparative tra rischi e benefici.

Nel fronteggiare rischi di vario tipo, ma specialmente rischi ri-

guardanti la salute umana (quali, ad esempio, quelli connessi all‟uso

di farmaci) è necessario:

distinguere tra rischi certi (di cui si conoscono entità e pro-

babilità) e rischi incerti (in cui una o entrambe le componenti

l

31

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non sono note). Le due categorie di rischi, infatti, hanno im-

plicazioni molto diverse sotto il profilo dell‟etica, in particolare

per quanto riguarda la responsabilità. Inoltre, esse richiedono

strumenti differenti per la gestione;

pianificare adeguate procedure per la valutazione (assessment)

e la gestione (management) del rischio;

intraprendere ogni sforzo per minimizzare quanto più

possibile il rischio compatibilmente con le circostanze e

con le situazioni e definire, con procedure trasparenti e par-

tecipate, quali livelli di rischio, per le diverse situazioni

siano socialmente accettabili.

l

l

Prima di esaminare, sotto il profilo dell‟etica, tali aspetti è op-

portuno premettere alcune considerazioni più generali sulle possibili

modalità con cui l‟etica considera il problema del rischio.

Infine, per un‟adeguata valutazione dell‟etica del rischio, è do-

veroso confrontarsi con valori più generali, tra cui: la responsabilità,

la giustizia, l‟equità ed alcuni requisiti fondamentali della deontologia

professionale.

2.2. Etica del rischio: aspetti teorici

2.2.1. Le Radici antropologiche del rischio

Una componente fondamentale per la valutazione etica è la

volontarietà. In ambito sanitario questo aspetto ha una rilevanza

particolare: la responsabilità medica non può essere ridotta al

rispetto formale di regole e procedure ed a sanzioni.

Nella lingua francese si distingue tra “faute” ed “erreur”. Il

primo si riferisce ad una condotta volutamente sbagliata. Il se-

condo si verifica in un contesto in cui si è agito diligentemente,

ma le circostanze hanno determinato l‟insorgenza di effetti

avversi.

La terminologia francese differisce dai nostri “dolo” e “colpa”,

introducendo un “erreur” che non è colposo. Può esservi una

volontarietà anche “in causa”: essa si riferisce ad atti in sé non

volontari, ma derivanti da precedenti comportamenti di cui

era prevedibile la conseguenza.

In ambito sanitario la rilevanza etica del comportamento

umano varia a seconda che l‟errore sia di tipo conoscitivo, ap-

plicativo o operativo.

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L‟errore conoscitivo è intrinsecamente connesso ai limiti del

sapere umano. Nessun aspetto della scienza può essere consi-

derato definitivo. Le conoscenze, pur progredendo, restano

sempre limitate. L‟errore conoscitivo è incolpevole se deriva

da limiti nel patrimonio culturale disponibile. Vi è invece una

responsabilità se esso deriva da negligenza nel curare la propria

personale formazione e nel mantenersi aggiornati. L‟errore ap-

plicativo deriva da conoscenze di per sé adeguate, ma la cui

applicazione è ancora incerta. Come per l‟errore conoscitivo,

vi è responsabilità soltanto quando vi è una negligenza. Nel-

l‟errore operativo, derivante da imperizia, imprudenza o negli-

genza, vi è una rilevanza morale.

Vi è poi un‟ulteriore categoria, che non si vuole qui approfondire,

ma che, sotto il profilo dell‟etica, è particolarmente significativa.

Essa comprende tutti gli atti scelti per deliberata disonestà.

2.2.2. Le diverse Prospettive per affrontare il rischio

La valutazione del rischio sotto il profilo dell‟etica può essere

considerata in modi diversi.

Pur nella consapevolezza che le classificazioni schematiche

comportano spesso forzature ed approssimazioni, si possono

individuare diverse modalità per la valutazione etica delle

azioni che comportano un rischio.

a. Le Prospettive utilitaristiche e conseguenzialiste

L‟utilitarismo ed il conseguenzialismo giudicano le azioni sulla

base delle conseguenze: un‟azione è giudicata buona se

produce effetti benefici oppure, al contrario, cattiva, se produce

danni. Secondo la prospettiva utilitaristica, che attualmente ha

un notevole successo in vari contesti, sono quindi da privilegiare

le scelte che massimizzano il benessere e minimizzano il ma-

lessere collettivi. Il benessere può essere inteso in senso ampio

(ad esempio, salute, piacere, soddisfazione). Si tratta quindi di

un approccio molto pragmatico, che attribuisce grande impor-

tanza alle analisi costi/benefici. Il giudizio etico sulla gestione

del rischio proposto dall‟utilitarismo si basa dunque su un

calcolo delle conseguenze delle azioni indipendentemente

dalle intenzioni. Le conseguenze vengono in genere misurate

in modo complessivo, senza considerare eventuali squilibri

nella distribuzione: l‟approccio utilitarista mira all‟esito migliore

per il maggior numero di persone.

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b. Le Prospettive deontologiche

Giudicano le azioni base delle intenzioni, dei propositi, dei si-

gnificati che si attribuiscono alle azioni. È quindi una prospettiva

opposta rispetto all‟utilitarismo. Le azioni che comportano un

rischio vengono giudicate accettabili, dal punto di vista etico,

se le intenzioni, indipendentemente dai risultati, sono buone.

c. Le Prospettive contrattualistiche

Basano la valutazione etica sulla correttezza formale della ne-

goziazione e del contratto: è considerato legittimo, sotto il

profilo dell‟etica, ciò che deriva da un accordo condiviso e con-

sensuale. Come l‟utilitarismo, così anche il contrattualismo si

colloca in una prospettiva relativistica: non riconosce infatti

valori stabili, indipendenti dal mutare delle circostanze, bensì

reputa come valore cui riferirsi ciò che al momento deriva da un

accordo consensuale. Coloro che si riconoscono nel contrattua-

lismo reputano accettabili, da punto di vista dell‟etica, i rischi

che derivano da patti sottoscritti consensualmente, per cui si

sopportano alcuni oneri per ottenere in cambio alcuni benefici.

In ambito sanitario l‟enfasi sull‟approccio contrattualistico apre

il grave problema della tutela di coloro che per ragioni fisiche,

giuridiche o di altro tipo non possono partecipare personalmente

alla contrattazione ed esprimere il loro eventuale consenso.

d. Le Prospettive individualistiche e soggettivistiche

Considerano il rischio rilevante soltanto se lede la libertà e

l‟integrità altrui: ogni rischio liberamente e privatamente scelto

ed assunto è invece giudicato legittimo. Secondo le etiche sog-

gettivistiche non vi sarebbero valori morali oggettivi comuni:

sarebbe quindi moralmente giusto ciò che è scelto in modo

libero, purché non arrechi danni ad altre persone. Il risk mana-

gement, nella prospettiva soggettivistica, privilegia quindi le

preferenze individuali espresse liberamente, quali che esse

siano, con l‟unico confine di non ledere e violare la libertà

altrui. Collocandosi in un relativismo assoluto, di fatto il sog-

gettivismo impone come unico valore l‟assenza di valori, e

rende difficile qualsiasi confronto proprio perché rifiuta ogni

riferimento stabile.

e. Le Prospettive integrative

Le prospettive integrative considerano tutte le componenti

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dell‟atto umano: mezzi, fini e circostanze di un‟azione devono

essere tutti contemporaneamente buoni. Se uno di tali elementi

non è buono, l‟azione risulta globalmente non buona. Un ap-

proccio integrativo è proposto, ad esempio, dal personalismo.

Il personalismo pone il singolo individuo al centro della

riflessione etica. Il personalismo si differenzia sia dall‟indivi-

dualismo, sia dal collettivismo. Il personalismo, infatti, riconosce

l‟esistenza di valori comuni ad ogni uomo ed irrinunciabili in

quanto insiti nella stessa natura umana. A differenza del sog-

gettivismo, il personalismo è attento alla dimensione sociale

dell‟uomo, ha una visione universale dell‟umanità e mira a va-

lorizzare il bene comune tutelando e valorizzando il bene dei

singoli. All‟autonomia il personalismo affianca il valore della

responsabilità, ed alla giustizia unisce i valori della socialità e

della solidarietà. La beneficialità è intesa in senso globale,

considerando la persona nelle sue varie dimensioni. Nella ge-

stione del rischio il personalismo riconosce la liceità di assumere

rischi, purché essi contribuiscano, in qualche modo, al bene

individuale. Si richiede inoltre attenzione al consenso (affinché

i rischi siano assunti liberamente e consapevolmente), alla va-

lutazione di tutte le possibili alternative per raggiungere il

risultato voluto (in modo tale da scegliere quella che apporta

minori danni), alla proporzionalità tra l‟entità del rischio

accettato ed il bene perseguito. Operativamente, ciò richiede

innanzi tutto uno sforzo per “ottimizzare” il rischio, cioè

ridurlo il più possibile compatibilmente con il fine da raggiungere.

f. Le Prospettive contestualiste e sociobiologiche

Secondo le teorie contestualiste l‟individuo “riceve” dalla

società in cui vive sia le domande sui valori dell‟etica, sia le ri-

sposte alle stesse domande. L‟etica sarebbe dunque sempre

situata in un “contesto” definito e particolare: è quindi evidente

la nozione di “esteriorità”, ad indicare la “ricezione” dall‟esterno.

La riflessione etica, pertanto, si colloca essenzialmente nei

rapporti tra l‟individuo e la società alla quale egli appartiene.

Un‟impostazione differente in numerosi aspetti, ma simile in

una parte delle premesse e soprattutto in alcune conseguenze

rilevanti per l‟etica del rischio, è la sociobiologia.

Nella gestione dei rischi le etiche sociobiologiche considerano

accettabile tutto ciò che contribuisce al progresso ed all‟avan-

zamento sociale. Non vi sarebbero quindi parametri stabili per

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giudicare i rischi, ma soltanto parametri variabili secondo il

luogo ed il tempo.

2.3. I Fattori di rischio certi ed incerti: prevenzione, precauzione e le politiche cautelative

Talvolta i dati scientifici disponibili a proposito dei rischi sono

contradditori oppure quantitativamente scarsi. In tali circostanze

può essere opportuno ricorrere ad un approccio convenzionalmente

definito “principio di precauzione”. Il principio di precauzione

prevede che si esamini il problema, in particolare confrontando

rischi e benefici di ogni possibile decisione (ivi compresa la scelta

di non intervenire) e che si prendano misure per fronteggiare il

rischio senza attendere la disponibilità di dati più esaurienti. Poiché

si opera in un contesto di incertezza, le decisioni basate sul principio

di precauzione devono essere provvisorie e reversibili e devono

essere modificate quando nuove conoscenze le rendano obsolete.

Le decisioni che derivano dal principio di precauzione devono

inoltre avere caratteri di proporzionalità rispetto a decisioni relative

ad altri rischi, nonché di trasparenza. La provvisorietà e l‟incertezza

tipiche delle situazioni in cui si applica il principio di precauzione

rendono doveroso ogni sforzo per giungere a conoscenze più

complete. Il principio di precauzione non è dunque una regola di

comportamento applicabile come una procedura standardizzata

cui attenersi: è un orientamento finalizzato a gestire con saggezza

le situazioni, prendendo in considerazione tutte le possibili alternative

e cercando di volta in volta le scelte migliori.

2.4. Valutazione e Gestione del rischio: alcuni aspetti di etica

I rischi vengono affrontati con una serie di procedure che,

come è noto, sono solitamente raggruppate in due fasi successive:

l‟analisi del rischio e la gestione del rischio. È questo uno schema

molto semplificato, ma che può aiutare alla chiarezza ed alla sintesi

nell‟esposizione.

Nella prima fase (analisi) si identifica il rischio, lo si definisce,

lo si studia nelle sue caratteristiche. Si considerano in particolare la

probabilità, la gravità, l‟eventuale distribuzione del danno tra persone

diverse, la scala temporale degli effetti, l‟eventuale latenza, la rever-

sibilità oppure l‟irreversibilità degli effetti, il grado di incertezza as-

sociato ad ogni fase della valutazione, ed altre caratteristiche.

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La seconda fase è una procedura decisionale che, sulla base

delle informazioni scientifiche, dei valori individuali in gioco, del

confronto tra rischi, costi e benefici, porta ad una decisione operativa

che si auspica sia saggia e prudente.

Lo schema bipartito tende ad descrivere la prima fase come un

processo tecnico-scientifico dal quale si attendono quantificazioni

anche numeriche, e la seconda fase come un procedimento in cui

intervengono giudizi di valore ed analisi soggettive.

Si possono però sollevare obiezioni allo schema. In primo

luogo la ripartizione in due fasi così strutturata potrebbe indurre a

pensare che la valutazione del rischio sia un procedimento assolu-

tamente asettico e scevro da valori. Inoltre, è difficile separare in

modo netto le due fasi. Questo aspetto emerge in modo sempre più

evidente per la crescente attenzione che suscita la comunicazione

del rischio, tradizionalmente considerata come un‟ulteriore fase in

appendice alle due precedenti. Si sta infatti sempre più constatando

la necessità di comunicare con i soggetti, di coinvolgerli, e di consi-

derare le preferenze da loro espresse. In questo senso si tende ad

abbandonare lo schema lineare, in cui la valutazione e la gestione

del rischio si seguono tra loro, per sostituirlo con uno schema

circolare, in cui valutazione, gestione e comunicazione

rappresentano tre archi di un cerchio lungo il quale ci si muove

ripetutamente nei due sensi. Lo schema così configurato evidenzia

anche il fatto che l‟etica non è pertinente soltanto con le scelte

finali, ma ha rilevanza in tutto il percorso. Infatti, poiché l‟analisi

del rischio è la base irri- nunciabile per la gestione del rischio

stesso, anch‟essa ha forti im- plicazioni per quanto riguarda i

valori e, più in generale, l‟etica. Analogamente, è evidente che

anche la comunicazione del rischio ha forti implicazioni di etica.

2.5. Giustificazione, ottimizzazione, limitazione

Negli anni cinquanta del secolo scorso, e quindi circa vent‟anni

prima che la bioetica si configurasse come disciplina autonoma,

l‟International Commission on Radiation Protection (ICRP) propose

tre criteri per la radioprotezione che offrono spunti interessanti per

l‟etica del rischio in generale e, pur essendo stati concepiti con rife-

rimento alla radioprotezione, per l‟etica del rischio farmacologico

in particolare.

I tre criteri sono: giustificazione, limitazione ed ottimizzazione.

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Giustificazione

Per giustificare l‟uso di prodotti, agenti o tecnologie rischiosi

occorre considerare se il beneficio che si auspica di trarre sia

superiore agli svantaggi.

Il principio pare assolutamente ovvio: è evidente che sono da

preferirsi azioni che causano più beneficio che danno. In

realtà, dietro un‟apparente semplicità, l‟enunciato pone gravi

problemi. Infatti, può essere difficile identificare i rischi, i

benefici, e i soggetti responsabili della gestione dei rischi. La

Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica

(ICRP), fa riferimento ad “un beneficio sufficiente alle persone

esposte o alla società, tale da bilanciare il detrimento radiologico

che essa provoca”, cioè il danno. Tuttavia, per il contesto cui si

riferisce il presente manuale, il paragone deve essere il beneficio

individuale, e non quello sociale. Ciò corrisponde innanzi

tutto ad un requisito di etica fondamentale, ribadito in tutti i

maggiori codici e dichiarazioni di bioetica: la tutela del singolo

individuo deve sempre essere prioritaria a qualsiasi interesse

sociale (ivi incluso l‟avanzamento delle conoscenze). Tale irri-

nunciabile principio è chiaramente affermato, ad esempio,

nella “Convenzione sui Diritti dell‟Uomo e la Biomedicina”

del Consiglio d‟Europa, all‟articolo 2 (intitolato: “Primato del-

l‟essere umano”), dove si stabilisce che “l‟interesse e il bene

dell‟essere umano debbono prevalere sul solo interesse della

società o della scienza”.

Ottimizzazione

L‟ottimizzazione, in generale, è volta a cercare la soluzione

che offra il massimo beneficio con il minimo di svantaggi.

È innegabile il fatto che nelle decisioni e nelle politiche

sanitarie occorra un certo grado di pragmatismo ed un‟adeguata

considerazione dei limiti delle risorse. Tuttavia, ciò non deve

mai essere una giustificazione per omettere i dovuti sforzi di

tutela della persona umana, come primo valore ed obiettivo

cui si deve tendere.

Limitazione

La riduzione del rischio, anche quando considerata con

parametri di misura collettivi, deve essere sempre attuata

avendo cura di proteggere ogni singolo individuo. Occorre

pertanto stabilire livelli di rischio accettabili. I livelli di rischio

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accettabili possono variare a seconda delle condizioni sanitarie

o anagrafiche o connesse ad altre circostanze. La giustificazione

e l‟ottimizzazione del rischio costituiscano già in sé una prima

forma di limitazione del rischio stesso. Tuttavia, è doveroso in-

traprendere ulteriori azioni specifiche.

2.6. La responsabilità morale e giuridica per la promozione della cultura della Sicurezza

Comunicazione e trasparenza

I modi per comunicare il rischio sono stati approfonditamente

studiati nei loro vari aspetti.

Con una forte semplificazione, dalla sociologia del rischio si

può rilevare come le modalità di comunicazione del rischio

possano essere raggruppate in due tipologie principali.

Un modello privilegia la completezza, per cui si forniscono al

destinatario dell‟informazione ragguagli tecnici, dati quantitativi,

confronti ed altro.

Con il secondo modello si cerca invece di enucleare le infor-

mazioni strettamente indispensabili per comprendere la situa-

zione, limitando ad esse la comunicazione.

Sotto il profilo dell‟etica, entrambe le modalità sono valide, ma

a seconda delle circostanze sarà preferibile l‟una oppure l‟altra.

In entrambi i casi si dovrà rispettare un criterio di trasparenza.

Nella prima modalità esso impone che l‟abbondanza di dati

non offuschi la comprensione degli elementi fondamentali. Se

invece si adotta il secondo modello, la trasparenza impone

che l‟informazione sia completa e non manchino elementi ne-

cessari per la comprensione e per permettere una decisione

consapevole.

2.7. Il consenso informato

Il consenso informato è uno degli aspetti centrali nell‟etica

biomedica. Esso fa riferimento innanzi tutto al principio di autonomia,

e, dunque, a valori etici fondamentali, quali la libertà e la responsabilità.

Difficoltà possono insorgere quando si determinano conflitti tra

l‟autonomia del paziente ed il principio di beneficialità proprio

della deontologia medica.

Sotto il profilo dell‟etica, la qualità del consenso è sottomessa

ad almeno tre aspetti:

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1) Sono innanzi tutto indispensabili alcuni prerequisiti, ed in particolare: la competenza (e quindi la capacità di com-

prendere e di prendere una decisione) ed il carattere

volontario, libero ed esente da ogni coercizione, manipola-

zione, pressione.

2) Occorre poi un‟informazione adeguata. Ai cittadini che ri-

cevono trattamenti sanitari devono essere fornite informazioni

esautive affinché il consenso che essi possono esprimere sia

realmente informato. L‟operatore sanitario deve però essere

disponibile anche al dialogo, ed a fornire a voce chiarimenti

ed ulteriori informazioni. L‟informazione deve essere completa

e veritiera e deve riguardare, tra l‟altro, i possibili rischi e le

eventuali alternative.

3) L‟adesione costituisce l‟atto finale del consenso informato.

In alcuni casi esistono soglie oltre le quali l‟adesione non

può più essere ritirata (ad esempio, un intervento chirurgico

in corso e con paziente incosciente). Ove possibile, si deve

sempre lasciare all‟individuo la possibilità di ritirare il

consenso.

Si noti che questo ultimo aspetto non legittima una deresponsabi-

lizzazione dell‟operatore sanitario: la sua attività non può ridursi al-

l‟esecuzione di ciò che il soggetto liberamente sceglie: il professionista

sanitario ha il dovere morale, riconosciuto dalla deontologia, di agire

in scienza e coscienza per il bene del paziente, in un delicato equilibrio

tra autonomia del paziente e dovere di cura da parte del medico. Un

siffatto rapporto è spesso definito come “alleanza terapeutica”.

Ciò significa dunque che il consenso deve essere:

l relato, cioè inserito nel contesto della relazione tra medico

e paziente;

l informato, affinché il soggetto possa prendere una

decisione consapevole;

circostanziato, cioè riferito ad una specifica situazione e non ad eventualità generiche.

È evidente che non vi è un obbligo morale di chiedere il consenso per ogni circostanza in cui un soggetto determina un rischio per altre persone (la guida dell‟automobile costituisce un esempio). Nella pratica medica il consenso è invece, salvo alcune eccezioni, un elemento che non può essere eluso: esso è irrinunciabile in particolare nella sperimentazione clinica. L‟argomento è complesso

l

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e non può essere trattato con categorie assolute: si pensi, per

esempio, alle situazioni (sulle quali non ci si sofferma in questa

sede) in cui il soggetto è impossibilitato ad esprimere il consenso

oppure ne è incapace. D‟altra parte, vi sono situazioni in cui è mo-

ralmente inaccettabile sottoporre ad un rischio, anche se il soggetto

esprimesse il suo consenso.

È importante richiamare l‟attenzione sul pericolo che il

consenso sia ridotto ad un fatto formale e spersonalizzato. Esso

dovrebbe invece aiutare il dialogo e il rapporto personale di

fiducia tra l‟operatore sanitario ed il cittadino.

In uno schema che non ha pretesa di completezza, ma che

può essere utile come sintesi di riferimento, si riassumono qui gli

elementi fondamentali che nel consenso informato devono com-

parire:

il trattamento proposto (ciò implica che il paziente sia infor-

mato su diagnosi e prognosi);

gli effetti secondari che possono eventualmente essere

associati al trattamento;

i rischi ed i benefici attesi dal trattamento;

l

l

l

l le possibili alternative ed i loro rispettivi rischi e benefici;

la durata del trattamento. l

Nel chiedere il consenso il medico dovrebbe verificare che

l‟informazione fornita sia adeguatamente compresa, eventualmente

stimolando domande, e comunque mostrandosi disponibile a fornire

chiarimenti e risposte a quesiti che il soggetto volesse porre.

Per quanto riguarda i trattamenti condotti nell‟ambito di speri-

mentazioni cliniche, senza addentrarsi in un terreno tanto vasto

oggetto di altre parti del libro, si ricorda qui sinteticamente soltanto

il fatto che in tal caso il consenso deve specificare alcuni ulteriori

elementi, ed in particolare:

l il fine della sperimentazione, distinguendo chiaramente tra

interesse terapeutico per lo stesso soggetto ed interesse più

ampio di avanzamento delle conoscenze scientifiche;

i possibili rischi ed effetti secondari della sperimentazione rispetto al trattamento standard;

il metodo utilizzato: ad esempio, randomizzazione, cecità,

eventuale uso del placebo;

l

l

l le modalità di divulgazione dei risultati;

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lo svolgimento pratico della sperimentazione (ad esempio,

durata, esami cui sottoporsi, ospedalizzazione);

la possibilità di chiedere di ritirarsi in qualsiasi momento

dalla sperimentazione.

l

l

È evidente che nel caso di sperimentazioni che coinvolgono

persone incapaci o impossibilitate ad esprimere il consenso, occorre

rispettare ulteriori requisiti che discendono da principi etici, deon-

tologici e giuridici sui quali qui non ci si addentra.

2.8. Giustizia ed equità

Quanto esposto nei paragrafi precedenti è pertinente con molti

dei principi di etica, ed in particolare con i principi di autonomia e

beneficialità.

La gestione dei rischi impone di confrontarsi anche con il prin-

cipio di giustizia, che nell‟etica ha un valore fondamentale.

Nell‟affrontare i rischi la giustizia deve essere integrata sotto

diverse prospettive.

Evidentemente essa deve essere considerata innanzi tutto nella

distribuzione di rischi, oneri e benefici. È infatti un imperativo etico

irrinunciabile il rispetto di ogni singola persona. In generale è inac-

cettabile che un individuo sia penalizzato per il beneficio della col-

lettività o per interessi della maggioranza, sebbene vi siano eccezioni

e le generalizzazioni siano inadeguate (si pensi, ad esempio, a pro-

fessioni rischiose che vengono accettate, individualmente o in

strutture organizzate, per il bene comune).

Il medesimo principio di giustizia impone che coloro su cui

gravano rischi per un beneficio fruito parzialmente o integralmente

da altri ricevano, in qualche forma, adeguate compensazioni. Evi-

dentemente ciò non esclude forme di volontariato e di donazione.

Essendo la persona un valore fondamentale nella riflessione

etica, le comparazioni costi-benefici sollevano inevitabilmente il di-

lemma del confronto tra beni non commensurabili tra loro, come i

beni economici e la salute e l‟integrità individuale. Sarebbe tuttavia

irrealistico, ed anche controproducente per lo stesso bene della

persona che si vuole tutelare, rifiutare a priori qualunque considerazione

economica: la salute non ha prezzo, ma certamente ha un costo.

Il criterio di giustizia fa riferimento anche all‟equità procedurale

nel processo decisionale. Ciò significa che la procedura deve essere

trasparente ed accessibile a tutte le parti coinvolte. L‟equità

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procedurale richiede che alle parti coinvolte siano date non solo in-

formazioni ed opportunità di partecipazione, ma anche possibilità

di partecipazione attiva alla definizione dei problemi ed alle scelte

per affrontarli.

Nel settore sanitario la giustizia fa però anche inevitabilmente

riferimento a responsabilità che possono essere portate in sede

penale. È noto come in alcune nazioni la sempre maggiore tendenza

a portare nelle aule dei tribunali le controversie nate da rischi ed

errori in ambito medico abbia condotto a sviluppare una “medicina

difensiva”, che spinge il medico ad astenersi dall‟atto che gli

compete in funzione della probabilità che il “rischio sanitario” del

paziente diventi un “rischio giuridico” per il medico.

La sempre maggiore sensibilità del medico verso le possibili

conseguenze giudiziarie dei suoi atti è anche una delle cause del

sempre maggior ricorso ad esami diagnostici non necessari, che da

complementari diventano così, nella percezione comune, indispensabili.

2.9. Considerazioni generali

Sulla base di quanto precedentemente esposto, si possono

forse esprimere tre ordini di considerazioni.

Il primo consiste nel fatto che la riflessione elaborata nella

storia della bioetica come disciplina autonoma ha riguardato preva-

lentemente la clinica e la sperimentazione, focalizzando quindi

l‟interesse sulla dimensione individuale. Qualcuno potrebbe ritenere

che i valori di riferimento per la protezione dell‟individuo siano in-

sufficienti quando si debba considerare la collettività, ed in particolar

modo quando si operi in sanità pubblica. In realtà è proprio l‟indivi-

duazione di riferimenti stabili e non relativi che conferisce ai valori

qualità di universalità e rispondenza a tutte le situazioni, individuali

come comunitarie.

Il secondo ordine di considerazioni riguarda la consapevolezza

che il rischio, proprio perché rimanda alla nozione di incertezza ed

alla difficoltà di misure oggettive, rende evidente come il dato tecni-

co-scientifico e la sua gestione non possano essere “value-free”, ma

richiedano una costante tensione verso la verità.

Un terzo aspetto che si vuole qui evidenziare riguarda il fatto

che la gestione del rischio è un terreno in cui tipicamente valori

diversi entrano in conflitto: la protezione della collettività può

rendere difficoltosa la tutela di singoli individui oppure di gruppi di

individui; le esigenze di efficienza talvolta si scontrano con i criteri

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di equità; la tutela della salute può contrastare lo sviluppo economico;

i diritti individuali possono scontrarsi con quelli collettivi; le istanze

della popolazione possono essere in contrasto con le opinioni degli

esperti.

A fronte di tali difficoltà, la deontologia che ogni operatore sa-

nitario dovrebbe seguire invita a: mantenersi costantemente aggiornati;

conoscere ed osservare norme, regole, Linee guida, codici di

condotta pertinenti con la propria professione; conoscere e rispettare

le competenze, le responsabilità, gli incarichi dei colleghi; integrarsi

nell‟ambiente di lavoro e rispondere alle legittime attese dei pazienti.

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Zinn Jens O, Japp Kalus P, Kusche I, Lyng S, O‟Malley P, Tulloch J, Social theories of risk and uncertainty. An introduction, 2008, Malden, Blackwell Publishing.

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CAPITOLO 3

LA SICUREZZA DEI PAZIENTI E LA PREVENZIONE DEGLI ERRORI IN TERAPIA

SUL TERRITORIO: LE FARMACIE DI COMUNITA’. LA SICUREZZA NELL’USO DEI PRODOTTI

AD ATTIVITA’ SALUTARE.

3.1. Introduzione

È noto che molti errori in terapia si verificano sul territorio e

che almeno la metà è dovuta ad una scarsa attenzione all‟appro-

priatezza dell‟uso dei farmaci. Pertanto, è necessario valutare

tempestivamente la tipologia, le cause e la frequenza dei problemi

correlati all‟uso dei farmaci ed adottare misure preventive

finalizzate a garantire al cittadino un percorso assistenziale sicuro

e di qualità.

3.2. Gli errori nella gestione del farmaco sul territorio: cause e fattori contribuenti, misure preventive

Negli ultimi anni molti Paesi europei hanno ritenuto, come

priorità istituzionale, avviare iniziative tese a promuovere l’uso ra-

zionale dei farmaci e a migliorare l‟aderenza dei pazienti alle

terapie; infatti, attualmente, solo il 50% dei pazienti affetti da

patologie croniche si attiene alle raccomandazioni per la propria

cura.

La mancata assunzione di un farmaco da parte di un paziente

dipende da numerosi fattori:

l l‟interruzione arbitraria della terapia per effetti

collaterali mal tollerati o la mancanza di fiducia nei

benefici apportati dal trattamento in rapporto ai rischi;

l‟impossibilità economica di sostenere per lungo tempo un

trattamento troppo costoso;

l

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la sfiducia nella prescrizione o la non volontà di intraprendere

una terapia che potrebbe portare a modificare il proprio

stile di vita o delle abitudini.

Per garantire l‟aderenza alle terapie farmacologiche è necessario

promuovere, con una chiara definizione dei loro ruoli e delle com-

petenze, il coinvolgimento, di tutti gli attori interessati a questa pro-

blematica: pazienti, operatori sanitari (farmacisti, medici, infermieri),

Istituzioni, Aziende sanitarie, Regioni, Aziende farmaceutiche.

Proprio in tal senso il ruolo del farmacista di comunità è indi-

spensabile per una serie di motivi: il contatto frequente e diretto con

il paziente, la semplice accessibilità della farmacia al pubblico,

l‟esperienza in tema di medicinali basata sia su competenze tecniche

che su competenze non tecniche (Non Techical Skill).

L‟attività dei farmacisti di comunità (Pharmaceutical care)

risulta particolarmente importante per i pazienti appartenenti alle

categorie “fragili” quali i bambini, gli anziani, i disabili.

Il farmacista e il medico di medicina generale devono verificare,

quando possibile, se il paziente ha bisogno di comprendere la

propria cura, incoraggiandolo a fare domande e discutere con lui i

possibili ostacoli che ne impediscono una piena aderenza.

Altro aspetto di notevole interesse da considerare ai fini della

Sicurezza dei pazienti è l‟insorgenza di patologie iatrogene. L‟in-

tossicazione da farmaci rappresenta il 36% delle intossicazioni

acute; può avvenire intenzionalmente a scopo autolesivo o per

errore di dosaggio, soprattutto nei bambini in ambito domestico: i

farmaci del sistema respiratorio e quelli del sistema nervoso risultano

più coinvolti negli errori in terapia.

L‟errore può riguardare:

l l‟errata scrittura del medico o l‟errata lettura da parte

del farmacista;

l

lo scambio di farmaci: confezioni simili o nomi simili,

dosaggi diversi per fasce di età (adulti e bambini) in confezioni

identiche, confezioni simili che si differenziano, ad esempio,

solo per il colore di una sottile striscia;

l la modalità di preparazione;

l

i farmaci in polvere da sospendere; l

l l‟assunzione del soluto senza il solvente e viceversa;

l la scadenza del farmaco;

48

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la via di somministrazione; l

l la somministrazione di un farmaco diverso da quello

prescritto;

la posologia: assunzione in una sola volta di una dose in-

congrua o assunzione di dosi corrette ma ripetute varie

volte nella giornata con un sovradosaggio del farmaco.

Le cause che portano all‟errore possono essere molteplici: la

distrazione, una non corretta gestione dei farmaci con nomi e con-

fezioni simili, la difficile comprensione della ricetta, la scarsa

attenzione alla posologia prescritta, alla preparazione della ricetta

medica, alla consegna del medicinale.

Le misure preventive. È necessario, ai fini della Sicurezza dei

pazienti, elaborare e condividere procedure e comportamenti tra

farmacisti, medici di medicina generale e pediatri di famiglia, Aziende

sanitarie, Ordini professionali, ed altri attori coinvolti nella gestione del

farmaco in ospedale e sul territorio. Gli interventi devono riguardare:

a. La ricetta

Il farmacista deve leggere sempre con attenzione il nome del

farmaco e verificare ogni parte della ricetta:

l il nome e la eventuale specializzazione del medico;

l

la data della prescrizione; l

l le eventuali generalità, le iniziali o il codice fiscale del paziente; la prescrizione;

la posologia, le indicazioni e le modalità di utilizzo del

farmaco prescritto;

la firma in originale del medico.

l

l

l

Quando possibile, il farmacista deve accertare, tramite un

breve colloquio professionale:

l‟identità di chi ritira i farmaci; l

l lo stato di salute, l‟età, il sesso e il gruppo etnico del paziente;

se il paziente è in politerapia e quali farmaci sta assumendo; l

l idiosincrasie, allergie, intolleranze eventualmente riscontrate

nella storia clinica del paziente.

Sarebbe di notevole utilità che la ricetta fosse compilata con

mezzi informatici o usando lettere in stampatello e in ogni

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caso garantendo una grafia chiara e comprensibile.

b. Il farmacista

Il ruolo del farmacista è strategico nella prevenzione degli

errori in terapia. Infatti contribuisce a:

migliorare l‟aderenza alle terapie, con particolare attenzione

a quelle per le patologie croniche (ipertensione, diabete,

asma, iperlipidemie) e a quelle per il trattamento della

dipendenza da tabacco, alcool e con antibiotici;

incoraggiare stili di vita e comportamenti salutari;

favorire una comunicazione tra professionisti sanitari per

una alleanza terapeutica;

attuare una continuità assistenziale informatizzata. L‟acces-

sibilità per i farmacisti, medici di medicina generale e

pediatri di famiglia a banche dati è di fondamentale

importanza anche per la revisione delle terapie e l‟intercet-

tazione di possibili interazioni ed errori;

favorire l‟informazione ai pazienti sulla terapia e sulle

modalità di assunzione della stessa (assistere i pazienti nella

lettura e comprensione del foglietto illustrativo allegato al

farmaco, essere disponibili alla verifica della corretta esecu-

zione del regime prescrittivo);

consigliare il paziente nella ricerca di fonti valide e attendibili

di informazioni tra i media, Internet e letteratura;

promuovere e partecipare a programmi di educazione alla

salute rivolti ai cittadini per aiutarli a gestire la propria cura

soprattutto se affetti da patologie croniche ed in politerapia;

partecipare attivamente alla propria formazione;

attuare nel rispetto dei ruoli e delle competenze un controllo

dell‟andamento terapeutico del paziente.

l

l

l

l

l

l

l

l

l

c. Il farmaco

preferire, laddove possibile, l‟utilizzo di confezioni predosate

(confezioni monouso o bustine);

l conservare o distinguere in modo evidente le confezioni de-

stinate agli adulti da quelle per bambini e quelle di farmaci

con nomi o confezionamento simili;

l considerare le possibili interazioni in caso di politerapie.

l

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d. Il paziente

Il farmacista può suggerire al paziente o a chi si prende cura di

lui di:

l scrivere l‟ora in cui si assume o si somministra il farmaco,

raccomandando di effettuare queste operazioni sempre alla

stessa ora e allo stesso modo);

tenere separati i medicinali che, pur avendo confezioni simili, hanno indicazioni terapeutiche e vie di somministra-

zione diverse;

l conservare i farmaci in condizioni idonee a mantenere la

stabilità del prodotto e in situazioni ottimali di temperatura,

luce, umidità;

l controllare le date di scadenza dei farmaci;

l

provvedere allo smaltimento dei farmaci scaduti e non uti- lizzabili servendosi degli appositi contenitori;

usare particolare attenzione nella diffusa pratica dell‟auto-

medicazione, che spesso comporta un‟alta incidenza di

errori in terapia.

l

l

I pazienti anziani, affetti da più di una patologia cronica, assu- mono in genere più di un medicinale con una probabilità più

elevata di incorrere in fenomeni indesiderati di interazioni tra

farmaci; inoltre, hanno con una maggiore probabilità disturbi

di memoria e difficoltà di comprensione delle indicazioni tera-

peutiche, delle modalità e dei tempi di somministrazione dei

farmaci. Problemi quali la perdita dell‟acuità visiva, delle

abilità manuali, anche semplicemente per aprire un flacone o

estrarre una compressa da un blister, potrebbero rendere

difficile l‟assunzione di un medicinale.

Programmi specifici per l‟assistenza domiciliare da parte delle

Aziende sanitarie e degli Ordini professionali possono contribuire

a ridurne i rischi per la salute e garantire il benessere del pazienti.

3.2.1. L’educazione nelle scuole

La Commissione Europea ha evidenziato la necessità di una

informazione trasparente sui farmaci da prescrizione destinata

ai pazienti e l‟opportunità di distinguere quali sono le informa-

zioni essenziali per la salute: il farmacista di comunità può

avere un ruolo importante per garantire la giusta informazione

al cittadino.

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Questo compito di educatore sanitario potrebbe essere trasformato

in un ruolo di informatore istituzionale se si attuassero in

modo sistematico iniziative rivolte al mondo della scuola: con-

tribuire oggi alla formazione del cittadino di domani, anche

sull‟utilizzo dei farmaci e sul Rischio clinico degli stessi, è un

compito gratificante per il farmacista in rapporto ad una sanità

più legata al territorio e nel quadro di una prevenzione globale.

3.2.2. Il rapporto con il medico di medicina generale e con il

pediatra di famiglia

Grazie al rapido progresso delle scienze farmaceutiche, le in-

formazioni relative ai farmaci si ampliano e si approfondiscono

di continuo. Per prevenire gli errori in terapia, occorre che le

informazioni siano tempestivamente condivise da tutti i pro-

fessionisti interessati e quindi è auspicabile una forte collabo-

razione tra medici di medicina generale, pediatri di famiglia e

farmacisti nell‟ottica un cambiamento culturale sia in ospedale

che sul territorio.

Il farmacista, su indicazione del medico e del paziente, può

partecipare al controllo della malattia e alla valutazione dei

fattori di rischio nell‟uso dei farmaci, attraverso un‟assistenza

farmaceutica continuativa, senza ovviamente formulare diagnosi,

ma a supporto di interventi clinico-terapeutici, quali, ad

esempio, la misurazione della pressione arteriosa, della glicemia,

del peso corporeo.

Il farmacista, nel quadro di un‟alleanza terapeutica, può offrire

al paziente informazioni sul meccanismo d‟azione dei farmaci,

sulla posologia adeguata, sugli effetti collaterali o interazioni

nonché sui prodotti erboristici, fitoterapici, omeopatici. Per

uno sviluppo corretto della qualità e dell‟efficacia della forma-

zione delle professioni sanitarie (farmacista, medico) sono da

favorire momenti formativi condivisi, idonei a perfezionare il

rapporto e a supplire alle carenze legate al sistema sanitario

(prevenzione cardiovascolare, diabete, epidemie stagionali,

malattie infantili).

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e i pediatri di famiglia e con i medici ospedalieri. Invitare i medici a com-

igieniche, di temperatura, di luce e di umidità previste.

confezione.

tica.

quanto indicato dal medico su una nota.

curante.

sanitaria.

3.3. La Sicurezza dei pazienti nella gestione dei prodotti ad attività salutare

3.3.1. Tipologie dei prodotti

a. Prodotti destinati ad un’alimentazione particolare

I prodotti alimentari destinati ad un‟alimentazione particolare

per la loro composizione o per il processo di fabbricazione si

distinguono nettamente dagli alimenti di consumo corrente;

sono adatti all‟obiettivo nutrizionale indicato e sono commer-

cializzati in modo da indicarne la conformità e pertanto

devono essere posti in vendita preconfezionati e completamente

avvolti nell‟imballaggio (Decreto Legislativo n. 111/92).

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Tabella 3.1. Le Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti

Prestare attenzione alla prescrizione

Leggere attentamente la ricetta e il nome del farmaco.

Comunicare con gli

altri operatori sanitari

Favorire la collaborazione e il dialogo con i medici di medicina generale

pilare la ricetta con mezzi informatici o usando lettere in stampatello.

Conservare i farmaci in condizioni idonee

Conservare i farmaci in condizioni idonee per la stabilità e nelle situazioni

Controllare la data di scadenza del farmaco

Controllare la data di scadenza del farmaco anche prima della consegna.

Separare

Separare le confezioni destinate agli adulti da quelle dei bambini, anche nel frigo. Separare i farmaci che presentano somiglianza del nome e della

Evidenziare Evidenziare confezioni simili di farmaci della stessa Azienda farmaceu-

Fornire indicazioni

Fornire ogni informazione sui farmaci e provvedere se richiesto a scrivere sulle confezioni l‟ora di assunzione e la posologia oppure a ricopiare

Consigliare

Consigliare il buon uso del farmaco anche per quelli di automedicazione.

Supportare

Supportare il paziente nella cura domiciliare in accordo con il medico

Essere sempre aggiornati

Aggiornare le proprie conoscenze nel quadro di una formazione continua

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A differenza degli alimenti destinati al consumo corrente, questi alimenti devono rispondere ad esigenze nutrizionali

particolari, ad esempio, per persone il cui processo di assimi-

lazione o il cui metabolismo è alterato, oppure per persone

che si trovano in condizioni fisiologiche particolari per cui

possono trarre benefici dall‟assunzione controllata di talune

sostanze negli alimenti, o ancora per lattanti o bambini,in

buona salute, nella prima infanzia.

Alcuni di questi prodotti rientrano in categorie speciali per cui

sono previste normative specifiche:

alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento (DM n. 500/94, n. 518/98 e n. 371/01);

l alimenti a base di cereali ed altri alimenti per bambini (DPR

n. 128/99 e n. 132/00);

l alimenti destinati a fini medici speciali (DPR n. 57/02);

l alimenti destinati a diete ipocaloriche per il controllo del

peso (DM n. 519/98);

l alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare (Circ. Min.

San. n. 8/99).

l

b. Integratori alimentari

Gli integratori alimentari sono destinati ad integrare la comune

dieta e costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive,

(vitamine e minerali) o di altre sostanze aventi effetto nutritivo

(in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi

grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia

monocomposti che pluricomposti) in forme predosate -quali

capsule, pastiglie, compresse, pillole, gomme da masticare e

simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a

contagocce e altre forme simili di liquidi, di polveri destinati

ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari- (Decreto

Legislativo n. 169/04, recepimento della direttiva 46/2002/CE). I

componenti vegetali devono soddisfare i requisiti di purezza e

di sicurezza e devono essere facilmente identificabili attraverso

la denominazione comune e il nome botanico.

c. Cosmetici

La normativa definisce i cosmetici come “sostanze e preparazioni

diverse dai medicamenti destinate a essere applicate sulle

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superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero

e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui

denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivo o preva-

lente, di pulirli, profumarli, modificarne l‟aspetto, correggere

gli odori corporei, proteggerli o mantenerli in buono stato”

(Legge. n. 713/86, come modificata dal Decreto Legislativo n.

126/97). I prodotti cosmetici non possono vantare finalità tera-

peutiche, mentre ad essi possono essere attribuite funzionalità

come pulire, profumare, proteggere la cute o i suoi annessi.

3.3.2. Rischi nella gestione

a. Il processo di acquisto

I rischi connessi al processo di acquisto di prodotti a valenza

sanitaria sono differenti a seconda della tipologia del prodotto

e della fonte di approvvigionamento. Per quanto riguarda

questa ultima, sebbene sia sempre responsabilità del farmacista

controllare la legittimità del prodotto acquistato, è evidente

che l‟acquisto diretto dal produttore richieda maggiore attenzione.

Infatti, con l‟approvvigionamento attraverso un distributore in-

termedio qualificato, la farmacia può usufruire, se previsto, del

controllo effettuato a monte da questo ultimo.

L‟etichetta deve soddisfare alcuni requisiti, ad esempio, per

quanto riguarda gli integratori in particolare, il Decreto

Legislativo 169/2004 prescrive che l‟etichetta non deve attribuire

proprietà terapeutiche e non devono essere presenti diciture

che affermino o che sottintendano che una dieta equilibrata

non sia in grado di apportare le sostanze nutritive in quantità

sufficienti. Per i cosmetici è prevista la comunicazione, al Mi-

nistero della Salute, dell‟inizio attività, che non prevede però

l‟invio di un modello di etichetta, bensì di un elenco completo

e dettagliato delle sostanze impiegate e di quelle contenute

nel prodotto commerciale, indicate secondo la denominazione

dell‟INCI (International Nomenclature Cosmetic Ingredient),

con relativa dichiarazione di conformità delle sostanze alle di-

sposizioni della Legge n. 713/86 e successive modifiche.

Le irregolarità più frequentemente riscontrate, indicate dal Mi-

nistero della Salute, riguardano:

l la non corretta indicazione degli ingredienti del cosmetico;

la presenza di indicazioni terapeutiche vietate dalla legge; l

l le confezioni confondibili con prodotti di altro genere;

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l‟indicazione sbagliata della data di scadenza. l

Al farmacista spetta la verifica della legittimità dei prodotti ac-

quistati. La complessità della verifica e la responsabilità del

farmacista sono inversamente proporzionali al livello di controllo

esercitato dall‟Autorità Competente. Per i cosmetici è necessario

verificare sia la correttezza dell‟etichetta, sia che gli ingredienti

siano indicati conformemente alla Nomenclatura INC (Inter-

national Nomenclature of Cosmetic Ingredients).

b. L’atto di consiglio e vendita

Al fine di fornire un consiglio appropriato, il farmacista deve in-

nanzitutto comprendere le necessità del paziente e la finalità d‟uso

del prodotto. In questo modo, e solo dopo aver verificato l‟assenza

di controindicazioni nel caso specifico, egli potrà consigliare il

prodotto più idoneo. È inoltre essenziale che il farmacista spieghi

al paziente il modo corretto per utilizzare il prodotto.

Caso studio. Ad un paziente di 28 anni che lamentava

“mal di gola” e che richiedeva “prodotti erboristici”,

il farmacista consigliava uno spray alla propoli senza

controllare l’assenza di controindicazioni. Il paziente

in seguito ha sviluppato una risposta allergica con rash cutanei e si è rivolto al Pronto Soccorso. In

questo caso l’episodio si sarebbe potuto evitare se il

farmacista avesse verificato l’esistenza di allergie

note tramite colloquio con il paziente.

c. Le interazioni con i medicinali

Le interazioni tra farmaci e prodotti di origine vegetale hanno

un‟incidenza rilevante: le “piante” infatti, sono oggetto di largo

uso e sono considerate, nell‟opinione corrente, „sicure‟ in

quanto naturali, ma contengono principi attivi in grado di

avere interazioni con i medicinali, sia farmacocinetiche (ad

esempio, quali induttori o inibitori enzimatici) sia farmacodi-

namiche (interagendo con gli stessi sistemi che sono target di

farmaci).

Il farmacista è spesso l‟unico operatore sanitario a conoscere

tutti i farmaci e i prodotti ad attività salutare utilizzati dal

paziente ed è potenzialmente in grado di evidenziare, anche

con l‟ausilio di mezzi informatici, le possibili interazioni: il

Ginkgo Biloba, presente in numerosi integratori, ad esempio, è

stato oggetto di studi in quanto reputato in grado di causare

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emorragie quando somministrato in associazione con antiag-

greganti piastrinici.

3.3.3. Le misure preventive

Non è eccessivo ritenere che nella farmacia sia necessario

attuare un vero e proprio sistema di gestione del Rischio

clinico che permetta, tra l‟altro, interventi preventivi e correttivi.

È necessario, innanzitutto, avere collaboratori con formazione

specifica nei settori dell‟area salutare che si intende sviluppare

ed è responsabilità della Direzione identificare le esigenze for-

mative del personale.

È necessario prestare particolare attenzione ai fattori di rischio

che riguardano sopratutto:

la documentazione. È opportuno identificare i processi più l

critici, come la qualifica del fornitore o la rintracciabilità

dei prodotti, e per questi prevedere procedure scritte.

L’approvvigionamento. L‟area approvvigionamenti

rappresenta un importante pilastro su cui poggia l‟intero

sistema di gestione del rischio. È evidente infatti che la

tipologia del fornitore (produttore o distributore intermedio)

e del prodotto ha un immediato impatto sulla complessità

delle procedure da seguire nel processo di acquisto.

L’identificazione e rintracciabilità dei prodotti. Il concetto

l

l

di identificazione del prodotto è inteso come mezzo per

l‟individuazione del prodotto stesso, ottenuto attraverso

l‟etichettatura e l‟eventuale documentazione allegata

(foglio illustrativo, scheda tecnica). Il concetto di

rintracciabilità fa invece riferimento alla capacità di

ricostruire la completa storia del prodotto acquistato. Non

è infrequente il ritiro dal commercio di singoli lotti di un

prodotto, disposti spontaneamente dal produttore: in

questo caso è necessario che la comunicazione del ritiro

arrivi tempestivamente alle farmacie.

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Minghetti P, Marchetti M, Legislazione farmaceutica, 2008, Ambrosiana.

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CAPITOLO 4

L’EVOLUZIONE DELLA PROFESSIONE DEL FARMACISTA IN FARMACIA,

TRA NUOVI SERVIZI E RISCHIO CLINICO

4.1. La farmacia dei servizi: il nuovo ruolo del farmacista

Il progressivo invecchiamento della popolazione, come dimo-

strano le principali ricerche sul quadro socio-demografico dei P aesi

dell‟Unione Europea, ha generato un aumento dell‟aspettativa di

vita e una elevata richiesta di servizi per la salute e il benessere psi-

co-fisico. In risposta a tale esigenza, le nuove strategie organizzative

di politica sanitaria dei Paesi aderenti all‟Unione Europea si stanno

indirizzando verso concetti quali prevenzione, deospedalizzazione,

home care, razionalizzazione delle risorse, sviluppo delle tecnologie

sanitarie, contenimento dei costi.

È in tale scenario che deve essere collocato il Decreto Legislativo

n. 153 del 3 ottobre 2009 che individua nella farmacia un centro

socio-sanitario facilmente accessibile alle esigenze di salute del cit-

tadino. Tale Decreto, infatti, non nasce sulla base di esigenze o

urgenze del momento ma rappresenta il frutto di una lunga riflessione

da parte degli attori del sistema e dello stesso legislatore. Già dal

2006, infatti, la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani

(FOFI) si faceva promotrice di un‟azione di ripensamento del ruolo

della farmacia per avvicinarla sempre più alle esigenze del cittadino

e per rispondere alle richieste, sempre più pressanti, di contenimento

dei costi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Il 26 ottobre 2006,

in occasione del convegno sulla professione svoltosi a Palazzo

Marini in Roma, la Federazione presentava un documento nel quale

si prefiguravano le sfide alle quali i farmacisti avrebbero dovuto

dare risposta all‟inizio del nuovo millennio e, al tempo stesso,

illustrava proposte e strumenti per una nuova farmacia dei servizi in

grado di rispondere a tali nuove esigenze. Così, tra le altre, è

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possibile ritrovare in quel documento innovativo proposte per

introdurre in farmacia le analisi di prima istanza, il primo soccorso,

la collaborazione con i medici per il monitoraggio della terapia,

l‟erogazione al cittadino di farmaci anche senza la presentazione di

ricetta medica in caso d‟urgenza, l‟informazione e la prevenzione

sui corretti stili di vita e ulteriori servizi sanitari svolti in farmacia da

professionisti abilitati (ad esempio, infermieri).

Alcune delle numerose proposte federali hanno seguito un iter a sé, come testimonia l‟approvazione del Decreto Ministeriale

31.3.2008, con la possibilità per il farmacista di consegnare al

cittadino medicinali anche in assenza di ricetta in caso di necessità e

urgenza (patologia cronica, necessità di non interrompere il trattamento

terapeutico, prosecuzione della terapia a seguito di dimissioni ospe-

daliere). Per le proposte che riguardavano la farmacia di comunità, il

documento federale ha prodotto come risultato lo sviluppo di un di-

battito su tutte le componenti professionali di categoria, gli attori

della filiera e le istituzioni di governo. In occasione, poi, della

revisione del Codice deontologico del farmacista, il Consiglio

Nazionale della Federazione degli Ordini riteneva giunto il momento

di inserire, tra le norme etiche che regolano la professione, il concetto

di farmacia “presidio socio-sanitario e centro di servizi sanitari”.

In seguito a tale dibattito è scaturita una delega al Governo

(art. 11 della legge n. 69 del 18.6.2009) per adottare uno o più

decreti legislativi finalizzati all‟individuazione di nuovi servizi a

forte valenza socio-sanitaria da erogare in farmacia nell‟ambito del

SSN. In attuazione di tale delega è stato emanato il Decreto

Legislativo n. 153 del 3 ottobre 2009 (pubblicato nella Gazzetta Uf-

ficiale n. 257 del 4 novembre 2009) dal titolo: Individuazione di

nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio Sanitario

Nazionale, nonché disposizioni in materia di indennità di residenza

per i titolari di farmacie rurali, a norma dell’articolo 11 della Legge 18 giugno 2009, n. 69. Nel Decreto vengono individuati i seguenti

nuovi servizi che la farmacia, nell‟ambito del Servizio sanitario na-

zionale e nel rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari re-

gionali, potrà erogare:

l assistenza domiciliare;

monitoraggio per il corretto utilizzo dei medicinali; l

l servizi di primo livello per sostenere le campagne sanitarie di prevenzione ed educazione promosse dalle istituzioni

nazionali e locali;

60

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servizi di secondo livello da svolgere anche con l‟ausilio del

personale infermieristico;

prenotazione visite ed esami specialistici.

l

l

Prima di entrare nel dettaglio di cosa prevede la normativa per

i nuovi servizi, è bene evidenziare alcuni punti chiave che si

evincono dal Decreto Legislativo 153/2009.

In primo luogo, come ribadito nell‟art.1, comma 5, base per

l‟operatività dei nuovi servizi è la collaborazione interprofessionale

dei farmacisti delle farmacie pubbliche e private con i medici di

medicina generale e i pediatri di famiglia: tale indicazione non va

letta unicamente nel necessario collegamento, più volte richiamato

dal Decreto, tra il servizio offerto dalla farmacia e la prescrizione

medica, quanto nell‟ottica dell‟approccio multidisciplinare e multi-

professionale nel trattamento delle patologie del paziente e nel suo

continuo monitoraggio. A riprova della necessità di tale collaborazione,

l‟art. 3 del Decreto prevede che, nel rinnovo degli Accordi Collettivi

Nazionali per le farmacie pubbliche e private, circa gli aspetti

riguardanti la collaborazione interprofessionale, siano sentite la Fe-

derazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI) e la Federazione

Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

(FNOMCeO).

In secondo luogo, considerate le possibili difficoltà nell‟eroga-

zione di tutti i nuovi servizi e, a volte, la complessità organizzativa

richiesta per alcuni di questi, il Decreto Legislativo prevede una

libera adesione da parte della farmacia (art. 2, comma 1, lettera b,

numero1). È auspicabile, pertanto, che in ogni farmacia si effettui

un‟analisi delle proprie disponibilità/risorse e delle richieste provenienti

dal territorio di riferimento prima di intraprendere tali nuove attività.

Su tale punto, in particolare per quanto concerne le farmacie

pubbliche, il Decreto Legislativo subordina (art. 1, comma 3) la loro

adesione all‟osservanza di criteri che verranno fissati con Decreto

del Ministro della Salute (di concerto con il Ministro dell‟Economia

e delle Finanze e sentito il Ministro dell‟Interno) in base ai quali ga-

rantire il rispetto delle norme vigenti in materia di patto di stabilità

dirette agli enti locali e senza maggiori oneri per la finanza pubblica

e incrementi di personale.

In terzo e ultimo luogo si pone la questione dei costi di tali

servizi. L‟art 6 del Decreto Legislativo 153/2009 stabilisce che dal-

l‟attuazione dello stesso Decreto non debbano derivare nuovi e

maggiori oneri a carico della finanza pubblica. È previsto, peraltro,

61

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che l‟Accordo Collettivo Nazionale definisca i principi, i criteri e il

tetto massimo di spesa a livello nazionale per la remunerazione da

parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) dei nuovi servizi entro

il limite dell‟accertata diminuzione degli oneri derivante per il me-

desimo SSN, per le Regioni e gli Enti locali, dallo svolgimento delle

suddette attività da parte delle farmacie. Viene, in questo senso, uti-

lizzato il concetto economico dell‟esternalità positiva secondo il

quale ogni azione sanitaria posta in essere con l‟erogazione dei

nuovi servizi attribuiti alle farmacie può produrre economie di

spesa. Si pensi, in particolare, alle economie dei processi di deospe-

dalizzazione che la nuova rete collaborativa tra medici, pediatri e

farmacisti renderà possibile e alla migliore adesione dei pazienti ai

percorsi diagnostico-terapeutici favoriti dalla medesima rete colla-

borativa. Saranno, poi, le singole Regioni, entro il limite loro fissato

e attraverso gli accordi integrativi, a stabilire modalità e tempi di pa-

gamento per le remunerazioni delle prestazioni e delle funzioni as-

sistenziali previste nello stesso Decreto. Qualora tale limite di spesa

venga superato, lo stesso Decreto Legislativo pone a carico del

cittadino i costi delle relative prestazioni e funzioni assistenziali.

Pertanto, è doveroso esaminare il quadro normativo dei nuovi

servizi che prevede il Decreto.

Assistenza domiciliare integrata

Nella riorganizzazione dei servizi sanitari europei è sempre

più diffusa la tendenza, ove le condizioni della patologia lo

consentano, di garantire cure ed assistenza al domicilio del

paziente. È dimostrato che tale modello organizzativo, oltre

che a rispondere a una esigenza di razionalizzazione dei costi

di degenza ospedaliera, favorisce nel paziente le idonee con-

dizioni socio-psicologiche per la cura.

Secondo l‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel

prossimo decennio le home care saranno lo strumento cruciale

di evoluzione dell‟assistenza sanitaria per tutta l‟Europa, per i

seguenti motivi:

il progressivo invecchiamento della popolazione determinerà

un aumento dei tassi di anziani non autosufficienti con

malattie croniche (diabete, malattie cardiache, cancro) o

problemi di salute mentale (Alzheimer);

l la frammentazione della famiglia tradizionale in piccole

unità familiari, unitamente alla forte mobilità lavorativa,

l

62

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renderanno sempre meno possibile l‟assistenza agli anziani

da parte di membri della propria famiglia;

l lo sviluppo della tecnologia e della scienza amplierà le pos-

sibilità di cure domiciliari;

l‟evidente economicità delle spese per l‟assistenza domiciliare

nei confronti della spesa ospedaliera;

l la qualità della vita della persona presso il proprio domicilio.

L‟integrazione tra le diverse competenze mediche e sanitarie

nell‟approccio a tale tipo di assistenza è il cardine sul quale si fonda il nuovo modello organizzativo. Nel Decreto, infatti, si

prevede la partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza

domiciliare a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel ter-

ritorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto

delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di

famiglia attraverso:

l

la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e di-

spositivi medici;

la preparazione e la dispensazione a domicilio delle miscele

per la nutrizione artificiale e dei farmaci antidolorifici, nel

rispetto delle relative Norme di Buona Preparazione e di

buona pratica di distribuzione dei medicinali e nel rispetto

delle prescrizioni e delle limitazioni stabilite dalla

normativa;

la dispensazione, per conto delle strutture sanitarie, dei

farmaci a distribuzione diretta;

la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di

infermieri e di fisioterapisti per la effettuazione, a

domicilio, di specifiche prestazioni professionali richieste

dal medico di medicina generale o dal pediatra di famiglia.

Su tale punto, peraltro, il Decreto limita tali prestazioni ai

cosiddetti “servizi di secondo livello” tra i quali rientrano le

analisi di prima istanza e le ulteriori prestazioni,

individuate con Decreto del Ministro della Salute, sentita la

Conferenza per i rapportI Stato-Regioni-Province Autonome

l

l

l

l

Monitoraggio sul corretto uso dei medicinali

La lett. b) dell‟art.1, comma 2, del Decreto Legislativo 153/2009,

prevede la collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a:

63

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garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il

relativo monitoraggio;

favorire l‟aderenza dei malati alle terapie mediche, anche

attraverso la partecipazione a specifici programmi di Farma-

covigilanza.

l

l

Tali funzioni non possono definirsi vere e proprie novità per la

farmacia. Lo stesso Codice Deontologico del Farmacista del

2007 ha previsto all‟art. 12, un ruolo del farmacista per garantire

una informazione sanitaria chiara, corretta e completa, con

particolare riferimento all‟uso appropriato dei medicinali, alle

loro controindicazioni, agli effetti collaterali e alla loro conser-

vazione. Anche per quanto riguarda la Farmacovigilanza, in

base a quanto stabilito dall‟art. 132 del Decreto Legislativo

219/2006 come modificato dal Decreto Legislativo 274/2007,

il farmacista è già obbligato a segnalare tutte le sospette reazioni

avverse di cui venga a conoscenza nell‟ambito della propria

attività e, già dal 2006, la FOFI ha attivato un sito per l‟invio te-

lematico di tali segnalazioni ai responsabili di Farmacovigilanza

delle ASL competenti per territorio.

Il Decreto, pertanto, legittima quella che è un‟attribuzione del

farmacista come professionista del farmaco e, soprattutto, lo

incardina all‟interno dell‟azione di monitoraggio dei servizi

sanitari nazionali, regionali e locali. Termini quali Compliance,

Rischio clinico, Pharmaceutical care, diventeranno sempre

più parte della formazione e del ruolo del farmacista.

Programmi di educazione sanitaria e campagne di prevenzione

La farmacia parteciperà ai programmi di educazione sanitaria e

alle campagne di prevenzione, a livello nazionale e regionale,

riguardanti le principali patologie a forte impatto sociale, rivolte

alla popolazione in generale e, in particolare, ai gruppi a

rischio. Tale partecipazione si concretizzerà attraverso l‟erogazione

dei cosiddetti “servizi di primo livello” che consisteranno in

attività di informazione in farmacia ai cittadini prevedendo,

ove necessario, una previa attività di formazione dei farmacisti.

Anche tale previsione contribuisce a rafforzare la vocazione

socio-sanitaria della farmacia che, sfruttando la capillarità

della presenza sul territorio e la facilità di accesso all‟esercizio

da parte dei cittadini, può costituire un centro nevralgico

come sportello di informazione sanitaria al cittadino.

64

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Servizi di secondo livello e analisi di prima istanza

Il Decreto Legislativo 153/2009 si limita a disciplinare la

modalità di erogazione dei servizi di secondo livello che do-

vranno, dunque, essere coerenti con le Linee guida ed i

percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche

patologie sulla base della prescrizione medica. Per un‟analisi

più compiuta su questo punto, tuttavia, occorrerà attendere il

relativo Decreto di attuazione del Ministro della Salute. L‟indi-

viduazione di tali servizi non è da considerare una pura opera-

zione di nomenclatura in quanto, stando a quanto stabilito dal

Decreto Legislativo 153/2009, solo quelli ricompresi nella ca-

tegoria di secondo livello potranno venire erogati in farmacia.

Nell‟attesa della normativa di attuazione, tuttavia, lo stesso

Decreto Legislativo individua due servizi che possono rientrare

nella definizione di secondo livello e, dunque, erogabili in far-

macia:

la presenza in farmacia di defibrillatori semi-automatici;

l‟effettuazione di prestazioni analitiche di prima istanza

rientranti nell‟ambito dell‟autocontrollo. In farmacia,

saranno dunque a disposizione strumenti diagnostici che il

cittadino utilizzerà per tenere costantemente sotto

controllo i valori di riferimento del proprio stato di salute.

Già oggi, tra l‟altro, molti pazienti (anziani o poco idonei

all‟utilizzazione di strumenti diagnostici) impegnati a

rilevare periodicamente i valori della glicemia o della

pressione arteriosa, identificano la misurazione a domicilio

con la misurazione in farmacia. Saranno esclusi da tali

servizi l‟attività di prescrizione e dia- gnosi, nonché il

prelievo di sangue o di plasma mediante si- ringhe o

dispositivi equivalenti e, per quanto concerne l‟attività di

autoanalisi, occorrerà attendere un altro Decreto del

Ministro della Salute che, d‟intesa con la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le

Province di Trento e Bolzano, ne stabilirà limiti e condizioni.

l

l

L‟art. 2, comma 1, lettera b) numero 5) del Decreto, infine, sta-

bilisce che, attraverso specifici accordi regionali, verranno

definite le caratteristiche strumentali, organizzative e le dotazioni

tecnologiche minime in base alla quali individuare le farmacie

con le quali stipulare accordi contrattuali finalizzati alla

fornitura dei servizi di secondo livello. Tale disposizione, col-

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locandosi nella progressiva sussidiarietà delle politiche sanitarie

rivolte al cittadino del nostro Paese, assegna alle Regioni il fon-

damentale compito di dare impulso e attuazione ai nuovi

servizi nelle farmacie.

Prenotazione visite e ritiro referti

La farmacia diventa a tutti gli effetti anche “sportello del SSN”

attraverso l‟erogazione, presso Strutture sanitarie pubbliche e

private accreditate, dei seguenti servizi relativi a prestazioni di

assistenza specialistica ambulatoriale:

prenotazione visite;

pagamento delle quote di partecipazione alla spesa a carico

del cittadino;

ritiro referti che, per evidenti ragioni di tutela della privacy,

dovranno rispettare le previsioni in materia di protezione

dei dati personali (Decreto Legislativo 23 giugno 2003, n.

196) e le cui relative regole tecniche e misure di sicurezza

saranno stabilite con Decreto del Ministro della Salute,

d‟intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bol-

zano, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

l

l

l

Questi, in sintesi, i nuovi campi di azione in cui la farmacia sarà chiamata a muoversi nell‟ambito del SSN: alle Regioni e

Province Autonome e al farmacista di comunità spetteranno i

compiti di attuare e modellare tali nuovi servizi secondo le

realtà e i bisogni del proprio territorio. Il Decreto Legislativo

153/2009 non deve, pertanto, essere considerato alla stregua

di un traguardo raggiunto quanto un punto di partenza per un

processo di sviluppo dei servizi al cittadino e di crescita pro-

fessionale del farmacista.

A conclusione di tale disamina normativa è opportuno fare

anche un riferimento al contesto sociale del Paese nel quale si

caleranno i nuovi servizi in farmacia e, soprattutto, prendere

in considerazione le aspettative e i bisogni degli utenti finali.

Per tale analisi, significativo è il contributo della ricerca svolta

da SDA Bocconi per conto della Fondazione Francesco Cannavò

sull‟impatto dei servizi sociosanitari affidati alle farmacie presso

il pubblico. L‟obiettivo dello studio è stato quello di identificare

quali servizi la farmacia può erogare a supporto del SSN, defi-

nendo le modalità e le competenze necessarie per la loro or-

66

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ganizzazione, nonché quantificarne il valore, in termini di

costi. Attraverso un‟indagine sui cittadini e sugli stakeholder

(soggetti istituzionali, Aziende sanitarie pubbliche, Aziende

farmaceutiche) si sono individuate le prospettive di sviluppo

dei servizi e gli orientamenti degli attori.

Dall‟indagine sono emerse diverse evidenze significative. La

prima riguarda il concept di servizio: nella mente dei cittadini

per servizi della farmacia si intende la cortesia e la disponibilità

del personale (36.7%) in quanto la maggior parte degli intervistati

ha avuto difficoltà a immaginare nuovi servizi aggiuntivi. Ciò,

se da un lato testimonia, come altre ricerche hanno ampiamente

dimostrato, una diffusa soddisfazione del cittadino nei confronti

di quanto offre oggi l‟esercizio farmacia, dall‟altro indica la

difficoltà di concepire per la farmacia ulteriori funzioni oltre la

tradizionale dispensazione del farmaco.

Tra i servizi proposti dal Decreto Legislativo 153/2009, gli in-

tervistati hanno dichiarato di essere particolarmente favorevoli

all‟introduzione in farmacia di attività quali il ritiro dei referti,

la prenotazione di visite specialistiche, i servizi infermieristici,

gli autotest diagnostici, il noleggio di presidi, l‟assistenza do-

miciliare, la prevenzione. Tra gli ulteriori servizi non contemplati

dalla nuova normativa, inoltre, il 9,1% ha indicato: la sommi-

nistrazione di vaccini, i programmi di disaffezione dal fumo, i

servizi di ottica, i programmi di riduzione di peso e anti-

caduta di capelli, i trattamenti di benessere, i libri sulla salute,

i trattamenti estetici, le assicurazioni sulla salute.

Dall‟indagine si evince, poi, la disponibilità del cittadino a

usufruire di tali servizi anche a pagamento: ad esempio, oltre il

57.6% del campione ritiene che la prevenzione e i controlli di

routine dovrebbero essere servizi a pagamento, il 55% sostiene

lo stesso per quanti concerne i servizi infermieristici presso la

farmacia e il 53.4% per l‟assistenza domiciliare. Tale orizzonte

può dunque rappresentare l‟anello di chiusura sulla sostenibilità

dei nuovi servizi in farmacia ove lo stesso SSN non sia in grado

di assicurarne la rimborsabilità.

L‟indagine evidenzia, infine, come il rapporto tra il livello di

servizi socio-sanitari erogati dalla Regione e la propensione al-

l‟utilizzo dei nuovi servizi in farmacia da parte dei cittadini ad

essa appartenenti sia inversamente proporzionale (minori servizi

offerti dall‟assistenza regionale = maggiore richiesta degli stessi

67

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in farmacia). Le piccole dimensione del Comune e la difficoltà

di accessibilità ai servizi, pertanto, incidono notevolmente

nella richiesta di canali alternativi, tra cui la farmacia, per

l‟erogazione dei servizi socio sanitari.

4.2. Il Rischio clinico in farmacia

Rischio clinico e farmacista, nella considerazione di molti,

sono termini che paiono accostarsi soltanto nel setting ospedaliero.

In realtà la gestione del rischio legato alla prescrizione farmacologica

è affrontata anche sul territorio e, di conseguenza, con l‟intervento

del professionista che opera nella farmacia di comunità (d‟ora in

avanti farmacista della farmacia di comunità o FFC). In ambito

europeo e statunitense, non mancano le esperienze che hanno visto

il FFC coinvolto in interventi sul territorio volti a prevenire i rischi

connessi all‟impiego del farmaco. Una recente metanalisi britannica

ha esaminato gli studi (soprattutto dal 2000) dedicati all‟intervento

del farmacista, senza apporti di altri operatori, nella revisione delle

prescrizioni nei pazienti anziani: è emerso che negli studi selezionati

la percentuale di farmacisti ospedalieri o di farmacisti clinici era

pari a quella dei FFC, cioè un terzo del totale, a conferma della ne-

cessità di coinvolgere il FFC nella gestione del Rischio Clinico.

Il primo momento in cui il farmacista svolge un ruolo cruciale

resta però quello della dispensazione del farmaco sulla base della

prescrizione del medico. In Europa e in particolare in Gran Bretagna,

questo aspetto è stato indagato a fondo e uno degli studi più recenti

offre lo spunto per descrivere la materia in modo sufficientemente

ampio. Il presupposto è che quotidianamente il FFC esamina le pre-

scrizioni in vista di potenziali problemi, a cominciare, ovviamente,

dall‟errore prescrittivo. Esistono anche situazioni che possono influire

sul risultato atteso dalla terapia prescritta, ad esempio, la prescrizione

di due farmaci che non dà luogo a una controindicazione, ma uno

può potenziare o diminuire l‟effetto dell‟altro.

Vi sono ancora altre circostanze, che rientrano nel processo di

prescrizione, in sé non direttamente influenti ma che possono essere

la spia di un problema maggiore. È il caso, ad esempio, della pre-

scrizione priva della firma del medico: può essere una banale di-

menticanza o la conseguenza di una compilazione distratta e,

magari, foriera di altri errori più gravi (si fa astrazione, ovviamente,

dal valore legale della firma). I problemi legati a dispensazione so-

stanzialmente corrispondono a una compilazione lacunosa o sbagliata

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(ad esempio, indicazione per un farmaco di una forma farmaceutica

inesistente). Uno studio su tale argomento ha arruolato 9 delle 11

farmacie dell‟area di Nottingham, tanto indipendenti quanto appar-

tenenti a catene di rilevanza nazionale, regionale e locale, cui è

stato chiesto, al presentarsi di un problema prescrittivo, di compilare

un questionario validato. Lo studio è durato un mese, periodo nel

quale sono state dispensate complessivamente 32.403 confezioni e

i farmacisti hanno segnalato con il questionario 201 situazioni che

rientravano nella definizione (5 sono poi state eliminate dall‟analisi).

Questo porta a un‟incidenza dei problemi prescrittivi pari allo 0,6%

(sei ogni mille confezioni dispensate), un dato relativamente basso

ma non trascurabile che, secondo gli autori, è allineato a quanto ri-

portato in altre ricerche analoghe. La maggioranza dei problemi se-

gnalati era costituita da prescrizioni con informazioni scorrette o in-

complete, con il 67% delle segnalazioni (131/196); a seguire, le as-

sociazioni di farmaci potenzialmente pericolose (con il 9%), seguite

da istruzioni al paziente inappropriate (8)%.

I valori riportati da questo studio sono in larga misura sovrap-

ponibili a quelli di uno studio olandese, che ha attuato un approccio

diverso, esaminando le caratteristiche delle ricette che erano state

corrette, in un giorno lavorativo scelto casualmente, dai farmacisti

operanti in 141 farmacie. Anche così, il 71,8% dei problemi riscontrati

verteva sulla compilazione materiale della ricetta (omissioni) e il

22,2% su veri e propri errori prescrittivi: pur considerando l‟effetto di

eventuali differenze nelle definizioni adottate dal protocollo dello

studio, è evidente che si tratta dello stesso ordine di grandezza.

Esiste dunque una base di evidenze che dimostrano come il FFC

svolga effettivamente un‟attività di prevenzione degli errori in

terapia connessa alla gestione del farmaco, che si traduce in una

serie di interventi piuttosto differenziati che richiedono la capacità

di interagire con i due attori coinvolti nel processo di cura: il

medico e il paziente. Secondo lo studio condotto a Nottingham,

soltanto il 21% dei problemi prescrittivi è stato risolto direttamente

dal farmacista, chiedendo informazioni al paziente e consultando le

precedenti prescrizioni ma senza contatti con il medico di medicina

generale. Tuttavia, in questo 21% rientrava più della metà dei casi

riguardanti potenziali interazioni farmacologiche, Reazioni A vverse

a Farmaci, indicazioni errate al paziente e omissioni dell‟indicazione

delle quantità. In un altro 29% dei casi il farmacista ha deciso auto-

nomamente sulla dispensazione del farmaco, rinviando però la pre-

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scrizione al medico che l‟aveva compilata perché fosse corretta. In

questi casi la maggioranza dei problemi incontrati era costituita

dalla mancanza della firma del medico e delle indicazioni richieste

per quel particolare farmaco (equivalenti alle Note AIFA italiane).

Negli altri casi il farmacista ha dovuto contattare o la segretaria

della General practice (l‟ambulatorio di medicina generale) o diret-

tamente il prescrittore (rispettivamente nel 17 e nel 26% dei casi). In

due casi su tre, il contatto con il medico ha determinato il

cambiamento della prescrizione, a conferma della validità del rilievo

del FFC. Anche in questo caso, lo studio olandese propone un

quadro analogo, malgrado il differente approccio. Infatti in questa

ricerca l‟intervento sulla prescrizione operato dal farmacista è stato

sottoposto alla revisione da parte di una commissione medico scien-

tifica. Metà delle correzioni aveva impedito una R eazione Avversa,

il 29,2% aveva migliorato l‟efficacia della terapia farmacologica e

l‟8,6% aveva conseguito entrambi i risultati. Sempre secondo i

revisori, la qualità dell‟intervento del farmacista è stata giudicata re-

lativamente alta.

In conclusione, gli autori ritengono che estrapolando il dato di

prevalenza puntuale degli interventi alla dimensione nazionale,

ogni giorno nella farmacie olandesi i farmacisti effettuano 2700 in-

terventi sulle prescrizioni (1,6 al giorno per farmacia) con un effetto

significativo sulla salute del paziente nella maggioranza dei casi.

Senza ipotizzare interventi più strutturati del FFC, dunque,

non è azzardato concludere che già al momento della dispensazione

del farmaco etico, si può svolgere una funzione di gestione del

Rischio clinico circa nella metà dei casi in cui il FFC si trova a

risolvere un problema legato alla prescrizione. Si potrebbe anche

aggiungere che il controllo sulla conformità della prescrizione dal

punto di vista amministrativo ha un fondamentale valore per la con-

tinuità terapeutica nel momento in cui sfocia nella garanzia della

dispensazione del farmaco.

Ulteriori sviluppi del ruolo del FFC, nella revisione della

terapia farmacologica, volti ad assicurare la compliance, minimizzare

gli effetti collaterali, prevenire le interazioni rischiose tra prescrizioni

successive a opera di diversi prescrittori o tra prescrizione e auto-

medicazione, non potranno che aumentare il controllo del Rischio

clinico.

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Bibliografia di riferimento

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Università Bocconi (Scuola di Direzione Aziendale), Legge 69/09: prospettive

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WHO, Home care in Europe, 2008, Rosanna Tarricone & Agis D. Tsouros, 37.

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CAPITOLO 5

LA SICUREZZA DEI PAZIENTI E LA GESTIONE DEL FARMACO IN OSPEDALE

5.1. La Sicurezza dei pazienti e la gestione del farmaco in ospe- dale: la Commissione Terapeutica Ospedaliera (CTO) e i Prontuari aziendali

Le Commissioni terapeutiche dei Prontuari regionali e locali

Lo strumento dei Prontuari Terapeutici Ospedalieri nasce in

Italia negli anni „70 con lo scopo di selezionare per l‟uso in

ospedale solo alcuni dei numerosi farmaci disponibili in com-

mercio, scelti in base a criteri di efficacia, sicurezza e costo.

La selezione dei farmaci così effettuata contribuisce in maniera

rilevante a ridurre gli errori in terapia anche perché consente

agli operatori sanitari di acquisire una maggior conoscenza

per ciascuno di essi.

Le Commissioni terapeutiche per i Prontuari sono costituite da

medici, farmacisti ed esperti di economia. L‟organizzazione

dei Prontuari è diversa nelle differenti Regioni; alcune Regioni

hanno istituito le Commissioni terapeutiche regionali (il cui

compito principale è l‟analisi del rapporto costo – beneficio

dei nuovi farmaci, la valutazione dell‟impatto economico sulla

spesa sanitaria regionale, la definizione delle categorie omogenee

di farmaci); altre Regioni hanno istituito le Commissioni tera-

peutiche di Area vasta (che verificano l‟applicazione delle de-

cisioni regionali); in altre realtà la funzione di monitoraggio

viene svolta dalle Commissioni delle Aziende ospedaliere e

delle ASL. Le Commissioni possono svolgere un compito im-

portante nella gestione del Rischio clinico, oltre al controllo

della spesa sanitaria.

Perché ciò si realizzi è indispensabile che la gestione del Pron-

tuario non si limiti alla introduzione o al rifiuto di nuovi

73

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farmaci o alla eliminazione dei vecchi, ma comprenda anche

altre attività orientate alla qualità delle cure, quali:

l‟aggiornamento puntuale di tutti gli operatori sanitari riguardo

nuovi farmaci inseriti nel Prontuario, rendendo disponibili le

informazioni sulle caratteristiche, i dosaggi, le modalità di

somministrazione, le interazioni e i principali effetti collaterali;

la produzione e la diffusione di tabelle con le più comuni

interazioni farmacologiche, nonché le stabilità dei farmaci

nelle soluzioni infusionali più comunemente utilizzate;

l‟attivazione di sistemi di vigilanza per procedere al ritiro

immediato dai reparti dei farmaci scaduti o sospesi dal

commercio;

l‟attivazione di sistemi di diffusione capillare di importanti

notizie riguardo la sicurezza dei farmaci;

l‟adozione di procedure chiare per la gestione e gli usi off

label dei farmaci;

l‟adozione di procedure chiare per gestire, al momento del

ricovero, la terapia farmacologica assunta a domicilio, così

da evitare omissioni, sostituzioni improprie o duplicazioni.

Il problema dalla cosiddetta “riconciliazione della terapia”

(medication reconciliation) è molto sentito nei Paesi anglo-

sassoni, perché si è visto che può essere una causa importante

di errore (www.ashp.org);

l‟adozione di procedure per la gestione della terapia alla di-

missione, anche in base alle singole necessità e all‟organiz-

zazione della ASL, in applicazione alla Legge 405/2001

(che prevede che le Regioni forniscano al paziente dimesso

i farmaci per la continuazione della terapia);

la definizione di protocolli farmaco-terapeutici. Poiché tra

gli errori farmacologici vi è anche il trattamento improprio,

molte Commissioni terapeutiche hanno definito protocolli

di impiego dei farmaci per specifiche situazioni, ad esempio,

per la profilassi delle infezioni chirurgiche e per la profilassi

della trombosi venosa.

l

l

l

l

l

l

l

l

Alle Commissioni terapeutiche sono riconosciuti compiti

specifici, tra cui la definizione delle abbreviazioni consentite

nella prescrizione dei farmaci (Raccomandazione ministeriale

n.7/2008 per la prevenzione della morte, coma o grave danno

74

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derivati da errori di terapia farmacologica) e il controllo della

prescrizione dei farmaci off label (Legge finanziaria 2007 art.1,

comma 796, titolo z).

Le farmacie ospedaliere hanno il compito di divulgare infor-

mazioni relative al Prontuario Terapeutico Ospedaliero (PTO),

procedure, protocolli, sostituzione di principi attivi, possibilmente

attraverso strumenti elettronici (Raccomandazione ministeriale

n. 7/2008).

Fondamentale inoltre è la funzione di verifica che la farmacia

ospedaliera svolge, controllando che le azioni promosse dalla

Commissione vengano effettivamente applicate in tutti i reparti

e servizi dell‟ospedale. La farmacia dovrà quindi effettuare pe-

riodiche verifiche nei reparti sullo stato di conservazione dei

farmaci, sulle modalità di allestimento, sulla conoscenza e ap-

plicazione dei protocolli farmacologici e delle procedure per

la gestione del Rischio clinico; tale funzione di verifica da

parte della farmacia è ribadita nella Raccomandazione mini-

steriale n 7/2008.

Monitoraggio dell’uso dei farmaci e i Registri AIFA

L‟efficacia e la sicurezza di un nuovo farmaco possono non

essere completamente noti al momento della commercializza-

zione. L‟Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha affrontato

questa problematica utilizzando una procedura che, pur non

privando il paziente del nuovo farmaco, ne consente però

l‟impiego solo con modalità controllata. In questi casi tutti i

pazienti trattati dovranno essere monitorati sia per evitare che

il farmaco venga utilizzato per usi off label, con aumento dei

rischi per i pazienti, sia per verificare gli esiti in termini di

risposta clinica e di tollerabilità. Il sistema adottato è quello

dei Registri AIFA, che vengono applicati ad alcuni farmaci o

categorie di farmaci: nuovi antitumorali, biologici per la

psoriasi, farmaci antiangiogenici per la maculopatia dell‟anziano

ed altri ancora. L‟elenco completo e le modalità di gestione

dei Registri sono reperibili sul sito http://monitoraggio-

farmaci.agenziafarmaco.it/

La farmacia svolge un ruolo importante nella gestione dei

Registri. Il farmacista deve informare il medico prescrittore

sulle modalità di accesso al farmaco e verificare che, al

momento della distribuzione al paziente, il Registro sia corret-

tamente compilato.

75

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I Repertori dei dispositivi medici

In tempi molto più recenti rispetto ai Prontuari dei farmaci, le

Regioni e gli ospedali hanno sentito l‟esigenza di istituire le

Commissioni per il Repertorio dei dispositivi medici.

Il Ministero della Salute ha definito il I Repertorio Nazionale

dei dispositivi medici previsto con la Legge finanziaria per il

2003 (Legge 289/2002), come strumento di grande utilità non

solo per razionalizzare i consumi e contenere i costi, ma

anche per rendere disponibili a tutti gli operatori sanitari le in-

formazioni sulle caratteristiche, il funzionamento e le precauzioni

d‟uso dei dispositivi medici in commercio in Italia. Prima del

Repertorio Nazionale non esisteva un archivio pubblico in cui

poter trovare tutte le informazioni necessarie per poter selezionare

il prodotto da acquistare, e, soprattutto, per poterlo utilizzare

in sicurezza.

La predisposizione del Repertorio Nazionale ha innescato a

cascata l‟interesse da parte delle Regioni e degli ospedali ad

individuare il proprio Repertorio a partire dal Repertorio Na-

zionale, selezionando i prodotti in base ai criteri di efficacia,

sicurezza ed economicità.

Le Commissioni per i Repertori dei dispositivi medici possono

essere istituite sia a livello regionale che nelle singole ASL,

Aziende ospedaliere e IRCCS; la loro composizione dovrà ga-

rantire la presenza di tutti gli attori interessati all‟impiego dei

dispositivi medici, dalle direzioni sanitarie, ai farmacisti, infer-

mieri, ingegneri clinici ed esperti di economia sanitaria.

5.2. La Sicurezza dei pazienti e le preparazioni galeniche

La preparazione dei farmaci è una competenza importante

della professione del farmacista. Attualmente le preparazioni galeniche

sono diffuse in campo oncologico, nutrizionale e pediatrico,

mentre solo in poche realtà si trova la personalizzazione delle

terapie iniettabili in dose unitaria.

L‟attività di allestimento delle terapie riguarda la preparazione di:

l farmaci non reperibili in commercio;

terapie e nutrizione artificiale personalizzate non presenti in commercio;

farmaci citotossici;

l

l

l terapie antalgica e ancillare;

76

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radiofarmaci; l

l antibioticoterapia;

formulazioni pediatriche non presenti in commercio; l

l terapie iniettabili che necessitano della garanzia di sterilità.

La centralizzazione della preparazione delle terapie presenta notevoli

vantaggi:

allestimento ad opera di operatori sanitari che possono veri-

ficare l‟appropriatezza prescrittiva, la stabilità e la compatibilità

della preparazione richiesta e il calcolo del dosaggio pre-

scritto;

migliore garanzia di sterilità del prodotto;

personalizzazione della dose in caso di ridotta funzionalità

d‟organo;

corretto confezionamento ed etichettatura del preparato con

accorgimenti relativi alla corretta dispensazione e conser-

vazione;

tracciabilità del composto e dei lotti e scadenza dei prodotti

utilizzati;

scelta dei contenitori e dei dispositivi medici idonei alla

preparazione;

standardizzazione del processo di preparazione;

utilizzo di ambienti dedicati e di personale adeguatamente

formato alla preparazione;

verifica del preparato;

controlli microbiologici e di qualità della preparazione.

l

l

l

l

l

l

l

l

l

l

Tutti questi fattori garantiscono maggiore Sicurezza per il paziente.

Gli errori nelle preparazioni effettuate in reparto

Gli errori che si verificano a seguito della preparazione dei

farmaci nei reparti possono essere diversi, fra cui:

l errori di calcolo e di dosaggio (più frequenti);

errata conservazione del farmaco; l

l errato utilizzo dei dispositivi medici per la ricostituzione;

scarsa conoscenza della compatibilità dei farmaci con i

diluenti e della compatibilità dei farmaci con i contenitori e

i dispositivi medici utilizzati;

l

77

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scarsa conoscenza della corretta conservazione del farmaco;

scarsa conoscenza di precauzioni per la protezione del far-

maco (ad esempio, riparo dalla luce);

scarsa conoscenza della validità del farmaco dopo apertura

e dopo ricostituzione;

errata etichettatura del farmaco;

l

l

l

l

l assenza di verifica della prescrizione;

assenza di tracciabilità del processo. l

In letteratura sono presenti numerosi testi/strumenti che supportano l‟attività di compaunding, che deve essere di padronanza anche

nei reparti tramite personale formato con competenze specifiche

nella ricostituzione/compatibilità/validità dei farmaci.

Gli errori delle preparazioni effettuate in farmacia

Gli errori che si verificano più frequentemente a seguito della pre-

parazione dei farmaci in farmacia sono quelli riferiti a;

peso e/o volume della nutrizione parenterale;

l compatibilità (calcolo delle concentrazioni massime);

l

etichettatura (errata concentrazione o errato paziente); l

l dosaggio per errato calcolo;

stoccaggio o confusione di farmaci simili;

utilizzo delle pompe automatizzate per la preparazione;

l

l

l preparazione (mancato utilizzo di ago, filtro per le fiale, mancata verifica).

In farmacia, le preparazioni effettuate vengono sottoposte a vali-

dazione, standardizzazione, verifica, controlli di qualità, micro-

biologici e di aderenza alle Norme di Buona Preparazione.

Proprio perché le preparazioni in farmacia vengono effettuate in

larga scala, il personale dedicato all‟allestimento viene sottoposto

a specifica formazione. Nei reparti invece questo aspetto viene

considerato marginale e ciò contribuisce al rischio di errore.

Assicurazione della Qualità delle preparazioni galeniche

La Farmacopea Ufficiale pone in particolare risalto la qualità

dei preparati «come supporto imprescindibile all‟efficacia e

alla sicurezza del medicinale», giungendo ad assimilare «alle

preparazioni magistrali anche tutte le miscelazioni, diluizioni,

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ripartizioni, eseguite per il singolo paziente su indicazione me-

dica». Pertanto bisogna sempre prendere in considerazione:

le Norme di Buona Preparazione: l‟aderenza a tali norme è l

una garanzia di qualità per le preparazioni sterili e non sterili. Le norme riguardano maggiormente la galenica tradi-

zionale, ma rappresentano un valido riferimento anche per

le preparazioni iniettabili;

la stabilità: è data dalla stabilità chimica e microbiologica l

del prodotto. Mentre la stabilità chimica è spesso conosciuta

o fornita dal produttore, la stabilità microbiologica seppur

conosciuta è vincolata al processo di produzione e, per

questo motivo, è necessario effettuare delle verifiche a cam-

pioni del prodotto finito sia per testare e convalidare il

processo sia per garantire la sicurezza del composto;

la compatibilità: tutti i farmaci devono essere ricostituiti con l

soluzioni compatibili. Il dato generalmente riportato nella

documentazione allegata ai farmaci deve essere attentamente

valutato perché errori di compatibilità possono provocare la

formazione di precipitati con danni gravi al paziente;

la sterilità: tutti i farmaci iniettabili devono essere preparati l

garantendo condizioni di sterilità. Tale garanzia assume

maggiore rilevanza in caso di pazienti critici, immunodepressi

o sottoposti a lunga ospedalizzazione, e risulta maggiore

quando l‟allestimento è centralizzato.

Utilizzo della tecnologia per migliorare la sicurezza

e la tracciabilità in galenica clinica

L‟ausilio della tecnologia informatizzata è un requisito indi-

spensabile nei laboratori di galenica clinica. La gestione delle

prescrizioni e delle preparazioni in dose unitaria personalizzata,

se effettuata con l‟ausilio di software ad hoc, garantisce la trac-

ciabilità e la sicurezza del processo in quanto si evitano errori

di trascrizione e si possono sfruttare controlli informatizzati

relativi a calcoli, dosaggi, interazioni, stabilità, protocolli. L‟uti-

lizzo di controlli informatizzati permette di ridurre i tempi di

produzione e registrazione dei dati. Infatti, oltre alla registrazione

di tutti i pazienti e delle terapie preparate, il software permette

anche di individuare il personale che ha effettuato la preparazione

o l‟etichetta stampabile in cui si possono aggiungere particolari

avvertenze e/o indicazioni.

79

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Misure preventive

Le principali azioni per la s icurezza in galenica clinica

riguardano l‟utilizzo di:

l “contrassegni di allerta”, condivisi dalla farmacia e dai

reparti, con particolare precauzioni relative alla via e al

tempo di somministrazione nonché alle modalità di

conservazione;

l codici colore, condivisi dalla farmacia e dai reparti, per dif-

ferenziare preparazioni utilizzate contemporaneamente e

che possono essere facilmente confuse in caso di emergenza

(siringhe d‟emergenza);

l siringhe per soluzioni orali per evitare la somministrazione

per via endovenosa; siringhe e dispositivi luer- lock durante l‟allestimento; l

l “contrassegni di allerta” per i “farmaci ad alto livello di at-

tenzione “ e per i farmaci cosiddetti LASA;

codici a barre per l‟identificazione del composto. l

L‟attività di compaunding è strettamente correlata all‟attività

clinica e alla necessità di garantire una terapia personalizzata

al paziente che sia sicura e di qualità e ciò è garantito da

un‟adeguata formazione del farmacista.

5.3. Le tecnologie per la Sicurezza dei pazienti

Le tecnologie innovative in sanità rappresentano uno strumento

indispensabile per favorire la prevenzione degli errori in terapia,

promuovere la Sicurezza dei pazienti e garantire la qualità delle

prestazioni. Una nuova cultura della Sicurezza si è ormai consolidata

nel contesto sanitario e di conseguenza gli amministratori guardano

con interesse alle tecnologie informatizzate che, attraverso processi

informatici, forniscono soluzioni in grado di rispondere con efficacia

all‟individuazione e riduzione delle componenti di rischio in sanità.

Insieme alla volontà di prestare al paziente le cure migliori in

termini di efficienza e sicurezza s‟impone, nell‟ambito delle politiche

gestionali ospedaliere, anche l‟esigenza del contenimento dei costi

mediante l‟ottimizzazione delle risorse e la riduzione degli errori in

terapia.

Ruolo della tecnologia: vantaggi e svantaggi

Le tecnologie informatizzate applicate al processo di gestione

80

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del farmaco hanno lo scopo di garantire la qualità e la sicurezza

delle prestazioni farmaceutiche tramite diversi interventi, tra

cui:

riduzione delle attività manuali ripetitive che facilitano

l‟errore umano;

tracciabilità del percorso del paziente in ospedale in ogni

singolo passaggio;

l

l

l Verifica delle materie prime usate (quantità, lotto e scadenza);

identificazione di farmaci e composti, d e l paziente, degli esami diagnostici (codice a barre);

l comunicazione delle informazioni in termini di accesso,

condivisione e disponibilità dei dati, oltre alla possibilità di

reportistica/statistiche.

Oltre a minimizzare il problema del rischio, le tecnologie in-

formatizzate permettono una gestione oculata delle risorse in

termini economici, organizzativi e logistici.

L‟automazione però presenta anche degli svantaggi. In letteratura

sono riportati alcuni esempi di errori dovute alle tecnologie:

l

selezione errata del farmaco dalla lista elettronica; l

l impostazione automatica errata della scadenza dei farmaci

preparati;

protocolli prestabiliti che hanno portato a duplicazione della terapia;

interfacciamento non corretto con altre risorse tecnologiche;

l

l

l utilizzo inappropriato delle tecnologie;

l interferenze con altri sistemi

tecnologici; ridondanza di “sistemi di allerta” che porta i medici a sotto-

valutare allarmi importanti.

Pertanto, è necessario individuare sistemi di monitoraggio e

identificare e rimuovere eventuali cause di non compliance

all‟utilizzo appropriato e costante delle tecnologie.

Misure preventive

Per garantire la corretta applicazione di tecnologie informatizzate

ed evitare il ricorso a percorsi paralleli che amplificano il

rischio di errore, in fase di progettazione di nuovi servizi infor-

matizzati è necessario considerare:

l

81

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i bisogni formativi necessari per l‟implementazione diffusa

della tecnologia;

le revisioni del software in caso siano necessari aggiorna-

menti;

l

l

l le periodiche rivalutazioni della tecnologia utilizzando in-

dicatori al fine di determinare la sua reale efficacia nella ri-

duzione di rischi e costi;

le periodiche rivalutazioni del processo per individuare

l‟eventuale presenza di pratiche parallele attivate per by-

passare l‟automazione.

a. La Cartella clinica informatizzata

L‟utilizzo della Cartella clinica informatizzata ha lo scopo di

incoraggiare un processo logico nella raccolta e memorizzazione

dei dati per generare un testo più strutturato e chiaro anche

nella comunicazione d‟informazioni ad altri operatori, evitando

errori di trascrizione e prescrizioni comuni alla documentazione

cartacea. L‟automazione della documentazione sanitaria attra-

verso l‟utilizzo della Cartella clinica informatizzata presenta

numerosi vantaggi, fra cui:

l la condivisione delle informazioni con miglior controllo di

terapie e protocolli;

l la tracciabilità del processo;

l

l‟integrazione con programmi che aiutano il medico nella

scelta appropriata del farmaco (allarmi per le dosi massime,

le interazioni con i farmaci, la duplicazione delle

prescrizioni, i limiti del dosaggio in base alla funzionalità

d‟organo, il controllo delle allergie);

l la possibilità di verifica e controllo indispensabile per l‟utilizzo

di “farmaci ad alto livello di attenzione o alto rischio”;

l la possibilità di studi retrospettivi al fine di monitorare e

valutare l‟appropriatezza di percorsi.

b. Armadi informatizzati

Le tecnologie informatizzate di distribuzione automatizzata

per l‟evasione delle prescrizioni dei pazienti ricoverati permettono

l‟ottimizzazione della terapia in termini economici e di

prevenzione del rischio. I due concetti, seppur differenti, sono

strettamente collegati tra loro.

l

82

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Gli armadi permettono un controllo in tempo reale di giacenze,

lotti e scadenze, portando a una diminuzione delle scorte e a

una riduzione degli scaduti nei reparti; è possibile, inoltre,

avere la funzione di riordino automatico con ottimizzazione

dei punti di stoccaggio basati sulle prescrizioni. Oltre a ciò,

migliorano la Sicurezza delle terapie perché si azzera la

possibilità di scaduti nei reparti, si riducono i Prontuari di

reparto e quindi la possibilità di confondimento/errore e si

assicura la tracciabilità dei lotti potendo risalire al singolo

paziente a cui è stato somministrato un determinato farmaco.

Inoltre, si può disporre di una grande varietà di allarmi e

strumenti applicabili grazie alle tecnologie innovative: alcuni

armadi, ad esempio, danno la possibilità di apertura dei

cassetti con differenti livelli di rischio che possono essere

applicati in base alle caratteristiche del farmaco, altri armadi

sono in grado di preparare in modo automatico la terapia per-

sonalizzata in dose unitaria. Se poi c‟è la possibilità di inter-

facciare gli armadi a una Cartella clinica informatizzata il

paziente potrà avere maggiori garanzie di ricevere solo i

farmaci prescritti che compariranno direttamente sullo schermo

degli armadi senza che l‟operatore debba selezionarli dalla

lista elettronica.

Non esiste ancora una larga diffusione di sistemi di riconfezio-

namento, né l‟industria farmaceutica presenta confezionamenti

che facilitano l‟utilizzo di tali sistemi o fornisce confezionamenti

in singole dosi, ma si stanno presentando sul mercato soluzioni

che consentono agli ospedali di ottenere servizi di confeziona-

mento dei farmaci in dose unitaria. Si riportano, tra i vantaggi

che derivano dall‟uso delle tecnologie, l‟eliminazione delle

prescrizioni cartacee e del rischio da trascrizione oltre la stan-

dardizzazione, l a tracciabilità e il miglioramento

dell‟efficienza del servizio. Le tecnologie informatizzate

permettono anche una gestione oculata delle risorse in termini

economici, organizzativi e logistici. L‟automazione però

presenta anche degli svantaggi poiché, se non si ha a

disposizione un adeguato servizio di supporto informatico, in

caso di problemi, le attività all‟interno dell‟ospedale rischiano

di rimanere bloccate. Inoltre, alcune tecnologie non sono

sempre interfacciabili perché prodotte da diverse aziende che

non utilizzano lo stesso linguaggio infor- matico con

conseguente duplicazione delle operazioni e ridu-

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zione della sicurezza e dei possibili vantaggi. Per questi motivi

e dato che l‟informatizzazione è da considerarsi imprescindibile,

è auspicabile affiancare l‟introduzione di questi sistemi con

servizi di supporto che comprendano l‟assistenza tecnica 24

ore per 7 giorni e le integrazioni tecnologiche.

Altri supporti tecnologici

Software: valido strumento che elimina una parte dei possibili errori derivanti da banali atti meccanici e ripetitivi che giornal-

mente vengono compiuti nella gestione clinico/amministrativa

dei farmaci.

Simulatori: permettono di verificare la possibilità di errore in

situazioni particolari o durante procedure molto complesse

senza esporre a rischi i pazienti. Attraverso l‟utilizzo di manichini

e robot è possibile realizzare corsi di formazione e aggiornamento

sul campo tali da migliorare le competenze del personale sani-

tario, anticipare e prevenire errori procedurali.

Codici a barre: l‟utilizzo di questi sistemi migliora la Sicurezza

del paziente perché permette di verificare che il farmaco giusto

sia somministrato al paziente giusto; nella refertazione degli

esami di laboratorio evita errori di sostituzione e nello svolgimento

delle procedure evita errori d‟identificazione del paziente.

Tecnologie varie: l‟automazione dei processi con tecnologia

RFId (Radio Frequency Identification) permette di identificare,

tracciare e monitorare le attività svolte sul paziente utilizzando

onde radio che trasmettono le informazioni relative al percorso

del paziente all‟interno della struttura. Attraverso questo

strumento è possibile tracciare la gestione di diversi processi,

con la sicurezza di poter identificare vari parametri in modo

univoco (ad esempio, paziente, prescrizioni, farmaci, analisi).

5.4. La comunicazione

La comunicazione ricopre un ruolo centrale nella eziologia,

nell‟aggravamento e nel contenimento degli effetti degli errori in

sanità. La comunicazione va promossa a livello di sistema come

competenza e strumento professionale degli operatori sanitari.

In oncologia una comunicazione efficace tra paziente e

operatori sanitari favorisce la prevenzione degli errori in terapia

poichè i pazienti, affetti da patologie complesse e sottoposti a

terapie con farmaci che necessitano di un attento monitoraggio,

sono esposti a numerosi rischi: infezioni, eventi avversi, interazioni,

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non compliance, errori in terapia. Per questo motivo, è importante

che siano messi nelle condizioni di capire la complessità e le moti- vazioni della cura, le manifestazioni cliniche degli effetti indesiderati,

l‟importanza e il ruolo dei singoli farmaci.

All‟interno delle Commissioni per il Prontuario terapeutico è ne-

cessario effettuare delle valutazioni del rischio ogni volta che si inserisce

un nuovo farmaco ed effettuarne comunicazione a tutti gli operatori

sanitari. Una comunicazione efficace, tempestiva, mirata, completa,

non ambigua e facilmente comprensibile da chi la deve ricevere con-

tribuisce a ridurre gli errori e a migliorare la Sicurezza dei pazienti.

La comunicazione: accesso alle informazioni

Molti errori che avvengono durante il processo terapeutico

sono causati o amplificati da:

l inadeguata condivisone di Linee guida e protocolli;

l mancata informazione su errori verificatisi o su possibili

fattori di rischio;

l accesso limitato alle informazioni relative al paziente;

carente documentazione relativa al percorso ospedaliero del paziente;

inadeguata informazione specifica rivolta ai pazienti.

l

l

Alcuni di questi fattori di rischio potrebbero essere ridotti con mezzi e strumenti di comunicazione elettronici che in campo

oncologico, ad esempio, assumono caratteri d‟indispensabilità

(Cartella clinica elettronica, protocolli informatizzati).

Particolare rilevanza assume l‟informazione al paziente circa

le terapie oncologiche orali che possono essere assunte a casa,

fuori da un ambiente “protetto” come può essere quello ospe-

daliero. Il paziente, inoltre, ha sempre più l‟esigenza di essere

coinvolto nella terapia e, compatibilmente al suo livello d‟istru-

zione e attenzione, può supportare il medico per la segnalazione

di eventi avversi o di possibile errori.

La comunicazione: utilizzo di acronimi e abbreviazioni

L‟utilizzo di questi strumenti è molto comune nelle prescrizioni

mediche, specialmente in quelle oncologiche i cui protocolli

sono identificati da sigle o acronimi: ciò può causare errori

d‟interpretazione delle prescrizioni. Le Aziende sanitarie do-

vrebbero adottare una lista delle abbreviazioni e degli acronimi

che possono essere utilizzati evidenziandone il significato.

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Un altro errore di comunicazione può verificarsi con l‟uso dei

numeri decimali in corrispondenza della virgola; anche in tal

caso vanno condivise modalità di scrittura.

La comunicazione: prescrizione corretta dei farmaci

Molte prescrizioni sono soggette a errori d‟interpretazione e

trascrizione a causa della mancanza di standardizzazione,

dell‟utilizzo di sigle e abbreviazioni e di grafie illeggibili. Ogni

Struttura sanitaria dovrebbe individuare dei modelli standard

di prescrizione ai quali il medico deve essere vincolato per

garantire uniformità di prescrizione e facilità di comprensione.

La comunicazione: informazione al paziente

La mancata osservanza dei trattamenti farmacologici pediatrici

è molto frequente. In generale una scarsa compliance deve

sempre essere considerata come possibile causa d‟insuccesso

terapeutico. Per abbattere la percentuale di non aderenza alla

cura è necessario sensibilizzare i pazienti o i loro familiari e

coinvolgerli nella terapia. È importante invitare i pazienti a

chiedere spiegazioni e aiutarli fornendo loro strumenti che fa-

cilitino la somministrazione (tabelle mg/ml per gli sciroppi,

schemi di terapia con gli orari). Nei pazienti pediatrici l‟aderenza

alla terapia assume maggiore importanza e, pertanto, è necessario

utilizzare forme farmaceutiche palatabili e scegliere, se possibile,

la via di somministrazione più agevole per il paziente.

Sono numerosi gli interventi realizzabili per migliorare la co-

municazione e facilitare il raggiungimento degli obiettivi tera-

peutici, poiché il paziente che riesce ad avere un dialogo

aperto con i clinici è maggiormente aderente alla terapia e

riesce a gestirla in modo più appropriato.

È necessario assicurare condizioni di riservatezza e un ambiente

appartato, privo di possibili interferenze che possono interrompere

il processo di comunicazione. Durante il colloquio è importante

utilizzare un linguaggio semplice e adeguato alle possibilità di

comprensione degli interlocutori. Va il più possibile evitato il

lessico tecnico o le forme gergali e ogni termine specialistico

citato deve essere spiegato con parole di uso corrente.

L‟operatore deve parlare lentamente, con un tono rassicurante

e mai concitato, ripetendo, se necessario i concetti.

Tutti gli operatori sanitari dovrebbero seguire corsi di comuni-

cazione efficace al paziente, conoscere le diverse modalità di

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comunicazione per utilizzarle in modo appropriato e favorire

la comprensione.

La comunicazione: informazione agli operatori sanitari

Un aspetto importante della comunicazione riguarda la condi-

visione delle informazioni in termini di protocolli, Linee guida

ed errori che si verificano nella propria Struttura sanitaria.

La conoscenza degli errori rende il personale più cosciente

delle situazioni di rischio e può diventare un‟occasione di ap-

prendimento se comunicata e condivisa all‟interno del gruppo

di lavoro. La segnalazione degli errori è necessaria per le op-

portune valutazioni e azioni correttive da intraprendere e per

aumentare la sensibilità degli operatori verso la cultura d e l l a

Sicurezza dei pazienti. Strumenti importanti per facilitare la

comunicazione tra operatori sanitari sono: il monitoraggio di

una dinamica di gruppo che sia fluida e armoniosa, la

condivisione dei protocolli, lo sviluppo di Audit clinici e

l‟approccio multidisciplinare alla risoluzione dei problemi.

Spesso sono presenti barriere a una comunicazione trasparente

degli errori perché c‟è poca chiarezza c i r c a le politiche ri-

guardanti la comunicazione dell‟errore e perché c‟è il timore di

azioni disciplinari o di attribuzioni di responsabilità che

possono mettere a rischio il posto di lavoro.

5.5. Le Raccomandazioni del Ministero della Salute

Sul sito del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/qua-

lita/qualita.jsp), sono presenti tutti i documenti relativi alle iniziative

della Direzione Generale della programmazione sanitaria, dei livelli

di assistenza e dei principi etici di sistema, in tema di Sicurezza dei

pazienti; alla pagina (http://www.salute.gov.it/qualita/paginaInter-

naQualita.jsp?id=250&menu=sicurezza) sono disponibili undici

Raccomandazioni condivise con Regioni e Province A utonome

(PA), esperti internazionali e nazionali, Società scientifiche e

rappresentanti delle Associazioni dei cittadini, fra le quali:

l la Raccomandazione per la prevenzione della morte, coma

o grave danno derivati da errori in terapia farmacologia in

ambito ospedaliero;

la Raccomandazione sul corretto utilizzo delle soluzioni

concentrate di Cloruro di Potassio (KCL) ed altre soluzioni

concentrate contenenti Potassio (K).

l

87

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Le due Raccomandazioni sono state trasmesse agli Assessorati

alla sanità delle Regioni e Province Autonome (PA) affinché provve-

dessero ad una loro capillare diffusione. Le Direzioni aziendali

sono invitate all‟implementazione delle Raccomandazioni oppure a

predisporre una propria procedura per la corretta gestione dei

farmaci in ospedale, tenendo conto delle risorse economiche dispo-

nibili, nonché delle prestazioni erogate e della organizzazione

interna ed a monitorarne l‟adozione.

La Raccomandazione per la prevenzione della morte, coma o

grave danno derivati da errori in terapia farmacologica

Le Aziende sanitarie sono chiamate ad una attenta valutazione

di tali eventi per porre in atto misure adeguate di prevenzione

che devono interessare tutte le fasi della gestione del farmaco

in ospedale: approvvigionamento, immagazzinamento e gestione

delle scorte, prescrizione, trascrizione e interpretazione della

prescrizione, preparazione/allestimento, distribuzione, som-

ministrazione.

Le Aziende sanitarie, in base alle loro risorse economiche e

umane, devono dotarsi ed acquisire metodologie di lavoro per

impostare un trattamento terapeutico che risulti corretto e

completo in ogni aspetto e che risponda a requisiti di Sicurez-

za:

adozione di procedure/protocolli aziendali codificati e con-

divisi tra gli operatori;

elaborazione di un Piano della sicurezza aziendale che

consideri in maniera rilevante l‟analisi degli errori in terapia

e le azioni preventive e mitiganti da intraprendere;

predisposizione di una lista di “farmaci ad alto livello di at-

tenzione” da aggiornare periodicamente;

definizione di un Piano della formazione strutturato e

specifico per la Sicurezza dei farmaci;

promozione di iniziative per favorire la comunicazione tra

gli operatori sanitari;

predisposizione di un protocollo sulle modalità di comuni-

cazione specifica degli eventi avversi;

definizione di percorsi diagnostico terapeutici;

stesura di capitolati di acquisto dei farmaci con particolare

attenzione all‟aspetto della Sicurezza dei pazienti;

l

l

l

l

l

l

l

l

88

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elaborazione di procedure ad hoc per la gestione delle

scorte in farmacia ed in reparto;

introduzione di tecnologie informatizzate;

l

l

l definizione di misure di monitoraggio con le quali seguire

la terapia sia in termini di efficacia che di possibili effetti

collaterali;

l provvedere al monitoraggio e alla valutazione dell‟impiego

corretto dei farmaci in relazione anche alla frequenza degli

eventi avversi verificatisi.

Gli interventi da attuare per la prevenzione degli eventi avversi

in corso di terapia farmacologica in ambito ospedaliero riguar-

dano vari aspetti. Particolare attenzione va rivolta all‟uso dei

farmaci off label e ai “farmaci ad alto livello di attenzione” (ad

esempio, Agonisti adrenergici, Anticoagulanti, Antiaritmici,

Antineoplastici, Benzodiazepine per ev, Digossina, Eparina,

Insulina, Ipoglicemizzanti orali, Lidocaina, Psicolettici, soluzioni

ipertoniche di Cloruro di Sodio, soluzioni ipertoniche di

Potassio, soluzioni di Calcio, soluzioni di Magnesio, Warfarin,

Narcotici ed Oppioidi, Teofillina), che devono essere impiegati

con particolare cura a causa della loro potenziale tossicità, del

basso indice terapeutico, dell‟alto rischio di interazioni.

Fra le iniziative prioritarie da attuarsi in tempi brevi si ricordano:

l‟inserimento nei capitolati d‟acquisto di criteri o elementi che

garantiscano requisiti di sicurezza dei farmaci, l‟adozione di

idonei strumenti e/o modalità prescrittive come il foglio unico

di terapia o scheda unica di terapia, la corretta conservazione

dei farmaci negli armadi della farmacia e di reparto, la centra-

lizzazione dell‟allestimento dei farmaci antiblastici e delle

terapie infusionali che necessitano di maggior cura nella pre-

parazione. In particolare è necessario che i reparti condividano

con la farmacia ospedaliera le operazioni relative alla identifi-

cazione del fabbisogno di farmaci, all‟invio delle richieste,

anche quelle urgenti giornaliere, al controllo delle scadenze e

al ritiro dei farmaci scaduti, inclusi i farmaci stupefacenti, al-

l‟inventario periodico, ad un appropriato stoccaggio e controllo

della temperatura di conservazione. Risulta di notevole utilità

prevedere e concordare un calendario di visite nei reparti da

parte dei farmacisti. È doveroso, quando possibile, fornire in-

formazioni al paziente sulla terapia che gli è stata prescritta e,

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al momento della dimissione, è necessario preparare e dispensare accuratamente la terapia domiciliare, fornendo informazioni

sia sui farmaci sia sulle modalità di somministrazione degli

stessi.

Raccomandazione sul corretto utilizzo delle soluzioni concen-

trate di Cloruro di Potassio (KCl) ed altre soluzioni concentrate

contenenti Potassio (K)

Il Ministero della Salute ha pubblicato, nel 2005, la Racco-

mandazione sul corretto utilizzo delle soluzioni concentrate

di Cloruro di Potassio (KCl) ed altre soluzioni concentrate

contenenti Potassio (K), aggiornata al marzo 2008, con

l‟obiettivo di ridurre il rischio di sovradosaggio accidentale di

Potassio garantendo, nel contempo, la tempestiva disponibilità

del farmaco in caso di bisogno. Alla Raccomandazione ha

fatto seguito la determinazione AIFA dell‟11 novembre 2005:

“Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti medicinali

per uso endovenoso contenenti alte concentrazioni di Potassio”

in merito all‟argomento.

Il documento esorta le Direzioni aziendali a sviluppare

procedure specifiche per la corretta gestione del rischio

associato all‟uso di soluzioni concentrate di Potassio e a

favorire un approccio multidisciplinare alla problematica.

Le principali azioni che devono essere messe in pratica nel

contesto ospedaliero riguardano:

1) la conservazione delle soluzioni concentrate di Cloruro di

Potassio e di altre soluzioni ad elevato contenuto di Potassio che devono essere rimosse, laddove presenti, da tutte le

scorte di farmaci ad uso corrente esistenti nei vari reparti. La

conservazione delle soluzioni concentrate deve essere

limitata esclusivamente alla farmacia, alle aree critiche indi-

viduate dalla programmazione aziendale e regionale e nelle

quali sia richiesto l‟uso urgente del farmaco. Le soluzioni

devono essere conservate separate da altri farmaci, in armadi

ove possibile chiusi e in contenitori che rechino la segnalazione

di allarme “Diluire prima della somministrazione:

mortale se infuso non diluito”.

2) La prescrizione: le soluzioni contenenti Potassio dovrebbero essere prescritte, quando le condizioni cliniche lo consentono,

in quelle formulazioni commerciali già diluite e pronte

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all‟uso. Nella documentazione clinica del paziente deve

essere sempre assicurata la tracciabilità della prescrizione

da parte del medico (dose, frequenza e velocità di infusione,

firma e ora).

3) La preparazione: le soluzioni diluite contenenti Potassio,

laddove le condizioni cliniche del paziente richiedano l‟uti-

lizzo di soluzioni con diluizione commercialmente non di-

sponibile, devono essere preparate nella farmacia ospedaliera.

Quando non sia possibile possono essere preparate diretta-

mente nelle u nità o perative, attenendosi alla procedura/pro-

tocollo scritto aziendale.

4) La somministrazione: un secondo operatore deve verificare

l‟identità del paziente e la corretta velocità di infusione.

Inoltre bisogna riportare subito nella cartella infermieristica

l‟avvenuta registrazione della somministrazione con la firma

dell‟operatore.

5.6. La Sicurezza dei pazienti e il Farmacista di Dipartimento

Nell‟ambito della Clinical Governance il Farmacista di Dipar-

timento, attraverso la collaborazione sinergica con altre figure pro-

fessionali, contribuisce significativamente alla Sicurezza dei pazienti;

in particolare può concorrere a prevenire gli errori in terapia farma-

cologica e a minimizzarne gli esiti negativi intervenendo in ognuna

delle fasi che caratterizzano il percorso del farmaco in ospedale:

prescrizione, trascrizione, distribuzione, preparazione, sommini-

strazione e monitoraggio.

Il Farmacista di Dipartimento può agire nel la prevenzione

degli errori di prescrizione partecipando alla stesura e revisione

di protocolli e Linee guida, alla verifica dell‟appropriatezza

nell‟utilizzo di farmaci off label, alla corretta gestione del foglio

unico di terapia o scheda unica di terapia, e all‟uso appropriato

degli strumenti tecnologici; ed ancora, nella fase di prescrizione

all‟atto della dimissione (discharge therapy) può essere di supporto

nel controllo/verifica dell‟appro- priatezza attraverso analisi

epidemiologiche e nel fornire un servizio di informazione al

paziente sul corretto utilizzo dei farmaci. Nella fase di

preparazione, il Farmacista di Dipartimento può prevenire errori

fornendo, ad esempio, indicazioni sulle incompatibilità chi- mico-

fisiche-farmacologiche e sulla corretta conservazione dei farmaci;

può garantire un supporto al momento della revisione e

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dell‟aggiornamento della terapia e può verificare periodicamente la

congruità tra prescrizione e farmaco realmente distribuito attraverso

controlli a campione dei farmaci pervenuti in reparto. Inoltre,

avendo accesso agli armadi farmaceutici, può controllare il corretto

stoccaggio dei medicinali (giacenze, scadenze, lotti) e predisporre

sistemi di disposizione dei farmaci tali da minimizzare gli errori di

prelievo da parte degli operatori.

Il contributo del Farmacista di Dipartimento nella fase di som-

ministrazione avviene attraverso la verifica della congruità delle

terapie stabilite, dei tempi di infusione e degli schemi posologici,

utilizzando schede tecniche dei farmaci, note informative ministeriali,

Linee guida e banche dati. Il Farmacista di Dipartimento può colla-

borare attivamente al monitoraggio dei farmaci sottoposti a registro

AIFA o al monitoraggio intensivo e fornire informazioni in fase di

compilazione delle schede delle Reazioni Avverse a Farmaci (ADR);

può inoltre monitorare la biodisponibilità dei farmaci attraverso il

dosaggio farmacocinetico personalizzato utile a determinare

eventuali aggiustamenti posologici a favore del miglior rapporto

efficacia/tossicità in pazienti con disfunzione metabolica.

La letteratura evidenzia i vantaggi correlati all‟istituzione del

Farmacista di Dipartimento indicando che la presenza di un

farmacista anche durante le visite in reparto ha ridotto drasticamente

gli errori in terapia con un notevole risparmio sui costi far-

maceutici ed una riduzione della durata delle degenze.

5.7. Dieci principi fondamentali per la Sicurezza dei pazienti

I rischi associati all‟utilizzo dei farmaci, difficilmente possono

essere controllati utilizzando una sola strategia o risorsa, ma è ne-

cessario mettere in atto una combinazione di interventi, comportamenti

e collaborazioni con tutti gli operatori sanitari per contribuire a rea-

lizzare una rete di sicurezza che protegga il paziente dai rischi

correlati alle terapie farmacologiche.

92

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ciato al singolo step del processo.

Promuovere l‟utilizzo delle tecnologie informatizzate.

Richiedere l‟introduzione dei criteri di sicurezza nelle procedure di ac-

Utilizzare codici colore, contrassegni di sicurezza, “allerte” purchè

Elaborare la lista degli acronimi e delle sigle da diffondere tramite proce-

Effettuare un doppio controllo del dosaggio di specifici farmaci.

Introdurre checklist per processi complessi o poco utilizzati.

Essere disponibili se richiesto nei reparti per eventuali chiarimenti o per

Restringere l‟utilizzo di alcuni farmaci a personale esperto o apposita-

Introdurre il monitoraggio di determinati parametri per pazienti che as-

mentare.

Segnalare i near miss.

93

Tabella 5.1. Le Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti

Semplificare

Ridurre il numero di passaggi o di operazioni per ridurre il rischio asso-

Disporre delle tabelle di dosaggio/kg.

Differenziare

Differenziare i farmaci con confezionamento o nome simili.

quisto dei farmaci.

condivisi in sede di CTO e tra farmacia e reparti.

Standardizzare

Contribuire a uniformare i modelli di cura e di terapia per ridurre il nu- mero di variabili e il grado di complessità dei processi in uso. Collaborare a Linee guida aziendali.

dura aziendale. Standardizzare la prescrizione.

Controllare

Collaborare con gli altri operatori sanitari per individuare controlli indi- pendenti in quei processi a maggior rischio di errore.

Evidenziare

Introdurre avvertenze o allarmi per rendere informazioni importanti più visibili ed aumentare il livello di attenzione del personale durante il pro- cesso di gestione del farmaco.

Effettuare reminds periodici su particolari farmaci e/o procedure.

Informare

Favorire l‟accesso alle informazioni. Fornire informazioni facilmente consultabili. Fornire informazioni sul tempo di infusione del farmaco.

supporto alla gestione del farmaco.

Limitare

Limitare l‟accesso/l‟utilizzo di alcuni farmaci o le scorte di reparto di far- maci particolarmente a rischio.

mente formato.

Monitorare

Prima di qualsiasi passaggio del processo di gestione del farmaco, assicu- rarsi che siano stati messe in atto tutte le possibili azioni di prevenzione. Richiedere un feed-back relativo a predeterminati parametri del paziente/farmaco che dovranno essere valutati ad intervalli prestabiliti.

sumono “farmaci ad alto livello di attenzione”. Controllare ripetutamente il dosaggio per i pazienti pediatrici in base al peso. Verificare i livelli dei farmaci a basso indice terapeutico.

Valutare

Collaborare con il team multidisciplinare per identificare proattivamente le situazioni di rischio correlate alla filiera del farmaco e valutare le pos- sibili conseguenze per il paziente e le modalità di sicurezza da imple-

Mettere in atto studi di FMEA relativi a quei processi particolarmente a rischio.

Condividere/ Promuovere

Condividere sempre i risultati ottenuti con gli altri operatori sanitari. Comunicare sempre i risultati delle azioni di prevenzione intraprese.

Favorire e facilitare il reporting. Fornire un feedback periodico.

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Tecnologie informatizzate per la sicurezza nell’uso dei farmaci, 2006, Agenzia Sanitaria Regionale Regione Emilia Romagna, Dossier 120: 21- 40.

94

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CAPITOLO 6

LA SICUREZZA DEI PAZIENTI IN SPECIFICI AMBITI

6.1. La Sicurezza dei pazienti nell’uso dei farmaci oncologici

Le terapie oncologiche sono ad alto rischio di errori in terapia

a causa della elevata tossicità dei farmaci antiblastici (anche alle

dosi approvate) e del basso indice terapeutico. Per questo motivo

tali farmaci sono compresi nelle liste dei “farmaci ad alto livello di

attenzione o alto rischio” in tutte le formulazioni e le vie di sommi-

nistrazione disponibili.

6.1.1. Il percorso sicuro delle terapie oncologiche

In tutte le fasi del ciclo della terapia oncologica (prescrizione,

preparazione, etichettatura e confezionamento, dispensazione,

trascrizione, consegna, somministrazione, controllo) si possono

verificare errori. Per migliorare la sicurezza e la qualità dei

processi è necessario individuare una procedura aziendale va-

lidata e condivisa in sede di Commissione Terapeutica Ospe-

daliera (CTO) e diffusa dalla Direzione sanitaria.

a. Approvvigionamento e stoccaggio

L‟approvvigionamento di qualsiasi farmaco deve essere effettuato

considerando anche la Sicurezza dei pazienti (ad esempio, la

presenza di informazioni chiare e prive di fattori di confondimento

relativi alla concentrazione e al dosaggio).

Per lo stoccaggio è necessario: limitare le scorte di reparto ai

farmaci per uso orale, conservare le terapie oncologiche in ar-

madi/cassetti separati, evidenziare la pericolosità di tali farmaci

con specifiche “allerte”, “contrassegni di sicurezza”, condivisi

con la CTO e divulgate dalla Direzione sanitaria, separare ed

evidenziare farmaci uguali con dosaggi diversi o farmaci con

nome e/o confezionamento simile. Inoltre, ogni volta che s‟in-

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troduce un nuovo farmaco oncologico nel Prontuario Terapeutico

Ospedaliero (PTO), è necessario divulgarne tempestivamente

ogni informazioni anche ai fini della gestione del Rischio clini-

co.

b. Prescrizione

La prescrizione è uno dei passaggi critici nel percorso delle

cure oncologiche. Al fine di ridurre gli errori di prescrizione è

utile disporre di una modulistica condivisa e completa di tutte

le informazioni necessarie, di facile compilazione e di immediata

lettura. L‟adozione della prescrizione informatizzata contribuisce

alla riduzione dell‟errore attraverso il controllo dei dati

riguardanti il paziente, l‟esecuzione dei calcoli matematici

(BSA e dose del farmaco) e l‟associazione del paziente al pro-

tocollo.

In fase di prescrizione è necessario evitare l‟utilizzo di sigle o

acronimi che possono facilitare l‟errore. La verifica della pre-

scrizione assume particolare rilevanza per i farmaci oncologici;

è indispensabile eseguire un doppio controllo al fine di garantire

la correttezza e la sicurezza della terapia.

c. Allestimento

L‟allestimento, quando centralizzato, è sottoposto al controllo

del farmacista ospedaliero che valuta, oltre ai parametri con-

cernenti il paziente, il protocollo terapeutico, compreso il

calcolo del dosaggio appropriato e la conformità della prescri-

zione, le condizioni di stabilità e validità, e tutti quei parametri

necessari per garantire le Norme di Buona Preparazione e di

sterilità del prodotto allestito. Quando invece l‟allestimento è

demandato ai singoli reparti, seppur condotto secondo le

norme di buona pratica professionale, non è garantita la

Sicurezza sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. In en-

trambi i casi, comunque, è necessaria la standardizzazione dei

dosaggi e delle concentrazioni. L‟etichetta dei farmaci deve ri-

portare le principali informazioni relative a paziente, farmaco,

modalità di utilizzo e particolari avvertenze.

d. Dispensazione

La dispensazione dei farmaci oncologi deve avvenire secondo

modalità che garantiscano la Sicurezza per operatori e pazienti:

è preferibile utilizzare appositi contenitori trasparenti per il

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trasporto delle sostanze antiblastiche nei reparti al fine di

evitare possibili spandimenti e/o incidenti in caso di rottura

accidentale. Le terapie oncologiche allestite devono essere

sempre accompagnate dal foglio di prescrizione, contenente

le informazioni necessarie e almeno due elementi identificativi

del paziente (ad esempio, le generalità e il numero di cartella

clinica), e dal foglio di preparazione/etichetta. Tutte le terapie

oncologiche, comprese quelle orali, dovrebbero avere “allerte”,

“contrassegni di sicurezza”, condivisi con la CTO e divulgate

dalla Direzione sanitaria.

e. Somministrazione

La somministrazione rappresenta un momento particolarmente

critico e l‟utilizzo di personale competente/esperto può ridurre

drasticamente l‟incidenza di errore. Prima di ogni sommini-

strazione il personale deve accertarsi della conformità alle

“sette cose giuste” (giusto paziente, giusto farmaco, giusta

dose, giusto tempo e giusta via di somministrazione, giusto

protocollo e giusta registrazione). Particolare attenzione deve

essere posta al sito di somministrazione per le terapie iniettabili

a causa di possibili controindicazioni di alcuni siti in base a

pregressi interventi (ad esempio, svuotamento dei linfonodi

ascellari di un arto) o al funzionamento del vaso; oppure a

causa del possibile potere vescicante/irritante di alcuni che-

mioterapici. È necessario quindi prevenire la possibilità di

stravaso per ridurne gli eventuali danni.

f. Smaltimento

Lo smaltimento dei farmaci oncologici è spesso sottovalutato e

per questo motivo rappresenta un fattore di rischio per la

garanzia di Sicurezza del paziente e degli operatori. È opportuno

valutare bene le modalità di smaltimento dei prodotti utilizzati

in tutte le fasi della gestione del farmaco oncologico e stilare

un protocollo ben definito che identifichi tutti i fattori di rischio

correlati e le eventuali precauzioni da intraprendere.

Misure preventive

Appare evidente come la standardizzazione e l‟inserimento di

limiti di prescrizione e/o dosaggio sono necessari alla prevenzione

come l‟utilizzo di strumenti informatizzati, Linee guida, controlli

di sicurezza, percorsi di formazione e Audit clinici. Il supporto

97

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del farmacista, attraverso la presenza in reparto o in fase di al-

lestimento centralizzato, è di rilevante utilità per il lavoro di

verifica, controllo, interpretazione e validazione della terapia.

Inoltre, assume particolare importanza l‟adozione di sistemi di

rilevazione, classificazione e comunicazione degli errori al

fine di evidenziare carenze o criticità nascoste nel percorso

delle terapie oncologiche.

6.2. La gestione del Rischio clinico con l’impiego di radiofarmaci in Medicina Nucleare

La normativa vigente definisce radiofarmaco “qualsiasi medi-

cinale che, quando è pronto per l‟uso, include uno o più radionuclidi

(isotopi radioattivi) incorporati a scopo sanitario”.. In Medicina

Nucleare si utilizzano radiofarmaci per due finalità:

1) in diagnostica, per studiare fenomeni fisiopatologici;

1) in terapia medico-nucleare (radioterapia metabolica), per la

capacità di legarsi selettivamente a tessuti anomali (ad

esempio, tumori) e fornire un‟irradiazione omogenea e se-

lettiva.

I radiofarmaci a causa della loro potenziale tossicità possono

essere inclusi nella categoria dei “farmaci ad alto livello di attenzione”

per i quali è necessaria una particolare attenzione durante tutto il

loro percorso all‟interno dell‟ospedale e la messa in atto di importanti

azioni di prevenzione di potenziali errori in terapia.

La gestione del Rischio clinico in strutture di Medicina Nucleare

è associato ad un processo sistematico di identificazione,

previsione e trattamento dei rischi attuali e potenziali legati

all‟impiego di ra- diofarmaci.

A causa dei recenti sviluppi della tecnologia in radioterapia è

diventato sempre più importante assicurare l‟accuratezza e l‟affidabilità

delle preparazioni/dosaggi. Questo aspetto implica che sia i parametri

relativi al paziente che le procedure tecniche di preparazione e

somministrazione del trattamento devono essere sottoposti ad un

attento programma di controllo della qualità.

In un contesto di assicurazione della qualità le più probabili

situazioni di errore inerenti le varie fasi di processo delle prestazioni

di Medicina Nucleare possono essere riassunte nelle operazioni ri-

portate in Tabella 6.1.

Nel 1996, Hladik e Norenberg hanno proposto un sistema di

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diagnostico o

radioterapia metabolica

classificazione delle potenziali criticità che possono insorgere

nell‟uso dei radiofarmaci (Tabella 6.2.).

In conclusione, nella gestione del Rischio clinico associato ai

radiofarmaci risulta importante l‟adozione di strumenti idonei per la

rilevazione e l‟analisi dei rischi, per il loro trattamento, per il moni-

toraggio nel tempo, per l‟individuazione di soluzioni organizzative.

In questo contesto sia l‟applicazione delle Norme di Buona Prepa-

razione dei Radiofarmaci per la Medicina Nucleare sia una stretta

99

Tabella 6.1. Le fasi che costituiscono una prestazione di Medicina Nucleare

Prescrizione di esame

trattamento di

1. Identificazione del paziente

2. Valutazione del beneficio (giustificazione)

3. Accertamento di appropriatezza

4. Eventuali controindicazioni

Preparazione della prestazione

1. Preparazione del programma giornaliero

2. Tipo di prestazione ed identificazione del paziente

3. Anamnesi e valutazione di potenziali eventi avversi

4. Compilazione etichette

5. Preparazione del radiofarmaco

6. Identificazione e dispensazione del radiofarmaco in relazione al paziente e alla prestazione

Esecuzione della prestazione

1. Identificazione del paziente

2. Identificazione dell‟ora e del tipo di prestazione

3. Preparazione e posizionamento del paziente

4. Somministrazione del radiofarmaco

5. Conduzione tecnica della prestazione

6. Elaborazione dei dati

7. Riproduzione delle immagini o valutazione esito terapia

8. Identificazione etichette

Refertazione e consegna

1. Analisi delle immagini e dei dati quantitativi

2. Stesura, registrazione, trascrizione e stampa dei referti

3. Vidimazione e firma dei referti

4. Imbustatura dei referti e dei report iconografici

5. Consegna dei referti

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Reaz on avve e o

even avve

E o ne a cu az one

d qua à de e cu e a paz en e

C. Errori di terapia

B. Non corretta preparazione o esecuzione della procedura

C. Altro

collaborazione col farmacista rappresentano il primo passo per

un‟assicurazione della qualità del preparato radiofarmaceutico.

6.3. La Sicurezza dei pazienti nell’uso dei farmaci: l’area ma- terno - infantile

I bambini sono esposti tre volte più degli adulti a errori in

terapia a causa della loro variabilità nella risposta farmacologica

che spesso viene sottovaluta anche da personale esperto.

I principali errori riguardano:

l i calcoli per i dosaggi: risulta la principale causa di errore

per la complessità degli stessi, per la scarsa familiarità degli

operatori sanitari con le operazioni matematiche e l‟utilizzo

di frazioni di numeri decimali/dosi;

l le formulazioni: la maggior parte dei medicinali sono

studiati per gli adulti e per adattarli ai bambini sono necessari

calcoli non sempre facili da compiere; le formulazioni spe-

cifiche per i pazienti pediatrici hanno numerosi dosaggi e

100

Tabella 6.2. Schematizzazione delle criticità associate all’impiego clinico di radiofarmaci

Insolito Esito diagnostico/ terapeutico

A. Alterata biodistribuzione

1. Terapia farmacologica 2. Problemi nella formulazione 3. Interferenza Patofisiologica 4. Trauma iatrogeno 5. Radioterapia 6. Trasfusione di sangue 7. Dialisi 8. Inappropriata tecnica o via

di somministrazione

B. Artefatti nelle immagini

1. Artefatti in sequenza 2. Errore dell‟operatore 3. Guasto strumentale 4. Errore indotto dal paziente 5. Altro

C. Normali varianti anatomiche

A. ADR B. ADE

D. Errata somministrazione/eventi registrabili

A. Manipolazione di sangue/errori nella reinfusione (Pre/post marcatura con radionuclidi).

diagnostica/terapeutica.

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concentrazioni che possono rappresentare una fonte di errore specialmente durante la somministrazione in diagno-

stica;

le concentrazioni: nei reparti di terapia intensiva uno dei l

principali problemi è il contenimento dei fluidi, spesso vin- colato alle caratteristiche del farmaco (concentrazione

massima possibile, stabilità e disponibilità sul mercato in

diagnostica);

la via di somministrazione: la scelta della corretta via di l

somministrazione dipende da vari fattori quali: disponibilità di formulazioni pediatriche, biodisponibilità del

farmaco, aderenza alla terapia, tipologia del farmaco e tipo

di risposta desiderata. Nei bambini si preferisce

l‟utilizzo della via orale o rettale anche se l‟assorbimento

è molto variabile in diagnostica;

la compliance: nei pazienti pediatrici la maggior parte delle l

terapie fallisce a causa della scarsa compliance, anche quando si pone particolare attenzione alla scelta appropriata

della via di somministrazione. Il coinvolgimento dei familiari

è in questo caso indispensabile perché il bambino non è in

grado di gestire da solo la terapia. I bambini non sono in

grado di valutare la loro risposta ai farmaci o di comunicare

in modo efficace possibili errori o eventi avversi.

Nelle terapie farmacologiche la mancanza d‟indicazioni rico-

nosciute per l‟uso pediatrico, di dosaggi stabiliti in conformità a dati

di farmacocinetica specifici e di formulazioni pediatriche, con con-

seguente utilizzo di forme non adatte, non biodisponibili e non

studiate per i bambini, favorisce l‟errore. La biodisponibilità dei

farmaci è molto variabile perché nei bambini esistono differenze

degli enzimi coinvolti nel metabolismo e nel trasporto dei farmaci;

inoltre, sono presenti delle variazioni nella composizione dei diversi

compartimenti dell‟organismo, in relazione all‟età, in termini

di contenuto di liquidi, grasso, proteine. Pertanto, è necessario

identificare “finestre di vulnerabilità” correlate all‟età, all‟interno

delle quali va effettuata la scelta appropriata dei farmaci.

Infine, gli eccipienti presenti nei farmaci non sono sempre

dichiarati, seppure sia nota la loro controindicazione in alcune patologie

come ad esempio: Amido (celiachia), Lattosio (diarrea), Sorbitolo

(disturbi gastrointestinali), Glicerolo (mucositi nello stomaco).

101

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Caso studio 1. Il centro antiveleni di Milano ha co- municato all’AIFA il riscontro di ripetuti episodi di sovradosaggio da Paracetamolo nei bambini (13 se- gnalazioni in 3 giorni a gennaio 2007) causati da

errore terapeutico.

Caso studio 2. Un neonato ha ricevuto 1.5 ml di Di- gossina alla concentrazione di 0.25mg/ml (0.375mg) invece che alla concentrazione di 0.1mg/ml (0.15mg), in quanto il medico aveva prescritto il farmaco in vo- lume di formulazione pediatrica (1.5 ml) invece che per peso di principio attivo (0.15mg). L’infermiere ha prelevato in reparto la formulazione per adulti 0.25 mg/ml e ha somministrato la dose errata al neonato che ha manifestato immediatamente un problema cardiaco.

Raccomandazioni per la prevenzione del rischio in pediatria

Per una efficace prevenzione degli errori in terapia, è necessario

attuare in tempi brevi una serie di interventi, tra l‟altro già indi-

viduati nella Raccomandazione n. 7 del Ministero della Salute,

tra cui:

scrivere età, peso del paziente e superficie corporea nella

prescrizione;

utilizzare principio attivo e nome commerciale del farmaco;

evitare acronimi e abbreviazioni o richieste verbali;

fare attenzione ai nomi e confezionamento simili;

centralizzare l‟allestimento dei farmaci pediatrici in farmacia,

e dedicare zone per la conservazione e la preparazione di farmaci pediatrici;

limitare la disponibilità di dosaggi diversi dello stesso far-

maco;

arrotondare le dosi a un numero intero se possibile;

calcolare sempre due volte il dosaggio;

conoscere i limiti massimi di dosaggio e concentrazione;

fornire fogli di calcolo per favorire il calcolo del dosaggio

pro kg;

standardizzare le prescrizioni e creare Prontuari pediatrici;

contattare il medico o il farmacista per prescrizioni dubbie;

l

l

l

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formare personale specializzato dedicato; l

l favorire la presenza di un farmacista in reparto o in consu-

lenza;

l definire indicatori di struttura, di processo e di esito riferiti

alla popolazione pediatrica.

L‟American Academy of Pediatric Pharmacy Advocay Group

raccomanda l‟adozione di tecnologie informatizzate, l‟attuazione

di programmi di prescrizione standardizzata e di interventi per

migliorare la preparazione e la somministrazione dei farmaci e

lo sviluppo di programmi di “quality assurance”.

Assunzione di farmaci in gravidanza e allattamento

Durante la gravidanza è necessario valutare con attenzione

l‟assunzione di farmaci, specialmente nel primo trimestre di

gestazione; alcuni studi, ad esempio, hanno evidenziato come

l‟utilizzo di analgesici e/o antinfiammatori nelle prime settimane

e tra la settima e la nona settimana di gravidanza, aumentanoo

il rischio di aborto. Quando non è possibile sospendere la

terapia farmacologica è necessario verificarne il profilo di si-

curezza; molti farmaci sono in grado di oltrepassare la barriera

placentare e raggiungere il feto ma solo alcuni sono in grado

di causare malformazioni o alterazioni dello sviluppo. Il rischio

di danno al feto, infatti, dipende dal tipo di farmaco, dalla

dose assunta e dalla durata della terapia (esposizione).

Molti farmaci passano nel latte materno ma nella maggior

parte dei casi, la quantità di medicinale che il neonato potrebbe

assumere è molto bassa. La quantità di farmaco che passa nel

latte dipende da diversi fattori, tra cui le caratteristiche chimico

fisiche, la dose assunta, la quantità di farmaco assorbita, la

velocità d‟eliminazione e la durata della terapia. I farmaci per

uso topico sono generalmente poco assorbiti ad eccezione

della tintura di iodio che è controindicata in allattamento,

perché lo iodio può accumularsi nel latte causando ipotiroidismo

nel neonato.

È necessario non sottovalutare l‟utilizzo dei prodotti da banco,

fitoterapici e di erboristeria che, seppur apparentemente innocui

possono causare danni: alcune erbe hanno proprietà abortive

e pertanto, il loro utilizzo è controindicato in gravidanza;

durante l‟allattamento, invece, possono alterare il sapore del

latte.

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In letteratura sono presenti casi di assunzione di fieno greco,

per stimolare la lattazione, che hanno causato ipoglicemia ed

ipertensione nella madre, coliche e diarrea nei neonati; anche

l‟Erba di S. Giovanni, consigliata per la depressione post

partum, dovrebbe essere evitata perché gli studi e le prove di

sicurezza sono stati eseguiti solo sugli uomini.

6.4. La Sicurezza dei pazienti nell’uso dei farmaci Look- alike/Sound-alike (LASA)

I nomi di alcuni farmaci risultano simili ai nomi di altri farmaci

sia quando vengono scritti (similarità ortografica: look alike), sia

quando vengono pronunciati o ascoltati (similarità fonetica: sound

alike). La similarità è intesa come il numero di caratteri o suoni

simili in comune alle due parole. La possibilità di confondimento,

favorita da tale similarità, può causare la sostituzione tra farmaci

che possono avere dosaggi ed effetti diversi da quelli del farmaco

realmente prescritto.

La similarità del nome può riguardare sia il principio attivo

(Vincristina e Vinblastina o Cisplatino e Carboplatino) sia il nome

commerciale di un farmaco (Losec e Lasix, Supradyn e Sucralfin) o

la loro combinazione (Tramadolo e Toradol).

Le insuline hanno nomi molto simili (Humalog e Humulin) o

possono avere lo stesso nome, ma concentrazioni differenti (Humulin

I e Humulin R oppure Humulin 30/70 e Humulin 40/60, 50/50). La

possibilità di confusione è molto alta e in questi casi è opportuno

conservare nei reparti solo le insuline regolari e richiedere con

richiesta motivata per singolo paziente le insuline miste o quelle

con lunga durata d‟azione. Può essere utile destinare spazi separati

e distanti nei frigoriferi e differenziare i nomi con l‟utilizzo di

“allerte”, “contrassegni di sicurezza”, condivisi con la CTO e

divulgate dalla Direzione sanitaria.

Principali situazioni di rischio

In letteratura si trovano stime diverse dell‟incidenza degli errori

in terapia con l‟uso dei farmaci LASA: 23-30% (Canada – Uni-

versità dell‟UTAH), 12.5 % (FDA) e 15% (USP).

Questi errori si possono verificare in qualsiasi passaggio della

filiera del farmaco e sono determinati da numerosi fattori di

rischio quali:

l la scrittura illeggibile delle prescrizioni;

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il confezionamento o le etichette simili; l

l la scarsa conoscenza dei nuovi farmaci del PTO e/o della

terapia domiciliare;

l la mancanza di una lista aziendale dei farmaci LASA;

l‟utilizzo di sigle abbreviazioni e acronimi non condivise e

diffuse dalla Direzione sanitaria.

l

Misure preventive

Nel 2001 la JCHAO ha pubblicato un “Sentinel Event Alert” re-

lativo ai LASA ed ha poi introdotto, all‟interno dei Patient Safety

Goal 2006-2008, la necessità di identificare e rivedere almeno

annualmente la lista dei farmaci LASA utilizzati nella propria

Organizzazione sanitaria al fine di mettere in atto azioni di

pre- venzione per la riduzione del rischio di errori in terapia.

Il Ministero della Salute ha avviato un Progetto specifico per la

prevenzione degli errori in terapia conseguenti l‟uso dei

farmaci LASA (http://www.salute.gov.it/qualita/new-

sQualita.jsp?id=522&menu=inevidenza&lingua=italiano) e ha

predisposto una Raccomandazione in merito alla problematica,

disponibile dal mese di agosto 2010.

Le Aziende sanitarie, ai fini della Sicurezza dei pazienti, do-

vrebbero elaborare una procedura per la corretta gestione dei

farmaci LASA che consideri alcune delle principali strategie di

prevenzione, già adottate in alcune realtà nazionali ed inter-

nazionali, tra cui:

a. Separare i farmaci

In fase d‟immagazzinamento è necessario porre separatamente

i farmaci con nome simile o dotarsi di “allerte”, “contrassegni

di sicurezza”, condivisi tra farmacia e reparti e divulgate dalla

Direzione sanitaria che evidenziano il pericolo di confondimento

con altri farmaci.

Risulta utile avere a disposizione la lista aziendale dei farmaci

LASA presenti nel PTO e utilizzare, ove possibile, strumenti in-

formatici che facilitano il riconoscimento del farmaco (ad

esempio, codice a barre, Rti-DFD). In fase di approvvigionamento

si possono inserire nei capitolati di acquisto criteri di sicurezza

per selezionare farmaci privi di fattori di confondimento.

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b. Codici colore e/o allarmi

Per evidenziare i farmaci con nomi e confezioni simili, è possibile

adottare “allerte”, “contrassegni di sicurezza” o particolari sistemi

elettronici (nelle Strutture dove sono presenti sistemi informatizzati

per la prescrizione o per la distribuzione dei farmaci). In alcuni

casi è possibile evidenziare i codici colore che possono differenziare

i galenici che presentano confezionamento simile.

Tutti i codici colore, gli allarmi, le “allerte” e i “contrassegni di

sicurezza” devono essere condivisi tra la farmacia e gli operatori

sanitari e divulgati dalla Direzione sanitaria.

c. Tall Man Letters

È possibile differenziare parte del nome dei farmaci alternando

lettere minuscole e maiuscole in modo da evidenziare la parte

non simile del nome facilitandone la distinzione, ad esempio:

NICARdipina/NIFEdipina, ClorproMAZINA/ClorproPAMIDE, o

HumALOG/HumULIN.

Questo sistema di nomenclatura è molto usato negli USA

anche se in modo non standardizzato e privo di regole precise.

d. Varie

Ulteriori misure di prevenzione possono essere utilizzate per

la Sicurezza dei pazienti.

È utile richiedere al medico di effettuare le prescrizioni con

grafia chiara e di riportare sia il principio attivo che il nome

commerciale del farmaco (se previsto nella procedura aziendale)

sia l‟indicazione terapeutica. L‟anamnesi farmacologica deve

essere completa ed esaustiva; vanno fornite informazioni

precise e dettagliate sulla terapia in corso e in fase di dimissione

e a tal fine le prescrizioni devono essere standardizzate secondo

modalità concordate utilizzando il foglio unico di terapia o la

scheda unica di terapia e, se ciò non fosse possibile, moduli

prestampati. In caso di prescrizione dubbia è necessario

chiedere la conferma della terapia al medico.

Gli errori in terapia con l‟uso dei farmaci LASA possono

causare seri danni al paziente perché non sempre è possibile

eliminare le cause di errore che dipendono dal packaging. È

necessario sottolineare che tali errori possono verificarsi anche

durante la terapia domiciliare per cui è necessario che s‟informi

il paziente circa la possibilità di confondere i farmaci e le

modalità per prevenirne lo scambio.

106

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Ridurre i farmaci presenti nel PTO.

Separare specialità medicinali della stessa Azienda farmaceutica

Utilizzare “allerte”, “contrassegni di sicurezza”, concordati.

Utilizzare supporti tecnologici di controllo (codice a barre, armadi infor-

quenza).

Incoraggiare il paziente a chiedere ulteriori informazioni in fase di pre-

Verificare la consapevolezza degli operatori del rischio nell‟uso dei far-

La Sicurezza nell’uso dei farmaci LASA e il progetto del Ministero

della Salute

La prevenzione degli eventi avversi dovuti a errore in corso di

terapia farmacologica è considerata una priorità dell‟assistenza

sanitaria in molti Paesi e dai principali Organismi internazionali

che si occupano di sanità. Tali errori si possono verificare sia in

ospedale durante tutte le fasi della gestione del farmaco (ap-

provvigionamento, immagazzinamento e conservazione, pre-

scrizione, trascrizione e interpretazione della prescrizione,

preparazione/allestimento, distribuzione, somministrazione)

sia sul territorio, ad esempio, negli ambulatori dei medici di

107

Tabella 6.3. Le Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti

Limitare

Limitare la presenza nei reparti di farmaci LASA. Evitare l‟utilizzo di differenti dosaggi dello stesso farmaco.

Separare

Separare i farmaci LASA in farmacia e nei reparti. Separare i farmaci con differenti dosaggi, concentrazioni, forme farma- ceutiche. Separare farmaci generici o galenici della stessa Azienda farmaceutica.

Differenziare i nomi dei farmaci LASA con codici colore o particolari no- menclature anche nei carrelli.

Ridurre la possibilità

di confusione

Utilizzare allarmi elettronici.

Seguire la filiera

Prescrivere i farmaci per principio attivo o nome commerciale, secondo procedura aziendale. Effettuare verifiche sulle prescrizioni. Effettuare un doppio controllo manuale.

matizzati). Specificare l‟indicazione terapeutica nella prescrizione.

Migliorare l’accesso

alle informazioni

Standardizzare la prescrizione specificando tutti i dati necessari alla com- pletezza (forma farmaceutica, dosaggio, concentrazione, posologia e fre-

Comunicare eventuali errori da farmaci LASA occorsi nel proprio ospe- dale.

Coinvolgere il paziente

Informare il paziente sulla terapia e informarlo sulla possibilità di errore con l‟uso dei farmaci LASA.

scrizione (medico), dispensazione (farmacista) o somministrazione (infer- miere o familiare).

Sensibilizzare il personale

Elaborare e diffondere liste aziendali molto semplici dei farmaci LASA. Formare gli operatori sanitari sul rischio nell‟uso dei farmaci LASA e sulle strategie di prevenzione.

maci LASA. Favorire gruppi di lavoro multidisciplinari per migliorare le strategie di prevenzione.

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medicina generale e pediatri di famiglia, nelle farmacie di co-

munità, nelle RSA o presso il domicilio del paziente.

L‟Ufficio III della Direzione Generale della programmazione

sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema

del Ministero della Salute, ha avviato, nel 2008, il Progetto

“La sicurezza dei pazienti nell’uso dei farmaci LASA”, il cui

obiettivo prioritario è la prevenzione degli errori in corso di

terapia farmacologica legati all‟uso dei farmaci LASA, sia in

ambito ospedaliero che territoriale.

L‟iniziativa intende anche:

l aumentare la consapevolezza, non solo da parte degli

operatori sanitari, della possibilità di errore nell‟uso dei

farmaci LASA;

fornire indicazioni, per la realizzazione di interventi mirati

alla Sicurezza dei pazienti, condivise con Regioni e Province

Autonome (PA), Aziende sanitarie, AIFA, ISS, FOFI, Società

scientifiche, Federfarma, Farmindustria ed altre Istituzioni;

l raccogliere informazioni relative al packaging dei farmaci;

l

sensibilizzare le Aziende farmaceutiche affinché prevedano,

nella commercializzazione dei farmaci, criteri per evitare

ogni fattore di confondimento nell‟uso dei farmaci LASA.

Durante la prima fase del Progetto si è provveduto a svolgere

un‟indagine conoscitiva per la raccolta volontaria delle infor-

mazioni (anche tramite un questionario) necessarie alla valuta-

zione del grado di conoscenza della problematica su tutto il

territorio nazionale. In esito alle informazioni raccolte è stato

elaborato il I Rapporto relativo allo studio delle segnalazioni

pervenute. Nel periodo compreso tra novembre 2008 e aprile

2009 sono pervenute n. 1014 segnalazioni da parte di ospedali,

distretti sanitari, farmacie di comunità, Società scientifiche,

Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), medici di medicina

generale e pediatri di famiglia, e cittadini.

Tutte le segnalazioni, trattate in forma anonima e nel rispetto

della privacy, comprendenti sia le risposte al questionario sia gli

altri contributi spontanei, sono confluite in un database e sono

state oggetto di successive analisi statistiche, che hanno permesso

di calcolare i tassi di prevalenza dei farmaci LASA rispetto al

totale delle segnalazioni oggetto di analisi. Il Rapporto mette in

evidenza come la problematica correlata alla Sicurezza nell‟uso

l

108

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dei farmaci LASA sia ampiamente conosciuta: il numero più ri-

levante di segnalazioni è pervenuto dagli operatori sanitari che

lavorano in ambito ospedaliero e presso le farmacie di comunità.

Dalle informazioni pervenute emerge che i fattori di rischio,

ossia le motivazioni che possono indurre in errore, sono rap- presentate dalla somiglianza grafica e fonetica del nome, e dalla

somiglianza della confezione. L‟indicazione del-

l‟ospedale/distretto sanitario, quale luogo dove risulta maggiore

la possibilità di confondere un farmaco con un altro, consente

di formulare precisi indirizzi per questo setting assistenziale,

peraltro più conosciuto e studiato rispetto al territorio per la

presenza di un numero elevato di farmaci e di pazienti. Inoltre,

nelle Strutture sanitarie dove sono state realizzate iniziative

per la Sicurezza dei pazienti che riguardano l‟uso dei farmaci

LASA, si è avuta una drastica riduzione degli errori in terapia

ed un miglioramento della qualità dei servizi erogati.

In questa ottica di gestione del Rischio clinico è stata elaborata

la Raccomandazione n. 12, per la prevenzione degli errori in

terapia con farmaci “look-alike/sound-alike” rivolta:

a tutti gli operatori sanitari che lavorano in ospedale e nei servizi territoriali delle ASL, ai medici di medicina generale e ai pediatri di famiglia, ai farmacisti delle farmacie di co- munità, alle Direzioni delle Aziende sanitarie (ASL, AO, IRCCS, Policlinici Universitari), nonché agli operatori sanitari che lavorano nelle RSA, negli Hospice, nelle Strutture private di riabilitazione e cura, negli Istituti penitenziari, nelle comunità terapeutiche;

l alle Aziende farmaceutiche;

l

a tutti coloro che sono coinvolti, a vario titolo, nella gestione del farmaco sia in ospedale che sul territorio.

Alcuni aspetti della Raccomandazione possono trovare appli-

cazione in tutte le realtà dove vengono conservati e/o utlizzati

farmaci incluso le ambulanze, il domicilio del paziente, i grossisti

di medicinali.

l

6.5. La Sicurezza dei pazienti nell’uso dei “farmaci ad alto li- vello di attenzione” o “farmaci ad alto rischio”

I “farmaci ad alto livello di attenzione” o “farmaci ad alto

rischio”, sono farmaci che più facilmente possono causare danni

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gravi al paziente quando utilizzati non correttamente; sono quei

farmaci che richiedono particolare attenzione nella gestione ed uso,

a causa della loro potenziale tossicità, del basso indice terapeutico

e dell‟alta possibilità di interazioni, ad esempio: Agonisti adrenergici,

Anestetici generali endovena, Anestetici locali iniettabili, Bloccanti

neuromuscolari, Anticoagulanti, Eparina, Warfarin, Antiaritmici, An-

tineoplastici, Stupefacenti, Oppioidi, Benzodiazepine endovena,

Digossina, Insulina, Ipoglicemizzanti orali, Sodio nitroprussiato, so-

luzioni concentrate di Sodio Cloruro, soluzioni concentrate Potassio Cloruro, soluzioni concentrate di Potassio, soluzioni

Calcio, soluzioni di Magnesio.

Sebbene in letteratura sia riportata una bassa incidenza

di

di

di

errori in terapia dovuti ai “farmaci ad alto livello di attenzione” o

“farmaci ad alto rischio”, quando questi si verificano hanno un

impatto significativo sulla salute del paziente: in pratica il loro

margine di sicurezza è molto ristretto rispetto ad altri farmaci ed è

necessario prestare loro la massima attenzione.

Il Ministero della Salute, nella Raccomandazione n.7 relativa

alla “Prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da

errori in terapia farmacologica”, ha inserito i “farmaci ad alto livello

di attenzione” o “farmaci ad alto rischio”, negli obiettivi principali

di prevenzione.

Nella letteratura internazionale troviamo diversi esempi di

errori conseguenti l‟uso di questi farmaci, tra cui quelli nel calcolo

nella preparazione di eparina iniettabile in pazienti pediatrici e

nella prescrizione degli anticoagulanti orali (la mancanza di Linee

guida relative al dosaggio, la scarsa informazione fornita al paziente

e la difficoltà di eseguire un monitoraggio appropriato, possono

esporre il paziente a rischio di sanguinamento, emorragie ed altro).

Anche in Italia sono stati riportati casi di morte, alcuni dei

quali per arresto cardiaco dovuto a utilizzo errato di soluzioni

concentrate di Potassio Cloruro. A seguito di tali eventi sentinella

il Ministero della Salute ha emanato l a Raccomandazione

specifica (Racco- mandazione n.1, aprile 2005).

In base ai risultati di una review effettuata dall‟Institute for Safe

Medication Practice (ISMP) www.ismp.org sono stati inseriti nella

lista dei farmaci ad “alto rischio” ben 19 classi di farmaci e 14

specifici farmaci tra i quali possiamo avere:

Agonisti e Antagonisti adrenergici l

l Anestetici e.v. e per inalazione

110

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Insuline l

l Anticoagulanti orali e iniettabili

l Stupefacenti e oppioidi

Curari (bloccanti neuromuscolari) l

l Oppioidi, Sedativi e Benzodiazepine

Farmaci oncologici in tutte le formulazioni l

l Elettroliti concentrati e.v.

Mezzi di contrasto

Farmaci per via epidurale e intratecale.

l

l

Misure preventive per la Sicurezza con l’impiego dei “farmaci

ad alto ad alto livello di attenzione” o “farmaci ad alto rischio”, È

molto importante pianificare azioni di prevenzione per ridurre il

rischio di errori in terapia, tra cui:

standardizzare e semplificare il processo di gestione del far-

maco nelle aree identificate a maggior rischio (ad esempio,

anestesia) o per i pazienti a maggior rischio (ad esempio,

pazienti pediatrici, geriatrici);

facilitare la comunicazione e l‟accesso alle informazioni;

l

l

l identificare i “farmaci ad alto livello di attenzione” o

“farmaci ad alto rischio”, presenti nel Prontuario Terapeutico

Ospedaliero (PTO);

implementare le Raccomandazioni del Ministero della Sa-

lute.

Molteplici sono le azioni che possono essere messe in atto da

tutti gli operatori sanitari in relazione alla propria realtà lavorativa

per prevenire gli errori in terapia conseguenti l‟uso non corretto dei

“farmaci ad alto livello di attenzione” o “farmaci ad alto rischio” e,

a tal fine, le Aziende sanitarie devono favorire la comunicazione e

un approccio multidisciplinare alla problematica collegata alla

gestione del Rischio clinico.

l

6.6. La profilassi antibiotica

Le infezioni del sito chirurgico

Con il termine infezione del sito chirurgico si intende l‟infezione

della sede di incisione o dei tessuti molli, ma anche localizzazioni

dell‟infezione in cavità del corpo (ad esempio, l‟ascesso sub-

111

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frenico), ossa, articolazioni, meningi e altri tessuti interessati

dall‟intervento. L‟infezione del sito chirurgico è una complicanza

comune, ma potenzialmente evitabile, di qualunque procedura

chirurgica. Un certo grado di contaminazione batterica del

sito chirurgico è inevitabile da parte sia della flora batterica

dello stesso paziente sia della flora batterica ambientale. Le in-

fezioni del sito chirurgico si verificano nel 2-5 % dei pazienti a

seguito di chirurgia pulita non addominale (ad esempio,

chirurgia toracica e ortopedica), ma può arrivare al 20% dei

pazienti sottoposti a chirurgia addominale.

I fattori di rischio e la profilassi antibiotica

La somministrazione profilattica di antibiotici ha lo scopo di im-

pedire che i batteri, venuti a contatto con il campo operatorio

nel corso della fase contaminante dell‟intervento, si annidino

nel sito chirurgico e/o aderiscano al materiale protesico impiantato.

Esiste ormai un‟ampia letteratura che dimostra quando sia ne-

cessario effettuare una profilassi, con quali antibiotici e con

quale regime di somministrazione. Per ottimizzare i benefici,

l‟antibiotico dovrebbe essere sicuro, economico, battericida con

uno spettro microbiologico in vitro in grado di coprire i più pro-

babili batteri contaminanti. Circa l‟80-90% dei pazienti chirurgici

sono sottoposti a profilassi antibiotica, ma numerosi studi dimo-

strano che la scelta del farmaco, il tempo di somministrazione e

la durata della profilassi sono inappropriate nel 25-50 % dei

casi. È importante ricordare che la profilassi antibiotica non può

in alcun modo sostituire una corretta applicazione delle norme

di prevenzione in quanto queste ultime rivestono un ruolo fon-

damentale nel limitare l‟insorgenza di infezioni del sito chirurgico.

La profilassi antibiotica infatti si affianca e completa tale pratica,

ma non si sostituisce ad essa.

I protocolli di profilassi antibiotica e lo sviluppo di Linee guida

locali

Sono state pubblicate numerose Linee guida e protocolli con

indicazioni degli interventi che necessitano di profilassi con

antibiotici, degli antibiotici consigliati e delle relative modalità

e tempi di somministrazione. Una revisione esaustiva e

recente è stata pubblicata dal Sistema Nazionale Linee Guida

(SNLG) alla quale si rimanda per approfondimenti.

La revisione recentemente pubblicata dall‟Istituto Superiore di

112

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Sanità (ISS), così come altre Linee guida, rappresentano una

utile base di riferimento dalla quale partire per definire in ogni

ospedale un proprio protocollo di profilassi adattato alle

esigenze microbiologiche locali e al tipo di interventi effettuati.

Definizione delle responsabilità

Una stretta collaborazione tra équipe di sala operatoria ed ope-

ratori sanitari di reparto, fin dalla stesura e condivisione di pro-

cedura/protocolli e Linee guida, aiuta a risolvere sia i problemi

organizzativi legati alla somministrazione (in particolare quando

questa risulta lunga o particolare) sia l‟assegnazione di specifiche

responsabilità rispetto alla somministrazione dell‟antibiotico

stesso, ed assicura che la profilassi venga gestita secondo le

modalità e i tempi previsti dalla Linea guida da applicare.

Kit preconfezionato per la somministrazione della profilassi antibiotica

La fornitura di kit preconfezionati da parte della farmacia ospedaliera

si è rivelato un ottimo metodo di prevenzione del rischio. I kit,

preparati quotidianamente dalla farmacia, in base alla Linea guida aziendale e alla lista degli interventi previsti per la seduta

operatoria del giorno successivo, contengono per ogni paziente

l‟antibiotico da somministrare al dosaggio stabilito e il numero di

fiale necessario. Le eventuali dosi aggiuntive dello stesso antibiotico

sono ottenibili solo attraverso una richiesta motivata.

Monitoraggio della pratica clinica e ritorno dei dati (Audit & feed-

back)

È necessario progettare accuratamente la raccolta dei dati che

devono essere presentati in modo da rendere il procedimento

facile da realizzare e accettabile ai professionisti nel contesto

delle attività dell‟Unità Operativa. Oltre ai dati normalmente

disponibili in cartella clinica, è indispensabile disporre di un

set minimo di:

dati relativi al paziente; l

l dati relativi all‟intervento;

informazioni sulla profilassi antibiotica somministrata; l

l motivazioni della non aderenza alla Linea guida.

Sviluppo di una checklist per ridurre gli errori in sala operatoria

Nell‟ambito delle attività per promuovere la qualità e la

Sicurezza delle cure, il Ministero della Salute ha pubblicato il

113

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manuale “Raccomandazioni per la Sicurezza in sala operatoria”

che comprende le Linee guida e la checklist, elaborate dal-

l‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nell‟ambito

del programma “Safe Surgery Saves Lives”, adattate al

contesto nazionale (http://www.salute.gov.it/).

Obiettivo del manuale, rivolto ai manager del Servizio Sanitario

Nazionale (SSN) e a tutto il personale delle équipe chirurgiche, è

quello di migliorare la qualità e la sicurezza degli interventi

chirurgici eseguiti nel SSN attraverso la diffusione di racco-

mandazioni e standard di sicurezza e l‟adozione della checklist

per la Sicurezza in sala operatoria nel corso di tutte le procedure

chirurgiche.

6.7. La gestione dei gas medicali di sala operatoria

I gas medicali comunemente presenti in sala operatoria a

scopo terapeutico e diagnostico sono: P rotossido d‟azoto,

Ossigeno, Aria medicinale, Anidride carbonica, miscele O ssigeno

/Azoto. Possono arrivare alle sale operatorie attraverso circuiti

centralizzati di distribuzione o attraverso bombole. In particolare il

Protossido d‟azoto e l‟Ossigeno vengono distribuiti attraverso

circuiti centralizzati e somministrati attraverso circuiti chiusi per

minimizzare la contaminazione ambientale.

In base al Decreto Legislativo 219/06 e al Decreto Legislativo

46/97 i gas sopra citati sono considerati farmaci a tutti gli effetti e i

circuiti di distribuzione sono quelli dei dispositivi medici.

In sala operatoria vengono poi utilizzati altri farmaci in forma

gassosa quali Isofluorano, Desfluorano e Sevofluorano. Il Protossido

di azoto è il gas di maggior interesse per quanto riguarda i rischi as-

sociati all‟utilizzo dello stesso.

Situazioni di rischio associate all’utilizzo dei gas medicali in sala

operatoria

Le situazioni di rischio associate all‟utilizzo dei gas medicali in

sala operatoria possono riferirsi a tre tipologie:

1. Rischio di prodotto;

2. Rischio per il paziente;

3. Rischio per l‟operatore.

1. Rischio di prodotto: i gas utilizzati sono in pressione, in-

114

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fiammabili e/o esplosivi, anestetici. Vengono distribuiti

attraverso la rete centralizzata o tramite bombole, che devono

rispondere ai requisiti previsti dalla legge in materia di

attrezzature a pressione e sistemi di distribuzione/somministrazione

in quanto dispositivi medici, e di sicurezza per quanto riguarda

la prevenzione del rischio per della salute dei pazienti e degli

operatori sanitari. È necessario quindi che vengano applicate

tutte le condizioni previste dalla normativa vigente che con-

sentano di garantire che gli impianti di distribuzione dei gas

medicali siano progettati con materiali idonei e che contengano

esclusivamente i gas alla pressione prevista.

2. Rischio per il paziente: in letteratura sono riportati soprattutto

incidenti dovuti a errata tipologia di gas somministrato per

scambio di raccordi di somministrazione. Pertanto è necessario

prevedere nella progettazione della sala operatoria tutte le com-

ponenti necessarie all‟uso sicuro dei gas medicinali (la gas spe-

cificità prevede anche che ogni unità terminale debba accettare

solo l‟innesto per il gas medicale per il quale è stata destinata). È

inoltre necessario che tutti gli interventi di manutenzione degli

impianti siano controllati e certificati da personale competente.

3. Rischio per l‟operatore: il grande interesse per l‟inquinamento

dei gas e vapori anestetici nelle sale operatorie è legato alla

comprovata azione tossica di queste sostanze, con conseguente

rischio per tutto il personale professionalmente esposto (anestesisti,

chirurghi, ferristi ed infermieri di sala). Il grado di inquinamento

ambientale nei reparti operatori può dipendere da fattori

strutturali degli ambienti (forma, cubatura, efficienza dei ricambi

di aria, anche nelle sale di risveglio) e/o da problemi legati alle

modalità e alle linee di erogazione: quantità, tipo di erogatore,

presenza di sistemi di evacuazione, corretto uso delle attrezzature,

perdite lungo i vari punti delle linee per anomalie delle

attrezzature o degli strumenti di anestesia. L‟uso di sistemi

chiusi per la somministrazione dei gas anestetici e per il

recupero dell‟aria espirata dal paziente minimizzano la conta-

minazione ambientale ma è necessario monitorare attentamente

e periodicamente la concentrazione di gas aerodispersi.

Definizioni di procedure e raccomandazioni

Alla luce di quanto esposto, si evince la necessità che nelle

sale operatorie siano adottate misure preventive sia di tipo am-

115

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bientale sia riguardanti le tecniche anestesiologiche, al fine di

ridurre l‟inquinamento dell‟ambiente e l‟esposizione degli ope-

ratori. La C ircolare N° 5 del 14/03/1989 del Ministero della

Sanità e le Linee guida ISPESL (Ispettorato Superiore Prevenzione

e Sicurezza del Lavoro), sono i riferimenti normativi principali

a cui attenersi. Gli incidenti gravi, che si sono verificati negli

ultimi anni, quali lo scambio delle tubature di distribuzione

Ossigeno-Protossido, o l‟incendio dovuto ad una dispersione

di Ossigeno puro presso una camera iperbarica, ha messo

ancora più l‟accento sul fatto che essendo un settore multidi-

sciplinare e in continua evoluzione tecnologica, è necessario

che il livello di guardia e di controllo sia alto.

I fattori determinanti per la sicurezza nell‟utilizzo dei gas me-

dicinali passano attraverso la predisposizione di un piano di

formazione che preveda interventi atti a coinvolgere tutte le

diverse figure professionali che entrano, in maniera diversa, in

contatto con il gas medicinale. Pertanto, la collaborazione tra

i diversi servizi coinvolti nella gestione dei gas in sala operatoria,

(farmacia, ingegneria clinica, servizio prevenzione e protezione),

dovrebbe portare alla stesura di capitolati condivisi, all‟adozione

di tecnologie adeguate (vedi centraline di evacuazione) ed al

monitoraggio ambientale puntuale e documentabile, nonché

alla stesura e adozione di protocolli di gestione e contrasto

delle situazioni di rischio che si possono presentare.

6.8. La Sicurezza in sala operatoria : antisepsi, disinfezione e sterilizzazione

L’asepsi chirurgica consiste nella preparazione e nel mantenimento

di un ambiente sterile per prevenire le infezioni durante un intervento.

Con il termine pulizia si intende la rimozione di tutto il

materiale visibile estraneo presente sugli oggetti, sulle superfici am-

bientali e sulla cute, impiegando sapone, detergenti, acqua e sfrega-

mento meccanico.

La decontaminazione (analogamente alla pulizia) rimuove la

maggior parte dei microrganismi patogeni, o in grado di produrre

malattia, e il materiale estraneo da un oggetto.

Per ridurre la carica biologica sull‟oggetto da disinfettare o ste-

rilizzare è necessaria una pulizia o una decontaminazione com-

pleta. Lo sterilizzante (vapore o gas) o il disinfettante chimico

devono entrare in contatto con tutte le superfici. La sequenza degli

116

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interventi prevede come prima operazione la decontaminazione

seguita dalla detersione.

La detersione dell‟oggetto prevede l‟uso di detergenti ed acqua

e la rimozione meccanica della sporcizia e del materiale organico

(strofinamento).

L‟oggetto decontaminato e deterso viene quindi sottoposto a

disinfezione o a sterilizzazione in base al rischio potenziale di

infezione che deriva dal suo uso.

Con il termine riprocessazione si intende la combinazione di

processi, inclusi pulizia, disinfezione e/o sterilizzazione, usati per

rendere un dispositivo riutilizzabile e sicuro per un successivo

impiego. La disinfezione elimina la maggior parte dei germi

patogeni su un oggetto o uno strumento, con l‟esclusione delle spore

batteriche. L‟esito della disinfezione dipende da diversi fattori:

carica organica presente sull‟oggetto; l

l precedente pulizia / decontaminazione dell‟oggetto;

concentrazione del disinfettante e tempo di esposizione;

struttura fisica dell‟oggetto;

l

l

l temperatura e pH del processo di disinfezione.

Ci sono tre livelli di disinfezione: alta, media e bassa. La disin-

fezione di alto livello uccide tutti i microrganismi tranne le spore

microbiche. La disinfezione di livello intermedio uccide i batteri, la

maggior parte dei virus e dei funghi, ma non le spore batteriche. La

disinfezione di basso livello uccide la maggior parte dei batteri,

alcuni virus e alcuni funghi, ma non è in grado di uccidere micror-

ganismi resistenti, quali i bacilli tubercolari o le spore batteriche.

La sterilizzazione eradica completamente tutti i microrganismi

incluse le spore batteriche. Su di un oggetto che sia stato adeguatamente

decontaminato la sterilizzazione si ottiene con vapore pressurizzato,

calore secco, ossido di etilene gassoso.

Raccomandazioni e Linee guida

L‟uso della disinfezione e sterilizzazione per prevenire il rischio

da infezioni in sala operatoria fa riferimento a tre aree di

impiego che riguardano:

a. l a persona intesa come paziente e operatore sanitario;

b. i dispositivi medici e materiali sanitari;

c. l‟ambiente.

117

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a. Considerazioni relative alla persona

Il paziente

Il paziente, ed in modo particolare la sua cute, è la fonte prin-

cipale di contaminazione microbica endogena. Quando

l‟integrità della cute è interrotta da una incisione chirurgica, il

paziente è esposto a microrganismi che possono causare un‟in-

fezione. La pulizia, la disinfezione della cute e la rimozione

dei peli in eccesso sono comuni metodi impiegati per ridurre il

numero di batteri sulla superficie cutanea. La preparazione

chirurgica asettica della cute inizia con la pulizia della stessa,

da eseguire prima dell‟intervento chirurgico. Il paziente va

istruito sull‟uso di soluzioni saponose antimicrobiche specifiche

e sull‟uso dello strofinamento per ridurre il numero di micror-

ganismi; la pulizia non deve però essere mai troppo vigorosa

da causare abrasioni o lacerazioni della cute.

La preparazione della cute in sala operatoria

I prodotti più comunemente utilizzati sono gli iodofori (Iodo-

povidone 10%), Clorexidina gluconato e Soluzioni alcoliche

70%). Un potenziale svantaggio dei prodotti a base di alcol in

sala operatoria è la loro infiammabilità. La Clorexidina sembra

avere una maggiore attività e non è inattivata dal sangue e

dalle proteine seriche.

Considerazioni relative all’operatore

Tutti i componenti del team operatorio che hanno contatto

diretto con il campo operatorio, con la strumentazione o con

il materiale di sala operatoria, devono eseguire il lavaggio chi-

rurgico delle mani e avambracci immediatamente prima di

indossare i guanti chirurgici. I prodotti più comunemente

utilizzati sono Clorexidina 4%, Iodopovidone 7,5%, Soluzioni

alcoliche 70%.

I fattori che influenzano l‟efficacia del lavaggio chirurgico

sono la tecnica e la durata dello stesso, la modalità di asciugatura

e l‟uso di guanti.

b. Considerazioni relative ai dispositivi medici e ad altri materiali

utilizzabili

Tutti gli strumenti ed oggetti utilizzati devono essere decontaminati

prima di essere sottoposti ai metodi di disinfezione o steriliz-

zazione. La decontaminazione di un oggetto riutilizzabile con-

118

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taminato è il primo e più importante passo dell‟intera procedura di disinfezione o sterilizzazione.

Per la decontaminazione è necessario utilizzare disinfettanti

poco inattivati dal materiale organico (ad esempio, derivati fe-

nolici, agenti ossidanti).

Tutti gli strumenti chirurgici devono essere sterilizzati.

I fattori che possono condizionare il risultato di un processo di

sterilizzazione sono:

l la preparazione del materiale (detersione, asciugatura, con-

trollo, assemblaggio);

l la scelta della metodica (il tipo di oggetto da sterilizzare in-

fluenza il metodo di sterilizzazione);

l il confezionamento;

l il ciclo di sterilizzazione (caricamento della camera, scelta

del ciclo, controlli e monitoraggio);

l la conservazione del materiale sterilizzato (umidità, tempo

di validità, corretta manipolazione).

c. Considerazioni relative alle superfici ambientali

Le superfici ambientali (tavoli, pavimenti, pareti, soffitto, luci)

sono raramente implicati come sorgente di infezioni; comunque

è importate eseguire una pulizia di queste dopo ogni intervento

per ristabilire un ambiente pulito.

La scelta del prodotto deve orientarsi verso un disinfettante di

livello intermedio (derivato fenolico ambientale, cloro derivato).

I disinfettanti utilizzati non devono essere confusi con i

detergenti, vanno mantenuti nei contenitori originali e conservati

in maniera scrupolosa per evitare ogni contaminazione.

Per ridurre il rischio di procedure errate con conseguenti gravi

danni per i pazienti è necessario:

l adottare procedure condivise;

attuare programmi di formazione per tutto il personale ad- detto;

l mettere in atto programmi di Audit delle misure di controllo

applicate;

l promuovere un sistema di sorveglianza delle infezioni della

ferita chirurgica.

l

119

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6.9. Il tromboembolismo post–operatorio

Il tromboembolismo post–operatorio rappresenta un importante

problema associato all‟assistenza sanitaria, che può causare aumento

significativo della mortalità, complicanze e prolungamento della

degenza. I pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia generale

presentano una prevalenza di trombosi venosa profonda pari al 15-

40% in assenza di profilassi antitromboembolica.

Le Aziende sanitarie devono implementare le Raccomandazioni

per la Sicurezza in chirurgia del Ministero della Salute, anche

tramite una propria procedura.

La procedura aziendale per la profilassi antitromboembolica

deve contenere raccomandazioni basate sull‟evidenza ed includere

i criteri per la valutazione dei fattori di rischio. Al rischio implicitamente

connesso con il tipo di intervento chirurgico si sommano i fattori di

rischio individuali e acquisiti (età elevata, complessità e durata del-

l‟intervento oltre alla degenza a letto relativamente lunga). Da ciò

ne deriva che ciascun paziente ha un proprio profilo di rischio

tromboembolico. Oltre alla valutazione del rischio tromboembolico

individuale è necessario valutare anche il rischio emorragico del

paziente attraverso una adeguata anamnesi.

La profilassi antitromboembolica di tipo farmacologico riguarda:

Eparine non frazionata a basse dosi, Eparine a Basso Peso Molecolare

(EBPM), Fondaparina e i nuovi anticoagulanti orali Dabigatran e Ri-

varoxaban.

La profilassi di tipo meccanico comprende: calze elastiche a

compressione graduata, a compressione pneumatica intermittente e

filtri cavali.

La procedura aziendale deve includere le indicazioni per una

efficace comunicazione con pazienti e/o familiari sui possibili rischi

di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare e sull‟efficacia

della profilassi, sostenuta anche da informazioni basate sull‟evidenza.

Si raccomanda l‟utilizzo di metodi attivi per l‟aderenza alla profilassi

del tromboembolismo post-operatorio, quali i sistemi informatizzati

di supporto alla decisione, schede prestampate, Audit periodici; i

metodi passivi (ad esempio, distribuzione di materiale educativo,

organizzazione di meeting), non devono essere usati come unica

strategia per migliorare l‟aderenza alla profilassi del tromboembolismo

post-operatorio. Nel caso in cui il paziente si debba sottoporre ad

anestesia spinale o peridurale dovranno essere prese tutte le

precauzioni per la Sicurezza in anestesia loco regionale in tema di

120

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profilassi della trombosi venosa profonda. È consigliato iniziare

dopo l‟intervento la profilassi della Trombosi Venosa Profonda (TVP)

mediante l‟uso di Eparine non frazionate o frazionate, Fondaparinux

o anticoagulanti per via orale adattando gli orari di somministrazione

di tali farmaci a quanto riportato in scheda tecnica e all‟esecuzione

della manovra anestesiologica (inclusa l‟estrazione del catetere pe-

ridurale), senza correre il rischio di ematoma spinale.

121

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Bibliografia di riferimento

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123

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CAPITOLO 7

LA SICUREZZA DEI PAZIENTI E LA PREVENZIONE DEGLI ERRORI IN TERAPIA SUL

TERRITORIO: I DISTRETTI ASL, LA CONTINUITA’ OSPEDALE – TERRITORIO

7.1. Introduzione

Il rapido mutamento dell‟assistenza sanitaria in questi ultimi

anni richiede sempre più servizi destinati alla cura e all‟assistenza

del paziente presso il proprio domicilio con il coinvolgimento dei

distretti sanitari, dei medici di medicina generale e dei pediatri di

famiglia e, nello specifico ambito dell‟assistenza farmaceutica, dei

servizi farmaceutici distrettuali delle ASL e delle farmacie ospedaliere

che sono coinvolte attivamente al momento della dimissione.

L‟assistenza sul territorio, per la molteplicità degli attori coinvolti

e per la sua complessità, determina un‟amplificazione delle proble-

matiche collegate al rischio e per questo necessita ancor più

un‟attenta azione di controllo, di coordinamento delle prestazioni e

di verifica e adesione a protocolli e Linee guida. Dal momento che,

nell‟ambito della continuità assistenziale ospedale-territorio, l‟errore

può determinarsi negli specifici contesti territoriali e nelle diverse

fasi della gestione del farmaco, nasce l‟esigenza di sensibilizzare e

coinvolgere non solo gli operatori sanitari, ma anche i pazienti e

coloro che se ne prendono cura.

I percorsi di Miglioramento Continuo della Qualità, già da tempo

intrapresi nell‟ambito delle Aziende sanitarie e che coinvolgono

sempre più i servizi farmaceutici ospedalieri e territoriali, sono un

elemento fondamentale per la gestione integrata del processo, a ga-

ranzia della qualità delle cure e della Sicurezza dei pazienti e degli

operatori. La gestione del Rischio clinico sul territorio, per essere re-

almente efficace, deve prevedere l‟integrazione delle conoscenze e

la multidisciplinarietà come strumenti di Governo clinico dei percorsi

125

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Farmaceutica

Ambulatori mbulat

diretta

che e integrazioni

demenza

di cura in cui il farmaco da una parte ed il paziente domiciliare

dall‟altra diventano i cardini dell‟intero processo assistenziale.

7.2. Gli ambiti dell’assistenza farmaceutica

I contesti operativi e i processi presi in considerazione in

questo capitolo riguardano:

l i servizi farmaceutici distrettuali delle ASL: assistenza far-

maceutica territoriale diretta erogata ai pazienti domiciliari;

l le farmacie ospedaliere: assistenza farmaceutica erogata ai

pazienti in dimissione da ricovero ospedaliero ordinario o

in Day Hospital;

gli ambulatori ospedalieri e/o territoriali: assistenza farma-

ceutica erogata ai pazienti domiciliari.

l

126

Tabella 7.1. Principali norme di riferimento

Principali Norme

di riferimento

Ambito

Assistenza

Farmaceutica Territoriale

Diretta

Assistenza

Farmaceutica pazienti in dimissione

Assistenza Farmaceutica

A dagli

ori Ospedalieri

Assistenza

dagli

Territoriali

Legge 405/2001 Erogazione

SI

SI

SI

SI

Determinazione AIFA 19/10/04 e successive modifi-

PHT, Piani Terapeutici

SI

SI

SI

SI

Determinazione AIFA del 15/03/2010

H

SI

SI

SI

SI

Legge 648/96 e successive integrazioni

Medicinali innovativi

SI

NO

SI

SI

Legge 115/87

Diabete (Dispositivi

Medici)

SI

NO

SI

SI

D. Min San 01/07/82

Dietoterapici

SI

NO

NO

NO

Legge 548/93 Legge 37/89

Fibrosi Cistica

SI

SI

SI

SI

Comunicato AIFA del 28/12/2006 e successive integrazioni

Antipsicotici

nella

NO

SI

SI

SI

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L‟assistenza farmaceutica erogata direttamente al paziente dai

servizi farmaceutici territoriali delle ASL, dalla farmacia ospedaliera

e dagli ambulatori ospedalieri e territoriali, rappresenta un

importante aspetto della continuità ospedale – territorio, tanto

auspicata dalle Istituzioni e dalle Associazioni dei malati (vedi

Piani Sanitari Nazionali e Leggi di riforma L. 833/78; D.Lvi

502/92 e 517/93; Decreto Legislativo 229/99).

È importante sviluppare la cultura della prevenzione degli

errori in terapia anche nell‟ambito dell‟assistenza farmaceutica

erogata direttamente dalle Aziende sanitarie, che coinvolge, gene-

ralmente, tipologie di pazienti affetti da polipatologie o da particolari

patologie (croniche, rare) i quali effettuano la terapia farmacologica

al proprio domicilio.

I riferimenti normativi

In Tabella 7.1. è riportata una breve sinossi relativa ai riferimenti

di norme e leggi che regolamentano le tipologie di assistenza.

I profili professionali

Esiste una forte variabilità regionale per quanto attiene l‟orga-

nizzazione dell‟assistenza farmaceutica erogata direttamente

dalle Aziende sanitarie. Nella Tabella 7.2. sono elencate le

diverse figure professionali che a vario titolo sono coinvolte

pur nella peculiarità organizzativa delle diverse realtà azien-

dali.

In Tabella 7.3. sono indicate le figure professionali coinvolte

nelle diverse fasi del processo di gestione dei medicinali nel-

l‟ambito dell‟assistenza farmaceutica diretta erogata dalle

Aziende sanitarie.

I farmaci erogati

In Tabella 7.4. sono indicate le tipologie di farmaci erogati nei

diversi contesti.

7.3. Le fasi del processo ed errori in terapia

Approvvigionamento

Molte sono le cause e i fattori contribuenti al verificarsi

dell‟errore in terapia in questa fase di gestione del farmaco sul

territorio tra cui una supervisione inadeguata e il mancato

controllo all‟atto della distribuzione/dispensazione. Il processo

127

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Farmaceutica

Ambulatori

del Presidio

Farmaceutica d ri Ospedalieri e/o

dico speciali

peratore Tecni Operatore Tecnico

infermiere

FT=Farmacista Territoriale

128

Tabella 7.3. Figure coinvolte nelle fasi del processo

Fasi del Processo

Assistenza

Farmaceutica Territoriale

Diretta

Assistenza

Farmaceutica pazienti

in dimissione

Assistenza agli

Ambulato

Territoriali

Approvvigionamento Farmacista T Farmacista H Farmacista H o T

Stoccaggio, conservazione gestione scorte

Farmacista T/ Operatore Tecnico

Farmacista H/ Operatore Tecnico

Farmacista H o T Caposala

Prescrizione Medico Specialista/

MMG e PdF

Medico H Me

Medico H/T sta

Trascrizione Interpretazione

Farmacista Farmacista/ Infermiere

Infermiere

Preparazione O

Farmacista T co

Farmacista H/

Infermiere

Erogazione Farmacista T Farmacista H

Somministrazione

Paziente o chi se ne prende cura (familiari, badanti)

Paziente o chi se ne prende cura (familiari, badanti)

Medico/

Tabella 7.2. Strutture e profili professionali coinvolti nell’assistenza farmaceutica diretta

Strutture

Profilo

professionale

Assistenza

Farmaceutica Territoriale

Diretta

Assistenza

Farmaceutica pazienti in dimissione

Assistenza Farmaceutica

dagli Ambulatori Ospedalieri

Assistenza

dagli

Territoriali

Direzione del Distretto

Dirigente Sanitario

SI

NO

NO

SI

Direzione Medica

Ospedaliero o dell‟Azienda Ospedaliera

Medico

NO

SI

SI

NO

Direzione Dipartimento

Medico Farmacista

SI

SI

SI

SI

Direzione Servizio Farmaceutico Territoriale

Farmacista

SI

NO

NO

SI

Direzione Farmacia Ospedaliera

Farmacista

NO

SI

SI

NO

Tutte Infermiere SI SI SI NO

Tutte Operatore

Tecnico

SI

SI

SI

SI

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Farmaceutica d

Ospedalieri

Aziendale/Ospedaliero

* Fibrosi cistica, Talassemia, malattie rare e casi clinici particolari sulla base di direttive Regionali/Aziendali

** Sulla base delle direttive Regionali/Aziendali

di approvvigionamento dei farmaci e dei dispositivi medici

deve essere adeguatamente governato tramite idonee misure

preventive. Nell‟ambito della stesura dei capitolati tecnici

d‟acquisto, in particolare, l‟Azienda sanitaria può chiedere

l‟inserimento di criteri o elementi di qualità che garantiscano

alcuni importanti requisiti di sicurezza dei farmaci, come

quelli per evitare lo scambio di farmaci simili, la disponibilità

di informazioni, per gli operatori sanitari e per i pazienti, sulla

ricostituzione dei farmaci.

Stoccaggio, conservazione, gestione delle scorte

In questa fase le cause e i fattori contribuenti al verificarsi del-

l‟errore in terapia farmacologica sono rappresentati da: una

non adeguata supervisione e comunicazione tra gli operatori

sanitari, la mancanza di specifiche procedure di controllo

relative alla conservazione e stoccaggio dei medicinali presso

gli ambulatori, l‟ambiente di lavoro stressante ed inadeguatamente

129

Tabella 7.4. Tipologia di farmaci erogati

Tipologia

Descrizione

Assistenza

Farmaceutica Territoriale

Diretta

Assistenza

Farmaceutica pazienti

in dimissione

Assistenza

agli Ambulatori

e/o Territoriali

PTOR/ PTA/PTO

Farmaci del Prontuario Terapeutico Regionale

SI

SI

SI

PHT

Farmaci del Prontuario per la continuità assistenziale

Ospedale - Territorio

SI

SI

SI

HOSP2

Farmaci con regime di rimborsabilità H e regime

di dispensazione OSP2

SI

SI

SI

Fascia A Farmaci a totale carico del SSN SI SI (del PTA) SI (del PTA)

Fascia C Farmaci a totale carico

del cittadino

SI*

NO

NO

Off - label Farmaci al di fuori di quanto riportato nella scheda tecnica

SI**

NO

SI**

648/96 Farmaci innovativi/sperimentali

a carico del SSN

SI

NO

SI

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organizzato, il confezionamento molto simile di uno stesso

farmaco disponibile in dosaggi diversi.

Tra le misure preventive è necessario che il dipartimento far-

maceutico produca e implementi, con il coinvolgimento dei

responsabili delle Direzioni sanitarie distrettuali e della medicina

di base, una procedura condivisa per la corretta gestione delle

scorte e lo smaltimento dei prodotti scaduti negli ambulatori

aziendali ed extra aziendali compresi i Centri vaccinali e gli

ambulatori dei medici di medicina generale (MMG).

Inoltre bisogna prevedere altri interventi, quali:

lil controllo delle scadenze e i l ritiro degli eventuali scaduti,

inclusi i farmaci stupefacenti;

ll‟inventario periodico;

lla corretta conservazione dei farmaci;

la gestione dei campioni dei medicinali che non devono l

essere presenti, in alcun modo, negli a mbulatori,

farmacia e nel servizio farmaceutico territoriale.

Prescrizione

Caso studio 1. Reazione allergica a seguito di terapia.

Una donna sessantenne si è sentita male in casa

dopo aver preso un antibiotico. Sull’ambulanza, chia-

mata dai parenti, non era presente il medico. La

Procura ha aperto un’inchiesta per accertare le cause

del decesso e se ci siano stati ritardi nei soccorsi. È

emerso che la donna soffriva di bronchite e per

questo le era stato prescritto un antibiotico. Proprio

dopo la prima compressa di Amoxicillina+Acido cla-

vulanico, prescritto dal medico di famiglia, ha avuto

i primi malori. Non riusciva a respirare, è diventata

subito cianotica e dopo alcune ore in sala di riani-

mazione, è deceduta. Il decesso è stato collegato al-

l’assunzione dell’antibiotico.

nella

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Raccolta incompleta dell‟anamnesi, scarsa co-

municazione tra operatori sanitari e familiari, tecnologie inade-

guate, malfunzionamento nel sistema di trasporto d‟urgenza.

Misure preventive. Anche negli ambulatori dei medici di me-

dicina generale è opportuno adottare il foglio unico di terapia

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o scheda unica di terapia per singolo paziente dove sono

riportate dal medico tutte le informazioni necessarie per indi-

viduare l‟anamnesi del paziente e dove siano ben evidenziate

particolari situazioni di rischio legate alle peculiari caratteristiche

del paziente stesso (allergie, intolleranze).

I medici devono, al momento della prescrizione, aver acquisito

tutte le informazioni cliniche sul paziente: documentazione

clinica accurata e completa che contenga un‟attenta anamnesi

farmacologica nell‟ottica di rilevare allergie, intolleranze, inte-

razioni con altri farmaci, anche OTC, prodotti erboristici ed

alcool, abitudini alimentari del paziente, condizioni cliniche

che sconsigliano l‟uso di determinati farmaci o impongono

modificazioni di dosaggio (funzionalità epatica/renale). È ne-

cessario sempre facilitare la comunicazione tra MMG,

pazienti, servizio farmaceutico territoriale e farmacia ospedaliera

e includere nella prescrizione della terapia domiciliare, al mo-

mento della dimissione, una breve nota sulla modalità d‟uso e

la durata della terapia stessa.

Trascrizione e interpretazione

Caso 2. Errata trascrizione del dosaggio di un farmaco

provoca la morte. Una donna di 68 anni, all’atto della dimissione dall’ospedale, riceve la prescrizione di Warfarin sodico, ¾ compressa al dì per il primo ciclo di terapia. Al termine del primo ciclo si reca dal medico di medicina generale che nel compilare la ri- cetta sulla base del foglio di dimissione, le avrebbe invece erroneamente prescritto l’assunzione di 3 compresse al giorno. Il farmacista, incorrendo nel medesimo errore, aveva apposto sulla confezione del preparato la scritta 1+1+1, inducendo così la pa- ziente ad un sovradosaggio del medicinale che, dopo qualche giorno, le avrebbe causato un grave malore e la morte.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Comunicazione inadeguata tra gli operatori e

tra operatori e pazienti, inadeguati sistemi di prescrizione.

Misure preventive. La prescrizione informatizzata contribuisce

a prevenire gli errori. È importante, comunque, effettuare sempre

un controllo e in caso di informazione mancante o dubbia non

esitare a contattare il medico per avere chiarimenti. Le Aziende

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sanitarie, a tale proposito, devono agevolare l‟introduzione

progressiva di sistemi computerizzati di prescrizione e predisporre

una lista condivisa delle abbreviazioni, dei termini e dei

simboli che possono essere utilizzati nelle prescrizioni dei far-

maci.

Preparazione

Caso 3. Scambio di terapia tra due pazienti omonimi.

In una farmacia ospedaliera che prepara al mattino,

in confezionamento sigillato per ciascun paziente, i

farmaci del primo ciclo di terapia da erogare all’atto

della dimissione, avviene uno scambio di terapie.

Tale errore si verifica in quanto da due reparti differenti (cardiologia e medicina interna) durante il mattino

pervengono alla farmacia ospedaliera le richieste,

compilate a mano, relative a due pazienti diversi, ma

con omonimia di cognome (paziente C..…. Paolo e

paziente C….. Pietro). Nel preparare i medicinali

sono erronemente apposte sui confezionamenti le etichette scambiate. Al momento del controllo delle

richieste, a consegna avvenuta, il farmacista si accorge

dello scambio. I pazienti sono rintracciati e avvisati

dell’errore.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Supervisione inadeguata, mancanza di procedure

di controllo.

Misure preventive. Nell‟ospedale deve essere adottata una

procedura condivisa a livello aziendale per la distribuzione

dei medicinali in dimissione ospedaliera che preveda anche la

prescrizione computerizzata, la trasmissione in tempi adeguati

delle richieste alla farmacia per i pazienti in dimissione e

azioni di controllo relativamente ad alcuni elementi. Anche la

preparazione/ricostituzione dei farmaci a domicilio del paziente

può essere un momento delicato della terapia. È sempre ne-

cessario, quindi, fornire al paziente, al momento della dimissione

e nell‟erogazione diretta, tramite il servizio farmaceutico

territoriale, della terapia domiciliare, informazioni sia sui farmaci

sia sulle modalità di somministrazione, soprattutto per i farmaci

che necessitano di modalità di conservazione, di utilizzo par-

ticolari e di calcolo della dose sulla base del peso e di altri pa-

rametri. Gli errori sono particolarmente frequenti nei pazienti

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pediatrici soprattutto nella trasformazione delle unità di misura

(ad esempio, da milligrammi a millilitri). È inoltre indispensabile

informare accuratamente il paziente, o chi si prende cura di

lui, nel caso di prodotti che devono essere ricostituiti al

domicilio del paziente stesso, affinché siano seguite scrupolo-

samente le note di preparazione e conservazione riportate nel

foglio illustrativo e, quando indicato, del periodo di validità

dopo l‟apertura. Un altro elemento importante è quello di assi-

curarsi che venga mantenuta la catena del freddo fino all‟arrivo

del farmaco al domicilio del paziente.

Distribuzione

Errori frequenti nell‟ambito dell‟erogazione possono riguardare

lo scambio di farmaci e la consegna di farmaci revocati o

scaduti. Per evitare questi errori è necessario prevedere, da

parte della farmacia e del servizio farmaceutico territoriale,

l‟immediata notifica ai reparti e agli ambulatori dei farmaci re-

vocati e dei farmaci in scadenza.

Importante, per evitare errori di erogazione, è rendere nota la

possibilità che il farmacista può sostituire il farmaco richiesto

con un altro contenente lo stesso principio attivo incluso nel

Prontuario Terapeutico Aziendale. Considerata la possibilità

che si verifichino scambi di farmaci con principi attivi diversi

ma nomi commerciali simili, la farmacia potrebbe distribuire

agli ambulatori e ai reparti un elenco di farmaci del Prontuario

Terapeutico Ospedaliero (PTO) con nome simile che possono

essere, per questo, oggetto di errore. Altra possibile soluzione

è quella di apporre, sulle confezioni di farmaci soggetti ad

errore, “allerte” ben visibili, concordate con gli altri operatori

sanitari e divulgate dalla Direzione sanitaria.

La farmacia, inoltre, dovrebbe essere coinvolta, insieme con la

Direzione sanitaria, nell‟inserimento di un sistema robotizzato

automatico di dispensazione dei farmaci in determinati

ambulatori e/o reparti. Altre possibili azioni sono l‟acquisto e

l‟installazione di un sistema automatico di codici a barre per il

controllo estemporaneo dell‟inventario dei farmaci.

Somministrazione

Caso 4. La somministrazione di un farmaco a dosaggio

errato provoca il decesso di un bambino. Un bambino di circa due anni di età riceve in dimissione dal-

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l’ospedale Paracetamolo sciroppo. Erroneamente la mamma anziché somministrare la dose di 5 ml ogni

4 ore (mezzo bicchierino dosatore) somministra, 10 ml ogni 4 ore (intero bicchierino dosatore) per quattro giorni, pari a circa 1 g al dì. Viene segnalata l’insorgenza di una “epatite fulminante”.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Comunicazione inadeguata, non adeguata in-

formazione al momento della prescrizione e dell‟erogazione.

Misure preventive. Adottare una procedura condivisa a livello

aziendale per la gestione dei farmaci, informare il paziente,

laddove è possibile, e i suoi familiari sulle modalità di sommi-

nistrazione ed accertarsi che il paziente, o chi se ne prende

cura, abbia compreso le informazioni fornite.

7.4. La comunicazione

La comunicazione del farmacista di ASL

È ormai appurato che dove è presente un buon clima di lavoro,

una buona comunicazione tra operatori sanitari e tra operatori

sanitari e paziente e familiari, diminuisce il rischio di errori.

Per quanto attiene gli errori in terapia farmacologia, il farmacista

può avere un ruolo cardine anche in ambito territoriale; in par-

ticolare può supportare i medici fornendo informazioni

tempestive sulle nuove terapie farmacologiche e su quelle già

consolidate, sui cambiamenti dei dosaggi e delle forme farma-

ceutiche e altre informazioni di analoga natura. Il farmacista,

inoltre, grazie al contatto diretto con il paziente nell‟ambito

della continuità assistenziale ospedale –territorio, favorisce la

compliance e la sicurezza delle terapie farmacologiche domi-

ciliari. La comunicazione dovrà essere mirata a seconda del

tipo di contesto e quindi delle peculiarità delle problematiche

esistenti.

Nell‟ambito dell‟assistenza farmaceutica erogata direttamente

dalle Aziende sanitarie la figura del farmacista territoriale, in

funzione delle nuove esigenze, deve essere riferimento per i

medici di medicina generale e i pediatri di famiglia, gli

specialisti ambulatoriali ed i farmacisti di comunità.

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La comunicazione con i medici di medicina generale e i pediatri

di famiglia

Negli USA e in diversi Paesi dell‟Unione Europea già da anni è

consolidata la figura del Farmacista di Reparto. In Italia le

prime esperienze, seppur non largamente diffuse, sono molto

incoraggianti soprattutto per quanto attiene la diminuzione

degli errori in terapia, l‟appropriatezza prescrittiva e la razio-

nalizzazione della spesa farmaceutica. Nell‟assistenza territoriale,

in modo analogo, si sta affermando la figura del Farmacista di

Distretto. Nel nostro Paese è in atto lo svolgimento di un

Progetto del Ministero della Salute relativo al ruolo determinante

che il Farmacista di Dipartimento ha nella prevenzione degli

errori in oncologia. Il farmacista si pone come punto di unione

tra gli operatori sanitari ed i pazienti per l‟applicazione, in

ambito territoriale, della Pharmaceutical care, affrontando le

innumerevoli situazioni che coinvolgono soggetti afferenti a

medici e strutture diverse, spesso non coordinate tra di loro e

contribuendo a migliorare sia sotto il profilo dell‟efficacia sia

dell‟efficienza i percorsi diagnostico/terapeutici in collaborazione

con altri professionisti. Un particolare problema si rileva, ad

esempio, nella gestione domiciliare del paziente anziano. In

uno studio è stato appurato che la consulenza del Farmacista

di Distretto diminuisce la prescrizione inappropriata per i

pazienti anziani che assumono più di 5 farmaci al giorno per

malattie croniche. Tale studio ha dimostrato una riduzione

della prescrizione inappropriata del 23% correlabile alle rac-

comandazioni e alla consulenza del farmacista che opera nel

distretto. Inoltre, il farmacista, può collaborare a gruppi di

lavoro aziendali e regionali per lo studio di tematiche di rilievo

per la gestione del Rischio clinico: il controllo degli errori in

terapia, gli studi clinici post-marketing sull‟uso dei nuovi

farmaci ad alto costo, la stesura di Linee guida, la partecipazione

ad analisi di tipo farmacoepidemiologico e farmacoeconomico,

il monitoraggio di interazioni ed incompatibilità, la verifica

della compliance per le terapie croniche, l‟informazione sui

nuovi farmaci. Sarebbe auspicabile che il farmacista fosse

inserito nell‟ambito della medicina per le cure primarie e/o

presso lo studio dei medici di medicina generale e dei pediatri

di famiglia, come F armacista per le cure primarie. Il

Farmacista di Distretto deve essere presente presso le ASL come

specialista

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integrato con le altre professioni sanitarie, per garantire quelle

prestazioni che concorrono a perseguire gli obiettivi regionali

e aziendali ivi compreso l‟uso sicuro ed appropriato dei farmaci

e dei dispositivi medici.

La comunicazione con il medico alla dimissione e con il medico

specialista ambulatoriale

Negli ambulatori ospedalieri e territoriali il farmacista può col-

laborare strettamente con i medici, ad esempio, nella gestione

del diabete e della terapia anticoagulante. I medici spesso “in-

dirizzano” i pazienti al farmacista per ricevere la valutazione

di follow-up aggiuntiva, la revisione dell‟utilizzo della terapia

e il monitoraggio terapeutico. Il farmacista del servizio farma-

ceutico territoriale, inoltre, ha un ruolo importante nell‟ambito

dello studio e controllo dei Piani terapeutici finalizzati all‟accesso

dei pazienti alle terapie farmacologiche sottoposte a limitazioni

d‟uso. L‟analisi e il monitoraggio degli stessi garantisce l‟uso

appropriato e sicuro dei farmaci in caso di incongruenza della

prescrizione dei farmaci per non aderenza alle indicazioni au-

torizzate, alle Linee guida e/o altre non conformità. Gli errori

in terapia possono essere prevenuti ed evitati, soprattutto in un

quadro di comunicazione efficace tra il medico che ha

compilato il Piano terapeutico ed il farmacista che ha effettuato

le opportune verifiche. Il Prontuario della Continuità Assistenziale

Ospedale-Territorio (PHT), infatti, è stato voluto dal legislatore

non per mero contenimento della spesa farmaceutica ma

anche e soprattutto per assicurare un controllo ricorrente del

paziente e delle terapie. Il farmacista, inoltre, per la natura

della sua formazione, può dare un contributo essenziale nelle

Unità aziendali di Rischio clinico per il monitoraggio e l‟iden-

tificazione di potenziali errori in terapia e delle cause e dei

metodi per prevenirli, ivi compresa l‟implementazione di

sistemi tecnologici per l‟uso sicuro dei medicinali.

La comunicazione con i farmacisti di comunità

Il farmacista che lavora nelle Aziende sanitarie e il farmacista

che opera nelle farmacie convenzionate di comunità, pur svol-

gendo ruoli differenti nel contesto del SSN, concorrono in

modo sinergico ad assicurare al paziente domiciliare la qualità

e la sicurezza delle terapie farmacologiche. Per compito istitu-

zionale la vigilanza sulle farmacie convenzionate è competenza

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dell‟ASL ed è finalizzata ad assicurare che l‟attività delle farmacie sia conforme alle norme, a garanzia della Sicurezza

del paziente e del soddisfacimento dei veri bisogni assistenziali

della collettività. È auspicabile, tuttavia, che le ispezioni

effettuate dal farmacista della ASL nell‟ambito dell‟apposita

Commissione, assumano sempre più caratteristiche di vera e

propria attività di consulenza e di scambio tra pari. Le

“ispezioni”, dovrebbero essere simili ad Audit ed i verbali di

ispezione specifiche checklist condivise e finalizzate a migliorare

la qualità delle prestazioni. Tale approccio, potrà concorrere

in maniera assai più efficace ad ottenere il Miglioramento

Continuo della Qualità del servizio farmaceutico di comunità

e a favorire lo scambio costruttivo di esperienze. Un altro ele-

mento importante è quello legato alle informazioni puntuali

ed esaustive che il farmacista della ASL fornisce alla farmacia

convenzionata relativamente alla revoca e al ritiro dal commercio

dei prodotti farmaceutici. Anche la distribuzione in nome e

per conto dei farmaci del PHT e lo studio e l‟analisi dei Piani

terapeutici può costituire un‟eccellente opportunità di scambio

di informazioni e di esperienze per la prevenzione degli errori

in terapia.

La comunicazione con i pazienti in dimissione ospedaliera e do-

miciliari e con i loro parenti coinvolti

Il farmacista rappresenta spesso l‟ultimo professionista con il

quale il paziente parla prima di assumere la terapia prescritta e

ciò gli consente di avere una visione complessiva dell‟iter tera-

peutico del paziente stesso. Il farmacista, discutendo sulla pre-

scrizione, le avvertenze, gli effetti collaterali e qualunque altra

questione che può coinvolgere direttamente l‟attenzione del

paziente, può aumentarne la compliance. Durante questo col-

loquio, infatti, il paziente può esprimere qualsiasi dubbio e ot-

tenere quelle informazioni necessarie per assicurare l‟efficacia

terapeutica del medicinale prescritto. Alcuni pazienti che

ricevono la terapia a casa sono a rischio di non compliance

nel momento in cui si sentono meglio. Questo può accadere,

ad esempio, nel caso della prescrizione di un antibiotico al

momento della dimissione dall‟ospedale. Se il paziente non

avverte più i sintomi, può cessare la sua compliance nei

confronti della terapia perché ritiene di star bene. Il farmacista

può esporre l‟importanza di completare il ciclo di terapie al

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fine di evitare una infezione debilitante o un ulteriore ricovero

e può descrivere le modalità con cui le dosi saltate sono

associate all‟insorgenza di resistenza e alla ricomparsa dell‟in-

fezione, evitando così un errore di omissione della terapia.

L‟informazione al paziente o alla sua famiglia può essere di

tipo verbale all‟atto dell‟erogazione dei farmaci o può avvenire

attraverso bollettini d‟informazione, opuscoli, articoli di giornale,

programmi radiofonici o seminari. Questo processo deve essere

in continuo aggiornamento perché le terapie sono in rapida

evoluzione. Il farmacista deve incoraggiare i pazienti a fare

domande sulle terapie che stanno prendendo e deve avere un

ruolo preminente nell‟accertare che il paziente e/o la sua

famiglia abbiano ricevuto le risposte a queste domande e che

queste siano state comprese. Altro importante contributo che il

farmacista può offrire nell‟ambito della Sicurezza è quello di

fornire al paziente, o a chi se ne prende cura,

informazioni relative alla corretta gestione dei farmaci a

domicilio, dal trasporto a casa fino allo smaltimento, specie

nel caso di parti- colari terapie (ad esempio, i farmaci

antiblastici). La Guida per l‟uso sicuro dei farmaci disponibile

sul sito del Ministero:

http://www.salute.gov.it/speciali/pdSpecialiNuova.jsp?sub=7&id=8

3&area=ministero&lang=it&idhome=83&titolo=Guida%20per%2

0la%20sicurezza, ribadisce il ruolo fondamentale che il

farmacista assume per la promozione della Sicurezza dei pa-

zienti.

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prescrizione terapeutica, dell‟accuratezza della somministrazione, revi-

esperienze e conoscenze con gli altri operatori sanitari, l‟aggiornamento

accertandosi che le informazioni siano state comprese.

Il farmacista può partecipare alla elaborazione di idonee procedure per

e preventive suggerite anche dal farmacista.

medico prescrittore.

Il farmacista deve assicurare che la conservazione dei farmaci non costi-

ad alto livello di attenzione”, tale controllo dovrebbe essere fatto, quando

possibile uno scambio di farmaci sia nella farmacia, sia negli ambulatori

identificare i pazienti che abbiano ricevuto un prodotto sbagliato.

139

Partecipare

Il farmacista partecipa al monitoraggio della terapia farmacologia colla- borando con il medico e l‟infermiere (valutazione della correttezza della

sione di possibili interazioni).

Essere aggiornati

Il farmacista deve essere a conoscenza dei nuovi sviluppi tecnico-scien- tifici attraverso la consultazione costante della letteratura, lo scambio di

continuo.

Fornire informazioni

Il farmacista deve essere sempre disponibile a fornire informazioni agli operatori sanitari, ai pazienti, ai loro familiari e a chi se ne prende cura,

Conoscere procedure e

modulistica

Il farmacista deve avere familiarità con i sistemi di prescrizione e distri- buzione e con le procedure e le Linee guida aziendali.

la Sicurezza dei pazienti.

Ascoltare

Quando si verificano eventi avversi questi non devono essere ignorati, bensì essere considerati elementi dai quali far scaturire azioni correttive

Controllare e verificare

Il farmacista non deve mai accettare o interpretare prescrizioni che con- tengano elementi di confusione; in questi casi dovrà sempre contattare il

Curare la logistica e l’ambiente di lavoro

Quando eroga i farmaci, il farmacista deve mantenere ordinata l‟area di lavoro; dedicarsi ad un paziente alla volta e con il minor numero di in- terruzioni possibili.

tuisca causa di possibili errori di scambio per inopportuno accostamento a causa di confezioni simili di aspetto o di nomi.

Controllare e verificare

Prima di erogare i farmaci, il farmacista deve assicurasi della corrispon- denza fra quanto prescritto e quanto sta per essere erogato. Per i “farmaci

possibile, anche da un secondo operatore sanitario.

usare segnali di allerta

Il farmacista può consigliare l‟impiego di “contrassegni” quando ritenga

medici, sia a casa del paziente.

Registrare Il farmacista deve conservare le registrazioni che possano permettere di

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Bibliografia di riferimento

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Gandhi TK et al. Drug complications in outpatiente. J General International

Medicine 2000; 15: 149-54.

Joint Commision Resources. Prevenire gli errori in terapia Edizione Italiana a cura di Domenico Motola e Nicola Montanaro. Il Pensiero scientifico Editore. Roma, 2005.

Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations. Higt alert medications and patient safety. Sentinel event Alert Issue 11 novembre 1999.

Ministero della Salute Raccomandazione n. 7 per la prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica – 7 marzo 2008.

Ministero della Salute, FNOMCeO; IPASVI. Sicurezza dei pazienti e gestione del Rischio clinico. Biblioteca La Professione Trimestrale – Anno X.

Ministero della Salute. Risk management in sanità: Il problema degli errori. Commissione Tecnica sul Rischio clinico. DM 5 marzo 2003.

Reason J. Understanding adverse advents: human factors. In: Vincent C Editor: Clinical Risk Management, London, BMJ Publ Group 1995:31- 54.

Vincent C et al. Framework for analysing risk and safety in clinical medicine. BMJ 1998; 316: 1154-7.

140

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CAPITOLO 8

LA SICUREZZA DEI PAZIENTI IN AMBITO TERRITORIALE: LE RSA, GLI HOSPICE,

LE STRUTTURE PRIVATE DI RIABILITAZIONE E CURA, GLI ISTITUTI PENITENZIARI.

8.1. Introduzione. Le Strutture assistenziali territoriali accredi- tate: la problematica

Le Strutture assistenziali territoriali sono notevolmente diffe-

renziate per intensità di cura (Strutture che forniscono prestazioni di

tipo ambulatoriale e Strutture assistenziali residenziali), caratteristiche

della popolazione assistita, organizzazione regionale.

In queste Strutture, anche se rivolte a popolazione con polipa-

tologie spesso croniche, di norma non è presente il farmacista, vi è

una scarsa percezione del rischio legato alle terapie farmacologiche

e una carenza di informazioni relative a situazioni di rischio.

Dati di letteratura relativi a questi contesti assistenziali suggeriscono

che proprio a causa della “fragilità” dei soggetti assistiti, dovrebbe essere

favorito un approccio interdisciplinare che comprenda tutte le competenze

necessarie alla tipologia di assistenza erogata inclusa la presenza del

farmacista all‟interno di team interdisciplinari e l‟adozione di procedure

ad hoc per la gestione dei farmaci e dei dispositivi medici. Infatti, un

ruolo determinante per la promozione della Sicurezza dei pazienti può

essere svolto dai farmacisti di distretto e dai farmacisti delle ASL,

nell‟ambito delle Commissioni ispettive, attraverso attività di monitoraggio,

informazione, promozione di Linee guida, verifica di procedure e

strumenti per garantire la corretta gestione della terapia farmacologica.

8.2. Le Residenze Sanitarie Assistenziali pubbliche, private ac- creditate

Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) offrono a soggetti

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non autosufficienti, anziani e non con esiti di patologie fisiche, psi-

chiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un livello medio

di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa accompagnata da

un livello alto di assistenza tutelare e alberghiera, modulate in base

al modello assistenziale adottato dalle Regioni e Province autonome”

(DPR 14/1/1997).

Sono previste ospitalità permanenti, di sollievo alla famiglia

non superiori ai 30 giorni, di completamento di cicli riabilitativi

eventualmente iniziati in altri presidi del SSN (DPR 14/1/1997). La

popolazione anziana è quella maggiormente presente nelle RSA; si

tratta di pazienti in politerapia o con patologie croniche. In generale

sono strutture caratterizzate da scarsa dotazione tecnologica e

variabilità delle prestazioni in funzione delle specifiche fragilità del-

l‟utenza della struttura.

Sono presenti medici, infermieri, fisioterapisti, personale

di supporto (ASA, OTA, OSS), psicologi, educatori, anche se

l‟articolazione delle dotazioni organiche risente della tipologia degli

ospiti assistiti e delle dimensioni della s truttura. La definizione dei

modelli organizzativi e degli standard strutturali è demandata alle

Regioni. Purtroppo, nella maggior parte non sono presenti procedure

né standard organizzativi che riguardano la gestione delle terapie

farmacologiche e dei dispositivi medici.

La prevenzione degli errori in terapia durante la gestione del far-

maco

Proprio per le caratteristiche sopra esposte è molto alta la pos-

sibilità di errore, durante tutta la gestione del farmaco nella

struttura e le cause si ripetono in diverse situazioni.

Caso studio 1. Un uomo di 78 anni viene ricoverato in una RSA: presso il proprio domicilio stava assu- mendo, Warfarin, Digossina, Furosemide, Levotiroxina, Losartan, Gliclazide, Donepezil, Lattulosio, Carbonato di calcio, Vitamina D, e anche Ginkgo Biloba, che continua ad assumere sebbene tale prodotto sia stato portato da casa. Non viene rivalutata la terapia al ri- covero.Qualche giorno dopo viene prescritta Clari- tromicina per una bronchite e successivamente si ha un aggravamento delle condizioni di salute del pa- ziente.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Tra i fattori che hanno contribuito alla determi-

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nazione dell‟errore, si evidenzia la carenza di informazioni,

l‟assenza della verifica delle prescrizioni, l‟elevato numero di

farmaci prescritti.

Misure preventive. In presenza di politerapie, la verifica delle

potenziali interazioni fra i farmaci prescritti dovrebbe essere

sempre effettuata e si dovrebbe, altresì, evitare la somministrazione

di tutti i farmaci o prodotti ritenuti non indispensabili dal medico.

Nel caso descritto si individuano diverse potenziali interazioni

farmacologiche: Claritromicina + Warfarin (rischio di aumento

dell‟effetto anticoagulante); Carbonato di calcio + Levotiroxina

(diminuito assorbimento di Levotiroxina se somministrati con-

temporaneamente); Ginkgo Biloba + Warfarin (aumentato

rischio di emorragia); Losartan e Gliclazide (substrati del

CYP2C9 e potenziale rischio di interazione); la Claritromicina

inoltre è un inibitore del CYP3A4.

L‟informatizzazione delle prescrizioni, con la possibilità di

“segnali di allerta” in presenza di interazioni farmacologiche,

può essere di aiuto in questo percorso; dovrebbe essere

possibile la consultazione di banche dati e il collegamento

con centri di informazione sul farmaco; i trattamenti dei

pazienti vanno valutati periodicamente.

Trascrizione e Interpretazione

Caso studio 2. Una paziente viene ricoverata in una

RSA; la relazione del medico curante informa sul

trattamento in corso con Ebixa (p.a. Memantina per

il trattamento Alzheimer). La prescrizione viene erro-

neamente interpretata come Evista (Raloxifene per il trattamento dell’osteoporosi) e, quindi viene sommi-

nistrato questo ultimo farmaco al posto di quello in-

dicato dal medico curante. L’errore viene rilevato

dopo diversi giorni.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Grafia non chiara del medico curante, rivaluta-

zione delle terapie all‟ingresso nella Struttura, assenza di co-

municazione fra operatori sanitari.

Misure preventive. Le prescrizioni devono risultare sempre

leggibili; se possibile, dovrebbe essere evitata la scrittura

manuale e dovrebbero essere adottati il foglio unico di terapia

e i programmi di videoscrittura. La comunicazione medico –

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infermiere dovrebbe essere particolarmente accurata. La cono- scenza dell‟indicazione per la prescrizione può rappresentare

un elemento utile alla rilevazione di potenziali errori.

Preparazione

Caso studio 3. Un paziente ricoverato in una struttura assistenziale lamenta senso di vertigine. Ha assunto regolarmente le terapie prescritte. Nel corso delle operazioni di riconfezionamento delle terapie quoti- diane l’infermiere si accorge che la confezione Lyrica contiene un blister di Lyrica e un blister di Lexotan 1,5 mg (i colori delle capsule dei due farmaci sono uguali). È stato somministrato Lexotan 1,5 mg 2 cps/die al posto di Lyrica 75 mg cpr.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Contemporanea presenza di blister fuori dalla

confezione, assenza di procedure per il confezionamento delle

terapie quotidiane, stesso aspetto delle capsule delle due spe-

cialità, mancata verifica al momento del riposizionamento del

blister nella confezione, assenza di doppio controllo.

Misure preventive. Le confezioni personalizzate devono

garantire l‟individuazione del farmaco contenuto, del paziente

cui è destinato e l‟ora di somministrazione. Checklist condivise

tra operatori sanitari possono essere di utilità.

La pratica di riconfezionamento delle terapie giornaliere destinate

a ciascun paziente è molto diffusa nelle strutture per lungodegenti.

Le terapie della giornata vengono preparate durante il turno a

minor carico assistenziale in “Buste /contenitori a celle” contenenti

tutte le dosi orali solide che devono essere somministrate ad

uno stesso paziente. Ritagli di blister, o compresse avvolte in

foglietti di garza sono posizionate nei contenitori con l‟indicazione

del nome del paziente e l‟ora di somministrazione.

Questa pratica si presenta ad alto rischio sia nella fase del con-

fezionamento sia nella fase di somministrazione. Il riconfezio-

namento deve essere effettuato in ambiente dedicato, con pro-

cedure idonee ad evitare la promiscuità fra farmaci destinati a

pazienti diversi con previsione di doppio controllo, il riconfe-

zionamento non deve impedire l‟identificazione del farmaco e

del paziente a cui è destinato. La centralizzazione del riconfe-

zionamento in farmacia utilizzando sistemi automatizzati può

essere adottata in strutture di grandi dimensioni.

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Somministrazione

Caso studio 4. Un infermiere neo assunto effettua il

giro di somministrazione delle terapie. In una stanza

sono presenti due pazienti con ridotta capacità di

collaborazione, che non rispondono quando chiamati.

L’infermiere non essendo in grado di identificare i due pazienti, non effettua la somministrazione e

decide di attendere l’arrivo del collega che invece

conosce i pazienti. Successivamente l’infermiere di-

mentica di chiedere e la somministrazione viene

omessa.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Carenza di comunicazione, mancanza di sistemi

di identificazione.

Misure preventive. Adozione di sistemi di riconoscimento dei

pazienti, adozione di procedure.

La corretta identificazione del paziente al momento della som-

ministrazione è fondamentale per evitare l‟errata sommini-

strazione di farmaci al soggetto sbagliato. Chiamare per nome

il paziente è la modalità più semplice, tuttavia in presenza di

pazienti con ridotta capacità di collaborazione o di pazienti

con carenze uditive (frequenti nella popolazione anziana)

questo non risulta essere il metodo più sicuro. La cartella di te-

rapia, sia essa cartacea che informatizzata, deve prevedere spe

cifici spazi per la registrazione dell‟avvenuta somministrazione.

Tecnologie informatizzate, oltre all‟identificazione del paziente,

consentono il controllo della corrispondenza paziente-terapia

e dell‟avvenuta somministrazione: braccialetti elettronici, brac-

cialetti con codici a barre.

Approvvigionamento

L‟approvvigionamento dei farmaci avviene secondo modalità

che variano da Regione a Regione. Alcune fanno riferimento

alla ASL di competenza, altre si riforniscono presso distributori

autorizzati. Tutte le fasi del processo dovrebbero essere go-

vernate da procedure e in presenza di deposito dovrebbe

essere nominato il farmacista responsabile. La fase di ap-

provvigionamento risulta particolarmente delicata in quanto

i fattori di rischio non si differenziano da quelli analizzati in

altri contesti.

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Stoccaggio, conservazione, gestione delle scorte

Caso studio 5. In corso di ispezione da parte del ser- vizio farmaceutico viene rilevata promiscuità di farmaci e dispositivi medici negli armadi, assenza di controllo della temperatura dei locali, presenza di blister sfusi sui carrelli, presenza di farmaci con sca- denza molto prossima e numerosi farmaci diversi per uno stesso principio attivo. Il farmacista che effettua l’ispezione individua la situazione ad alta potenzialità di determinare errori e dispone che siano attivate azioni correttive.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Assenza di procedure, assenza di un responsabile

della gestione dei farmaci, affidamento della tenuta delle scorte

a personale non qualificato, scambio di confezioni al momento

della preparazione della terapia.

Misure preventive. Individuazione del farmacista responsabile

della gestione dei farmaci e dispositivi medici e per la definizione

di procedure, attivazione di ispezioni periodiche, accurata

modalità di conservazione, che può influenzare le caratteristiche

dei medicinali.

8.3. Le Strutture private di riabilitazione e cura

Si tratta di strutture residenziali e non, che forniscono prestazioni

sanitarie di riabilitazione rivolte ad anziani e disabili autosufficienti

(anche solo parzialmente) o non autosufficienti. La tipologia delle

prestazioni riabilitative erogate varia a seconda delle strutture. Una

stessa struttura può fornire prestazioni riabilitative in regime ambu-

latoriale, domiciliare, di degenza programmata o in D ay

Hospital, oppure operare secondo un‟unica modalità

assistenziale. Il costo del servizio è a carico del paziente.

Relativamente ai rischi legati alle terapie farmacologiche e al-

l‟utilizzo dei dispositivi medici, la particolarità di queste strutture è

rappresentata dal fatto che la prescrizione di farmaci a carico del

Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è effettuata dal medico curante

convenzionato su richiesta del medico di riferimento della s truttura.

I farmaci sono recapitati alla struttura da personale della stessa o

dai familiari. Il doppio coinvolgimento del medico della s truttura e

del medico curante che ha in carico il paziente per il SSN, introduce

nell‟organizzazione un ulteriore passaggio rispetto a quelli analizzati

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nelle strutture accreditate: prescrizione della terapia da parte del

medico di medicina generale e spedizione della ricetta in farmacia

da parte di un familiare. Nella Struttura è diffusa la compresenza di

specialità differenti a parità di principio attivo e forma farmaceutica.

Caso studio 6. In una RSA non accreditata viene

chiesto al medico curante del paziente di rinnovare la prescrizione di Lasix. Il medico prescrive Furosemide

40 cpr. Il farmaco viene riposto nel comparto dei far-

maci del paziente. L’operatore a cui viene affidata la

somministrazione somministra una dose di Lasix e

una dose di Furosemide.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Mancata comunicazione, supervisione inadeguata

al momento dell‟acquisizione del farmaco e della sommini-

strazione, assenza di procedure, carente formazione.

Misure preventive. Definire prontuari di Struttura, procedure e

checklist che prevedano una doppia verifica e la tracciabilità

del percorso del farmaco, riportare nella scheda di terapia

anche il principio attivo (se ciò è condiviso da tutti gli operatori),

assicurare una formazione costante degli operatori sanitari.

8.4. Gli Hospice

Si definisce Hospice una Struttura dedicata al ricovero delle

persone suscettibili di un approccio terapeutico palliativo, perché

affetti da una malattia inguaribile in fase avanzata e/o terminale.

L‟accesso all‟Hospice è determinato da problematiche che riguardano

le condizioni cliniche ed assistenziali nonché familiari dei

pazienti; il ricovero in Hospice può essere temporaneo o

definitivo. I profili professionali coinvolti nell‟assistenza

sono:medico, infermiere pro- fessionali, personale ausiliario,

assistente sociale, psicologo, fisiatra/fi- sioterapista, assistente

spirituale, volontari. Il percorso terapeutico– assistenziale si

occupa principalmente del controllo del dolore e dei sintomi e ha

come obiettivo il raggiungimento di una accettabile qualità di vita

della persona che non necessita, in genere, di ulteriori

accertamenti strumentali, se non quelli routinari di laboratorio.

L‟obiettivo prevalente dell‟assistenza è legato alla qualità di

vita della persona e quindi le terapie fornite dovrebbero essere

limitate al controllo farmacologico dei sintomi.

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Caso studio 7. Un paziente viene ricoverato in Hospice proveniente da altra struttura di ricovero.

Non sono comunicati i recenti livelli di glucosio

ematico e quindi viene somministrata la dose di

insulina long-acting secondo il dosaggio precedente

senza rivalutare la terapia. Il paziente va in ipoglice-

mia.

Caso studio 8. Ad un paziente viene applicato un ce- rotto di Fentanil 40 mg che viene sostituito dopo 24

ore dalla sua applicazione mentre la sostituzione

avrebbe dovuto essere effettuata dopo 72 ore.

Caso studio 9. Ad un paziente è prescritta una dose di morfina 10 mg ogni 8 ore. A seguito di persistenza

del dolore l’infermiere anticipa l’orario di sommini-

strazione; l’episodio non viene riportato nella cartella

di terapia. Analoga situazione si verifica nelle ore

successive in presenza di altro infermiere. Solo il

giorno dopo viene chiamato il medico per la revisione

della terapia.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Carenza di comunicazione fra le strutture e tra

operatori sanitari, assenza di procedure/protocolli, mancanza

di rivalutazione del paziente e di adeguata informazione al

personale.

Misure preventive. Deve essere sempre garantita una informa-

zione attenta e puntuale agli operatori sanitari per ogni nuovo

farmaco inserito nella terapia, la promozione di un Prontuario,

la partecipazione del farmacista a team multidisciplinari. La

lettera di dimissione deve essere completa di tutte le prestazioni

effettuate fino all‟uscita dall‟ospedale e deve ricomprendere

anche le indicazioni dell‟orario di inizio delle terapie a carico

della struttura ricevente. Inoltre, dal momento che è frequente

che nei trattamenti palliativi siano utilizzati farmaci off-label,

il farmacista può provvedere a note informative sulla modalità

d‟uso e posologia per evitare la non aderenza al trattamento.

Anche la diffusione a tutti gli operatori di Protocolli per il

trattamento del dolore e delle sintomatologie trattate, ac-

compagnati da precise indicazioni può risultare di notevole

aiuto.

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8.5. L’ospedalizzazione domiciliare

L‟ospedalizzazione domiciliare è un regime di ricovero carat-

terizzato da elevata intensità assistenziale, erogata da équipe multi-

professionale della struttura ospedaliera che assicura continuità e

pronta disponibilità nell‟arco delle 24 ore per tutti i giorni della set-

timana. La responsabilità della cura è a carico del reparto ospe-

daliero che mantiene in carico il paziente e che verifica la presenza,

a domicilio del paziente, dei requisiti strutturali e organizzativi ne-

cessari a garantire la praticabilità di questo regime assistenziale.

Farmaci, dispositivi medici e attrezzature sanitarie necessarie sono

a carico della struttura che attiva il ricovero. La somministrazione

dei farmaci è affidata ai familiari o assistenti presenti a domicilio.

Peculiarità di questo regime assistenziale è la permanenza del

paziente presso il proprio domicilio, con il coinvolgimento dei

familiari nel percorso di cura e l‟esigenza di avviare un sistema di

comunicazione capace di garantire i flussi di informazioni fra tutti i

soggetti coinvolti. La struttura ospedaliera ha la responsabilità

dell‟assistenza erogata e dovrà definire procedure e adottare

checklist che consentano di verificare che le terapie siano

somministrate secondo le indicazioni del medico e se i medicinali

e dispositivi medici siano conservati e utilizzati secondo le modalità

indicate nelle procedure. Il farmacista partecipa al team

multidisciplinare e promuove l‟adozione del Pron- tuario delle

terapie domiciliari. Sono predisposte specifiche schede informative

per i farmaci compresi con attenzione agli aspetti legati allo

specifico contesto assistenziale. Caso studio 10. In pazienti domiciliari portatori di cerotto di Fentanil si sono verificate reazioni avverse anche letali. Le segnalazioni pervenute alla FDA hanno portato alla modifica del foglietto illustrativo in quanto alcune reazioni erano dovute all’utilizzo di borse di acqua calda da parte di pazienti domiciliari: il calore aumentava la quantità di Fentanil liberata dal cerotto nel sangue.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Mancanza di informazione.

Misure di prevenzione. Esaustiva informazione ai familiari

sulla modalità di utilizzo del farmaco. I familiari dovevano

essere messi a conoscenza che non dovevano essere utilizzate

fonti di calore con il cerotto. I farmacisti dovrebbero farsi

carico di evidenziare quelle condizioni di “allerta” riferite

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all‟uso del farmaco che hanno particolare legame con il

contesto domiciliare.

Somministrazione

Caso studio 11. Ad un paziente viene prescritta

Morfina solfato 60 mg cpr insieme ad altri farmaci (in

compresse). Il familiare che assiste il paziente viene

ripetutamente interrotto durante la somministrazione dei farmaci. Riprende le somministrazioni ma dimentica

la M orfina solfato cpr. Nel corso della mattinata il

paziente lamenta dolore, viene interpellato il medico,

viene rivalutata telefonicamente la terapia prescritta

e successivamente prescritta Morfina solfato 100 mg

(l’insorgenza del dolore è stata attribuita a insufficienza del dosaggio).

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Assenza di comunicazione; la scheda di terapia

presente al domicilio non prevede una sezione per riportare

l‟avvenuta somministrazione, la procedura non prevede la

verifica dei farmaci per accertamento dell‟aderenza alla terapia.

Misure preventive. Previsione nella scheda di terapia di una

casella in cui il familiare indica l‟ora in cui ha effettuato la

somministrazione.

Approvvigionamento

Caso studio 12. È disposto il ritiro immediato di un

lotto di albumina. La farmacia invia comunicazione

di “allerta” a tutti i reparti che hanno ricevuto il lotto

interessato e, fra questi, la U.O cure palliative che

opera in regime di ospedalizzazione domiciliare.

Vengono verificate le scorte di reparto e rese in farmacia le confezioni di farmaco in giacenza.

Nessuna verifica è stata effettuata presso il domicilio

dei pazienti ricoverati in ospedalizzazione domiciliare.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Assenza di comunicazione in quanto i farmaci

consegnati al domicilio sono indicati esclusivamente nella

cartella clinica, procedura non idonea in quanto non prevede

la registrazione dei medicinali consegnati al domicilio.

Misure preventive. La registrazione (possibilmente informatizzata)

dei farmaci consegnati al domicilio per singolo paziente con

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indicazione del lotto riduce la possibilità di errore. In presenza

di reparti che operano in regime di ospedalizzazione domiciliare

la farmacia deve predisporre procedure specifiche per la trac-

ciabilità dei farmaci consegnati al domicilio e per il ritiro dei

farmaci non utilizzati o revocati.

Il trasporto e la consegna dei medicinali e dei dispositivi

medici a domicilio del paziente a cura dell‟infermiere costi-

tuiscono un aspetto peculiare di questo tipo di assistenza;

devono essere previste specifiche procedure per il trasporto

dall‟ospedale a domicilio; particolare attenzione dovrà essere

rivolta al trasporto dei farmaci che richiedono intervalli di tem-

peratura inferiori a quella ambientale per i quali dovrà essere

garantita la catena del freddo.

Stoccaggio, conservazione, gestione delle scorte

Caso studio 13. Ad un paziente a seguito di visita medica viene rivalutata la prescrizione di Bisacodile 100 mg cpr ogni 12 ore che viene sostituita con una prescrizione di 40 ml di Lattulosio ogni 12 ore. Le compresse di Bisacodile vengono lasciate al domicilio del paziente. Nei giorni successivi vengono sommi- nistrati entrambi i farmaci.

Cause e fattori contribuenti al verificarsi dell’errore in terapia

farmacologica. Assenza di comunicazione, procedura non

idonea in quanto non prevede il ritiro dei farmaci non utilizzati

dal domicilio del paziente.

Misure preventive. Definizione di una procedura per la

consegna ed il ritiro del farmaco al domicilio del paziente.

8.6. Gli Istituti Penitenziari

Il DPCM del 1/4/2008 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il

30/5/2008 ha previsto la riorganizzazione del sistema sanitario

degli Istituti Penitenziari. L‟assistenza sanitaria alla popolazione

carceraria, ora ricompressa all‟interno del Sistema Sanitario Nazionale

(SSN), determina nuove e diverse implicazioni e responsabilità degli

operatori. Analoga scelta è stata adottata qualche anno prima nel

Regno Unito. Il contesto degli Istituti di reclusione è rappresentativo

di tutte le tipologie di popolazione con la sola esclusione delle

patologie acute o altamente specialistiche che sono trattate presso

le strutture ospedaliere identificate.

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L‟erogazione dell‟assistenza sanitaria deve confrontarsi e rispettare sia i bisogni di salute sia la specificità del contesto e i suoi

vincoli.

Contesto organizzativo-strutturale e caratteristiche della popo-

lazione

Il contesto penitenziario presenta una realtà ad alta densità di

popolazione assistita: l‟assistenza farmaceutica si rivolge sia a

soggetti con patologie occasionali, sia a soggetti con pluripa-

tologie croniche. Le patologie più diffuse sono, oltre all‟HIV,

patologie virali croniche fra cui l‟epatite C, la depressione e i

disturbi psicologici, le patologie cardiovascolari e osteoarticolari.

Comorbidità e pluriprescrizioni coinvolgono in conseguenza

una parte molto rilevante della popolazione carceraria.

I profili professionali coinvolti nell‟assistenza sono: medico di

medicina generale, specialista, infermiere professionale,

personale ausiliario, psicologo, psichiatra assistente sociale,

fisiatra/fisio- terapista, farmacista. È auspicabile che la

riorganizzazione del- l‟assistenza penitenziaria richieda una

revisione dei modelli organizzativi in linea con le finalità del

SSN.

Il farmacista dovrà dare il proprio contributo, sia in ordine agli

aspetti organizzativo-gestionali legati alla gestione di farmaci e

dispositivi medici sia in ordine al monitoraggio della sicurezza

ed efficacia delle terapie. I farmacisti devono partecipare alla

definizione di procedure per la corretta gestione del farmaco

che comprendono: il Prontuario riferito alla specifica popolazione,

una informazione ed educazione sull‟utilizzo dei farmaci, la

valutazione delle specifiche interazioni potenzialmente presenti

nel contesto, l‟individuazione delle tecnologie per la sicurezza

del processo.

La terapia viene distribuita in forma personalizzata agli orari di

somministrazione indicati; a seconda della criticità della terapia

l‟assunzione può essere affidata direttamente al paziente oppure

è richiesta l‟assunzione in presenza dell‟infermiere.

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dalle Strutture.

Definire procedure specifiche per la manipolazione e somministrazione dei far-

Monitorare l‟utilizzo e l‟attuazione di programmi di vigilanza.

Identificare i farmaci a maggior rischio di errore in terapia e definire strategie

Garantire la completezza delle lettere di dimissione.

matizzata.

le terapie non strettamente necessarie.

Adottare Prontuari di Struttura.

153

Tabella 8.1. Le Buone Pratiche per la Sicurezza dei Pazienti

Qualificare Garantire la presenza di personale qualificato per le diverse prestazioni erogate

Definire ed

adottare procedure e checklist

Definire procedure per minimizzare i rischi legati alla conservazione di farmaci e dispositivi medici. Uniformare la prescrizione per principio attivo o per norme commerciale.

maci antiblastici ai fini della Sicurezza del paziente.

Implementare checklist per la distribuzione dei farmaci all‟atto della dimissione.

Formare ed addestrare

Promuovere corsi di formazione. Addestrare all‟utilizzo delle nuove tecnologie.

per minimizzare i rischi.

Comunicare

Facilitare la comunicazione fra Strutture in fase di trasferimento dei pazienti per evitare discontinuità dei trattamenti. Favorire la comunicazione tra tutti gli operatori sanitari.

Informare i pazienti, se possibile, sulle terapie prescritte.

Introdurre

le Tecnologie

Adottare il foglio unico di terapia. Favorire la prescrizione informatizzata e la Cartella clinica integrata ed infor-

Introdurre sistemi di riconoscimento adeguati al tipo di pazienti (braccialetti).

Rivalutare le terapie

Rivalutare periodicamente i trattamenti in pazienti lungodegenti ed eliminare

Limitare

Limitare il numero di farmaci presenti nei reparti. Limitare il numero di farmaci lasciati a domicilio del paziente.

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154

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CAPITOLO 9

LA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

9.1. Introduzione

Il farmacista è il professionista che si occupa della corretta di-

spensazione dei medicamenti (come pure dei dispositivi medici, dei

presidi medico-chirurgici, dei prodotti sanitari e degli alimenti

dietetici), di preparare nella loro forma farmaceutica farmaci (secondo

Farmacopea) e che dispone di una preparazione scientifica tale da

consentire l‟informazione e la sensibilizzazione della popolazione

all‟uso appropriato dei farmaci. Non può effettuare diagnosi o

interventi di carattere sanitario, ma può supportare il paziente e il

medico prescrittore circa il corretto uso dei farmaci.

Proprio per tali ragioni risulta indispensabile un adeguato

percorso formativo, delineato dal Decreto Legislativo 206/20071. Il

titolo di studio necessario per esercitare la professione di farmacista

è la laurea specialistica di durata quinquennale in Farmacia o

Chimica e Tecnologia Farmaceutiche (CTF).

Tale formazione garantisce l‟acquisizione da parte dell‟interessato

di competenze quali:

l un‟adeguata conoscenza dei medicinali e delle sostanze

utilizzate per la loro fabbricazione;

l un‟adeguata conoscenza della tecnologia farmaceutica e

del controllo fisico, chimico, biologico e microbiologico

dei medicinali;

un‟adeguata conoscenza del metabolismo e degli effetti dei

medicinali, nonché dell‟azione delle sostanze tossiche e

dell‟uso dei medicinali stessi;

l

1 Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 206 “Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento

delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera

circolazione delle persone a seguito dell‟adesione di Bulgaria e Romania” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.

261 del 9/11/2007 - Supplemento ordinario n. 228.

155

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un‟adeguata conoscenza che consenta di valutare i dati

scientifici concernenti i farmaci in modo da poter fornire su

tale base le informazioni appropriate;

l un‟adeguata conoscenza delle norme e delle condizioni

che disciplinano l‟esercizio delle attività farmaceutiche.

Dopo il conseguimento della laurea, per poter esercitare, il

farmacista dovrà conseguire l‟abilitazione professionale tramite il

superamento dell‟esame di stato (in base al principio stabilito per

tutte le professioni riconosciute dall‟art. 33, quinto comma, della

Costituzione), a seguito della quale potrà iscriversi al relativo Albo

professionale. L‟iscrizione all‟Albo costituisce requisito indispensabile

per essere:

l

titolare di farmacia privata;

gestore provvisorio di farmacia privata;

direttore responsabile di farmacia privata;

collaboratore dipendente di farmacia privata;

socio di società di gestione di farmacia privata;

direttore di farmacia comunale;

collaboratore di farmacia comunale;

direttore di officina di produzione e di confezionamento

cosmetici;

responsabile importazione cosmetici da Paesi extraeuropei;

direttore di stabilimenti per la produzione di premiscele e

mangimi medicati;

farmacista dirigente negli uffici e servizi farmaceutici;

farmacista dirigente nelle farmacie ospedaliere;

farmacista libero professionista incaricato negli Istituti peni-

tenziari;

direttore di stabilimento di produzione di specialità medicinali

e di materie prime farmacologicamente attive.

l

l

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l

In base al Decreto Legislativo 8 agosto 1991 n. 2582 e al già citato Decreto Legislativo 206/2007 possiamo delineare un quadro

generale degli obblighi e dei compiti che competono al farmacista:

2 Decreto Legislativo 8 agosto 1991, n. 258 “Attuazione delle direttive n. 85/432/CEE, n. 85/433/CEE e n.

85/584/CEE, in materia di formazione e diritto di stabilimento dei farmacisti, a norma dell‟art. 6 della legge 30

luglio 1990, n. 212, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 16/08/1991.

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preparazione della forma farmaceutica dei medicinali; l

l fabbricazione e controllo dei farmaci;

controllo dei medicinali nel laboratorio dedicato l

l immagazzinamento, conservazione e distribuzione dei me-

dicinali nella fase di commercio all‟ingrosso;

preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione

dei medicinali nelle farmacie aperte al pubblico;

l preparazione, controllo, immagazzinamento e distribuzione

dei medicinali negli ospedali (farmacie ospedaliere);

l diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medici-

nali.

Per quanto riguarda le farmacie ospedaliere, esse hanno la

funzione di programmare, gestire, coordinare l‟assistenza farmaceutica

nell‟ambito dell‟Azienda/Presidio ospedaliero e a tal fine il farmacista,

oltre ai compiti indicati nel Decreto, dovrà anche:

l

partecipare alla definizione, stesura, aggiornamento e gestione

del Prontuario Terapeutico Ospedaliero (PTO) e del Repertorio

dei dispositivi medici;

svolgere attività di Farmacovigilanza e quindi una serie di

attività finalizzate alla valutazione continuativa di tutte le

informazioni relative alla sicurezza dei farmaci e ad assicurare,

per tutti i farmaci in commercio, un rapporto rischi/beneficio

favorevole per la popolazione;

partecipare alla Commissione per il controllo delle infezioni

ospedaliere;

gestire i farmaci oggetto di sperimentazioni cliniche e parte-

cipare alle attività del C omitato etico aziendale;

provvedere alla informazione del personale sanitario sulle

caratteristiche dei farmaci e materiali sanitari;

produrre medicinali sperimentali, nel rispetto delle indicazioni

contenute nel Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 200.

l

l

l

l

l

l

Considerati complessivamente tutti i compiti che fanno carico

al farmacista, una eventuale condotta illecita, posta in essere nel-

l‟esercizio della sua professione, potrà andare incontro a tre diversi

tipi di sanzione: quelle penali, per tutti i fatti di reato non

depenalizzati, quelle amministrative, quando la normativa di riferi-

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mento preveda già tali sanzioni oppure nel caso di depenalizzazione

delle fattispecie di reato, e quelle disciplinari, disposte dal

competente ordine professionale che possono concorrere, come

tertium genus con quelle penali e amministrative. Al farmacista

come imprenditore commerciale, si applicano invece le regole

ordinarie della responsabilità civile.

9.2. La responsabilità penale

Affinché possa configurarsi una responsabilità penale, è necessario che il fatto antigiuridico posto in essere dal soggetto re- sponsabile, sia stato commesso volontariamente e sia dalla legge previsto come reato. Il reato si caratterizza oltre che per la sanzione (cioè la pena), per degli elementi oggettivi (la condotta, l‟evento, il nesso causale) ed elementi soggettivi (la colpevolezza).

La condotta è qualsiasi comportamento, contegno dell‟uomo, che può assumere due forme, una positiva (l‟azione) e una negativa (l‟omissione, ossia il mancato compimento di un‟azione che si attendeva da un soggetto). L‟evento è il risultato della condotta medesima.

Il nesso di causalità è la relazione tra la condotta e l‟evento e

quindi la riconducibilità dell‟evento a quella determinata condotta. L‟elemento soggettivo, la colpevolezza, è l‟atteggiamento della

volontà, che si estrinseca nelle forme del dolo e della colpa. Il dolo

è la volontà, l‟intenzione di chi agisce di porre in essere una condotta antidoverosa per conseguire il fatto vietato.

Ma la responsabilità penale caratteristica del farmacista ha

come presupposto il compimento di un reato più spesso di natura colposa collegato all‟esercizio della professione farmaceutica.

Ai sensi dell‟art. 43 del c.p., il delitto è colposo o contro l‟in- tenzione, quando l‟evento, anche se preveduto non è voluto dall‟agente e si verifica a causa di negligenza, o imprudenza, o im- perizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o disci- pline.

Analogamente all‟illecito amministrativo, anche l‟illecito penale può rivolgersi sia alla generalità dei soggetti, sia solo ad alcune categorie, in relazione alla loro attività o posizione. La responsabilità penale è sempre personale, perciò ognuno è chiamato a rispondere solo dei fatti a lui direttamente imputabili (fatto salvo il concorso nel reato).

Il codice penale suddivide i reati in delitti e in contravvenzioni. I delitti prevedono come sanzione pecuniaria la multa e come

sanzione detentiva la reclusione.

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Dal punto di vista soggettivo essi si distinguono in:

l delitti dolosi: quando l‟evento pericoloso o dannoso, che è

il risultato dell‟azione o omissione e dalla quale la legge fa

dipendere l‟esistenza del delitto, è dall‟agente preveduto e

voluto come conseguenza della propria azione o omissio-

ne;

delitti colposi: quando l‟evento, anche se preveduto, non è l

voluto dall‟agente e si verifica a causa di un comportamento

attivo o omissivo derivante da negligenza, impudenza, im-

perizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o disci-

pline;

l preterintenzionali: quando dall‟azione o dall‟omissione

deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello

voluto dall‟agente.

Le contravvenzioni, invece, sono reati caratterizzati da una

minore gravità rispetto ai delitti e di conseguenza, anche le pene ad

esse relative sono inferiori e consistono nell‟ammenda e nell‟arresto.

Per quanto attiene invece all‟elemento psicologico, è sufficiente che

l‟agente abbia realizzato il fatto con coscienza e volontà, essendo

indifferente l‟accertamento dell‟esistenza del dolo o della colpa.

La legge stabilisce, per ogni reato anche le pene accessorie

eventualmente applicabili. Quelli inerenti alla professione del far-

macista sono: l‟interdizione e la sospensione dalla professione o

l‟interdizione dai pubblici uffici.

Art. “443 Commercio o somministrazione di medicinali guasti

Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o

somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la re-

clusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a

euro 103”. Nella previsione dell‟articolo 443 c.p. vengono

fatte rientrare fattispecie differenti, ovvero la detenzione per la

vendita e la vendita di medicinali scaduti; la preparazione e la vendita di preparazioni di medicinali imperfetti vietate e co-

munque tutti i casi in cui i medicinali non siano stati preparati

secondo le regole della tecnica farmaceutica. Ai fini della sus-

sistenza del reato di cui all‟art. 443 c.p. è sufficiente che il me-

dicinale sia guasto ossia alterato per qualsiasi causa naturale

(deperimento, vetustà, fermentazione) ovvero imperfetto, cioè

non preparato secondo i precetti della tecnica farmaceutica, o

infine, difettoso dei necessari elementi di composizione o

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della giusta dosatura, tale da risultare, pur se non nocivo alla

salute pubblica, di efficacia terapeutica mancante (sez. I

78/141955). Il reato ipotizzato all‟art. 443 c.p. sussiste quindi

quando non si possa parlare né di adulterazione (sottrazione

di elementi terapeutici indispensabili o aggiunte di elementi

nocivi) né di contraffazione (immissione di elementi inganne-

volmente imitati) ma solo in caso di somministrazione o de-

tenzione di medicinali guasti (sez. III 66/102159). L‟elemento

psicologico di questo reato è dato dal dolo generico e consiste

nella volontà di detenere per il commercio o per la sommini-

strazione medicinali che siano guasti o imperfetti, conoscendone

la loro imperfezione (sez. IV 96/206797). Ad ogni modo, il

successivo art. 452 c.p. (che disciplina i “delitti colposi contro

la salute pubblica”), punisce anche l‟ipotesi colposa. Infatti il

reato di cui all‟art. 443 è ricompreso tra quelli che vengono

definiti “di pericolo”, per la sussistenza del quale non deve

essere provata in concreto l‟esistenza di pericolo per la salute

pubblica, ma l‟offesa al bene giuridico tutelato dalla norma (la

salute pubblica), è oggetto di una valutazione legale fatta a

priori, per cui è sufficiente la semplice detenzione o il

commercio del medicinale guasto o imperfetto, senza essere

necessario alcun ulteriore accertamento sulla effettiva pe-

ricolosità (trattasi di una presunzione iuris de iure). Ecco

perchè il reato di cui all‟art. 443 punisce anche l‟ipotesi di

mera detenzione per il commercio, che si concretizza ogni

qual volta il medicinale irregolare si trovi nei locali dell‟esercizio

commerciale a disposizione del pubblico (nella specie farmacia)

a disposizione del pubblico, ancorché il medesimo non abbia

ancora formato oggetto di una compravendita. Tra i medicinali

inefficaci devono ricomprendersi anche quelli scaduti la cui

detenzione è sanzionata indipendentemente dalla durata rispetto

la scadenza. La conservazione in farmacia dei medicinali

scaduti è assoggettata a regole particolari e deve avvenire in

considerazione delle necessarie precauzioni da assumere allo

scopo di ottenere che essi siano facilmente distinti dai farmaci

che possono essere venduti al pubblico.

Caso studio. Un farmacista deteneva nel fondo di un cassetto di un frigorifero all’interno di una farmacia un’unica confezione di vaccino influenzale scaduto, nonostante possedesse appositi contenitori per la

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raccolta dei medicinali scaduti e utilizzasse uno sca- denziario informatico per la segnalazione dei medi- cinali in scadenza. La magistratura ha proceduto nei suoi confronti. Il processo si concludeva con l’asso- luzione del farmacista in quanto lo stesso aveva co- munque adottato ogni misura per verificare tempesti- vamente la scadenza dei farmaci e la detenzione dell’unica confezione del prodotto scaduto era stata

considerata dai Giudici come “mera svista”.

Art. 445 Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per

la salute pubblica

Chiunque, esercitando, anche abusivamente, il commercio di

sostanze medicinali, le somministra in specie, qualità o quantità

non corrispondente alle ordinazioni mediche, o diversa da

quella dichiarata o pattuita, è punito con la reclusione da sei

mesi a due anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032. Tale

norma disciplina l‟ipotesi dell‟errore nella spedizione della

ricetta medica o nella consegna del medicinale prescritto o ri-

chiesto, ovvero che non corrisponda in specie, qualità e

quantità alla prescrizione medica. La non corrispondenza in

specie si verifica quando il farmacista consegna un medicinale

al posto di un altro in conseguenza, ad esempio, di errori di

prelievo, di lettura della ricetta. La non corrispondenza in

qualità si ha quando il farmaco dispensato non ha le caratteristiche

chimico-fisiche previste dalla Farmacopea, o da altro Codice

di qualità, o quelle stabilite in sede di registrazione. La non

corrispondenza in quantità è infine riferibile al dosaggio del

medicamento, che non va confuso con le conseguenze di

errori di titolo, che configurano invece il medicamento

imperfetto. Infine, il delitto di somministrazione di medicinali

in modo pericoloso può concorrere con quello di frode nelle

pubbliche forniture anche quando si tratti dell‟ipotesi aggravata

della frode nelle pubbliche forniture di medicinali, n. 1 dell‟art

335 c.p. (“chiunque, non adempiendo agli obblighi che gli

derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o

con un altro ente pubblico, ovvero con un’impresa esercente

servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare, in tutto in

parte, cose od opere, che siano necessarie ad uno stabilimento

pubblico ad un pubblico servizio, è punito con la reclusione

da 6 mesi a 3 anni e con la multa non inferiore a euro...., la

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pena è aumentata se la fornitura concerne: 1) Sostanze

alimentari o medicinali, ovvero cose od opere destinate alle

comunicazioni per terra, per acqua o per aria, o alle comuni-

cazioni telegrafiche o telefoniche,....” ). Diversi sono infatti sia

i beni tutelati dalle due norme (la pubblica salute nel primo

caso, il buon funzionamento dei pubblici servizi contro le

frodi dei fornitori, nel secondo), sia il momento consumativo

dei due reati (la somministrazione del medicinale, nell‟ipotesi

di cui all‟art 445 c.p., il momento della fraudolenta esecuzione

del contratto, nel delitto di frode nelle pubbliche forniture)

(sez. VI 79/089609).

Art. 328 Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione

Il pubblico ufficiale o l‟incaricato di un pubblico servizio, che

indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di

giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di

igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito

con la reclusione da sei mesi a due anni. Per la configurabilità

di questo reato, si richiede, sotto il profilo psicologico, solo il

dolo generico, consistente nella cosciente volontà di rifiutare,

ritardare o omettere da parte del pubblico ufficiale l‟atto da lui

dovuto, con la consapevolezza di agire in violazione di doveri

a lui imposti (sez. VI 84/168219). Per la configurabilità del

reato in materia sanitaria è tuttavia necessario che la condotta

si riferisca ad atti che per ragione di sanità siano indilazionabili:

ciò si verifica qualora ricorra la possibilità di conseguenze

dannose dirette sul bene della sanità fisica o psichica del

cittadino. In base all‟art 38 del RD 1706/38 i farmacisti non

possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui

siano provvisti e di spedire ricette firmate da un medico per

medicinali esistenti in farmacia. Nel caso in cui la farmacia sia

sprovvista del medicinale richiesto, questo deve essere procurato

al più presto attraverso i normali canali di approvvigionamento.

Non integra gli estremi del delitto (a r t . 328, co 1 c.p.) la

condotta del farmacista il quale rifiuti di somministrare un me-

dicinale (soggetto a prescrizione medica) all‟utente che, seppur

ne abbia fatto richiesta, sia sprovvisto della relativa ricetta

(Trib. Rieti 1994, F. it. 95, II, 182). Negli ultimi anni, tale

norma è stata oggetto di particolare attenzione soprattutto in

relazione all‟obiezione di coscienza. Il diritto all‟obiezione di

coscienza è un diritto garantito e tutelato solo per alcune

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categorie sanitarie, in forza dell‟art. 9 della L egge 194/78

che prevede espressamente:

“Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è

tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7

ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando

sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione”.

Sembrerebbe quindi da ritenersi escluso da tale novero la

figura del farmacista, il quale, ai sensi dell‟articolo 38 del RD

30.9.1938, n. 1706 “non può rifiutarsi di vendere medicinali

di cui sia provvisto e di spedire ricette firmate da un medico

per medicinali esistenti in farmacia…..i medicinali di cui non

è provvisto è tenuto a procurarli nel più breve tempo possibile”.

La mera condotta omissiva del pubblico ufficiale o incaricato di

pubblico servizio che si limiti a non adempiere un obbligo su di

lui gravante non integra gli estremi del reato di rifiuto degli atti

di ufficio di cui all‟art. 328 co, 1°, cp, come risultante dalla

modifica di tale norma a seguito della riforma introdotta con la

legge 26 aprile 1990 n. 86, ma, eventualmente, ove ne ricorrano

i presupposti quella di interruzione di un ufficio, o servizio pub-

blico, o di pubblica necessità di cui all‟art. 340 c. p.

Art. 331 Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica ne-

cessità

Chi, esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica ne-

cessità, interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei

suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la

regolarità del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a

un anno e con la multa non inferiore a euro 516. Tale reato è

un reato proprio che si qualifica per il soggetto che lo può rea-

lizzare (imprenditore in senso lato), quando manchi tale

requisito soggettivo (titolarità di un‟impresa esercente il suddetto

servizio) non è configurabile il reato in questione, bensì quello

meno grave previsto dall‟art. 340 c.p. (Sez. VI 96/205079).

Inoltre, ai fini della sussistenza di tale reato, è necessario che il

turbamento alla regolarità dell‟ufficio si riferisca ad un‟alterazione

del funzionamento nel suo complesso e non di una singola

fruizione o prestazione.

Art. 340 Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un

servizio di pubblica necessità

Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni

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di legge cagiona un‟interruzione o turba la regolarità di un

ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità

è punito con la reclusione fino a un anno. Il delitto previsto da

tale articolo ha natura residuale in quanto configurabile ove il

fatto volto a turbare la regolarità degli uffici o servizi pubblici

o di pubblica necessità non sia preveduto da altre disposizioni

di legge, nonché la sua generale applicabilità senza che rilevi

il fine perseguito dall‟agente o la sua qualità soggettiva non è

di per sé rivelatore di una condotta connotata da abuso di

poteri o da violazione di doveri inerente a una pubblica

funzione o ad un pubblico servizio da parte del soggetto

attivo. Tale figura criminosa, proprio per tale carattere residuale

di reato comune, si presta ad abbracciare anche le condotte

omissive del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio

che si limiti a non adempiere un obbligo su di lui gravante, e

produce l‟evento interruttivo ivi contemplato, le quali trovavano

precedentemente collocazione nella più ampia formulazione

dell‟art. 328 c.p. Tali norme possono essere contestate al far-

macista nel caso di chiusura della farmacia in orari o giorni in

cui l‟esercizio contrariamente dovrebbe essere aperto. L‟appli-

cazione degli articoli 331 e 340 c.p. trovano applicazione

anche all‟articolo 119 del TULS, il quale espressamente dichiara

che il titolare di ciascuna farmacia è responsabile del suo

regolare esercizio e ha l‟obbligo di mantenerlo interrottamente.”

In altri termini il professionista ha l‟obbligo di rispettare i

termini e gli orari di servizio, anche notturno, determinati dal

Sindaco, nel corso delle norme fissate dall‟autorità regionale e

deve esporre al pubblico tali orari. Questa disposizione non

può tuttavia essere interpretata in termini rigidi tali da escludere

anche la momentanea assenza del titolare dai locali della far-

macia, in quanto egli può ben avvalersi di collaboratori

farmacisti e, anche, di meri addetti che possono svolgere

attività esecutive e materiali. L‟art. 11 della L. 475/1968

disciplina, a tal proposito, il regime della sostituzione temporanea

del farmacista titolare per motivi di salute, per obblighi militari,

per chiamate a funzioni elettive, per gravi motivi di famiglia e

per ferie annuali (cfr. anche D.P.R. 1275/1971, art. 12 e 14).

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Bibliografia di riferimento

Codice deontologico del farmacista - approvato dal Consiglio Nazionale in data 19 giugno 2007 - Quinta edizione, Milano 2008.

R.D. 16 marzo 1942, n. 262, pubblicato in G.U. 4/4/1942, n. 79 - approvazione del testo del codice civile.

R.D. 19 ottobre 1930, pubblicato in G.U. 26/11/1930, n. 251 - approvazione del testo del codice penale.

Codice deontologico del farmacista - approvato dal Consiglio Nazionale in data 19 giugno 2007.

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CAPITOLO 10

LA FARMACOVIGILANZA E LA VIGILANZA SUI DISPOSITIVI MEDICI

10.1. La Farmacovigilanza dei medicinali per uso umano: intro- duzione

Sviluppo storico della Farmacologia

La storia della medicina e con essa della Farmacologia e della

terapia ha origini lontane nei secoli.

La Farmacologia, quale branca delle scienze biomediche,

studia i farmaci e le interazioni che hanno luogo tra questi e

gli organismi viventi. La parola farmaco (dal greco =

medicamento o veleno) nella sua storia, fu sinonimo non solo

di “rimedio” ma anche di “tossico”, di “veleno”.

Questo duplice significato di rimedio/veleno attribuito al

termine “farmaco” ci fa considerare che i greci sono stati i pre-

cursori delle attuali conoscenze farmacologiche relative alla

duplice possibilità di un farmaco di determinare effetti “benefici”

e di causare effetti “dannosi” o “avversi” (beneficio/rischio). La

Farmacologia moderna si basa sulla ricerca sperimentale del

meccanismo d‟azione dei farmaci. La grande evoluzione della

Farmacologia, si può dire che nasce nella scuola dei fisiologi

francesi nel 1800, con Claude Bernard (1813 – 1878) che con

la sua geniale e basilare opera sulla “Introduzione allo studio

della medicina sperimentale” afferma ulteriormente il metodo

scientifico sperimentale.

Le novità (dell‟800) in Farmacologia è rappresentata da medi-

camenti ottenuti per sintesi chimica che passano dalla produzione

artigianale alla fabbricazione industriale da parte delle Aziende

farmaceutiche nel mondo.

In questo inarrestabile percorso di grande “progresso” farma-

ceutico con molti farmaci innovativi e di “ottimismo” per la

167

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medicina universale, nel 1960 scoppia il dramma mondiale

“talidomide”, farmaco ad azione ipnotica commercializzato

da un‟Azienda farmaceutica tedesca come assolutamente sicuro

ma che assunto dalla donna in gravidanza determina la nascita

di bimbi affetti da una gravissima malformazione “la focome-

lia”.

È inevitabile che il mondo scientifico debba frenare gli

entusiasmi e l‟ottimismo sull‟uso facile dei farmaci. Il “caso ta-

lidomide” genera una “salutare” pausa di riflessione sull‟uso e

sulla sicurezza dei farmaci: nasce un cambio di cultura!

Diventa, pertanto, evidente la necessità di creare una legislazione

nuova atta a promuovere una sperimentazione clinica dei

farmaci con metodologie di indagini più rigorose onde garantire

non soltanto una valida efficacia terapeutica ma anche l‟assenza

di gravi effetti collaterali dei farmaci messi in commercio.

Dagli anni „60 assieme alle nuove conoscenze scientifiche in

ambito farmacologico nasce, accanto alla tradizionale Farma-

cologia teorica e sperimentale, una nuova disciplina “la Farma-

cologia clinica”, intesa come scienza applicativa per un uso ra-

zionale del farmaco in ambito sanitario. Da essa derivano la:

Farmacovigilanza: svolge una attenta ricerca per scoprire

gli effetti collaterali negativi dei farmaci;

Farmacoepidemiologia: esegue una valutazione qualitativa

e quantitativa sulle modalità dell‟uso appropriato, sull‟abuso

e sugli effetti dei farmaci nelle popolazioni per acquisire co-

noscenze sul profilo beneficio-rischio dei farmaci;

l

l

l Farmacoeconomia: determina una valutazione del rapporto

costo/beneficio soprattutto per la spesa pubblica.

10.1.1. La Farmacovigilanza: definizione ed obiettivi

Il dramma della “talidomide” ha costituito una amara lezione

per il mondo intero. Le conseguenze che ne sono derivate sia

in termini umani che scientifici meritano attente riflessioni sul-

l‟impiego corretto dei farmaci nella pratica medica quotidia-

na.

I farmaci efficaci, inevitabilmente, possono avere degli effetti

collaterali ed essere comunque tossici in modo variabile da in-

dividuo ad individuo. Lo studio di un farmaco, quindi, impone

essenzialmente il raggiungimento di due obiettivi: “efficacia

terapeutica” e “sicurezza”.

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Sono noti e codificati i rischi connessi alla utilizzazione dei

medicinali. Ogni rischio è legato alla qualità, alla sicurezza o

all‟efficacia del medicinale per la salute del paziente o la

salute della collettività.

Una valutazione degli effetti terapeutici positivi del medicinale

rispetto ai rischi indicati in precedenza costituiscono il rapporto

rischio/beneficio.

Il rigore metodologico applicato negli studi clinici di Fase I – II

e III è indispensabile per accertare la validità dell‟attività tera-

peutica di un farmaco, tuttavia questo modello sperimentale

presenta delle lacune conoscitive per quanto riguarda la

Sicurezza o Safety del farmaco studiato.

Gli studi clinici pre-registrativi, quindi, hanno l‟obiettivo

generale di confermare l‟efficacia terapeutica ipotizzata nel

progetto di sviluppo clinico e di definirne la tollerabilità in

specifiche patologie che rientrano nelle indicazioni principali

del nuovo farmaco che sarà commercializzato.

Nel corso delle suddette sperimentazioni cliniche, in definitiva,

otteniamo prevalentemente la conoscenza dell‟efficacia tera-

peutica per le indicazioni studiate e riusciamo ad evidenziare

ed a quantizzare principalmente i fenomeni secondari ad inci-

denza elevata così si può formulare un preliminare giudizio

sulla sicurezza del prodotto.

La limitazione degli studi clinici pre-registrativi, la conoscenza

delle Reazioni Avverse a Farmaci (ADR) in particolare, sono

legate a:

dimensione del campione (massimo 2.000 - 4.000 pazienti),

che comporta una possibilità di osservare una incidenza di

ADR all‟1%;

popolazioni selezionate da criteri di ammissione: spesso

non includono gruppi speciali (ad esempio, bambini,

anziani, donne in gravidanza, malattie psichiatriche,

malattie con- comitanti, interazioni con altri farmaci

ovvero terapie asso- ciate);

indicazioni limitate: non vengono coperti tutti i potenziali

utilizzi nella pratica clinica;

breve durata del trattamento (1 – 3 anni): potenziale

perdita di effetti che possono manifestarsi a distanza.

l

l

l

l

È fin troppo noto che lo scopo primario della ricerca clinica è

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quello di costruire un modello sperimentale attraverso il quale

si può quantizzare in maniera riproducibile soprattutto l‟efficacia

terapeutica di un nuovo farmaco (ad esempio, un campione di

pazienti opportunamente selezionati secondo rigorosi criteri

di ammissione ed esclusione, un trattamento long-term, l a

valutazione di interazioni tra farmaci), mentre lo stesso rigore

metodologico lascia delle carenze conoscitive per

identificare il profilo di tossicità dei farmaci. Sarà compito

della Fase IV colmare le lacune presenti nella conoscenza del

farmaco alla conclusione della fase III. Si continua con lo

studio del farmaco (Fase IV) in un campione molto numeroso e

più aderente alla realtà della popolazione dei pazienti per i

quali esiste l‟indicazione autorizzata per approfondire le

conoscenze sull‟efficacia e sull‟incidenza delle ADR.

“L‟esigenza della verifica e del continuo miglioramento della

completezza dei dati originati dalle sperimentazioni pre-

marketing e la coscienza della necessità di sorvegliare

accuratamente il farmaco dopo la sua commercializzazione

trovano radici in eventi che nella loro drammaticità, hanno

costituito il momento storico di inizio della moderna era

dello sviluppo dei farmaci”.

Le ADR, pertanto, costituiscono uno dei maggiori motivi di

preoccupazione per l‟opinione pubblica, per le Autorità

Sanitarie, per la classe medica e per l‟industria farmaceutica.

Questa attenzione al farmaco in tutti i suoi aspetti prende il

nome di Farmacovigilanza nell‟ambito degli studi di Fase IV.

Concluso, quindi, l‟iter della sperimentazione di un farmaco

(di fase III), dal momento dell‟immissione in commercio, si

apre di fatto con la Farmacovigilanza un sistema di monitoraggio

della sua efficacia e della sua sicurezza su un numero di

pazienti molto più ampio ovvero all‟universo dei pazienti.

Una definizione universalmente accettata di Farmacovigilanza

(o Post-Marketing Surveillance – PMS) è quella elaborata nel

1972 dall‟Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): “qual-

siasi procedura che miri a fornire inferenze sistematiche sulle

probabili reazioni di causalità intercorrenti tra farmaci e

fenomeni inattesi all’interno di una popolazione”. Il Ministero

della Salute nel 2003 formula la seguente definizione della

Farmacovigilanza: “Insieme delle attività il cui obiettivo è

quello di fornire, in modo continuativo, le migliori informazioni

possibili sulla sicurezza dei farmaci permettendo così l’adozione

170

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delle misure opportune e in tal modo assicurare che i farmaci

disponibili sul mercato presentino, nelle condizioni di utilizzo

autorizzate, un rapporto beneficio-rischio favorevole per la

popolazione”.

In precedenza sono stati indicati i punti critici e limitativi degli

studi clinici pre-registrativi sia per la definizione dell‟efficacia

che per la individuazione delle ADR del nuovo farmaco. È

stato precisato, inoltre, che la conoscenza del farmaco

non si conclude con l‟immissione in commercio e che la

Farmacovi- gilanza si configura come un‟attività di ricerca

essenziale per conoscere meglio i farmaci ed informare

correttamente i medici per garantire la Sicurezza ai pazienti.

Attualmente si registra un largo consenso ed una ferma

convinzione da parte delle Autorità Sanitarie, di tutti gli

operatori sanitari pubblici e privati (medici, farmacisti,

infermieri, assistenti sanitari), da parte dei pazienti e delle

Aziende farmaceutiche, sugli obiettivi da per- seguire da parte

della Farmacovigilanza.

In definitiva, la Farmacovigilanza vuole garantire il migliore

rapporto beneficio/rischio per il singolo paziente e per la

sanità pubblica.

Gli obiettivi sono stati individuati e possono essere così rias-

sunti: rilevazione ed identificazione, il più presto possibile, delle

ADR, in particolare quelle gravi ed inaspettate, non ricono-

sciute in precedenza e stima della loro incidenza;

identificazione dei fattori di rischio (età, sesso, fattori genetici,

fattori razziali, patologie concomitanti, il dosaggio dei

farmaci) che possono predisporre alla comparsa delle ADR;

rivalutazione periodica del profilo beneficio/rischio anche

in confronto (quando possibile) con altri farmaci e nel

contesto della singola patologia;

quantificazione delle ADR gravi già note nell‟ambito della

popolazione esposta ai farmaci;

quantificazione delle ADR non gravi, ma fastidiose da

limitare l‟utilizzo di un farmaco efficace;

rilevazione/identificazione delle interazioni tra farmaci;

individuazione di nuove interazioni farmacocinetiche e/o

farmacodinamiche;

l

l

l

l

l

l

l

171

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individuazione/scoperta di nuove indicazioni terapeutiche; l

l verifica della tollerabilità ed efficacia nella pratica quotidia-

na; individuazione delle prescrizioni e le somministrazioni non

appropriate;

studio sul miglioramento del rapporto beneficio/rischio del

farmaco utile per il singolo soggetto (migliore trattamento) e

per la sanità pubblica (informare i medici sui rischi potenziali

per un determinato farmaco).

l

l

10.1.2. Il ruolo della Farmacovigilanza per la determinazione del

Valore Terapeutico e per la definizione dell’Efficacia del farmaco

Il ruolo fondamentale della Farmacovigilanza, post marketing

è quella di colmare le lacune conoscitive che lascia insolute la

fase pre-registrativa.

Il valore terapeutico di un farmaco (introdotto da Borden 1981) è la risultanza delle conoscenze che si ottengono attraverso la

verifica del profilo dell‟efficacia e della tollerabilità durante

l‟impiego del farmaco nella pratica medica allargata e dalla

valutazione del suo impatto sociale.

Il suddetto concetto vuole significare un giudizio sulla valutazione

dei benefici in confronto con i rischi ovvero rapporto rischio/be-

neficio del farmaco.

L‟impiego allargato di un farmaco è determinato dal rischio as-

sociato alle malattie, dai benefici attesi da esso e dai rischi

connessi al suo uso.

La determinazione del Valore Terapeutico di un farmaco

necessita di un modello sperimentale di tipo epidemiologico

(Farmacoepidemiologia).

I fattori, secondo Borden (1981), vengono identificati nei

seguenti quattro quesiti:

Perché viene usato il farmaco? l

l Come viene usato?

In chi viene usato? l

l Che cosa succede?

La risposta ai suddetti quesiti può consentire di assolvere, in

maniera pratica e concreta, alle teoriche richieste della Farma-

covigilanza. Questa fase di applicazione in clinica del farmaco

definisce gli aspetti terapeutici positivi o negativi, le modalità

172

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di impiego del farmaco per un determinato paziente nella

pratica medica corrente; si ottiene, quindi, una valutazione

reale per tutti i pazienti trattati senza le limitazioni o i vincoli

imposti dalla sperimentazione clinica pre-registrativa.

In definitiva, le risposte ai quesiti dell‟epidemiologia del

farmaco consentono, in particolare, un arricchimento delle

conoscenze sul farmaco commercializzato ed un completamento

delle Fasi I – II e III della sperimentazione clinica nonché il

vantaggio di un rapido flusso di informazioni libere ai medici

prescrittori.

10.1.3. Metodologia in Farmacovigilanza

Il principale obiettivo della Farmacovigilanza è quello di rico-

noscere il più precocemente possibile nuove ADR.

Il verificarsi di un qualsiasi evento avverso nel corso dell‟utilizzo

di un farmaco deve portare alla diffusione di un segnale (allar-

me). La segnalazione dell‟evento avverso innesca una serie di

eventi:

generazione di una ipotesi;

rafforzamento dell‟ipotesi e valutazione preliminare dei dati

disponibili;

l

l

l verifica, valutazione e spiegazione del segnale.

Se l‟analisi del segnale consente di assegnare una possibile re-

lazione causale tra l‟evento avverso ed il farmaco si è, in

genere, in grado di identificare una nuova reazione avversa al

farmaco. Tuttavia, è necessario chiarire che per trasformare un

“segnale” in “allarme” è necessario ottenere un certo numero

di segnalazioni, in modo da valutare se esiste o meno un “ina-

spettato” numero di eventi avversi correlati al farmaco. Cioè

bisogna essere in grado di determinare il numero delle reazioni

avverse che si sono verificate rispetto alla popolazione esposta

ad un determinato farmaco. Appare, quindi, evidente che il

punto cruciale di tutte le attività di Farmacovigilanza consiste

nel raccogliere i “segnali”. I segnali possono provenire da os-

servazioni su singolo paziente o su popolazioni; per ottenerli

si ricorre a diverse metodologie riconducibili ad un approccio

di tipo descrittivo o ad un approccio di tipo analitico:

173

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10.1.4. Definizione di reazione avversa da farmaco (secondo il

Codice Comunitario e l’OMS)

Reazione avversa: Risposta ad un farmaco che sia nociva e

non intenzionale e che avvenga alle dosi normalmente usate

nell‟uomo per la profilassi, la diagnosi o la terapia della

malattia o a seguito di modificazioni della fisiologia (WHO Te-

chnical Report No 498, 1972). Nella definizione vengono

comprese tutte le dosi di farmaco prescrivibili clinicamente,

ma viene esclusa l‟overdose accidentale o deliberata.

Reazione avversa inaspettata: Reazione avversa la cui natura

e severità non è riportata nel foglietto illustrativo o nella auto-

rizzazione alla commercializzazione del farmaco o che sia

inattesa rispetto alle caratteristiche del farmaco stesso. Questa

sottoclassificazione viene inclusa per facilitare la comprensione

del tipo di reazione avversa. È questa la reazione più importante

da comunicare ai centri di farmacovigilanza.

Evento avverso serio: Qualunque evento medico spiacevole

che, per qualsiasi dose:

l metta in pericolo la vita del paziente;

richieda l‟ospedalizzazione del paziente o prolunghi una

ospedalizzazione già avvenuta;

l determini una persistente o significativa disabilità o incapacità;

l

provochi la morte. l

Reazione avversa grave: la reazione avversa che provoca il de-

cesso di un individuo, o ne mette in pericolo la vita, ne

richiede o prolunga il ricovero ospedaliero, provoca disabilità

o incapacità persistente o significativa o comporta un‟anomalia

congenita o un difetto alla nascita;

Reazione avversa inattesa: la reazione avversa di cui non

sono previsti nel riassunto delle caratteristiche del prodotto la

natura, la gravità o l‟esito;

Classificazione delle reazioni avverse da farmaco.

Le reazioni avverse ai farmaci possono essere classificate per:

tipo l

l gravitità

l nesso di casualità

174

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Tipo A

Le reazioni di tipo A “augmented” sono quelle riconducibili

ad effetti farmacologici ben definiti correlati al meccanismo

d‟azione del farmaco e dose-correlati. Infatti, le reazioni del

tipo A sono più gravi quando vengono assunte dosi più elevate

di farmaco. Sono eventi relativamente frequenti, prevedibili e

con bassa mortalità e, generalmente, corrispondono agli “effetti

collaterali”. Le reazioni di tipo A possono rappresentare un ec-

cesso dell‟azione farmacologica principale, ad esempio, cefalea

da nitroderivati, secchezza delle fauci da antimuscarinici,

emorragia da anticoagulanti) o l‟effetto di una attività farmaco-

logica secondaria (ad esempio, costipazione da morfina, diarrea

da penicillina). Possono essere dovute a interferenze farmaco-

cinetiche (ad esempio, inibizione del metabolismo di un

farmaco da parte di un secondo farmaco). Inoltre, possono

essere reazioni che si manifestano per tutti i farmaci appartenenti

ad una determinata “classe farmaceutica” o essere presenti

solo per alcune molecole appartenenti alla stessa classe.

Le reazioni di tipo A sono in genere rilevate prima dell‟immissione

del farmaco nel mercato, ma in alcuni casi la loro identificazione

è resa difficile da particolari condizioni come quando la

reazione si manifesta solo in una minoranza di pazienti (ad

esempio, aumentata incidenza di neuropatie periferiche in

lenti acetilatori trattati con isoniazide) o quando non vi è

stretta correlazione con la dose o quando può sembrare coin-

cidente con altre cause. Un esempio di reazione di tipo A

identificata dopo la commercializzazione con difficoltà attraverso

la segnalazione spontanea è la tosse provocata dall‟uso

prolungato di ACE-inibitori.

175

Approccio descrittivo

Segnalazione spontanea: aneddotica

organizzata

Monitoraggio intensivo

Approccio analitico

non sperimentale

Studi caso-controllo, Studi di coorte

Banche dati su morbilità/mortalità

Approccio analitico

sperimentale

Trials clinici randomizzati

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Tipo B

Le reazioni di tipo B “bizarre” sono quelle di natura immuno-

logica (allergia e reazioni di ipersensibilità), su base non-im-

munologica (reazioni anafilattoidi), di tipo idiosincrasico.

Possono essere gravi e potenzialmente fatali, non hanno

relazione con la dose somministrata e non rappresentano

un‟estensione dell‟attività farmacologica insorgendo, general-

mente in una minoranza di pazienti, in modo inaspettato in

quanto è difficile identificare nei pazienti una condizione pre-

disponente.

Ad eccezione delle reazioni di tipo anafilattico, le reazioni di

tipo B insorgono dopo almeno 5 giorni dall‟inizio del trattamento

ed entro le 12 settimane. Sono reazioni che interessano per lo

più il fegato (insufficienza epatica), apparato emopoietico

(trombocitopenia, anemia emolitica, agranulocitosi, anemia

aplastica) e cute (eritema multiforme, sindrome di Stevens-Joh-

nson, sindrome di Lyell).

Tipo C

Le reazioni di tipo C “chronic” sono quelle conseguenti la

terapia a lungo termine, dipendenti dalla dose e dal trattamento

ripetuto. Sono reazioni che possono essere serie ed influenzare

significativamente la salute della popolazione. Inoltre, l‟insorgenza

tardiva può rendere molto difficile l‟individuazione del nesso

di causalità con l‟uso del farmaco. Sono classificate come

reazioni di tipo C la soppressione dell‟asse ipotalamo-ipofisi-

surrenne da corticosteroidi, la possibile incidenza di tumori al

seno e complicazioni tromboemboliche con l‟uso di alcuni

contraccettivi orali, la retinopatia pigmentaria per deposizione

di clorochina.

Tipo D

Le reazioni di tipo D “delayed” sono quelle ritardate che in-

sorgono dopo un indefinito periodo di tempo come la cance-

rogenesi, le lesioni del sistema riproduttivo e la teratogenesi.

Le reazioni avverse di cancerogenesi si riferiscono alla possibilità

di insorgenza di una seconda neoplasia in pazienti trattati con

antineoplastici (alchilanti come Melfalan, Ciclofosfamide, Clo-

rambucile). I farmaci citotossici possono provocare anche in-

fertilità sia nella donna che nell‟uomo.

L‟effetto della teratogenesi può portare alla morte del feto

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oppure alla comparsa di anomalie strutturali (malformazioni)

oppure funzionali. In molti casi le alterazioni causate dall‟uso

del farmaco non si evidenziano alla nascita ma soltanto molti

anni dopo (adenocarcinoma vaginale sviluppato in pubertà in

bambine esposte in utero a dietilstilbestrolo). Le reazioni di

tipo teratologico vengono individuate mediante studi epide-

miologici retrospettivi.

10.1.5. La rete di Farmacovigilanza

LA Farmacovigilanza è l‟“insieme di attività finalizzate alla va-

lutazione continuativa di tutte le informazioni relative alla si-

curezza dei farmaci e ad assicurare, per tutti i farmaci in com-

mercio, un rapporto rischio/beneficio favorevole per la popo-

lazione” (Glossario per la Sicurezza dei pazienti Ministero

della Salute, 2006). A tal fine, viene effettuato il monitoraggio

continuo delle segnalazioni di reazioni avverse ai farmaci per

identificare tempestivamente eventuali segnali di rischio e as-

sicurare un rapporto rischio/beneficio favorevole per la popo-

lazione. Il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 95: Attuazione

della direttiva 2000/38/CE relativa alle specialità medicinali,

riporta che le Aziende sanitarie (ASL, Aziende ospedaliere,

IRCCS) devono nominare un responsabile di Farmacovigilanza

a cui far riferimento per la segnalazione delle ADR e al quale

devono pervenire le schede di segnalazione. La scheda di se-

gnalazione può:

essere richiesta al responsabile della Farmacovigilanza della

propria Azienda sanitaria;

essere rintracciata sul Bollettino di Informazione sui Farmaci;

essere richiesta presso le farmacie di comunità;

l

l

l

l essere scaricata direttamente da alcuni siti web.

I medici e gli altri operatori sanitari sono tenuti a segnalare

tutte le sospette reazioni avverse gravi o inattese di cui vengano

a conoscenza nell‟ambito della propria attività; vanno comunque

segnalate tutte le sospette reazioni avverse osservate, gravi,

non gravi, attese ed inattese da tutti i vaccini e da farmaci posti

sotto monitoraggio intensivo (art. 4 comma 1, Decreto Legislativo

95 del 2003). La segnalazione delle ADR è un valido strumento

per garantire la qualità delle cure. Il medico di medicina

generale, il pediatra di famiglia e il farmacista incentivano

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questa sorveglianza post marketing contribuendo in tal modo

alla conoscenza e al trattamento tempestivo di patologia

iatrogene e migliorare l‟appropriatezza prescrittiva.

10.2. La Vigilanza sui dispositivi medici

Principi ed obiettivi

Gli aspetti normativi riguardanti l‟attività di vigilanza discendono

da direttive comunitarie trasposte nell‟ordinamento nazionale.

In particolare, gli Stati Membri dell‟Unione Europea devono

assicurare che tutte le informazioni che riguardano le segnalazioni

di vigilanza sui dispositivi medici siano registrate e valutate in

maniera centralizzata. Il Ministero della Salute, individuato

come Autorità Competente per la vigilanza sui dispositivi

medici, è l‟Autorità cui compete la gestione delle informazioni,

che riceve sia dagli operatori sanitari che dai fabbricanti, cioè

le segnalazioni di incidenti. Queste segnalazioni, quando

vedono coinvolto in ripetuti incidenti lo stesso dispositivo,

consentono al Ministero della Salute di avviare un esame ap-

profondito sul dispositivo, attraverso l‟acquisizione dal fabbricante

di più dettagliate informazioni. Occorre ricordare, inoltre, che

i dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che

la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la Si-

curezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori

ed eventualmente di terzi, quando siano utilizzati alle condizioni

e per i fini previsti, fermo restando che gli eventuali rischi

debbono essere di livello accettabile, tenuto conto del beneficio

apportato al paziente, e compatibili con un elevato livello di

protezione della salute e della sicurezza. Questo obbligo,

riportato nell‟allegato I del Decreto Legislativo 46/97 alla voce

“requisiti essenziali”, costituisce il presupposto per qualsiasi

azione di vigilanza. Infatti le procedure di gestione del rischio

effettuate dal fabbricante, preliminarmente alla commercializ-

zazione, vengono aggiornate, anche sulla base delle informazioni

riguardanti le segnalazioni di vigilanza provenienti dagli uti-

lizzatori. Con la dicitura “sistema di vigilanza” si intende

l‟insieme delle attività volte ad incrementare la protezione

della salute e la Sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori e di

altri riducendo la possibilità che lo stesso tipo di incidente si

ripeta in luoghi diversi in tempi successivi. Tale obiettivo si

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persegue attraverso la valutazione degli incidenti segnalati e,

ove necessario, la divulgazione di informazioni che consentano

di prevenire altri incidenti dello stesso tipo. Per quanto attiene

agli incidenti, la normativa nazionale, nel recepire la Direttiva

comunitaria, ha imposto ai legali rappresentanti delle Strutture

sanitarie pubbliche e private e agli operatori sanitari pubblici e

privati, sulla base di quanto rilevato nell‟esercizio della propria

attività, di comunicare immediatamente al Ministero della

Salute, alterazioni delle caratteristiche e delle prestazioni di

un dispositivo o l‟inadeguatezza nelle istruzioni per l‟uso, che

possono causare o che abbiano causato il decesso o il grave

peggioramento delle condizioni di salute di un paziente o di

un operatore. Appare immediatamente chiara l‟importanza

che il legislatore ha voluto attribuire al ruolo svolto dagli

operatori sanitari ed, in genere, dagli utilizzatori finali, nel

sistema di vigilanza italiano. Gli operatori sanitari sono attiva-

mente partecipi al sistema con un elevato numero di segnalazioni

che arrivano al Ministero della Salute e che consentono l‟avvio

delle procedure di gestione delle segnalazioni stesse. Peraltro,

anche la linea guida MEDDEV, incentiva la segnalazione da

parte degli utilizzatori, in quanto il loro coinvolgimento è

vitale per il buon esito del sistema vigilanza. L‟attiva parteci-

pazione degli utilizzatori alle segnalazioni è promossa ed in-

coraggiata dalla relazione che il fabbricante riesce a creare

con i propri clienti, ovvero gli utilizzatori. Una valutazione del

numero delle segnalazioni evidenzia un aumento, nel corso

degli ultimi anni, in particolare di quelle in cui i referenti per

la vigilanza sono in numero maggiore. L‟aumento delle segna-

lazioni può essere attribuito, oltre che ad una maggiore consa-

pevolezza del ruolo svolto all‟interno del sistema, anche

all‟entrata in vigore del D.M. 15 novembre 2005. Il fabbricante,

o il suo mandatario, soggiacciono al medesimo obbligo di co-

municazione al Ministero, quando vengano a conoscenza di

alterazioni o di inadeguatezze che possano essere o essere

stati causa di decesso o di grave peggioramento delle condizioni

di salute di un paziente o di un operatore. Il fabbricante, o il

suo mandatario, sono inoltre tenuti a comunicare i ritiri dal

mercato di dispositivi medici per cause di ordine tecnico o

medico. Oltre che ottemperare ad obblighi di comunicazione,

il fabbricante ha il compito di attivare un sistema di vigilanza e

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aggiornare regolarmente una procedura atta a valutare l‟espe-

rienza acquisita nell‟uso dei dispositivi nella fase successiva

alla produzione, nonché a prevedere un sistema appropriato

cui ricorrere per applicare le misure correttive eventualmente

necessarie, in particolare nel caso degli incidenti. Pertanto il

fabbricante, venuto a conoscenza di un incidente, è tenuto a

svolgere indagini, ad inviare un rapporto all‟autorità di vigilanza

e, in collaborazione con questa ultima, a prendere in esame le

azioni da adottare, ove necessarie. Le iniziative messe in atto

dal fabbricante, laddove venga accertato un nesso di causalità

tra l‟evento verificatosi con il dispositivo medico, sono di

diversa natura e possono riguardare la modifica del progetto

dei componenti o del processo produttivo del dispositivo, il ri-

chiamo del lotto coinvolto, la modifica delle etichette o delle

istruzioni, con particole riguardo alla segnalazione di cautele

nell‟uso, la comunicazione di specifiche indicazioni di controllo

e sorveglianza per i dispositivi in uso, la formazione agli

operatori sanitari, fino al ritiro dal mercato e la distruzione del

dispositivo. Generalmente la diffusione di informazioni agli

utilizzatori avviene sotto forma di Avvisi di sicurezza, assimilabili

ad una lettera del tipo “Dear DoctorLetter” utilizzata per la dif-

fusione di informazioni riguardanti i farmaci. Il fabbricante,

inoltre, ha l‟obbligo di comunicare all‟Organismo Notificato

(soggetto di natura pubblica o privata, responsabile di verificare

la conformità dei dispositivi), qualsiasi modifica al dispositivo,

apportata conseguentemente ad un determinato evento, che

abbia un impatto sulla certificazione. Ad una prima fase di

notifica da parte del fabbricante e/o degli operatori sanitari al

Ministero della Salute segue una fase di indagine da parte del

fabbricante. Le conclusioni dell‟indagine, ivi inclusa l‟adozione

di eventuali misure correttive, sono valutate dal Ministero,

possibilmente in collaborazione con il fabbricante, per avviare

la procedura alla conclusione.

Attività di vigilanza Il Ministero della Salute, ha il compito di

registrare e valutare i dati riguardanti gli incidenti, di seguire le

indagini effettuate dal fabbricante o dal suo mandatario, di va-

lutare le misure correttive poste in essere dal fabbricante stesso

e di monitorarne l‟efficacia. Se necessario, il Ministero può in-

tervenire autonomamente svolgendo indagini per proprio conto;

ove necessario si avvale dell‟Istituto Superiore di Sanità che, in

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qualità di organo tecnico del Ministero della Salute, esplica

attività di supporto tecnico-scientifico in merito alla sicurezza

dei dispositivi, sia attraverso la valutazione della documentazione

richiesta in concomitanza di una azione di vigilanza che effet-

tuando prove tecniche sui dispositivi oggetto di indagine. Le

informazioni riguardanti gli incidenti sono trasmesse tramite

fax, posta ordinaria o posta elettronica, sia dagli operatori

sanitari che dai fabbricanti mediante i modelli di schede di se-

gnalazione di incidenti e mancati incidenti approvati con D.M.

15 novembre 2005. È prevista inoltre una tempistica precisa

che i soggetti coinvolti devono rispettare perché si possa

pervenire nel più breve tempo possibile a interventi che salva-

guardino la salute dei vari utilizzatori. Per quanto riguarda in

particolare le segnalazioni degli operatori sanitari, le schede

devono essere compilate correttamente, in caratteri facilmente

leggibili e devono riportare tutti i dati necessari per l‟identifi-

cazione del dispositivo e su quanto è accaduto, per fornire

una valida informazione che consenta al Ministero di effettuare

un‟accurata valutazione ed assumere eventuali primi provve-

dimenti. Il Ministero della Salute, informato del verificarsi di

un incidente, richiede al fabbricante una valutazione su quanto

accaduto e sulle eventuali azioni correttive che intende intra-

prendere per quanto riguarda i materiali utilizzati, il processo

di fabbricazione ed i controlli effettuati al fine di accertare la

conformità del dispositivo medico. Il fabbricante è tenuto ad

inviare un rapporto iniziale, nel quale informa il Ministero del-

l‟avvenuto incidente o mancato incidente, di tutte le indagini

che sta intraprendendo e del tempo stimato per arrivare a con-

clusioni esaustive al fine di effettuare eventuali azioni correttive.

Tali azioni verranno comunicate con un rapporto finale o con

un rapporto intermedio, qualora le indagini richiedano un

tempo più lungo. In tal modo il Ministero vigila sui tempi e

sulle modalità dell‟indagine effettuata dal fabbricante, tenuto

conto del numero dei dispositivi coinvolti in rapporto al

numero totale dei dispositivi commercializzati e al tempo di

permanenza sul mercato. In genere il risultato finale dell‟indagine

del fabbricante tiene conto dell‟analisi e dei controlli svolti sul

dispositivo oggetto di incidente per verificarne la conformità

alle specifiche stabilite. Nel rapporto finale, quindi, il fabbricante

deve riportare le cause che hanno dato luogo all‟evento, ove

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individuate, e le eventuali modifiche che intende apportare

alla progettazione, ai materiali, ai processi di produzione e ai

controlli effettuati al fine di evitare il ripetersi dell‟evento, spe-

cificando nel contesto anche il tempo necessario stimato per il

completamento delle azioni. Nei casi più critici, quali, ad

esempio, il ritiro dal mercato, il Ministero della Salute può

anche richiedere che venga specificata la data prevista per il

completamento delle azioni correttive. L‟evento segnalato

viene confrontato dal Ministero con casi precedenti già notificati

e con altri riportati nella letteratura scientifica. Il punto chiave

è quindi rappresentato dalla verifica dell‟impatto dell‟evento

riportato sulla salute degli utilizzatori e dalla valutazione di

tutte le possibili conseguenze anche in relazione alla distribuzione

del dispositivo sul territorio. Il Ministero della Salute può

anche valutare le certificazioni di conformità alle normative,

le istruzioni per l‟uso o il dossier tecnico al fine di verificare se

le criticità emerse siano compatibili con l‟analisi dei rischi ef-

fettuata dal fabbricante. In funzione della criticità dell‟evento,

la valutazione del Ministero si può concludere con una attività

di monitoraggio o con un possibile intervento attivo. Un primo

intervento del Ministero può consistere nel campionamento

del dispositivo oggetto di segnalazione e di altri dispositivi

integri dello stesso lotto, avvalendosi dei Carabinieri per la

tutela della salute (NAS), che provvedono anche alla consegna

all‟Istituto Superiore di Sanità, che li sottopone ad analisi. In

caso si verifichi un evento di elevata criticità il Ministero, in

attesa dei riscontri analitici dell‟Istituto Superiore di Sanità,

può adottare misure cautelative provvisorie, quali la sospensione

temporanea dell‟utilizzo o della commercializzazione fino al

richiamo temporaneo del dispositivo coinvolto. Qualora poi i

risultati dell‟Istituto Superiore di Sanità pongano seri dubbi

sulla conformità del dispositivo ai requisiti delle direttive, il

Ministero della Salute può imporre misure cautelative quali la

diffusione di un avviso di sicurezza agli utilizzatori, l‟aggior-

namento delle istruzioni per l‟uso, la revisione del processo di

produzione fino al ritiro immediato del dispositivo dal territorio

italiano. In casi particolari viene acquisito il parere della Com-

missione Unica dei Dispositivi Medici e/o del Consiglio

Superiore di Sanità al fine di stabilire, ove necessario, ulteriori

misure correttive adeguate a ciascun evento. Nel caso di ritiro

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dal commercio, sia disposto dal Ministero, sia volontariamente

effettuato dal fabbricante, i Carabinieri per la tutela della

salute (NAS) procedono alle verifiche sull‟avvenuto completa-

mento del ritiro. Al fine di garantire una sempre maggior

sicurezza dei dispositivi, il fabbricante è tenuto ad aggiornare

le procedure di gestione del rischio sulla base delle informazioni

raccolte in fase di commercializzazione, anche riguardanti re-

clami da parte degli utilizzatori. Pertanto, sulla base di questa

attività, il fabbricante può evidenziare una possibile pericolosità

del dispositivo ed intraprendere volontariamente azioni correttive

che richiedono la diffusione di un avviso di sicurezza agli uti-

lizzatori o il richiamo dal mercato. Anche in questo caso il Mi-

nistero valuta l‟informazione e, a seconda della criticità della

situazione, può decidere di intervenire anche con proprie in-

formazioni fornite attraverso specifiche note ministeriali. Tali

note possono essere trasmesse agli Assessorati alla Sanità delle

Regioni e Province Autonome, alle Federazioni Nazionali degli

Ordini professionali, alle associazioni di categoria, alle Società

scientifiche interessate al problema, tramite apposite Circolari.

Attualmente, con la Circolare del 9 dicembre 2008 “Modalità

di divulgazione di informazioni relative ai DM coinvolti in

Azioni Correttive di Campo (FSCA)” il Ministero ha avviato, in

fase definitiva, la pubblicazione di tali Avvisi di sicurezza sul

proprio sito web, in una pagina dedicata, all‟interno del settore

relativo ai dispositivi medici. Tale modalità consente di mettere

a disposizione le informazioni, nello stesso tempo e in maniera

più rapida, a tutte le figure interessate.

La Vigilanza dei dispositivi medici

La vigilanza dei dispositivi medici può essere espletata attraverso

le seguenti funzioni:

- selezione di dispositivi medici sicuri. Questa attività viene

espletata dalla Commissione per il Repertorio dei dispositivi

medici e nell‟ambito delle procedure di acquisizione (definizione

dei capitolati di gara e verifica della corrispondenza dei requisiti);

- informazione al personale sanitario sulle caratteristiche e sui

rischi connessi con l‟impiego dei nuovi dispositivi medici.

Rientra tra i compiti della farmacia ospedaliera diffondere le

informazioni necessarie ad assicurare un uso appropriato e

sicuro dei farmaci e del restante materiale sanitario;

- segnalazione al Ministero della Salute di tutti gli incidenti e

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mancati incidenti secondo quanto previsto dalla normativa vi-

gente (art. 9 e 10 del Decreto Legislativo 46/97 e art. 11 del

Decreto Legislativo 507/92). La nota ministeriale del 28 luglio

2004 richiede che in ogni ospedale e in ogni ASL venga

nominato un referente per la vigilanza dei dispositivi medici,

con il compito di sensibilizzare e coadiuvare gli utilizzatori

nella segnalazione degli incidente e mancati incidenti e nella

gestione di tutte le fasi successive alla segnalazione. Nella

maggior parte degli ospedali e delle ASL, il referente è un far-

macista ospedaliero, confermando il ruolo attivo che la farmacia

svolge nel Rischio clinico e nella vigilanza;

- monitoraggio dell’uso di tutti i dispositivi medici, ma in par-

ticolar modo dei dispositivi medici di recente introduzione sul

mercato. La farmacia ospedaliera attraverso la verifica delle

quantità distribuite e i controlli periodici in reparto, offre un

contributo importante alla sorveglianza dell‟uso;

- diffusione capillare a tutti i reparti e servizi dell’ospedale e

delle ASL, di tutte le informazioni relative ai ritiri dal commercio,

alle non conformità o precauzioni d‟uso dei dispositivi medici,

provenienti sia dal Ministero che dagli stessi produttori. A

partire dal 1° Ottobre 2008 il Ministero della Salute diffonde

queste informazioni attraverso il proprio sito web (http://www.sa-

lute.gov.it/dispositivi/dispomed.jsp). Questa attività viene soli-

tamente affidata alla farmacia ospedaliera, che si preoccupa

anche di verificare che i prodotti non conformi vengano ac-

cantonati e non utilizzati;

- corretta manutenzione degli apparecchi elettromedicali. La

Raccomandazione n. 9 del Ministero della Salute, per la pre-

venzione degli eventi avversi conseguenti al malfunzionamento

dei dispositivi medici/apparecchiature elettromedicali, fornisce

a tutte le Strutture sanitarie elementi fondamentali per garantire

una corretta manutenzione dei dispositivi medici/apparecchi

elettromedicali (www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazio-

ni_844_allegato.pdf).

La farmacia ospedaliera svolge un ruolo fondamentale nella

vigilanza dei dispositivi medici, in quanto è parte attiva in

ognuno di questi processi.

Attività comunitarie e internazionali

Il Ministero della Salute collabora con la Commissione Europea

e con le Autorità Competenti dell‟Unione Europea, dell‟EEA e

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della Svizzera e, attraverso il Global Harmonisation Task Force

(GHTF), con le Autorità dei Paesi al di fuori dell‟Unione

Europea, per la corretta gestione delle informazioni e delle

eventuali misure da intraprendere. In genere le Autorità Com-

petenti, a conclusione delle indagini svolte dal fabbricante,

dopo aver valutato l‟evento, se possibile in collaborazione con

il fabbricante, comunicano agli altri Paesi, disfunzioni o dete-

rioramenti delle caratteristiche e/o delle prestazioni nonché

carenze nell‟etichettatura o nelle istruzioni per l‟uso di un di-

spositivo a seguito delle quali il fabbricante ha preso dei prov-

vedimenti (ritiro dal mercato di uno o più lotti, modifica del

prodotto o della produzione, informative distribuite agli utiliz-

zatori, modifiche stampati). Quando il Ministero della Salute

ritiene che le azioni intraprese per un dispositivo da parte di

un fabbricante italiano o a seguito di incidenti verificatisi in

Italia siano particolarmente critiche, provvede ad informare la

Commissione Europea e le altre Autorità Competenti dell‟Unione

Europea tramite un sistema di report denominato “Global

Competent Authority Report” (GCAR), in cui si riportano tutti i

dati relativi al dispositivo e si specifica l‟azione che il fabbricante

ha messo in atto. Grazie a questo sistema di comunicazione il

Ministero riceve dalle Autorità Competenti degli altri Stati

Membri informazioni sui provvedimenti intrapresi da tutti i

fabbricanti di dispositivi. Sulla base di queste comunicazioni il

Ministero della Salute, contatta il fabbricante per conoscere i

dati di commercializzazione sul territorio italiano e se le azioni

correttive sono state attuate anche in Italia. In relazione alle in-

formazioni acquisite ed alla criticità di quanto comunicato,

l‟indagine si può concludere con una attività di monitoraggio

di eventi simili ai fini statistici, con la stesura di una nota infor-

mativa, fino al richiamo dal commercio sul territorio italiano.

Si precisa che le comunicazioni identificate come GCAR nel-

l‟ambito del sistema di vigilanza, si differenziano dalla procedura

di applicazione della clausola di salvaguardia in quanto la

notifica tra Autorità Competenti viene effettuata anche se il

fabbricante ha adottato volontariamente le misure necessarie.

Indipendentemente dall‟attività di vigilanza, l‟autorità può

adottare misure restrittive nei confronti dei prodotti che, pur

muniti di marcatura CE, risultino non conformi ai requisiti es-

senziali previsti dalle direttive. Pertanto, qualora sussistano le

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condizioni di applicazione della clausola di salvaguardia, le

misure adottate vengono comunicate seguendo la relativa pro-

cedura. Il sistema di vigilanza non deve tuttavia entrare neces-

sariamente in gioco nel caso in cui venga applicata la procedura

della clausola di salvaguardia. Anche la Commissione Europea

svolge un ruolo attivo nel sistema vigilanza assicurando il co-

ordinamento e la collaborazione dei diversi Paesi dell‟Unione

Europea al fine di garantire un elevato livello di protezione

della salute e della Sicurezza dei pazienti e degli utilizzatori.

Nel caso di incidenti che abbiano coinvolto diversi Paesi, la

Commissione può intervenire per coordinare, agevolare e so-

stenere le misure adottate dalle autorità nazionali di vigilanza

che si trovano ad affrontare lo stesso genere di incidenti o, se

necessario, adottare misure a livello comunitario (può, ad

esempio prevedere una diversa classificazione del prodotto).

Inoltre, è in corso di realizzazione una banca dati europea per

i dispositivi medici che conterrà, tra l‟altro, i dati ottenuti

secondo il sistema di vigilanza che verrà messo a disposizione

delle autorità competenti. Infine, pur non svolgendo un ruolo

operativo, gli Organismi Notificati sono coinvolti nel sistema

vigilanza, in particolare nella fase di certificazione, riguardo

alla valutazione della corretta elaborazione e gestione delle

procedure di vigilanza. Sono inoltre tenuti alla verifica delle

implementazioni delle procedure di vigilanza da parte dei fab-

bricanti nella fase post-marketing, alla valutazione dell‟eventuale

impatto delle azioni correttive sulle certificazioni rilasciate ed

ai rapporti con le Autorità Competenti nel caso in cui queste

richiedano delle specifiche verifiche. In uno scenario così ete-

rogeneo e complesso, l‟applicazione uniforme delle direttive

comunitarie per quanto concerne il sistema per la notifica e la

valutazione delle attività di vigilanza non può che essere assi-

curata dal rispetto di un documento, ancorché non vincolante,

comunemente condiviso da tutti gli Stati Membri. Ci si riferisce

alla Linea guida europea MEDDEV 2.12-1 rev.5 aprile 2007,

elaborata con la partecipazione di tutti i soggetti interessati

allo svolgimento delle attività di vigilanza (Commissione

Europea, Stati Membri, fabbricanti). La revisione del 2007,

rispetto a quella precedente ha previsto tra l‟altro l‟introduzione

di alcuni nuovi concetti quali “errore di utilizzo” e “utilizzo in

condizioni di rischio”. Con il primo si intende un‟azione o

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omissione di un‟azione che abbia un esito diverso da quello indicato dal fabbricante o atteso dall‟utilizzatore del dispositivo

medico. Con il secondo si intende un‟azione o omissione di

azione da parte dell‟operatore sanitario o dell‟utilizzatore di

un dispositivo medico, come risultato di una modalità di

operare non considerata nella valutazione dell‟analisi del

rischio effettuata dal fabbricante. Inoltre, la revisione della

Linea guida fornisce precise indicazioni sulle modalità di co-

municazione agli utilizzatori e alle autorità competenti per

quanto riguarda l‟elaborazione di Avvisi di sicurezza (Field

Safety Notice –FSN) da parte dei fabbricanti al fine di diffondere

il contenuto di un’azione correttiva in campo (Field Safety

Correttive Action – FSCA). A questo proposito la Linea guida

chiarisce definitivamente che il termine “systematic recall” è

sinonimo di “azione correttiva in campo”, allineando la termi-

nologia europea a quella già in uso negli USA e consentendo

di uniformare le modalità di gestione degli Avvisi di sicurezza.

Tali nuovi concetti introducono elementi di chiarezza nel

sistema europeo di vigilanza e promuovono l‟armonizzazione

a livello globale con i Paesi fuori dalla Unione Europea. Un si-

stema di vigilanza uniformemente applicato sul territorio

europeo consente di implementare le azioni correttive del fab-

bricante in ugual misura in tutti i Paesi ove il dispositivo è

commercializzato e di contrastare iniziative ed azioni intraprese

in singoli Paesi.

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Bibliografia di riferimento

Decreto del Ministro della Salute 15 novembre 2005 “Approvazione dei modelli di schede di segnalazione di incidenti o mancati incidenti che coinvolgono dispositivi medici e dispositivi medico diagnostici in vit- ro”.

Decreto Legislativo 24 febbraio 1997, n.46 (S.O. G.U. 6 marzo 1997, n.54).

Decreto Legislativo 14 dicembre 1992, n.504 (G.U. 30 dicembre 1992, n.305).

MEDDEV 2,12-1 REV 5-Aprile 2007 Guidelines on medical devices vigilance system.

Nota ministeriale 27 luglio 2004 (Circolare vigilanza)

Nota ministeriale 9 dicembre 2008 “Modalità di divulgazione di informazioni relative ai DM coinvolti in Azioni Correttive di Campo (FSCA)”

http://www.salute.gov.it/dispositivi/dispomed.js.

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Il Manuale è stata elaborato dall‟Ufficio III – Qualità delle attività e dei servizi - Direzione Generale della Programmazione Sanitaria,

dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema (Alessandro

Ghirardini, Roberta Andrioli Stagno, Giandomenico Cannizzaro,

Rosetta Cardone, Guerino Carnevale, Susanna Ciampalini, Antonietta

Colonna, Angela De Feo, Daniela Furlan, Giorgio Leomporra,

Carmela Matera, Gaia Mirandola, Maria Concetta Patisso, Claudio

Seraschi, Anna Sgrò), dalla Direzione Generale dei Farmaci e dei

Dispositivi Medici (Dott. Giuseppe Ruocco, Dott.ssa Monica

Capasso), dalla Federazione Ordini Farmacisti Italiani, FOFI (Dott.

Andrea Mandelli, Dott. Giacomo Leopardi, Sen. Dott. Luigi D’Am-

brosio Lettieri, Dott. Felice Ribaldone, Prof.ssa Paola Minghetti,

Dott.ssa Domenica Di Benedetto, Dott. Antonio Mastroianni, Dott.

Flavio Lagona), dalla Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei

Servizi delle Aziende sanitarie, SIFO (Dott.ssa Laura Fabrizio,

Dott.ssa Giovanna Scroccaro) e dal Prof. Ettore Novellino (Università

di Napoli), con il contributo dell‟Agenzia Italiana del Farmaco

(AIFA).

Il Manuale è stato sottoposto a consultazione con Società scientifiche

(FNOMCeO, IPASVI), Ordini professionali ed Università ed esperti

del settore. Si ringrazia per il contributo e i suggerimenti forniti:

Dott. Antonio Colicchia (Università degli Studi di Camerino); Dott.

Alessandro Cuggiani (Avvocato IPASVI); Dott.ssa Cecilia Giron

(SIFO); Prof. Maurizio Massi (Dipartimento di medicina sperimentale

e sanità pubblica, Università degli Studi di Camerino); Dott.ssa

Iolanda Palmieri (Università degli Studi di Milano); Dott. Nicola

Politi (Dirigente Farmacie Comunali, Livorno); Dott.ssa Silvana

Stecca (Direttore dipartimento farmaceutico, Ospedale Le Molinette,

Torino); Dott. Giancarlo Taddei (Direttore dipartimento farmaceutico,

AO Ospedali Riuniti Bergamo).

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Hanno curato la revisione grafica e di bozze: Dott. Flavio Lagona (FOFI).

Dott. Giandomenico Cannizzaro (Ministero della Salute).

Hanno redatto il Manuale i seguenti autori: Dott.ssa Roberta Andrioli Stagno (Ministero della Salute).

Dott.ssa Monica Capasso (Ministero della Salute).

Dott.ssa Susanna Ciampalini (Ministero della Salute).

Dott.ssa Angela De Feo (Ministero della Salute).

Dott.ssa Domenica Di Benedetto (FOFI).

Dott.ssa Laura Fabrizio (Presidente SIFO).

Dott. Alessandro Ghirardini (Dirigente Ministero della Salute).

Dott. Andrea Mandelli (Presidente FOFI).

Prof.ssa Paola Minghetti (FOFI).

Dott.ssa Gaia Mirandola (Ministero della Salute).

Prof. Ettore Novellino (Università di Napoli).

Dott. Carlo Petrini (Istituto Superiore di Sanità).

Dott.ssa Piera Polidori (SIFO).

Dott. Felice Ribaldone (FOFI).

Dott.ssa Giovanna Scroccaro (SIFO).

Dott. Claudio Seraschi (Ministero della Salute).

Dott.ssa Francesca Venturini (SIFO).

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Finito di stampare nel mese di agosto 2010 da Centro Rotoweb

Via Tazio Nuvolari, 3 e 16 - 00011 Tivoli Terme (Roma)