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R ivelare l’invisibile: questo l’ambizioso obiettivo del Beit Project, il programma di valorizzazione di beni culturali ebraici in corso quest’anno in Spa- gna per iniziativa dello European Jewish Fund. Un nuovo approccio nei confronti del patrimonio ebrai- co, che pone la sua enfasi nella sal- vaguardia e nell’utilizzo di luoghi che si trovano negli spazi pubblici di molte città europee, a volte in zone molto centrali proprio sotto gli occhi di tutti, ma che rimango- no completamente ignoti agli oc- chi di abitanti e turisti come siti ebraici. Sono invisibili e le loro tracce quasi perdute, benché la sto- ria che possono raccontare sui rap- porti tra comunità sia massima- mente rilevante per la compren- sione della società europea di oggi e le sue sfide. “Scopriremo che la nostra città è come una matrio- ska”, spiega una delle guide del progetto a una classe di studenti di fronte a un’incisione in ebraico su un muro di Barcellona. “A prima vista possiamo cre- dere di aver capito tutto, ma at- traverso le piccole tracce sui suoi muri, gli unici che testimoni della Storia rimastici, vedremo che può raccontarci molto di più”. Il Beit Project si articola in tre parti: la creazione di una rete di sei musei europei, tra cui quello di Roma, per la ricerca, la formazione di educatori, e la creazione di un atlante online di questi patrimoni celati. L’Haggadah prigioniera Sarajevo, l’antico codice miniato trecentesco vittima della crisi del Museo Nazionale Luce sulla Spagna ebraica Il contributo EJF restituisce visibilità alle tracce urbane di vita ebraica: questa l’ambiziosa sfida di memoria lanciata in Spagna dal Beit Project attualità e cultura dell’ebraismo europeo / Sarajevo Il prezioso manoscritto rinchiuso nel Museo Nazionale di Bosnia ed Erzegovina. pag. 1 / Meeting Presidents I leader comunitari europei si riuniscono a Milano per discutere del futuro. pag. 2-3 / OSCE Conference Governi e società civile si confrontano a Belino sulla lotta all’antisemitismo. pag. 3 / Moishe House In giro per la Russia per festeggiare Sukkot in modo speciale pag. 4 Europa ebraica supplemento a Pagine Ebraiche - n. 11 - 2014 - reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (direttore responsabile: Guido Vitale) Sempre più spesso si parla di Europa ebraica. E al di là del peso e del si- gnificato che il Vecchio continente ha conservato per il mondo ebraico, al di là del ruolo geopolitico che l’Europa ha assunto, al di là della funzione fon- damentale che l’Unione europea e le altre istitu- zioni europee rivestono negli equilibri del Medi- terraneo, esistono ben al- tri motivi per parlarne. Certo la necessità di di- fendere la democrazia, la Memoria e le ragioni di Israele proprio nel conti- nente che è stato teatro degli orrori della Shoah. Certo il dovere di ri- svegliare le coscienze di fronte a una nuova onda- ta di antisemitismo. Certo la necessità di garantire pace e sicurezza alle real- tà ebraiche che in Europa continuano a vivere a pie- no titolo e soprattutto continuano a rivestire un ruolo fondamentale di ga- ranti di valori e di culture. Il numero zero di que- sto giornale, il primo ten- tativo di dedicare un noti- ziario specifico al mondo ebraico europeo, nasce come primo esperimento da un progetto comune fra redazione giornalisti- ca dell’Unione delle Co- munità Ebraiche Italiane e European Jewish Found, e offre al lettore la possibilità di riflettere su quale sia il modo migliore per parlare di Europa ebraica. Perché l’appun- tamento con l’Europa è un incontro inevitabile, cui il mondo ebraico non può mancare e non vuole sot- trarsi. AL LETTORE Appuntamento con l’Europa Daniela Gross C ome un fiume sotterra- neo, la meravigliosa Hag- gadah di Sarajevo ancora una volta è sparita. Il prezioso co- dice miniato trecentesco - sfuggito, per miracolo e umana generosità, alle peggiori catastrofi, dalla cacciata degli ebrei dalla Spagna all’invasione nazista al lungo e feroce assedio alla città dei primi anni Novanta - è sta- to travolto dal fallimento del Museo nazionale di Sarajevo e dalla dram- matica crisi che sta devastando le istituzioni culturali del Paese. Nel nuovo assetto della regione oggi divisa in Bosnia Erezegovina e Republica Srpska i finanziamenti alla cultura, un tempo di compe- tenza federale, sono infatti rimasti nel limbo, privi di criteri certi. Mo- rale, per un anno – come spiega la storica Asja Mandic, attiva nella campagna di sensibilizzazione on line CultureShutdown.net – i dipen- denti del Museo nazionale di Sara- jevo si sono ritrovati senza stipen- dio. Fino all’inevitabile chiusura. E una volta che le porte si sono ser- rate, l’Haggadah è rimasta in trap- pola. Malgrado le pressioni inter- nazionali, le richieste degli ebrei bo- sniaci e l’offerta di un consistente budget da parte del Metropolitan Museum di New York per mettere di nuovo in mostra questo patrimo- nio dell’umanità. Una visita guidata per le strade di Barcellona nell’ambito del Beit Project. Il Museo Nazionale di Bosnia ed Erzegovina sbarrato dai manifestanti, dopo essere stato chiuso due anni fa per mancanza di fondi.

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Page 1: si riuniscono a Milano si confrontano a Belino per …E ra il 2004 quando i rap-presentanti degli Stati membri della Organiza-tion for Security and Co-operation in Europe si riunirono

Rivelare l’invisibile: questol’ambizioso obiettivo delBeit Project, il programma

di valorizzazione di beni culturaliebraici in corso quest’anno in Spa-gna per iniziativa dello EuropeanJewish Fund. Un nuovo approccionei confronti del patrimonio ebrai-co, che pone la sua enfasi nella sal-vaguardia e nell’utilizzo di luoghiche si trovano negli spazi pubblicidi molte città europee, a volte inzone molto centrali proprio sottogli occhi di tutti, ma che rimango-no completamente ignoti agli oc-chi di abitanti e turisti come siti

ebraici. Sono invisibili e le lorotracce quasi perdute, benché la sto-ria che possono raccontare sui rap-porti tra comunità sia massima-mente rilevante per la compren-sione della società europea di oggie le sue sfide. “Scopriremo che lanostra città è come una matrio-ska”, spiega una delle guide delprogetto a una classe di studentidi fronte a un’incisione in ebraicosu un muro di Barcellona. “A prima vista possiamo cre-

dere di aver capito tutto, ma at-traverso le piccole tracce sui suoimuri, gli unici che testimoni dellaStoria rimastici, vedremo che puòraccontarci molto di più”. Il Beit Project si articola in tre

parti: la creazione di una rete disei musei europei, tra cui quello diRoma, per la ricerca, la formazionedi educatori, e la creazione di unatlante online di questi patrimonicelati.

L’Haggadah prigioniera

Sarajevo, l’antico codice miniato trecentesco vittima della crisi del Museo Nazionale

Luce sulla Spagna ebraica

Il contributo EJF restituisce visibilità alle tracce urbane di vita ebraica:

questa l’ambiziosa sfida di memoria lanciata in Spagna dal Beit Project

attualità e cultura dell’ebraismo europeo

/ Sarajevo

Il prezioso manoscritto rinchiuso

nel Museo Nazionale di Bosnia

ed Erzegovina.

pag. 1

/ Meeting Presidents

I leader comunitari europei

si riuniscono a Milano

per discutere del futuro.

pag. 2-3

/ OSCE Conference

Governi e società civile

si confrontano a Belino

sulla lotta all’antisemitismo.

pag. 3

/ Moishe House

In giro per la Russia

per festeggiare Sukkot

in modo speciale

pag. 4

Europa ebraica supplemento a Pagine Ebraiche - n. 11 - 2014 - reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (direttore responsabile: Guido Vitale)

Sempre più spesso si

parla di Europa ebraica.

E al di là del peso e del si-

gnificato che il Vecchio

continente ha conservato

per il mondo ebraico, al di

là del ruolo geopolitico

che l’Europa ha assunto,

al di là della funzione fon-

damentale che l’Unione

europea e le altre istitu-

zioni europee rivestono

negli equilibri del Medi-

terraneo, esistono ben al-

tri motivi per parlarne.

Certo la necessità di di-

fendere la democrazia, la

Memoria e le ragioni di

Israele proprio nel conti-

nente che è stato teatro

degli orrori della Shoah.

Certo il dovere di ri-

svegliare le coscienze di

fronte a una nuova onda-

ta di antisemitismo. Certo

la necessità di garantire

pace e sicurezza alle real-

tà ebraiche che in Europa

continuano a vivere a pie-

no titolo e soprattutto

continuano a rivestire un

ruolo fondamentale di ga-

ranti di valori e di culture.

Il numero zero di que-

sto giornale, il primo ten-

tativo di dedicare un noti-

ziario specifico al mondo

ebraico europeo, nasce

come primo esperimento

da un progetto comune

fra redazione giornalisti-

ca dell’Unione delle Co-

munità Ebraiche Italiane

e European Jewish

Found, e offre al lettore la

possibilità di riflettere su

quale sia il modo migliore

per parlare di Europa

ebraica. Perché l’appun-

tamento con l’Europa è un

incontro inevitabile, cui il

mondo ebraico non può

mancare e non vuole sot-

trarsi.

AL LETTORE

Appuntamentocon l’Europa

Daniela Gross

Come un fiume sotterra-neo, la meravigliosa Hag-gadah di Sarajevo ancora

una volta è sparita. Il prezioso co-dice miniato trecentesco - sfuggito,per miracolo e umana generosità,alle peggiori catastrofi, dalla cacciatadegli ebrei dalla Spagna all’invasionenazista al lungo e feroce assedio allacittà dei primi anni Novanta - è sta-to travolto dal fallimento del Museonazionale di Sarajevo e dalla dram-matica crisi che sta devastando leistituzioni culturali del Paese.Nel nuovo assetto della regione

oggi divisa in Bosnia Erezegovinae Republica Srpska i finanziamentialla cultura, un tempo di compe-tenza federale, sono infatti rimastinel limbo, privi di criteri certi. Mo-rale, per un anno – come spiega lastorica Asja Mandic, attiva nellacampagna di sensibilizzazione online CultureShutdown.net – i dipen-

denti del Museo nazionale di Sara-jevo si sono ritrovati senza stipen-dio. Fino all’inevitabile chiusura. Euna volta che le porte si sono ser-

rate, l’Haggadah è rimasta in trap-pola. Malgrado le pressioni inter-nazionali, le richieste degli ebrei bo-sniaci e l’offerta di un consistente

budget da parte del MetropolitanMuseum di New York per metteredi nuovo in mostra questo patrimo-nio dell’umanità.

Una visita guidata per le strade di Barcellona nell’ambito del Beit Project.

Il Museo Nazionale di Bosnia ed Erzegovina sbarrato dai manifestanti, dopo essere stato chiuso due anni fa per mancanza di fondi.

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“N on sta a te compierel’opera ma non seilibero di sottrarte-

ne”, questa la massima tratta daiPirkei Avot che campeggia in testaalla Barcelona Declaration, il do-cumento firmato due anni fa comeesito del quarto Meeting of Presi-dents organizzato dal EuropeanCouncil of Jewish Communities edalla American Jewish Joint Distri-bution Committee. E a due annida quella promessa, i leader delleComunità ebraiche d’Europa siriuniranno di nuovo a Milano dal21 al 23 novembre prossimi per ilquinto Meeting of Presidents, or-ganizzato in collaborazione anchecon l’Unione delle ComunitàEbraiche Italiane e con la Comu-nità ebraica di Milano, che costi-tuirà un nuovo importante mo-mento di confronto per discuterele sfide comuni dell’ebraismo eu-ropeo e delle sue istituzioni. “La caratteristica principale di

questa conferenza è quella di es-sere una piattaforma nella qualeogni individuo porta la sua espe-rienza e la condivide con gli altri,e il cui scopo è dunque quello di

mettere a sistema le conoscenze ele esperienze delle comunità ebrai-che perché queste rimangano a di-sposizione”, ha spiegato SimoneMortara, segretario del consigliodell’ECJC e consigliere della Co-munità ebraica di Milano. “In quanto membro della com-

missione organizzatrice, sono ono-rato di essere l’ospite a Milano, unacittà dall’intrigante storia ebraicache trova sempre il modo di lot-tare per un futuro migliore”, hasottolineato. Lo European Councilof Jewish Communities è un’orga-nizzazione non politica e no-profitche ha come scopo quello di crea-re una rete e rappresentare gli in-teressi delle Comunità ebraicheeuropee nei campi della sicurezzasociale, dell’educazione formale einformale, dei giovani, e della cul-tura e del patrimonio. Ed è proprio di questi argo-

menti pratici che si discuterà nelcapoluogo lombardo con l’aiutodi oratori internazionali. Organiz-zazioni di base, crisi del modellocomunitario, identità ebraica e poianche integrazione, lotta all’anti-semitismo, rapporti con Israele:

questi e molti altri punti sarannoall’ordine del giorno del weekend,che includerà anche la presenta-zione dei risultati dello EuropeanMigrant Survey, un sondaggio rea-lizzato congiuntamente dall’ECJCe dall’International Centre forCommunity Development dellaJDC per comprendere la realtà deimoltissimi giovani ebrei che mi-grano nei confini dell’Unione Eu-ropea. La Dichiarazione redatta aBarcellona nel 2012 stabiliva inte-ressanti linee guida per quello chesarebbe stato il lavoro dei consiglidelle Comunità ebraiche. Analiz-zati in particolare i temi della cit-tadinanza, della leadership comu-nitaria e la collaborazione tra loroe con organizzazioni ebraiche, cheinfatti compaiono numerose tra ifirmatari. Restano senz’altro punti fermi

i “valori comuni condivisi, comesolidarietà tra organizzazioni e co-munità ebraiche, responsabilità,democrazia, trasparenza e accet-tazione reciproca”, oltre che il ri-conoscimento della “necessità diunirsi in una struttura inclusiva epluralistica plasmata dall’indivi-

Europa ebraicapag. 2

Meeting of Presidents 2014,

Milano teatro del confronto

Dal 21 al 23 novembre la quinta edizione del grande incontro tra leader di Comunità

Francesca Matalon

Anche l’Unione

tra i protagonisti

dell’iniziativa

La caratteristica

principale del

Meeting of Presidents

è quella di essere una

piattaforma nella

quale ogni individuo

porta la sua

esperienza e la

condivide con gli altri,

per mettere a sistema

le conoscenze delle

Comunità ebraiche.

Giovani ebrei erranti,questa l’interessante mapoco definita faccia del-

la società che il sondaggio YoungEuropean Online Survey a curadel JDC International Centre forCommunity Development incollaborazione con il EuropeanCouncil of Jewish Communitiesanalizza e tenta di comprendere.I risultati saranno presentanti aMilano durante il Meeting ofPresidents di ECJC e JDC. Lestatistiche mostrano che la mo-bilità all’interno dell’Unione Eu-ropea è notevolmente in crescita,e che il fenomeno riguarda inparticolare la fascia dei giovani.

L’esperienza delle organizza-zioni ebraiche mostra che i gio-vani ebrei sono particolarmenteinclini a spostarsi. Ma cosa lispinge ad espatriare? È sempreprevisto un rimpatrio? Si sentonoimmigrati? A tutti questi interro-gativi vuole rispondere il sondag-gio, che indaga inoltre a fondosulla loro vita sociale e il lororapporto con l’ebraismo, soprat-tutto con le sue istituzioni. Quan-to questi giovani si sentono ac-colti da esse e quanto sono par-tecipi alla vita comunitaria localesono campi su cui si spera di ot-tenere dati preziosi. “Le organiz-zazioni ebraiche locali spessoignorano questa popolazione digiovani migranti: non c’è nessunapianificazione, nessuna attivitàspeciale rivolta a loro. Tuttavia,pensiamo che siano una risorsaenorme” ha sottolineato MarceloDimenstein, direttore di JDC Eu-rope e a capo del sondaggio.

Non è troppo tardi per par-tecipare al sondaggio, rivolto aigiovani ebrei tra i 18 e i 40 anniresidenti in un paese diverso daquello in cui sono nati o cresciuti,cliccando https://www.survey-monkey.com/s/JewishMigration.

Un intervento durante il quarto Meeting of Presidents di ECJC e JDC svoltosi a Barcellona nel 2012. Al termine della riunione dei leader comunitari europei è stata firmata laBarcelona Declaration, contenente linee guida per le istituzioni ebraiche. L’appuntamento quest’anno è a Milano dal 21 al 23 novembre.

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E ra il 2004 quando i rap-presentanti degli Statimembri della Organiza-

tion for Security and Co-operationin Europe si riunirono a Berlino,ospiti del governo tedesco, peranalizzare le sfide legate alle ma-nifestazioni di antisemitismo neiloro confini. È dunque nel decimoanniversario dalla Dichiarazionedi Berlino che ne è stata il prodot-to, che gli Stati della regione del-l’OSCE si riuniscono di nuovo perriaffrontare da una nuova prospet-tiva questo argomento, nel summitglobale del 10th Anniversary ofthe OSCE’s Berlin Conference onAnti-Semitism che si terrà semprea Berlino il 12 e 13 novembreprossimi. L’evento non solo met-terà a confronto rappresentanti go-vernativi e leader politici dei 57Stati membri dell’OSCE, ma daràanche l’opportunità a organizza-zioni non governative di svilupparee presentare raccomandazioni di-rettamente agli Stati. La prepara-zione delle quali avverrà durantela prima delle due giornate in cuisi articolerà la conferenza, dedicataal Civil Society Forum on Anti-Se-mitism. Più di centocinquanta rappre-

sentanti della società civile discu-teranno tra loro su come attuareun implemento degli impegnidell’OSCE, la più grande organiz-zazione intergovernativa per la si-curezza, nella lotta contro l’anti-semitismo. Inoltre, in virtù dellavolontà del Presidente dell’OSCEDidier Burkhalter di “rafforzare la

voce dei giovani e di accrescere illoro coinvolgimento nelle strutturedell’Organizzazione”, il Forum ve-drà la partecipazione anche di rap-presentanti di organizzazioni gio-vanili. La European Union of Je-wish Students, ONG che fa daombrello a 35 unioni studentescheebraiche europee, sarà presentecon una delegazione di giovani dadiversi paesi europei, “con l’obiet-tivo di essere fonte d’ispirazione einnovazione”, come ha sottolinea-to la presidente Jane Braden-Go-lay. Incorniciati da sessioni plenariedi apertura e di chiusura, al centrodei lavori saranno i momenti incui i partecipanti si suddividerannoin commissioni per elaborare lemozioni da presentare ai governi.Sei i temi che verranno affrontatinei diversi gruppi, per portare ildibattito al centro dell’attualità etrovare soluzioni con approccioconcreto a tutte le forme in cuil’antisemitismo si manifesta e puòessere contrastato. Il rafforzamento della leader-

ship politica nella lotta all’antise-mitismo, in un momento comequello attuale particolarmente de-licato per la crescita in tutta Eu-ropa di partiti e movimenti porta-tori di istanze razziste e populisteche inseriscono il fenomeno neldibattito parlamentare, le sfide del-la sicurezza per le Comunità ebrai-che, spesso vittime di attacchi eviolenze, e l’antisemitismo in rete,grazie alla quale circolano con fa-cilità estrema propaganda, stereo-tipi e teorie cospiratorie – questi

gli argomenti al centro del lavorodei primi tre gruppi. Altri lavore-ranno invece per trovare risposteal negazionismo e alla distorsionedella Shoah, affrontare l’antisemi-tismo che si manifesta in relazioneal conflitto mediorientale, che hacausato numerosi episodi di vio-lenza proprio quest’estate, e infineper comprendere l’impatto dellerecentissime contestazioni ad al-cune pratiche rituali, come peresempio la macellazione e la cir-concisione. Tutto questo porteràalla seconda giornata, al cui centroci sarà il High-Level Commemo-rative Event, alla presenza del mi-nistro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, del direttoredell’OSCE Office for DemocraticInstitutions and Human RightsMichael Georg Link e del presi-dente in carica dell’OSCE Brur-khalter, che apriranno i lavori. Irappresentanti governativi e i lea-der politici rifletteranno per primacosa sugli sforzi adoperati nella re-gione dell’OSCE a seguito dellaDichiarazione di Berlino, che oltrea condannare l’antisemitismo inogni sua forma dava delle direttivechiare ai governi per contrastarlo,tra cui progetti educativi, lotta aicrimini di stampo razzista, soste-gno alle organizzazioni e aggior-namenti statistici. Cosa è cambiato nell’ultimo

decennio nella società e nella po-litica? Qual era dunque il signifi-cato della Dichiarazione, e in qualiparti oggi è ancora rilevante? “Pur-troppo, è ancora attuale oggi comelo era dieci anni fa”, questo l’amarocommento di Burkhalter all’indo-mani dell’attacco terroristico alMuseo ebraico di Bruxelles. E perpassare dalle parole alle azioni alivello politico e governativo, i rap-presentanti presenti dopo essesiconfrontati sui reciproci punti divista ascolteranno le mozioni ela-borate dal Civil Society Forum ilgiorno precedente, che divente-ranno così un complemento, unrafforzamento e in qualche casoforse anche una revisione della Di-chiarazione di Berlino ormai da-tata. Quello che rimane certo, co-me espresso in un comunicatocongiunto da Brurkhalter, Stein-meier e Link, è che l’antisemitismo“costituisce una minaccia per lademocrazia, i valori della civiltà epertanto per la sicurezza generalenella regione dell’OSCE e oltre”.

/novembre 2014N. 1

pag. 3

Lotta al pregiudizio

OSCE: il 12 e 13 novembre l’incontro di governanti e leader

a 10 anni dalla dichiarazione di Berlino contro l’antisemitismo

Il Presidente in caricadell’OSCE Solomon Passy(sinistra) e il Ministro degli Esteri tedescoJoschka Fischer ad unaconferenza stampa alla finedella OSCE Conference on Anti-Semitism, svoltasi a Berlino nel 2004.

La Conferenza

metterà

a confronto

rappresentanti

governativi e leader

politici dei 57 Stati

membri dell’OSCE,

ma anche più di

centocinquanta

rappresentanti della

società civile sulle

sfide della lotta

all’antisemitismo.

dualità delle singole organizzazio-ni” - ma cos’è cambiato a distanzadi due anni dalla stesura del do-cumento? “Sicuramente il rapportodelle Comunità ebraiche europeecon Israele, e poi purtroppo la cre-scita dell’antisemitismo in tantiPaesi”, ha osservato Mortara. “Il Meeting of Presidents non

pone però l’antisemitismo al centrodel suo dibattito, in quanto è untema che viene già discusso inmolte altre sedi istituzionali”, haaggiunto. Piuttosto, ha specificato,quello che di importante si puòtrarre da questo confronto, è chei problemi delle comunità ebraichesono gli stessi in tutto il mondo,tra cui ad esempio l’invecchiamen-

to, la comunicazione sia all’internoche all’esterno, l’inclusione e la di-versità, e naturalmente anche lamancanza di risorse e il calo degliiscritti. Ed è per questo che è utileriunirsi per trovare soluzioni co-muni e capire quale dev’esserel’agenda dei leader dell’ebraismoeuropeo. “In Italia ci sono ventuno co-

munità, per la gran parte medie epiccole: le stesse che ci sono intutta Europa, con i medesimi pro-blemi di numeri e di coinvolgi-mento. Per questo quando due an-ni fa alcuni presidenti di piccolecomunità italiane hanno incontra-to i loro colleghi europei eranodavvero interessati e sollevati”, haraccontato Mortara. Secondo cui,quello che l’Italia può in particolareimparare dall’Europa è forse a osa-re maggiormente. “Qualche volta gli altri Paesi

sono un po’ più coraggiosi, in Italiatendiamo a essere ancora un po’standard. È importante rendersisubito conto delle cose che cam-biano molto velocemente e affron-tare immediatamente i problemiper trovare soluzioni innovative”,ha spiegato. Essere responsabili del proprio

futuro, questo dunque il fine ultimosottolineato sia dalla BarcelonaDeclaration che addirittura ne fauno slogan, sia dal Presidente delloEuropean Council of Jewish Com-munities Benjamin Albalas, chescrive: “offriremo un fine settimanadi sfide e opportunità, di possibilitàdi aumentare la consapevolezzadelle iniziative europee e di occa-sioni per condividere e definire lepriorità in questi tempi difficili. Lapartecipazione confermerà l’impe-gno e l’importanza del ruolo di cia-scuno nel più grande scenariodell’ebraismo europeo”.

“Dall’Europa l’Italia ebraica

può imparare ad osare più

di quanto faccia adesso”

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L o squillo ritmato e goc-ciolante di Skype e dal-l’altra parte dello schermo

compaiono facce sorridenti e unacucina dall’atmosfera familiare. Èla vigilia di Sukkot, gli inquilini diMoishe House Moscow hanno ap-pena finito di costruire la Sukkahper la festa e ora si dedicano a frig-gere le latkes, frittelle di patate ti-piche della cucina ashkenazita.“Profumo eccezionale” assicuranoAnna, Anna e Daria. Sono loro leattuali abitanti della dimora affiliataall’organizzazione che, nata in Ca-lifornia nel 2006, conta oggi oltresessanta case, di cui una quarantinanegli Stati Uniti e le altre sparsenei cinque continenti. “Un’orga-nizzazione internazionale e plura-lista, che fornisce esperienze ebrai-che ricche di significato ai giovani”si presenta Moishe House sul suosito internet. A offrire qualche dettaglio ul-

teriore sui suoi principi cardine èJeremy Borovitz, americano, 27 an-ni, direttore europeo per l’educa-zione ebraica, in Russia per un girodei quattro centri affiliati, dalla ca-pitale a Khabarovsk, estremitàorientale del paese, 30 chilometriin linea d’aria dalla Cina. “Tipicamente, dentro ogni

Moishe House vivono dai tre ai

cinque giovani fra i 20 e i 30 annidi ogni tipo di background ebraico,che ricevono supporto economicoper coprire le spese di affitto e incambio si impegnano ad aprire leporte alla comunità, offrendo even-ti e momenti di aggregazione didiverso genere” sottolinea, speci-ficando pure che le case, solita-mente appartamenti, non sono diproprietà, ma vengono apposita-mente affittate. “Generalmente, l’organizzazio-

ne non possiede immobili, e que-sto consente la massima flessibilità,compreso il fatto che noi membridello staff viviamo davvero in tuttoil mondo, dagli Stati Uniti a Ge-rusalemme”. La vocazione internazionale è

davvero evidente dando unosguardo alla geografia dei centriaperti, da Pechino a Cape Town.Forte la presenza anche in Europa.Due anni fa, la Moishe House diLondra è stata prescelta dall’Eco-nomist per raccontare “un nuovoapproccio all’ebraismo” in uno deiservizi che componevano lo spe-ciale “Alive and well” dedicato allavita ebraica del XXI secolo. E solonell’estate 2014, due nuove casehanno aperto i battenti a Praga ea Parigi, quest’ultima proprio nellazona della Synagogue de le Ro-

quette, tristemente nota negli ul-timi mesi per essere stata oggettodell’assalto antisemita di una ma-nifestazione filopalestinese. Pre-cauzioni sì, ma niente paura, han-no assicurato i neo inquilini, espri-mendo tutto il loro entusiasmo difronte alla sfida di creare una co-munità giovane e per tutti. Moishe House è nata nell’idea

di offrire un’opportunità di aggre-gazione a chi ha terminato gli stu-di, e si trova dunque fuori dalle at-tività delle associazioni studente-sche. Nel 2013 sono stati 80mila ipartecipanti ai suoi programmi intutto il mondo.Per Sukkot, la capanna costrui-

ta a Mosca ha fatto bella mostradi sé sulla terrazza di una delle viepiù importanti della città, e l’agen-da si è riempita di eventi: una con-ferenza sul significato della festa,un Cooking Party, lezione di mas-saggi e club d’inglese. “Gli inquilinidi tutte le case si impegnano a of-frire un certo numero di eventimensili in proporzione ai fondi chericevono – spiega Jeremy - Quelladi Mosca è una delle più finanziate,per questo devono organizzarnealmeno sette”. L’attenzione alla po-polazione ebraica di lingua russaè molto forte in Moishe House.Sono nove le case nei paesi dell’ex

Unione sovietica (oltre che in Rus-sia, in Ucraina, Lettonia e Molda-via), a cui si aggiungono tre Moi-she House dedicate negli StatiUniti. “Ogni casa ha la sua persona-

lità, e risponde alle caratteristichedell’ebraismo locale, alle sue esi-genze, e non a quelle dell’organiz-zazione centrale – spiega ancoraJeremy – Per quanto diversi tra lo-ro però, tutti gli inquilini hanno incomune la voglia di condividere edi fare qualcosa per la comunità”. Proprio per riflettere sul signi-

ficato di “casa ebraica” e di cosala rende tale, si terrà a Budapest ametà novembre una conferenzache vedrà la partecipazione di at-tuali inquilini, alumni e simpatiz-zanti, puntando su un mix di ag-gregazione e momenti educativi,compreso lo studio dei testi ebraicisull’argomento. “Mi sono innamo-rato di Moishe House quando hocominciato a frequentare quella diKiev, dove ho vissuto per un certoperiodo. Le opportunità che offresono incredibili, e soprattutto sonoincredibili le persone che ti per-mette di incontrare, tutte diversee tutte speciali” conclude Jeremy.Che poi sottolinea: “Moishe Hou-se non vede l’ora di aprire le porteanche in Italia”.

La vita condivisa della Moishe House

Nuove ricette per stare assiemeRossella Tercatin

Europa ebraicapag. 4

Un giro in Russia per costruireSukkot e celebrare la festività inpiena regola, naturalmentenell’inconfondibile stile diMoishe House. Questo il viaggiointrapreso da Jeremy Borovitz,americano, 27 anni, direttoreeuropeo per l’educazioneebraica dell’organizzazione, chelo ha portato nei quattro centriaffiliati, dalla capitale aKhabarovsk, estremità orientaledel paese, 30 chilometri dallaCina. La sukkah costruita aMosca ha fatto bella mostra disé in una delle vie più importantidella città, e l’agenda si èriempita di eventi: unaconferenza sul significato dellafesta, un Cooking Party, lezionedi massaggi e club d’inglese. Leattività organizzate nelle MoisheHouse sono le più varie: lezioni econcerti, cene di shabbat e festescatenate. E poi veri e propriritiri di apprendimento, incollaborazione con una varietà dieducatori per incoraggiare igiovani del programma adaccrescere le loro conoscenze inambito ebraico, competenze eabilità nella leadership.

”Non vediamo l’ora

di sbarcare in Italia”

69case in 17 Paesi, più di 80

mila inquilini all’anno,

che seguono quasi 4 mila pro-

grammi. Sono questi i numeri di

Moishe House, che da un gruppo

di amici che ospitavano cene di

shabbat a Oakland (California)

nel 2006 si è trasformata in

un’organizzazione internaziona-

le unica nel suo genere dedicata

ai giovani lavoratori. Il concetto

è semplice ma innovativo: Moi-

she House offre supporto econo-

mico per pagare l’affitto di un

appartamento, i suoi inquilini si

impegnano a organizzare attivi-

tà rivolte alla Comunità ebraica

locale. Un’opportunità dunque

non solo per i giovani che cerca-

no la loro indipendenza, ma so-

prattutto per creare coinvolgi-

mento nell’ambito comunitario,

apprendimento in campo ebrai-

co e i leader del futuro.

Festeggiare Sukkot in Russia,da Mosca fino a Khabarovsk