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Argomentario per la votazione del 25 novembre sull'iniziativa per l'autodeterminazione.

SI all’autodeterminazione -

SI alla democrazia diretta

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Indice delle materie

Indice delle materie ........................................................................ Erreur ! Signet non défini.

1. SÌ all'autodeterminazione – SÌ alla democrazia svizzera ...... Erreur ! Signet non défini.

2. Nove buone ragioni per dire SÌ all'autodeterminazione ........ Erreur ! Signet non défini.

3. La democrazia diretta – base del modello di successo svizzero ............................... 7 3.1. Partecipazione del popolo in tutte le questioni importanti................................................. 7 3.2. La Costituzione federale svizzera garantisce i diritti umanitari ......................................... 8 3.3. La democrazia diretta è sotto pressione ........................................................................ 10

4. Gli obiettivi dell'iniziativa per l'autodeterminazione ................................................. 12 4.1. Il testo dell'iniziativa ............................................................... Erreur ! Signet non défini. 4.2. Fonte suprema del diritto, la Costituzione garantisce la partecipazione del popoloErreur !

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5. Votare SÌ, significa decidere noi stessi le nostre regole e le nostre leggi .............. 17 5.1. Un SÌ a noi consumatori! ....................................................... Erreur ! Signet non défini. 5.2. Un SÌ per il cittadino anziano! ........................................................................................ 19 5.3. Un SÌ alla sicurezza della Svizzera! ............................................................................... 20 5.4. Un SÌ a buone infrastrutture e alle sperimentate istituzioni svizzere! ............................. 20 5.5. Un SÌ al diritto di decidere noi stessi le nostre imposte e tasse! ..................................... 21 5.6. Un SÌ alla salvaguardia della piazza industriale svizzera! .............................................. 22

6. Lo sapevate? ........................................................................... Erreur ! Signet non défini.

7. Confutazione degli argomenti contrari .................................. Erreur ! Signet non défini.

8. Appendice .................................................................................................................... 28 8.1. Sentenze scioccanti pronunciate da tribunali svizzeri perché la priorità del diritto svizzero su

quello internazionale è oggi mal definita ........................................................................ 28 8.2. Sentenze scioccanti di 47 giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo29

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1. SÌ all'autodeterminazione – SÌ alla democrazia svizzera Le cittadine e i cittadini svizzeri, grazie alle votazioni popolari, hanno sempre l’ultima parola su decisioni politiche importanti. Questo diritto all’autodeterminazione, unico al mondo, si esercita tramite lo sperimentato sistema della democrazia diretta e ha dato al nostro paese prosperità, libertà e sicurezza. L’iniziativa per l’autodeterminazione mira a garantire che il diritto di partecipazione dei cittadini rimanga in futuro un pilastro importante del modello svizzero, il cui successo non deve ormai più essere dimostrato. Le cittadine e i cittadini decidono

In Svizzera, tramite l’iniziativa popolare e il referendum, possiamo pronunciarci su tutti i temi importanti. Questi diritti ci permettono di mantenere il controllo sul nostro ordinamento giuridico, sulla nostra vita, sulla nostra patria e sul nostro futuro.

Le decisioni popolari devono essere applicate Noi possiamo decidere noi stessi l’ammontare delle nostre imposte e, se lo vogliamo, il modo di proteggere i nostri paesaggi dalle costruzioni e i nostri lavoratori dal dumping salariale. Affinché la nostra democrazia diretta funzioni, è tuttavia essenziale che le decisioni popolari siano rispettate e applicate.

La nostra autodeterminazione è minacciata Le autorità e gli organi internazionali estendono sempre più il campo d’applicazione dei trattati. Basandosi su di loro, i nostri politici e i nostri tribunali hanno oggi la tendenza ad applicare solo parzialmente le decisioni popolari, o addirittura a non applicarle del tutto, ciò che nuoce alla certezza del diritto. Certi criminali condannati, per esempio, invocano il diritto internazionale per non essere rinviati nel loro paese d’origine. Altrettanto, l’accordo di libera circolazione delle persone impedisce alla Svizzera di condurre la politica migratoria voluta dal popolo.

Proteggiamo la democrazia diretta L’iniziativa per l’autodeterminazione chiarisce questi rapporti e rafforza la certezza del diritto. La Costituzione, decisa per via democratica, è la fonte suprema del diritto svizzero. In caso di conflitto, essa deve primeggiare sul diritto internazionale, riservate beninteso le regole cogenti e i diritti dell’uomo, peraltro debitamente iscritte nella nostra Costituzione. Un SÌ all’iniziativa per l’autodeterminazione - garantisce il diritto dei cittadini in futuro; - protegge la democrazia diretta e quindi il successo del modello svizzero; - mantiene la capacità della Svizzera di autodeterminarsi sul piano giuridico.

Ecco perché è imperativo votare SÌ il 25 novembre. SÌ all’iniziativa per l’autodeterminazione Partecipate, non state a guardare! www.iniziativa-autodeterminazione.ch

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2. Nove buone ragioni per dire SÌ all'autodeterminazione La libertà è un bene prezioso. Essa occupa da sempre un posto centrale in Svizzera. Il nostro paese è nato dalla fame inestinguibile di libertà, d’indipendenza e di autodeterminazione dei nostri antenati. È su questi valori che si fondano la nostra democrazia diretta unica al mondo e i diritti democratici che essa ci offre. Oggi, dei deputati politici, dei funzionari, dei giudici e dei professori rimettono sempre più spesso in questione questa autodeterminazione o cercano attivamente di distruggerla facendo riferimento al diritto internazionale. Questi fattori – l’indipendenza, la libertà e l’autodeterminazione – hanno fatto la forza della Svizzera, ma i valori che rappresentano sono minacciati. Un fenomeno da tempo ormai divenuto realtà nei paesi dell’UE minaccia di estendersi alla Svizzera: l’esautorazione del popolo dal potere politico, a vantaggio di politici, funzionari e tribunali. Se una struttura così lontana dalle cittadine e dai cittadini come l’UE si è potuta realizzare in Europa, è unicamente perché i popoli degli Stati membri sono stati privati di qualsiasi diritto di partecipazione diretta. La Svizzera è fortunatamente sfuggita a questa evoluzione, perché il popolo e i cantoni hanno respinto, il 6 dicembre 1992, l’adesione allo Spazio economico europea (SEE). Un'entrata in questa organizzazione sarebbe stata inevitabilmente seguita da un’adesione completa e totale all’UE. Tuttavia, anche in Svizzera si assiste a una lenta e subdola esautorazione del popolo dal potere politico e, parallelamente, all’emarginazione dei cantoni e dei comuni. 1. Un SÌ è un’approvazione della democrazia diretta! L’iniziativa per l’autodeterminazione veglia a che le cittadine e i cittadini svizzeri mantengano l’ultima parola nelle scelte politiche. Il popolo è il sovrano, dunque il capo, e il Consiglio federale, l’esecutivo, deve eseguire le decisioni del popolo. La priorità della Costituzione federale rispetto al diritto internazionale (non cogente) indica chiaramente che i diritti democratici si applicano in tutti i settori della politica. L’iniziativa ferma la costante e subdola esautorazione del popolo dei suoi diritti democratici a seguito dell’evoluzione incontrollabile del diritto internazionale, rispettivamente dell’interpretazione arbitraria che ne danno dei giudici stranieri. Il popolo e i cantoni decidono le regole valide in Svizzera, che si tratti di un SÌ all’iniziativa contro l’immigrazione di massa o all’iniziativa sulle residenze secondarie. Essi formano il costituente e possono decidere in tutta indipendenza sulle disposizioni figuranti in un accordo sottoscritto qualche decennio prima con un paese o con un’organizzazione internazionale. La democrazia diretta è l’espressione del potere del popolo. Non è tollerabile quindi che delle decisioni prese in passato abbiano tutt’a un tratto una validità eterna e non possano più essere modificate. Il diritto internazionale cogente (divieto della tortura, della schiavitù, eccetera) resta naturalmente riservato. 2. Un SÌ garantisce la certezza del diritto! L’iniziativa per l’autodeterminazione definisce chiaramente il diritto applicabile quando delle leggi svizzere e il diritto internazionale si contraddicono: le disposizioni costituzionali più recenti e democraticamente legittimate hanno la priorità sui trattati internazionali. Basato sulla democrazia diretta, l’ordinamento giuridico svizzero assicura una grande stabilità, perché i cittadini sono diffidenti nei confronti delle correnti estremiste, degli esperimenti sospetti o delle soluzioni combinate ingannevoli. La democrazia diretta impedisce dei bruschi cambiamenti di rotta e sfocia in decisioni equilibrate e comprensibili. L’iniziativa per l’autodeterminazione fissa chiaramente le regole valide in Svizzera. I tribunali ricevono delle linee direttive chiare e nette per l’interpretazione delle leggi e delle basi costituzionali. Conseguenza: una maggiore certezza del diritto, di cui beneficiano tanto i cittadini quanto l’economia.

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3. Un SÌ rafforza l’îndipendenza e la libertà! L'indipendenza e la libertà contano molto per noi – nella vita privata di ciascuno e per l’insieme del paese. Una vita autodeterminata permette di realizzare degli obiettivi personali e di prosperare nel proprio ambiente privato. Uno Stato autodeterminato e indipendente può garantire sicurezza e qualità di vita alle sue cittadine e ai suoi cittadini. La Svizzera ha meglio saputo superare le crisi, è più prospera e ha meno disoccupazione e povertà dei paesi che la circondano. La nostra libertà e la nostra indipendenza, le dobbiamo al diritto di partecipazione del popolo, dunque alla democrazia diretta. Al contrario, dobbiamo combattere con determinazione il centralismo, la messa sotto tutela delle cittadine e dei cittadini da parte dello Stato, delle ridistribuzioni eccessive e la perdita d’influenza sul nostro proprio diritto. 4. Un SÌ salva i diritti democratici e garantisce l’applicazione delle decisioni del popolo! L’iniziativa per l’autodeterminazione impedisce che delle iniziative approvate dal popolo non vengano applicate. Il Consiglio federale e il Parlamento non potranno più servirsi del pretesto del diritto internazionale per eludere una decisione popolare a loro sgradita (esempi: iniziativa per l’espulsione degli stranieri criminali, iniziativa contro l’immigrazione di massa, iniziativa sui pedofili). L’iniziativa per l’autodeterminazione impone la regola secondo cui degli accordi internazionali in contrasto con la Costituzione federale devono essere adeguati, o addirittura rescissi se non può essere trovata un’altra soluzione. Questa disposizione garantisce che le decisioni del popolo siano d’ora in avanti rispettate. 5. Un SÌ garantisce il modello di successo svizzero! L'iniziativa per l’autodeterminazione garantisce la perennità della democrazia svizzera che ci ha portato stabilità, libertà, sicurezza e prosperità. Nonostante la presenza di quattro lingue nazionali, di innumerevoli differenze culturali, politiche e regionali, il regime di democrazia diretta ci ha permesso di coabitare in pace e di creare insieme delle condizioni-quadro favorevoli all’economia e al ceto medio. Non dobbiamo abbandonare questo decisivo vantaggio sottomettendoci ciecamente all’evoluzione del diritto internazionale. Noi Svizzeri sappiamo meglio dei diplomatici e dei giudici di Bruxelles, Strasburgo e New York, come dobbiamo organizzare la nostra vita nel nostro paese piccolo, ma tanto diverso. 6. Un SÌ impedisce i giudici stranieri! La crescente influenza dell’interpretazione dinamica del diritto internazionale da parte di organizzazioni, autorità e tribunali internazionali, come l’ONU, l’OCSE, l’UE compresa la Corte di giustizia UE di Lussemburgo (CGUE) o la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) di Strasburgo, pone un grave problema. In seno a queste organizzazioni, autorità e tribunali, dei funzionari o dei giudici producono sempre più direttive, regolamentazioni, raccomandazioni e sentenze che intervengono in tutti i settori della vita. La maggior parte di questi funzionari e giudici non deve sottoporsi a un’elezione o a una rielezione democratica. Essi non si assumono alcuna responsabilità per le coercizioni e per gli oneri finanziari che le loro decisioni impongono agli Stati e, alla fin fine, ai cittadini. Li si può quindi a giusto titolo qualificare “giudici stranieri”. Essi operano nel loro proprio mondo e accelerano, praticamente sfuggendo a qualsiasi controllo, la globalizzazione della politica e del diritto. L’iniziativa per l’autodeterminazione veglia a che in Svizzera il diritto nazionale sia sempre interpretato da giudici svizzeri e si basi sulla democrazia diretta. Come l’UE non è disposta a permettere a dei giudici stranieri di interpretare il suo diritto, altrettanto la Svizzera non può accettare che dei giudici stranieri divengano sovrani presso di lei.

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7. Un SÌ garantisce i diritti dell’uomo! Tutti i diritti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) figurano come diritti fondamentali nella Costituzione federale svizzera e sono rispettati dalla società, dalle autorità, dai tribunali e dai partiti politici della Svizzera. Non solo, ma parecchi diritti fondamentali della Costituzione federale vanno oltre quelli della CEDU. Sono infatti delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e la sua prassi arbitraria a provocare regolarmente costernazione in un paese retto dalla democrazia diretta come la Svizzera. La Corte di Strasburgo interpreta in modo sempre più ampio i diritti della CEDU, penetrando vieppiù in nuovi settori politici, senza che la Svizzera come Stato partecipante e la popolazione svizzera possano dire la loro. Non è tollerabile che dei giudici stranieri estendano degli accordi internazionali oltre il campo d’applicazione previsto inizialmente e non cessino di adottare nuove interpretazioni senza che noi Svizzeri, che viviamo in un regime di democrazia diretta, abbiamo il diritto di partecipare alle decisioni. Se, per esempio, la Corte di Strasburgo s’arrogasse il diritto di decidere che il divieto dei minareti in Svizzera viola la CEDU, la scelta del popolo svizzero dovrebbe, conformemente all’iniziativa per l’autodeterminazione, avere il sopravvento sull’opinione di questi giudici. Ciò non impedisce che la libertà religiosa resti ancorata nella Costituzione federale. Solo la costruzione di minareti è proibita, come ha deciso il popolo. 8. Un SÌ rafforza il federalismo e combatte il centralismo I comuni e le città si lamentano, a giusta ragione, di una crescente centralizzazione e di attacchi sempre più numerosi all’autonomia cantonale e comunale da parte della Confederazione. Questa centralizzazione è fortemente sostenuta dall’evoluzione del diritto internazionale. In virtù della concezione svizzera dello Stato, le decisioni politiche devono essere il più possibile lasciate alle cittadine e ai cittadini. Questo principio esige, tuttavia, che ai cantoni e ai comuni sia concesso un sufficiente margine di manovra. “Più la Svizzera riprende del diritto europeo, e tanto più la centralizzazione minaccia di continuare. Il federalismo è messo a dura prova."1 L'iniziativa per l’autodeterminazione garantisce che il popolo e i cantoni abbiano sempre l’ultima parola, al fine di potere, se necessario, arrestare la centralizzazione e l’internazionalizzazione. 9. Un SÌ garantisce meno burocrazia e regolamentazioni

L'istituto Avenir Suisse ha criticato, a giusta ragione, nella sua pubblicazione "Soluzioni per eludere la giungla normativa II", la ripresa sconsiderata del diritto internazionale, che essa considera essere il principale motore della burocratizzazione. Questi presunti sforzi d’armonizzazione nascondono spesso delle intenzioni politiche meno confessabili. Sovente, degli Stati potenti fanno di tutto per imporre le loro concezioni agli altri paesi, agendo tramite delle organizzazioni internazionali sotto il loro controllo. Il risultato di queste regolamentazioni è l’indebolimento dei paesi piccoli ma performanti come la Svizzera. Le regolamentazioni sono anche spesso l’espressione di una politica di potere, comportante il rischio di una monocultura regolatrice. In tale regime, le cattive norme non possono più essere smascherate ed eliminate da una sana concorrenza di idee e regolamentazioni migliori. Delle regolamentazioni rigide e complicate esistono già oggi ed esercitano i loro effetti negativi sulla nostra economia. L’iniziativa per l’autodeterminazione veglia a che, grazie alla democrazia diretta, il buonsenso umano prevalga sul burocratismo.

1 Cf. ch- Fondazione ch per la collaborazione confederale (2017): Rapporto di monitoraggio Federalismo 2014–2016.

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3. La democrazia diretta – base del modello di successo svizzero La Svizzera è conosciuta nel mondo intero per la sua sovranità, la sia neutralità, la sua indipendenza e la sua democrazia diretta. Queste qualità sono alla base del modello di successo Svizzera e ne garantiscono la stabilità, la prosperità e la certezza del diritto. La democrazia diretta è un fattore essenziale per la prosperità economica, nonché per l’attrattività della piazza finanziaria e industriale svizzera. L’iniziativa per l’autodeterminazione assicura i diritti popolari e, con essi, l’avvenire della Svizzera. 3.1. Partecipazione del popolo in tutte le questioni importanti Il sistema statale svizzero si distingue per un livello elevato di libertà e di responsabilità individuale. Prova ne siano in particolare gli importanti diritti di partecipazione politica che la Costituzione federale conferisce al popolo. Essi si fondano sulla fiducia dello Stato nella maturità dei cittadini che, di concerto con i cantoni, formano il costituente, e quindi decidono in Svizzera. 3.1.1. I diritti democratici – un importante strumento nelle mani del popolo

La Costituzione federale può essere riveduta in ogni tempo, interamente o parzialmente. Grazie allo strumento dell’iniziativa popolare, 100'000 cittadini possono depositare un progetto ed esigere una votazione vincolante. Questa procedura permette ai singoli, ma anche ai partiti politici e ad altri gruppi d’interesse, di esprimere le loro inquietudini e i loro auspici concernenti l’ordinamento fondamentale dello Stato. Essa serve anche ad avviare un dibattito pubblico su temi che la classe politica dissimula coscientemente o incoscientemente. L’iniziativa sull’internamento (di delinquenti sessuali o violenti estremamente pericolosi che devono rimanere rinchiusi per proteggere la popolazione) è un buon esempio di un movimento di cittadini che, di loro propria volontà, hanno affrontato un tema che preoccupa la popolazione, ottenendo una votazione popolare sul loro progetto.

3.1.2. La democrazia diretta – garante della stabilità

Le iniziative popolari sono raramente coronate da successo, ma scatenano sovente un processo politico utile, incitando il Consiglio federale o il Parlamento ad agire. A volte, il lancio di un’iniziativa serve principalmente ad avviare un dibattito su un oggetto, sapendo benissimo che la proposta non otterrà alla fine la maggioranza dei voti. Questo strumento è dunque anche una preziosa valvola che contribuisce alla stabilità delle istituzioni politiche e alla fiducia che la popolazione ha in esse. Ogni Svizzero sa così che non dipende unicamente dalla buona volontà di burocrati e politici, bensì che può prendere personalmente in mano le cose. Questo sistema previene anche certe correnti estremiste. La democrazia diretta è un pilastro importante della Svizzera, nazione nata dalla volontà dei suoi abitanti; è un elemento d’identificazione che va oltre le barriere linguistiche e culturali esistenti nel nostro paese.

3.1.3. Il diritto internazionale deve cedere di fronte alla volontà del popolo

La totalità del diritto internazionale, ossia i trattati fra la Svizzera e altri Stati o organizzazioni internazionali (a eccezione del diritto internazionale cogente come il divieto della tortura e della

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schiavitù), può essere oggetto di un’iniziativa popolare. Un esempio: l’iniziativa “Fair-Food” chiedeva che la Svizzera non importi più che delle derrate alimentari provenienti da una produzione agricola rispettosa della natura, dell’ambiente e degli animali, e che offra delle condizioni di lavoro eque. Se fosse stata accettata, l’accordo agricolo stipulato con l’UE e le regole OMC riconosciute dalla Svizzera sarebbero per forza di cose state toccate. Questi trattati internazionali devono certamente essere rispettati, ma non devono impedirci di decidere liberamente il modo con cui intendiamo vivere in Svizzera. È esattamente ciò che chiede l’iniziativa per l’autodeterminazione. Ed è proprio ciò che fa paura alla classe politica, ai fanatici dell’UE e a un’amministrazione bramosa principalmente di sottomettersi alle decisioni straniere. Il popolo svizzero ha infatti i mezzi per interferire nel mondo artificiale creato dalla diplomazia internazionale. Il popolo svizzero può porre delle domande fastidiose sulla reale utilità delle decisioni internazionali, delle domande che la Berna federale si guarda bene di formulare. Grazie alla democrazia diretta, i responsabili della politica estera in Svizzera devono giustificarsi di fronte al popolo. A parte la Svizzera, dove è possibile questo?

L'indipendenza del costituente e l’assenza di un ordinamento giuridico superiore che la costringerebbe all’inazione, sono la grande forza della democrazia diretta. Ecco l’essenza della democrazia svizzera: fortunatamente, non conosciamo il diritto imposto dall’alto, né tantomeno regole eterne che primeggiano sulle decisioni popolari.

3.2. La Costituzione federale svizzera garantisce i diritti umanitari

I diritti fondamentali o diritti umanitari sono da tempo garantiti in Svizzera dalla Costituzione federale. Si dimentica volentieri che la totalità dei diritti dell’uomo iscritti nel diritto internazionale pubblico figura anche nella Costituzione federale sotto il titolo “Diritti fondamentali” e che questi sono parzialmente completati dalla costituzioni cantonali 2. Stipulata il 4 novembre 1950 ed entrata in vigore in Svizzera il 28 novembre 1974, la Conven-zione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) contiene una lista di diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che possono essere invocate di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ma che, materialmente, non vanno oltre i diritti fondamentali iscritti nella nostra Costituzione federale (vedi la tabella sotto).

3.2.1. I tribunali svizzeri devono rispettare i diritti umanitari

Non solo la Svizzera garantisce non solo i diritti dell’uomo nell’ambito della CEDU e delle convenzioni delle Nazioni Unite (in particolare i Patti ONU I e II), ma va addirittura sensibilmente oltre questi trattati. Noi abbiamo fiducia nel sistema giudiziario svizzero che applica questi diritti fondamentali. La Costituzione obbliga lo Stato rispettarli. Non si vede perché dei giudici stranieri proteggerebbero i diritti umanitari meglio del nostro proprio tribunale supremo.

3.2.2. Una limitazione dei diritti umanitari è ammissibile

Non bisogna poi dimenticare in questo contesto, che i diritti umanitari e i diritti fondamentali possono essere limitati. Tanto la CEDU quanto la Costituzione federale lo considerano possibile. Lo stesso principio si applica in effetti sia ai diritti dell’uomo e ai diritti fondamentali, sia in altri campi giuridici: no c’è diritto senza obblighi. Per esempio, i diritti di libertà di un detenuto possono essere limitati se costui rappresenta un pericolo per il pubblico. Inoltre, ogni diritto dell’uomo e ogni diritto fondamentale è in concorrenza con i legittimi interessi di terzi o 2Le costituzioni cantonali modificate contengono spesso una lista dettagliata dei diritti, per analogia alle norme della Costituzione federale. Anche una violazione dei diritti fondamentali cantonali può essere portata in ultima istanza di fronte al Tribunale federale. Le disposizioni cantonali hanno tuttavia un significato indipendente solo se proteggono un diritto andante oltre la protezione garantita dalla Costituzione federale.

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della società. Anche le vittime di atti di violenza hanno dei diritti, non unicamente gli autori di questi atti. L’espulsione di un delinquente può certamente costituire una violazione del suo diritto alla vita privata e familiare, ma anche la sua vittima o la società hanno un diritto fondamentale all’integrità fisica e alla protezione contro altri reati perpetrati dal criminale. Si constata, purtroppo, che nel dibattito sui diritti umanitari e fondamentali, si dimentica sempre più sovente la protezione delle vittime e della popolazione. La nuova Costituzione federale del 18 aprile 1999 contiene esplicitamente tutti i diritti fondamentali nei suoi articoli da 7 a 34:

Diritti dell’uomo e diritti fondamentali secondo la CEDU:

Art. 7 Dignità umana Art. 8 Uguaglianza giuridica Art. 9 Protezione dall'arbitrio e tutela della buona fede Art. 10 Diritto alla vita e alla libertà personale Art. 11 Protezione dei fanciulli e degli adolescenti Art. 12 Diritto all'aiuto in situazioni di bisogno Art. 13 Protezione della sfera privata Art. 14 Diritto al matrimonio e alla famiglia Art. 15 Libertà di credo e di coscienza Art. 16 Libertà d'opinione e d'informazione Art. 17 Libertà dei media Art. 18 Libertà di lingua Art. 19 Diritto all'istruzione scolastica di base Art. 20 Libertà della scienza Art. 21 Libertà artistica Art. 22 Libertà di riunione Art. 23 Libertà d'associazione Art. 24 Libertà di domicilio Art. 25 Protezione dall'espulsione, dall'estradizione e

dal rinvio forzato Art. 26 Garanzia della proprietà Art. 27 Libertà economica Art. 28 Libertà sindacale Art. 29 Garanzie procedurali generali Art. 29a Garanzia della via giudiziaria Art. 30 Procedura giudiziaria Art. 31 Privazione della libertà Art. 32 Procedura penale Art. 33 Diritto di petizione Art. 34 Diritti politici

Art. 2: Diritto alla vita* Art. 3: Divieto di tortura* Art. 4: Divieto di schiavitù e lavori forzati* Art. 5: Diritto alla libertà e alla sicurezza Art. 6: Diritto a un processo equo Art. 7: Nessuna pena senza legge Art. 8: Diritto al rispetto della vita privata e familiare Art. 9: Libertà di pensiero, di coscienza e di religione Art. 10: Libertà di espressione Art. 11: Libertà di riunione e associazione Art. 12: Diritto al matrimonio Art. 13: Diritto a un ricorso effettivo Art. 14: Divieto di discriminazione *Diritto internazionale cogente Questi articoli della CEDU fanno parte del diritto internazionale cogente. Essi sono di un’importanza così fondamentale che hanno la priorità sulla Costituzione federale. Delle iniziative popolari contrarie al diritto internazionale cogente sono invalidate già oggi. L’iniziativa per l’autodeterminazione esclude esplicitamente il diritto internazionale cogente. Materialmente, gli articoli della CEDU sono comunque tutti contenuti nella Costituzione federale svizzera. Oltre a ciò, la Costituzione federale svizzera supera in numerosi punti la CEDU, stabilendo dei diritti fondamentali che la CEDU non contempla.

3.2.3. Dimensione politica dell’interpretazione dei diritti umanitari

Questa valutazione degli interessi in gioco indica che i diritti dell’uomo hanno anche un aspetto politico. Ma queste questioni politiche devono essere sancite da un parlamento eletto democraticamente, oppure da popolo e cantoni, non da un gruppetto di funzionari, esperti e giudici stranieri. Queste persone non elette democraticamente, non sono sottoposte ad alcun controllo e non devono assumersi la responsabilità delle loro decisioni. Inoltre, i giudici svizzeri conoscono sicuramente meglio le condizioni che regnano nel loro paese che non dei giudici stranieri. È perciò logico che dei giudici svizzeri interpretino le leggi svizzere e possano, in caso di dubbio, decidere in ultima istanza.

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3.3. La democrazia diretta è sotto pressione

La democrazia diretta ha reso la Svizzera forte, ma oggi subisce sempre più la pressione di diversi ambienti che tentano con tutti i mezzi di minarla. Ciò che da diverso tempo è ormai divenuto realtà nei paesi membri dell’UE, minaccia di arrivare anche in Svizzera, ossia la privazione del popolo del suo potere politico, a beneficio dei politici, dei burocrati e dei funzionari. Lo stupido popolino ha solo il diritto di tacere. Questi ambienti antidemocratici, che imperversano anche in Svizzera, tentano perfino di limitare la partecipazione democratica anche in questioni di politica interna, proponendo di creare degli ostacoli supplementari al lancio di iniziative e referendum.

3.3.1. Presunte costrizioni

Quando una nuova legge o una nuova regola non ottiene la maggioranza in seno al popolo svizzero, i suoi autori ricorrono sempre più sovente all’argomento del diritto internazionale: “La Svizzera si isola” o “La Svizzera si oppone all’evoluzione internazionale”, minacciano, aggiungendo per buona misura, che questi ambienti non dicono, è che la Svizzera ha in molti casi partecipato attivamente a livello internazionale allo sviluppo di tali regole, oppure che i diplomatici svizzeri non hanno avuto il coraggio di opporsi a delle norme manifestamente nocive. Finalmente, si tenta di far credere al popolo che esiste una costrizione internazionale alla quale la Svizzera deve sottomettersi. Ma, o questa costrizione in realtà non esiste, oppure la Svizzera ufficiale non vi si è (volontariamente) opposta nella fase decisiva. È così che si fanno digerire al popolo delle regole che di sua volontà non avrebbe mai accettato. Spesso si tratta di cosiddette “soft law”, quindi di accordi o convenzioni internazionali che, all’origine, non erano vincolanti, tanto che non è stato ritenuto necessario l’avallo del popolo. Ma anni più tardi, queste stesse regole vengono improvvisamente considerate come standard internazionali e di trattati vincolanti. Lo scopo dell’operazione è di imporre delle leggi e delle regole eludendo il processo democratico.

3.3.2 Il diritto internazionale penetra in tutti i settori della vita

La nostra vita quotidiana è vieppiù influenzata da un diritto internazionale che sfugge completamente alla nostra volontà: delle condizioni di produzione delle nostre derrate alimentari (genetica, prescrizioni per la protezione degli animali) ai prospetti dei medicamenti, passando dalle prescrizioni sui gas di scappamento, le prestazioni degli aspirapolvere, l’illuminazione dei nostri appartamenti o i caricatori dei nostri telefonini – tutto o quasi è regolato e normalizzato da trattati internazionali. È certamente sensato rinunciare in certi settori a delle regole speciali svizzere che rincarerebbero inutilmente i prodotti, ma quando il sovrano svizzero è di opinione diversa ed esige, per esempio, delle prescrizioni più severe per la protezione degli animali nell’agricoltura o delle derrate alimentari senza elementi geneticamente modificati, la sua volontà deve essere rispettata indipendentemente dai trattati internazionali. Il Consiglio federale e delle associazioni economiche come economiesuisse, preferiscono appellarsi a dei trattati internazionali per eludere la volontà popolare. Dipingono il diavolo sul muro per evitare delle discussioni di fondo. Cercano di imporre le loro esigenze dall’alto, invece di convincere i cittadini. Un comportamento arrogante e antidemocratico che deve cessare.

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3.3.3. Il centralismo indebolisce la partecipazione dei comuni e dei cantoni

Quest’esautorazione, subdola ma sistematica, del popolo dal potere politico, tocca anche l’autorità dei comuni e dei cantoni. Sempre più competenze vengono tolte ai comuni e trasmesse ai cantoni. Quest’ultimi sono a loro volta emarginati dalla centralizzazione di numerosi settori nelle mani della Confederazione. Infine, la progressione ineluttabile del diritto internazionale esautora il legislatore svizzero a livello federale.

3.3.4. Il potere decisionale appartiene a chi ne sopporta le conseguenze

Si arriva così sempre più spesso a dire alle Svizzere e agli Svizzeri, prima di una votazione, che non hanno il diritto di approvare tale o tal altro progetto, perché è in contrasto con una convenzione internazionale o con un trattato con altri Stati. Ma, frequentemente, il Consiglio federale o il Parlamento hanno adottato questi accordi internazionali senza chiedere l’opinione del popolo. In altri casi, dei trattati si sono evoluti nel tempo (in virtù della famosa “evoluzione dinamica”) in modo diverso di quello annunciato dal Consiglio federale. Esempio: l’accordo di Schengen e la sua influenza sul diritto svizzero delle armi, oppure l’accordo di libera circolazione delle persone con l’UE. In linea generale, è inaccettabile che si esercitino dei ricatti sul popolo svizzero con il pretesto di presunti impegni internazionali. Le cittadine e i cittadini svizzeri sono sufficientemente maturi per formarsi liberamente un’opinione e soppesare vantaggi e inconvenienti di un progetto. D’altronde, è sempre il popolo a sopportare le conseguenze di decisioni politiche e non i deputati politici o i funzionari nelle loro torri d’avorio.

3.3.5. Le decisioni del popolo non sono più applicate Ogni volta che il sovrano accetta un’iniziativa popolare contro la volontà del Consiglio federale e del Parlamento, questi fanno riferimento al diritto internazionale per relativizzare la volontà popolare. Le decisioni del popolo sono percepite solo come semplici “segnali” e non come mandati vincolanti. Ma una decisione presa dal popolo non è semplicemente un segnale. Il popolo è il sovrano, il capo, come prevede la Costituzione. E il Consiglio federale deve applicare ciò che vuole il capo, ossia il popolo. L’argomentazione della classe politica è sempre la stessa: il popolo e i cantoni hanno sì deciso, ma dei trattati internazionali rendono difficile, per non dire impossibile, la realizzazione della volontà popolare. Se si deve applicare la volontà popolare, allora unicamente nella misura in cui non violi il diritto internazionale. La Berna federale sta addirittura pensando di ammettere le iniziative popolari solo dopo un esame preliminare3 che verifichi che non violano delle convenzioni internazionali. Lo scopo dell’operazione è evidentemente di soffocare sul nascere le iniziative non gradite alla classe politica. Esempi:

l’iniziativa popolare “'Internamento a vita per criminali sessuomani o violenti estremamente pericolosi e refrattari alla terapia” accettata l’8 febbraio 2004;

l’iniziativa popolare "Per l'imprescrittibilità dei reati di pornografia infantile"

accettata il 30 novembre 2008; l’iniziativa popolare "Contro l’edificazione di minareti" accettata il 29 novembre 2009;

3https://www.admin.ch/ch/d/gg/pc/documents/2303/Vereinbarkeit-von-Voelkerrecht-und-Initiativrecht-Erl-Bericht_de.pdf

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l’iniziativa popolare "Per l'espulsione degli stranieri che commettono reati (Iniziativa

espulsione)" accettata il 28 novembre 2010;

l’iniziativa popolare federale "Contro l'immigrazione di massa" accettata il 9 febbraio 2014, ma non ancora applicata;

l’iniziativa popolare federale "Affinché i pedofili non lavorino più con fanciulli"

accettata il 18 maggio 2014.

4. Gli obiettivi dell'iniziativa per l'autodeterminazione

Sottoposta a votazione popolare il 25 novembre 2018, l’iniziativa per l’autodeterminazione mira a proteggere la nostra autodeterminazione con un nuovo articolo costituzionale e a salvaguardare la democrazia diretta. Le decisioni prese dal popolo e dai cantoni devono costituire il diritto supremo applicabile in Svizzera, e non le interpretazioni arbitrarie del diritto con le quali procedono dei funzionari e dei giudici stranieri. La Costituzione della Confederazione svizzera deve costituire il diritto supremo delle Svizzere e degli Svizzeri, un diritto al quale devono conformarsi tutti i deputati politici, i funzionari delle amministrazioni e i tribunali. Garantendo la democrazia diretta, si rafforzano la certezza del diritto e la stabilità politica.

Questo principio era scontato fino al 2012. Il Tribunale federale, la maggior parte dei professori di diritto, il Consiglio federale e le altre autorità erano tutti d’accordo: una disposizione più recente (approvata da popolo e cantoni) della Costituzione federale Ha la priorità su un trattato internazionale antecedente. Questo concetto è stato rimesso in questione solo dalla sentenza, gravida di conseguenze, emessa dal Tribunale federale nel 2012, che ha posto il diritto internazionale al di sopra del diritto nazionale. L’unico obiettivo dell’iniziativa per l’autodeterminazione è di iscrivere nella Costituzione federale l’ordinamento in vigore prima del 2012, affinché sia chiaro per tutti: la Costituzione democratica svizzera è prioritaria rispetto al diritto internazionale (fatto salvo il diritto internazionale cogente).

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4.1. Il testo dell'iniziativa La Costituzione federale è modificata come segue (i passaggi in corsivo sono già presenti nella Costituzione):

Art. 5 cpv. 1 e 4 1 Il diritto è fondamento e limite dell’attività dello Stato. La Costituzione federale è la fonte suprema del diritto della Confederazione Svizzera. 4 La Confederazione e i Cantoni rispettano il diritto internazionale. La Costituzione federale ha rango superiore al diritto internazionale e prevale su di esso, fatte salve le disposizioni cogenti del diritto internazionale. Art. 56a Obblighi di diritto internazionale 1 La Confederazione e i Cantoni non assumono obblighi di diritto internazionale che contraddicano alla Costituzione federale.

2 In caso di contraddizione, adeguano gli obblighi di diritto internazionale alla Costituzione federale, se necessario denunciando i trattati internazionali in questione. 3 Sono fatte salve le disposizioni cogenti del diritto internazionale. Art. 190 Diritto determinante Le leggi federali e i trattati internazionali il cui decreto d’approvazione sia stato assoggettato a referendum sono determinanti per il Tribunale federale e per le altre autorità incaricate dell’applicazione del diritto. Art. 197 n. 121 Disposizione transitoria degli art. 5 cpv. 1 e 4 (Stato di diritto), 56a (Obblighi di diritto internazionale) e 190 (Diritto determinante) Con l’accettazione da parte del Popolo e dei Cantoni, gli articoli 5 capoversi 1 e 4, 56a e 190 si applicano alle disposizioni vigenti e future della Costituzione federale e agli obblighi di diritto internazionale vigenti e futuri della Confederazione e dei Cantoni.

4.2. Fonte suprema del diritto, la Costituzione garantisce la partecipazione del popolo L'iniziativa per l’autodeterminazione salvaguarda la democrazia diretta che ha dato prova di efficacia. Bisogna dunque ancorare il principio secondo il quale la Costituzione federale democraticamente legittimata ha la priorità sui trattati internazionali qualora ci siano delle contraddizioni fra i due. Si tratta d’altronde di una conclusione logica, che era incontestata fino al 2012. Infatti, quando una proposta ha ricevuto l’avallo del popolo e dei cantoni, nessun organo svizzero è legittimato a decidere se la nuova disposizione debba o no essere applicata.

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4.2.1. Ristabilire un ordinamento giuridico collaudato

Una camera del Tribunale federale ha deciso, nel 2012, che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che non è mai stata messa in votazione, era prioritaria rispetto alla norma costituzionale più recente sull’espulsione degli stranieri criminali (ossia l’iniziativa per l’espulsione approvata da popolo e cantoni). Con questa sentenza del 2012, il Tribunale federale ha fatto una scelta politica che ha scosso le fondamenta della democrazia diretta e che deve essere assolutamente corretta. Un gruppo di tre (!) giudici ha rifiutato di applicare una disposizione costituzionale legittimata dalla maggioranza del popolo e dei cantoni. Questi giudici hanno avuto l’arroganza di imporre dei limiti alla volontà del sovrano, ossia di popolo e cantoni, mentre che questa possibilità non nemmeno esiste nella Costituzione. L’iniziativa per l’autodeterminazione non propone in realtà nulla di nuovo e ancor meno di rivoluzionario, bensì chiede semplicemente che l’ordinamento giuridico – unanimemente riconosciuto e, di fatto, logico – valido prima del 2012 sia ristabilito. Per garantire che le iniziative popolari approvate dal sovrano siano effettivamente applicate, bisogna iscrivere esplicitamente nella Costituzione federale che le disposizioni costituzionali più recenti sono prioritarie rispetto a dei trattati internazionali antecedenti.

Bisogna porre fine alla costante erosione dell’autodeterminazione, altrimenti i settori nei quali possiamo decidere conformemente alla democrazia diretta si assottiglieranno fino a diventare insignificanti. Un tale sviluppo irreversibile. Noi dobbiamo proteggere la democrazia diretta con i mezzi della democrazia diretta, prima che sia troppo tardi.

«Se, come si afferma da qualche tempo, tutto il diritto internazionale – e non solo il diritto internazionale cogente – ha la priorità sulla nostra Costituzione, significa che una manciata di funzionari e di giudici di organizzazioni e di tribunali internazionali ha più potere in Svizzera di 5 milioni di cittadine e cittadini.»

Hans-Ueli Vogt, professore di diritto e consigliere nazionale (ZH)

4.2.2 Impedire la non-applicazione di iniziative popolari accettate L'ordine delle priorità fissato dall’iniziativa per l’autodeterminazione vieta di ritardare, o addirittura di rifiutare, l’applicazione di iniziative popolari accettate, con il pretesto di un diritto internazionale presunto contrario al contenuto delle iniziative. Secondo la norma costituzionale proposta, la Costituzione federale ha la priorità su impegni di diritto internazionale. L’iniziativa popolare “contro l’immigrazione di massa” deve essere applicata, anche se è contraria all’accordo di libera circolazione delle persone con l’UE; l’iniziativa per l’espulsione degli stranieri criminali deve essere applicata anche se contraria alla CEDU o se provoca un conflitto con la prassi della Corte europea dei diritti dell’uomo; il divieto dei minareti è valido in Svizzera anche se la Corte di Strasburgo dovesse un giorno decidere che viola la CEDU, e così di seguito. 4.3. Adattare il diritto internazionale in contrasto, oppure rescinderlo La Svizzera è un partner contrattuale rispettato a livello internazionale. Ciò non cambierà con l’accettazione dell’iniziativa per l’autodeterminazione. Questa garantisce la certezza del diritto, in particolare nei rapporti fra il diritto internazionale e il diritto svizzero. È importante per le arti e mestieri e per i cittadini, dunque per l’economia e per la prosperità di tutta la Svizzera.

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4.3.1. Certezza del diritto grazie alla soppressione di contraddizioni Se una convenzione internazionale contraddice una disposizione della Costituzione federale, per esempio dopo l’accettazione di un’iniziativa popolare, essa dovrà essere obbligatoriamente adattata. Se gli Stati o le organizzazioni internazionali toccate non accettano di negoziare o se i negoziati falliscono, il trattato in questione dovrà essere rescisso. La maggior parte delle disposizioni costituzionali non è direttamente applicabile e deve quindi essere messa in esecuzione a livello di legge, perché il testo costituzionale è il più delle volte formulato in termini generici. Questa applicazione tramite una legge permette alla Svizzera di rispettare in un primo tempo un impegno internazionale, anche se il popolo ha preso una decisione contraria. Le autorità dispongono quindi, prima di preparare una regolamentazione giuridica, di un lasso di tempo per ottenere l’applicazione di disposizioni internazionali contraddittorie o per rescindere il trattato in questione. Il periodo fino all’entrata in vigore della legge d’esecuzione offre un ulteriore margine di manovra. Si evita così fin dall’inizio un’incertezza del diritto provocata dalla priorità dell’iniziativa popolare accettata o da un trattato internazionale. 4.3.2. I trattati internazionali devono essere vantaggiosi anche per la Svizzera

La rescissione è una procedura naturale fra persone, aziende e Stati. Se una parte constata che non può o non vuole più adempiere alle condizioni del contratto, deve necessariamente denunciarlo. Essa chiarisce così la situazione. Una rescissione è senza dubbio preferibile a una violazione permanente o ripetuta delle disposizioni contrattuali.

4.3.3. Solo delle contraddizioni evidenti esigono una modifica o una rescissione

Di principio, il Consiglio federale deve già oggi rispettare la Costituzione federale quando stipula degli accordi. Gli è proibito stipulare con altri Stati o organizzazioni internazionali dei trattati che violano la Costituzione in vigore. Gli avversari dell’iniziativa per l’autodeterminazione pretendono che delle centinaia di accordi sarebbero minacciati e dovrebbero perciò essere adeguati o rescissi. Si tratta di un’esagerazione derivante da un comportamento isterico. Va da sé che un accordo internazionale deve essere adattato o rescisso solo se presenta una contraddizione evidente e con conseguenze concrete. Delle piccole contraddizioni formali di natura puramente giuridica sono comunque inevitabili in presenza di diverse migliaia di accordi internazionali. Esse non hanno, di regola, alcuna conseguenza pratica. I giudici stranieri non devono primeggiare sul diritto svizzero. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) non è un trattato internazionale ai sensi della nuova regolamentazione proposta. Il relativo decreto d’approvazione non è stato sottoposto al referendum perché il Consiglio federale e il Parlamento erano convinti che la CEDDU don costituisse un’innovazione importante. Secondo i termini dell’iniziativa per l’autodeterminazione, i tribunali e le autorità svizzere dovranno, in caso di contraddizione fra la Costituzione federale e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, dare la priorità alla Costituzione. Con il nuovo articolo 190 cst., il Tribunale federale non potrà più riconoscere la priorità delle sentenze della Corte di Strasburgo su un’iniziativa costituzionale approvata dal popolo e dai cantoni, come ha fatto con la sua sentenza del 12 ottobre 2012. Se l’iniziativa per l’autodeterminazione sarà accettata, le decisioni dei giudici di Strasburgo non primeggeranno più su quelle delle cittadine e dei cittadini svizzeri.

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La CEDU continuerà a essere rispettata Qui si tratta solo del rapporto fra la CEDU e la Costituzione federale; solo la Costituzione federale ha la priorità sulle sentenze della Corte di Strasburgo. Per contro, in caso di conflitto fra una legge federale e l’interpretazione della CEDU, le decisioni del Tribunale federale rimangono valide. Di principio, il TF dà in questi casi la priorità alla giurisprudenza relativa alla CEDU. Per esempio, le vittime dell’amianto potranno, anche dopo l’accettazione dell’iniziativa, far valere i loro diritti e sporgere denuncia a Strasburgo contro un termine di prescrizione ritenuto troppo breve. Questo termine è stabilito nel Codice delle obbligazioni, dunque in una legge federale. Le organizzazioni di andicappati potranno continuare a ricorrere a Strasburgo contro le procedure AI (legge federale sull’assicurazione-invalidità) che giudicano discriminatorie. 4.3.4 Divieto di stipulare nuovi trattati internazionali contrari alla Costituzione federale

La nuova norma costituzionale vieta inoltre al Consiglio federale e al Parlamento di stipulare dei trattati internazionali contrari alla Costituzione in vigore. Si tratta di una regola perfettamente logica, secondo la normale concezione del diritto, perché va da sé che le autorità politiche rispettino la Costituzione federale. Per escludere altre interpretazioni, è meglio tuttavia iscriverlo esplicitamente nella Costituzione. Infatti, il Parlamento ha per esempio deciso di estendere la libera circolazione delle persone alla Croazia, mentre che la nuova norma costituzionale derivante dall’iniziativa accettata contro l’immigrazione di massa lo proibiva. Inoltre, dopo l’adozione dell’iniziativa per l’autodeterminazione, non sarà più necessario lottare affinché il Consiglio federale non sottoscriva il patto migratorio dell’ONU, dato che esso viola la Costituzione federale (controllo indipendente dell’immigrazione).

5. Votare SÌ, significa decidere noi stessi le nostre regole e le nostre leggi

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L'iniziativa per l’autodeterminazione garantisce durevolmente il diritto delle cittadine e dei cittadini di decidere delle regole valide nel loro paese. È assolutamente necessario, di fronte alla densificazione costante e massiccia della regolamentazione internazionale. Diciamo perciò SÌ all’autodeterminazione e a un ordinamento giuridico liberale basato sul buonsenso umano e sulla responsabilità individuale.

"Sarebbe pericoloso per la protezione dei nostri salariati se la Svizzera riprendesse, tramite un accordo-quadro, le condizioni di lavoro e salariali dell’UE. Il diritto svizzero protegge meglio del diritto europeo. Io mi oppongo con determinazione a che il diritto europeo regoli tutte le relazioni fra la Svizzera e l’UE."

Questa dichiarazione è stata fatta dall’ex-consigliera federale Micheline Calmy-Rey (PS) in un’intervista rilasciata al domenicale "Sonntagsblick", concernente il progetto di accordo-quadro Svizzera-UE. Ecco esattamente perché bisogna dire SÌ all’iniziativa per l’autodeterminazione: il diritto svizzero deve essere anteposto al diritto straniero.

L'iniziativa per l’autodeterminazione ancora nella Costituzione federale il principio secondo il quale i cittadini possono decidere liberamente. Il diritto internazionale cogente è l’unica restrizione. Per il resto, le Svizzere e gli Svizzeri devono avere il diritto di decidere loro stessi se vogliono o no mangiare dei prodotti geneticamente modificati, se le mucche devono portare le corna, se vogliono vietare l’importazione di olio di palma, se vogliono mantenere le misure contro il dumping salariale, se vogliono vietare la libera circolazione delle persone per poter gestire l’immigrazione, eccetera.

5.1. Un SÌ a noi consumatori!

Votare SÌ significa poter decidere anche in futuro se vogliamo o no che degli alimenti geneticamente modificati finiscano sui nostri piatti.

Le Svizzera vuole sapere ciò che contiene il suo cibo e ciò che viene coltivato sul suolo del suo paese. Il nostro paese impone dal 2005 una moratoria contro la coltura commerciale di piante geneticamente modificate, grazie all’accettazione dell’iniziativa popolare federale ”per alimenti prodotti senza manipolazioni genetiche” con il 55,7% dei voti (27.11.05). Nel 2017, il Parlamento ha prolungato questa moratoria di ulteriori quattro anni, ossia fino al 2021 – contro la volontà del Consiglio federale che auspicava la coltura parallela di piante geneticamente modificate e di piante naturali. Questa moratoria autorizza delle eccezioni a fini di ricerca, il che è una soluzione ragionevole. L’UE ha anche adottato, nel frattempo, una direttiva più severa che in passato in materia di ingegneria genetica. Non è una moratoria, ma pur sempre un inasprimento delle regole, anche nel settore della ricerca. Ma questa regolamentazione è minacciata dai negoziati attualmente in corso fra l’UE e gli Stati uniti sulle tariffe doganali. Stando a una dichiarazione del presidente americano, l’UE si sarebbe dichiarata pronta a importare della soia geneticamente modificata dagli Stati uniti. Anche il mais sarebbe in questione. I due cereali sono utilizzati per il foraggiamento degli animali e saranno per forza di cose commercializzati anche in Svizzera “grazie” agli accordi bilaterali e nonostante il chiaro rifiuto di questo genere di derrate da parte del popolo svizzero. Se rinunciamo alla nostra autodeterminazione, un tribunale arbitrale tecnocratico di Bruxelles deciderà ben presto sul contenuto dei nostri piatti.

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Votare SÌ significa mantenere il diritto di decidere noi stessi la protezione dei nostri animali!

Ta tempo, ormai, il Consiglio federale non si preoccupa più dell’agricoltura svizzera. Regolarmente qualifica “nocivi” o “inapplicabili” sei nuovi standard svizzeri, facendo riferimento all’accordo agricolo con l’UE (elemento degli accordi bilaterali I), alle regole dell’OMC o a degli accordi di libero scambio. Se la Svizzera abbandona l’autodeterminazione, presto non potrà più definire i suoi propri standard per la cura degli animali e per la produzione di derrate alimentari.

La Svizzera, a giusta ragione, è orgogliosa della cura esemplare degli animali nella sua agricoltura. La legislazione elvetica sulla protezione degli animali impone delle prescrizioni dettagliate e degli standard minimi per tutti gli animali d’allevamento. In confronto, le direttive dell’UE sono deboli e poco esigenti. Le differenze qualitative fra i paesi membri dell’UE sono considerevoli in questo settore. Non esiste una norma sulla cura delle mucche, sull’ingrassamento del bestiame, dei tacchini e degli struzzi, tantomeno l’UE dispone di una regolamentazione uniforme per la cura delle pecore, delle capre e dei cavalli. La maggior parte degli animali d’allevamento è insufficientemente protetta o non lo è del tutto nell’UE. Un triste esempio per illustrare questo punto: la regolamentazione UE per il trasporto degli animali. In Svizzera, gli animali possono essere trasportati al massimo per sei ore, indipendentemente dalla specie. L’UE, invece, non limita la durata dei trasporti, che possono durare fino a 60 ore con qualche pausa. Si immaginino le conseguenze disastrose per gli animali. Ogni anno, circa due milioni di maiali e 10 milioni di volatili muoiono miseramente nel corso del trasporto. SE abbandoniamo la nostra autodeterminazione, altri decideranno invece di noi se degli animali possano vivere in un ambiente conveniente e degno o se debbano sopportare delle inutili sofferenze.

Votare SÌ significa decidere noi stessi sulla protezione dei consumatori! La regolamentazione svizzera della responsabilità per i prodotti è quasi identica a quella dell’UE, perché la Svizzera ha ripreso quasi completamente le direttive UE nella sua legislazione. I doveri e gli obblighi, del consumatore come del produttore, sono così chiaramente definiti. Fin qui, tutto bene. C’è tuttavia il grande rischio che queste disposizioni siano anch’esse diluite a causa, in particolare, del progetto di accordo di libero scambio transatlantico (TTIP) che attualmente stanno negoziando gli Stati uniti e l’UE. Questo trattato potrebbe avere gravi conseguenze per gli standard in vigore a protezione dei consumatori, dell’ambiente e della salute, perché l’obiettivo di questi trattati di diritto internazionale è di armonizzare le regolamentazioni nazionali. In altre parole, l’Europa si allineerebbe sugli standard molto più bassi degli Stati uniti. Gli investitori privati riceverebbero la possibilità di querelare degli Stati di fronte a dei tribunali arbitrali internazionali, qualora ritenessero che una legge o una politica noccia alle loro attività. È interessante constatare che questo modo di procedere ha suscitato forti critiche in parecchi paesi membri dell’UE (chi può avere voglia di subire dei giudici stranieri, oppure di essere il bersaglio di querele assurde come quelle autorizzate dall’ordinamento giuridico americano?). I negoziati sull’accordo di libero scambio sono congelati per il momento, perché il nuovo presidente degli Stati uniti s’è opposto. Ma ciò non significa che siano definitivamente chiusi. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, ben presto dei giudici UE decideranno sulla protezione dei consumatori in Svizzera. 5.2. Un SÌ per il cittadino maturo!

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Votare SÌ significa poter decidere se vogliamo conservare o no il segreto bancario a livello nazionale!

Già nel 2004, l’UE ha messo la svizzera sotto pressione a causa del suo segreto a protezione dei clienti delle banche. Conseguenza: la Svizzera ha stipulato con l’UE un accordo sull’imposizione sui redditi da risparmio. Nel 2009, l’autorità di sorveglianza dei mercati finanziari ha ordinato a UBS, a seguito di una semplice richiesta dagli Stati uniti, di consegnare alle autorità americane dei dati di clienti americani. Nello stesso anno, la Svizzera ha ripreso lo standard OCSE sull’assistenza amministrativa in caso di reati fiscali. Nel 2014, la Svizzera ha accettato lo scambio automatico di informazioni (SAI) in materia fiscale con 37 Stati, fra cui gli Stati membri dell’UE, gli Stati SEE Islanda e Norvegia, come pure l’Australia, il Canada e il Giappone. 43 altri Stati si aggiungeranno a partire dal 2018. Conclusione: l’estero fa tutto quanto in suo potere per indebolire la piazza finanziaria svizzera. Se abbandoniamo, passo dopo passo, la nostra autodeterminazione, sarà solo una questione di tempo a che il segreto bancario sia soppresso anche a livello nazionale.

Votare SÌ significa poter continuare a decidere come concepiamo il nostro diritto sulle armi! Le sole risposte che l’UE ha saputo dare agli attentati di Parigi, è stata quella di moltiplicare le prescrizioni vessatorie contro le persone che possiedono legalmente delle armi, mentre che le frontiere rimangono spalancate al traffico illecito di armi. È impensabile nell’UE che un cittadino tenuto al servizio militare o un tiratore sportivo possano conservare la propria arma a casa. In Svizzera, la detenzione di armi sotto la propria responsabilità ha una tradizione plurisecolare. Essa fa parte del principio dell’esercito di milizia che l’UE non conosce sotto questa forma. Così l’UE, per incomprensione nei confronti della Svizzera e della sua tradizione di milizia, non smette di tentare d’indebolire il diritto svizzero sulle armi. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, sacrificheremo il nostro diritto liberale in materia di armi e, con lui, anche la fiducia che lo Stato svizzero ripone nei suoi cittadini.

Votare SÌ significa decidere noi stessi quale si a una protezione efficace dei dati! Una certa protezione dei dati personali è indispensabile nell’era di Internet. È incontestabile. Il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati adeguano perciò regolarmente la legge sulla protezione dei dati all’evolversi della situazione. L’UE, invece, esagera completamente e mette i suoi cittadini sotto tutela. La sua nuova ordinanza sulla protezione dei dati è un mostro burocratico. Questo regime avulso dalla realtà, eccessivo e complicato, paralizza l’economia e impedisce l’innovazione. Bisogna impedire che la Svizzera sia costretta a sottomettersi a una legislazione così insensata. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, saremo costretti a riprendere ciecamente degli standard internazionali. 5.3. Un SÌ alla sicurezza della Svizzera! Votare SÌ significa poter decidere se vogliamo o no conservare il nostro esercito di milizia! La comunità internazionale ha attualmente la tendenza a esigere da tutti i paesi che costituiscano per “solidarietà” dei piccoli eserciti di professionisti che tentano invano di “stabilizzare” delle regioni lontane del Terzo mondo e che sono del tutto incapaci di difendere il proprio paese. Il nostro esercito di milizia difende la nostra neutralità, un fattore autentico di

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pace, sostiene le autorità civili nei casi di catastrofe e difende il nostro paese contro eventuali aggressori. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, rischiamo che il servizio militare obbligatorio, sistema collaudato da tanto tempo, sia un giorno proibito da dei giudici stranieri, perché considerato come un lavoro forzato. Votare SÌ significa vegliare a che i criminali stranieri pericolosi siano effettivamente espulsi!

La maggioranza delle Svizzere e degli Svizzeri ha votato per l’espulsione degli stranieri criminali. Questa decisione è in urto con degli accordi internazionali, in particolare con l’UE. È sufficiente che un criminale invochi il diritto internazionale perché non rischi più l’espulsione. Per coronare il tutto, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso, il 16 aprile 2013, che una pena detentiva di diversi anni e la dipendenza dall’aiuto sociale, non erano delle ragioni sufficienti per espellere un delinquente straniero. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, dei giudici stranieri decideranno quali stranieri possono rimanere in Svizzera.

Votare SÌ significa poter decidere quanti migranti la Svizzera deve accettare!

L'UE vuole costringere i paesi membri ad accogliere delle quote di “rifugiati”, che sono in realtà dei migranti clandestini arrivati in Europa grazie a delle bande criminali di passatori. Se la Svizzera, in quanto firmataria degli accordi di Schengen/Dublino, non può più decidere sovranamente, l’UE deciderà per lei quanti rifugiati dovrà accettare. Invece di proteggere i rifugiati autentici conformemente alla sua tradizione umanitaria, la Svizzera dovrebbe, per “solidarietà” con Bruxelles, accettare dei migranti economici da tutta l’Europa, unicamente perché Bruxelles è incapace di proteggere le sue frontiere per fermare queste migrazioni illegali. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, non avremo più voce in capitolo in politica migratoria.

Votare SÌ significa poter limitare in maniera autonoma l’immigrazione! La maggioranza delle Svizzere e degli Svizzeri ha accettato l’iniziativa contro l’immigrazione di massa, nonostante le minacce del Consiglio federale e dell’UE, le quali affermavano che questo progetto era incompatibile con l’accordo di libera circolazione delle persone. La Berna federale ha rifiutato di applicare questo articolo costituzionale. Dovrebbe peraltro essere permesso a un paese libero e sovrano come la Svizzera gestire in maniera autonoma l’immigrazione nel suo territorio, come d’altronde fanno tutti gli Stati performanti del mondo. A nessun governo estero verrebbe l’idea di dare un diritto d’immigrare a 500 milioni di cittadini stranieri. Al contrario, parecchi paesi stanno oggi inasprendo la loro legislazione in materia d’immigrazione, di fronte agli sviluppi internazionali, tenendo strettamente conto dei loro bisogni economici e della sicurezza nazionale. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, non avremo più niente da dire in politica della migrazione.

5.4. Un SÌ a buone infrastrutture e a istituzioni svizzere sperimentate! Votare SÌ significa poter decidere se vogliamo che le nostre banche continuino a beneficiare di una garanzia statale!

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Delle 24 banche cantonali esistenti i Svizzera, 21 beneficiano di una garanzia dello Stato. Conformemente al diritto UE, la Svizzera dovrebbe sopprimere questa garanzia statale, perché questo modello di successo provoca delle distorsioni della concorrenza, secondo le concezioni di Bruxelles. Ciò significa ignorare qualche aspetto importante: i proprietari di queste banche, i cantoni, hanno ricevuto nel 2017 poco più di 1,5 miliardi di franchi sotto forma di partecipazione agli utili, di imposte e d’indennizzo per la garanzia di Stato. Ciò vuol dire che la garanzia è ampiamente indennizzata dal punto di vista svizzero. I vantaggi concorrenziali risultanti dalla garanzia sono compensati. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, non potremo più decidere noi stessi se vogliamo conservare o no le banche cantonali. Votare SÌ significa poter decidere se vogliamo continuare a produrre la nostra elettricità!

Se la Svizzera stipula un accordo sull’elettricità con l’UE, questa le imporrà una liberalizzazione completa del mercato dell’elettricità. Ma bisogna che possiamo decidere liberamente un tale passo. Finora, i consumatori privati hanno beneficiato dell’assenza di una liberalizzazione completa del mercato svizzero dell’elettricità. I prezzi dell’elettricità sono rimasti stabili e, anche a livello del servizio di base, sono restati al di sotto della media UE-17. Il settore svizzero dell’elettricità e i suoi proprietari pubblici (cantoni, distretti, comuni), dunque l’insieme della collettività, traggono profitto da questo modello equilibrato tipico della Svizzera. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, sarà solo una questione di tempo perché sia vietato ai cantoni e ai comuni sfruttare le loro aziende di produzione o partecipare a queste imprese.

5.5. Un SÌ al diritto di decidere noi stessi l’ammontare delle nostre imposte e tasse! Votare SÌ significa poter decidere l’ammontare della nostra IVA !

La maggior parte degli Stati dell’UE applicano un tasso d’IVA del 20% o più. Bruxelles prescrive un tasso minimo del 15% con il pretesto di armonizzare le condizioni sul mercato interno e di prevenire delle distorsioni della concorrenza. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, saremo presto o tardi costretti ad adattare il nostro tasso IVA a quello dell’UE. Ci si dirà che è indispensabile per partecipare al mercato interno UE. L’aumento del tasso IVA al livello UE significa un onere supplementare di 20 miliardi di franchi, ossia quasi 2'500 franchi d’imposta supplementare per abitante.

Votare SÌ significa poter decidere il livello delle imposte sul reddito e delle imprese!

Oltre a una grande stabilità politica e a una manodopera perfettamente formata, la Svizzera offre alle imprese internazionali delle condizioni fiscali vantaggiose. La concorrenza fiscale fra i cantoni ne è una ragione, perché obbliga le autorità cantonali a gestire con moderazione le loro risorse fiscali. Va da sé che certi vantaggi fiscali irritino gli altri Stati e le organizzazioni internazionali che li dominano. La Svizzera si fa regolarmente insultare e qualificare “oasi fiscale”. Le si rimprovera una mancanza di cooperazione in materia fiscale e se ne serve da pretesto per metterla su delle liste nere o grigie. Invece di dotarsi loro stessi di un regime fiscale vantaggioso e di smetterla di dissanguare i propri contribuenti, questi Stati fanno pressione sulla Svizzera. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, dovremo ben presto adattare il nostro regime fiscale a quello estero. Risultato: le imposte aumenteranno.

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Votare SÌ significa decidere se vogliamo o no una benzina a 2 franchi al litro!

In nome della svolta energetica, del cambiamento climatico o semplicemente per riempire le casse pubbliche, gli Stati non cessano di aumentare i prelievi fiscali sulla benzina e sul gasolio. La tendenza internazionale è nettamente al rialzo. Già oggi, le tasse costituiscono la parte essenziale del prezzo eccessivo dei carburanti (circa 85 cts per litro di benzina!). Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, la Svizzera non potrà più sfuggire a nuove tasse e imposte sui carburanti e i prezzi aumenteranno anche da noi. Ci sono sufficienti convenzioni internazionali infiorate di buone intenzioni e sostenute da belle dichiarazioni per giustificare questo saccheggio dei portafogli delle cittadine e dei cittadini.

Votare SÌ significa poter decidere noi stessi le tasse sulle sigarette e sulla birra! Benché il divieto di fumare nei ristoranti e altre misure dello stesso genere abbiano già provocato un calo del numero di fumatori e che anche il consumo di alcool diminuisca, certe organizzazioni internazionali e l’UE continuano a fare pressione. L’iper-regolamentazione che ne deriva, con immagini dissuasive sugli imballaggi o avvertimenti a grandi lettere, è solo uno dei discutibili passi volti a impedire il consumo di tabacco e di alcool. La tappa seguente e logica è un aumento delle tasse su questi prodotti. L’Organizzazione mondiale della salute (OMS) e la Banca mondiale emettono regolarmente dei calcoli più o meno fantasiosi sul costo di questo consumo, chiedendo a gran voce delle misure internazionali. Se la Svizzera abbandona la sua autodeterminazione, essa cederà presto o tardi a queste pressioni internazionali e aumenterà i prezzi di questi prodotti. La democrazia diretta veglia a che il popolo abbia sempre l’ultima parola. In queste organizzazioni internazionali, la nozione di responsabilità individuale è manifestamente sconosciuta. Tutto ciò che sanno fare, è mettere i cittadini sotto tutela, prescrivendo loro in dettaglio ciò che devono o non devono fare. 5.6. Un SÌ alla salvaguardia della piazza industriale svizzera! Votare SÌ significa impedire che la Svizzera sia schiacciata sotto il rullo compressore burocratico UE! Più ci rendiamo dipendenti dal diritto internazionale, e tanto più dobbiamo riprendere delle regolamentazioni. La sola UE emana ogni anno migliaia di direttive e ordinanze. La ripresa sconsiderata di disposizioni internazionali, senza meccanismi d’intervento come la democrazia diretta, è nociva per l’economia e per la certezza del diritto. Queste regolamentazioni a volte maniacali, come le prescrizioni sulla curvatura dei cetrioli, la definizione giuridica di una pizza napoletana o la definizione quasi incomprensibile della “conicità” costituiscono solo qualche esempio dell’iper-regolamentazione insensata alla quale si dedica la burocrazia UE.

Se la Costituzione federale è rimpiazzata, quale fonte suprema del diritto, dal diritto internazionale raffazzonato da questi funzionari e giuristi, la Svizzera non sarà più protetta da tali aberrazioni. Queste regolamentazioni diventano decisamente ostili all’economia quando mirano a un’economia verde, alla politica energetica o a una protezione eccessiva dei consumatori nel settore finanziario. I loro autori negano a priori qualsiasi responsabilità individuale delle cittadine e dei cittadini. I diritti dei sindacati non cessano d’essere estesi. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, delle regolamentazioni come la responsabilità solidale, la registrazione dettagliata e obbligatoria degli orari di lavoro e delle vacanze, le nuove regole sulle quote rosa, la polizia dei salari, le querele collettive, delle tariffe unisex secondo la legge Gender oppure dei congedi parentali illimitati, ostacoleranno la marcia dell’economia, limiteranno la libertà dei cittadini, faranno esplodere le imposte e distruggeranno il nostro mercato liberale del lavoro.

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Votare SÌ affinché l’apprendistato professionale conservi il suo importante ruolo! L'internazionalizzazione del diritto ci obbliga ad adattarci ad altri paesi in settori nei quali siamo molto migliori. È il caso del nostro sistema duale di formazione professionale grazie al quale ogni anno dei professionisti perfettamente formati accedono al mercato del lavoro. Questo modo di formazione sarebbe per forza di cose minato dal livellamento verso il basso che l’UE tenta di imporre alla Svizzera. Se abbandoniamo la nostra autodeterminazione, saremo costretti a riconoscere i diplomi professionali qualitativamente inferiori degli altri paesi. Votare SÌ significa poter decidere noi stessi se i frontalieri possano percepire delle indennità di disoccupazione in Svizzera, oppure no!

Se uno di 320'000 frontalieri che lavorano in Svizzera cade in disoccupazione, le indennità non gli sono versate dall’assicurazione-disoccupazione svizzera, ma dall’equivalente istituto nel suo paese d’origine. Ma i ministri del lavoro hanno deciso nel 2018 di invertire questo sistema. In futuro, il versamento delle indennità non sarà più a carico dello Stato di domicilio, ma di quello dell’ultimo paese nel quale il frontaliere ha lavorato. Secondo la Segreteria di Stato alla migrazione, questo cambiamento imporrebbe alla Svizzera degli oneri supplementari nell’ordine di qualche centinaio di milioni di franchi. Ciò che è peggio, è che questa estensione delle prestazioni sociali rafforzerebbe ancora di più l’immigrazione di massa subita dalla Svizzera.

Lo sapevate?

Perfino dei professori, ex-giudici federali e un’ex-consigliera federale PS riconoscono la preoccupazione alla base dell’iniziativa per l’autodeterminazione.

«Il Consiglio federale e i media hanno aspramente criticato l’iniziativa per l’autodeterminazione dell’UDC. Ingiustamente. La preoccupazione l’esige infatti. L’applicazione dei diritti dell’uomo in Svizzera non sarebbe per nulla pregiudicata in caso di una sua adozione.» Marcel Niggli, professore di diritto penale (Weltwoche, 22.1.2018)

«Quali sarebbero i vantaggi dell’iniziativa? Un rafforzamento della nostra democrazia diretta. Se il Tribunale federale non rispetta la Costituzione, se il Parlamento non mette in esecuzione le decisioni del popolo – per esempio l’immigrazione di massa -, se il Consiglio federale prevede di adottare in futuro il diritto comunitario, bisogna chiaramente dire: Basta! Siamo pur sempre una democrazia.» Paul Widmer, ex-ambasciatore (NZZ am Sonntag, 19.8.2018)

«Se la Svizzera dovesse adottare le condizioni di lavoro e i salari dell’UE tramite un accordo-quadro, ciò sarebbe pericoloso per la protezione dei nostri impiegati. Il diritto svizzero protegge meglio del diritto europeo. Io mi oppongo con determinazione a che il diritto europeo regoli tutte le relazioni fra la Svizzera e l’UE.»

Micheline Calmy-Rey, ex-consigliera federale PS (Blick, 12.8.2018)

«Invece di concentrarsi sulla tutela delle garanzie dei diritti dell’uomo, come era l’idea originale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) si basa ormai sulla Convenzione per elaborare delle regole europee che, nella concezione classica, sarebbero peraltro di competenza dei legislatori nazionali.»

Martin Schubarth, ex-giudice federale PS (NZZ, 2.11.2017)

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L'UE rifiuta di aderire alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)

Il trattato di Lisbona prevede l’adesione dell’UE – come Unione – alla CEDU, affinché la Corte europea dei diritti dell’uomo possa verificare se gli atti giuridici dell’UE siano in accordo con la CEDU. L’UE si oppone, tuttavia, a questa adesione, appellandosi a un parere giuridico della Corte di giustizia UE del 18 dicembre 2014, secondo il quale questa adesione violerebbe il principio dell’autonomia del diritto dell’Unione. Inoltre, diverse particolarità dell’Unione e del diritto dell’Unione sarebbero minacciate. Questo rapporto arriva alla conclusione seguente:

"L'accordo sull’adesione dell’Unione europea alla Convenzione dei diritti dell’uomo e dei diritti fondamentali non è compatibile con l’art. 6 cpv 2 del trattato dell’Unione europea e con il protocollo N° 8 relativo all’art. 6 cpv 2 del trattato dell’Unione europea relativo all’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dei diritti fondamentali." (Traduzione dal tedesco)

Se ne può concludere che l’UE intenda conservare la sua autodeterminazione. Questo atteggiamento è legittimo, ma deve valere anche per la Svizzera. Questa posizione non è credibile e dovrebbe essere valida anche per la Svizzera. Come l’UE, anche la Svizzera ha tutti i diritti di insistere sul suo diritto all’autodeterminazione. Nessun altro Stato al mondo parte dal principio che il diritto internazionale primeggia

sul diritto nazionale

Nessun altro Stato al mondo parte dal principio che il diritto internazionale primeggia sul diritto nazionale. La priorità generale accordata in Svizzera al diritto internazionale è un errore fondamentale, e ciò per tre ragioni:

1. Il diritto internazionale si basa sempre meno su trattati e sempre più su direttive, dichiarazioni, decisioni e sentenze di organizzazioni o di tribunali internazionali, che si tratti dell’ONU, dell’OCSE, della Corte di giustizia UE di Lussemburgo e della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Questa evoluzione limita la partecipazione degli Stati e, di conseguenza, i diritti di partecipazione di cittadini. Noi Svizzeri, che abbiamo fatto ottime esperienze con i nostri diritti civili, non possiamo accettare senza reagire questo attentato alla democrazia diretta. La priorità della Costituzione federale sul diritto internazionale garantisce che, anche nel mondo globalizzato nel quale viviamo, possiamo decidere noi il modo nel quale vogliamo vivere.

2. Il diritto internazionale è il principale motore dell’iper-regolamentazione. È una delle conseguenze della succitata evoluzione dei trattati internazionali nella direzione delle decisioni affidate a organizzazioni. Che si tratti di nuove prescrizioni in campo fiscale, di regole concernenti le banche, di norme di sicurezza per i giocattoli o per gli oggetti in plastica, la maggior parte di queste regolamentazioni escono dagli uffici di organizzazioni internazionali. Sostenere la priorità del diritto internazionale significa sostenere la priorità dell’iper-regolamentazione e della burocrazia che compromettono il nostro regime economico liberale.

3. Il diritto internazionale è un regime giudiziario inflessibile. I trattati multilaterali non possono quasi più essere modificati dopo la loro entrata in vigore. Sono perciò in contrasto con la democrazia. “La democrazia è una sovranità temporanea”: questa formula pertinente è della Corte costituzionale tedesca. Deve sempre essere possibile modificare dei rapporti di

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diritto. Quando si è contratto un matrimonio, ma il partner non è più quello che era quando lo si è sposato, si deve avere il diritto di andarsene. Quando un paese ha stipulato un accordo di libera circolazione delle persone, ma il numero di immigranti che ne deriva è molto superiore a quello previsto dalle due parti, bisogna potersi distanziare da questo accordo.

Il Consiglio federale confermava ancora nel 2010 la priorità della Costituzione federale rispetto al diritto internazionale non cogente

Nel suo rapporto del 5 giugno 2010 sulla relazione fra il diritto internazionale e il diritto nazionale, il Consiglio federale rilevava ancora che delle disposizioni costituzionali contrarie al diritto internazionale dovevano essere applicate (capitolo 8.6.1).

La Corte di giustizia UE diventerebbe il tribunale supremo della Svizzera

Dalla sua creazione nel 1952, la Corte di giustizia UE installata a Lussemburgo ha il mandato di vegliare sulla salvaguardia del diritto europeo nell’interpretazione e nell’applicazione di trattati stipulati da Stati membri dell’UE. Conformemente a questo mandato, la Corte di giustizia UE verifica la legalità delle azioni degli organi dell’Unione europea, veglia a che gli Stati membri adempiano ai loro obblighi risultanti da detti trattati e interpreta il diritto dell’Unione dietro richiesta dei tribunali nazionali.

Il Consiglio federale intende negoziare un’integrazione istituzionale della Svizzera nell’UE. Ciò significa che la Svizzera riprenderebbe automaticamente nel suo diritto nazionale, o quantomeno sarebbe costretta di fatto a farlo, tutto il nuovo diritto UE che tocchi gli accordi bilaterali. Questa integrazione istituzionale avrebbe anche per conseguenza che la Corte di giustizia UE (CGUE) dirimerebbe direttamente o indirettamente gli eventuali litigi che sorgessero nei rapporti Svizzera-UE. Le modifiche apportate dall’UE ai trattati e le sentenze della CGUE farebbero parte del diritto internazionale e sarebbero quindi anteposte alla Costituzione federale svizzera.

L'UE e la CGUE costituirebbero il nuovo sovrano della Svizzera, prendendo il posto di popolo e cantoni. L’UE e la CGUE potrebbero semplicemente ignorare la Costituzione federale. Sarebbe la sottomissione completa della Svizzera non solo a dei giudici stranieri, ma anche a un governo straniero.

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7. Confutazione degli argomenti contrari "L'iniziativa per l’autodeterminazione minaccia più di 600 accordi importanti per l’economia"

È falso. Questi accordi restano evidentemente in vigore, perché non sono in conflitto con alcuna disposizione costituzionale. Prima di ratificare tali accordi, la Confederazione deve sempre verificarne la costituzionalità. L’accordo di libero scambio con la Cina, l’accordo di libero scambio con l’UE e gli accordi relativi all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) sono compatibili con l’iniziativa per l’autodeterminazione. Nessun accordo essenziale per l’economia svizzera è minacciato da questa iniziativa.

Questa affermazione è stata fatta da economiesuisse, che si basa su un parere giuridico da lei ordinato e finanziato. Come argomento choc, questa organizzazione cita l’accordo di libero scambio con la Cina che, si afferma, dovrebbe essere adattato o rescisso in caso di accettazione dell’iniziativa per l’autodeterminazione.

Due esperti di diritto di due diversi dipartimenti federali – generalmente poco favorevoli all’UDC – confermano categoricamente che non c’è incompatibilità fra l’iniziativa e l’accordo di libero scambio con la Cina: il Dipartimento federale di giustizia e polizia, dunque il dipartimento della consigliera federale socialista Simonetta Sommaruga, e la Direzione del diritto internazionale pubblico del Dipartimento degli affari esteri, all’epoca diretto dal consigliere federale Didier Burkhalter.

In pratica, la contraddizione teorica affermata non ha assolutamente alcun effetto, a causa della debole immigrazione proveniente dalla Cina. Il problema – se ce n’è uno – può essere risolto con una semplice misura amministrativa senza peraltro rimettere in questione l’iniziativa contro l’immigrazione di massa.

L'unico obiettivo di economiesuisse quando afferma che degli accordi importanti sarebbero minacciati è quindi quello di seminare il panico. In realtà, solo degli accordi che si oppongono chiaramente alla Costituzione federale dovrebbero essere adattati o rescissi.

"L'iniziativa per l’autodeterminazione compromette la certezza del diritto"

È vero il contrario. La democrazia diretta sarà rafforzata, perché la decisione finale nel nostro paese spetterà sempre alle cittadine e ai cittadini. Nella prassi attuale, i conflitti fra il diritto internazionale e il diritto costituzionale svizzero provocano frequentemente confusione. L’applicazione burocratica e incorretta dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa ne è il migliore esempio.

L'iniziativa per l’autodeterminazione stabilisce una regola chiara e netta: la Costituzione democratica della Svizzera ha la priorità sul diritto internazionale che si sviluppa costantemente senza alcuna legittimità democratica.

"Con questa iniziativa, la Svizzera non sarebbe più fedele ai suoi impegni e non sarebbe più un partner affidabile a livello internazionale"

Tramite la revisione dell’art. 190 cst., l’iniziativa per l’autodeterminazione chiede che tanto le leggi federali quanto gli accordi internazionali sottoposti a referendum siano determinanti per il Tribunale federale. Ciò significa che il Tribunale federale applicherà i trattati internazionali se

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sono sufficientemente legittimati in termini di democrazia. Gli accordi internazionali importanti sono sempre sottoposti al referendum.

L'iniziativa chiede inoltre che gli accordi internazionali in contrasto con la Costituzione federale siano adattati o, se necessario, disdetti. La Svizzera si comporta quindi semplicemente come un partner contrattuale che difende anche verso l’esterno gli interessi della sua popolazione. Quando una convenzione internazionale non è più nell’interesse del paese, è logico che ci si sforzi di adeguarla o semmai di denunciarla. Non si vede perché la Svizzera rimarrebbe a far parte di un trattato che non è nel suo interesse e contro il quale il sovrano s’è pronunciato con un voto democratico.

La politica estera della Svizzera deve infine tenere conto degli interessi reali del paese. Quando le cittadine e i cittadini hanno preso una decisione, questa non deve essere rimessa in questione, bensì deve essere applicata indipendentemente dal fatto che concerna il diritto nazionale o quello internazionale.

"In caso d’accettazione dell’iniziativa la Svizzera dovrebbe abbandonare la CEDU e si isolerebbe in Europa" In caso di accettazione dell’iniziativa per l’autodeterminazione, il Tribunale federale dovrà, in caso di conflitto fra la Costituzione federale svizzera e la CEDU, dare priorità al diritto costituzionale democratico. Infatti, la CEDU non è stata sottoposta al sovrano elvetico al momento della sua adozione da parte della Svizzera. Essa non avrà quindi legittimità democratica da noi.

La rescissione della CEDU non è un obiettivo dell’iniziativa. Tuttavia, se dei conflitti sorgessero regolarmente fra la volontà del sovrano elvetico e le interpretazioni estensive della Corte europea dei diritti dell’uomo, bisognerà mirare a un adeguamento formulando delle riserve o, in mancanza di un’altra soluzione, denunciare la Convenzione.

I diritti umanitari non sono tuttavia minimamente minacciati. Le regole della CEDU figurano anche nella Costituzione federale e sono applicate dai tribunali svizzeri. Le uniche conseguenze di una rescissione sarebbero che la Svizzera non potrebbe più far parte del Consiglio d’Europa e che la Corte europea dei diritti dell’uomo non potrebbe più annullare delle decisioni del Tribunale federale svizzero.

Bisogna ricordare a questo proposito che mai la Svizzera è stata condannata per una violazione grave dei diritti umanitari e che lo Stato di diritto svizzero non ha assolutamente bisogno di giudici stranieri per funzionare correttamente. Grazie soprattutto al regime della democrazia diretta e ai processi democratici che ne derivano, la protezione dei diritti umanitari è profondamente radicata e incontestata in Svizzera.

"La Svizzera sarebbe il solo paese al mondo a non sottomettersi ai giudizi della Corte europea dei diritti dell’uomo" Falso. No, come lo indica il suo nome, questa corte è europea e comprende oggi 47 Stati, Fra cui anche la Russia, la Turchia e l’Ucraina. Dei paesi non europei non possono ratificare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questi Stati hanno tuttavia codificato i diritti umanitari e i loro tribunali li applicano. Sarebbe una variante del tutto accettabile per la Svizzera. Bisogna anche rilevare che le critiche nei riguardi della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle sue interpretazioni esageratamente estensive sono sempre più forti (per esempio da parte della Gran Bretagna). Inoltre, un parere giuridico della Corte di giustizia UE si oppone all’adesione dell’UE, alla CEDU, perché la sovranità giuridica dell’Unione verrebbe eccessivamente limitata dalla Corte di Strasburgo.

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"La Svizzera che prende le distanze dai diritti dell’uomo? Sarebbe uno scandalo internazionale!" La Svizzera non prende assolutamente le distanze dai diritti dell’uomo. Essa è stata condannata molto raramente per delle presunte violazioni dei diritti umanitari. Ciò conferma che i tribunali svizzeri sono perfettamente in grado di sentenziare indipendentemente e correttamente su questioni che toccano i diritti dell’uomo. I diritti umanitari figurano nella Costituzione federale sotto il titolo “Diritti fondamentali” e non sono assolutamente contestati. È unicamente quando una decisione popolare è in contrasto con una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che la decisione presa democraticamente avrà in futuro la priorità sulla decisione di giudici stranieri.

8. Appendice

8.1. Sentenze scioccanti pronunciate da tribunali svizzeri perché la priorità del diritto svizzero su quello internazionale è oggi mal definita I tribunali svizzeri hanno oggi la tendenza ad appoggiarsi molto rapidamente al diritto internazionale o alle raccomandazioni di organizzazioni internazionali, quando esiste un diritto svizzero che stabilisce il contrario. Il modo di gestire i conflitti fra il diritto svizzero e il diritto internazionale, oggi non è ben definito. L’iniziativa per l’autodeterminazione precisa senza mezzi termini il diritto che i tribunali svizzeri dovranno in futuro applicare: il diritto nazionale svizzero democraticamente legittimato e, in particolare, la Costituzione federale! Ecco due esempi di sentenze nelle quali i tribunali svizzeri hanno dato priorità a dei trattati internazionali, mentre che la base costituzionale svizzera è perfettamente chiara: Un brutale teppista tedesco può restare in Svizzera nonostante l’iniziativa per l’espulsione Il tribunale cantonale zurighese ha rinunciato a ordinare l’espulsione di un delinquente tedesco condannato dal tribunale distrettuale per aggressione a una pena di otto mesi di detenzione con condizionale. Questo cittadino tedesco era già stato condannato per lesioni corporali semplici, nonché per violazione della legge sugli stupefacenti e della legge sulle armi.

Un’aggressione fisica fa parte della lista dei reati penali che devono condurre a un’espulsione obbligatoria, a meno che ci si trovi di fronte a un caso di rigore. Questo è quanto esige l’iniziativa per l’espulsione degli stranieri criminali che il popolo e i cantoni hanno approvato.

Il tribunale cantonale zurighese è giunto tuttavia alla conclusione che non si potesse sentenziare una misura d’espulsione in questo caso concreto: non perché si trattasse di un caso di rigore, ma a causa dell’accordo di libera circolazione delle persone con l’UE. Questo trattato internazionale sarebbe prioritario.

Il punto determinante di questa faccenda è di sapere se il diritto internazionale sia prioritario rispetto a una misura d’espulsione. Secondo la giurisprudenza attuale, gli impegni di diritto internazionale sono prioritari. Vi si può derogare eccezionalmente se il legislatore ha esplicitamente esaminato e accettato le conseguenze di una non-applicazione del diritto internazionale. Ma questa eccezione non è applicabile in questo caso, secondo il Tribunale federale, perché si tratta della libera circolazione delle persone fra la Svizzera e i paesi membri dell’UE e dell’AELS!

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In applicazione dell’accordo di libera circolazione delle persone, il tribunale cantonale è giunto il 22 agosto 2017 alla conclusione che il teppista tedesco no poteva essere espulso. Secondo il trattato in questione, una restrizione del diritto di soggiorno è ammissibile solo se la persona coinvolta rappresenta un pericolo effettivo e grave, e se pregiudica un interesse fondamentale della società. Ma, poiché la pena era stata sentenziata con la condizionale, bisogna presumere che le previsioni erano piuttosto favorevoli all’imputato, che avrebbe potuto far valere il fatto che l’accordo di libera circolazione delle persone proibiva la sua espulsione.

Questa sentenza è in evidente contraddizione con la decisione del popolo svizzero. Se l’iniziativa per l’autodeterminazione sarà accettata, dei delinquenti del genere dovranno essere espulsi, perché la Costituzione federale sarà prioritaria. Un Argentino può restare in Svizzera senza permesso di soggiorno Un Argentino di mezza età sposa nel 2004 una cittadina tedesca. Tre anni più tardi entra in Svizzera dove sua moglie gode di un permesso di soggiorno. Grazie a questo matrimonio, beneficia di un permesso di soggiorno limitato a 5 anni. La coppia si separa nel 2008 e il divorzio viene pronunciato nel 2011. L’Ufficio della migrazione del canton Zurigo revoca in seguito il permesso di soggiorno dell’Argentino. Grazie a una relazione con una Svizzera, riceve tuttavia un nuovo permesso di soggiorno. Anche questa relazione ha termine, per cui il permesso di soggiorno gli viene di nuovo revocato dall’Ufficio della migrazione.

L'Argentino ricorre contro questa decisione fino al Tribunale federale. Quest’ultimo decide, con 3 voti contro 2 e facendo riferimento unicamente alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che la revoca di un permesso di soggiorno dopo dieci anni esige un motivo particolare.

Il Tribunale federale non ha tuttavia mai contestato che, conformemente alla legge federale sugli stranieri, questo Argentino non avrebbe avuto diritto a un prolungamento del suo soggiorno in Svizzera.

Nella motivazione della sua sentenza dell’8 maggio 2018, il Tribunale federale fa riferimento a una raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa concernente il soggiorno di immigranti di lunga durata. In virtù di questa raccomandazione, le persone aventi soggiornato fra 5 e 10 anni nel paese devono essere considerate come immigranti di lunga durata, per cui il permesso di soggiorno non può essere loro ritirato se non i condizioni particolari. 8.2. Sentenze scioccanti di 47 giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo di

Strasburgo La Svizzera non ha il diritto di trasferire in Italia (paese di prima accoglienza) una famiglia afghana; conseguenze per tutti gli Stati membri della CEDU La Corte europea di Strasburgo ha deciso, il 14 novembre 2014 nel caso Tarakeh5, che la Svizzera non aveva il diritto di rinviare una famiglia afghana in Italia6 (di fatto, solo se l’Italia dà alla Svizzera la garanzia che la famiglia sarà alloggiata decentemente in Italia), mentre che questa famiglia aveva depositato la sua prima domanda d’asilo in Italia e che l’accordo di Dublino7 prevede precisamente un rinvio nel paese di prima accoglienza. Questa sentenza è 5http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-148070#{"itemid":["001-148070"]} 6Per ciò che concerne la Grecia, esiste già una sentenza del 2011: http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-103050#{"itemid":["001-103050"]} 7 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32003R0343:DE:HTML

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stata emessa da 17 giudici di Strasburgo rappresentanti i paesi seguenti8: Lussemburgo,Andorra, Italia, Liechtenstein, Monaco, Ungheria, Albania, Georgia, Turchia, Montenegro, Estonia, Grecia, Svizzera, Francia, Belgio, Svezia e Gran Bretagna. Essi hanno deciso con 14 voti contro 3. Tre giudici hanno dunque sostenuto la sentenza del Tribunale federale (Josep Casadevall, Andorra; Isabelle Berro-Lefèvre, Monaco; Helena Jäderblom, Svezia). La giudice svizzera Helen Keller9 ha sostenuto la condanna della Svizzera. Questa sentenza ha delle conseguenze non solo per il caso giudicato e per la Svizzera, ma anche per i 47 Stati che hanno ratificato la Convenzione10. Questa constatazione conferma che, benché il piccolo numero di condanne della Svizzera (1,6%) dei casi non sia significativo, è il numero delle sentenze pronunciate contro tutti gli Stati a influenzare la giurisprudenza dei tribunali elvetici. La sentenza qui presentata ha per effetto che i rinvii verso l’Italia saranno bloccati negli altri 46 Stati perché, per forza di cose, gli avvocati di quei paesi si appelleranno alla decisione della corte di Strasburgo e otterranno ragione già di fronte ai tribunali nazionali.

Strasburgo vieta l’espulsione di un criminale Facendo riferimento al diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU), la Corte di Strasburgo ha deciso, in una sentenza del 16 aprile 2013 (Udeh vs. Svizzera 12020/0911) che una condanna a diversi anni di prigione e, in aggiunta, la dipendenza dall’assistenza sociale, non bastavano a motivare l’espulsione di uno straniero e, di conseguenza, la separazione dai suoi figli. Nel 2001, il nigeriano U. entra sotto falsa identità in Svizzera per depositarvi una domanda d’asilo che gli viene rifiutata. Lascia quindi la Svizzera. Vi ritorna poi nel 2003 con l’intenzione di sposare una cittadina svizzera. La coppia mette al mondo dei gemelli. Tre anni più tardi, U. è arrestato mentre tenta d’importare della cocaina in Germania e condannato a 42 mesi di prigione. Espiata la pena, torna in Svizzera per raggiungere la sua famiglia. In seguito, la coppia divorzia. U. rimane in Svizzera. Vi ridiventa padre nel 2012. La sua nuova compagna è svizzera. Il Tribunale federale rifiuta nel 2009 di accordargli il permesso di soggiorno, rilevando in particolare i suoi precedenti penali e la sua dipendenza dall’assistenza sociale. Il 16 aprile 2013, i giudici di Strasburgo hanno sentenziato, con 5 voti contro 2, a favore di U.. La Svizzera ha chiesto alla Grande camera della CEDU di riconsiderare il caso, ma questa s’è nel frattempo rifiutata di farlo. La sentenza è perciò definitiva e la Svizzera deve versare a U. 9'000 euro di riparazione del torto morale. Strasburgo permette a uno straniero criminale di entrare in Svizzera Facendo riferimento al diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 CEDU), la Corte di Strasburgo ha deciso che l’attribuzione di un permesso di soggiorno prolungato in Svizzera e un cattivo stato di salute prevalgono sulla dipendenza sociale e sulla delinquenza dell’individuo in questione (sentenza dell’11 giugno 2013; Hasanbasic vs. Svizzera; 52166/0912). 8 http://www.echr.coe.int/Pages/home.aspx?p=court/judges

9 http://www.ivr.uzh.ch/institutsmitglieder/keller/HK.html 10 http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ChercheSig.asp?NT=005&CM=8&DF=24/11/2014&CL=GER

11 http://www.admin.ch/ch/d/gg/pc/documents/2314/V-(EU)-Nr.-604_2013-(Dublin-III)_de.pdf 12 http://www.admin.ch/ch/d/pore/va/20050605/det517.html H. è nato nel 1956 nell’attuale Bosnia-Erzegovina. In agosto 2004, lascia la Svizzera dopo avervi soggiornato vent’anni, per andare ad abitare nella sua nuova casa. Per ragioni di salute, cambia idea e decide di tornare in Svizzera. Il Tribunale federale gli rifiuta nel 2009 il permesso

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di soggiorno. Esso giustifica questa decisione, in particolare con la dipendenza di H. dall’assistenza sociale e con delle condanne per violazione delle norme della circolazione stradale e violazione di domicilio. L’11 giugno 2013, i giudici di Strasburgo si sono pronunciati a favore di H.. Strasburgo si esprime anche sui cambiamenti di sesso e sull’assicurazione malattia-obbligatoria Secondo la Corte di Strasburgo, la protezione dei diritti dell’uomo comprende anche il diritto di farsi finanziare dallo Stato un cambiamento di sesso (sentenza dell’8 gennaio 2009; Schlumpf vs. Svizzera; 29002/0613; la Svizzera è condannata, con 5 voti contro 2, per violazione dell’art. 8 CEDU). Strasburgo ammette un’associazione avente uno scopo illegale Secondo la Corte di Strasburgo, la protezione dei diritti dell’uomo comprende anche il diritto di fondare un’associazione avente uno scopo illegale (sentenza dell’11 ottobre 2011; Rhino vs. Svizzera; 48848/07; violazione dell'art. 11 CEDU; decisione presa all’unanimità)14. Lo scopo dell’Associazione Rhino – ossia l’occupazione illegale di immobili – era stato giudicato illegale dalle istanze giudiziarie svizzere, per cui l’associazione era stata disciolta. La Corte di Strasburgo rileva, nella sua motivazione, che la dissoluzione di questa associazione, i cui occupanti illegali di immobili erano stati tollerati per anni dalle autorità ginevrine, costituisce una misura severa avente gravi conseguenze, in particolare in termini finanziari. Questa misura ha dunque leso l’essenza stessa del principio della libertà d’associazione. Le autorità giudiziarie svizzere non hanno dimostrato che non c’erano misure più miti per raggiungere l’obiettivo, ossia la cessazione dell’occupazione di immobili. La dissoluzione dell’associazione non era dunque una necessità, in una società democratica, per proteggere i diritti dei proprietari di immobili e per mantenere l’ordine pubblico – nella misura in cui questo obiettivo possa essere ammesso come legittimo. Strasburgo protegge dei richiedenti l’asilo criminali che depositano delle domande infondate La Svizzera non ha il diritto di espellere un Ecuadoriano delinquente domiciliato a Ginevra. Secondo i giudici di Strasburgo, essa violerebbe così il diritto di questo individuo al rispetto della sua vita familiare (sentenza dell’8 luglio 2014; M.P.E.V. vs. Svizzera; 3919/1315). 45enne, E. ha depositato più domande d’asilo in Svizzera con sua moglie e sua figlia di 15 anni. Ha presentato queste domande manifestamente infondate fra il 1995 e il 1999. Tre volte è stato rimpatriato nel suo paese. Le storie spaventose che raccontava alle autorità svizzere sono state minuziosamente controllate dall’ambasciata svizzera sul posto, la quale ha sempre appurato che si trattava di pure menzogne. Quando il 1° gennaio2002 è entrato per la 4a volta in Svizzera con sua moglie, sua figlia e sua nuora, si era preparato meglio e ha presentato diversi 13 http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-90476#{"itemid":["001-90476"]} 14 http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-106892#{"itemid":["001-106892"]} 15 http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-119703#{"itemid":["001-119703"]

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documenti comprovanti che era perseguitato politicamente e che era stato torturato nel suo paese. Su richiesta del Tribunale amministrativo federale, l’ambasciata svizzera a Quito ha verificato ancora una volta in dettaglio i documenti presentati da E. e la conclusione è stata ancora una volta la stessa: documenti falsificati e menzogne. Il 7 settembre 2012, il TAF ha deciso di espellere E.. La domanda d’asilo è stata rifiutata, in particolare perché questo individuo era già stato condannato per ricettazione. Sua moglie e sua figlia hanno ricevuto un permesso di soggiorno. Questa decisione è stata giustificata con il fatto che la coppia era separata e la figlia, che vive presso la madre, è totalmente integrata in Svizzera. Secondo i giudici di Strasburgo, la Svizzera è andata troppo oltre in questa decisione. In una sentenza pronunciata all’unanimità, essi hanno ritenuto che l’espulsione era una misura troppo dura, considerati i reati relativamente poco gravi imputati a E.. Bisogna anche permettere a questo uomo psichicamente labile di poter rimanere vicino a sua moglie e sua figlia, che peraltro vivono separate da lui. La giustizia svizzera non ha prestato sufficiente attenzione a questo aspetto. Così, la Svizzera deve versare 5'500 franchi a quest’uomo per rimborsargli le spese.