S&i 7 2012_montoschi sassone

10
52 - SISTEMI&IMPRESA N.7 - OTTOBRE 2012 family business Premessa L Nel configurare un’offerta di servizi all’im- presa viene spesso presupposto che questa soddisfi anche le necessità dell’impren- ditore. Viene così data come scontata un’identi- ficazione che non sempre è necessariamente re- alizzata. Certamente lo può essere in molti casi, ma riteniamo che spesso sussistano le condizioni perché questa identità di interessi non sia totale. Le aziende a conduzione imprenditoriale non rappresentano un unico gruppo di omogenee ne- cessità e devono ovviamente essere segmentate. È un’azienda ‘familiare’ il colosso coreano Sam- sung come lo è la Ditta Idraulico Tubi. Nel mez- zo ci sono una molteplicità di sfumature, che di solito vengono segmentate per dimensioni di fatturato, numero di dipendenti, ramo d’attività, ragione sociale, caratteristiche tutte dell’impresa, non dell’imprenditore. Ne consegue che l’offer- ta di servizi, i modelli gestionali applicati, gli stili A cura di Marco Montoschi * e Paolo Sassone ** Imprenditore o Impresa? Mantenere bilanciati impresa e vita personale comportamentali proposti, hanno come criterio di selezione la natura dell’impresa, trascuran- do aspetti fondamentali delle peculiarità umane e professionali dell’imprenditore che – in molti casi – rappresentano il vero fattore differenziante dell’attività svolta. L’obiettivo di questo intervento sarà di porre al centro della nostra attenzione l’imprenditore, cer- cando di individuare nuovi strumenti di analisi e di intervento che rafforzino il suo ruolo nello sce- nario competitivo, senza sacrificare quelle caratte- ristiche personali, uniche e irripetibili, che costi- tuiscono il maggiore patrimonio per l’Impresa. Una visione dinamica L’attività imprenditoriale attraversa diverse sta- gioni. A volte cicliche, in condizioni di mercato stabile, a volte di discontinuità. Questa può essere generata sia da comportamenti esterni all’impresa (concorrenza, orientamento dei clienti, scenario macroeconomico) sia da comportamenti propri dell’Imprenditore che possono trovare origine in una molteplicità di motivazioni (personali, fami- liari, rapporti societari …). L’imprenditore utilizza propri modelli comporta- mentali nell’affrontare i momenti di discontinui- tà; soprattutto nei casi di maggiore complessità si avvale di supporti che spesso, per le dimensioni della propria attività, non ha stabilmente all’in- terno dell’azienda. Fino a oggi questi supporti ‘temporanei’ o ‘straordinari’ sono resi disponi- bili secondo una tipologia di offerta predisposta per l’impresa e non per l’imprenditore. Viene così trascurata o sottovalutata l’importanza della prospettiva soggettiva dell’imprenditore, da cui possono derivare scelte ‘dissociative’ che di fatto non realizzano un nuovo equilibrio tra le attività imprenditoriali (quello che faccio per l’impresa) e * Marco Montoschi, Business Innovation in Action, Partner ** Paolo Sassone, Consulente organizzativo e Professional Coach

description

Un sistema strutturato per consentire all’Imprenditore di autovalutare le proprie risorse

Transcript of S&i 7 2012_montoschi sassone

Page 1: S&i 7 2012_montoschi sassone

52 - SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012

family business

Premessa

LNel configurare un’offerta di servizi all’im-presa viene spesso presupposto che questa soddisfi anche le necessità dell’impren-

ditore. Viene così data come scontata un’identi-ficazione che non sempre è necessariamente re-alizzata. Certamente lo può essere in molti casi, ma riteniamo che spesso sussistano le condizioni perché questa identità di interessi non sia totale. Le aziende a conduzione imprenditoriale non rappresentano un unico gruppo di omogenee ne-cessità e devono ovviamente essere segmentate. È un’azienda ‘familiare’ il colosso coreano Sam-sung come lo è la Ditta Idraulico Tubi. Nel mez-zo ci sono una molteplicità di sfumature, che di solito vengono segmentate per dimensioni di fatturato, numero di dipendenti, ramo d’attività,

ragione sociale, caratteristiche tutte dell’impresa, non dell’imprenditore. Ne consegue che l’offer-ta di servizi, i modelli gestionali applicati, gli stili

A cura di Marco Montoschi* e Paolo Sassone**

Imprenditore o Impresa?Mantenere bilanciati impresa e vita personale

comportamentali proposti, hanno come criterio di selezione la natura dell’impresa, trascuran-do aspetti fondamentali delle peculiarità umane e professionali dell’imprenditore che – in molti casi – rappresentano il vero fattore differenziante dell’attività svolta.

L’obiettivo di questo intervento sarà di porre al centro della nostra attenzione l’imprenditore, cer-cando di individuare nuovi strumenti di analisi e di intervento che rafforzino il suo ruolo nello sce-nario competitivo, senza sacrificare quelle caratte-ristiche personali, uniche e irripetibili, che costi-tuiscono il maggiore patrimonio per l’Impresa.

Una visione dinamicaL’attività imprenditoriale attraversa diverse sta-gioni. A volte cicliche, in condizioni di mercato stabile, a volte di discontinuità. Questa può essere generata sia da comportamenti esterni all’impresa (concorrenza, orientamento dei clienti, scenario macroeconomico) sia da comportamenti propri dell’Imprenditore che possono trovare origine in una molteplicità di motivazioni (personali, fami-liari, rapporti societari …).L’imprenditore utilizza propri modelli comporta-mentali nell’affrontare i momenti di discontinui-tà; soprattutto nei casi di maggiore complessità si avvale di supporti che spesso, per le dimensioni della propria attività, non ha stabilmente all’in-terno dell’azienda. Fino a oggi questi supporti ‘temporanei’ o ‘straordinari’ sono resi disponi-bili secondo una tipologia di offerta predisposta per l’impresa e non per l’imprenditore. Viene così trascurata o sottovalutata l’importanza della prospettiva soggettiva dell’imprenditore, da cui possono derivare scelte ‘dissociative’ che di fatto non realizzano un nuovo equilibrio tra le attività imprenditoriali (quello che faccio per l’impresa) e

* Marco Montoschi, Business Innovation in Action, Partner** Paolo Sassone, Consulente organizzativo e Professional Coach

Page 2: S&i 7 2012_montoschi sassone

SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012 - 53

family business

gli interessi personali (quello che faccio per me). È quanto mai popolata la schiera degli imprendi-tori che ci dicono “stavo meglio quando non ero così grande”.Alle radici di ogni impresa troviamo una ‘persona autonoma’; se invece guardiamo alla fase di ma-turità di grandi gruppi imprenditoriali abbiamo una ‘persona sociale’, inserita in un contesto di complicate relazioni che vengono gestite con il permanente supporto di professionisti (manager, partner, consulenti …). La domanda che ci poniamo è: cosa succede ‘nella fase di mezzo’?

La Fase di MezzoProviamo a rappresentare questa ‘fase di mezzo’: come dicevamo, sono consolidati i parametri ti-pici per la segmentazione delle imprese (micro-piccola-media-grande). Questi però riportano a fattori esclusivamente economici e dimensionali.

Forse con un po’ di provocazione abbiamo defini-to il profilo dell’imprenditore in questa fase come ‘Una persona sola’. In realtà in questa fase sus-sistono persone o risorse con le quali l’imprendi-tore si confronta e che spesso prolificano proprio in questa “fase di mezzo”. Il punto è che, mano a mano che la sfera personale e quella imprendi-toriale necessitano di percorsi progressivamente autonomi, i soggetti con i quali l’imprenditore si relaziona tendono a estremizzare questa differen-ziazione, spingendolo a ritardare o – molto spes-so - ad accelerare scelte che non sempre possono essere assunte in tempi brevi. Cosa intendiamo per sfera ‘personale’ e sfera ‘imprenditoriale’? La

prima riguarda i bisogni strettamente legati alla sfera individuale, appunto alla persona, la secon-da ai bisogni che concernono la vita dell’azienda e che in una certa misura si possono sovrapporre a quelli personali. Si tende spesso a far coincide-re in modo assoluto la persona imprenditore con l’impresa ma questo assunto è alquanto opina-bile. Procediamo per esempi. La figura dell’im-prenditore-creatore, tutt’uno con la sua creatura, è attribuibile al fondatore ma lo è molto meno, o comunque in modo diverso alla seconda genera-zione che eredita, subentra, trasforma una crea-tura di altri. Ciò non significa che gli imprendi-tori di seconda o terza generazione siano coinvolti meno del fondatore, quanto piuttosto che si mo-difica il quadro generale del rapporto personale con l’impresa.

I modelli che vengono solitamente proposti fan-no riferimento alle due situazioni estreme: non è proprio così.Le due fasi estreme (autonoma e sociale) si con-traddistinguono per la diversa complessità e, di conseguenza, per il differente ruolo (più pros-simo / più lontano) dell’imprenditore rispetto all’Impresa.Persona autonoma: “Decidi tu, che bisogno hai di confronto?”. “Hai sempre fatto da solo e te la sai cavare benissimo”. “Lascia perdere le teorie e le complicazioni, mantieni la semplicità e istinti-vità che ti hanno sempre contraddistinto” …Persona Sociale: “Non puoi più entrare nel merito di ogni cosa, affidati a nuovi manager”. “Segui l’esperienza dei consulenti, ne hanno vi-ste tante di situazioni come la tua”. “Cerca nuovi Soci, porteranno le risorse che da solo non puoi reperire”.E le sfumature ‘di mezzo’? Possono riguardare un lungo periodo dell’impresa e – forse – una so-luzione intermedia è la più efficace e conveniente per le attività che vengono svolte. Non definiamo limiti quantitativi per individuare questa situa-zione ‘intermedia’ perché per generalizzare do-vremmo fare riferimento a indicatori propri della sola impresa.Il pericolo di non affrontare in modo dedicato e

Page 3: S&i 7 2012_montoschi sassone

54 - SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012

strutturato, ancorché ‘personalizzato’, questa fase è facilmente intuibile: imprenditore ‘Peter Pan’ molto aerobico, ipercinetico, sempre al cen-tro dei problemi. Per quanto bravi e pieni di risor-se la somma delle nostre possibilità umane è però limitata. Per quanto ci sforzeremo di espandere le nostre capacità di intervento diretto, qualcosa sacrificheremo prima o poi. Di solito è il ‘se stes-so’ a essere penalizzato. Con conseguenze a volte molto serie, anche per l’Impresa.Dal lato opposto, viene accelerata l’introduzione di sistemi e strumenti. L’Imprenditore diventa un’entità, classificabile e definibile, all’interno dell’impresa, secondo i modelli di gestione del-le grandi aziende. Abbiamo così l’imprenditore ‘Istituzione’. I rituali sono gli stessi che da mil-lenni si tramandano nella gestione delle strutture complesse: sponsorizzazioni, premi, menzioni, elargizioni. Come un antico sovrano all’impren-ditore ‘Istituzione’ è richiesto di occuparsi della li-bera elargizione, dello ‘straordinario’; le attività di routine sono affidate a terzi. Sempre l’ultima pa-rola, ci mancherebbe altro, ma sempre più pesante la necessità di giustificarla, di renderla condivisa (o quantomeno condivisibile) dagli altri. Normale che questo sia nella grande azienda; pericoloso che si realizzi in attività che dovrebbero ancora poter godere di flessibilità operativa. Anche in questi casi, a soffrirne è spesso il ‘se stesso’.Va da sé la concreta possibilità, poi, che supporti strutturali portino a un appesantimento non solo delle relazioni (la somma delle nostre possibilità personali è data), ma anche dei bilanci economici. Un direttore bravo chiede un giusto compenso. Cosa facciamo se abbiamo necessità di un bravo professionista il cui intervento si giustifica per una frazione del tempo che ci cede? Lo assumia-mo e speriamo che la situazione aziendale prima o poi porti a saturazione il suo contributo o, in alternativa, portiamo in squadra un manager di minori capacità e costo più contenuto?Alcuni pensano che in questi casi sia giustificato l’intervento di un ‘temporary manager’. In alcu-ne situazioni particolari questa può essere una soluzione (ad esempio il trasferimento, chiusura o apertura di un nuovo impianto). La missione è

circoscritta nel tempo, l’obiettivo è chiaro e mi-surabile. In molti casi, però, il ‘temporary’ è solo una modalità per differire decisioni o per non af-frontare in modo strutturato, secondo le proprie esigenze, il nuovo assetto organizzativo che la so-pravvenuta discontinuità richiede.

Affrontare la discontinuità Abbiamo classificato le ‘prospettive dell’impren-ditore’ in cinque macro-aree:

Il mix (peso relativo delle prospettive) dipende da più fattori e in genere non è necessariamente lega-to alle sole dimensioni / complessità dell’azienda. Diverso è il ‘peso’ di ogni prospettiva, diverso è il focus dell’Imprenditore e – di conseguenza – le modalità di operare o assumere decisioni.

L’utilizzo sincronico delle cinque prospettive consente di mantenere il focus sull’imprenditore

1 Personale/Familiare

Relazione con gli affettiRelazione con ‘se stesso’Gestione del patrimonio personale

2 Societaria

Relazione con i soci, i partner, con quanti partecipano al valore dell’impresa senza rapporto di dipendenza dall’Imprenditore

3 Strategica

Rapporto con i soggetti che influenzano il mercato: domanda, concorrenti, altri soggetti convergenti in prospettiva

4 Manageriale

Relazione con la propria struttura organizzativa e, in particolare, con i preposti alla gestione autonoma di risorse

5 Sociale (1)

Relazioni con la società civile: del territorio di provenienza, nazionale o del territorio in cui si opera (anche estero). Include comunità virtuali (es. WEB).

(1) La prospettiva ‘Sociale’ richiede un commento. Le società multinazionali hanno sempre più sviluppato, negli ultimi anni, programmi di CSR (Corporate Social Responsability) a supporto delle proprie attività caratteristiche. Questi programmi sono articolati in progetti internazionali, locali e virtuali. Spesso, grazie a questi programmi, vengono superate o rimosse barriere locali al radicamento delle attività aziendali. Non ci dilungheremo in questa sede, ma richiamiamo l’attenzione sulla necessità che risulti armonico il rapporto dell’Impresa (e dell’imprenditore) con quanti costituiscono la struttura sociale nel cui ambito opera l’azienda.

family business

Page 4: S&i 7 2012_montoschi sassone

SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012 - 55

e di sviluppare strumenti dei quali questi potrà fare uso per conciliare in modo equilibrato le esi-genze dell’azienda con quelle della persona, senza costrizione a modelli generalistici, non adatti al governo della ‘fase di mezzo’.Naturalmente ogni prospettiva comprende più aree di intervento, non tutte dello stesso livello di complessità.

Il ‘peso’ delle prospettiveOgni prospettiva acquista un proprio ‘peso’ in re-lazione allo specifico posizionamento dell’Impren-ditore nel contesto delle proprie relazioni lavora-tive ed extraprofessionali. Nella fase di assessment (autodiagnosi guidata da un Modello di analisi), viene tracciato un profilo personalizzato che sarà di guida negli interventi di analisi delle problema-tiche/opportunità e di gestione del cambiamento.

La prospettiva managerialeQuando si parla di impresa è necessario fare alcuni doverosi ‘distinguo’ rispetto a modelli tradizionali che sono ormai da anni divulgati in tutti i corsi universitari e nelle aule di for-mazione. Condurre un’impresa è diverso da dirigere una società multinazionale. Questo assunto non riguarda le dimensioni (impresa = piccolo, multinazionale = grande) e neppu-re il tipo di business ma riflette semplicemente la diversa fisionomia del modello di gestione dell’imprenditore rispetto a quello dell’azienda multinazionale. È evidente che la dimensione dell’impresa richiede un modello organizzati-vo equilibrato che sarà più strutturato nel caso della media impresa piuttosto che nella piccola. La prospettiva diversa sta nel ‘come’ l’impren-ditore crea e sviluppa il proprio personale mo-dello di ‘capo azienda’.

Se immaginiamo l’Impresa nella sua evoluzione, incontreremo quattro classiche fasi:

Per ciascuna di queste fasi potremo assistere a di-versi momenti di discontinuità legati allo svilup-po, agli investimenti, alla competizione ma l’im-prenditore, per sviluppare impresa, si adatterà ad ogni fase e ad ogni possibile discontinuità.Per riuscire in questa evoluzione dovrà interpre-tare per tempo i cambiamenti e decidere, a secon-da della complessità, quali variazioni apportare al proprio modello di comando. I temi che intercettiamo parlando di imprenditori e management sono di due ordini:

- il primo concerne la sovrapposizione di ruolo in cui l’imprenditore svolge una parte attiva in una o più funzioni aziendali;

- il secondo riguarda l’adeguatezza del manage-ment.

Al variare dei pesi -pertanto - avremo diverso utilizzo delle risorse, prospettiva di investimento, propensione al rischio d’impresa, presidio del “core business” o volontà di sviluppo di prodotto, servizio ect.

Il caso di un imprenditore di seconda generazione,a capo di un’azienda manifatturiera mediamente ‘managerializzata’ e fatturato di circa 40 milioni di euro.

Fase Ruolo prevalente dell’imprenditoreCreazione Ideatore; controllo diretto

Crescita Organizzatore; realizzatore-decisione

Espansione Pianificatore; organizzatore-delega

Maturità Amministratore; coordinamento

family business

Page 5: S&i 7 2012_montoschi sassone

56 - SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012

Affrontiamo questi due aspetti separatamente a prescindere dal fatto che ruoli manageriali siano stati occupati per propria volontà o perché ‘co-stretti’ dagli eventi. Nella realtà il capo azienda tende spesso a sostituirsi e questo atteggiamento comporta alcune conseguenze che tratteremo nel-la quinta ‘prospettiva’, quella legata alla persona dell’imprenditore.Focalizzandoci sull’adeguatezza dei collaboratori, vediamo come esistano due aspetti fondamentali: i ruoli e le competenze.Quando i ruoli sono chiari anche le responsabi-lità e le deleghe sono chiare. Il manager sa fino a che punto può spingersi nelle decisioni e quando invece deve richiedere l’intervento dell’impren-ditore. Se il ruolo è chiaro si possono definire con una cer-ta precisione le competenze necessarie a ricoprir-lo e basterà sovrapporre la persona al ruolo per accertare quali siano le aree di debolezza su cui intervenire. Una volta completato questo match si definirà un piano per il miglioramento e lo si terrà sotto controllo. Al modello teorico dobbia-mo però affiancare una pratica di buon senso, de-dicando tempo e impegno per verificare se tutte le persone su cui si è fatto conto siano effettivamen-te in grado di svolgere i propri compiti come ci si sarebbe aspettati. Non mancano le possibilità di insuccesso anche negli interventi più accurati; a quel punto l’imprenditore – a fronte di un disalli-neamento di un collaboratore –ha sempre quattro alternative:

continuare a sostituirsi a lui, ‘tappando’ le aree •debolicostruire un piano per farlo crescere•cercare un sostituto•aspettare e prendere tempo•

Se si affronta con metodo la situazione, ottenere la risposta sarà relativamente semplice. Premesso che esistono diversi strumenti piutto-sto diffusi che aiutano a individuare e sviluppare il potenziale dei collaboratori, in questa occasione ci limitiamo a qualche consiglio estremamente pratico:

guardare con occhi disincantati e non pensare •che, se una persona è stata al nostro fianco per diverso tempo, sia di per sé adeguata ad as-sumersi una certa responsabilità. Sarà fedele: ‘adeguato’ ha un altro significato;imparare ad assegnare obiettivi e valutare •come le persone li raggiungono; spesso si sco-prono dei limiti che non era possibile notare in assenza di atti formali;apprezzare le persone indipendenti, capaci di •dire ‘no’ e di sostenere le proprie idee.

Affrontare costantemente questa prospettiva costituisce sempre un punto di forza per l’Im-prenditore.

La prospettiva strategicaComprendere il mercato; monitorare la concor-renza; sviluppare prodotti e servizi che rispon-dano alle aspettative della ‘domanda’; costruire e proteggere la propria caratteristica distintiva. Il mercato ha proprie regole e pertanto i temi non possono differire tra grande azienda strutturata e imprenditore. Sostanzialmente diversi sono però i tempi e le modalità per formare le decisioni, pro-gettare le azioni, mettere in campo le risorse ne-cessarie per affrontare la sfida. Per quanto semplificato e portato all’essenziale, il processo decisionale dell’imprenditore deve co-munque sedimentarsi in un ‘progetto’ che servirà nel tempo per cumulare memoria storica dei ‘casi’ di successo e – soprattutto – di insuccesso. Le stra-tegie nascono spesso già ‘maggiorenni’, scritte a po-steriori da specialisti del dire più che del fare. Non conosciamo una strategia che si sia realizzata come era stata inizialmente ideata. La storia – si sa – la scrivono i vincitori, così ogni successo troverà una voce narrante a glorificare l’illuminato imprendi-tore. Ma prima, nella ‘fase di mezzo’, quando i co-lori erano indistinti e ‘giusto’ e ‘sbagliato’ avevano entrambi possibilità di successo? Nel modello che proponiamo vi è un impegno a raccogliere, classificare e organizzare le idee e le azioni mentre si formano e si compongono. Non ha valore divulgativo: non è stato creato per rac-contare ai posteri ‘una gloriosa vittoria’. Sarà un

family business

Page 6: S&i 7 2012_montoschi sassone

SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012 - 57

proprio, confidenziale e riservato, strumento di navigazione. Conterrà una mappa delle nostre forze e debolezze. Un modo per razionalizzare ed eventualmente condividere con i propri collabora-tori tensioni ed energie. Lo strumento consentirà anche di misurare le energie consumate e doman-darci con onestà: quanto è il risultato dell’idea ini-ziale e quanto da attribuirsi alla capacità di reagire ai tanti ostacoli incontrati per strada?

Questo, in sintesi, il patrimonio imprenditoriale da difendere: la tempestiva capacità di intercet-tare i problemi e di reagire con adeguata decisio-ne di fronte all’imprevisto, avendo la forza (e gli strumenti) per rivedere la strategia mantenendo il focus sugli obiettivi. Lavorando in momenti di grande discontinuità, la strategia non può essere proposta come un ‘testo sacro’. In verità questo è un atteggiamento molto diffuso nelle grandi multinazionali e questo costi-tuisce per loro un punto di grande vulnerabilità in quanto spesso i comportamenti si trascinano per forza inerziale anche quando la loro efficacia si è persa nel tempo. È a volte più costoso rive-dere, condividere e divulgare una nuova strategia anziché lasciare che le forze in campo continui-no a combattere, pur senza generare più valore. Non può essere così nel modello ‘imprenditore’; ciononostante i modelli di gestione proposti an-che agli imprenditori ricalcano spesso gli schemi creati per le grandi aziende multinazionali e pon-gono attenzione più all’esattezza dei particolari (delizia degli accademici) che alla tempestività dell’azione.Superata l’epoca pioneristica, nella ‘fase di mezzo’ non possiamo però non avere modelli comporta-mentali organizzati e ‘lasciare tutto al caso’. La strategia dell’azienda non può essere depositata nella sola memoria dell’imprenditore, non fosse altro per la necessità di condividerla quantome-no con i collaboratori più stretti. Anche quando l’imprenditore è l’artefice unico della strategia è necessaria una visualizzazione con chiari obiettivi quantitativi per potere in corso d’opera verificar-ne l’attualità in modo lucido e razionale. Il mo-dello propone di monitorare anche le eventuali

varianti indotte da forze che non dipendono da noi (prodotti alternativi, nuovi concorrenti…): non è metodo di recente invenzione, ma certo è di grande efficacia. In conclusione, crediamo che una periodica pau-sa di riflessione, condotta con metodo, non sia un ‘esame’ sulla qualità della strategia ma – al contra-rio – un indispensabile strumento per mantenere nel tempo coerenza e brillantezza della nostra offerta, soprattutto quando è necessario modifi-carla per adeguarsi al variare delle condizioni di mercato.

La prospettiva societariaPotremmo definire l’impresa un vero e proprio esercizio di equilibrio per mantenere il quale sono necessari una serie di componenti basati sull’in-tuizione, la capacità, la resistenza, la passione. L’imprenditore è generalmente capace di dedi-care larga parte del suo tempo al lavoro, anche sacrificando la propria vita privata. È conoscito-re del suo business, improvvisa poco e, quando lo fa, si affida al suo intuito e alla sua capacità di giudizio. Fino al momento in cui l’impresa resta nelle mani del Fondatore, il successo è collega-to alla sua lucidità nell’approfondire gli aspetti salienti (tecnico-economici) e nello scegliere con oculatezza i collaboratori (fiducia-competenza). I rischi? Sono naturalmente diversi. Collaboratori insoddisfatti che diventano concorrenti, scelte tecnologicamente errate, ritardi nell’affrontare le nuove richieste del mercato. Quello che qui ci interessa, è esemplificare alcune delle possibili varianti che possono intervenire nella fase che ab-biamo definito ‘tempo 2’, ovvero ‘di passaggio’. Portiamo qui come esempio due diverse tipologie di eventi che possono portare a situazioni di par-ticolare interesse.

I figli La grande maggioranza delle imprese che durano nel tempo entra in una fase che viene generalmen-te definita ‘successione familiare’ e che dovrebbe comportare il passaggio del testimone dal fonda-tore a uno o più successori. Nella realtà l’entrata in azienda dei figli è a volte una fase che non cor-

family business

Page 7: S&i 7 2012_montoschi sassone

58 - SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012

risponde a un passaggio ma a una semplice ‘im-missione’ nell’impresa, perché risulta evidente il fatto che non sussitano le condizioni di succes-sione. In questa evenienza i figli sono impiegati nell’azienda come forza lavoro ma senza avere alcuna prospettiva di succedere. Quando invece esiste una potenzialità (almeno una potenziale ca-pacità) abbinata a un interesse, inizia quello che si chiama ‘percorso di successione’. La maggior parte di questi percorsi non hanno esito positivo perché succedere a un fondatore è un evento che richiede un grande impegno e, soprattutto, una grande passione. Le statistiche della Comunità Europea sono poco confortanti: solo il 30% del-le imprese sopravvive alla seconda generazione e solo il 15% alla terza. I fattori di insuccesso sono numerosi ma il principale resta l’impreparazione alla successione e la mancanza dei due elementi sopra citati, l’impegno/capacità e la passione. Negli ultimi decenni si è poi verificato un ulterio-re cambiamento, legato alla longevità. I padri (soprattutto i padri-fondatori) restano al timone fino a tarda età, spesso ben oltre i 70 anni, continuando a dirigere l’azienda all’interno della quale i figli 50enni attendono il loro momento. Siamo un paese che invecchia sempre più anche nell’imprenditoria. A volte bisogna trovare il momento adatto a la-sciare il comando, magari limitando il proprio ruolo a pochi compiti ben precisi. Diciamo che ad ogni stagione dovrebbe corrispondere una diver-sa partecipazione. Non sempre però è così.

I parentiLa partecipazione familiare può risultare molto importante nella fase iniziale, soprattutto se la spinta imprenditoriale è omogenea e comple-mentare sul piano dei ruoli. I familiari distribu-iscono tra loro le attività e, attraverso una soli-darietà che definiremmo naturale, affrontano la prima fase di crescita. Le disfunzioni di questo tipi di impresa nascono quando la partecipa-zione - l’apporto all’Impresa - non è omogeneo (chi lavora di più, chi meno, chi per nulla) o anche quando risulta evidente che, per cresce-re, è necessario cambiare il modello d’impresa:

investire, aumentare il rischio ecc.; viene così a mancare l’unità di decisione. Pensiamo alla contrapposta visione di coloro che conducono l’Azienda e di coloro che si limitano a parteci-pare agli utili. Avremo atteggiamenti diversi, probabilmente opposti, di fronte a un piano di investimenti che è strategico per guardare al fu-turo ma rappresenta un taglio netto del dividen-do da distribuire. I diversi bisogni che l’insieme dei parenti-soci possono esprimere, è causa fre-quente di discussioni, tensioni e rotture a livello familiare. E’ più semplice negoziare tra soci non parenti che tra soci-familiari.

La prospettiva socialeL’impresa è un ‘di cui’ della società. Da questa trae alimento e a questa restituisce i suoi frutti. È debole pensare che un sistema Impresa possa vivere dell’inefficienza della società senza mo-dificarla, migliorandola. Spesso l’imprenditore deve combattere contro vincoli e normative che soffocano la crescita; la sua capacità di mantenere coerenza in questa sfida contro il mantenimento dello ‘status quo’ è un valore che solo con il tempo verrà riconosciuto. Per essere attori della trasfor-mazione della società occorre però una raccolta di consenso che progressivamente cresca con il pro-gredire della nostra offerta. Non è pertanto un vezzo pubblicizzare la propria attività d’impresa. Non parliamo di reclame ma di comunicazione che si pone l’obiettivo di rendere visibili i propri sforzi, metodi di lavoro, obiettivi. Una prospettiva di comunicazione sociale per va-lorizzare l’indispensabilità dell’impresa privata e per raccogliere quel consenso che è spesso neces-sario per rimuovere ostacoli burocratici e gestire le relazioni industriali.Per questo occorre rafforzare la nostra immagine nella comunità geografica (locale, nazionale, in-ternazionale) e virtuale (il WEB).Vengono suggeriti facili schemi per misurare e presidiare la qualità dell’immagine dell’impresa e – non è una ripetizione – dell’imprenditore.

La prospettiva personaleGuardando l’imprenditore nella sua dimensione

family business

Page 8: S&i 7 2012_montoschi sassone

SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012 - 59

personale crediamo necessario considerare due aspetti fondamentali:

il suo equilibrio individuale•il suo coinvolgimento con la vita operativa •dell’Impresa

In una società globalizzata, costellata di incer-tezze, in cui il tempo viene frammentato dall’ac-cavallarsi delle attività, la ricerca dell’equilibrio pare un’utopia. Eppure, a tutti risulta evidente che raggiungerlo sia una condizione importan-te per la navigazione ‘a vista’ che ci aspetta per i prossimi anni.Possiamo aggiungere altre due parole chiave: energia e passione. L’energia e la passione sono i propulsori della vita quotidiana di ogni impren-ditore ma sono un capitale che bisogna saper dosare, indirizzandolo per valorizzare tutte le proprie risorse. Il nostro modello riserva uno spazio importante alla prospettiva personale perché, a ben guar-dare, è la prospettiva che guida la vita. Diamo quindi spazio alla ricerca del giusto bilancia-mento tra vita personale e lavoro.È importante riflettere su quale sia il coinvolgi-mento dell’imprenditore nella struttura operativa.La domanda che ci poniamo è “come giocarsi la partita fra i due ruoli di Imprenditore e Mana-ger”? Gli Imprenditori che si calano troppo nel

ruolo di manager corrono il rischio di scordare la loro vera missione: fare impresa. Il manage-ment è uno strumento, solo uno strumento. Al-cuni anni fa un bravo imprenditore di seconda generazione lanciava pubblicamente un allarme, ricordando quanto spesso gli imprenditori vo-gliano attribuirsi competenze che non possiedo-no e finiscano con dedicare poche risorse al loro impegno primario. Tutti coloro che investono il proprio tempo nel sovrapporsi ai collaborato-ri finiscono per non avere lucidità nei momenti cruciali di scelta. La raccomandazione dunque è: “Fate il vostro mestiere!”. Agli imprenditori delle aziende in fase di espansione che vogliono sovrapporsi troppo ai manager è bene ricordare che arriva un momento in cui le responsabilità vanno lasciate ad altri. Questo non significa abdicare ma semplicemen-te sapersi concentrare sugli aspetti fondamentali quali la strategia, gli investimenti, il coordina-mento e la guida. Ogni imprenditore ha poi la propria passione, il ‘campo’ nel quale intende continuare a misurarsi, a volte fonte di vera pas-sione. Per qualcuno sarà la tecnologia, per altri il cliente, per altri ancora il prodotto. Anche que-sto fa parte dell’equilibrio.

Un nuovo modello di servizio all’imprenditoreIl modello proposto parte anzitutto dalla riclassi-ficazione delle Aree di attività nelle cinque Pro-

Una pausa di riflessione

La parte più complessa resta quella rappresentata dalla ‘fase di mezzo’ in cui l’impresa cresce e in cui si fatica ad accettare che il modello, fino a quel momento vincente, deve essere rivisto. I segnali a volte sono deboli e difficili da intercettare. Gli Imprenditori più lucidi affrontano la situazione quando avvertono le prime sensazioni di impasse, convincendosi della necessità di cambiare qualcosa. Si, qualcosa. Ma cosa? E quali sono i segnali che più sovente possono mettere in guardia?Partiamo dai segnali. I due più comuni sono ‘la compressione del tempo’ e ‘l’accavallamento degli impegni’. In entrambi i casi possiamo distinguere due diversi modi di interpretare la situazione. Il primo parte da sé stessi e tende prevalentemente a prendere in considerazione la dimensione personale. Chi lo fa tende a rispondersi “non posso continuare così”. Questa consapevolezza è importante perché genera una percezione di fatica/pericolo che abitualmente chiamiamo stress o eccesso di pressione. Quando i segnali partono dal sé sono forti e, se non vengono rifiutati (“devo solo staccare un po’”), costituiscono una ottima base per ripensare al proprio modello. Se invece che partire dal sé ci si concentra sul ‘fuori da sé’ si rischia talvolta di rimandare le decisioni importanti. Il ‘fuori da sé’ può riguardare l’organizzazione e le persone, che rappresentano le altre dimensioni a cui l’Imprenditore può riferirsi nel cambiare gli elementi di cui ha il controllo.

family business

Page 9: S&i 7 2012_montoschi sassone

60 - SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012

spettive sopra illustrate. Vengono affrontati i temi ricorrenti di carattere gestionale e personale, ac-cantonando un eventuale “secondo livello spe-cialistico” d’intervento in quanto episodico e non strutturale, comunque rilevato dal monitoraggio del “primo livello”. Questo semplifica la meto-dologia d’approccio senza rinunciare al corretto livello di competenza richiesto per alcune attività ‘straordinarie’. In altri termini: il super-ingegnere giocherà la sua partita ricevendo le regole del gioco e non costruendo un proprio modello che solo lui potrebbe governare; lo studio legale sarà chiamato a ‘trovare la modalità corretta’ di intervento, non a riscrivere la strategia aziendale. Sembrano banali-tà, ma la nostra esperienza è piena di casi in cui un ottimo contratto è stato minato dagli interventi di ‘specialisti’ che non avevano sensibilità per l’equi-librio raggiunto tra gli interessi delle parti.

Prima fase: definizione dell’area di interventoVengono raccolte, classificate e condivise la prio-rità e l’importanza secondo la prospettiva dell’im-prenditore. Prevede tre momenti:

Intervista e raccolta di valutazioni;1.Elaborazione;2.

Colloquio di restituzione e individuazione 3.delle aree su cui focalizzarsi in una prospetti-va temporale.

1. Intervista e raccolta di valutazioni Viene effettuata un’intervista all’imprenditore, guidata da un modello di raccolta del livello sog-gettivo di importanza e di attuale copertura (pre-assessment).

2. ElaborazioneAvremo una prima fotografia, da parte dell’im-prenditore, della propria percezione delle necessità di intervento. Per chiarezza riportiamo nell’esem-pio (figura sotto) l’articolazione nelle ‘cinque pro-spettive’. Il modello elabora questa sintesi tenen-do in considerazione tutte le aree di intervento sopra esposte, ognuna delle quali è sintesi grafica di un’elaborazione che include più fattori decisio-nali, attivabili o meno dall’Imprenditore in rela-zione alle proprie specifiche esigenze.

Dalla prima raccolta dei dati e dall’intervista con-dotta da un ‘senior partner’ vengono così identifi-cate, in prima istanza, le priorità di intervento.

Riassumendo, abbiamo due possibilità:

segnali centrati sul sé: mi guardo allo specchio e vedo cosa e come cambiare nel mio modo di operare;•segnali centrati sul fuori da sé: capisco che devo modificare struttura, persone, oppure che devo rallentare il processo di •crescita ecc.

Ora proviamo brevemente a immaginare cosa si può cambiare realmente.Se partiamo da noi stessi il cambiamento di modello, abitudine (vita?) può apparire difficile. Allo stesso modo può essere un’ottima occasione per riconquistare un equi-librio indispensabile per guidare l’impresa.Se, viceversa, guardiamo fuori da noi, possiamo limitarci (si fa per dire) a dettare mo-difiche al modello azienda che abbiamo finora gestito, tenendo presente che anche un semplice aumento di delega richiede un nostro cambiamento.In ogni caso è estremamente importante intercettare i cosiddetti ‘segnali deboli’, quelli che possono farci riflettere prima che gli avvenimenti prendano una direzione decisa. Sentirsi più stanchi del solito oppure più irritabili o rilevare un qualunque sin-tomo fisico, comportamentale, alterato rispetto al solito, potrebbe già rappresentare un segnale. Spesso siamo così bravi ad accorgerci che un cliente sta rallentando gli ordini e così disattenti a noi stessi… Dobbiamo diventare capaci di ‘ascoltare’ e ‘ascoltarci’. Attenzione ai segnali deboli ma ripetuti nel tempo. Quando un imprenditore avverte che qualcosa non va più come prima è arrivato il momento di prendere una pausa e rifletterci sopra!

family business

Page 10: S&i 7 2012_montoschi sassone

SiStemi&impreSa N.7 - ottobre 2012 - 61

3. Restituzione, messa a fuocoViene tracciata e proposta una prima bozza d’in-tervento, preventivandone l’impiego di risorse (tempi e costi). Si tratta di fatto di uno studio di fattibilità, che rappresenta la base per la condivi-sione di un eventuale Progetto.

Seconda fase: progettazioneUn approfondimento delle aree di intervento ha lo scopo di dettagliare in modo esaustivo l’impie-go delle risorse, evitando sprechi nelle aree che al momento non è opportuno vengano coinvolte. Si articola in un ‘Assessement mirato’ e in un ‘Pro-getto di intervento’.

1. Assessment miratoAnalisi approfondita delle aree identificate, se-condo le tecniche tipiche della consulenza dire-zionale. A ogni area corrisponde la disponibilità di un professionista, che opera secondo un mo-dello condiviso con i partner. Questo consente di fondere le necessarie esperienze specialistiche con la necessità di organicità e coerenza dell’in-tervento. A seconda delle dimensioni e del grado di complessità sono previste da una a tre giornate di intervista/raccolta delle informazioni.Ogni prospettiva è vista con un particolare focus sull’imprenditore; è opportuno in questa fase rile-vare in modo esatto il frazionamento delle attività dell’imprenditore nelle varie aree da lui governate. Si può fare ricorso, ad esempio, alla tecnica della ‘giornata controllata’, affiancando l’imprendito-re e registrando puntualmente le attività svolte nel corso della giornata per tracciarne l’effettivo coinvolgimento nei problemi, a prescindere dalla percezione istintiva.

2. Progetto di interventoCostituisce la base condivisa per le attività che si sono prioritariamente individuate.Il progetto prevede:

Descrizione degli obiettivi individuati; - Metrica di misurazione (eventualmente arti-- colata in ‘stati di avanzamento’ predefiniti);Individuazione di target e rilevazione non solo - per gli obiettivi aziendali ma anche per quelli personali;Periodica rendicontazione;- Flessibilità gestionale (intervento per modu-- li e/o possibilità di anticipata risoluzione del rapporto nel caso in cui si siano modificate le necessità inizialmente rilevate).

Questa fase si conclude con l’approvazione del Progetto e il conferimento d’incarico.

Terza fase: esecuzione del progettoModulare, farà tesoro delle indicazioni raccolte per bilanciare l’impiego delle risorse. Si tenderà a creare e mantenere un equilibrio tra le ‘cinque prospettive’. Un monitoraggio quantitativo degli obiettivi pre-fissati stimolerà l’imprenditore e i propri collabo-ratori a rendere formali le ‘varianti’ al progetto che l’attività in campo inevitabilmente renderà necessarie. In questo modo si manterrà compat-tezza di squadra e – sopra ogni altra cosa – coe-renza di azione commisurata al progressivo con-sumo (e rigenerazione) di energie.Basato su un rapporto fiduciario, il progetto consentirà all’imprenditore di utilizzare risorse specialistiche e altamente qualificate senza un aggravio permanente dei propri costi, legando il corrispettivo all’effettivo raggiungimento degli obiettivi prefissati.

In conclusione, cinque prospettive – tra loro integrate – offrono una modalità di analisi effi-cace che può affiancare i tradizionali strumenti di controllo economico-finanziario, fornendo all’Imprenditore un modello utile per bilan-ciare le proprie personali esigenze con quelle dell’impresa.

family business