Sfere Ed Agglomerati Litici Della Sardegna Meridionale

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1 SFERE ED AGGLOMERATI LITICI DELLA SARDEGNA MERIDIONALE. ORIGINE NATURALE OD OPERA DELL’UOMO? Dott. Geol. Marco Zanicchi Vicepresidente di EPTACONSULT scrl Geology&Consulting Engineers- La Spezia Consigliere della Associazione Culturale Architettura&Geobiologia studi integrati – La Spezia La presenza di agglomerati litici di dimensione ciclopica (con diametro dei singoli elementi sferici da multidecimetrico a metrico), rinvenuti all’interno di una antica cava a nord del territorio comunale di Cagliari, oggi colmata in sabbia (dove con tutta probabilità si estraeva anticamente la pietra arenaria) e portati alla luce in gran numero, mi ha indotto ha cercare di comprendere, sebbene con i pochi elementi ad oggi disponibili, le origini e la dinamica di formazione di tali conformazioni. In prima battuta, si voglia per deformazione professionale, ho cercato di ricostruire la dinamica di formazione, seguendo una o più ipotesi verosimili sotto il profilo scientifico, lasciando per ultima l’ipotesi della scolpitura ad opera dell’uomo.

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Ricerca geologica, geofisica e biofisica su alcune concrezioni litoidi di forma subsferica rinvenute nella Sardegna Meridionale- Provincia di Cagliari

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SFERE ED AGGLOMERATI LITICI DELLA SARDEGNA MERIDIONALE. ORIGINE NATURALE OD OPERA DELL’UOMO?

Dott. Geol. Marco Zanicchi Vicepresidente di EPTACONSULT scrl Geology&Consulting Engineers- La Spezia Consigliere della Associazione Culturale Architettura&Geobiologia studi integrati – La Spezia

La presenza di agglomerati litici di dimensione ciclopica (con diametro dei singoli elementi sferici da multidecimetrico a metrico), rinvenuti all’interno di una antica cava a nord del territorio comunale di Cagliari, oggi colmata in sabbia

(dove con tutta probabilità si estraeva anticamente la pietra arenaria) e portati alla luce in gran numero, mi ha indotto ha cercare di comprendere, sebbene con i pochi elementi ad oggi disponibili, le origini e la dinamica di formazione di tali

conformazioni. In prima battuta, si voglia per deformazione professionale, ho cercato di ricostruire la dinamica di formazione, seguendo una o più ipotesi

verosimili sotto il profilo scientifico, lasciando per ultima l’ipotesi della scolpitura ad opera dell’uomo.

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Immagini dei blocchi di pietra

Le pietre di varia forma sono oggi posizionate in un giardino ubicato in Comune di Assemini (CA) entro una proprietà privata; per gentile concessione del proprietario (Sig. Luigi Pillitu) che si è mostrato da subito interessato a conoscere

l’origine e le proprietà delle pietre in questione, mi è stato possibile eseguire gli studi e le misure di seguito commentate.

Si tratta di blocchi di arenaria a grana molto grossolana (grovacca), con abbondanti granuli di quarzo limitatamente arrotondati e presenza di rari gusci

pressochè integri di lamellibranchi (presumibilmente pettinidi di età pliocenica) di dimensione centimetrica nonché abbondantissimi frammenti degli stessi gusci di

dimensione millimetrica e submillimetrica.

In base alla cartografia geologica ufficiale (foglio 557 “Cagliari” del progetto CARG

–ISPRA) sul contorno della cava dove i blocchi sono stati originariamente rinvenuti affiora la formazione delle "Arenarie di Pirri", a cui gli stessi blocchi

dovrebbero appartenere. Dalla bibliografia la formazione geologica in questione è caratterizzata da arenarie ben cementate e sabbie quasi incoerenti grigio-giallastre mediogranulari, costituite da granuli di quarzo (per più del 70%),

feldspato e mica, a cemento carbonatico (che sono appunto i caratteri salienti della pietra costituente i blocchi esaminati, compresa la notevolissima reazione

della matrice dei frammenti quarzosi all’attacco con acido cloridico concentrato). Analizzando la carta geologica e la morfologia attuale del sito dove i blocchi sono

stati prelevati, parrebbe trattarsi di una antica cava dove veniva estratta pietra arenaria (arenaria di Pirri nella Fattispecie) e dove la cavità estrattiva centrale è stata o si è riempita di sedimento sabbioso. Tale sedimento poteva derivare dal

dilavamento in parete degli orizzonti sabbiosi biancastri che rappresentano gli interstrati della bancate francamente litoidi, oppure da sedimento di scarto delle

lavorazioni ad esempio di taglio della pietra.

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Stralcio carta geologica foglio 557 Cagliari della cartografia CARG ISPRA Min. Ambiente

Stralcio della legenda della carta foglio 557 Cagliari della cartografia CARG ISPRA Min. Ambiente

Nelle foto che seguono si rappresentano alcuni particolari della superficie esterna

dei blocchi in oggetto:

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Dettaglio della superficie dei blocchi di pietra e dei gusci di lamellibranco

Lo stato di alterazione della roccia si limita solamente alle porzioni più pellicolari dei blocchi e delle concrezioni e si riduce scendendo in profondità entro gli stessi.

La parte interna risulta infatti estremamente compatta e con granuli di dimensione appena maggiore, sono altresì presenti zone di concentrazione di

ossidi metallici rilevabili oltre che ad occhio nudo con l’utilizzo di un metal detector.

La parte interna di uno dei blocchi analizzati

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L’arenaria in questione è una roccia sedimentaria di origine marina. La

tanatocenosi dei fossili rinvenuti (ossia il loro ambente di vita e le loro caratteristiche) presumibilmente epiobionti (che vivono sul fondo marino come

appunto i pettinidi), fa ritenere che il sedimento che ha originato le sfere di pietra si sia depositato presumibilmente nella zona fotica (entro la profondità di 200 m dal l.m.m.) a cavallo tra le zone litorale ed infralitorale, come visibile nel

seguente schema:

Zone di deposizione in ambiente marino

L’ipotesi condotta scaturisce dallo spessore del guscio dei pettinidi, indicante un

ambiente di vita, e quindi di deposizione post-mortem, con significativa energia del moto ondoso, quale appunto la fascia sub litorale ove si ha le deposizione dei clasti litoidi più grossolani trasportati dai corsi idrici provenienti dalla terraferma.

La presenza, all’interno della roccia, di moltissimi di frammenti di guscio (più

frequentemente a spigoli vivi) e di assai più rari gusci interi (nonostante lo spessore) fa pensare a come il sedimento, contenente i gusci in questione, abbia subito un ulteriore trasporto violento e probabilmente a notevole distanza dalla

zona di deposizione naturale.

L’ipotesi seguita e quella della facies deposizionale di tipo turbiditico (ossia formatasi per frana sottomarina all'interno dei profondi canyons che solcano il bordo della piattaforma continentale come riportato nel seguente schema).

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Per sommi capi il meccanismo formazionale dei blocchi potrebbe essere stato il

seguente:

Alcuni degli elementi più grossolani dell’onda di torbida strappati dal

basamento sui cui scorre la frana sottomarina (più duri e/o prevalentemente a base quarzosa) per la particolare densità della stessa torbidite, rimangono

nella parte alta dell’accumulo sul piano abissale;

Vengono quindi ripresi dalle ondate di torbida successive che percorrono lo

stesso canyon e, per rotolamento all’interno del sedimento della frana, tendono ad arrotondarsi e fissare sul loro esterno ulteriori granuli (forse per la comparsa di fenomeni elettropiezometrici interessante il quarzo durante

le fasi di urto e compressione e quindi per l’insorgenza di legami di tipo elettrochimico tra i granuli e il blocco di origine)

L’idea della comparsa di fenomeni di natura piezoelettrica per giustificare l’accrescimento dei blocchi mi è scaturita dalla consapevolezza che tale effetto è

presente in quasi tutti i materiali cristallini quali il quarzo (qui molto abbondante) che sono privi di centro di simmetria. Infatti la struttura di tali cristalli è costituita da microscopici dipoli elettrici. In condizioni di quiete, tali

dipoli elettrici sono disposti in maniera tale che le facce del cristallo hanno tutte lo stesso potenziale elettrico. Quando viene applicata una forza dall'esterno,

comprimendo il cristallo, la struttura del cristallo stesso viene deformata e si perde la condizione di neutralità elettrica del materiale, per cui una faccia del cristallo risulta carica negativamente e la faccia opposta risulta carica

positivamente. Il cristallo si comporta dunque come un condensatore al quale è stata applicata una differenza di potenziale. Se le due facce vengono collegate tramite un circuito esterno (l’acqua di mare nel nostro caso), viene quindi

generata una corrente elettrica, detta corrente piezoelettrica che può interagire con il cristallo più prossimo, creando legami elettrochimici per opposizione di

segno elettrico. Per pura sperimentazione in un grosso frammento del nucleo del blocco dove i

granuli di quarzo assumono la dimensione maggiore sono state connesse le due estremità di un millivolmetro andando a percuotere con una massa metallica il

frammento in questione ma lo strumento non ha mai evidenziato la creazione di una purché minima differenza di potenziale tra i due elettrodi. L’ipotesi formazionale condotta non ha quindi ancora avuto una validazione scientifica

sperimentale. Nelle note a commento della carta Foglio 557 Cagliari del Carg – Ispra, nella

descrizione delle Arenarie di Pirri si cita la presenza di “sabbioni grossolani inglobanti sferoidi arenacei litificati- Palle di San Lorenzo -50-80 cm” riferendosi

alla cava di argilla di San Lorenzo attualmente adibita a discarica.

Sul territorio nazionale la presenza dei blocchi subsferici di pietra non è comunque un fenomeno unico. La formazione di blocchi litoidi di forma sferica è stata rinvenuta nella zona di Argimusco – Montalbano Elcona (ME):

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ove si rinvengono forme del tutto simili (vedi foto seguente)

Sfere di roccia zona di Agrimusco Montalbano Elcona (ME)

(pubblicato sul Web da Andrea Orlando nel portale di archeoastronomia http://archeoastronomo.blog.spot.it del 2 marzo 2014 da cui sono tratti i

diagrammi e la fotografia soprariportata).

Anche nel parco nazionale dell’Aspromonte si rinvengono nella valle del fiume Amendolea, presso Rocca del Drago, forme simili denominate localmente “caldaie del latte” vedi foto seguenti.

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Formazioni litoidi con forme sferiche

Immagini tratte dall’articolo presente sul Web all’indirizzo https://www.facebook.com/media/set/?set=a.194096110618206.52640.122352437792574&type=1&hc_location=ufi

Sino a qui l’ipotesi scientifica che attribuisce l’origine a particolari condizioni

depositive e di movimentazione dei sedimenti molto peculiari, sovrapposte ad una litologia altrettanto particolare.

L’impianto della teoria si basa su un elemento importante che riguarda la capacità di accrescimento dei blocchi sino alle dimensioni ciclopiche per fenomeni piezoelettrici che tuttavia con la semplice prova eseguita non hanno

ottenuto una validazione sperimentale (di tipo strumentale). E’ altresì vero che il nucleo dei blocchi (perlomeno di quelli analizzati) non è per nulla omogeneo data

la presenza delle zone di concentrazione di ossidi metallici e zone dove praticamente non si riscontrano tali elementi. Tale anisotropia potrebbe in qualche modo dare adito ad una migrazione di cariche elettriche all’interno del

blocco in particolari condizioni.

Fino a qui sono stati valutati gli elementi scientifici a supporto dell’ipotesi della formazione naturale dei blocchi. Rimane da sviluppare l’aspetto su come i blocchi in questione siano finiti concentrati in una ex cava ricolmata.

Raffrontando il caso in esame con gli altri precedentemente presi a paragone emerge da subito una sostanziale differenza. I blocchi in questione sono stati

rinvenuti a distanze ragionevolmente brevi (in termini di areale geologico) l’uno dall’altro, in una cava ricolmata e non all’interno di bancate arenacee distribuite

sul territorio come negli altri casi trattati in Sicilia e Calabria. Sia nel caso di Argimusco che a Rocca del Drago le sfere tendono ad emergere

dalle bancate arenacee che le inglobano ed a staccarsi perché soggette ad una erosione differenziale meno marcata di quella agente sulla roccia inglobante, con una conseguente distribuzione diffusa delle sfere litiche sul complesso degli

affioramenti arenacei.

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I blocchi in questione sono stati rinvenuti in una cava (coordinate 39°16’ 00.86” N e 9° 05’ 04.37” E) che si trova compresa tra le arterie viarie SS131 Carlo Felice

e la SS 131dir

La cava ove sono stati rinvenuti i blocchi

Considerando la deposizione naturale dei blocchi nella cava si possono seguire due ipotesi: la prima riguarda il trasporto dei blocchi da parte delle acque, di un

fiume, ma nelle immediate vicinanze della cava in oggetto non si hanno corsi idrici caratterizzati da un livello di energia, anche in evento di piena, tale da

consentire la movimentazione naturale dei blocchi. Sempre in termini naturali se i blocchi affioravano in mezzo alle sabbie sui fronti di scavo potevano staccarsi e rotolare verso il basso andando a concentrarsi, grazie alla forma, nelle zone più

depresse. Può anche essere verosimile l’ipotesi di un intervento umano che quando, nel

corso dell’ estrazione della sabbia, l’operatore rinveniva i blocchi litoidi li faceva cadere a valle li accumulava in una determinata zona per un futuro utilizzo.

Molti dei blocchi rinvenuti hanno però forme così particolari e, nel caso delle sfere, una geometria così regolare e perfetta da far scaturire non pochi dubbi

sulla sola formazione naturale.

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Alcuni dei blocchi di forma particolare

In quest’ottica un’altra domanda che mi sono posto riguarda il perché e a che scopo andare a scolpire in toto o in parte questi blocchi.

Tra tutti i blocchi presenti nel giardino si è provveduto ad approfondire le ricerche su uno di forma ovoidale ma più regolare:

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Il blocco oggetto dell’analisi magnetometrica

e su questo è stata dapprima condotta un’analisi magnetometrica. Nello specifico si è ricercata la variabilità al di sopra del blocco della componente “z” del Campo Magnetico Terrestre (CMT) ed allo scopo si è utilizzato un magnetometro tipo

flux-gate MFM –2 di ROM ELEKTRONIK GmbH. In particolare è stata utilizzata una sonda flux-gate esterna con sensore verticale dotata di sistema di controllo

della verticalità dell’asse di misura. Lo strumento ha una sensibilità di 1 nT con errore di misura di ± 2% 0.3μT.

Il blocco in questione è stato inserito in una griglia di punti che costituiscono un grid di maglie quadrate con lato di 20 cm, come illustrato nella figura che segue.

La griglia di misura sul blocco in esame e l’orientazione dello stesso rispetto al nord magnetico

Le misure sono state eseguite il giorno 31 agosto 2015 alle ore 17; orario in cui, in base alle misurazioni del campo magnetico terrestre condotte alle stazioni di Castello Tesino (TN), L’Aquila e Lampedusa di INGV, non si riscontravano

particolari oscillazioni della componente in questione del CMT (vedi diagrammi seguenti derivanti dal magnetogrammi giornalieri di INGV alle stazioni citate).

0.00

1.80 m

1.20 m

325° N

N

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Diagrammi variazione giornaliere delle componenti del CMT alle stazioni citate

Mantenendo il sensore circa alla stessa quota (10 cm sopra la maggior altezza del

blocco) e stata eseguita la misura nei vari punti della griglia predefinita.

I valori della componente magnetica verticale espressi in microTesla ottenuti sono stati mediati tra loro e quindi è stato calcolato lo scostamento di ogni misura dalla media.

Con apposito software (Isomap di Geo&Soft – Torino) i dati di scostamento dalla

media (positivi e negativi) sono stati elaborati con differenti metodi di interpolazione: ossia la superficie polinomiale di ordine zero (superficie calcolata automaticamente per rappresentare il best fitting dell’andamento regionale dei

dati) ed il Kriging (algoritmo di tipo geostatistico). Nel primo caso si è ottenuta la seguente distribuzione delle curve di

isoscostamento della componente “z” del CMT dalla media

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Mentre nel caso del Kriging la curva risulta del tutto simile

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La considerazione che appare evidente riguarda valori abbondantemente inferiori

alla media nella parte N-NW del blocco e valori abbondantemente superiori alla media nella parte S-SE. In pratica il blocco parrebbe costituire un vero e proprio

magnete naturale. Il blocco analizzato parrebbe pertanto possedere proprietà magnetiche particolari.

In conseguenza di ciò, in base a studi condotti sull’interazione delle anomalie magnetiche sul corpo umano, si è andata a verificare la potenziale interazione di

tale anomalia sullo stato biofisico umano.

Per valutare questo aspetto è stata condotta su due soggetti di sesso diverso un’indagine della risposta biofisica mediante la tecnica HRV.

Si tratta di una metodologia innovativa di indagine biofisica strumentale, di recente introduzione ma di comprovata affidabilità, che consiste nella misura

ed l’analisi spettrale della Heart Rate Variability. Tale parametro che consente di ottenere importanti informazioni oggettive sulla tipologia di interazioni che si instaurano tra uomo e ambiente, permettendo cosi di evidenziare quanto

l’ambiente è in grado di stimolare il sistema nervoso autonomo e di valutare il livello di bilanciamento indotto tra il sistema Simpatico ed il sistema Parasimpatico.

Per la misura dell’HRV si utilizza un’apparecchiatura dotata di sensore

fotopletismografico, applicato al dito indice o medio della mano (sensore A)

posizonamento dei sensori HRV

in grado di rilevare le variazioni cicliche di conduttanza conseguenti alla prevalenza di uno dei due sistemi.

L’apparecchiatura utilizzata si avvale di un sistema di condizionamento & elaborazione segnali e di un Software relativo. La stessa apparecchiatura è in grado di rilevare anche la Resistenza Elettrica Cutanea (GSR) attraverso i sensori

B (Il tono del GSR e' il valore assoluto della Resistenza Elettrica cutanea, ed e' tanto più alto quanto più un soggetto e' rilassato. Viceversa tende a diminuire se

il soggetto va in stato ansioso o sotto stress).

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E’ possibile quindi rilevare e registrare il livello di attività Simpatico &

Parasimpatico, di un soggetto seduto comodamente e a riposo (il più possibile isolato dai disturbi esterni), andando ad effettuare l’analisi spettrale del relativo

segnale cardiaco.

Stazione di misura del test HRV e controllo in tempo reale dei risultati

In sintesi tramite questa metodologia di rilevazione, è possibile avere indicazioni al riguardo della influenza ambientale del luogo dove viene effettuata l’analisi in

modo strumentalmente ripetibile.

Ogni singolo test è stato ripetuto per almeno 2 volte (a distanza di 3 minuti tra la prima e la seconda misura), sia mettendo i soggetti a contatto con il blocco in questione che ponendo gli stessi in area “vergine” posta alle distanza di circa 10

m dal blocco suddetto (ed orientando sempre nello stesso modo i soggetti testati ossia con l’asse delle spalle in direzione est-ovest e con lo sguardo a nord).

Per entrambi i soggetti si sono eseguite prima le prove a contatto del blocco quindi le rilevazioni alla distanza di 10 m.

Di seguito si riporta la sintesi dei risultati del test HRV

SOGGETTO FEMMINILE ANNI 39

POSIZIONE VALORE

BPM

VALORE

POWER TOT

VALORE

POWER VLF

POWER LF POWER HF

ADIACENZA MASSO1

69.2 6.7 6.2 5.1 5

ADICENZA MASSO 2

55.3 10.9 10.4 9.9 8.2

DISTANTE

MASSO 1

57.9 10.3 9.9 9.5 8.2

DISTANTE

MASSO 2

64 8.9 8.3 8.6 7.3

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SOGGETTO MASCHILE ANNI 58

POSIZIONE VALORE BPM

VALORE POWER

TOT

VALORE POWER

VLF

POWER LF POWER HF

ADIACENZA

MASSO1

73.5 5.9 5.4 4.5 4.1

ADICENZA

MASSO 2

70.3 6.3 6.8 5.4 5.3

DISTANTE

MASSO 1

73.4 7.2 5 6.9 5.5

DISTANTE MASSO 2

75 8.1 6.4 7.3 6.1

Livelli di riferimento dei parametri in tabella:

- Power Tot : livelli normali compresi tra 7,2 e 9,1

- Power Vlf : livelli normali compresi tra 6,6 e 8,8

- Power Lf : livelli normali compresi tra 5,9 e 8,0

- Power Hf : livelli normali compresi tra 3,8 e 7,0

Il comportamento del soggetto femminile in adiacenza del masso evidenzia uno sbilanciamento abbastanza lento, ma molto significativo del sistema simpatico

con i valori di LF ed HF che crescono ben oltre al range dei valori normali. Al contempo allontanandosi dal masso i valori tendono lentamente a rientrare nella

normalità. Altresì il soggetto maschile, appena entra in contatto con il masso, subisce un

significativo sbilanciamento verso la parte del parasimpatico (drastica discesa dei valori di LF e HF) che riesce a compensare abbastanza velocemente. Infatti pur

essendo ancora a contatto con il masso testato i valori tendono già a risalire verso la norma portandosi poi a condizioni di bilanciamento allontanatosi dalla sorgente perturbante.

In estrema sintesi l’elemento testato con la sua anomalia magnetica insita: parrebbe attivare significativamente il sistema simpatico femminile e deprimere

quello maschile, sebbene in tempi e con dinamiche diverse.

A questo punto si aprono tutta una serie di interrogativi che esulano dalla ricerca in corso e che riguardano un eventuale utilizzo nel passato di tali blocchi di pietra.

Mi sono infatti posto la domanda del perché (indipendentemente dal fatto che i

blocchi siano di formazione naturale o scolpiti dell’uomo), spostare e concentrare le sfere e/o gli agglomerati sferici litoidi in una data zona. Pensando a situazioni quali molte altre presenti in Sardegna, la motivazione potrebbe essere di origine

archeoastronomica, o ancora a tale pietre era attribuito dagli antichi un particolare potere avendo “sentito” una qualche interazione, positiva e/o negativa con il sistema biofisico umano; interazione percepita da soggetti certamente

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meno evoluti sotto il profilo intellettivo, ma certamente, per necessità, più a

contatto con il territorio.

In questo caso, alla stregua di quanto rinvenuto e documentato io altri siti megalitici presenti sul territorio nazionale, la presenza delle pietre disposte secondo precisi schemi assegnava a determinati luoghi (la cava sopracitata poteva

essere ad esempio uno di questi) il ruolo di luogo “sacro” (nel senso generale del termine e non legato alla cristianità)”. Un luogo caratterizzato da una particolare energia e quindi utilizzato dagli antichi per ricaricarsi delle fatiche della vita dei

campi (le donne) o rilassarsi (gli uomini) oppure in entrambi i casi per curare o ridurre gli effetti di patologie risolvibili con i soli effetti dell’interazione dei

materiali naturali con lo stato biofisico umano. La Spezia 10 Ottobre 2015

Dott. Geol. Marco Zanicchi

Vicepresidente di EPTACONSULT scrl Geology&Consulting Engineers- La Spezia

Consigliere della Associazione Culturale Architettura&Geobiologia studi integrati – La Spezia

Iscritto alla Associazione Italiana di Geologia Medica - AGM Italia

BIBLIOGRAFIA:

Andrea Orlando: nel portale di archeoastronomia http://archeoastronomo.blog.spot.it del 2 marzo 2014 ARTICOLO SULLA RETE WEB: FORMAZIONI GEOLOGICHE DELL’AGRIMUSCO

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.194096110618206.52640.122352437792574&type=1&hc_location=ufi ISPRA APAT: Note illustrative carta geologica d’italia Foglio 557 Cagliari

ISPRA APAT: Carta geologica CARG foglio 557 Cagliari INGV: dati giornalieri stazioni magnetometriche italiane (sito web INGV)

G.Barrocu, T. Crespellani, A Loi – Caratteristiche geologico tecniche del sottosuolo dell’area urbana di Cagliari in Atti Associazione Geotecnica Italiana S.Berti-Misure dell’Heart Rate Variability (HRV) come indicatore attendibile dell’ interazione tra uomo e ambiente - http://www.architetturageobiologia.it/ Elemaya - Heart&Emotion - Manuale di uso e manutenzione strumento per misura HRV

S.Berti- M.Zanicchi- Metodologie operative per la esecuzione di determinazioni strumentali nell’ ambito dei rilievi geologico-geobiologici Convegno

presso la Fiera ENERGETHICA GENOVA 08 Marzo 2008

S . Berti- Misura dell’Heart Rate Variability (HRV) come indicatore attendibile delle interazioni tra uomo e ambiente-4° Salone delle energie rinnovabili e soste nibili ENERGETHICA 2009 Fiera Genova

S . Berti- Medicion de la variabilidad de la frecuencia cardiaca como indicador fiable de la interaccion del ser humano con el medio ambiente-GEA

Asociacion De Estudios Geobiologicos

Geo&Soft – Torino 3d surface modelling ISOMAP