Settimo numero casa del cuore

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COOP. SOCIALE ONLUS Via delle Acacie, 44 - 81031 Aversa (CE) Tel:08119814723 - Fax:08119814723 e-mail:[email protected] P.IVA e C.F.0342940610 Albo Soc.Coop. - Sez. A - N. 190038 anno 2 numero 7 ottobre 2014 C’era una volta , tanto tempo fa, un piccolo bozzolo di farfalla. Il suo nome era Pois. La sua mamma le aveva dato questo nome perché era piccolina e colorata come un Pois. Pois trascorreva le sue giornate ricurva nel suo cantuccio facendo finta di non sentire, di non ascoltare, di non capire…. Mamma e papà urlavano, ma lei restava nel suo posticino. I suoi fratellini tornavano tardi la sera e combinavano mille e più marachelle, ma lei piangeva in silenzio, senza dar fastidio. Usciva dal suo cantuccio solo per lavorare e per mangiare. Era molto meglio rimanere lì, dove poteva difendersi dal mondo intero, un mondo che le aveva fatto già troppo male. segue a pag 8 di guardare nella propria storia scoprendo nodi pro- blematici ma anche risorse e possibilità straordinarie. Una canzone di Iovanotti cita, “la paura di cadere è la voglia di volare” niente di più vero! Palestra di sperimenta- zione nel confronto con gli altri in quella micro società gruppale che riproduce le difficili relazioni col mondo, la psicoterapia di gruppo è sempre una grande occasio- ne di vita. U na vita costellata di paura… una vita dove le ossessioni si rincorrono in un gioco impazzito che sembra portare a guardare solo il negativo. Mi scuso dottoressa ma penso proprio di non farcela non ho la stoffa, non ho la capacità, non ho il caratte- re”. La persona entra in te- rapia spaventata ma con il coraggio, dettato ma- gari dalla paura del sin- tomo, di interrogarsi, Un magico cerchio di ric- chissime emozioni dove la forza dei sentimenti nell’in- terazione di tante storie do- mina la scena del sentire. E finalmente pensieri e riflessioni lasciano il posto ad un sentire che invade l’a- nima. segue a pag 2 Il racconto nel cassetto/1 Tira fuori la tua creatività. Inviaci il tuo racconto nel cassetto e noi lo pubblicheremo in questo spazio dedicato ai lettori La farfalla Pois e l’incontro magico Fidarsi e affidarsi, il nuovo programma di incontri e attività dedicati al benessere www.lacasadelcuore.net di Nicoletta Misso “Il Cammino chiama. Puoi pensarci per anni e non partire mai. Un giorno, quando sarai pronto, sentirai che la strada ti chiama. E allora non perderai tempo, preparerai lo zaino, la guida e andrai incontro al tuo destino”. Dopo aver letto queste poche battute, con tanta curiosità e con la voglia di scoprire cosa ci sia di così speciale dietro al Cammino ( 800 km di strada, un percorso che i fedeli nel Medioevo, i pelle- grini come si definiscono oggi, intraprendono attraverso la Francia e la Spagna, per raggiungere il Santuario di Santiago de Campostela, dove sarebbe riposta la tomba dell’Apostolo Giacomo il Maggiore). Man mano che le informzioni scorrono sul monitor del computer, la sensazione che fa capolino è che dietro al Cammino c’ è un disegno e che esso è una metafora della vita. segue a pag 8 Diario di bordo Il cammino di Santiago come metafora della vita di Gaia Ferrante di Rosaria Raspanti*

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La Casa del Cuore Magazine - Numero sette

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Page 1: Settimo numero casa del cuore

COOP. SOCIALE ONLUSVia delle Acacie, 44 - 81031 Aversa (CE)Tel:08119814723 - Fax:08119814723e-mail:[email protected] e C.F.0342940610Albo Soc.Coop. - Sez. A - N. 190038

anno 2 numero 7 ottobre 2014

C’era una volta , tanto tempo fa, un piccolo

bozzolo di farfalla. Il suo nome era Pois.

La sua mamma le aveva dato questo nome perché era

piccolina e colorata come un Pois.

Pois trascorreva le sue giornate ricurva nel suo cantuccio facendo finta

di non sentire, di non ascoltare, di non capire….

Mamma e papà urlavano, ma lei restava nel suo

posticino.

I suoi fratellini tornavano tardi la sera e combinavano

mille e più marachelle, ma lei piangeva in silenzio, senza

dar fastidio.Usciva dal suo cantuccio solo per lavorare e per mangiare.

Era molto meglio rimanere lì, dove poteva difendersi dal

mondo intero, un mondo che le aveva fatto

già troppo male.

segue a pag 8

di guardare nella propria storia scoprendo nodi pro-blematici ma anche risorse e possibilità straordinarie.

Una canzone di Iovanotti cita, “la paura di cadere è la voglia di volare” niente di più vero!

Palestra di sperimenta-zione nel confronto con gli altri in quella micro società gruppale che riproduce le difficili relazioni col mondo, la psicoterapia di gruppo è sempre una grande occasio-ne di vita.

Una vita costellata di paura… una vita dove

le ossessioni si rincorrono in un gioco impazzito che sembra portare a guardare solo il negativo. “Mi scuso dottoressa ma penso proprio di non farcela non ho la stoffa, non ho la capacità, non ho il caratte-re”.

La persona entra in te-rapia spaventata ma con il coraggio, dettato ma-gari dalla paura del sin-tomo, di interrogarsi,

Un magico cerchio di ric-chissime emozioni dove la forza dei sentimenti nell’in-terazione di tante storie do-mina la scena del sentire.

E finalmente pensieri e riflessioni lasciano il posto ad un sentire che invade l’a-nima.

segue a pag 2

Il racconto nel cassetto/1Tira fuori la tua creatività. Inviaci il tuo racconto nel cassetto

e noi lo pubblicheremo in questo spazio dedicato ai lettori

La farfalla Pois e l’incontro magico

Fidarsi e affidarsi, il nuovo programma di incontri e attività dedicati al benessere

www.lacasadelcuore.net

di Nicoletta Misso

“Il Cammino chiama. Puoi pensarci per anni e non

partire mai. Un giorno, quando sarai pronto, sentirai che la

strada ti chiama. E allora non perderai tempo,

preparerai lo zaino, la guida e andrai incontro al tuo destino”.

Dopo aver letto queste poche battute, con tanta curiosità e

con la voglia di scoprire cosa ci sia di così speciale

dietro al Cammino ( 800 km di strada, un percorso

che i fedeli nel Medioevo, i pelle-grini come si definiscono oggi,

intraprendono attraverso la Francia e la Spagna, per

raggiungere il Santuario di Santiago de Campostela, dove sarebbe

riposta la tomba dell’Apostolo Giacomo il Maggiore).

Man mano che le informzioni scorrono sul monitor

del computer, la sensazione che fa capolino è

che dietro al Cammino c’ è un disegno e che esso

è una metafora della vita.

segue a pag 8

Diario di bordo

Il cammino di Santiago come metafora della vita

di Gaia Ferrante

di Rosaria Raspanti*

Page 2: Settimo numero casa del cuore

2 anno 2 numero 7 ottobre 2014

Una canzone che di recen-te gira in radio cita queste

parole…” alzati e cammina.. per scoprire di essere vivo

come non mai..resuscita un pezzo alla volta la volontà”.

Quest’ultima parola, “ volontà”, è una delle chiavi

di volta dell’esistenza umana.

Oggi, in un mondo in cui la maggior parte delle cose si muove in modo frenetico, a tratti nevrotico, la forza di

volontà è il tassello mancan-te di tante persone

e soprattutto di tanti giovani.

A causadi fattori come il benessere senza controllo,

poca fiducia in se stessi e una realtà che cambia

troppo velocemente, le nuove generazioni

preferiscono vivere in una costante voglia di realtà,

bruta, e di rassegnazione in molti casi, piuttosto che

aggrapparsi ai sogni e ai desideri più forti.

Innovare, sperimentare, assaporare, sono tutte

passioni che nascono dall’im-maginazione, ma soprattutto

dalla forza che ognuno ha nel farlo.

La forza di volontà non è solo un istinto innato, è

necessario venga insegnato e indispensabile investire su

questo grande sentimento.

in ognuno di noi, o resteremo sempre pochi a fare e tanti a guardare.

La spinta per crescere deve venire dalle emozioni

vere, sane, o tutti gli investimenti

che facciamo o faranno su di noi non daranno

mai i frutti attesi. Liberare le emozioni vuol dire liberare la creatività.

Quest’ultima può creare cose straordinarie.

Tutto ciò che avete letto è il desiderio di un ragazzo

come tanti, che come tanti ha trascor-

so momenti brutti e altri belli, che non è

cresciuto in un luogo in cui gli veniva data fiducia,

ma ad un certo punto della vita quando pensava

di aver perso la speranza e di essere rimasto solo

si è voltato dal lato giusto e ha visto tanto amore,

e con altrettanto amore e forza di volontà

non si è lasciato sfuggire l’occasione di crescere,

a volte incontrando resistente pesanti,

e credere che comunque tutto sia possibile.

Dedicato alla Casa Del Cuore e a tutti quelli

che respirano ogni giorno la possibilità.

Siamo sicuri che le scuole oggi insegnino come credere

in quello che si è e si può essere?

Siamo sicuri che le fami-glie di oggi educhino

i figli a credere nel sacrifi-cio, a combattere per ciò

che sono e per ciò in cui credono? Sembra che

invece la priorità sia quella di gestire la paura,

mentalizzarla e sedarla. Non è abbastanza chiaro

che la paura è la base

per i più grandi cambia-menti, senza di essa non c’è coraggio. Si va oltre la

paura con volontà e fiducia. Entrambe le troviamo dentro

di noi e in chi ci ama veramente.

Si è convinti che il futuro sia tutto legato

alla tecnologia e alla velocità con cui essa entra

nelle nostre case. L’ ora di ritornare un po’

alle radici sane è arrivato. Riassaporare quei desideri

che ci hanno portato a crescere come individui e

come popolo. Ritrovare la cultura

del sacrificio non come peso ma come speranza

per costruire il proprio benessere. Ognuno di noi

può e deve essere ciò che è, questo è il presupposto per

divenire persone migliori e di conseguenza

un popolo migliore. La libertà e la forza

di volontà devono crescere

E quindi ecco, proprio quando con coraggio si guarda ai propri bisogni, quando si comincia a pale-sare la figura di un indivi-duo adulto, proprio allora si fa avanti la paura di vivere, uno stato d’animo fonda-mentale nel cammino verso la realizzazione di sé.

La paura di star bene si impadronisce di noi rievo-cando e riportando la per-sona a sentire fortissima

l’incapacità a tenere le re-dini della propria vita.

Una vita nuova dove il coraggio, la forza, l’amore, il riconoscimento del pro-prio bisogno, il piacere di stare bene, la costruzione, il sogno prende fortemente spazio in una esistenza che sembrava non decollare, priva di emozioni.

La paura quindi come perdita del proprio

potenziale umano per la crescita personale.

Allora, abbandonare i fantasmi, gettare le masche-re, scoprire la propria essen-za e cominciare a vivere.

Un aiuto valido può arri-vare dalla scelta di una psi-coterapia mirata a consen-tire di prendersi finalmente quel diritto di vivere tanto negato, imparando cosi a la-sciarsi andare .

Lo psicodramma , con

l’ azione e la messa in sce-na di nuove possibilità mai osate prima, permette di affrontare il cambiamento realizzando il sogno di una vita veramente vissuta che

dà diritto a prendere il proprio posto nel mondo. Ecco perché abbiamo voluto dedicare la programmazio-ne 2014/2015 della “Casal del Cuore” al tema centrale, a un filo conduttore fonda-mentale: “La fiducia: fidarsi

ed affidarsi per costruire una nuova esistenza”.

Incontri, dibattiti, pre-sentazioni, legati da un filo rosso fatto di desiderio di cambiamento.

*Psicoterapeuta Psicodrammatista

segue da pag. 1

Il racconto nel cassetto /2

Antonio Di Puorto

Quella volontà che rende tutto possibile

Fidarsi e affidarsidi Rosaria Raspanti*

Page 3: Settimo numero casa del cuore

anno 2 numero 7 ottobre 2014 3

Mi fido di te” è il titolo di una bellissima e

famosa canzone di Loren-zo Cherubini in arte Jova-notti, sentimento espres-sivo di un bisogno innato dell’ essere umano. La pos-sibilità di provare fiducia e fidarsi, si struttura da su-bito, è una predisposizione della persona a provare for-ti legami con i suoi simili.

Il bambino appena nato indifeso, incapace, sprov-veduto, concede immedia-tamente la propria fiducia, affidandosi alle braccia del-la propria madre, cercando con lei di creare uno spazio d’amore capace di proteg-gerlo, riscaldargli il corpo e l’anima, realizzando i pre-supposti di una base sicura su cui costruire il proprio mondo affettivo e la rela-zione con il mondo esterno.

Dopo questo primo atto d’ amore il bambino impa-rerà a fidarsi solo se il genito-re sarà capace di soddisfare

La fiducia verso i propri figli quindi, prima di essere un atto educativo rappre-senta un vero dono d’amo-re. I bambini percepiscono se stessi sulla base di ciò che gli viene rimandato dal-le figure significative del-la propria vita (mamma e papà). Crescere con la giu-sta autostima significa avere la possibilità di sviluppare il proprio talento, costruire nel mondo relazioni felici e creare le condizioni per sor-ridere alla vita.

*Neuropsicomotricista Psicodrammatista

Premetto di venire in pace. E che le mie sono

soltanto riflessioni aspre, amare di un cittadino di Villa Literno che tanto ha odiato questo paese so-prattutto per la mancanza di prospettive di lavoro. E quindi di futuro.

Prospettive stroncate si-curamente in primis dall’at-tuale crisi economica, a cui però si sono aggiunte le linee troppo dure di chi non ascolta la comunità che chiede aiuto per le troppe volte che il pane a tavola

con le mani ci lavora.Di chi le mani non se le

sporca per giri di malaffare, ma per alzare tutti i giorni la serranda sperando di ga-rantire una vita dignitosa ai propri cari.

Perché è lo sporco di un semplice operaio ad inqui-nare le falde acquifere, non le tonnellate di sostanze tossiche che, interrate nei nostri campi, hanno in-taccato irrimediabilmente l’ agricoltura locale; che hanno annientato tante ani-me passate a miglior vita per tumori le cui diagnosi sono all’ ordine del giorno. Non hanno poi inquina-to la nostra acqua i famosi depuratori che da anni non funzionano più, arrecando danni alla nostra salute e alle tante attività turistiche, balneari, che soltanto di questo campano.

Credo che tutto ciò rap-presenti la beffa oltre al danno.

Questa semplice riflessio-ne non credo porti solo la

mia firma. Ma anche quella di ogni

liternese che nella stessa ci si è identificato. Quindi porta la firma ancora di uno, nes-suno o…undicimila, quanti sono i miei compaesani a cui chiedo di rimanere uniti affinché questo paese non vada allo sbaraglio.

Potremmo essere tutti, infatti, a pagarne le conse-guenze: chi un futuro lo de-sidera a Villa Literno, chi lo sogna altrove e chi al futuro non c’ha mai pensato.Infatti, ovunque ci ritrove-remo tra vent’anni, siamo tutti figli della stessa terra che ci ha dato volente o no-lente le radici, indipenden-temente da dove possono cadere poi i frutti….con il cuore comunque mai trop-po lontano. In fondo l’ odio non è che l’altra faccia dell’amore. Se tanto ho odiato questo paese è perché in fondo lo amo. Vorrei quantomeno avere la possibilità di farlo.

i suoi bisogni primari, aiu-tandolo a fare le esperienze necessarie sul piano cor-poreo risultando cosi una guida sicura nel grande labirinto affettivo ed emo-tivo. Sono catastrofiche le conseguenze quando

tutto ciò non si realizza; se nessuno si occupa di lui, quel bambino diventerà un adulto diffidente, non sarà in grado di concedere cre-dito agli altri, tenderà a non rispettare i bisogni altrui, sviluppando un senso di

egoismo che lo allontanerà dagli affetti più cari.

Ogni relazione d’ amo-re sarà condizionata da questa mancanza, da quest’ assenza di rassi-curazione, dall’incapaci-tà di lasciarsi penetrare dall’ emozioni.

Si costruisce una rocca-forte, una blindatura diffici-le da abbattere per la paura di essere deluso e riprovare il dolore dell’antica ferita. Il bambino piccolo, nel suo percorso di crescita, farà di tutto per strutturare il sentimento di fiducia ver-so il padre e la madre, non può farne a meno, è fonda-mentale sentirsi amato per attaccarsi alla vita, e anche nelle situazioni più dispera-te non si arrende alla realtà, provocando dentro di sé una voragine profonda, una fame d’amore, che, da adul-to, tenterà di colmare con molta probabilità attraverso relazioni inadeguate.

scarseggia. Perché di questo si parla: della difficoltà che un ita-liano, nella fattispecie, un liternese, ha di arrivare a fine mese.

La mia riflessione parte da accadimenti recenti che hanno visto numerosi eser-cizi costretti a chiudere in quanto non completamente a norma.

Il mio non vuole essere un inno all’illegalità, anzi. Ma credo che lo Stato (o chi per esso) limitandosi sol-tanto ad infliggere sanzioni,

abbia perso di vista l’ obiet-tivo che è quello più in gene-rale di guidare la comunità nel miglior modo possibile, ascoltandola anche. E non di punirla e basta.

Mi chiedo allora: come fa un figlio/cittadino a trovare la retta via se il padre/Stato per primo l’ha dimenticata?

Ad alcuni di questi eser-cizi chiusi è stato imputato di essere sprovvisti della vasca biologica a norma di legge, la cui funzione sareb-be quella di non inquinare l’acqua dello “sporco” di chi

“Mi fido di te”, l’atto d’amore del bambino che non va traditoGenitori e figli

di Mario Pellegrino*

La lettera

Lavoro e sanzioni, due pesi e due misuredi Pina Diana

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anno 2 numero 7 ottobre 20144

Pasquale d’Aniello, Cam-pione d’Italia Under 15

e Campione d’Italia al Tro-feo delle Regioni nel 2001, è una figura di spicco nel panorama della pallavolo campana ed italiana. È di-rettore tecnico del progetto “Volalto”, nato nell’aprile del 2004, che privilegia la crescita dei talenti locali provando a scalare le vette della pallavolo italiana, è se-lezionatore nazionale delle atlete tra i 14 e i 16 anni per la composizione del Club Italia e delle varie nazionali giovanili ed è infine refe-rente tecnico regionale, re-sponsabile cioè della forma-zione degli allenatori e della qualificazione delle atlete.

In una squadra quanto è importante avere fiducia nell’altro?

Nella pallavolo è di fon-damentale importanza. Le azioni di gioco - che si effettuano con un massi-mo di tre tocchi - richie-dono l’intervento fisso di almeno due giocatori.Da ciò si deduce che lo spirito di collaborazione

C’ è più rivalità in una squadra femminile o in una maschile?

Credo che la rivalità non abbia sesso. In questo senso l’allenatore deve essere molto abile a trasformare la riva-lità personale di ognuno in rivalità sportiva. La diffe-renza tra maschi e femmine sta invece, a parte nelle dif-ferenti caratteristiche fisiche e tecniche, soprattutto nel fatto che i maschi sono più proiettati allo sport e fanno meno fatica in tenera età a lasciarsi guidare. Le femmi-ne sono più diffidenti, hanno bisogno di fidarsi. Quando lo fanno poi sono disposte a seguirti anche in guerra!

Il coraggio di credere nel proprio sogno e quindi nel risultato che si può e si vuole ottenere, è il valore aggiunto di una squadra?

Questo aspetto molto af-fascinante lo verifico soprat tutto nel corso della mia at-tività con le Nazionali giova-nili. Io ed i miei colleghi vi-sioniamo tantissime ragazze nella fascia di età 14/16 anni In ogni stage che conduciamo

ci rendiamo conto che tutte le candidate hanno un so-gno nel cassetto: poter un giorno vestire la maglia della Nazionale. Purtroppo ci rie-scono solo in pochissime, ma quel sogno in tutte funziona da eccezionale propulsore di energia positiva e quanto è emozionate vedere gli occhi lucidi di chi quella maglietta riesce ad indossarla .

Che rapporto hai avuto nella vita con la fiducia e il coraggio? Sono stati va-lidi alleati per raggiungere i traguardi di oggi?

Direi che sono stati i com-pagni di viaggio durante tut-ta la mia carriera. In tenera età, avevo contratto una lie-ve forma di poliomielite che mi ha creato qualche proble-mino all’arto inferiore sini-stro. Ciò non mi ha impedito però di giocare a pallavolo e quando poi ho smesso mi sono posto come obiettivo di indossare la maglia azzurra da tecnico. La fiducia nelle mie risorse ed il coraggio di dare sempre il massimo han-no fatto sì che il mio sogno si realizzasse.

all’interno del campo, è in-dispensabile per la buona riuscita delle varie azio-ni di gioco e per provare a concludere vittoriosamen-te ogni match. La fidu-cia nell’ altro è un aspetto insito nella ragione stessa del gioco della pallavolo.

Come si motiva una squadra di pallavolo e quanto la fiducia nell’ alle-natore è determinate nella vita o nel gioco di squadra di un’ atleta?

La motivazione nello sport è una componente che,a parità di condizioni, fa la differenza tra un atletae l’ altro.

È uno dei compiti più delica-ti ma nello stesso tempo più affascinanti per un allenato-re. Spesso un buon motiva-tore riesce a supplire ad una minore qualità tecnica della squadra. Per cui deve esserci un rap-porto estremamente fidu-cioso tra l ’allenatore ed i suoi atleti, dal momento che questi ultimi “scelgono” di farsi guidare da una persona dopo averla testata nel lavo-ro di palestra ma anche nei rapporti extra-sportivi. Quando si riesce a creare questo connubio, i risultati, soprattutto nel settore giova-nile, sono sempre eccellenti.

Il rapporto medico-pa-ziente è un argomento

che per tanto tempo è stato discusso rispetto ai fattori o alle condizioni essenziali che lo avrebbero reso più funzionale e costruttivo. Oggi, sempre di più,si dà importanza alla capacità del medico di accogliere il pa-ziente come persona prima ancora che come insieme di sintomi.

È sempre più eviden-te, come le stesse ricerche scientifiche dimostrano, che un rapporto medico-pa-ziente funzionale, può tal-volta essere più efficace del-la prescrizione passiva della pillola che placa il sintomo.

un rapporto nel quale il medico era il buon pa-dre, detentore di un sa-pere assoluto al quale il paziente si affidava pas-sivamente, un rapporto cioè univoco e unilaterale. Oggi invece si cerca di cooperare nelle costru-zione di quella che viene definita “alleanza tera-peutica” nella quale gran voce viene data anche al paziente adeguatamente informato che, insieme al medico, concorda la tera-pia più giusta per se stesso.

segue a pag 8

Indipendentemente dal-la “malattia” bisognereb-be accogliere e accettare il paziente come persona, ascoltarlo e ancor di più ca-pire ciò di cui ha veramente

bisogno; questo metterebbe il paziente nelle condizioni di sentirsi rispettato in ciò che inevitabilmente rappre-senta per lui una minaccia, la malattia, rispetto alla quale

ha deciso di chiedere aiuto.Nel panorama attuale si tende sempre più spesso ad uscire da quello che tra-dizionalmente si definiva “rapporto paternalistico”,

L’intervista

D’ Aniello: “Talento e fiducia, così seleziono le campionesse della pallavolo italiana”

di Alessia Diana

L’allenatore aversano forma i giovani atleti con il sogno della Nazionale

Il benessere

Un buon rapporto medico-paziente: un traguardo possibiledi Alessia Diana

Page 5: Settimo numero casa del cuore

anno 2 numero 7 ottobre 2014 5

Anche per quest’anno lo psicoterapeuta Miche-

le Rossena ha rinnovato la sua partecipazione settem-brina alla Casa del Cuore, presentando in anteprima ad Aversa, il programma didattico- scientifico-cultu-rale 2014/2015 dell’Istituto Italiano di Scienze Umane di cui è direttore. Il titolo del programma, che ha ri-scosso molto interesse tra i partecipanti all’incontro ancor prima che lo stesso Rossena lo raccontasse è

“Il coraggio e la paura: oltre le minacce esistenziali” ed è un omaggio al suo maestro Glauco Mastrangelo, venuto a mancare da poco tempo.Omaggio perché è stato proprio quest’ultimo ad insegnare a Rossena il co-raggio quando appena di-ciannovenne e già animato dalla voglia di conoscere le oscurità del proprio animo lo seguiva nei suoi incontri

come la società contempo-ranea, che ci vuole tutti belli e felici, ci suggerisce di fare.Se ci adoperiamo in tal senso otterremo delle com-plesse strategie di soluzio-ne, maschereremo la paura ingabbiandola ma non la supereremo e di conse-guenza ci ritroveremmo sempre a sopravvivere.

Sempre attenti e vigili a che nessuna impalcatura

psicoterapeutici con i “bambini difficili”. E fu pro-prio in un lavoro di terapia di gruppo con i pazienti – ospiti dell’ Enaoli – che Mi-chele, lasciato solo dal suo maestro, sperimentò per la prima volta il coraggio. In assenza di strumenti o me-glio con i pochi che aveva riuscì a completare il lavoro. “ Ce la posso fare, mi sono detto”, racconta Michele.

La paura è l’ emozione che più di tutte caratte-rizza la vita umana, che quindi ci appartiene pro-fondamente e per chi ha scelto di fare un percorso psicoterapeutico quella di vivere è uno degli ostaco-li più terribili da superare. Ma se c’è paura dall’altra parte c’è anche il coraggio.

Ed il coraggio non è quel-lo di mentalizzare le paure,

si muova di un millime-tro. Rossena ci invita ad un percorso di verità sul-la nostra esistenza an-dando, con dolore e fati-ca, a smascherare ciò che nell’infanzia ci ha salvati. Poiché è da lì che bisogna partire: sciogliere il patto antico.Il bambino nasce con la certezza, impressa a fuoco, che i genitori lo ameran-no così come lui si aspetta che facciano. Quando ciò non avviene, il bambino danneggiato dall’adulto che dovrebbe prendersene cura, stravolge la realtà dandosi la responsabilità dell’infe-licità dei genitori e talvolta finisce anche per assolverli. Ciò che conta quindi è che a qualunque età si può met-tere mano all’antico patto e con pazienza, coraggio e te-nacia scioglierlo per sempre.

L’ edizione 2014 del Festival Internazionale

della Letteratura di Manto-va ha portato i più grandi nomi della cultura italiana e straniera nella città del Mantegna.

La disponibilità degli au-tori a dialogare con i lettori e la possibilità di questi ul-timi di ricevere curiosità ed informazioni direttamente dalla penna che ha scrit-to, hanno fatto sì che ogni singolo incontro diventasse uno scambio alla pari con un ritorno emotivo molto forte per entrambi i prota-gonisti.

Il nostro magazine ha avuto modo di ascoltare da vicino due autori campani, uno già ospite delle nostre interviste, Diego de Silva e l’altro, reduce dalla vittoria del Premio Strega, France-sco Piccolo.

Pur scrivendo di argo-menti diversi ed utilizzan-do un registro ed una pen-na diversi, i due scrittori si sono divisi la scena come

l’accento sulla necessità di cogliere nel popolo, nella vita quotidiana gli elementi per la narrazione andando al di là dei luoghi comuni. Spiega come una classi-ca telefonata, tra marito e moglie ( lui e sua moglie), sia ricca di elementi ironici degno di un comico d’anna-ta. Ed infatti è lui in prima persona a suscitare le risate della propria platea quando ritornando presso il Liceo Diaz di Caserta che lo aveva visto studente, esternando il suo scarsissimo rendimen-to scolastico, era riuscito a strappare una fragorosa risata ma soprattutto si era guadagnato l’attenzione dei liceali che in quanto scrit-tore, lo consideravano già defunto.

Ed anche uno dei suoi primi romanzi Storie di pri-mogeniti e figli unici, è un invito all’autoironia.

Insomma per dirla con le parole di Diego de Silva “se vuoi scrivere, non devi fare il figo”.

una vecchia coppia di comi-ci che lavorano insieme da anni. Non a caso i due han-no dialogato con il pubblico su “ Di cosa ridiamo quando leggiamo”.

Diego De Silva, dalla cui creatività è nato il tri-stemente felice Avvocato Malinconico, afferma che l’atto del ridere da parte del lettore da ragione allo scrittore poiché in quel mo-mento lo stesso ha avuto la possibilità di rivedere una scena alla quale ha assistito

o che addirittura ha vissuto in prima persona.

Ed uno scrittore che rie-sce a far questo ha compiuto la sua missione.

Riuscire a fare ridere non significa ridicolizzare gli altri così come si faceva a scuola, schierandosi dalla parte del più forte e puntan-do il dito contro il compa-gno più sensibile o più goffo.

Per Diego de Silva occor-re prendere il centro della scena, della propria vita e sporcarsi le mani.

Ridere di noi stessi. E da qui l’omaggio verbale a Troisi - chi di noi non si è mai rivisto in uno dei suoi personaggi, un po’ incerti, con la paura di sbagliare, di non essere all’altezza- e ad Alberto Sordi, che invece spogliava mettendo a nudo i grandi personaggi, ren-dendoli figure del popolo. Una delle soddisfazioni più importanti per uno scrittore è quella di far rivivere tra le pagine la realtà. Ed è pro-prio da questa che lui parte per costruire le sue storie.

Ed infatti c ’è una buona dose di se o meglio “solo nelle parti migliori”, afferma De Silva, nel suo personag-gio di maggior successo. E questo poter ridere di sé stessi è terapeutico perché ci fa sentire vivi rispetto agli altri.

Francesco Piccolo, auto-re di origini casertane, fa uso dell’ironia sia nei suoi romanzi che nei testi per la televisione o per il cinema. Ed infatti anche lui pone

L’evento

L’incontro

“Per accettare amore bisogna ammettere di non averne avuto”di Luisa Ciccarelli e Malfisia Foniciello

La buona ironia campana alla corte del Festivaletteraturadi Malfisia Foniciello

Page 6: Settimo numero casa del cuore

6 anno 2 numero 7 ottobre 2014

Non bisogna ricorrere alle statistiche per sapere che ci

si sposa sempre di meno e che con la stessa frequenza si

concepiscono figli. Tuttavia sono in continuo

incremento le coppie, di diritto o di fatto, che decidono

di separarsi. Al di là di tale scelta, coloro

che ne pagano le conseguenze maggiori sono sempre i figli, soprattutto quelli più piccoli.

Ci occuperemo in questa sede degli aspetti legali legati all’affidamento dei figli mino-ri, quando i genitori decidono di separarsi, non trascurando

di ricordare che una separazio-ne, sia essa consensuale o giu-diziale, ha dei risvolti non solo

legali, ma anche psicologici; ed in quanto tale andrebbe seguita e trattata sotto vari

aspetti dalle competenti figure professionali (avvocato, psico-

logo, assistente sociale).È questo il motivo per cui

sempre più spesso, i Tribunali, prima di pronunciarsi sulla

domanda di separazione, “invitano” le coppie

ad intraprendere un percor-so di mediazione familiare.

Ciò premesso, l’affidamento dei figli minori (i figli mag-

giorenni possono liberamente scegliere di stare con la madre

piuttosto che con il padre

della potestà genitoriale e all’affidamento dei figli

(anche naturali) non sono più di competenza del Tribu-

nale dei Minorenni,bensì del Tribunale ordinario,

il quale decide in Camera di Consiglio, sentito il Pubblico

Ministero, ed i suoi provvedi-menti sono immediatamente esecutivi, salvo che il Giudice

disponga diversamente.Al Tribunale dei Minorenni

residua la competenza in materia di autorizzazione al matrimonio dei minori;

autorizzazione a continuare l’esercizio d’impresa del

minore; nomina del curatore speciale per assistere

il minore nelle convenzioni matrimoniali; decadenza

dalla potestà e reintegrazione nella potestà sui figli; rimo-

zione dall’amministrazione e riammissione all’amministra-

zione del patrimonio del minore.

e viceversa) è quasi sempre condiviso, con collocamento

della prole presso uno dei geni-tori, in genere la madre. Solo in

rari casi (previsti tassativamen-te dalla legge),

l’affido è esclusivo.Al riguardo va ricordato che la legge 219/2012 (entrata

in vigore il 01 gennaio 2013) ha apportato delle rilevanti

modifiche in materia di affi-damento e riconoscimento

dei figli naturali.Fondamentalmente le novità

introdotte sono due.La prima riguarda il fatto che

non viene più fatta distinzione tra figli legittimi (nati dal

matrimonio) e figli naturali (nati fuori del matrimonio),

ma in tutte le ipotesi si parla unicamente di “figli”.

La seconda riguarda il fatto che per tutta una serie di materie, per le quali in passato è stato

competente il Tribunale dei Minorenni, oggi è invece com-petente il Tribunale ordinario.In sostanza la L. 219/2012 ha

riscritto completamente l’art. 38 Disp. Att. c.c.

e la nuova formulazione di tale disposizione normativa

non contiene più alcun riferi-mento all’art. 317 – bis c.c.Da un punto di vista pratico

ciò significa che le controversie relative all’esercizio

che nel breve termine la creazione netta di posti

di lavoro continuerà a rimanere esigua.

L’inflazione dovrebbe rimanere a livelli contenuti

per un certo periodo di tempo a causa dei seguenti fattori:

diminuzione dei prezzi delle materie prime, costante

apprezzamento dell’euro, persistente debolezza della domanda e aumento della

competitività nei paesi vulnerabili dell’UE.

Tra il 2011 e il 2013, molti paesi dell’UE hanno

ridotto drasticamente la spesa pubblica.

Grazie a questi sforzi e al miglioramento delle

condizioni, la politica di bilancio è diventata più

neutrale ed il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe iniziare a diminuire a partire

dal 2015.Per quanto riguarda l’Italia,

nel complesso il giudizio dell’UE non pare essere

troppo severo. “Dopo una forte recessione

nel 2012 e nel 2013, una lieve ripresa guidata dalla

domanda esterna è prevista nel 2014, e con condizioni

di credito migliori ci si attende che la crescita si

rafforzi nel 2015”. La fiducia, rilevano ancora a Bruxelles, è cresciuta dalla metà del 2013

sia per quanto riguarda le imprese

che i consumatori. Le famiglie dovrebbero

aumentare i propri consumi stimolando un minimo

la domanda interna ed aumentando al tempo stesso i risparmi, e questo

anche grazie al taglio della tassa sul lavoro.

Il livello di debito pubblico, infine, scenderà nel 2015 grazie

a un più alto surplus primario e al programma

di privatizzazioni programmato per

la seconda metà del 2014.

Napoli ha ospitato di recente il vertice della Bce, tra grandi

proteste e scenari futuri per l’economia europea.

Le previsioni della Commis-sione Europea confermano una ripresa dell’economia

moderata ma costante per l’Ue e l’area dell’euro.

Dopo una crescita del PIL reale dell’1,6% nell’UE

e dell’1,2% nell’area dell’euro nel 2014, l’attività economica

dovrebbe accelerare nel 2015, raggiungendo

rispettivamente quota 2% e 1,7%.

Sebbene le differenze nei tassi di crescita siano

destinate a persistere, si ridurrà il divario tra i paesi più virtuosi e quelli ancora in

difficoltà. Nel 2015 tutte le economie

dell’UE saranno tornate a crescere.

Siim Kallas, vicepresidente della Commissione,

ha dichiarato: “Ora la ripresa si sta consolidando: assistiamo a una riduzione

dei disavanzi, al rilancio degli investimenti e, soprattutto,

al miglioramento della situazione occupazionale.

Le riforme attuate dagli Stati membri e dalla stessa UE

stanno dando i loro frutti.”Le condizioni del mercato

del lavoro hanno iniziato a migliorare nel 2013.

Tuttavia, considerando i modesti tassi di crescita

economica e il tipico sfasamento temporale

tra ripresa e aumento dell’occupazione, si prevede

È un tuo diritto…

L’ affidamento dei figli minori, quei conflitti tra papà e mamma

di Antonio Battaglini

Cuore e denari

La ripresa economica tra speranze e statistiche

di Abramo Vitale

Page 7: Settimo numero casa del cuore

anno 2 numero 7 ottobre 2014 7

Il gusto della vita

Come si fa a parlare di teatro se il luogo

comune lo vede perenne-mente in crisi, come se da un momento all’altro deb-ba scomparire per sempre, come se si dovesse parlare di una creatura agonizzan-te, eppure il teatro produce così tanti movimenti e real-tà diverse che stargli dietro e riuscire a raccontare tutto è

Attualmente l’unica terapia per curare la celiachia prevede la per-manente e rigorosa esclusione del glutine dal proprio regime alimen-tare. In Italia, sono potenzialmen-te affette da tale intolleranza circa 600.000 individui.

Secondo i dati dell’AIC (Asso-ciazione Italiana Celiachia), le diagnosi in Italia relative l’an-no 2012 sono circa 148.000,

In italia ne soffre ormai uno su cento. Di cosa? Di celiachia. Un’intolleranza permanente al glutine presente in avena, fru-mento, farro, grano khorasan (kamut), orzo, segale, spelta e triticale. Si tratta di una condi-zione di danno intestinale che si determina in individui gene-ticamente predisposti.

L’ azione tossica del glutine è tale da provocare la riduzio-ne della capacità di assorbire gli alimenti, con carenze ali-mentari che compromettono lo stato di salute generale, ral-lentando la crescita in altezza e peso, con deficienze di ferro e altre vitamine.

Tale intolleranza può ma-nifestarsi a qualsiasi età e i sintomi caratterizzanti sono diarrea, vomito, perdita di appetito. Ma in molti casi, per adolescenti e adulti, l’intolle-ranza si presenta con sintomi poco chiari, come l’anemia.

con un aumento annuo del 10% (10.000).Una buona fetta della popolazio-ne è affetta da tale intolleranza e questo ha fatto sì che negli anni la società si preparasse a soddisfare anche i loro bisogni alimentari. Esiste attualmente un network di locali selezionati da AIC pronti ad offrire un menù senza glutine, an-che se il bisogno per una persona

celiaca sarebbe di non “doversi preoccupare” di trovare un luogo dove pranzare o cenare. Magari c’è anche il bisogno di poter con-sumare un pranzo veloce, o uno spuntino veloce nella propria città, oppure nei pressi del luogo di lavo-ro o magari: la necessità di poter mangiare pizza ovunque. La necessità forse di non essere trattati come persone “speciali”, bensì avere la normalità.Ecco una ricetta senza glutine, fa-cile e leggera, ma che sa dare gu-sto anche senza glutine: “Fantasia di melanzane”Ingredienti per 2 persone

- 4 melanzane- 1 uovo- Una manciata di parmigiano- Pan grattato senza glutine

quanto basta- Olio extravergine di oliva- Sale e pepe q.b.- 2 pomodori San Marzano

ProcedimentoPulire, lavare e tagliare a metà

le melanzane. Svuotarle, tagliandone la pol-pa a cubetti da bollire oppure rosolare in un goccio d’olio.

Versare in una ciotola l’uo-vo, il parmigiano, sale e pepe. Aggiungere poi la polpa di melanzane e il pomodoro San Marzano a cubetti.

Per concludere aggiungere il pan grattato senza glutine nella quantità giusta a ren-dere il composto omogeneo, cremoso e non liquido.

Disporre le melanzane a barca in una teglia e farcirle con il composto appena pre-parato.

Disporre la teglia in forno per 30 minuti a 200°, poi a seconda della doratura prefe-rita, è possibile prolungare la cottura a 180°.

tentativo inutile e velleita-rio. Allora ci soffermeremo sulle poche realtà che of-frono formazione profes-sionale teatrale ad altissimi livelli, con grandi eccellenze del panorama internazio-nale e sganciate da circuiti politici e artistici precisi.

Uno di questi, che pur-troppo non fa parte del nostro territorio campano,

è il Centro Teatrale Um-bro che da la possibilità a chi lo frequenta per un breve o lungo periodo di osservare l’ energia straor-dinaria, gli incontri incre-dibili e le possibilità di co-noscenza che mette in atto.

Siamo in Umbria tra le colline e le strade sterrate di Goregge vicino Gubbio, lontani dal caos quotidiano.

In una vecchia chiesa ab-bandonata, dove ancora si parla la lingua della ri-cerca, con il suo bel pezzo di terra davanti, Massimilia-no Donato ha creato un luo-go suggestivo dove è possi-bile sperimentare attraverso il teatro la conoscenza di sè e dell’incontro con l’ altro.

In questa splendida atmo-sfera di vita rurale, la scorsa estate, due sono stati i labo-ratori che hanno catturato l’attenzione dei partecipanti: il maestro napoletano Mi-chele Monetta sulla comme-dia dell’arte e sulla masche-ra di 5 giorni e Vladimir Olshansky, clown del Cir-que du Soleil, protagonista di un bellissimo lavoro di 5 giorni sulla figura clown.

Della stessa rilevanza anche gli altri laboratori con altre grandi personali-tà del teatro di ricerca, da Cesare Ronconi del Tea-tro Val d’Oca, alla Chia-ra Guidi della Raffaello Sanzio, fino a Cesar Brie.

Alcuni di questi carisma-tici professionisti saranno ospiti ad Aversa al Nostos teatro per dare ancora una volta la testimonianza che nonostante sia ritenuta una creatura morente, il teatro è ancora vivo e al-tresì che l’ eccellenza del-la cultura si può portare anche nei piccoli centri.

Il teatro è vivo? Il teatro è vitaLa cultura

di Antonio Granatina

Melanzane e fantasia, il gusto di mangiare senza glutinedi Carmela Barbato

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SPINOS UTO s.r.l.A

8 anno 2 numero 7 ottobre 2014

Anno2 Numero 6 giugno/luglio 2014Registrazione Tribunale di Santa Maria Capua VetereN °813 del 23 maggio 2013

Direttore ResponsabileLorenzo IulianoDirettore EditorialeMario PellegrinoCoordinamento ScientificoRosaria Raspanti Coordinatore di RedazioneMalfisia FonicielloSegreteria di RedazioneAlessia Diana

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Hanno collaborato a questo numero:Alessia DianaCarmela Barbato Abramo Vitale Antonio GranatinaMalfisia FonicielloMario PellegrinoGaia FerranteAntonio BattagliniRosaria Raspanti

Responsabile marketing e pubblicitàAbramo Vitale

Le testimonianze di chi quel Cammino lo ha già fatto e non

una sola volta, parlano di un ricongiungi-

mento con la Natura, di boschi che guariscono

e di fiumi che sono vita. Le foto amatoriali immorta-lano paesaggi senza tempo.

L’ entusiasmo e la voglia di provare sulla

pelle quanto letto o ascoltato è forte, si parte e questa volta

senza aspettative.Il percorso è duro poiché ci

sono dolori fisici che ti costringono

a rimanere fermo per giorni mentre senti che la tua anima

vuole correre, vuole camminare perché

vuole arrivare fino in fondo. Che si parta da soli

o in compagnia, chilometro dopo chilometro,

ti accorgi che quello che ti faceva paura,

oggi è la tua risorsa, che stare da soli non è da

sfigati e non fa terrore, che quando

ti senti debole, quando stai male, la tua forza interiore ti

soccorre, che sei più forte di

quello che credi, anche se nessuno

te lo ha mai mostrato. Comprendi che a volte sei

più veloce mentre altre più lento, perché è il tuo passo che

cambia, che diventa un tutt’uno con

la tua anima. Attraverso i campi di girasoli o

le terre deserte ti arriva forte ridestandoti , come uno schiaffo

in pieno viso, che la meta è il percorso

che già oggi stai compiendo.Quando si arriva a Santiago, si avverte la gioia dell’arrivo e la

tristezza della fine. Ma durano poco perché quello

che hai imparato sulla pelle mentre cercavi

un posto dove dormire, o il tuo sentiero incrociava

quello di un compagno e vi scambiavate la vita,

ha già creato una rivoluzione dentro di te.

Il Cammino, ovunque tu decida di cominciarlo,

è una metafora della vita: il Corpo e la sua forza,

la Mente e la sua psicologia, il cuore con le sue emozioni..

Un giorno però stanca di trascorrere le sue giornate

nel suo nascondiglio, fra caffè e cioccolatini,

decise di venire allo scoperto.Forse seguendo l’istinto,

che in alcuni momenti della nostra vita, quando più ci

sentiamo soli, ci spinge ad aggrapparci ad un filo, ad

una speranza di iniziare ad esser felici, Pois decise di

venire allo scoperto. Lo fece pian pianino,

senza disturbare, così come era abituata a fare.

Prima una zampina, poi l’altra, prima un

piedino poi l’altro..e così trascinando con sé

il bozzolo sulle spalle andò a fare un giretto da Aria, la famosa gufetta che

impartiva lezioni di stima ed amore.

Aveva sentito parlare della celebre quercia dalle foglie a forma di cuore, ed era stata

colpita da quell’albero;

nelle sere d’estate quando la luna illuminava la foresta,

le foglie risplendevano di un colore argentino, i cuori

si agitavano al ritmo del vento e nell’aria godevi del

profumo dell’amore. Mai il piccolo bozzolo

aveva annusato un profumo tanto inebriante.

Cosi per la piccola Pois incominciò una nuova vita.

Aveva conosciuto tante per-sone speciali come Tompour il leoncino e Fisia, la piccola scrittrice ranocchia, e tanti

altri…aveva incontrato amici di cuore ed ora non

voleva più essere costretta a stare nel suo cantuccio.

Fu cosi che decise di tirare fuori tutta se stessa e mostrare al mondo ciò che

era, semplicemente la farfalla Pois.

Semplicemente io, ora gridava al mondo…

Nella pratica professio-nale, infatti, il medico deve riuscire ad agire sia come soggetto in grado di valu-tare l’altro e di prendere anche decisioni, sia a com-portarsi come oggetto di conoscenza affidabile per il proprio paziente che a sua volta valuterà il modo di operare del medico e gli concederà o meno la pro-pria fiducia. Il paziente che chiede aiuto ad un medico di famiglia, uno specialista o anche uno psicoterapeuta, ha e si ritrova a vivere una situazione di difficoltà o di disagio, uno stato in cui la paura, i dubbi e le aspetta-tive circa la sua guarigione lo accompagnano anche

nella scelta del medico a cui rivolgersi e si presenta in una condizione di fragilità o frustrazione che va per-tanto accolta ancor prima di pensare ai sintomi per i quali lui stesso chiede aiuto.

Si è visto, nella pratica pro-fessionale, che il mostrarsi disponibili, accoglienti e non giudicanti da parte del medico risulta essere una condizione essenziale che pone le basi per un rapporto di fiducia, in cui il paziente può ritrovarsi sollevato

rispetto alla sua condizione iniziale nel sapere e sentire che c’è qualcuno, il medico, in grado di prendersi cura di lui e con lui cooperare per raggiungere una mi-gliore condizione di benes-sere. Fidarsi e affidarsi sono quindi “gli ingredienti” che rendono il rapporto me-dico-paziente efficace; un punto di partenza questo, ma al contempo un traguar-do possibile a cui tutti ten-diamo come persone prima ancora che come pazienti.

...Il cammino di Santiagosegue da pag. 1

di Gaia Ferrante

segue da pag. 1

...La farfalla Poisdi Nicoletta Misso

segue da pag. 4

...Un traguardo possibiledi Alessia Diana