Settimanale di attualità, critica e opinione 10

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Anno XXXV - Direzione e redazione Strada 1 Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago Settimanale di attualità, critica e opinione 5 marzo 2012 10 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE Mediazione tributaria Commercio elettronico Termini delle verifiche fiscali Litisconsorzio necessario Obiettiva incertezza della legge Raddoppio dei termini di accertamento IMPOSTE DI BOLLO attività finanziarie scudate IRES deducibilità dell’IRAP PROCESSO TRIBUTARIO • ambito di operatività di reclamo e mediazione • motivi del reclamo • reclamo e atti impositivi DICHIARAZIONI Mod. IVA 2012 IVA prova del trasporto nelle cessioni intra-UE FISCALITA’ INTERNAZIONALE stabile organizzazione REATI TRIBUTARI occultamento di contratti preliminari 5 0 0 0 0 0 1 2 8 8 0 7 5 00128807 Da 40

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DI PROSSIMa PuBBLICazIOne

Mediazione tributaria•

Commercio elettronico•

Termini delle verifiche fiscali•

Litisconsorzio necessario•

Obiettiva incertezza •della legge

Raddoppio dei termini •di accertamento

IMPOSTE DI BOLLOattività finanziarie scudate

IRESdeducibilità dell’IRaP

PROCESSO TRIBUTARIO•ambitodioperativitàdireclamoemediazione•motividelreclamo•reclamoeattiimpositivi

DICHIARAZIONIMod. IVa 2012

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Imposte indiretteL’imposta di bollo sulle attività finanziarie scudate: valutazioni di convenienzadi Giulio Andreani e Fabio Giommoni .............................................................................................. 689

IRESLa deduzione dalle imposte sui redditi dell’IRAP relativa al costo del lavoro: le questioniancora apertedi Gianfranco Ferranti ....................................................................................................................... 697

Processo tributarioL’ambito di operatività del reclamo e della mediazione: i limiti oggettivi, soggettivi equantitatividi Matteo Busico................................................................................................................................. 704

L’«anticipazione» dei motivi dal ricorso al reclamodi Mariagrazia Bruzzone.................................................................................................................... 709

Il reclamo per dinieghi di rimborso, atti sanzionatori e atti impoesattividi Alberto Renda................................................................................................................................. 715

DichiarazioniPer i rapporti finanziari comunicazione nella dichiarazione IVA 2012di Franco Ricca .................................................................................................................................. 721

IVALa prova del trasporto all’estero nelle cessioni intra-UE tra certezza del diritto e nostalgiadelle Doganedi Raffaele Corso e Pierpaolo Maspes .............................................................................................. 727

TrustTrasferimento nel trust di partecipazioni e di immobili di interesse storicodi Andrea Circi ................................................................................................................................... 736

Rendite finanziarieModifiche e proroghe per la riforma delle rendite finanziariedi Renzo Parisotto e Giovanni Renella .............................................................................................. 743

Fiscalità internazionaleIl «commissionario indipendente» non è la stabile organizzazione della controllante esteradi Maricla Pennesi ............................................................................................................................. 749

Reati tributariObbligo di conservare tutti i contratti dell’impresa sotto la «minaccia» di sanzioni penali?di Alberto Marcheselli ........................................................................................................................ 755

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5 MARZO 2012Sommario 10

C O R R I E R ET R I B U TA R I O

Direzione scientificaCesare Glendi - Professore Emerito di diritto processuale civile presso l’Università di Parma e Avvocato in Genova

Coordinamento scientificoGianfranco Ferranti - Responsabile Dipartimento scienze tributarie, Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze

Comitato scientificoMassimo Basilavecchia - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Teramo e Avvocato in PescaraMauro Beghin - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Padova, Avvocato e Dottore commercialistain PadovaMariagrazia Bruzzone - Avvocato in GenovaAngelo Busani - Notaio in MilanoPaolo Centore - Avvocato in Genova e MilanoPiermaria Corso - Professore ordinario di diritto processuale penale presso l’Università di Milano e Avvocato in MilanoGabriella D’Alessio - Responsabile Fisco - ANIA Mario Damiani - Professore straordinario di diritto tributario presso l’Università LUM J. Monnet - Bari e Dottore commer-cialista in PescaraLuca Miele - Vicario del Direttore della Direzione Legislazione Tributaria - Dipartimento delle Finanze - Ministerodell’Economia e delle FinanzePaolo Moretti - Consigliere Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili Carlo Pino - Dottore commercialista in SavonaLuca Rossi - Dottore commercialista in Milano e RomaDario Stevanato - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Trieste, Avvocato e Dottore commercialistain VeneziaIvan Vacca - Condirettore generale Responsabile imposizione diretta, Responsabile coordinamento imposizione indiretta -ASSONIME Giuseppe Zizzo - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università C. Cattaneo - Liuc Castellanza e Avvocato inMilano

Settimanale di attualità, critica e opinione

Editrice Wolters Kluwer Italia S.r.l. - Strada 1, Palazzo F6 - 20090 Assago (Mi) - http://www.ipsoa.itDirettore responsabile Giulietta LemmiRedazione Marcello Gervasio, Valeria Ruggiero

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 361 del 2 novembre 1977. Tariffa R.O.C.: PosteItaliane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano.Iscritta nel registro Nazionale della Stampa con il n. 3353 vol. 34 foglio 417 in data 31 luglio 1991. Iscrizione al R.O.C. n. 1702

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Imposteindirette

Con l’art. 19, commi da 6 a 11, del D.L. 6 dicem-bre 2011, n. 201 (1) (cd. «decreto Monti» o «salvaItalia») è stata introdotta un’imposta di bollo spe-ciale che colpisce le attività di natura finanziariaoggetto di emersione ai sensi dell’art. 13-bis delD.L. 1° luglio 2009, n. 78 (2), e successive modi-ficazioni («scudo fiscale 2009») e degli artt. 12 e15 del D.L. 25 settembre 2001, n. 350 (3) e suc-cessive modificazioni («scudo fiscale2002/2003»).Pertanto la nuova imposta di bollo speciale colpi-sce le sole attività finanziarie che sono state ogget-to di procedura di rimpatrio e non anche le altreattività, di diversa natura, detenute illegalmente al-l’estero che sono state rimpatriate e tutte quelle,anche finanziarie, che sono state oggetto di regola-rizzazione (4). Al riguardo si ritiene che rientrino nella fattispeciecolpita dall’imposta, non solo le attività finanzia-rie oggetto di rimpatrio «fisico», ma anche quelleoggetto di rimpatrio «giuridico», ovvero senzamateriale trasferimento del bene nel territorio ita-liano, ma per il tramite di un intermediario italianoche formalmente ha assunto in custodia, deposito,amministrazione o gestione l’attività «scudata».Non dovrebbero invece rientrare nell’ambito diapplicazione della norma le somme oggetto del cd.«rimpatrio al seguito» (ovvero con trasferimento

in Italia a cura dello stesso contribuente, attraversoil confine di Stato), le quali non hanno beneficiatodella segretazione, dato che per le stesse era previ-sta una apposita denuncia alla Direzione delle Do-gane.La nuova imposta di bollo speciale viene prelevataannualmente, a partire dal 2012, ed ha per presup-posto la detenzione, al termine dell’anno prece-dente a quello per il quale è dovuta, di attività fi-nanziarie ancora segretate in base alla disciplinadello scudo fiscale.Pertanto, per l’anno 2013 l’imposta è dovuta sulle

L’imposta di bollosulle attività finanziarie scudate:valutazioni di convenienza

Con il decreto «salva Italia» è stata introdotta un’imposta di bollo speciale sulle attività finan-ziarie oggetto di rimpatrio attraverso le varie edizioni dello scudo fiscale, il cui presupposto ècostituito dall’esistenza di attività finanziarie ancora segretate. Pertanto i contribuentiinteressati devono effettuare una valutazione di convenienza circa l’opportunità di rinun-ciare alla segretazione al fine di non pagare l’imposta. Le valutazioni che i contribuenti saran-no chiamati ad effettuare concernono anche gli effetti generati dall’obbligo di comunicazio-ne dei rapporti finanziari all’Anagrafe tributaria previsto in capo agli intermediari fi-nanziari.

di Giulio Andreani e Fabio Giommoni

Giulio Andreani - Professore di diritto tributario presso la ScuolaSuperiore dell’Ecomonia e delle Finanze - Dottore commercialistaFabio Giommoni - Dottore commercialista

Note:(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,n. 214. (2) Convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.102.(3) Convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001,n. 409.(4) La principale differenza tra la procedura di rimpatrio, rispettoa quella di regolarizzazione, atteneva proprio al regime di segre-tezza che, nel primo caso, era assicurato dall’invio di una dichia-razione riservata tramite l’intermediario finanziario, mentre la se-conda procedura non prevedeva anonimato, avendo ad oggettoattività che rimanevano all’estero e che quindi dovevano essereconosciute dall’Amministrazione finanziarie ai fini della loro tas-sazione.

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Imposteindirette

attività finanziarie che risul-teranno segretate alla data del31 dicembre 2012, mentreper il 2014 e gli anni succes-sivi è dovuta sulle attività fi-nanziarie che risulteranno se-gretate alla data del 31 di-cembre dell’anno precedente.Per l’anno 2012 l’imposta èinvece dovuta sulle attivitàfinanziarie che risultavanosegretate alla data del 6 di-cembre 2011 (data di entratain vigore del D.L. n.201/2011).L’imposta di bollo è dovutaper ciascun anno con riferi-mento alle seguenti aliquoteproporzionali:– 10 per mille per l’anno2012;– 13,5 per mille per l’anno 2013;– 4 per mille per il 2014 e per gli anni successivi.Dal tenore della norma risulta che l’imposta deveessere applicata al valore delle attività finanziarieancora segretate al 31 dicembre di ogni anno (5) enon dunque sul valore originario che è stato «scu-dato». Pertanto dovrebbero rientrare nella base im-ponibile anche i redditi che sono maturati neglianni con riferimento alle attività scudate, tassati,anche su base forfetaria, ai sensi dell’art. 14, com-ma 8, del D.L. n. 350/2011, in quanto tali redditihanno incrementato il saldo dei conti oggetto disegretazione.L’imposta è calcolata sull’ammontare delle sommee sul valore di mercato delle attività finanziarie al-la data di riferimento e, in mancanza del valore dimercato, sulla base del valore nominale ovveroquello di rimborso di tali attività (6).L’imposta di bollo sui patrimoni segretati è deter-minata al netto dell’eventuale imposta di bollo pa-gata sulle comunicazioni relative a titoli, strumentie prodotti finanziari di cui all’art. 13, comma 2-ter, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642/1972 (7). Ai sensi dell’art . 19, comma 8, del D.L. n.201/2011 gli intermediari devono trattenere l’im-posta di bollo speciale dal conto del soggetto cheha effettuato l’emersione, oppure possono ricevereapposita provvista dallo stesso contribuente (8).

Dalla lettura delle disposi-zioni successive emerge chenel caso in cui il contribuen-te non abbia sul conto o nonfornisca le disponibilità perpagare l’imposta, l’interme-diario non è tenuto ad effet-tuare il versamento.Il comma 9 prevede, infatti,che l’intermediario deve se-gnalare (9) all’Agenzia delleentrate i contribuenti neiconfronti dei quali non è sta-ta applicata e versata l’impo-sta di bollo speciale, per iquali l’imposta è riscossamediante iscrizione a ruoloai sensi dell’art . 14 delD.P.R. n. 602/1973 (10).L’omesso versamento com-porta, inoltre, l’applicazione

di una sanzione pari all’importo non versato, men-tre per l’accertamento e la riscossione dell’impo-sta, nonché per il relativo contenzioso, si applica-no le disposizioni in materia di imposta di bollo.Il versamento dell’imposta è effettuato a curadell’intermediario entro il 16 febbraio di ciascun

Note:(5) Per l’imposta dovuta per il 2012 il valore di riferimento èquello al 6 dicembre 2011 e non al 31 dicembre dello stesso an-no (cfr. provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate14 febbraio 2012, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA).(6) Cfr. provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate14 febbraio 2012, cit.(7) Al riguardo non si comprende perché non sia stata prevista ladeduzione anche dell’imposta di bollo sugli estratti dei conti cor-renti prevista dall’art. 13, comma 2-bis, della Tariffa.(8) Si tratta degli intermediari specificamente individuati dall’art.11, comma 1, lett. b), del D.L. n. 350/ 2001, ovvero banche italiane,società di intermediazione mobiliare, società di gestione del ri-sparmio, società fiduciarie, agenti di cambio e Poste Italiane s.p.a.,nonché stabili organizzazioni in Italia di banche e di imprese diinvestimento non residenti, comprese le imprese di assicurazioneresidenti nel caso in cui le attività rimpatriate, o comunque partedi esse, siano state utilizzate per la sottoscrizione di un contrattodi assicurazione sulla vita o di capitalizzazione in regime di riser-vatezza.(9) La segnalazione deve essere effettuata nel Mod. 770, a partireda quello del 2013 per l’anno 2012 (cfr. provvedimento del Diret-tore dell’Agenzia delle entrate 14 febbraio 2012, cit.).(10) A seguito della denuncia da parte dell’intermediario, il clien-te perde la segretazione e quindi, dall’anno successivo, non saràpiù tenuto a versare l’imposta di bollo speciale.

Imposta di bollosulle attività scudateLa nuova imposta di bollo, che colpiràle attività finanziarie oggetto dirimpatrio, sia «fisico», sia«giuridico», è dovuta annualmente, apartire dal 2012, e ha per oggetto ladetenzione, al termine dell’annoprecedente a quello per il quale èdovuta, di attività finanziarie ancorasegregate in base alla disciplina delloscudo fiscale.L’imposta di bollo è dovuta per ognianno alle seguenti aliquoteproporzionali:– 10 per mille per il 2012;– 13,5 per mille per il 2013; – 4 per mille per il 2014 e per gli annisuccessivi.

LA NOVITA’ NORMATIVA

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anno, secondo le disposizioni contenute nel capoIII del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 e dunque nonsulla base delle normali procedure applicabili al-l’imposta di bollo (marca da bollo, bollo virtuale,ecc.) (11).La scadenza per l’imposta dovuta con riferimentoall’anno 2012, originariamente prevista per il 16febbraio 2012, è stata tuttavia oggetto di proroga(12), al fine di assicurare più tempo agli operatorifinanziari chiamati a svolgere un compito com-plesso come quello di acquisire i fondi necessari apagare l’imposta, tenuto conto, ad esempio, chel’intermediario presso il quale attualmente sonodepositate le somme scudate potrebbe non esserelo stesso presso il quale è stato effettuato lo scudoo che le somme in oggetto potrebbero essere statenel frattempo cadute in successione ereditaria.

Le valutazioni circa il mantenimentoo meno dell’anonimatoPoiché il presupposto della nuova imposta di bollospeciale è l’esistenza di attività finanziarie segre-tate al 31 dicembre dell’anno precedente, l’unicomodo per sottrarsi al versamento della stessa èquello di far venir meno la riservatezza prima didetta data (13). Tuttavia questa strategia può essere perseguita so-lo per l’imposta dovuta nel 2013 e negli anni suc-cessivi, in quanto per il 2012 la condizione perl’applicazione dell’imposta è l’esistenza di sommesegretate al 6 dicembre 2011 e dunque non risultapiù possibile far venir meno tale presupposto.In particolare, la perdita della segretazione può av-venire a seguito di (14):– prelievo delle somme giacenti sui conti segretatioppure trasferimento delle stesse su conti non se-gretati, anche di altri intermediari, o presso inter-mediari esteri;– accreditamento sul conto segretato di somme di-verse da quelle consentite (ovvero quelle derivantida attività rimpatriate o costituenti la provvista peril pagamento di imposte o di oneri di gestione delconto);– esibizione della dichiarazione riservata agli or-gani competenti dell’Amministrazione finanziaria,in sede di accessi, ispezioni e verifiche, con il finedi far valere gli effetti inibitori dello scudo.Al riguardo, le istruzioni del Quadro SO del Mod.770 ordinario prevedono che l’intermediario finan-

ziario deve comunicare all’Amministrazione fi-nanziaria i prelievi di denaro oggetto di operazionidi rimpatrio ai sensi dell’art. 13-bis del D.L. n.78/2009, compresi quelli derivanti dalla chiusuradel conto corrente o deposito.Appare dunque verosimile che i contribuenti inte-ressati effettueranno una valutazione circa la deci-sione di mantenere o meno la segretazione, in rela-zione alle diverse aliquote applicabili nel tempononché in base all’interesse a mantenere l’anoni-mato.Prima di illustrare le strategie che il contribuentepuò porre in essere con riferimento al manteni-mento o meno della segretazione è tuttavia oppor-tuno verificare se l’anonimato assicurato dalloscudo sia ancora effettivo sul piano sostanziale,anche dopo l’entrata in vigore dei nuovi obblighidi comunicazione degli intermediari all’Anagrafetributaria delle operazioni finanziarie intrattenutecon i contribuenti, introdotti dall’art. 11, commi da2 a 5, del medesimo D.L. n. 201/2011. Da più partiè stato infatti evidenziato che gli obblighi di co-municazione degli intermediari all’Archivio deirapporti finanziari determinerebbero di fatto il ve-nir meno del beneficio della segretazione per lageneralità dei contribuenti (15).

I rapporti tra la riservatezza dello scudoe la normativa sulle comunicazioniall’archivio dei rapporti finanziariLa disciplina della riservatezza delle attività finan-ziarie oggetto di rimpatrio è contenuta nell’art. 14,comma 2, del D.L. n. 350/2001 (scudo2002/2003), le cui disposizioni sono state integral-mente richiamate dall’art. 13-bis, comma 4, delD.L. n. 78/2009 (scudo 2009), il quale prevede

Note:(11) Con risoluzione 9 febbraio 2012, n. 14/E, in Banca Dati BIGSuite, IPSOA, sono stati istituiti i relativi codici tributo.(12) Detta proroga è stata annunciata con il comunicato stampadel Ministero dell’economia e delle finanze 15 febbraio 2012, inBanca Dati BIG Suite, IPSOA, e sarà inclusa nel primo provvedi-mento legislativo utile.(13) A tale riguardo si ritiene che la riservatezza possa venir me-no indifferentemente durante tutto l’anno, purché entro il 31 di-cembre.(14) Nei casi di rimpatrio «giuridico» la perdita dell’anonimatopuò ovviamente avvenire secondo altre modalità.(15) Si veda M. Piazza, «Chi non paga l’extra perde l’anonimato»,in Il Sole - 24 Ore del 7 dicembre 2011, pag. 12.

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che, fermi restando gli obblighi in materia di anti-riciclaggio, gli intermediari che hanno ricevuto ladichiarazione riservata non devono fornire all’Am-ministrazione finanziaria, ai fini degli accertamen-ti tributari, i dati e le notizie riferite alle stesse.Al riguardo l’Agenzia delle entrate ha chiarito che«i dati relativi alle operazioni di emersione effet-tuate dal contribuente non soltanto non sono co-municati all’Amministrazione al momento del-l’operazione, ma non sono forniti nemmeno suc-cessivamente in sede di accertamento» (16).In particolare, gli intermediari non devono comu-nicare all’Amministrazione finanziaria i dati e lenotizie inerenti ai conti di deposito che accolgonoil denaro e le attività finanziarie rimpatriate. Nondevono essere altresì comunicati i dati relativi aiconti di sub deposito nei quali sono immessi dena-ro e attività finanziarie rimpatriate dal contribuen-te per il tramite di altri intermediari finanziari chesono impossibilitati a gestire direttamente i contirelativi all’attività svolta a favore della propriaclientela (17). Su tali conti possono essere depositate esclusiva-mente le attività rimpatriate indicate nelle dichia-razioni riservate, i titoli acquisiti con le sommerimpatriate, le somme derivanti dall’alienazionedelle attività rimpatriate, i redditi delle attivitàrimpatriate e le disponibilità per il versamento del-le imposte e per gli oneri di gestione del rapportofornite dal contribuente stesso.A fronte di questo divieto, pressoché assoluto, dicomunicare i dati e le informazioni relative ai con-ti segretati, non avrebbe dovuto nemmeno porsi laquestione circa i rapporti tra la disciplina delloscudo fiscale e quella dell’archivio dei rapporti fi-nanziari di cui all’art. 7 del D.P.R. n. 605/1973.Più precisamente, ai sensi del sesto comma del-l’art. 7 del D.P.R. n. 605/1973, come modificatodall’art. 37, commi 4 e 5, del D.L. n. 223/2006(cd. decreto Visco-Bersani), gli intermediari finan-ziari sono tenuti a comunicare in via telematica al-l’Archivio dei rapporti finanziari, che costituisceuna apposita sezione dell’Anagrafe tributaria, i da-ti anagrafici dei titolari e l’esistenza e la natura deirapporti continuativi intrattenuti con la clienteladal 1° gennaio 2005, nonché, a seguito di modificaapportata dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, idati anagrafici dei soggetti che intrattengono congli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effet-

tuano operazioni al di fuori di un rapporto conti-nuativo, per conto proprio ovvero per conto o anome di terzi, e l’esistenza di qualsiasi operazionefinanziaria compiuta al di fuori di un rapportocontinuativo (ccdd. operazioni «extra conto»), ef-fettuate dal 1° gennaio 2005 (18).In merito alle comunicazioni da inviare all’archi-vio dei rapporti finanziari l’Agenzia delle entrate,lasciando di poco sorpresi gli operatori, ha preci-sato, con la circolare 4 aprile 2007, n. 18/E (19),che rientrano nell’ambito di comunicazione anchei rapporti oggetto delle operazioni effettuate nelleprecedenti edizioni dello scudo fiscale, in quantoil regime di riservatezza che contraddistingue taliconti non sarebbe rilevante ai fini delle comunica-zioni all’archivio dei rapporti.Secondo l’Agenzia, il regime di riservatezza checontraddistingue tali rapporti non rileva dunque aifini della comunicazione prevista dall’art. 7, sestocomma, del D.P.R. n. 605/1973, ma può essereeventualmente opposto all’Amministrazione finan-ziaria all’atto della richiesta di informazioni speci-fiche circa i contenuti del rapporto.Pertanto, sempre secondo l’interpretazione del-l’Agenzia, la riservatezza atterrebbe non all’esi-stenza del conto segretato, quanto ai soli contenutidello stesso, che non possono essere comunicati daparte degli intermediari in occasione di un’even-tuale indagine finanziaria ai sensi dell’art. 32 delD.P.R n. 600/1973 e art . 51 del D.P.R. n.633/1972. Questo passaggio della circolare ha sorpreso glioperatori, i quali hanno espresso un’opinione esat-tamente contraria ribadendo la piena rilevanza delregime di riservatezza ai fini della comunicazioneprevista dall’art. 7, sesto comma, del D.P.R. n.605/1973 (20). Pertanto, questo obbligo, ad avviso degli interme-diari interessati, va inteso nel senso che, di frontealla richiesta dell’Amministrazione finanziaria di

Note:(16) Cfr. circolare 10 ottobre 2009, n. 43/E, par. 10, in Banca DatiBIG Suite, IPSOA.(17) Cfr. circolare n. 43/E del 2009, par. 10, cit.(18) Per le modalità operative si veda il provvedimento del Di-rettore dell’Agenzia delle entrate 19 gennaio 2007, e successivemodificazioni (da ultimo con Provv. 29 febbraio 2008).(19) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(20) Cfr. ABI, circolare serie tributaria 5 febbraio 2007, e Assoge-stioni, circolare 5 aprile 2007.

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fornire la copia dei conti in-trattenuti con il contribuente,la banca non deve segnalarela stessa esistenza degli spe-ciali conti segretati aperti perl’accoglimento delle attivitàoggetto della procedura diemersione, limitandosi, in talcaso, a segnalare solo l’esi-stenza dei conti di tipo ordi-nario eventualmente intrattenuti dal cliente.Sta di fatto che la maggior parte degli operatori siè invece adeguata alle indicazioni fornite dal-l’Agenzia, comunicando all’archivio dei rapportifinanziari anche l’esistenza dei conti segretati. Ta-le soluzione, benché non risultasse del tutto con-forme alla disciplina di segretazione prevista dalloscudo, come sopra illustrata (in quanto anche lasemplice comunicazione dell’esistenza del contoappare come una palese violazione dell’anonima-to), si presentava sul piano pratico tutto sommatoaccettabile. Infatti, poiché l’oggetto della comuni-cazione era la mera esistenza del conto, ovviamen-te senza l’indicazione che il conto era segretato, lariservatezza poteva venir meno solo allorquandol’Amministrazione finanziaria avesse effettuatoun’indagine finanziaria sul contribuente, perchésolo in tale momento, di fronte al rifiuto da partedell’intermediario di fornire le movimentazionidel conto, avrebbe scoperto che si trattava di unconto scudato. La predetta soluzione non pare però più percorribilea seguito delle modifiche apportate alla disciplinadelle comunicazioni all’archivio dei rapporti finan-ziari con lo stesso decreto «salva Italia», il quale al-l’art. 11, commi da 2 a 5, ha previsto che dal 1°gennaio 2012 sono oggetto di comunicazione, nonsolo i dati identificativi del contribuente e l’esisten-za dei rapporti, ma anche tutte le movimentazionidei rapporti finanziari stessi, con relativo importo einformazioni di dettaglio, con esclusione dei paga-menti con bollettino postale di importo inferiore aeuro 1.500. Sono inoltre oggetto di comunicazionetutte le operazioni extra conto effettuate dal contri-buente per conto proprio e per conto o a nome diterzi (cambio assegni, emissione ed incasso di asse-gni circolari, bonifici allo sportello, ecc.).Se, pertanto, fosse ritenuta ancora applicabile lasoluzione fornita dall’Agenzia con la circolare n.

18/E del 2007, che prevede-va la comunicazione dell’esi-stenza del conto ma il rifiutodi divulgarne i contenuti incaso di verifica, si arrivereb-be alla conclusione che gliintermediari finanziari dal 1°gennaio 2012 dovrebberocontinuare a comunicareall’Anagrafe finanziaria

l’esistenza del conto, ma non i movimenti dellostesso, in quanto le informazioni di dettaglio delconto manterrebbero la loro segretazione, anchedopo le modifiche introdotte con il menzionato de-creto. Ma ciò determinerebbe di fatto il venir me-no dell’anonimato in quanto l’Amministrazione fi-nanziaria, di fronte alla comunicazione dell’esi-stenza del conto, ma non delle relative movimen-tazioni, potrebbe agevolmente dedurre che si trattadi un conto segretato.Ma anche l’eventuale comunicazione sia dell’esi-stenza del conto che dei movimenti dello stesso ap-pare come una palese violazione dell’anonimato.Queste conseguenze non risultano compatibili conl’istituzione dell’imposta di bollo speciale sui con-ti segretati e pertanto si rende opportuno, a pareredi chi scrive, fornire una diversa soluzione allaproblematica relativa ai rapporti intercorrenti tra ladisciplina dello scudo fiscale e quella sulle comu-nicazioni all’archivio dei rapporti finanziari.In particolare, non sembra che i rapporti tra le duenormative debbano essere inquadrati alla luce delprincipio generale della successione delle leggi neltempo, in base al quale in caso di conflitto fra piùfonti lo stesso viene risolto facendo prevalere lanorma successiva, la quale è dotata della capacitàdi abrogare quella precedente, anche in forma taci-ta o implicita, laddove lo stesso legislatore non ab-bia ricorso all’abrogazione espressa (21).

Nota:(21) L’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale prevede in-fatti tre tipologie di abrogazione:– espressa, quando la fonte successiva indica le norme precedentida abrogate;– tacita, quando la fonte successiva contiene disposizioni incom-patibili con quelle della fonte precedente;– implicita, quando la fonte successiva interviene per modificareun intero settore, rendendo superata la disciplina precedente.Cfr., tra gli altri, P. Caretti e U. De Siervo, Istituzioni di diritto pub-blico, Torino, 2002, pag. 485.

Comunicazioni all’archiviodei rapporti finanziariL’Agenzia delle entrate ha precisatoche tra le comunicazioni da inviareall’archivio dei rapporti finanziaririentrano anche i rapporti oggettodelle operazioni effettuate nelleprecedenti edizioni dello scudo.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

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Al riguardo si rileva che nel tempo si è assistito aduna sovrapposizione di diverse leggi e una rico-struzione basata sulla mera evoluzione temporaledelle norme porterebbe a risultati illogici. La pri-ma disposizione in ordine di tempo è infatti il D.L.n. 350/2001, istitutivo del primo scudo fiscale, cheha definito le caratteristiche della segretazionedelle attività «scudate». Successivamente è inter-venuto il D.L. n. 223/2006 (cd. decreto Visco-Ber-sani) istitutivo delle comunicazioni all’archiviodei rapporti finanziari che, a parere dell’Agenzia,avrebbe comportato una parziale deroga ai principidi anonimato dello scudo, in quanto dette comuni-cazioni avrebbero dovuto includere anche l’esi-stenza dei conti segretati. Tuttavia, il successivoD.L. n. 78/2009, che ha introdotto la nuova edizio-ne dello scudo, sarebbe stato in grado, secondoquesta logica, di riaffermare la piena segretazionedei conti, seppur con riferimento alle sole opera-zioni di emersione effettuate nel 2009, mentre iconti relativi allo scudo precedente avrebbero con-tinuato a godere di un anonimato ridotto in quantosegnalati all’Anagrafe dei rapporti finanziari. Maanche la segretazione dei conti scudati a seguitodella nuova sanatoria sarebbe venuta meno a se-guito dell’entrata in vigore dei nuovi obblighi dicomunicazione all’archivio dei rapporti finanziariintrodotta con il D.L. n. 201/2011. Questa tesi po-trebbe essere suffragata dal fatto che, nella circola-re n. 43/E del 2009, l’Agenzia, commentandol’edizione 2009 dello scudo fiscale, ha richiamatole vecchie circolari relative alla prima edizionedello scudo, ma non ha richiamato la predetta cir-colare n. 18/E del 2007, facendo ritenere a taluniche le disposizioni di detta circolare valessero soloper i conti del vecchio scudo, mentre i conti segre-tati legati all’ultimo scudo potevano non esserecomunicati all’archivio.Questa ricostruzione porterebbe tuttavia a risultatiirrazionali in quanto nel corso del periodo di rife-rimento si sarebbe assistito a diversi gradi di se-gretazione a seconda dell’evoluzione normativa, esoprattutto tale segretazione sarebbe assai diffe-renziata per i conti relativi alle due edizioni delloscudo, soltanto perché tra le due normative è inter-venuta quella che ha istituito l’Anagrafe dei rap-porti, e ciò ancorché le disposizioni sull’anonima-to del nuovo scudo richiamino quelle del primo.A parere di chi scrive i rapporti tra le due normati-

ve non devono essere inquadrati sulla base dellasuccessione temporale bensì sulla base del rappor-to tra norma speciale e norma generale, in base alquale il contrasto fra due fonti viene risolto in fa-vore della norma cha assume carattere speciale ri-spetto a quella generale. Per cui, la legge successi-va di carattere generale non ha il potere di abroga-re quella precedente di portata speciale, in quantodiretta a disciplinare fattispecie particolari (22).Sotto questo profilo la normativa sullo scudo si po-ne come norma speciale rispetto a quella di portatagenerale sulla comunicazione dei rapporti finanzia-ri, per cui la disciplina speciale di segretazione pre-vista dallo scudo assume carattere prevalente, supe-rando quella dell’obbligo di comunicazione dei rap-porti finanziari, limitatamente ai conti «scudati».Ma vi è un’altra decisiva ragione di ordine sistema-tico che induce a ritenere che la normativa sulle co-municazioni all’archivio dei rapporti finanziari nonsia idonea ad incidere, neanche sul piano sostanzia-le, sul regime di segretazione dei conti scudati.Infatti, la circostanza che il legislatore abbia intro-dotto una tassa di bollo speciale che ha come pre-supposto l’esistenza di attività finanziarie segreta-te significa che lo stesso ha ritenuto il regime disegretazione ancora perfettamente sussistente.Per tali ragioni si ritiene che non sussista alcun obbli-go da parte degli intermediari finanziari di comunica-re all’archivio dei rapporti finanziari, ai sensi del-l’art. 7, sesto comma, del D.P.R. n. 605/1973, comenovellato dal decreto «salva Italia», i conti segretatiaccesi dal contribuente, né tantomeno, le movimenta-zioni di tali conti, e questo sia con riferimento alloscudo del 2009 che a quello del 2002/2003.

Gli effetti dello scudo fiscalee la perdita dell’anonimatoAppurato che l’anonimato, per quanto riguarda irapporti finanziari oggetto di rimpatrio con le dueedizioni dello scudo fiscale che si sono succedutenel tempo, continua ad essere pienamente garanti-to, anche alla luce della nuova disciplina delle co-municazioni dell’archivio dei rapporti finanziarivigente dal 1° gennaio 2012, è necessario a questopunto interrogarsi su quali siano gli effetti per il

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Nota:(22) Cfr., tra gli altri, P. Zatti e V. Colussi, Lineamenti di diritto priva-to, 2005, pag. 38.

contribuente della perdita vo-lontaria del regime di segre-tazione.Al riguardo occorre prelimi-narmente ricordare quelli chesono i principali effetti delloscudo fiscale, a cominciaredal potere di inibizione del-l’attività di accertamento tri-butario e contributivo, fino aconcorrenza degli importiesposti nella dichiarazione ri-servata, rappresentati dallesomme rimpatriate (23).La preclusione opera automa-ticamente, ovvero senza ne-cessità di prova specifica daparte del contribuente, in tuttii casi in cui sia possibile, an-che astrattamente, ricondurregli imponibili accertati allesomme o alle attività costituiteall’estero oggetto di rimpatrio.L’inibizione degli accerta-menti è caratterizzata ancheda una limitazione temporale,in quanto opera esclusiva-mente con riferimento ai pe-riodi d’imposta che hannotermine al 31 dicembre 2008e, in ogni caso, la preclusionedell’attività di accertamento si riferisce a presup-posti verificatisi fino al 31 dicembre 2008 (24). Inoltre, ai sensi del comma 3 dell’art. 13-bis delD.L. n. 78/2009, le operazioni di emersione nonpossono in ogni caso costituire elemento utilizza-bile a sfavore del contribuente in ogni sede ammi-nistrativa o giudiziaria, civile, amministrativa ov-vero tributaria, in via autonoma o addizionale.Tale divieto vale con riferimento, non solo ai pro-cedimenti direttamente riferibili al contribuenteche ha effettuato le operazioni di emersione, maanche a quelli concernenti soggetti riconducibili alcontribuente stesso in qualità di dominus. Adesempio lo scudo effettuato dal dominus di una so-cietà di capitali non può essere utilizzato ai finidell’avvio o nell’ambito di un’attività di controllofiscale nei confronti della medesima società.Allo stesso modo le operazioni di emersione non

possono determinare accerta-menti nei confronti dei sogget-ti interposti attraverso i quali ilcontribuente ha detenuto al-l’estero le attività rimpatriate.Tali limitazioni mirano ad evi-tare che lo scudo possa essereutilizzato a sfavore del contri-buente ai fini dell’accertamen-to di violazioni tributarie perle quali non valgono gli effettidello scudo stesso.

Considerazioni conclusiveUna volta delineati, seppuresinteticamente, gli effetti del-lo scudo è possibile eviden-ziare quelle che possono esse-re le conseguenze della perdi-ta volontaria della segretazio-ne da parte del contribuente.In primo luogo si può ipotiz-zare che la perdita dell’anoni-mato potrebbe indurre l’Am-ministrazione finanziaria adeffettuare un’attività di accer-tamento con riferimento aglianni coperti dallo scudo, an-che se tale attività accertativapare poco probabile perché,per essere efficace, dovrebbe

condurre ad una contestazione di importo superiorea quello coperto dallo scudo o, comunque, ad evi-denziare fattispecie non coperte dallo scudo (adesempio, costi indeducibili).Non a caso, con riferimento allo scudo del 2009,gli operatori finanziari suggerivano di mantenerela segretazione per almeno i cinque anni successi-vi, ovvero fino al 31 dicembre 2013, e la stessaimposta di bollo speciale prevede un’aliquota piùalta, rispetto a quella ordinaria del 4 per mille, fi-no al 2013.

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Note:(23) La preclusione dell’attività di accertamento opera anche neiconfronti dei soggetti obbligati in via solidale con il contribuente(quali, ad esempio, gli eredi e i donatari), se e in quanto tenuti al-l’obbligazione tributaria in dipendenza degli imponibili accertati incapo al contribuente che ha presentato la dichiarazione riservata.(24) Cfr. circolare 10 ottobre 2009, n. 43/E, par. 10, cit.

Riservatezza dello scudoe comunicazioni all’Anagrafe– Si pone il problema di chiarire sel’anonimato assicurato dallo scudosia ancora effettivo sul pianosostanziale, anche dopo l’entrata invigore dell’obbligo per gli intermediaridi comunicazione all’archivio deirapporti finanziari di tutte lemovimentazioni dei rapportifinanziari.– Non pare corretto appellarsi alprincipio generale della successionedelle leggi nel tempo. Al contrario irapporti tra le due normative devonoessere risolti appellandosi al principiosecondo cui la legge speciale prevalesu quella generale (anche sesuccessiva): atteso pertanto che lanormativa sullo scudo è normaspeciale rispetto a quella generalerelativa alla comunicazione deirapporti finanziari, la disciplinaspeciale di segretazione prevista dalloscudo assume carattere prevalente,superando (limitatamente ai conti«scudati») quella dell’obbligo dicomunicazione dei rapportifinanziari.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

Infatti, considerando i norma-li termini di accertamento,l’ultimo anno coperto dalloscudo 2009, ovvero il 2008,risulta ancora accertabile finoal 31 dicembre 2013.Ad ogni modo si rileva che sel’anonimato viene meno nelcorso del 2012, a seguito diprelevamento delle sommedal conto segretato, detta in-formazione verrebbe assuntadall’Amministrazione finan-ziaria non prima del 31 luglio2013, data di scadenza dellapresentazione del Mod.770/2013 ordinario per l’an-no 2012. Il prelevamento del-le somme scudate, come evidenziato in preceden-za, deve essere infatti comunicato dagli interme-diari abilitati con la compilazione del quadro SOdel Mod. 770.Al riguardo risulta poco probabile che, avendo a di-sposizione solo il secondo semestre del 2013, l’Am-ministrazione finanziaria possa effettuare un accer-tamento sull’anno 2008 per tutti i contribuenti chehanno rinunciato alla segretazione nel 2012, al finedi non pagare l’imposta di bollo dell’anno 2013.Pertanto si può affermare che coloro che ritengonoche la perdita dell’anonimato comporterebbe es-senzialmente il rischio di un accertamento con ri-ferimento ad anni non recenti coperti dallo scudopotranno rinunciare alla segretazione nel 2012,non pagando l’imposta nel 2013 e negli anni suc-cessivi, senza che ciò comporti per loro particolaririschi. Coloro invece che temono comunque di su-bire un accertamento con riferimento all’anno2008 potranno decidere di pagare l’imposta nel2013, con riferimento al 2012, e rinunciare inveceall’anonimato nel 2013 per non pagare più l’impo-sta nel 2014.Se, invece, vi è il rischio di incorrere nel raddop-pio dei termini di accertamento, previsto nell’ipo-tesi di emersione di notizie di reato, dagli artt. 43del D.P.R. n. 600/1973 e 57 del D.P.R. n.633/1972, rispettivamente per le imposte sui red-diti e per l’IVA, i redditi relativi all’anno 2008 po-tranno essere oggetto di rettifica fino al 31 dicem-bre 2017. In tale eventualità, chi teme di subire un

accertamento relativo al2008 avrà pertanto interessea mantenere l’anonimato al-meno fino a detta data (25).Qualche ulteriore considera-zione deve essere svolta an-che per quanto riguarda glianni successivi al 2008. In-fatti, sebbene sia stato evi-denziato in precedenza chelo scudo non può essere uti-lizzato né per condurre unaccertamento contro il con-tribuente né contro societàcontrollate dal contribuente,nulla vieta tuttavia che sulpiano pratico l’Amministra-zione finanziaria possa uti-

lizzare le informazioni circa l’adesione ai passatiscudi fiscali per elaborare liste di contribuenti dasottoporre ad accertamento negli anni successivi al2008, e ciò anche con riferimento alle società incui il contribuente risulta dominus.Pare infatti indubbio che un contribuente che haaderito allo scudo presenti una propensione all’eva-sione superiore ad altri contribuenti che invece nonhanno aderito allo scudo, in quanto le somme scu-date possono derivare, anche se non necessariamen-te, da attività di evasione fiscale e tali attività po-trebbero essere state reiterate anche dopo il 2008.Pertanto, per coloro che temono una simile even-tualità e che hanno posto in essere condotte illeciteanche dopo il 2008 potrebbe essere convenientenon rinunciare all’anonimato, pagando dunquel’imposta di bollo speciale sulle somme scudate, inmodo da non fornire informazioni che potrebberocondurre, anche astrattamente, ad un accertamentonei loro confronti. Per coloro che non hanno i ti-mori qui descritti o che comunque non hanno po-sto in essere condotte illecite dopo il 2008 potreb-be risultare invece conveniente rinunciare all’ano-nimato, al fine di evitare l’insorgere - per gli annifuturi - del presupposto dell’imposta.

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Segretazione dei conti scudatiLa conclusione che la normativa sullecomunicazioni all’archivio deirapporti finanziari non incide -neppure sul piano sostanziale - sulregime di segretazione dei contiscudati è confermata dall’introduzionedella tassa di bollo sulle attivitàfinanziarie segretate: infatti lacircostanza che il legislatore abbiaprevisto una tassa di bollo specialeche ha come presupposto l’esistenzadi attività finanziarie segretatesignifica che lo stesso ha ritenutoancora sussistente il regime disegretazione.

SOLUZIONI OPERATIVE

Nota:(25) Ovviamente, nel caso di raddoppio dei termini di accerta-mento, al 31 dicembre 2012 risulterebbero accertabili anche iperiodi di imposta precedenti al 2008, per cui le valutazioni diconvenienza dovrebbero essere estese anche a detti periodi.

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Nell’art. 2, comma 1, del D.L. 6 dicembre 2011, n.201 (1), è stata prevista, al fine di ridurre il costodel lavoro e favorire l’occupazione, la deduzioneintegrale, in sede di determinazione del redditod’impresa e di quello di lavoro autonomo, del-l’IRAP dovuta in relazione alle spese per il perso-nale dipendente ed assimilato. La deduzione, che si applica a decorrere dal pe-riodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012,consente alle imprese labour intensive di ottenereuna maggiore riduzione del carico fiscale sul co-sto del lavoro rispetto alla precedente norma(contenuta nell’art. 6, comma 1, del D.L. 29 no-vembre 2008, n. 185) (2), che stabiliva la dedu-zione del 10% dell’IRAP forfetariamente riferitaall’imposta dovuta sulla quota imponibile delledette spese per il personale e degli interessi pas-sivi ed oneri assimilati. Quest’ultima disposizio-ne è stata, infatti, abrogata dal comma 1-bisdell’art. 2 del D.L. n. 201/2011 con riguardo allespese in esame, e resta, pertanto, applicabile sol-tanto in caso di sostenimento di interessi passivied oneri assimilati. È stata, in tal modo, risoltanormativamente la questione se il contribuentepotesse applicare alternativamente le due previ-sioni normative, in base ad una valutazione diconvenienza, ovvero, come era stato ritenuto pre-feribile (3), quella del D.L. n. 185/2008 fosse daconsiderare tacitamente abrogata nella parte in

cui prevedeva la deducibilità dell’IRAP relativaalla «componente lavoro».Nel corso di un incontro con la stampa specializ-zata (4) l’Agenzia delle entrate ha chiarito che ladisciplina introdotta dal D.L. n. 201/2011 trovaapplicazione anche in presenza di oneri sostenutiper gli amministratori e i collaboratori coordinati econtinuativi, i cui redditi sono assimilati a quellidi lavoro dipendente dall’art. 50, comma 1, lett. c-bis), del T.U.I.R.Tale disciplina lascia, però, aperte altre due impor-tanti questioni, riguardanti:– il coordinamento tra la deducibilità analitica del-l’IRAP relativa al costo del lavoro e quella forfeta-ria spettante in caso di sostenimento di oneri fi-nanziari. L’Agenzia dovrà, infatti, chiarire se, inpresenza sia di spese per il personale che di inte-ressi passivi, la deduzione del 10%, spettante per

La deduzione dalle imposte sui redditidell’IRAP relativa al costo del lavoro:le questioni ancora aperte

L’Agenzia delle entrate ha fornito, nel corso di un incontro con la stampa specializzata, i primichiarimenti in merito alla deduzione integrale dal reddito d’impresa o di lavoro autono-mo, a partire dal 2012, dell’IRAP dovuta in relazione alle spese per il personale dipendenteed assimilato. Restano, però, ancora da risolvere alcune importanti questioni, riguardanti lamancata previsione della possibilità di chiedere il rimborso dell’IRAP versata negli anniprecedenti e le modalità di calcolo della detta deduzione analitica e di quella forfetariadel 10%, che è rimasta applicabile in caso di sostenimento di interessi passivi.

di Gianfranco Ferranti

Gianfranco Ferranti - Responsabile Dipartimento scienze tributa-rie - Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze

Note:(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.214.(2) Convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.2.(3) Si veda, al riguardo, G. Ferranti, «Va chiarito il rapporto tradeduzione analitica e forfetaria dell’IRAP sul costo del lavoro», inQuotidiano IPSOA del 12 dicembre 2011.(4) Tenutosi il 25 gennaio 2012.

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IRES

il sostenimento di questi ulti-mi, vada calcolata sull’impo-sta al netto ovvero al lordo diquella dedotta analiticamentein relazione alle dette spese;– la mancata previsione dellapossibil i tà di presentareistanze di rimborso per i pe-riodi precedenti. Al riguardosi ricorda che la Commissio-ne tributaria regionale dellaLombardia, sez. XXVIII, ha,da ultimo, sollevato, con l’or-dinanza 21 dicembre 2011, n.30, la questione di legittimitàcostituzionale della limitazio-ne forfetaria della deduzionedell’IRAP in misura pari al10% e che nello stesso senso si erano pronunciatein precedenza altre Commissioni di merito. Il pro-blema è stato, evidentemente, risolto per il futurodal D.L. n. 201/2011 in relazione al costo del lavo-ro, ma resta aperto sia in relazione al detto costosostenuto in passato (per gli anni 2011 e preceden-ti) sia per gli interessi passivi (per i quali, comedetto, è restata in vigore la norma sulla deducibili-tà limitata al 10%).Nel presente intervento sono affrontate tali proble-matiche, unitamente al primo chiarimento fornitodall’Agenzia delle entrate.Si ricorda che possono beneficiare della deduzionedell’IRAP i soggetti che determinano il valore del-la produzione netta ai sensi degli artt. da 5 ad 8 delD.Lgs. n. 446/1997, e, quindi:– gli imprenditori individuali e le società in nomecollettivo, in accomandita semplice ed assimilate;– le società di capitali e gli enti commerciali;– le banche e gli altri enti e società finanziari;– le imprese di assicurazione;– le persone fisiche e le società semplici esercentiarti e professioni.L’Agenzia delle entrate ha precisato, nella circola-re 14 aprile 2009, n. 16/E (5), la deduzione del-l’IRAP spetta anche a tutti i soggetti che determi-nano la base imponibile IRAP «secondo la disci-plina recata dall’articolo 5 del decreto IRAP peropzione (imprenditori agricoli e pubbliche ammi-nistrazioni per l’attività commerciale eventual-mente esercitata) o per regime naturale (enti priva-

ti non commerciali con rife-rimento alla sola att ivitàcommerciale esercitata)».

Il chiarimento dell’Agenzia delle entrateL’IRAP deducibile è quella«relativa alla quota imponi-bile delle spese per il perso-nale dipendente e assimilatoal netto delle deduzioni spet-tanti ai sensi dell’art. 11,commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 del medesimo de-creto legislativo n.446/1997».La deduzione potrà essereoperata per la prima volta in

sede di determinazione del reddito relativo al pe-riodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, dadichiarare in UNICO 2013. Se nel detto periodo è dichiarata una perdita lastessa potrà essere riportata in avanti nel rispettodelle regole vigenti. Nella norma è specificato, analogamente a quantoavvenuto per la precedente deduzione determinatain via forfetaria, che l’IRAP è ammessa in dedu-zione ai sensi dell’art. 99, comma 1, del T.U.I.R.Sono, pertanto, applicabili anche alla nuova dedu-zione determinata in modo analitico i chiarimentiforniti dall’Agenzia delle entrate nella circolare n.16/E del 2009, nella quale è stato precisato che:– l’IRAP deducibile è quella versata a titolo di sal-do del periodo precedente e di acconto di quellosuccessivo, nei limiti, per quanto concerne l’ac-conto, dell’imposta effettivamente dovuta per ilmedesimo periodo d’imposta;– non è consentito tenere conto del versamento ef-fettuato con riguardo ad un periodo d’imposta lacui base imponibile IRAP non risulta incisa daicosti per il personale dipendente;– gli stessi criteri si applicano anche «a fronte diversamenti effettuati a seguito di ravvedimentooperoso ovvero di iscrizione a ruolo di impostedovute per effetto della riliquidazione della dichia-razione o di attività di accertamento».

Nota:(5) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

Compensi per collaborazionicoordinate e continuativeNel corso di un incontro con la stampaspecializzata l’Agenzia delle entrate haaffermato che la deduzione analiticadell’IRAP dovuta in relazione al costodel lavoro trova applicazione, a partiredal 2012, anche in caso di erogazionedi compensi ad amministratori ealtri collaboratori coordinati econtinuativi, a condizione che non sitratti di attività rientranti nell’oggettodell’arte o professione esercitata datali soggetti (nel qual caso i relativicompensi sono integralmentededucibili ai fini IRAP).

IL PARERE DELL’AGENZIA

69910/2012

IRES

Si rinvia, al riguardo, al precedente intervento sul-la Rivista (6).I soggetti interessati devono sottrarre dall’ammon-tare delle dette spese per le prestazioni di lavoroche concorrono a formare la base imponibile del-l’IRAP le deduzioni previste dall’art. 11 del D.Lgs.n. 446/1997 per ridurre il cd. cuneo fiscale, cioè ladifferenza tra il costo del lavoro a carico dell’azien-da e la retribuzione netta percepita dal lavoratore.Dovrà, a tal fine, tenersi conto in diminuzione:– dei contributi per le assicurazioni obbligatoriecontro gli infortuni sul lavoro;– dei contributi assistenziali e previdenziali relati-vi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato;– delle spese relative agli apprendisti, ai disabili,al personale assunto con contratti di formazione elavoro e a quello addetto alla ricerca e sviluppo;– delle deduzioni forfetarie spettanti per i lavoratoria tempo indeterminato, compresi gli incrementi de-gli importi relativi ai lavoratori di sesso femminilee per quelli di età inferiore a 35 anni previsti nelcomma 2 dello stesso art. 2 del D.L. n. 201/2011,che si applicano a decorrere dal periodo d’impostasuccessivo a quello in corso al 31 dicembre 2011;– delle indennità di trasferta previste per il settoredell’autotrasporto;– della deduzione forfetaria a scaglioni per importidecrescenti rispetto alla base imponibile;– della deduzione di 1.850 euro spettante, per ognidipendente, ai contribuenti con valore della produ-zione non superiore a 400.000 euro.Già in occasione dell’evento MAP del 28 maggio2009 l’Agenzia delle entrate aveva precisato, conriguardo alle «spese per il personale dipendente eassimilato», che i compensi corrisposti agli ammi-nistratori (non rientranti nell’oggetto dell’arte oprofessione esercitata dal contribuente), in quantoassimilabili - sotto il profilo fiscale - alle spese peril personale dipendente, assumono rilevanza ai finidella deduzione dell’IRAP. Nel corso di un recente incontro con la stampaspecializzata l’Agenzia delle entrate ha ribadito ta-le conclusione, affermando che la norma trova ap-plicazione anche «in presenza di oneri sostenutiper gli amministratori e i collaboratori coordinati econtinuativi, i cui redditi sono assimilati a quellidi lavoro dipendente dall’art. 50, comma 1, lett. c-bis) del T.U.I.R.», a condizione che si tratti di re-tribuzioni percepite per prestazioni non rientranti

«nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’art.53, comma 1, concernente redditi di lavoro auto-nomo, esercitate dal contribuente». In tale ultimaipotesi, infatti, il compenso erogato non è rilevanteai fini della deduzione analitica dell’IRAP dal-l’IRES, «in quanto, in linea di principio, si trattadi un costo integralmente deducibile ai fini IRAPper la società che lo ha sostenuto e di un compo-nente reddituale tassato per il soggetto passivod’imposta che lo ha percepito».Tra i detti compensi sono compresi anche gli ac-cantonamenti relativi al trattamento di fine manda-to degli amministratori inquadrati quali collabora-tori coordinati e continuativi, anch’essi indeduci-bili in sede di determinazione del valore della pro-duzione, indipendentemente dalla loro collocazio-ne in bilancio.Si ricorda che, al fine di stabilire se sussista o me-no una connessione tra l’attività di collaborazionee quella di lavoro autonomo esercitata, l’Agenziadelle entrate ha affermato, nella circolare 12dicembre 2001, n. 105/E (7), che occorre valutarese per lo svolgimento dell’incarico siano necessa-rie conoscenze tecnico-giuridiche direttamentecollegate all’attività di lavoro autonomo esercitataabitualmente.I compensi percepiti dal professionista per l’eser-cizio dell’attività di amministratore sono attrattinel reddito di lavoro autonomo quando ricorrono,alternativamente, le seguenti circostanze:– gli ordinamenti professionali ricomprendonoespressamente l’amministrazione o la gestione diaziende nel novero delle mansioni tipiche esercita-bili dalla categoria disciplinata;– anche in assenza di una previsione espressanell’ambito delle norme di disciplina dell’ordina-mento professionale, il professionista svolge l’in-carico di amministratore di società o enti che eser-citano un’attività oggettivamente connessa allemansioni tipiche della propria professione abituale.Sulla base di tali criteri, i compensi percepiti da dot-tori commercialisti e ragionieri per lo svolgimentodell’attività di amministrazione di società o enti so-no sempre qualificati come redditi di lavoro autono-

Note:(6) Si veda G. Ferranti, «La deduzione dalle imposte sui redditi del-l’IRAP relativa al costo del lavoro», in Corr. Trib. n. 1/2012, pag. 12.(7) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

700 10/2012

IRES

mo. Per gli altri professionisti,invece, occorre valutare casoper caso la connessione allemansioni tipiche dell’attivitàesercitata: si pensi, adesempio, all’ingegnere edilemembro del consiglio di am-ministrazione di una società diingegneria o di una società cheopera nel settore delle costru-zioni.Criteri analoghi valgono an-che ai fini dell’attrazione deicompensi percepiti da sindacie revisori di società alla cate-goria dei redditi di lavoro au-tonomo. Non assumono, inoltre, rilie-vo, ai fini del calcolo del co-sto del lavoro, le spese soste-nute per le prestazioni di la-voro autonomo occasionale egli utili attribuiti agli associa-ti in partecipazione con ap-porto d’opera.Per calcolare in ciascun pe-riodo d’imposta l’IRAP de-ducibile occorre innanzituttodeterminare la quota imponibile delle dette speseper il personale dipendente e assimilato distinta-mente per il periodo d’imposta cui si riferisce ilversamento a saldo e per quello relativo ai versa-menti degli acconti.Va, quindi, individuato il rapporto tra il costo dellavoro non deducibile, al netto delle menzionatededuzioni, e l’intero valore della produzione im-ponibile, al netto delle deduzioni previste. Le percentuali così determinate vanno applicateall’ammontare, rispettivamente, dell’imposta ver-sata a saldo e di quella versata in acconto. In talmodo viene determinato l’importo dell’IRAP pa-gata in conseguenza della indeducibilità delle spe-se per il personale dipendente e assimilato.Con le stesse modalità si deve procedere in pre-senza di IRAP versata, a partire dal 2012, a segui-to di ravvedimento operoso, di iscrizione a ruolodi imposte dovute per effetto della riliquidazionedella dichiarazione o dell’attività di accertamento.In questi ultimi casi le modalità di calcolo sopra

illustrate vanno applicate conriguardo al periodo d’impo-sta precedente (che può risul-tare anche lontano nel tem-po) nel quale è stato sostenu-to il costo del lavoro e alquale si riferisce l’IRAP pa-gata.

Le istanze di rimborso pergli anni precedentiIn una bozza del D.L. n.201/2011 circolata primadella sua pubblicazione nellaGazzetta Ufficiale era statainserita una disposizione chestabiliva che con provvedi-mento del Direttore del-l’Agenzia delle entrate si sa-rebbero dovute stabilire lemodalità di presentazionedelle istanze di rimborso re-lative ai periodi d’impostaprecedenti a quello in corsoal 31 dicembre 2012, per iquali fosse ancora pendenteil termine di cui all’art. 38del D.P.R. n. 602/1973.

Tale disposizione non è stata, però, inserita nel testodefinitivo del decreto, a differenza di quanto dispo-sto, invece, dall’art. 6 del D.L. n. 185/2008 con ri-guardo al rimborso delle imposte sui redditi corri-sposte in relazione alla mancata deduzione del 10%dell’IRAP.Si ritiene, tuttavia, che un intervento normativo intal senso sia doveroso, oltre che probabile, al finedi evitare una pronuncia di illegittimità costituzio-nale dell’art. 6, comma 1, del D.L. n. 185/2008,che ha introdotto, a partire dal 2008, la deducibilitàdalle imposte sui redditi, nella misura del 10%,dell’IRAP forfetariamente riferita all’imposta do-vuta sulla quota imponibile degli interessi passivi eoneri assimilati ovvero delle spese per il personaledipendente e assimilato. In attesa di tale interventoi contribuenti possono comunque presentare le det-te istanze, al fine di non perdere il diritto al rimbor-so.Al riguardo si ricorda che la norma originaria, chestabiliva la completa indeducibilità dell’IRAP, era

Rimborsi per gli anni precedenti– Nell’art. 2 del D.L. n. 201/2011 nonè stata prevista la possibilità dipresentare istanze per il rimborso,entro il termine di 48 mesi, delleimposte sui redditi pagate inconseguenza della mancata deduzioneintegrale dell’IRAP relativa al costo dellavoro.– Si ritiene che un interventonormativo in tal senso sia doveroso,oltre che probabile, al fine di evitareuna pronuncia di illegittimitàcostituzionale dell’art. 6, comma 1,del D.L. n. 185/2008, che ha introdotto,a partire dal 2008, la deducibilità dalleimposte sui redditi, nella misura del10%, dell’IRAP forfetariamente riferitaall’imposta dovuta sulla quotaimponibile degli interessi passivi eoneri assimilati o delle spese per ilpersonale dipendente e assimilato.In attesa di tale intervento icontribuenti possono comunquepresentare le dette istanze, al fine dinon perdere il diritto al rimborso.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

70110/2012

IRES

stata ritenuta, in alcune ordinanze di rimessione(8), non conforme al principio della capacità con-tributiva di cui all’art. 53 Cost., in quanto compor-tava l’assoggettamento ad imposizione di un red-dito inesistente (nei riguardi, ad esempio, delle im-prese in perdita) o, comunque, di un prelievo di ti-po «espropriativo» quando l’imposta sul reddito èsuperiore al reddito disponibile (il che può avveni-re in presenza di un utile di importo limitato) e da-rebbe luogo ad una duplicazione impositiva perchéle imposte sui redditi graverebbero anche sul-l’IRAP. La Corte costituzionale ha esaminato per la primavolta tale questione nella ordinanza 30 luglio2009, n. 258 (9), nella quale ha rilevato la soprav-venienza dell’art. 6 del D.L. n. 185/2008, dichiara-to la manifesta inammissibilità delle questioni dilegittimità costituzionale sollevate e disposto la re-stituzione degli atti alle Commissioni tributarie ri-mettenti, «perché operino una nuova valutazionedella rilevanza e della non manifesta infondatezzadella questione».La Corte è pervenuta alle medesime conclusioninella successiva ordinanza 5 luglio 2010, n. 242. Al riguardo è stato osservato (10) che la Corte co-stituzionale sembrerebbe aver dato al requisitodella rilevanza della questione di legittimità costi-tuzionale «un significato indistinto tale da consen-tire ogni tipo di soluzione da parte dei giudici tri-butari», sicché le ipotesi di rilevanza di tale que-stione «si potranno moltiplicare all’infinito». Èstato, altresì, evidenziato (11) che si può immagi-nare che «i futuri giudizi di costituzionalità po-tranno anche superare il limite della valutazionesulla sola normativa sopravvenuta, per stabilire -se adeguatamente supportati da accorte ordinanzedi rimessione - in che misura l’inadeguatezza diquest’ultima si possa tradurre in una censura glo-bale, e generalizzata, sulla regola di totale indedu-cibilità». In merito alla individuazione in via forfetaria dellaparte di IRAP deducibile si ricorda che la Cortecostituzionale ha in passato più volte affermatoche il legislatore può, nell’ambito della propria di-screzionalità, prevedere meccanismi di deduzioneforfetaria delle spese, qualora gli stessi non appa-iano manifestamente iniqui (12). Le Commissioniavrebbero dovuto, pertanto, valutare il rispetto ditale principio da parte del D.L. n. 185/2008, so-

prattutto in caso di svolgimento di attività labourintensive e di imprese sottocapitalizzate.La Commissione tributaria provinciale di Bolognasi è per prima espressa al riguardo con l’ordinanzadella sezione V 3 aprile 2009, n. 42 (13), nella qualeè stato ritenuto che la indeducibilità dell’IRAP con-trasterebbe con i principi costituzionali di ugua-glianza, tutela del lavoro e capacità contributiva,perché il costo del lavoro e gli interessi passivi co-stituiscono componenti negativi rilevanti e insop-primibili nella determinazione del reddito e la dedu-zione forfetaria del 10% attenua ma non elimina idubbi di costituzionalità. In tal senso si è espressaanche la successiva ordinanza della stessa Commis-sione, sezione XIII, del 25 giugno 2009, n. 74 (13).Ad analoghe conclusioni è pervenuta la Commis-sione tributaria provinciale di Parma, con la ordi-nanza 28 aprile 2010, n. 63 (13), nella quale è sta-to affermato che i profili di incostituzionalità nonsarebbero venuti meno dopo l’entrata in vigoredell’art. 6 del D.L. n. 185/2008, perché la rilevan-za della questione permarrebbe fino a quandol’IRAP non sarà deducibile dalle imposte sui red-diti per il suo intero ammontare. In particolare,l’indeducibilità del 90% del tributo regionale sa-rebbe priva di giustificazione sistematica in rela-zione ai principi generali enunciati nell’art. 99,comma 1, del T.U.I.R., in base al quale sono dedu-cibili le imposte diverse da quelle sui redditi e daquelle per le quali è prevista la rivalsa, anche fa-coltativa.

Note:(8) La Commissione tributaria provinciale di Parma aveva dubita-to della legittimità costituzionale della norma anche con riferi-mento al principio di ragionevolezza e la Commissione tributariaprovinciale di Bologna aveva dubitato anche della legittimità co-stituzionale dell’art. 10 del T.U.I.R. pure sotto il profilo della di-sparità di trattamento tra le imprese e i lavoratori autonomi,soggetti all’IRAP, e i lavoratori dipendenti, non soggetti ad essa. (9) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(10) Da E. De Mita, «La pronuncia moltiplicherà i rinvii alla Cor-te», in Il Sole - 24 Ore del 31 luglio 2009, pag. 23.(11) Da M. Basilavecchia, «Dalla indeducibilità alla parziale deduci-bilità dell’IRAP dalle imposte sui redditi», in GT - Riv. giur. trib. n.11/2009, pag. 942.(12) R. Schiavolin, «L’imposta regionale sulle attività produttive»,in G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, CEDAM,2009, pag. 897, ha ritenuto che la scelta legislativa a favore delladeduzione forfetaria anziché analitica sembrerebbe in contrastocon il principio di capacità contributiva.(13) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

702 10/2012

IRES

La detta Commissione ha, al-tresì, osservato che la indedu-cibilità dei costi della mano-dopera superiori al forfait del10% scoraggerebbe l’impie-go di lavoratori subordinati eparasubordinati, violando ilprincipio costituzionale dellatutela del lavoro in tutte lesue forme (art. 4 Cost.) e co-stituirebbe un disincentivo adintraprendere attività profes-sionali (e imprenditoriali)nonché un vincolo alla libertàdell’iniziativa economica,violando il principio costitu-zionale della promozione deldiri t to al lavoro (art . 35Cost.). La norma in esameprovocherebbe, infine, distor-sioni della progressività dellealiquote delle imposte suiredditi.Analoghe questioni di legittimità costituzionaleerano state sollevate: dalla Commissione tributariaregionale della Campania, sezione XVII, con la or-dinanza 7 aprile 2010, n. 8; dalla Commissione tri-butaria regionale della Puglia, sezione XIV, con leordinanze 24 settembre 2010, n. 8, e 5 novembre2010, n. 14.La Corte costituzionale avrebbe dovuto esaminarele questioni di legittimità costituzionale sollevatedalla menzionata ordinanza n. 42 del 2009 dellaCommissione tributaria provinciale di Bologna inun’udienza fissata per il 22 febbraio 2011. L’Av-vocatura dello Stato ha, però, segnalato che il 9febbraio dello stesso anno il Consiglio dei ministriha approvato un disegno di legge che conferisce alGoverno la delega a:– coordinare il regime dell’IRAP «con le norme fi-scali di determinazione della base imponibile deisoggetti IRES ed IRPEF, in osservanza del princi-pio che il reddito tassabile ai fini delle imposte suiredditi deve essere determinato al netto dei costinecessari a produrlo;– articolare la deduzione dell’IRAP dalle impostesui redditi, con effetto anche sui periodi d’impostapregressi, in relazione al concorso del costo delpersonale e degli interessi passivi ed oneri assimi-

lati alla formazione della ba-se imponibile;– semplificare le modalità dideterminazione delle dedu-zioni» (14).Pertanto, in base al detto di-segno di legge delega, delquale si sono perse successi-vamente le tracce, la deduci-bilità dell’IRAP dalle impo-ste sui redditi avrebbe dovu-to essere modulata in relazio-ne alla intensità di impiegodel fattore capitale e del fat-tore lavoro nell’ambito deidiversi settori produttivi.La Corte costituzionale, conun provvedimento del 16febbraio 2011, ha, di conse-guenza, rinviato a nuovo ruo-lo l’esame dell’ordinanza.Da ultimo la questione di le-gittimità costituzionale è sta-

ta sollevata dalla Commissione tributaria regionaledella Lombardia con le ordinanze della sezioneXLII 18 maggio 2011, n. 10 (15), e della sezioneXXVIII n. 30 del 2011.In quest’ultima ordinanza, che risulta particolar-mente articolata ed approfondita, la Commissioneha, tra l’altro, affermato che:– la forfetizzazione di costi «può essere uno stru-mento per consentire al Fisco e al contribuente diaccertarli con maggiore correttezza e facilità, nel ri-spetto del principio di certezza del diritto», ma«non consente al legislatore di allontanarsi in misu-ra rilevante dalla realtà reddituale». La deduzionedall’imponibile IRES del 10% dell’IRAP pagata,quale alternativa alla deduzione integrale dell’im-posta relativa alle spese per prestazioni di lavoro,

Note:(14) Così il comunicato stampa relativo alla seduta del Consigliodei ministri n. 125 del 9 febbraio 2011, in www.governo.it. Si vedaanche: A. Bodrito, «Deducibilità forfetaria dell’IRAP tra dubbi dicostituzionalità e correttivi legislativi», in Corr. Trib. n. 14/2011,pag. 1156; L. Gaiani, «Per l’Irap si prepara la deducibilità a misurad’impresa», in Il Sole - 24 Ore del 10 febbraio 2011, pag. 33; G.Verna, «Slitta l’esame dell’Irap deducibile al 10%», ivi del 18 feb-braio 2011, pag. 28.(15) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

Calcolo della deduzione forfetaria– A partire dal 2012 la deduzioneforfetaria di un importo pari al 10%dell’IRAP spetta soltanto in caso disostenimento di interessi passivi edoneri assimilati. Poiché talededuzione forfetaria si affianca aquella analitica dell’imposta relativa alcosto del personale, in caso disostenimento di entrambe le tipologiedi spese si pone la questione sel’imposta sulla quale va applicata ladetta percentuale vada assunta alnetto o al lordo dell’importo dellostesso tributo dedotto analiticamente.– Si ritiene, in base adun’interpretazione logico-sistematica,che l’imposta dovrebbe essere assuntaal netto di quella dedottaanaliticamente, al fine di nonduplicare gli effetti della deduzione.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

«non fondandosi su alcun collegamento aritmeticoo logico, diretto o indiretto, sia pur vago, fra dedu-zione forfetaria e deduzione analitica» non vale adissipare i dubbi di legittimità costituzionale «maanzi fa cadere in sospetto di incostituzionalità anchela norma sopravvenuta», in quanto il forfait operatodal legislatore «pare arbitrario, mancando qualsiasicollegamento con la realtà che si vuole forfetizza-re»;– il principio di capacità contributiva risulterebbeviolato in quanto il presupposto dell’IRES è ilpossesso di un «reddito netto» ma, a causa dell’in-deducibilità dell’IRAP, «netto non è», in quantoviene aumentato dell’imposta calcolata su un rile-vante fattore della produzione;– non sarebbe rispettato il principio di uguaglianzaperché, «in conseguenza dell’indeducibilità del-l’IRAP, un’impresa, a parità di reddito imponibilecon altre imprese, è colpita dall’IRES più di quel-le, se, nella composizione del suo reddito, le speseper prestazioni di lavoro ... concorrono in misuramaggiore che in altre; ciò non trova una giustifica-zione plausibile, né nelle norme di legge, né neiprincipi dell’economia, né in finalità politiche in-centivanti o disincentivanti»;– sarebbe violato il principio della tutela del lavo-ro in quanto la parziale deducibilità dell’IRAP«fungerà da disincentivo rispetto all’alternativa diuna robotizzazione che comporterebbe il sosteni-mento di costi deducibili al 100% attraverso quotedi ammortamento delle immobilizzazioni».In attesa della nuova pronuncia della Corte costi-tuzionale i contribuenti interessati dovranno, per-tanto, valutare l’opportunità di presentare le istan-ze di rimborso dell’IRAP non dedotta integralmen-te, relativa al costo del lavoro (per gli anni prece-denti al 2012) e agli interessi passivi, al fine dinon far decorrere il termine per il rimborso stabili-to dall’art. 38 del D.P.R. n. 602/1973: ciò soprat-tutto se gli importi in discussione risultano elevati.

Il calcolo della deduzione forfetariaA partire dal 2012 la deduzione forfetaria di unimporto pari al 10% dell’IRAP spetta soltanto incaso di sostenimento di interessi passivi ed oneriassimilati.Poiché tale deduzione forfetaria si affianca a quel-la analitica dell’imposta relativa al costo del per-sonale, in caso di sostenimento di entrambe le ti-

pologie di spese si pone la questione se l’impostasulla quale va applicata la detta percentuale vadaassunta al netto o al lordo dell’importo dello stes-so tributo dedotto analiticamente. In base al tenore letterale della norma parrebbeche per il calcolo del 10% debba essere preso a ba-se l’intero importo dell’imposta dovuta. D’altraparte, anche per gli anni anteriori al 2012 si calco-la in tal modo la deduzione forfetaria in presenzadelle sole spese per interessi passivi (in assenza dicosto del lavoro).È stato, però, osservato (16) che in base ad un’in-terpretazione logico-sistematica, che si ritienepreferibile, l’imposta dovrebbe essere assunta alnetto di quella dedotta analiticamente, al fine dinon duplicare gli effetti della deduzione e perchénon appare «ipotizzabile che l’IRAP specifica sulcosto del lavoro possa riferirsi, neppure forfeta-riamente, a quella che grava sugli oneri finanzia-ri» (17). Resta, in ogni caso, evidente la disparità tra il trat-tamento, ai fini delle imposte sui redditi, tral’IRAP relativa al costo del personale, deducibileper l’intero ammontare (analiticamente determina-to), e quello dell’imposta relativa agli interessipassivi e oneri assimilati, deducibile in misura for-fetaria, pari al 10% dell’IRAP complessivamentedovuta. Per evitare tale disparità si dovrebbe stabi-lire il calcolo analitico anche della deduzionedell’IRAP afferente gli interessi passivi.La questione di legittimità costituzionale sopra il-lustrata si pone, chiaramente, anche in relazionealla deduzione forfetaria dell’IRAP relativa agliinteressi passivi.

70310/2012

IRES

Note:(16) Da L. Gaiani, «L’Irap amplia la deducibilità», in Il Sole - 24 Oredel 25 gennaio 2012, pag. 17, e A. Mastroberti, «Deduzione dalle im-poste sui redditi dell’Irap relativa alle spese per il personale», Il fisco,Le Guide, n. 6/2011, pag. 39.(17) Così L. Gaiani, op. loc. ult. cit.

704 10/2012

Processotributario

I nuovi istituti del reclamo e della mediazione so-no stati introdotti dall’art. 39, comma 9, del D.L. 6luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio2011, n. 111, che ha inserito all’interno del D.Lgs.31 dicembre 1992, n. 546, disciplinante il processotributario, l’art. 17-bis, che si applicherà con rife-rimento agli atti suscettibili di reclamo notificati adecorrere dal 1° aprile 2012.Gli istituti anzidetti troveranno applicazione per lecontroversie relative ad atti emanati dall’Agenziadelle entrate di valore non superiore a 20.000 eu-ro, a fronte dei quali il contribuente che intendaproporre ricorso sarà tenuto a presentare prelimi-narmente reclamo, pena l’inammissibilità del ri-corso (1). Il reclamo si pone quindi quale condi-zione di procedibilità dell’azione avanti il giudicetributario sulle controversie cd. «minori», per lequali è stata contestualmente esclusa la possibilitàdella conciliazione giudiziale di cui all’art. 48 delD.Lgs. n. 546/1992. Tuttavia, qualora decorsi no-vanta giorni dalla sua proposizione il reclamo nonvenga accolto dall’Amministrazione, né le partisiano giunte al consenso su una proposta di media-zione, il reclamo produce gli effetti del ricorso (2).La ratio marcatamente deflativa dei due istituti ap-pare evidente già da una superficiale visione deiloro tratti essenziali appena sommariamente ri-chiamati, ove l’idea di fondo è quella di ridurre alminimo le controversie di valore poco significati-

vo per concentrare gli sforzi, tanto dell’Ammini-strazione finanziaria, quanto degli organi dellagiustizia tributaria, sulle questioni di importo piùrilevante. In tale logica, ha trovato inoltre giustifi-cazione l’ultimo provvedimento di definizione del-le liti fiscali pendenti (3), allo stesso modo limita-to alla controversie di valore non superiore a20.000 euro (4).

I limiti oggettivi L’ambito applicativo del reclamo e della mediazio-ne delineato dal legislatore non sembra dare aditoad alcun dubbio di sorta: vi rientrano tutti gli attiimpugnabili ex art. 19 del decreto legislativo sulprocesso tributario (5) emanati dall’Agenzia delleentrate e di valore non superiore a 20.000 euro,con l’unica espressa esclusione degli atti di recu-

L’ambito di operatività del reclamoe della mediazione: i limiti oggettivi,soggettivi e quantitativi

I nuovi istituti del reclamo e della mediazione, pur apparendo ad una prima lettura di facileapplicazione, presentano non poche problematiche interpretative, in particolare con riferi-mento agli atti di valore non determinabile, che dovrebbero essere esclusi dall’ambitoapplicativo di tali istituti, nel quale dovrebbero invece rientrare i dinieghi di rimborso. Anche ladefinizione del valore della lite comporta alcune questioni di non facile soluzione, soprattut-to con riguardo al caso degli atti che si limitino a rettificare le perdite dichiarate dal contri-buente senza altresì accertare alcuna imposta.

di Matteo Busico

Matteo Busico - Dottore commercialista in Milano e Lucca

Note:(1) Tale inammissibilità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e gradodel giudizio, ai sensi dell’art. 17-bis, comma 2, ultimo periodo, delD.Lgs. n. 546/1992.(2) Su questi aspetti si rinvia alla trattazione di M. Bruzzone,«L’“anticipazione” dei motivi dal ricorso al reclamo», in questa Ri-vista, pag. 709. (3) Di cui all’art. 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011.(4) Oggetto di approfondita analisi in Corr. Trib. n. 43/2011, fasci-colo monografico interamente dedicato alla tematica. (5) Giusto il richiamo del comma 6 dell’art. 17-bis del D.Lgs. n.546/1992 al successivo art. 19.

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Processotributario

pero degli aiuti di Stato (6). Tuttavia, già dai primi com-menti sono emerse non pocheperplessità con riferimento adatti sicuramente rientranti nelnovero di quelli indicatinell’art. 19, ma che non ap-paiono prestarsi molto allaratio ispiratrice dei nuoviistituti in esame, che sembra-no essere stati pensati «aven-do riguardo agli atti impositi-vi e soprattutto agli atti di ac-certamento» (7). A tale pro-posito, sono emersi dubbisull’applicabilità del reclamoalle controversie di rimborso(8), in particolare nell’ipotesidi tacito diniego di rimborso (9); sul punto giovaevidenziare che, al fine di stabilire gli atti che do-vranno essere oggetto di reclamo, il generico rin-vio all’art. 19 difficilmente può essere superato invia interpretativa, per cui non possono essereesclusi da tale procedimento i provvedimentiespressi di diniego di rimborso (10) e lo stesso siritiene debba avvenire per quelli taciti (11). Dovrebbero essere al contrario escluse dal proce-dimento del reclamo le controversie di valore in-determinabile, come quelle aventi ad oggetto attidi diniego di iscrizione o cancellazione dall’Ana-grafe ONLUS (12), i provvedimenti di irrogazionedi sanzioni accessorie non pecuniarie, quelli di at-tribuzione o cancellazione della partita IVA, le ri-sposte agli interpelli disapplicativi.Lo stesso dovrebbe inoltre valere per i provvedi-menti di diniego di autotutela, per i quali la cogni-zione del giudice tributario è limitata alla sola le-gittimità dell’operato dell’Amministrazione, ovve-ro ai ridotti margini di sindacato sull’esercizio delpotere discrezionale, non potendo entrare nel me-rito della pretesa impositiva (13). Pertanto, anchetali controversie devono ritenersi di valore indeter-minabile (14), non vertendo la lite su una pretesaquantificabile, bensì sulla condotta dell’Ufficio fi-nanziario in ordine all’esercizio del potere discre-zionale (15). Merita inoltre notare che per le controversie rien-tranti nell’ambito di applicazione dell’istituto delreclamo, la legge ha precluso la possibilità di una

successiva conciliazione giu-diziale nell’ipotesi in cui ilprocedimento non si conclu-da positivamente, mentre,contrariamente a quanto èstato sostenuto (16), non èstata affatto esclusa la possi-bilità di presentare istanza diaccertamento con adesione

Note:(6) Di cui all’art. 47-bis del D.Lgs. n.546/1992. (7) Così M. Basilavecchia, «Reclamo,mediazione fiscale e definizione delleliti pendenti», in Corr. Trib. n. 31/2011,pag. 2493.(8) A. Russo, «Manovra correttiva(D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito) -

Osservazioni sui profili generali del reclamo e della mediazioneex art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992», in il fisco n. 35/2011, pagg. 1-5715.(9) G. Cantillo, «Manovra correttiva (D.L. 6 luglio 2011, n. 98,convertito) - Il reclamo e la mediazione tributaria: prime rifles-sioni sul nuovo art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992», in il fisco n.31/2011, pagg. 1-4997; l’Autore non ritiene applicabile il reclamoalla fattispecie, «mancando un provvedimento reclamabile». (10) M. Basilavecchia, «Reclamo, mediazione fiscale e definizionedelle liti pendenti», cit., loc. cit., pag. 2493.(11) In argomento si veda A. Renda, «Il reclamo per dinieghi dirimborsi, atti sanzionatori e atti impoesattivi», in questa Rivista,pag. 715: (12) Tali controversie appartengono alla giurisdizione del giudicetributario, come stabilito dalle Sezioni Unite: Cass., SS.UU., 9 ot-tobre 2008, n. 24883, in GT - Riv. giur. trib. n. 1/2009, pag. 11, concommento di M. Busico, «La giurisdizione sul provvedimento dicancellazione dall’Anagrafe ONLUS»; l’orientamento è stato suc-cessivamente confermato: Id., Ord. 27 gennaio 2010, n. 1625, inCorr. Trib. n. 13/2010, pag. 1050, con commento di M. Busico, «Giu-risdizione tributaria per le liti sulla cancellazione dall’Anagrafedelle ONLUS».(13) Cass., Sez. trib., 29 dicembre 2010, n. 26313, in Corr. Trib. n.9/2011, pag. 719, con commento di F. Graziano, «L’impugnazionedel diniego di autotutela non assicura benefici per il contribuen-te».(14) F. Graziano, «Il debutto del contributo unificato nel processotributario pone i primi dubbi applicativi», in Corr. Trib. n. 31/2011,pag. 2512.(15) In argomento si veda l’approfondita analisi di F. Cerioni, «Ilsindacato sull’esercizio del potere di autotutela non può avereeffetti sull’atto impositivo divenuto definitivo», in GT - Riv. giur.trib. n. 6/2009, pag. 503, commento a Cass., Sez. trib., 6 febbraio2009. n. 2870.(16) U. Perrucci, «Dalla nota di iscrizione a ruolo al reclamo.Istruzioni per l’uso», in Boll. trib. n. 20/2011, pag. 1514, ove si affer-ma che il reclamo, oltre a rendere inapplicabile la procedura diconciliazione, «sostituisce di fatto il cosiddetto accertamentocon adesione da realizzarsi in via amministrativa».

Limiti oggettivi del reclamoPer le controversie rientrantinell’ambito di applicazione dell’istitutodel reclamo, la legge ha precluso lapossibilità di una successivaconciliazione giudiziale nell’ipotesi incui il procedimento non si concludapositivamente, mentre non è stataaffatto esclusa la possibilità dipresentare istanza di accertamentocon adesione su un atto reclamabile,per cui l’obbligo del reclamo operaanche qualora il contribuente abbia inprecedenza tentato, senza esitopositivo, la via dell’accertamento conadesione.

LA NOVITA’ NORMATIVA

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Processotributario

su un atto reclamabile, percui l’obbligo del reclamoopera anche qualora il contri-buente abbia in precedenzatentato, senza esito positivo,la via dell’accertamento conadesione (17).

Il limite soggettivo Per quanto attiene ai soggetticoinvolti nei nuovi procedi-menti in esame, la legge èchiara nel circoscrivere l’am-bito applicativo della norma-tiva agli atti dell’Agenzia delle entrate, per cui so-no sicuramente esclusi quelli emanati dalle altreAgenzie fiscali, le Dogane e il Territorio, nonchédagli enti locali e dagli agenti della riscossione deitributi.Tuttavia, un dubbio può sorgere con riguardo alleiscrizioni a ruolo, in particolare quelle ex artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973, che sono co-municate al contribuente a mezzo di una cartella dipagamento, la quale è senza dubbio un atto del-l’agente della riscossione. In tale ipotesi, la tesiprevalente in giurisprudenza e nella prassi è quellasecondo la quale sulle impugnazioni di tali atti le-gittimata passiva è l’Agenzia delle entrate, qualorasiano eccepiti vizi dell’iscrizione a ruolo, che è ef-fettuata dall’ente impositore, mentre se venganoeccepiti vizi propri della cartella di pagamento, lalegittimazione passiva è dell’agente della riscos-sione, che ha proceduto alla formazione e alla no-tifica della cartella medesima.Accogliendo tale tesi, nell’ipotesi in cui la legitti-mazione passiva è dell’Agenzia delle entrate, sem-bra doversi affermare l’obbligo di preventivo re-clamo per le iscrizioni a ruolo rientranti nel limitequantitativo di cui si dirà più avanti, anche se taletipologia di controversia non si presta affatto amediazioni, in quanto l’iscrizione a ruolo non èbasata su valutazioni che possano essere riviste emediate, ma deve avvenire per somme assoluta-mente dovute.A diverse conclusioni si deve giungere accoglien-do la rigorosa tesi, che tuttavia non ha molto se-guito in giurisprudenza, della migliore dottrinaprocessuale tributaria, secondo la quale nelle im-pugnazioni dell’iscrizione a ruolo legittimato pas-

sivo è in ogni caso l’agentedella riscossione, che assumela veste di sostituto proces-suale dell’ente impositore aisensi dell’art. 39 del D.Lgs.13 aprile 1999, n. 112 (18).

Il limite quantitativoLa determinazione del limitequantitativo del valore dellecontroversie interessate agliistituti del reclamo e dellamediazione avviene secondoquanto previsto dal comma 5

dell’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, secondo ilquale «per valore della lite si intende l’importo deltributo al netto degli interessi e delle eventualisanzioni irrogate nell’atto impugnato; in caso dicontroversie relative esclusivamente alle irroga-zioni di sanzioni, il valore è costituito dalla som-ma di queste».La disposizione appena citata finora rilevavaesclusivamente al fine di stabilire la sussistenzadell’obbligo della parte di stare in giudizio me-diante l’assistenza di un difensore tecnico abilita-to, ove per le controversie di valore inferiore a eu-ro 2.582,28 tale obbligo non sussiste, per cui laparte può stare in giudizio personalmente.Con la normativa in commento la determinazionedel valore della lite è di ben più rilevante impor-tanza, in quanto dalla stessa discende l’obbligo delpreventivo reclamo, la cui inosservanza comportal’inammissibilità del ricorso, per giunta rilevabiled’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.Diversi sono gli aspetti controversi in tema di de-terminazione del valore della lite.Una prima questione è se per tale determinazione

Note:(17) Sui rapporti tra i due procedimenti si veda S. Capolupo,«Mediazione tributaria e accertamento con adesione», in Corr.Trib. n. 8/2012, pag. 584, nel quale l’Autore auspica una revisionedella normativa sull’accertamento con adesione e dell’autotutela,«onde definire in modo preciso il loro rapporto con l’istitutodella mediazione». (18) C. Glendi, «Sospensione della riscossione e legittimazionepassiva del concessionario», in GT - Riv. giur. trib. n. 10/2005, pag.940, commento a Comm. trib. prov. di Bologna 13 luglio 2005; Id.,«Aspetti sostanziali e processuali della c.d. chiamata in causadell’ente impositore da parte dell’esattore», in Dir. prat. trib., 1974,I, pag. 9.

Valore della lite in casodi più tributi in unico atto– Ci si chiede se per determinare ilvalore della lite bisogna avere riguardoall’importo dei singoli tributi oggettodell’atto impugnato, oppureall’insieme degli stessi, qualora ununico atto riguardi più tributi.– Secondo la dottrina più accreditata ilvalore della lite è dato dall’importocomplessivo dei tributi oggetto dellacontroversia.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

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Processotributario

bisogna avere riguardo al-l’importo dei singoli tributioggetto dell’atto impugnato,oppure all’insieme degli stes-si, qualora, come in molti ca-si avviene, un unico atto ri-guardi più tributi. La dottrinapiù accreditata ha accolto laseconda soluzione, per cui ilvalore della lite è dato dal-l’importo complessivo deitributi oggetto della contro-versia, «ai sensi dell’art. 10c.p.c., integralmente applica-bile al processo tributario exart. 1, comma 2, del D.Lgs.n. 546/1992» (19). Il richiamo all’art. 10 c.p.c.,secondo cui il valore dellacausa «si determina dalla do-manda», è utile al fine di sta-bilire che, a prescindere dalvalore dei tributi di cui all’at-to impugnato, il valore dellacontroversia è determinatocon riguardo al quantum og-getto della domanda giudizia-le. Pertanto, anche a fronte diun avviso di accertamento di milioni di euro, qua-lora si intenda opporsi, quindi proporre domandadi annullamento, solo relativamente a una partedell’atto, se questa è di valore non superiore a20.000 euro dovrà essere proposto il reclamo.Di non facile soluzione è la problematica della de-terminazione del valore della controversia con ri-guardo agli atti mediante i quali l’Agenzia delleentrate rettifica la dichiarazione presentata dalcontribuente, limitandosi a ridurre le perdite di-chiarate dal medesimo, non accertando quindi tri-buti.La posizione ufficiale della prassi dell’Ammini-strazione finanziaria sul punto vuole la determina-zione del valore della lite «con riferimento all’im-posta virtuale o alla maggiore imposta effettiva re-lativa alla differenza tra la perdita dichiarata e laminore perdita accertata dall’Ufficio» (20). La dottrina ha espresso non poche perplessitàsull’appena riportato criterio di determinazione delvalore della controversia basato sull’«imposta vir-

tuale»; tale soluzione, secon-do un’autorevole opinione,«espone parti e giudici a cal-coli funambolici incertissimi,se non addirittura aprioristi-camente impossibili, con tut-te le relative incertezze chemal si conciliano con l’esi-genza di una predetermina-zione di relativa certezza, te-nuto anche conto delle graviconseguenze di un errato cal-colo, sul piano dell’inammis-sibilità del ricorso» (21).Allo stesso modo, è statoevidenziato che il criterionon risulta «godere di unacoerenza interna» qualoral’imposta «virtuale» da de-terminare sia progressiva,ovvero non proporzionale,per cui in tali ipotesi è statoritenuto più agevole sostene-re che «la controversia abbiaun valore pari a zero» (22).

Note:(19) C. Glendi, «Sui limiti dell’assistenza tecnica obbligatoria nelprocesso tributario», in GT - Riv. giur. trib. n. 10/2000, pag. 925,commento adesivo a Comm. trib. prov. di Genova, Sez. XI, 7 feb-braio 2000, n. 722, ivi, pag. 921. Contra L. Castaldi, in T. Baglione - S.Menchini - M. Miccinesi, Il nuovo processo tributario. Commentario,Milano, 2004, pag. 160, secondo la quale il valore della lite deveessere determinato con riguardo all’importo dei singoli tributiche formano oggetto dell’atto impositivo impugnato «e non già alcumulo degli stessi».(20) C.M. 18 dicembre 1996, n. 291/E, in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA; la posizione è stata recentemente confermata dall’Agenziadelle entrate a proposito del valore della controversia rilevanteai fini della definizione delle liti pendenti: circolare 24 ottobre2011, n. 48/E, ivi, ove è stato sostenuto che qualora «la rettificadelle perdite non abbia comportato accertamento di imposte, ilvalore della lite rilevante ai fini della definizione è determinatosula base della sola imposta “virtuale” che si ottiene applicandole aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accerta-mento all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichia-rata e quella accertata». (21) C. Glendi, «Sui limiti dell’assistenza tecnica obbligatoria nelprocesso tributario», cit., loc. ult. cit.(22) M. Nussi, in C. Consolo - C. Glendi, Commentario breve alleleggi del processo tributario, Padova, 2008, pag. 137. Ad avviso di P.

Valore della lite in casodi atti di riduzione delle perdite– Di non facile soluzione è il problemadella determinazione del valore dellacontroversia con riguardo agli attimediante i quali l’Agenzia delle entraterettifica la dichiarazione, limitandosia ridurre le perdite dichiarate, nonaccertando tributi.– Secondo l’Agenzia delle entrate ilvalore della lite va determinato conriferimento all’imposta virtuale o allamaggiore imposta effettiva relativaalla differenza tra la perditadichiarata e la minore perditaaccertata dall’Ufficio. Qualora l’Agenziadelle entrate confermi tale tesi,nonostante le critiche della dottrina,occorrerà che almeno disponga chenell’atto di rettifica sia indicatol’importo della stessa, in modo da nonesporre il contribuente a complicaticalcoli e rendendo palese che lacontestazione dell’atto debba passaredalla preventiva procedura delreclamo.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

(segue)

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Processotributario

Anche volendo non accogliere le critiche appenariportate, qualora l’Agenzia delle entrate, comemolto probabile, confermi la tesi dell’«impostavirtuale», occorrerà che almeno disponga chenell’atto di rettifica sia indicato l’importo dellastessa, in modo da non esporre il contribuente acomplicati calcoli e quindi da rendere palese chela contestazione dell’atto debba passare dalla pre-ventiva procedura del reclamo, circostanza questadi fondamentale importanza, attesa l’irreparabileconseguenza dell’inammissibilità del ricorso diret-

tamente proposto alla Commissione tributaria suun atto suscettibile di reclamo.

Nota:(segue nota 22)Russo, Manuale di diritto tributario - Il processo tributario, Milano,2005, pag. 82, sembra preferibile la tesi secondo la quale nella fat-tispecie in esame si tratterebbe di controversie di valore indeter-minato, tuttavia la soluzione dell’Autore appare indirizzata esclu-sivamente alla problematica, di ambito ben più ristretto di quelloin analisi, dell’obbligo di assistenza tecnica.

70910/2012

Processotributario

L’operatività, ormai imminente, dei nuovi istitutidel «reclamo» e della «mediazione», previstidall’art. 17-bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.546, condizionerà le tecniche di redazione degliatti introduttivi del processo tributario aventi adoggetto provvedimenti reclamabili notificati a de-correre dal 1° aprile 2012. Tenuto conto che, perespressa previsione legislativa, in caso di mancatoaccoglimento del reclamo o di mancata conclusio-ne della mediazione entro il termine dilatorio dinovanta giorni, «il reclamo produce gli effetti delricorso», fin dalla redazione del reclamo dovrà in-dividuarsi l’oggetto della domanda, e si dovrà por-re particolare attenzione all’enunciazione dei mo-tivi d’impugnazione.

Oggetto della domanda («petitum»)L’oggetto della domanda, di annullamento totale oparziale dell’atto, dovrà già essere formulato conchiarezza nel primo atto. Vale a dire che il reclamostesso, essendo destinato a produrre «gli effetti delricorso», dovrà contenere, a pena di inammissibili-tà, l’indicazione dell’«oggetto della domanda», re-quisito contenutistico essenziale del ricorso, pre-scritto dall’art. 18 (1), norma espressamente ri-chiamata dal comma 6 dell’art. 17-bis.L’oggetto della domanda, individuato in sede direclamo, ovvero in un atto potenzialmente idoneoad esplicare, in un momento successivo, gli effetti

del ricorso, sarà quindi immodificabile. Tradottoin termini operativi, se nel reclamo/ricorso si insi-ste esclusivamente per il parziale annullamentodell’atto, nell’eventuale successiva fase giurisdi-zionale non potrà essere formulata la diversa do-manda di annullamento totale. La formulazionedell’oggetto della domanda determina la consuma-zione del potere d’impugnazione su ciò che non èstato impugnato: vale a dire che la parte del prov-vedimento non reclamata si consolida, per effettodel mancato esercizio del potere di impugnazionemediante estensione all’intero atto. Ove venganodedotti, sia pure in via subordinata, motivi che, seaccolti, giustificherebbero l’annullamento parzialedell’atto impugnato, potrà essere inserita nel recla-mo l’eventuale proposta «motivata» di mediazio-ne, «completa della rideterminazione dell’ammon-tare della pretesa». Nel corpo dell’atto introdutti-vo, sarà opportuno tenere ben distinta la propostadi mediazione, se formulata subordinatamente alladomanda di annullamento integrale dell’atto, af-finché detta proposta non possa essere erronea-mente intesa, nell’eventuale successiva fase con-

L’«anticipazione» dei motividal ricorso al reclamo

Nel redigere il reclamo/ricorso il contribuente deve individuare, specificamente ed immodifica-bilmente, oggetto della domanda e motivi d’impugnazione, trattandosi di atto che, purdenominato «reclamo», è destinato ad essere trattato automaticamente come «ricorso» incaso di esito infruttuoso del riesame in sede amministrativa. Al tempo stesso, salvi i casi incui si giunga ad una mediazione concordata, non si possono giustificare, nell’interesse unila-terale dell’ente impositore, integrazioni e/o modificazioni dell’impianto motivazionaledell’atto, fuori dall’ambito dell’autotutela sostitutiva. Difficoltà di coordinamento normativo, for-zature interpretative e profili di incostituzionalità della neointrodotta disciplina dovrebbero in-durre il legislatore a rimeditare se sia davvero giustificato abbandonare, per le sole contro-versie «minori», il già collaudato istituto della definizione conciliativa.

di Mariagrazia Bruzzone

Mariagrazia Bruzzone - Professore a contratto di diritto tributa-rio presso l’Università di Genova e Avvocato in Genova

Nota:(1) Le disposizioni di legge citate con la sola indicazione del nu-mero si riferiscono al D.Lgs. n. 546/1992.

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Processotributario

tenziosa, come parziale ac-quiescenza alla pretesa impo-sitiva. I motivi del reclamo,con i quali si contesta l’ille-gittimità e/o comunque la to-tale infondatezza della prete-sa impositiva, potenzialmenteidonei, se fondati, a giustifi-care l’integrale annullamentodell’atto impugnato, rivesti-ranno rilevanza pregiudizialerispetto ai motivi formulati asupporto della proposta dimediazione, motivi che, se ri-tenuti fondati dal giudice, potrebbero comunquegiustificare, in ogni subordine, il parziale annulla-mento dell’atto impugnato.

«Motivazione» del provvedimentoe «motivi» d’impugnazioneL’enunciazione dei motivi delimita la materia delcontendere nell’eventuale fase contenziosa. Findal momento della redazione del reclamo/ricor-so, quindi, dovranno essere valutate tutte le pato-logie dell’atto, censurandone i vizi attraverso ladeduzione di specifici motivi. Se il vizio non èdedotto, non è deducibile nel corso del processo,né è rilevabile d’ufficio. La contestata difformitàdal paradigma normativo deve essere enunciatafin dall’atto introduttivo, quand’anche rivesta leforme del reclamo, comunque potenzialmenteidoneo a rivestire valenza equipollente al ricor-so, ove il perseguito effetto deflativo del conten-zioso non venga raggiunto. Non sono sufficientigeneriche contestazioni, richiedendosi a pena diinammissibilità l’enunciazione di specifici moti-vi d’impugnazione. Con ciò, giocoforza, disve-lando anticipatamente all’Ufficio la strategia di-fensiva.Al tempo stesso, dopo la proposizione del reclamonon potrà consentirsi all’Ufficio, fuori dai casi incui si giunga ad una mediazione concordata, dimodificare la motivazione dell’atto senza ricorrereall’autotutela sostitutiva, da esercitarsi entro i ter-mini decadenziali normativamente imposti perl’esercizio della funzione impositiva, attraversol’annullamento dell’atto illegittimo e la sostituzio-ne con altro provvedimento, privo di vizi. E, infat-ti, il reclamo non può rappresentare l’occasione

per procedere surrettiziamen-te all’integrazione e/o allamodificazione dell’impiantomotivazionale del provvedi-mento impositivo, non giu-stificandosi deroghe al «prin-cipio della immutabilità dellacontestazione contenutanell’atto di accertamento»(2), nell’interesse unilateraledell’ente impositore.Non può ritenersi precluso,per tutte le parti processuali,il successivo svolgimento di

argomentazioni difensive, entro i limiti dei motivid’impugnazione già enunciati e della motivazionedell’atto. Nell’eventuale fase contenziosa, l’illu-strazione argomentativa delle difese potrà avveni-re attraverso il deposito di memorie, da effettuarsiperentoriamente entro dieci giorni liberi primadella data fissata per la trattazione del ricorso, aisensi dell’art. 32. Peraltro, se il reclamo/ricorso èstato parzialmente accolto, ed il contribuente in-tende comunque costituirsi in giudizio, occorreràrimodulare le difese, alla luce del mutato oggettodel processo, limitato alla domanda di annulla-mento di quella parte dell’atto ancora controversa(3).

Deduzione di «motivi aggiunti»L’art. 24 ammette l’integrazione dei motivi d’im-pugnazione originariamente dedotti, in via ecce-zionale, se «resa necessaria dal deposito di docu-menti non conosciuti ad opera delle altre parti oper ordine della commissione»; tale facoltà deveessere esercitata «entro il termine perentorio disessanta giorni dalla data in cui l’interessato hanotizia di tale deposito», nel rispetto di prescritteformalità procedimentali. L’esigenza di garantirel’esercizio della facoltà di notificare motivi ag-giunti è avvertita dalla giurisprudenza di legittimi-tà, giungendo a ritenere preclusa la produzione, ingrado di appello, «di documenti nuovi» che, se

Note:(2) Cass., Sez. trib., Ord. 29 marzo 2011, n. 7158, in Banca DatiBIG Suite, IPSOA.(3) Cfr. M. Basilavecchia, «Reclamo, mediazione fiscale e definizio-ne delle liti pendenti», in Corr. Trib. n. 31/2011, pag. 2493.

Oggetto della domandaL’oggetto della domanda, individuato insede di reclamo, ovvero in un attopotenzialmente idoneo ad esplicare, inun momento successivo, gli effetti delricorso, è immodificabile. Pertanto, senel reclamo/ricorso si insisteesclusivamente per il parzialeannullamento dell’atto, nell’eventualesuccessiva fase giurisdizionale nonpotrà essere formulata la diversadomanda di annullamento totale.

SOLUZIONI OPERATIVE

71110/2012

Processotributario

prodotti in prime cure, avreb-bero giustificato l’integrazio-ne dei motivi (4).Quid iuris, se il contribuenteviene a conoscenza di nuovidocumenti dopo la proposi-zione del reclamo, ma primadella costituzione in giudi-zio? L’art. 17-bis, al comma 6,nell’individuare precisamentele norme applicabili al proce-dimento, non contiene alcunrichiamo all’art. 24. Ma sa-rebbe irragionevolmente lesi-vo del diritto alla difesa, equindi costituzionalmente il-legittimo, inibire l’eserciziodella facoltà di dedurre moti-vi aggiunti nei soli confrontidel contribuente che abbiaacquisito conoscenza di nuo-vi documenti nel corso delprocedimento instauratosi pereffetto della proposizione, ol-tretutto obbligatoria, del re-clamo, ed ammettere vicever-sa l’integrazione dei motivise la conoscenza dei nuovi documenti sia interve-nuta successivamente, in occasione del depositodei documenti stessi nella successiva fase giurisdi-zionale. Si avverte l’esigenza di coordinamentonormativo, tra la vigente disciplina sull’integrazio-ne dei motivi e il neo-introdotto istituto del recla-mo.Nell’attesa dell’intervento legislativo, il diritto alladifesa del ricorrente, costituitosi in giudizio, po-trebbe essere garantito dal giudice, attraversoun’ordinanza che disponga d’ufficio l’acquisizionedei «nuovi documenti», e renda quindi possibilel’integrazione dei motivi, nel rispetto dei termini edelle procedure prescritte dall’art. 24.

Considerazioni conclusiveLa disciplina speciale processualtributaria sull’ob-bligatorietà del reclamo per le controversie «mino-ri» presuppone la redazione di un atto che, ovenon si pervenga alla definizione stragiudiziale del-la controversia, possa valere come ricorso, richie-

dendosi, quindi, la precisaindividuazione dell’oggettodella domanda e la specificaenunciazione dei motivid’impugnazione. Non è nuo-va l’idea di introdurre nel-l’ordinamento tributario unasorta di riesame in sede am-ministrativa, nell’ottica diperseguire finalità deflativedel contenzioso. Il disegno dilegge governativo per la de-lega sulla riforma del conten-zioso tributario, nella versio-ne originaria, prevedeva il«riesame preventivo in sedeamministrativa dell’atto im-pugnato o del rapporto con-troverso» (5). Trattavasi diist i tuto che prescindevadall’instaurazione del con-traddittorio con il contri-buente, attivabile d’ufficio esostanzialmente riconducibi-le all’autotutela amministra-tiva; presupponendo l’avve-nuta notificazione del ricorsoin sede giurisdizionale, si

configurava quale rimedio funzionalmente direttoa prevenire l’esito del giudizio: una sorta di «filtroamministrativo», inteso quale strumento di defla-zione del contenzioso.Per effetto degli emendamenti successivamente

Note:(4) Cass., Sez. trib., 18 aprile 2007, n. 9224, in Banca Dati BIG Suite,IPSOA.(5) L’art. 25 del disegno di legge 30 settembre 1991, n. 3005 (in ilfisco, 1991, pag. 6311), alla lett. b), formulava il seguente principioe criterio direttivo: «previsione del riesame preventivo in sedeamministrativa dell’atto impugnato o del rapporto controversonon oltre tre mesi dalla notifica del ricorso e disciplina degli ef-fetti del provvedimento amministrativo adottato a seguito delriesame, ai fini della costituzione del rapporto processuale; attri-buzione della competenza al riesame dell’atto o del rapporto alservizio del contenzioso da istituire presso le direzioni regionalidelle entrate e le direzioni compartimentali del territorio e delledogane nel cui ambito territoriale ha sede l’ufficio che ha emessol’atto ed applicazione al procedimento di riesame delle disposi-zioni recate dagli artt. 5 e 6 della legge 7 agosto 1990, n. 241; il ri-chiedente sarà informato del nome del funzionario designato peril riesame dell’atto o del rapporto».

Motivi del reclamo/ricorsoL’enunciazione dei motivi delimita lamateria del contendere nell’eventualefase contenziosa. Fin dal momentodella redazione del reclamo/ricorso,quindi, dovranno essere valutate tuttele patologie dell’atto, censurandone ivizi attraverso la deduzione dispecifici motivi. Se il vizio non èdedotto, non è deducibile nel corso delprocesso, né è rilevabile d’ufficio. Lacontestata difformità dal paradigmanormativo deve essere enunciata findall’atto introduttivo, quand’ancherivesta le forme del reclamo,comunque potenzialmente idoneo arivestire valenza equipollente alricorso, ove il perseguito effettodeflativo del contenzioso non vengaraggiunto. Non sono sufficientigeneriche contestazioni,richiedendosi a pena di inammissibilitàl’enunciazione di specifici motivid’impugnazione. Con ciò, giocoforza,disvelando anticipatamente all’Ufficiola strategia difensiva.

SOLUZIONI OPERATIVE

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Processotributario

apportati, nella legge delegan. 413/1991 il riesame pre-ventivo in sede amministra-t iva veniva t rasformatonell’esame preventivo del«rapporto tributario» da par-te dell’organo giurisdiziona-le, e specificamente dellaCommissione tributaria pro-vinciale (6). Conformandosiai criteri direttivi formulatidal legislatore delegante,l ’ar t . 48 del D.Lgs. n .546/1992, rubricato, nellaformulazione or iginar ia ,«esame e definizione pre-ventiva della controversia»(7), introduceva una sorta di«rito speciale abbreviato» ilquale, escludendo «ulteriori gradi di giudizio(l’appello e il ricorso in Cassazione)», avrebbeconsentito «di deflazionare le pendenze in sedecontenziosa» (8), in caso di adesione espressadall’Amministrazione finanziaria all’opzione perl’abbreviazione del rito, formulata dal contri-buente nel ricorso (9).A seguito di ulteriori interventi legislativi, ha tro-vato collocazione nell’art. 48 la disciplina dellaconciliazione giudiziale (10), progressivamente al-lineata con l’istituto dell’accertamento con adesio-ne, estendendone l’ambito di applicazione a tuttele controversie devolute alla giurisdizione delleCommissioni tributarie, comprese quelle di rim-borso. La definizione conciliativa della controver-sia si configura come prosecuzione, in sede pro-cessuale, dell’accertamento con adesione del con-tribuente non concluso nella fase precontenziosa

Note:(6) L’art. 30, lett. b), della legge 30 dicembre 1991, n. 413, ha di-sposto la «previsione della facoltà di richiedere, in tutto o in par-te, l’esame preventivo e la definizione da parte della commissio-ne tributaria di primo grado del rapporto tributario con conse-guente estinzione dei relativi reati in materia tributaria per i qualiè ammessa l’oblazione».(7) Tale denominazione è stata ritenuta non molto appropriatanel parere della Commissione parlamentare dei Trenta, «in quan-to non si tratta di una definizione preventiva della controversia,per cui sarebbe preferibile utilizzare la dizione: “esame preventi-vo e definizione della controversia”». Nel citato parere, peraltro,

si suggeriscono modificazioni alla di-sposizione in esame, anche in vistadella valorizzazione dell’adesionedell’amministrazione finanziaria allarichiesta definizione, e segnatamentela previsione che «l’Ufficio del Mini-stero delle finanze o dell’ente locale,dopo aver proceduto al riesame dellaposizione del ricorrente, trasmette leproprie deduzioni entro i termini del-la costituzione in giudizio, indicandoeventualmente i limiti entro cui ritie-ne possibile aderire alla definizionerichiesta» (il testo del parere è pub-blicato in Codice del nuovo processo tri-butario, IPSOA, Sez. 2, Art. 48, n. 2).(8) Così si legge nella relazione mini-steriale allo schema del D.Lgs. n.546/1992 (in Codice del nuovo processotributario, IPSOA, Sez. 2, Art. 48, n. 1)ove, pur rimarcando la difficoltà di in-terpretazione della direttiva di cui al-la legge delega, «sulla base dei dati te-

stuali» si esclude «che il legislatore delegante abbia voluto rein-trodurre in materia il concordato o aprire la via al cd. riesameamministrativo, anche se da più parti auspicato», soggiungendoche «pure l’idea di un patteggiamento, sia pure sotto il vigile con-trollo del giudice, non risulta, quanto meno, espressamente avva-lorata dalla legge delega; viceversa, trattandosi di una vistosa de-roga al principio dell’irrinunciabilità della pretesa tributaria, unasiffatta deroga avrebbe dovuto essere ben chiaramente espres-sa».(9) Per un approfondito esame della norma, nell’originaria formu-lazione, cfr., tra gli altri, M. Cantillo, «Nuovo processo tributario. Iprocedimenti cautelari e preventivi», in il fisco, 1993, pag. 8899; C.Consolo, «Sugli artt. 47 e 48 del nuovo contenzioso tributario.Sospensione cautelare e “definizione preventiva” fra attese coro-nate e “puzzles” processuali», ivi, 1993, pag. 6333; A. Giarda, «An-che nel settore tributario si profila il “riesame preventivo”», inCorr. Trib. n. 43/1990, pag. 3015; S. La China, «Riflessioni ed espe-rienze di un processualcivilista nel processo tributario», in Dir.prat. trib., 1993, I, pag. 1381; S. Muscarà, «Prime considerazioni sul-l’istituendo “riesame preventivo” dell’oggetto delle controversietributarie», in Boll. trib., 1991, pag. 981.(10) L’istituto della conciliazione giudiziale era già previsto dal-l’art. 2-sexies del D.L. n. 564/1994, convertito dalla legge n.656/1994, recante l’aggiunta dell’art. 20-bis al previgente D.P.R. n.636/1972, sulla conciliabilità delle sole controversie tributarie in-volgenti «questioni non risolvibili in base a prove certe». Il D.L. n.403/1995, convertito nella legge n. 495/1995, modificava il pre-supposto di ammissibilità della conciliazione giudiziale, limitando-ne l’esperibilità ai «casi in cui è ammessa la definizione dell’accer-tamento con adesione del contribuente» (artt. 2-bis e 2-ter delD.L. n. 564/1994). A sua volta, l’art. 12 del D.L. n. 437/1996, con-vertito dalla legge n. 556/1996, sostituiva l’art. 48 del D.Lgs. n.546/1992, introducendovi la disciplina sulla conciliazione giudizia-le, ulteriormente assoggettata a revisione per effetto dell’art. 14del D.Lgs. n. 546/1996, con l’estensione dell’ambito di applicazio-ne a qualsiasi controversia rientrante nella giurisdizione delleCommissioni tributarie, ivi comprese le liti di rimborso.

Motivi aggiunti– Si rileva una mancanza dicoordinamento normativo tra il neo-introdotto istituto del reclamo e ladisciplina speciale processualtributariache eccezionalmente ammettel’integrazione dei motivid’impugnazione originariamentededotti. – Il giudice potrebbe porvi rimedio,dopo la costituzione in giudizio delricorrente, ordinando l’acquisizionedei «nuovi documenti», e rendendoquindi possibile l’integrazione deimotivi, nel rispetto dei termini e delleprocedure prescritte dall’art. 24 delD.Lgs. n. 546/1992.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

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Processotributario

(11) e rappresenta, indubbiamente, un efficacestrumento di deflazione. Dal 1° aprile 2012, per lesole liti «minori», la conciliazione giudiziale è sta-ta esclusa, cedendo il passo ai nuovi istituti del«reclamo» e della «mediazione». Le difficoltà dicoordinamento normativo, le forzature interpretati-ve inevitabilmente implicate e i profili di incosti-tuzionalità della neointrodotta disciplina (12), in-ducono a chiedersi se si sia davvero fatto un passoavanti nel perseguimento delle auspicate finalitàdeflative del contenzioso, tenuto anche conto che,de iure condito, il riesame in sede amministrativadell’atto impugnato non è affatto precluso, bensìdemandato agli Uffici finanziari, nell’esercizio re-sponsabile dei poteri di autotutela.Si avverte l’esigenza di rimeditare la neo-introdot-

ta disciplina del reclamo/ricorso, per le stesse ra-gioni che hanno indotto il legislatore, in passato,ad abbandonare l’idea di introdurre nell’ordina-mento tributario un «filtro amministrativo» obbli-gatorio, preferendovi la definizione conciliativadella controversia ex art . 48 del D.Lgs. n.546/1992.

Note:(11) Come già auspicato, in costanza della previgente normativa,da C. Glendi, «Nuovo processo tributario: penultimo atto», inCorr. Trib. n. 7/1996, pag. 533; Id., «Nuovo processo tributario: unaulteriore proroga», ivi n. 41/1995, pag. 2841. Cfr., inoltre, A. Ama-tucci, «Le parti e la commissione tributaria dinanzi alla concilia-zione giudiziale», ivi n. 28/1996, pag. 2229.(12) In proposito, si rinvia all’intervento di G. Marini, di prossimapubblicazione in questa Rivista.

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L’imminente entrata in vigore delle disposizioniconcernenti l’obbligo di preventivo reclamo, qualecondizione di procedibilità dell’azione giudiziariaper le controversie di valore non superiore a 20.000euro, induce ad interrogarsi sui rapporti tra dettoistituto e la tipologia di atti impositivi emessi dal-l’Agenzia delle entrate, cui si applicano le disposi-zioni del novello art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992.Posto che il tenore letterale della norma in com-mento consente di ritenere che tutti gli atti imposi-tivi emessi dall’Agenzia delle entrate, in quantoincidenti nella sfera patrimoniale del contribuentee suscettibili di dare origine a controversie conl’Erario, devono essere soggetti (fermo restando ilvalore della controversia) alla disciplina del recla-mo, occorre verificare se il rinvio, operato dal di-sposto di cui al comma 6 dell’art. 17-bis citato, al-l’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, concernente gliatti impugnabili nel processo tributario, consentaun’agevole applicazione delle norme di recente in-troduzione ovvero se sussistano problematiche af-ferenti alcune tipologie di atti tra quelli individuaticome impugnabili.Nel prosieguo del presente scritto si cercherà, per-tanto, di valutare l’impatto delle disposizioni rela-tive al reclamo con particolare riferimento agli attidi diniego (espresso o tacito) di rimborso, agli atti

sanzionatori e agli atti impoesattivi (1), vale a direagli avvisi di accertamento esecutivi, di cui all’art.29 del D.L. n. 78/2010, al fine di comprendere sesussistano problemi di coordinamento tra le dispo-sizioni citate, che potrebbero finanche vanificarela precipua finalità deflativa del contenzioso delledisposizioni in commento.

Dinieghi di rimborso Con particolare riferimento alle controversie con-cernenti gli atti di diniego sui rimborsi e, dunque,alle controversie pretensive, non sembra potersiravvisare un’incompatibilità assoluta tra il reclamoe le controversie in parola, ancorché, come rileva-to in dottrina (2), la norma sembra sia stata pensa-

Il reclamo per dinieghi di rimborso,atti sanzionatori e atti impoesattivi

La previsione dell’obbligo di preventivo reclamo, quale condizione di ammissibilità delricorso avverso gli «atti emessi dall’Agenzia delle entrate», induce ad interrogarsi sui rap-porti tra detto istituto e la tipologia di atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate, in parti-colare, in relazione agli atti di diniego di rimborso, sanzionatori e impoesattivi. Mentre non do-vrebbero sussistere problematiche specifiche in ordine alla compatibilità del reclamo con iprovvedimenti di diniego espresso di rimborso, permangono perplessità in ordine all’ob-bligatorietà dell’istituto, a fronte del silenzio-rifiuto opposto ad un’istanza di rimborso. Talunidubbi concernono l’estensione della disciplina del reclamo all’atto di contestazione dellesanzioni, in ragione della sostanziale sovrapposizione tra reclamo e presentazione dellededuzioni difensive, che sembra tradursi, paradossalmente, in una riduzione delle possibilitàdi definizione anticipata della controversia. Problemi di coordinamento normativo sem-brano porsi anche tra reclamo e immediata esecutività dei cd. atti impoesattivi.

di Alberto Renda

Alberto Renda - Docente a contratto di diritto tributario pressol’Università di Teramo - Avvocato in Chieti - Socio KStudio Associato -Network KPMG International

Note:(1) L’icastico neologismo è utilizzato da C. Glendi, «Notifica degliatti “impoesattivi” e tutela cautelare ad essi correlata», in Dir. prat.trib. n. 3/2011, I, pag. 482, per identificare la speciale categoria di at-ti nei quali appaia coniugata, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA,la diversa funzione dell’imposizione e dell’esazione (nella doppiaspecificazione della formazione del titolo esecutivo e del precetto). (2) In tal senso, cfr. M. Basilavecchia, «Reclamo, mediazione fiscalee definizione delle liti pendenti», in Corr. Trib. n. 31/2011, pag.2491.

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ta avendo riguardo principal-mente agli atti impositivi esoprattutto agli atti di accer-tamento.Tuttavia, mentre non dovreb-bero sussistere problematichespecifiche in ordine alla com-patibilità dell’istituto con iprovvedimenti di diniegoespresso di rimborso, per-mangono talune perplessitàin ordine all’obbligatorietàdel reclamo, a fronte del si-lenzio rifiuto opposto dal-l’Agenzia delle entrate adun’istanza di rimborso di tri-buti presentata dal contri-buente.Nelle fattispecie in esame, in-fatti, l’interesse pretensivodel contribuente può essereazionato mediante un’istanzaovvero la presentazione diuna dichiarazione, ma, afronte dell’inerzia dell’enteimpositore, deputato alla ve-rifica delle condizioni per riconoscere il diritto direstituzione, al silenzio protratto per novanta gior-ni viene attribuito valore di rifiuto (3).Pertanto, è opportuno verificare l’obbligatorie-tà per il contribuente, il cui diritto al rimborsonon superi 20.000 euro, di proporre reclamoquando, di fatto, non è stato notificato alcunatto né in senso sostanziale, né in senso forma-le.Allo scopo, sarebbe sufficiente rinviare al datoletterale della disposizione in esame, rilevandoche le controversie cui si applica il novello isti-tuto sono soltanto quelle concernenti «atti emes-si dall’Agenzia delle entrate», mentre il silenzio-rifiuto non può essere ricompreso tra i suddettiatti.Tuttavia, occorre, altresì considerare che la naturagiuridica del reclamo è assimilabile a quella diun’istanza obbligatoria di autotutela (4) e che ilpotere di autotutela è esercitato dagli Uffici, siaper rimuovere gli atti di diniego (espresso o tacito)di rimborso, riconosciuti illegittimi o infondati, siaper ovviare a versamenti indebiti effettuati dal

contribuente in sede di auto-liquidazione dei tributi (5).Pertanto, anche a fronte delsilenzio-rifiuto opposto al-l’istanza del contribuente, ilreclamo presentato daquest’ultimo vincolerebbel’ente impositore al riesamedelle ragioni del mancato ri-conoscimento del diritto dicredito e, in tal senso, l’effi-cacia di detto riesame po-trebbe considerarsi garantitadallo stesso legislatore che,ai sensi del comma 5 dell’art.17-bis, dispone che i soggettideputati ad esaminare il re-clamo non sono gli stessi chehanno emesso l’atto, ma ap-partengono a strutture (dellaDirezione provinciale ovverodella Direzione regionale)diverse ed autonome da quel-le che hanno curato la faseistruttoria.Inoltre, l’obbligatorietà del

reclamo, estesa a tali atti, imporrebbe comunqueall’ente impositore di riesaminare il contenutodell’istanza anche a fronte di un’eventuale pro-posta di mediazione che, contestualmente al re-clamo, potrebbe essere avanzata dal contribuen-te, il quale, in tal caso, sarebbe disposto a rinun-ciare ad una parte del propria pretesa restituto-ria.Parimenti, potrebbe essere lo stesso Ufficio a for-mulare una proposta di mediazione, valutando co-

Note:(3) Come rilevato da F. Tesauro, Manuale del processo tributario,Torino, 2009, pag. 114, il silenzio, pur avendo significato di rifiuto,non ha la stessa natura del provvedimento di diniego, né ha glistessi effetti, in quanto nessuna norma statuisce tale equivalenza,né l’inerzia ha lo stesso valore di un atto esplicito.(4) Lo stesso legislatore, nell’individuare la finalità del reclamo,specifica che l’istituto è «volto all’annullamento totale o parzialedell’atto». Per analoghe considerazioni cfr., M. Basilavecchia, op.loc. ult. cit.(5) Per un’approfondita disamina dei rapporti tra autotutela efattispecie di rimborso, si rinvia a M. Miscali, Il diritto di restituzio-ne, Milano, 2004, pag. 112.

Dinieghi di rimborsoNon va escluso che sussista unobbligo per il contribuente dipresentare il reclamo avverso ilsilenzio-rifiuto dell’ente impositorealle istanze di rimborso presentatedal contribuente. Superando il datoletterale della norma che fariferimento ad «atti emessidall’Agenzia delle entrate», ma cheopera un rinvio alla norma sugli attiimpugnabili nel processo tributario,tra i quali è incluso il silenzio-rifiuto, potrebbe esseresalvaguardata la «ratio» dell’istituto,che è quella di scoraggiarel’accesso al contenzioso, laddove icontrapposti interessi in giocopossano essere ricomposti attraversoun riconoscimento pieno del dirittodi rimborso, in caso di accoglimentodel reclamo, ovvero, parziale, incaso di esito positivo dellamediazione.

SOLUZIONI OPERATIVE

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Processotributario

me parzialmente riconoscibi-le il diritto al rimborso, in os-sequio al principio di econo-micità dell’azione ammini-strativa espressamente invo-cato dal legislatore al comma8 dell’art. 17-bis.Le considerazioni che prece-dono inducono, pertanto, anon escludere aprioristica-mente che anche a fronte delsilenzio-rifiuto dell’ente im-positore sussista un obbligoper il contribuente di presen-tare il reclamo avverso il si-lenzio-rifiuto. Tant’è che, superando il merodato letterale della disposi-zione che fa riferimento ad«atti emessi dall’Agenziadelle entrate», ma che, al tempo stesso, opera unrinvio all’art. 19 in materia di atti impugnabili nelprocesso tributario, tra i quali è incluso il silenzio-rifiuto, potrebbe comunque essere salvaguardata laratio della norma, che è quella di scoraggiare l’ac-cesso al contenzioso tributario, laddove i contrap-posti interessi in gioco possano essere ricompostiattraverso un riconoscimento pieno del diritto dirimborso, in caso di accoglimento del reclamo, ov-vero, parziale, in caso di esito positivo della me-diazione.

Atti di contestazione delle sanzioniProseguendo nella sintetica disamina degli attiemessi dell’Agenzia delle entrate che, prima del-l’accesso alla tutela giudiziaria, devono essere og-getto di reclamo, talune perplessità in ordine al-l’applicazione dell’istituto concernono l’estensio-ne della disciplina di cui all’art. 17-bis agli attisanzionatori e, in particolare, all’atto di contesta-zione delle sanzioni, disciplinato dall’art. 16 delD.Lgs. n. 472/1997.Il procedimento di contestazione delle sanzio-ni, individuato nella disposizione ultima citata,prevede la notificazione di un atto, denominatoatto di contestazione, nel quale vengono indi-cati i fatti materiali, le prove, le norme violatee quelle sanzionatorie, i criteri seguiti per ladeterminazione della sanzione e l’ammontare

della sanzione contestata(6).Il soggetto cui viene notifi-cato l’atto, nel termine disessanta giorni, può, alterna-tivamente, optare per l’im-pugnazione dell’atto, defini-re la controversia con il pa-gamento di un quarto dellasanzione indicata nell’atto,oppure proporre memorie di-fensive; in quest’ultimo casole sanzioni possono essereirrogate soltanto con un au-tonomo provvedimento danotificare entro un anno dal-la presentazione delle me-morie.Quest’ultima facoltà di con-traddittorio amministrativo

con l’ente che ha emesso l’atto di contestazionesembra sovrapporsi all’obbligo di reclamo impostodall’art. 17-bis, in quanto la finalità di definizioneanticipata delle controversie, cui è improntatol’istituto di prossima entrata in vigore, sarebbe giàampiamente soddisfatta dalla facoltà concessa alcontribuente di presentazione delle deduzioni, cheoffrono all’Ufficio la possibilità di un riesame e,quindi, di una decisione che trovi consenziente ildestinatario, evitando tempi e costi della tutelagiurisdizionale.La differenza sostanziale tra i due procedimenti,che sembrerebbero omologhi, deve ravvisarsi nellafacoltà di interlocuzione con l’Erario concessa alcontribuente nell’ambito del procedimento di irro-gazione della sanzione e nell’obbligo che, invece,il legislatore ha imposto al destinatario della san-

Nota:(6) Si ricorda che il procedimento di irrogazione delle sanzioni, dicui al citato art. 16, rappresenta l’unica forma procedurale esperi-bile per l’irrogazione di sanzioni afferenti a violazioni non colle-gate all’accertamento di un tributo. Per approfondimenti si rinviaa L. Del Federico, «Disposizioni generali in materia di violazioniamministrative per la violazione di norme tributarie», in M. Micci-nesi (a cura di), Commento agli interventi di riforma tributaria, Pado-va, 1999, pag. 1116; A. Voglino, «Modelli di procedimento e mezzidi tutela», in G. Tabet (a cura di), La riforma delle sanzioni ammini-strative tributarie, Torino, 2000, pag. 163.

Atti di contestazionedelle sanzioniIl reclamo, sovrapponendosi allapossibilità di presentazione dideduzioni difensive, comportaun’implicita abrogazione di talefacoltà. A fronte della notifica di unatto di contestazione delle sanzioni,il cui valore non sia superiore a 20.000euro, il contribuente dovrànecessariamente presentare unreclamo all’ente preposto a riceverlo,attendendo l’esito dello stesso neisuccessivi 90 giorni, perdendo lapossibilità di accedere alla definizioneagevolata delle sanzioni nell’ipotesi diaccoglimento parziale dellededuzioni difensive.

SOLUZIONI OPERATIVE

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zione, introducendo il recla-mo.Sembra, pertanto, potersiaffermare che il nuovo isti-tuto, sovrapponendosi allapossibilità di presentazioned i deduz ion i d i fens ive ,comporti, di fatto, un’impli-cita abrogazione di detta fa-coltà.A fronte della notifica di unatto di contestazione dellesanzioni, il cui valore non siasuperiore a 20.000 euro, ilcontribuente dovrà necessa-riamente presentare un recla-mo all’ente preposto a rice-verlo, attendendo l’esito del-lo stesso nei successivi no-vanta giorni, perdendo, altre-sì, la possibilità, recentemen-te riconosciuta dal legislatore(7), di accedere alla defini-zione agevolata delle sanzio-ni nell’ipotesi di accoglimen-to parziale delle deduzioni difensive.L’enunciata sovrapposizione degli istituti testé de-scritti si traduce, paradossalmente, in una riduzio-ne delle possibilità di definizione anticipata dellacontroversia, atteso che, mentre sino al 31 marzo2012 il contribuente, optando per la presentazionedi memorie difensive, potrebbe rinunciare all’ac-cesso alla fase giudiziale in esito all’accoglimentoparziale delle proprie doglianze manifestate incontraddittorio con l’ente impositore, benefician-do, pertanto, della riduzione della sanzione norma-tivamente prevista, dal 1° aprile 2012 l’eserciziodi tale facoltà non è più consentito, in quanto nondisciplinato dall’art . 17-bis del D.Lgs. n.546/1992. Soltanto nel caso in cui alla presentazione del re-clamo faccia seguito un tentativo di mediazionepromosso dal contribuente ovvero dall’Ufficio,sarebbe da verificare l’accesso al beneficio pre-miale della conciliazione giudiziale anche alla fat-tispecie della mediazione; tuttavia, l’entità dellariduzione delle sanzioni sarebbe comunque infe-riore rispetto a quella propria della definizioneagevolata (8).

Avvisi di accertamentoesecutiviUn’ultima riflessione concer-ne il rapporto tra l’istitutodel reclamo e i cd. atti im-poesattivi, che dal 1° ottobre2011, ai fini delle impostedirette e dell’IVA, sono ca-ratterizzati dalla peculiaritàdi concentrare in un unico at-to ed in un unico procedi-mento i due momenti delladeterminazione della pretesaimpositiva e della sua esazio-ne (9).Al riguardo, è opportunochiedersi come si coordiniquesta sorta di istanza di au-totutela obbligatoria conl’esecutività dell’accerta-mento.Il procedimento disciplinatoai fini del reclamo, come ri-levato, prevede che l’enteimpositore debba risponde-

re entro novanta giorni alle doglianze manifesta-te dal contribuente oppure, nello stesso termine,debba concludere il procedimento di mediazio-ne.La normativa in esame, tuttavia, non contempla al-cuna ipotesi di sospensione dell’esecutività del-

Note:(7) L’art. 23, comma 29, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito,con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in vigore dal6 luglio 2011, ha introdotto il comma 7-bis dell’art. 16 del D.Lgs.n. 472/1997, introducendo la facoltà per il contribuente, cui siastato notificato un atto di contestazione delle sanzioni ammini-strative tributarie, di definire la sanzione con il pagamento di unterzo dell’irrogato anche a seguito della rideterminazione del-l’ammontare della pena pecuniaria, operata dall’ente impositoreall’esito dell’accoglimento parziale delle deduzioni difensive. (8) Osserva, infatti, M. Basilavecchia, op. loc. ult. cit., che la media-zione, rispetto alla conciliazione, non garantisce con certezza unariduzione delle sanzioni, atteso che il generico rinvio all’art. 48del D.Lgs. n. 546/1992 è comunque subordinato ad un giudizio dicompatibilità delle disposizioni sulla conciliazione con quelle dellamediazione. (9) Per approfondimenti sul tema si rinvia a C. Glendi - V. Uckmar(a cura di), La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Pa-dova, 2011.

Atti impoesattiviLa normativa su reclamo emediazione non contempla alcunaipotesi di sospensione dell’esecutivitàdell’atto e, pertanto, qualora iltentativo di definizione anticipatadella controversia dovesseconcludersi negativamente,l’automatismo previsto dal testonormativo, secondo il quale ilreclamo produce gli effetti delricorso, risulterebbe confliggentecon le disposizioni sui cd. attiimpoesattivi, che subordinanol’esecutorietà dell’avviso diaccertamento al decorso di sessantagiorni dalla notifica dell’attoimpositivo e che individuano, neitrenta giorni dal termine ultimo peril pagamento, il momento a partiredal quale l’agente della riscossione èlegittimato a procedere conl’esecuzione.

IL PROBLEMA APERTO

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l’atto e, pertanto, qualora iltentativo di definizione anti-cipata della controversia do-vesse concludersi negativa-mente, l’automatismo previ-sto dal testo normativo, se-condo il quale il reclamo pro-duce gli effetti del ricorso, ri-sulterebbe configgente con ledisposizioni di cui all’art. 29,comma 1, lett. b), del D.L. n.78/2010, che subordinanol’esecutorietà dell’avviso diaccertamento al decorso disessanta giorni dalla notificadell’atto impositivo e che in-dividuano, nei trenta giornidal termine ultimo per il pa-gamento, il momento a parti-re dal quale l’agente della ri-scossione è legittimato a pro-cedere con l’esecuzione.Infatti, posto che il procedi-mento previsto dall’art. 17-bis in commento potrebbeconcludersi senza l’interve-nuta definizione della controversia nei novantagiorni successivi alla notifica dell’atto impositivo,il destinatario di quest’ultimo potrebbe trovarsinella condizione di non poter più versare le som-me dovute per intervenuto decorso dei termini peril pagamento (10) e di subire il rischio della ri-scossione coattiva, qualora, in presenza di fondatopericolo per il positivo esito della riscossione, nonoperi il termine di sospensione di centottanta gior-ni ope legis disciplinato.In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui non dovesseessere ravvisato dall’Ufficio un pericolo per la ri-scossione, la mancanza di un coordinamento tra lenorme potrebbe, altresì, limitare il diritto del con-tribuente ad ottenere la tutela cautelare nel proces-so, atteso che l’intervallo temporale necessario peresperire il procedimento di reclamo o di mediazio-ne, comporterebbe, inevitabilmente, un’erosionedel suddetto termine dilatorio di centottanta giornie, di conseguenza, una riduzione delle concretepossibilità di ottenere la sospensione giudizialedell’esecuzione dell’atto (11).Al cospetto del potere impositivo ed esattivo uno

actu esercitato, profilandosicome imminente la possibilecompromissione del dirittosoggettivo all’integrità delpatrimonio del contribuente,l’unico rimedio esperibilesembrerebbe essere quellodella sospensione ammini-strativa della riscossione, dicui all’art. 39 del D.P.R. n.602/1973, peraltro, espressa-mente richiamata dall’art.29, comma 1, lett. g), delD.L. n. 78/2010.Tuttavia, come rilevato indottrina, affinché la sospen-sione possa costituire unostrumento di tutela efficiente,utilizzabile dal contribuentein alternativa al rimedio cau-telare, sarebbe necessaria

Note:(10) Per consentire al contribuentedi assolvere al proprio debito subitodopo il rigetto del reclamo, si po-

trebbe ipotizzare che l’intimazione ad adempiere debba esserecontenuta anche nell’eventuale provvedimento di diniego noti-ficato al contribuente all’esito della disamina del reclamo; tut-tavia, come si desume dal comma 9 dell’art. 17-bis del D.Lgs. n.546/1992, detto provvedimento deve essere comunicato alcontribuente soltanto nel caso in cui il rigetto del reclamopreceda lo spirare dei novanta giorni utili per la risposta del-l’ente impositore. Inoltre, non sembra potersi applicare al casodi specie il disposto di cui all’art. 29, comma 1, lett. a), del D.L.n. 78/2010, laddove dispone che, qualora siano rideterminati gliimporti dovuti in base agli atti impoesattivi, l’intimazione adadempiere debba essere notificata al contribuente anche neisuccessivi atti da notificare a quest’ultimo. Infatti, il legislatore,dopo le modifiche introdotte dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70,sembra aver limitato il suddetto obbligo soltanto alle fattispe-cie espressamente elencate dalla norma, come rilevato da A.Carinci, «La concentrazione della riscossione nell’accertamen-to», in La concentrazione della riscossione nell’accertamento, cit.,pag. 45.(11) Infatti, considerato che il contribuente è legittimato a pre-sentare il reclamo sino al sessantesimo giorno successivo alla no-tifica dell’atto impositivo, una volta esaurito il procedimento de-scritto dall’art. 17-bis (la cui durata complessiva potrebbe esseredi novanta giorni), il termine di sospensione normativamenteprevisto che precede l’esecuzione forzata potrebbe conseguente-mente ridursi a centoventi giorni, limitando le concrete possibili-tà per il destinatario dell’atto impositivo di ottenere la sospen-sione giudiziale dell’esecuzione anteriormente all’avvio dell’ese-cuzione forzata.

Tutela cautelare– La mancanza di un coordinamentotra le norme sugli atti impoesattivi equelle sul reclamo potrebbe limitare ildiritto del contribuente ad ottenere latutela cautelare nel processo, attesoche l’intervallo temporale necessarioper esperire il procedimento direclamo o di mediazionecomporterebbe, inevitabilmente,un’erosione del termine dilatorio dicentottanta giorni per l’inizio delleprocedure esecutive a cura delconcessionario della riscossione e, diconseguenza, una riduzione delleconcrete possibilità di ottenere lasospensione giudizialedell’esecuzione dell’atto.– L’unico rimedio esperibilesembrerebbe essere quello dellasospensione amministrativa dellariscossione, peraltro, espressamenterichiamata dalla norma sugli attiimpoesattivi.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

una rivisitazione dell’istituto, adeguandolo all’esi-genza di delimitare la discrezionalità dell’Ammi-nistrazione finanziaria nella valutazione dei requi-siti per l’accesso alla sospensione, in modo che ilprocedimento sia informato al principio costituzio-nale di imparzialità della Pubblica amministrazio-ne (12).

720 10/2012

Processotributario

Nota:(12) Sull’inadeguatezza dell’istituto della sospensione amministra-tiva (come disciplinato all’art. 39 del D.P.R. n. 602/1973) alla solu-zione delle problematiche rappresentate, rileva S. La Rosa, «Il ri-

parto delle competenze nella disciplina della riscossione», in Laconcentrazione della riscossione nell’accertamento, cit., pag. 73, chedetto istituto rappresenta un superfluo relitto di quello che inpassato era un rimedio giustiziale amministrativo riservato all’In-tendente di Finanza; ed è stato nel corso degli anni devitalizzato,e/o sostanzialmente assorbito, a seguito dell’attribuzione al giudi-ce tributario di poteri di tutela cautelare in favore del contri-buente, agli Uffici tributari di un più generale potere di sospen-dere in autotutela gli effetti degli atti da essa ritenuti illegittimi oinfondati e agli agenti della riscossione del potere di concederela rateazione degli importi iscritti a ruolo. In senso analogo, permaggiori riflessioni sulla necessità di utilizzare la sospensioneamministrativa in alternativa al rimedio cautelare, si rinvia a C.Magnani, «La sospensione amministrativa della riscossione con-centrata», ivi, pag. 503.

72110/2012

Dichiarazioni

Con provvedimento del Direttore dell’Agenziadelle entrate 16 gennaio 2012, prot. n. 2012/5810(1) è stata approvata la modulistica per la dichiara-zione annuale IVA 2012 (2).In pari data, con i l provvedimento prot.2012/5820, è stata approvata una versione aggior-nata del modello IVA 74 bis (3), riservato ai cura-tori fallimentari e ai commissari liquidatori, da uti-lizzare a partire dall’anno d’imposta 2012 per laspeciale dichiarazione delle operazioni effettuatenella frazione d’anno antecedente la dichiarazionedi fallimento.Con successivi provvedimenti 25 e 26 gennaio2012 (4), infine, sono state approvate le specifichetecniche per la trasmissione telematica dei daticontenuti nella predetta modulistica.In questa sede si analizzano alcune delle novitàdegne di nota del modello di dichiarazione IVA2012 e delle relative istruzioni di compilazione.

Rapporti finanziari L’innovazione che cattura maggiormente l’atten-zione - sia da un punto di vista, per così dire, «me-diatico», sia strutturale - è la nuova sezione 3 delquadro VA, dedicata alla comunicazione dei rap-porti finanziari. L’art. 2, comma 36-vicies ter, del D.L. 13 agosto2011, n. 138 (5), ha previsto un regime sanziona-torio più mite per le imprese e i lavoratori autono-mi che «mettono al bando» il denaro contantenell’esercizio dell’attività.Destinatari della richiamata disposizione sono le

imprese e i lavoratori autonomi con ricavi o com-pensi fino a 5 milioni di euro annui che, per tuttele operazioni attive e passive effettuate nell’eserci-zio dell’attività, utilizzano esclusivamente stru-menti di pagamento diversi dal contante e che,nella dichiarazione dei redditi e dell’IVA, indicanogli estremi identificativi dei rapporti con gli opera-tori finanziari di cui all’art. 7, sesto comma, delD.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, in corso nel pe-riodo d’imposta. I predetti soggetti, in presenza dei presupposti so-pra indicati, beneficiano della riduzione alla metàdella misura edittale delle sanzioni amministrativedegli artt. 1, 5 e 6 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.471, vale a dire delle sanzioni previste per le vio-lazioni relative:– alla dichiarazione delle imposte dirette (6);

Per i rapporti finanziaricomunicazionenella dichiarazione IVA 2012

La dichiarazione annuale IVA 2012 «apre» all’indicazione dei rapporti finanziari da parte deicontribuenti che intendono attivare il regime sanzionatorio premiale previsto dal D.L. n.138/2011. Questa una delle novità contenute nel modello di dichiarazione IVA 2012, ap-provato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate con provvedimento 16 gennaio 2012.

di Franco Ricca

Franco Ricca - Funzionario dell’Agenzia delle entrate (*)

Note:(*) L’articolo è svolto a titolo personale e non coinvolge la posi-zione dell’Amministrazione di appartenenza.(1) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) Costituita come di consueto dai seguenti modelli: a) IVA/2012 composto dal frontespizio e dai vari quadri (VA, VC,VD, VE, VF, VJ, VH, VK, VL, VR, VT, VX, VO, VS, VV, VW, VY e VZ);b) IVA BASE/2012 composto dal frontespizio e dai quadri (VA,VE, VF, VJ, VH, VL, VR, VX e VT);c) IVA 26 LP/2012, prospetto delle liquidazioni periodiche dellacd. IVA di gruppo (società controllanti e controllate).(3) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(4) Entrambi in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(5) Convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011,n. 148.(6) Art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997.

R. Fanelli, «La dichiarazione IVA 2012», n. 9/2012,pag. 20

722 10/2012

Dichiarazioni

– alla dichiarazione IVA e airimborsi (7);– alla documentazione, regi-strazione ed individuazionedelle operazioni IVA (8). Al fine di consentire ai con-tribuenti interessati di realiz-zare uno dei presupposti deltrattamento premiale, ossial’indicazione dei rapporti fi-nanziari nella dichiarazione,è stata istituita la sezione 3del quadro VA della dichiara-zione IVA 2012. Nei righi che compongonotale sezione si dovranno indi-care, per ciascun rapporto:– il codice fiscale italianodell’operatore finanziario(colonna 1), o, in mancanza,il codice identificativo del-l’operatore estero (colonna2);– la denominazione dell’ope-ratore stesso (colonna 3);– il codice corrispondente altipo di rapporto (colonna 4), desumibile dalla ta-bella riportata a pag. 29 delle istruzioni (ad esem-pio, 01 per conto corrente, 02 per conto depositotitoli e/o obbligazioni, 03 per conto deposito a ri-sparmio libero/vincolato, ecc.). I dati sono richiesti relativamente ai «rapporti inessere nel periodo d’imposta oggetto della dichia-razione», per cui è da ritenere che siano compresiquelli eventualmente cessati dopo il 31 dicembre2011 ed esclusi, di contro, quelli cessati prima del1° gennaio 2011 ovvero aperti dal 1° gennaio2012.Se i sette righi previsti non fossero sufficienti perl’indicazione di tutti i rapporti in essere, occorreproseguire la compilazione su un altro modulo, te-nendo presente che l’utilizzazione di più moduli alsolo scopo di compilare più sezioni 3 del quadroVA non rileva ai fini della numerazione dei moduliche compongono la dichiarazione.Le istruzioni chiariscono, infine, che, nelle ipotesidi operazioni straordinarie e nelle altre situazioniassimilate di cui al par. 3.3, lett. A (trasformazionisoggettive nel corso del periodo d’imposta 2011), i

dati riguardanti il soggetto«dante causa» (ad esempio,società incorporata) dovran-no essere indicati nel modulorelativo a detto soggetto.Tornando al trattamento pre-miale che la norma del D.L.n. 138/2011 concede al con-tribuente che soddisfa i re-quisiti previsti, nel presuppo-sto che l’adozione esclusivadi mezzi di pagamento trac-ciabili rende il soggetto piùagevolmente controllabile(riducendo di conseguenza lepossibilità di evasione), è daosservare che la riduzione al-la metà delle sanzioni previ-ste dai citati art icoli delD.Lgs. n. 471/1997 non ri-guarda soltanto le violazionidiscendenti dall’occultamen-to di ricavi, compensi e/o co-sti, per le quali, effettiva-mente, la messa al bando delcontante non offre al sogget-

to apprezzabili speranze che l’evasione sfugga adun eventuale controllo, ma anche quelle che nullahanno a che fare con le modalità di incasso/paga-mento, ad esempio un’indebita detrazione di IVA oun’indebita deduzione di costi. Sul piano concreto, appare poco probabile che, inquesta prima fase, siano numerosi i contribuentiche coglieranno l’interessante opportunità previstadalla norma in esame, per lo meno fintanto chenon verrà chiarito se - come parrebbe desumersidalla lettera della norma, che si rivolge ai contri-buenti che utilizzano «esclusivamente» mezzi di-versi dal contante - non sia ammesso l’uso neppu-re minimo del denaro, ad esempio per acquistareuna marca da bollo da 1,81 euro o una risma dicarta.

Telefonini e microprocessoriLe integrazioni dei quadri VE e VJ della dichiara-

Note:(7) Art. 5 del D.Lgs. n. 471/1997.(8) Art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997.

Rapporti finanziari Le imprese e i lavoratori autonomicon ricavi o compensi fino a 5milioni di euro annui che, per tutte leoperazioni attive e passive effettuatenell’esercizio dell’attività, utilizzanoesclusivamente strumenti dipagamento diversi dal contante eche, nella dichiarazione dei redditi edell’IVA, indicano gli estremiidentificativi dei rapporti con glioperatori finanziari in corso nelperiodo d’imposta beneficiano dellariduzione alla metà della misuraedittale delle sanzioniamministrative relative alladichiarazione delle imposte dirette, alladichiarazione IVA e ai rimborsi, alladocumentazione, registrazione edindividuazione delle operazioni IVA. Perconsentire ai contribuenti interessati diindicare i rapporti finanziari, è stataistituita la sezione 3 del quadro VAdella dichiarazione IVA 2012.

MOD. IVA 2012

72310/2012

Dichiarazioni

zione discendono dalle dispo-sizioni dell’art . 17, sestocomma, lett . b) e c), delD.P.R. n. 633/1972. Questedisposizioni, il cui contenutova letto alla luce dell’autoriz-zazione del Consiglio euro-peo del 22 novembre 2010(9), prevedono l’applicazionedell’IVA con il meccanismodell’inversione contabile sul-le cessioni, nei confronti disoggetti passivi, di:– telefoni cellulari, concepiticome dispositivi fabbricati oadattati per essere connessi auna rete munita di licenza efunzionanti a frequenze spe-cifiche, con o senza altro uti-lizzo;– dispositivi a circuito inte-grato quali microprocessori eunità centrali di elaborazioneprima della loro installazionein prodotti destinati al consu-matore finale.Con la circolare n. 59/E del2010 (10), l’Agenzia delleentrate ha fissato la decorren-za delle suddette disposizionialla data del 1° aprile 2011;ha inoltre ritenuto, opportu-namente, di poter limitare ilmeccanismo speciale alle sole cessioni effettuatenella fase distributiva che precede il commercio aldettaglio, escludendolo invece per le cessioni aldettaglio, caratterizzate «per la destinazione delbene al cessionario-utilizzatore finale, ancorchésoggetto passivo».Riguardo ai dispositivi a circuito integrato, con larisoluzione 31 marzo 2011, n. 36/E (11), l’Agenziaha chiarito, tra l’altro, che l’inversione contabile siapplica a tutte le cessioni anteriori all’installazionedi detti prodotti nei beni destinati al consumo fina-le, indipendentemente dal fatto che il cessionarioimpieghi i beni per la successiva installazione, an-che in dipendenza di riparazione o manutenzione,sul prodotto finale, precisando inoltre che, dalpunto di vista oggettivo, rientrano nella previsione

la cessione dei dispositivi inesame anche quando destina-ti ad essere installati non inun personal computer, ma inun server. In particolare, l’Agenzia haritenuto che il riferimentodella decisione di autorizza-zione del Consiglio ai micro-processori e unità centrali dielaborazione abbia carattereesemplificativo, e che per-tanto ricadano nell’ambitoapplicativo dell’inversionecontabile anche quei disposi-tivi comunque riconducibiliai concetti di «circuiti inte-grati elettronici» di cui al co-dice NC 8542 3190 00 dellanomenclatura tariffaria e sta-tistica ed alla tariffa dogana-le comune di cui allegato Idel Reg. CEE n. 2658/87 delConsiglio. Da ultimo, con larisoluzione 7 febbraio 2012,n. 13/E (11), l’Agenzia ha ul-teriormente precisato chel’inversione contabile si ap-plica alle cessioni di micro-processori e di unità centralidi elaborazione (CPU) classi-ficabili nei codici della no-menclatura combinata NC

85423190 e 85423110 «in quanto oggettivamenteidonei ad essere installati in personal computer oapparati analoghi, a prescindere dalla loro effettivadestinazione ai predetti apparecchi e a prescinderedal fatto che siano destinati ad essere incorporatinei predetti apparecchi ovvero in altre apparec-chiature (ad esempio, elettrodomestici)».Nella dichiarazione IVA 2012, in conseguenza del-l’estensione dell’inversione contabile sopra de-scritta, sono stati introdotti distinti righi destinati

Note:(9) Come precisato nella circolare dell’Agenzia delle entrate 23dicembre 2010, n. 59/E, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(10) Cit. nota 9.(11) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

Telefonini e microprocessoriIn conseguenza dell’estensionedell’inversione contabile sulle cessioni,nei confronti di soggetti passivi, ditelefoni cellulari e microprocessori,sono stati introdotti nella dichiarazioneIVA 2012 distinti righi destinati adaccogliere le operazioni in esame:– nel quadro VE (operazioni attive)sono stati aggiunti, nel rigo VE34, inuovi campi di dettaglio 6 e 7, neiquali deve essere specificato,rispettivamente, l’ammontare dellecessioni di telefoni cellulari e quellodelle cessioni di microprocessori eunità centrali di elaborazione effettuatesenza l’addebito della rivalsa dell’IVA,in quanto dovuta dai cessionari;– nel quadro VJ,corrispondentemente, sono statiaggiunti i righi speculari VJ15 e VJ16,nei quali devono essere riportati gliacquisti dei suddetti prodotti per iquali il cessionario è tenuto aliquidare l’imposta, che affluisce poinel rigo VL1 senza passare per ilquadro VE. I cessionari dovrannoindicare anche l’imponibile e l’impostadegli acquisti in esame nel quadro VF,al fine di evidenziare la detrazioneesercitata.

MOD. IVA 2012

724 10/2012

Dichiarazioni

ad accogliere le operazioni inesame. Più precisamente:– nel quadro VE (operazioniattive) sono stati aggiunti, nelrigo VE34, i nuovi campi didettaglio 6 e 7, nei quali deveessere specificato, rispettiva-mente, l’ammontare dellecessioni di telefoni cellulari equello delle cessioni di mi-croprocessori e unità centralidi elaborazione effettuatesenza l’addebito della rivalsadell’IVA, in quanto dovutadai cessionari;– nel quadro VJ, corrispon-dentemente, sono stati ag-giunti i righi speculari VJ15 eVJ16, nei quali devono esse-re riportati gli acquisti deisuddetti prodotti per i quali ilcessionario è tenuto a liqui-dare l’imposta, che affluiscepoi nel rigo VL1 senza passa-re per il quadro VE. Natural-mente i cessionari indiche-ranno anche l’imponibile el’imposta degli acquisti inesame nel quadro VF, al finedi evidenziare la detrazioneesercitata.

Acquisti con impostaoggettivamente indetraibileA partire da quest’anno, gli acquisti e le importa-zioni di beni e servizi per i quali l’IVA è oggetti-vamente indetraibile per effetto dell’art. 19-bis1del D.P.R. n. 633/1972 o di altre disposizioni (adesempio, il secondo comma dell’art. 19 del D.P.R.n. 633/1972, in relazione ai premi delle manifesta-zioni a premio; il comma 109 dell’art. 1 della leg-ge n. 311/2004, in relazione agli acquisti di tartufida raccoglitori occasionali) devono essere indicatiin un rigo «dedicato», il VF18. Fino all’anno scorso, invece, detti acquisti si cu-mulavano con quelli la cui imposta è indetraibileperché correlati all’effettuazione di operazioniesenti, che dovranno ora essere indicati nel suc-cessivo rigo VF19.

È da ritenere che la «scissio-ne» sia funzionale ad un mi-gliore monitoraggio, da partedell’Amministrazione finan-ziaria, delle situazioni di in-detraibilità oggettiva. Le istruzioni precisano che,come per il passato, per gliacquisti con detrazione og-gettivamente l imitata (adesempio, veicoli stradali amotore), si dovrà riportarenel rigo VF18 la quota di im-ponibile per i l quale nonspetta la detrazione.

Stabili organizzazioni di soggetti esteri A proposito delle stabili or-ganizzazioni, le istruzioni re-cepiscono sinteticamente, apag. 12, nell’ambito dei «ca-si particolari di presentazio-ne delle dichiarazioni», le in-dicazioni (altrettanto sinteti-che) fornite con la circolare29 luglio 2011, n. 37/E e conla risoluzione 24 novembre2011, n. 108/E (12).

Circolare n. 37/E del 2011Le istruzioni ricordano che, come precisato nellarichiamata circolare, «per le cessioni di beni e leprestazioni di servizi rese da soggetti non residen-ti, ma con stabile organizzazione in Italia, nei con-fronti di cessionari e committenti non soggetti pas-sivi d’imposta o non residenti l’IVA deve essereassolta dal cedente o prestatore utilizzando il nu-mero di partita IVA attribuito alla stabile organiz-zazione. Tali operazioni, contraddistinte da una di-stinta serie di numerazione in sede di emissionedelle relative fatture ed annotate in un apposito re-gistro, saranno oggetto di un apposito modulo del-la dichiarazione annuale presentata dalla stabileorganizzazione».

Nota:(12) Entrambe in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

Stabile organizzazionePer le cessioni di beni e le prestazionidi servizi rese da soggetti nonresidenti con stabile organizzazione inItalia nei confronti di cessionari ecommittenti non soggetti passivid’imposta o non residenti, l’IVA deveessere assolta dal cedente oprestatore utilizzando il numero dipartita IVA attribuito alla stabileorganizzazione. Tali operazionisaranno oggetto di un appositomodulo della dichiarazione annualeIVA presentata dalla stabileorganizzazione. Atteso che la stabileorganizzazione può operare sulterritorio nazionale, sia «in contoproprio», sia per conto della casamadre estera, e può altresì esercitareil diritto alla detrazione sia per gliacquisti propri sia per quelli effettuatidirettamente dalla casa madre esterae a quest’ultima riferibili, si rendenecessario che essa provveda adapplicare distintamente l’imposta alfine di esercitare correttamente ildiritto alla detrazione in base alprincipio dell’inerenza.

MOD. IVA 2012

72510/2012

Dichiarazioni

In sostanza, atteso che la stabile organizzazionepuò operare sul territorio nazionale sia «in contoproprio» (operazioni da essa stessa effettuate, op-pure alle quali abbia «partecipato» nel senso preci-sato dall’art. 53 del Reg. UE n. 282/2011 del 15marzo 2011), sia per conto della casa madre estera(operazioni da questa poste in essere, senza la par-tecipazione della stabile organizzazione, nei con-fronti di soggetti passivi non residenti, oppure diprivati consumatori), e può altresì esercitare il di-ritto alla detrazione sia per gli acquisti propri siaper quelli effettuati direttamente dalla casa madreestera e a quest’ultima riferibili, si rende necessa-rio che essa provveda ad applicare distintamentel’imposta al fine di esercitare correttamente il di-ritto alla detrazione in base al principio dell’ine-renza. Invero, né la circolare né le istruzioni della dichia-razione si spingono ad affermare esplicitamentequella che, sino dalle modifiche apportate dal D.L.25 settembre 2009, n. 135 (13), è parsa una solu-zione obbligata (14), limitandosi a prescrivere ladistinta contabilizzazione e dichiarazione in sepa-rati moduli; tale prescrizione, tuttavia, non mira asoddisfare una mera esigenza di chiarezza contabi-

le, ma discende dalla necessaria applicazione se-parata dell’imposta.

Risoluzione n. 108/E del 2011Al riguardo, le istruzioni ricordano che con la re-cente risoluzione «è stato chiarito che la stabile or-ganizzazione in Italia di un soggetto non residenteha il diritto di recuperare, tramite la detrazione, ilcredito IVA relativo alle operazioni effettuate di-rettamente dalla casa madre con la partita IVA at-tribuita alla posizione di identificazione diretta odi rappresentanza fiscale poi cessata a seguito del-l’introduzione del divieto ad operare mediante du-plice posizione IVA. In tale ipotesi, infatti, si ri-scontra una situazione di continuità analoga aquella riscontrabile nelle trasformazioni sostanzia-li soggettive (vedi par. 3.3)» (15).

Note:(13) Convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009,n. 166.(14) Cfr. F. Ricca, «IVA, istruzioni ai modelli da rifare», in Italia Og-gi del 2 ottobre 2009, pag. 29.(15) Cfr., sul punto, F. Ricca, «La stabile organizzazione “eredita” ilcredito d’imposta della posizione IVA aperta con l’identificazionediretta», in Corr. Trib. n. 5/2012, pag. 319.

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IVA

Il D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (1), ha profonda-mente modificato la disciplina IVA degli scambiintracomunitari. Le cessioni di beni inviati dalterritorio dello Stato in quello di altri Stati mem-bri - antecedentemente a tale decreto da qualifi-carsi come cessioni all’esportazione non imponi-bili a IVA - sono qualificate, dall’art. 41 del pre-detto decreto, quali cessioni intracomunitarie. Pertali cessioni, l’applicazione del regime di non im-ponibilità dipende dalla sussistenza di due requi-siti sostanziali: la soggettività passiva dell’acqui-rente e il trasporto o spedizione del bene dal ter-ritorio dello Stato in quello di altro Stato membro(2). La disciplina delle cessioni intracomunitarie pre-senta aspetti di particolare complessità e delicatez-za, in particolare con riferimento alle modalità diprova del trasporto/spedizione del bene in altroStato membro.Se la normativa attuale appare invero sul punto la-cunosa, una lettura in chiave restrittiva degli oneriprobatori a carico del cedente avrebbe l’effetto pa-radossale di rendere di fatto la prova della spettan-

za del regime di non imponibilità per le cessioni

La prova del trasporto all’esteronelle cessioni intra-UE tra certezzadel diritto e nostalgia delle Dogane

Un elemento centrale ai fini della corretta applicazione del regime di non imponibilità a IVAdi una cessione intracomunitaria è costituito dalla prova del trasporto o della spedizio-ne del bene in altro Stato membro. Nessuna disposizione della normativa comunitaria e del-la normativa nazionale verte peraltro direttamente sulle modalità con cui tale prova deve esse-re fornita. Pur in presenza di alcuni chiarimenti dell’Agenzia delle entrate, la questione continuaa rivestire aspetti di singolare delicatezza e complessità. Pare in particolare paradossale da unlato che risulti «prima facie» più agevole provare la corretta applicazione del regime di nonimponibilità per le cessioni all’esportazione e dall’altro che, in caso di violazioni oerrori, per le cessioni intracomunitarie sia apparentemente previsto un regime sanzionato-rio più gravoso. A prescindere da auspicabili soluzioni «de iure condendo», la questione puònella vigente disciplina trovare una ragionevole soluzione attraverso una realistica e non acriti-ca valutazione sia degli adempimenti che è ragionevole porre a carico del cedente sia deiprofili sanzionatori.

di Raffaele Corso e Pierpaolo Maspes

Raffaele Corso - Collaboratore area Fisco, finanza e welfare - Con-findustria (*)Pierpaolo Maspes - Partner SCGT - Studio di Consulenza Giuridi-co-Tributaria

Note:(*) L’articolo è svolto a titolo personale e non coinvolge la posi-zione dell’istituzione di appartenenza.(1) Tale decreto, che è stato convertito dalla legge 29 ottobre1993, n. 427, ha recepito nel nostro ordinamento le disposizionicontenute nelle direttive comunitarie 91/680/CEE del 16 dicem-bre 1991, 92/77/CEE del 19 ottobre 1992 e 92/111/CEE del 14dicembre 1992, che hanno modificato la direttiva 77/388/CE del17 maggio 1977 (cd. VI direttiva), poi trasfusa nella direttiva2006/112/CE del 28 novembre 2006.(2) La contestuale sussistenza dei due requisiti sostanziali sopraindividuati trova esplicita conferma anche nei chiarimenti fornitidalla circolare-base emanata dal Ministero delle finanze sulla di-sciplina degli scambi intracomunitari: cfr. la C.M. 23 febbraio 1994,n. 13-VII-15-464, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, nella quale è sta-to precisato che «per la realizzazione delle cessioni intracomuni-tarie devono sussistere gli stessi requisiti soggettivi ed oggettivigià illustrati per gli acquisiti intracomunitari (cedente ed acqui-rente entrambi operatori economici, onerosità dell’operazione,acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro di-ritto reale su altri beni e loro effettivo trasferimento in altro Sta-to comunitario)».

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intracomunitarie più complessa di quanto non losia per le cessioni all’esportazione.

Requisito del trasporto In merito al requisito del trasporto del bene, meritaanzitutto evidenziare che, ai fini della configura-zione di una cessione come intracomunitaria, ri-sulta del tutto irrilevante, in base alla normativacomunitaria e nazionale (3), il fatto che lo stessovenga effettuato dal cedente ovvero dal cessiona-rio.Sempre in merito al requisito del trasporto, è im-portante anche osservare che, sulla base della nor-mativa comunitaria e nazionale, non assume alcu-na rilevanza la circostanza che il trasporto, o laspedizione, del bene in altro Stato membro avven-ga entro un termine preciso (4). Ciò è stato di re-cente confermato dalla Corte di giustizia in unasentenza, in cui si è perspicuamente osservato chel’applicazione di un termine entro cui il trasportodel bene debba avere inizio offrirebbe agli acqui-renti la possibilità di scegliere lo Stato membro incui l’acquisto sia tassato, a seconda delle aliquotee delle condizioni per loro più favorevoli (5).In merito alla circostanza dell’irrilevanza delsoggetto che effettua il trasporto, merita eviden-ziare che un sistema in qualche misura analogo èprevisto per le cessioni all’esportazione. Ancheper tali operazioni la non imponibilità a IVA è ac-cordata sia nel caso in cui il trasporto sia curatodal cedente (6) sia nel caso in cui il trasporto siacurato dal cessionario, ma in tale ultima ipotesisolo nel caso in cui si tratti di un soggetto non re-sidente (7). Mentre per le cessioni all’esportazio-ne con trasporto a carico del cedente non è previ-sto alcun termine per l’esecuzione del trasporto(8), per le cessioni all’esportazione con trasportoa carico del cessionario la non imponibilità si ap-plica se i beni ceduti sono trasportati fuori dalterritorio comunitario entro novanta giorni dallaconsegna a detto cessionario. Ove tale limitetemporale non sia rispettato, la non imponibilitàviene meno e il cedente deve addebitare l’IVA ecomputarla a debito nelle proprie liquidazioni deltributo entro trenta giorni per evitare l’applica-zione di sanzioni (9). È da notare che la misura ditali sanzioni è inferiore a quella di norma appli-cabile per l’erronea applicazione, alle operazioniattive effettuate, di una disciplina di non imponi-

bilità (10), evidentemente nel presupposto chel’irregolarità è fondamentalmente derivante da uncomportamento, non del debitore dell’imposta,ma del suo cessionario.

Prova del trasporto

Giurisprudenza comunitariaPer le cessioni all’esportazione, il tema della pro-va dell’invio al di fuori del territorio comunitario èdi regola risolto in modo inoppugnabile dall’inter-vento di un soggetto terzo, estraneo all’operazionedi cessione, costituito dall’Amministrazione delloStato membro che attesta l’uscita dei beni dal ter-ritorio comunitario.Per le cessioni intracomunitarie, nella disciplinacomunitaria non è prevista una specifica forma diprova dell’invio dei beni in altro Stato membro. È demandata infatti alla disciplina dei singoli Sta-ti membri l’enucleazione di specifici mezzi diprova (11). Nel confermare tale conclusione, laCorte di giustizia ha precisato che la disciplinadegli Stati membri al riguardo deve rispettare iprincipi generali del diritto che fanno parte del-l’ordinamento giuridico dell’UE, quali, in partico-

Note:(3) Cfr. l’art. 138, par. 1, della direttiva 2006/112/CE e l’art. 41 delD.L. n. 331/1993.(4) Cfr. l’art. 138, par. 1, della direttiva 2006/112/CE e l’art. 41 delD.L. n. 331/1993.(5) Cfr. la sentenza della Corte di giustizia UE, 18 novembre2010, causa C-84/09, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, segnatamen-te punti da 29 a 31. (6) Cfr. l’art. 146, par. 1, lett. a), della direttiva 2006/112/CE e l’art.8, primo comma, lett. a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. (7) Cfr. l’art. 146, par. 1, lett. b), della direttiva 2006/112/CE e l’art.88, primo comma, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972. (8) Cfr. R.M. 28 luglio 1979, n. 411174, in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA. Trovandosi peraltro presso il cedente beni dallo stesso or-mai ceduti, questi dovrà porre in essere gli adempimenti, previstidal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, necessari a vincere la pre-sunzione di acquisto di cui all’art. 3, comma 1, di tale decreto, inbase al quale «i beni che si trovano in uno dei luoghi in cui il con-tribuente svolge le proprie operazioni si presumono acquistati selo stesso non dimostra di averli ricevuti in base ad un rapportodi rappresentanza o ad uno degli altri titoli di cui all’articolo 1,nei modi ivi indicati». (9) Cfr. l’art. 7, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. (10) Cfr. l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997. (11) Cfr. l’art. 131 della direttiva 2006/112/CE, che ripropone ladisposizione in precedenza contenuta nell’art. 28-quater, parte A,primo periodo, della VI direttiva.

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lare, i principi di proporzionalità e di certezza deldiritto (12). Con riferimento al principio di proporzionalità,merita notare che la giurisprudenza della Corte digiustizia ha chiarito che i provvedimenti che gliStati membri possono adottare non devono tuttaviaeccedere quanto è necessario per conseguire gliobiettivi diretti ad assicurare l’esatta riscossionedell’imposta ed evitare le frodi (13).Con riferimento al principio di certezza del diritto,poi, la Corte di giustizia ha ricordato che «esso siimpone con rigore particolare quando si tratta diuna normativa idonea a comportare oneri finanzia-ri, al fine di consentire agli interessati di conosce-re con esattezza l’estensione degli obblighi che es-sa impone», con la conseguenza che «è necessario... che i soggetti passivi abbiano conoscenza deiloro obblighi fiscali prima di concludere un’opera-zione» (14). In altri termini, non può non esserechiaro al cedente, nel momento di effettuazionedell’operazione, se alla stessa sia o meno applica-bile la disciplina di non imponibilità.La Corte, per meglio chiarire il limite dell’onereprobatorio posto a carico del cedente comunitario,ha voluto fornire la fondamentale chiave interpre-tativa, chiarendo che «è ... importante assicurare ...che la situazione degli operatori economici non siameno favorevole di quella esistente prima dell’abo-lizione dei controlli alle frontiere tra gli Stati mem-bri, poiché un risultato siffatto andrebbe contro lafinalità del mercato interno, volta a facilitare gliscambi fra questi ultimi» (15). La Corte osserva inproposito che, se è vero che il regime degli scambiintracomunitari è divenuto più aperto alla frode -dato che i soggetti passivi, come rilevato, non pos-sono più basarsi sui documenti rilasciati dalle auto-rità doganali e che la prova di una cessione intraco-munitaria deve quindi essere fornita con altri mezzi- «ciò non toglie che i requisiti probatori stabilitidagli Stati membri devono rispettare le libertà fon-damentali istituite dal Trattato CE quale, segnata-mente, la libera circolazione delle merci» (16).È da notare che, come pure chiarito dalla Corte digiustizia, un ruolo centrale assume la buona fededel cedente, non potendosi porre in discussione ladisciplina di non imponibilità quando le condizio-ni per l’applicazione della disciplina stessa nonsiano verificate, ma il cedente, pur usando tutta lapossibile diligenza, non possa avvedersene (17).

La Corte, infine, ha precisato che la prova del tra-sporto all’estero può essere acquisita in qualsiasimomento, non solo al momento della cessione maanche successivamente (18).

Interpretazione dell’Agenzia delle entrateNell’ordinamento italiano, non ci si è avvalsi dellafacoltà accordata dalla normativa comunitaria, nonessendo state previste in via normativa specifichemodalità con le quali fornire la prova del trasportoo della spedizione delle merci in altro Stato. Se ciòconsente da un lato di dare ingresso a qualunquemetodologia probatoria idonea a dar conto del tra-sporto in altro Stato membro - l’assenza di dispo-sizioni specifiche valendo a significare che la fuo-riuscita dei beni dal territorio dello Stato constadalla normale documentazione commerciale cheassiste l’operazione (19) - è evidente d’altra parteche l’indeterminatezza degli strumenti di provapuò ingenerare incertezze operative e divergenzedi opinione tra i contribuenti e l’Amministrazionefinanziaria.La problematica è stata affrontata in via interpreta-tiva dall’Agenzia delle entrate, che in alcune riso-luzioni si è soffermata su aspetti peculiari dellastessa.In una prima risoluzione (20) l’Agenzia delle en-trate, in risposta a un’istanza di interpello, ha con-fermato la soluzione proposta dal contribuenteistante secondo il quale la prova della cessionepuò essere fornita conservando:– la fattura di vendita all’acquirente comunitario;

Note:(12) Cfr. in particolare le sentenze della Corte di giustizia UE, 27settembre 2007, causa C-409/04, punto 45, in Banca Dati BIG Sui-te, IPSOA; Id., 7 dicembre 2010, causa C-285/09, punti 43-45, ivi, eId., 26 gennaio 2012, causa C-588/10, punto 42.(13) Cfr. in particolare la sent. causa C-285/09, cit., punto 45.(14) Cfr. la sent. causa C-409/04, cit., punto 48.(15) Cfr. la sent. causa C-409/04, cit., punto 62.(16) Cfr. la sent. causa C-409/04, cit., punto 63.(17) Cfr. le sent. causa C-409/04, cit., punti 66-67, e C-430/09, cit.,punto 38, nonché la sent. 21 febbraio 2008, causa C-271/06 (inBanca Dati BIG Suite, IPSOA), punto 29.(18) Cfr. la sentenza 27 settembre 2007, causa C-146/05, in BancaDati BIG Suite, IPSOA.(19) Cfr. P. Maspes, «Gli scambi intracomunitari», in AA.VV., L’im-posta sul valore aggiunto - Giurisprudenza sistematica di diritto tribu-tario, diretta da F. Tesauro, Torino, 2001, segnatamente pag. 913.(20) Cfr. la risoluzione 28 novembre 2007, n. 345/E, in Banca DatiBIG Suite, IPSOA.

– gli elenchi riepilogativi re-lativi alle cessioni intracomu-nitarie effettuate;– la rimessa bancaria dell’ac-quirente relativa al pagamen-to della merce; – un documento di trasportoCMR (21) firmato dal tra-sportatore per presa in caricodella merce e dal destinatarioper ricevuta.Tale chiarimento non offreperaltro una soluzione di ca-rattere generale, limitandosiad avallare la soluzione (in-vero assai rigorosa) propostadal contribuente istante, nonaffrontando le problematichepiù complesse concernenti iltema della prova nel caso dicessione intracomunitaria neicasi di scarsa cooperazioneda parte del cessionario co-munitario, in particolare nelleipotesi in cui il trasporto al-l’estero sia curato da questi. Il caso di cessione intracomu-nitaria con trasporto curato dal cessionario comu-nitario è stato invece affrontato dall’Agenzia delleentrate in una successiva risoluzione (22). La riso-luzione affronta in particolare il tema delle provedel trasporto in una cessione intracomunitaria«franco fabbrica», nella quale il cedente nazionalesi limita semplicemente a consegnare i prodotti alvettore incaricato dai cessionari comunitari e mol-to difficilmente riesce a ottenere da questi ultimiuna copia del documento di trasporto controfirma-ta dal destinatario per ricevuta. Nella consapevo-lezza di tale difficoltà, l’Agenzia delle entrate hachiarito che il documento di trasporto CMR firma-to dal trasportatore per presa in carico della mercee dal destinatario per ricevuta costituisce una fatti-specie esemplificativa, non potendo in particolareessere utilizzabile tale strumento probatorio quan-do «il cedente nazionale non abbia provveduto di-rettamente al trasporto della merce e non sia ingrado di esibire il predetto documento di traspor-to».La risoluzione anzidetta da un lato appare di estre-

mo rilievo nella misura in cuichiarisce la possibilità di dareingresso a qualsiasi metodolo-gia probatoria idonea a docu-mentare il trasporto dei benioggetto di cessione intraco-munitaria in altro Stato mem-bro, ma dall’altro non affrontanello specifico la problemati-ca dell’enucleazione deglistrumenti di prova all’uopoutilizzabili. Più utile, al ri-guardo, appaiono altri chiari-menti in cui - sempre affron-tandosi il caso del trasportoall’estero a cura del cessiona-rio - l’Agenzia delle entrateha riconosciuto che la provadel trasporto all’estero possaessere fornita, tra l’altro, dallalettera di vettura indicante illuogo di partenza nel territoriodello Stato e il luogo di desti-nazione nello Stato comunita-rio di arrivo dei beni (23), nonrichiedendo l’attestazione delcessionario dell’arrivo dei be-

ni nello Stato comunitario di destinazione.

Lacune della normativa e criticitàLe indicazioni espresse dall’Agenzia delle entratenelle citate risoluzioni, ancorché utili nel contestodi incertezza derivante dalla scelta del legislatorenazionale di non disciplinare normativamente glistrumenti di prova del trasporto all’estero, lascianotuttavia non del tutto determinati i contorni dellaproblematica in esame.

Note:(21) È il documento di legittimazione del trasporto via camion,chiamato CMR dal nome della convenzione che regola il contrat-to di trasporto internazionale delle merci su strada (ConventionMarchandises Routières), firmata a Ginevra il 19 maggio 1956 e re-sa esecutiva in Italia con la legge 6 dicembre 1960, n. 1621. Laconvenzione è poi stata modificata da un protocollo approvato aGinevra il 5 luglio 1978, reso esecutivo in Italia con legge 27 apri-le 1982, n. 242.(22) Cfr. la risoluzione 15 dicembre 2008, n. 477/E, in Banca DatiBIG Suite, IPSOA.(23) Cfr. le risoluzioni n. 447/E del 2008, cit., e 6 maggio 2009, n.123/E, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

Cessione intracomunitaria«franco fabbrica»L’Agenzia delle entrate - esaminando ilcaso di una cessione intracomunitaria«franco fabbrica», nella quale ilcedente nazionale si limita aconsegnare i prodotti al vettoreincaricato dai cessionari comunitarie difficilmente riesce a ottenere daquesti ultimi una copia del documentodi trasporto controfirmata daldestinatario per ricevuta - haaffermato che il documento ditrasporto CMR firmato daltrasportatore per presa in carico dellamerce e dal destinatario per ricevutacostituisce una fattispecieesemplificativa, non potendo inparticolare essere utilizzabile talestrumento probatorio quando ilcedente nazionale non abbiaprovveduto direttamente al trasportodella merce e non sia in grado diesibire il predetto documento ditrasporto.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

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Nei casi di trasporto a curadel cedente, appaiono sen-z’altro utili, ai fini della pro-va del trasporto in altro Statocomunitario, le attestazioni diricezione della merce in dettoStato da parte del cessiona-rio. Detta prova potrà esserefornita - è da ritenere - nonsolo mediante il CMR con-trofirmato dal cessionario,ma anche attraverso qualun-que altro supporto documen-tale da cui risulti tale ricezio-ne (compresa, in via mera-mente esemplificativa, unadocumentazione predispostadal cedente e inviata al ces-sionario nella quale questi at-testi la ricezione dei beni og-getto di cessioni intracomuni-tarie poste in essere nel corsodi un dato arco temporale).Trattandosi comunque pursempre di una dichiarazione diparte - per di più contrattual-mente legata al cedente - lastessa non può evidentementecostituire una prova così affi-dante come quella fornita at-traverso il controllo doganale.Appare quindi di estrema im-portanza un esame complessi-vo di tutta la documentazionerelativa alla cessione (fattura, documentazione ditrasporto, documentazione bancaria, elenchi riepilo-gativi delle cessioni), valutata non in astratto, ma nelconcreto, tenendo conto della complessiva affidabi-lità del cedente e dei suoi cessionari (24). Al fine di verificare ipotesi di evasione, come èevidente, il dato meramente formale della sotto-scrizione per ricezione apposta sul CMR appareperaltro una prova non così decisiva (25). La debo-lezza dello strumento probatorio si palesa in tuttaevidenza ove ci si soffermi sui concreti aspettioperativi dello strumento, interrogandosi su qualisoggetti debbano fornire l’attestazione, su comechiarire il ruolo di tali soggetti e come verificarel’autenticità della loro sottoscrizione. Sotto tale

profilo, è plausibile che unadocumentazione ineccepibilenell’apparenza formale possaessere fornita da soggetti chenon trasportano i beni al-l’estero, laddove proprio lacarenza di qualche attesta-zione di ricezione possa pa-radossalmente evidenziare labuona fede del cedente.Ben più incisivi sono gli ele-menti di controllo che pren-dono le mosse dalla verificadelle operazioni risultantidalle annotazioni del cedentee indicate negli elenchi riepi-logativi delle cessioni intra-comunitarie: l’unico criteriodi controllo che per l’Ammi-nistrazione finanziaria appa-re affidante consiste in realtànel verificare - pur se nonobbligata a ciò (26) - l’arrivodel bene nello Stato membro

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Note:(24) Più complessa appare l’acquisi-zione di un’attestazione della ricezio-ne nel caso in cui il cedente partecipia un’operazione «triangolare», in cui ibeni non sono trasportati dal territo-rio dello Stato nello Stato comunita-rio in cui è identificato l’acquirente,ma in un diverso Stato comunitario,nel quale il cessionario di quest’ulti-

mo, soggetto passivo IVA, è designato al pagamento dell’impostarelativa alla cessione posta in essere nei suoi confronti. Trattasidella fattispecie presa in considerazione, nella C.M. n. 13-VII-15-464 del 1994, cit., al par. 16.2, secondo caso. In tal caso dovrebberitenersi utilizzabile a fini probatori dal primo cedente l’attesta-zione da parte del secondo cessionario, ancorché tra tali partinon sussista un legame contrattuale diretto (con tutte le conse-guenti difficoltà operative che tale circostanza può comportare).In tale ipotesi appare di ancor maggiore importanza - al fine divalutare la validità dello strumento probatorio - la valutazionecomplessiva della documentazione commerciale che assistel’operazione, atta a dimostrare la buona fede del cedente (con-tratto, ordine, fattura, elenchi riepilogativi, rimessa bancaria, do-cumenti di trasporto ancorché sottoscritti solo dal vettore).(25) Resta ferma peraltro, come chiarito dalla Corte di giustizia,la rilevanza di tale attestazione ai fini probatori per il cedente inbuona fede: cfr. le citate sentenze C-409/04, C-271/06 e C-430/09.(26) Cfr. la sent. causa C-184/05, cit.

Mancata dichiarazione dell’arrivodei beni nello Stato di destinazione– Nelle cessioni intracomunitarie contrasporto a cura del cessionario, ci sichiede cosa accadrà se al cedente nonsarà prodotta una dichiarazione daparte dell’acquirente dell’arrivo deibeni nello Stato comunitario didestinazione.– Sulla base della giurisprudenza dellaCorte di giustizia europea, tre elementiinducono a ritenere che la valutazionedella disciplina di non imponibilitàIVA debba operarsi in base allasituazione e alla documentazioneverificabile all’atto della consegnadella merce al cessionario: • la necessità di avere chiaro ilregime giuridico dell’operazioneall’atto dell’effettuazione dellacessione;• l’assenza di un termine per iltrasporto all’estero e,conseguentemente, l’assenza di untermine per la regolarizzazione incaso di mancato trasporto all’esteroentro detto termine;• la necessità di applicare allecessioni intracomunitarie unadisciplina non meno favorevole diquella operante per le cessioniall’esportazione.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

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in cui il bene è stato (dichia-ratamente) trasportato o spe-dito, con la cooperazione del-l’Amministrazione di taleStato membro.Con riferimento alla coopera-zione amministrativa, appareopportuno evidenziare chedal 1° gennaio 2012 si rendo-no applicabili alcune impor-tanti disposizioni recate dalReg. (UE) n. 904/2010 del 7ottobre 2010, relativo allacooperazione amministrativae alla lotta contro la frode inmateria di IVA (27). Si tratta, in particolare, delledisposizioni che disciplinanolo scambio di informazionisenza preventiva richiesta(28) e, tra queste, delle normesullo scambio automatico diinformazioni (29), le cui mo-dalità di applicazione sonostate definite con il Reg. diesecuzione (UE) n. 79/2012 del 31 gennaio 2012.Queste norme dovrebbero consentire un più rapidoe agevole monitoraggio delle informazioni relativeagli operatori non stabiliti, con positive ricadutesul controllo delle operazioni intracomunitarie ri-tenute maggiormente rischiose.Merita altresì osservare come l’Amministrazionefinanziaria, già nel corso dell’anno 2011, nel forni-re le consuete linee guida per la prevenzione e ilcontrasto all’evasione fiscale (30), abbia sottoli-neato l’importanza di ricorrere agli strumenti dicooperazione internazionale e, in particolare, disfruttare il gruppo Eurofisc (31) per un rapido edefficace scambio di informazioni tra gli Statimembri (32).Pur non essendo questa la sede per approfondire idiversi spunti di riflessione che il regolamento sol-leva, merita osservare come in esso trovi direttaespressione il principio di proporzionalità più so-pra richiamato. È infatti consentito agli Stati mem-bri di astenersi dal partecipare allo scambio auto-matico di informazioni «quando la raccolta delleinformazioni ai fini di tale scambio comporterebbel’imposizione di nuovi obblighi ai debitori del-

l’IVA o di sproporzionationeri amministrativi allo Sta-to membro» (33).Se, pertanto, il legislatorecomunitario tutela i singoliStati membri, esonerandolidall’applicazione dello scam-bio automatico, qualora taleprocedura possa generare aloro carico oneri amministra-tivi sproporzionati, appaionoancor meno giustificabili,sotto il profilo della propor-zionalità, eventuali richiestedell’Amministrazione finan-ziaria finalizzate a ottenereriscontri documentali onerosida produrre e non decisivicome mezzi di prova dell’av-venuta fuoriuscita dei benidal territorio nazionale.

Trasporto a cura del cessionarioNel caso del trasporto a cura

del cessionario, la prova dell’avvenuta fuoriuscita

Note:(27) Cfr. l’art. 62 del Reg. (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ot-tobre 2010.(28) Cfr. gli artt. 13, 14 e 15 del Reg. n. 904/2010, nonché il Reg.(UE) n. 79/2012 della Commissione del 31 gennaio 2012.(29) Secondo l’art. 13, par. 1, del Reg. n. 904/2010, lo scambio diinformazioni senza preventiva richiesta è applicabile «nelle se-guenti situazioni:– se la tassazione deve aver luogo nello Stato membro di destina-zione e se le informazioni fornite dallo Stato membro di originesono necessarie all’efficacia del sistema di controllo dello Statomembro di destinazione; – se uno Stato membro ha motivo di credere che nell’altro Statomembro è stata o potrebbe essere stata violata la legislazionesull’IVA; – se esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell’altro Statomembro».(30) Cfr. la circolare dell’Agenzia delle entrate 18 maggio 2011, n.21/E, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(31) Cfr. gli artt. da 33 a 37 del Reg. n. 904/2010, efficaci dal 1°novembre 2010.(32) A seguito dell’entrata in vigore delle norme del regolamentoconcernenti lo scambio di informazioni, si attendono quindi le va-lutazioni che l’Agenzia delle entrate esprimerà al momento di di-ramare gli indirizzi operativi per la prevenzione ed il contrastoall’evasione, per l’anno 2012.(33) Cfr. l’art. 14, par. 1, del Reg. n. 904/2010.

Onere della provadell’effettivo arrivo dei beniAncorché ai fini dell’applicazione delregime di non imponibilità IVA l’oneredi provare l’effettivo arrivo dei beniceduti nello Stato membro didestinazione spetti di regola alcedente nazionale, basarsi sudocumentazione la cui disponibilitànon dipende da quest’ultimo apparecontrario non solo al principio diproporzionalità ma anche a quello diragionevolezza. Una volta dunque cheil cedente effettui una valutazione inbuona fede dell’attendibilità delcessionario e della documentazione daquesti prodotta al momento dellaconsegna, il riscontro di eventualiirregolarità dovrebbe interessareesclusivamente il cessionario. Taleconclusione appare avallata anchedalla giurisprudenza della Corte digiustizia.

SOLUZIONI OPERATIVE

dei beni dal territorio nazionale appare ancora piùcomplessa. Non solo il cedente, infatti, non cura iltrasporto (34), ma - come innanzi ricordato - nonvi è neppure un termine entro cui il trasporto deveavvenire. Ora, nel momento in cui un dato soggetto passivosi trovi di fronte a una richiesta di acquisto da par-te di un altro soggetto (35) che intenda curare iltrasporto all’estero, il cedente potrebbe in astrattovalutare le seguenti opzioni:1) non porre in essere l’operazione;2) porre in essere l’operazione e addebitare l’IVA(salvo operare una variazione in diminuzione almomento in cui sia provato il trasporto all’estero);3) porre in essere l’operazione e non applicarel’IVA.È evidente che le prime due opzioni sono inaccet-tabili, in presenza di una normativa che specificache nella cessione intracomunitaria il trasportopuò essere curato anche dall’acquirente e che an-che in tal caso trova applicazione una disciplina dinon imponibilità e in presenza della ricordata im-postazione della Corte di giustizia, in base allaquale:– non può non essere chiaro, al cedente, nel mo-mento di effettuazione dell’operazione, se allastessa sia o meno applicabile la disciplina di nonimponibilità;– la situazione degli operatori economici non deveessere meno favorevole di quella esistente primadell’abolizione dei controlli alle frontiere. In tale prospettiva esegetica, è evidente che il ce-dente non può non applicare la disciplina di nonimponibilità ove - essendo acclarata la sussistenzadello status di soggetto passivo del cessionario -non sussistano motivi evidenti per dubitare del-l’intenzione, dichiarata dall’acquirente e risultantedalla documentazione emessa all’atto dell’acquisto(il documento di trasporto o la lettera di vettura, invia esemplificativa) (36), di voler procedere al tra-sporto in altro Stato comunitario.Cosa accadrà, poi, se al cedente non sarà prodottauna dichiarazione da parte dell’acquirente dell’ar-rivo dei beni nello Stato comunitario di destinazio-ne? È da ribadire che non è prevista, con riferi-mento alle cessioni intracomunitarie con trasportoa cura dell’acquirente, una disposizione che preve-da il venir meno dell’imponibilità in caso di man-cata uscita dallo Stato entro un certo termine, di-

versamente da quanto previsto per le cessioni al-l’esportazione, per le quali è consentito al cedente,in tale caso, di evitare l’applicazione delle sanzio-ni, regolarizzando la propria posizione entro i suc-cessivi trenta giorni, mediante l’addebito e il ver-samento della relativa IVA.Ora, sulla base di quanto chiarito dalla Corte digiustizia, non può certo ritenersi che l’assenza ditale disposizione renda il cedente - per cui alla do-cumentazione raccolta all’atto della cessione nonfaccia seguito una dichiarazione da parte del ces-sionario attestante l’arrivo dei beni nello Stato didestinazione - responsabile non solo dell’imposta,ma di una sanzione (37) che, come innanzi accen-nato, sarebbe addirittura più elevata di quella pre-vista per le cessioni all’esportazione con trasportoa cura del cessionario quando, per queste ultime,non essendo trasportato il bene al di fuori del terri-torio dello Stato nei novanta giorni successivi allacessione, il cedente non provveda alla regolarizza-zione (38).In definitiva, sulla base della giurisprudenza dellaCorte di giustizia, almeno tre elementi inducono aritenere che la valutazione della disciplina di nonimponibilità debba operarsi - per le cessioni intra-comunitarie con trasporto a cura del cessionario -in base alla situazione e alla documentazione veri-ficabile all’atto della consegna della merce al ces-sionario: 1) la necessità di aver chiaro il regime giuridicodell’operazione all’atto dell’effettuazione dellacessione;2) l’assenza di un termine per il trasporto all’este-ro e, conseguentemente, l’assenza di un termineper la regolarizzazione in caso di mancato traspor-

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Note:(34) In tal caso, quindi, i profili di delicatezza che si pongono sonoancora più complessi ed evidenti rispetto al caso di cessione in-tracomunitaria con trasporto a carico del cedente, perché laprova dell’effettivo arrivo a destinazione dei beni dipende dallozelo amministrativo del cessionario e del vettore da lui incarica-to.(35) Si assume che tale cessionario sia un soggetto passivo d’im-posta e che tale circostanza risulti dal numero identificativo IVAattribuito allo stesso, debitamente verificato dal cedente attraver-so il sistema VIES.(36) Cfr. le citate risoluzioni n. 447/E del 2008 e n. 123/E del2009.(37) Cfr. l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997.(38) Cfr. l’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997, che quantifica lesanzioni in una misura variabile dal 50 al 100% dell’imposta.

to all’estero entro detto ter-mine;3) la necessità di applicare al-le cessioni intracomunitarieuna disciplina non meno fa-vorevole di quella operanteper le cessioni all’esportazio-ne.In tale contesto, la prova nonpotrà ritenersi assolta esclusi-vamente nel caso in cui il ce-dente nazionale sia in posses-so di un documento del ces-sionario comunitario attestan-te l’effettivo arrivo a destina-zione dei beni, dipendendoperaltro tale circostanza dallacollaborazione del cessiona-rio e del vettore da lui incari-cato, ma si dovrà tenere inconsiderazione - nel concretoe non in astratto - una serie dielementi quali gli operatori interessati e il tipo dibusiness condotto. Il cedente potrebbe, inoltre, cercare di contribuirefattivamente a dimostrare la propria buona fede,eventualmente stipulando con il cessionario speci-fiche clausole contrattuali, mediante le quali impe-gnare il cessionario stesso e il vettore a comunica-re ogni variazione di destinazione dei beni oggettodi cessione, rispetto a quella in origine pattuita trale parti. Tali accordi negoziali potrebbero attribui-re al cessionario (o al vettore) che non adempia al-l’obbligo di comunicazione della nuova destina-zione dei beni - alla quale potrebbero ricollegarsieventuali successive contestazioni dell’Ammini-strazione finanziaria circa l’effettiva fuoriuscitadei beni dal territorio dello Stato - la sua responsa-bilità per i danni commisurati all’imposta e allesanzioni, richieste al cedente a seguito della riqua-lificazione dell’operazione come imponibile.In definitiva, ancorché, come ribadito di recentedalla Corte di cassazione (39), ai fini dell’applica-zione del regime di non imponibilità l’onere diprovare l’effettivo arrivo dei beni ceduti nello Sta-to membro di destinazione spetti di regola al ce-dente nazionale, basarsi su documentazione la cuidisponibilità non dipende da quest’ultimo apparecontrario non solo al principio di proporzionalità

ma anche a quello di ragio-nevolezza.Una volta dunque che il ce-dente effettui una valutazio-ne in buona fede dell’attendi-bilità del cessionario e delladocumentazione da questiprodotta al momento dellaconsegna (eminentemente,numero identificativo IVA edichiarazione dell’intenzionedi trasportare i beni in altroStato comunitario) (40), il ri-scontro di eventuali irregola-ri tà dovrebbe interessareesclusivamente il cessiona-rio. Tale conclusione, invero,appare autorevolmente aval-lata dalla più recente giuri-sprudenza della Corte di giu-stizia (41).

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IVA

Libro Verde dell’IVANel Libro Verde sul futuro dell’IVA e nelrelativo documento diaccompagnamento predisposto dallaCommissione UE, rilevati i profiliproblematici connessi alla prova deltrasporto, sono valutate due opzioni:applicare l’attuale criterio solo per lecessioni intracomunitarie in cuil’acquirente fornisca evidenza deltrasporto in altro Stato comunitarioe il criterio della rilevanza territorialenello Stato di stabilimentodell’acquirente in carenza di taleevidenza; modificare «tout court» ilcriterio di tassazione delle cessioniintracomunitarie, utilizzando anche perqueste il criterio della rilevanzaterritoriale nello Stato distabilimento dell’acquirente.

PROSPETTIVE FUTURE

Note:(39) Cfr. la sentenza 7 ottobre 2011, n. 20575, in Banca Dati BIGSuite, IPSOA.(40) Questo pare il comportamento richiesto dall’Agenzia delleentrate nelle citate risoluzioni n. 447/E del 2008 e n. 123/E del2009.(41) Cfr. la sent. causa C-430/09, cit., punti 37-39, in cui - megliochiarendo quanto in precedenza affermato sul punto nella sent.causa C - 409/04, cit., - la Corte di giustizia ha precisato che:– «anche se in linea di principio spetta al fornitore stabilire che ilbene sia stato spedito o trasportato in un altro Stato membro,nelle circostanze in cui il diritto di disporre del bene come unproprietario sia trasferito all’acquirente nel territorio dello Statomembro della cessione e spetti a tale acquirente spedire o tra-sportare il bene al di fuori dello Stato membro di cessione, laprova che il fornitore può produrre alle autorità tributarie dipen-de fondamentalmente dagli elementi che egli riceve a tal finedall’acquirente»; – se è vero che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, èlegittimo esigere, in tali circostanze, che il fornitore agisca inbuona fede e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevol-mente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuatanon lo conduca a partecipare a una frode fiscale, «tuttavia, qualo-ra il fornitore abbia adempiuto i suoi obblighi relativi alla provadi una cessione intracomunitaria, laddove l’obbligo contrattualedi spedire o trasportare i beni fuori dallo Stato membro di ces-sione non sia stato assolto dall’acquirente, è quest’ultimo che do-vrebbe essere considerato debitore dell’IVA in tale Stato mem-bro»; – qualora il cedente abbia qualificato una cessione come intraco-munitaria basandosi sul numero di partita IVA degli acquirenti, dicui ha chiesto la verifica, e sulla dichiarazione degli acquirenti, for-

(segue)

Anche nel caso di trasporto a cura del cessionario,in conclusione, a maggior ragione appare quindi diestrema importanza un esame complessivo di tuttala documentazione relativa alla cessione (fattura,documentazione di trasporto, documentazionebancaria, elenchi riepilogativi delle cessioni, even-tuali contratti) valutata non in astratto, ma nel con-creto, tenendo conto della complessiva affidabilitàdel cedente e dei suoi cessionari.

Prospettive «de iure condendo»Alla luce delle complessità derivanti dal sistemalegislativo attuale, una soluzione normativa a li-vello comunitario appare invero auspicabile al finedi apportare dei correttivi volti a risolvere gli evi-denziati aspetti di delicatezza.A tale riguardo di notevole rilievo appaiono leconsiderazioni e le soluzioni proposte nel LibroVerde sul futuro dell’IVA (42) e nel relativo docu-mento di accompagnamento predisposto dallaCommissione UE (43).In detto documento di accompagnamento, in parti-colare, rilevati i profili problematici connessi allaprova del trasporto (44), sono valutate due opzio-ni:1) applicare l’attuale criterio solo per le cessioniintracomunitarie in cui l’acquirente fornisca evi-denza del trasporto in altro Stato comunitario e ilcriterio della rilevanza territoriale nello Stato distabilimento dell’acquirente - così come nel vigen-te quadro normativo avviene per i servizi versosoggetti passivi d’imposta per cui trova applica-zione il criterio-base di territorialità (45) - in ca-renza di tale evidenza (46);2) modificare tout court il criterio di tassazionedelle cessioni intracomunitarie, utilizzando ancheper queste il criterio della rilevanza territorialenello Stato di stabilimento dell’acquirente (47).

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IVA

Note:(segue nota 41)nita in occasione del ritiro delle merci dal suo deposito, secondola quale queste ultime sarebbero trasportate in altro Stato mem-bro, la questione se il cedente, agendo in tal modo, abbia adem-piuto ai suoi obblighi relativi alla prova e di diligenza rientra nel-l’ambito di valutazione della giurisdizione nazionale.(42) Cfr. il documento COM (2010) 695 definitivo datato 1° di-cembre 2010.(43) Cfr. il documento SEC(2010) 1455 final (Commission StaffWorking Document - Accompanying document to the Green Paper onthe future of VAT).

(44) Cfr. il cap. 1.2.3.1 del Commission Staff Working Document esegnatamente la parte «Special and additional obligations andrisks».(45) Trattasi del criterio contenuto nella normativa comunitarianell’art. 44 della direttiva 2006/112/CE e nella normativa naziona-le nell’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972.(46) Cfr. il par. 1.3.1.2 del Commission Staff Working Document.(47) Cf. il par. 1.3.1.1 del Commission Staff Working Document, incui, rilevandosi che «in B2B transactions, the supplier often doesnot know the specific destination of the goods that he has soldbecause transport is organised by the customer and also becauseof commercial reasons» e che «however, he always knows theidentity, the location and the VAT identification number of thecustomer to whom he has transferred ownership of the goods»,si propone che «as is the case for supplies of services, it could bestipulated, as a general rule, that the place of supply of goods totaxable persons is where the customer has established his busi-ness or has his fixed establishment to which the goods have beenprovided». Cfr. anche il par. 5.4 del documento COM (2011) 851definitivo, contenente la Comunicazione della Commissione alParlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e so-ciale europeo sul futuro dell’IVA - Verso un sistema dell’IVA piùsemplice, solido ed efficiente adattato al mercato unico.

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Trust

Nell’infinita casistica applicativa del trust in Italia,talune concrete fattispecie sembrano cogliere conparticolare profondità lo spirito caratteristico del-l’istituto di common law, valorizzandone l’innestoarmonioso nell’articolato quadro normativo dome-stico. Il presente intervento volge attenzione al-l’ipotesi (piuttosto comune, invero) in cui un sog-getto interessato ad assicurare in vita ai propri di-scendenti in linea retta (tutti minorenni) la conti-nuità di importanti beni di famiglia, tra i quali unimmobile di grande interesse artistico e una storicapartecipazione di controllo in una società indu-striale, ricorra allo strumento del trust non com-merciale per la salvaguardia del patrimonio fami-liare, individuando beneficiari del capitale i proprifigli e lasciando alla discrezionalità del trustee ladestinazione dei frutti.In sintesi, il trust in parola consentirebbe al dispo-nente (settlor) il trasferimento delle partecipazionie dell’immobile, preservando la gestione ad altrosoggetto (trustee), il quale amministrerebbe i benicon i diritti e i doveri di un vero e proprio proprie-tario, ma nell’interesse dei beneficiari (ancora mi-norenni).

Soggetti beneficiariIn questa sede, ci si intende anzitutto (incidental-

mente) soffermare su un primo aspetto critico. Iltrust consiste in un istituto flessibile e nella suastessa natura è previsto che possa esercitarsi unaprima eventuale distinzione nella ripartizione deibenefici tra:– soggetti beneficiari finali, fiscalmente rilevantiai fini dell’applicazione dell’imposizione indirettae– soggetti beneficiari dei frutti, fiscalmente rile-vanti ai fini dell’imputazione dei redditi.L’Agenzia delle entrate, con la circolare 27 dicem-bre 2010, n. 61/E (1), oltre a perdere un’occasioneper dirimere definitivamente la controversia, sem-brerebbe aver voluto fare un inspiegabile passo in-dietro rispetto alle precedenti espressioni (2) inmerito al concetto di beneficiari «individuati» aifini dell’imposizione sui redditi (3).

Trasferimento nel trustdi partecipazionie di immobili di interesse storico

Al fine di salvaguardare il patrimonio familiare, il ricorso a un trust non commerciale potrebbeconsentire al disponente («settlor») il trasferimento a discendenti minorenni di importan-ti beni di famiglia, preservando la gestione ad altro soggetto («trustee»), il quale ammini-strerebbe i beni con i diritti e i doveri di un vero e proprio proprietario, ma nell’interesse deibeneficiari. In tale contesto, si ritiene opportuna l’analisi della fattispecie frequente del trasferi-mento nel trust di partecipazioni di controllo e di immobili di interesse storico, artisti-co e culturale, nella quale si riscontra una perfetta sintonia rispetto al contesto legislativovigente, pur in presenza di talune smagliature interpretative ancora irrisolte e, anzi, avvalo-rate dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 61/E del 2010.

di Andrea Circi

Andrea Circi - Dottore commercialista e Revisore legale in Parma

Note:(1) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. Si veda per tutti D. Stevanato,«“Stretta” dell’Agenzia delle entrate sulla fiscalità dei trust: a ri-schio un sereno sviluppo dell’istituto», in Corr. Trib. n. 7/2011, pag.537. (2) Si veda in proposito circolare 6 agosto 2007, n. 48/E, in BancaDati BIG Suite, IPSOA.(3) Sul punto si rinvia all’ampia trattazione di D. Stevanato, op. loc.ult. cit.

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Trust

Invero, con la circolare n. 48/E del 2007 (4) è sta-to precisato che la citata disposizione normativaha individuato, ai fini dell’imposizione, diverse ti-pologie di trust:– trust trasparenti, nei quali i beneficiari sono indi-viduati;– trust opachi, nei quali i beneficiari non sono in-dividuati;– trust misti, nei quali l’atto istitutivo prevede cheuna parte del reddito di un trust sia accantonata acapitale e l’altra parte sia attribuita ai beneficiari.In tale frangente, l’Agenzia ha avuto modo di pre-cisare che per «beneficiario individuato» deve in-tendersi il beneficiario di reddito individuato, valea dire il soggetto che esprime, rispetto a quel red-dito, una capacità contributiva attuale. Il benefi-ciario, pertanto, non dovrebbe essere solo puntual-mente individuato, ma dovrebbe anche risultare ti-tolare del diritto di pretendere dal trustee l’asse-gnazione di quella parte di reddito che gli vieneimputata per trasparenza.Occorre osservare che le parole utilizzate in quellasede dall’Agenzia hanno indotto parte della dottri-na (5) a desumere che il regime della trasparenzafosse applicabile nelle sole ipotesi in cui il dispo-nente procedesse a fissare sin dall’origine i dirittie le aspettative dei beneficiari, vale a dire nel casoin cui sia i beneficiari che gli entitlement agli stes-si spettanti fossero stabiliti dal settlor nell’atto co-stitutivo, non residuando al trustee alcuna discre-zionalità (i.e. fixed trust). Conseguentemente, itrust in cui il trustee fosse in grado di decidere, di-screzionalmente, se accumulare il reddito o distri-buirlo e, in quest’ultimo caso, a quali beneficiari,ed in quale misura procedere alla distribuzione(i.e. trust discrezionali), sarebbero rimasti esclusidall’applicazione dei meccanismi della trasparen-za.Tuttavia, tornando nuovamente a trattare dellaquestione, nella circolare n. 61/E del 2010 l’Agen-zia sembrerebbe avere utilizzato un’affermazioneche apparirebbe contraddittoria rispetto a tale po-sizione e, conseguentemente, espressiva di un di-verso indirizzo interpretativo. Invero, in tale pro-nuncia l’Agenzia, pur richiamando la precedentecircolare n. 48/E del 2007, ha affermato che «senell’atto costitutivo è fatta espressa menzione no-minativa dei beneficiari dei trust, quest’ultimo as-sume ai fini delle imposte sui redditi la qualifica

di soggetto trasparente per natura: in tal caso, in-fatti, il trust configura un soggetto trasparente exse, non rendendosi necessaria alcuna opzione inproposito da parte dello stesso e dei relativi bene-ficiari» (6).

Atto istitutivo del trustL’atto istitutivo rappresenta il «documento» permezzo del quale si esprime la volontà di costituireil trust, allo scopo di realizzare il trasferimento deibeni in capo al trustee. L’atto sconta un’autonoma imposizione soltantoladdove non si perfezioni il contestuale trasferi-mento dei beni in trust; in tal caso, sarà quindi do-vuta l’imposta di registro in misura pari a 168 euro(7).

Atto dispositivo nel trust

Trattamento fiscale ai fini delle imposte diretteSi ricorda anzitutto che il trust è riconosciuto qua-le autonomo soggetto passivo dell’IRES ai sensidell’art. 73, comma 2, del T.U.I.R. Con riguardo aiprofili in capo al soggetto disponente, persona fisi-ca (non imprenditore), si segnala che:a) il trasferimento di titoli partecipativi al trust è diregola operazione neutrale ai fini delle imposte suiredditi ove sia realizzato in assenza di corrispetti-vo;b) del pari, il trasferimento di beni diversi da quel-li relativi all’impresa al trust (i.e. bene vincolato)non genera materia imponibile ai fini dell’imposi-zione sui redditi, né in capo al disponente né in ca-po al trust o al trustee.

Trattamento fiscale ai fini delle imposte indiretteL’art. 2, comma 47, del D.L. 3 ottobre 2006, n.262 (8), prevede che l’imposta sulle successioni esulle donazioni trovi applicazione con riferimentoai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte,

Note:(4) Cit. nota 2.(5) Si rinvia a D. Stevanato, op. loc. ult. cit.(6) Si vedano G. Fransoni e N. De Renzis Sonnino, Teoria e praticadella fiscalità dei Trust - Dottrina, casi e soluzioni operative, Milano,2008, pagg. 38 e 42. (7) Ai sensi dell’art. 11 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n.131/1986.(8) Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006,n. 286.

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Trust

ai trasferimenti di beni e diritti per donazione, aitrasferimenti di beni e diritti a titolo gratuito e allacostituzione di vincoli di destinazione. L’Agenzia delle entrate ha avuto cura di precisareche tra le fattispecie che consentono la costituzio-ne di vincoli di destinazione (i.e. soggette ad im-posta sulle successioni e donazioni) sarebbe da an-noverare l’atto di attribuzione in trust, integrandoil presupposto impositivo dell’imposta sulle dona-zioni (9).Al riguardo si rende tuttavia opportuno evidenzia-re il diverso giudicato di merito intervenuto (10),in cui i componenti del Collegio giudicante hannoavuto modo di affermare un principio inverso percui l’imposta sulle successioni e donazioni (il cuipresupposto è l’incremento a titolo gratuito del pa-trimonio del destinatario) non sarebbe suscettibiledi applicazione all’atto istitutivo del trust mancan-do in tale momento qualsiasi manifestazione di ca-pacità contributiva.In tale contesto di non chiara evoluzione, nell’au-spicio che intervengano presto dei chiarimenti vol-ti a recepire l’intervenuto e unanime giudicato dimerito, occorre comunque rilevare che, per effettodel (combinato) disposto degli artt. 12, 13 e 59 delD.Lgs. n. 346/1990, l’applicazione dell’impostaproporzionale sulle successioni e donazioni ai tra-sferimenti aventi ad oggetto immobili vincolati(11) si può ritenere esclusa, applicandosi alla fatti-specie de qua l’imposta di registro in misura fissae ritenendosi peraltro applicabili al valore catasta-le degli immobili le imposte ipotecarie e catastaliin misura proporzionale (12); invero, l’art. 1, com-ma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266(13), prevede la possibilità che la base imponibiledell’imposta di registro sia determinata, in derogaal disposto dell’art. 43 del D.P.R. n. 131/1986(14), in alcuni specifici casi ed al ricorrere di de-terminate condizioni, moltiplicando la rendita ca-tastale (opportunamente rivalutata) per determinaticoefficienti. Il metodo di calcolo sopra indicato è applicabilealle fattispecie che soddisfino tutte le seguenticondizioni:a) abbiano ad oggetto immobili ad uso abitativo erelative pertinenze;b) non siano assoggettati ad IVA;c) all’atto del trasferimento la parte acquirente ri-chieda al notaio la tassazione dell’atto sulla base

del valore catastale, indipendentemente dal corri-spettivo indicato nel rogito;d) nell’atto di trasferimento sia indicato il corri-spettivo effettivamente pattuito per la transazione;e) l’acquirente sia una persona fisica che non agi-sca nell’esercizio di attività commerciali, artisti-che o professionali.Restano quindi applicabili le imposte ipotecaria ecatastale nella misura complessiva del 3% del va-lore catastale dell’immobile (15).Relativamente poi al trasferimento della quota dimaggioranza sociale si osserva che nulla sarà do-vuto a titolo di imposta sulle successioni e dona-zioni rendendosi infatti possibile avvalersi del-l’esenzione di cui al comma 4-ter dell’art. 3 delD.Lgs. n. 346/1990 al ricorso simultaneo dei se-guenti requisiti (16):a) il trust abbia una durata non inferiore a cinque

Note:(9) Art. 2, commi 47-49, del D.L. n. 262/2006.(10) Per tutte: Comm. trib. prov. di Firenze, 23 ottobre 2008;Comm. trib. prov. di Lodi, 8 gennaio 2009 e Comm. trib. prov. diBologna 30 ottobre 2009, n. 120, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(11) Immobili di grande interesse artistico, culturale e storico aisensi dell’attuale D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.(12) Artt. 2 e 10 del D.Lgs. n. 347/1990. Al riguardo, si segnalal’esistenza di un orientamento in dottrina (cfr. D. Buono, «Atti didestinazione, trust e negozi fiduciari nell’imposta sulle successio-ni e donazioni e nelle altre imposte indirette», in Rivista delle ope-razioni straordinarie n. 11/2011, pag. 36) ed in giurisprudenza (cfr.Comm. trib. prov. di Treviso, 30 aprile 2009, n. 47, in Banca DatiBIG Suite, IPSOA - confermata dalla Comm. trib. reg. Veneto, 21settembre 2010, n. 75, ivi; Comm. trib. prov. di Salerno, 8 ottobre2010, n. 465, ivi), che ritiene tale conferimento esente anche dalleimposte ipotecaria e catastale previste in misura proporzionale.Si veda anche lo Studio Tributario n. 58-2010/T, «La tassazionedegli atti di destinazione e dei trust nelle imposte indirette», ap-provato dalla Commissione studi tributari del Consiglio naziona-le del Notariato il 21 gennaio 2011.(13) Come modificato dall’art. 1, comma 309, della legge 27 di-cembre 2006, n. 296.(14) Si ricorda che l’art. 43 del D.P.R. n. 131/1986 prevede che aifini dell’applicazione dell’imposta di registro si assuma come baseimponibile il valore dichiarato dalle parti nell’atto e, in mancanzao se superiore, il corrispettivo pattuito.(15) Con circolare 14 giugno 2002, n. 52/E, in Banca Dati BIGSuite, IPSOA, l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di chiarireche sugli atti traslativi di immobili di interesse storico o artistico,le imposte ipotecaria e catastale devono comunque essere appli-cate nella misura, rispettivamente del 2% e dell’1%. Di diverso av-viso è la dottrina; cfr. E. Zanetti, «Le imposte ipotecaria e catasta-le sugli atti di cessione e di conferimento di aziende», in il fisco n.12/2007, pag. 1760.(16) Si veda risoluzione 28 aprile 2009, n. 110/E, in Banca Dati BIGSuite, IPSOA.

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Trust

anni a decorrere dalla stipuladell’atto che comporta la se-gregazione in trust della par-tecipazione di controllo odell’azienda;b) i destinatari del trasferi-mento siano il coniuge o i di-scendenti;c) il trust non sia discreziona-le o revocabile (i.e. non pos-sono essere modificati dal di-sponente o dal trustee i bene-ficiari finali dell’azienda odelle partecipazioni trasferitein trust);d) i destinatari del trasferi-mento d’azienda, o della par-tecipazione in società, prose-guano l’esercizio dell’attivi-tà d’impresa o mantengano ilcontrollo societario (17) (nelcaso di società di capitali)per un periodo non inferiorea cinque anni dalla data deltrasferimento (individuabilenell’atto segregativo del-l’azienda e/o delle partecipa-zioni). A tal fine, il trustee ètenuto a rendere, contestual-mente al trasferimento, ap-posita dichiarazione circa la sua volontà di prose-guire l’attività di impresa (o detenere il control-lo);e) l’impegno alla prosecuzione dell’attività di im-presa (o al mantenimento del controllo), infine,venga espressamente reso dagli aventi causa (i.e.beneficiari), contestualmente alla presentazionedella dichiarazione di successione o all’atto di do-nazione. In tale evenienza, sarà quindi dovuta la sola impo-sta di registro determinata in misura fissa.Si rileva che, ai fini dell’operatività dell’esenzioneprevista dal comma 4-ter dell’art. 3 del D.Lgs. n.346/1990, particolare rilievo assume il requisito dicui al punto d) (i.e. integrazione/mantenimento delcontrollo).Invero, tale elemento potrebbe giustificare l’appli-cazione dell’esenzione in esame anche a fattispe-cie nella quali non è trasferita nel trust una quota

partecipativa che in sé e persé considerata può definirsidi controllo.Al riguardo occorre anzituttorilevare che, in linea genera-le, dal dato testuale sembre-rebbe potersi evincere i lprincipio per cui il requisitodel controllo non debba esse-re riferito alla situazione incapo al disponente, bensìall’effetto finale generato incapo all’assegnatario. Tale requisito dovrebbe quin-di essere inteso con riferi-mento non solo a partecipa-zioni che insieme a quellegià detenute dall’assegnata-rio consentano il raggiungi-mento del possesso dellamaggioranza dei diritti di vo-to esercitabili in assemblea,ma anche a quelle partecipa-zioni che incrementano unapartecipazione di maggioran-za già detenuta dall’assegna-tario (18). Più controversa risulta lapossibilità di ricondurre al-l’agevolazione in esame la

fattispecie della plurima assegnazione di quote diminoranza che consentano ad un soggetto di ac-quisire il controllo. In merito, mentre alcuni Autori(19) escludono che in tale circostanza sia possibile

Note:(17) Come precisato dall’Agenzia delle entrate con circolare 16febbraio 2007, n. 11/E, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, ove il tra-sferimento di una quota di maggioranza avvenga a favore di piùdiscendenti, ai fini del requisito dell’integrazione/acquisizione delcontrollo, occorre distinguere tra le seguenti fattispecie: i) frazio-namento della partecipazione tra più discendenti: in tale evenien-za l’integrazione del requisito del controllo deve essere valutatocon riguardo al singolo disponente; ii) trasferimento della parteci-pazione a favore di più discendenti in comproprietà; in tale ipote-si il requisito del controllo deve essere verificato in relazione allaquota detenuta in comproprietà dai diversi disponenti.(18) Cfr. G. Zizzo, «I trasferimenti di azienda e partecipazioni so-ciali per successione o donazione», in Corr. Trib. n. 17/2007, pag.1351. (19) Cfr. P. Puri, «Prime riflessioni sul trattamento fiscale del pat-to di famiglia», in Dir. prat. trib., 2008, pag. 565.

Partecipazioni di controlloAi fini dell’esenzione dall’imposta sullesuccessioni e donazioni in caso ditrasferimento di quote di maggioranzasociale tra familiari, i destinatari deltrasferimento d’azienda, o dellapartecipazione in società, devonoproseguire l’esercizio dell’attivitàd’impresa o mantenere il controllosocietario, nel caso di società dicapitali, per un periodo non inferiorea cinque anni dalla data deltrasferimento; tale elemento, invero,potrebbe giustificare l’applicazionedell’esenzione anche a fattispecie nellequali non è trasferita nel trust unaquota partecipativa che può definirsidi controllo. Il requisito dovrebbequindi essere inteso con riferimentonon solo a partecipazioni che insiemea quelle già detenute dall’assegnatarioconsentano il raggiungimento delpossesso della maggioranza deidiritti di voto esercitabili inassemblea, ma anche a quellepartecipazioni che incrementano unapartecipazione di maggioranza giàdetenuta dall’assegnatario.

SOLUZIONI OPERATIVE

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usufruire dell’agevolazione in esame, altri opinanoin senso contrario (20).Invero, a favore della prima tesi, si potrebbe ancherichiamare, per identità di ratio, la normativa det-tata ai fini delle imposte sul reddito in materia discambio delle partecipazioni. Tale disciplina è contenuta nell’art. 177 delT.U.I.R. Tale norma prevede che lo scambio dipartecipazioni possa avvenire tramite permuta(comma 1) ovvero tramite conferimento (comma2). In particolare, al comma 1, il legislatore prevedeche «la permuta mediante la quale uno dei soggettiindicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b),acquista o integra una partecipazione di controlloai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1, delcodice civile [...] in altro soggetto indicato nellemedesime lettere a) e b), attribuendo ai soci diquest’ultimo proprie azioni, non dà luogo a com-ponenti positivi o negativi del reddito imponibile acondizione che il costo delle azioni o quote date inpermuta sia attribuito alle azioni o quote ricevutein cambio».La norma sopra citata pur applicandosi alle im-poste dirette utilizza la medesima espressione(i.e. «acquista o integra una partecipazione dicontrollo ai sensi dell’articolo 2359, primo com-ma») richiamata dall’art. 3, comma 4-ter, delD.Lgs. n. 346/1990, in materia di imposizioneindiretta. Nonostante le disposizioni sopra ri-chiamate siano applicabili ad ambiti del dirittotributario estremamente lontani per caratteristi-che, presupposti e finalità, le considerazionisvolte dalla dottrina in relazione al requisito del-l’acquisto e dell’integrazione della partecipazio-ne di controllo previsto dall’art. 177, comma 1,potrebbero, con qualche cautela, ritenersi valideed applicabili pure alla fattispecie che si va ana-lizzando. Invero, in relazione alla operazione di scambiodi partecipazioni tramite permuta, autorevoledottrina (21) ha avuto modo di precisare chel’operazione non deve necessariamente aver adoggetto una partecipazione che di per sé sia dicontrollo, ma può riguardare anche una parteci-pazione che, unitamente a quelle già possedute,consenta al soggetto acquirente di avere una par-tecipazione di controllo. Tale orientamento è sta-to peraltro segnalato dall’Amministrazione fi-

nanziaria già con C.M. 19 dicembre 1997, n.320/E (22).Conseguentemente, ai fini delle imposte dirette ilrequisito del controllo di cui all’art. 2359 c.c. puòconsiderarsi validamente integrato anche se l’ac-quisto delle partecipazioni provenga da più soci ti-tolari di quote della società scambiata, ciascunodei quali non ne possieda, da solo, una quantità ta-le da attribuire il controllo. Detta acquisizione do-vrà avvenire, però, uno actu attraverso un progettounitario di acquisizione delle partecipazioni checonsenta comunque all’acquirente di assumere ilcontrollo della società.L’Agenzia delle entrate (23) ha avuto modo di pro-nunciarsi in merito ad una peculiare fattispecie diacquisizione/integrazione del controllo realizzataper mezzo di una partecipazione in una societàpartecipante al capitale sociale di altra società (i.e.partecipazione indiretta). In tale sede, gli istanti chiedevano se il requisitodell’acquisizione o integrazione del controllo pre-visto dall’art. 3, comma 4-ter , del D.Lgs n.346/1990 come condizione per poter beneficiaredell’esenzione dall’imposta sulle successioni e do-nazioni potesse ritenersi integrato per effetto diuna partecipazione indiretta (i.e. posseduta per iltramite di un’altra società, socia della società lecui partecipazioni sono poi divenute oggetto disuccessione ereditaria).In tale frangente, l’Amministrazione finanziaria hatra l’altro avuto cura di precisare che, ai sensi del-la norma sopra richiamata, ai fini del requisito«dell’acquisizione/integrazione del controllo», perquanto riguarda le partecipazioni indirette, rileva-no solo quelle detenute per il tramite di società cheil soggetto beneficiario controlla ai sensi dell’art.2359, primo comma, n. 1, c.c. (i.e. maggioranzapiù uno delle azioni con diritto di voto).L’Agenzia delle entrate ha inoltre chiarito che,nell’ipotesi di trasferimento di una partecipazione

Note:(20) Cfr. D. Stevanato, «I trasferimenti di aziende e partecipazioninell’imposta di successione e donazione: aspetti critici delle nuo-ve fattispecie di esenzione», in Dialoghi dir. trib., 2007, pag. 587.(21) Cfr. M. Leo, Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Milano, 2007.(22) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(23) Si veda risoluzione 26 luglio 2010, n. 75/E, in Banca Dati BIGSuite, IPSOA.

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Trust

di per sé di controllo, il re-quisito dell’integrazione/ac-quisizione del controllo risul-terà soddisfatto se:a) la quota partecipativa og-getto di trasferimento per-metta al singolo discendentedi acquisire/integrare il con-trollo di un ente societario aisensi dell’art. 2359, primocomma, n. 1, c.c. (i.e. mag-gioranza più uno delle azionicon diritto di voto), ove lapartecipazione sia frazionatatra più discendenti;b) la quota partecipativa og-getto di trasferimento per-metta ai discendenti unita-riamente considerati l’ac-quisizione o l’integrazionedel controllo, ove il trasferimento avvenga a fa-vore di più discendenti in comproprietà.

Compimento di operazioni di gestionedel patrimonio durante la vita del trust

Trattamento fiscale ai fini delle imposte diretteSulla base di quanto indicato, si assume che iltrust in parola possa soddisfare le condizioni per laqualificazione di opacità ai fini delle imposte suiredditi (i.e. beneficiari con spettanza sul redditonon individuati dall’atto istitutivo o in documentisuccessivi) e che rilevi la natura di ente non com-merciale (24).Ai sensi dall’art. 73, comma 1, del T.U.I.R., il red-dito dovrà intendersi direttamente attribuito altrust e assoggettato ad IRES (25).Ai fini del calcolo del reddito complessivo deltrust dovrà aversi riguardo all’art. 143 del T.U.I.R.che, in tema di enti non commerciali residenti,prevede che la base imponibile sia rappresentatadalla somma dei redditi di partecipazione, dei red-diti fondiari, dei redditi di capitale, dei redditi diimpresa e dei redditi diversi. Conseguentemente, nel caso di specie il trusteedovrà provvedere a calcolare il reddito complessi-vo (che sarà assoggettato ad imposizione in capoal trust) in base alle regole previste per le singolecategorie reddituali: redditi fondiari (26) in rela-

zione all’immobile (con leagevolazioni previste per lepersone fisiche e gli enti noncommerciali), redditi di capi-tale e redditi diversi in ordi-ne alle partecipazioni inve-stite (27).Il trust, potrà peraltro avva-lersi delle disposizioni age-volative in tema di beni vin-colati (28).

Trattamento fiscale ai fini delle imposte indiretteAl riguardo l’Agenzia delleentrate ha avuto modo dichiarire che eventuali atti diacquisto o di vendita di benisono soggetti ad autonomaimposizione, secondo la na-

tura e gli effetti giuridici che li caratterizzano, davalutarsi caso per caso in relazione alle specifichecircostanze del caso concreto.Si ricorda, inoltre, che il trust, nel caso di specie,sarà tenuto a continuare la gestione della societàcontrollata per almeno cinque anni decorrenti dallastipula dell’atto al fine di verificare la ricorrenza

Note:(24) Ai fini di tale qualificazione si osserva che assumono valenzagli orientamenti espressi dalla Corte di giustizia europea (in am-bito IVA). Cfr. le sentenze della Corte di giustizia CE, 20 giugno1996, causa C-155/94, «Wellcome trust Ltd/Commissioners ofCustoms and Excise», in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, e Id., 21 feb-braio 2006, causa C-223/03, «University of Huddersfield HigherEducation Corporation/Commissioners of Customs & Excise»,ivi).(25) Conseguentemente, la successiva distribuzione dello stessoal beneficiario, una volta individuato, non sarà assoggettabile atassazione. (26) Per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artisticola rendita da indicare deve essere determinata mediante l’applica-zione della minore tra le tariffe di estimo previste per le abitazio-ni della zona censuaria nella quali il fabbricato è collocato (art.11, comma 2, della legge n. 413/1991).(27) Si ricorda che gli utili percepiti, anche nell’esercizio d’impre-sa, dal trust sono esclusi dalla formazione del reddito per il 95%,salvo il caso in cui tali redditi siano relativi a società o più in ge-nerale ad enti residenti in paradisi fiscali.(28) Tra cui la deducibilità delle detrazioni per oneri sostenutiper il restauro e la conservazione dell’immobile vincolato, confe-rito in trust.

Partecipazioni indirette– È stato chiesto all’Agenzia delleentrate se il requisito dell’acquisizioneo integrazione del controllo previstocome condizione per poter beneficiaredell’esenzione dall’imposta sullesuccessioni e donazioni potesseritenersi integrato per effetto di unapartecipazione indiretta. – L’Amministrazione finanziaria haprecisato che, ai fini del requisitodell’acquisizione/integrazione delcontrollo, per quanto riguarda lepartecipazioni indirette, rilevanosolo quelle detenute per il tramite disocietà che il soggetto beneficiariocontrolla con la maggioranza più unodelle azioni con diritto di voto.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

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Trust

dei presupposti stabiliti dal-l’art. 4, comma 4- ter , delD.Lgs. n. 346/1990.

Trasferimento dei beni ai beneficiariIl trasferimento dei beni aibeneficiari rappresenta l’attoattraverso il quale il trusteetrasferisce, in tutto o in parte,il fondo in trust ai beneficiarifinali (nel corso della vita deltrust o al momento dellachiusura del trust).

Trattamento fiscale ai finidelle imposte diretteLa devoluzione ai beneficiaridei beni materiali e immate-riali (i.e. immobile di interesse artistico, storico eculturale) trasferiti nel trust in assenza del presup-posto impositivo non genera materia imponibile aifini delle imposte dirette.

Trattamento fiscale ai fini delle imposte indiretteAi fini delle imposte indirette, nulla sarà dovuto atitolo di imposta sulle successioni e donazioniall’atto del trasferimento del fondo ai beneficiari. L’Amministrazione finanziaria ha, infatti, avutomodo di precisare che l’imposizione su tale attodeve intendersi già effettuata in relazione all’origi-nario conferimento (i.e. atto dispositivo), che èstato assoggettato all’imposizione (29). Tale prin-cipio opera anche nell’ipotesi in cui di fatto (comenel caso qui trattato) (30), in sede di costituzionedel vincolo, non sia stato operato alcun pagamentodi imposta, poiché in tale evenienza questo trasfe-rimento è legittimamente escluso dalle impostesulle successioni. Conseguentemente, l’imposta sulle donazioni nonsarà applicabile in questa sede (i.e. fase di devolu-zione dei beni ai beneficiari); ciò anche se, da unpunto di vista sostanziale e concreto, la ricchezza(ossia l’imponibile) fosse nel frattempo aumentatae/o diversificata, e quale che sia il regime a quelmomento futuro vigente. Da un punto di vista fi-scale, è come se, con l’atto finale di conferimento,venisse a realizzarsi l’assetto sin ab origine prefi-gurato e tassato.

Restano tuttavia applicabilial trasferimento dell’immo-bile le imposte ipotecarie ecatastali nella misura del 3%da applicarsi sui valori cata-stali.

Note:(29) Alla sopra esposta tesi hanno ritenuto di non dover aderirela giurisprudenza di merito e la dottrina quasi totalitaria. Per ul-teriori approfondimenti si rinvia alle sent. della Comm. trib. prov.di Firenze 23 ottobre 2008, cit., Comm. trib. prov. di Lodi 8 gen-naio 2009, cit. e Comm. trib. prov. di Bologna n. 120 del 2009, cit.(30) Si ricorda che esula dall’ambito applicativo dell’imposta sullesuccessioni e donazioni il trasferimento nel trust di immobili sog-getti a vincolo e di partecipazioni con le quali è mantenuta/acqui-sita una posizione di controllo (sempre che siano rispettate tuttele condizioni previste dall’art. 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n.346/1990).

Trasferimento del fondo in trustai beneficiariL’Amministrazione finanziaria haprecisato che all’atto del trasferimentodel fondo in trust ai beneficiari nullasarà dovuto a titolo di imposta sullesuccessioni e donazioni, poichél’imposizione su tale atto deveintendersi già effettuata in relazioneall’originario conferimento. Taleprincipio opera anche nell’ipotesi in cuidi fatto, in sede di costituzione delvincolo, non sia stato operato alcunpagamento di imposta, poiché in taleevenienza questo trasferimento èlegittimamente escluso dalle impostesulle successioni.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

Il 1° gennaio 2012 è entrata in vigore la riformadelle rendite finanziarie introdotta dal D.L. 13 ago-sto 2011, n. 138 (1). La novità più rilevante conte-nuta in tale riforma è l’unificazione al 20%, trannealcune eccezioni, delle varie aliquote (12,50/27%)finora previste per la tassazione delle rendite finan-ziarie (cfr. Tabelle nn. 1 e 2, a pag. 747). Ad oggil’Amministrazione finanziaria non ha ancora forni-to le necessarie indicazioni interpretative ed opera-tive nonostante la particolare complessità della nuo-va normativa ed il forte impatto sul mercato deiprodotti finanziari. Sullo spirare del termine di en-trata in vigore, l’art. 29 del cd. decreto «Milleproro-ghe» (2) ha introdotto alcune modifiche con riguar-do alla data di applicazione di alcune disposizioni epiù in generale sul cd. periodo transitorio (cfr. Ta-bella n. 3, a pag. 747). Da ultimo si segnala che ilcd. decreto «liberalizzazioni» (3) è intervenuto amodificare a regime la tassazione dei pronti controtermine e dei prestiti titoli con sottostante titoli diStato e similari (cfr. Tabella n. 4, a pag. 748).

Interessi derivanti da conti correntie depositi bancariL’art. 2, commi 6 e 9, del D.L. n. 138/2011, stabi-lisce che l’aliquota di ritenuta o imposta sostituti-va prevista dall’art. 44 del T.U.I.R. su interessi,premi e altri proventi «esigibili» dal 1° gennaio2012 viene fissata nella misura del 20%. A talecriterio di esigibilità erano state previste esplicitederoghe per talune fattispecie (4).Uno dei principali problemi interpretativi era lega-to alla puntuale individuazione del concetto di esi-gibilità. In linea teorica, sotto il profilo civilistico

per «esigibilità» si intende la condizione di un cre-dito quando non è sottoposto a sospensiva o a untermine di scadenza (o non lo è più) e quindi nepuò essere richiesto l’immediato soddisfacimento.Pertanto non rileva di per sé, né la data valuta (cheattiene alle modalità di calcolo degli interessi), néla data contabile (che attiene al momento in cui labanca onora il proprio debito), ma il momento incui il cliente può richiedere gli interessi maturati,al limite agendo verso la banca in caso di ritardonel pagamento. Stante questo quadro poteva inten-dersi che gli interessi derivanti da conti correnti edepositi bancari pur se maturati nel corso dell’anno2011 - di norma la chiusura di tali conti avviene il31 dicembre di ogni anno e la messa a disposizionedel titolare dal primo giorno dell’anno successivo eperciò rendendosi equivalente alla «esigibilità» -ricadessero nella minor aliquota del 20% rispetto alprecedente 27%. Ciò sia che il percettore fosse per-sona fisica che giuridica laddove quest’ultimo hadiritto di scomputare la ritenuta per competenza.

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Renditefinanziarie

Modifiche e prorogheper la riforma delle rendite finanziarie

In prossimità dell’avvio della riforma della tassazione delle attività finanziarie, il decreto «Mille-proroghe» ha introdotto alcune modifiche in chiave interpretativa ed applicativa con riguardoall’aliquota applicabile sugli interessi da depositi e conti correnti ovvero sulle operazionidi pronti contro termine ed ancora circa la decorrenza delle abrogazioni del cd. prelie-vo Prodi e delle maggiorazioni di ritenute su interessi da titoli obbligazionari.

di Renzo Parisotto e Giovanni Renella

Renzo Parisotto - Consulente UBI BancaGiovanni Renella - Ufficio consulenza e contenzioso fiscale UBIBanca

Note:(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011,n. 148.(2) Cfr. D.L. 29 dicembre 2011, n. 216. Al momento di andare instampa, il decreto è in fase di conversione in legge.(3) Cfr. art. 95, comma 1, lett. c), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1. Almomento di andare in stampa il decreto è in attesa di conversio-ne in legge.(4) Ad esempio, gli interessi su titoli di grandi emittenti - adesempio, banche - cui risulta applicabile il D.Lgs. n. 239/1996 lad-dove si seguiva un criterio di maturazione.

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Renditefinanziarie

Ora il cd. decreto Milleproroghe (5) ha esteso l’ap-plicazione del criterio della maturazione anche agliinteressi derivanti da conti correnti e depositi ban-cari. Pertanto, gli interessi maturati fino al 31 di-cembre 2011, anche se esigibili o più genericamen-te riconosciuti dopo tale data, devono essere assog-gettati alla precedente aliquota del 27%, mentre so-lo quelli maturati dal 1° gennaio 2012 dovranno es-sere assoggettati alla nuova aliquota del 20%.Occorre segnalare che il cambio di criterio era sicura-mente atteso da parte degli operatori anche se arrivatoproprio quando le procedure erano già pronte per l’e-laborazione degli estratti conto di fine anno e quindiper la relativa tassazione degli interessi maturati. Inogni caso avendo le banche già anticipato il versa-mento dell’acconto per l’anno 2011 dell’imposta cal-colata con aliquota del 27% (6) si sarebbe generato uncredito d’imposta a favore delle banche non in lineacon le attuali esigenze delle casse dello Stato.

Pronti contro termineI contratti di pronti contro termine (PCT) (7) gene-rano redditi di capitale idealmente scomponibili indue porzioni: – il provento/interessi dei titoli sottostanti e – il differenziale positivo tra il prezzo convenuto apronti ed a termine, al netto degli interessi del sot-tostante titolo di cui sopra. Il D.L. n. 138/2011 aveva previsto per l’applica-zione della maggior ritenuta del 20% il criteriodella esigibilità come per tutti i redditi di capitalee quindi per le operazioni PCT a cavallo di fine2011 con sottostanti obbligazioni soggette al regi-me del D.Lgs. n. 239/1996:– per la componente proventi/interessi sul titolo sisarebbe dovuta applicare la tassazione in base alcriterio di maturazione ante/post 31 dicembre 2011e rispettivamente la ritenuta del 12,50% o del 20%- cd. regime conto unico - ovvero del 12,50% se ilsottostante fosse un titolo di Stato; – il differenziale da PCT in senso stretto sarebbestato interamente soggetto al 20% in quanto esigi-bile nel 2012.Tale modifica ha creato alcune difficoltà applicati-ve/gestionali considerato anche che nei contratti diPCT stipulati con la clientela le banche sono soliteindicare a priori il rendimento netto e quindi si sa-rebbero trovate a dover applicare una tassazionedifferente da quella indicata in precedenza nel

contratto, in particolare se quest’ultimo fosse statostipulato prima del 13 agosto 2011. Il cd. decreto Milleproroghe (8) ha superato tali dif-ficoltà stabilendo che per le operazioni PCT a ca-vallo di fine 2011 con sottostanti obbligazioni sog-gette al regime del D.Lgs. n. 239/1996 si continuaad applicare sino alla loro scadenza la ritenuta ori-ginaria del 12,50%. Altrettanto vale per gli interessisui titoli sottostanti laddove si tratti di titoli deiccdd. grandi emittenti D.Lgs. n. 239/1996 per i qua-li non vige il criterio di maturazione - ante e post 31dicembre 2011 - fino alla chiusura di tali PCT.

EsempioPCT di raccolta in corso al 31 dicembre 2011 e conscadenza 30 aprile 2012. Alla scadenza, cioè nel mo-mento in cui il cliente «nettista» rivende l’obbligazionealla banca, quest’ultima addebita al cliente l’imposta so-stitutiva (cfr. D.Lgs. n. 239/1996) del 12,50% sugli inte-ressi in corso di maturazione al 30 aprile 2012. Le suc-cessive operazioni di cessione dell’obbligazione da par-te della banca comporteranno per l’acquirente «netti-sta» l’accredito dell’imposta 20% sugli interessi in cor-so di maturazione a tale data.

Per completezza si segnala che il decreto «libera-lizzazioni» prevede (9) un’ulteriore modifica alladisciplina dei PCT (10). In particolare, estende aregime per i PCT con sottostante titoli di Stato esimilari l’applicazione dell’aliquota del 12,50%sul differenziale di cui sopra. Quindi il trattamentofiscale del titolo sottostante si «espande» a tutto ilprovento del PCT. Si può immaginare che tale si-tuazione sarà ancor più favorevole laddove saran-no emessi Titoli di Risparmio per l’Economia Me-ridionale (11) aventi ritenuta al 5%. Ancora taledecreto ha esteso detta disposizione anche alleoperazioni di prestito titoli (12).Sul piano applicativo si ha che per eventuali opera-

Note:(5) Cfr. art. 29, comma 2, lett. a).(6) Cfr. D.L. 18 marzo 1976, n. 46, convertito, con modificazioni,dalla legge 10 maggio 1976, n. 249.(7) Cfr. artt. 44 e 45 del T.U.I.R. e art. 26, comma 3-bis, del D.P.R.n. 600/1973.(8) Cfr. art. 29, comma 2, lett. b).(9) Art. 95, comma 1, lett. c), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1.(10) Cfr. G. Molinaro, «Razionalizzata la disciplina fiscale dei pron-ti contro termine», in Corr. Trib. n. 8/2012, pag. 604.(11) Art. 8, comma 4, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito,con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.(12) Art. 44, comma 1, lett. g-ter), del T.U.I.R.

zioni di prestito titoli poste inessere sino al 23 gennaio2012 con sottostanti titoli peri quali si applica la minor ali-quota del 12,50%, è dovutal’imposta del 20%, mentrequelli posti in essere successi-vamente subiscono un even-tuale trattamento più favore-vole. La stessa situazione sfa-vorevole si verifica per i PCTposti in essere tra il 1° gen-naio e il 23 gennaio 2012 inquanto il trattamento agevola-to era limitato a quelli già inessere al 31 dicembre 2011.Tale previsione, se conferma-ta in sede di conversione, po-trebbe comportare per i titolisoggetti alle previsioni di cuial D.Lgs. n. 239/1996 unospostamento temporale dellamovimentazione del cd. contounico. In particolare, il D.M.attuativo 13 dicembre 2011definisce le modalità per latransizione alla nuova aliquo-ta degli interessi maturati dal1° gennaio 2012 sui titolisoggetti alla disciplina di cuial D.Lgs. n. 239/1996. Secon-do tali disposizioni - tese ad agevolare i relativiadempimenti (cfr. relazione) - gli intermediari pos-sono effettuare la transizione di tutti i titoli in un’u-nica soluzione, con riferimento agli interessi incorso di maturazione alla data del 31 dicembre2011. In sostanza, le regole di transizione degli ze-ro coupon possono essere applicate per tutti i titolie la transizione «ad evento» per gli altri titoli non èobbligatoria essendo rimessa alla scelta del singolointermediario. Il decreto stabilisce che le operazio-ni di addebito/accredito dell’imposta sostitutivaconnesse alla transizione sia delle obbligazioni ze-ro coupon ed assimilate che di tutti i titoli laddovela transizione sia effettuata in unica soluzione pertutti i titoli devono essere contabilizzate nel contounico del mese di gennaio 2012, mentre nel caso digestione «ad evento» sarà interessato invece il con-to unico del mese in cui l’evento si realizza.

Per completezza si segnalache, salvo diversa indicazio-ne da parte dell’Amministra-zione finanziaria, per il cd.prestito titoli si rende appli-cabile la ritenuta del 20%senza alcuna eccezione (cfr.Tabella n. 5, a pag. 748).

Abrogazione di alcunemaggiorazioni di ritenutaIl cd. decreto Milleproroghe(13) è intervenuto a modificareanche alcuni termini di decor-renza delle modifiche apporta-te all’art. 26, primo e terzocomma, del D.P.R. n.600/1973 da parte del D.L. n.138/2011. In particolare, conla riforma della tassazione del-le rendite finanziarie era stataprevista l’abrogazione delledisposizioni che prevedevanouna maggiorazione della rite-nuta sugli interessi da obbliga-zioni e simili in presenza:– di un rilevante tasso di re-munerazione al momentodell’emissione (aliquota al27%); ovvero

– di un’anticipata estinzione prima dei 18 mesidall’emissione (ulteriore prelievo del 20%).Al riguardo si ricorda che l’Agenzia delle entrate,con la risoluzione 9 marzo 2011, n. 11/E (14), hachiarito che il prelievo supplementare del 20% sirende applicabile anche nel caso di riacquisto diobbligazioni di propria emissione, pur non finaliz-zati all’estinzione del prestito ma alla successivanegoziazione sul mercato, se alla data di scadenzadel prestito non risulta verificato il requisito del-l’effettiva circolarizzazione dei titoli per almeno18 mesi, ancorché non continuativi (15).

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Renditefinanziarie

Interessi derivanti da conti correntie depositi bancari– Il D.L. n. 138/2011 stabilisce chel’aliquota di ritenuta o impostasostitutiva su interessi, premi e altriproventi «esigibili» dal 1° gennaio2012 viene fissata nella misura del20%. Uno dei principali problemiinterpretativi era legatoall’individuazione del concetto diesigibilità: poteva intendersi che gliinteressi derivanti da conti correnti edepositi bancari pur se maturati nelcorso dell’anno 2011 ricadessero nellaminor aliquota del 20% rispetto alprecedente 27%.– Il decreto «Milleproroghe» haesteso l’applicazione del criterio dellamaturazione anche agli interessiderivanti da conti correnti e depositibancari. Pertanto, gli interessimaturati fino al 31 dicembre 2011,anche se esigibili o piùgenericamente riconosciuti dopo taledata, devono essere assoggettati allaprecedente aliquota del 27%, mentresolo quelli maturati dal 1° gennaio2012 dovranno essere assoggettatialla nuova aliquota del 20%.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

Note:(13) Cfr. art. 29, comma 3.(14) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. (15) Cfr. R. Parisotto e G. Renella, «Il riacquisto temporaneo di“illiquidi” non fa scattare la penalizzazione», in Guida normativa n.25 del 7 febbraio 2011.

Con il decreto, l’abrogazione si rende ora applica-bile a partire dai proventi/interessi maturati dal 1°gennaio 2012. Pertanto continua a rendersi appli-cabile la maggior ritenuta su tali interessi maturatifino al 31 dicembre 2011, anche se esigibili a par-tire dal 1° gennaio 2012. Anche per i soggetti diversi dai grandi emittenti sicontinua ad applicare sugli interessi maturati al 31dicembre 2011 la precedente aliquota di ritenuta(12,50 o 27%).

Prelievo ProdiIl decreto ha inoltre introdotto una norma transito-ria per la quale il cd. prelievo Prodi continua a tro-vare applicazione per i proventi maturati sino al31 dicembre 2011. Lo stesso è stato abrogato conla richiamata riforma della tassazione delle renditefinanziarie con effetto dal 1° gennaio 2012. Si ri-corda che tale prelievo (16) era stato introdottodall’art. 7, commi da 1 a 4, del D.L. 20 giugno1996, n. 323 (17) al fine di contrastare un diffusofenomeno elusivo praticato per «trasformare» utilid’impresa tassabili nella misura ordinaria ai finidell’imposta sui redditi in interessi o altri proventisoggetti ad una tassazione in forma di imposta piùcontenuta (cfr. relazione ministeriale). In partico-lare era stato previsto un obbligo di un prelievonella misura del 20% dei proventi lordi (18) deri-vanti da depositi di denaro (compresi i certificatidi deposito ed i libretti di risparmio), valori mobi-liari (19) e titoli diversi dalle azioni e titoli simila-ri, anche se esenti da altre imposizioni, nonché lepolizze di assicurazione sulla vita (escluse quelleche prevedono il solo caso morte) e i contratti dicapitalizzazione effettuati a garanzia di finanzia-menti concessi da imprese residenti da parte di:– persone fisiche che non esercitano attività pro-duttive di reddito d’impresa;– persone fisiche che esercitano attività produttivedi reddito d’impresa qualora i beni depositati a ga-ranzia non siano relativi all’impresa (circostanzada comprovare con dichiarazione sostitutiva di at-to notorio);– società semplici ed equiparate;– enti non commerciali, relativamente a depositi dibeni che non rientrano nell’ambito dell’attivitàcommerciale eventualmente esercitata.I proventi oggetto del prelievo da parte degli inter-mediari sono quelli direttamente e autonomamente

inerenti ai valori depositati. Per i depositi, i conticorrenti e i certificati di deposito sono imponibiligli interessi. Nelle gestioni di patrimoni mobiliaril’imponibile è invece costituito dai proventi sulconto corrente di appoggio e da quelli relativi aititoli non azionari in gestione.Per i depositi a garanzia costituiti all’estero il prelie-vo va applicato dal sostituto d’imposta (banca o altrointermediario finanziario) al momento della loro cor-responsione in Italia dei proventi. Diversamente, perquelli non incassati tramite un intermediario sostitutod’imposta il pagamento della maggiorazione del 20%doveva essere effettuato attraverso la dichiarazionedei redditi direttamente da parte del depositante. Ordinariamente il prelievo sui predetti proventimaturati al 31 dicembre 2011 andrebbe effettuatoal verificarsi dal 1° gennaio 2012 degli eventi chesecondo le ordinarie regole ne comportano l’appli-cazione. Vi è pertanto la necessità per gli interme-diari di individuare la consistenza dei proventi ma-turati sino al 31 dicembre 2011; in un’ottica di

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Renditefinanziarie

Note:(16) Cfr. C.M. 5 novembre 1996, n. 269/E, in Banca Dati BIG Suite,IPSOA: «come chiarito nella relazione governativa al provvedi-mento, le disposizioni in esame mirano a contrastare un diffusofenomeno elusivo praticato per “trasformare” utili di impresa, tas-sabili nella misura ordinaria ai fini dell’imposta personale e dell’im-posta reale (IRPEG o IRPEF e ILOR), in interessi o altri proventisoggetti ad una tassazione in forma, di imposta cedolare (di nor-ma a titolo definitivo) più contenuta. La disciplina di cui trattasitrova applicazione sia nei riguardi dei depositi effettuati pressosoggetti residenti - considerando tali anche quelli fatti presso pro-prie succursali (stabili organizzazioni) all’estero ovvero presso im-prese non residenti controllate, controllanti o collegate - sia neiriguardi dei depositi effettuati presso altri soggetti non residenti, agaranzia di finanziamenti concessi ad imprese residenti».(17) Convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425.(18) Cfr. art. 44 del T.U.I.R.(19) Cfr. C.M. n. 269/E del 1996, cit.: «è ragionevole ritenere cheil termine “valore mobiliare” sia da assumere nell’accezione piùampia, quale risulta dall’art. 18-bis della legge n. 216/1974, intro-dotto dalla legge n. 77/1983. Ai sensi di tale norma, per valoremobiliare è da intendere: a) ogni documento o certificato che, di-rettamente o indirettamente, rappresenti diritti in società asso-ciazioni, imprese o enti di qualsiasi tipo (ivi compresi i fondi diinvestimento italiani o esteri); b) ogni documento o certificatorappresentativo di un credito o di un interesse negoziabile o no;c) ogni documento o certificato rappresentativo di diritti relativia beni materiali o a proprietà immobiliari; d) ogni documento ocertificato idoneo a conferire diritti di acquisto di uno dei valorimobiliari sopraindicati, ivi compresi i titoli emessi dagli enti di ge-stione fiduciaria. Si ritiene pertanto che rientrino nella nozione inesame non soltanto i titoli di credito, i titoli impropri ed i docu-menti di legittimazione ma anche i meri documenti probatori re-lativi alle operazioni economiche sopra descritte».

semplificazione operativa sarebbe così auspicabileche l’Amministrazione finanziaria consentisse allebanche di applicare e versare tale imposta indipen-

dentemente dalla chiusura della garanzia evitandoin tal modo il protrarsi a tempo indefinito del regi-me transitorio in parola.

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Renditefinanziarie

Tabella n. 1 - Criterio generale di applicazione della ritenuta/imposta sostitutiva

Tipologia di reddito Criterio di applicazioneReddito di capitale (cfr. art. 44 del T.U.I.R.) ESIGIBILITA’ dal 1° gennaio 2012

Reddito diverso (cfr. art. 67 del T.U.I.R.) REALIZZO dal 1° gennaio 2012

Tabella n. 2 - Eccezioni

Tipologia di reddito Criterio di applicazioneDividendi e proventi assimilati Percezione (cfr. principio di cassa) dal 1° gennaio 2012

Risultato maturato delle Gestioni individuali di portafoglioin regime gestito ex art. 7 del D.Lgs. n. 461/1997

Maturazione:risultato di gestione maturato fino al 31 dicembre2011 = > 12,50%risultato di gestione maturato dal 1° gennaio 2012 => 20%

Interessi delle obbligazioni e titoli similari di cui al D.Lgs. n.239/1996 (cd. conto unico). In questo ambito ricadono leobbligazioni emesse dai «grandi emittenti» (cfr. banche)

Maturazione:interessi maturati fino al 31 dicembre 2011 = > 12,50%interessi maturati dal 1° gennaio 2012 = > 20%N.B. il passaggio alla nuova aliquota avverrà secondo spe-cifiche regole di accredito/addebito tipiche del conto uni-co (cfr. D.M. 13 dicembre 2011)

Tabella n. 3 - Eccezioni introdotte dal cd. decreto Milleproroghe

Tipologia di reddito Criterio di passaggioalla nuova ritenuta/imposta sostitutiva

Interessi dei conti correnti e depositi bancari e postali an-che rappresentati da certificati

Maturazione:interessi maturati fino al 31 dicembre 2011 = > 27%interessi maturati dal 1° gennaio 2012 = > 20%

proventi dei contratti di pronti contro termine (PCT)con sottostanti obbligazioni soggette al D.Lgs. n. 239/1996(ad esempio, obbligazioni bancarie), in corso al 31 di-cembre 2011 e di durata non superiore a 12 mesi

interessi delle obbligazioni D.Lgs. n. 239/1996 sottostantii predetti PCT

Scadenzai proventi dei PCT mantengono la ritenuta 12,50% fino ascadenzaN.B. A regime si rende applicabile la medesima aliquotaprevista per gli interessi del titolo sottostante (cfr. D.L. li-beralizzazioni)– gli interessi delle obbligazioni «239/1996» sottostantimantengono la ritenuta 12,50% (o 27%) fino alla scadenzadel PCT– tali obbligazioni sono sottratte allo specifico regime ditransizione previsto per il D.Lgs. n. 239/1996 e passano all’a-liquota del 20% dal giorno successivo alla scadenza del PCT

interessi delle obbligazioni diverse da quelle soggette alD.Lgs. n. 239/1996di durata superiore a 18 mesidi durata inferiore a 18 mesi

Maturazione:– interessi maturati fino al 31 dicembre 2011 = > 12,50%(27% se il tasso è superiore alle soglie di rendimento vigentisino al 31 dicembre 2011)– interessi maturati dal 1° gennaio 2012 = > 20%– interessi maturati fino al 31 dicembre 2011 = > 27% – interessi maturati dal 1° gennaio 2012 = > 20%

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Renditefinanziarie

Tabella n. 4 - Modifiche apportate dal decreto liberalizzazioni

Tipologia di reddito Criterio di applicazionedella ritenuta/imposta sostitutiva

Proventi delle operazioni di:– PCT– Prestito titoli– RiportiIl provento subisce la stessa tassazione dei titoli sotto-stanti in forza di un principio di accessorietà– con sottostanti titoli di Stato ed equiparati e obbligazio-ni di Stati esteri «White List»

In mancanza di specifiche indicazioni, il nuovo regime siapplica ai redditi percepiti dal 24/01/2012 (data di entratain vigore della legge)– il provento dei PCT mantiene la ritenuta 12,50%

Tabella n. 5 - Regime di tassazione dei proventi da pronti contro termine

PRONTI CONTRO TERMINE Ante D.L. n. 138/2011

D.L. n. 138/2011(dal 1° gennaio

2012)

D.L. Milleproroghe

(per i titoli sotto-scritti nel periodo

a cavallo)

D.L. liberalizzazioni

(a regime)

Interessi su titolosottostante

Titoli di Stato 12,50% 12,50% 12,50% 12,50%Obbligazioni

«239» 12,50% 20% 12,50% 20%

Differenziale daPCT

Titoli di Stato 12,50% 20% 12,50% 12,50%Obbligazioni

«239» 12,50% 20% 12,50% 20%

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CTR Lombardia, 20 ottobre 2011, n. 125

Fiscalitàinternazionale

A distanza di pochi mesi l’una dall’altra ma nellamedesima direzione interpretativa, si susseguonodue pronunce in tema di stabile organizzazione oc-culta: in Italia la sentenza della Commissione tri-butaria regionale della Lombardia n. 125 del 2011(1) e, a livello internazionale, la sentenza dellaCorte Suprema norvegese n. HR 2011-02245-Adel 2 dicembre 2011.In entrambi i casi l’oggetto del contendere era seuna società che svolge attività di commissionarioper conto di un soggetto estero possa rappresenta-re la stabile organizzazione del committente nelPaese del commissionario stesso ed ivi essere sog-getta a tassazione.Sebbene sulla scorta di esegesi normative diverse,si è tuttavia giunti alla medesima conclusione a fa-vore del contribuente, ridimensionando sostanzial-mente la pretesa del Fisco, sostenendo che, laddo-ve non vi siano evidenze ulteriori rispetto al merofatto, contrattualmente dedotto, che un soggettosvolga, nel territorio dello Stato di residenza, atti-vità (in nome e) per conto di una società estera inqualità di commissionario, non si considera vali-damente supportata la contestazione di stabile or-ganizzazione occulta del soggetto non residente.

Veniamo all’analisi delle singole fattispecie.

Commissione tributaria regionale della LombardiaCon riferimento al caso oggetto della sentenza del-la Commissione tributaria regionale Lombardia, ilmotivo di censura da parte dell’Amministrazionefinanziaria era incentrato sulla circostanza che lasocietà italiana aveva il potere di concludere abi-tualmente contratti a nome di una società olandesedi gruppo che risultava quindi, a parere dell’orga-no accertatore, inevitabilmente vincolata dall’ope-rato del soggetto italiano. A rafforzare l’impiantodella contestazione fiscale, vi sarebbe stato anchequanto riferito, attraverso interviste, dai managersdell’azienda italiana, i quali, con riferimento allepolitiche di vendita, lamentavano una limitata ca-pacità operativa della società italiana rispetto alledirettive imposte dall’Olanda nonché l’ingerenzadella società estera nei criteri di selezione del per-sonale in Italia. Come ulteriore elemento, supposto

Il «commissionario indipendente»non è la stabile organizzazionedella controllante estera

A distanza di pochi mesi l’una dall’altra e nella medesima direzione interpretativa, si riscontranodue pronunce in tema di stabile organizzazione occulta: in Italia, la sentenza della Commissio-ne tributaria regionale della Lombardia n. 125 del 2011, e, a livello internazionale, la sentenzadella Corte Suprema norvegese del 2 dicembre 2011. In entrambi i casi, sebbene sulla scor-ta di esegesi diverse dei dati normativi, si è giunti alla conclusione che, affinché una societàcommissionaria per conto di un soggetto estero possa rappresentare la stabile organiz-zazione di quest’ultimo, occorre vi siano evidenze ulteriori rispetto al mero contratto diagenzia. Al di là dei poteri di rappresentanza, deve ricorrere il requisito della «dipendenza»dell’agente, sia dal punto di vista economico che finanziario, dal preponente, ovvero che ilsoggetto incaricato non agisca secondo l’autonomia ed i rischi propri della sua praticaimprenditoriale o professionale.

di Maricla Pennesi

Maricla Pennesi - Head of Tax DLA Piper Italy

Nota:(1) Per il testo della sentenza cfr. pag. 753.

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CTR Lombardia, 20 ottobre 2011, n. 125

Fiscalitàinternazionale

dirimente nei rapporti tra so-cietà italiana e casa madreestera circa l’assenza di indi-pendenza della prima, è stataconsiderata la lettera di pa-tronage rilasciata dalla socie-tà olandese a favore della so-cietà italiana, dove si attesta-va, evidentemente per finalitàdiverse, che quest’ultima erasotto il diretto controllo e re-sponsabilità della società inOlanda. I giudici della Commissionetributaria provinciale (2) pri-ma e da ultimo quelli dellaCommissione regionale, ana-lizzati i fatti e le circostanze,hanno tuttavia sostenuto didover rigettare la pretesa del-l’Amministrazione finanziaria sulla scorta delleseguenti argomentazioni:– non sussiste di per sé stabile organizzazione peril sol fatto che vi sia in essere tra soggetto italianoed estero un contratto di commissionario sequest’ultimo gode di uno status indipendente eagisce nell’ambito della sua ordinaria attività;– la società italiana è tenuta a mantenere a suespese l’organizzazione di vendita lucrando provvi-gioni sui beni venduti, assumendo in tal modo ilrischio d’impresa a riprova della sua indipendenzadalla casa madre olandese;– le direttive di vendita imposte alla società italia-na sono comuni a tutte le società del gruppo in Eu-ropa e sono state emanate da una società francesee non direttamente dalla quella olandese;– le dichiarazioni rese dai dirigenti della societàitaliana e riportate nel verbale di contestazione ri-sultano estrapolate da un contesto più ampio, il cuivalore esemplificativo non può essere corretta-mente individuato dall’organo giudicante, cometali, dette considerazioni sono da ritenere indizia-rie perché sprovviste di adeguato riscontro e in al-cuni punti anche contraddittorie.Negli ultimi tempi, soprattutto a livello delleCommissioni tributarie regionali (3), si dibatte aproposito del ruolo di commissionario/agente, de-gli elementi caratterizzanti e di come lo stessopossa rappresentare una stabile organizzazione ai

sensi dell’art . 162 delT.U.I.R. e dell’art. 5 del Mo-dello OECD di convenzionecontro la doppia imposizio-ne.Alla luce delle pronunce esa-minate, quello che sembraemergere come orientamentodei giudici tributari, in attesache sul punto giungano ichiarimenti della Corte diCassazione, potrebbe esseresintetizzato come segue:– mere evidenze contrattualie/o dichiarazioni rilasciatedurante la fase investigativa,se non sono suffragate da ri-scontri oggettivi, sono da ri-tenersi indizi privi di valenzadirimente ai fini dell’analisi

che deve invece essere necessariamente basata suifatti (4) e sulla condotta tenuta dalla società conriferimento a quanto oggetto di contestazione;– non costituisce stabile organizzazione del sog-getto estero la società italiana che agisce per contodi quest’ultimo in base ad un contratto di commis-sionario/agente, anche monomandatario, se l’atti-vità del commissionario/agente, come previstoconvenzionalmente a livello di CommentarioOECD all’art. 5, par. 5 (5), gode di uno status diindipendenza ovvero sostiene in proprio un rischiod’impresa e per le attività svolte ottiene dal man-dante/committente un prezzo congruo per remune-

Note:(2) Comm. trib. prov. di Milano, il 27 aprile 2010, n. 112.(3) Comm. trib. reg. Friuli-Venezia Giulia 23 marzo 2011, n. 33, inBanca Dati BIG Suite, IPSOA.(4) Cass., Sez. trib., 25 maggio 2002, n. 7682, in Banca Dati BIG Sui-te, IPSOA.(5) Art. 5, par. 5, del Modello OCSE: Nonostante le disposizionidei par. 1 e 2, se una persona - diversa da un agente che goda diuno status indipendente, cui si applichi il par. 6 - agisce per contodi un’impresa e dispone in uno Stato di poteri che esercita abi-tualmente e che le permettono di concludere contratti a nomedell’impresa, si considera che tale impresa ha una stabile organiz-zazione in detto Stato in relazione all’attività che la predetta per-sona esercita per l’impresa, salvo il caso in cui le attività dellapersona siano limitate a quelle menzionate al par. 4 e, qualoravengano esercitate per mezzo di una sede fissa di affari, non sia-no tali da far considerare detta sede come una stabile organizza-zione secondo le disposizioni del presente paragrafo.

Rischio d’impresadella società commissionariaSecondo i giudici tributari italiani noncostituisce stabile organizzazione delsoggetto estero la società italianache agisce per conto di quest’ultimo inbase ad un contratto dicommissionario/agente, anchemonomandatario, se l’attività delcommissionario/agente gode di uno«status» di indipendenza o sostiene inproprio un rischio d’impresa e per leattività svolte ottiene dalmandante/committente un prezzocongruo per remunerare, non solo icosti sostenuti per rendere il servizio,ma anche il rischio imprenditorialeesistente.

LA GIURISPRUDENZA ITALIANA

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CTR Lombardia, 20 ottobre 2011, n. 125

Fiscalitàinternazionale

rare, non solo i costi sostenu-ti per rendere il servizio, maanche il rischio imprendito-riale esistente.

Suprema Corte di NorvegiaPiù vicina concettualmente aldibattito che da tempo occu-pa l’OECD in sede di revisio-ne del Commentario all’art. 5del Modello di convenzione(6) e alla discussione apertasia seguito della sentenza delConsiglio di Stato francesesul caso «Zimmer» (7) è ladissertazione alla base dellasentenza della Corte Supremanorvegese che ribalta com-pletamente le ragioni addottein relazione al medesimo ca-so dalla Corte di Oslo (8). In breve la fattispecie(9): un noto gruppo attivo nella commercializza-zione di personal computer, ha centralizzato l’atti-vità distributiva per l’Europa attraverso una socie-tà irlandese, la quale, in ciascun mercato di riferi-mento, si avvale di altre società del gruppo ivi lo-calizzate con funzioni giuridicamente riconducibi-li, ai sensi del codice civile italiano, alla figura diagente/commissionario (10); in base a contratto,come regolato dalle norme civilistiche norvegesi(civil law), la vendita dei prodotti sul mercato lo-cale avviene tramite un commissionario che agiscein nome proprio ma per conto del committente ir-landese.Le autorità fiscali norvegesi hanno contestato allasocietà irlandese l’esistenza sul territorio di unastabile organizzazione per il tramite del commis-sionario locale.Riprendendo i punti di sostanziale divergenza trale argomentazioni addotte a difesa dalla società ir-landese e quelle riportate nell’accertamento dal-l’Amministrazione finanziaria, la Suprema Cortenorvegese si sofferma nuovamente sull’interpreta-zione del concetto acting on behalf of (agire a no-me dell’impresa committente) and has the authori-ty to conclude contracts in the name of (avere ilpotere di concludere contratti a nome dell’impre-sa) sancito dall’art. 5, par. 5, del Trattato contro ladoppia imposizione Norvegia-Irlanda, essendo sta-

to contestato che i terminicontrattuali delle vendite diper sé ed il comportamentodel commissionario eranosufficienti ad impegnare/vincolare legalmente il com-mittente. I giudici norvegesi hannoraggiunto la conclusione chenon possono ricorrere i pre-supposti dell’esistenza dellastabile organizzazione inquanto l’indagine condottadai verificatori non ha evi-denziato elementi fattualiche eccedessero o meglio de-viassero rispetto allo schemanegoziale tipico del commis-sionario vero e proprio comedefinito in base alla legisla-

zione civilistica norvegese, sottolineando come atermini del Trattato Norvegia-Irlanda ed al di làdelle esemplificazioni del Commentario all’art. 5,par. 5, improntate maggiormente ai criteri erme-neutici di common law, i presupposti della stabileorganizzazione, cosiddetta personale, in capo adun agente dipendente dovrebbero essere due: ac-ting on behalf of (agire a nome dell’impresa com-mittente) and has the authority to conclude con-tracts in the name of (avere il potere di concluderecontratti a nome dell’impresa). La Suprema Corte

Relazione tra commissionarioe committenteI giudici della Suprema Cortenorvegese, rinviando a precedenticonsiderazioni dei giudici francesi delcaso «Zimmer», hanno riaffermato chesi può ravvisare l’esistenza di unastabile organizzazione occultasoltanto quando la relazione tracommissionario e committente vadaal di là dei principi che governano ilcontratto diagenzia/commissionario, al puntoche il commissionario/agente possa,anche per fatti concludenti, vincolarelegalmente il committente decidendoper conto dello stesso i termini e lecondizioni contrattuali.

LA GIURISPRUDENZA ESTERA

Note:(6) «Intepretation and application of Article 5 (permanent esta-blishment) of the OECD Model Tax Convention», bozza per di-scussione, 12 ottobre 2011, in Banca Dati OCSE, www.oecd.org.(7) «Zimmer case»: Conseil D’Etat, 31 marzo 2010, n. 304715, inFisco oggi del 20 maggio 2010.(8) Sent. 9 marzo 2011, n. 2011-17: cfr. «Norwegian Court SidesWith Tax Authorities in Dell Case», in Tax Analyst del 23 marzo2011.(9) Per maggiori dettagli vedi M. Pennesi, «Contratti intercompa-ny e stabile organizzazione: quando è possibile escludere il ri-schio sanzioni», in Corr. Trib. n. 30/2011, pag. 2448 e Id., «Il “busi-ness model” delle multinazionali ed il rischio di stabile organizza-zione occulta», ivi n. 16/2011, pag. 1353.(10) Art. 1731 c.c.: si definisce commissione il contratto median-te il quale una parte, detta commissionario, si obbliga ad acquista-re o vendere beni in nome proprio (obbligandosi cioè personal-mente nei confronti di terzi con i quali entra in contatto) e perconto di un’altra parte detta committente. La commissione è uncontratto a titolo oneroso.

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CTR Lombardia, 20 ottobre 2011, n. 125

Fiscalitàinternazionale

ha quindi voluto riaffermare,con un rinvio esplicito alleconsiderazioni dei giudicifrancesi del caso «Zimmer»,che si può ravvisare l’esisten-za di una stabile organizza-zione occulta soltanto quandola relazione tra commissiona-rio e committente vada al dilà dei principi che governanoil contratto di agenzia/com-missionario, al punto che ilcommissionario/agente pos-sa, anche per fatti concluden-ti, vincolare legalmente ilcommittente decidendo perconto dello stesso i termini ele condizioni contrattuali.L’apparente interpretazionestrettamente formalistica, dacivil law, fondata sul ricono-scimento della tipicità con-trattuale e del nomen iuris delcontratto di commissionario,in realtà risponde ad un ap-proccio sostanziale in base alquale in assenza di evidenzee/o prove documentali diver-se non può essere data alcontratto una valenza diffe-rente rispetto a quella volutae dedotta volontariamentedalle parti e come risultanteper iscritto.

BIAC e OECD sul concetto di agente dipendenteLo stesso BIAC (11), nell’evidenziare le proprieconsiderazioni alla nuova bozza di Commentarioall’art. 5 (12), ritiene che il disconoscere i terminicontrattuali di un accordo (come quello di agen-zia/commissionario) sia una misura estrema e nondovrebbe essere consentita a meno che non sianostate definite linee guida chiare che permettano aicontribuenti multinazionali di prevedere e valutarele conseguenze fiscali degli accordi stipulati.Di estrema attualità con riferimento ai contratti diservizio intercompany, inoltre, il suggerimento daparte del BIAC di fornire da parte del Commenta-

rio all’art. 5 (paragrafo 5) in-dicazioni più precise confer-mando che le attività svolteda un soggetto che prestaservizi (incluso quello diagenzia/commissionario) se-condo i parametri e le diretti-ve del committente non equi-valgono a «concludere con-tratti in nome dell’impresa»e quindi non dovrebbe sussi-stere il rischio di stabile or-ganizzazione occulta.Last but not least, un altrodei punti di attenzione solle-vati dal BIAC attiene la veri-fica dell’assunzione del ri-schio d’impresa come fattoredi indipendenza; per essereutile riferimento agli opera-tori economici, il Commen-tario dovrebbe declinare conun dettaglio maggiore tutte lesituazioni rilevanti, gli ele-menti distintivi e fondamen-tali, perché ricorra lo statusdi agente indipendente.

Considerazioni conclusiveLa sentenza norvegese, comequella francese del caso«Zimmer», a ben guardare,ha diversi punti di contatto e

riflessione con la giurisprudenza italiana ed in par-ticolare con le considerazioni già svolte nella sen-tenza della Corte di cassazione (13) italiana, «ma-dre» di tutte quelle che son seguite sul tema stabileorganizzazione, dove si sottolinea che nell’indagi-ne sull’esistenza dei diversi requisiti della stabileorganizzazione si deve assegnare decisivo rilievoalla sostanza dei fenomeni ed il potere di conclu-dere contratti (the authority to conclude contractsin the name of) si riferirebbe soltanto al caso di un

Note:(11) Business and Industry Advisory Committee to the OECD.(12) «Intepretation and application of Article 5 (permanent es-tablishment) of the OECD Model Tax Convention», bozza perdiscussione, 12 ottobre 2011, in Banca Dati OCSE, www.oecd.org.(13) Cass., Sez. trib., 25 maggio 2002, n. 7682, cit.

Linee guidaper la valutazione degli accordiIl «Business and Industry AdvisoryCommittee to the OECD»,nell’evidenziare le proprieconsiderazioni sulla nuova bozzadell’art. 5 del Commentario OCSEsulla stabile organizzazione, ritieneche il disconoscere i terminicontrattuali di un accordo (comequello di agenzia/commissionario) siauna misura estrema e non dovrebbeessere consentita a meno che nonsiano state definite linee guida chiareche permettano ai contribuentimultinazionali di prevedere e valutarele conseguenze fiscali degli accordistipulati. Di estrema attualità conriferimento ai contratti di servizio«intercompany» appare ilsuggerimento di fornire indicazionipiù precise e di maggior dettaglioconfermando che le attività svolte daun soggetto che presta servizi (inclusoquello di agenzia/commissionario)secondo i parametri e le direttive delcommittente non equivalgono a«concludere contratti in nomedell’impresa» e quindi non dovrebbesussistere il rischio di stabileorganizzazione occulta.

PROSPETTIVE FUTURE

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LA SENTENZA

Commissione tributaria regionale dellaLombardia, Sez. II, Sent. 20 ottobre 2011 (21settembre 2011), n. 125 - Pres. Dettori - Rel.Alessi

L’esistenza di un contratto di commissionetra una società controllante estera e la socie-tà controllata residente in Italia, dal cui teno-re si evince la totale assunzione del rischiod’impresa da parte della controllata, conespressa esclusione del potere di stipulare con-tratti in nome e per conto della controllante,porta ad escludere la configurazione di unastabile organizzazione in Italia della control-lante estera, con conseguente esclusione del-l’imposizione tributaria in Italia della con-trollante estera stessa.

Svolgimento del processoContro la sentenza della Commissione tributaria pro-vinciale di Milano 27 aprile 2010, n. 112/12/10, con laquale era stato accolto il ricorso proposto dalla contri-buente Bo.Sc. contro l’avviso di accertamento IVA, IR-PEG e IRAP 2001 e 2002, riconoscendo che la ricorren-te non poteva considerarsi un autonomo e distinto sog-getto ai fini tributari rispetto all’impresa controllata Bo.s.p.a. proponeva appello l’Ufficio.Assumeva l’appellante l’erroneità della decisione impu-gnata, posto che - a suo avviso - era invece evidenteche la controllata aveva esercitato una propria attivitàin nome e per conto della controllante, il cui redditodunque andava autonomamente tassato.Si costituiva la contribuente resistendo all’appello pro-

posto e sollevando solo in questo grado di giudizioun’eccezione di incompetenza per territorio dell’Ufficioche aveva emesso l’atto impugnato, circostanza cherendeva l’atto nullo o inesistente, in quanto provenienteda Ufficio incompetente.La causa veniva discussa all’odierna udienza collegialee quindi posta in decisione.

Motivi della decisioneL’eccezione di incompetenza sollevata dalla difesa del-la contribuente solo in appello appare astrattamente am-missibile, trattandosi di eccezione rilevabile d’ufficio inogni stato e grado del giudizio, attenendo alla carenzadi potere dell’organo amministrativo che ha emessol’atto. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corteinfatti «l’incompetenza territoriale dell’Ufficio tributa-rio che ha proceduto all’accertamento tributario com-porta l’assoluta carenza di potere dell’organo ammini-strativo e, quindi, un vizio sostanziale e radicale del-l’atto di accertamento, che è affetto da nullità assoluta,rilevabile anche d’ufficio, in ogni stato e grado del pro-cedimento tributario avente ad oggetto l’atto medesi-mo» (Cass. n. 4277 del 1980, Cass. n. 5826 del 1994)(1).Nel caso di specie la contribuente si duole del fatto chead emettere l’avviso di accertamento sia stato l’Ufficiodi ..., dove - a suo dire - la contribuente non ha né sedelegale, né sede amministrativa, né stabile organizzazio-ne, né luogo in cui esercita prevalentemente la sua atti-vità.La tesi - ad avviso di questa Commissione - non può es-sere condivisa per l’assorbente considerazione che inve-

CTR Lombardia, 20 ottobre 2011, n. 125

Fiscalitàinternazionale

effettivo potere di svolgere trattative e di determi-nazione del contenuto del contratto a nome delcommittente, mentre ne sarebbe escluso il caso incui l’agente, pur avendo un potere di rappresentan-za (acting on behalf of), segua le direttive del sog-getto estero. A contrariis, la stessa Corte ricordache si può legittimamente configurare stabile orga-nizzazione anche qualora in Italia un soggetto, purnon avendo la rappresentanza legale della societàestera, esegua senza autonomia ed in modo abitua-le le istruzioni di quest’ultima ed in tale vestecompia atti che siano essenziali per la conclusionedei contratti che obbligano/vincolano legalmentel’impresa medesima.

Prima di concludere in merito all’esistenza di unastabile organizzazione personale, occorre, quindi,che per la qualifica di agente dipendente, al di làdei poteri di rappresentanza, debba ricorrere il re-quisito della «dipendenza», sia dal punto di vistaeconomico che finanziario, dal preponente ovveroche il soggetto incaricato non agisca secondo l’au-tonomia ed i rischi propri della sua pratica impren-ditoriale o professionale (ordinary course of busi-ness) e di converso non percepisca un compensoadeguato a quei rischi e quelle funzioni tipicamen-te svolte da un agente che gode dello status di in-dipendente.

Nota:(1) La seconda in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

754 10/2012

CTR Lombardia, 20 ottobre 2011, n. 125

Fiscalitàinternazionale

ce la contribuente risulta avere la propria domiciliazionefiscale proprio presso la Bo. s.p.a. che ha sede a ....L’eccezione va dunque disattesa.Nel merito l’appello si rivela infondato e va quindi re-spinto.Ed invero, va osservato che - come già correttamenterilevato dal primo giudice - tra la società odierna ricor-rente e la Bo. s.p.a. intercorreva un contratto di com-missione (vedi allegato in atti), dal cui tenore si evincela totale assunzione del rischio d’impresa da parte dellacontrollata Bo. s.p.a. con espressa esclusione del poteredi stipulare contratti in nome e per conto della control-lante.Per il resto non possono che richiamarsi le analiticheargomentazione svolte dal primo giudice che vengonofatte proprie da questa Commissione.

Da ciò consegue che non avendo la ricorrente una stabi-le organizzazione nello Stato italiano, non si giustifical’imposizione tributaria operata sulla società olandesedall’Ufficio, che aveva peraltro già autonomamente - ecorrettamente - tassato la società italiana.Va dunque respinto l’appello dell’Ufficio e confermatala sentenza di primo grado.Le spese di questo grado del giudizio seguono la soc-combenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.La Commissione respinge l’appello e condanna l’Uffi-cio al pagamento delle spese di causa, liquidate in com-plessivi euro …, oltre accessori di legge.

75510/2012

Cass., Sez. III pen., 17 gennaio 2012, n. 1377

Reatitributari

La sentenza della Corte di cassazione n. 1377 del2012 (1) affronta e risolve l’interrogativo se possaconfigurare il delitto di cui all’art. 10 del D.Lgs.10 marzo 2000, n. 74 la condotta dell’agente im-mobiliare che occulti alla verifica fiscale i contrat-ti preliminari afferenti le compravendite concluseper effetto della sua intermediazione.La soluzione adottata è positiva e il ragionamentoseguito scandito nei passaggi seguenti:a) l’art. 10 presidia il controllo della veridicità del-le dichiarazioni dei redditi;b) i documenti della cui conservazione (o, specu-larmente, distruzione od occultamento) si tratta so-no quelli che riguardano fatti fiscalmente rilevanti;c) la disposizione di riferimento è l’art. 22 delD.P.R. 29 settembre 1973, n. 600;d) l’art. 2214 c.c. prevede l’obbligatoria tenutadelle ulteriori scritture che siano richieste dalla na-tura e dalle dimensioni dell’impresa;e) i preliminari di compravendita sono strettamen-te connessi con lo svolgimento dell’attività diagenzia immobiliare;f) dalla stipula di tali contratti discende il diritto apercepire i propri compensi per l’agente;g) l’agente deve conservare i contratti preliminari.

I profili di debolezzadel ragionamento della CortePer vero, la traiettoria argomentativa seguita dalla

Corte sembra presentare aspetti di debolezza, sottodiversi profili.Il primo è che la norma civilistica indicata, ancheove ritenuta applicabile, e ugualmente l’art. 22 delD.P.R. n. 600/1973, prevedono l’obbligo di tenere«per ciascun affare gli originali delle lettere, deitelegrammi e delle fatture ricevute, nonché le co-pie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spe-dite». I contratti preliminari non sono né lettere,né telegrammi, né fatture. Muovendosi la questio-ne nell’ambito del diritto penale, ove vige il prin-cipio di tassatività, ed essendo le ipotesi appenaconsiderate palesemente diverse da quella del con-tratto preliminare, non è su questa parte della di-sposizione che la decisione appare potersi fondareo si fonda.L’altra parte della disposizione dell’art. 2214 cita-ta fa riferimento all’obbligo di tenere le altre scrit-ture che siano imposte dalla natura dell’attività. Ilsillogismo: il preliminare è una scrittura privata/ilpreliminare di compravendita afferisce all’attivitàdell’agente immobiliare/il preliminare va conser-vato può, forse, essere suggestivo ma appare, a no-stro modestissimo avviso, errato. La norma civili-

Obbligo di conservaretutti i contratti dell’impresasotto la «minaccia» di sanzioni penali?

La Corte di cassazione con la sentenza n. 1377 del 2012 si è espressa nel senso che la condottadell’agente immobiliare che occulti alla verifica fiscale i contratti preliminari afferenti lecompravendite concluse per effetto della sua intermediazione potrebbe configurare il delittodi occultamento o distruzione di scritture contabili. Tuttavia, gli argomenti seguiti dalla Cortepresentano aspetti di debolezza, sotto diversi profili. La Corte appare confondere ciò che è utileper l’accertamento con ciò che è doveroso conservare da parte del contribuente, rendendovaga e incerta l’area del dovere la cui omissione sarebbe penalmente sanzionata.

di Alberto Marcheselli

Alberto Marcheselli - Professore associato di diritto tributariopresso la Facoltà di Giurisprudenza di Torino

Nota:(1) Per il testo della sentenza cfr. pag. 757.

756 10/2012

Cass., Sez. III pen., 17 gennaio 2012, n. 1377

Reatitributari

stica si riferisce alle scritturecontabili, così è rubricata ladisposizione e tali sono lescritture menzionate (librogiornale e libro degli inventa-ri) prima della clausola appe-na citata. Le norme civilistiche che di-sciplinano la tenuta dellacontabilità palesemente nonconcernono la tenuta di atti edocumenti ulteriori.Né tale obbligo si desumedalle assai più pertinenti di-sposizioni relative all’accer-tamento tributario (2), checoncernono:a) il libro giornale e il libro degli inventari;b) i registri prescritti ai fini IVA;c) scritture ausiliarie nelle quali devono essere re-gistrati gli elementi patrimoniali e reddituali, rag-gruppati in categorie omogenee, in modo da con-sentire di desumerne chiaramente e distintamente icomponenti positivi e negativi che concorrono alladeterminazione del reddito;d) scritture ausiliarie di magazzino, tenute in for-ma sistematica e secondo norme di ordinata conta-bilità, dirette a seguire le variazioni intervenute trale consistenze negli inventari annuali (art. 14 delD.P.R. n. 600/1973).O, ancora, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n.600/1973 l’inventario e il bilancio con il conto deiprofitti e delle perdite. Ai sensi dell’art. 16 delD.P.R. n. 600/1973, il registro dei beni ammortiz-zabili. In nessuna di tali disposizioni, né in quelle succes-sive, relative a categorie particolari (professionisti,imprenditori agricoli, sostituti d’imposta, ecc.) sifa alcun cenno alla conservazione dei contratti. Nétantomeno essi sono imposti dalla norma, non per-tinente, che concerne le società (art. 2421 c.c.)La sentenza n. 1377 del 2012 assume, insomma,che le norme civilistiche e tributarie impongano,generalmente, la conservazione da parte del con-tribuente di qualsiasi atto o documento che possaavere qualsivoglia rilevanza nell’accertamento tri-butario, quando è palese che gli obblighi sullescritture contabili hanno il significato opposto:stabilire quali cose rilevino e quindi debbano esse-

re doverosamente conservatedal contribuente.

Accertamento, obblighi di conservazionee area penaleLa Corte appare, sostanzial-mente, confondere ciò che èutile per l’accertamento, dallato dell’Ufficio, con ciò cheè doveroso conservare daparte del contribuente.Le aree delle due nozioni so-no palesemente differenti,concettualmente.E, per vero, appaiono dover

anche essere tenute distinte, a maggior ragione,in base a principi generali dell’ordinamento pe-nale. A seguire la linea della Corte, in effetti,l’area del dovere la cui omissione sarebbe penal-mente sanzionata sarebbe vaga ed incerta, presi-diando l’omessa conservazione di qualsiasi atto odocumento, ancorché non previsto da alcuna nor-ma, che possa assumere una qualsiasi rilevanza afini impositivi. A seguire questa impostazione po-trebbe originare un processo penale ogni qualvolta il Fisco, nella verifica, ritenga che un certoatto o documento sarebbe utile all’accertamento,e ne contesti l’omessa conservazione.L’area del precetto penale appare dilatata a dismi-sura e in modo sostanzialmente inconoscibile, perdi più a fronte di norme che non contemplano nep-pure una siffatta clausola generale.Anche ammesso che rispetterebbe il canone di tas-satività della legge penale prevedere l’omessa te-nuta di qualsiasi atto o documento utile, non puònon rilevarsi che tale clausola non è prevista nédalla legge penale né da quella tributaria: la leggeprevede, a tutto concedere, la tenuta di altre scrit-ture contabili, che sono mezzi specifici ed indivi-duabili, se non altro, sulla base delle disciplineaziendali e ragionieristiche.L’orientamento della Cassazione aprirebbe prateriesconfinate a contestazioni retrospettive e indefinite.A ciò si aggiunga, sotto altro profilo, che se è vero

Nota:(2) Artt. 14 ss. del D.P.R. n. 600/1973.

Obblighi di conservazionedi documenti contabiliL’obbligo di tenuta di qualsiasi atto odocumento utile per l’accertamentodell’Ufficio non è previsto né dallalegge penale né da quella tributaria:la legge prevede la tenuta di scritturecontabili, che sono mezzi specificied individuabili sulla base dellediscipline aziendali e ragionieristiche. Ildiverso orientamento della Corte dicassazione aprirebbe prateriesconfinate a contestazioniretrospettive e indefinite.

IL PROBLEMA APERTO

75710/2012

LA SENTENZA

Cassazione, Sez. III pen., Sent. 17 gennaio 2012(1° dicembre 2011), n. 1377 - Pres. Mannino -Rel. Ramacci

La conclusione dell’affare ed il conseguente di-ritto alla provvigione per l’agente immobi-liare coincide con la conclusione del con-tratto preliminare e non del rogito notarile,con la conseguenza, per quanto attiene agliaspetti fiscali, che quanto corrisposto da colo-ro che hanno concluso l’affare ha natura di co-sto deducibile e, per l’agente immobiliare, di ri-cavo imponibile. Per quanto riguarda la re-sponsabilità penale il contratto prelimina-re può dunque ritenersi ricompreso tra la do-cumentazione di cui è obbligatoria la con-servazione.

Svolgimento del processoIl G.U.P. del Tribunale di Pistoia, con sent. 5 novembre2010, dichiarava non luogo a procedere, ai sensi del-l’art. 425 c.p.p., nei confronti di G.F. in ordine al reatodi cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000, per avere occul-tato, a fine di evasione, tre contratti preliminari di com-pravendita riguardanti altrettante unità immobiliari inordine alle quali il prezzo effettivamente corrisposto erastato poi ridotto nei successivi rogiti.Avverso tale decisione proponeva ricorso il Procuratoredella Repubblica di Pistoia, il quale affermava di noncondividere la lettura dell’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000,offerta dal giudice escludendo che il contratto prelimi-nare potesse annoverarsi tra i documenti dei quali è ob-bligatoria la conservazione.Osservava, a tale proposito, che detto documento anda-va collocato, facendo riferimento al disposto dell’art.2214 c.c., nella generica elencazione descrittiva di cui

al secondo comma e ciò in considerazione dell’attivitàsvolta dalla società dell’imputato nel campo immobilia-re e della prassi corrente che prevede il versamento, daparte dell’acquirente, di una caparra della quale vienedata quietanza con la sottoscrizione dell’atto, tanto dapoter definire il contratto quale pezza d’appoggio docu-mentale dell’operazione di riscossione della quale deveessere curata la custodia.Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisioneIl ricorso è fondato.L’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000, la cui violazione è statacontestata all’imputato, sanziona, salvo che il fatto co-stituisca più grave reato, l’occultamento o la distruzio-ne totale o parziale, al fine di evadere le imposte suiredditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentirel’evasione a terzi, delle scritture contabili o dei docu-menti di cui è obbligatoria la conservazione, in mododa non consentire la ricostruzione dei redditi o del vo-lume d’affari.La menzionata disposizione ha una finalità evidente,che è quella di assicurare, attraverso l’esame della do-cumentazione contabile, un adeguato controllo delle at-tività imprenditoriali ai fini fiscali, come emerge dal-l’espresso riferimento alla «ricostruzione dei redditi odel volume di affari» che l’occultamento o la distruzio-ne dei documenti di fatto impedisce.I documenti da conservarsi obbligatoriamente cui si ri-ferisce la richiamata disposizione sono, ovviamente,quelli che riguardano fatti aventi rilievo sotto il profilofiscale, la cui individuazione, secondo l’impugnata sen-tenza, deve essere effettuata tenendo conto del dispostodell’art. 22, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre1973, n. 600, recante «Disposizioni comuni in materiadi accertamento delle imposte sui redditi», il quale im-pone l’obbligo di conservazione «... gli originali dellelettere, dei telegrammi e delle fatture ricevuti e le copie

Cass., Sez. III pen., 17 gennaio 2012, n. 1377

Reatitributari

che la stipula del contratto preliminare è sufficien-te a costituire il diritto dell’agente a ricevere il suocompenso, non è previsto, a quanto ci consta, cheil contratto preliminare sia un atto di cui l’agenteimmobiliare sia in possesso: egli, in effetti, non èparte dell’atto e non ha, se non ci inganniamo, ilpotere di acquisirne la copia. Come possa sussiste-re il dovere di conservare un atto formato da altri eche non si ha il diritto di acquisire non è immedia-to comprendere.Che tale ipotetico dovere, poi, sia addirittura pe-

nalmente sanzionato suscita una certa apprensione.Se si può certo salutare con soddisfazione il rigorecon il quale i temi dell’evasione fiscale appaionoaffrontati da Amministrazione e giurisprudenza neltempo presente, non pare che possano dimenticarsialcuni capisaldi delle garanzie, tra cui il principiodi tassatività e colpevolezza.L’orientamento rappresentato dalla sentenza inrassegna appare pertanto suscettibile, a nostro mo-destissimo avviso, di attenta e auspicata rimedita-zione.

758 10/2012

Cass., Sez. III pen., 17 gennaio 2012, n. 1377

Reatitributari

delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fattureemesse».Tale elencazione, ripresa pedissequamente dall’art.2214, secondo comma, c.c., è ritenuta tassativa dalG.U.P. e sulla scorta di tale indicazione egli ha ritenutonon ricompreso, nel novero della documentazione ob-bligatoria, il preliminare di compravendita.Obietta a tale proposito il Pubblico Ministero ricorrenteche la richiamata disposizione civilistica, oltre alla tas-sativa elencazione richiamata dal G.U.P., indica anchele «... altre scritture che siano richieste dalla natura edalle dimensioni dell’impresa» tra le quali andrebbedunque considerato il contratto preliminare di compra-vendita.Ciò posto, deve rilevarsi che il richiamato art. 22, al se-condo comma, nell’individuare i tempi di conservazio-ne delle scritture contabili si riferisce anche a quelleobbligatorie «ai sensi del presente decreto, di altre leggitributarie, del codice civile o di leggi speciali», richia-mando poi, nel comma successivo, quelle menzionatein sentenza, cosicché l’osservazione del Pubblico Mini-stero, secondo il quale il richiamo può ritenersi effet-tuato anche alle «... altre scritture che siano richiestedalla natura e dalle dimensioni dell’impresa» apparepertinente.Deve altresì osservarsi che il riferimento alle scritture

richieste dalla «natura dell’impresa» per quel che quiinteressa, non può ritenersi limitato al contenuto degliartt. 2421, 2478 e 2519 c.c. ma anche alla tipologia del-l’attività svolta.Per quanto attiene alla figura dell’agente immobiliareè pacifico che la conclusione dell’affare ed il conse-guente diritto alla provvigione per il mediatore coinci-de con la conclusione del contratto preliminare e nondel rogito notarile, con la conseguenza, per quanto at-tiene agli aspetti fiscali, che quanto corrisposto da co-loro che hanno concluso l’affare ha natura di costo de-ducibile e, per l’agente immobiliare, di ricavo imponi-bile.Può dunque affermarsi che, nella fattispecie, il contrattopreliminare ben poteva ritenersi ricompreso, per quantoriguarda la responsabilità penale in caso di occultamen-to o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10del D.Lgs. n. 74/2000, tra la documentazione di cui èobbligatoria la conservazione.La sentenza impugnata deve pertanto essere annullatacon le consequenziali determinazioni indicate in dispo-sitivo.

P.Q.M.Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale diPistoia per nuovo giudizio.

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31 gennaio 2012 24 febbraio 2012 29 marzo 2012 10 maggio 2012

GrossetoHotel Airone, Via Senese, 35

18 gennaio 2012 28 febbraio 2012 7 marzo 2012 10 maggio 2012

PerugiaEtruscan Chochotel, Via Campo di Marte, 134

31 gennaio 2012 15 febbraio 2012 20 marzo 2012 22 maggio 2012

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Per informazioniwww.ipsoa.it/percorsitributariSegreteria OrganizzativaTel. 02/82476.1E-mail: [email protected] di zona

Finanzia la formazione dei dipendenti attraverso i Fondi Interprofessionali

Le aziende e gli studi professionali hanno la possibilità di accedere a finanziamenti per realizzare la formazione continua dei propri dipendenti. La Scuola di Formazio-ne Ipsoa, essendo un ente certificato UNI EN ISO 9001:2008 settore EA37, può at-tuare i piani finanziati dalla maggior parte dei Fondi Interprofessionali ed è in grado di supportare le aziende e il singolo pro-fessionista nella gestione di tutte le fasi del Piano formativo, dall’analisi dei fabbi-sogni, alla fase di rendicontazione.

La partecipazione alle iniziative a catalo-go della Scuola di Formazione Ipsoa, può essere finanziata attraverso la richiesta di voucher formativi individuali ai vari fondi: Fondoimpresa, For.te, Fondir, Fondirigenti, Fondo Dirigenti PMI.

FONDOPROFESSIONI Finanzia l’80% della formazione dei dipendenti

Il catalogo della Scuola è accreditato da Fondoprofessioni e le aziende e gli studi professionali aderenti a tale fondo, posso-no finanziare la partecipazione alle inizia-tive, per un importo massimo pari all’80% dell’imponibile IVA della quota di parteci-pazione, fino ad un massimo di € 1.500.

Per ulteriori informazioni contattare:Scuola di Formazione IpsoaTel. 02/82476.404-331E-mail: [email protected]/formazionefinanziata

CONSULENZA

GRATUITA