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Settimanale della Diocesi di Piacenza-Bobbio Insserto a “il Nuovo Giornale - Settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio - N° 24 di venerdì 18 giugno 2010 Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46 art. 1, comma 1, DCB Piacenza) - Aut. Trib. di Piacenza n°4 - giugno 1948 il n uovo g iornale SPECIALE S.ANTONINO Basilica di S.Antonino Piacenza 4 LUGLIO 2010 PIACENZA FESTEGGIA IL SUO PATRONO

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Settimanale della Diocesi di Piacenza-Bobbio

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ilnuovo giornale

SPECIALES. ANTONINO

Basilica di S.AntoninoPiacenza

4 LUGLIO 2010PIACENZA FESTEGGIA IL SUO PATRONO

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DITORIALEE

C hi appartiene alla Comunità di Be-lem (Betlemme in portoghese), unordine religioso nato pochi anni fa aSan Paolo del Brasile, scrive ognimattina sulla propria mano con labiro la frase della Bibbia che più loha colpito durante la preghiera vis-suta con la propria comunità. È laparola da vivere quel giorno, dascolpire nella mente e nel cuore. Èuna parola che indica una direzione.

I CRISTIANI DELLA PRIMA ORAAnche Antonino aveva una parola

da vivere, una vocazione da compie-re. Di lui si sa ben poco; probabil-mente fu un soldato che per vari mo-tivi capitò a Piacenza. Iniziò a portarealla gente il Vangelo. Le cose a pocoa poco cambiavano: i luoghi cheospitavano i culti pagani vengonolentamente abbandonati e sorgonostrutture dove i cristiani si incontrano e celebranol’eucaristia. È il caso di Travo dove sorgeva il tempiodi Minerva Medica e dove secondo la tradizione An-tonino viene ucciso nel 303 durante la persecuzionedell’imperatore Diocleziano.

Il Vangelo predicato è affascinante e attraente:Dio ama gratuitamente ogni uomo. Come si può ri-fiutarlo? La comunità cristiana cresce e si organiz-za e inizia a infastidire. Perchè? Non c’erano lì inmezzo rivoluzionari e agitatori di popolo. Tutt’altro.

Ma era gente che cominciava a destabilizzare dalbasso l’Impero: i cristiani, che fanno una vitauguale agli altri, si sentono però cittadini al serviziodi un Re che ha vinto la morte; non accettano laschiavitù, riconoscono che tutti sono persone (an-che se non si tratta di un civis romanus, di un citta-dino romano). E che poi l’Imperatore fosse un per-sonaggio divino, tutto questo era inaccettabile.

L’imperatore era il capo politico e religioso cherendeva stabile Roma ferita da lotte intestine e

EDITORIALE

Perchè i cristiani venivano e vengono ammazzati.................. pag. 1Iniziative e celebrazioni a Piacenza in onore di S.Antonino.... pag. 3L’ANTONINO D’ORO

Perotti, un artista segnato dalla fede............................................... pag. 5IL VANGELO E LA CITTÀ

Monsignor Monari il 3 luglio ai Teatini ........................................... pag. 10IL 30 LUGLIO AI TEATINI

Monsignor Piero Marini: “Vi racconto Giovanni Paolo II”. pag. 13DAL 26 GIUGNO

Le mostre fotografiche nel chiostro della basilica.................. pag. 18Le iniziative tra fede, musica e cultura ................................................... pag. 18A 800 ANNI DALLA NASCITA

Gregorio X, il diacono che divenne Papa ................................... pag. 19I GIOVANI E IL FUTURO

Tempo di crisi? E io avvio un’impresa ............................................ pag. 22

UN BOOM IN DIOCESI

Evangelizzare con il musical.................................................................. pag. 25RESTAURI NELLA BASILICA

Il presbiterio svelato.................................................................................. pag. 30PARLA ANNA RIVA

Nell’archivio la firma dell’imperatore Carlo Magno ............. pag. 32DUE ANNI DI LAVORO

La basilica di Sant’Antonino in miniatura..................................... pag. 33LA PARROCCHIA

La scomparsa del cardinale Luigi Poggi......................................... pag. 34Salviamo il nostro chiostro! .................................................................. pag. 35Passio Christi Passio Hominis ............................................................. pag. 37Via Crucis: la strada dell’amore vero.............................................. pag. 38I bambini della prima Comunionee i ragazzi della Confermazione ........................................................ pag. 39La Festa del Perdono, la prima Confessione ............................. pag. 42La gioia e la bellezza di stare insieme ............................................ pag. 44

IN COPERTINA: Sant’Antonino mentre predica, bassorilievo del pulpito della Cattedrale di Piacenza, opera dello scultore Fedele Toscani, e un’immagine della basilica dedicata al Patrono.

Sommario

PERCHÈ I CRISTIANI VENIVANOE VENGONO AMMAZZATI

1SPECIALE S. ANTONINO

Sant’Antonino raffigurato in un riquadro del dossale dedicato allastoria del santo custodito nel museo della basilica.

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scontri di interessi. I domini di Romaerano sempre più vasti e gestire questocolosso richiedeva un’autorità semprepiù forte. Così, nella visione della clas-se dirigente di Roma, nasce l’imperato-re, circondato da un’aurea divinacom’era già accaduto, anche se in mo-do diverso, tra gli egiziani per i faraoni.

Quei pochi cristiani, che però cre-scevano a vista d’occhio, vengono vi-sti da parecchi imperatori come unaminaccia per il colosso di Roma. Era-no una minoranza scomoda perchècreativa: avevano scoperto che più de-gli interessi economici, del lavoro, delpotere, del sesso, a renderti felice ve-ramente è il fare esperienza di Qualcu-no che ti ama e che ti assicura chenon sei nato per caso e che non finiraiin niente. Vivere con Lui, Cristo, ti dàdi godere di ogni cosa come dono,senza appropriartene, con libertà.

Questi cristiani con la loro rivoluzio-ne silenziosa incrinavano il sistema.Per questo, nonostante Roma fossemolto tollerante verso tutte le religioni,subiscono il martirio. Sono scomodi,danno fastidio, mandano in crisi.

Lo stesso avviene oggi, in condizionistoriche e culturali del tutto diverse, inmolti Paesi del mondo: i cristiani ven-gono uccisi perchè sono scomodi, sonoanticonformisti e questo viene percepi-

to, dalle culture e dalle religioni domi-nanti, come una minaccia.

L’IMPERATORE DI OGGIIn Occidente, per ora, non si rischia

la vita a causa della fede. Ma che cosasignifica oggi, come al tempo delle pri-me generazioni di credenti, non ricono-scere che l’imperatore sia Dio? L’impe-ratore, oggi, è la mentalità dominante,la mentalità del mondo, quella del go-dersi la vita, del credere che, in fondo,sulla scia del laicismo di ieri e di oggi,Dio con la mia vita non c’entra nulla.

Al massimo Lui, Dio, può avere dirittodi parola alla messa della domenica. Ilresto della mia vita, quindi il 99% diquello che faccio e sono, è affare mio.A pensarla così in primo luogo non so-no i miscredenti, i nemici della Chiesa,ma noi cristiani. È scomodo un Dioche non accetta volentieri di esseremesso in un angolino ma chiede di di-ventare il Signore di ogni cosa.

La mentalità del mondo non portalontano e ti presenta prima o poi ilconto dei propri fallimenti (famigliespezzate, disagio di giovani e adulti,droga, depressione...).

Il cristiano non è un eroe solitario;sarebbe solo un illuso e un infelice.Ha però incontrato una compagnia digente, la Chiesa, che è si resa contoche solo insieme è possibile trovareDio. Grazie a questa Chiesa, chi cre-de, vive nel mondo come un “santo”,cioè un “separato” in una sorta di mo-nastero invisibile, non perchè disprez-za il mondo e si sente superiore a tutti,ma perchè sa di essere piccolo, unniente, e di aver ricevuto un dono cheva custodito: Dio ti ha fatto rinascere.La vera gioia è condividerlo. Valeva aitempi di Antonino e vale anche pernoi 1700 anni dopo. Questa Chiesa èfeconda e genera nuovi cristiani.

Davide Maloberti

2 SPECIALE S. ANTONINO

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S. Antonino in abiti da soldato (dipin-to custodito nel museo della basilica).

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COMUNEDI PIACENZA

Iniziative e celebrazionia Piacenza

in onore di Sant’Antonino

• VENERDÌ 2 LUGLIOBasilica di Sant’Antonino, ore 212ª Giornata dell’ammalato e dell’anzianoCelebrazione eucaristica presieduta da mons. Lino Ferrari, vicario generale

• SABATO 3 LUGLIO Basilica di Sant’Antonino, ore 18Primi vespri e Celebrazione eucaristicaPresiede mons. Eliseo Segalini, vicario episcopale per la cultura

• DOMENICA 4 LUGLIO Basilica di Sant’Antoninoore 6.30 Lodi mattutine e colazione insiemeore 8 e 9 Sante Messe

ore 10.00 Concerto della Banca Ponchiellida piazzale Genova a piazza Sant’Antonino

ore 10.45 Accoglienza delle autorità in piazza S. Antonino

Basilica di Sant’Antoninoore 11.00 Celebrazione Eucaristica solenne,presiede mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-BobbioOfferta dei ceri in onore del patrono e consegna dell’onorificenza Antonino d’oro 2010

ore 20.30 S. Messa, presiede il Prevosto della Basilica di S. Antonino

• LUNEDÌ 28 GIUGNOBasilica di Sant’Antonino, ore 21Concerto dell’Orchestra Universitaria di Pavia“Camerata de’ Bardi” con la tromba solista del piacentino Marco Caminatidiretta dal Maestro Nicola Bisson

• MARTEDÌ 29 GIUGNOBasilica di Sant’Antonino, ore 21Concerto Polifonico del Coro Farnesianodiretto dal Maestro Mario Pigazzini

• MERCOLEDÌ 30 GIUGNOSala dei Teatini, ore 21“Giovanni Paolo II: un Papa visto da vicino”Interviene monsignor Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i congressi eucaristici internazionali. Modera Barbara Sartori

• GIOVEDÌ 1° LUGLIOPiazza Sant’Antonino, ore 21Canti e danze popolari russe con il gruppo Otrada

• SABATO 3 LUGLIOSala dei Teatini, ore 21Il Vangelo: un dono per l’uomo e la città Interviene monsignor Luciano Monari, vescovo di Brescia

EVENTI CULTURALI CELEBRAZIONI DEL SANTO

INIZIATIVE COLLATERALI• DOMENICA 4 LUGLIO

Fiera-Mercato di S. Antoninodalle ore 7 alle 24Pubblico Passeggio da piazzale Genova a piazzale Libertà,via Giordani, viale Palmerio, corso Vittorio Emanuele,piazza Cavalli, via Cavour, piazza DuomoBanchetti delle associazioni di volontariato ed espositorivia Verdi

Basilica di Sant’AntoninoVisite guidate alle ore 16, 17 e 20.30 (gruppi di max 25 persone). Coodina Anna Riva

Piazzetta Mercanti, ore 2115ª Rassegna della canzone dialettale piacentinacon Marilena Massarini

• DAL 26 GIUGNO ALL’11 LUGLIOBasilica di Sant’AntoninoMostra fotografica “Preti tra la gente”a cura di Giuseppe Balordi. Orari: 9-12 e 16-19Mostra fotografica “Antonino d’oro e dintorni”a cura di Carlo Mistraletti. Orari: 9-12 e 16-19

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5SPECIALE S. ANTONINO

n premio, pur con un alto valoresimbolico come l’Antonino d’oro,resta sempre un riconoscimento al-la persona, ma spesso non mancadi avere implicazioni più ampie. Èil caso dell’edizione 2010 assegna-ta a Paolo Perotti. Lo dicono chia-ramente i canonici della basilicadel patrono nella motivazione: lasua è un’arte sacra che privilegia lachiarezza, l’adesione alle scritture,la volontà di mettersi al serviziodella catechesi. Quindi ha una po-sizione particolare nel panoramaattuale dell’arte sacra.

Negli ultimi mesi, per diversemotivazioni, dalla personale a Ros-so Tiziano alle opere realizzate nel-la chiesa di N.S. Signora di Lour-des di cui ricorre il cinquantenario,abbiamo avuto modo di parlare di-verse volte di Perotti. Il conferi-mento del premio ha poi stimolatoi giornalisti ad approfondire il vastomondo culturale dell’artista. Loscultore, come abbiamo anche noiricordato, è stato particolarmenteprolifico ed è ancora in piena atti-vità. L’arte sacra piacentina è forte-mente segnata dal genio creativo diquesto artista.

Perotti usa un linguaggio chiaro,semplice, immediato, ma proprionella semplicità la sua arte risultaesaltata. Era solito ripetere donFranco Molinari, un grande e indi-menticato comunicatore, che “nonè facile essere semplici”. Lo stessovale per le sculture di Paolo Perot-ti, semplici ma non facili.

Anche per questo abbiamo volu-to vedere da vicino questo artistaincontrandolo nell’ambiente dovelavora. Dal 2004 vive a Vigolzonedove si è costruito una casa che èad un tempo abitazione, studio perle sue ricerche, laboratorio e mo-stra permanente della sua produ-zione che oggi si muove su due bi-nari principali a cui corrispondonodue laboratori: il più ampio per illegno ed un secondo riservato almarmo. E si tratta di una residen-za stabile tanto che è diventato cit-tadino del centro della Val Nure.

IL SUO PERCORSO BIOGRAFICO

Vediamo, in breve, la sua sche-da biografica, con un occhio di ri-guardo alla formazione culturale. Ilpadre, Giuseppe, originario di Bo-snasco nel Pavese, è uno scultoreche con il cognato Giovanni Mal-fanti si trasferisce a Piacenza dove,in via Taverna, apre un grande la-boratorio per la lavorazione delmarmo. E’ un imprenditore che haperò la vocazione dell’arte: fino al1977, anno della sua morte, è in

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Lo scultore Paolo Perotti con una sua opera in marmo.

L’APEROTTI, UN ARTISTA SEGNATODALLA FEDE

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NTONINO D’ORO

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piena attività sia nell’arte funebre siain quella religiosa destinata alle chie-se (spesso i due settori si toccano).

L’arte e la religione segnano anchela sua famiglia; ha ben nove figli, tra iquali troviamo due scalabriniani (tracui lo scomparso padre Antonio, pre-miato con l’angil dal dom), la violini-sta della Rai Maria, ora in pensione, loscultore Francesco, l’organista Giusep-pina. Nel 1928 nasce Paolo che sposaCarla Rossi, una pianista formatasi alconservatorio Nicolini. Dal loro matri-monio nascono Elena (flautista), Silvia(scultrice), Paola (violoncellista) e Mo-nica (medico, quindi un’eccezione).Musica e arti figurative: due filoni feli-cemente complementari.

In questa cornice si sviluppa la per-sonalità artistica di Paolo: ancora ra-gazzo, frequenta quelle che oggi sareb-bero le tre medie e contemporanea-mente segue le lezioni di Soressi al

6 SPECIALE S. ANTONINO

“Gazzola”. In seguito si iscrive ai corsisuperiori del “Toschi” di Parma. Fa daintermediario l’architetto Pietro Ber-zolla, che insegna nella scuola par-mense e nello stesso tempo, quandoprogetta altari, si rivolge ai Perotti. Su-bito prende a ben volere il giovanePaolo che, imitando il padre (tra i dueci sarà sempre un rapporto privilegia-to), si diletta nel fare piccole sculturerivelando una forte personalità creati-va che non sfugge al grande architetto.

Conclusi gli studi al “Toschi”, Pao-lo, sui vent’anni, si iscrive all’accade-mia di Brera a Milano. Chiuso positi-vamente anche questo ciclo di studi,pur continuando l’attività di scultore,nel 1958 entra nel corpo docente del“Gazzola” con l’insegnamento di scul-tura. E’ un incarico che tiene tuttorama, confida, questo è l’ultimo anno.Dopo la pausa estiva non tornerà incattedra. L’abitare in provincia lo co-stringe a viaggiare e, soprattutto in in-verno, gli pesa un po’, ma solo un po’in quanto le energie sono ancora tan-te. E lo dimostra l’ampia gamma diimpegni che ancora caratterizzano lasua giornata.

PEROTTI E LA SCULTURADove nasce il mondo artistico di

Paolo Perotti? Sarebbe lungo descrive-re il suo rapporto con l’arte. Alla baseindubbiamente vi è una grande fedeed è la fede dei semplici: nella conver-sazione emergono la sua conoscenzadelle Sacre Scritture, una costante fre-quentazione del Vangelo, ma alla finequello che viene messo in evidenza èl’insegnamento avuto dai genitori e so-prattutto dalla madre. La fede comedono, oppure, come precisa lui stesso,come “fatto istintivo”. “Io sento la pre-

LE MOTIVAZIONI

PERCHÉ IL PREMIO A PAOLO PEROTTI

Queste le motivazioni per l’asse-gnazione del premio da parte deiCanonici del Capitolo della basilicadi Sant’Antonino. Il premio è spon-sorizzato dalla Famiglia Piasinteina.

Il conferimento del premio vuole es-sere un atto di stima nei confronti di unartista credente che, da oltre ses-sant’anni, vive con mitezza, passione,genio e coerenza il suo percorso umanoe artistico. Con la scultura Paolo Perottiha saputo e continua tuttora con singo-lare creatività a evocare il mistero dellafede, coniugando il linguaggio dell’artecontemporanea, spesso ostico e duroagli occhi dei non iniziati, e le eseigenzedi rinnovamento di una Chiesa impe-gnata nella lettura dei segni dei tempi.

A ragione è stato scritto di lui che“anche nei soggetti destinati alla collo-cazione liturgica ha sempre avuto l’at-teggiamento più corretto possibile: rap-presentare con nobiltà di forme il reper-torio dei personaggi delle Sacre Scrittu-re, con l’umiltà dell’illustratore chiama-to non a esibire le sue capacità, ma adispiegare con chiarezza e sentimentole storie evangeliche e bibliche, sempli-ficando al massimo le forme ed evitan-do virtuosismi nel trattamento dei ma-teriali e nei dettagli scenici, per renderleimmediatamente comprensibili allagente, al popolo orante” (Stefano Pron-ti). E questa è una dote preziosa nonsempre presente in vari esempi di artecontemporanea, spesso imprigionata in

una sorta di autismo estetico. A nostroparere, Paolo Perotti ha saputo corri-spondere appieno a quanto auspicatodal Papa Paolo VI in occasione dell’in-contro che ebbe con gli artisti nel 1964:“Noi abbiamo bisogno di voi - egli disse-. Il nostro ministero ha bisogno dellavostra collaborazione. Perché, come sa-pete, il nostro ministero è quello di pre-dicare e di rendere accessibile e com-prensibile, anzi commovente, il mondodello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabi-le, di Dio. E in questa operazione... voisiete maestri. È il vostro mestiere, la vo-stra missione; e la vostra arte è quelladi carpire dal cielo dello spirito i suoitesori e rivestirli di parola, di colori, diforme, di accessibilità”.

Inoltre, le sue sculture sono una vivaconferma di quanto, recentemente, Pa-pa Benedetto XVI ha dichiarato nell’in-contro avuto, sempre con gli artisti, nel-la Cappella Sistina: “La fede non toglienulla al vostro genio, alla vostra arte,anzi li esalta e li nutre, li incoraggia avarcare la soglia e a contemplare conocchi affascinati e commossi la méta ul-tima e definitiva, il sole senza tramontoche illumina e fa bello il presente”.

Pur conoscendo la ritrosia dello scul-tore Paolo Perotti a mettersi “in vetri-na”, perché in mostra preferisce metterele sue opere e non se stesso, il Capitolodei Canonici ha valutato opportunochiedergli di accettare tale onorificenza,come doveroso tributo alla sua personae alla sua opera artistica.

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senza di Dio, non faccio fatica a cre-dere, anzi mi meraviglio che ci sianopersone che, davanti al mistero dell’u-niverso, giungano a negare l’esistenzadi Dio”.

Tutto sommato il segreto della suaarte sta tutto qui. Poi, ampliando il di-scorso, precisa che quando l’arte è ve-ra ha sempre al proprio interno unascintilla che ci porta al divino, maquando si parla di opere da collocarein una chiesa è indispensabile la co-noscenza. Come sottolineano anche iCanonici di Sant’Antonino nella moti-vazione del premio, le opere che Pe-rotti ha collocato nelle chiese sonouna vera e propria catechesi, sono pa-gine di un libro scritto nel legno o nel-la pietra. Anche l’opera che si conser-va nella basilica del patrono rappre-

senta un momento storico degli scala-briniani quando ricevono dal loro fon-datore il crocifisso ed iniziano la loromissione tra gli emigrati.

Perotti racconta brani della storiadella Salvezza, entra nelle chiese co-me fosse un predicatore e questo chia-ma in causa il rapporto con il commit-tente. Chi paga in genere fa sentire lasua voce, ma l’artista precisa di nonavere mai avuto problemi con i parrocio con altri committenti. Certo, chichiede la sua opera dà anche indica-zioni sul soggetto, ma poi lo ha sem-pre lasciato libero. Da parte sua loscultore osserva con molta umiltà diessere molto attento alle esigenze dichi chiede il suo intervento, ma ci so-no anche regole superiori. Ad esem-pio, per ogni incarico, prima di tutto

analizza con molta attenzione l’am-biente in cui l’opera verrà posta, siache si tratti dello spazio architettonico,sia della collocazione, sia del rapportocon altre opere d’arte che già sonopresenti e con le quali fatalmente lesue sculture finiranno per rapportarsi.

Poi vi è la materia. Perotti preferiscela pietra o il legno. Non è che non ab-bia fatto esperienze con il bronzo ocon la ceramica. Qualche volta si èmisurato anche con il restauro. Ma lamateria che più gli è congenialedev’essere dura, in qualche modo resi-stente alla sua fatica. Anzi, preferiscedire che il suo lavoro consiste nel to-gliere il superfluo per mettere in evi-denza una creazione che è già presen-te nel tronco o nel pezzo di marmo.“Non è raro che inizi una scultura conun progetto e poi, strada facendo, lomodifico perché scopro che la materiami suggerisce altre soluzioni”. Perottiha una sicurezza tale che è ormai ingrado di iniziare una scultura nellapietra o nel legno senza avere primarealizzato un bozzetto o un disegno. E’come se avesse dentro di sé una sortadi computer che formula un progetto econtinua ad aggiornarlo sulla base diinformazioni che gli vengono da diver-se fonti quali il soggetto da rappresen-tare, il rapporto con la creatività del-l’autore e le tracce nascoste nella ma-teria da lavorare.

Il tutto nella più assoluta naturalez-za: anche nel lavoro l’artista è un istin-tivo, proprio come nella fede. “Nessuntrucco, nessuna furbizia per catturarela simpatia dell’osservatore. Occorreessere veri ed ascoltare quello che ab-biamo dentro per permettere che l’ope-ra d’arte manifesti, con la sua forza in-teriore, il mistero che avvicina a Dio”.

Fausto Fiorentini

7SPECIALE S. ANTONINO

Il premio “Antonino d’Oro” è stato istituito nel1986 dal Capitolo della basilica antoniniana. Ilpremio viene assegnato, alternativamente, ad unecclesiastico e ad un laico. Questo l’albo d’oro:1986: dott. Piero Castignoli, studioso

di S. Antonino.1987: card. Agostino Casaroli, segreta-

rio di Stato di Giovanni Paolo II 1988: prof. Ferdinando Arisi, critico

d’arte.1989: card. Luigi Poggi, nunzio aposto-

lico in Italia.1990: dott. Francesco Bussi, esperto di

musica.1991: mons. Antonio Mazza, vescovo

di Piacenza dal 1983 al 1994.1992: prof. Alessandro Beretta An-

guissola, medico e scienziato.

1993: card. Ersilio Tonini, arcivescovoemerito di Ravenna.

1994: prof. Luigi Rossi Bernardi,scienziato.

1995: mons. Carlo Poggi, parrocchianodi Sant’Antonino, vescovo di Fi-denza.

1996: prof. Alberto Spigaroli, presiden-te dell’Ente per il restauro di Palaz-zo Farnese.

1997: mons. Luciano Monari, vescovodi Piacenza-Bobbio dal 1995.

1998: Adelia Firetti, fondatrice dell’isti-tuto secolare missionarie scalabri-niane.

1999: padre Gherardo Gubertini, fon-datore della Casa del Fanciullo.

2000: avv. Corrado Sforza Fogliani,

presidente nazionale di Confedili-zia e della Banca di Piacenza.

2001: mons. Luigi Ferrando, vescovodi Bragança (Brasile).

2002: ing. cav. Aldo Aonzo, presidentedi Cementirossi.

2003: mons. Piero Marini, vescovo.2004: comm. Luigi Gatti, ex presidente

Camera di Commercio. 2005: padre Sisto Caccia, superiore de-

gli Scalabriniani di Piacenza. 2006: dott. Gianfranco Agamennone,

medico chirurgo.2007: don Luigi Mosconi, missionario

piacentino in Brasile.2008: Dina Bergamini, direttrice didattica.2009: mons. Gianni Ambrosio, vescovo

di Piacenza-Bobbio.

LA STORIA

L’“Antonino d’oro” dal 1986 allo scorso anno

Paolo Perotti con la moglie Carla Rossi. Nella pagina a fianco, alcune operedello scultore nel suo laboratorio.

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9SPECIALE S. ANTONINO

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l Vangelo: un dono per l’uomo ela città”: è questo il tema sulquale interviene sabato 3 luglioalle ore 21 nella sala dei Teatiniin via Scalabrini 9 a Piacenzamons. Luciano Monari, dal 1995al 2007 alla guida della nostradiocesi, quando venne nominatovescovo di Brescia.

Fra i temi che affronteràmons. Monari, il confronto tra ilVangelo e la cultura di oggi. Invista di questo appuntamento,proponiamo ai lettori l’omelia te-nuta da mons. Monari l’8 dicem-

bre 2009 in occasione della so-lennità dell’Immacolata Conce-zione. La celebrazione si è svoltanella chiesa di S. Francesco aBrescia in occasione della conse-gna dei ceri e delle rose da partedelle autorità civili ed ecclesiali.

ADAMO, DOVE SEI?Adamo è l’uomo, ogni uomo. È

l’uomo che Dio ha creato a sua im-magine e somiglianza, al quale haaffidato la cura del giardino diEden. È l’uomo creato maschio efemmina perché l’amarezza dell’iso-lamento sia sanata dalla gioia dellacomunione. Ma è anche l’uomo che

si ritrova lacerato in frammenti,spezzato, impaurito. La domanda diDio: “Dove sei?” vuole suscitarenell’uomo la consapevolezza dellasua condizione.

Non si tratta di indicare le coor-dinate topografiche del luogo doveAdamo si trova, ma di definire laqualità del suo rapporto con Dio,con gli altri, con se stesso. Sembrache Dio voglia dire: “Adamo. nonsei dove dovresti essere; perché? Tiho donato la mia gloria e ti trovoimmerso nell’oscurità; ti ho fatto peril dono e sei ripiegato su te stesso.

Perché? Che cosa ti ha ri-dotto così?”. E Adamo ri-sponde: “Ho udito la tuavoce nel giardino: ho avutopaura, perché sono nudo, emi sono nascosto.” Nudo,quindi indifeso, inerme; nu-do, quindi impaurito, a di-sagio; ‘mi sono nascosto’lontano da Te, dal tuosguardo, alla ricerca di unluogo protetto, che mi facciasentire sicuro.

UN UOMO IMPAURITO

Viene da chiedersi comemai solo ora l’uomo prendacoscienza della sua condi-

zione di fragilità. Non sembrava im-paurito, l’uomo, quando Dio gli affi-dava il giardino da lavorare e da cu-stodire; sembrava un re quando im-parava a riconoscere gli animali edava a ciascuno il suo nome; ed erasicuro di sé, pieno di gioia quandoDio, per liberarlo dalla solitudine,gli aveva presentato la donna “car-ne dalla sua carne e ossa dalle sueossa”. Come mai ora è impaurito?L’uomo ha tentato la scalata all’on-nipotenza, all’autoaffermazione el’ha voluta tentare senza Dio, con-tro Dio, in concorrenza con Dio;semplice mortale com’è, non è riu-scito a conquistare la meta e si ritro-va debole; ha sfidato Dio e non rie-

sce più a fidarsi di lui, lasciato a sestesso sente tutta la sua piccolezzadi fronte a un mondo che gli appareminaccioso: “Sono nudo, ho paura,mi sono nascosto.”

Si parla molto, in questi tempi, diun uomo frantumato, che non rie-sce a raccogliere in unità i pensieri, isentimenti, le decisioni, le azioni;che non riesce a custodire una for-ma coerente e finisce per essere pre-da di ogni seduzione. Ebbene, que-sta frammentazione inizia nel giar-dino di Eden. “La natura umana fuspezzata in mille pezzi”, scrive Mas-simo il Confessore, “e ora ci dilania-mo gli uni gli altri come bestie fero-ci.” E sant’Agostino parte dall’osser-vazione che il nome greco Adam èl’acrostico dei quattro punti cardi-nali (anatolè, oriente; dysis, occi-dente, àrktos, il settentrione e me-sembrìa, il mezzogiorno) e interpre-ta: Adamo “concentrato una volta inun solo luogo, è caduto, ed essen-dosi in qualche maniera frantuma-to, ha riempito dei suoi frantumi ilmondo intero”.

L’ESPERIENZA DEL PECCATODi questa frammentazione si ve-

de benissimo l’origine quando Diointerroga l’uomo sul suo peccato:“Hai forse mangiato dell’albero dicui ti avevo detto di non mangia-re?” La risposta dell’uomo è istinti-

“ISopra, mons. Monari ad un incon-tro con i politici a Brescia. In bas-so a sinistra, nella foto di Cravedi,durante l’ordinazione episcopaledi mons. Lanfranchi nel 2004 aPiacenza. Nella pagina a fianco,mons. Monari con gli alunni dellescuole cattoliche di Brescia.

IL VMONSIGNOR MONARIIL 3 LUGLIO AI TEATINI

ANGELO E LA CITTÀ

Il vescovo di Brescia interviene sul rapporto tra l’esperienza della fede e la cultura di oggi

10 SPECIALE S. ANTONINO

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va e proprio per questo rivelatrice: “Ladonna che tu mi hai posta accanto miha dato dell’albero e io ne ho mangia-to.” Come a dire: è colpa della donna;o addirittura: è colpa tua che mi haimesso accanto la donna. La donna erastata presa dalla costola dell’uomoperchè fosse chiara la comunione chedoveva unirli: “Per questo – è scritto –l’uomo lascerà suo padre e sua madree si unirà alla sua donna e i due sa-ranno un’unica carne”, per affrontareinsieme le sfide della vita, per condivi-dere le gioie e le fatiche.

E invece no: l’uomo scarica addossoalla donna la colpa e cerca così di sot-trarsi alla sua responsabilità; invecedella solidarietà subentra un principiodi contrapposizione. L’uomo appare ri-piegato egoisticamente su di sé: fin chenutriva fiducia in Dio, sapeva ancheaprirsi all’altro; lontano da Dio, senzaDio, incomincia ad avere paura e con-sidera l’altro uno strumento da sfrutta-re per sottrarsi al peso della vita.

Si parte da qui per comprendere Ge-sù come “nuovo Adamo”; anche lui,Gesù, come il primo Adamo, è tutti gliuomini. Ma, diversamente dal primoAdamo, custodisce una fiducia totale inDio, consegna a Dio la difesa della suavita e questo gli permette di custodireun amore senza riserve verso gli altriuomini. In Gesù, scrive Paolo, Dio ciha benedetti con ogni benedizione spi-rituale; in lui ci ha scelti per essere suoifigli adottivi, a lode della sua gloria. Laredenzione si compie in Israele, maraccoglie tutti gli uomini. Gesù è Ebreo,ma la sua opera è la rigenerazione del-l’umanità intera. Se il peccato è statoun’opera di disgregazione, la redenzio-ne è un cammino di riconciliazione.

DIO CI VIENE A CERCAREGesù muore, dice il vangelo di Gio-

vanni “per riunire i figli di Dio cheerano dispersi.” Con la sua morte, ag-giunge san Paolo, egli ha distrutto ilmuro che separava il mondo giudaicoe il mondo pagano, simbolo di tutte lebarriere che separano gli uomini e lirendono nemici gli uni degli altri. Lacroce di Gesù esprime simbolicamen-te questo effetto della morte di Cristo:il braccio verticale unisce cielo e terra,Dio e uomo: in Cristo Dio ha donatoil suo amore all’uomo e, sempre inCristo, l’uomo ha offerto la sua fidu-cia obbediente a Dio. Il braccio oriz-zontale della croce unisce oriente eoccidente con un legame indissolubiledi fraternità.

Se siamo qui a celebrare l’eucaristiaè perché crediamo in questo dinami-smo di comunione, ne siamo stati af-ferrati e siamo decisi a viverlo. Sappia-mo bene che la comunione sulla terranon sarà mai definitiva e completa; esappiamo che la cifra della comunionenon è la baldoria ma la croce; ma sap-piamo anche che solo essa, la comu-nione, corrisponde all’umanità del-l’uomo – non la contrapposizione. Perquesto interpretiamo i conflitti e leguerre, pur così frequenti e dolorosi,come segni di regressione rispetto allanovità della croce di Cristo, come resi-dui di una logica che è definitivamentesuperata e destinata a cadere di frontealla forza della redenzione di Cristo.

Questo è il senso profondo del mo-nogenismo biblico che fa derivare l’u-manità intera da un’unica coppia, daun unico Adamo. Non è, naturalmen-te, un’affermazione scientifica, che na-

sca da osservazione empirica e dallostudio dei patrimoni genetici; è invece,con tutta la sua forza, un’affermazioneteologica, e delle più profonde. Un te-sto famoso del Targum si chiede per-ché Dio abbia voluto che l’umanità in-tera discenda dall’unico Adamo; e ri-sponde: “Perché nessuno possa dire aun altro: mio padre valeva più del tuo.E perché tu sappia che chi uccide unuomo è come se avesse ucciso il mon-do intero; e chi salva un uomo è comese avesse salvato il mondo intero.”

Si tratta, allora, di formare dentro dinoi, uomini concreti e particolari, Ada-mo, l’uomo universale; si tratta di for-mare dentro di noi Cristo, nuovo Ada-mo, in modo da essere in lui nuovecreature. Fino a che io sono solo Lu-ciano, correrò facilmente il rischio diessere ‘risentito’ quando mi confrontocon Antonio o Luisa (nella carriera,nel successo, ma anche semplicemen-te nelle piccole soddisfazioni quotidia-ne); se riuscirò a vedermi e a viverecome “Luciano in Cristo” e se riusciròa vedere e trattare ogni persona uma-na come persona che esiste “in Cristo”o che è “chiamata a esistere in Cristo”,la prospettiva cambia e di molto. Nonsi tratta di proporre un “embrassons-nous” sentimentale e stupido, ma dicostruire con scelte sagge, graduali emirate una società che demotivi l’ag-gressività egoistica e privilegi la cresci-ta delle relazioni umane.

LA RISPOSTA DELLA FEDEQui emerge la funzione decisiva e

insostituibile di Maria, che oggi vene-riamo concepita senza legame alcunocol peccato e con l’egoismo, inserita

da sempre nel dinami-smo della grazia e dellacomunione. È lei lacreatura concreta attra-verso cui Cristo, Verboeterno del Padre, è en-trato nel mondo. È soloimitando lei che noipossiamo accoglierenella nostra vita la pre-senza rigeneratrice diCristo. A lei, amata daDio e colmata di grazia,il messaggero divino an-nuncia il concepimentodi un Figlio che compiele promesse profetiche;a lei viene promesso ildono dello Spirito per-ché si compia quelloche supera immensa-mente le possibilità del-la creatura umana. Ma-ria risponde: “Ecco laserva del Signore: av-venga per me secondola tua parola.” In que-

11SPECIALE S. ANTONINO

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sta risposta di fede obbedien-te Maria pone tutta la suaesistenza a disposizione del-la Parola di Dio perché laParola prenda forma umanain lei – perché la sua vitaprenda la forma della Paroladi Dio.

L’identità cristiana nascecosì. Tertulliano diceva che“cristiani non si nasce ma sidiventa”; voleva dire che l’i-dentità cristiana non è maisolo un’eredità di cui si puògodere passivamente, comeun ricco patrimonio geneti-co. È invece un’identità chesi forma assumendo perso-nalmente, nella fede, il donodella Parola di Dio, del van-gelo e operando perché ilvangelo imprima nella co-scienza i valori che debbonodirigere le nostre scelte. Civuole, ricorda BenedettoXVI, “un’etica amica dellapersona”. E ci vuole il donodello Spirito. L’impresa cuisiamo dedicati è più grande di noi.Che non avvenga anche a noi di illu-derci, come il primo Adamo, di essereda soli all’altezza della nostra voca-zione.

La nostra vocazione non è all’auto-sufficienza ma, come dice ancora ilPapa, “l’inclusione relazionale di tuttele persone e di tutti i popoli nell’unicacomunità della famiglia umana”. Que-

sto ci faccia desiderare loSpirito Santo in noi e questoci dia la forza di realizzarecon la perseveranza dell’im-pegno quotidiano.

SIGNORE,LIBERACI DAL MALE

Santa Maria, Madre diDio, da sempre Dio ti haguardata con favore e losguardo di Dio ti ha reso bel-la, senza macchia né ruga,ma santa per la grazia di Dio.

Guarda con benevolenzanoi che ti riconosciamo ma-dre e soccorrici nella nostradebolezza.

Liberaci dall’egoismo checi soffoca e ci fa vivere nell’i-solamento e nella paura.

Donaci il coraggio di lotta-re contro il male che si trovadentro di noi, di rischiare igesti dell’amicizia, di vincereil male col bene.

Come un tempo hai conce-pito nella fede il tuo figlio Gesù cosìoggi accendi dentro di noi la vita dellagrazia e insegnaci a farla crescere conla perseveranza fino alla pienezza deldono, fino al compimento dell’amore.

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13SPECIALE S. ANTONINO

IL P

è chi lo definì “l’angelo custode diPapa Wojtyla”. Presenza discretama vigile durante i grandi riti comenei viaggi apostolici, in diciotto an-ni da direttore dell’Ufficio delle ce-lebrazioni liturgiche pontificie,mons. Piero Marini ha vissuto “atu per tu” con un santo.

A dicembre 2009 Benedetto XVIha firmato il decreto che riconoscele “virtù eroiche” del predecessore,dichiarandolo “venerabile”, primopasso verso la beatificazione. Nelcuore della gente, fin dai funerali,Papa Wojtyla è già santo. Testimo-ne instancabile di Cristo nei quat-tro angoli del mondo, e ancora dipiù quando la vecchiaia e la malat-tia lo costrinsero ad una forzataimmobilità, non c’è occasione mi-gliore delle celebrazioni per il pa-trono Antonino per rievocare lagrandezza spirituale ed umana diun uomo del nostro tempo che die-de la vita per il Vangelo. A tracciar-ne il profilo, martedì 30 giugno alleore 21, alla Sala dei Teatini, sarà ilsuo maestro delle cerimonie liturgi-che, mons. Piero Marini. Nato aValverde, in diocesi di Piacenza-Bobbio, insignito nel 2003 dell’An-tonino d’oro, mons. Marini - dal2007 presidente del Pontificio Co-mitato per i Congressi liturgici in-ternazionali - sarà protagonista del-la serata dal titolo “Giovanni PaoloII: un Papa visto da vicino”.

A 23 ANNI NELLA ROMA DEL CONCILIO VATICANO II

La vocazione di mons. Marininasce in un piccolo paese in pro-vincia di Pavia, Valverde, che ap-partiene però al nostro territoriodiocesano dopo l’accorpamentodella diocesi di Bobbio. Classe1942, è cresciuto in una famiglia dipiccoli proprietari terrieri che lavo-ravano duramente per vivere. Suopadre e sua madre si erano incon-

trati in risaia. Èun mondo chemons. Marini haben impresso nel-la memoria, insie-me alle fatiche ealle preoccupa-zioni dei suoi ge-nitori. Ricorda iduri lavori deicampi. Ricorda la“guerra tra pove-ri” che si scatena-va in pianuraquando i com-paesani, papàcompreso, scen-devano a valleper lavorare an-che in periodo disciopero, perchéc’era bisogno dimandare avantila famiglia. In ca-sa Marini si erain cinque: mam-ma, papà e tre fi-gli maschi.

Entrato in Se-minario a Bobbioa 11 anni, ordina-to sacerdote a Valverde a 23, fu in-viato a Roma per studiare filosofia,nella prospettiva di sostituire il ca-nonico Marini di Bobbio. Mamons. Bugnini, incaricato di dirige-re la riforma liturgica del VaticanoII, scrisse al Vescovo per chiederglidi poter inserire il giovane prete trai suoi collaboratori in quel nuovoUfficio che stava per nascere in Va-ticano. L’allora don Piero arriva aRoma nel settembre del 1965, intempo per vedere i vescovi delConcilio in piazza S. Pietro. Iniziacosì il suo lavoro nei vari organi-smi vaticani che hanno guidatol’attuazione della riforma liturgica.L’esordio come cerimoniere pontifi-cio risale al 1975, con Paolo VI.Sarà Wojtyla a nominarlo nel 1985sottosegretario della Congregazione

per il Culto Divino, per poi richia-marlo nel 1987 accanto a sè, sta-volta alla direzione dell’Ufficio del-le celebrazioni liturgiche pontificie.

“Quelli al servizio diretto del Pa-pa - riconosce mons. Marini - sonostati gli anni centrali e più impe-gnativi della mia vita umana e sa-cerdotale: dai 45 anni appena com-piuti quando tutti gli orizzonti mierano aperti, a poco prima dei 66”.

160 VIAGGI NEL MONDO,“UN’ESPERIENZA UNICA”

Un’esperienza “unica” - nonesita a definirla -, vissuta per 18anni al servizio di Giovanni PaoloII e poi di Benedetto XVI per i pri-mi intensi due anni e mezzo di

C’

MONSIGNOR PIERO MARINI:“VI RACCONTO GIOVANNI PAOLO II”Martedì 30 giugno alla Sala dei Teatini il cerimoniere di Papa Wojtyla ripercorrei suoi diciotto anni al fianco di un santo

ONTEFICE SCOMPARSO NEL 2005

Mons. Piero Marini durante una celebrazione alfianco di Giovanni Paolo II. (foto Gennari-Siciliani/SIR)

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Dalla campagna pavese a Roma.Davvero un bel salto quello che ilgiovane prete Piero Marini si trova avivere nel 1965, a poco più di duemesi dall’ordinazione.

Nato a Valverde, nell’allora diocesidi Bobbio, il 13 gennaio 1942, studiateologia nel seminario bobbiese. Or-dinato sacerdote il 27 giugno 1965, asettembre inizia la sua attività nellaCuria Romana nel “Consilium ad ex-sequendam Constitutionem de sacraLiturgia”. Da quel momento, lavoranei vari organismi della Santa Sedeche hanno diretto l’attuazione dellariforma liturgica del Concilio Vatica-no II.

Dalla fine degli anni Settanta pre-sta servizio anche nelle celebrazioniliturgiche presiedute dal Papa e il 12ottobre 1975 è nominato CerimonierePontificio, carica che lascia nel 1985in seguito alla sua nomina a Sottose-gretario nella Congregazione per ilCulto Divino. Il 24 febbraio 1987

Giovanni Paolo IIlo nomina Maestrodelle celebrazioniliturgiche pontifi-cie; avrà anche ilcompito di organiz-zare lo svolgimentodelle celebrazioniliturgiche dei viaggiapostolici del Papasia in Italia che al-l’estero.

Mantiene la di-rezione dell’Ufficioper le celebrazionipontificie anche al-l’inizio del Pontifi-cato di BenedettoXVI, fino al 2007,quando viene nominato alla presi-denza del Pontificio Comitato per iCongressi eucaristici internazionali.

Ordinato Vescovo nel 1998, col ti-tolo di arcivescovo titolare di Martira-no, mons. Marini è laureato teologia

con specializzazione in liturgia pres-so il Pontificio Istituto Liturgico S.Anselmo e in scienze politiche. Nelnovembre 2009 è stato insignito dellaLaurea honoris causa dalla Facoltà diTeologia dell’Università di Friburgo.

(foto Cravedi)

Da Valverde al Vaticano

14 SPECIALE S. ANTONINO

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Pontificato. “È stata una esperienzaecclesiale che mi ha permesso di spe-rimentare la presenza nella Chiesa dioggi dell’ombra di Pietro: Egli infattinei Suoi Successori continua ad an-nunciare la parola evangelica e a cele-brare i Sacramenti nella Chiesa di Ro-ma e nelle diverse comunità dei fedelisparse in tutto il mondo - sottolinea ilpresule -. È stata una esperienza ec-clesiale unica e irripetibile; basta pen-sare agli 80 viaggi internazionali dame compiuti due volte, senza contarei viaggi in Italia. Nessuna esperienzaliturgica del nostro tempo - fa notare -è paragonabile per la varietà deglieventi salvifici commemorati, per ladiversità dei luoghi della celebrazio-ne, per la molteplicità delle situazionie delle soluzioni, per il numero dellepersone incontrate, per la composizio-ne delle assemblee, per la diversitàdelle tradizioni e delle radici culturali,a quella vissuta in questi anni di ser-vizio alla cattedra di Pietro”.

“Insieme con il Successore di Pie-tro - prosegue mons. Marini - ho impa-rato ad amare la liturgia della Chiesa,che ritengo con la fede, il dono piùgrande ricevuto che dà un senso almio vivere umano e sacerdotale inquesto mondo”.

IL PAPA CHE CERCAVA IL CONTATTO CON LA GENTE

Nel suo ruolo prezioso di cerimo-niere, mons. Marini ha anche condivi-so la parabola umana di GiovanniPaolo II, dal vigore degli inizi al decli-no dovuto all’accentuarsi del Parkin-son. L’11 gennaio 1998, fu lui, conprontezza di riflessi e di spirito, a so-stenere il Papa che stava per cadere,all’inizio della celebrazione nella Cap-pella Sistina. L’episodio è rimasto im-presso nella memoria di molti, uno deiprimi segnali d’allarme della malattiache lo accompagnerà fino alla morte,nel 2005.

Anche l’Ufficio per le celebrazionidovette fare i conti con questa pro-gressiva difficoltà di deambulazione,come ebbe modo di raccontarci mons.Marini nel 2003, quando andammo adincontrarlo nel suo studio in Vaticano,alla vigilia del conferimento dell’Anto-nino d’Oro. Prima, lo spostamentodell’altare per non fargli salire le scale.Poi, per far fronte all’impossibilità distare in piedi durante la preghiera eu-caristica - “per lui è una grossa diffi-coltà perché nutre profondo rispettoper il Vangelo e l’eucaristia. Vuolemettersi in ginocchio, tenta ancora distare in piedi al Vangelo, anche se glicosta una fatica immensa” - l’espe-diente del leggio d’appoggio, per offrir-gli un sostegno. Fino alla soluzione

della pedana mobile, che gli permisedi continuare i suoi viaggi.

“Questa condizione fisica - com-mentava in quella circostanza mons.Marini . gli dà anche la possibilità dimostrare un volto nuovo del Papa. Inpassato era un uomo forte, dalla vocepossente. Adesso si presenta come uo-mo debole, che non riesce a stare inpiedi, che ha difficoltà anche a parla-re. Sono testimonianze diverse. Forseper il nostro mondo vale più una testi-monianza senza parole, fatta attraver-so questa difficoltà fisica”. Una testi-monianza ricompensata da un grandeaffetto popolare. L’accoglienza riserva-ta a Giovanni Paolo II era sempre pie-na di entusiasmo. “Il Papa, da parte

sua, amava questo contatto. Volevaessere vicino a chi soffre. Ricordoquando eravamo a Sarajevo e durantetutta la messa aveva fatto molto fred-do. Alla fine gli hanno manifestato illoro rammarico per aver dovuto sop-portare un clima così rigido. E il Papaha risposto: «non è niente rispetto aquello che ha sofferto questa gente».Ricordo anche una volta, in Africa,che il Papa aveva voluto visitare alcu-ne famiglie povere. Andiamo, salutia-mo e alla fine non c’è niente da dare aquesta gente. Allora si volta verso ilsegretario e gli dice: «guarda un po’ intasca se trovi qualcosa…»”.

2007, L’AVVENTURA DEI CONGRESSI EUCARISTICI

Nel 2007 per mons. Marini è ini-ziata una nuova avventura, quella le-

gata alla presidenza del PontificioComitato per i Congressi eucaristiciinternazionali. Attualmente sta lavo-rando alla organizzazione del Con-gresso numero 50, in programma nel2012 a Dublino, in Irlanda, che cadenell’anniversario (ancora una volta ilcinquantesimo) dell’apertura del Con-cilio Ecumenico Vaticano II. “Si trat-ta perciò di fare memoria di un avve-nimento ecclesiale che, in continuitàcon la tradizione della Chiesa, ha sa-puto accogliere le istanze positive del-la modernità vagliandole alla luce delVangelo, al fine di annunciare la sal-vezza alle donne e agli uomini del no-stro tempo”, illustra mons. Marini.“Per questo - aggiunge - il Congresso

del 2012 può diventare, secondo ladimensione internazionale che gli èpropria, uno strumento importanteper promuovere una celebrazioneesemplare e fruttuosa della Liturgiaconciliare; una catechesi rinnovataintorno al mistero eucaristico e allesue ricadute sociali, etiche e culturali;un culto sempre più autentico del Mi-stero della Fede, fonte e culmine dellavita ecclesiale”.

Ribadire la centralità dell’Eucari-stia nella vita del cristiano è priorita-rio anche in un Continente di “anticaevangelizzazione” come l’Europa, incui - osserva il presule - “i diversiPaesi segnati per secoli da una cultu-ra cristiana sperimentano oggi una di-stanza progressiva dai valori della fe-de, un allontanamento dalle radicicomuni del cristianesimo ed una frat-tura sempre più ampia tra Vangelo ecultura”.

Mons. Marini al fianco di Giovanni Paolo II durante la messa celebrata dalPapa nella Cattedrale di Piacenza in occasione della sua visita nel 1988.

15SPECIALE S. ANTONINO

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L’EUCARISTIA, CUORE DELLANUOVA EVANGELIZZAZIONE

La cosiddetta “nuova evangelizza-zione” - termine molto caro anche aGiovanni Paolo II - punta dunque acolmare questa frattura tra fede e cul-tura, riportando al centro la persona diCristo e il suo Vangelo. “La nuovaevangelizzazione è stata e sarà unasfida permanente per i Congressi Eu-caristici - commenta mons. Marini -.L’annuncio del Vangelo e la celebra-zione dell’Eucaristia, infatti, non solofanno vivere la Chiesa ma costituisco-no anche un segno visibile per la so-cietà multiculturale di oggi. Inoltre,Vangelo ed Eucaristia restano gli stru-menti essenziali per portare la salvez-za fino ai confini della terra”.

Altro tema importante è il dialogocon le altre confessioni cristiane e lealtre religioni. “ Nei primi 37 CongressiEucaristici Internazionali non si sonoaffrontati i temi dell’ecumenismo e deldialogo interreligioso se si eccettua –ma solo in parte e con accenti assaidifferenti da quelli odierni – il Congres-so di Gerusalemme del 1893 - precisamons. Marini -. L’ora non era ancoragiunta, ma è auspicabile che nei pros-simi anni venga coltol’essenziale nesso traeucaristia e comunio-ne delle Chiese. Seinfatti, per sua stessanatura, l’eucaristiamanifesta e realizzala forma ecclesiae, es-sa rappresenta nonsolo il fine ma anchela via e il mezzo pergiungere alla comu-nione visibile tra leChiese cristiane”.

Fu a Monaco nel1960 che le relazioniecumeniche comin-ciarono ad entrare apieno titolo nei Con-gressi Eucaristici. I preparativi per ilConcilio appena iniziati avevano con-dotto il beato Giovanni XXIII a creare ilSegretariato per la promozione dell’u-nità dei Cristiani. Da allora in poi, nellaprospettiva ecclesiale del Vaticano II, ilmovimento verso l’unità dei cristiani di-venta parte dei Congressi Eucaristici.Ad esso si è aggiunto, in tempi più re-centi, il dialogo interreligioso che tantospazio ha trovato nella Chiesa a partiredal primo incontro di Assisi voluto daGiovanni Paolo II nel 1986.

“È interessante ricordare, per esem-pio, che l’introduzione delle nuove pre-ghiere eucaristiche nel Messale Roma-no con le loro epiclesi di consacrazio-ne ha favorito l’avvicinamento teologi-co con i fratelli ortodossi, così comel’attenzione data alla Parola di Dio nel

culto cristiano ha condotto alla presen-za ormai normale di rappresentantidelle Chiese riformate nei CongressiEucaristici a partire dagli anni Settan-ta. Così, nelle conferenze congressuali,si pongono con libertà i problemi deirapporti ecumenici in genere, compre-so il problema della intercomunione”.Quanto ai rapporti interreligiosi si sonoavute riflessioni particolari sul rappor-to tra cristianesimo islam e religioni zo-roastriane a Bombay nel 1964; a Nai-robi nel 1985 Giovanni Paolo II si è ri-volto agli hindu e ai musulmani; aSeoul nel 1989 si sono realizzati incon-tri con buddisti e confuciani.

Tutti aspetti che confermano come iCongressi Eucaristici Internazionalinon siano fine a se stessi ma - conclu-de mons. Marini - un mezzo perché il

mistero eucaristico sia sempre più co-nosciuto. “L’Eucaristia celebrata è ilgrande tesoro della Chiesa”.

UOMINI DI SERVIZIODal piccolo paese di Valverde al

Vaticano, il salto per mons. Marini èstato grande. Ma, in ogni sua chiama-ta nella Chiesa, non ha mai perso divista l’essenziale: essere un uomo “diservizio”.

“Penso che il lavoro in Vaticano, trai tanti difetti che porta con sé, ha an-che una grande qualità: il senso dell’u-miltà - ci spiegava nel 2003 - . Come ciricorda il Vangelo: quando avete fattoil vostro dovere, dovete dire «siamoservi inutili». L’importante è lo spiritodi servizio che deve animare chi èchiamato a lavorare qui. Poi se unodiventa cardinale o vescovo è menoimportante. Ciascuno deve dare il suocontributo con umiltà, perché è questoil modo di costruire la Chiesa”.

Barbara Sartori

16 SPECIALE S. ANTONINO

I Congressi eucaristici sono natinella seconda metà del secolo XIX inFrancia. È stata una donna, Emilie Ta-misier, su ispirazione di san Pier Giu-liano Eymard, chiamato “l’Apostolodell’Eucaristia”, a prendere l’iniziativadi organizzare, con l’aiuto di altri laici,sacerdoti e vescovi e con la benedizio-ne del papa Leone XIII, il primo Con-gresso eucaristico internazionale a Lil-le, nel 1881, il cui tema era: “L’Eucari-stia salva il mondo”.

Con il pontificato di Pio XI i Con-gressi eucaristici diventano internazio-nali, nel senso che cominciano ad es-sere celebrati a rotazione in tutti i con-tinenti, acquistando una dimensionemissionaria e di “ri-evangelizzazione”(espressione usata per la preparazionecapillare al Congresso di Manila del1937).

A partire dal 37° Congresso celebra-to a Monaco nel 1960 i Congressi eu-

caristici internazionali vengono chia-mati “statio orbis” (una proposta delgesuita Josef Jungmann), con la cele-brazione dell’Eucaristia come centro eculmine di tutte le varie manifestazionie forme di devozione eucaristica.

In seguito, il Concilio Vaticano II,con la Costituzione “SacrosanctumConcilium” del 1963, l’Istruzione “Eu-charisticum mysterium” del 1967 (n.67) e in modo particolare il RitualeRomano “De sacra communione et decultu mysterii eucaristici extra Mis-sam” del 1973 (nn. 109-112), spiega lanuova immagine e indica i criteri perla preparazione e celebrazione deiCongressi eucaristici, che da quel mo-mento in poi si apriranno ai problemidel mondo contemporaneo, all’ecume-nismo e anche, nella preparazione, aldialogo interreligioso.

Nel giugno del 2012 avrà luogo il50° Congresso Eucaristico Internazio-nale, a Dublino, in Irlanda. Si ricorderàanche il 50° anniversario dell’inaugu-razione del Concilio Vaticano II che hasegnato un importante momento di rin-novamento e di approfondimento del-l’insegnamento della Chiesa e dellasua autocomprensione come “Corpo diCristo” e “Popolo di Dio”.

Per questo il tema scelto per l’in-contro è “ L’Eucaristia: Comunionecon Cristo e tra di noi”.

Il prossimo appuntamento a Dublino nel 2012 a 50 anni dal Vaticano II

I Congressi eucaristici nati nell’800dall’intuizione di una donna

4 luglio 2003, mons. Marini riceve l’Antonino d’oro. Alsuo fianco l’allora vescovo di Piacenza-Bobbio mons. Lu-ciano Monari e il card. Luigi Poggi.

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tra di essi prenderò sacerdoti per me” è il versetto del Libro delprofeta Isaia che Pino Balordi ha scelto come titolo della sua mo-stra fotografica “Preti tra la gente” che rimarrà allestita, nei giornidella festa del patrono, nel chiostro della basilica di Sant’Antonino.

“Le foto, scattate durante l’anno sacerdotale – ha spiegato –,vogliono essere un omaggio ai presbiteri piacentini. Soprattutto inun momento di carenza di vocazioni come quello che stiamo vi-vendo era doveroso omaggiare queste persone che offrono la vitaper l’evangelizzazione”. L’idea è nata, poco più di un anno fa, altermine della mostra “All’aurora io ti cerco” (che fu allestita inSan Sisto) sul tema della preghiera, da un dialogo con don Giu-seppe Basini. “Ho voluto – ha spiegato – fotografare i sacerdoti sianello svolgimento delle celebrazioni che durante la vita di tutti igiorni, impegnati nelle loro attività quotidiane”. In mostra ci sa-ranno trenta foto rigorosamente in un morbido bianco e nero.Una caratteristica del lavoro di Balordi è che tutto è eseguito arti-gianalmente: scatta rigorosamente in pellicola, poi cura lo svilup-po dei rullini e la stampa delle foto in ogni minimo dettaglio. “La-voraresu questo tema – ha concluso – mi ha particolarmente en-tusiasmato anche perché da 30 anni vivo un cammino di fedeneo-catecumenale ed ho avuto modo di conoscere dei sacerdoticon eccezionali doti spirituali ed umane”.

Sempre nel chiostro della basilica esporrà Carlo Mistraletti conil suo tradizionale appuntamento “Antonino d’oro e dintorni”. Isuoi scatti fissano volti e raccontano storie accadute nella nostracittà con il suo stile fresco e vivido.

La mostra sui sacerdoti prende il via sabato 26 giugno e si con-clude l’11 luglio. Orari di visita: ore 9-12 e 16-19.

Giovanna Ravazzola

A destra, una delle foto di Giuseppe Balordi in mostra.

“E

AL 26 GIUGNODLE MOSTRE FOTOGRAFICHENEL CHIOSTRO DELLA BASILICA

18 SPECIALE S. ANTONINO

L’omaggio di Pino Balordi ai sacerdoti e l’esposizione di foto di Carlo Mistraletti

NOVITÀ ED EVENTI

Le iniziative tra fede, musica e culturaLa fiera cittadina, che si svolgerà il 4 luglio dalle ore

7 alle 24, quest’anno subirà una variazione nella dispo-sizione dei banchi. Per questa edizione sono stati asse-gnati 515 parcheggi che si snoderanno in parte sul Pub-blico Passeggio, via Giordani e via Alberici. Ma a cau-sa dei lavori di via Scalabrini e della riduzione dellospazio disponibile su Piazzale Libertà, occupato dallafontana, gli ambulanti che normalmente espongono laloro merce in quella zona verranno trasferiti altrove.L’Amministrazione comunale sta ancora studiando que-sta parte di percorso prendendo in esame piazza Duo-mo, piazzetta delle Grida, via Cavour, oppure prolun-gando il tratto della fiera su Corso Vittorio Emanuele.

L’aspetto “consumistico” da sempre accompagnaquello religioso e culturale della festa. Oltre alla tradi-

zionale messa solenne del 4 luglio alle 11 nella basilicadel patrono celebrata dal Vescovo - a cui seguirà l’offer-ta dei ceri e la consegna dell’Antonino d’Oro - il riccoprogramma delle manifestazioni avrà inizio lunedì 28giugno. Alle 21, nella basilica di S. Antonino, si esibiràl’orchestra universitaria di Pavia “Camerata de’ Bardi”.Musica anche martedì 29 giugno alle ore 21 con laperformance del coro polifonico Farnesiano e giovedì 1°luglio con le danze del gruppo “Otrada” in piazza S.An-tonino. Si segnalano due eventi alla sala dei Teatini alleore 21. Il primo mercoledì 30 giugno è un incontro daltitolo “Giovanni Paolo II: un Papa visto da vicino” conl’intervento di mons. Piero Marini; il secondo sabato 3luglio dal titolo “Il Vangelo: un dono per l’uomo e lacittà” su cui terrà una relazione mons. Luciano Monari.

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l’unico piacentino divenuto Papa,eppure il beato Gregorio X resta perla maggior parte dei suoi concittadi-ni un illustre sconosciuto. Tutt’alpiù, lo si conosce per la statua inbronzo dello scultore Giorgio Grop-pi che lo raffigura, assorto, col pa-storale tra le mani e la mitria ai pie-di, nel “Portico del Paradiso” dellabasilica di Sant’Antonino. Pensareche invece la città che ne ha accoltole spoglie, Arezzo, lo ha eletto comeco-patrono ed ogni anno il 10 gen-naio – anniversario della morte, av-

venuta nel 1276 – ripete la cerimo-nia dell’offerta dei ceri in Cattedrale,dove è sepolto.

L’occasione per recuperarne l’ere-dità spirituale viene col 2010, a ot-tocento anni dalla nascita. E non acaso parte da Sant’Antonino, la ba-silica nella quale, come canonico,maturò il suo carisma di pacificato-re. In secoli di discordie e lotte san-guinose, Gregorio X operò solo esoltanto per la riconciliazione, capa-ce di sperare contro ogni speranza,aggrappato – come ben lo raffigurala statua del Groppi - a quel croci-fisso con cui affrontava le turbolen-ze del suo tempo.

Nel giugno 2011, a conclusione

dell’800° anniversario, sarà ultimatoil restauro della tela che raffiguraGregorio X collocata all’ingressodella basilica entrando dalla Portadel Paradiso. Il restauro sarà finan-ziato dall’associazione Inner Wheel.

UN DOPPIO RECORDErano gli anni degli scontri tra

guelfi e ghibellini, le fazioni politi-che che spaccavano in due le città,in una spirale di violenza che pare-va senza rimedio, anche perché era

specchio di un gioco di potere piùgrande, che andava ad investire ledue autorità-chiave del Medioevo: ilPapato e l’Impero. Al suo interno, lastessa Chiesa era percorsa da cor-renti di riforma che non di rado de-ragliavano nell’eresia. Dal 1050 icristiani d’oriente e quelli d’occiden-te erano divisi da uno scisma origi-nato più dalla politica che da diver-genze dottrinali, mentre i musulma-ni avanzavano nei luoghi santi doveera vissuto Gesù.

In questo turbinio di eventi, laProvvidenza si fece sentire attraver-so la voce di alcuni santi uomini edonne. Tra questi, anche il piacenti-no Gregorio X, al secolo Tedaldo Vi-

sconti. Con la sua elezione al sogliopontificio nel 1271, segnò due re-cord in un solo colpo. Fu scelto, al-l’unanimità, in neanche un giorno,dai sei cardinali autorizzati a nomi-nare il successore di Pietro dopo treanni di impasse che lasciarono –per colpa di meschine rivalità inter-ne al Collegio cardinalizio – la Chie-sa senza guida. E fu nominato no-nostante fosse solamente diacono,per le virtù morali e la saggezza cheaveva saputo dimostrare in tanti an-ni di fedele servizio alla Chiesa. Lanotizia lo colse di sorpresa, mentresi trovava in Terra Santa, a San Gio-vanni d’Acri, ultimo caposaldo cro-ciato tra i saraceni.

È

Sopra, la statua di Giorgio Groppi dedicata a Gregorio Xnel portico del Paradiso della basilica di Sant’Antonino.Nella foto a lato, l’urna che custodisce il corpo del Beato piacentino nel Duomo di Arezzo.

800 ANNI DALLA NASCITAAGREGORIO X, IL DIACONOCHE DIVENNE PAPA

19SPECIALE S. ANTONINO

È stato l’unico piacentino successore di Pietro: il carisma della riconciliazione in secoli di lotte, anche dentro la Chiesa

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AL SERVIZIO DI GIACOMO DA PECORARA

Tedaldo Viscontinacque a Piacenzanel 1210, rampollo diuna nobile famigliache vantava parenteleimportanti, a partiredal monaco Baiamon-te, abate cistercense aChiaravalle della Co-lomba. La vocazionesi fa sentire presto, in-sieme alla spiccatasensibilità per la TerraSanta e al desiderio difarsi messaggero dipace in una Piacenzaperennemente in ebollizione. Perfino icanonici erano in discordia tra loro; lebeghe non mancavano ad esempio traquelli del capitolo di S. Antonino (dicui Tedaldo entrò a far parte) e quellidella Cattedrale. Nel 1235, l’opposizio-ne del clero aveva addirittura ostacola-to la nomina del Vescovo.

Sul fronte civico non andava me-glio. Guglielmo Landi, ghibellino fede-le all’imperatore, aveva inviato a Fe-derico II le chiavi della città, suscitan-do lo sdegno delle famiglie guelfe. Persbrogliare una matassa simile ci vole-va un diplomatico fine, che conosces-se però la situazione locale. La solu-zione arrivò insieme al cardinale Gia-como da Pecorara, vescovo di Pale-strina e Legato Pontificio, che vollequel giovane di belle speranze nelproprio seguito, affidandogli l’organiz-zazione logistica dei suoi viaggi diplo-matici. Tedaldo assisterà da vicino al-le manovre con cui Federico II perse-guitava il vescovo di Palestrina. Con-dividerà l’avventurosa traversata ver-so la Francia, a Lione, dove il cardina-le era stato inviato per arginare l’ere-sia degli albigesi. Sarà con lui a Liegi,guadagnandosi, in segno di ricono-

scenza, il titolo di arcidiacono dellaCattedrale belga.

L’INTUIZIONE PROFETICA DI GREGORIO X

A Liegi – la diocesi in cui nacque lafesta del Corpus Domini – Tedaldo faritorno dopo la morte del suo primomaestro, impegnandosi per la riformadel clero, ma soprattuto dando l’esem-pio con la sua stessa vita, nonostantelui non fosse sacerdote, ma un sempli-ce chierico. A Parigi studia teologia eha come compagni Bonaventura diBagnoregio e Tommaso d’Aquino. Nel1265 partecipa alla missione del Lega-to pontificio Fieschi in Inghilterra. Nel1269, dopo essere stato in Terra Santacol cuore per cinquant’anni, vi giungeinfine anche col corpo. Ma che delu-sione, a San Giovanni d’Acri, trovare icrociati divisi e assetati di potere!

Cambiano le località, non cambiala sua missione di conciliatore, checontinua in Palestina e, da qui, unavolta eletto Papa col nome di Grego-rio X, ovunque si sentirà chiamatodalla Provvidenza. L’apice si avrà colConcilio ecumenico di Lione del

1274, cui partecipa-no – evento straordi-nario – anche i rap-presentanti dellaChiesa d’Oriente eperfino tre ambascia-tori del Gran Khandei Tartari, che si fe-cero battezzare. A di-spetto dello scettici-smo generale, inConcilio il Papa ot-tenne non solo unimportante accordocon gli ortodossi.Riuscì anche a con-durre un’inchiesta ri-gorosa sui mali dellaChiesa e ad incassa-re l’appoggio dei recattolici per una

nuova impresa in Terra Santa.

PACIFICATORE DI RE E CONCILIATORE DI POPOLI

Tanto lavoro diplomatico, tanto amo-re per giustizia, tanta preghiera: la ricet-ta di Tedaldo, prima e dopo l’elezione aPapa, è sempre stata la stessa. Se ciòche pareva a portata di mano fu poi va-nificato – vedi la prospettiva della riuni-ficazione con la Chiesa d’Oriente – èperché le sue intuizioni non venneroportate avanti con la stessa tenacia.Morì in viaggio, com’era vissuto, men-tre da Lione stava facendo ritorno a Vi-terbo, dove aveva sede la Curia. Ferma-tosi ad Arezzo per celebrare il Natale, siammalò. Il suo fisico non era robusto elui non si era mai risparmiato.

”Pacificatore di re e conciliatore dipopoli” – come fu definito - dal “Porti-co del Paradiso” della basilica diSant’Antonino Gregorio X continua arichiamare ai suoi concittadini il valo-re della concordia, in nome di quellacroce che ha voluto abbracciare finoin fondo, rifiutando la logica della spa-da per aderire a quella dell’amore.

Barbara Sartori

20 SPECIALE S. ANTONINO

Il beato Gregorio X raffigurato in un affresco nella Cattedrale di Arezzo.

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21SPECIALE S. ANTONINO

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oprattutto in un momento così dif-ficile, le buone notizie hanno pro-prio un buon sapore. Stavolta vo-gliamo darne una. Lasciando, al-meno per il tempo della lettura diqueste righe, i cattivi pensieri fuoridalla nostra mente. È la storia diuna ragazza che ha deciso di sfida-

re la crisi con una scelta controcor-rente: aprendo un negozio. Comelei, ce ne sono altri che credono inun progetto, anche con l’aiuto dialcuni “addetti ai lavori”.

Passeggi in centro e un po’ didesolazione ti assale. Il cartello “af-fittasi” si ripete più volte sulle vetri-ne di alcuni negozi ora vuoti.

In un momento così difficile,però, c’è anche chi ha il coraggio di

rischiare e di buttarsi per realizzareil proprio sogno. Beatrice Anelli èpiacentina ed ha 26 anni. Il 20marzo scorso ha inaugurato la sua“Matilda”, libreria specializzata perragazzi (www.libreriamatilda.it) inpieno centro storico (Cantone deiCavalli, 9).

BEATRICE E LA SUA “MATILDA”.

Una laurea triennale in Arti visi-ve e dello spettacolo (facoltà diDesign), la specialistica in Econo-mia delle arti (entrambe consegui-te a Venezia), un corso di alta for-mazione per librai di 9 mesi a Or-vieto, uno stage alla libreria “Gian-nino Stoppani” di Bologna (se non

ve lo ricordate, è Gian Burrasca)ed uno alla Feltrinelli di Piacenza.La competenza non manca a unaragazza che da sempre ama ilmondo dell’editoria. E nemmeno ilcoraggio. Prima di tutto perché, sisa, in Italia si legge poco. E poi,pur potendo contare sul pieno ap-poggio degli amici e della famiglia,non sono mancate le raccomanda-zioni: “Stai aprendo in un annomolto difficile..”.

La scelta cade sul vasto mondodella letteratura per ragazzi, “uno

spazio lasciato vuotodal mercato piacenti-no”. Strategicamente,Beatrice comincia astringere una rete dirapporti con differentirealtà, locali e non.“La sinergia fra realtàcommerciali conta.Non ci si può chiude-re nella propriarealtà, specialmentese si è nuovi sul mer-cato”.

Beatrice esprimesoddisfazione perquesta decisione, per-ché “ho voluto crearequesto spazio per lo-ro, i bambini e i ra-gazzi. Volevo che fos-se un luogo di incon-tro. Qui possono fer-marsi a parlare, sevogliono”. La libreriainfatti organizza labo-ratori di découpage,maschere, gioielli ,origami, oltre a festedi compleanno ed in-contri di lettura ad al-ta voce. Dall’11 giu-gno al 30 luglio, in

occasione dei Venerdì piacentini,“Matilda” ha in programma unaserie di attività per tutti, bambinied adulti. Il 25 giugno, ad esem-pio, sarà la volta di “Alla scopertadi Piacenza, per Giove!”, una cac-cia al tesoro ispirata alla storia diUlisse. Avrà inizio alle 21 dalla li-breria e porterà i partecipanti in gi-ro per la città alla scoperta di stra-ni personaggi.

S

Beatrice Anelli nella sua libreria “Matilda” in cantone Cavalli a Piacenza.

I GTEMPO DI CRISI? E IO AVVIO UN’IMPRESA

IOVANI E IL FUTURO

Beatrice Anelli, 26 anni e la sua libreria “Matilda”. Il Progetto Fiducia dell’Unione Commercianti in aiuto ai giovani

22 SPECIALE S. ANTONINO

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LE ATTIVITÀ AVVIATE CON “PROGETTO FIDUCIA”

La storia di Beatrice potrebbe esse-re quella di altri giovani con tanteidee e voglia di fare. Certo, diventareimprenditori di se stessi è assai facilea dirsi, ma non a farsi. Soprattutto perquanto riguarda l’accesso al credito.

Il Progetto Fiducia dell’Unionecommercianti di Piacenza è una con-venzione tra il Gruppo Giovani Im-prenditori dell’Unione commerciantidi Piacenza e quattro importanti isti-tuti di credito: Cariparma, Banca diPiacenza, Credito Cooperativo e Ban-ca Popolare dell’Emilia-Romagna.

L’accesso al credito deve essere fa-vorito per coloro che hanno idee vali-de, ma non possono offrire garanzie:è questo il cuore del progetto. Ogniidea presentata da giovani imprendi-tori (fino a 39 anni) è soggetta alla va-lutazione di una commissione mistacomposta da giovani imprenditori eda funzionari di istituti bancari. Unavolta ottenuto il placet della commis-sione, l’imprenditore può accedere aun credito fino a 50.000 euro senzagaranzie. In altre parole, senza la ne-cessità di costituire un’ipoteca sullacasa di proprietà dei genitori.

“Siamo stati i primi in Italia, un an-

no e mezzo fa. Le banche ci hannocreduto e grazie al nostro progetto so-no nate una decina di imprese, tracittà e provincia”, spiega il direttoredell’Unione Commercianti, GiovanniStruzzola. Gli imprenditori che si so-no appoggiati a Progetto Fiducia han-no mediamente 30 anni e sono equa-mente distribuiti tra uomini e donne.Le attività che ne hanno beneficiatosono disparate: si va dal bar e dalla

ristorazione alla palestra, dall’aziendache commercia cialde di caffè al mu-seo delle cere di Grazzano Visconti,dalla vendita di fitofarmaci alla curadei giardini.

“Il nostro è un passe-partout peraprire le porte ai giovani”, continuaStruzzola. Non c’è un termine entro ilquale presentare il proprio progettoimprenditoriale, gli interessati posso-no proporsi in qualunque momento.

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Il dott. Giovanni Struzzola, direttore dell’Unione Commercianti di Piacenza.

23SPECIALE S. ANTONINO

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Una buona notizia, final-mente. Ma non è ancora fini-ta; perché in poche righe riu-sciremo a smentire persinol’affermazione con cui abbia-mo aperto questo pezzo. Ladesolazione delle vetrine vuo-te del centro. Ed è il direttoreStruzzola a farci indossare,per una volta, un paio di oc-chiali nuovi.

“Talvolta abbiamo una vi-sione distorta dei numeri delcommercio. Certo, ogni nego-zio che chiude in centro è unaluce che si spegne. E che lorende meno appetibile. Dob-biamo però aggiungere che al-cuni negozi che oggi sonochiusi si sono semplicementetrasferiti altrove. Ad esempioperché gli affitti sono troppoalti. O per godere di una mag-giore accessibilità. Ho un ami-co che oggi ha il suo negozioin periferia e si dice rinato.Davanti a sé ha un ampio par-cheggio. I suoi clienti lo han-no seguito e sono più contentiperché possono raggiungerecomodamente in macchina ilnegozio”.

Cristina Ibba

Alfredo Parietti è il nuovo Presidentedell’Unione Commercianti di Piacenza

Il 27 maggio scorso sono stati elet-ti i venti membri elettivi del Consigliodirettivo dell’Unione Commerciantiper il triennio 2010-2013. Sono: Ste-fano Biggi, Roberto Carbonetti, EnzoCasaroli, Romano Davoli, MarisaEgalini, Fulvio Farina, Andrea Fermi,Susanna Fioruzzi, Roberto Gugliel-metti, Maurizio Lanzoni, Claudio Li-belli, Claudio Magnelli, CorradoMarchetti, Lorenzo Marchi, MassimoMorici, Luca Moschini, Sicuro GuidoMusetti, Piergiovanni Niccolai, Ro-berto Santagostino, Marco Turri.

A questi si aggiungono 27 membridi diritto.

In quella stessa data il Consiglioha eletto il nuovo Presidente dell’U-nione Commercianti, il rag. AlfredoParietti.

Nella foto a lato, Alfredo Parietti,neoeletto presidente dell’UnioneCommercianti di Piacenza.

24 SPECIALE S. ANTONINO

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OOM IN DIOCESIUN B

orneo di calcetto? Può andare. Festadell’oratorio? Va bene. Non abba-stanza, però, per contenere la furiacreativa delle nostre parrocchie.Che da un po’ di tempo a questaparte hanno trovato pane per i lorodenti: il musical.

Selezionano tra papabili copioniquello più accessibile, tenuto contodelle persone e risorse disponibili.Studiano. Insegnanti si improvvisa-no sarte, medici si prestano a fare iregisti. Si arrabattano tra mercatinialla ricerca di vestiti e tessuti. Pro-vano ore ed ore a settimana, la sera.Discutono. Rinunciano alla visionedella partita di calcio (la mente quiva alla componente maschile) per leprove del musical. E riconoscereteche non è un sacrificio da poco permolti.

Soffrono. Ridono. Probabilmenteconvertono.

Sì, danno una scossa. Perché lagente – anche quelli che a messanon si vedevano da un po’ o non sisono mai visti – esce con gli occhirossi dopo aver visto il loro spetta-colo. O perché anche i più refrattarialle cose di chiesa si offrono di dareuna mano.

Perché impazzano i musical? L’a-genda diocesana è fitta. Non fai intempo a vederne uno che già pensi

al prossimo spettacolo.Il musical è lo stru-

mento di evangelizza-zione del nostro tempo?Siamo andati a chieder-lo ad alcuni dei protago-nisti: la compagnia dei“Viaggiattori”, Anna So-linas ed i ragazzi dellaparrocchia di San Cor-rado, rispettivamenteimpegnati nei musical“Il Risorto. Oltre il dolo-re e la croce”, “Lui vive in te” e“Madre Teresa. La matita di Dio”.

L’ESPERIENZA DEI “VIAGGIATTORI”

L’avventura che ha condotto almusical “Il Risorto. Oltre il dolore ela croce”, scritto e composto da Da-niele Ricci (noto autore di canti reli-giosi), è cominciata due anni fa.Un’idea per coinvolgere i giovanidella parrocchia. Tra le 35 e le 44persone sul palco, la maggior partedelle quali giovani e di San Vittore.Qualcuno viene dalla SS. Trinità,qualcuno da Gossolengo. Una com-pagnia che ha scelto il nome di“Viaggiattori”, che bene racchiudele due anime del gruppo. “Siamo unpo’ attori e un po’ viaggiatori, stia-mo facendo un cammino di fede

nell’ambito teatrale”, ha spiegato ilregista e direttore artistico del musi-cal il dott. Gianluca Gandini.

L’ultima rappresentazione, il 9aprile scorso al teatro President, se-rata a sostegno del nuovo oratoriodella SS. Trinità. “Sono già arrivaterichieste di replica, le stiamo valu-tando”, ancora Gandini. “Sicura-mente il 24 ottobre, in occasionedell’inaugurazione alla presenza delVescovo del nuovo centro poliva-lente della parrocchia di San Vitto-re, saranno riproposte alcune can-zoni dello spettacolo”.

Si può parlare di una forza evan-gelizzatrice del musical? AnnalisaMissieri si occupa delle coreografieed interpreta una donna del popolo:“Non è che uno vede il musical eviene illuminato sulla via di Dama-sco. Ma aiuta a tenere viva la spiri-

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Anna Solinas, regista del musical “Lui vive in te”.

A Piacenza sono stati di recente proposticon grande successo tre spettacoli

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tualità. È un po’ come se questo sia unluogo dove lo Spirito parla. Rispetto adaltri riti che sembrano statici, fissi”.Perché “il rischio è quello di fossilizzar-si un po’, continuare a dire tante cosestanca e fa calare l’attenzione. Costrui-re qualcosa, fare esperienze che ti fan-no crescere, invece aiuta molto. E fasentire più uniti”, conferma Paola Moro(Maria nel musical), che ha anni di ca-techismo coi ragazzi sulle spalle. Le faeco Gianluca: “È un po’ quello che di-ceva Chiara Lubich, quando diceva diamare anche con i muscoli”.

Una fatica che per Marina Mazzeo,direttore della fotografia ed interprete diuna donna del popolo, “è sembrata giàevangelizzatrice per noi! Mi è servitopiù di mille messe! La voglia di ritrovar-si, la voglia di fare... mi è sembrato dimettere in pratica dei contenuti. Abbia-mo visto tra il pubblico persone com-mosse, anche persone che non sonocredenti o non sono molto praticanti.Allora mi sento di dire: quando passaquesto tipo di evangelizzazione, nonvedo niente di meglio!”.

Se è vero, come sostiene BenedettaCesare (che ha il ruolo di Miriam, la so-rella di Maria), che “un musical a sfon-do religioso può essere un’altra chiavedi lettura”, persino Dario Caldini (Gesù)non nasconde che anche per lui, qual-cosa è cambiato. “Prima di questa espe-rienza andavo a messa, cantavo nel co-ro, ma mi sentivo distaccato a livellospirituale. Sicuramente ora vivo il miorapporto con la fede in modo più inten-so. Magari molti giovani vedono la litur-gia come una routine, com’era per me.Il musical può interessare a tutti e aigiovani può dare un bello scossone!”.

La parrocchia di San Corrado e il musical “Madre Teresa. La matita di Dio”

Quando la leggerezza di una canzonefa rima con l’impegno

(C.I.) Quest’anno il coro di SanCorrado si è cimentato con il musical“Madre Teresa. La matita di Dio”,che si rifà a “Teresa. Il musical” diMichele Paulicelli. Una parrocchiache non è nuova a queste iniziative,avendo presentato nel 2004 “France-sca. Una vita per la vita” (ispirato al-la storia di suor Francesca SaverioCabrini) e nel 2007 “La tunica di Jo-seph”, che hanno avuto una notevolerisonanza anche fuori da Piacenza.

Il 5 giugno scorso si sono esibitipresso il Teatro parrocchiale della Sa-cra Famiglia a Piacenza. A partire dal-l’autunno il cast si renderà disponibilea replicare gratuitamente in altre par-rocchie o nella sede di associazioni.

“Certo che può essere uno stru-mento di evangelizzazione, a condi-zione che sia condiviso. Il personag-gio protagonista deve essere cono-sciuto ed approfondito da tutti”, cosìci ha risposto il regista Luigi Merli. Sipuò fare missione anche cantando,insomma. A condizione che tutte lepersone impegnate in questo progettosiano preparate e “formate”.

D’altronde lo spettacolo, e primaancora la vita di Madre Teresa, pro-pone al pubblico temi forti e di gran-de attualità. Uno di questi è l’abban-dono incondizionato e fiducioso allaProvvidenza. E la potenza del dono,quell’amore che lava via ogni impu-rità, ogni bruttura.

“Il musical aiuta a far comunità”,dice Sara Carini, interprete di unadonna che rischia la lapidazione peraver scelto di tenere il bambino fruttodi un amore illegittimo. “Madre Tere-

sa sta operando anche in questogruppo, ad esempio avvicinando del-le persone che prima non si conosce-vano tanto bene. O mescolando per-sone di età diverse”.

La musica è un linguaggio univer-sale. E questa forza si sente anchequi. “Bisogna cambiare il modo di in-teragire con i giovani”, dice RaffaellaTanzarella, interprete di suor Bettina.“Spettacoli come questo offrono lapossibilità di ascoltare temi importan-ti attraverso canzoni che hanno il rit-mo della musica moderna”. Niente

prediche cantate, insomma. Brani chehanno anche la leggerezza di unacanzone che passa la radio. “Il musi-cal me l’ascolto anche in macchinamentre vado a lavorare”, dice la sartaSandra Franchi, nella vita insegnante.

Sopra, il gruppo della parrocchia cittadina di San Corrado; da sinistra,Annalisa Missieri, Marina Mazzeo,Paola Moro, Benedetta Cesare e il regista Gianluca Gandini.In alto a sinistra, il cast del musical “Madre Teresa. La matita di Dio”.

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Intanto il cammino dei “Viaggiattori”non si arresta. La compagnia, di cuinon fa più parte Dario Caldini, sta va-lutando di iscriversi alla Federgat (Fe-derazione Gruppi Attività Teatrali), unastruttura nazionale che ha tra i suoicompiti principali il coordinamento deiGat, i gruppi e le esperienze teatraliamatoriali di ispirazione cattolica cheoperano a livello regionale.

“IL RE LEONE”AL FARNESE“Il musical come strumento di

evangelizzazione? Tutto dipende dachi ascolta. Questo vale per uno spet-tacolo come per il Vangelo! Credo co-munque che sia arrivato il nostro mo-

do di fare le cose: andare avanti insie-me”. Parla Anna Solinas, regista delmusical “Lui vive in te” (liberamentetratto da “Il re leone musical”), in sce-na nel cortile di Palazzo Farnese il 21giugno (in caso di pioggia, il 22).

Racconta di aver cercato di far arri-vare tutti fine alla fine, con gli accorgi-menti necessari. Cambiando il copio-ne, modificando canzoni e recitazioneper far partecipare tutti. “L’ultima per-sona, la meno importante, per noi nonla è”. Uno stile che si sintetizza in unoslogan: accettare ed essere accettati.“Non devono essere tutti bellissimi,perfetti e ineccepibili. Ognuno di noiha qualità da valorizzare. E se c’è unaparte carente, si cerca di aggiustarla”.

Un messaggio che è già la storia delmusical a trasmettere al pubblico. Lospettacolo narra le vicende del cartoneanimato “Il re leone” (prodotto da WaltDisney Pictures). Pur non essendo di-rettamente a contenuto religioso, portacon sé valori che sono anche quelli delcristianesimo. “Il messaggio principaleè il senso di responsabilità. Dobbiamocapire chi siamo e cogliere il nostro po-sto nel cerchio della vita. Dal punto divista cristiano può essere tradotto conla domanda: quali sono i tuoi talenti?”.

Talenti - prima di tutto umani - chesono stati privilegiati: “L’attenzione al-le persone viene prima del risultato ar-tistico”.

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ESTAURI NELLA BASILICAI R

montati i ponteggi, tolti i veli cheproteggevano dalla polvere e cela-vano alla vista i suoi tesori d’arte,il presbiterio della basilica diSant’Antonino mostra ora tutto ilsuo splendore, dopo un ciclo di re-stauri che ha interessato le tre pa-reti e soprattutto le monumentalicornici in stucco che inquadranole tele dipinte da Robert De Longe,già oggetto di restauro in anni re-centi.

Certamente questo spazio haguadagnato in luminosità e splen-

dore, non solo perché sono stati eli-minati secoli di nerofumo e polvere:ora infatti le pareti, che erano inbasso di un cupo colore rosso da-masco, sono di una chiara tintaneutra; spiccano in più punti (a de-stra soprattutto) alcuni piccoli ri-quadri, “finestrelle” che testimonia-no una ritrovata pittura più antica,con motivi ornamentali. Colpisconoper armonia compositiva le quattrolesene che scandiscono in verticalelo spazio, eleganti “candelabre” conun concatenarsi di racemi e puttiabbracciati a tanto ricco fogliame;

la sobria tonalità monocroma risal-ta sul luminoso sfondo giallo oro,un forte chiaroscuro conferiscestraordinario plasticismo.

La vera novità la dobbiamo arecenti acquisizioni archivistichedello storico Giorgio Fiori: è docu-mentato che questi dipinti a tem-pera su intonaco sono anch’essiopera del pittore De Longe autoredei teleri, che fu pagato in più conlire 210 proprio per le pitture “so-pra delli piloni del Choro” (Libertà,10/7/2009).

Ma ora un po’ di storia, prima didescrivere le opere che ornanoquesto spazio rinnovato e ritrovato.

Diciamo subito che l’area occu-pata dall’altare maggiore non ebbesempre questa forma planimetrica.

Un tempo, mille anni fa, le trenavate si concludevano, come diconsueto allora, con absidi semi-circolari protese verso oriente (se-condo una chiara simbologia pro-pria del Medioevo; a est sorge ilsole, la luce: Cristo è la luce delmondo). Quell’antica basilica, frut-to del cantiere del vescovo-conte

Sigifredo (1004-1014) inglobavaun sacello-martyrion che nel IV se-colo aveva accolto le spoglie delmartire Antonino. L’edificio, comeancor oggi, era di notevoli propor-zioni e di grande spazialità dovutaalla vasta planimetria orizzontale ealla notevole dimensione in altez-za (ancor più notevole se rapporta-ta ai tempi), ed era tutto affrescato,come rivelano lacerti di affreschiancora visibili nel sottotetto: pittu-re di immenso interesse, dell’XI se-colo, stile tardo bizantino-protoro-manico; alcuni frammenti, “strap-pati” per restauro e conservazione,sono ora appesi nel transetto nord(uscita su via Scalabrini).

Nei secoli la basilica fu spessooggetto di lavori che ne hanno mo-dificato o pesantemente alteratol’aspetto originario: nel XIV secolofu costruito il monumentale atrio-pronao detto “il paradiso”; a metà’400 furono realizzate le volte dicopertura delle navate; alla finedel ’400 fu costruito il chiostro. Ar-riviamo così al 1562, quando ven-ne abbattuta l’abside centrale pererigere l’attuale presbiterio a pian-ta quadrangolare, in attuazione delprogramma post-conciliare: il Con-cilio di Trento (1545-1563) si oc-cupò infatti di teologia (erano itempi di Martin Lutero), ma anchedi problemi pratici inerenti gli spa-zi sacri, gli arredi, la liturgia (cosìcome in anni recenti il ConcilioVaticano II).

Il nuovo più ampio presbiteriofu interessato in tappe successiveda cicli di interventi per arredo eornamento. Per prima cosa furonoaffrescate le volte (1624-1628, re-staurate circa vent’anni fa), operadi Camillo Gavasetti, buon pittoremodenese (1596-1630) attivo an-che in altre chiese della città (citodue sue tele nel fregio in SantaMaria di Campagna). Nella voltasopra il coro è raffigurata una vi-sione apocalittica (Giov. 4,2): unvecchio con spada sguainata ca-valca un bianco destriero, in arditoscorcio prospettico al centro dellascena, affiancato da due angeli;fanno corona tutt’attorno le nubipopolate di santi, vegliardi e putti-ni giocosi. Lo scritto dell’Apocalis-se è richiamato nei cartigli degliangeli dipinti nelle lunette laterali.

SIL PRESBITERIO SVELATO

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Nella volta sopra l’altare è rappre-sentato Dio Padre in gloria in un cer-chio luminoso; nelle nubi tutte intor-no possiamo vedere angeli, profeti esibille.

Il Gavasetti affrescò anche la granlunetta sul fondo: al centro Sant’Anto-nino con corazza e schinieri, attornia-to da molti personaggi tra cui spicca-no un vescovo, con la mitria, e dueangeli ad ali spiegate. Il pittore sifirmò in basso su un pennacchio dellavolta; l’opera costò 750 scudi e fu lo-data dal Guercino che in quegli stessianni affrescava la cupola del Duomo.Alle pitture fece seguito un importanteprogramma di decorazione in stucco,iniziando dalla parete di fondo dovefu realizzata un’ancòna: una sorta diedicola in funzione di nicchia, dove ametà ’600 è documentata l’esposizio-ne del reliquiario della Sacra Spina(visita pastorale del vescovo Zande-maria, 6 marzo 1657), ora nel MuseoCapitolare; qui vediamo oggi una teladel De Longe: rappresenta Sant’Anto-nino insieme ad un Vescovo (Vittore,o Savino?) in adorazione del reliquia-rio, innalzato da due angioletti in uncerchio luminoso. L’ancòna in stucco,di finissima ma ancor sobria fattura,in parte dorata, si conclude in alto,con un timpano spezzato; spiccanonella composizione le coppie di angelicon abiti e ali dorate, due ai piedi del-le lesene laterali, altri due semisdraia-ti alla sommità.

Lo stile barocco più fastoso e sce-nografico si affermò pochi decenni piùtardi con le decorazioni delle paretilaterali, per trionfare all’inizio del ’700con le sontuose cantorie, l’altare mag-giore e la balaustra (ora non più “in

situ”) e il baldacchino aereo appesoin alto, creando un insieme di grandescenografia, secondo il gusto del tem-po; è molto probabile che sia statorealizzato allora anche un coro ligneocon stalli intagliati: quello che vedia-mo oggi è un’opera che risale alla pri-ma metà dell’800 e ripropone un so-brio linguaggio tardo rinascimentale.

Il progetto decorativo di fine ’600prevedeva per le due pareti le grandicornici in stucco e dorature (m.4,50x7,50) destinate ad ospitare le teledel De Longe, per concludersi in altocon una ricca cornice che gira tutt’at-torno, ornata a intervalli con graziosis-simi putti alati che spiccano sul fondoazzurro, tra girali vegetali dorati.

Il perimetro più esterno delle corni-ci è fiancheggiato da angeli con pen-dagli di frutti; alla sommità una “car-tella” ovale, con scritta in latino cheallude alla scena dipinta; ai due lati,putti alati con festoni di frutta (encar-pi), in basso al centro un mascherone;la cornice interna è decorata con fo-glie di lauro dorate. Di tanto lavoronon abbiamo né i nomi degli artefici,né la data: va però ricordato che a fi-ne ’600 fu molto diffuso l’uso dellostucco, materiale versatile e moltoespressivo, che ben si adattava per or-nare cappelle, saloni e scaloni. Lacittà era allora tutto un cantiere; ven-nero a lavorare qui intere famiglie diartisti, provenienti soprattutto dalCanton Ticino e dal comasco, si chia-mavano Reti, Frisoni, Della Porta e al-tri: se gli stucchi della nostra basilicasono anonimi, possiamo comunquetrovare assonanze con altre opere bendocumentate e collocarle così nellacultura del tempo.

Tutto questo scenografico appara-to, che ora splende per il recente re-stauro, è degna cornice ai gioielli delpresbiterio, i teleri del pittore fiam-mingo Robert De Longe (Bruxelles1646 - Piacenza 1709). Il ciclo diSant’Antonino è fra le sue opere piùimportanti: fu realizzato in soli dueanni, fra il 1693 e il 1695. Fu un buonpittore il De Longe, eclettico nel sensomigliore del termine: informato del-l’arte dei grandi artisti italiani del ’500e del Barocco, assorbì anche lo stilepiù moderato e classicheggiante deipittori bolognesi; ebbe molto successoa Piacenza, con uno sguardo di atten-zione ai pittori che qui lavoravano.

Le tele, dipinte ad olio (m. 3,00 x6,00), raffigurano scene della vita diSant’Antonino; iniziando a destra dalfondo vediamo “La predicazione” dellegionario romano ad una folla di pre-senti: il Santo è infatti considerato ilprimo evangelizzatore del nostro terri-torio. Il secondo dipinto ci presenta lascena del “martirio” per decollazione.Alla parete sinistra vediamo il dipinto“Gli angeli che raccolgono il capo delMartire” e lo dispongono su una im-barcazione: si tramanda infatti chesubì il martirio in Val Trebbia pressoTravo, e fu miracolosamente traspor-tato a Piacenza dove ebbe sepoltura;da ultimo “Il ritrovamento del corpo eil suo trasporto” al cospetto di nume-rosi chierici, prelati e vescovi, secon-do il racconto dell’“inventio” traman-dato dallo storico Pier Maria Campinella sua “Vita di Sant’Antonino Mar-tire”, 1603 (D. Ponzini, Tip.Le.Co,2007). Di questi ultimi due dipinti ab-biamo anche i “bozzetti” esposti nelMuseo Capitolare. Una curiosità: sap-piamo dai documenti che il De Longefu pagato lire 4.610, 10 soldi e 5 pao-li; ma in aggiunta al pattuito ebbe unpremio di 30 filippi, per la buona riu-scita del lavoro: i committenti furonomolto soddisfatti dell’opera.

Ci sarebbero altre cose da descrive-re: mi piace citare i superbi portali inmarmi policromi che incorniciano ledue porte laterali. Ma è ora il momen-to di ringraziare la Fondazione di Pia-cenza e Vigevano che è stata genero-so mecenate di questo gran lavoro, ilcui buon esito è ora offerto alla nostraammirazione.

Un grazie di cuore anche alle re-stauratrici, Adriana Rastelli e RobertaFerrari di Restauro s.n.c., per il lorointervento di grande professionalità,svolto su più di 200 metri quadrati disuperificie: lavoro di attenzione e dipazienza, usando spesso bisturi e si-ringhe e pennello. Il risultato è orasotto gli occhi di tutti: un ritrovatospazio luminoso e sontuoso, “admaiorem Dei gloriam”.

Mimma Berzolla

Robert De Longe, “La predicazione”. Nella pagina a fianco, il presbiterio re-staurato della basilica di Sant’Antonino.

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ARLA ANNA RIVAP

l tesoro è immenso, conosciuto piùdagli studiosi che dal grande pubbli-co. L’archivio capitolare di Sant’An-tonino è un caso unico al mondo:tra le sue mura, infatti, sono conser-vati tutti i documenti dell’anticascuola capitolare del XII secolo.

“Era una «bella addormentata» –ha spiegato l’archivista dell’Archiviodi Stato Anna Riva, che ha dedicatonumerosi studi all’archivio della ba-silica patronale –: quando la scuolacapitolare cessò di esistere con l’av-vento delle università i materiali so-no stati tutti riposti negli scaffali esono giunti a noi intatti”. È una for-tuna davvero immensa: le scuolecapitolari erano diffuse in Francia eItalia e ne esisteva qualcuna in area

tedesca. Ma, ancora oggi, non si co-nosce appieno il fenomeno.

— Lei parla di documenti dell’an-tica scuola capitolare. Di che co-sa si tratta?

Si tratta di codici. La maggiorparte non ci è arrivata integra per-ché continuò ad essere usata sino alXIII secolo. Comunque anche l’esi-stenza di un solo foglio per noi èfondamentale: testimonia che untempo esisteva l’intero manoscritto.

— Quali argomenti trattavanotali codici?

Erano dei manuali per la scuola

medievale, quindi grammatica, reto-rica, dialettica, aritmetica, geome-tria, musica. In Sant’Antonino c’erauna scuola superiore che poteva da-re l’abilitazione all’insegnamento equindi s’insegnavano anche teolo-gia e filosofia (la “Logica Vetus” diAristotele).

— Quando e perché venne menoquest’importante scuola?

Venne schiacciata da Bologna,l’università più antica che riuscì adattirare gli studenti da tutt’Europa eanche tantissimi piacentini. Dal XIIIsecolo gli insegnamenti più nuovierano all’università, non più in que-sto tipo di scuole.

— Quali sono i codici che entu-siasmano di più glistudiosi?

L’archivio capitolareconserva numerosi“accessus” ovvero co-dici nei quali i classicivengono interpretati.Com’è noto al tempo iclassici venivano me-diati attraverso il pen-siero cristiano. L’“ac-cessus” era tripartito:forniva l’intenzioneche aveva l’autore lati-no, perché andava let-to quel determinatotesto, la vita e l’opera.Poi c’è un Prisciano,ovvero un manuale digrammatica usato sinoal XII secolo, del X se-colo di area renana.Ancora, sono conser-

vati numerosi manoscritti di filoso-fia, quasi tutta la “Logica Vetus” diAristotele tradotta da Boezio. — Qualche testo ha fatto riscrive-re la storia?

Sì, il frammento 10 nella cassetta49, è una delle più antiche poesie involgare con notazione musicale, uncontrasto d’amore databile all’iniziodel XIII secolo. Un maestro che in-segnava in Sant’Antonino lo tra-scrisse su un foglio insieme ad altriappunti che gli servivano per lascuola. Il filologo dell’Università diPavia, Claudio Vela, ha sottolineatoche questo e un documento di Ra-

venna mostrano come la poesia involgare fiorì in tutt’Italia e non solonella scuola siciliana.

— L’archivio conserva anche do-cumenti degli imperatori carolin-gi. Di cosa si tratta?

Sant’Antonino, per quanto ri-guardava politica e cultura, era labasilica più importante di Piacenza.Gli imperatori carolingi concedeva-no privilegi e facevano donazioni indenaro o di terre. È quindi normaleci siano documenti con la firma ed ilmonogramma di Carlo Magno edanche la firma di Carlo il Grosso.Gli studenti si emozionano semprenel vederle.

— Secondo lei l’archivio capitola-re di Sant’Antonino ci riserveràaltre sorprese?

Sicuramente sì. È necessario direche la parte più antica dell’archiviofu sistemata da Piero Castignoli, ilprimo a valorizzare quel tesoro, ne-gli anni ’80. Non a caso vinse l’An-tonino d’oro per quell’importante la-voro. Per i documenti più moderni,invece, è in corso il riordino ora. Ecredo che, da quest’operazione, po-tranno emergere tantissime notizie.

Giovanna Ravazzola

INELL’ARCHIVIO LA FIRMA DELL’IMPERATORE CARLO MAGNO

32 SPECIALE S. ANTONINO

Sopra, l’archivista Anna Riva. Alato, un’immagine dell’Archiviocapitolare di Sant’Antonino.

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l risultato è di quelli che davvero timeravigliano. Sì, perché dopo dueanni di lavoro i coniugi MauriziaMeli e Lucio Repetti hanno termi-nato un modellino della basilica diSant’Antonino perfettamente iden-tico all’originale in ogni miminodettaglio.

Merito della passione di lui perla riproduzione fedele, in scala1:87, dei monumenti antichi pia-centini. Merito della capacità di lei(che di professione faceva l’inse-gnante di educazione artistica) diarricchire le resine con i colori ren-dendole, così, simili alla pietra, aimarmi o al rame.

“Perché proprio la basilica diSant’Antonino? – ci risponde il si-gnor Repetti con un sorriso –. Èsemplice: era la mia parrocchia dabambino e ho tanti ricordi, dallamia comunione al 50° di matrimo-nio dei miei genitori”.

Realizzare un modellino del ge-nere non è per niente semplice. “Siparte – ha spiegato Repetti che siappassionò all’arte del modellismoda ragazzo creando ambientazioni

per i suoi trenini– facendo misu-razioni, studian-do le piante, foto-grafando ogni mi-nimo dettaglio.Poi, con il tecni-grafo si realizza-no i disegni inscala”.

Dal disegno sipassa alla resina(materiale piùamato per la suaduttilità dai co-niugi Repetti). “Ho inciso, matton-cino dopo mattoncino, una lastradi polistirolo che ho usato da ma-trice per le superfici murarie. Com-plesso è stato realizzare, una aduna, le bifore; poi, il rosone”. Letecniche ed i materiali sono svariatinella creazione di un oggetto diquesto tipo: i pinnacoli sono statirealizzati al tornio, così come i duetipi di colonnotti che si incontranodavanti ai portali; per le cancellatee le balaustre è stata usata la fo-toincisione (ricavata da disegni

realizzati in autocad); il lamierino(dipinto per suggerire rame e piom-bo) è stato piegato ad arte nelle co-perture.

“Dobbiamo ringraziare il parro-co, don Giuseppe Basini ed il sa-grestano Marco Carubbi – ha ag-giunto – per la disponibilità dimo-strataci nel lasciarci studiare la ba-silica, nell’aiutarci ad approfondirela conoscenza”. La conoscenzanon è banale: Maurizia Meli e Lu-cio Repetti uniscono il vedere dalvivo all’approfondimento sui testi.Attenzione e cura sono palpabilinelle loro opere.

“All’interno della torre – ha dettola signora Meli – ci sono le scale, ipavimenti, le travi e persino lecampane”. All’esterno, dipinte pro-prio da lei, ci sono le lunette splen-didamente affrescate. “Persino lescritte delle lapidi – ha aggiunto –sono state rese in scala 1:87”.

Questa loro creazione di pregioè stata donata alla basilica diSant’Antonino. “Le dico di più – hadetto Lucio Repetti – per farle capi-re quanto i piacentini siano legatialla basilica del patrono. Il vetraioMassimo Bonfanti appena capì chela teca di vetro, che gli avevo ordi-nato, sarebbe servita a contenere ilmodellino, volle donarla”.

Tra le grandi passioni dei dueconiugi c’è anche quella di crearepresepi che sono stati esposti, oltreche a Palazzo Farnese (fanno partedel Gruppo Presepisti Piacentini),nel bergamasco, nel bresciano, inTrentino e nel santuario della Ma-donna di Caravaggio.

Gio. Rav.

II coniugi Maurizia Meli e Lucio Repetti con il model-lino della basilica di Sant’Antonino. Sotto, un’altravisuale dell’opera.

UE ANNI DI LAVORODLA BASILICA DI S.ANTONINO IN MINIATURA

33SPECIALE S. ANTONINO

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I

ARROCCHIALA P

34 SPECIALE S. ANTONINO

l 4 maggio scorso è tornato alla ca-sa del Padre il cardinale Luigi Pog-gi. Nato a Piacenza il 25 novembre1917, cresciuto nella nostra comu-nità parrocchiale, ha compiuto glistudi ecclesiastici al Collegio «Al-beroni» di Piacenza ed è stato ordi-nato sacerdote il 28 luglio 1940.Viene inviato a Roma e nel mese diluglio 1944 consegue la laurea «inutroque iure». Nel 1945 inizia il la-voro presso la Prima Sezione dellaSegreteria di Stato. Dal 1947 al

1950 si occupa dell’assistenza spi-rituale dei detenuti del carcere ro-mano di «Regina Coeli».Il 3 aprile1965 è nominato Arcivescovo tito-lare di Forontoniana e DelegatoApostolico per l’Africa Centrale consede a Yaoundé (Cameroun).

Nel maggio 1969 viene nomina-to Nunzio Apostolico in Perù doverimane fino all’agosto 1973, quan-do viene richiamato a Roma con laqualifica di Nunzio Apostolico conincarichi speciali e con la missionedi avere contatti con i governi diPolonia, Ungheria, Cecoslovac-chia, Romania e Bulgaria per mi-gliorare la situazione della ChiesaCattolica in quei paesi. Il 19 aprile1986 è nominato Nunzio Apostoli-co in Italia. Il 29 novembre 1994viene nominato Archivista e Biblio-

tecario di Santa Romana Chiesa,restando nell’incarico fino al marzo1998. Da Giovanni Paolo II è crea-to Cardinale nel Concistoro del 26novembre 1994. Alla luce di quan-to detto sopra, si capisce che il car-dinale Luigi Poggi ha svolto incari-chi particolarmente delicati e pre-stigiosi, che però ha saputo viveree interpretare con grande umiltà,cercando prima di tutto il bene del-la chiesa e non l’affermazione per-sonale. Decisiva, nel suo percorso

di crescita, è stata l’educazionedella sua famiglia, profondamentecristiana, e la formazione ricevutanel Seminario di Bedonia e poi alCollegio Alberoni. Tutto questo loha aiutato a diventare un vero apo-stolo, ossia un annunciatore ap-passionato del Vangelo. Nel corsodi tutti questi anni, la sua preziosapresenza non è mai mancata anchenella nostra parrocchia. E questo èstato un vero dono per tutti noi.

Vi ripropongo le parole che hopronunciato al termine della cele-brazione delle esequie presiedutesabato 8 maggio dal vescovo Gian-ni Ambrosio:

Caro cardinale Luigi, padre e fra-tello in Cristo,

a nome di tutta la parrocchia di

Sant’Antonino, desidero ringraziarLaper il bene che da sempre ci ha ma-nifestato. Un bene che ha sostenuto,umanamente e spiritualmente, il mi-nistero dei parroci che si sono succe-duti in questi ultimi cinquantanni al-la guida della nostra comunità. Unbene che si è tradotto anche in aiutomateriale nei momenti di difficoltàche la parrocchia ha dovuto affron-tare. È proprio nel momento delladifficoltà che si vedono i veri amici.Nel libro del Siracide è scritto: “Chi

trova un amico, trovaun tesoro”. Noi pos-siamo dire di averetrovato in Lei un verotesoro! Questa è la co-munità nella quale èstato generato alla fe-de, dove ha mosso iprimi passi della giovi-nezza, in cui spesso ètornato nel corso dellasua vita e dove ora,come da suo desiderio,riposerà in pace. Sia-mo lieti e onorati diaverLa avuta comecompagno di viaggio.Le confesso che a mol-ti di noi ha fatto benevedere la sua gioia concui, un anno fa, ci haaccolto nella Basilicadi San Pietro e ha ce-lebrato l’eucaristia pernoi, “suoi parrocchiani

di Sant’Antonino”, pellegrini a Ro-ma. Dal cielo, continui ad amarci co-sì. Ci aiuti a camminare “nella fede enella carità”. In fide et caritate. Acamminare nello stupore della fede,con la forza della carità. Come hasaputo fare Lei. Tocchi il cuore deinostri giovani, perché se è volontà diDio, qualcuno possa scegliere la viadel sacerdozio ministeriale. Da trop-pi anni ormai la nostra comunitànon dona vocazioni. Lo tocchi ancheai nostri anziani perché credano cheanche nell’età della loro vita è possi-bile “portare frutti, essere vegeti e ri-gogliosi, per annunziare quanto èretto il Signore” (Sal 92, 15)

A tutti doni di custodire un cuoreumile nella prosperità e di esser fortinella tribolazione. Grazie.

d. Giuseppe Basini

I parrocchiani di Sant’Antonino nell’aprile 2009 al termine di una celebrazione con ilcard. Poggi nella basilica di San Pietro a Roma.

LA SCOMPARSADEL CARDINALE LUIGI POGGI

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e have a dream”…..Noi abbiamo un sogno:salvare il bellissimo Chiostro quattrocentescodella nostra basilica di sant’Antonino.

Lo stato di degrado avanzato e il pericolo dipossibili cedimenti sono evidenti, sotto gli oc-chi di tutti.

Occorre intervenire.

Aiutaci a realizzare questo sogno… insieme è possibile!

Ti proponiamo l’acquisto simbolico di uno o piùmattoni che potrai offrire a ricordo della tua famigliaoppure di una persona cara defunta.

È un modo concreto per far sì che il Chiostro conti-nui ad essere quello che è ormai da circa 600 anni:

una delle più belle e significative testimonianze dellafede e della cultura presenti in città.

UN MATTONE euro 50,00

DUE MATTONI euro 100,00

DIECI MATTONI euro 500,00

UNA COLONNA euro 1.000,00

Puoi consegnare il tuocontributo:direttamente in Sacrestia(Marco Carubbi) oppure con un bonifico bancario in-testato a: Basilica di Sant’Antonino cod. IBAN IT51C0515612600CC0000033157

Ricordati che la tua offer-ta la puoi detrarre delle im-poste nella misura del 19%.

GRAZIE!!!!

35SPECIALE S. ANTONINO

Nelle foto, due immagini del chiostro della basilica di Sant’Antonino nelle qualiè evidente lo stato di degradodella struttura.

SALVIAMO IL NOSTRO CHIOSTRO!

Il profumo della solidarietàAnche quest’anno, in occasione

della festa di sant’Antonino domeni-ca 4 luglio, verrà allestita una ban-carella (sotto il porticato d’ingressodella Basilica) per la vendita di maz-zetti di lavanda gentilmente offertadall’Azienda Agricola Anna MinoiaFantigrossi, sita in Rallio di Monte-chiaro (PC).

Un gruppo di mamme e di giova-

ni della parrocchia, visto il successoottenuto lo scorso anno, si sononuovamente resi disponibili a racco-gliere e a confezionare manualmen-te la lavanda.

L’iniziativa è finalizzata a ripren-dere un’antica tradizione legata allafesta patronale e per continuare araccogliere i fondi necessari per ilrestauro dei Chiostri della Basilica.

“W

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ARROCCHIALA P

nche la parrocchia di Sant’Antoninonon si è voluta lasciare scappare labella opportunità (la prossima sarànel 2025!) di vivere una giornata dipellegrinaggio a Torino, in occasionedell’ostensione della Sindone. E co-sì, mercoledì 19 maggio, guidati dalnostro vescovo Gianni e accompa-gnati da una bella giornata di sole,ci siamo messi in viaggio. Appenaarrivati, siamo andati a visitare laCasa della Figlie di Gesù Buon Pa-store, suore conosciute e amate an-che nella nostra diocesi di Piacenza.Ci hanno riservato un’accoglienzamolto bella, al punto tale di suscita-re in tutti noi il desiderio di tornarepresto per trascorre con loro unagiornata intera. Lasciate le suore, cisiamo diretti presso il Santuario diMaria Ausiliatrice.

Dopo una breve visita alla tombadi San Giovanni Bosco, il nostro ve-scovo Gianni ha presieduto la cele-brazione dell’eucaristia nella chiesadi san Francesco (prima parrocchiadi San Giovanni Bosco) ubicata nelretro del Santuario. Terminata la ce-lebrazione, abbiamo iniziato l’itine-

rario che ci ha condotti a venerarela Sacra Sindone. E’ stato un per-corso vissuto con serenità da tutti,anche perché non abbiamo dovutoaffrontare code all’ingresso del Duo-mo. Inutile dire che poter contem-plare dal vivo, anche se per pochiminuti, il sacro lino della Sindone èstata un’esperienza molto emozio-nante. Ci sono ritornate alla mentele parole che Giovanni Paolo II pro-nunciò in occasione della sua visita:“Davanti alla Sindone, immagineintensa e struggente di uno strazioinenarrabile, desidero rendere gra-zie al Signore per questo dono sin-golare, che domanda al credente at-tenzione amorosa e disponibilitàpiena alla sequela del Signore”.

Possiamo dire che anche per noiè stata una bellissima esperienza,vissuta all’insegna della preghiera edella fraternità. Significativa l’espe-rienza di una mamma, presente in-sieme alla figlia: “il pellegrinaggioalla Sacra Sindone è stata un’espe-rienza molto importante poichè nel-l’andare in preghiera in compagniadi amici, di don Giuseppe e del ve-

scovo Gianni, ho riscoperto alcunisentimenti ed emozioni che mi han-no avvicinato a Dio e hanno aiutatomia figlia a prepararsi in modo ade-guato al Sacramento della Confer-mazione”.

In tutti, piccoli e grandi, è cre-sciuto il desiderio di fare tesoro del-l’immenso amore che Dio ci ha do-nato nel suo Figlio e di diventarnetestimoni, “specchio” credibile pertutti.

Il gruppo dei pellegrini

insieme al vescovo mons. Ambrosio.

PASSIO CHRISTIPASSIO HOMINIS

A

37SPECIALE S. ANTONINO

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enerdì 2 aprile, dopo tantissimi an-ni, abbiamo celebrato la via crucisper le vie della nostra parrocchia.L’itinerario si è sviluppato a partiredalla Basilica, seguendo poi viaScalabrini, via Santo Stefano, Stra-done Farnese, via Giordani, via Ver-di, Vicolo San Martino, via Sant’An-tonino ed è terminato in Basilica.

Durante il cammino ci sono statetre soste significative: presso lachiesa di Santo Stefano (comunitàdelle suore Gianelline) ora in usoalla comunità dei cristiani ortodossi

di Romania; presso il cortile internodelle Figlie di Sant’Anna (StradoneFarnese); e davanti all’Oratorio diSanta Maria in Cortina (via Verdi),luogo ove sono state ritrovate le re-liquie del nostro Santo Patrono An-tonino.

Numerosi sono stati i partecipan-ti, parrocchiani e membri del movi-mento ecclesiale di Comunione eLiberazione. L’esperienza è stata si-curamente positiva per cui ritenia-mo di ripeterla anche l’anno cheverrà.

Il senso della via Crucis è bensintetizzato nelle parole tratte daltesto originale di monsignor Luigi

Giussani: “Non ètanto un pensie-ro da seguire,quanto un avve-nimento in cuientrare. È una forma di memoria, ecome ogni forma di memoria, traetutta la sua importanza dalla serietàcon cui il cuore si fissa sui contenu-ti della memoria stessa, come unameditazione le cui mosse, il cammi-no, le parole che si sentono, i cantiche si fanno rendono più viva, piùpronta, più possibile. Non ci mera-

vigliamo se ci sorprendiamo distrattiper alcuni minuti, riprendiamo l’at-tenzione appena ce ne accorgiamo.Prima di iniziare chiediamo al Si-gnore che fa tutte le cose, al grandePadre, l’origine di tutto, e quindi l’o-rigine di questo breve istante dipensiero, di sentimento, di desiderioche mi invade, domandiamo a Diola grazia di capire, di comprenderesempre più, la grazia che il nostrocuore comprenda sempre di più.Donaci il Tuo aiuto affinché nonveniamo meno, affinché l’evidenzaultima non si oscuri in noi, perché ècome una oscurità che copre l’evi-denza del Vero .(...) Cristo luce del-la vita aiuta il cammino. Noi siamoriottosi, ma non possiamo annulla-re la forza con cui ci ama, con cuici persegue. Imploriamo aiuto, Eglidice: «Eccomi!». La sua presenza èla nostra gioia, la sua gioia è la no-stra forza. È la gioia di un amoreche alla fine vincerà”.

E alla fine della serata, con gran-de umiltà e lieta certezza, possia-mo dire di essere stati confermatinella vocazione di essere nel mon-do memoria, presenza dell’amore diDio, salvezza per ogni uomo.

ARROCCHIALA P

38 SPECIALE S. ANTONINO

VIA CRUCIS:LA STRADADELL’AMORE VERO

V

Nelle foto di Emanuele Arruffati, alcuni momenti della Via Crucis per lestrade della parrocchia di Sant’Antonino.

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... E I RAGAZZI DELLA CONFERMAZIONE

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Domenica 9 maggio 36 bambini hanno ricevutola prima Comunione nella basilica di Sant’Antoni-no. Nella foto, insieme al parroco don Giuseppe Ba-sini, i bambini con le catechiste suor Paola, MariaAdele e Rita.

Per me la Prima Comunione è stata un’emozionemolto intensa. Prima di allora avevo ascoltato la sto-

ria di Gesù, ma quando ho ricevuto la Comunione, hosentito Gesù che entrava nel mio cuore.

Da quel momento é come se un fratello maggiorefosse sempre accanto a me e, quando sbaglio, mi aiu-tasse a capire perchè ho sbagliato e mi suggerisse co-sa devo fare.

Sono molto felice di provare questa sensazione!Francesca R.

Domenica 23 maggio i ragazzi di 2ª media hanno ricevuto la Cresima in Cattedrale. La messa,celebratadal vescovomons. GianniAmbrosio, ha visto la presenza dei ragazzi delle parrocchiedell’UnitàPastorale 1 della città. Ad accompagnarei ragazzi, i catechisti Paolo, Marina P.,Marina M.,Stefanoe Antonio.

I BAMBINI DELLA PRIMA COMUNIONE...

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40 SPECIALE S. ANTONINO

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ALCUNI PENSIERINI DEI BAMBINI...Caro Gesù, io e i miei compagni ti ringraziamo perché sei gentile,simpatico e tanto amichevole. Gesù vorremmo essere come te,gentili simpatici e amichevoli con tutti i compagni ma non sempre ci riusciamo perché pensiamo più a noi stessi che agli altri.Ma per fortuna ci sei tu a darci una mano. GrazieGIACOMO

Caro Gesù sono contento e ti ringrazio di essere riuscito a dire le preghiere tutti i giorni, a non litigare con i miei amici anche se oggi non mi sonocomportato tanto bene con una mia amica, ma son riuscito a non farla arrabbiare.Grazie Gesù per avermi fatto vincere a calcio con i miei compagni e venerdì abbiamo la finale

mi potresti far fare almeno un gol ed essere il capitano?Il tuo amico ARTURO

Caro Gesù sono Gianluca e vorrei essere il tuo amico. Grazie per avermi abbracciato e perdonato tutti i miei peccati nella confessione. Tu sei veramente un amico gentile,perchè sei sempre pronto a perdonare chi sbaglia. Anche io vorrei essere come te,essere tuo amico, vorrei perdonareed essere gentile come te, ma non sempre ci riesco, meno male che ci sei tu a darmi una mano. Ti prego anche per tutti i bambini poveri, che abbiano del pane da mangiare e qualcuno che voglia loro bene.Ti ringrazio di tutto GIANLUCA

Caro Gesù grazie per il coraggio e la gioia che mi hai dato nella confessione. Aiutami ad esserefedele nell’impegno che ho preso e soprattutto a vivere nell’amoreE nell’amicizia con te.TOMMASO

Qualche giorno fa mi sono confessata per la prima volta. Le maestre di catechismo mi avevano preparata per tutto l’anno e così, quando è arrivato il momento, mi sentivo pronta.Al Don ho raccontato tutti i miei peccati e lui, visto che non ero stata tanto brava,ma nemmeno tanto cattiva, mi ha dato l’assoluzione. Ora il mio mantello di seta bianca è pulito e non ha più neanche una macchia.MATILDE

IL RACCONTODI UNA CATECHISTA

15 maggio 2010È ora di andare, prendiamo le bi-

ciclette e in un attimo siamo in S.Antonino.

Pier è silenzioso, lo lascio con isuoi pensieri, anch’io sono agitatacosì mi distrae spostare i tavoli sottoi chiostri e preparare l’altare.

Mio figlio aiuta a distribuire i li-bretti sulle sedie e a disporre le can-dele nel cestino.

Lo vedo che ripassa le preghiereche poi dovrà leggere. Ci raggiungo-no gioiosi mio marito e i miei altri fi-gli.

Arrivano i bambini correndo sul-l’altare: sono bellissimi. I ragazzi so-no seri, taciturni invece le ragazzesono agitate, eccitate. Mi ricordodella prima volta che li ho incontra-ti, ad ottobre, con il loro affetto e laloro spontaneità mi hanno fattosentire subito a mio agio.

Oggi è il giorno per cui abbiamotrascorso questo anno insieme. Peroggi, per quello che accadrà tra po-co, ho incontrato questi bambini, hoimparato a conoscerli. Prima il loronome, poi il loro carattere, i loropensieri, i loro desideri, i loro sognie le loro paure.

Insieme abbiamo riso, scherzatoe lavorato seriamente, da loro hoimparato quanto immenso sia l’uni-verso che è dentro ciascuno di noi.

Ecco, ci siamo tutti. Don Giusep-pe come sempre cattura la nostra

LA FESTA DEL PERDONO,la Prima Confessione

ARROCCHIALA P

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attenzione con le sue parole, chesanno rivolgersi ai grandi e ai bam-bini. Cantiamo con la voce strozza-ta, preghiamo, ascoltiamo, poi cia-scuno di noi diventa protagonista: ipapà e le mamme che accompagna-no i bambini dal sacerdote, i bambi-ni che, per la prima volta, sperimen-tano quanto è dolce l’amore di Dio.

Mi ricordo dell’ultimo incontro dicatechismo: suor Stellanna ci hasorpresi tutti riunendoci in cappella.Ha preso una bellissima rosa e l’hadistrutta sotto i nostri occhi. I bam-bini erano senza parole.

Questo è il peccato, questo è ciòche facciamo a noi stessi quandonon siamo fedeli a Gesù. I pezzi delfiore erano sparpagliati sul pavi-mento, li fissavamo pensierosiquando suor Stellanna ha tirato fuo-ri un mazzo di rose nuove e freschee ne ha data una a ciascuno di noi.

Ecco cosa fa Gesù nella confes-sione, ci rifà nuovi, più belli di pri-ma. Ed è vero, è proprio come dicedon Giuseppe, i bambini tornanosull’altare più belli di prima, sorri-denti, felici, cantano più forte estanno più vicini.

La celebrazione è finita, ognibambino ha acceso la sua candela eha messo la sua firma sul cartello-ne. Questo cartellone rappresenta lachiesa con due grandi braccia aper-te che sembrano dire: vieni, vienicon noi! Ogni bambino ha la sua fo-to incollata nel perimetro della chie-

sa e così guardando questi volti equeste braccia capiamo di essereproprio un bel gruppo! Le foto chefacciamo ai piedi dell’altare lo di-mostrano inequivocabilmente.

Adesso possiamo festeggiare:chiacchiere, patatine, pallone, aran-ciata, foto, risate, gioco, cocacola,torte, pasticcini, corse, mandorle ...

Maria Chiara

LA PRIMA CONFESSIONEVISTA DA UN PAPÀ

La prima confessione di mia figliaè stata l’occasione per approfondirela mia conoscenza di questo sacra-mento, al quale d’ora in avanti po-trò accostarmi con maggiore consa-pevolezza.

Mi è stato spiegato che la confes-sione non va inquadrata come unasorta di “lavatrice” della coscienza:pecco, mi confesso e mi mondo daipeccati e, magari, sono pronto apeccare di nuovo.

Il complesso iter spirituale chenella confessione trova il suo culmi-ne dovrebbe rappresentare, al con-trario, proprio lo strumento per evi-tare di ricadere nuovamente nelpeccato.

L’esame di coscienza, se svoltocon autentico spirito di fede edamore di Dio, rappresenta un mo-mento di analisi della propria perso-na e del proprio operato. Non c’è

spazio per l’individualismo: un pec-cato, se è tale per la Legge di Dio,non può essere sminuito o interpre-tato sulla base della concezione delsingolo. L’ammissione interiore e lapiena consapevolezza, infatti, sonocondizione necessaria per un’auten-tica ed utile contrizione di cuore eper la proficua fermezza nel propo-sito di non peccare più.

Questa mi sembra essere lastraordinaria essenza della confes-sione: la ricerca di Dio, pur se talericerca è successiva all’offesa reca-tagli con il peccato. E’ un paradossoche dimostra la grandezza della pa-rola del Signore: peccando l’uomo siallontana da Dio, ma attraverso ilpeccato l’uomo ha l’occasione diriavvicinarsi a Lui.

Il catechismo insegna che il con-fessore è il ministro di Dio e quandoci apriamo al sacerdote è come separlassimo direttamente con chi loha investito di quel ministero.

Forte di questa nuova cultura del-la confessione, debbo dire che guar-dando mia figlia che si confessavaper la prima volta mi sono commos-so sinceramente: l’idea che stesseparlando direttamente con quel Dioche me l’ha generosamente affidatami ha fatto sentire meno gravoso ilcompito di essere genitore.

Se Lui la protegge, se Lui ci pro-tegge, non c’è nulla di cui averepaura.

Massimo

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ercoledì 26 maggio era l’ultimo giorno di catechismo diquest’anno e noi lo abbiamo celebrato con una bellissi-ma festa presso il Seminario Vescovile.

Tutti i bambini del catechismo hanno partecipato al-la grande, ed i loro genitori sono stati fantastici nel col-laborare portando cibi e bevande in grande quantità.

Abbiamo iniziato con una merenda a metà pomerig-gio e, mentre i bambini si divertivano giocando nel giar-dino, noi genitori ci siamo rilassati chiacchierando fradi noi in un’atmosfera di grande serenità.

La festa si è prolungata fino alla cena quando abbia-mo allestito una lunga tavolata e abbiamo consumatotutti insieme una cena fredda.

Questo, a mio parere, è stato un momento molto bel-lo perché vedere riunite attorno ad un tavolo tante per-sone, felici di essere lì e condividere con semplicità il ci-

bo che ognuno aveva portato, è un’esperienza che ri-scalda il cuore e ci fa riflettere sul nostro vivere quoti-diano.

Noi adulti, a volte, non sappiamo più cosa fare perinventarci una serata in compagnia, passiamo ore a de-cidere il ristorante dove andare, e poi ci lamentiamo delmenù, del servizio, del luogo.

Questo perché non abbiamo il cuore sereno. E alloraricerchiamo cose che, apparentemente ci fanno sentirebene, ma, alla fine, non ci danno nessun appagamento.

Il menù ricercato, il ristorante raffinato, le posated’argento, non servono a nulla se nel nostro cuore nonc’è serenità. La serenità va ricercata dentro di noi, conl’aiuto di Dio e, solo quando siamo sereni dentro, pos-siamo capire che le cose semplici sono quelle che più ciarricchiscono.

La nostra cena allestita con piatti e bicchieri di pla-stica, cibi semplici e tanta armonia, è stata davvero una

festa gioiosa e tutti coloro che vi hanno partecipato allafine erano contenti, appagati, sereni . I bambini non vo-levano più andare a casa e, anche noi adulti ci siamosalutati a malincuore, con la promessa di ripetere sem-pre più spesso esperienze come questa.

Personalmente sono molto felice della buona riuscitadi questa iniziativa, come di tutte le altre feste che ab-biamo organizzato in quest’ultimo anno nel nostro cen-tro parrocchiale. Il nostro sogno di dar vita ad un centroparrocchiale permanente, poco alla volta si sta concre-tizzando. La strada da percorrere è ancora lunga ma,sono convinta che, passo dopo passo, se continueremoa metterci l’impegno e l’entusiasmo che ci abbiamomesso fino ad ora, ce la faremo.

Per l’anno prossimo abbiamo in cantiere tante inizia-tive, se potremo concretizzarle, con l’aiuto di chi si ren-derà disponibile, sono certa che potremo fare tante bel-le cose per i nostri bambini e anche per noi adulti.

Buona estate a tutti, grazie di cuore ai genitori chehanno contribuito alla buona riuscita delle nostre ini-ziative parrocchiali e arrivederci a settembre, pronti adiniziare un altro anno di catechismo e, soprattutto, acollaborare per rendere il nostro centro parrocchialeuna realtà sempre più viva.

Marzia

M

Nella foto, un momento della festa di fine catechismoal Seminario vescovile.

LA GIOIA E LA BELLEZZADI STARE INSIEME

ARROCCHIALA P

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