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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche” Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001 Sessione VI ORTIVE COORDINATORE M. L. GULLINO Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali Università degli Studi di Torino

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Sessione VI ORTIVE

COORDINATORE

M. L. GULLINO Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali

Università degli Studi di Torino

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Organismi patogeni di qualità delle ortive

1Cariddi C., F.Casulli 1, D. Gallitelli1, G. Lima2 1Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata,

Università degli Studi di Bari 2Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente, Università degli Studi del Molise,

Campobasso

PREMESSA 1. Batteri

1.1. Picchiettatura batterica del pomodoro 1.2. Cancro batterico del pomodoro

2. Funghi 2.1. Oomiceti 2.1.1 Peronospora della lattuga 2.1.2. Peronospora delle cucurbitacee 2.1.3. Peronospora del peperone 2.1.4. Peronospora del pomodoro e della patata 2.1.5. Marciume zonato del pomodoro 2.1.6. Marciume dei semenzai 2.2. Ascomiceti 2.2.1. Oidio delle cucurbitacee 2.2.2. Oidio delle cucurbitacee 2.2.3. Oidio delle solanacee 2.2.4. Muffa grigia 2.2.4. Sclerotinia

2.3. Basidiomiceti 2.3.1. Mal vinato dell’asparago 2.3.2. Rizottoniosi 2.3.3. Mal dello sclerozio 2.4. Deuteromiceti 2.4.1. Alternariosi 2.4.2. Cladosporiosi 2.4.3. Fusariosi 2.4.4. Radice suberosa del pomodoro 2.4.5. Tracheoverticilliosi

3. Virus 3.1. Virus del mosaico dell’erba medica 3.2. Virus del mosaico del cetriolo su cucurbitacee 3.2. Virus del mosaico del cetriolo su peperone 3. 3. Virus del mosaico del cetriolo su pomodoro 3.4. Virus del mosaico della lattuga su lattuga, indivia e scarola 3.5. VirusY della Patata su peperone 3.6. VirusY della Patata su pomodoro 3.6. Virus della maculatura zonata del geranio su pomodoro 3.7. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su lattughe, cicoria e carciofo

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3.8. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su melanzana 3.9. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su peperone 3.10. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su pomodoro 3.11. Virus dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro 3.11. Virus del mosaico 2 dell’anguria 3.12. Virus del mosaico dello zucchino

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PREMESSA

Il D.M. del 14/4/1997 (Recepimento delle Direttive della Commissione n. 93/61/CEE del

2 luglio 1993 e n. 93/62/CEE del 5 luglio 1993, relative alle norme tecniche sulla

commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad

eccezione delle sementi precisa all’art. 5 i requisiti fitosanitari che tali materiali devono

possedere:

n

p

l

l

l

d

b

p

S

n

d

Il materiale deve essere, almeno all’esame visivo, privo di organismi nocivi o malattiepregiudizievoli alla qualità, nonché di loro sintomi che limitino la possibilità di utilizzarlocome materiale di moltiplicazione e come piantina ortiva; in particolare deve essere privodegli organismi o delle malattie elencati nell’allegato II del presente decreto per quantoconcerne i generi e le specie considerati.

Considerate le diverse possibili interpretazioni che possono essere date alla definizione di

requisiti fitosanitari” di cui all’art. 5 e l’elenco dei patogeni fungini di “qualità” riportato

ell’allegato II del D.M. del 14/4/1997 per le ortive, sulla base della rilevanza economica dei

atogeni trasmissibili attraverso il materiale di propagazione, nonché dei dati disponibili in

etteratura e dell’esperienza maturata nell’ambito del Progetto POM A32, è stato integrato

’elenco di cui all’allegato II e, per alcuni patogeni, sono state precisate le specie.

Per ciascun patogeno è stata realizzata una scheda riportante le informazioni circa

’inquadramento sistematico, le piante ospiti, la distribuzione geografica, le modalità di

iffusione, la sintomatologia indotta sulle piante, la modalità di diagnosi e i principi su cui si

asa la lotta. Inoltre, si è ritenuto utile indicare anche quegli aspetti che nel processo produttivo

ossono creare le condizioni per una possibile infezione (punti critici), gli obblighi che vivaisti e

ervizio fitosanitario devono rispettare e, infine, alcuni consigli pratici rivolti agli agricoltori.

Infine, sono state anche approntate le schede di patogeni fungini non contemplati

ell’allegato II del suddetto decreto riscontrati rinvenuti con frequenza negli ambienti di

iffusione del vivaismo orticolo in Molise e Puglia.

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1. BATTERI

C.Cariddi

Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata Università degli Studi di Bari

1.1. Picchiettatura batterica del pomodoro (Tav. I) Inquadramento tassonomico

Famiglia Pseudomonadaceae Genere Pseudomonas Specie Pseudomonas syringae pv. tomato

Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

Il batterio sopravvive per lungo tempo sui semi contaminati e solo per 2-3 anni sui residui di vegetazione infetta. Sopravvive anche nella rizosfera di piante coltivate (frumento, barbabietola da zucchero) e spontanee (Brassica campestris, B. nigra e Stellaria media) e come epifita sia sulle foglie di numerose piante infestanti (Amaranthus retroflexus, Solanum nigrum, Chenopodium album, Portulaca oleracea) che del pomodoro. Da qui il batterio in presenza di temperature comprese fra 13 e 25 °C e con umidità superiore all’80% può avviare il processo infettivo penetrando attraverso gli stomi e microlesioni. La diffusione del patogeno nell’ambiente di coltivazione avviene ad opera degli insetti, della pioggia, del vento e degli attrezzi di coltivazione. Piante ospiti: Pomodoro

Sintomatologia

Piccole macchie (1-2 mm di diametro) necrotiche con alone clorotico sulle foglie, macchie necrotiche allungate sul fusto, macchie necrotiche (1-2 mm di diametro) con alone idropico sui frutti verdi e con alone clorotico sui frutti maturi (Tavola I). Diagnosi

Isolamento su Agar-Nutritivo-Saccarosio (colonie levaniformi dopo 48 ore a 25°C) o su Agar-King-B (colonie molto fluorescenti dopo 48 ore a 25°C); saggio LOPAT, alcuni saggi biochimici, nutrizionali e fisiologici differenziali consigliati per l’identificazione delle patovar di Pseudomonas syringae e saggio sierologico (ELISA o immunofluorescenza indiretta). Saggi di conferma: analisi degli acidi grassi cellulari o PCR. Lotta

Impiego di seme sano o risanato, evitare l’irrigazione per aspersione, allontanamento dei residui di vegetazione infetti, rotazioni colturali di almeno tre anni, trattamenti con composti rameici sia in vivaio che in campo alla comparsa dei primi sintomi. Evitare trattamenti con composti rameici durante il periodo di piena fioritura.

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Punti critici Per i vivaisti: utilizzare seme di cui sia garantita la sanità accertata mediante analisi di

laboratorio. Per gli agricoltori: evitare l’impiego di piantine di origine dubbia o che presentano sintomi

assimilabili a quelli della “picchiettatura batterica”.

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TAVOLA I

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Fig. 1. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: macchie necrotiche con alone clorotico su foglie di piantine in vivaio Fig. 2. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: foglie accartocciate su piante adulte Fig. 3. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: sintomi su fusto Fig. 4. “Picchiettatura batterica” del pomodoro: sintomi su frutti

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1.2. Cancro batterico del pomodoro (Tav. II e III) Inquadramento tassonomico

Famiglia non classificata Genere Clavibacter Specie Clavibacter michiganensis subsp. michiganensis

(Batterio da quarantena) Distribuzione geografica: presente in tutte le aree di coltivazione del pomodoro. Modalità di diffusione

Il batterio sopravvive per diversi anni nei semi, mentre nel terreno e nei residui infetti della vegetazione, sia di pomodoro che di piante infestanti (Solanum nigrum), interrati sopravvive solo fino a 2-3 anni. Dai semi, in condizioni di alta umidità, colonizza i vasi xilematici delle piante e, successivamente, i tessuti parenchimatici adiacenti il floema e l’epidermide fino a formare i cancri. Dai tessuti conduttori raggiunge le strutture fiorali e, attraverso il micropilo, colonizza l’embrione. Le ferite su foglie, fusto e frutto, provocate da grandine, vento, pioggia ed insetti, oltre alle operazioni colturali (cimatura, legatura) contribuiscono alla diffusione della malattia. Condizioni ottimali per lo sviluppo della malattia sono temperature sui 26-28 °C ed alti tenori di umidità Piante ospiti: Pomodoro

Sintomatologia

Avvizzimenti unilaterali delle foglie e delle fogliole e incurvamento a doccia verso l’alto, imbrunimento delle tracce fogliari a “ferro di cavallo”, striature di colore bruno-chiaro sul fusto che in seguito evolvono in cancri, imbrunimento dei tessuti vascolari e scollamento della corteccia, presenza di zone cave del midollo soprattutto in prossimità dei cancri. Si possono manifestare infezioni localizzate sul frutto sotto forma di pustole nerastre circondate da un alone biancastro (macchie ad “occhio di uccello”) (Tavole II e III). Diagnosi

Isolamento su substrato selettivo CNS (colonie gialle, fluide, lucenti e convesse di 2-4 mm di diametro dopo 5-6 giorni a 25 °C) oppure su NBY (colonie leggermente giallastre, lucenti, convesse a margine intero di 2-3 mm di diametro dopo 4 giorni a 25 °C), saggi biochimici e nutrizionali e saggio sierologico (ELISA o immunofluorescenza indiretta). Saggi di conferma: analisi degli acidi grassi cellulari o PCR. Lotta

Impiego di seme sano o risanato, allontanamento dei residui colturali infetti, rotazioni colturali di almeno tre anni, trattamenti con composti rameici per prevenire le infezioni secondarie. Punti critici Per i vivaisti: utilizzare semi di cui sia garantita la sanità mediante saggi di laboratorio.

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TAVOLA II

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2

Fig. 1. “Cancro batterico” del pomodoro: cancri su fusto Fig. 2. “Cancro batterico” del pomodoro: sintomi su foglie Fig. 3. “Cancro batterico” del pomodoro: imbrunimenti vascolari Fig. 4. “Cancro batterico” del pomodoro: tracce fogliari

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TAVOLA III

Fig. 1. “Cancro batterico” del pomodoro: necrosi e cavità del midollo Fig. 2. “Cancro batterico” del pomodoro: sintomi su frutto maturo

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2. FUNGHI

F.Casulli 1, G. Lima2

1Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari

2Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente, Università degli Studi del Molise, Campobasso

2.1. Oomiceti 2.1.1 Peronospora della lattuga Inquadramento tassonomico

Regno Chromista Phylum Oomycota Classe Oomycetes Ordine Peronosporales Famiglia Peronosporaceae Specie Bremia lactucae Regel

Distribuzione geografica: In tutte le aree ove sono presenti gli ospiti

Ospiti: Lattuga, Cicoria, Carciofo, Cardo, Composite spontanee e coltivate Modalità di diffusione Gli sporangio-conidi (o conidiangi), trasportati da schizzi di acqua e dal vento, diffondono la malattia. Essi germinano bene a 15-20°C, dando origine al micelio e, solo eccezionalmente, a zoospore. La malattia appare soprattutto sulle foglie più vecchie e vicino al terreno. Il fungo, per superare periodi avversi, può formare oospore nel mesofillo fogliare o nei tessuti attaccati. Sintomatologia Sulle foglie si notano macchie angolose, singole o confluenti, dapprima clorotiche, poi brune ed infine necrotiche, recanti una abbondante efflorescenza biancastra nella pagina inferiore (rami sporangiofori) (Tav. 7 A). Diagnosi Sintomi sugli ospiti. Rami sporangiofori divisi più volte dicotomicamente e terminanti con rigonfiamenti vescicolari recanti 2-8 sterigmi portanti, ciascuno, uno sporangio-conidio ovoidale, ialino, di 17-20 µm di diametro. Lotta Evitare le condizioni di elevata umidità. Varietà resistenti. Distruzione dei residui colturali. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Propamocarb, Clortalonil, Metalaxil, Cymoxanil, Benalaxyl, Oxadixil, Dimethomorf, Phosetil Al, Azoxystrobin.

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2.1.2. Peronospora dele cucurbitacee Inquadramento tassonomico

Regno Chromista Phylum Oomycota Classe Oomycetes Ordine Peronosporales Famiglia Peronosporaceae Specie Pseudoperonospora cubensis (Berck. et Kurt.) Rostow

Distribuzione geografica: Area di coltivazione delle Cucurbitaceae Ospiti: Cucurbitaceae, soprattutto melone e cetriolo Modalità di diffusione Gli sporangi, trasportati da schizzi d’acqua o dal vento, diffondono la malattia in forma epidemica. Essi germinano per zoospore (planoconidi) le quali, per la loro mobilità, necessitano di un velo d’acqua sulla superficie fogliare. Questo e una temperatura di 16-22°C, sono le condizioni ottimali per lo sviluppo della malattia. Per superare condizioni avverse, nei tessuti invasi dal fungo si differenziano, seppure in scarsa misura, le oospore. Sintomatologia Sulle foglie determina macchie angolose, singole o confluenti, dapprima traslucide e oleose-clorotiche e poi brune (Tav. 2 A), ricoperte nella pagina inferiore di una muffetta grigio-violacea (rami sporangiofori portanti gli zoosporangi) (Tav. 2 B). I teneri germogli, le foglie o le parti attaccate, rapidamente disseccano e si lacerano. Diagnosi Sintomi sull’ospite. Rami sporangiofori divisi più volte dicotomicamente e terminanti con uno sterigma portante uno zoosporangio ovoidale (10-25 x 22-26 µm) (Tav.2 C) Lotta Evitare le condizioni di elevata umidità. Varietà resistenti. Distruzione dei residui colturali. Fungicidi consigliati: Propamocarb, Clortalonil, Cymoxanil, Fenilammidi (metalaxil, benalaxyl, oxadixil), Dimethomorf, Fosetil Al, Azoxystrobin.

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2.1.3. Peronospora del peperone Inquadramento tassonomico

Regno Chromista Phylum Oomycota Classe Oomycetes Ordine Pythiales Famiglia Pythiaceae Specie Phytophthora capsici Leonian

Distribuzione geografica: aree umide con coltivazioni intensive Ospiti: fungo alquanto polifago e parassita di numerose piante erbacee ed arboree. Modalità di diffusione Il fungo attacca tutti gli organi verdi della pianta (in particolare i frutti e il colletto) in tutti gli stadi vegetativi della coltura. La malattia si manifesta soprattutto nelle zone temperato calde (optimum 28°C) e molto umide. Sui tessuti delle piante ammalate, in presenza di elevata umidità, fuoriescono gli sporangiofori portanti gli zoosporangi. Questi trasportati dal vento o dall’acqua, possono provocare nuove infezioni, liberando le zoospore mobili o germinando direttamente (oltre i 20°C). Il fungo raramente forma clamidospore ma produce oospore che sopravvivono nel terreno anche per molti anni. Sintomatologia Sul peperone causa imbrunimenti e marciume delle radici, della zona del colletto e alla base del fusto (Tav. 1 E) con conseguente graduale avvizzimento e morte delle piante. Sui frutti ancora verdi, invece, forma macchie idropiche di colore brunastro o grigio verdastro che, partendo dall’apice stilare o zona calicina, si allargano rapidamente sino ad interessare tutta la bacca provocando un marciume molle con decomposizione dei tessuti interni. Diagnosi Micelio molto toruloso. Sporangiofori ramificati irregolarmente portanti sporangi di forma variabile, papillati, caduchi, assottigliati alla base e con un lungo pedicello. Essi sono portati, sull’ifa sporangiofora, a forma di ombrella. Raramente forma clamidospore. Lotta Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità. Distruzione dei residui colturali. Solarizzazione. Rotazioni. Fumigazioni. Fungicidi consigliati: Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Propamocarb, Cimoxanil, Clortalonil, Fenilammidi (metalaxil, benalaxil, oxadixil), Fosetil Al, Strobilurine.

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2.1.4. Peronospora del pomodoro e della patata Inquadramento tassonomico

Regno Chromista Phylum Oomycota Classe Oomycetes Ordine Pythiales Famiglia Pythiaceae Specie Phytophthora infestans (Mont.) de Bary

Distribuzione geografica: Area di coltivazione delle Solanaceae Ospiti: Patata, Pomodoro, Melanzana e altre Solanaceae Modalità di diffusione Il fungo attacca tutti gli organi verdi della pianta in tutti gli stadi vegetativi della coltura e la malattia si manifesta soprattutto nelle zone fresche (optimum 15-25°C) e molto umide. Dagli stomi, le lenticelle o dalle lesioni degli organi attaccati, fuoriescono ife aeree portanti gli zoosporangi. Questi trasportati dal vento o dall’acqua, possono provocare nuove infezioni, liberando le zoospore mobili o germinando direttamente per micelio (oltre i 18°C). In condizioni particolari, nei tessuti infetti si formano le oospore. Sintomatologia Sulle foglie compaiono macchie irregolari, verde grigiastro, che poi diventano brune con alone clorotico. Sui frutti e sui tuberi si formano macchie leggermente depresse e asciutte a contorni ben definiti. Dalla foglia, il fungo può passare al picciolo e allo stelo provocando l’avvizzimento e la morte delle parti distali. Nella pagina inferiore, le foglie si ricoprono di una efflorescenza biancastra costituita dai rami sporangiofori fuoriuscenti dagli stomi. In condizioni di elevata umidità, tale muffetta si forma anche sugli altri organi attaccati (piccioli, steli, frutti) (Tav. 1 A, B, C). In genere, gli organi colpiti emanano uno sgradevole odore di pesce fradicio. Diagnosi Sporangiofori costituiti da segmenti claviformi (Tav. 1 D) attenuati verso la parte distale del ramo e sporangi ialini, limoniformi (22-32 x 16-24 µm) e muniti di papilla apicale Lotta Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità, distruggere i residui colturali. Fungicidi consigliati: Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Propamocarb, Cimoxanil, Clortalonil, Diclofluanide, Fenilammidi (metalaxil, benalaxil, oxadixil), Dimethomorf, Fosetil Al, Strubilurine.

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2.1.5. Marciume zonato del pomodoro Inquadramento tassonomico

Regno Chromista Phylum Oomycota Classe Oomycetes Ordine Pythiales Famiglia Pythiaceae Specie Phytophthora nicotianae Breda de Haan. (= P. parasitica Dastur)

Distribuzione geografica: aree umide con coltivazione intensiva Ospiti: fungo alquanto polifago e parassita di numerose piante erbacee ed arboree. Modalità di diffusione Il fungo attacca tutti gli organi verdi della pianta (in particolare i frutti e il colletto) in tutti gli stadi vegetativi della coltura. La malattia si manifesta soprattutto nelle zone temperato-calde (optimum 17-28°C) e molto umide. Dagli organi attaccati, in presenza di elevata umidità, fuoriescono ife aeree portanti gli zoosporangi. Questi trasportati dal vento o dall’acqua, possono provocare nuove infezioni, liberando le zoospore mobili. Il fungo forma numerose clamidospore ed oospore e può sopravvivere nel terreno per molti anni. Sintomatologia Sul pomodoro causa imbrunimenti e marciume nella zona del colletto (Tav. 1 F) con conseguente graduale avvizzimento e morte delle piante o, nei casi meno gravi, l’emissione di nuove radici avventizie. Sui frutti ancora verdi, invece, forma macchie idropiche di colore brunastro o grigio verdastro, ad andatura concentrica e localizzate soprattutto all’apice stilare. I frutti colpiti vanno soggetti ad un marciume molle con decomposizione dei tessuti interni. Diagnosi Micelio leggermente toruloso. Sporangiofori lunghi, irregolari portanti un singolo sporangio (o 2-4 in simpodio) piriforme (36 x 26 µm) papillato, non caduco con un corto pedicello (5µm). Abbondanti clamidospore terminali o intercalari di circa 28µm di diam. Lotta Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità, distruggere i residui colturali. Rotazioni. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Propamocarb, Cimoxanil, Clortalonil, Diclofluanide, Fenilammidi (metalaxil, benalaxil, oxadixil), Dimethomorf, Fosetil Al, Strobilurine.

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2.1.6. Marciume dei semenzai Inquadramento tassonomico

Regno Chromista Phylum Oomycota Classe Oomycetes Ordine Pythiales Famiglia Pythiaceae Specie Pythium spp.

Distribuzione geografica: aree umide con coltivazione intensiva Ospiti: fungo molto polifago, prevalentemente di piante erbacee o allo stato erbaceo. Modalità di diffusione Il fungo vive normalmente nel terreno e per la sua azione patogenica si avvantaggia di condizioni di elevata umidità e di temperatura intorno ai 25°C. Le sedi preferenziali di attacco del fungo sono la zona del colletto o il punto di inserzione del picciolo o la zona di contatto dei frutti con il terreno. Nel suo ciclo biologico, ha una fase di moltiplicazione costituita da ife molto esili portanti zoosporangi o conidiangi globosi (10-35 µm) che a maturità liberano zoospore mobili, ed una fase riproduttiva rappresentata dalle oospore. Il fungo permane nel terreno allo stato saprofitario o come oospora o clamidospora. Sintomatologia Moria dei semenzai con strozzatura del fusto nella zona del colletto e marcescenza delle radici, deperimento, allettamento e morte delle piantine. La malattia in genere si espande a macchia d’olio. Sugli organi attaccati, si nota la presenza di una muffetta sericea e biancastra (Tav. 4 D) che si espande molto rapidamente, mentre i tessuti imbruniscono e marciscono.

Diagnosi Sintomi della malattia. Micelio esile ialino, cenocitico con formazione di clamidospore,

oospore (12-17 µm) e ife sporangiofore con zoosporangi sferici (14-36 µm), cilindrici o lobati. Questi germinano formando un tubulo più o meno lungo con una vescicola effimera entro cui si formano e sostano le zoospore. Lotta

Evitare i ristagni idrici e l’eccesso di umidità, ricorrere alla pacciamatura, fare concimazioni equilibrate, evitare le semine fitte o trapianti molo ravvicinati.

Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Rame, Etilenbis-ditiocarbammati, Anilazina, Propamocarb, Cymoxanil, Clortalonil, Fenilammidi, Fosetil Al, Strobilurine.

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2.2. Ascomiceti 2.2.1. Oidio delle cucurbitacee (questa malattia può essere dovuta anche a Sphaerotheca fusca = S. fuliginea (si veda scheda successiva) Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Ascomycota Ordine Erysiphales Famiglia Erysiphaceae Specie Erysiphe cichoracearum DC ex Mecat (an. = Oidium asteris-punicei Pek)

Distribuzione geografica: area di coltivazione delle Cucurbitacee e delle Composite sia in pieno campo che in serra. Ospiti: Cucurbitaceae, Compositae (lattuga, girasole, zinnia, astro, dalia) Modalità di diffusione

Il fungo, a sviluppo superficiale, è favorito da bassa U.R. temperatura mite (28°C) e luminosità ridotta. Pertanto le infezioni sono più gravi in estate e nelle regioni aride, in annate a scarsa piovosità, su piante lussureggianti o in piantagioni ad elevata intensità e comunque in condizioni di serra. Il fungo sopravvive come micelio o formando cleistoteci (molto rari) sui residui colturali o su piante ponte coltivate e spontanee. Sintomatologia

Sulle foglie e sugli steli compaiono plagule bianche rotondeggianti costituite dall’ammasso micelico, dai conidiofori e dai conidi. Tali plagule spesso confluiscono a formare un unico feltro micelico bianco-cinereo. Le foglie attaccate dapprima diventano clorotiche, poi necrotizzano ed infine si può avere filloptosi con conseguenze negative sulla produzione in termini qualitativi e quantitativi Diagnosi Osservazioni dei sintomi sulle foglie: micelio superficiale con ife dritte e fini (4-8 µm). I cleistoteci (85-160 µm) hanno numerosi fulcri micelioidi (Ø = 0,5-4 µm) nella parte bassa e contengono 5-25 aschi aventi ciascuno 2 ascospore. I conidi non hanno corpi fibrosinici e sono portati in lunghe catene. Essi germinano apicalmente con un tubulo semplice e portano molti appressori lobati. Lotta

Varietà resistenti. Prodotti a base di Azoxistrobin, IBS, Quinoxifen.

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2.2.2. Oidio delle cucurbitacee Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Ascomycota Ordine Erysiphales Famiglia Erysiphaceae Specie Sphaerotheca fusca (S. fuliginea) (Schlecht. ex Fr.) Poll. (an = Oidium

citrulli Yen et Wang) Distribuzione geografica: area di coltivazione delle Cucurbitacee sia in serra che in pieno campo Ospiti: Cucurbitaceae, Solanaceae, Asteraceae Modalità di diffusione

Il fungo, a sviluppo superficiale, è favorito da bassa U.R., temperatura mite (28°C) e luminosità ridotta. Pertanto le infezioni sono più gravi in estate e nelle regioni aride, in annate a scarsa piovosità, su piante lussureggianti o in piantagioni ad elevata intensità e comunque in condizioni di serra. I conidi possono germinare anche con U.R. al di sotto del 20%. Il fungo sopravvive come micelio o formando cleistoteci (molto rari) sui residui colturali o su piante ponte coltivate e non. Sintomatologia

Sulle foglie e sugli steli compaiono plagule bianche, rotondeggianti, costituite dall’ammasso micelico, dai conidiofori e dai conidi (Tav. 3 A). Tali plagule spesso confluiscono a formare un unico feltro micelico bianco-cinereo. Le foglie attaccate dapprima diventano clorotiche, poi necrotizzano e, infine, si può avere filloptosi con conseguenze negative sulla produzione in termini qualitativi e quantitativi. Diagnosi

Osservazioni dei sintomi sulle foglie: micelio superficiale con ife spesse (5-10 µm) e di color bruno. I cleistoteci (70-100 µm) hanno un solo asco con 6-8 ascospore. Essi inoltre hanno pochi e grossolani fulcri micelioidi. I conidi presentano corpi fibrosinici, germinano lateralmente e producono un tubulo corto, tozzo e biforcuto ( Tav. 3 B). Lotta

Varietà resistenti. Prodotti a base di Azoxistrobin, IBS, Quinoxifen

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2.2.3. Oidio delle solanacee Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Ascomycota Ordine Erysiphales Famiglia Erysiphaceae Specie Leveillula taurica (Lév.) G.Arnaud an. = Oidiopsis taurica (Lév.) Salmon

Distribuzione geografica: area di coltivazione degli ospiti sia in serra che in pieno campo. Ospiti: Solanaceae, Asteraceae, alcune Cucurbitaceae Modalità di diffusione

Si manifesta soprattutto a fine ciclo e su piante vecchie. Attacca e si sviluppa ottimamente a 20-25°C e in presenza di elevata U.R. Il fungo supera i periodi avversi come micelio o formando cleistoteci (molto rari) sui residui colturali o su piante ponte coltivate e non (Sonchus oleraceus, Gossypium hirsutum, Physalis spp.) Il micelio è emiendofita e colonizza il mesofillo intercellularmente immettendo austori nelle cellule Sintomatologia

Sulla pagina inferiore delle foglie si nota una efflorescenza biancastra-giallina costituita dall’insieme dei conidiofori e conidi del fungo (Tav. 2 F). Sulla corrispondente superficie della pagina superiore compare una macchia clorotica che successivamente necrotizza (Tav. 2 D, E). I conidiofori, generalmente semplici, fuoriescono in numero di 2-3 dagli stomi della pagina inferiore portanti ciascuno 2-3 conidi cilindrici di cui il primo mitriforme. Diagnosi

Osservazioni dei sintomi sulle foglie: micelio endofitico. I cleistoteci (140-250 µm) hanno circa 20 aschi con 2 ascospore. Inoltre essi hanno numerosi, ma molto corti, fulcri micelioidi. I conidi presentano uno spiccato dimorfismo, germinano apicalmente con un tubulo semplice e appuntito. Gli appressori sono assenti o coralloidi. Lotta Impiego di varietà resistenti. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Azoxistrobin, IBS, Quinoxifen

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2.2.4. Muffa grigia Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Ascomycota Ordine Helotiales Famiglia Sclerotiniaceae Specie Botrytis cinerea Pers. ex Fr. [tel. = Botryotinia fuckeliana (De Bary)

Whetzel] Distribuzione geografica: presente ovunque. Ospiti: è un fungo estremamente polifago Modalità di diffusione Il fungo può vivere come saprofita o parassita attaccando in particolare gli organi teneri. Esplica la sua massima attività a 21-25°C e in condizioni di elevata umidità e si diffonde per mezzo dei conidi. I residui fiorali e parti di pianta senescenti possono costituire importanti sorgenti di inoculo. Le infezioni sono favorite da ferite e lesioni di vario tipo. In condizioni avverse può formare sclerozi che si conservano vitali per molti anni. Al ristabilirsi delle condizioni favorevoli, essi germinano ricoprendosi di conidiofori e conidi o, solo in condizioni di laboratorio, differenziano gli apoteci. Sintomatologia Il fungo causa estese lesioni necrotiche o il marciume molle degli organi attaccati che si ricoprono di una abbondante muffa grigia (fruttificazione conidica). Su tali organi, spesso si può osservare anche la presenza di numerosi sclerozi neri. Gli attacchi del fungo spesso comportano la morte della pianta o il disseccamento degli organi o della vegetazione sovrastante il sito di infezione (Tav. 3 C, D, E, F). Diagnosi Sintomi sugli ospiti. Micelio polinucleato robusto, ialino, o leggermente grigio. Conidiofori lunghi, scuri, con cellula basale globosa, ramificati ortogonalmente nella regione terminale e portanti su fini denticolazioni, numerosi conidi lisci, ovoidali, non settati, di 11 x 11-15 µm. Produzione di sclerozi neri irregolarmente appiattiti di 1-5 mm di lunghezza. Lotta Allontanamento di tutti i residui colturali, pulizia ed arieggiamento delle serre o del vivaio, evitare le condizioni di elevata umidità. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Iprodione, Procimidone, Pirimetanil, Ciprodinil, Diclofluanide, Fludioxonil, Thiram,, Dicloran, Tebuconazole.

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2.2.4. Sclerotinia Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Ascomycota Ordine Helotiales Famiglia Sclerotiniaceae Specie Sclerotinia sclerotiorum (Lib.) de Bary

Distribuzione geografica: area di coltivazione degli ortaggi. Ospiti Polifago: attacca oltre 106 specie tra fiori, ortaggi e piante industriali Modalità di diffusione Sui e nei tessuti infetti il fungo forma numerosi sclerozi alquanto grandi (2-20 x 3-7 mm) e irregolari spessi e duri che possono sopravvivere sino a 8-10 anni. In condizioni ottimali, essi germinano dando origine al micelio oppure formano uno o più apoteci tappezzati da aschi contenenti 8 ascospore ciascuno. Queste, tramite il vento, permettono la diffusione a lunga distanza del patogeno e facilitano l’evoluzione della specie. Sintomatologia

Il fungo attacca tutti gli organi della pianta ma, in particolare, la zona del colletto causando marciume dei tessuti e conseguente appassimento, avvizzimento e morte dell’ospite. Sugli organi attaccati si nota un abbondante micelio bianco e presenza di numerosi sclerozi irregolari neri (Tav. 4 E, F). Diagnosi

Sintomi sull’ospite. Isolamento e allevamento su substrati artificiali (AA, PDA) ove ben presto si formano gli sclerozi come descritto al punto precedente. Lotta

Rotazioni, eliminazione di tutti i residui colturali, solarizzazione, fumigazione. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Dicloran, Iprodione, Procimidone, Ciprodinil, Fludioxonil.

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2.3. Basidiomiceti 2.3.1. Mal vinato dell’asparago Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Basidiomycota Classe Basidiomycetes Sottoclasse Holobasidiomycetidae Ordine Auriculariales Famiglia Auriculariaceae Specie Helicobasidium brebisonii (Desm.) Donk (= H. purpureum Pat.) (sin.=

Rhizoctonia violacea Tul.) Distribuzione geografica: Ospiti: Asparago e numerose altre piante erbacee Modalità di diffusione

Questo fungo tellurico può riprodursi indefinitamente nella forma miceliale. È molto attivo a 25-30°C e quando nel suolo vi è una elevata umidità, un pH acido e presenza di sostanza organica. Sopravvive sui residui colturali e si conserva per molto tempo per mezzo dei corpi miliari e degli pseudosclerozi. Sintomatologia

Le piante attaccate ingialliscono, deperiscono e muoiono e le “zampe” vanno incontro ad un rapido processo di marcescenza e decomposizione. La malattia si allarga a macchia d’olio creando ampie chiazze (Tav. 7 B). I sintomi tipici si possono rilevare sulle radici e sui rizomi ove il fungo forma un feltro rosso vinato frammisto a cordoni micelici e corpi miliari più scuri di 0,3-0,5 mm e talvolta, sui tessuti in decomposizione, differenzia anche degli pseudosclerozi (Tav. 7 C). Diagnosi

Micelio di colore violaceo con cellule a barilotto e presenza di aggregati micelici (corpi miliari). Basidi curvi di 4-5 µm con 3 setti e portanti basidiospore ialine arcuate ed ellissoidali (9-12 x 5-8 µm). Lotta Disinfezione del terreno. Fungicidi consigliati: prodotti a base di Tolchlofos-metile

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2.3.2. Rizottoniosi Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Basidiomycota Classe Basidiomycetes Sottoclasse Holobasidiomycetidae Ordine Ceratobasidiales Famiglia Ceratobasidiaceae Specie Rhizoctonia solani Kühn tel = Thanathephorus cucumeris (Frank) Donk

Ospiti Fungo molto polifago Modalità di diffusione

Il fungo è normalmente presente nel terreno come micelio attivo o come pseudosclerozi. L’elevata umidità e una temperatura superiore ai 21°C sono le condizioni ottimali di sviluppo. Può attaccare tutti gli organi della pianta in tutti gli stati vegetativi ma le maggiori infezioni si hanno nella zona del colletto. Sintomatologia Il fungo a “micelio sterile” causa imbrunimenti e marciumi radicali, basali o del fusto e moria delle piante. Sugli organi attaccati si possono formare croste nere o manicotti feltrosi bianco-grigiastri (Tav. 4 C). In condizioni molto favorevoli può attaccare anche le parti aeree con necrosi dei germogli. Sulle bacche di pomodoro in prossimità del terreno, provoca macchie dapprima brunastre poi bruno-scuro, depresse, di 1-2 cm, con anellatura concentrica, tendenti a fessurarsi al centro. Diagnosi

Micelio olivaceo-bruno, robusto, a rapido sviluppo, con ramificazioni per lo più perpendicolari prodotte in prossimità del setto distale e con restringimenti basali. Le cellule ifali sono multinucleate e a botticella. Forma pseudosclerozi crostiformi di 1 mm di Ø. I basidi sono unicellulari e portati generalmente a grappoli su semplici substrati di ife intrecciate. I basidi presentano 4 sterigmi portanti spore ovate ripetitive

Lotta

Evitare i ristagni idrici e le condizioni di elevata umidità, distruggere i residui colturali, utilizzare seme conciato.

Fungicidi consigliati: prodotti a base di Tolchlofos metile.

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2.3.3. Mal dello sclerozio Inquadramento tassonomico

Regno Fungi Phylum Basidiomycota Classe Basidiomycetes Sottoclasse Holobasidiomycetidae Ordine Stereales Famiglia Corticiaceae Specie Sclerotium rolfsii Curzi. (tel. = Athelia (Corticium) rolfsii (Curzi) Tu et

Kimbrough Ospiti Fungo molto polifago (attacca oltre 200 specie) prevalentemente su piante erbacee Modalità di diffusione

Il fungo può comportarsi da parassita, a livello delle radici e del colletto delle piante, o da saprofita sui residui colturali. Molto dannoso nei climi temperato caldi (optimum 25-30°C) e umidi durante l’estate. Si diffonde mediante le basidiospore ma soprattutto attraverso le ife e gli sclerozi. Sintomatologia

Sull’apparato radicale e al colletto causa necrosi a cui segue un marciume molle e comparsa di una abbondante vegetazione fungina bianco sericea che si espande a ventaglio assumendo una consistenza feltrosa. Nella massa micelica compaiono numerosi piccoli sclerozi per lo più sferici (0,5-1 mm di diametro), dapprima color bianco giallastro e poi marrone o bruno-scuro (Tav. 4 A, B). Le piante attaccate deperiscono più o meno rapidamente e poi muoiono. Diagnosi

Sintomi sugli ospiti. Isolamento e allevamento su substrati artificiali (AA, PDA) ove ben presto si formano gli sclerozi come descritto al punto precedente. Lotta

Rotazioni, eliminazione dei residui colturali, solarizzazione. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Thiram, IBS, Tolclofos-methil.

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2.4. Deuteromiceti 2.4.1. Alternariosi Inquadramento tassonomico

Nuova classificazione: Funghi Mitosporici Vecchia classificazione: Regno Fungi Phylum Deuteromycota Sottodiv. Deuteromycotina Classe Hyphomycetes Ordine Hyphales Famiglia Dematiaceae Specie Alternaria solani Sorauer

Distribuzione geografica: area di coltivazione del pomodoro Ospiti: Solanaceae (patata, pomodoro), Brassica spp. Modalità di diffusione

La malattia può manifestarsi in ogni stadio di sviluppo della pianta in condizioni di elevata umidità e temperatura compresa fra i 18 e 25°C. La diffusione è favorita dall’alternanza di periodi umidi e asciutti. All’inizio attacca le piantine in vivaio e, successivamente, le piante in serra o in pieno campo. Il fungo attacca sia il fusto che le foglie ed i frutti e si perpetua nel terreno, sui residui colturali e sui semi. Sintomatologia

In vivaio si possono osservare tacche necrotiche sia sulle foglioline cotiledonari che sulle foglie vere. Al colletto, il fungo forma lesioni necrotiche che possono interessare l’intera circonferenza con conseguenti strozzature, deperimento e morte della pianta (Tav. 5 A, B). Sulle foglie, compaiono macchie necrotiche irregolari, zonate concentricamente il cui diametro può superare il centimetro. Sui frutti, soprattutto in prossimità del peduncolo, si formano macchie depresse, zonate e ricoperte da una efflorescenza fuliginosa.

Diagnosi

Sintomi sulle piante. Conidi singoli, bruno-olivacei con 9-10 setti trasversali e rari setti longitudinali e terminanti con un lungo rostro (Tav. 5 C). Sui normali substrati colturali il fungo difficilmente sporifica. Per questo si usa il metodo di Shahin Shepard (Phytopathology, 69, 618-620). Lotta

Allontanamento dei residui colturali, pulizia e arieggiamento del vivaio, evitare le condizioni di elevata umidità. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Clortalonil, Ziram, Tiram, Anilazina, Diclofluanide, Iprodione, Azoxistrobin.

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2.4.2. Cladosporiosi Inquadramento tassonomico

Nuova classificazione: Funghi Mitosporici Vecchia classificazione: Regno Fungi Phylum Deuteromycota Sottodiv. Deuteromycotina Classe Hyphomycetes Ordine Hyphales Famiglia Dematiaceae Specie Cladosporium fulvum Cooke (=Fulvia fulva (Cooke) Ciferri) tel =

Mycovellosiella fulva (Cooke) Von Arx Distribuzione geografica: area di coltivazione del pomodoro Ospiti: Pomodoro ed altre Solanaceae Modalità di diffusione

Questo fungo è dannoso soprattutto sulle piante allevate in serra in presenza di elevata U.R. ed una temperatura di 20-25°C. Il fungo si perpetua a mezzo delle fruttificazioni conidiche libere o presenti sui residui colturali o sui semi.

Sintomatologia

Sulle foglie forma macchie irregolari ricoperte nella pagina inferiore di una muffa di colore olivaceo-scuro, costituita dai conidiofori e dai conidi del fungo. Esso attacca principalmente le foglie e, specialmente in campo, si presenta su quelle più vecchie (Tav. 5 D). Le foglie infette tendono ad accartocciarsi ed a seccare. Sui frutti possono essere presenti macchie rotondeggianti bruno-nerastre. Diagnosi

Conidiofori eretti, tozzi, flessuosi, più o meno ramosi, recanti conidi di forma e dimensione assai varia: ovoidali o piriformi o tendenzialmente cilindrici o ellittici, normalmente bicellulari, misuranti da 6 a 26 µm. Lotta

Seme sano, arieggiamento degli ambienti di coltivazione, riduzione dell’umidità relativa. Fungicidi consigliati: Prodotti a base di Clortalonil, Ziram, Tiram, Diclofluanide, IBS,

Benzimidazolici.

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2.4.3. Fusariosi Inquadramento tassonomico

Nuova classificazione: Funghi Mitosporici Vecchia classificazione: Regno Fungi Phylum Deuteromycota Sottodiv. Deuteromycotina Classe Hyphomycetes Ordine Hyphales Famiglia Tuberculariaceae Specie Fusarium spp.

Ospiti Fungi molto polifagi. Attaccano sia specie erbacee che arboree Modalità di diffusione

Il genere Fusarium comprende numerose specie (oltre 50) all’interno delle quali possiamo avere ‘formae speciales’ (f.sp.) e razze o patotipi. Le specie più importanti sono: F. solani, F. oxysporum, F. moniliforme, F. roseum. Possono attaccare gli ospiti durante tutto il loro ciclo vegetativo e in tutte le loro parti. Oltre ai macroconidi falciformi portati in sporodochi, formano microconidi e clamidospore. Alcune specie hanno anche la forma teleomorfa in rapporto metagenetico con il genere Gibberella e Nectria (Hypocreales). Oltre che da parassiti, possono comportarsi anche da saprofiti e sopravvivere a lungo nel terreno o sui residui colturali. Le loro infezioni sono favorite dalla presenza di nematodi, insetti terricoli, ferite di vario genere e da uno stato di stress delle piante.

Sintomatologia

I Fusaria, in genere, colpiscono le piante al piede determinando marciumi radicali, del colletto o della base del fusto, causando allettamento e morte delle piante. Inoltre possono addentrarsi nei tessuti vascolari determinando tracheomicosi con conseguente ingiallimento e necrosi delle foglie, appassimento e avvizzimento parziale o totale dell’ospite e, infine, la morte della pianta (Tav. 6 A, B, C). Sezionando i fusti delle piante infette si notano i caratteristici imbrunimenti dei tessuti vascolari.

Diagnosi Ispezioni visive. Isolamenti su substrati selettivi (Nelson P.E. et al., Fusarium species: an

illustrated manual for identification. Pennsylvania State Univ. Press, 193 pp) e allevamento su AA, PDA e CLA.

Lotta

Impiego di varietà resistenti, seme sano o conciato, rotazioni, disinfezione del terreno. Fungicidi consigliati: Benzimidazolici, Procloraz, Triazolici.

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2.4.4. Radice suberosa del pomodoro Inquadramento tassonomico

Nuova classificazione: Funghi Mitosporici Vecchia classificazione: Regno Fungi Phylum Deuteromycota Sottodiv. Deuteromycotina Classe Coelomycetes Ordine Sphaeropsidales Famiglia Sphaeropsidaceae Specie Pyrenochaeta lycopersici Schneider et Gerlach

Ospiti: Pomodoro ed altre Solanaceae Modalità di diffusione

Il fungo si conserva nel terreno come micelio sterile sui residui colturali o per mezzo delle clamidospore. Sui tessuti attaccati, oltre al micelio, si possono riscontrare picnidi e microsclerozi. La malattia, detta “radice suberosa”, è frequente soprattutto sulle coltivazioni in serra e ove si praticano coltivazioni intensive. Le esigenze termiche variano dai 15 ai 28°C. Sintomatologia

Il fungo provoca un processo di proliferazione e di suberificazione dei tessuti radicali, e talvolta del colletto, con successive fessurazioni longitudinali a carico dei tessuti corticali che si presentano ingrossati, rugosi e scuri. Le radici secondarie per lo più risultano disfatte. Le piante si presentano deperite, talvolta appassite e con uno scarso sviluppo dell’apparato radicale. Se rincalzate, le piante reagiscono all’infezione con l’emissione di radici avventizie nella zona al di sopra del colletto. Diagnosi

Il fungo differenzia picnidi globosi, bruno-scuro, ostiolati, di 150-300 µm di ø e con 3-12 robuste setole scure. Nei picnidi si trovano numerosi conidi (fialoconidi) ialini unicellulari 4,5-8 x 1,5-2 µm. Lotta: rotazioni, innesto su varietà resistenti, disinfezione del terreno.

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2.4.5. Tracheoverticilliosi Inquadramento tassonomico

Nuova classificazione: Funghi Mitosporici Vecchia classificazione: Regno Fungi Phylum Deuteromycota Sottodiv. Deuteromycotina Classe Hyphomycetes Ordine Hyphales Famiglia Mucedinaceae Specie Verticillium dahliae Kleb.

Verticillium albo-atrum Reinke et Berth. Ospiti: Solanaceae, Cucurbitaceae e numerose specie di piante erbacee ed arboree (polifagi) Modalità di diffusione La diffusione di questi patogeni avviene a mezzo dei conidi traspostati dal vento, dall’acqua o da altri vettori. Le infezioni avvengono attraverso le radici e sono favorite dalla presenza di ferite. Una volta giunto nei vasi xilematici, il fungo può diffondersi sfruttando la corrente ascensionale della linfa. Sulle colture ortive e nell’ambiente meridionale, la specie più frequente e dannosa è il V. dahliae che forma numerosi microsclerozi capaci di sopravvivere a lungo nel terreno. I due funghi si perpetuano in forma parassitaria, su diverse piante spontanee, o permangono nel terreno, anche per lungo tempo e a notevole profondità, allo stato saprofitario o sui residui colturali. Sintomatologia Piante con foglie giallastre, appassite che successivamente imbruniscono e muoiono (Tav. 6 D). Le piante si presentano debilitate con frutti piccoli e con maturazione anticipata. Sezionando il fusto, si notano i tipici imbrunimenti vascolari color marrone o bruno nerastro (Tav. 6 E). Diagnosi

Conidiofori eretti, settati, ialini con ramificazioni disposte a verticilli (fialidi) (Tav. 6 F). Queste producono, per gemmazione, i conidi ovoidali, ialini, conglobati in una goccia di materiale mucoso. V. dahliae predilige temperature alquanto elevate (25-30°C) ed è caratterizzato dalla formazione di numerosi microsclerozi neri, ovoidali e da ife ialine, mentre V. albo-atrum presenta ife scure e assenza di microsclerozi e predilige temperature sui 20-25°C. Lotta: impiego di varietà tolleranti o resistenti, innesto, disinfezione del terreno.

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TAVOLA IV

1. Bremia lactucae su pagina inferiore di foglia di lattuga B. Asparagiaia distrutta da H. brebisonii C. Radici di asparago attaccate da Helicobasidium brebisonii

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TAVOLA V

A. Piantine di pomodoro attaccate da Phytophthora infestans B. Pianta di pomodoro attaccata da Phytophthora infestans C. Bacche di pomodoro attaccate da Phvtophthora infestans D. Ramo sporangioforo di Phytophthora infestans E. Piante di peperone attaccate da Phvtophthora capsici F. Piante di pomodoro attaccate da Phytophthora nicotianae

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TAVOLA VI

A. Piantina di anguria attaccata da Sclerotium rolfsii B. Sclerotium rolfsii allevato in piastra su P.D.A. C. Rhizoctonia solani su pomodoro D. Micelio sericeo di Pythium sp.alla base di piantine di pomodoro E. Sclerozi di Sclerotinia sclerotiorum su lattuga. F. Marciume basale da Sclerotinia sclerotiorum su carosello

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TAVOLA VII

A. Sphaerotheca fusca su foglie di zucchino B. Conidio di Sphaerotheca fusca in germinazione C. Piantine di cetriolo distrutte da Botrvtis cinerea. D. Botrytis cinerea su pianta di pomodoro E. Inizio di infezione di Botrytis cinerea su fusto di pomodoro F. Grave infezione di Botrytis cinerea su fusto di pomodoro

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TAVOLA VIII

A.Foglia di cetriolo (pagina superiore) attaccata da Pseudoperonospora cubensis B.Foglia di cetriolo (pagina inferiore) attaccata da Pseudoperonospora cubensis C.Rami sporangiofori di Pseudoperonospora cubensis D.Sintomi di Leveillula taurica su foglie di pomodoro E.Piante di peperone attaccate da Leveillula taurica F.Pagina inferiore di foglia di peperone con fruttificazioni conidiche diLeveillula taurica

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TAVOLA IX

A. Lesione iniziale di Alternaria solani su piantina di pomodoro B. Gravi attacchi di Alternaria solani alla base di piante di pomodoro C. Conidi di Alternaria solani D. Macchie da Cladosporium fulvum su foglie di pomodoro

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TAVOLA X

A. Pianta di melone con marciume basale da Fusarium oxysporum B. Piante di pomodoro affette da tracheofusariosi C. Grave attacco di Fusarium oxysporum su coltivazione di cetriolo in serra. D. Pianta di melanzana affetta da tracheoverticilliosi. E. Fusti di pomodoro con, in sezione, evidenti imbrunimenti da Verticillium dahliaeF. Ramo conidioforo di Verticillium dahliae

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3. VIRUS

D. Gallitelli Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata

Università degli Studi di Bari

3.1. Virus del mosaico dell’erba medica Inquadramento tassonomico

Famiglia Bromoviridae Genere Alfamovirus Specie Alfalfa mosaic virus (AMV)

Distribuzione geografica: ubiquitario Malattia/avversità: Giallume necrotico del pomodoro Modalità di diffusione

AMV è trasmesso da circa 20 specie di afidi (in particolare da Myzus persicae) (forme attere ed alate) in modo non persistente, cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono coinvolte nella diffusione all’interno della coltura. AMV si trasmette per seme in: erba medica (10%), peperone (1-5%) e forse in altre specie coltivate. Piante ospiti

Si valuta che AMV possa infettare circa 400 specie fra piante coltivate, ornamentali e spontanee, appartenenti a non meno di 50 famiglie botaniche. Fra le specie coltivate, oltre al pomodoro, AMV infetta peperone, melanzana, fagiolo, patata, lattuga, indivia, sedano, basilico e menta. Fra le arboree AMV è stato rinvenuto su vite Sono, inoltre, da segnalare: Amaranthus sp., Calendula officinalis, Capsella bursa-pastoris, Cynanchum acutum, Chenopodium album, Diplotaxis erucoides, Echium vulgare, Hedysarum coronarium, Lippia citriodora, Malva parviflora, Pelargonium zonale, Portulaca oleracea, Senecium sp., Sonchus oleraceus, Stellaria media, Urospermum picroides, Solanum nigrum, Trifolium sp., Viburnum tinus (Tavola XI, fig. 5). Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

La malattia è caratterizzata dalla comparsa di aree clorotiche e maculature di un bel giallo vivace sulle quali spiccano minuscole aree necrotiche (Tavola XI , fig. 1) che, confluendo, possono arrivare ad interessare porzioni consistenti del lembo fogliare (Tavola XI , fig.2). Nelle infezioni precoci la necrosi può arrivare ad interessare le nervature ed il picciolo delle fogliole. I frutti restano piccoli, malformati e ben presto vanno incontro a necrosi (Tavola XI , fig. 3). I ceppi di AMV non necrotici inducono semplicemente mosaico caratterizzato da aree di giallo più o meno vivace (Tavola XI , fig. 4) che, in alcuni casi possono interessare l’intero lembo fogliare. Sintomi simili sono indotti su peperone. Sia su pomodoro, sia su peperone sono frequenti le infezioni miste con CMV, PVY, TSWV.

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Diagnosi

La sintomatologia non è da sola sufficiente per una corretta diagnosi anche a causa delle frequenti infezioni miste. In laboratorio può essere impiegata tanto l’ ELISA quanto l’ibridazione molecolare e la PCR. Il virus è relativamente stabile nei tessuti delle piante infette per cui i campioni possono essere conservati a + 4°C anche per un paio di settimane. È consigliabile non congelare i tessuti. Lotta

La lotta é essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide é in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma é utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo é consigliabile eliminare anche le piante spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora. Punti critici Per i vivaisti: AMV è elencato tra i patogeni di qualita’ del DM. del 14/04/97.

Non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro mentre è accertata la trasmissibilità attraverso il seme di peperone e di leguminose. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. A causa della elevata polifagia di AMV è sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere assolutamente vietata la consociazione fra specie orticole ed ornamentali. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di

procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazione fra specie orticole diverse e di piante spontanee all’interno o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a rischio di quelle in ambiente protetto.

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente

adiacenti la coltura. Evitare stress idrici (eccesso o carenza d’acqua). Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni azotate. per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1

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campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa. Evitare il congelamento.

3.2. Virus del mosaico del cetriolo su cucurbitacee Inquadramento tassonomico

Famiglia Bromoviridae Genere Cucumovirus Specie Cucumber mosaic virus (CMV)

Malattia/Avversità: mosaico e malformazioni Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

CMV è trasmesso da circa 75 specie di afidi (forme attere ed alate) in modo non persistente, cioé con punture di saggio anche della durata di pochi secondi. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono coinvolte nella diffusione all’interno della coltura. L’efficienza nel trasmettere il virus può variare, anche notevolmente, a seconda della specie di afide e dell’ospite interessati. In alcune specie spontanee (Amaranthus spp., Echynocistis spp. e Stellaria media, per esempio) il virus si trasmette attraverso il seme. E’ riportata trasmissione in semi di alcune cucurbitacee. Piante ospiti

Si valuta che CMV possa infettare oltre 800 specie di ospiti fra piante coltivate e spontanee, incluse alcune specie arboree (agrumi, olivo, vite), appartenenti a non meno di 70 famiglie botaniche. Fra le ortive coltivate, oltre che in melone, zucchino, carosello e anguria, infezioni di CMV sono riportate in pomodoro, peperone, melanzana, cucurbitacee, sedano, prezzemolo, leguminose, cicoria e carciofo. Ospti importanti al mantenimento del virus in Italia meridionale sono: Antirrhinum majus, Borrago officinalis, Calamintha nepeta, Carduus sp., Calendula officinalis, Capsella burs-pastoris, Centaurea duriaei, Cichorium intybus, Chrysanthemum coronarium, Cirsium sp., Convolvulus sp., Daucus carota, Diplotaxis erucoides, Diplotaxis tenuifolia, Echium vulgare, Eupatorium cannabinum, Erigeron canadensis, Erodium malachoides, Foeniculum piperitum, Inula graveolens, Lamium sp. Malva sp., Mentha palustris, M. piperita, Mercurialis annua, Pallenis spinosa, Papaver rhoeas, Picris hieracioides Portulaca oleracea, Primula palinuri, Ranunculus spp, Raphanus raphanistrum, Reichardia picroides, Satureja juliana, Smilax aspera, Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, S. campfelii, Smyrnium sp., Stellaria media, Trifolium sp. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Sulle specie di questa famiglia, sono spesso presenti infezioni miste di CMV, ZYMV e WMV-2 che complicano notevolmente il quadro sintomatologico. Sono attaccati preferenzialmente zucchino, melone e carosello. Le foglie mostrano superficie molto ridotta ed interessata da mosaico.

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I frutti possono essere butterati, a forma di clava e presentare resistenza al taglio. Le perdite di produzione sono elevatissime, specie nelle colture praticate sotto serra. Diagnosi

Oltre che su base sintomatologica la diagnosi di CMV può essere effettuata sia per via sierologica (ELISA), sia per via molecolare (ibridazione molecolare, PCR). Il virus è relativamente stabile nei tessuti delle piante infette, per cui i campioni possono essere agevolmente conservati a + 4°C, anche per alcune settimane. È consigliabile non congelare i tessuti. Lotta

La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo è consigliabile eliminare anche le piante spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora. È consigliato l’uso di tessuto-non-tessuto (veli di polipropilene) sulle colture in campo, dalla semina o dalla posa a dimora dei semenzali, sino alla raccolta dei primi frutti. Se il momento in cui il velo è rimosso coincide con un’altra presenza di afidi vettori viruliferi è possibile che intervengano infezioni tardive che, però, hanno poca incidenza negativa sulla produzione. Punti critici Per i vivaisti: CMV è elencato tra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97.

È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 /10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. È consigliato sottoporre a saggio un campione di seme. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. A causa della elevata polifagia di CMV e’ sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere assolutamente vietata la consociazione fra specie orticole ed ornamentali. Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza

delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a rischio di quelle in ambente protetto.

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente

adiacenti la coltura. evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture già infettate, onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni azotate.

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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche” Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001

Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa. Evitare il congelamento.

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3.2. Virus del mosaico del cetriolo su peperone Inquadramento tassonomico

Famiglia Bromoviridae Genere Cucumovirus Specie Cucumber mosaic virus (CMV)

Malattia/Avversità:vari quadri sintomatologici Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

CMV è trasmesso da circa 75 specie di afidi (forme attere ed alate) in modo non persistente, cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono coinvolte nella diffusione all’interno della coltura. L’efficienza nel trasmettere il virus può variare anche notevolmente, a seconda della specie di afide e dell’ospite interessati. In alcune specie spontanee (Amaranthus spp., Echynocistis spp. e Stellaria media, per esempio) il virus si trasmette attraverso il seme. Non é riportata trasmissione in semi di peperone. Piante ospiti

Si valuta che CMV possa infettare oltre 800 specie di ospiti fra piante coltivate e spontanee, incluse alcune specie arboree (agrumi, olivo, vite), appartenenti a non meno di 70 famiglie botaniche. Fra le ortive coltivate, oltre che in peperone, infezioni di CMV sono riportate in pomodoro, melanzana, cucurbitacee, sedano, prezzemolo, leguminose, cicoria carciofo ed alcune crucifere. In queste ultime, l’infezione di CMV è spesso associata a quella di altri virus specifici per le crucifere. Ospti importanti al mantenimento del virus in Italia meridionale sono: Antirrhinum majus, Borrago officinalis, Calamintha nepeta, Carduus sp., Calendula officinalis, Capsella burs-pastoris, Centaurea duriaei, Cichorium intybus, Chrysanthemum coronarium, Cirsium sp., Convolvulus sp., Daucus carota, Diplotaxis erucoides, Diplotaxis tenuifolia, Echium vulgare, Eupatorium cannabinum, Erigeron canadensis, Erodium malachoides, Foeniculum piperitum, Inula graveolens, Lamium sp. Malva sp., Mentha palustris, M. piperita, Mercurialis annua, Pallenis spinosa, Papaver rhoeas, Picris hieracioides Portulaca oleracea, Primula palinuri, Ranunculus spp, Raphanus raphanistrum, Reichardia picroides, Satureja juliana, Smilax aspera, Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, S. campfelii, Smyrnium sp., Stellaria media, Trifolium sp. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Sulla vegetazione giovane sono visibili ingiallimenti , restringimenti della superficie fogliare e accorciamento degli internodi. Sulle foglie più vecchie ed ingiallite compaiono caratteristici anelli di colore verde che poi evolvono in necrosi (Tavola XII, fig. 1). I frutti si presentano alterati nella forma e nel colore, sono visibili anelli di colore verde su bacche rosse o gialle e di colore giallo su bacche verdi (Tavola XII, fig. 2). L'alterazione diventa economicamente molto importante quando, sui frutti, sono presenti incisioni piccole ma profonde e necrotiche. Le perdite di prodotto possono essere molto elevate, specie nelle colture sotto serra. Frequenti sono le infezioni miste con PVY (Tavola XII, figg. 3, 4), AMV e TSWV

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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche” Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001

Diagnosi

Oltre che su base sintomatologica la diagnosi di CMV può essere effettuata sia per via sierologica (ELISA), sia per via molecolare (ibridazione molecolare, PCR). Il virus è relativamente stabile nei tessuti delle piante infette per cui i campioni possono essere agevolmente conservati a + 4°C anche per alcune settimane. È consigliabile non congelare i tessuti. Lotta

La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma é utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo è consigliabile eliminare anche le piante spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora. Punti critici Per i vivaisti: CMV é elencato tra i patogeni di qualità del DM. del 14/04/97.

Per quanto noto al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/ 10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. A causa della elevata polifagia di CMV è sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere assolutamente vietata la consociazione fra specie orticole ed ornamentali. Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza

delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a rischio di quelle in ambente protetto.

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente

adiacenti la coltura. Evitare stress idrici (eccesso o carenza d’acqua). Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni azotate. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa. Evitare il congelamento.

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3. 3. Virus del mosaico del cetriolo su pomodoro Inquadramento tassonomico

Famiglia Bromoviridae Genere Cucumovirus Specie Cucumber mosaic virus (CMV)

Malattia/Avversità: Malformazioni fogliari Necrosi letale Necrosi interna dei frutti Nanismo apicale

Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

CMV è trasmesso da circa 75 specie di afidi (forme attere ed alate) in modo non persistente, cioè con punture di saggio, anche della durata di pochi secondi. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono coinvolte nella diffusione all’interno della coltura. L’efficienza nel trasmettere il virus può variare anche notevolmente, a seconda della specie di afide e dell’ospite interessati. In alcune specie spontanee come Amaranthus spp., Echynocistis spp. e Stellaria media il virus si trasmette attraverso il seme. Non è riportata trasmissione in semi di pomodoro. Piante ospiti

Si valuta che CMV possa infettare oltre 800 specie di ospiti fra piante coltivate e spontanee, incluse alcune specie arboree (agrumi, olivo, vite), appartenenti a non meno di 70 famiglie botaniche. Fra le ortive coltivate, oltre che in pomodoro, infezioni di CMV sono riportate in peperone, melanzana, cucurbitacee, sedano, prezzemolo, leguminose, cicoria carciofo ed alcune crucifere. In queste ultime, l’infezione di CMV è spesso associata a quella di altri virus specifici per le crucifere. Ospti importanti al mantenimento del virus in Italia meridionale sono: Antirrhinum majus, Borrago officinalis, Calamintha nepeta, Carduus sp., Calendula officinalis, Capsella burs-pastoris, Centaurea duriaei, Cichorium intybus, Chrysanthemum coronarium, Cirsium sp., Convolvulus sp., Daucus carota, Diplotaxis erucoides, Diplotaxis tenuifolia, Echium vulgare, Eupatorium cannabinum, Erigeron canadensis, Erodium malachoides, Foeniculum piperitum, Inula graveolens, Lamium sp. Malva sp., Mentha palustris, M. piperita, Mercurialis annua, Pallenis spinosa, Papaver rhoeas, Picris hieracioides Portulaca oleracea, Primula palinuri, Ranunculus spp, Raphanus raphanistrum, Reichardia picroides, Satureja juliana, Smilax aspera, Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, S. campfelii, Smyrnium sp., Stellaria media, Trifolium sp. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici Malformazioni fogliari: in genere l’infezione di CMV induce riduzione di taglia e

malformazioni su foglie e frutti. Sulle foglie le malformazioni portano alla drastica diminuzione della superficie delle fogliole, che spesso sono ridotte alla sola nervatura centrale (filimorfismo o nematofillia) (Tavola XIII, fig. 1). Frequente è anche l’aumento del numero di fogliole per singola foglia che porta ad un sintomo noto come foglia di felce.

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Necrosi letale: ceppi di CMV necrogenici inducono striature necrotiche che interessano longitudinalmente picciolo fogliare e fusto (Tavola XIII, figg. 2,3). Le fogliole presentano clorosi internervale che poi evolve in necrosi. I frutti presentano butterature più o meno approfondite e spesso confluenti che, con l’approssimarsi della maturazione, evolvono in necrosi (Tavola XIII, fig. 4). L’andamento dei fenomeni necrotici é basipeto e si conclude con il disseccamento della pianta (Tavola XIII, fig. 5). L’intero processo, si conclude nell’arco di tre-quattro settimane dalla prima comparsa dei sintomi.

Necrosi interna dei frutti: la malattia consiste nella comparsa di tessuti necrotizzati all’interno

dei frutti. La necrosi parte dai tessuti vicini all’attaccatura del pedicello e si propaga nel mesocarpo senza interessare la columella (Tavola XIII, fig. 6). Questo andamento del sintomo consente di differenziare la necrosi interna dei frutti ad eziologia infettiva da quella ad eziologia fisiologica. In quest’ultimo caso, infatti, la necrosi interessa la zona equatoriale del frutto senza coinvolgere i tessuti immediatamente vicini al pedicello. Le foglie possono presentare malformazione o risultare integre a seconda del ceppo di CMV coinvolto nell’infezione.

Nanismo apicale: la pianta colpita presenta marcata riduzione degli internodi della porzione

più giovane del fusto. Di conseguenza la vegetazione appare affastellata senza possibilità di distinguere le singole foglie (Tavola XIII, fig. 7). Il sintomo può essere confuso con quello attribuibile ad errate applicazioni di ormoni o di diserbanti a base di ormoni.

In tutti i casi è possibile la presenza d’infezioni miste con PVY, AMV, TSWV. Diagnosi

Oltre che su base sintomatologica la diagnosi di CMV può essere effettuata sia per via sierologica (ELISA), sia per via molecolare (ibridazione molecolare, PCR). Il virus è relativamente stabile nei tessuti delle piante infette per cui i campioni possono essere agevolmente conservati a + 4°C, anche per alcune settimane. È consigliabile non congelare i tessuti. Lotta

La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide é in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. Prima della messa a dimora della coltura in pieno campo è consigliabile eliminare anche le piante spontanee presenti ai bordi del campo, in quanto probabili ospiti del virus e di colonie di afidi che possono trasmetterlo alla coltura appena messa a dimora. Punti critici Per i vivaisti: CMV è elencato tra i patogeni di qualità del DM. del 14/04/97. Per quanto noto

al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro. È invece necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 /10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. A causa della elevata polifagia di CMV è sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa serra. Per lo stesso motivo deve essere assolutamente vietata la consociazione fra specie orticole ed ornamentali. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai in grado di garantire lo

stato fitosanitario della loro produzione. Prima di procedere all’acquisto delle piantine è

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opportuno verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche, del processo produttivo e dei controlli effettuati agli schemi suggeriti a garanzia del mantenimento “in sanità” del materiale di propagazione con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora.

Obblighi: Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici: Per gli agricoltori: curare la eliminazione delle specie spontanee dalle aree immediatamente

adiacenti la coltura. Evitare stress idrici (eccesso o carenza d’acqua). Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni azotate. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa. Evitare il congelamento.

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3.4. Virus del mosaico della lattuga su lattuga, indivia e scarola Inquadramento tassonomico

Famiglia Potyviridae Genere Potyvirus Specie Lettuce mosaic virus. (LeMV)

Malattia/Avversità: mosaico della lattuga. Distribuzione geografica: ubiquitario. Modalità di diffusione

LeMV è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi) da numerose specie di afidi. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della coltura. LeMV è trasmissibile nel seme di lattuga con frequenza variabile dall’1 al 40%. Piante nate da seme infetto costituiscono importanti focolai d’inoculo dai quali il virus è trasmesso al resto della coltura. L’infezione può interessare anche il 100% delle piante. Oltre alla lattuga, il virus infetta altre composite appartenenti ai generi Senecio e Sonchus nelle quali è anche frequente la trasmissione attraverso il seme. Piante ospiti: infezioni di LeMV sono segnalate in lattuga indivia, scarola. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

La presenza di mosaico più o meno accentuato dipende dalla cultivar interessata. Il sintomo più grave consiste nella marcata riduzione della parte centrale del cespo che presenta fogliole, piccole e distorte (Tavola XIV, fig. 6). Tale manifestazione è particolarmente grave se le piante si sviluppano da seme infetto. Sono frequenti le infezioni miste con CMV. Diagnosi

L’osservazione dei sintomi non è, da sola, sufficiente per una corretta diagnosi. La diagnosi sierologica mediante ELISA è possibile impiegando corredi commerciali. Sono disponibili reagenti molecolari specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che possono essere conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane. È sconsigliato il congelamento. Lotta

La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. È fondamentale partire da seme sano che non è facilmente reperibile in commercio.

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Punti critici Per i vivaisti: LeMV è elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97. In lattuga è

frequente la trasmissione per seme. È consigliato sottoporre a saggio un campione di seme. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati

ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture

già infettate da LeMV, onde evitare infezioni molto precoci. Non eccedere con le concimazioni azotate. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa.

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3.5. Virus Y della Patata su peperone Inquadramento tassonomico

Famiglia Potyviridae Genere Potyvirus Specie Potato virus Y (PVY)

Malattia/Avversità: nessuna denominazione particolare Distribuzione geografica: ubiquitario. Modalità di diffusione

PVY è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi) da circa trenta specie di afidi ed in particolare da Aphis gossypii, A. spiraecola, A. fabae, Macrosiphum solanifolii, M. pisi e Myzus persicae. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della coltura. Sono segnalati ceppi diversi di PVY denominati PVY0 (ceppi comuni e più diffusi), PVYN ( ceppi della necrosi nervale del tabacco), PVYC (ceppi della striatura punteggiata della patata) e PVY NTN (ceppi della necrosi interna del tubero di patata). In linea generale i ceppi sono piuttosto specializzati ma nei nostri ambienti la patata costituisce il focolaio d’inoculo per ceppi patogeni per il pomodoro. Non è mai stata riscontrata trasmissione attraverso il seme di pomodoro. Piante ospiti

Infezioni di PVY sono segnalate in peperone, pomodoro, patata e cicoria. Almeno nei nostri ambienti, la melanzana sembra poco suscettibile la virus. Fra le specie spontanee PVY è stato isolato da Calendula officinalis, Chenopodium sp., Convolvulus sp., Cirsium sp., Diplotaxis erucoides, Malva sp. Papaver rhoeas, Portulaca oleracea, Solanum nigrum, S. dulcamara, Sonchus oleraceus. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici:

Il peperone è forse l’ospite più suscettibile all’infezione di PVY ed i danni economici sono spesso ingenti, specie per le colture in ambiente protestto. La sintomatologia varia a seconda del ceppo coinvolto. I ceppi non necrogenici inducono mosaico leggero, maculature internervali, bande verdi perinervali e ingiallimenti fogliari. La taglia della pianta risulta tanto più ridotta quanto più precoce è stata l’infezione. I ceppi necrogenici possono indurre necrosi sulle nervature delle foglie, sul fusto e sulle bacche (Tavola XII, figg. 3, 4). Frequenti sono le infezioni miste con AMV, CMV (Tavola XII, figg. 3, 4), TSWV. Diagnosi

La sintomatologia, non è da sola sufficiente per una corretta diagnosi, a causa della frequente presenza di infezioni miste con AMV, CMV, TSWV La diagnosi sierologica (ELISA) è altamente attendibile. Sono disponibili reagenti molecolari specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che possono essere conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane. È sconsigliato il congelamento.

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Lotta La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati

interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. È consigliata l’eliminazione delle specie spontanee ospiti del virus, almeno una settimana prima del trapianto Punti critici Per i vivaisti: PVY è elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97. Per quanto noto

al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 - 10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. È sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa serra. Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati

ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture di

patata onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni azotate. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa. Evitare il congelamento.

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3.6. Virus Y della Patata su pomodoro Inquadramento tassonomico

Famiglia Potyviridae Genere Potyvirus Specie Potato virus Y (PVY)

Malattia/Avversità: nessuna denominazione particolare Distribuzione geografica: ubiquitario. Modalità di diffusione

PVY è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi) da circa trenta specie di afidi ed in particolare da Aphis gossypii, A. spiraecola, A. fabae, Macrosiphum solanifolii, M. pisi e Myzus persicae. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della coltura. Sono segnalati ceppi diversi di PVY denominati PVY0 (ceppi comuni e più diffusi), PVYN ( ceppi della necrosi nervale del tabacco), PVYC (ceppi della striatura punteggiata della patata) e PVY NTN (ceppi della necrosi interna del tubero di patata). In linea generale i ceppi sono piuttosto specializzati ma nei nostri ambienti la patata costituisce il focolaio d’inoculo per ceppi patogeni per il pomodoro. Non è mai stata riscontrata trasmissione attraverso il seme di pomodoro. Piante ospiti

Infezioni di PVY sono segnalate in pomodoro, patata, peperone e cicoria. Almeno nei nostri ambienti, la melanzana sembra poco suscettibile al virus. Fra le specie spontanee PVY è stato isolato da Calendula officinalis, Chenopodium sp., Convolvulus sp., Cirsium sp., Dilotaxis erucoides, Malva sp. Papaver rhoeas, Portulaca oleracea, Solanum nigrum, S. dulcamara, Sonchus oleraceus. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Il pomodoro è frequentemente infettato da PVY ma gli effetti negativi sulla produzione sono generalmente modesti. Un sintomo caratteristico è rappresentato da macule giallo vivace chiaramente visibili sulle bacche giunte a maturazione (Tavola XV, fig. 2). Di recente sono stati individuati ceppi capaci di indurre necrosi color rosso cuoio sulle fogliole (Tavola XV, fig.1), tuttavia la necrosi non interessa i piccioli ed il fusto. Frequenti sono le infezioni miste con AMV, CMV, TSWV. Diagnosi

La sintomatologia, non è da sola sufficiente per una corretta diagnosi, a causa della frequente presenza di infezioni miste con AMV, CMV, TSWV La diagnosi sierologica (ELISA) è altamente attendibile. Sono disponibili reagenti molecolari specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che possono essere conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane. È sconsigliato il congelamento.

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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche” Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001

Lotta La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati

interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. È consigliata l’eliminazione delle specie spontanee ospiti del virus almeno una settimana prima del trapianto Punti critici Per i vivaisti: PVY è elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97.Per quanto noto

al momento, non sembra che il virus si trasmetta attraverso il seme di pomodoro. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 - 10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno della serra, sia nelle immediate vicinanze della struttura. È sconsigliata la consociazione di specie ortive diverse nella stessa serra. Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati

ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo

Obblighi: Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture

di patata onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni azotate. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica e chiusa. Evitare il congelamento.

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3.6. Virus della maculatura zonata del geranio su pomodoro

Inquadramento tassonomico

Famiglia Bromoviridae Genere non definito Specie Pelargonium zonate spot virus (PZSV)

Malattia/Avversità: anulatura concentrica Distribuzione geografica: segnalato in varie regioni italiane, in Spagna e in Fracia Modalità di diffusione

Il virus è trasmesso in natura in maniera aspecifica da tripidi, mediante il trasporto passivo di granelli di polline contaminati in superficie da particelle virali che aderiscono all' addome dell'insetto (Tavola XVI, fig. 5) quando esso visita i fiori di piante infette (per esempio Diplotaxis erucoides). Su pomodoro il virus penetra attraverso le lesioni provocate casualmente sulla superficie fogliare dagli insetti vettori (Tavola XVI, fig. 6) che in primavera abbandonano le piante di Diplotaxis, ormai senescenti, per trasferirsi sulle colture di pomodoro da poco trapiantate. Queste infezioni avvengono, infatti, nei primi 15-20 giorni dal trapianto in pieno campo e interessano in modo particolare i filari più prossimi a strade interpoderali, canali irrigui e zone incolte dove si ritrova la Diplotaxis. Le infezioni di PZSV su Diplotaxis sono asintomatiche ma la percentuale di piante naturalmente infette può raggiungere il 40%. La trasmissione per seme, assente nel pomodoro, non è trascurabile nei semi di Diplotaxis, dove può arrivare fino al 10%, assicurando così, in natura, la sopravvivenza del virus. In alcuni casi la Diplotaxis può essere interessata da mosaici e malformazioni fogliari, dovuti però alla presenza contemporanea, oltre che di PZSV anche del virus del mosaico della rapa (TuMV). Piante ospiti

In natura PZSV ha un numero limitato di ospiti. Oltre al pomodoro da industria e da mensa, il virus infetta pelargonio carciofo e le piante spontanee D. erucoides,Chrysanthemum segetum, Capsella bursa pastoris, Picris ecioides e Sonchus oleraceus. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Sulle foglie apicali delle piante colpite si notano maculature anulari necrotiche di colore bruno (Tavola XVI, fig. 2), mentre su quelle medio basse le macchie sono di dimensioni più grandi e prevalentemente clorotiche (Tavola XVI, fig.1). Nel complesso l'intera pianta presenta un aspetto rachitico e cespuglioso. Maculature clorotiche di forma ovoidale si notano, a volte, anche sui fusti. I frutti sono spesso piccoli, malformati, con caratteristiche maculature concentriche (Tavola XVI, fig.3) ed infossature con aspetto idropico che talora sfociano in necrosi (Tavola XVI, fig. 4). Diagnosi

La peculiarità dei sintomi, soprattutto di quelli che interessano i frutti, rende attendibile la diagnosi su base sintomatologica. Sono disponibili corredi commerciali per la diagnosi su base sierologica (ELISA). È inoltre possibile la diagnosi mediante ibridazione molecolare con ribosonde marcate con digossigenina. Poiché il virus è poco stabile alle temperature elevate, i campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È sconsigliato il congelamento dei campioni.

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Lotta

Utile appare l'eliminazione della fonte primaria d'infezione (D .erucoides e le altre specie spontanee suscettibili) prima del trapianto della coltura e la lotta ai tripidi con appropriati interventi fitoiatrici.

Punti critici Per i vivaisti: PZSV non è citato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14.4.97 ma la gravità

della malattia indotta su pomodoro ed il crescente numero di ritrovamenti ne consiglierebbe l’inclusione. Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Poiché non è ancora noto se PZSV possa infettare altre specie ornamentali oltre al geranio, è sconsigliata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole adesive di colore azzurro poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra. L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se i tripidi acquisiscono rapidamente elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di popolazioni di tripidi resistenti. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di

procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora.

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento

Consigli pratici Per gli agricoltori: prima del trapianto in campo (una settimana circa), è opportuno eliminare

le erbe infestanti che colonizzano le strade interpoderali, canali d'irrigazione e piccole aree incolte. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa. Evitare il congelamento.

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3.7. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su lattughe, cicoria e carciofo

Gruppo tassonomico di appartenenza

Famiglia Bunyaviridae Genere Tospovirus Specie Tomato spotted wilt virus (TSWV)

Malattia/Avversità: vari quadri sintomatologici Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci che, nelle condizioni dell’Italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto quando, in coincidenza della ripresa della fase di alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione allo stadio adulto possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta temperatura e gli individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della loro vita; in media 35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni di individui viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto il periodo di permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni dell’Italia meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis, Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella, Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria media, Veronica sp. Piante ospiti

TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali, appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo) il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico. Su lattuga, indivia e cicoria, la necrosi inizia spesso sulle foglie più giovani, con maculature clorotiche o giallastre su cui spiccano piccolissime punteggiature che, confluendo, finiscono con l’ interessare porzioni consistenti della lamina fogliare (Tavola XIV, figg 4, 5). In genere la necrosi si estende alla parte centrale della pianta e spesso si conclude con la morte dell’ospite. Su carciofo l’infezione di TSWV può indurre nanismo, clorosi e distorsione delle foglie (Tavola XIV, fig. 1). In corrispondenza della zona interessata dalla distorsione è possibile vedere, per trasparenza, che il fine reticolo delle nervature è completamente necrotizzato (Tavola XIV, fig. 3). I capolini presentano pezzatura ridotta e brattee interessate da tacche necrotiche più o meno depresse

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(Tavola XIV, fig. 2). Su carciofo sono frequenti infezioni miste di TSWV con i seguenti virus: latente del carciofo (ALV), latente italiano del carciofo (AILV), avvizzimento maculato del carciofo (AMCV), CMV Diagnosi

La diagnosi, anche a causa delle frequenti infezioni miste, richiede sempre conferma con tecniche di laboratorio. La diagnosi sierologica mediante ELISA è senza dubbio quella impiegata più comunemente ma i risultati possono non sempre risultare attendibili. Frequenti sono i casi di risultati negativi, anche in presenza di sintomi inequivocabili sulla vegetazione e visualizzazione al microscopio elettronico delle particelle virali nei tessuti infetti. Difficoltà analoghe possono essere incontrate con tecniche molecolari (ibridazione molecolare con ribosonde marcate con digossigenina e PCR con primers specifici). La diagnosi precoce su infezioni recenti presenta sempre maggiore affidabilità di quella su tessuti vegetali con infezione in stadio avanzato. I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È fortemente sconsigliato il congelamento. Lotta

In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza della popolazione del vettore purché il riconoscimento delle catture sia affidato a personale specializzato. Le trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra. In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida ‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’. L’attrazione delle piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non adesive. L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni scuri intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego delle piante spia è particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi dalla coltura precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è consigliato attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo periodo il terreno và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura precedente. L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F. occidentalis hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di popolazioni di tripidi resistenti. Punti critici Per i vivaisti: il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia

presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve essere evitata la consociazione delle composite con altre ortive e con specie ornamentali. Il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in precedenza. L’impiego di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di

procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie

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ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a saggio prima del trapianto.

Obblighi Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo

produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative Consigli pratici Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40

giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva così come citato in precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantin e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. E’ fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il congelamento.

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3.8. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su Melanzana

Gruppo tassonomico di appartenenza

Famiglia Bunyaviridae Genere Tospovirus Specie Tomato spotted wilt virus (TSWV)

Malattia/Avversità: vari quadri sintomatologici Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci che, nelle condizioni dell’italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto quando, in coincidenza della ripresa della fase di alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione allo stadio adulto possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta temperatura e gli individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della loro vita; in media 35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni di individui viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto il periodo di permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni dell’Italia meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis, Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella, Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria media, Veronica sp. Piante ospiti

TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo) il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico. La necrosi inizia, spesso sulle foglie più giovani, sotto forma di piccolissime punteggiature che, confluendo, finiscono con l’ interessare porzioni consistenti della lamina fogliare. Come per il pomodoro, anche in questa specie possono comparire sintomi riconducibili alla bronzatura. Il successivo estendersi della necrosi al picciolo fogliare ed al fusto dipende dall’età della pianta al momento dell’infezione. Nel caso di infezioni precoci questa è l’evoluzione più frequente della malattia che si conclude con la morte dell’ospite. Nel caso di infezioni tardive, la necrosi resta invece confinata alle sole fogliole. Le bacche presentano caratteristiche butterature ed anulature concentriche e necrotiche (Tavola XVII, fig. 8). Estese aree necrotiche possono essere presenti all’interno delle bacche.

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Diagnosi In presenza di frutti la diagnosi è anche possibile sulla sola base sintomatologica. La

diagnosi sierologica mediante ELISA è senza dubbio quella impiegata più comunemente ma i risultati possono non sempre risultare attendibili. Frequenti sono i casi di risultati negativi anche in presenza di sintomi inequivocabili sulla vegetazione e visualizzazione al microscopio elettronico delle particelle virali nei tessuti infetti. Difficoltà analoghe possono essere incontrate con tecniche molecolari ibridazione molecolare con ribosonde marcate con digossigenina e PCR con primers specifici). La diagnosi precoce su infezioni recenti presenta sempre maggiore affidabilità di quella su tessuti vegetali con infezione in stadio avanzato. I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È fortemente sconsigliato il congelamento dei campioni. Lotta

In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza della popolazione del vettore purché il riconoscimento sia affidato a personale specializzato. Le trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra. In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida ‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’ (Fig.6). L’attrazione delle piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non adesive. L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni scuri intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego delle piante spia è particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi dalla coltura precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è consigliato attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo periodo il terreno và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura precedente. L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F. occidentalis hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di popolazioni di tripidi resistenti. Punti critici Per i vivaisti: il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia

presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve essere evitata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in precedenza. L’impiego di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di

procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a saggio prima del trapianto.

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Obblighi Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo

produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative Consigli pratici Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40

giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva così come citato in precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il congelamento.

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3.9. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su peperone Inquadramento tassonomico

Famiglia Bunyaviridae Genere Tospovirus Specie Tomato spotted wilt virus (TSWV)

Malattia/Avversità: vari quadri sintomatologici Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci che, nelle condizioni dell’italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto quando, in coincidenza della ripresa della fase di alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione allo stadio adulto possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta temperatura e gli individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della loro vita; in media 35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni di individui viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto il periodo di permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni dell’Italia meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis, Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella, Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria media, Veronica sp. Piante ospiti

TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo) il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico. La necrosi inizia, spesso sulle foglie più giovani, sotto forma di piccolissime punteggiature che, confluendo, finiscono con l’ interessare porzioni consistenti della lamina fogliare (Tavola XII, fig. 5). Il successivo estendersi della necrosi al picciolo fogliare ed al fusto dipende dall’età della pianta al momento dell’infezione. Nel caso di infezioni precoci questa è l’evoluzione più frequente della malattia che si conclude con la morte dell’ospite. Nel caso di infezioni tardive, la necrosi resta invece confinata alle sole fogliole. Le bacche presentano caratteristiche anulature necrotiche depresse (Tavola XII, fig. 6). Sono frequenti le infezioni miste con CMV e PVY

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Diagnosi La diagnosi, anche se in alcuni casi possibile su base sintomatologica, richiede però quasi

sempre conferma con tecniche di laboratorio. La diagnosi sierologica mediante ELISA è senza dubbio quella impiegata più comunemente ma i risultati possono non sempre risultare attendibili. Frequenti sono i casi di risultati negativi anche in presenza di sintomi inequivocabili sulla vegetazione e visualizzazione al microscopio elettronico delle particelle virali nei tessuti infetti. Difficoltà analoghe possono essere incontrate con tecniche molecolari ibridazione molecolare con ribosonde marcate con digossigenina e PCR con primers specifici). La diagnosi precoce su infezioni recenti presenta sempre maggiore affidabilità di quella su tessuti vegetali con infezione in stadio avanzato. I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. E’ sconsigliato il congelamento dei campioni. Lotta

In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza della popolazione del vettore purché il riconoscimento sia affidato a personale specializzato. Le trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra. In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida ‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’ (Fig.6). L’attrazione delle piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non adesive. L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni scuri intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego delle piante spia è particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi dalla coltura precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è consigliato attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo periodo il terreno và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura precedente. L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F. occidentalis hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di popolazioni di tripidi resistenti. Punti critici Per i vivaisti: Il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia

presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve essere evitata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in precedenza. L’impiego di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di

procedere all’acquisto, delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a saggio prima del trapianto.

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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche” Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001

Obblighi Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo

produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative Consigli pratici Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40

giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva, così come citato in precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il congelamento.

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3.10. Virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro su Pomodoro

Inquadramento tassonomico

Famiglia Bunyaviridae Genere Tospovirus Specie Tomato spotted wilt virus (TSWV)

Malattia/Avversità: Bronzatura Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

Il più efficiente vettore di TSWV è ritenuto il tripide Frankliniella occidentalis. Oltre che da F. occidentalis, TSWV viene veicolato da almeno altre sette specie di tripidi tra cui Thrips tabaci che, nelle condizioni dell’Italia meridionale, trasmette il virus durante i mesi autunno-invernali. Nel caso di F. occidentalis le uova deposte nelle foglie e nei petali schiudono in 2-14 giorni, a seconda della temperatura, e le neanidi di prima età iniziano immediatamente l’alimentazione sulla stessa pianta dalla quale, se infetta, possono già acquisire il virus. Il virus acquisito si moltiplica e si mantiene nell’insetto fino allo stadio di adulto (Tavola XVII, fig. 6) quando, in coincidenza della ripresa della fase di alimentazione possono trasmettere il virus ad altre piante. Dall’ovideposizione allo stadio adulto possono trascorrere da 8 a 44 giorni, rispettivamente in condizioni di bassa ed alta temperatura e gli individui adulti possono continuare a trasmettere il virus per tutta la durata della loro vita; in media 35-40 giorni. Non sono riportati casi di trasmissione alle successive generazioni di individui viruliferi. Le infezioni su carciofo rappresentano importanti focolai d’inoculo per tutto il periodo di permanenza (2-3 anni) della pianta infetta in campo e, almeno nelle condizioni dell’Italia meridionale, le seguenti specie spontanee sembrano rivestire un ruolo importante nell’epidemiologia di TSWV: Capsella bursa-pastoris, Papaver rhoeas, Calendula officinalis, Convolvulus spp., Diplotaxis erucoides, Fumaria officinalis, Malva spp., Oxalis acetosella, Portulaca oleracea, Ranunculus sp., Senecium sp., Solanum nigrum, Sonchus oleraceus, Stellaria media, Veronica sp. Piante ospiti

TSWV, è un tipico esempio di virus polifago capace di infettare oltre 1050 vegetali appartenenti a 45 famiglie botaniche comprendenti colture di rilevante importanza economica come peperone, lattuga, pomodoro, melanzana, patata, tabacco, cicoria e carciofo. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Indipendentemente dalla specie vegetale e dal sistema colturale (protetto o in pieno campo) il fenotipo delle infezioni da TSWV è generalmente necrotico. La necrosi inizia, spesso sulle foglie più giovani, sotto forma di piccolissime punteggiature (Tavola XVII, fig. 1) che, confluendo, finiscono con l’ interessare porzioni consistenti della lamina fogliare dando origine ad una colorazione caratteristica denominata “bronzatura” (Tavola XVII, fig. 2). Il successivo estendersi della necrosi al picciolo fogliare ed al fusto dipende dall’età della pianta al momento dell’infezione. Nel caso di infezioni precoci questa è l’evoluzione più frequente della malattia che si conclude con la morte dell’ospite. Nel caso di infezioni tardive, la necrosi resta invece confinata alle sole fogliole. Le bacche presentano caratteristiche anulature necrotiche depresse, di consistenza suberosa e

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fessurazioni più o meno accentuate (Tavola XVII, figg. 3, 4, 5). Sono frequenti le infezioni miste con CMV, PVY e AMV Diagnosi

La diagnosi, anche se in alcuni casi possibile su base sintomatologica, richiede però quasi sempre conferma con tecniche di laboratorio. La diagnosi sierologica mediante ELISA è senza dubbio quella impiegata più comunemente ma i risultati possono non sempre risultare attendibili. Frequenti sono i casi di risultati negativi anche in presenza di sintomi inequivocabili sulla vegetazione e visualizzazione al microscopio elettronico delle particelle virali nei tessuti infetti. Difficoltà analoghe possono essere incontrate con tecniche molecolari ibridazione molecolare con ribosonde marcate con digossigenina e PCR con primers specifici). La diagnosi precoce su infezioni recenti presenta sempre maggiore affidabilità di quella su tessuti vegetali con infezione in stadio avanzato. I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È fortemente sconsigliato il congelamento dei campioni. Lotta

In particolare in coltura protetta, il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo. L’uso di trappole adesive di colore azzurro consente una buona stima della consistenza della popolazione del vettore purché il riconoscimento sia affidato a personale specializzato. Le trappole devono essere poste all’altezza della chioma della coltura, almeno una ogni 100 m2 e con maggiore frequenza in prossimità delle aperture della serra. In aggiunta alle trappole adesive cromotropiche possono essere impiegate piante spia che consentono il monitoraggio dei tripidi viruliferi senza ulteriori analisi. Varietà di Petunia x hybrida ‘Summer Madness’, ‘Super Magic Coral’ e ‘Red Cloud’ sono eccellenti indicatrici e ad esse possono essere affiancate varietà di fava a taglia bassa come la ‘Aguadulce’ (Fig.6). L’attrazione delle piante spia può essere migliorata dotando il tutore di strisce cromotropiche azzurre, non adesive. L’infezione sulle piante spia si evidenzia con la comparsa di lesioni necrotiche a contorni scuri (Tavola XVII, fig. 7) intorno alla cicatrice di alimentazione lasciata dal tripide L’impiego delle piante spia è particolarmente utile per stabilire se nella serra siano rimasti tripidi viruliferi dalla coltura precedente, prima di introdurne una nuova. In presenza di infezioni conclamate è consigliato attendere dai 35 ai 40 giorni prima di mettere a dimora la nuova coltura. In questo periodo il terreno và ovviamente tenuto sgombro da vegetazione spontanea e ricacci della coltura precedente. L’impiego di insetticidi è senza dubbio consigliabile anche se diverse popolazioni di F. occidentalis hanno già acquisito elevati livelli di resistenza contro alcune delle molecole oggi in uso. Per questi motivi sono raccomandati cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. L’impiego di principi attivi diversi, in miscela, favorisce l’insorgenza di popolazioni di tripidi resistenti. Punti critici Per i vivaisti: il vivaista deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia

presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. Deve essere evitata la consociazione del pomodoro con specie ornamentali. Il monitoraggio delle popolazioni di tripidi deve essere continuo e può essere realizzato con l’uso di trappole adesive di colore azzurro e/o con piante spia così come specificato in precedenza. L’impiego di insetticidi è raccomandato sulla base di cicli di 3 interventi a distanza di 3-5 giorni impiegando un solo principio attivo per ciclo. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di

procedere all’acquisto delle piantine è opportuno verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento vigenti nella regione, con particolare attenzione all’eventuale consociazione con specie

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Progetto POM A32 “Norme fitosanitarie e commercializzazione delle produzioni vivaistiche” Locorotondo (BA), 4 – 7 dicembre 2001

ornamentali ed alla presenza di vegetazione spontanea all’intero o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato prelevare un campione delle piantine acquistate da sottoporre a saggio prima del trapianto.

Obblighi Per i vivaisti: TSWV è un patogeno da quarantena, pertanto, durante tutto il processo

produttivo è obbligatorio attenersi alle misure relative Consigli pratici Per gli agricoltori: è di fondamentale importanza rispettare un vuoto di coltivazione di 35-40

giorni tra la fine di una coltura e la messa a dimora della successiva così come citato in precedenza. Alla prima comparsa di tripidi conviene intervenire con trattamenti insetticidi impiegandoli secondo le modalità specificate in precedenza. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo. Evitare il congelamento.

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3.11. Virus dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro Inquadramento tassonomico

Famiglia Geminiviridae Genere Begomovirus Specie Tomato yellow leaf curl virus (TYLCV)

Malattia/Avversità: Accartocciamento fogliare giallo. Distribuzione geografica: Prevalentemente nelle zone a clima temperato. Modalità di diffusione

TYLCV è trasmesso in modo persistente propagativo dall’aleurodide Bemisia tabaci. Individui di B. tabaci viruliferi possono trasmettere il virus fino alla terza generazione della progenie. Non è riportata trasmissione nel seme di pomodoro. Fra le solanacee coltivate, TYLCV è stato isolato solo da pomodoro, mentre fra le specie spontanee, importante sembra il ruolo di Solanum nigrum. Diversa è la situazione per il vettore che ha una vasta gamma di ospiti tra cui Chenopodium album, Amaranthus retroflexus, Euphorbia pulcherrima, Cucumis sativus, Ipomoea purpurea, Verbena spp. Solanum nigrum, Aster spp, Conyza albida, C. canadensis, Gerbera jamesonii, Inula viscosa, Sonchus asper e S. oleraceus. A differenza di TYLCV, il ciclo biologico di B. tabaci non é legato al pomodoro anche se il suo svernamento può essere agevolato da colture della solanacea in ambienti protetti. Indagini recenti hanno individuato popolazioni di B. tabaci che usano il pomodoro non solo come fonte alimentare ma anche per riprodursi. Negli ambienti italiani B. tabaci è presente quasi esclusivamente in serra fino agli inizi di giugno per poi trasferirsi anche in pieno campo sino alla fine di settembre. Piante ospiti: oltre il pomodoro, TYLCV infetta S. nigrum. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Le piante infettate precocemente appaiono di taglia ridotta con i germogli apicali ad ascellari eretti (Tavola XVIII, fig. 3). Le foglie presentano fogliole accartocciate, piccole e coriacee con il lembo più o meno marcatamente ingiallito (Tavola XVIII, figg. 1, 2, 4). Le fogliole che si sviluppano nei primi stadi dell’infezione appaiono arrotolate verso la parte inferiore della nervatura mediana mentre quelle che si sviluppano in un secondo momento presentano margini rivolti verso l’alto e caratterizzati da vistosi ingiallimenti. Nel complesso la sintomatologia può ricordare quella indotta su pomodoro da un fitoplasma ma in quest’ultimo caso la malattia è caratterizzata dall’assenza di fiori, che sono trasformati in appendici verdi, spesso fuse fra loro e di consistenza carnosa, e dai margini delle fogliole che sono interessati da sfumature di colore violaceo Diagnosi

La diagnosi di TYLCV non presenta particolari difficoltà, soprattutto se condotta per via molecolare. Quella sierologica, ancorché possibile, é di più difficile applicazione per la scarsa disponibilità di antisieri specifici. Nei tessuti infetti il virus presenta notevole stabilità per cui i campioni possono essere conservati a + 4°C per alcune settimane. La necessità di ricorrere alla diagnosi molecolare sconsiglia il congelamento dei campioni.

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Lotta La difesa contro TYLCV presenta notevoli difficoltà per la polifagia del suo vettore

naturale. Inoltre, le popolazioni di B. tabaci acquisiscono rapidamente resistenza agli insetticidi. TYLCV figura nell’elenco dei patogeni di qualità per il pomodoro ( DM. 14/04/97 ) e pertanto deve essere assente dalle produzioni vivaistiche. Punti critici Per i vivaisti: proteggere tutte le aperture della serra con reti a maglia 14 - 10 o superiore, e

dotare la parte d’accesso di un vestibolo a due porte. Evitare consociazioni del pomodoro con altre specie vegetali in modo particolare con quelle ornamentali che possono ospitare popolazioni virulifere del vettore. Eliminare le specie spontanee presenti all’interno o nelle immediate vicinanze della serra. È consigliato l’impiego di trappole cromotropiche adesive di colore giallo (almeno una ogni 100 m2 di serra ) (Tavola XVIII, fig. 5). Per il corretto riconoscimento degli aleurodidi catturati sarà bene rivolgersi a personale specializzato. La distinzione fra B. tabaci e Trialeurodes vaporariorum non è agevole (T. vaporariorum è molto frequente nelle serre ed in tutte le aree di coltivazioni del pomodoro ma non é vettore di TYLCV ). Per gli agricoltori: acquistare le piantine solo da vivai accreditati. Prima di procedere

all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono particolarmente a rischio le colture praticate sotto serra

Obblighi Per i vivaisti: assicurare le condizioni richieste dall’accreditamento. Si ricorda che B. tabaci è

un parassita da quarantena e, pertanto, non ne è consentita la presenza in strutture vivaistiche. Consigli pratici Per gli agricoltori: i campi e soprattutto le serre in cui sono state accertate infezioni sono da

considerarsi a rischio anche per le successive coltivazioni di pomodoro. È necessario effettuare un buon controllo della flora infestante con particolare attenzione alle piante di S. nigrum. Rispettare un intervallo di coltivazione di almeno quindici giorni tra due colture successive di pomodoro. Durante tale periodo il terreno dovrà essere tenuto sgombro da infestanti e da ricacci della coltura precedente. In pieno campo è opportuno anticipare i trapianti primaverili, cioè in concomitanza con bassa presenza di popolazioni di B. tabaci. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: nei vivai accreditati accertare l’impiego di reti a

protezione delle aperture e la presenza di vestibolo a due porte in corrispondenza delle vie di accesso alla serra. È ecessario accertare se vi sia presenza di B.tabaci. Prelevare i campioni con metodo sistematico randomizzato raccogliendo un campione ogni 100.000 piante ed almeno un campione per ogni lotto di piante. Conservare i campioni a + 4°C in buste di plastica chiuse. Si consiglia l’ indagine molecolare

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3.11. Virus del mosaico 2 dell’anguria

Inquadramento tassonomico

Famiglia Potyviridae Genere Potyvirus Specie Watermelon mosaic virus 2 (WMV-2)

Malattia/Avversità: Mosaico delle cucurbitacee Distribuzione geografica: ubiquitario Modalità di diffusione

In natura WMV-2 è trasmesso in maniera non persistente da circa 40 specie di afidi tra i quali i più efficienti come vettori sono Aphis gossypii, A. citricola, Macrosiphum euphorbiae e Myzus persicae. Il virus viene acquisito con brevi suzioni dalle piante infette, coltivate o spontanee, presenti ai bordi dei campi o nelle zone incolte e trasmesso in pochi secondi a quelle sane. Oltre alle cucurbitacee e ad altre specie coltivate come le leguminose tra cui l'erba medica ed il pisello, WMV-2 infetta anche specie ornamentali e spontanee come Senecio sp, Capsella bursa-pastoris, Malva, le quali ne assicurano la sopravvivenza in campo. Esse, pertanto, hanno un ruolo importante nel ciclo eco-epidemiologico del virus. Non è riportata trasmissione di WMV-2 attraverso il seme delle cucurbitacee coltivate. Piante ospiti

Fra le specie d’interesse agrario WMV-2 infetta anguria, zucca, zucchino, melone e cetriolo. Fra la flora spontanea il virus infetta Senecio sp, Capsella bursa-pastoris e Malva. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Su anguria, zucca, zucchino, melone e cetriolo, le infezioni di WMV-2 si manifestano già nelle prime fasi di sviluppo della pianta e poco tempo dopo la colonizzazione di esse da parte di afidi vettori. I sintomi indotti sulle diverse specie ortive suscettibili sono assai simili. In particolare, sulle giovani foglie si osservano mosaici diffusi, scolorazioni perinervali, riduzioni del lembo più o meno estese e malformazioni di vario grado (Tavola XIX, figg. 1, 4). Sintomi di malformazioni, distorsioni e rottura di colore, sono presenti anche sui frutti di alcuni ospiti quali zucchino e anguria che possono anche presentare resistenza al taglio (Tavola XIX, figg. 2, 5). Spesso i sintomi indotti da WMV-2, vengono aggravati da infezioni miste con CMV, e ZYMV. La gravità del quadro sintomatologico sulle cucurbitacee nelle infezioni miste di CMV e WMV-2 è molto evidente verso la fine del ciclo colturale. La perdita della produzione a livello dei frutti è considerevole. Le infezioni di WMV-2 su leguminose sono infrequenti ma non hanno rilevanza economica. I sintomi consistono in mosaicature fogliari facilmente confondibili con quelle indotte dai potyvirus, agenti del mosaico comune (BCMV) e giallo (BYMV) del fagiolo. Diagnosi

A causa delle frequente presenza d’infezioni miste con CMV e ZYMV la sola osservazione dei sintomi non è sufficiente per una corretta diagnosi. La diagnosi sierologica è poco attendibile per la correlazione con ZYMV. Sono disponibili reagenti molecolari specifici (ribosonde e primers per PCR).

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I campioni devono essere conservati a +4°C ed analizzati entro una settimana dalla raccolta. È sconsigliato il congelamento dei campioni. Lotta

Come per tutti i fitovirus trasmessi in modo non-persistente, anche per WMV-2 non esiste al momento un efficace metodo di lotta. L'uso di cultivar resistenti o tolleranti insieme alla corretta applicazione di norme preventive, come per esempio l'eliminazione delle fonti d'inoculo naturali e gli interventi aficidi rimangono tuttora valide per contenere, in parte, la gravità delle infezioni. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma é utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. È consigliato l’uso di tessuto-non-tessuto (veli di polipropilene) sulle colture in campo, dalla semina o dalla posa a dimora dei semenzali, sino alla raccolta dei primi frutti. Se il momento in cui il velo é rimosso coincide con un’altra presenza di afidi vettori viruliferi è possibile che intervengano infezioni tardive che, però, hanno poca incidenza negativa sulla produzione. Punti critici Per i vivaisti: WMV-2 risulta fra i patogeni di qualità elencati nel D.M del 14.4.97. Il vivaista

deve assicurare che durante tutto il processo produttivo non vi sia presenza di piante spontanee sia all’interno, sia nelle immediate vicinanze della serra. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14/10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Deve essere evitata la consociazione di cucurbitacee con altre specie ortive. Per gli agricoltori: è raccomandato l’acquisto di piantine solo da vivai accreditati. Prima di

procedere all’acquisto delle piantine, verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazione fra specie orticole diverse e di piante spontanee all’interno o nelle immediate vicinanze della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Le colture praticate in pieno campo sono più a rischio di quelle in ambente protetto.

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture

già infettate daWMV-2, onde evitare infezioni molto precoci. Non eccedere con le concimazioni azotate. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato prelevando almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. È fondamentale conservare i campioni a +4°C in busta di plastica chiusa ed effettuare l’analisi entro una settimana dal prelievo.

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3.12. Virus del mosaico dello zucchino. Inquadramento tassonomico

Famiglia Potyviridae Genere Potyvirus Specie Zucchini yellow mosaic virus (ZYMV)

Malattia/Avversità: Mosaico giallo delle cucurbitacee. Distribuzione geografica: ubiquitario nelle zone di coltivazione delle cucurbitacee Modalità di diffusione

ZYMV è trasmesso in modo non persistente (cioè con punture di saggio anche della durata di pochi secondi) da numerose specie di afidi ed in particolare da Aphis citricola, A.gossypii, Macrosiphum euphorbiae e Myzus persicae. Le forme alate diffondono il virus sulle distanze medio-lunghe, mentre le forme attere sono importanti nella diffusione all’interno della coltura. ZYMV è trasmissibile nel seme di zucchino ma con frequenza di molto inferiore all’ 1%. Non sono note altre specie, al di fuori delle cucurbitacee coltivate, in cui il virus possa sopravvivere. Non vi sono segnalazioni di ZYMV sulle uniche Cucurbitacee spontanee presenti in Italia, Bryonia cretica e Ecballium elaterium. Piante ospiti: infezioni di ZYMV sono segnalate in zucchino, melone, anguria e cetriolo. Sintomatologia sugli ospiti naturali ed eventuali sintomi specifici

Zucchino: schiarimento delle nervature delle foglie giovani che, nelle fasi più tardive, viene gradualmente sostituito da mosaico caratterizzato da “tessere” di un bel giallo vivace (Tavola XIX, fig. 6). In aggiunta alle alterazioni cromatiche le foglie possono presentare laciniature più o meno approfondite nel lembo. I sintomi più caratteristici sono quelli presenti sui frutti che mostrano vistose deformazioni e bollosità (Tavola XIX, fig. 7).

Melone: schiarimento delle nervature delle foglie, accompagnato da mosaico e bollosità. Sui frutti sono visibili mosaico, suberosità e spaccature della buccia. Alcuni ceppi inducono striatura necrotica sui fusti di varietà che possiedono il gene Fn (Tavola XIX, fig. 3).

Anguria e Cetriolo:sulle foglie sono osservabili schiarimento nervale e mosaico di intensità variabile. I frutti presentano pezzatura inferiore alla norma. Diagnosi

La sintomatologia, ancorché caratteristica, non é da sola sufficiente per una corretta diagnosi, a causa della frequente presenza di infezioni miste con CMV e WMV-2. La diagnosi sierologica è poco attendibile per la correlazione con WMV-2. Sono disponibili reagenti molecolari specifici (ribosonde e primers per PCR). Il virus è stabile nei tessuti infetti che possono essere conservati a +4°C in buste chiuse di plastica per un paio di settimane. È sconsigliato il congelamento. Lotta

La lotta è essenzialmente preventiva e basata sul controllo dei vettori con appropriati interventi fitoiatrici. Per la peculiarità delle modalità di trasmissione, l’uso degli insetticidi non

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consente di prevenire l’infezione (l’afide è in grado di trasmettere il virus prima di essere ucciso) ma è utile per diminuire la possibilità di diffusione del virus all’interno della coltura. È consigliato l’uso di tessuto-non-tessuto (veli di polipropilene) sulle colture in campo, dalla semina o dalla posa a dimora dei semenzali, sino alla raccolta dei primi frutti. Se il momento in cui il velo é rimosso coincide con un’altra presenza di afidi vettori viruliferi è possibile che intervengano infezioni tardive che, però, hanno poca incidenza negativa sulla produzione. Punti critici Per i vivaisti: ZYMV é elencato fra i patogeni di qualità del D.M. del 14/04/97. In zucchino è

possibile la trasmissione per seme, anche se in misura di gran lunga inferiore all’1%. E’ consigliato sottoporre a saggio un campione di seme. È necessario proteggere le aperture delle serre con reti a maglia non inferiore a 14 - 10, che dovranno essere mantenute anche durante le ore più calde del giorno. Le porte d’ingresso alla serra devono essere protette da un vestibolo a due porte che permetta l’isolamento dell’ambiente interno da quello esterno. Per gli agricoltori: prima di procedere all’acquisto delle piantine, gli agricoltori sono invitati

ad a verificare la corrispondenza delle strutture vivaistiche e del processo produttivo nei confronti delle misure necessarie all’accreditamento, vigenti nella regione, con particolare attenzione alla presenza di reti anti-afidi a protezione delle aperture ed all’assenza di consociazioni con altre ortive e di piante spontanee all’interno della struttura. È consigliato sottoporre a saggio un campione delle piantine acquistate prima di porle a dimora. Sono a rischio tanto le colture praticate sotto serra quanto quelle attuate in pieno campo

Obblighi Per i vivaisti: attenersi alle misure imposte dall’accreditamento.

Consigli pratici Per gli agricoltori: evitare di trapiantare in pieno campo coltivazioni tardive vicino a colture

già infettate da ZYMV, onde evitare infezioni molto precoci. Evitare l’irrigazione per aspersione (a pioggia) propendendo per quella a goccia su colture pacciamate. Non eccedere con le concimazioni azotate. Per il Servizio Fitosanitario Regionale: effettuare campionamenti con metodo sistematico

randomizzato almeno 1 campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno 1 campione per ogni lotto di piantine. Conservare i campioni a +4°C in busta di plastica e chiusa.

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TAVOLA XI

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TAVOLA XII

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TAVOLA XIII

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TAVOLA XIV

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TAVOLA XV

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TAVOLA XVI

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TAVOLA XVII

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TAVOLA XVIII

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TAVOLA XIX

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Presentazione dei poster riguardanti la messa a punto e validazione di protocolli di monitoraggio, di campionamento, di diagnosi,

produzione e standardizzazione di reagenti per corredi diagnostici

D. Gallitelli, Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata

Università degli Studi di Bari

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Principali malattie fungine in vivai di piante ortive in Puglia e Molise

1Casulli F., M.A. Gatto1, Lima G. 2, F. De Curtis2, A.M. Spina2, A.M. Celetti2

1Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata Università degli Studi di Bari

2Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente Università degli Studi del Molise, Campobasso

INTRODUZIONE

Il vivaismo orticolo sta assumendo un’importanza socio-economica sempre maggiore nelle

regioni meridionali fra cui anche in Puglia e in Molise. Tuttavia, il materiale di propagazione delle

piante orticole è spesso minacciato da diversi patogeni che, soprattutto in ambiente confinato,

trovano condizioni molto favorevoli al loro sviluppo. Tra i patogeni, diversi funghi si

avvantaggiano delle condizioni di umidità e temperatura che si riscontrano in serra, anche nelle

stagioni intermedie, e sono spesso in grado di compromettere la commercializzazione delle

piantine.

Nel corso di tre anni di attività, svolta nell’ambito del progetto POMA32, sono stati effettuati

numerosi sopralluoghi per monitorare le principali malattie fungine in vivai orticoli rappresentativi

della Puglia e del Molise. Vengono qui riportati i principali risultati ottenuti.

MATERIALI E METODI

A partire dal 1999 sono stati effettuati sopralluoghi in alcuni vivai scelti tra quelli dislocati

nelle principali aree orticole della Puglia e del Molise (Tab. 1). Periodicamente (circa due volte al

mese), in questi vivai sono state effettuate visite per ispezionare le piantine in serra e raccogliere

campioni da analizzare in laboratorio.

Tabella 1. Principali vivai orticoli sottoposti a monitoraggio periodico dal 1999 al

2001 in Puglia e Molise. Vivaio Località Principali colture praticate

Catamo Torchiarolo (Brindisi) Pomodoro, melone, lattuga, Brassicacee

Nappi Stornara (Foggia) Solanacee, Brassicacee, Cucurbitacee

Ortoplant Giovinazzo (Bari) Pomodoro, lattuga, cicoria

Perrone Leverano (Lecce) Solanacee, Cucurbitcee, Brassicacee

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COTEB Larino (Campobasso) Solanacee, Cucurbitacee, Brassicacee, lattuga, finocchio, cipolla

Il monitoraggio ha riguardato soprattutto Solanaceae (pomodoro, peperone e melanzana) e

Cucurbitaceae (cetriolo, zucchino, melone), ossia le colture di maggiore interesse economico e

pertanto maggiormente presenti in vivaio. Tuttavia, non sono state tralasciate altre colture come le

Brassicaceae, il finocchio, la cipolla e diverse specie di lattughe.

In vivaio, dopo accurate ispezioni visive, sono stati prelevati campioni di piantine con sintomi

specifici o sospetti di malattia. Inoltre, si è proceduto anche al prelievo di campioni rappresentativi

di piantine apparentemente sane da sottoporre a successiva diagnosi di laboratorio. Per i prelievi di

quest’ultime, in alcuni vivai, è stato adottato un modello di campionamento sistematico,

calcolando la dimensione del campione su base statistica e prelevando le piantine di ciascun

campione secondo uno schema prestabilito a forma di W (Fig. 1) (Lima et al., 2001; Digiaro et al.,

2001).

Figura 1. Schema di campionamento a doppia V adottato durante il campionamento sistematico di piante ortive in vivaio da sottoporre a diagnosi massale.

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L’identificazione di patogeni fungini della parte aerea delle piante è stata realizzata su base

sintomatologica e nei casi dubbi anche mediante osservazione microscopica delle fruttificazioni

fungine differenziate sull’ospite (per esempio rami sporangiofori presenti sulla pagina inferiore

delle foglie attaccate da Bremia lactucae o Phytophthora infestans). In alcuni casi, come ad

esempio per Botrytis cinerea, è stato necessario allestire camere umide per favorire la fuoriuscita

delle fruttificazioni fungine dai tessuti vegetali colpiti. In altri casi particolari, come per Alternaria

solani la procedura diagnostica è stata più complessa e merita qualche approfondimento, anche in

relazione ai gravi danni prodotti da questo fungo in seguito ad insoliti attacchi al colletto delle

piantine. Questo fungo, infatti, sui normali substrati colturali, pur sviluppandosi con le tipiche

colonie all'inizio bruno-olivaceo e poi scure non ha prodotto i tipici conidi. Per una rapida e

abbondante sporificazione del patogeno, è stato necessario utilizzare il metodo di Shahin e Shepard

(1979). Cubetti di PDA (patata-destrosio-agar) di 4 mm di lato, invasi dal micelio del fungo, dopo

2-3 gg di crescita su PDA a 25°C e al buio e sono stati trasferiti in piastre Petri contenenti un

substrato costituito da 20 g di saccarosio, 30 g di carbonato di calcio e 20 g di agar per litro di

acqua distillata. Le piastre sono state mantenute a 18-20°C e sottoposte a 16 ore di luce UV,

alternate a buio. Già dopo 24 ore, il fungo cominciava a produrre una enorme quantità dei tipici

conidi solitari, olivacei, claviformi, con 9-11 setti trasversali e nessuno o pochi setti longitudinali,

terminanti con un lungo becco che talvolta presentava 1-2 ramificazioni (Fig. 2). Talvolta per una

diagnosi alquanto veloce ma altrettanto valida, invece dei cubetti di PDA con micelio del fungo,

sul substrato Shahin e Shepard stati posti, dopo opportuna sterilizzazione superficiale, direttamente

pezzettini di tessuto dell'ospite con sospetta infezione.

Per la diagnosi di altri patogeni fungini del co

spp., Pythium spp., Rhizoctonia spp., Sclerotin

Fig. 2. Conidi di Alternaria solani

lletto e dell’apparato radicale (ad es. Phytophtora

ia spp., etc.) oltre all’osservazione dei sintomi, non

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sempre specifici, si è fatto ricorso a isolamenti su substrati colturali comuni o selettivi e a kit

ELISA di laboratorio e di campo.

RISULTATI

Su pomodoro, la malattia più ricorrente nel periodo considerato è stata l'alternariosi causata

da Alternaria solani Sorauer. I primi sintomi appaiono sulle foglioline cotiledonari con piccole

macchie dapprima clorotiche e poi bruno-nerastro che si estendono soprattutto lungo le nervature

sino a raggiungere il picciolo fogliare e, da questo, il fusticino. Su di esso, e nel punto di attacco

dei cotiledoni infetti, si notano macchie necrotiche nere che si estendono e si approfondiscono

sempre più sino a circoscrivere ed a formare una specie di collaretto nero intorno al fusto (Fig. 3).

Fig. 3. Infezione di Alternaria solani su fusticino di pomodoro

Questa necrosi del colletto si accentua allo stadio vegetativo di seconda-terza foglia ossia

quando la vegetazione tende a chiudersi e a ricoprire tutta la vaschetta alveolata creando il

microclima ideale per lo sviluppo del fungo. Talvolta è proprio la vegetazione sovrastante che

maschera e rende poco visibile, ad un occhio poco esperto, i sintomi della malattia che spesso

sfuggono anche al personale addetto al trapianto in campo. Qui, dopo alcuni giorni dal trapianto, la

malattia appare in tutta la sua gravità perché le piantine non crescono o arrestano il loro sviluppo,

avvizziscono e il più delle volte soccombono. Spesso le piante cercano di reagire emettendo

numerose radici avventizie dalla zona di fusto immediatamente sopra la parte infetta e ciò può

portare ad una loro ripresa se viene eseguita una precoce rincalzatura e se le condizioni pedo-

climatiche divengono sfavorevoli al patogeno. La malattia si è manifestata soprattutto su alcune

varietà i cui semi non risultavano opportunamente conciati ed i cui tegumenti seminali

rimanevano attaccati alle foglioline cotiledonali che venivano portati in superficie durante la

germinazione (Fig. 4).

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Fig. 4. Tegumenti seminali di pomodorotrattenuti dalle foglioline cotiledonari

Un altro patogeno fungino alquanto frequente specie sulle piantine di pomodoro e nelle serre

meno ventilate e pertanto con maggiore condensa, è stato la Phytophthora infestans (Mont.) de

Bary. Il fungo è comparso ogni anno in diversi vivai soprattutto quando si sono avuti abbassamenti

termici e giornate alquanto nuvolose ed umide come p. es. si è verificato nel corso del 2001 nella

2a e 3a decade di aprile. La pericolosità di questo fungo oltre che alla gravità delle infezioni, è

dovuta alla sua rapida comparsa e diffusione in modo epidemico nelle serre. Sulle giovani

foglioline e sui teneri fusticini il fungo si sviluppa molto rapidamente provocando macchie

brunastre e marciume dei tessuti infetti che portano al ripiegamento degli organi attaccati (Fig. 5).

Questi, in condizioni di elevata umidità, si rivestono di una muffetta biancastra costituita dai

numerosi rami sporangiofori e sporangi del fungo.

Fig. 5. Attacco di Phytophthora infestanssu piantine di pomodoro

Un fungo fitopatogeno alquanto frequente in tutti i vivai è stato Botrytis cinerea. Questo

fungo polifago, che spesso svolge anche vita saprofitaria, può attaccare tutti gli organi della pianta

causando estese lesioni necrotiche o il marciume molle degli organi infetti i quali si ricoprono di

una abbondante muffa grigia (fruttificazione conidica). In taluni casi, gli attacchi del fungo

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comportano la morte della pianta o il disseccamento degli organi o della vegetazione sovrastante il

sito di infezione. Sebbene le infezioni siano favorite da ferite o lesioni di vario tipo, in vivaio,

cotiledoni, foglie o parti di piante senescenti o attaccate da altri patogeni (p.es Bremia,

Peronospora, ecc.) possono costituire importanti sorgenti di inoculo. In diversi casi, le prime

infezioni sono partite da necrosi marginali dei cotiledoni o delle foglie (Fig. 6) causate da stress

idrici, sbalzi termici, fitotossicità di alcuni prodotti, eccesso di concimazione, ecc. La malattia, che

spesso ha un andamento di tipo epidemico, è favorita, oltre che da una scarsa ventilazione ed

elevata umidità nelle serre, anche dal particolare microclima che spesso si crea tra piantine

seminate molto fitte e che hanno raggiunto un certo sviluppo. In condizioni avverse il fungo può

formare microsclerozi che, nel terreno o sui residui colturali infetti o sulle strutture della serra,

possono conservarsi vitali per molti anni.

Fig. 6. Necrosi marginali da stress idrico supiantine di cetriolo

In alcune serre, e in alcuni periodi più freschi ed umidi dell'anno, sono stati osservati gravi

attacchi di Bremia lactucae Regel su piantine di lattuga. Il fungo forma macchie angolose, singole

o confluenti dapprima clorotiche, poi brune ed infine necrotiche recanti, nella pagina inferiore, una

abbondante efflorescenza biancastra (Fig. 7) costituita dai rami sporangiofori. La malattia spesso è

passata inosservata perché i primi sintomi appaiono sulle foglioline basali più vecchie e vicino al

terriccio. Anche questo patogeno se non viene subito individuato ed adeguatamente controllato,

può esplodere in forma epidemica e causare seri danni alle piantine in allevamento in tutta la serra.

Fig. 7. Foglia di lattuga infetta da Bremialactucae

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In qualche vivaio, interi lotti di piantine di brassicacee sono stati attaccati da Peronospora

brassicae Gaümann già nelle prime fasi di sviluppo. Le infezioni, infatti, hanno interessato

inizialmente le foglie cotiledonali e poi le successive foglioline basali che ingiallivano,

necrotizzavano e poi cadevano. Questo fungo, in casi di gravi attacchi che in genere si hanno nei

periodi più freschi e in ambienti ad elevata umidità e scarsa ventilazione, può interessare anche le

foglioline centrali per cui le piantine possono defogliarsi e talvolta morire. Nella pagina inferiore

delle parti di foglia infetta, si osserva una muffetta bianco-grigiastra costituita da numerosi rami

sporangiofori ramificati dicotomicamente e portanti sporangio-conidi.

Nel periodo considerato, non sono stati riscontrati casi di malattie tracheomicotiche in vivaio

e ciò è spiegabile sia in quanto è difficile che si verifichino sintomi precoci da tracheomicosi già

allo stadio di plantula sia per la presenza di geni di resistenza a questi patogeni nelle varietà più

diffuse di alcune specie ortive (ad es. pomodoro). Solo nel corso del 1999 è stato osservato un caso

alquanto grave originato da una partita di seme di una varietà locale di cetriolo (mezzo lungo di

Polignano) infetta da Fusarium oxysporum f. sp. melonis (Leach et Currence) Sn. et Hans non

opportunamente conciata. Comunque, la malattia è esplosa in tutta la sua gravità (frequenza e

intensità) dal momento in cui le piante sono entrate in produzione e soprattutto dopo che queste

hanno subito stress idrici o termici. Le piante vengono attaccate principalmente al piede e sono

soggette a marciumi radicali, del colletto e della base del fusto, con allettamento e morte. Il fungo

può addentrarsi nei tessuti vascolari determinando avvizzimento parziale o totale dell'ospite e,

anche in questo caso, la sua morte. Sezionando i fusti delle piante infette si notano i caratteristici

imbrunimenti dei tessuti vascolari. Le infezioni sono favorite da ferite di vario tipo e, come innanzi

detto, da uno stato di stress delle piante. Oltre che da parassita, il fungo può comportarsi da

saprofita e sopravvivere a lungo nel terreno o sui residui colturali.

CONCLUSIONI

I problemi fitopatologici riscontrati negli ultimi tre anni nei vivai orticoli pugliesi e

molisani, sono stati vari ma non gravi. In particolare i vivai accreditati con idonee strutture, che

dispongono di adeguata assistenza tecnica, rispettano i protocolli di produzione e osservano gli

accorgimenti richiesti nei punti critici, difficilmente hanno avuto gravi problemi fitopatologici.

Le malattie più frequenti sono state quelle riguardanti la parte aerea e causate da patogeni fungini

policiclici i cui numerosi propaguli vengono diffusi prevalentemente dal vento (Phytophthora,

Botrytis, Peronospore, agenti di mal bianco, ecc.). La difesa contro questi patogeni, caratterizzati

da frequente sviluppo epidemico, più che su interventi di tipo terapeutico, deve essere messa in

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atto con accorgimenti preventivi orientati soprattutto ad impedirne l’arrivo e la diffusione

dell’inoculo in serra.

Per lo sviluppo di alcuni patogeni che attaccano la parte aerea (ad es. Alternaria solani e

Phytophthora infestans) oltre che la concentrazione dell'inoculo, è molto importante la durata della

bagnatura fogliare, l'età delle piante e il sistema di allevamento (Lyimo et al., 1998; Vloutoglou e

Kalogerakis, 2000)

Talvolta le malattie non si trovano mai singole ma associate fra loro come per es. Bremia o

Peronospora con Botrytis. Per il controllo di questi e altri patogeni fungini, oltre che allevare le

piantine in idonee e moderne strutture produttive, è opportuno allontanare tutti i residui colturali,

curare la pulizia e l'arieggiamento delle serre, utilizzare seme sano, evitare le condizioni di elevata

umidità, innalzare la temperatura, effettuare concimazioni bilanciate e razionali, non eccedere con

le irrigazioni e comunque seguire tutte quelle pratiche di buona conduzione del processo

produttivo. È ovvio che, quando necessario ed opportuno, bisogna intervenire anche con

appropriati mezzi chimici.

Infine, per una più razionale prevenzione e risoluzione dei problemi fitopatologici nel settore

orticolo e vivaistico, è auspicabile in futuro una maggiore collaborazione tra ditte sementiere,

vivaisti, ricercatori, tecnici ed imprenditori agricoli per un loro mutuo proficuo interesse.

BIBLIOGRAFIA

Digiaro M., F. Nigro E G. Lima. 2001. Mappe fitopatologiche ed applicazione delle “norme di qualità”. In: Atti Incontro Divulgativo Progetto POM A32 I risultati di due anni di attività: Mappe dei Patogeni pregiudizievoli alla qualità delle specie ortofrutticole; Protocolli dei punti critici nel processo produttivo dei materiali di categoria C.A.C. – Termoli (CB), 1-2 marzo (in corso di stampa).

Lima G., F. De Curtis, A.M. Spina, V. De Cicco. 2001. Distribuzione dei funghi delle ortive in Molise. In: Atti Incontro Divulgativo Progetto POM A32 I risultati di due anni di attività: Mappe dei Patogeni pregiudizievoli alla qualità delle specie ortofrutticole; Protocolli dei punti critici nel processo produttivo dei materiali di categoria C.A.C. – Termoli (CB), 1-2 marzo (in corso di stampa).

Lyimo H.F.J., T.D.M. Tiluhongelwa, A.P. Maerere E P. Njau. 1998. The effect of mulching and staking on the development of early and late blights of tomato. Tanzania Journal of Agricultural Science, 1 (2), 167-172.

Shahin E.A. E J.F. Shepard. 1979. An efficient technique for inducing profuse sporulation of Alternaria species. Phytopathology, 69, 618-620

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Diagnosi massale delle malattie fungine delle piante ortive in vivaio

Lima G1., F. De Curtis1, A.M. Spina1, S. Pengue1, V. De Cicco1 Casulli F.2, M.A. Gatto2

1Dipartimento di Scienze Animali, Vegetali e dell'Ambiente, Università degli Studi del Molise, Campobasso 2Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari

INTRODUZIONE

Nelle aree ove si praticano coltivazioni orticole intensive e dove frequenti sono anche gli scambi

commerciali, diversi agenti patogeni possono facilmente diffondersi attraverso semi, terriccio e

materiale vegetale di propagazione contaminati o infetti. In particolare, nel settore delle produzioni

vivaistiche vi è un’esigenza sempre maggiore da parte di tecnici, vivaisti ed agricoltori, di disporre

di materiale dotato di sufficienti requisiti sanitari secondo quanto stabilito da alcuni regolamenti

nazionali ed europei in materia di tutela della qualità. Infatti, l’uso di materiale di propagazione

sano e la tempestiva eliminazione di quello eventualmente infetto o contaminato, possono

ragionevolmente contenere la diffusione di patogeni pregiudizievoli la qualità dei vegetali. A tal

fine è necessario disporre di metodologie diagnostiche idonee alla individuazione dei patogeni nei

tessuti dell’ospite in una fase in cui non sono ancora visibili i sintomi della malattia.

In questi ultimi anni la diagnosi fitopatologica sta mostrando un crescente interesse sia per il

progressivo spostamento delle strategie di protezione dei vegetali dalla fase terapica a quella

preventiva sia grazie agli ottimi risultati ottenuti dalle tecnologie diagnostiche in campo umano,

veterinario e ambientale. Ai fini applicativi, gli strumenti di diagnosi devono possedere i pregi

della versatilità e semplicità d’uso - tali da ridurne i costi per le applicazioni massali e facilitare

l’introduzione anche in laboratori non dotati di attrezzature sofisticate - nonché un’elevata

sensibilità e specificità che permettano di individuare patogeni fungini presenti in limitate

concentrazioni nei tessuti delle piante.

Per il buon esito della diagnosi, oltre alla conoscenza specifica del patogeno che si vuole

cercare e ai metodi diagnostici più idonei, è fondamentale mettere in atto un corretto programma di

campionamento (Saldarelli et al., 1996). Per questo, nell’ambito del progetto pom a32 anche tale

argomento è stato oggetto di specifiche indagini (Lima et al., 2001; Digiaro et al., 2001) .

METODI DIAGNOSTICI DISPONIBILI PER LA DIAGNOSI DELLE MALATTIE FUNGINE

Le metodologie attualmente adottabili per la diagnosi delle malattie fungine delle piante ortive

sono molteplici e spesso fra loro complementari. Per tale accertamento, oltre all’attendibilità dei

dati acquisibili, è importante la rapidità con cui si possono ottenere le relative risposte. I metodi

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disponibili per l’identificazione dei funghi fitopatogeni, sono di seguito riportati secondo un ordine

di complessità crescente.

1) Diagnosi diretta o deduttiva (rilievo ed esame dei sintomi)

Queste indagini sono valide per quelle malattie dovute a patogeni fungini, come Alternaria spp.,

Botrytis spp., oidi, ruggini, peronospore, responsabili di malattie fogliari e i cui sintomi sono quasi

sempre specifici (Fig. 1). Il solo esame dei sintomi e/o di alcune strutture fungine (micelio, conidi,

conidiofori, sori, sclerozi, corpi fruttiferi, etc.) presenti all’interno e/o all’esterno degli organi

attaccati può consentire il riconoscimento degli agenti patogeni delle malattie più comuni.Ciò può

non essere sufficiente per osservatori inesperti o nel caso di malattie prive di sintomi specifici. In tal

caso, il materiale con sospette infezioni può essere posto in camera umida per favorire la fuoriuscita

del patogeno dai tessuti di foglie, fusti, frutti o radici infetti. Successivamente, attraverso

osservazioni microscopiche delle strutture fungine tipiche di alcuni patogeni si può giungere ad una

diagnosi precisa. Nei casi in cui il metodo della camera umida non porta a risultati concreti si rende

necessario procedere all’isolamento del patogeno su opportuni terreni colturali (ved. Par. 2).

Importante è anche l’osservazione della distribuzione della malattia sulla pianta (se sistemica,

locale, settoriale, radicale, ecc.) Nonché nei singoli lotti o appezzamenti del vivaio (diffusione e

progressione localizzata o generalizzata).

La

la diag

talvol

diagnosi diretta o deduttiva se da una parte presenta

nosi massale, dall’altro ha lo svantaggio di fornire i

ta in uno stadio avanzato.

Fig. 1. Esempio di sintomatologiaspecifica: mal bianco (oidio) sufoglie di cucurbitacea.

il vantaggio di essere rapida e idonea per

risultati quando la malattia è già in atto e

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2) Isolamento del patogeno su terreni colturali comuni, semiselettivi e selettivi

Per i funghi che causano malattie con sintomi non specifici (ad es., alcuni agenti di

marciumi radicali, del colletto e di tracheomicosi) si può ricorrere al loro isolamento su idonei

terreni colturali che favoriscono la crescita del patogeno e la differenziazione di sue strutture

vegetative e riproduttive. Prima di effettuare gli isolamenti, però, è bene procedere ad un accurato

lavaggio delle piantine o di loro parti e ad eventuale sterilizzazione superficiale. Dopo un periodo di

incubazione di alcuni giorni le colonie fungine isolate verranno sottoposte ad osservazioni

macroscopiche (colore, forma delle colonie, etc.) e microscopiche. Queste ultime risulteranno

efficaci quando il patogeno avrà prodotto elementi morfologici tipici (conidi, rami conidiofori, corpi

fruttiferi, strutture di conservazione, ecc.) (Fig. 2) che consentiranno di giungere ad una diagnosi

precisa.

Fig. 2 Fruttificazioni conidiche diFusarium sp.

Terreni colturali selettivi e semiselettivi, in grado cioè di far sviluppare in coltura solo un

determinato patogeno o un gruppo ristretto di patogeni (Fig. 3), sono disponibili per alcuni funghi

terricoli, come ad esempio Phytophthora e Pythium spp. (Jeffers e Martin, 1986), Fusarium

oxysporum (Komada, 1975), Rhizoctonia spp. (Migheli et al., 1990), ecc.

Fig. 3. Colonie di Phytophthoranicotianae da radichette infette poste suidoneo substrato selettivo.

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L’isolamento in coltura del patogeno, anche se molto accurato, richiede tuttavia tempi spesso

lunghi che, nei casi più gravi, ritardando il responso diagnostico, potrebbe compromettere

seriamente la coltivazione.

3) Metodi sierologici

La sierodiagnosi, ossia l’impiego in vitro di anticorpi per scopi diagnostici, nata per

l’identificazione e classificazione di virus e batteri, ultimamente si sta diffondendo anche nel campo

delle malattie fungine. Essa consiste nella capacità degli anticorpi prodotti dal sistema immunitario

di organismi animali di reagire in vitro e in maniera specifica con gli stessi antigeni che ne hanno

stimolato la formazione.

Tra i diversi metodi di diagnosi, la sierodiagnosi è vantaggiosa per il basso costo, il poco

spazio necessario, la rapidità e semplicità di esecuzione, l’assenza si rischi biologici, la buona

sensibilità e la possibilità di utilizzarla per diagnosi massale. Fra gli svantaggi si possono ricordare

la specificità non sempre completa, la difficoltà, in certi casi, di produrre antisieri di buona qualità e

la necessità di decidere ancora prima di effettuare la prova quale patogeno cercare e, quindi, quale

anticorpo scegliere; la sensibilità, infine, in alcuni casi è inferiore a quella di altri metodi.

Esistono diverse tecniche di sierodiagnosi. Tra queste l’ELISA (enzyme-linked immunosorbent

assay) è quella più nota e utilizzata. Si tratta di una tecnica sensibile grazie alla quale è possibile

analizzare un numero elevato di campioni, quantificando gli antigeni in essi presenti. Attualmente le

ampie possibilità d’impiego e la validità della tecnica ELISA sono dimostrate dalla velocità con cui

si allunga l’elenco dei kit diagnostici presenti in commercio per l’individuazione e/o

l’identificazione di funghi fitopatogeni, anche se più basso di quello dei batteri e, soprattutto dei

virus (Lorito et al., 2001). Alcuni di questi kit consentono di effettuare diagnosi in tempi rapidi,

anche in campo, e di determinare quantitativamente il patogeno. Oltre agli anticorpi specifici per la

rilevazione, vengono forniti controlli positivi e negativi e tutto l’occorrente per trattare i campioni

vegetali da analizzare (tamponi di estrazioni, liquidi di lavaggio, ecc.).

Nell’ambito del progetto POM A32 sono stati sperimentati kit ELISA di laboratorio (tipo

“Agriscreen”, Adgen) (Fig. 4) e kit ELISA di campo (tipo “Alert”, Adgen - risposta diagnostica

dopo appena 10-15 minuti) (Fig. 5) per la diagnosi dei seguenti patogeni fungini: Phytophthora

spp., Pythium spp, Sclerotinia e Rhizoctonia spp.

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4) Metodi ba

Quest

dell’organism

ibridazione m

dell’organism

genoma, perm

favorisce l’am

nota, la secon

loro complem

Quest

adattabili per

e apparecchia

Nel pr

funghi respo

diagnosi deve

sempre letale

.

Fig. 5. Kit ELISA tipo “Alert” per ladiagnosi rapida di Pythium spp.

Fig. 4. Kit ELISA tipo “Agriscreen” perla diagnosi di Phytophthora capsici.

sati sul rilevamento degli acidi nuclei

i metodi comprendono essenzialment

o oggetto di diagnosi e sua identific

olecolare (ibridazione di porzioni

o bersaglio). Le due tecniche, anche se

ettendo il rilevamento della presenza d

plificazione in vitro di un segmento d

da, invece, si basa sull’interazione tra d

entari, che porta alla formazione di un

i metodi presentano il vantaggio di es

l’impiego nella diagnosi massale in qu

ture sofisticate.

ogetto POM A32 si è tentato di mette

nsabili di gravi malattie vascolari, co

essere necessariamente rapida, precisa

(Fig. 6).

ci (DNA e/o RNA)

e la tecnica PCR (amplificazione del DNA

azione mediante elettroforesi) e quella della

complementari specifiche di acido nucleico

accomunate dal fatto di lavorare entrambe sul

el patogeno, si diversificano in quanto la prima

i DNA che si trova fra due regioni a sequenza

ue molecole di DNA o RNA a singola elica tra

ibrido a doppia elica.

sere molto sensibili ma non sembrano ancora

anto richiedono personale altamente qualificato

re a punto metodologie molecolari nel caso di

me ad esempio da Verticillium spp., la cui

e precoce trattandosi di malattie ad esito quasi

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103 pb

Fig. 6. Diagnosi molecolare diVerticillium dahliae, mediante PCR conprimer specifici, in piantine di pomodoro“Red Setter” artificialmente inoculate. (B=bianco; F= Fusarium oxysporum; S=Sclerotinia sclerotiorum; M= DNAMarker; V1= V. dahliae isolato 1; V2= V.dahliae isolato 2.

CONCLUSIONI La disponibilità di metodi diagnostici accurati ed economici per la diagnosi delle malattie

fungine delle piante ortive in vivaio è di fondamentale importanza per la produzione di materiale di

propagazione di qualità come previsto dalle recenti normative in materia di certificazione (DD.MM.

del 14 aprile 1997). Per la diagnosi di queste malattie sono disponibili metodi tradizionali, come le

osservazioni visive dei sintomi e l’isolamento in coltura del patogeno, e metodi più innovativi come

quelli sierologici e quelli basati sull’analisi degli acidi nucleici. Oltre al metodo diagnostico, ai fini

del buon esito della diagnosi, sono necessari sia l’approfondita conoscenza dei differenti patogeni

sia l’adozione di idonee metodologie di campionamento.

Come risultato dalla sperimentazione condotta nell’ambito del progetto POM A32, per la

diagnosi dei patogeni fungini delle ortive, la scelta del o dei metodi da utilizzare dovrà essere

stabilita non solo in funzione del tipo di fungo ma anche in funzione della parte di pianta attaccata:

Per malattie dell’apparato radicale e del colletto è più opportuno utilizzare osservazioni

visive, isolamento del patogeno e ove disponibili, substrati selettivi e metodi sierologici. In

particolare, alcuni substrati selettivi sperimentati per l’isolamento specifico di Phytophthora

spp e Pythium spp, sono in grado di fornire buoni risultati. Circa la diagnosi sierologica,

risultati proponibili per l’applicazione nella pratica diagnostica sono stati forniti da kit

ELISA di laboratorio per Pythium spp e Rhizoctonia spp;

Per malattie della parte epigea (causate da: Alternaria solani, Botrytis cinerea, Bremia

lactucae, Cladosporium fulvum, Leveillula taurica, Phytophthora infestans,

Pseudoperonospora cubensins e Sphaerotheca fuliginea), soprattutto di quelle caratterizzate

da sintomatologia specifica, le ispezioni visive potrebbero risultare sufficienti, anche se il

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responso diagnostico potrebbe essere tardivo. Nei casi di sintomatologia non specifica,

l’allestimento di camere umide e/o il ricorso a terreni colturali può ritenersi necessario per

confermare la presenza del sospetto patogeno;

per alcune malattie dovute a patogeni vascolari (ad es. Verticillium spp), per i quali è

particolarmente richiesta la tempestività e l’accuratezza della diagnosi risultano utili metodi

molecolari (impiego di primer e sonde ad acidi nucleici).

BIBLIOGRAFIA Digiaro M., F. Nigro, G. Lima. 2001. Mappe fitopatologiche ed applicazione delle “norme di

qualità”. In: Atti Incontro Divulgativo Progetto POM A32 I risultati di due anni di attività: Mappe dei Patogeni pregiudizievoli alla qualità delle specie ortofrutticole; Protocolli dei punti critici nel processo produttivo dei materiali di categoria C.A.C. – Termoli (CB), 1-2 marzo (in corso di stampa).

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Diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di piantine di ortive mediante ibridazione molecolare e proposta per l’approntamento di un corredo commerciale.

Mariella Finetti Sialer, Donato Gallitelli Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi, e Centro di Studio

del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee, Bari

Riassunto È proposto un metodo per la diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di piantine di

pomodoro basato sull’ibridazione molecolare su estratti grezzi di tessuto vegetale con ribosonde marcate con digossigenina. Per la messa a punto del metodo sono stati utilizzati come modello il virus del mosaico dell’erba medica (AMV), il virus del mosaico del cetriolo (CMV), il virus dell’ avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV), il virus Y della patata (PVY), il virus dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro (TYLCV), il virus del mosaico del pomodoro (ToMV) ed il virus della maculatura zonata del geranio (PZSV). II campioni sono stati raccolti con metodo sistematico randomizzato, macerati in soluzione alcalina in rapporto di 1 a 6 (peso/volume) ed applicati su membrana di Nylon in aliquote di 5 µl per essere sottoposti ad ibridazione. In reazioni di ibridazione separate le sonde hanno evidenziato un limite di sensibilità di circa 17 µg di tessuto infetto, e quando adoperate in miscela, esse hanno mantenuto inalterata la specificità, anche se il limite di sensibilità è risultato leggermente inferiore (circa 21 µg di tessuto vegetale). Nel complesso la procedura permette l’analisi di 400-500 campioni al giorno e l’ottenimento dei risultati entro tre giorni dal prelievo del campione. La stabilità delle ribosonde a +4°C e dei campioni applicati su membrana per oltre un anno consente di proporre la formulazione di un corredo commerciale per la diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di ortive. INTRODUZIONE

Tra le possibili strategie di lotta ai fitovirus la prevenzione garantisce le migliori probabilità

di successo, soprattutto se accompagnata a diagnosi precoce su materiale vegetale asintomatico. Per

queste finalità, l’ibridazione molecolare in fase mista in cui una delle due molecole, di solito la

molecola bersaglio, è immobilizzata su un supporto solido e l’altra, di solito la sonda, è mantenuta

in soluzione è stata applicata con successo in diverse circostanze. Tra i vari “formati” proposti,

quello noto come dot blot è particolarmente adatto alla diagnosi di tipo massale, in quanto consente

il rilevamento di sequenze virali specifiche in estratti grezzi di tessuto vegetale. L’utilizzazione del

Nylon, in sostituzione della più friabile nitrocellulosa, permette che le membrane possano essere

preparate in campo o in laboratori decentrati e poi inviate ad un laboratorio adeguatamente

attrezzato per effettuare l'ibridazione. Infine l’uso di marcatori non radioattivi (freddi) come la

Digossigenina (DIG) ha consentito non solo di superare le enormi difficoltà connesse con l’uso e lo

smaltimento dei radioisotopi ma anche di prolungare il periodo entro il quale la sonda può essere

utilizzata; si è passati, infatti, dalle due-tre settimane del 32P ai dodici mesi e più della DIG. Queste

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caratteristiche possono consentire la proposizione dei reagenti per ibridazione molecolare anche in

corredi commerciali

Un altro aspetto da non sottovalutare nella diagnosi di tipo massale è quello relativo al

tempo necessario per l’esecuzione del saggio ed alla possibilità di ripeterlo, anche quando il

campione non è più disponibile. Nel caso dell’ELISA, per esempio, è consigliabile usare un solo

antisiero o anticorpo monoclonale per volta; miscele di antisieri, ancorché possibili, riducono

notevolmente la sensibilità del saggio ed il ricorso al congelamento del campione per consentirne la

ripetizione può compromettere la delicata struttura dell’antigene che ne permette il riconoscimento.

Nel caso di procedure diagnostiche che non hanno particolari limiti di tempo come quelle applicate

al materiale di moltiplicazione di essenze arboree, l’ELISA può essere il metodo più consigliabile,

anche per l’ampia offerta di corredi commerciali. Diversa è la condizione delle produzioni

vivaistiche di piantine di ortive dove le procedure diagnostiche possono anche riguardare migliaia

di campioni, ed i risultati devono essere comunicati, entro pochi giorni. Può essere questo il caso

dell’applicazione del D.M. del 14.4.97 che impone, tra l’altro, questo tipo di controlli finalizzati ad

accertare l’assenza o il livello minore possibile di patogeni che compromettano la qualità della

produzione vivaistica. Il periodo di tempo intercorrente fra lo stadio fenologico della piantina,

ritenuto più idoneo per il prelievo dei campioni, ed il momento della commercializzazione è, di

solito, limitato ad un paio di settimane.

In questa sede è descritta l’utilizzazione di un sistema d’ibridazione molecolare multipla per

la diagnosi precoce di fitovirus del pomodoro, considerati economicamente più rilevanti, ed al

tempo stesso è proposta una tipologia di corredo commerciale adatta a questo tipo di analisi.

MATERIALI E METODI

Fitovirus utilizzati

Sono stati utilizzati i seguenti fitovirus: mosaico dell’erba medica (AMV), mosaico del

cetriolo (CMV), avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV), Y della patata (PVY),

accartocciamento fogliare giallo del pomodoro (TYLCV), mosaico del pomodoro (ToMV) e

maculatura zonata del geranio (PZSV). I virus sono stati allevati su semenzali di pomodoro

‘Rutgers’ mantenuti in serra termocondizionata.

Sintesi delle ribosonde.

Le ribosonde specifiche per i virus oggetto di questo studio sono state ottenute mediante

trascrizione in vitro di frammenti di cDNA del genoma virale clonati in opportuni vettori di

trascrizione. La trascrizione è stata eseguita con il DIG RNA Labeling kit (Roche) impiegando

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DIG-UTP come marcatore. Dopo la sintesi le ribosonde sono state conservate separatamente, o in

miscela, nelle seguenti condizioni:

1) a + 4°C come precipitato essiccato sotto vuoto, 2) a –20°C in etanolo 3) a –70°C in etanolo

Per l’uso, le sonde sono state risospese in TE (10 mM Tris-HCl, 1 mM EDTA, pH 7.4)

contenente 0.5% SDS e conservate a –70°C

Modalità di campionamento

I campioni sono stati prelevati da piantine di pomodoro allevate in vivaio allo stadio di 2-4

foglie vere e, comunque, da una a due settimane prima della commercializzazione. Ai fini del

numero di campioni da prelevare sono stati considerati due livelli di accertamento dello stato

fitosanitario, certificazione e requisiti minimi in applicazione del D.M. del 14.4.97. Per la

certificazione, ogni campione di lavoro era costituito da 24 subcampioni di tessuto fogliare raccolti

con metodo sistematico randomizzato (Barnett, 1986) e cioè in corrispondenza di punti fissi,

localizzati a distanza costante gli uni dagli altri lungo una traccia a forma di W. La traccia era

costituita da filo elastico e copriva all’incirca 2 m2 di semenzali corrispondenti a 2400 piantine. Per

gli accertamenti ai fini del D.M. del 14.4.97 è stato seguito lo stesso sistema di campionamento ma i

24 subcampioni sono stati prelevati da lotti di circa 100.000 piantine. In ogni caso è stato prelevato

almeno un campione per ogni lotto di piante, anche se di consistenza inferiore a 100.000, dove per

lotto si è inteso un gruppo di piante della stessa età, derivanti dallo stesso lotto di seme ed allevate

nella stessa serra. Limitatamente alle sole procedure di certificazione, la stima della probabilità di

erroneo accertamento (PEA) è stata effettuata con la formula di Clayton e Slack (1988), ipotizzando

una distribuzione uniforme dell’infezione.

Trattamento dei campioni Il rapporto ottimale tra tessuto vegetale e volume della soluzione di estrazione è stato

determinato sulla base del peso medio di 100 campioni di lavoro, prelevati in vivaio, che è stato

stimato in circa 1.2 g. Questo dato è stato preso in considerazione per la preparazione di un

campione di lavoro sperimentale, su cui determinare il limite di sensibilità del metodo. A tal fine è

stata riprodotta la condizione più sfavorevole, in cui uno solo dei 24 subcampioni fosse infetto,

miscelando 50 mg di tessuto vegetale, prelevato da una pianta di pomodoro infetta da uno dei virus

in studio, con 1.15 mg di tessuto vegetale prelevato da piante sane. Per la diagnosi multipla, sono

state miscelate aliquote di 50 mg di tessuto infetto, prelevate per ciascuno dei virus in studio, ed il

campione portato a 1.2 g con tessuto prelevato da piante sane. Il campione di lavoro così costituito è

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stato triturato con una semplice pressa a rulli in presenza di 6 volumi di una soluzione 50 mM

NaOH, contenente 2.5 mM EDTA, e l’estratto applicato in aliquote di 5 µl su membrane di Nylon

(Hybond N+, Amersham Pharmacia) pre-imbibite con la stessa soluzione NaOH-EDTA. Per i saggi

di routine sono stati applicati circa 200 campioni su una membrana standard di 20 x 10 cm e per

ogni campione sono state preparate almeno 8 repliche. I controlli positivi e negativi erano

rappresentati, rispettivamente, da preparati di DNA plasmidico contenete il frammento utilizzato

per la trascrizione della sonda ed estratti grezzi ottenuti da piante di pomodoro sane. Dopo

l’applicazione dei campioni, le membrane sono state esposte all’UV per 5 minuti e conservate a

temperature ambiente avvolte in carta Whatman 3MM e foglio di alluminio, in attesa di essere

utilizzate.

Condizioni d’ibridazione

Le membrane sono state sottoposte a pre-ibridazione ibridazione e lavaggio così come

descritto da Gallitelli e Saldarelli (1996). Ciascuna ribosonda è stata impiegata, da sola o in miscela,

alla concentrazione di 100 ng/ml. I segnali d’ibridazione sono stati rivelati con il DIG luminescent

detection kit (Roche, Germany) seguendo le istruzioni del produttore. Dopo il trattamento, le

membrane sono state esposte contro pellicola per radiografia una prima volta per un minimo di

un’ora e successivamente per ulteriori 16 ore.

RISULTATI Ribosonde

Da ogni singola reazione di trascrizione sono stati ottenuti, in media, 10 µg di sonda per µg

di plasmide linearizzato; una quantità sufficiente all’ibridazione di 3 membrane da 200 campioni

ciascuna. Il sistema di conservazione più pratico, anche ai fini della proposizione di un corredo

commerciale, è risultato quello sotto forma di sedimento essiccato conservato a +4°C. Dopo oltre

un anno di conservazione sia separatamente, sia in miscela non sono state osservate riduzioni

nell’attività, nella sensibilità e nella specificità. Tuttavia, dopo la risospensione in TE le sonde sono

state mantenute a –70°C ed utilizzate entro il mese successivo. Analoghi risultati sono stati ottenuti

con le sonde conservate in etanolo a –70°C ma non con quelle conservate a –20°C. In quest’ultimo

caso, infatti, alcune sonde sono apparse parzialmente degradate.

Campionamento e trattamento dei campioni

Secondo lo schema di campionamento adoperato ai fini della certificazione, da ogni lotto di

100.000 piantine sono stati raccolti, in media, 43 campioni di lavoro corrispondenti a circa 1032

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piantine effettivamente sottoposte a saggio. In queste condizioni il valore di PEA oscilla tra il 35 e

lo 0.03% a seconda che la frequenza d’infezione sia dello 0.1 o dell’ 1%, rispettivamente. Dopo la

raccolta, i campioni sono stati conservati a +4°C per un periodo variabile da una a tre settimane.

Anche se i tessuti vegetali non mostravano evidenti segni di deterioramento la diagnosi di TSWV

con questo metodo è risultata attendibile solo entro la prima settimana di conservazione. Dopo tale

periodo il rilevamento del virus è risultato aleatorio, anche impiegando campioni vegetali senza

evidenti segni di deterioramento.

Il rapporto ottimale tra tessuto vegetale e volume della soluzione di estrazione è risultato di

1 a 6. Con rapporto di 1 a 3, l’eccessiva presenza di residui vegetali sulla membrana ha spesso

generato segnali aspecifici, mentre un rapporto di 1 a 9 o 1 a 12 ha ridotto l’intensità del segnale di

alcuni virus. Nel caso di campioni di lavoro di 1.2 g macerati in 15 ml di miscela di estrazione è

stato stimato che un peso di circa 400 µg di tessuto vegetale corrispondesse ai 5 µl di estratto

(macchia) applicati sulla membrana. Usando le ribosonde in reazioni d’ibridazione separate e

considerando il caso più sfavorevole in cui una sola delle 24 piante costituenti il subcampione fosse

infetta, il limite di sensibilità è risultato di circa 17 µg di tessuto infetto per macchia. Utilizzando le

sonde in miscela il limite di sensibilità è risultato compreso tra 17 e 21 µg per macchia ma ciascuna

ribosonda ha mantenuto la propria specificità. Infine il ricorso alla doppia esposizione contro lastra

per radiografia ha consentito la riduzione di possibili falsi negativi anche se nel 90% dei casi il

segnale era già chiaramente visibile dopo un’ora di esposizione. Non sono state osservate riduzioni

d’intensità del segnale in membrane sottoposte ad ibridazione a distanza di oltre un anno dalla

preparazione. Nei saggi di routine durante lo svolgimento dell’attività vivaistica, l’impiego di

quattro operatori, due dedicati al prelievo ed il trasporto dei campioni al laboratorio e due

all’esecuzione dei saggi, ha permesso il trattamento di 400-500 campioni al giorno e la

comunicazione dei risultati al vivaista entro il terzo giorno lavorativo dalla data del prelievo. In

queste condizioni è stato stimato un costo di 5.000 lire per campione di lavoro, pari a circa 2 lire per

piantina certificata.

Il metodo di campionamento e di analisi messo a punto ha consentito il rilevamento di

infezioni virali (TSWV e ToMV) sia durante i saggi previsti ai fini della certificazione sia di quelli

previsti in ottemperanza al D.M. del 14.4.97 e cioè prelevando un campione di lavoro ogni 100.000

piantine. Il metodo è stato anche applicato all’accertamento dello stato sanitario delle produzioni

vivaistiche delle piantine di lattuga consentendo il rilevamento di TSWV e del virus del mosaico

della lattuga (LeMV). Infezioni consistenti (fino al 70%) di LeMV sono state rilevate in semi di

lattuga, sottoponendo all’ibridazione molecolare piantine allo stadio cotiledonare, ottenute da semi

posti a germinare su substrato sterile.

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Proposta di un corredo commerciale

La possibilità di conservare le ribosonde a +4°C, sotto forma di precipitato essiccato, ne

permetterebbe l’inclusione in un corredo commerciale e per evitare il ricorso alla conservazione a –

70°C dopo la risospensione in TE, le sonde potrebbero essere fornite in aliquote necessarie

all’bridazione di una membrana “standard” di 10 per 20 cm, utile all’analisi di circa 200 campioni.

Inoltre la stabilità degli estratti dopo l’applicazione su membrana suggerisce che il corredo potrebbe

includere un set di membrane preimbibite con la soluzione di NaOH-EDTA e già contenenti nella

prima fila estratti da succo di pianta sana e nell’ultima praparati dello stesso DNA plasmidico

utilizzato per la sintesi delle ribosonde, da servire come controllo positivo. Questa disposizione

consentirebbe l’utilizzo anche di singole porzioni della membrana, a seconda delle esigenze del

saggio.

DISCUSSIONE

Nel proporre un metodo di analisi per la diagnosi di fitovirus in produzioni vivaistiche di

piantine di pomodoro ci si è trovati di fonte a tre problemi: 1) la scelta di un sistema di

campionamento adatto, 2) la determinazione del numero di campioni da raccogliere 3) la scelta di

una strategia di analisi che permettesse riduzione di tempo e di costi.

Al fine di limitare l’errore dovuto a decisioni arbitrarie introdotte dall’operatore durante le

fasi di campionamento come ad esempio la raccolta preferenziale di campioni rispetto ad altri meno

accessibili, si è optato per un sistema di campionamento sistematico randomizzato. In linea di

principio, la scelta di un sistema di campionamento completamente randomizzato in cui ciascuna

pianta ha la stessa probabilità di essere sottoposta a campionamento sarebbe stata la soluzione

ideale ma questo, anche in considerazione della disposizione delle piante nelle strutture vivaistiche

per la produzione di piantine di ortive avrebbe potuto indurre l’operatore ad effettuare scelte

arbitrarie. Inoltre, così come puntualizzato da Barnett (1986) anche il campionamento sistematico

ha una forma di randomizzazzione perché il primo campione da raccogliere è scelto a caso e solo i

campioni successivi sono raccolti in modo sistematico, seguendo uno schema specifico. Tra i vari

schemi di campionamento proposti da Barnett (1986) quello a forma di W sembra il più adatto per

coprire ampie superfici senza amplificare gli effetti dei bordi che, in particolare nelle condizioni di

serra, potrebbero risultare prevalenti. È noto, infatti che in una serra le piante sono sottoposte a

differenti condizioni di illuminazione, temperatura ed umidità nonché esposte alle infezioni di

patogeni provenienti dall’esterno a seconda della posizione (centrale, lungo i bordi esterni, lungo i

corridoi di camminamento) che esse occupano nella serra.

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Il problema della dimensione del campione e della frequenza del campionamento è un altro aspetto

essenziale che si concretizza nella possibilità che piantine infette possano sfuggire al rilevamento.

D’altro canto il campionamento deve rappresentare nella maniera più fedele possibile la

popolazione pur restando entro costi e mole di lavoro accessibili. I virus presi in considerazione

sono prevalentemente trasmessi da insetti (afidi, tripidi, aleurodidi) ed in qualche caso anche

attraverso il seme il che permette di ipotizzare una distribuzione più o meno uniforme delle

infezioni e di giustificare il ricorso alla formula di Clayton e Slack (1988) per la stima della

probabilità di erroneo accertamento. Và inoltre precisato che l’uso di questa formula è proposto

congiuntamente ad un sistema di campionamento che, come si è detto in precdenza, tende a

minimizzare l’effetto dei bordi. Come si è visto, la probabilità di erroneo accertamento varia

moltissimo a seconda della percentuale d’infezione considerata ma nel caso di piantine a semina

molto fitta (pomodoro, per esempio) e di prelievo meccanico del campione, ciascun subcampione

potrebbe essere costituito da tessuto prelevato da 3-4 piante contigue, il che farebbe aumentare

proporzionalmente il numero delle piante effettivamente sottoposte a saggio, riducendo anche la

possibilità di errore. A questo punto ci sarebbe da chiedersi quale possa essere l’effetto del rilascio

deliberato in campo di piantine con percentuali d’infezione dello 0.1% o dell’1% nei confronti di

eventuali danni alla coltura. Il riferimento più immediato và fatto alle modalità di trasmissione del

virus. E’ intuitivo che virus trasmessi da insetti hanno maggiore probabilità di diffusione all’interno

della coltura di altre entità trasmesse, per esempio da funghi o nematodi. Nel caso di CMV, un virus

caratterizzato da notevole virulenza e trasmesso da diverse specie di afidi con elevata efficienza, è

stato stimato che utilizzando l'1% piante infette nell'impianto della coltura, si può facilmente

arrivare al 20% di perdite di produzione. Nelle nostre condizioni sperimentali un’infezione dell’1%

consente una probabilità d’errore solo dello 0.03% e cioè decisamente trascurabile. Tuttavia

considerata la impossibilità di estendere questo esempio ad altri sistemi virus-ospite sarebbe

opportuno dedicare studi specifici al problema delle soglie.

Il ricorso alla diagnosi multipla ha consentito di ridurre sensibilmente costi e tempi di

esecuzione senza abbassare il limite di sensibilità o la specificità del saggio. Poiché tutti i virus

presi in considerazione in questo caso figurano nell’elenco dei patogeni di qualità allegato al D.M.

del 14.4.97 e TSWV è addirittura un patogeno da quarantena, l’identificazione del virus

eventualmente risultato presente in un lotto di piantine non sembra strettamente necessaria. Se per

finalità epidemiologiche se ne ritenesse opportuna l’identificazione, questa potrebbe essere

effettuata anche in un secondo momento, adoperando le repliche delle membrane in reazioni

d’ibridazione separate.

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Infine le caratteristiche dei reagenti impiegati in questa sede ne suggeriscono la proposizione come

componenti di un corredo commerciale per la diagnosi di fitovirus del pomodoro. Sebbene non

siano state condotte prove specifiche non sembra azzardato ritenere che analoghe procedure

possano essere applicate anche ad altre produzioni vivaistiche di piantine di ortive con risultati, in

termini di sensibilità ed affidabilità, comparabili a quelli ottenuti nel caso del pomodoro.

Ringraziamenti Il presente lavoro è stato realizzato con il contributo finanziario della Cominità Europea-Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, nell’ambito del Programma Operativo Multiregionale (POM) “Attività di sostegno ai servizi di sviluppo per l’agricolatura”, Misura 2, progetto A32; BIBLIOGRAFIA Barnett, O. 1986. Surveying for plant viruses: design and consideration. Pages 147-166, in:

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Il virus del mosaico del pepino

Tomassoli L. e B. Faraglia

Istituto sperimentale per la Patologia Vegetale, Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, Roma

Nome del patogeno: Pepino mosaic virus - tomato type (PepMV) virus del mosaico del pepino - ceppo del pomodoro Genere: Potexvirus

PREMESSA

Il virus del mosaico del pepino è comparso sulla scena europea (Regno Unito e Paesi Bassi)

nel gennaio del 1999 come nuovo patogeno del pomodoro in coltura protetta (Vlugt et al., 2000). La

Commissione Europea, sollecitata dai due paesi membri, ha costituito un “Gruppo di lavoro sul

PepMV” che, attraverso indagini scientifiche, avesse il compito di quantificare il rischio

fitosanitario di questo virus per il territorio europeo (Tomassoli, 2001) e verificare l’opportunità di

un suo inserimento tra gli organismi da “quarantena“ o tra quelli considerati “pregiudizievoli per la

qualità”.

Al momento, il PepMV è soggetto a norme fitosanitarie transitorie tendenti a impedirne la

introduzione e la propagazione nella Comunità (Decisione della Commissione 2001/536/CE). La

comparsa del PepMV in Italia (Roggero et al., 2001) ha suggerito l’opportunità di predisporre una

specifica scheda avente lo scopo di illustrare le principali proprietà di questo patogeno emergente e

rendere note misure di profilassi per la prevenzione ed eradicazione di questo virus.

OSPITI

Il pomodoro (Lycopersycon esculentum), in coltura protetta, è l’unico ospite naturale di

questo nuovo ceppo europeo. Infatti, il ceppo originale, isolato da pepino (Solanum muricatum),

non causa alterazioni sintomatologiche su pomodoro (Jones et al., 1980).

Altre solanaceae (melanzana, patata, tabacco) sono risultate suscettibili al PepMV ceppo pomodoro

ma solo in prove di infezioni artificiali.

SINTOMATOLOGIA

I sintomi si osservano fin dalle prime fasi di coltivazione e sono particolarmente evidenti nei

mesi autunnali ed invernali, quando la intensità luminosa è minore e le temperature più basse.

Sintomi tipici del PepMV sono:

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- riduzione di sviluppo dell’apice vegetativo associato, a volte, a incisioni più accentuate del

lembo fogliare (foglia ad ortica); distorsione e filimorfismo confondibili con alterazioni di

natura ormonale;

- maculature clorotiche, gialle o necrotiche sulle foglie, in prevalenza quelle basali;

- striature imbrunite lungo il fusto e sullo stelo fiorale dove spesso si osserva aborto dei fiori;

- decolorazione e maturazione irregolare dei frutti; imbrunimento del calice dei frutti.

La comparsa dei sintomi è repentina e la diffusione della malattia è molto rapida sia

all’interno della serra che ambienti limitrofi.

DANNI La valutazione del rischio fitosanitario e la quantificazione dei danni causati dal PepMV sul

pomodoro da serra sono ancora oggetto di studio in quanto, nei Paesi colpiti, la malattia si è

manifestata con diversa incidenza sul territorio, in termini di aree produttive e numero di aziende

colpite, e con diversa gravità, in termini di danni quantitativi e qualitativi alla produzione.

EPIDEMIOLOGIA

Il PepMV si trasmette per contatto attraverso strumenti di lavoro, scarpe, indumenti, mani,

sfregamento tra piante vicine, innesto. Il virus è caratterizzato da estrema longevità favorita da un

ambiente secco e temperature miti. Studi recenti hanno indicato che il virus può persistere per

periodi più o meno lunghi a seconda della matrice considerata. In particolare:

Residui secchi di pianta 90 giorni

Radici 21-28 giorni

Sostanza organica nel terreno (residui di coltivazione) 21 giorni

Indumenti contaminati 14 fiorni

Superficie della serra contaminata con succo di foglie infette 2-4 giorni

La diffusione del virus all’interno della serra è favorita dall’azione degli insetti impollinatori

mentre sembra che l’acqua di percolazione sia ininfluente nella contaminazione delle piante sane.

Ancora non è chiaro il ruolo che il seme svolge nella diffusione del PepMV. E’ noto, infatti,

che i Potexvirus non si trasmettono per questa via. Alcune ricerche hanno, invece accertato la

presenza, anche se in bassa percentuale nei tegumenti di questo virus. Il seme, pertanto,

rappresenterebbe la più probabile via di diffusione del virus a lunga distanza e la principale fonte di

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infezione all’interno di una serra. In attesa di meglio definire questo importante aspetto

epidemiologico, sono in corso studi atti ad individuare un protocollo di trattamento acido del seme

che consenta l’inattivazione del PepMV garantendo le condizioni di sanità per le sementi in

commercio.

DIAGNOSI

La diagnosi è essenzialmente di tipo sierologico. La tecnica ELISA, o il più rapido pocket

test, consentono una rapida identificazione del PepMV.

Per le fasi operative si rimanda alle istruzioni specifiche dei kit commerciali (Csl Pocket

Test; Adegen; AGDIA; Bioreba; DSMZ; LOEWE; PRI.).

LOTTA

Attualmente non esistono norme comunitarie che regolamentano la eradicazione di focolai

di infezione. Differenti Paesi della UE hanno predisposto specifiche direttive. Anche in Italia è in

fase di definizione un protocollo indicante le differenti misure da intraprendere per prevenire la

introduzione del PepMV nelle aree di produzione del pomodoro e contenerne la diffusione in caso

di infezione accertata.

Qui di seguito sono elencate le principali azioni da intraprendere:

Prevenzione Seme: utilizzare solo semente pulita ed esente da residui di polpa. È comunque consigliato un

trattamento acido per l’inattivazione del virus. Il protocollo suggerito prevede:

• lavaggio in fosfato trisodico 1% per 45 min

• lavaggio in ipoclorito di sodio 0,5% per 30 min

• ripetuti lavaggi in acqua corrente.

Giovani piantine in vivaio: eseguire controlli settimanali per l’individuazione precoce di alterazioni

morfologiche delle piantine Il personale deve osservare le seguenti misure igieniche:

• indossare indumenti, scarpe e guanti monouso o disinfettati;

• disinfettare tutti gli strumenti di lavoro (fosfato trisodico 10% per 30 min);

• utilizzare personale addetto solo all’attività del semenzale e non ad altri cicli produttivi.

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In caso di un vivaio trovato, in un precedente ciclo produttivo, contaminato da PepMV, è necessario

confermare, con idonee analisi di laboratorio, l’assenza di infezione prima di procedere alla

commercializzazione delle giovani piantine.

Coltura in atto: eseguire controlli settimanali per il rilevamento precoce di sintomi sospetti. In caso

di azienda già colpita da PepMV effettuare periodicamente anche controlli sierologici. Devono

essere osservate le seguenti misure igieniche:

• lavorare nella serra sempre nella stessa direzione;

• utilizzare strumenti di lavoro disinfettati (fosfato trisodico 10% per 30 min);

• eliminare le infestanti che potrebbero fungere da pericoloso serbatoio di infezione (specie botaniche sperimentalmente identificate suscettibili a PepMV: Solanum dulcamara, S. nigrum)

Eradicazione Coltura in atto: una volta identificato il PepMV all’interno della serra:

• contrassegnare la fila contenete le piante infette; • eliminare le piante infette mettendole in buste chiuse; • rimuovere, lungo la fila, almeno 20 piante prima e dopo le piante infette e metterle in

buste chiuse; • rimuovere le piante delle file limitrofe se vicine o se si è verificato contatto durante

le pratiche colturali; • bruciare il materiale infetto raccolto nelle buste; • rimuovere, se possibile, il terreno di coltura (rizosfera) limitatamente alle piante

infette (residui di radici infette); • rimuovere sempre i detriti di coltura e bruciarli; • utilizzare indumenti, stivali, guanti monouso per ogni singola serra dell’azienda e

buttarli in appositi bidoni all’uscita di ognuna; • assegnare ad ogni operatore un numero definito e ristretto di serre; • eseguire all’interno della serra i lavori con piccoli strumenti e guanti da immergere,

passando da pianta a pianta, in latte scremato contenente almeno 3,5% di frazione proteica;

• lavorare per ultima la serra colpita e, all’interno della serra, la zona dove sono state identificate le piante infette;

• informare ogni lavoratore sui sintomi da monitorare all’interno delle serre e sulle operazioni da adottare per la prevenzione;

• evitare il consumo alimentare di frutti di pomodoro all’interno della serra; • non assegnare i lavoratori addetti alle pratiche colturali all’imballaggio; • le cassette, i carrelli, ruote comprese, usati per la raccolta e l’imballaggio devono

essere disinfettati; • impedire l’ingresso a visitatori.

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Dopo la coltura:

• rimuovere tutti i residui colturali disponendoli direttamente in contenitori da bruciare;

• non portare mai materiale vegetativo residuo o qualsiasi materiale di coltivazione all’esterno della serra colpita;

• lavare l’intera struttura con potenti getti di acqua a pressione o acqua calda o acqua con detergenti;

• disinfettare la struttura con disinfettanti ad azione antivirale;

• disinfettare tutte le attrezzature e arnesi da lavoro utilizzati all’interno della serra;

• sostituire o disinfettare il sistema d’irrigazione;

• lasciare la serra incolta per almeno tre settimane per garantire la perdita di infettività del virus presente nei residui eventualmente rimasti in serra;

• impiantare una coltura non suscettibile al PepMV.

Norme fitosanitarie Decisione Commissione delle Comunità Europee del 6 luglio 2001 (2001/536/CE)

BIBLIOGRAFIA Jones R.A.C., Koening R. and Leseman D.E. 1980. Annals of Applied Biology, 94, 61-68. Roggero P., Masenga V., Lenzi R., Coghe F., Ena S., Winter S. 2001. New Disease Reports, 3 Tomassoli L., 2001. L’Informatore Agrario, 6, 65- 66 Van der Vlugt R.A.A., Stijer CCMM, Verhoeven J., Leseman D.E. 2000. Plant Disease, 84, 103.

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Protocolli per gli accertamenti sanitari degli organismi patogeni di “qualità” delle ortive

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I. BATTERI

C. Cariddi Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata

Università degli Studi di Bari

Protocollo per l’accertamento sanitario di piantine di pomodoro per Pseudomonas syringae pv. Tomato

Per l’accertamento sanitario delle piantine di pomodoro in vivaio per la specie batterica

Pseudomonas syringae pv. tomato, agente della “picchiettatura batterica”, si ritiene sufficiente il

rilievo visivo avendo l’accortezza di ispezionare con particolare attenzione le zone del vivaio dove

maggiore è il ristagno di umidità. Nelle condizioni di serra, infatti, se è presente l’inoculo del

batterio, quasi certamente si avranno infezioni palesi.

Nei casi dubbi, l’accertamento di laboratorio va effettuato secondo il seguente protocollo:

1. Isolamento in coltura

Prelevare alcune (5-6) lesioni necrotiche sospette presenti sulle foglie con un poco di tessuto sano circostante, triturarle in mortaio in poche gocce (circa 0,5 ml) di tampone fosfato sterile a pH 7 o di soluzione fisiologica sterile e lasciarle macerare per 10-15 minuti. Strisciare la sospensione tal quale o diluita 1:10 in capsule Petri contenenti Agar-Nutritivo-Saccarosio (ANS) al 5% di saccarosio e metterle a incubare a 25 °C per 48 ore. Dopo incubazione, osservare le capsule allo stereomicroscopio a luce trasmessa e scegliere alcune delle colonie singole cupuliformi, di colore bianco perla, mucidi e a margine intero (del tipo dei produttori di levano). 2. Saggio di fluorescenza Trasferire le colonie scelte, in capsule Petri contenenti Agar-King-B e, dopo incubazione per 24-48 ore, osservare a luce ultravioletta (365 nm) e scegliere le colonie fluorescenti. 3. Saggio di ipersensibilità su tabacco Trasferire le colonie fluorescenti in provette contenenti Agar-Nutritivo e, dopo incubazione per 24-48 ore, preparare da ciascuna di esse una sospensione di concentrazione pari a 106 – 107 u.f.c. e infiltrarla, mediante siringa sterile da 1 ml, nel tessuto compreso nello spazio internervale di foglie di giovani piante di tabacco cv. Sansum, Xanthy o Wite Burley. Dopo incubazione per 12-18 ore a temperatura ambiente, se le aree di tessuto infiltrato sono divenute idropiche la reazione è da ritenersi positiva. 4. Saggio di ossidasi Gli isolati positivi al saggio di ipersensibilità su tabacco vengono allevati per 24-48 ore in provette di Agar-Nutritivo e con un’ansa di platino prelevata una porzione di colonia e strisciata su un dischetto di carta da filtro precedentemente imbevuta con alcune gocce di una soluzione all’1% di NNN,N tetramethyl fenilendiamina diidrocloridrata. La reazione è da considerarsi positiva se lo

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striscio si colora di viola intenso dopo 10 secndi, debolmente positiva se la colorazione compare tra 10 e 20 secondi, negativa se lo striscio rimane incolore. 5. Saggio di utilizzazione di DL lattato, Eritritolo e D(-)-tartrato Preparare tre aliquote di substrato minimo C di Dye modificato (senza estratto di lievito e senza indicatore di pH), sterilizzare a 121 °C per 15 minuti, lasciare raffreddare fino a circa 50 °C e aggiungere a ciascuna di esse, mediante filtrazione con filtri di 0,22 µ, la soluzione di uno dei tre suddetti composti organici fino a raggiungere una concentrazione nel substrato pari allo 0,1% e versare in capsule Petri. Preparare una sospensione batterica non molto concentrata e inoculare ciascun substrato contenente uno dei composti e il substrato minimo senza l’aggiunta di alcun composto mediante inoculazione a placche facendo uso di uno stecchino sterile. Incubare a 25 °C per 3-5 giorni e rilevare il tasso di crescita delle colonie nelle capsule contenenti il substrato minimo addizionato con ciascuno dei composti rispetto a quello delle capsule contenenti solo il substrato minimo.

Gli isolati che su ANS producono colonie del tipo dei produttori di levano, che producono pigmenti fluorescenti su Agar-King-B, che inducono ipersensibilità su foglie di tabacco, che sono ossidasi negativi e utilizzano il D (-) tartrato e non utilizzano invece l’eritritolo e il DL lattato sono identificabili come P. syringae pv. tomato.

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Allegato 1

COMPOSIZIONE DEI SUBSTRATI DI COLTURA

Agar-Nutritivo Brodo nutritivo 8 g Agar 15 g Acqua distillata 1 L

Agar Nutritivo Saccarosio (ANS) Brodo nutritivo 8 g Saccarosio 50 g Agar 15 g Acqua distillata 1 L

Agar-King-B Proteose peptone 20 g Glicerolo 10 g K2HPO4 1,5 g Mg SO4 x 7 H2O 1,5 g Agar 15 g Acqua distillata 1 L

Substrato C di Dye modificato NH4H2PO4 0,5 g K2HPO4 0,5 g MgSO4 x 7H2O 0,2 g NaCl 5 g Agar nobile 12 g Acqua distillata 1 L pH = 7,2

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II. VIRUS

Protocollo di laboratorio per la diagnosi di fitovirus delle ortive mediante ibridazione molecolare con sonde nucleiche marcate con digossigenina

Donato Gallitelli

Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata Università degli Studi di Bari

1. Sintesi e conservazione delle sonde nucleiche marcate con digossigenina. Le sonde nucleiche specifiche per i virus di cui si intende effettuare la diagnosi possono

essere ottenute mediante trascrizione in vitro di frammenti clonati in opportuni vettori di trascrizione utilizzando il DIG RNA Labeling kit (Roche)secondo le istruzione della Ditta produttrice.

Dopo la sintesi le sonde possono essere conservate in uno dei seguenti modi: a + 4°C come precipitato essiccato sotto vuoto, a –20°C in etanolo a –70°C in etanolo Nel caso di conservazione in etanolo, il tubo va centrifugato a 13000-14000 gpm per 15 minuti, l’etanolo scartato ed il precipitato essiccato sotto vuoto

Per l’uso, il precipitato deve essere risospeso in 60 microlitri di TE (10 mM Tris-HCl, 1 mM EDTA, pH 7.4) contenente 0.5% SDS, e conservata a –70°C

2. Campionamento Il campionamento (prelievo dei campioni da sottoporre a saggio) dovrà essere effettuato da

personale competente. Il campionamento dovrà essere effettuato da ogni singolo lotto omogeneo, preferibilmente

nei 7-10 giorni antecedenti la data prevista per la commercializzazione delle piantine. Il prelievo dei campioni dovrà avvenire in modo sistematico randomizzato, cioè seguendo

una direttrice a doppia V (W) e prelevando i campioni ad intervalli regolari sulla stessa direttrice. La direttrice può essere realizzata con un elastico teso tra due assicelle di circa 1 metro. Il ricorso all’elastico più che allo spago consente di adattare il sistema a bancali di diversa larghezza.

Per le malattie virali si possono usare metodi non distruttivi prelevando foglie o parti di esse, a mano o con appositi raccoglitori telescopici. 3. Numero di campioni da prelevare o esaminare

Per rilevare, in modo attendibile, la presenza di malattie su lotti di semi o per rilevare sulle piantine malattie distribuite in modo randomizzato, si seguirà quanto suggerito dai metodi statistici (distribuzione di Poisson, distribuzione binomiale, PEA) in cui il numero di campioni da prelevare o esaminare sarà proporzionale al grado di tolleranza che si intende fissare. In genere per fini certificativi dovrebbero essere raccolti non meno di 12 subcampioni per m2 di serra. I subcampioni vanno raccolti nella stessa bustina di plastica (10x15 cm) e costituiscono 1 campione di lavoro. Ai fini dei controlli nei vivai accreditati può essere raccolto almeno un campione ogni 100.000 piantine e, comunque, almeno un campione per ogni lotto di piantine.

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4. Indicazioni da riportare

Su ciascun campione bisogna riportare a) il luogo e la data di prelevamento, b) il nome del vivaio o dell’azienda, c) la specie prelevata con il nome della varietà e il numero di lotto, d) l’età delle piantine o la data di semina, e) eventuali annotazioni sui trattamenti effettuati . 5. Conservazione dei campioni

Ciascun campione di lavoro sarà posto in un sacchetto di plastica nuovo e inviato entro poche ore dal prelievo al laboratorio diagnostico accreditato. Se conservato, il campione deve essere mantenuto a temperatura compresa tra 4 e 10°C, al buio ed utilizzato entro due o tre giorni dal prelievo. 6.Procedura di ibridazione 6.1. Approntamento delle membrane

Usando una matita morbida, dividere un rettangolo di 10 x 20 cm di membrana di Nylon (Amersham Hybond N+ o equivalente) in quadratini di 1 cm di lato. Disegnare un numero sufficiente di quadrati in base al numero dei campioni da applicare e dei controlli negativi (succo di pianta sana) e positivi (preparati dei plasmidi che contengono il frammento che sarà impiegato come sonda nucleica. Preparare in questo modo un numero di membrane almeno pari al numero di virus che si intendono ricercare. Inbibire le membrane preparate con una soluzione di 50 mM NaOH, 2.5 mM EDTA e far asciugare completamente a temperatura ambiente. In queste condizioni le membrane possono essere conservate all’asciutto anche per un mese. 6.2. Preparazione dei campioni

Su un foglio di carta approntare uno schema che riproduca esattamente i quadratini della membrana ed indicare in corrispondenza di ciascuno di essi il numero del campione che vi si intende collocare.

Il campione di lavoro dovrebbe pesare circa 1-1,2 gr e dovrebbe già trovarsi nella bustina di plastica usata per raccoglierlo. Aggiungere 6 ml di una soluzione 50 mM Naoh, 2.5 mM EDTA (preparata fresca) e triturare facendo passare la bustina in una pressa a rulli (va bene anche una comune macchina per stendere la pasta) per 2 volte facendo attenzione a non rompere la bustina.

Accertarsi che il campione sia uniformemente macerato, prelevare 5 microlitri della frazione liquida cercando di evitare frammenti grossolani di tessuto, e depositarli in corrispondenza di un quadratino della membrana secondo l’ordine predisposto Questa operazione va ripetuta su tante membrane differenti per quante sono le repliche dello stesso campione che si intende predisporre

Applicare succo di pianta sano e DNA plasmidico (circa 200 nanogrammi) come controlli. Quando si è completata l’applicazione di tutti i campioni, esporre la membrana per 5 minuti agli UV. A questo punto la membrana può essere usata immediatamente o conservata per diversi mesi a temperatura ambiente fra 2 fogli di carta Whatman (3MM). 6.3. Ibridazione e rivelazione degli ibridi - Inserire la membrana nel tubo del fornetto per ibridazione e aggiungere 150 microlitri di miscela di ibridazione (per esempio DIG easy Hyb ganules della Roche o equivalente) preparata secondo le indicazioni della Ditta produttrice. - Preibridare a 55°C in rotazione per almeno 2 ore.

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Aggiungere 100 nanogrammi di sonda marcata con digossigenina per ogni ml di soluzione (nel caso di ibridazione con sonde multiple la concentrazione di ognuna delle sonde deve essere di 100 nanogrammi per ml di soluzione). - Ibridare a 55°C in rotazione per tutta la notte. - Dopo l’ibridazione, eliminare la soluzione di ibridazione, prendere la membrana con una pinzetta e metterla in un contenitore adatto. Eliminare la sonda non appaiata lavando con 250 ml di 0.1xSSC (20X SSC = 3 M NaCl, 300 mM Na3citrato), 0.1% SDS a 65°C per 30 minuti. Ripetere i lavaggi per 3 volte. Digerire il residuo di sonda non appaiata incubando per 30 minuti a temperatura ambiente in 2xSSC contenente 1 microgrammo/microlitro di RNAsi A in un contenitore utilizzato solo a questo scopo. Al termine, lavare la membrana con 2xSSC. - Rivelare l’ibrido con il DIG luminescent detection kit della Roche seguendo le istruzioni della Ditta produttrice. - Al termine, assorbire l’eccesso di substrato con due fogli di carta Whatman 3MM. Non asciugare completamente la membrana e porla fra 2 fogli di acetato (vanno benissimo fogli lucidi per lavagna luminosa) eliminare eventuali bolle d’aria facendo ruotare sul filtro una pipetta, e chiudere il tutto in una cassetta autoradiografica. - Mettere la cassetta a 37°C per 10 minuti per attivare la fosfatasi alcalina. Esporre, quindi, la membrana contro una lastra autoradiografica(X-ray) a temperatura ambiente per 60 minuti in una cassetta autoradiografica. - Sviluppare la lastra (di solito, conviene riesporre la membrana per tutta la notte)

Appoggiare la lastra sulla membrana per individuare i campioni infetti.

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