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1. Introduzione Tra tarda antichità e alto medioevo si attua un profondo mutamento nel modo di concepire e vive- re il rapporto tra la città, intesa nel suo duplice aspetto di urbs e di civitas 1 , e la destinazione fune- raria degli spazi: l’ingresso delle sepolture nell’abi- tato ne è l’aspetto più clamoroso, e maggiormente in evidenza negli studi recenti 2 , ma il fenomeno è in realtà assai più complesso e articolato, avendo implicazioni non solo topografiche e giuridiche, ma anche - e forse in primo luogo - organizzative, morfologiche, sociali, rituali, oltre che, evidente- mente, religiose. Questi diversi aspetti sono stret- tamente correlati e solo una loro analisi complessi- va, svolta in termini di confronto e integrazione dei singoli dati, può consentirne una corretta valuta- zione. Un’indagine sistematica - anche condotta in un’area definita e sufficientemente omogenea come l’Italia settentrionale - è peraltro resa difficile dai limiti, qualitativi non meno che quantitativi, della documentazione disponibile: mancano spesso scavi di estensione sufficiente a mettere in luce il conte- sto, al di là del recupero di singole emergenze; di molte di queste rimangono imprecisati i parametri cronologici di riferimento; le edizioni dei materiali epigrafici sono nel complesso inadeguate; la cono- scenza stessa dello sviluppo dei quadri urbani nel periodo considerato, per quanto avanzata grazie alle ricerche più recenti, presenta ancora spazi assai ampi di incertezze e di interrogativi 3 . Se non esaurita, l’analisi può tuttavia essere impostata, partendo da una serie di città - nello specifico Aosta, Milano, Brescia, Verona e Aquileia - cui non è improprio attribuire un valore esemplare: da un lato lo stato della documentazione vi è, per varie ragioni e in modi diversi, più favorevole, dall’altro, in considerazione della loro collocazione, della loro dinamica demografica e degli sviluppi urbani, del loro ruolo negli equilibri politici, economici, sociali e religiosi, delle vicende che le hanno coinvolte nell’arco cronologico che qui interessa, esse posso- no costituire un campione significativo dell’intera regione 4 . G.C.W. e C.L. 2. Caratteri distributivi 2.1. Aosta Gli inizi della tarda antichità fanno registrare ad Aosta alcuni mutamenti significativi nella distribuzione delle aree funerarie, che, senza escludere la continuità d’uso delle necropoli svi- luppatesi nel corso dell’età imperiale a margine delle principali vie in uscita dalla città, ne modifi- cano il quadro e la gerarchia 5 . Già tra II e III secolo gruppi di sepolture, anco- ra ad incinerazione, si dispongono in ordine più o meno sparso a ridosso del lato meridionale delle mura, una zona scarsamente sfruttata in prece- denza, probabilmente in ragione del ruolo seconda- rio di questo suburbio nel quadro dei rapporti della città con il territorio; ad esse fanno seguito nel IV- V secolo tombe ad inumazione di varia tipologia; anche nell’area subcollinare a nord della città, occupata da impianti produttivi e residenziali, si localizzano in questo periodo sepolture isolate o a SEPOLTURE E CITTÀ. L’ITALIA SETTENTRIONALE TRA IV E VIII SECOLO Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 89 1 Alcune osservazioni sul valore relativo dei due termini nella tarda antichità e nell’alto medioevo in CANTINO WATAGHIN in c.d.s.a. 2 Per un aggiornamento sul problema e la relativa bibliografia cfr. Le sepolture in contesto urbano 1987; LAMBERT 1994a e 1996; CANTINO WATAGHIN, in c.d.s.a. 3 In questo contesto ci limitiamo a rinviare ad alcuni recenti contributi di sintesi: REBECCHI 1993; CANTINO WATA- GHIN 1992b, 1992c, 1995a e 1996a , con bibliografia di riferi- mento ai singoli siti, e per un quadro più generale WARD PERKINS 1984; PANI ERMINI in c.d.s. 4 Alcuni titoli fondamentali, fra i molti relativi al periodo con - siderato: CRACCO RUGGINI 1984, 1990 e 1996 (1961) e per quanto riguarda più specificamente le vicende religiose LAN- ZONI 1927; PICARD 1988; LIZZI 1989; PIETRI 1982, 1987 e 1992. 5 I dati di scavo più recenti, con esaurienti riferimenti alle sco- perte precedenti, sono riassunti in MOLLO MEZZENA 1982 e 1992; BONNET, PERINETTI 1986; PERINETTI 1989; REY- NAUD, COLARDELLE, JANNET-VALLAT, PERINETTI, PRIVATI 1989.

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1. Introduzione

Tra tarda antichità e alto medioevo si attua unprofondo mutamento nel modo di concepire e vive-re il rapporto tra la città, intesa nel suo dupliceaspetto di u r b s e di c i v i t a s1, e la destinazione fune-raria degli spazi: l’ingresso delle sepolture nell’abi-tato ne è l’aspetto più clamoroso, e maggiormentein evidenza negli studi recenti2, ma il fenomeno è inrealtà assai più complesso e articolato, avendoimplicazioni non solo topografiche e giuridiche, maanche - e forse in primo luogo - organizzative,morfologiche, sociali, rituali, oltre che, evidente-mente, religiose. Questi diversi aspetti sono stret-tamente correlati e solo una loro analisi complessi-va, svolta in termini di confronto e integrazione deisingoli dati, può consentirne una corretta valuta-zione. Un’indagine sistematica - anche condotta inun’area definita e sufficientemente omogenea comel’Italia settentrionale - è peraltro resa difficile dailimiti, qualitativi non meno che quantitativi, delladocumentazione disponibile: mancano spesso scavidi estensione sufficiente a mettere in luce il conte-sto, al di là del recupero di singole emergenze; dimolte di queste rimangono imprecisati i parametricronologici di riferimento; le edizioni dei materialiepigrafici sono nel complesso inadeguate; la cono-scenza stessa dello sviluppo dei quadri urbani nelperiodo considerato, per quanto avanzata graziealle ricerche più recenti, presenta ancora spaziassai ampi di incertezze e di interrogativi3. Se nonesaurita, l’analisi può tuttavia essere impostata,partendo da una serie di città - nello specificoAosta, Milano, Brescia, Verona e Aquileia - cui non

è improprio attribuire un valore esemplare: da unlato lo stato della documentazione vi è, per varieragioni e in modi diversi, più favorevole, dall’altro,in considerazione della loro collocazione, della lorodinamica demografica e degli sviluppi urbani, delloro ruolo negli equilibri politici, economici, socialie religiosi, delle vicende che le hanno coinvoltenell’arco cronologico che qui interessa, esse posso-no costituire un campione significativo dell’interar e g i o n e4.

G.C.W. e C.L.

2. Caratteri distributivi

2.1. AostaGli inizi della tarda antichità fanno registrare

ad Aosta alcuni mutamenti significativi nelladistribuzione delle aree funerarie, che, senzaescludere la continuità d’uso delle necropoli svi-luppatesi nel corso dell’età imperiale a marginedelle principali vie in uscita dalla città, ne modifi-cano il quadro e la gerarchia5.

Già tra II e III secolo gruppi di sepolture, anco-ra ad incinerazione, si dispongono in ordine più omeno sparso a ridosso del lato meridionale dellemura, una zona scarsamente sfruttata in prece-denza, probabilmente in ragione del ruolo seconda-rio di questo suburbio nel quadro dei rapporti dellacittà con il territorio; ad esse fanno seguito nel IV-V secolo tombe ad inumazione di varia tipologia;anche nell’area subcollinare a nord della città,occupata da impianti produttivi e residenziali, silocalizzano in questo periodo sepolture isolate o a

SEPOLTURE E CITTÀ. L’ITALIA SETTENTRIONALE

TRA IV E VIII SECOLO

Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert

Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 89

1 Alcune osservazioni sul valore relativo dei due termini nellatarda antichità e nell’alto medioevo in CANTINO WATAGHINin c.d.s.a.2 Per un aggiornamento sul problema e la relativa bibliografiacfr. Le sepolture in contesto urbano 1987; LAMBERT 1994a e1996; CANTINO WATAGHIN, in c.d.s.a.3 In questo contesto ci limitiamo a rinviare ad alcuni recenticontributi di sintesi: REBECCHI 1993; CANTINO WATA-GHIN 1992b, 1992c, 1995a e 1996a , con bibliografia di riferi-mento ai singoli siti, e per un quadro più generale WARDPERKINS 1984; PANI ERMINI in c.d.s.

4 Alcuni titoli fondamentali, fra i molti relativi al periodo con-siderato: CRACCO RUGGINI 1984, 1990 e 1996 (1961) e perquanto riguarda più specificamente le vicende religiose LAN-ZONI 1927; PICARD 1988; LIZZI 1989; PIETRI 1982, 1987 e1992.5 I dati di scavo più recenti, con esaurienti riferimenti alle sco-perte precedenti, sono riassunti in MOLLO MEZZENA 1982 e1992; BONNET, PERINETTI 1986; PERINETTI 1989; REY-NAUD, COLARDELLE, JANNET-VALLAT, PERINETTI,PRIVATI 1989.

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piccoli nuclei, che prescindono da un preciso riferi-mento ai limiti fisici dell’impianto urbano6.

L’eventuale continuità d’uso della necropoli diI-II secolo a margine della strada per l’Alpis Poeni -na, per quanto probabile, è ancora da accertare: glielementi che la suggeriscono non sono infatti riso-l u t i v i7; lo stesso vale per la necropoli posta adoriente della città, ad una certa distanza dallaPorta Praetoria, oltre il torrente Buthier, dovesono segnalate alcune tombe tardo antiche8; anchela necropoli di Saint-Martin-de-Corléans, situataad ovest, a margine della via per l’Alpis Graia, aduna certa distanza dalla città, sembra essere stataancora utilizzata in età tardo antica, in terminiche, tuttavia, sfuggono per ora ad una precisa defi-n i z i o n e9. La persistenza di destinazione d’usodegli spazi, che si accompagna peraltro a unaprofonda trasformazione delle sue modalità, è

invece evidente nel caso della necropoli fuori PortaDecumana, che in base ai dati attualmente dispo-nibili appare essere stata la più importante edestesa di periodo romano1 0. Formatasi sullo scor-cio del I secolo d.C., sul lato destro della via diret-ta all’Alpis Graia, la necropoli si articola in originein due settori, dei quali quello più interno appareesaurirsi nel corso del IV secolo1 1, mentre quellopiù vicino alla strada viene obliterato sullo scorciodello stesso secolo da un abbassamento artificialedel suolo, su cui si imposta una nuova area cimite-riale. Le componenti più significative ne sono duemausolei affiancati, costruiti forse in tempi suc-cessivi e posti a lato di una cella memoriae , doveuna mensa testimonia della destinazione del vanoai riti funebri12. Non vi sono argomenti per affer-mare che all’origine della ripianificazione dellanecropoli vi siano motivazioni di ordine religioso,

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6 MOLLO MEZZENA 1992, p .275 s.7 PERINETTI 1989, p. 1215 ricorda l’esistenza di una chiesaintitolata a S.Stefano e la presenza di “strutture murarie anti-che”.8 PERINETTI 1989, p. 1217; solo la cronologia delle sepolture(V-VI sec.) sembra qualificarle come cristiane; il toponimo Mar -t o r e y non è di per sé significativo di un culto paleocristiano,potendo scaturire semplicemente dal ritrovamento in etàmedievale di resti di inumati; quanto al titolo della cappellapresente sul luogo (S.Sebastiano e S.Rocco) non è certo indice diparticolare antichità.9 PERINETTI 1989, p. 1221: si tratta di una notizia prelimina-re di uno scavo condotto dalla dott. R.Mollo Mezzena, purtrop-

po assai generica, che non dà ragione della qualifica di “cristia-ne” attribuita alle sepolture tardo antiche, né fornisce partico-lari su un “edificio coevo” che sarebbe stato parzialmente messoin luce; un riferimento a un insediamento rurale in MOLLOMEZZENA, BALISTA, PEYROT 1988, p. 99.10 MOLLO MEZZENA 1982, con bibliografia precedente e rie-pilogo dei dati di scavo; PERINETTI 1989, p. 1221 ss.11 I termini cronologici non sono chiari: in MOLLO MEZZENA1982, p. 320 si dice che i corredi datano l’uso della necropoli trala fine del I e l’inizio del IV sec., mentre in seguito si parla di“tombe ascrivibili alla fine del III e alla prima metà del IV sec.”(ibid., p. 321).12 MOLLO MEZZENA 1982, p. 325.

Fig. 1 - Aosta. Pianta della città (da PERINETTI 1989).

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Fig. 2 - Aosta. Necropoli romana e complesso cimiteriale fuori porta Decumana. Pianta (da MOLLO MEZZENA 1989).

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anche se nella nuova sistemazione la presenza cri-stiana si manifesta in tempi molto prossimi a quel-li della sua attuazione con la costruzione di unapiccola basilica funeraria. I resti individuati nelloscavo del 1938, e allora distrutti per fare posto acostruzioni, appartengono palesemente a più diuna fase, senza che sia possibile delinearne pun-tualmente l’articolazione1 3; l’edificio, di cui non ènota una specifica dedica martiriale e che apparecomunque modesto, sembra essere stato in usofino allo scorcio dell’VIII secolo, quando anche ilcimitero termina la sua funzione; l’abbandono deimausolei è invece relativamente precoce14.

Il complesso cimiteriale di maggior rilevanza,tanto nei confronti della città tardo antica chedegli sviluppi urbani dei secoli successivi, prende

forma nel corso del V secolo nel suburbio orienta-le della città, a margine della strada per E p o r e d i a- e quindi per le diverse mete italiane, da Milano aAquileia a Roma, per non citare che le più impor-tanti - nell’area compresa fra le mura e l’arco diAugusto. Il fulcro dell’area sono la nota chiesacruciforme, messa in luce sotto quella medievaledi San Lorenzo, e una seconda basilica situata adoriente di questa, nota solo dall’abside individua-ta all’esterno di quella medievale della Collegiatadi Sant’Orso1 5. Lo scavo non ha consentito di pre-cisare la cronologia relativa delle due fondazioni:entrambe si collocano nei decenni centrali del Vs e c o l o1 6. La zona sembra aver avuto già in prece-denza destinazione funeraria, anche se l’entità diquesta e i suoi termini cronologici rimangono pro-

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13 La pertinenza delle strutture scavate a più fasi, la più anti-ca delle quali risalirebbe alla fine del IV secolo (BONNET,PERINETTI 1986, p. 51) è evidente dalla planimetria e dallefotografie che documentano lo scavo (CARDUCCI 1941; cfr.anche MOLLO MEZZENA 1982, fig. 54), mentre non èapprofondita in PERINETTI 1989; per una proposta di lettura,avanzata nel 1975 e da verificare alla luce delle attuali piùampie conoscenze sulle strutture cimiteriali tardo antiche, cfr.CANTINO WATAGHIN 1982.1 4 MOLLO MEZZENA 1982, p. 333; PERINETTI 1989, p. 1123.

15 BONNET 1981, 1982 e 1987; BONNET, PERINETTI 1986;PERINETTI 1981, 1986, 1987a, 1987b, 1989, p. 1217 ss. e 1990.1 6 BONNET 1981, p. 26 s. e BONNET, PERINETTI 1986, p.46. La presenza di accessi nei vani a lato del braccio orientaledella chiesa cruciforme, “senz’altro previsti per collegarsi con lavicina chiesa di S.Pietro” (BONNET, PERINETTI 1986, p. 35),sembra suggerire che la fondazione di quest’ultima abbia pre-ceduto quella della chiesa cruciforme, anche se non necessaria-mente di molto.

Fig. 3 - Jean Baptiste De Tiller: pianta della città di Aosta (1730) (da PERINETTI 1989).

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blema aperto1 7; in ogni caso, il suo sviluppo tardoantico non tanto si colloca sulla linea di uno spon-taneo incremento d’uso, quanto piuttosto appareil frutto di una precisa scelta, che con la costruzio-ne della chiesa cruciforme individua inquest’area, alla quale non risulta che la comunitàcristiana fosse legata da particolari memorie, ill o c u s del culto martiriale e delle sepolture vesco-vili. Questo programma, di sicura emanazioneepiscopale, guarda palesemente a Milano come adun modello: prima ancora che la struttura, lachiesa cruciforme replica la posizione della b a s i l i -ca Apostolorum , a lato della via che anche adAosta è quella “romana” ed è segnata da un arcomonumentale ai limiti del suburbio1 8; a fronte diqueste convergenze, non è improponibile l’ipotesiche siano di provenienza milanese anche le reli-quie, intorno alle quali dovette organizzarsi ilculto, e che il mediatore sia stato il vescovo Eusta-sio o forse meglio il suo successore Grato, di cui ènota la presenza a Milano nel 451 in rappresen-tanza del presule, e che venne sepolto in questo

c i m i t e r o1 9.Il numero e la qualità delle tombe presenti

nell’ambito della chiesa cruciforme sono eloquentidel ruolo del suburbio orientale nel quadro dellatopografia cristiana della città2 0. Nel corso dell’altomedioevo esso diventa anche un polo di aggregazio-ne demica - il borgo di S.Orso, attestato come v i c u snella redazione più antica della Vita di S.Orso,attribuita all’VIII-IX secolo2 1 - integrato in unaparticolare trasformazione dell’impianto urbano,che si ristruttura in termini lineari lungo gli assiprincipali della città romana, indipendentementedai limiti costituiti dalle porte urbiche2 2; in questocontesto ben si inquadra la continuità della funzio-ne cimiteriale originaria: a differenza da quantoavviene nel suburbio occidentale, questa si mantie-ne infatti anche dopo l’abbandono degli edificipaleocristiani e la costituzione da un lato della par-rocchia di S.Lorenzo, dall’altro della canonica diS.Orso: il coemeterium S.Laurentii è ricordatoancora nel XVIII secolo e i diritti di sepoltura pres-so la canonica sono garantiti dalle bolle papali che

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1 7 Gli unici elementi ritrovati in situ sono una tomba ad inuma-zione, coperta da un deposito alluvionale e tagliata dalle fonda-zioni della chiesa cruciforme, e una cassa in muratura, copertada una lastra di bardiglio, che, quantunque manomessa, con-servava ancora resti di numerosi individui, e che si supponeessere stata realizzata al momento della costruzione della chie-sa, per ospitare i resti ossei ritrovati nel terreno: BONNET1981, p. 17 s.; sembrano meno significativi i frammenti di iscri-zioni funerarie reimpiegati nella costruzione della chiesa delXVII secolo (FRUTAZ 1979, p. 13 nota 16 e PERINETTI 1989, p.1217), di cui non è sicura la provenienza. Da considerare ancheche la zona è stata coinvolta in esondazioni di rilevante portatadel vicino torrente Buthier, testimoniate dalla stratificazione(C.Balista, in MOLLO MEZZENA, BALISTA, PEYROT 1988, p.69 ss., in particolare p. 73) e di cui è traccia anche nella vita diS.Orso (Vita beati Ursi, 5, in FRUTAZ 1966, p. 164).18 Secondo il Frothingham l’ubicazione dell’arco di Aosta corri-sponderebbe all’incontro della strada che lo sottopassa con lalinea del p o m e r i u m (FROTHINGHAM 1905); l’ipotesi ripresain studi più recenti (cfr. tra gli altri SCAGLIARINI CORLAITA1979, p. 55 ss.), non è senza rilievo in ordine alla situazione giu-ridica della fascia compresa fra l’arco stesso e le mura. Perl’arco sulla via Romana di Milano cfr. CAPORUSSO 1991.1 9 Eustasio è il primo vescovo noto della città, attestato nel 451dalle sottoscrizioni al sinodo milanese, che non indicano le ragio-ni della sua assenza; secondo il Savio (SAVIO 1898, p. 70 ss.) èdifficilmente identificabile con l’E u s t a c h i u s ricordato da Vittriciodi Rouen in relazione alle reliquie ricevute da Milano, o conl ’Eustasius che nel 393 sottoscrive la lettera inviata da Milano aSiricio (per i quali cfr. DUVAL 1977, p. 313). Per quanto riguar-da Grato, cfr. SAVIO 1898, p. 72 ss.; il luogo esatto della suatomba non è conosciuto; il più antico martirologio della Catte-drale (sec.XIII) ricorda che il suo corpo f u i t inventus in monaste -rio sancti Ursi e di qui traslato alla Cattedrale (FRUTAZ 1979, p.25): l’indicazione sembrerebbe escludere l’area della chiesa cru-ciforme, allora occupata da una chiesa a navata unica costruitanell’XI-XII sec. (BONNET, PERINETTI 1986, p. 43 s.) e proba-bilmente già intitolata a S.Lorenzo. L’i n v e n t i o e la traslazionedovettero avere luogo all’inizio del XIII sec., quando l’immaginedi S.Grato compare sui sigilli dei vescovi di Aosta Giacomo (1215)e Bonifacio (1219-1243); è verosimilmente a seguito di questoavvenimento che la lastra tombale di Grato venne riutilizzatanella chiesa dell’hospitalis Maladerie Auguste, costruito nel XIIsecolo; da dove fu poi trasferita alla chiesa parrocchiale di Saint-Christophe, dove si trova attualmente (FRUTAZ 1979, p. 29 s.).

Per quanto riguarda le reliquie, se ne è certa la presenza sindalla fondazione della chiesa cruciforme (BONNET 1981, p. 21),ne manca per contro il ricordo in fonti antiche, né il titolo diS.Lorenzo, di attestazione comunque tarda, è risolutivo del pro-blema (in questo senso invece Mirabella Roberti, nella discussio-ne a seguito di BONNET 1982). Il complesso paleocristiano è cer-tamente da identificare con gli atria o concilia dominorum Sanc -torum martyrum, distinti dalla l o c ie c c l e s i a e situati in un v i c u s,di cui parla la prima redazione della Vita Beati Ursi, attribuitaalla fine dell’VIII o all’inizio del IX secolo (FRUTAZ 1953 e 1966,p. 162 ss.; cfr. anche FRUTAZ 1979, p. 21 ss.), che precisa che ilsanto vi risiedeva ed esercitava il suo ministero (ubi vir Deid e s e r v i e b a t: FRUTAZ 1966, p. 165). La denominazione rinvia aquella ben nota della basilica consacrata da Gaudenzio di Bre-scia sull’inizio del V sec., nonché a quella milanese, variamenteattribuita ad epoca ambrosiana (ROSSETTI 1972) o allo scorciodel V secolo (PICARD 1988, p. 32 s.) e più in generale alla prassidiffusa già dalla fine del IV secolo di deposizioni multiple di reli-quie. Il titolo di S.Pietro, associato più tardi alla collegiata diS.Orso, potrebbe conservare memoria della presenza di reliquieapostoliche, in un nesso anche devozionale con il modello dellabasilica Apostolorum milanese: per il problema delle reliquiedeposte in quest’ultima cfr. DUVAL 1977, p. 420 e nota 188;PICARD 1988, p. 48 ss., che ricorda la tradizione dell’apporto direliquie di Pietro e Paolo da Roma da parte di Simpliciano, l’occa-sionale indicazione della chiesa come S.Pietro nel medioevo e ladedica allo stesso S.Pietro dell’altare principale nel XVII sec.(i b i d ., p. 52, nota 111). Non stupirebbe che nel riassetto medie-vale del complesso aostano il titolo di S.Pietro fosse fatto propriodalla canonica, a scapito della modesta chiesa succeduta allabasilica cruciforme paleocristiana. 20 PERINETTI 1981.21 Cfr. supra, nota 19.22 Mollo Mezzena, in MOLLO MEZZENA, BALISTA, PEYROT1988, p. 98 s.2 3 FRUTAZ 1979, p. 31, nota 48; “Sepulturam quoque ipsiusloci liberam esse decernimus, ut eorum devotioni et extramevoluntati qui se illic sepeliri deliberauerint ... nullus obsistatsalua tamen iustitia illarum ecclesiarum a quibus mortuorumcorpora assumuntur” (bolla di papa Lucio III, a.1184: FRUTAZ1966, p. 242 ss.); per le vicende della canonica di S.Orso, il cuidocumento più antico è del 1032 (FRUTAZ 1953, p. 127), dal1132 retta da una comunità di canonici regolari agostiniani,cfr. (BOSON) 1929 e BRUNOD 1977.

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nel XII secolo ne confermano i privilegi2 3.Le aree suburbane rimangono l’unico riferi-

mento per le sepolture fino alla formazione, sulloscorcio dell’alto medioevo, dei cimiteri urbani; dairisultati degli scavi numerosi e attenti che hannointeressato la città in maniera capillare si deveinfatti concludere che Aosta non è toccata dal feno-meno delle “sepolture urbane”24.

2.2. MilanoDal confronto delle carte di distribuzione delle

necropoli romane e di quelle tardo antiche di Mila-no25 appare chiaro un rapporto simile a quello deli-neato per Aosta: sulla sostanziale continuità topo-grafica delle seconde rispetto alle prime, si innestaun processo di integrazione con nuove aree funera-rie e di rinnovamento del loro reciproco ruolo, incui la cristianizzazione - e più specificamentel’opera del vescovo Ambrogio - si inseriscono comefattori determinanti. Se infatti la costruzione dellabasilica ambrosiana e della basilica Apostolorummonumentalizzano zone a tradizionale destinazio-ne funeraria, è alla fondazione della grande basili-ca cruciforme, dove vennero verosimilmente depo-ste sullo scorcio del IV secolo le reliquie dei marti-ri della Val di Non, intitolata poi dall’alto medioe-vo a S.Simpliciano26, che si deve la formazione diun’importante zona cimiteriale lungo la via perComo - e quindi, attraverso lo Spluga, per la Rena-nia - in un’area non interessata in precedenza dasepolture27. Anche lungo la via per Bergamo, dovesorge, forse in età ambrosiana e comunque primadel 475, la basilica di S.Dionigi, l’uso funerario inetà imperiale non sembra avere particolare rilie-vo, mentre la presenza della memoria del vescovo,morto in esilio poco dopo la metà del IV sec., portaallo sviluppo di un cimitero di importanza nonsecondaria28.

La basilica di S.Eustorgio sorge invece, proba-bilmente come chiesa funeraria e su iniziativa delprimo vescovo di questo nome, attestato fra il 345

e il 348, nell’area di una necropoli formatasi nel IIIsec.29, quando anche altrove - ricordiamo in parti-colare la zona fuori porta Ticinese, dove nel V sec.viene costruita la basilica di S.Lorenzo30 - inizianoad essere attestate tombe al di fuori delle necropo-li in uso precedentemente. Le tormentate vicendelegate alla calata degli Alamanni e poi dei Marco-manni, che vedono Milano al centro di violentiscontri, possono certo aver inciso sulla configura-zione dei suburbi, come è stato supposto, provo-candone un dissesto generalizzato3 1; ma anchealtri fattori, di ordine sociale e culturale, devonoessere all’origine di un fenomeno, che sembracaratterizzato da un progressivo avvicinarsi dellesepolture alle mura e che ancora nei decenni suc-cessivi, apparentemente al di fuori di ogni contin-genza esterna, si manifesta nella ripianificazionedi aree funerarie in uso da lungo tempo. Il recentescavo nella necropoli dell’Università Cattolica neha messo in luce una ristrutturazione radicale,attuata non prima degli inizi del IV secolo, in unquadro dal quale è assente qualunque segno di cri-stianesimo32.

La necropoli si inserisce, come è noto, inquell’ambito del suburbio milanese, attraversatodalla via per V e r c e l l a e, in cui l’occupazione funera-ria appare più consistente, continuativa nel tempo equalificata quanto ad importanza delle sepolture edelle strutture ad esse connesse3 3. Tanto nell’areapiù prossima alle mura che nella zona del recinto diS.Vittore sono attestate sepolture a partire dall’etàaugustea; alle incinerazioni fanno seguito le inuma-zioni, localizzate anche ad una certa distanza dalfronte stradale; a partire dal III secolo è segnalatala presenza di cellae memoriae, in una continuitàd’uso che prosegue nella formazione dei nuclei cimi-teriali cristiani e nella loro monumentalizzazione.La celebrità dei martiri milanesi deposti negli edifi-ci del settore dominato dalla basilica ambrosiana -Nabore, Felice, Vittore, Gervasio e Protasio3 4 - e lapresenza della tomba dello stesso Ambrogio con il

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO94

24 LAMBERT 1994a, allegato 1, p. 21 ss.25 BOLLA 1988, tavv. I e II-V; 1990, 2a.16, p. 467; cfr. ancheSANNAZARO 1997a.2 6 È assai dubbio che il titolo medievale di basilica Virginumsia proprio già della fondazione paleocristiana: per i limitidell’ipotesi, riproposta ancora recentemente senza alcunanuova argomentazione (DI GIROLAMO, HOWES 1997), cfr.PICARD 1988, p. 68. Secondo Picard le reliquie del successoredi Ambrogio alla cattedra episcopale milanese, sepolto dappri-ma nella chiesa dei SS.Nabore e Felice, sarebbero state trasla-te intorno alla metà del VII sec. nella basilica che da lui presenome (PICARD 1988, pp. 46 s. e 619 ss.; per l’itinerario - C o d .vindobonensis 795 - che attesta la sepoltura originaria cfr. allepp. 19 ss.). 2 7 BOLLA 1988, pp.14 e 30; l’affermazione contraria inPICARD 1988, p. 67 (“une zone funéraire païenne ... bien attes -tée par les inscriptions”) dilata gli estremi cronologici del cimi-tero sulla base di epigrafi funerarie di cui non è noto in realtà ilcontesto di provenienza, che non trovano riscontro in ritrova-menti di strutture tombali, per le quali è dunque legittimo il

sospetto di un reimpiego: cfr. BOLLA 1988, p. 14, nota 60; SAN-NAZARO 1996, p. 83 e nota 6; più in generale sul problemadella contestualizzazione del materiale epigrafico milanese cfr.SOLDATI FORCINELLI, ANTICO GALLINA 1979-80.Sull’edificio cfr. LUSUARDI SIENA 1990; DI GIROLAMO,HOWES 1997.28 BOLLA 1988, pp. 13 e 58; LUSUARDI SIENA 1990; sul pro-blema dell’ipotetica traslazione delle reliquie di S.Dionigi dallaCappadocia a Milano cfr. PICARD 1988, p. 608 ss.29 BOLLA 1988, p. 129 s. e 1990; LUSUARDI SIENA 1990, p.115. 3 0 BOLLA 1988, p. 17 s.; CERESA MORI 1985; per la datadella basilica cfr. inoltre ROSSIGNANI 1990.31 TOCCHETTI POLLINI 1982; CAPORUSSO 1991, p. 250.32 SANNAZARO 1997c e SANNAZARO et al. 1997.33 BOLLA 1988, p. 18 ss. e 1990, p. 112. 34 Sui diversi aspetti e problemi delle tombe di questi martiri edel loro culto cfr. PICARD 1988, p. 35 ss. e passim; cfr. inoltreSANNAZARO 1996.

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tempo fanno del cimitero tradizionalmente definitoad martyres uno dei principali della città3 5. Nel Vsecolo tuttavia appare avere rilievo non minorel’area funeraria dominata dalla basilica Apostolo -r u m, presso la quale vengono sepolti quattro deicinque vescovi noti della prima metà del secolo3 6; labasilica sorge in una zona di consolidata tradiziones e p o l c r a l e3 7, anch’essa peraltro interessata dopo idecenni centrali del III secolo da interventi diristrutturazione, tanto più importanti nel momentoin cui viene costruita la via porticata3 8. Un nuovopolo di attrazione per le sepolture privilegiate siaggiunge nei decenni centrali del V secolo con lacostruzione di S.Lorenzo, che sviluppa in chiavemonumentale una necropoli formatasi in età tardoantica, completando il quadro dei grandi cimitericristiani del suburbio milanese3 9.

Non è chiaro quando a questi inizino ad affian-carsi le inumazioni in contesto urbano. Novità aquesto riguardo potranno venire dai lavorinell’area nel battistero di S.Giovanni alle Fonti,ripresi recentemente sotto la guida di S.LusuardiSiena e di cui sono noti per ora solo risultati preli-minari; fra questi appaiono di particolare interessela proposta di identificazione dell’aula triabsidataadiacente il battistero con una basilica funeraria ei primi dati relativi alla sua cronologia, costituitidalla datazione su base archeologica al V-VI secolodegli strati precedenti la sua fondazione4 0; non sihanno invece anticipazioni sui tempi di formazionee d’uso del vasto sepolcreto che si dispone fra que-sta e l’abside della basilica di S.Tecla, non chiaritidagli scavi che lo hanno messo in luce4 1. Al VI-VIIsecolo sono datate le più antiche fra le tombe con-

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3 5 La denominazione moderna è tratta dal passo della lettera del386 di Ambrogio, dove l’indicazione ad martyres è sufficiente adindividuare la meta del suo quotidiano pellegrinaggio, non essen-dovi allora a Milano altre tombe venerate (“... Ego ipse non cottidievel visitandi gratia prodibam vel pergebam ad martyres”: e p . 7 5 a ,15, in C S E L, 82,3, M.ZELZER (a cura di), Vindobonae 1982, p. 91).36 PICARD 1988, p. 48 ss.37 BOLLA 1988, p. 15 ss.38 CAPORUSSO 1991.3 9 Cfr. s u p r a, nota 30. L’ipotesi che la basilica sia stata ungrandioso martyrium di fondazione privata (PICARD 1988, p.61) è quella che meglio si accorda con le caratteristiche e la cro-nologia dell’edificio.40 LUSUARDI SIENA et al. 1997, in part. p. 50 s. e brevemen-te LUSUARDI SIENA 1997b.4 1 Numerose sepolture vennero individuate già nel 1870, in

occasione di lavori di imbrigliamento delle acque di scolo(BIGNAMI 1870); furono quindi indagate dal De Capitani, chele attribuì ad un “sepolcreto medievale” (DE CAPITANI 1952,p. 135 ss.) e nuovamente dal Mirabella Roberti (MIRABELLAROBERTI 1963; 1986; cfr. anche MIRABELLA ROBERTI,PAREDI 1974, p. 12 ss.); parte delle sepolture è in evidenterapporto con i vani adiacenti l’abside della basilica di S.Tecla(DE CAPITANI 1952, fig. 43), ma ciò non risolve il problemadella loro cronologia, presentando anche le fasi strutturalidella chiesa non pochi interrogativi: cfr. per ora LUSUARDISIENA 1990, p. 106 s.; CANTINO WATAGHIN 1995b;LUSUARDI SIENA et al. 1997.4 2 FROVA 1951, p. 50 ss.; DAVID 1982, p. 10 e nota 24; FIORIOTEDONE 1986, p. 408; MIRABELLA ROBERTI 1986, p. 158;LAMBERT 1994a, All. 1, p. 148; le tombe, disposte all’esterno delmuro meridionale della chiesa, vennero scoperte nel 1949: man-cano dati archeologici per la loro datazione, come, del resto, perquella della chiesa: cfr. FIORIO TEDONE 1986, p. 409 s.

Fig. 4 - Milano. Necropoli dell’Università Cattolica, pianta (da SANNAZARO, CATTANEO, RAVEDONI 1997).

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nesse con la chiesa di S.Giovanni in Conca4 2, men-tre le tombe internamente intonacate e dipintemesse in luce nell’ambito della basilica di S.Teclanon sembrano anteriori all’avanzato altom e d i o e v o4 3.

Il ritrovamento in area urbana di sepolture iso-late, o comunque non riferibili ad edifici di culto, èdel tutto eccezionale4 4: dato tanto più significati-vo, considerata la capillarità degli interventiarcheologici effettuati negli anni più recenti45.

2.3. BresciaPur se il proseguimento delle indagini non

cessa di arricchire la documentazione disponibile,lo sviluppo delle aree funerarie bresciane nel pas-saggio dall’antichità all’alto medioevo è già oggiben noto, almeno per certi aspetti, grazie ai nume-rosi e importanti contributi degli scavi più recentie alle riflessioni che li accompagnano46.

Due sole necropoli di età romana sono statelocalizzate, rispettivamente a est della città, lungola via per Verona, e a sud, a margine della via perCremona; è probabile che su questo quadro ridottoincidano fattori occasionali, legati alla casualitàdei ritrovamenti, anche se non è del tutto da esclu-dere un uso funerario limitato o anche assente inaltre parti del suburbio, pur percorse da vie diuscita dalla città, come avviene a Milano nel setto-re settentrionale. È evidente anche qui come con loscorcio del III secolo si formino nuovi nuclei fune-rari. Nella necropoli meridionale le sepolturetardo antiche e poi alto medievali si trovano a norddella zona occupata in età romana4 7 e si sovrap-pongono ai resti di edifici suburbani; sempre a suddella città una piccola necropoli di fine III - inizioIV sec. si colloca appena fuori dalle mura, nell’areadi un vasto edificio pubblico; altre tombe tardoantiche sono presenti nell’area dell’impianto ter-male del Liceo Arnaldo48.

L’uso cristiano delle aree funerarie è testimo-niato prevalentemente dalle fonti, che attestano ladistribuzione, come a Milano abbastanza fram-mentata, delle sepolture vescovili; l’unico inter-vento ricordato esplicitamente è la consacrazionedi una basilica martiriale da parte del vescovoGaudenzio, intorno all’anno 4004 9. Della basilica

Concilium Sanctorum celebrata dal sermone diGaudenzio non è nota l’ubicazione, che solo un’ipo-tesi, ancorché persuasiva, identifica con quelladella chiesa medievale di S.Giovanni Evangeli-s t a5 0. Le tombe dei vescovi attestano la precocepresenza cristiana nella necropoli meridionale,

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO96

4 3 Si tratta di tombe rinvenute all’interno dell’edificio e nell’areadella facciata, a proposito delle quali i dati disponibili sono parti-colarmente lacunosi: cfr. FIORIO TEDONE 1986, p. 414 .44 BOLLA 1988, pp. 68 (R 17) e 125 (R 39B).4 5 Per le pubblicazioni più significative cfr. Milano ritrovata1986; Milano capitale 1990; Scavi MM3 1991; La città e la suamemoria 1997.46 In particolare BROGIOLO 1993 e 1997, con bibliografia pre-cedente.47 BROGIOLO 1993, p. 42, nota 48.48 MARIOTTI 1985 e1990; ROSSI 1990.49 GAUDENTIUS, Tract. 17, De dedicatione basilicae ConciliiSanctorum, ed. A.GLÜCK, CSEL 68, pp. 141-151; per le sepol-ture vescovili cfr. PICARD 1988, p. 218 ss.

50 Per la chiesa, nota dalla seconda metà dell’VIII secolo, e lesue vicende cfr. PANAZZA, DESTER, VIEZZOLI 1975. Il prin-cipale argomento a favore dell’identificazione, suggerita giàdalla lista episcopale, è la sepoltura in S.Giovanni di Gauden-zio, attestata dalla stessa lista nella nota a margine, che tutta-via non sarebbe anteriore al XIV secolo (PICARD 1988, p. 433ss. e in particolare p. 440: la datazione è ripresa dal Gradenigo,Brixia sacra, Brescia 1755); crea invece difficoltà il fatto che lereliquie dell’Evangelista non siano presenti fra quelle ricorda-te da Gaudenzio al momento della consacrazione e che il sitodella chiesa non sembri aver avuto destinazione funeraria inepoca tardo antica. Delle reliquie di S.Gaudenzio si ha notizia apartire dal 1602, ma è possibile che la loro inventio risalga almomento di una delle ricostruzioni che interessarono la chiesa,nel XII e poi ancora nel XV secolo (PICARD 1988, l.cit.; BRO-GIOLO 1993, p. 67).

1- S. Giovanni (Concilium Sanc -torum?).2- S. Agata.3- S. Alessandro.4- S. Lorenzo.5- S. Faustino ad sanguinem.6- S. Apollonio.7- S. Andrea.8- S. Eusebio.9- S. Stefano?10- Complesso episcopale: catte-drale di S. Pietro e S. Maria, bat-tistero di S. Giovanni.11- Monastero dei SS. Cosma eDamiano.

12- Palazzo.13- Terme di via Gasparo.14- Terme del Castello ed edificiopresso la Torre dei Prigionieri.15- Capitolium- casa Pallaveri.16- via Musei 43.17- c.so Magenta 13.18- via Cavour- angolo c.so Magenta.19- via A. Mario.20- p.zza T. Brusato.21- vicolo settentrionale 15/13.22- S. Giulia.23- Ortaglia.24- Porto di via Mantova.

Fig. 5 - Brescia, pianta della città in epoca tardo antica(da BROGIOLO 1997).

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dove venne ritrovata l’epigrafe funeraria di Lati-no, vescovo agli inizi del IV secolo51 e dove, secon-do la lista episcopale, venne sepolto poco dopo lametà del secolo anche Faustino; non è però possi-bile precisare la cronologia, e quindi il rapportocon queste sepolture, della chiesa martiriale diS.Faustino ad sanguinem, ricordata da GregorioMagno, che ne attesta la funzione cimiteriale,della quale non sussistono resti; i vani messi inluce dagli scavi condotti nel 1953 nell’area dellachiesa di S.Afra non hanno infatti alcuna connota-zione cultuale5 2. Altri poli cristiani nel suburbiomeridionale sono suggeriti dalla memoria della

deposizione del vescovo Gaudioso nella chiesa diS.Alessandro, situata al limite settentrionaledella necropoli romana, e del suo successore Opta -tianus, attestato nel 451, in quella di S.Lorenzo, aqualche distanza dalla precedente, verso ovest; leindicazioni della lista episcopale non hanno peròconferme, se non in epoca assai tarda: rimanequindi aperta la possibilità che esse riflettano unasituazione non originaria5 3. Non sembra inveceesservi ragione di dubitare della sepoltura di Fila-strio, morto sullo scorcio del IV secolo, nel subur-bio orientale, dove è ricordata dal vescovo Ram-perto, che nel IX sec. ne promuove la traslazionenella cattedrale dalla chiesa di S.Andrea, dove èc o n s e r v a t a5 4. Nei pressi sono ricordate anche lesepolture dei vescovi Apollonio e Ursicino, prede-cessori di Faustino, e di Rusticiano (fine VI sec.),ma il contesto in cui esse si collocano, e in cuihanno sicuramente parte anche delle traslazioni, èdifficile da puntualizzare, così come il ruolo dellachiesa di S.Apollonio che le ospita, anch’essadistrutta come S.Andrea all’inizio del XVI secolo55.Nella stessa occasione scomparve anche la chiesadi S.Eusebio, sul versante orientale del Castello, anord-est dunque della città, dove è ricordata latomba del vescovo Paolo (I), successore di Gauden-zio, ritrovata nel 149756.

È verosimile che - almeno a grandi linee, esenza necessariamente postulare una sovrapposi-zione puntuale - i cimiteri cristiani del suburbioorientale si pongano su una linea di continuità conl’uso funerario romano della zona, anche se gliinterventi rinascimentali da cui essa è stata inte-ressata escludono la possibilità di una verificaarcheologica. Non hanno invece precedenti le inu-mazioni in area urbana, che iniziano con quella delvescovo Tiziano, sullo scorcio del V sec., depostonon lontano dalla cattedrale, verosimilmente inuna chiesa o cappella pertinente al gruppo episco-pale, che nel IX sec. risulta dedicata ai SS.Cosma eDamiano e inserita in un monastero, che sarebbestato fondato alla fine del VI secolo dal vescovoOnorio57. Ad essa fanno seguito quelle in S.Pietroin Oliveto, che sorgeva presso la porta di S.Euse-bio, sulle pendici orientali del colle Cidneo58, e inS.Stefano in arce, sulla sommità della collina. Quivennero sepolti Dominatore, Paolo (III), Anastasioe Domenico, che ressero la cattedra bresciana

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5 1 L’epigrafe (C I L V, 4846 = I L C V 1038) venne scoperta nel1464, in condizioni che non sono note: l’ubicazione delle tombaresta dunque imprecisata, così come il suo rapporto con lamemoria di S.Faustino (PICARD 1988, p. 222 s.). Per quantoriguarda l’attendibilità della notizia della lista episcopale sullasepoltura del vescovo Faustino cfr. ibid., p. 223 s.52 GREG.MAGN., Dial., 4,54, ed. A.DE VOGUË, SC, 265, Paris1980, pp. 178-181; PICARD 1988, p. 221; CANTINO WATA-GHIN 1990; l’identificazione con vani di una domus è accettatada ultimo anche in BROGIOLO 1993, p. 67.53 PICARD 1988, in particolare p. 231.54 Translatio S.Filastri: AA.SS., Jul., 1, p. 388; per l’identifica-

zione del luogo della sua sepoltura con la chiesa di S.Andreacfr. PICARD 1988, p. 226 ss.; cfr. anche GUERRINI 1954.5 5 PICARD 1988, pp. 224 ss. e 235 s.; le due chiese vennerodemolite nel 1516-17, al momento della realizzazione delle for-tificazioni veneziane: cfr. GUERRINI 1954.56 PICARD 1988, p. 230.57 PICARD 1988, p. 232 s.; BROGIOLO 1993, p. 68.5 8 La lista episcopale ricorda le deposizioni dei vescovi Paolo(II) e Deusdedit, le cui reliquie vennero ritrovate nel 1453 insie-me con quelle di Cipriano (PICARD 1988, p. 233 s.).59 PICARD 1988, p. 236 s.

1- S. Faustino.2- S. Desiderio.3- S. Giovanni Evangelista.4- S. Eufemia.5- S. Remigio.6- S. Salvatore.

7- S. Pietro.8- Xenodochio di Peresindo.9- Xenodochio di S. Giulia.10- Acquedotto presso casa Pallaveri.11- Mulini di S. Giulia.12- Curia ducis.

A tratteggio l’area orientale della città ridotta a coltura.

Fig. 6 - Brescia, pianta della città in età longobarda(da BROGIOLO 1997).

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nella prima metà del VII sec.5 9. L’identificazionedi S.Stefano con l’edificio scavato a più riprese apartire dal 1874 sulla sommità del colle non èovvia e del resto la stessa interpretazione e la cro-nologia, relativa e assoluta, delle strutture messein luce pongono degli interrogativi6 0. Questi nonincidono tuttavia sul significato particolare dellesepolture vescovili: la posizione in altura, domi-nante sulla città, e il contesto fortificato appaionoprevalenti su eventuali spinte di carattere devo-zionale, nella prospettiva verosimile di un’affer-mazione di potere61. Appare difficilmente casualeche queste scelte siano contemporanee allo svilup-po di sepolcreti urbani, associati ad abitazioni onell’ambito di edifici pubblici abbandonati come ilteatro, localizzati comunque nel settore orientaledella città, dove si suppone essere la corte regialongobarda: caratteristiche delle sepolture, posi-zione e dati antropologici concordano nel suggerirela loro attribuzione a elementi longobardi e/o ser-vili62. Tra VI e VII secolo si moltiplicano anche lesepolture isolate, mentre alcune, localizzate neipressi del gruppo episcopale, ma probabilmentepiù recenti, trovano forse nella cattedrale il lororiferimento63.

2.4. VeronaLa relazione delle aree funerarie tardo antiche

con quelle romane non è del tutto evidente, dalmomento che le seconde sono note solo in modoframmentario, ora da ritrovamenti occasionali,ora da indagini, per lo più parziali, condottenell’ambito di contesti monumentali paleocristianio presunti tali6 4: se la continuità delle necropoliprincipali, disposte a ovest e a est della città aimargini della via Postumia e della diramazioneper Brescia, appare fuori discussione, ne sfuggonotuttavia le modalità, così come mancano altri ele-menti, al caso di discontinuità, con i quali comple-tare un quadro che, in queste condizioni, non può

che considerarsi riduttivo.Nella zona della vasta necropoli ad ovest della

città, sviluppata a nord della via Emilia Gallicadiretta a Brescia, è documentata nel IV sec. la pre-senza di recinti funerari fra loro ortogonali, cheancora sulla fine del V-inizio VI secolo sembranodeterminare l’orientamento della modesta chiesache precede la basilica romanica di S.Procolo6 5.Rimangono da precisare i termini del rapporto fraquesta fondazione e il culto del vescovo, che ressela cattedra veronese nella prima metà del IV seco-l o6 6; la sua cronologia lascia comunque supporreche la sepoltura di Procolo si inserisca nel quadrodi un uso indifferenziato della necropoli da partedi cristiani non meno che di pagani. Nel suo ambi-to trovano comunque posto negli anni successivianche le tombe dei vescovi Gricino e Agapito, sco-perte nel 1492 insieme con quella di S.Procolo67, eforse quella di Zeno; su quest’ultima una memoriadovette essere eretta assai presto, se nella primametà del V secolo un sermone di Petronio - di Vero-na o forse di Bologna - ne può celebrare il rifaci-mento68; sullo scorcio del secolo successivo l’edifi-cio è il teatro di un miracolo - la protezione deifedeli dalle acque dell’Adige straripato - il cui svol-gimento ha portato parte degli studiosi a metterein dubbio la sua localizzazione sul sito della basili-ca romanica, identificandolo piuttosto con i restiantichi che sarebbero stati visti nel XVIII secolopresso la chiesa di S.Zenetto in Oratorio69. Questaseconda ipotesi porterebbe a individuare un secon-do polo cristiano nel suburbio occidentale dellacittà, in una zona più prossima all’abitato, ma giàinteressata dall’occupazione funeraria romana alato della via Postumia.

Soltanto la dedica della chiesa, ricordata allafine dell’VIII sec., giustifica per ora l’attribuzionead epoca paleocristiana della fondazione deiSS.Apostoli, che costituirebbe un ulteriore nucleofunerario immediatamente a ridosso del settore

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO98

6 0 Per le diverse ipotesi cfr. PANAZZA 1959; BREDA 1988 e1990; BROGIOLO 1993, p. 68 ss.6 1 Sul problema delle chiese funerarie su alture cfr. PICARD1988, p. 340 s. Nell’incertezza sulla identificazione della chiesa,non è chiaro quale ruolo possa avere avuto nella sua fondazio-ne la volontà di esaugurazione di un luogo sacro pagano: è notoche sul colle Cidneo esisteva già dall’età preromana un santua-rio, rinnovato e ingrandito in età imperiale, quando divenneprobabilmente il tempio del Genio della colonia (BROGIOLO1993, p. 68 s. e sul problema specifico dell’esaugurazione CAN-TINO WATAGHIN in c.d.s.b).62 BROGIOLO 1993, p. 86 ss. e da ultimo, più specificamente,BROGIOLO 1997.63 Anche per questo cfr. BROGIOLO 1997.64 FRANZONI 1975; CAVALIERI MANASSE 1987.6 5 I resti dell’edificio sono stati messi in luce da scavi recenti(cfr. HUDSON 1988), che hanno anche consentito di precisarela cronologia della fondazione, riportata a data più antica dallatradizione che la identificava con la prima cattedrale veronese(cfr. per tutti SIMEONI 1953, p. 11 ss.; MOR 1964, II, p. 21;ZOVATTO 1964, II, p. 488; VIOLANTE, FONSECA 1965, p.

332; sul problema specifico dell’ubicazione della cattedrale cfr.CANTINO WATAGHIN 1989a, p. 203 ss.). Per la necropoliromana cfr. FRANZONI 1965, p. 54 ss.6 6 Cfr. per questo LANZONI 1927, pp. 919 ss. e da ultimoPICARD 1988, p. 259 s. e 676 s.67 Per la inventio, che mise in luce anche le spoglie di Eupre-prio, primo vescovo della città, e per le legittime riserve alriguardo cfr. PICARD 1988, p. 260 e nota 28.68 MORIN 1897, p. 4 e LANZONI 1927, p. 932 s.; per l’attribu-zione al vescovo di Bologna, di poco più recente del suo omoni-mo veronese, cfr. TRUZZI 1985, p. 95 ss. e PICARD 1988, p.261. 6 9 Per le diverse argomentazioni del dibattito, che risale alXVIII secolo, cfr. FIORIO TEDONE 1989, p. 128. 70 La menzione più antica della chiesa è nel Versus de Verona,per il quale cfr. da ultimo PICARD 1988, p. 515 ss.; il titoloviene tradizionalmente ricollegato a quello delle basiliche Apo -s t o l o r u m, fondate in Italia settentrionale sullo scorcio del IV-inizio V secolo (FIORIO TEDONE 1989, p. 124 ss.), sulla sciadella basilica ambrosiana milanese e di quella di Concordia,per le quali cfr. DUVAL 1977 e PICARD 1988, p. 272 ss.

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occidentale delle mura7 0. Non è invece accertatauna presenza cristiana nel contesto della necropo-li romana orientale, anche se ne è documentatol’uso nel IV secolo, quando essa si estende sull’areadi una villa suburbana abbandonata e distrutta71;del sarcofago a porte di città reimpiegato nellacripta di S.Giovanni in Valle non è infatti nota laprovenienza, né l’edificio, cui non sono legatememorie antiche della chiesa veronese, conservatracce evidenti di periodo paleocristiano72.

È verosimilmente di formazione tardo antica,

ma forse non anteriore al V secolo, l’area cimite-riale di S.Stefano, ai piedi del versante settentrio-nale del colle del Castello, sulla riva sinistradell’Adige, assai prossima al Ponte Pietra; qui èricordata la sepoltura del vescovo Petronio, che daalcuni si ritiene, pur con le dovute riserve, possaessere stato il fondatore della chiesa, nella suaforma di monumentale basilica cruciforme o inaltra più modesta, se la prima, in contrasto con lacronologia tradizionale, dovesse essere riportataal VI secolo73. È comunque certo che già nel V seco-

Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 99

71 FRANZONI 1975, p. 48, n. 6; CAVALIERI MANASSE 1987,p. 50; FIORIO TEDONE 1989, p. 296, nota 30.72 ZOVATTO 1960, p. 596 s.; CANOVA DAL ZIO 1987, p. 176s.; FIORIO TEDONE 1989, p. 114.7 3 Così TESSARI 1957, mentre sostiene una datazione dellabasilica cruciforme al V secolo VERZONE 1942, p. 20 ss.; perl’ipotesi di una fondazione da parte di Petronio cfr. PICARD1988, p. 297 s. e FIORIO TEDONE 1989, p. 121. Per l’areafuneraria cfr. FRANZONI 1975, p. 41 ss.; un indice di una sua

maggiore antichità sarebbe la sepoltura di Simplicio, terzovescovo di Verona nei primi decenni del IV secolo, se fossecerto che la sua presenza, ricordata da un’iscrizione dell’XI-XII secolo (per la quale cfr. PIGHI 1972, p. 89 ss. e per la cro-nologia PICARD 1981, p. 459), non è il frutto di una traslazio-ne: cfr. PICARD 1988, p. 265 s. Anche S.Stefano, come S.Pro-colo, è stata a lungo ritenuta cattedrale paleocristiana: cosìancora ZOVATTO 1964, p. 488; MOR 1964, p. 21 e MARCHI-NI 1984, p. 1 ss.

Fig. 7 - Verona, pianta della città (da CANTINO WATAGHIN 1989).

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lo il cimitero ha notevole importanza, dal momen-to che accanto alle tombe dei vescovi - tra V e VIsecolo vi sono deposti molti dei successori di Petro-nio - è documentata la tomba del patrizio Marcia-no, morto nel 4727 4. L’area cimiteriale, in sensoproprio extraurbana, si segnala per la sua conti-guità all’abitato, sia pure ad una parte di essooccupata da edifici quali il teatro e il santuariodelle divinità egizie, di cui è assai dubbia se nonesclusa la funzionalità nel momento in cui l’areastessa prende forma75.

Un carattere marcato di eccezionalità hannonel secondo quarto del VI secolo le sepolture deivescovi Valente (531) e Verecondo sul colle delCastello, all’interno del c a s t r u m, dove forse pro-prio in quegli anni viene costruita, sul podio di untempio pagano, la chiesa di S.Pietro 7 6. Con unanticipo di circa un secolo, si ripropone la situazio-ne già osservata a Brescia per le tombe vescovilisul Colle Cidneo; il nesso delle sepolture episcopa-li con la sede del potere è reso in questo caso piùesplicito dalla presenza nel castrum del palazzo diTeoderico77. Nei secoli successivi la chiesa è il ful-cro di un cimitero di un certo rilievo, in cui sonopresenti anche tombe internamente dipinte78.

Con il VII sec. diventano frequenti le sepolturein area urbana, sia isolate e riferite allora preva-lentemente ad elementi longobardi79, che inseritenel contesto della chiesa episcopale: nel presbite-rio della grande basilica che nel V secolo si sosti-tuisce all’edificio consacrato da Zenone si collocanoalcune tombe - la più antica forse già sullo scorciodel VI secolo - che rappresentano probabilmente laparte maggiormente privilegiata di un gruppo piùampio, che si sviluppa in seguito in un vero e pro-

prio sepolcreto80.2.5. AquileiaAnche ad Aquileia uno studio sistematico delle

aree funerarie e in particolare dei loro esiti in etàtardo antica non è senza problemi, legati alla qua-lità più che non all’entità della documentazione, insé non trascurabile, ma spesso non utilizzabile inmaniera adeguata per la mancanza dei dati di con-testo sui diversi ritrovamenti, a partire da quellie p i g r a f i c i8 1. L’indagine è resa più complessa daltotale silenzio delle fonti sulle sepolture episcopalie dalle questioni irrisolte sulla vicenda urbanadopo il IV secolo82.

Soprattutto questi ultimi indicano nella necro-poli della Beligna l’area funeraria a più evidentecontinuità d’uso dall’età romana alla tarda anti-chità. La zona a sud di Aquileia, a margine dellavia per la costa, lontana circa due chilometri dallacittà e caratterizzata dalla presenza di un dosso,relativamente protetto dagli impaludamenti, forseproprio per questa ragione è sede di quella cheappare la più importante necropoli romana. Alletombe e ai recinti funerari si affiancano edificisacri, non noti direttamente ma testimoniati dallatradizione epigrafica e dallo stesso toponimo, con-cordemente ricondotto alla memoria del culto diB e l e n u s8 3. A partire dal periodo costantiniano visono presenti sepolture cristiane e in un momentovariamente stimato fra IV e V secolo vi vienecostruita una monumentale basilica, in connessio-ne con la quale l’uso del cimitero dovette prosegui-re ben oltre la data del 423, relativa solo all’ultimaiscrizione datata8 4. In verosimile relazione conl’occupazione funeraria dell’area e con il cultomartiriale che la connota, qualunque esso sia

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO100

74 FRANZONI 1975, p. 58, n. 28; insieme a questa è ricordatal’epigrafe greca del medico cristiano Pietro, morto nel 511.75 La tradizione secondo la quale la chiesa di S.Stefano sareb-be sorta sulle rovine dell’Iseo-Serapeo non ha reale fondamen-to; molto più concreti gli indizi a favore di un’ubicazione delsantuario sulla collina, come coronamento del complesso tea-trale: cfr. BOLLA 1997 e infra, nota 76.7 6 La chiesa è menzionata per la prima volta in documenti dellafine VIII- inizio IX secolo, che ne ricordano il restauro (PICARD1988, p. 286 e nota 50 e FIORIO TEDONE 1989, p. 119 ss.). I pro-blemi del rapporto della chiesa con il tempio, che sembra in uso“almeno fino al III sec.” (BOLLA 1997, p. 360), senza tuttavia chesi abbiano dati sicuri sulla sua distruzione, apparentementeintenzionale, e dell’identificazione di quest’ultimo sono riassuntiin CANTINO WATAGHIN in c.d.s.b. Per la data della morte diValente cfr. C I L V, 3896; quella di Verecondo è invece controver-sa, derivando da un’iscrizione riportata dall’Ughelli, di cui èdiscussa l’autenticità (LANZONI 1927, p. 933 e PICARD 1988, p.286, nota 51): 523, secondo PICARD 1988, l . c i t .; 533, secondoFIORIO TEDONE 1989, p. 120, dove, correggendo la lista epi-scopale, viene indicato come successore di Valente.77 LUSUARDI SIENA 1984, p. 523 s.; LA ROCCA 1986, p. 80 s.e nota 37; alla nota 36 la sintesi del problema della datazionedelle mura del castrum.78 FIORIO TEDONE 1989, p. 121.79 LA ROCCA 1986.80 FIORIO TEDONE 1987, p. 65 s. e 1989, p. 132.

81 Per le iscrizioni il riferimento principale rimane a CIL V e aifascicoli delle Inscriptiones Italiae; per specifici problemi cfr.CUSCITO 1972; PANCIERA 1975; MAZZOLENI 1982 e 1986;CAILLET 1993.Per un riepilogo dei ritrovamenti cfr. ancora lesintesi di BRUSIN, ZOVATTO 1957; BERTACCHI 1980; cfr.anche PIUSSI 1978. Delle necropoli sono stati ampiamentestudiati i monumenti funerari (fra i contributi recenti cfr.REUSSER 1985; SENA CHIESA 1986; CANCIANI 1987;DENTI 1991; GHEDINI 1992), con un’attenzione assai ridottaagli aspetti topografici; per questi cfr. alcuni contributi recenti:JÄGGI 1990; BUORA 1992, con importanti anticipazioni suirisultati delle coperture aeree eseguite nel 1990, che hannointeressato anche la cintura suburbana della città. 8 2 Cfr. PICARD 1988, p. 253 ss.; CANTINO WATAGHIN1992a; CRACCO RUGGINI 1992.8 3 BRUSIN, ZOVATTO 1957, p. 235; cfr. anche CALDERINI1930, pp. CXXIX ss. e 431 ss.; BRUSIN 1967; BUORA 1979 eper i culti attestati nella zona CIL, V, 739, 740, 742, 744, 746,747, 752.84 CIL, V, 1623. La datazione della basilica alla fine del IV-ini-zio del V secolo è sostenuta da BERTACCHI 1961-62 e ancora1980, p. 245 ss. sulla base dei caratteri stilistici dei mosaicipavimentali, e con riferimento alle epigrafi, da PANCIERA1975, pp. 223 e 232, ed è accolta dalla maggior parte degli stu-diosi: cfr. da ultimo CAILLET 1993, p. 156 ss., con ampia biblio-grafia; una cronologia al V secolo inoltrato, già affermata dalBrusin (BRUSIN, ZOVATTO 1957, p. 231 ss.) è stata ripropo-sta con nuovi argomenti in CANTINO WATAGHIN 1989b.

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stato, si pone il monastero alto medievale diS . M a r t i n o8 5, mentre una presenza longobarda èattestata da sporadici rinvenimenti al limite occi-dentale dell’area cimiteriale e dal toponimo

“Farella”, a quello sud orientale8 6.Sullo scorcio della prima metà del V secolo

viene costruita un’importante basilica anche nelsobborgo di Monastero; la presenza di alcune sepol-ture nel nartece ne indica l’uso funerario; rimaneperò da definire la consistenza e la fisionomia, non-ché l’orizzonte cronologico, del cimitero che dovreb-be esserle associato - noto solo da ritrovamenti spo-radici - e che dovrebbe comunque essere di forma-zione tardo antica. La chiesa si inserisce nel quar-tiere suburbano a nord-est della città, che in etàromana ha una connotazione residenziale, verosi-milmente collegata all’attività portuale, che nonsembra del tutto interrompersi in età tardo antica;non mancano peraltro edifici abbandonati,nell’ambito dei quali si installano sepolture8 7.

Altre aree cimiteriali tardo antiche, in appa-rente continuità con necropoli romane, sono invecelocalizzate presso le chiese di S.Felice e S.Giovan-ni in Foro, rispettivamente a sud-est e a sud-ovestdella città, mentre è meno evidente che il cimiteropertinente alla chiesa di S.Stefano, a nord dellacittà, si sia formato già in epoca tardo antica8 8.Con la sola eccezione di quella della Beligna, tuttele aree cimiteriali paleocristiane di Aquileia si col-locano in immediata prossimità della cinta mura-ria tardo antica, mentre vengono abbandonate lenecropoli romane poste a qualche distanza dallacittà89.

Se non sembra verificata la precoce presenza disepolture isolate in area urbana segnalata in pas-s a t o9 0, risale verosimilmente già al V secolo ladestinazione funeraria di spazi importantinell’ambito del gruppo episcopale. La situazione,messa in luce nel corso degli scavi compiuti fra gliultimi anni del secolo scorso e i primi di questo, è

Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 101

8 5 Sulla destinazione della basilica mancano fonti esplicite; per ilproblema cfr. CANTINO WATAGHIN 1989b, dove viene avanza-ta l’ipotesi che si tratti di un m a r t y r i u m in onore dei SS. Fortuna-to e Ermacora, considerata plausibile in CAILLET 1993, p. 145: gliargomenti considerati sono la monumentalità dell’edificio e il suorapporto con il principale cimitero cristiano della città, altrettanticollegamenti con un culto importante; l’epigrafe sopra ricordata,del sacerdos Amantius, dove si parla di geminis ducibus sacra con -sortia partecipare, dunque di una sepoltura presso le tombe (o reli-quie) di due santi; della dedica ai SS.Martino ed Ermacora del vici-no monastero, per il quale cfr. PASCHINI 1960; BUORA 1979; perla sua cronologia cfr. anche CANTINO WATAGHIN 1989b, p. 89.8 6 BUORA 1979, c. 462 e 1992, p. 77.8 7 Già attribuita alla fine del IV secolo (BERTACCHI 1965), labasilica viene ora datata verso la metà del V sulla base di misura-zioni del radiocarbonio: BERTACCHI 1980, p. 239 s.; cfr. ancheCANTINO WATAGHIN 1989b, p. 82; BUORA 1992, p. 79; CAIL-LET 1993, p. 158 ss. L’assoluta mancanza di dati di stratigrafia,purtroppo non inconsueta ad Aquileia nel contesto di scavi nonrecenti, impedisce un raccordo meno che generico fra le sepolturee le fasi strutturali dell’edificio, d’altronde interpretate in manieranon univoca (BERTACCHI 1965 e 1980; TAVANO 1977, p. 203 ss.e 1986, pp. 244 e 255; BUORA 1992, p. 79); le opinioni divergonoanche in ordine alla possibilità che la chiesa abbia svolto, accantoa quella funeraria, anche una funzione di centro di cura d’animenei confronti della comunità orientale di Aquileia, vistosamentepresente nelle dediche dei pavimenti musivi: per opposte valuta-zioni cfr. PIETRI 1982, p. 133 s. e CAILLET 1993, p. 191. Per ilmonastero, attestato a partire dall’XI sec. cfr. SCALON 1983;

HAERTEL 1983. Da un sito imprecisato della zona di Monasteroprovengono anche materiali goti: BIERBRAUER 1974, p. 255 ss.Sepolture nell’ambito di edifici abbandonati sono segnalate anchein altri punti del suburbio aquileiese (BUORA 1992, p. 80 s.); nelcaso della villa delle Marignane, sembra trattarsi di un vero e pro-prio cimitero, di consistenza, peraltro, e cronologia imprecisate(LOPREATO 1987, p. 138 s.: “... in epoca tarda ... la sua area fuinvasa da sepolture terragne oppure da inumati in anfore ...”; lesepolture in anfore rimandano comunque ad un orizzonte tardoa n t i c o ) .8 8 Della scomparsa chiesa di S.Felice (per la quale cfr. PASCHINI1958 e VIGI FIOR 1981), oggetto in anni passati di scavi non anco-ra pubblicati (CUSCITO 1986, p. 14, nota 35), si conosce assaipoco, al di là della presenza di epigrafi musive, testimonianzaesplicita di sepolture ad sanctos, non anteriori peraltro al V secolo(C I L, V, 1619, 1678, 1698, 1936: cfr. CUSCITO 1974-75, c.644 e1992, p. 57 ss.; CAILLET 1993, p a s s i m). La presenza di t i t u l ipagani, recuperati in passato nel pavimento della chiesa di S.Feli-ce, potrebbe in realtà essere dovuta a reimpieghi di materiali didiversa provenienza (CANTINO WATAGHIN 1989, p. 86 s., nota39). Per S.Giovanni in Foro cfr. BERTACCHI 1980, p. 263 e VIGIFIOR 1988. Per quanto riguarda S.Stefano, per le cui vicende cfr.PASCHINI 1939, l’ipotesi di una sua origine paleocristiana è inBRUSIN, ZOVATTO 1957, p. 368, ed è accolta in FÉVRIER 1981,p. 191 ss. e BUORA 1992, p. 77, dove si segnala peraltro la mag-giore consistenza delle attestazioni di pieno periodo medievale.8 9 Cfr. BUORA 1992, fig. 1 a p. 789 0 FÉVRIER 1981, p. 196, allude forse alle tombe presso S.Gio-vanni in Foro.

Fig. 8 - Aquileia, basilica patriarcale, pianta (da LANCKORONSKI 1906).

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nota solo da una planimetria semplificata pubbli-cata dal Lanckoronski e dalla descrizione delloscavo redatta dal Niemann, entrambe inadeguateper una valutazione puntuale9 1. Ne appare comun-que chiara la presenza di un numero rilevante disepolture nel portico antistante le basiliche post-teodoriane, nell’atrio fra quella meridionale e ilbattistero, nell’area infine di quella settentrionale.Alcune tombe erano già state ritrovate nel XVIIIsecolo a ridosso della zona presbiteriale della basi-lica meridionale, costituite da sarcofagi romanireimpiegati, contenenti frammenti di reliquiari inavorio e monete di IV sec., nelle quali si ritenne fos-sero sepolti i vescovi del tempo9 2. La tipologia delletombe segnalate dal Niemann - sarcofagi in pietra,tombe a cassa laterizia, cappuccine - rimandaalmeno in parte ad età tardo antica, mentre gliaccenni a materiali di corredo suggerisconoun’attività del cimitero in periodo alto medievale,

al quale possono attribuirsi anche alcuni dei sarco-fagi, a forma trapezoidale, collocati nel porticoantistante la basilica meridionale. Sono termini diriferimento troppo vaghi per consentire di precisa-re il rapporto del cimitero con le strutture del grup-po episcopale, sulle vicende delle quali, d’altronde,la critica non è concorde. È ovvio che esso convivecon la basilica post-teodoriana meridionale, chepuò averne rappresentato un importante referen-te, anche se forse non l’unico; è possibile infatti chealla basilica settentrionale, distrutta da un incen-dio, attribuito in genere all’invasione attilana,abbia fatto seguito un edificio di dimensioni mino-ri, nel quale quindi potrebbero inserirsi le sepoltu-re presenti in quella zona9 3. Si tratta comunque dicaso assai precoce, e per ora privo di sicuri confron-ti, di un cimitero associato alla chiesa episcopale,in un momento, inoltre, in cui sono ancora piena-mente attivi i cimiteri suburbani9 4.

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO102

91 Niemann, in LANCKORONSKI 1906, p. 22 s.; le tavole sonoripubblicate in BERTACCHI 1980.92 Niemann, in LANCKORONSKI 1906, p. 36, nota 2. Il ritro-vamento avvenne sotto l’altare della cappella di S.Ilario, dovevenne in seguito messo in luce un lembo di suolo a mosaico, con-testuale a quello della basilica, per il quale cfr. TAVANO 1986,p. 176 e 205.9 3 CANTINO WATAGHIN 1996b, p. 118 s.: l’ipotesi, già pro-

spettata in termini molto vaghi dal Brusin (BRUSIN 1934, p.187 s.), nasce dal ritrovamento di colonne di dimensioni minoririspetto a quelle di cui rimangono tracce sui plinti conservati ins i t u fra la navata centrale e quelle laterali, ma maggiori diquelle presumibili per eventuali arredi liturgici, di cui peraltrola basilica non conserva traccia (Niemann, in LANCKORON-SKI 1906, p. 27 s.).94 Cfr. anche infra, nota 102.

Fig. 9 - Aquileia, area antistante la basilica patriarcale ebattistero, pianta dello scavo ( da LA N C K O R O N S K I 1 9 0 6 ) .

Fig. 10 - Aquileia, area a nord della basilica patriarcale ecampanile, pianta dello scavo ( da LA N C K O R O N S K I 1 9 0 6 ) .

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2.6. OsservazioniA quanto finora esposto, possono seguire alcu-

ne considerazioni, che, lontane dal volersi propor-re come conclusive, intendono essere altrettantispunti di ulteriore approfondimento sul tema delrapporto fra sepolture e centri urbani fra tardaantichità e alto medioevo.

Entro l’orizzonte compreso fra IV e VIII secolo,che vede l’affermarsi del cimitero cittadino sullanecropoli suburbana dell’antichità, le città presein esame offrono un quadro per molti versi diversi-ficato, dove spiccano peraltro alcune costanti, lapiù significativa delle quali è la mobilità dellenecropoli. Essa si manifesta da un lato, nel III-IVsecolo, con l’attenuarsi del potere di aggregazionedi quelle tradizionalmente in uso nella media etàimperiale, che, anche se non abbandonate, vengo-no a confrontarsi con nuove aree funerarie, spessodi consistenza ridotta e di uso limitato nel tempo,e con le non così occasionali sepolture isolate;dall’altro, nel periodo successivo, con il moltipli-carsi dei nuclei cristiani, facenti capo a distintiluoghi di culto e con la loro convivenza con scelteche prescindono da questi referenti.

Agli inizi della tarda antichità si determinanoindubbiamente fattori esterni di interferenza conla topografia delle necropoli romane, costituitidalla devastazione di molti suburbi a seguito delleinvasioni barbariche e dalla costruzione dellemura, là dove queste rappresentano una innova-zione tardo antica, o dal ripristino della loro fun-zionalità difensiva, quando vengono recuperati gliimpianti più antichi. Ciò può comportare la distru-zione programmata di aree funerarie, per creare aridosso delle fortificazioni un’area libera, indispen-sabile alla loro funzionalità; questo fatto, che spie-ga la frequenza del reimpiego nelle mura di cintadi materiali architettonici provenienti da monu-menti funebri, rappresenta un ulteriore elementodi rottura degli equilibri tradizionali, tanto sotto ilprofilo pratico che nelle prospettive mentali: men-tre l’intangibilità delle aree funerarie viene messa,di fatto, pesantemente in discussione, il panoramaurbano risulta radicalmente ridisegnato9 5.

Anche altri fattori concorrono tuttavia a modi-ficare il quadro tradizionale, dal momento che imedesimi fenomeni sono evidenti anche in conte-sti non toccati da vicende traumatiche o comunquedirompenti96. Un ruolo determinante hanno vero-similmente le trasformazioni, in atto fra IV e VIIIsecolo, del tessuto sociale e delle forme tradiziona-li di aggregazione: esse introducono una pluralitàdi comportamenti, dove la valenza privata delle

scelte e le specificità locali sembrano prevalenti eche sfuggono pertanto a una rigida classificazione.È illuminante in questo senso la distribuzioneframmentata delle sepolture vescovili, che proval’instabilità dei rapporti di importanza relativa frale diverse aree funerarie, la difficoltà quindi di sta-bilirne una gerarchia se non entro ambiti cronolo-gici assai ristretti, e che sembra tanto maggiore làdove le dinamiche di sviluppo sono più complesse ea r t i c o l a t e9 7; per altro è significativo verso il con-fronto fra le diverse evoluzioni che presentano duecentri dalla vicenda storica così differenziata comeBrescia e Aosta, fortemente innovativa la prima,secondo parametri più ancorati alla tradizione laseconda.

Fra III e IV secolo le aree funerarie di nuovaformazione o anche i piccoli nuclei isolati di sepol-ture denotano una tendenza ad avvicinarsi al peri-metro della città, per inserirsi poi nell’abitato; ciònon esclude la continuità di necropoli più lontane -quella della Beligna ad Aquileia, ad Aosta quellapiù occidentale, per non citare che due casi fraquelli sopra considerati - ed è quindi difficile rite-nerlo effetto esclusivo del fattore distanza e dellesue implicazioni pratiche, quali la facilità di acces-so o la sicurezza. Sembra piuttosto riflettere undiverso modo di intendere il rapporto fra insedia-mento e necropoli, dove si perde la percezione dellerispettive specificità. È una vicenda complessa diridestinazione funzionale e di progressiva integra-zione degli spazi, che si svolge sull’arco della tardaantichità e va ovviamente letta alla luce delle piùgenerali trasformazioni dei quadri urbani, e nellaquale la cristianizzazione ha un ruolo rilevante,pur senza esserne l’unico o il primo motore. La for-mazione di nuove aree cimiteriali non può infatticonsiderarsi indotta dalla cristianizzazione, dalmomento che le tombe cristiane, a partire da quel-le del clero, si collocano ancora nel IV secolonell’ambito di necropoli pagane9 8; tuttavia lo svi-luppo del culto martiriale e la diffusione della pra-tica dell’inumazione ad sanctos99, nonché quello diun rituale cristiano della sepoltura, introduconovariabili significative in ordine alla dislocazione ealla struttura dei cimiteri, alle loro modalità d’uso,al rapporto fra paesaggio urbano e suburbano.

Rinviando alle pagine di C.Lambert per l’analisidegli aspetti rituali, ricordiamo qui che in unaregione come l’Italia settentrionale, povera di mar-tiri e quindi di tombe venerate, referenti della devo-zione e delle sepolture ad sanctos sono più e primache altrove reliquie trasferite da una localitàa l l ’ a l t r a1 0 0. I criteri in base ai quali le reliquie ven-

Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 103

9 5 Cfr. CANTINO WATAGHIN 1992c, 1995a e 1996a, condiscussione dei problemi relativi alle fortificazioni tardo anti-che e bibliografia di riferimento.96 Per ulteriore documentazione rinviamo a CANTINO WATA-GHIN in c.d.s.a.97 La documentazione completa è in PICARD 1988.9 8 Per un quadro generale del “campione” vescovile cfr.

PICARD 1988, e più in generale FASOLA, FIOCCHI NICOLAI1989.99 Sul problema, oltre ai contributi ormai “classici”, di BROWN1981, FONTAINE 1982, PIETRI 1984, cfr. DUVAL 1988a,1988b e 1991; ZANGARA 1990; PICARD 1992.1 0 0 Anche su questo argomento la miglior sintesi della docu-mentazione è offerta da PICARD 1988.

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gono distribuite e acquisite non sono schematizza-bili, ma in termini generali - e al di là della valenzadevozionale del fenomeno - si inquadrano in unchiaro processo di “conquista cristiana dello spazioe del tempo”, di cui è esempio emblematico il pro-gramma ambrosiano per Milano1 0 1. La costruzionee la gestione delle basiliche cimiteriali e martirialicomporta comunque la riorganizzazione degli spazifunerari, di cui esse diventano il fulcro1 0 2, e la loromonumentalizzazione in termini affatto nuovi: lecelebrazioni religiose ne fanno spazi di vita comuni-taria complementari a quelli urbani, dimensioni,complessità architettonica, ricchezza di arredi degliedifici di culto sono eguali se non superiori a quelledelle chiese urbane. In questa prospettiva unadescrizione della topografia funeraria non può esse-re condotta solo in termini di i n t r a/extra urbem; èverosimile che l’ingresso delle tombe in “città” rap-presenti un problema maggiore per la criticamoderna di quanto sia stato per i contemporanei,dal momento che il termine di confronto per la loca-lizzazione delle sepolture non sembrano esseretanto un concetto giuridico di “città”, astratto e pro-babilmente superato a livello di comune consapevo-lezza, quanto piuttosto, di volta in volta, realtà piùattuali, quali disponibilità di spazio, presenza direliquie venerate, particolare pregnanza del sito nelcontesto politico e sociale. Secondo ogni verosimi-glianza, è la presenza di reliquie importanti chedetermina la formazione precoce del cimiteronell’ambito del gruppo episcopale di Aquileia1 0 3,mentre altrove, come a Brescia, è la disponibilità disuolo pubblico, facilmente accessibile a determinatigruppi sociali, a consentire l’installarsi di cimiteriin area urbana; ancora a Brescia o a Verona all’ori-gine delle sepolture dei vescovi nell’ambito delc a s t r u m appare esservi un particolare rapportodell’episcopato con il potere, mentre quellenell’ambito della cattedrale, ricostruibili per altrisiti, sembrano sottintendere una particolare affer-mazione del ruolo episcopale, che anticipa la prassialto medievale1 0 4.

G.C.W.

3. Organizzazione spaziale e gestione dellenecropoli

L’aspetto organizzativo delle necropoli dell’Ita-lia settentrionale in età compresa tra IV e VIIIsecolo risulta, allo stato attuale delle ricerche,assai difficile da definire. In merito alla distribu-zione delle sepolture nell’ambito degli spazi adesse destinati si sono infatti riscontrati, da un lato,il silenzio delle fonti di carattere giuridico e lette-rario, dall’altro, una notevole carenza di datiarcheologici.

Per quanto attiene alle prescrizioni di legge,una serie di studi puntuali consente di rilevarel’assenza di una normativa specifica, che perduradall’età repubblicana sino alla fine dell’anti-chità105. Privi di un legame esplicito con le realtàmateriali, i termini giuridici di locus purus, r e sr e l i g i o s a e di zone a d i e c t a e indicano rispettiva-mente un luogo in cui non si è mai seppellito; laqualità acquisita da un luogo all’atto della deposi-zione di resti umani, incinerati o inumati; unazona di una certa ampiezza, compresa entro i limi-ti del f u n d u s destinato ad uso sepolcrale, dovepotevano sorgere edicole e giardini. Quest’ultima èun’area “neutra”, in un certo senso consacrata, mache non per questo assumeva il carattere di locusr e l i g i o s u s. La sola condizione giuridica posta perla creazione di un sepolcro è data dal legittimo pos-sesso del terreno destinato a tale scopo106.

Tra l’età imperiale e quella tardo antica nonsono rilevabili differenze apprezzabili nella nor-mativa, che non ha ricevuto modifiche essenzialineppure da parte dei compilatori del Corpus Iurisgiustinianeo. Anche sotto questo aspetto la legisla-zione in materia funeraria appare segnata dacaratteri di un certo conservatorismo, ben eviden-ti nelle notissime prescrizioni, ribadite dall’etàrepubblicana a quella tardo imperiale, che si limi-tano a vietare il seppellimento in urbe107 e a rego-lamentare, entro una sfera che appartiene deltutto al diritto privato, l’inviolabilità dei sepolcriin quanto res religiosae ed extra commercium108.

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO104

101 In generale sul tema della “conquista cristiana dello spazioe del tempo” cfr. PERRIN 1995. Sui contenuti “programmatici”delle iniziative ambrosiane in materia di fondazioni di edifici diculto cfr. CAGIANO DE AZEVEDO 1963; KRAUTHEIMER1987, in particolare p. 121 ss.; MONFRIN 1991; LUSUARDISIENA 1997a; SANNAZARO 1996 e 1997b. L’argomento èstato anche oggetto di un intervento al Congresso Internazio-nale di Studi Ambrosiani, tenutosi a Milano (4-11 aprile 1997)nel XVI centenario della morte di S.Ambrogio (G.CANTINOWATAGHIN, Sull’ipotesi di un modello ambrosiano per la cri -stianità tardoantica: il contributo delle fonti archeologiche ) .Una forse troppo puntuale lettura in chiave “politica”, nel sensodi un confronto fra il potere e l’immagine della chiesa edell’impero, è stata proposta per la costruzione della b a s i l i c aApostolorum sulla via Romana, monumentalizzata poco primadalla realizzazione del porticato e dell’arco (CAPORUSSO1991, p. 257), e per la deposizione delle reliquie dei martiriNabore e Felice, traslati da Lodi verosimilmente al tempo delvescovo Materno, nel cimitero fuori porta Vercellina, nei pressidunque del circo e del palazzo imperiale (SANNAZARO 1996 e

1997b). È un problema sul quale sarà opportuno ritornare inaltra sede.102 PICARD 1988, p. 722: “À la nécropole <linéaire>, du Haut-Empire, disposée le long des voies, succède una nécropole<ramassée>, centrée sur un sanctuaire”. 103 Per la loro possibile identificazione con le reliquie apostoli-che, di cui il sermone di Cromazio per la dedica della basilica diConcordia (CCSL, IX, a cura di R.ETAIX e J.LEMARIÉ, 1974,XXVI, p. 119 s.) attesta la presenza ad Aquileia sullo scorcio delIV secolo, cfr. CANTINO WATAGHIN 1996b, p. 119.104 Sulle sepolture nelle cattedrali cfr. LAMBERT 1994a, p. 54ss. e CANTINO WATAGHIN in c.d.s.a.105 MANY 1904; DE VISSCHER 1963; LONGO 1964.1 0 6 LONGO 1964, pp.137-144 e 1964a, pp.342-352; TESTA1990, pp.77-78; DUCOS 1995, pp.135-144.1 0 7 Per una presentazione dei testi giuridici e della relativabibliografia cfr. LAMBERT 1994a e 1997, pp.285-288.108 DUCOS 1995, pp.138-141.

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La documentazione archeologica sull’estensio-ne e le fasi di utilizzo delle aree funerarie antichedell’Italia settentrionale consente di individuare,d’altro canto, solo le linee generiche di uno svilup-po che sembra escludere, almeno inizialmente,qualsiasi attribuzione di un carattere gerarchicoagli spazi: anche qui, come in tutto il mondo roma-no, le tombe vengono disposte ai margini delleprincipali arterie stradali, secondo un ordine pro-gressivo - probabile, ma non ricostruibile - legatoalla disponibilità e al valore commerciale dei lottidi terreno acquistabili da singoli privati o da cor-porazioni, entro i limiti della parcellizzazione edella destinazione d’uso del territorio suburbano.

Ad Aosta, la necropoli fuori porta Decumana,in uso tra il I e l’VIII secolo con un campione nume-ricamente significativo di individui, è l’unica per laquale si conoscono dati diacronici sull’articolazio-ne interna e su una vera e propria ripianificazione,avvenuta nel corso del IV secolo, che sembra con-notarla come l’area cimiteriale di maggior presti-gio della città, verosimilmente ad uso di laici1 0 9.Non è tuttavia documentato a partire da quando,se, e in quale misura, il clero cittadino sia interve-nuto nella sua organizzazione spaziale e in quelladel culto legato alla piccola basilica che vi venneprecocemente impiantata.

A titolo di confronto, i risultati dei recenti scavidella necropoli milanese rinvenuta nei cortilidell’Università Cattolica orientano, del resto,verso una gestione privata di tale vasta area fune-raria, che non ha restituito prove di un’adesione alcristianesimo da parte dei suoi fruitori neppurenelle fasi più tarde, coeve o successive all’episco-pato ambrosiano110.

Questa assenza di programmazione e di con-trollo delle aree funerarie sembra perdurare finoalle soglie della tarda antichità111, quando la posi-zione di tombe venerate o comunque privilegiatedetermina il fenomeno di attrazione di altre sepol-ture112. Sia nel caso in cui si tratti di individui di

particolare prestigio sotto il profilo del carismareligioso - per i quali, come è noto, si suole parlaredi inumazioni ad sanctos1 1 3 - sia che si tratti diesponenti del potere laico, tale pratica introduceuna gerarchia “concettuale” degli spazi funerari,che ne comporta una qualche forma di organizza-zione114. Fuori d’Italia, questa è provata archeolo-gicamente per un certo numero di cimiteri legatiall’ambito territoriale urbano, nonché ad areesepolcrali rurali di epoca più tarda115. Malgrado lemaggiori lacune della documentazione, non è daescludere a priori anche per le città dell’Italia set-tentrionale, come sembrerebbero provare i datirelativi ad Aosta e quelli emersi di recente dal cita-to scavo della necropoli milanese presso la sededell’Università Cattolica116.

In merito agli aspetti pratici della gestionedelle necropoli, le fonti scritte non risultano parti-colarmente illuminanti: sono citati talora deic u s t o d e s o un a b b a s laico preposti alla custodiadegli edifici che conservano tombe venerate,senza, tuttavia, che le loro prerogative venganos p e c i f i c a t e1 1 7. È il caso, a titolo di esempio,d e l l ’a e d i t u u s del santuario imolese di S.Cassianoricordato da Prudenzio: il poeta sostiene semplice-mente di aver appreso da lui le vicende del marti-rio e le virtù del Santo118.

I riferimenti relativi all’età tardo antica, rariquanto generici, lasciano dunque aperta la que-stione se a personale laico fosse assegnato un ruoloassimilabile a quello dei fossores - ben documenta-ti in ambito romano per il periodo paleocristiano119

- e se i membri del clero si siano riservati il dirittodi regolamentare solo i difficili casi di sepoltureall’interno degli edifici di culto, formalmente inter-detti dai canoni conciliari e ripresi sino alle sogliedell’alto medioevo120. Per questo aspetto può esse-re significativo il capitolo LIIII del IV libro dei Dia-loghi di Gregorio Magno, che narra un episodio chesarebbe avvenuto a Brescia nell’ultimo quarto delVI secolo. A prescindere dalla veridicità storica

Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 105

109 Per la descrizione della necropoli fuori porta Decumana e labibliografia relativa, cfr. supra, CANTINO WATAGHIN; indi-cazioni sulle altre necropoli - meno rappresentative per l’argo-mento qui trattato - in MOLLO MEZZENA 1987, pp.31-33;PERINETTI 1987a, pp.121-124.1 1 0 SANNAZARO, CATTANEO, RAVEDONI 1997, pp.120-129.111 TOYNBEE 1971, p.74.1 1 2 L’inhumation privilegiée 1986; L. PIETRI 1986, pp.133-142.1 1 3 KÖTTING 1965; Y.DUVAL 1988b e 1991; PICARD 1992,pp.21-33.1 1 4 Per un inquadramento generale della situazione di Roma(che va aggiornato con i contributi più recenti su situazioni pun-tuali), cfr. FASOLA, FIOCCHI NICOLAI 1989, pp.1153-1205.115 Un’ampia casistica relativa al territorio francese e svizzeroè fornita in L’inhumation privilegiée 1986; cfr. inoltre YOUNG,PÉRIN 1991, pp.94-121 e, per la sola Francia, le sezioni dedi-cate agli edifici funerari nelle schede dei due volumi Les pre -miers monuments chrétiens de la France 1995-1996.

116 cfr. supra, n.110.117 Custodi di santuari o chiese cimiteriali sono frequentemen-te citati nelle fonti letterarie; per l’ambito italico si vedano, atitolo di esempio, PRUDENTIUS, Peristephanon liber ,M . L A V A R E N N E (a cura di), Paris, 1951; G R E G O R I U SMAGNUS, Dialogi, lib.IV, capp.LIII-LIIII-LV-LVI, SC, 265,A.de VOGUÈ (a cura di), Paris 1980, pp.178-185.1 1 8 PRUDENTIUS, Passio Sancti Cassiani Forocorneliensis,Peristephanon, hymnus IX, M.LAVARENNE (a cura di), Paris,1951, pp.112-115; LAMBERT 1994b, pp.39-44.119 GUYON 1986, pp.313-315 e a p.478, n.44, con ampia biblio-grafia. Una dedica funeraria a dei “crestianis fossoribus” checompare su una lapide conservata a Caraglio - Forum Germa (---) - (CIL V 891), viene considerata dalla più recente critica unfalso settecentesco (MENNELLA, COCCOLUTO 1995, pp.158-159).1 2 0 Concilio di Braga, a.563, canone XVIII (HEFELE,LECLERCQ 1909, p.180); sinodo di Auxerre, a.578 (?), canoneXIV (Concilia Galliae , A.511 - A.695, Corpus Christianorum,series latina, C. de CLERCQ (a cura di), Turnholti 1963, p.267.

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dell’intero testo - la cui natura essenzialmente edi-ficatoria ne rende dubitabili almeno alcune parti -il racconto sembra attestare alcune realtà interes-santi: da un lato l’autorità specifica di un vescovoper autorizzare l’inumazione di un personaggioparticolarmente potente all’interno della chiesasuburbana del martire Faustino, dall’altro unruolo non marginale di un c u s t o s quale possibilegestore del luogo di culto e mediatore tra i laici edil potere ecclesiastico. Se nella narrazione è l’epi -s c o p u s che risulta responsabile in prima personadi una sepoltura indegna all’interno del santuario,è infatti al custode che Faustino compare in sognoperché solleciti la rimozione del corpo, ritenutoindegno, del patricius Valerianus121.

Sotto il profilo archeologico, i termini del pro-blema risultano più chiari per quanto riguarda labasilica cruciforme di St.Laurent di Aosta122, fon-data nella prima metà del V secolo per custodireimportanti reliquie e, al contempo, per divenirechiesa funeraria privilegiata per le sepolturevescovili: ne sono testimonianza le iscrizioni sepol-crali dei vescovi Grato (post a.470) e Gallo (a.546),che antiche notizie ragionevolmente attendibilifanno provenire dall’area della chiesa poi dedicataa St.Laurent123, e in particolare il sarcofago mono-litico in pietra ollare del vescovo Agnello, rinvenu-to in situ nella basilica e sigillato da una lastrainscritta che ne data il decesso all’anno 528124. Lacontinuità delle sepolture di ecclesiastici è confer-mata anche da un calice ed una patena in peltroprovenienti da una tomba datata al IX-XI seco-lo125. Se mancano le fonti letterarie per provare lemodalità degli interventi episcopali, in questo casole risultanze di scavo rendono indubitabile che legerarchie ecclesiastiche abbiano esercitato un

diretto controllo su questa importante area fune-raria126.

Differente è il caso di Milano, dove l’iniziati-va del vescovo Ambrogio per valorizzare il cultodei martiri e riqualificare in termini cristiani lepreesistenti aree cimiteriali è documentata daisuoi stessi scritti: l’edificazione di luoghi di cultoe l’ampliamento degli spazi per seppellire i fede-li rientrano nel ristretto novero delle attività perle quali egli ritiene lecito alienare alcuni benimobili della Chiesa1 2 7. La traduzione materialedi tali intendimenti organizzativi sui cimiterimilanesi sfugge tuttavia all’evidenza archeologi-ca: localizzate con certezza sul piano topografico,le necropoli sulle quali sarebbe intervenutoAmbrogio sono, di fatto, poco conosciute nellaloro estensione e nelle loro caratteristiche, inquanto oggetto di indagini ormai lontane neltempo, quando minore era l’attenzione verso lamolteplicità e la complessità dei dati potenzial-mente ricavabili dalle sepolture128.

Articolata si presenta la situazione di Bre-scia, dove alla generica localizzazione delle areecimiteriali suburbane romane e tardo antiche siè aggiunta, in anni recenti, l’individuazione dialcuni nuclei di sepolture legate a contesti abita-tivi di età longobarda pienamente inseriti entrola città antica129. Più numerose che altrove sonoinoltre le fonti relative alle deposizioni vescovili,che a partire dalla fine del V secolo sarebberostate praticate con un certa regolarità all’internodelle antiche mura 1 3 0. Anche in questo casomanca tuttavia qualsiasi indicazione testuale oarcheologica circa gli aspetti organizzativi dellearee sepolcrali: la stessa casistica delle tombe diindividui laici connesse alle abitazioni dell’area

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO106

1 2 1 GREGORIUS MAGNUS, D i a l o g i, lib.IV, cap.LIIII, SC,265, A.de VOGUÈ (a cura di), Paris 1980, pp.178-181: “ (...). (...)mihi testatus est Valerianum patricium in ciuitate quae Brixiadicitur fuisse defunctum. Cui eiusdem ciuitatis episcopus,accepto pretio, locum in ecclesia praebuit, in quo sepeliri debuis -set (...). 2. Eadem uero nocte qua sepultus est, beatus Faustinusmartyr, in cuius ecclesia corpus illius fuerat humatum, custodisuo apparuit, dicens: <<Vade, et dic episcopo, proiciat hinc foe -tentes carnes quas hic posuit, quia si non fecerit, die trigesimoipse morietur>>. Quam uisionem custos episcopo timuit confite -ri, et rursum admonitus declinauit. Die autem trigesimo eiu -sdem ciuitatis episcopus (...) subita morte defunctus est”.122 BONNET 1981, pp.11-46; PERINETTI 1981, pp.47-92; cfr.inoltre CANTINO WATAGHIN supra.123 CIL V, 2, 6859; InscrIt XI, regio XI, fasc. I, Augusta Praeto -r i a, P.BAROCELLI (a cura di), p.15. Testi e commento sonoripresi in FRUTAZ 1966, pp.8-9; 14; 289-290.124 Per la tomba del vescovo Agnello (T 322) cfr. PERINETTI1981, pp.52-53 e 1986, pp.143-156.125 Il calice e la patena citati provengono dalla T 248; oggettianaloghi, di età medievale, sono stati rinvenuti anche nellachiesa di S.Orso (PERINETTI 1981, p.60 e 1990, pp.227; 246).1 2 6 Tombe vescovili compaiono nell’ambito della cattedrale e dellesue adiacenze solo nel pieno medioevo: da sepolture datate tra XIe XIII secolo provengono un pastorale in legno, tre anelli vescovilied un ricciolo di pastorale in bronzo dorato e smaltato (BONNET,

PERINETTI 1986, pp.31-32 e PERINETTI 1990, p.227). Le tombedi XI secolo sarebbero le prime attestate all’interno della città(BONNET, PERINETTI 1986, p.31 e PERINETTI 1987a, p. 383;cfr. inoltre LAMBERT 1994a e 1996, pp.32-33).127 AMBROSIUS, De Officiis, 2, 242, M.TESTARD (a cura di),Paris 1984; il passo è citato in relazione alle necropoli milanesiin SANNAZARO 1997a, p.110. L’iniziativa ambrosiana per lavalorizzazione delle aree cimiteriali in funzione di un potenzia-mento del culto dei martiri sembra porsi sulla stessa linea degliinterventi promossi a Roma da papa Damaso, per i quali cfr.FERRUA 1942; CAGIANO de AZEVEDO 1963, p.59; CAR-LETTI, FERRUA 1985; FEVRIER, GUYON 1992.1 2 8 Per le necropoli di età romana e tardo antica cfr. BOLLA1988 e 1990; SANNAZARO 1997a, pp.110-113 e 1997b, pp.114-115; la presenza di sepolture urbane è stata accertatanell’ambito del gruppo episcopale (DE CAPITANI D’ARZAGO1952, pp.92-93; 102; 135-138; MIRABELLA ROBERTI, PARE-DI 1974, pp.12-23 e MIRABELLA ROBERTI 1986, pp.159; 161)e in relazione alla chiesa di S.Giovanni in Conca (FROVA 1951,pp.50-54; DAVID 1982; FIORIO TEDONE 1986, pp.408-410).1 2 9 ROSSI 1990, pp.153-154; MARIOTTI 1990, pp.155-156;BROGIOLO, CUNI 1989, pp.145-158; BROGIOLO 1993,pp.94-95 e 1997, pp.413-424.130 PICARD 1988, p.232; BROGIOLO 1993, pp.65; 68 e 1997,pp.413-414; 416-417; cfr. inoltre CANTINO WATAGHINsupra.

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di S.Giulia - particolare e limitata sotto il profilodella rappresentatività numerica - e di quelle delteatro sembra legata ad una disposizione sponta-nea delle inumazioni, condizionate, al massimo,dall’orientamento degli edifici o di altre preesi-stenze131.

Un discorso sull’organizzazione delle aree fune-rarie è ugualmente improponibile per V e r o n a,dove le necropoli antiche sono note in modo fram-mentario e talora limitato al rinvenimento di sin-gole sepolture 1 3 2; non precisabile l’estensione deicimiteri sviluppatisi in relazione alla basilica Apo -s t o l o r u m e a quella di S.Stefano. Diverso, anche sei dati sono generici, sembra il caso della chiesa diS.Procolo, le cui origini vengono datate alla fine delV - inizi del VI secolo e che sembra essersi adatta-ta agli allineamenti di recinti funerari risalenti aduna prima fase d’uso di una necropoli romano-cri-stiana, attribuita al IV - V secolo1 3 3.

La presenza di sepolture urbane, per contro, èattestata da numerosi ritrovamenti di inumazioniisolate di età longobarda, cui si affiancano le piùtarde tombe associate alla chiesa “B” del gruppoepiscopale. Nel primo caso si tratta di rinvenimen-ti “in aree di proprietà pubblica, sia di età romana,sia di età altomedievale” 1 3 4; la loro presenzaall’interno della cinta muraria non sembra quindiattribuibile all’abbandono totale di alcuni settoridella città, quanto piuttosto ad un recupero a finicimiteriali di aree che, proprio per il loro caratterepubblico, erano rimaste esenti da un precedentesviluppo dell’edilizia privata135. Le sepolture asso-ciate al gruppo episcopale, cui è stato attribuito ilcarattere di sepolcreto, compaiono in età bizanti-no-longobarda e si dispongono lungo un ampioarco cronologico, occupando, apparentemente,tutte le aree disponibili. Il nucleo più antico, data-bile agli inizi del VII secolo, è rappresentato da tretombe rinvenute nel presbiterio della chiesa “B” eal suo esterno, tra l’abside e il muro di testata dellanavata sinistra1 3 6. La posizione delle due inuma-zioni interne - l’una sotto l’arco trionfale, l’altraforse presso la solea - ne assicura un carattere diprivilegio; ad esse si sovrappose un secondo livellodi deposizioni, due delle quali internamente into-nacate e dipinte, che, per quanto databili solo intermini di cronologia relativa, sembrano riferibiliall’edificio di culto dedicato ai SS.Giorgio e Zeno,attestato a partire dall’anno 813 come esistente

nell’area già occupata dalle chiesa “A” e “B”; non èdel tutto esclusa, tuttavia, una loro pertinenzaalla più tarda chiesa romanica di S.Elena137.

4. Riti e religiosità

A partire dal IV sec. le fonti archeologiche nonlasciano dubbi circa il particolare favore godutodalla pratica delle sepolture ad sanctos; i testi con-temporanei, o di poco posteriori, non illuminanotuttavia circa il suo reale significato: prendendoatto delle richieste dei fedeli di essere tumulatipresso i corpi dei martiri, tra fine IV ed inizi Vsecolo Agostino e, alla fine del VI secolo, GregorioMagno insistono sull’utilità esclusiva della pre-ghiera ai fini della salvezza dell’anima. Essi si con-trappongono, quali voci isolate, alla credenza cherisulta piuttosto diffusa - stando alle indicazioniche si evincono dalle numerosissime epigrafi - chela virtus che emana dal corpo santo possa trasmet-tersi in qualche modo alle inumazioni vicine138.

In progresso di tempo tale pratica fu vista comeun mezzo per riscattare i peccati di una vita disso-luta, senza escludere che la deposizione presso icorpi dei martiri sia apparsa, marginalmente,anche come un efficace deterrente alla violazionedelle tombe139. I fedeli, pertanto, cercavano per laloro sepoltura i santuari che custodivano delle reli-quie particolarmente venerate e, malgrado i divie-ti, questa pratica divenne così comune che nel IXsec. il vescovo Teodulfo di Orlèans si lamentava divedere le chiese trasformate in veri e propri cimi-teri140.

L’esame della legislazione canonica e dellaprassi evidenzia come nel passaggio dall’età tardoantica all’alto medioevo si siano manifestate duetendenze opposte: quella del clero, volta a ridurreil numero delle sepolture all’interno degli edifici diculto, e quella dei fedeli, interessati a moltiplicar-le. Per la Chiesa l’inumazione ad sanctos, presso lereliquie dei corpi santi e dei martiri, doveva resta-re un privilegio, suprema ricompensa di una vitadi pietà e di carità esemplari; i laici, per contro,cercavano di ottenere il diritto di essere inumatinelle chiese, e di trasmettere tale diritto ai loroeredi, attraverso fondazioni, donazioni e legati141.Questa contrapposizione durerà almeno fino allesoglie dell’VIII secolo, quando le trasformazioni

Gisella Cantino Wataghin, Chiara Lambert 107

131 BROGIOLO, CUNI 1988, pp.145-150; BROGIOLO 1993 e1997, pp.417-418.132 FIORIO TEDONE 1989, pp.112-117.133 FIORIO TEDONE 1989, pp.102-103; 112-117; 119-127.134 LA ROCCA 1989, p.100.135 LA ROCCA 1986, pp.37-53 e 1989, pp.100-104.136 FIORIO TEDONE 1987, pp.65-66.137 FIORIO TEDONE 1987, pp.69; 73.1 3 8 DUVAL Y. 1988, part. pp.V-XI; per una sintesi sul tema,

con fonti e bibliografia principale, cfr. inoltre PICARD 1987,pp.38-39 e 1992, pp.21-33.139 ARIES 1977(1985), p.33; PICARD 1992, p.14; TREFFORT1996b, pp.131-132.140 Per il testo di Teodulfo di Orléans, riportato testualmente ein traduzione francese, cfr. da ultimo TREFFORT 1996a,pp.60-61 e n.21.1 4 1 TIMBAL 1977, pp.23-24; LORCIN 1993, pp.143-156;TREFFORT 1996b, pp.183-184; sotto diversa angolazione, econ riferimento specifico all’ambito longobardo, il tema èaffrontato in LA ROCCA 1997, pp.31-54.

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della mentalità, iniziate da tempo, si manifestanoormai in forma aperta anche a livello di tratta-mento dei corpi, di forme di deposizione e di tipolo-gie delle tombe142.

Da quel momento la Chiesa - recuperando iconcetti espressi da Agostino e ripresi da GregorioMagno - avoca a sé il diritto di garantire l’accom-pagnamento sacramentale del defunto, ma ribadi-sce che è compito del fedele laico occuparsi dellepratiche del seppellimento, nel quadro di quella“officiosa pietas” che, se non giova direttamente aldefunto, fa acquisire meriti al vivo e lo stimola allapreghiera di suffragio: la sola che possa giovarealla salvezza dell’anima del trapassato e su cui,secoli prima, i due Padri della Chiesa avevanoposto l’accento con chiara fermezza143.

Per quanto riguarda la regolamentazione uffi-ciale delle pratiche funerarie, nei testi le primeindicazioni si hanno solo con l’alto medioevo: aseguito della Riforma carolingia, la Chiesa si assu-me progressivamente il ruolo di garante di unacorretta attuazione dei riti di trapasso, attraversoil processo che gli storici hanno definito, ormai datempo, di “cristianizzazione della morte”144.

In un recente studio sulla genesi del cimiterocristiano letta attraverso le fonti relative ai riti diaccompagnamento per i defunti è stato ipotizzatoche questo processo di “appropriazione dellamorte” da parte della Chiesa sia avvenuto, almenonell’area compresa tra Loira e Rodano, soprattuttoper influenza di alcuni membri del clero irlandese:sottolineando le nozioni di peccato e colpevolezzadell’uomo, essi avrebbero reso progressivamenteindispensabile una serie di “azioni” volte a purifi-care l’anima del morente e garantirgli la salvezzaeterna. Si sarebbe così passati da una gestionepuramente privata del momento del trapasso,

segnata dai riti tradizionali del lutto familiare,alla codificazione dei riti canonici di accompagna-mento verso l’ultima dimora, che prevedevano lasomministrazione dei sacramenti dell’Eucarestia,dell’Unzione dei malati, della Penitenza e dellaConfessione, inizialmente destinati ai soli vivi145.

È questa una chiave di lettura di notevole inte-resse, che andrà verificata anche per altre areedella geografia antica, tenendo presente che essaforse non esaurisce appieno la complessità delletrasformazioni che nel periodo considerato siattuano in materia funeraria a livello di prescri-zioni canoniche, mentalità comune e prassi146.

È forse entro tale prospettiva di rivalutazionedella preghiera che si colloca il passaggio dallatomba come monumento esteriormente visibile - ilm o n u m e n t u m degli antichi inteso come suggeri-mento per la memoria dei vivi nei confronti deidefunti - alla tomba esteriormente più povera1 4 7.Un segno di umiltà che, talvolta, non è privo dicontraddizioni: non più o non sempre individuatain superficie da segnacoli particolari, la tomba pri-vilegiata viene spesso dotata, all’interno, di ele-menti che possano riflettere non soltanto ed esclu-sivamente il rango sociale, ma anche i meritiacquisiti in vita, o in articulo mortis, al fine dellasalvezza della propria anima.

Tale mentalità è verosimilmente riflessa dalletombe rivestite internamente in malta signina -note in contesti tardo antichi e alto medievali1 4 8 - epiù ancora da quelle dipinte con simboli tratti dalrepertorio paleocristiano, con croci ed iscrizioni1 4 9,trasposizione iconografica o testuale della preghie-ra, nel quadro del superamento, non ancora piena-mente avvenuto, della concezione che il corpodeposto debba trovare nella tomba un luogo diriposo e di attesa in vista del Giudizio Universale.

C.L.

SEPOLTURE TRA IV E VIII SECOLO108

1 4 2 Cfr., nell’ordine, TREFFORT 1996b, pp.65-84; TARDIEU1993, pp.223-244; Archéologie du cimitière chrétien 1996 (inpart. GALINIÈ1996, pp.195-196; HENRION, HUNOT 1996,pp.197-204; PILET 1996, pp.251-255; BOISSAVIT-CAMUS etal. 1996, pp.257-269; COLARDELLE, DEMIANS D’ARCHIM-BAUD, RAYNAUD 1996, pp.271-303).143 PICARD 1992, pp. 33-36; 38-45; TREFFORT 1996b, pp.25-29.144 FEVRIER 1987, pp.881-882.1 4 5 TREFFORT 1996b, pp.35-62, cui si rimanda anche per ipuntuali riferimenti testuali e bibliografici.146 Per L’Italia manca, al momento, uno studio che possa esse-re assimilato a quello della Treffort (cfr.n.145); diversa, delresto, è la disponibilità delle fonti letterarie e archeologiche. 147 LAVAGNE 1987, pp.159-160; per le implicazioni giuridichedel rapporto sepoltura/monumento cfr. DUCOS 1995, part.pp.141-142; TREFFORT 1996b, pp. 122-127.1 4 8 Un censimento sistematico sulle tombe rivestite interna-mente in malta signina non mi risulta essere stato ancora rea-lizzato; per alcuni esempi alto medievali, citati per confronto

con un esemplare dell’Abbazia della Novalesa cfr. LAMBERT1989, pp.338-339 e n.22; ad Aosta quattro casi datati al VI-VIIsecolo sono documentati per la chiesa di St.Laurent (PERI-NETTI 1981, pp.52-53; 54; 55; 55-56). Rari esempi compaionoin un recente e meticoloso lavoro di crono-tipologia delle sepol-ture della Gallia sud-orientale (COLARDELLE, DEMIANSD’ARCHIMBAUD, RAYNAUD 1996, part. pp.275; 284).149 Tra le città qui considerate, tombe dipinte - di diversa e nonsempre certa cronologia - sono attestate a Milano, S.Tecla (DECAPITANI D’ARZAGO 1952, p.102, n.15) e S.Giovanni inConca (FIORIO TEDONE 1986, pp.409-410); a Brescia, Catte-drale (BROGIOLO 1997, p.419); a Verona, chiesa “B” del grup-po episcopale (FIORIO TEDONE 1987, pp.69; 73).

Un gruppo di sepolture rinvenute di recente a Pavia nella chie-sa di S.Felice, di probabile fondazione desideriana, risulta diparticolare interesse per i simboli ed i testi legati alla liturgiadella morte dipinti all’interno. I primi dati, ancora inediti, sonostati presentati da R.Invernizzi, S.Lomartire e A.Segagni - cheringrazio per averne autorizzato la citazione in questa sede - alSeminario Internazionale sul complesso di S.Salvatore di Bre-scia (Brescia, 14-15 nov. 1997).

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