Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15...Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 settembre 2015...
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N. 04368/2015REG.PROV.COLL.N. 02896/2015 REG.RIC.N. 02973/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Qua rta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Qua rta )
ha pronunciato il presente
DISPOSITIVO DI SENTENZADISPOSITIVO DI SENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 2896 del 2015, integ rato da
motivi agg iunti, proposto da:
Exitone Spa, rappresentato e difeso dag li avv. Annalisa Di Giovanni,
Alfredo Di Mauro, con domicilio eletto presso Alfredo Di Mauro in
Roma, Via Santa Caterina Da Siena,46;
c o n t roc o n t ro
Consip Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Clarizia, con
domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde
N.2;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Gemmo Spa, rappresentato e difeso dag li avv. Giancarlo Tanzarella,
Mario Sanino, Bruno Nascinbene, con domicilio eletto presso Studio
Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180; Citelum S.A., rappresentato e
difeso dall'avv. Giovanni Bruno, con domicilio eletto presso Giovanni
Bruno in Roma, Via Savoia 31 Int.2 (Nuovo Indir);
sul ricorso numero di reg istro generale 2973 del 2015, proposto da:
Citelum Sa in proprio e Qualità di Mandataria Rti, Rti Cogei Srl, Rti
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Exitone Spa, Rti Ceie Power Spa, Rti Siram Srl, Rti Atlantico Srl,
rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Bruno, con domicilio eletto
presso Giovanni Bruno in Roma, Via Savoia N.31;
c o n t roc o n t ro
Consip Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Clarizia, con
domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde
N.2;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Gemmo Spa, rappresentato e difeso dag li avv. Mario Sanino, Giancarlo
Tanzarella, Bruno Nascinbene, con domicilio eletto presso Studio
Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
e c o n l ' in t e rve n t o d ie c o n l ' in t e rve n t o d i
ad adiuvandum:
Exitone S.p.A., rappresentato e difeso dag li avv. Alfredo Di Mauro,
Annalisa Di Giovanni, con domicilio eletto presso Alfredo Di Mauro in
Roma, Via Santa Caterina Da Siena,46;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
quanto al ricorso n. 2896 del 2015:
della sentenza del TAR del Lazio n.5722/2015 resa tra le parti,
concernente affidamento servizio luce e dei servizi connessi per le
pubbliche amministrazioni
quanto al ricorso n. 2973 del 2015:
del dispositivo di sentenza del TAR del Lazio n. 6366/2015, resa tra le
part i, concernente affidamento del servizio luce e dei servizi connessi
per le pubbliche amministrazioni
Visti i ricorsi in appello, i motivi agg iunti e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio di Consip Spa e di Gemmo Spa e
di Citelum S.A. e di Consip Spa e di Gemmo Spa;
Viste le memorie difensive;
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Visti tutti g li atti della causa;
Visto l'art. 119, co. 5, oppure g li artt. 119, co. 5, e 120, co. 3 e 11, cod.
proc. amm.;
Considerato che le parti hanno dichiarato di avere interesse alla
pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza;
Relatore nell'udienza pubblica del g iorno 17 settembre 2015 il Cons.
Andrea Mig liozzi e uditi per le parti g li avvocati Di Giovanni, Clarizia,
Bruno, Tanzarella e Sanino Bruno, Clarizia, Di Giovanni, Sanino e
Tanzarella;
PER LE RAGIONI CHE SARANNO ESPOSTE IN MOTIVAZIONE
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando, riunisce g li appelli in epig rafe indicati e li
accog lie e , per l’effetto, in riforma delle impugnate sentenze, accog lie i
ricorsi di primo g rado proposti da Exitone spa e da RTI Citelum SA
(meg lio specificato in epig rafe), annulla l’ag g iudicazione definitiva,
dichiara l’inefficacia del contratto e dispone il subentro del RTI Citelum
SA nel contratto relativo all’appalto per cui è causa.
Condanna Consip e Gemmo spa al pagamento delle spese del doppio
g rado del g iudizio che si liquidano complessivamente in euro 8.000,00
(ottomila) nella misura di 4.000,00 euro a carico di ciascuna delle parti
soccombenti sopra indicate
Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 17 settembre
2015 con l'intervento dei mag istrati:
Riccardo Virg ilio, Presidente
Nicola Russo, Consig liere
Raffaele Potenza, Consig liere
Andrea Mig liozzi, Consig liere, Estensore
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Giulio Veltri, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATO IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
(Art. 119, co. 5, cod. proc. amm.)
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 04367/2015REG.PROV.COLL.N. 02895/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Qua rta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Qua rta )
ha pronunciato il presente
DISPOSITIVO DI SENTENZADISPOSITIVO DI SENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 2895 del 2015, integ rato da
motivi agg iunti, proposto da:
Exitone Spa, rappresentato e difeso dag li avv. Annalisa Di Giovanni,
Alfredo Di Mauro, con domicilio eletto presso Alfredo Di Mauro in
Roma, Via Santa Caterina Da Siena,46;
c o n t roc o n t ro
Consip Spa, rappresentato e difeso dag li avv. Andrea Guarino, Cecilia
Martelli, con domicilio eletto presso Andrea Guarino in Roma, piazza
Borghese, 3;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Sintesi Spa, Sin Tecnic Società Cooperativa A Responsabilità Limitata,
Sintmed Società Cooperatiiva, Nier Ingegneria Spa, Csa Team Srl,
rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Lepore, con domicilio eletto
presso Giuseppe Lepore in Roma, Via Polibio, 15;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del TAR Lazio n.5353/2015 resa tra le parti, concernente
ag g iudicazione gara per la prestazione di servizi relativi alla gestione
integ rata della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro presso
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pubbliche amministrazioni ( lotti 1,4 e 6 )
Visti il ricorso in appello, i motivi agg iunti e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio di Consip Spa e d RTI Sintesi Spa
, Sin Tecnic Società Cooperativa A r.l. Sintmed Società Cooperativa, Nier
Ingegneria Spa, Csa Team Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Visto l'art. 119, co. 5, oppure g li artt. 119, co. 5, e 120, co. 3 e 11, cod.
proc. amm.;
Considerato che le parti hanno dichiarato di avere interesse alla
pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza;
Relatore nell'udienza pubblica del g iorno 17 settembre 2015 il Cons.
Andrea Mig liozzi e uditi per le parti g li avvocati Di Giovanni, Martelli e
Lepore;
PER LE RAGIONI CHE SARANNO ESPOSTE IN MOTIVAZIONE
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epig rafe proposto,
accog lie l’appello proposto da Exitone spa, respinge l’appello
incidentale e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accog lie il
ricorso di primo g rado, annulla l’ag g iudicazione definitiva, dichiara
l’inefficacia del contratto e dispone il subentro della suindicata Società
nel contratto relativo all’appalto per cui è causa.
Condanna Consip e il RTI Sintesi spa, meg lio specificato in epig rafe al
pagamento delle spese del doppio g rado del g iudizio che si liquidano
complessivamente in euro 8.000,00 ( ottomila//00) nella misura di
4000,00 euro per ciascuna delle due parti soccombenti sopra citate.
Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 17 settembre
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2015 con l'intervento dei mag istrati:
Riccardo Virg ilio, Presidente
Nicola Russo, Consig liere
Raffaele Potenza, Consig liere
Andrea Mig liozzi, Consig liere, Estensore
Giulio Veltri, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATO IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
(Art. 119, co. 5, cod. proc. amm.)
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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N. 04363/2015REG.PROV.COLL.N. 07057/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
ex artt. 38 e 60 Cod. proc. amm.
sul ricorso numero di reg istro generale 7057 del 2015, proposto da:
Alessi Francesco Andrea, Sperandeo Domenico, Pug liese Nicola, Reina
Romina Paola, Vignale Marina, Ferrara Maurizio, Silvio Myriam, Tondelli
Alessia, Lanza Salvatore, Trufio Salvatore, Cerino Ivan, Parente Daniela
e Musella Giovanna, rappresentati e difesi dag li avvocati Francesco
Stallone, Francesco Leone, Simona Fell e Claudia Caradonna, con
domicilio presso la Seg reteria sezionale del Consig lio di Stato, p.za Capo
di Ferro, 13;
c o n t roc o n t ro
Università deg li studi Federico II di Napoli, in persona del Rettore in
carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria per legge, in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
CINECA, Iannello Rosa, non costituiti in g iudizio;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per la Campania,
sede di Napoli, Sezione II, n. 03647/2015, resa tra le parti e concernente:
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prova preselettiva per l’ammissione ai corsi di laurea delle professioni
sanitarie per l’anno accademico 2014/2015;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in g iudizio dell’Amministrazione appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nella camera di consig lio del g iorno 17 settembre 2015, il
Consig liere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato Stallone e
l’avvocato dello Stato D’Avanzo.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm.;
1. PREMESSO che, g iusta segnalazione alle parti all’odierna udienza
camerale, sussistono i presupposti per definire la causa con sentenza in
forma semplificata;
2. RITENUTA l’infondatezza del primo motivo d’appello – con cui si
deduce l’erroneità della statuizione reiettiva dell’eccezione di
sopravvenuta cessazione della materia del contendere in applicazione
dell’art. 4, comma 2-bis, d.l. 30 g iugno 2005, n. 115, convertito dalla
leg ge 17 ag osto 2005, n. 168, essendosi g li odierni appellanti
immatricolati in forza di ordinanza cautelare e avendo g li stessi
sostenuto esami di profitto –, essendo l’invocata disposizione leg islativa
una norma di stretta interpretazione, applicabile alle sole abilitazioni
professionali e insuscettibile di estensione ai concorsi pubblici, connotati
dalla presenza di controinteressati e dalla naturale limitatezza dei posti
messi a concorso (v., per tutte, Cons. Stato, VI, 21 lug lio 2010, n. 4771;
21 settembre 2010, n. 7002; Corte Cost. 9 aprile 2009, n. 108);
3. RITENUTA, altresì, l’infondatezza del secondo motivo d’appello –
con cui si deduce l’erroneità della reiezione della censura di violazione
dell’anonimato –, essendo all’uopo sufficiente richiamare il precedente
specifico di questa Sezione (sentenza 26 gennaio 2015, n. 315), da cui
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non v’è rag ione di discostarsi, secondo cui l’apposizione di un codice
identificativo alfanumerico sulle buste e sui moduli non altera le
condizioni di correttezza delle prove di ammissione, neppure nel caso in
cui fosse imposto ai candidati di esibire sui banchi il proprio documento
di identità, non essendo tali modalità, anche in considerazione del
sistema di correzione, inidoneo non solo in concreto, ma anche in
astratto, ad influire sulle valutazioni e sull’esito delle prove preselettive e
ad intaccare le reg ole dell’anonimato e della seg retezza delle operazioni
concorsuali o a violare i principi di imparzialità delle relative valutazioni e
di parità di trattamento tra i candidati (s’intendono qui richiamate
integ ralmente le articolate motivazioni del citato precedente, ai sensi
deg li artt. 60 e 74 Cod. proc. amm.);
4. RILEVATO che, per le esposte rag ioni, di natura assorbente,
s’impone il rigetto dell’appello, con conseguente conferma
dell’appellata sentenza;
5. RITENUTI i presupposti di leg ge per dichiarare le spese del presente
grado integralmente compensate tra le parti;
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epig rafe proposto
(ricorso n. 7057 del 2015), lo respinge e, per l’effetto, conferma
l’appellata sentenza, a spese del presente g rado di g iudizio
integralmente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 17 settembre
2015, con l’intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consig liere
Gabriella De Michele, Consig liere
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Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore
Andrea Pannone, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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N. 04362/2015REG.PROV.COLL.N. 00418/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 418 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Anvur,
Commissione Nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore
universitario di prima e di seconda fascia per il settore disciplinare 6-A3
Microbiolog ia e Microbiolog ia Clinica, rappresentati e difesi per leg ge
dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via
dei Portoghesi, n.12;
c o n t roc o n t ro
Lorenzo Drag o, rappresentato e difeso dag li avv. Stefano Nespor,
Valeria Serg i, e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso
quest’ultima, in Roma, Via Antonio Gramsci, n.24;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza n.8049 del T.A.R. LAZIO – ROMA (Sezione Terza) del 23
lug lio 2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in g iudizio di Lorenzo Drago;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
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Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 14 lug lio 2015, il Cons. Carlo
Mosca e uditi per le parti l’avvocato Masini e l’avvocato dello Stato
Garofoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Dalla documentazione ag li atti, risulta che l'orig inario ricorrente e
attuale appellato si rivolgeva al TAR Lazio per l'annullamento della
valutazione negativa in relazione al conseguimento dell'abilitazione
scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di seconda
fascia, per il settore concorsuale 6-A3 microbiolog ia e microbiolog ia
clinica. Nella circostanza, lamentava la violazione deg li articoli 5, comma
4, lettera a) e 6, comma 2 e dell'allegato A del decreto ministeriale n.
76/2012, nonchè dell'articolo 8, comma 4 del d.P.R. n.222/2011 e
dell'articolo 3 del decreto ministeriale n.76/2012. Lamentava, inoltre,
l'eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà e difetto
di motivazione.
2. Con la sentenza impugnata, il g iudice di primo g rado accog lieva il
ricorso, annullava il g iudizio valutativo formulato nei confronti del
ricorrente e riteneva, ai sensi dell'articolo 34 del codice del processo
amministrativo, che, in esecuzione del g iudicato, la posizione del
ricorrente dovesse essere riesaminata da una Commissione in diversa
composizione. In particolare, la sentenza evidenziava che:
a. il ricorrente aveva superato le tre mediane previste per il settore
disciplinare di competenza, motivo per cui sarebbe stata necessaria una
più' pregnante valutazione analitica dei titoli;
b. due commissari avevano espresso un g iudizio positivo, mentre i g iudizi
deg li altri tre, pur concludendo per la non idoneità del ricorrente,
avevano riconosciuto il buon contributo scientifico dato allo
svolg imento dei quattordici lavori presentati e il fatto che il ricorrente
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avesse effettuato un periodo di esperienza all'estero, peraltro non
figurante nei g iudizi di altri candidati dello stesso settore g iudicati
idonei;
c. quanto affermato da due commissari in ordine alle competenze
diagnostiche del ricorrente che sarebbero prevalenti rispetto a quelle di
ricerca, non è conforme alla declaratoria del settore concorsuale in
questione, rientrando le competenze diagnostiche nell'ambito di tale
declaratoria.
3. Con l'appello in epig rafe, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e
della Ricerca ha ritenuto la sentenza impugnata palesemente erronea e
illeg ittima, evidenziando:
a. la sua non conformità al quadro normativo di riferimento, secondo cui
è' necessario il superamento del parametro quantitativo inteso come
superamento deg li indici medi di impatto della produzione scientifica
affetta, oltre al superamento del parametro qualitativo consistente in un
g iudizio di maturità e orig inalità dei risultati rag g iunti nelle ricerche
affrontate. In tal senso, la Commissione g iudicatrice ha ag ito in
conformità di quanto previsto dall'articolo 8, comma 4 del d.P.R.
n.222/2011 e il relativo g iudizio è il risultato di un'attenta e approfondita
analisi del curriculum del candidato, odierno appellato;
b. le motivazioni del primo g iudice non sono condivisibili, considerato
che il superamento delle mediane è requisito necessario, ma non
sufficiente ai fini del conseguimento dell'abilitazione;
c. dalla mera lettura del g iudizio colleg iale emerge la puntuale disamina
dei titoli del candidato che veng ono elencati in apertura, prima di
passare all'esame delle pubblicazioni;
d. la Commissione indica adeguatamente le rag ioni per cui, nonostante il
superamento delle tre mediane, l'attuale appellato non sia stato ritenuto
meritevole di ottenere l'abilitazione alla seconda fascia, evidenziando
l'assenza di elementi innovativi e di contributi scientifici orig inali e di
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rilievo, il livello qualitativo modesto dell'attività' di ricerca diretta ad
aspetti routinari della diagnostica infettivolog ica, nonché il livello
modesto delle riviste su cui appaiono le pubblicazioni;
e. i tre g iudizi di segno negativo denunciano il carattere non orig inale
dell'attività di ricerca, invero in linea con il g iudizio positivo formulato
da uno dei due commissari espressisi favorevolmente secondo il quale
l'attività' di ricerca non è particolarmente orig inale ed innovativo, privo
di rilevanza internazionale e connotato da un livello modesto secondo
due dei commissari espressisi sfavorevolmente;
f. il g iudizio negativo formulato da uno dei commissari, pur se riferito ad
un buon contributo scientifico, si limita ad attestare il rilievo di tale
contributo nell'economia dei lavori presentati, come del resto fa lo
stesso g iudizio colleg iale che riconosce il contributo determinante del
candidato alla realizzazione dei lavori presentati che tuttavia non sono
caratterizzati da elementi innovativi, orig inali e di rilievo;
g. la Commissione è stata unanime nel riconoscere l'apporto nella
realizzazione dei lavori prodotti, ma li ha reputati qualitativamente non
orig inali e innovativi;
h. il periodo di esperienza all'estero è durato solo quattro mesi e la
valutazione del suo peso rientra nell'ambito della discrezionalità della
Commissione di cui il TAR non sembra tener conto;
i. la procedura di abilitazione scientifica nazionale non è di natura
comparativa e non è una procedura concorsuale. Di conseguenza, g li
eventuali errori nell'attribuzione dell'abilitazione ad altri candidati non
possono inficiare la mancata abilitazione del ricorrente. Questo vale pure
per la rilevata mancanza in capo ad altri candidati g iudicati idonei di
periodi d'esperienza all'estero. Altrimenti, si esercita un non consentito
sindacato nel merito dell'attività' amministrativa che è discrezionale;
l. sulle richiamate competenze diagnostiche del candidato, è stato
denunciato da un commissario e in sede di g iudizio colleg iale il carattere
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routinario di tale esperienza. È stato quindi il g iudizio sul livello
qualitativo di tale attività a determinare la mancata abilitazione insieme
con la valutazione negativa della produzione scientifica non innovativa,
ne' orig inale, ne' di rilievo;
m. la costituzione di una nuova Commissione determina criticità di vario
genere per l!'Amministrazione in termini di notevole appesantimento
delle attivita' in corso e delle procedure amministrative, di ag g ravio dei
costi finanziari, di diversa costituzione della Commissione anche in
merito ai criteri da applicare e all'onerosità organizzativa;
n. affidare la rivalutazione ad un'altra Commissione in diversa
composizione crea un'evidente disparità' di trattamento tra l'attuale
appellato e g li altri candidati all'abilitazione, disparità che potrebbe
essere evitata affidando la rivalutazione alla stessa Commissione, non
sussistendo alcuna rag ione per una modifica dell'organo valutatore.
4. Con memoria del 16 febbraio 2015, la parte appellata ha replicato ai
motivi di appello, ritenendoli infondati. In particolare, ha eccepito che:
a. la Commissione non ha affatto ag ito in conformità all'articolo 8,
comma 4 del d.P.R. n.222/2011 e il g iudizio non è stato il risultato di
un'attenta e approfondita analisi del curriculum del candidato, nè vi è
stata una puntuale disamina dei titoli. Ciò in quanto manca la valutazione
analitica di questi ultimi e delle pubblicazioni e non risulta dai verbali che
essa sia stata effettuata e la valutazione analitica non risulta in alcuni dei
g iudizi individuali cui il g iudizio colleg iale possa aver fatto riferimento
per relationem;
b. il primo g iudice non si è inserito neg li ambiti riservati alla
discrezionalità amministrativa, ma si è limitato a rilevare profili di
irrag ionevolezza, illog icità e contraddittorietà che rientrano in un
eccesso di potere valutabile dal g iudice amministrativo; c. il g iudizio della
Commissione è viziato dalla violazione delle norme di leg ge e del criterio
stabilito dalla stessa Commissione, nonché per difetto di
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motivazione,travisamento dei fatti e contraddittorietà;
d. esiste una evidente contraddittorietà interna ag li stessi tre g iudizi
individuali che concludono negativamente per l'abilitazione, nonché'
l 'er roneit à di due g iudizi individuali negativi contrastanti con la
declaratoria del settore concorsuale;
e. l'appellato ha superato tutte le mediane e ciò indica che le
pubblicazioni presentate superano i valori richiesti dal decreto
ministeriale n.76/2012 e dalla delibera n.50/2012 dell'Anvur e quindi non
possono essere di valore modesto; le riviste su cui ha pubblicato
l'appellato sono tutte considerate Q1 cioè' di eccellenza;
f. la valutazione del periodo di esperienza all'estero è' affidata alla
discrezionalità della Commissione, ma il periodo va considerato come è
stato fatto per altri candidati e ciò non significa introdurre elementi di
valutazione comparativa;
g. la nomina di una nuova Commissione non solleva alcuna
problematica, neanche economica e non è in contrasto con la leg ge
n.240/2012. Nè vi sarebbe alcuna disparità di trattamento, poiché il
primo g iudice ha ordinato di procedere alla nuova valutazione non in
base a diversi criteri, ma nel rispetto delle disposizioni che reg olano
l'abilitazione;
h. la necessità di attribuire ad altra Commissione il g iudizio in sede di
rinnovo dello stesso è collegata al fatto che i nuovi commissari
prendono conoscenza per la prima volta della documentazione da
valutare, garantendo cosi un'imparzialità dovuta all'assenza di
condizionamenti; i. il g iudizio negativo della Commissione avrebbe
dovuto essere più' analitico e specifico nell'indicare le rag ioni per cui il
candidato non è stato abilitato, nonostante il superamento di tutti g li
indicatori bibliometrici e il superamento di tutte e tre le mediane e
quindi nonostante che l'impatto scientifico dei propri titoli fosse
oggettivamente verificato;
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l. la Commissione non ha specificato le rag ioni per cui il g iudizio non ha
tenuto conto del superamento delle predette tre mediane, limitandosi
ad un generico g iudizio sul livello modesto delle riviste e ad un
altrettanto generico aspetto routinario della diagnostica infettivolog ica;
m. il g iudizio colleg iale e i tre g iudizi individuali negativi non rispettano
la necessità prevista dalle vigenti norme di un motivato g iudizio di
merito fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni
scientifiche presentati da ciascun candidato. Manca, infatti, tale
valutazione, ne' risulta dai verbali ch'essa sia stata effettuata. La
mancanza vizia non solo il g iudizio colleg iale, ma pure i g iudizi
individuali dei tre commissari che si sono espressi negativamente, senza
peraltro valutare g li altri titoli pure previsti dal decreto ministeriale
n.76/2012, come la responsabilità' scientifica per progetti di ricerca, la
partecipazione a comitati editoriali di riviste, il conseguimento di premi e
riconoscimenti per l'attività' scientifica, i risultati ottenuti nel
trasferimento tecnolog ico in termini di partecipazione alla creazione di
nuove imprese e allo sviluppo e impieg o di brevetti, ma pure alla
capacità' di coordinare e dirigere un g ruppo di ricerca, di attrarre
finanziamenti competitivi e collaborare all'attività' di trasferimento
tecnolog ico;
n. il g iudizio colleg iale è viziato da eccesso di potere per travisamento
dei fatti, per illog icità, e difetto di motivazione. A parte l'affermazione
generica e immotivata sulla routinarietà della produzione scientifica e la
mancanza di innovazione che, peraltro, non hanno impedito alla
Commissione di esprimere un g iudizio positivo su altra candidata., non
corrisponde, poi, al vero il modesto livello delle riviste su cui l'attuale
appellato ha pubblicato, essendo le medesime considerate tutte di
eccellenza e molte con il ranking Q1 e un elevato IF e comunque le
stesse riviste sono state g iudicate diversamente per altri candidati;
o. i g iudizi negativi espressi da tre Commissari sono viziati da illog icità
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contraddittorietà
DIRITTO
L'appello è infondato e va respinto, dal momento che la sentenza
impugnata è sostenuta da valide motivazioni sostenute da
argomentazioni convincenti, log iche e rag ionevoli.
Non convince, infatti, il primo motivo di censura e incisivamente il primo
giudice ha statuito che il superamento delle tre mediane richiedeva una
più pregnante valutazione analitica dei titoli. Diversamente da quanto
ritenuto dalla parte appellante, dalla documentazione acquisita ag li atti
non è dato riscontrare la suddetta valutazione analitica e neppure essa
oggettivamente risulta dai verbali redatti essere stata effettuata.
La discrezionalità riconosciuta alla Commissione non significa avallare
g iudizi generici, illog ici e contraddittori che sono stati eccepiti e
dimostrati dalla difesa della parte appellata e convenientemente
riscontrati dal g iudice di prime cure. Se è vero che il superamento delle
mediane, pur essendo requisito necessario, non è sufficiente da solo ai
fini del conseguimento dell'abilitazione, è altrettanto vero che la
Commissione non ha, proprio dinanzi al superamento delle mediane,
espresso un motivato g iudizio di merito fondato sulla valutazione
analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche dell'attuale appellato,
pur avendo enunciato l'intento di attenersi ai parametri e ai criteri
definiti dag li articoli 3,4,6 e 7 del decreto ministeriale n.76/2012. Né,
invero, la valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni risulta
effettuata nei g iudizi individuali dei Commissari che si sono espressi
negativamente. Peraltro, non tutti i titoli sono stati esaminati e
leg ittimamente la parte appellata ha espresso le sue dog lianze ritenendo
di possederli e ciò non risulta essere stato contestato
dall'Amministrazione.
Pure il secondo motivo di appello è privo di preg io. Il primo g iudice ha,
infatti, correttamente individuato un’evidente contraddittorietà interna
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ai tre g iudizi negativi espressi e la difesa dell'appellato ha
convenientemente dimostrato, con riguardo a ciascuno dei citati
Commissari, le contraddizioni risultanti dai g iudizi formulati
sing olarmente e neanche su tali profili vi è stata una reazione adeguata
da parte dell'Amministrazione.
Il fatto poi che la procedura di abilitazione scientifica nazionale non sia
di natura comparativa non esclude che la Commissione debba rispettare
il principio della parità di trattamento nei confronti di ogni candidato, il
che non risulta essere avvenuto con riferimento alla valutazione del
periodo di esperienza svolto all'estero dall'attuale appellato, g iudicato
per la durata del medesimo diversamente da quanto avvenuto per altri.
Sotto un profilo og gettivo, poi, quanto sostenuto dall'appellato circa la
collocazione delle riviste su cui sono stati pubblicati i lavori, dimostra,
anche in rag ione della diversa valutazione operata su altri candidati, la
disparità di trattamento che ha ridondato negativamente a svantag g io
dell'appellato.
Anche il terzo motivo di appello è, infine, infondato. Questo Colleg io
non reputa che sussistano motivi per ritenere ing iusta la decisione del
primo g iudice che ha disposto il riesame della posizione del ricorrente da
parte di una Commissione in diversa composizione. La nuova
Commissione si dovrà attenere nel concreto a quanto previsto dalle
disposizioni in materia e non potrà' modificare i criteri previsti per la
procedura specifica e ciò salvaguarderà la parità di trattamento nei
confronti deg li altri candidati. Non vi è dubbio, poi, che la rinnovazione
della valutazione ad opera di Commissari che, per la prima volta,
esaminano la documentazione dell'attuale appellato, sia più garante in
termini di imparzialità dell'azione amministrativa. Neppure risultano
convincenti le considerazioni della parte appellante circa le difficoltà
organizzative per la costituzione della nuova Commissione o per
l'onerosità economica ad essa connessa, visto che tali difficoltà rientrano
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nella fisiolog ia del funzionamento di qualsiasi Commissione g iudicatrice
che, a prescindere dell'esito di contenziosi g iudiziari, può essere
costretta ad essere integ rata o rinnovata per rinuncia, incompatibilità,
motivi di salute e altro dei propri componenti. Nè le attività' concernenti
la valutazione di un solo candidato possono rag ionevolmente
appesantire la procedura in atto, proprio perché espletata da altra
Commissione e comunque con effetti, trattandosi di procedura non
concorsuale, che riguardano il solo candidato nei cui confronti viene
rinnovata la valutazione.
2. In conclusione, l'appello va respinto. Per la complessità della vicenda
e per l'og gettiva difficoltà di interpretazione della normativa vigente in
materia, questo Colleg io ritiene di compensare, tra le parti, le spese del
g iudizio
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello in epig rafe (ricorso n.418 del
2015), lo respinge.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 14 lug lio 2015,
con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Claudio Contessa, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Roberta Vigotti, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
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21 / 210
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 04361/2015REG.PROV.COLL.N. 03936/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 3936 del 2015, proposto da
Gsa - Gruppo Servizi Associati s.p.a., in persona del legale
rappresentante, rappresentata e difesa dag li avvocati Luca Ponti e Luca
De Pauli, con domicilio eletto presso l’avv. Enrico Di Ienno in Roma,
viale Mazzini, 33;
c o n t roc o n t ro
Fantastic Service s.r.l. Capog ruppo del Costituendo rag g ruppamento
temporaneo di imprese, in persona del legale rappresentante,
rappresentata e difesa dag li avvocati Luig i Maria D'Ang iolella ed
Eleonora Marzano, con domicilio eletto presso l’avv. Angela Fiorentino
in Roma, Via E. Q. Visconti, 11;
Rti Istituto di Vig ilanza Argo s.rl.;
Sgs Group s.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Vecchione,
con domicilio eletto presso l’avv. Angela Gemma in Roma, Via Sabotino,
22;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Università deg li Studi di Napoli "L'Orientale", in persona del Rettore in
carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato e
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presso la medesima domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
p e r l a r if o rma d e l l a se n t e n z a d e l T.A .R . CA MP A NI A –p e r l a r if o rma d e l l a se n t e n z a d e l T.A .R . CA MP A NI A –
NA P O LI , S EZI O NE I I , n . 01350/2015, r e sa t r a l e p ar t i,NA P O LI , S EZI O NE I I , n . 01350/2015, r e sa t r a l e p ar t i,
c o n c e rn e n t e af f id ame n t o d e l se rviz io d i p o r t ie r at o e dc o n c e rn e n t e af f id ame n t o d e l se rviz io d i p o r t ie r at o e d
assist e n z a a l l a d id at t ic a p r e sso l e se d i u n ive r sit ar ie ;ass ist e n z a a l l a d id at t ic a p r e sso l e se d i u n ive r sit ar ie ;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio di Fantastic Service s.r.l.
Capog ruppo del Costituendo Rti, dell’Università deg li Studi di Napoli
"L'Orientale" e di Sgs Group s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del g iorno 7 lug lio 2015 il Cons. Gabriella
De Michele e uditi per le parti g li avvocati De Pauli, D'Ang iolella e
Vecchione, nonché l'Avvocato dello Stato Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per la Campania,
Napoli, sez. II, 2 marzo 2015, n. 1350/15 è stato accolto il ricorso
proposto dalla Fantastic Service s.r.l. avverso il provvedimento di
esclusione del costituendo rag g ruppamento temporaneo di imprese,
rappresentato dalla medesima società, dalla gara d’appalto indetta per
l’affidamento del servizio di portierato ed assistenza alla didattica, presso
le sedi dell’Università deg li Studi di Napoli L’Orientale.
Nella sentenza si riteneva fondata ed assorbente la censura di difetto di
istruttoria e di motivazione, in quanto sarebbe stata illog icamente
ritenuta anomala un’offerta, per divario fra il costo del lavoro nella stessa
indicato ed i compensi previsti dal CCNL Multiservizi. La società
interessata, infatti, avrebbe inteso applicare il CCNL del personale
dipendente da Istituti di vig ilanza e servizi fiduciari e tale scelta avrebbe
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escluso detta anomalia, consentendo l’ag g iudicazione a Fantastic
Service, come in effetti avvenuto dopo la pubblicazione della sentenza,
con atto di cui l’attuale appellante preannunciava l’impugnazione in
primo grado (impugnazione che la parte resistente afferma, tuttavia, non
avvenuta).
Avverso la decisione sopra sintetizzata è stato proposto dalla società
Gruppo Servizi Associati s.p.a. – GSA – l’atto di appello in esame (n.
3936/15, notificato il 7 mag g io 2015), nel quale si rilevava come non
fosse stato impugnato l’art. 6 del capitolato di gara, in cui – in
applicazione della cosiddetta clausola sociale – era prevista l’applicazione
del CCNL Multiservizi.
E’ intervenuta in g iudizio la società SGS – collocata al secondo posto in
g raduatoria dopo Fantastic Service e attuale gestore del servizio in
reg ime di proroga – aderendo alle arg omentazioni dell’appellante, in
quanto presentatrice di ricorso in primo g rado avverso la propria
esclusione.
Si sono anche costituiti in g iudizio l’Università deg li Studi di Napoli
L’Orientale e la società Fantastic service, contestando tutte le
argomentazioni di controparte e chiedendo il rigetto dell’impugnativa.
Premesso quanto sopra, il Colleg io ritiene che l’appello sia meritevole di
accog limento.
La questione sottoposta a g iudizio riguarda le modalità di individuazione
e di accertamento – nonché i limiti della sindacabilità in sede
g iurisdizionale – di un’offerta cosiddetta “anomala”, ovvero
apparentemente favorevole per l’Amministrazione, ma in misura tale da
porre in dubbio che la medesima sia frutto di valutazioni corrette e in
concreto attuabili da parte dell’impresa, con conseguenze che, in caso
contrario, si rifletterebbero negativamente sulla fase esecutiva del
contratto.
Il tema è disciplinato dag li articoli 86 e 87 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163
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(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18 /CE), normalmente
intesi come impositivi di una valutazione dell’offerta nel suo complesso,
anche al di là delle voci direttamente indicate dall’Amministrazione come
incong rue, in ogni caso con riconoscimento al riguardo di ampi marg ini
di discrezionalità tecnica – insindacabile nel merito, salvo i consueti limiti
di manifesta illog icità o errore di fatto – per l’apprezzamento affidato
all’Amministrazione stessa (g iurisprudenza consolidata: cfr., fra le tante,
Cons. Stato, V, 5 settembre 2014, n. 4516 e 22 dicembre 2014, n. 6237;
IV, 11 novembre 2014, n. 5518, 20 gennaio 2015, n. 147 e 26 febbraio
2015, n. 963).
La prima delle disposizioni leg islative citate (art. 86) contiene, ai commi 1
e 2, alcuni indicatori automatici di anomalia, ma al comma 3 consente
comunque una valutazione di cong ruità per ogni offerta che, “in base
ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”; il successivo comma
3-bis – nel testo introdotto dall’art. 1, comma 909, lettera a) della leg ge
27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – leg ge Finanziaria 2007) – impone
inoltre, per quanto qui interessa, che g li enti ag g iudicatori verifichino
«che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del
lavoro […] il quale deve essere specificamente indicato e risultare
cong ruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o
delle forniture». Seguono precisazioni circa le competenze affidate al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, incaricato della
predisposizione di apposite tabelle, che tengano conto della
contrattazione collettiva (specifica, o riferita al «settore merceolog ico
più vicino a quello preso in considerazione»), con altri parametri riferiti
anche all’ambito territoriale, nonché all’individuazione dei sindacati
comparativamente più rappresentativi.
Il costo del lavoro è dunque indice di anomalia quando non risultino
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rispettati i livelli salariali che la normativa vigente – anche a base pattizia –
rende obbligatori.
Sotto tale profilo, la rag ione di invalidità dell’offerta va ricercata in una
prospet t iva di inaffidabilità dell’impresa, che tale offerta abbia
presentato, diversa da quella riconducibile a un’erronea valutazione in
fatto della prestazione richiesta, o di sing oli parametri cui la stessa deve
rapportarsi. Una convenienza dei costi, inferiore ai livelli economici
minimi fissati normativamente (anche in sede di contrattazione collettiva)
per i lavoratori del settore, infatti, costituisce indice inequivoco di
inattendibilità economica dell’offerta e di lesione del principio di par
condicio dei concorrenti (essenziale per l’imparzialità e il buon
andamento, di cui all’art. 97 della Costituzione), fonte di evidente
preg iudizio delle altre imprese partecipanti alla gara che abbiano
correttamente valutato il fattore retributivo.
Nella situazione in esame, la questione del costo del lavoro risulta
direttamente riconducibile al disciplinare di gara e al capitolato speciale
d’oneri. Il primo, a proposito dei contenuti dell’offerta (art. 10),
precisava come il ribasso dovesse tenere conto delle “spese relative al
costo del personale, sulla base dei minimi salariali definiti dalla
contrattazione collettiva nazionale del settore tra le organizzazioni
sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro”; il
secondo disponeva quanto segue per la questione sottoposta a g iudizio:
art. 6 “Il presente appalto è sottoposto all’osservanza delle norme in
materia di cessazione e subentro…previste dalla contrattazione collettiva
vigente fra le associazioni imprenditoriali di categ oria e le organizzazioni
sindacali dei lavoratori, di cui all’art. 4 del vigente CCNL”;
art. 13: “La ditta si obbliga altresì ad applicare nei confronti dei propri
dipendenti, occupati nelle prestazioni og getto del contratto, condizioni
normative e retributive non inferiori a quelle risultanti dai contratti
collettivi di lavoro, applicabili alla data del contratto, alla categ oria e
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nelle località in cui si svolg ono le attività, nonché alle condizioni
risultanti da successive modifiche ed integ razioni ed in genere da ogni
altro contratto collettivo, successivamente stipulato per la categ oria e
applicabile alla località”.
Non è contestato, inoltre, che prima della scadenza dei termini per la
presentazione delle offerte, siano stati inseriti nel sito dell’Ateneo alcuni
chiarimenti, circa l’elenco dei dipendenti da assumere, il CCNL applicato
ed il livello di inquadramento.
A tale riguardo la risposta dell’Amministrazione, allegata ag li atti, al
quesito che qui interessa riportava il quadro organizzativo fornito
dall’azienda, che gestiva precedentemente l’appalto, con specifica
indicazione dell’applicazione al personale del CCNL Multiservizi e con
rinvio all’art. 4 di quest’ultimo per la clausola di subentro. Tale articolo
disponeva, in particolare, che “in caso di cessazione dell’appalto, con
modificazioni di termini, modalità e prestazioni contrattuali” l’impresa
subentrante – anche ove fosse stata la stessa che g ià gestiva il servizio –
avrebbe dovuto attivarsi per valutare con le organizzazioni sindacali “le
mutate esigenze tecnico-organizzative dell’appalto”, al fine di
armonizzare dette esigenze con il mantenimento dei livelli occupazionali.
Dal contesto delle disposizioni sopra riportate può, in effetti, evincersi
che l’Amministrazione avesse fatto ricorso alla cosiddetta “clausola
sociale”, al fine di garantire non solo la continuità dei rapporti di lavoro
g ià in essere, ma anche – quanto meno al momento del subentro
dell’impresa ag g iudicataria – il mantenimento della contrattazione
collettiva applicata al personale in servizio.
Se questa, d’altra parte, appare l’interpretazione corretta dell’art. 6 del
capitolato – da considerare parte integ rante del bando – deve anche
ammettersi che l’applicazione del CCNL Multiservizi fosse stata recepita
nel bando stesso e costituisse – nei termini in precedenza specificati – il
parametro cui rapportare la valutazione di anomalia dell’offerta, anche a
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garanzia della par condicio dei concorrenti.
Per un appalto di servizi, come quello in esame, da assegnare in base al
criterio del prezzo più basso, è evidente la posizione di svantag g io in cui
sarebbero state poste le imprese che, rispettando le indicazioni fornite
dall’Amministrazione anche in sede di chiarimenti (il cui valore
integ rativo di “comunicazione a tutti g li effetti”, tramite pubblicazione
sul sito, era specificato al punto VI.3 del bando), non avessero
materialmente potuto offrire un ribasso pari o superiore a quello
dell’ag g iudicataria, dovendo affrontare mag g iori oneri per il costo del
lavoro.
Correttamente pertanto, ad avviso del Colleg io, la stazione appaltante
aveva ravvisato l’anomalia dell’offerta dell’impresa Fantastic Service, le
cui g iustificazioni (ribadite nella presente sede di appello) si riferivano
solo alla pertinenza del contratto di lavoro scelto, rispetto all’og gettivo
servizio og getto di gara ed al rispetto dei minimi salariali inderogabili,
previsti dal contratto, con arg omentazioni che avrebbero richiesto,
tuttavia, l’impugnazione dell’art. 6 del capitolato di gara, altrimenti
vincolante nei termini in precedenza chiariti.
L’accog limento dell’appello per il primo motivo di g ravame, nello stesso
prospettato, ha carattere assorbente rispetto alle arg omentazioni delle
controparti.
Per quanto riguarda l’eccezione di inammissibilità, sollevata dalla
controinteressata con riferimento all’ag g iudicazione, nel frattempo
intervenuta a suo favore, appare evidente che detta ag g iudicazione,
og getto di misura cautelare, non può che subire l’effetto caducante
della presente decisione, trattandosi di provvedimento assunto in
esecuzione della sentenza di primo g rado, che nella presente sede viene
annullata. Per le rag ioni g ià esposte, infatti, il completamento della
valutazione di anomalia ha riguardato aspetti diversi da quelli qui ritenuti
rilevanti, tenendo conto delle arg omentazioni esposte nella sentenza
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appellata. Tali arg omentazioni, tuttavia, non toccavano il punto focale
dell’anomalia, da rapportare – anche per rag ioni di par condicio – alle
disposizioni sul costo del lavoro desumibili dal bando (non ritualmente
impugnato) e, quindi, dalla omessa applicazione dei parametri del CCNL
Multiservizi.
Solo in rapporto al bando, infatti, avrebbero potuto essere spese
arg omentazioni (anche rapportate al diritto comunitario), riferite alla
libertà di impresa e alla necessità di non ostacolare la concorrenza.
La clausola sociale tuttavia – nel garantire una tutela per le persone dei
lavoratori coinvolti in rapporto a reg ole prefissate (per la cui definizione
sussistono marg ini di discrezionalità dell’Amministrazione) – non esclude
la concorrenza fra imprenditori e ne assicura il pari trattamento,
rag g iungendo anche (ove detta definizione si estenda ai parametri
retributivi) obiettivi di non conflittualità interna, che possono
corrispondere – anche a livello comunitario – al principio di salvaguardia
dell’organizzazione sociale ed economica dello Stato membro.
Resta il fatto che la questione sottoposta a g iudizio non era quella, che
la società resistente definisce “ipotetica busta paga mensile” dei
dipendenti, ad avviso della medesima non compiutamente definibile a
priori: le esigenze, eventualmente rilevabili nella fase esecutiva del
contratto, risultavano infatti affrontabili nei termini, di cui al g ià
riportato art. 4 del CCNL Multiservizi. Era nella fase di offerta, però, che
le imprese non potevano derogare dai parametri di tale contratto
collettivo, nei termini riconducibili al bando ed al capitolato, dovendosi
rilevare, in caso contrario, una disparità di trattamento a danno delle
imprese, che si fossero attenute a tali parametri per espressa indicazione
dell’Amministrazione.
Per le rag ioni esposte – e con assorbimento di ogni ulteriore
arg omentazione difensiva delle parti – l’appello viene quindi accolto,
con le conseguenze precisate in dispositivo.
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Le spese g iudiziali – da porre, in parti uguali, a carico delle parti
resistenti – veng ono liquidate nella misura complessiva di €. 6.000,00
(euro seimila/00) per i due gradi di g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando, accog lie il ricorso in appello indicato in
epig rafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il
ricorso proposto in primo g rado. Condanna l’Università deg li Studi di
Napoli e la società Fantastic Service s.p.a. al pagamento delle spese
g iudiziali, nella misura di €. 3000,00 (euro tremila/00) ciascuna, a favore
della società appellante..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 7 lug lio 2015
con l'intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consig liere
Roberto Giovagnoli, Consig liere
Gabriella De Michele, Consig liere, Estensore
Bernhard Lageder, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 04360/2015REG.PROV.COLL.N. 00083/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 83 del 2015, proposto da
Innocenti Lamberto, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Taurchini,
con domicilio eletto presso l’avv. Luca Marcoccia in Roma, Via Niccolò
Tartag lia,11;
c o n t roc o n t ro
Comune di Monte Argentario, in persona del sindaco in carica,
rappresentato e difeso dall'avv. Leonardo Piochi, con domicilio eletto
presso l’avv. Daniela Jouvenal in Roma, piazza di Pietra, 26;
p e r l a r if o rma d e l l a se n t e n z a d e l T.A .R . TO S CA NA –p e r l a r if o rma d e l l a se n t e n z a d e l T.A .R . TO S CA NA –
FI R ENZE, S EZI O NE I I I , n . 00821/2014, r e sa t r a l e p ar t i,FI R ENZE, S EZI O NE I I I , n . 00821/2014, r e sa t r a l e p ar t i,
c o n c e rn e n t e imp ro c e d ib il it à d i ist an z a d i c o n d o n o e d il iz ioc o n c e rn e n t e imp ro c e d ib il it à d i ist an z a d i c o n d o n o e d il iz io
e o rd in e d i d e mo l iz io n e ;e o rd in e d i d e mo l iz io n e ;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in g iudizio del Comune di Monte Argentario;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del g iorno 7 lug lio 2015 il Cons. Gabriella
De Michele e uditi per le parti g li avvocati Taurchini e Jouvenal per
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delega dell'avvocato Piochi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La questione sottoposta all’esame del Colleg io riguarda una fattispecie di
condono edilizio, richiesto in data 1 aprile 1986 ai sensi della leg ge 28
febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia), per la trasformazione ad uso abitativo di un
“capannello ad uso balneare”, collocato su un terreno di proprietà del
Comune di Orbetello.
Con provvedimento del Comune di Monte Argentario n. 1704/86 del 5
marzo 2008 la domanda in questione era dichiarata improcedibile, con
contestuale ordine di demolizione. Il ricorso, al riguardo proposto dal
titolare del manufatto, signor Lamberto Innocenti, veniva respinto con
sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per la Toscana 6 mag g io
2014, n. 821/14 1, nella quale si rilevava la sussistenza di plurime rag ioni
ostative per la sanatoria, pur risultando conclusivamente ritenuta
improcedibile la domanda, per mancata integrazione documentale. Tutte
le censure prospettate erano quindi ritenute infondate, tenuto conto, in
particolare, dei rig orosi vincoli, imposti prima con decreto ministeriale
del 21 febbraio 1958, ai sensi della leg ge 29 g iugno 1939, n. 1497
(Protezione delle bellezze naturali), poi con decreto ministeriale del 28
marzo 1966 (Piano Paesistico del Comune di Monte Argentario), che
esclude in radice, nell’area di cui trattasi, edificazioni diverse dalle mere
attrezzature balneari provvisorie.
Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame
(n. 83/15, notificato il 30 dicembre 2014), in base ai seguenti motivi di
g ravame:
I) violazione o erronea applicazione dell’art. 10-bis della leg ge 7 ag osto
1990, n. 241 (Nuove norme sul procedimento amministrativo);
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motivazione illog ica e contraddittoria, essendo stato erroneamente
ritenuto, nella sentenza appellata, che la garanzia partecipativa, prevista
dalla citata norma, fosse g ià stata assicurata con la richiesta di
integ razione documentale, avanzata dall’Amministrazione; la complessità
della fattispecie, inoltre, avrebbe escluso l’applicabilità dell’art. 21-octies
della leg ge n. 241 del 1990, tenuto conto dell’avvenuto rilascio di una
concessione, in data 23 lug lio 1965, per l’installazione – in località
Fenig lia del Comune di Monte Argentario – di una “cabina di legno
smontabile o in prefabbricato o in manufatto”, la cui effettiva
collocazione era accertata il 21 novembre 1969. Successivamente, nel
1995 veniva rilasciata un’unica licenza di costruzione (in realtà non
necessaria, per opere realizzate prima del 1967) per la ristrutturazione di
tutti g li immobili ad uso balneare presenti nella località in questione e la
Soprintendenza rilasciava, al riguardo, parere favorevole.
II) Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca dell’atto;
violazione dell’art. 2, comma 37, lettera d) della leg ge23 dicembre 1996,
n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), in relazione
all’art. 35 (procedimento per la sanatoria) della leg ge n. 47 del 1985 ed
all’art. 1 (principio di legalità) della leg ge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche al sistema penale), in cui si afferma la non retroattività delle
sanzioni amministrative; violazione dell’art. 2, comma 37, lettera d) della
leg ge n. 662 del 1996 sotto diverso profilo subordinato; eccesso di
potere per violazione dei principi generali dell’ordinamento; erroneo
presupposto di fatto, in quanto risultavano richiesti in via istruttoria
documenti non previsti dalla normativa e non richiesto, invece, un
documento attestante il consenso del proprietario dell’area, la cui
assenza è stata poi inserita fra le cause della dichiarata improcedibilità
dell’istanza di condono, senza che il responsabile del procedimento
avvertisse l’esigenza di richiedere la necessaria integrazione documentale;
III) Eccesso di potere per contraddittorietà ed erroneo presupposto di
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fatto; violazione o erronea applicazione dell’art. 32, comma 5, della leg ge
n. 47 del 1985, in quanto erroneamente il comune di Orbetello – che
aveva accordato la concessione del terreno di sua proprietà e riscosso i
canoni – sarebbe stato ritenuto controinteressato, potendo ritenersi lo
stesso, al contrario, corresponsabile dall’abuso, al quale doveva pure
essere notificato l’ordine di demolizione;
IV) Violazione o erronea applicazione deg li articoli 32 e 33 della leg ge n.
47 del 1985, in quanto il Piano territoriale paesistico del 28 marzo 1966,
impositivo del vincolo di inedificabilità assoluta, sarebbe di un anno
successivo alla costruzione; l’intera zona, peraltro, risulterebbe
interessata da costruzioni abusive ormai legalizzate;
V) Eccesso di potere per carenza di motivazione; necessità di
motivazione rafforzata, in conseguenza del lung o tempo trascorso
dall’edificazione delle opere abusive, realizzate peraltro al di fuori del
centro abitato prima della leg ge-Ponte (come comprovato dalla licenza
edilizia, rilasciata dal Comune di Monte Argentario nel 1965); la
prolungata inerzia del Comune non consentirebbe infatti di ritenere
possibile l’immotivata repressione deg li abusi edilizi, quando
l’Amministrazione fosse stata sicuramente a conoscenza, come nel caso
di specie, della relativa presenza sul territorio;
VI) Violazione dell’art. 141 della leg ge reg ionale 3 gennaio 2005, n. 1
(Norme per il g overno del territorio), non essendosi tenuto conto delle
modifiche intervenute nel testo normativo in questione, che
nell’orig inaria formulazione richiedeva l’accertamento della
riconducibilità, o meno, delle opere abusive alla situazione disciplinata
dall’art. 79, comma 1, lettera a) e comma 2, lettera d) della medesima
legge reg ionale.
Il Comune di Monte Argentario, costituitosi in g iudizio, ribadiva di
avere respinto l’istanza di sanatoria di cui trattasi sulla base di tre
autonomi motivi: 1) mancata integ razione documentale, anche con
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riferimento all’epoca di realizzazione del manufatto ed alla relativa
consist enza; 2) mancato consenso del Comune di Orbetello,
proprietario del terreno; 3) sussistenza di vincolo di inedificabilità
assoluta, in base al decreto ministeriale del 28 marzo 1966, che non
consentiva l’installazione di quello che – nella domanda di condono –
era descritto come un manufatto in muratura, ad uso abitativo, di
superficie pari a mq. 45,82. Quanto alla data di realizzazione
dell’immobile, la delibera di concessione del terreno da parte del
Comune di Orbetello (per anni uno, tacitamente rinnovabile), risultava
datata 23 lug lio 1965, senza successiva sottoscrizione della prevista
convenzione, con conseguente assenza di qualsiasi titolo per il
g odimento del terreno. Il Comune di Monte Argentario, a sua volta,
aveva assentito nel mese di g iugno 1965 la realizzazione di un
“capannello ad uso balneare, di m. 3,19 x m. 3,89, con altezza di m. 2,45”,
in nessun modo comparabile alla costruzione og getto dell’istanza di
condono e, presumibilmente, realizzata tra il 1971 e il 1975, visto che la
domanda di titolo abilitativo per ristrutturazione, presentata il 22 g iugno
1971 dal signor Cagnoli Angelo – anche per conto deg li altri
concessionari – si riferiva ad un “g ruppo di cabine balneari”. In nessun
modo, poi, avrebbero potuto ravvisarsi assenso del Comune di
Orbetello o intervenuta usucapione dell’area (essendo intervenuta
rinuncia alla causa, al riguardo avviata).
DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Colleg io concerne in via
preliminare la dichiarata improcedibilità di una domanda di condono
edilizio presentata, in data 1 aprile 1986, per un fabbricato in muratura
ad uso abitazione, che si affermava realizzato nel 1965.
L’area interessata si trovava nel Comune di Monte Argentario ma era di
proprietà del Comune di Orbetello (che sulla stessa, in località Pertuso,
aveva rilasciato a sette privati, il 28 mag g io 1958, una prima concessione
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precaria tacitamente rinnovabile per tre anni). Con delibera di Giunta n.
817 del 23 lug lio 1965, il Comune di Orbetello dava ulteriormente in
concessione una superficie di mq. 20, in località Fenig lia, a n. 36 privati,
per l’installazione di “cabine balneari in legno …. o in prefabbricato, alle
condizioni esposte nel disciplinare allegato alla delibera e previa
sottoscrizione del disciplinare stesso”. Detta concessione (il cui
disciplinare, per la parte che qui interessa, non risulta mai sottoscritto)
aveva sempre, comunque, durata di un anno, tacitamente rinnovabile,
con obblig o del concessionario di rimuovere l’opera e di ripristinare il
terreno al termine della concessione. Analoga concessione veniva
rilasciata, neg li anni successivi, ad altri privati, come risulta da una
dettag liata consulenza tecnica acquisita – in data 8 lug lio 1991 – dalla
Pretura circondariale di Grosseto, nel procedimento penale n. 91/6290,
che risulta riferito anche al terreno, risultato in possesso dell’attuale
appellante.
Sempre in base a detta consulenza – che fornisce dati non smentiti in
fatto (ad eccezione di quanto riguarda l’esatta superficie del manufatto,
risultante dalla domanda di condono, comunque non determinante ai
fini della presente decisione) – risulta che, con delibera n. 508 in data 1
aprile 1981, la stessa Giunta comunale di Orbetello avesse approvato un
elenco dei concessionari di terreni in proprietà comunale og getto di
concessione, “rilevando g ià allora notevole discordanza tra la superficie
di terreno concessa e quella in più occupata abusivamente”, senza
peraltro che risultasse sottoscritto (con una sola eccezione, non riferita
all’attuale appellante) il disciplinare di concessione precaria e, comunque,
con rilevata occupazione di una superficie magg iore di quella concessa.
L’intera zona risultava compresa nella zona “A” del Piano paesistico del
territorio del Comune di Monte Argentario, approvato con decreto
ministeriale del 28 marzo 1966, come zona di rispetto assoluto della
natura e dell’ambiente, nonché in zona K1 di P.R.G. – attrezzature
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balneari – in cui era consentita solo la “costruzione di opere e manufatti
accessori per le attività balneari”. Notizie più dettag liate sul terreno
occupato dal signor Innocenti, poi, erano fornite nella scheda n. 35, in
cui si descriveva la costruzione in muratura, og getto del presente
g iudizio, con superficie coperta di mq. 35 circa e ulteriore veranda
pavimentata, con occupazione di una superficie di mq. 69. Nella scheda si
ribadivano i vincoli g ravanti sull’area: destinazione di P.T.P. come zona
“A”, destinazione di P.R.G. come zona K1, vincolo paesag g istico ai sensi
della leg ge n. 1497 del 1939 e vincolo idrogeolog ico-forestale. Veniva
anche precisato come l’intervento edilizio fosse localizzato a trenta metri
dalla delimitazione del demanio marittimo, con domanda di condono
che si affermava riferita ad una superficie dichiarata di 25,39 mq, e
“mancante della documentazione necessaria per il reg olare iter
amministrativo”. Come affermato dal Comune e documentato in atti, in
realtà, la superficie del manufatto, og getto dell’istanza di sanatoria, era
indicata come pari a mq. 45,82 (con indicazione riduttiva, secondo
l’Amministrazione comunale, per un manufatto di mq. 54 circa): non si
tratta, comunque, di dati decisivi, risultando non contestabile che
l’edificio, og getto del provvedimento impugnato, fosse per sag oma e
superficie – oltre che per la dichiarata destinazione d’uso –
ontolog icamente incompatibile con l’orig inario “capannello balneare”.
E’ vero che, con sentenza n. 87/71 in data 11 g iugno 1971, il Pretore di
Orbetello aveva assolto alcuni imputati, fra cui l’attuale appellante – nel
g iudizio instaurato avverso numerose persone che, nella medesima
località “Fenig lia” avevano realizzato abusivamente dei manufatti,
definiti come “baracche”. L’assoluzione del signor Innocenti, in
particolare, era g iustificata dal fatto che lo stesso, con pochi altri, aveva
ottenuto una vera e propria “licenza a costruire” dal Comune di Monte
Argentario, benché senza l’autorizzazione della Soprintendenza. Poche
righe più avanti, tuttavia, la costruzione – che risultava autorizzata nel
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1965 come “montag g io di un capannello prefabbricato in c.a.” – veniva
definita “cabina in muratura”. Diversi anni dopo, nella g ià ricordata
consulenza tecnica disposta per altro g iudizio penale, si specificava
d’altra parte che le dimensioni del manufatto autorizzato avrebbero
dovuto essere di ml. 3,89 x 3,19. Non diversamente, la successiva licenza
per ristrutturazione del 18 novembre 1971 – richiesta a nome anche deg li
altri concessionari da tale signor Cagnoli Angelo e sulla quale si era
espressa favorevolmente la Soprintendenza, con nota n. 2564 del 9
g iugno 1971 – risultava riferita ad un “g ruppo di cabine balneari”. La
liquidazione dell’imposta comunale di consumo – richiamata dal
medesimo appellante e preceduta da sopralluog o del tecnico comunale
in data 21 novembre 1969 – risultava a sua volta riferita ad un
“capannello balneare di tipo popolare”.
Non solo, dunque, non esiste in atti la prova della realizzazione di un
fabbricato, identificabile come abitazione e della consistenza indicata
nella domanda di condono, g ià nel 1965; ma le circostanze sopra indicate
fanno presumere un abuso effettuato in data successiva, per realizzare
quella villetta in muratura, di cui esiste documentazione fotog rafica e
che difficilmente avrebbe potuto essere og getto della descrizione,
contenuta nel citato atto di sopralluogo del 1969.
Correttamente, in tale situazione, l’Amministrazione aveva richiesto una
documentazione integ rativa, idonea a chiarire la data di realizzazione del
fabbricato, in una zona in cui – come riportato testualmente nel
provvedimento impugnato – non poteva ammettersi alcuna nuova
costruzione, né “trasformazione di edifici”, con possibilità di realizzare
s o l o “eventuali strutture balneari provvisorie (cabine ed elementi
accessori) da realizzare in legno con coperture leg gere in stuoie, pag lia e
l e g n o ” e vincolo di inedificabilità assoluta per qualsiasi diversa
costruzione.
In assenza poi di qualsiasi produzione, da parte dell’interessato, di
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elementi di prova circa l’effettiva realizzazione nel 1965 (ovvero, prima
dell’approvazione del piano paesag g istico, impositivo del vincolo di
inedificabilità assoluta sull’area) di un manufatto di consistenza e
destinazione d’uso conformi a quelle, indicate nell’istanza di sanatoria,
non poteva non ravvisarsi l’insussistenza dei presupposti per il rilascio del
condono di cui trattasi, ex art. 33 (opere non suscettibili di sanatoria)
della leg ge n. 47 del 28 febbraio 1985 (Norme in materia di controllo
dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
edilizie).
Quanto sopra, tenuto conto delle dimensioni e della dichiarata
destinazione d’uso quale capannello balneare del manufatto,
preesistente all’approvazione del piano paesag g istico, in base a tutta la
documentazione prodotta dalle parti.
Il Colleg io ritiene pertanto che l’appello debba essere respinto, con
assorbimento delle eccezioni di inammissibilità, sollevate dal resistente
Comune di Monte Argentario.
Il provvedimento impugnato – che ha sostanziale carattere di dinieg o di
condono (cui è strettamente consequenziale l’ordine di demolizione) – si
poneva infatti come provvedimento a carattere vincolato, a norma del
g ià citato art. 33 della leg ge n. 47 del 1985, con conseguente applicabilità
dell’art. 21-octies della leg ge n. 241 del 7 ag osto 1990 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai
documenti), che esclude l’annullamento per vizi di forma e di procedura
deg li atti, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso.
Non appare rilevante quindi, a differenza di quanto sostenuto nel primo
motivo di g ravame, l’omessa comunicazione di preavviso di dinieg o, in
quanto la preesistenza di una cabina balneare smontabile, a suo tempo
assentita (e, comunque, unica tipolog ia di manufatto di cui era ammessa
la presenza sul territorio, quanto meno dal 1966) non g iustificava in
alcun modo la sanabilità dell’edificio ad uso abitativo, la cui realizzazione
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era preclusa dalla normativa urbanistica, vigente dalla data sopra indicata.
Solo ove detto edificio fosse stato realizzato antecedentemente al 1966,
in effetti, il vincolo avrebbe dovuto ritenersi relativo e non assoluto (in
quanto il citato art. 33 fa rifermento a vincoli di inedificabilità, imposti
prima dell’esecuzione delle opere abusive), con possibilità di dinieg o
solo in presenza di parere negativo della Soprintendenza, nei termini di
cui al precedente at. 32 della medesima legge n. 47 del 1985.
Nel caso di specie, tuttavia, consistenti indizi escludono la preesistenza
del manufatto in questione, con le attuali caratteristiche, alla predetta
data di approvazione del P.T.P, nè l’interessato ha fornito leale
collaborazione al riguardo nella fase istruttoria, espletata
dall’Amministrazione. Difficilmente, inoltre, può essere contestato il
mancato assenso al condono del Comune di Orbetello, quale
proprietario dell’area, anche a prescindere dalla controversa questione
della permanenza di un titolo concessorio (con convenzione mai
sottoscritta dal medesimo interessato) per la relativa occupazione e per
l’installazione di una cabina balneare (mai, comunque, per un fabbricato
ad uso abitativo). E’ stato depositato infatti un protocollo di intesa,
sottoscritto nel 2010 dai Comuni di Orbetello e di Monte Argentario, in
cui si da atto che su aree di proprietà del Comune di Orbetello, situate
nel territorio del comune di Monte argentario, insistono “manufatti
abusivi”, realizzati da “occupanti senza titolo”, con avvio di una
concordata operazione di recupero e sviluppo dell’area, implicante
anche la demolizione dei manufatti abusivi “con costi a carico del
Comune di Orbetello”.
Non possono trovare accog limento, pertanto, anche il secondo ed il
terzo motivo di g ravame, nei quali si censura – sotto diversi profili di
violazione di leg ge ed eccesso di potere – una presunta richiesta di
documenti non previsti dalla normativa, nonché la mancata richiesta, in
via integ rativa, del consenso del Comune proprietario dell’area; detto
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Comune, inoltre, sarebbe stato sog getto non controinteressato, ma
cointeressato, in rapporto alla posizione dell’appellante, in quanto
“corresponsabile dell’abuso”. In realtà – oltre ad una inammissibile
genericità dei dedotti profili di violazione di leg ge – emerge nella
situazione in esame una situazione di scarso controllo del territorio, cui
sembra essere subentrata, nel corso deg li anni, una mag g iore sensibilità
dell’Amministrazione per la tutela dell’ambiente. Di fatto, pur essendo i
tempi dell’intervento del tutto inconciliabili con qualsiasi canone di
buona amministrazione, i due Comuni interessati – nelle rispettive vesti,
l’uno di proprietario (responsabile di un’area, resa og getto nel corso
deg li anni di occupazioni e costruzioni abusive), l’altro di autorità,
investita di compiti di vig ilanza e tutela del territorio interessato, hanno
concordato interventi cong iunti di sistemazione della zona di cui trattasi
e di ripristino della legalità, avviando una serie di demolizioni di
abitazioni abusive. La sanabilità di queste ultime era preclusa ex lege dal
vincolo di inedificabilità assoluta, imposto sull’area dal g ià ricordato
piano paesag g istico del 1966, di modo che – per rendere detto vincolo
(comunque sussistente ex lege n. 1497 del 1939) di carattere relativo,
sog getto a parere dell’Autorità preposta – l’abuso avrebbe dovuto
essere antecedente a detta normativa urbanistica. Nella domanda di
condono in esame, in effetti, l’esecuzione delle opere era ricondotta al
1965, ma lo stesso signor Innocenti, a pag ina otto dell’appello, richiama
“l’esistenza di un vincolo imposto dal PTP e da una leg ge, entrambi
successivi alla costruzione della cabina balneare”. Tale dichiarazione è del
tutto coincidente con la ricostruzione dei fatti in precedenza illustrata e
g iustifica di per sé l’incondonabilità di un edificio ad uso abitativo, le cui
caratteristiche morfolog iche e strutturali, con annesse esigenze di
urbanizzazione, non potevano in alcun modo sovrapporsi a quelle del
“capannello ad uso balneare”, di cui si fa menzione anche nel
sopralluog o, antecedente alla liquidazione dell’imposta comunale di
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consumo. Di fatto, come emerge dal citato protocollo di intesa del 2010,
l’area prossima al mare di cui si discute, in cui dovevano essere ammesse
solo strutture funzionali alla balneazione, a seguito di pluriennale inerzia
dell’Amministrazione avrebbe assunto caratteristiche analoghe a quelle
di un quartiere residenziale, con reale vanificazione dei valori
paesag g istici tutelati. E’ di tutta evidenza che – ove tale situazione fosse
stata realmente in atto nel 1965 – la stessa imposizione del vincolo
sarebbe risultata anacronistica, mentre, in caso di preesistenza di sing ole
costruzioni ad uso abitativo, un vincolo non assoluto, ma relativo di
inedificabilità avrebbe potuto essere riconosciuto, solo in caso di
documentata presenza di tali costruzioni, purchè di sag oma e
consistenza coincidenti con quelle di cui si chiedeva la sanatoria e g ià
completate funzionalmente prima del 1966: circostanza non solo non
provata nel caso di specie, ma, come g ià detto, smentita dallo stesso
interessato nelle proprie difese (la presenza, nel 1965, di una mera cabina
balneare, escludeva infatti l’avvenuta edificazione, a tale data, di una
villetta ad uso residenziale).
Le arg omentazioni, contenute nei motivi di g ravame in questione, non
appaiono dunque idonee ad evidenziare vizi invalidanti di un
provvedimento vincolato, come quello assunto dall’Amministrazione
Comunale: non si comprende, infatti, come l’intervenuta richiesta di
puntualizzazioni, anche per definire meg lio la data di realizzazione
dell’edificio da condonare, potesse considerarsi estranea ai poteri
istruttori, che l’art. 6 della g ià citata leg ge n. 241 del 1990 affida al
responsabile del procedimento stesso, nè come potesse ritenersi
invalidante la mancata estensione di tale richiesta alla dimostrazione del
consenso del Comune di Orbetello, proprietario dell’area, posto che di
tale consenso non è stata fornita prova nemmeno in corso di causa, fatta
salva la corresponsione di un affitto per la mera occupazione di un’area,
di indimostrata coincidenza con quella effettivamente utilizzata per la
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costruzione e per lo specifico utilizzo abitativo, che il condono avrebbe
dovuto sanare. Appare ininfluente, in tale contesto, la manifestata
convinzione dell’appellante su una presunta corresponsabilità del
Comune di Orbetello, per l’inerzia dello stesso in rapporto ad una
situazione di fatto, consolidatasi nel corso deg li anni, se non per
contestare l’eccezione di inammissibilità sollevata da controparte in
rapporto alla omessa notifica del ricorso al Comune in questione:
eccezione che è stata comunque assorbita, data la complessiva
infondatezza dell’impugnativa.
Ugualmente da respingere appare il quarto motivo di g ravame, in cui si
contestano violazione dei citati articoli 32 e 33 della leg ge n. 47 del 1985,
in rapporto alla data di costruzione dell’immobile di cui trattasi, in
termini g ià esaminati e contraddetti nell’ambito della presente decisione.
La ricordata convenzione del 2010 fra il Comune di Orbetello e quello di
Monte Argentario, anche per avviare le necessarie demolizioni all’interno
della zona, denominata “La Fenig lia” – nonché la documentazione
fotog rafica prodotta, per illustrare l’avvio di dette demolizioni –
dimostrano in modo inequivocabile l’assenza della generalizzata
“legalizzazione”, che secondo l’appellante avrebbe interessato altre
costruzioni, similari a quella di cui è causa. E’ appena il caso di ricordare,
comunque, l’inammissibilità della censura di eccesso di potere per
disparità di trattamento in rapporto ad atti vincolati, come quello in
esame.
Il quinto motivo di g ravame affronta il tema del lung o tempo trascorso
dall’edificazione delle opere abusive, da cui discenderebbe l’obblig o per
l’Amministrazione di motivare più ampiamente la repressione deg li abusi.
L’argomentazione difensiva in questione non può essere condivisa.
La colpevole inerzia dell’Amministrazione nell’espletamento dei propri
doveri di vig ilanza e controllo del territorio, nonché di repressione deg li
abusi edilizi, non può infatti trasformarsi – come la prevalente
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g iurisprudenza riconosce – in consolidamento delle posizioni di chi
abbia commesso illeciti permanenti, quali debbono qualificarsi g li abusi
stessi (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. IV, 3 settembre 2014,
n. 4466; Cons. St., sez. V, 30 g iugno 2014, n. 3281, 7 ag osto 2014, n. 4213;
Cons. St., sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5610, 22 aprile 2014, n. 2027).
Non a caso, l’art. 21 nonies (annullamento d’ufficio) della g ià citata leg ge
n. 241 del 1990 configura una forma di salvaguardia dell’affidamento, in
caso di intervento repressivo dell’Amministrazione, non effettuato entro
u n “termine rag ionevole”, ma solo per l’esercizio della potestà di
autotutela (ovvero, ad esempio, in presenza di un permesso di costruire
illeg ittimamente rilasciato, non anche di opere completamente prive di
titolo). La situazione di chi abbia fatto affidamento su un titolo
abilitativo, benchè illeg ittimo, non può però essere ritenuta equivalente
a quella di chi abbia meramente usufruito, avendone consapevolezza, di
una carenza di controllo del territorio da parte della medesima
Amministrazione. Anche nella sentenza penale, che assolveva il signor
Innocenti nei termini in precedenza ricordati, d’altra parte, la
consapevolezza di quest’ultimo era ricondotta al titolo abilitativo,
ottenuto per l’installazione di una mera cabina balneare.
La stessa parte appellante, in ogni caso, riporta quanto reperibile sul sito
internet della Reg ione Toscana, che per il sistema insediativo del
Comune di Monte Argentario richiama “…la forte presenza antropica
correlata alle attività turistiche…e balneari”, con “proliferare di seconde
case”, fra cui si segnala come proprio “l’area sottostante a Pog g io
Pertuso, in aderenza al tombolo della Fenig lia ” risultasse “fortemente
deg radata, per la presenza di innumerevoli manufatti per lo più ad uso
residenziale, precari, realizzati con materiali, forme, modalità del tutto
inadeguate. L’ag g regazione di tali strutture, comprensive anche delle
relative recinzioni, risulta misera, disorganica e sicuramente da
riqualificare”. Sembra appena il caso di ricordare, tuttavia, come una
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“riqualificazione” ad uso residenziale fosse del tutto preclusa dal piano
territoriale paesag g istico, mentre apparivano – e tuttora appaiono –
sussistenti fondate rag ioni per le demolizioni, g ià concordate fra il
Comune di Orbetello e quello di Monte Argentario.
Le consistenti rag ioni di interesse pubblico, riconducibili ai valori
paesag g istici del sito e tali da determinarne l’inedificabilità dovevano
ritenersi, inoltre, senz’altro assorbenti rispetto all’esigenza o meno di
licenza edilizia, per opere realizzate al di fuori del centro abitato prima
della cosiddetta “Legge-Ponte” (leg ge n. 765 del 6 ag osto 1967
–modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica n. 1150 del 1942).
Quanto al sesto ed ultimo motivo di g ravame, riferito ad asserita
violazione dell’art. 141 (Opere eseguite sui suoli di proprietà dello Stato
o di enti pubblici) della leg ge reg ionale n. 1 del 2005 (Norme per il
Governo del territorio) non si può infine che convenire con la difesa del
Comune resistente, che segnala come detta disposizione – richiedente
diffida prima dell’ordine di demolizione – non fosse applicabile alla
procedura eccezionale, dettata con lex specialis in materia di condono
edilizio. Non si imponevano pertanto, in ogni caso, g li accertamenti che
l’appellante ritiene riconducibili al testo leg islativo, nei termini vigenti
alla data di emanazione del provvedimento impugnato, con richiamo al
precedente art. 79 – commi 1 lettera a) e 2, lettera d) – della medesima
leg ge reg ionale, contenendo la più volte citata leg ge n. 47 del 1985 una
esaustiva reg olamentazione del procedimento sanzionatorio,
conseguente al diniego di condono.
Per le rag ioni esposte, in conclusione, il Colleg io ritiene che l’appello
debba essere respinto; le spese g iudiziali, da porre a carico della parte
soccombente, veng ono liquidate nella misura di €. 5.000,00 (euro
cinquemila/00)
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
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47 / 210
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello indicato in
epigrafe.
Condanna il signor Lamberto Innocenti al pagamento delle spese
g iudiziali, a favore del Comune di Monte Argentario, nella misura di €.
5.000,00 (euro cinquemila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 7 lug lio 2015
con l'intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consig liere
Roberto Giovagnoli, Consig liere
Gabriella De Michele, Consig liere, Estensore
Bernhard Lageder, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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48 / 210
N. 04359/2015REG.PROV.COLL.N. 09234/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 9234 del 2014, proposto dal
Comune di Bellusco nella persona del Sindaco pro-tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Rusconi, con domicilio
eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Piazzale Flaminio, n.19
c o n t roc o n t ro
Dong Zhou Xiao, Schiavi Spa, rappresentati e difesi dag li avvocati
Francesco Laruffa e Roberto Colag rande, con domicilio eletto presso
quest’ultimo, in Roma, viale Lieg i N. 35 B;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza n. 612 del TAR Lombardia – Milano (Sezione Seconda)
del 10 marzo 2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio di Dong Zhou Xiao e di Schiavi
Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del g iorno 19 mag g io 2015 il Cons. Carlo
Mosca e uditi per le parti l’avvocato Andrea Manzi per delega
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dell’avvocato Rusconi,e g li avvocati Laruffa e Colagrande;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L'orig inario e attuale appellato signor Dong Zhon Xiao, in seguito
signor Dong , si rivolgeva al TAR Lombardia per l'annullamento del
dinieg o del permesso di costruire in sanatoria, espresso il 1° febbraio
2012 dal Comune di Bellusco in esito alla sua istanza per la realizzazione
di una porta di collegamento tra lo spazio dell'immobile adibito ad
attività commerciale per la vendita di prodotti non alimentari e la
porzione del capannone a sud, nonché di una bussola di ing resso nella
facciata a sud ovest dello stesso immobile, con ripostig lio laterale, e
ancora di un muro di separazione in corrispondenza dei pilastri portanti
lung o il lato nord-ovest, del controsoffitto su tutta la superficie del
locale e, infine, di tutte le altre opere necessarie per utilizzare l'intera
superficie del locale per la vendita di capi di abbig liamento, anziché per
l’uso di deposito.
Le opere predette hanno riguardato un immobile di proprietà della
società Schiavi s.p.a., eseguito nell'ambito di un piano di lottizzazione
commerciale-terziario avviato nel 1998 e per il quale, in data 29 mag g io
2007, è stato stipulato un atto unilaterale d'obblig o tra la predetta
società e il comune di Bellusco con cui veniva previsto che sull'immobile
medesimo non potesse essere esercitata un'attività di vendita in uno
spazio superiore a mq. 1500, in conformità a quanto previsto dall'articolo
122 del Piano delle Reg ole dello stesso Comune per medie strutture di
vendita, inserito nel Piano di g overno del territorio. All'atto della
realizzazione delle medesime opere, nell'immobile risultava essere
presente un supermercato con una superficie di vendita autorizzata pari
a mq. 1200. In effetti, il signor Dong , il 26 ottobre 2010, presentava una
SCIA, allo scopo di creare nel citato immobile una nuova area di vendita,
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ma la ritirava subito dopo per malintesi intervenuti con il suo tecnico di
fiducia. Nel frattempo, in seguito ad un sopralluog o effettuato il 13
gennaio 2011, il Comune accertava che, in assenza di qualsiasi titolo o
comunicazione erano state eseguite non solo le opere di cui alla SCIA
ritirata, ma anche nuovi lavori che portavano alla trasformazione di un
deposito di 900 mq. in locale commerciale, per una superficie
complessiva di mq. 1200 contro i 300 mq. autorizzati in favore del
predetto signor Dong , titolare dell'impresa individuale “Kin Kin Store”.
Accertata la violazione, il Comune avviava il procedimento di cui
all'articolo 31 del D.P.R. n. 380/2001, comunicandolo all'interessato con
l'atto del 21 gennaio 2011. Il successivo 6 aprile 2011 lo stesso signor
Dong , cong iuntamente con la società Schiavi, presentava istanza di
sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 al fine di sanare le
opere abusive eseguite, richiedendo contestualmente l'ampliamento
dell'autorizzazione commerciale dai 300 mq. orig inari a 1200 mq.
Il Comune, dopo il preavviso ai sensi dell'art. 10 bis della leg ge n.
241/90, rigettava la richiesta, in quanto:
a. l'istanza di sanatoria riguardava le opere rilevate in sede di sopralluogo,
nonché l'uso a locale di vendita della porzione di capannone destinata a
deposito;
b. l'edificio ricadeva in zona urbanistica secondo il PGT vigente, AMF2-
media struttura di vendita;
c. l'articolo 122 del Piano delle Reg ole consentiva l'insediamento di
medie strutture commerciali con superficie di vendita non superiore a
mq. 1500;
d. con l'atto unilaterale di obblig o stipulato il 29 mag g io 2007 tra la
società Schiavi proprietaria dell'immobile concesso in affitto al signor
Dong e il Comune medesimo era stato pattuito che l'insediamento della
media struttura di vendita era consentito sino al rag g iung imento della
superficie totale massima ammessa per l'insediamento e cioè' 1500 mq. ;
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e. nell'immobile in questione risultava g ia' insediata un'attività
commerciale della superficie di mq. 1200 circa e l'attivita' svolta
dall'impresa individuale del signor Dong su una superficie commerciale
di mq. 300, per uno sviluppo complessivo delle due attività commerciali
di mq. 1500;
f. dall'accertamento effettuato tramite sopralluog o, la superficie
commerciale risultava incrementata di mq. 900, ben oltre quanto stabilito
dall'atto unilaterale d'obblig o, con conseguente cambio di destinazione
d'uso del capannone deposito a locale di vendita.
Il provvedimento di rigetto dell'istanza di sanatoria veniva impugnato
con plurimi motivi di censura, che riguardavano pure il Piano di g overno
del territorio comunale e, in particolare, l'art. 122 del Piano delle Reg ole
e con motivi ag g iunti presentati il 31 ottobre 2012, l'ordinanza di
ripristino dello stato dei luoghi del 26 lug lio 2012. Avverso quest'ultima
ordinanza proponeva altresì ricorso la citata societa' Schiavi, eccependo
censure in parte coincidenti con quelle di cui ricorso del signor Dong .
2. Con la sentenza impugnata, il primo g iudice, dopo aver provveduto,
per rag ioni di connessione og gettiva e sog gettiva, a riunire i due
g ravami, accog lieva il ricorso presentato dal signor Dong e i relativi
motivi ag g iunti, e dichiarava improcedibile il ricorso proposto dalla
società Schiavi. In particolare, con riguardo al ricorso accolto stabiliva:
a. di disattendere l'eccezione di inammissibilità per intervenuta
acquiescenza, poiché quest'ultima esige un'esplicita e non equivoca
manifestazione di volontà di piena accettazione deg li atti che si pretende
di impugnare, mediante il compimento di comportamenti univocamente
rivelatori della volontà di accettarne g li effetti, volontà posta in essere in
un momento successivo a quello in cui si è verificata la lesione
dell'interesse leg ittimo azionato;
b. di ritenere, sulla base della g iurisprudenza più recente dello stesso
TAR Lombardia, che g li atti di pianificazione urbanistica non possono
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introdurre limiti e restrizioni all'insediamento o ampliamento delle
attività economiche in determinati ambiti territoriali, se essi non sono
riconducibili ad esigenze annoverabili fra i motivi imperativi di interesse
generale. Ciò in quanto la normativa comunitaria e segnatamente la
direttiva Bolkestein, recepita nell'ordinamento interno dal d.lgs. n.
59/2010, prevede che l'iniziativa economica non possa essere di reg ola
assog gettata ad autorizzazioni e limitazioni, essendo ciò consentito solo
qualora sussistano motivi imperativi di interesse generale rientranti nel
catalog o formulato dalla Corte di g iustizia. Ne consegue la distinzione
fra atti di prog rammazione economica - che in linea di principio non
possono più essere fonte di limitazioni all'insediamento di nuove attività
- e atti di prog rammazione aventi natura non economica, i quali, invece,
nel rispetto del principio di proporzionalità, possono imporre limiti
rispondenti ad esigenze annoverabili fra i motivi imperativi di interesse
generale (cfr. art. 11, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 59 del 2010, art. 34,
comma 3, lett. a) del d.lgs. 201/2011). Tale distinzione riverbera i suoi
effetti anche nell'ambito deg li atti di prog rammazione territoriale,
dovendosi verificare se essi perseguano finalità di tutela dell'ambiente
urbano o, comunque, riconducibili all'obiettivo di dare ordine e
razionalità all'assetto del territorio, oppure perseguano la reg olazione
autoritativa dell'offerta sul mercato dei servizi attraverso restrizioni
territoriali alla libertà d'insediamento delle imprese. Il citato d.lgs. n.
59/2010 impone, quindi, al g iudice chiamato a sindacare la leg ittimità
deg li atti di pianificazione urbanistica che dispong ono limiti o restrizioni
all'insediamento di nuove attività economiche in determinati ambiti
territoriali, l'obblig o di effettuare un riscontro più penetrante di quello
che si riteneva essere consentito in passato. Ciò, per verificare, se
effettivamente i divieti imposti possano ritenersi correlati e proporzionati
ad effettive esigenze di tutela dell'ambiente urbano e dell'ordinato
assetto del territorio, dovendosi, in caso contrario, reputare che le
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limitazioni in parola non siano riconducibili a motivi imperativi di
interesse generale e siano, perciò, illeg ittime;
c. di ritenere che i provvedimenti leg islativi sopra menzionati non
dispong ono solo per il futuro, ma conteng ono clausole di abrogazione
attraverso cui il leg islatore statale ha manifestato la volontà di incidere
sulle norme reg olamentari e sug li atti amministrativi generali vigenti,
imponendo alle reg ioni e ag li enti locali una revisione dei propri
ordinamenti finalizzata ad individuare quali norme siano effettivamente
necessarie per la salvaguardia deg li interessi di rang o primario
annoverabili fra i motivi imperativi di interesse generale e quali, invece,
siano espressione diretta o indiretta dei principi dirig istici che la direttiva
servizi ha messo definitivamente fuori g ioco ( art. 31, ultimo periodo del
comma 2 del D.L. n.201 del 2011 e art.1, comma 4 del D.L. n. 1 del 2012),
fermo restando che, ai sensi dell'art. 1, comma 2 della leg ge n. 131/2003
la decorrenza del termine assegnato dal leg islatore statale per
l'adeguamento deg li ordinamenti reg ionali e locali ai principi in materia
di concorrenza, comporta la perdita di efficacia di ogni disposizione
reg ionale e locale, leg islativa e regolamentare, con essi incompatibili;
d. di evidenziare la fondatezza delle censure con cui si è lamentata la
violazione dell'art. 31 del D.L. 201/2011, nonché il difetto di istruttoria e
di motivazione dell'operato dell'Amministrazione comunale sfociato nel
dinieg o di sanatoria, atteso che, al cospetto della limitazione
all'insediamento e/o all'ampliamento di medie strutture di vendita posta
dall'art. 122 citato, il Comune stesso non ha fornito alcuna
dimostrazione che detta limitazione fosse g iustificata dai superiori motivi
imperativi di interesse generale sopra ricordati. In tal senso, l'
Amministrazione avrebbe dovuto evidenziare nel dinieg o, anche al
cospetto deg li obblighi assunti dalla società' Schiavi nell'atto d'obblig o
più volte richiamato, l'insufficienza deg li stessi ai fini dell'insediamento di
una nuova struttura di vendita o, comunque, la indisponibilità della
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stessa società all'assunzione di ulteriori obblighi, che si fossero resi
necessari a salvaguardia dei superiori motivi più sopra evidenziati, di cui
pure occorreva dare contezza. Dag li atti di causa è emerso, invece, che il
Comune ha ritenuto impossibile insediare nell'area di proprietà della
societa' Schiavi un'altra struttura di vendita, in ag g iunta a quella per la
quale era stato stipulato l'atto d'obblig o più volte richiamato ed è
emerso, altresì, che la difesa comunale abbia affermato, senza però'
fornire alcuna dimostrazione, che g li impegni assunti dalla medesima
società Schiavi nel citato atto unilaterale d'obblig o del 29 mag g io 2007,
risultassero inadeguati rispetto alla dotazione di standard o di altre opere
pubbliche richieste dalla destinazione d'uso realizzata dal ricorrente. In
tal modo, il provvedimento di rigetto dell'istanza anzi di sanatoria non è
stato preceduto da una verifica in concreto della ricorrenza delle finalità
di interesse generale, che solo potrebbero consentire le limitazioni
all'insediamento di nuove attività economiche come quelle di cui all'art.
122 citato, da parte di atti di prog rammazione aventi natura non
economica;
e. di soprassedere, per la pregnanza delle suesposte censure, allo
scrutinio dei restanti motivi del ricorso introduttivo, da reputarsi
dunque assorbiti.
Dall'accog limento del ricorso introduttivo conseguiva, poi,
l'accog limento deg li stessi motivi ag g iunti che, vertendo sull'atto
conseguente a quello impugnato col ricorso, facevano principalmente
leva sul vizio di invalidità derivata da reputarsi fondato.
Dall'accog limento del ricorso del signor Dong conseguiva pure
l'improcedibilità per difetto di interesse del g ravame della società Schiavi.
3. Con l'appello in epig rafe, la sentenza del TAR Lombardia è stata
ritenuta errata perché ha travisato i fatti di causa, confondendo i due
distinti profili della vicenda, quello del rilascio dell'autorizzazione per
l'ampliamento dell'attività commerciali, l'altro relativo ag li abusi edilizi
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commessi dall'orig inario ricorrente per l'ampliamento di tale attività. Ciò'
senza considerare che il requisito della doppia conformità di cui
all'articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001, non esisteva nel momento in cui era
stata presentata l'istanza di sanatoria.
In particolare, la parte appellante ha evidenziato che:
a. l'accertamento dell'abuso edilizio ha trovato riscontro nel verbale n.
781 del 20 gennaio 2011 che non è stato impugnato né dall'orig inario
ricorrente, né dalla società Schiavi, come e' del resto avvenuto per il
provvedimento n.782 del 21 gennaio 2011;
b. il ricorso in primo g rado su cui si è pronunciata la sentenza impugnata
ha per oggetto il diniego di sanatoria del 1 febbraio 2012;
c. con la mancata impugnazione deg li atti di cui alla precedente lettera
a., il ricorrente orig inario ha manifestato una chiara e inequivocabile
acquiescenza nei confronti dell'accertamento dell'abuso edilizio
riscontrato dal Comune;
d. il provvedimento con cui il Comune ha comunicato al sig.Dong e alla
società Schiavi di procedere al ripristino dello stato dei luoghi è stato
emanato il 21 gennaio 2011, mentre l'istanza ex art. 36 del D.P.R.
380/2011 è stata depositata (da entrambi i ricorrenti) il 6 aprile 2011, con
ciò evidenziandosi l'acquiescenza ai provvedimenti comunali;
e. il signor Dong non ha impugnato neanche l'ordinanza comunale n.
6/2011 in data 11 marzo 2011 di sospensione dell'attività commerciale per
ripetute violazioni dell'art. 8 del d.lgs. n.114/1998, con ciò manifestando
ulteriore acquiescenza che non è' stata ravvisata dal TAR Lombardia;
f. il ricorso in primo g rado della società Schiavi è comunque
inammissibile perché tardivo in quanto la citata società proprietaria
dell'immobile, quantunque destinataria dei provvedimenti comunali, e
malg rado abbia presentato cong iuntamente al signor Dong l'istanza di
sanatoria, ha poi esclusivamente impugnato l'ordinanza n. 32/2012
conseguente ai prefetti accertamenti e valutazioni del Comune, mai
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contestati;
g. il Comune aveva eccepito l'inammissibilità delle censure sollevate dal
signor Dong nei confronti dell'articolo 122 del Piano comunale delle
Reg ole e il primo g iudice ha rigettato l'eccezione, ritenendo che “la
concreta lesività della norma reg olamentare non potesse essere nota
all'istante, discendendo la stessa dalla concreta applicazione che
l'Amministrazione ne avrebbe fatto mediante il dinieg o qui avversato”.
La sentenza è quindi errata ha errato perché il citato Piano risale al 2008
e quindi i termini per la sua impugnazione sono scaduti e comunque lo
sono anche con riguardo al momento in cui il predetto articolo 122 ha
manifestato la sua concreta lesività. L'accertamento dell'abuso edilizio, e
la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 31 del D.P.R. n.
380/2001, sono stati, infatti, rispettivamente eseguiti dal Comune con g li
atti n. 781 del 20 gennaio 2011 e n. 782 del 21 gennaio 2011 ed è quindi
da tale data che il citato art. 122 ha manifestato la sua concreta lesività.
Essendo, pero', il ricorso stato proposto il 26 marzo 2012, risulta
evidente la sua tardività;
h. il primo g iudice ha ravvisato l'illeg ittimità della decisione del Comune
di Bellusco per l'asserita violazione dell'articolo 31 del D.L. 201/2011, in
ciò travisando i fatti poiché non è' stato valutato l'abuso edilizio
commesso, ma solo il profilo riguardante la reg olarità urbanistico-edilizia
delle opere contestate. Avendo l'articolo 36 del d.P.R. 380/2001, come
presupposto, l'accertamento della doppia conformità ed essendo le date
di riferimento per la valutazione della leg ittimità dell''intervento, quelle
del 13 gennaio 2011 e del 6 aprile 2011 ( accertamento dell'abuso e
presentazione dell'istanza di sanatoria), pur potendo l'intervento abusivo
essere stato effettuato anche in un periodo anteriore, come sostenuto
dal Dong , va evidenziato che il decreto leg ge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito dalla leg ge 22 dicembre 2011, n. 214 non era in vig ore sia al
momento di esecuzione dell'intervento che all'atto di presentazione
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dell'istanza di sanatoria. Quindi, il requisito della doppia conformita' era
del tutto assente a quelle date e di conseguenza il Comune non poteva
che applicare il citato art. 122 del Piano comunale delle Reg ole. Lo
stesso termine assegnato ag li ordinamenti reg ionali e locali per adeguarsi
alle novità introdotte dall'articolo 31 del d.l. n.201/2011 e la loro
conseguente perdita di efficacia nel caso di mancato recepimento della
predetta norma, non esisteva, non essendo ancora entrata in vigore;
i. la sentenza impugnata ha omesso ogni considerazione in merito
all'abuso edilizio eseguito dal signor Dong , il quale, senza alcuna
comunicazione e titolo, ha trasformato un deposito di 900 mq. in locale
commerciale per la vendita di articoli vari. Risulta, quindi, irrilevante
l'ammissibilità dell'intervento sulla base della normativa vigente all'epoca
dei fatti, poiché il Comune doveva esercitare il suo potere di vig ilanza
urbanistico-edilizia sul proprio territorio, come ha fatto nel caso di
specie;
l. i motivi ag g iunti presentati dal signor Dong avverso l'ordinanza n.
32/2012 vanno dichiarati inammissibili per carenza di interesse, essendo
eg li solo il conduttore di parte dell'immobile e non avendo pertanto
alcun interesse a sindacare l'acquisizione a titolo g ratuito dell'area nel
caso di mancata ottemperanza all'ordine di demolizione e ripristino;
m. nel ricorso di primo g rado e' stata, altresì, contestata dai ricorrenti la
leg ittimità dell'ordinanza n. 32 del 26 lug lio 2012, non potendo applicarsi
l'articolo 31 del d.P.R. n.380/2001 ad un semplice intervento di
manutenzione straordinaria. Fermo quindi l'inammissibilità del ricorso,
non essendo stata impugnata l' ordinanza di demolizione e ripristino, le
opere contestate non rientrano comunque tra quelle catalogate come
manutenzione straordinaria sog getta al reg ime della SCIA e disciplinate
dall'art. 3, comma 1, lettera b) del d.P.R. n. 380/2011, ma rientrano in
quelle di ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) dello
stesso d.P.R., essendo peraltro stato accertato un cambio di destinazione
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d'uso, da deposito ad esercizio commerciale con la creazione di un
nuovo spazio pari a 900 mq. con alterazione del carico urbanistico
dell'area e con conseguente esigenza di reperimento di nuove aree per
servizi e di preventivo rilascio del permesso di costruire. In ogni caso, la
disciplina della SCIA non avrebbe potuto trovare applicazione, poiché'
nel caso di specie vi è' stata una variazione rispetto all'orig inario
permesso di costruire rilasciato in favore della società Schiavi, che anche
alla luce dell'atto unilaterale di obblig o, prevedeva l'insediamento di una
media struttura commerciale per una superficie di vendita pari a mq.
1500, mentre in seguito all'intervento contestato l'area di vendita è
diventata di ben 2.400 mq. .
n. circa la dichiarazione di improcedibilità per difetto di interesse del
ricorso della Società Schiavi, da una parte va ribadita l'inammissibilità del
ricorso di quest'ultima, sia per acquiescenza che per mancata tempestiva
impugnazione deg li atti presupposti e comunque va evidenziata la
leg ittimità del provvedimento di acquisizione dell'area, visto che la
medesima società, sempre destinataria di tutti i provvedimenti del
Comune, fino all'adozione dell'ordinanza di demolizione n. 32 del 26
lug lio 2012, non ha mai eseguito alcun intervento idoneo ad indurre il
signor Dong ad eliminare g li abusi edilizi commessi.
4. Con il controricorso del 7 gennaio 2015, l'attuale appellato e
orig inario ricorrente, dopo aver riepilogato i fatti e affermato di avere
provveduto ad una semplice ripartizione interna deg li spazi , realizzando
un muro di separazione in cartongesso e un controsoffitto senza
aumento di volumetria dell'immobile di proprietà della società Schiavi,
evidenziando che sulla parte a lui locata può' insistere una superficie
commerciale di vendita pari a 1500 mq., superficie ugualmente fruibile
dall'altra porzione di immobile concessa in locazione ad altra società'.
Ciò' in quanto i 1500 mq., previsti dall'atto unilaterale di obblig o
stipulato tra Comune e società Schiavi, non si riferiscono alla somma di
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superficie di cui possono servirsi entrambe le strutture, ma alla superficie
di vendita di cui può avvalersi ciascuna delle strutture che occupano le
porzioni citate.
Diversamente la società Schiavi non avrebbe assunto, con le convenzioni
stipulate con il Comune, g li ingenti oneri per la realizzazione di opere di
urbanizzazione primaria e secondaria e non avrebbe ceduto al Comune
un'area di superficie pari a 750 mq., oltre a 545 mq.di area di rispetto
assumendosi l'obblig o di sistemare e riassettare nuove pavimentazioni,
vialetti, g iochi e panchine di un parco pubblico, nonché di creare
un'area di sosta per autobus e un ulteriore parcheg g io pubblico.
Riguardando l'autorizzazione n. 242 del 20 ottobre 2010 una superficie
di vendita pari a 300 mq., in data 6 aprile 2011 l'attuale parte appellata
aveva chiesto il permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del
d..P.R. n. 380/2001, per un intervento di manutenzione straordinaria
sull'immobile, invero g ià realizzato. In effetti, l'intervento era stato
preceduto dalla presentazione di una SCIA in data 26 ottobre 2010, poi
erroneamente ritirata il successivo 2 dicembre per un'incomprensione tra
il ricorrente e il tecnico di fiducia. L'istanza di sanatoria era stata quindi
presentata proprio per eliminare le irreg olarità' prodotte a seguito
dell'erroneo ritiro della SCIA che avrebbe consentito un più ampio
sfruttamento della superficie destinata alla vendita.
Peraltro, per i citati interventi edilizi veniva attivato un procedimento
penale che si concludeva con una sentenza di assoluzione perché il fatto
non costituisce reato, emanata dal Tribunale di Monza il 29 aprile 2014.
In particolare, l'attuale appellato sui motivi di appello proposti dal
Comune, ha osservato quanto segue:
a. sulla mancata impugnazione dell'ordinanza n. 782/2011 e
sull'acquiescenza ai provvedimenti comunali a seguito della istanza di
sanatoria, l'atto n. 781 del 20 gennaio 2011 non può' essere considerato
un'ordinanza, essendo un verbale di sopralluog o per presunta illazione
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urbanistico-edilizia, come tale non impugnabile. Da esso è conseguita
l'ordinanza di rimozione n. 32/2012 impugnata anche dalla società
Schiavi. Neppure peraltro l'atto n. 782 del 21 gennaio 2011 è
un'ordinanza di ripristino, trattandosi di una comunicazione di avvio del
procedimento sanzionatorio pure essa non impugnabile. L'ordinanza n.
6 dell'11 marzo 2011 riguarda, invece, la sospensione dell'attività
commerciale per violazione dell'articolo 8 del d.lgs. n. 114/98. Nessuna
acquiescenza, né tardività può dunque ravvisarsi nel caso di specie. La
sanzione amministrativa è' stata applicata a causa del realizzato
ampliamento della superficie di vendita senza alcun titolo. Da qui del
resto, la successiva richiesta di permesso in sanatoria. Analogamente non
sussiste l'eccepita mancata impugnazione dell'articolo 122 del Piano
Comunale delle Reg ole che è del 2008, cioè' è successivo alle
convenzioni stipulate tra la società Schiavi e il Comune e comunque è' in
contrasto non solo con le menzionate convenzioni urbanistiche
antecedenti al PGT del 2008, ma pure con la leg islazione sulla
liberalizzazione e, in particolare, con il d.l. n. 201/2011 convertito dalla
leg ge n. 214/2011, i cui effetti sulla normativa preesistente sono stati
evidenziati dal primo g iudice con un' ampia ed esaustiva motivazione .
b. sull'abuso edilizio e sul dinieg o di sanatoria, e in particolare sul
requisito della doppia conformità, in violazione dell'articolo 36 del d.P.R.
n. 380/2001, va ribadito che il motivo di appello e' inammissibile perché'
formulato genericamente, ne' da esso si evince perché il più' volte citato
art. 31 del d.l. n. 201/2011, entrato in vig ore successivamente alla data di
presentazione dell'istanza di sanatoria non si applicherebbe al caso di
specie e perché non scaturirebbero g li effetti previsti da quest'ultimo
decreto leg ge, inutilmente decorso il termine assegnato per
l'adeguamento deg li ordinamenti reg ionali e locali ai principi in materia
di concorrenza. In ogni caso, il principio della doppia conformità non
preclude il diritto ad ottenere la concessione in sanatoria di opere che,
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realizzate senza concessione o in difformità da quest'ultima, siano
conformi alla normativa urbanistica vigente al momento in cui l'autorità
comunale provvede sulla domanda di sanatoria. La direttiva Bolkestein
relativa ai servizi nel mercato interno è stata, del resto, recepita nel
nostro ordinamento dal d.lgs n. 59/2010 e ad essa sono ispirati i
provvedimenti di liberalizzazione fra cui l'articolo 31 del d.l. n. 201/2011
convertito dalla leg ge n. 214/2011. In tal senso, l'istruttoria del Comune
conclusasi il 1 febbraio 2012 avrebbe dovuto tenere conto
dell'intervenuta nuova leg islazione e, in particolare, del fatto che il
citato d.lgs. n. 59/2010 di recepimento della direttiva europea era
anteriore sia alla realizzazione delle opere, sia alla presentazione
dell'istanza di sanatoria e che l'articolo 122 del Piano delle reg ole non
poteva impedire l'applicazione della medesima direttiva, essendo stato
abrogato dall'art. 34 del citato d.l. n. 201/2011. La stessa g iurisprudenza
ha peraltro sancito che l'inutile decorso del termine assegnato per
l'adeguamento deg li ordinamenti reg ionali e locali ai principi in materia
di concorrenza determina la perdita di efficacia di ogni disposizione
reg ionale e locale con essi incompatibile e comunque non è possibile
incidere direttamente o indirettamente sull'equilibrio tra domanda e
offerta e non eliminare i vincoli che possono incidere negativamente
sull'assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale,
e vi è quindi l'obblig o di disapplicare ogni norma contrastante con i
principi dettati dal leg islatore statale in attuazione del principio di libera
concorrenza di stampo comunitario;
c. circa l'eccepita assenza di interesse ad impugnare, con i motivi
ag g iunti, l'ordinanza n. 32/2012 di ripristino dello stato dei luoghi,
l'appellato, insieme con la società' proprietaria dell'immobile, è stato
destinatario della citata ordinanza quale conduttore dell'esercizio ed
esecutore materiale delle opere;
d. circa le caratteristiche dell'intervento edilizio, non è stato realizzato
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alcun aumento di volumetria dell'immobile di proprietà della società
Schiavi, l'intervento era stato preceduto dalla presentazione della SCIA
in data 26 ottobre 2010, poi invero ritirata per un'incomprensione con il
tecnico di fiducia e poi seguito dalla istanza di sanatoria per opere
rientranti ai sensi dell'art. 27, comma 1, lettera b, della leg ge reg ionale, n.
12/2005, tra quelle di manutenzione straordinaria. Nè corrisponde al
vero che la parte del capannone in cui sono state realizzate le opere
contestate abbia una destinazione a deposito, poiché l'intero
capannone, come si evince dalla convenzione, ha destinazione d'uso
commerciale-terziario. Non è' stato poi realizzato un nuovo accesso nella
facciata sud-ovest, poiché esso g ià esisteva, mentre è stata ag g iunta una
porta interna a vetri per proteg gere l'interno dall'aria proveniente dalla
apertura g ià esistente, per finalità di risparmio energetico analogamente
a quanto ottenuto con la controsoffittatura. Non si tratta, quindi, di un
organismo edilizio diverso per caratteristiche tipolog iche,
planovolumetriche o di utilizzazione, da quello og getto del permesso di
costruire o dell'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel
progetto, motivo per cui non è applicabile alla fattispecie l'art. 31 del
d.P.R. n. 380/2001;
e. il Comune ha autorizzato nell'edificio di proprietà della società Schiavi
l'insediamento di una media struttura con due esercizi commerciali
distinti, conformemente a quanto stabilito in sede di convenzione
autorizzativa alla realizzazione dell'edificio, convenzione del 28 mag g io
2007, in cui la società Schiavi ha convenuto di cedere al Comune
un'ulteriore area di mq. 750, a fronte dell'impegno del Comune a
rilasciare l'autorizzazione commerciale richiesta, nonché il titolo
abilitativo per l'insediamento di un'altra media struttura di vendita fino al
rag g iung imento della superficie totale massima ammessa per
l'insediamento di mq. 1500. Da ciò si evince che anche l'area concessa in
locazione al signor Dong ha destinazione d'uso commerciale-terziario e
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può ospitare una media struttura di vendita di dimensioni sino a 1500
mq., visto che il progetto approvato, in data 29 gennaio 2004, dal
Comune come variante al permesso di costruire e allegato all'atto
unilaterale d'obblig o di cessione di area a titolo g ratuito, qualifica la
superficie dell'edificio attualmente in locazione al signor Dong quale
superficie commerciale-terziaria. Le opere contestate sono all'interno
della superficie coperta e, alla luce delle modifiche intervenute con
l'art.13 bis del d.l. n. 83/2012 rientrano addirittura nell'attività edilizia
libera alla pari delle modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti
ad esercizio d'impresa. Comunque, anche prima della predetta modifica
leg islativa, le citate opere rientravano tra quelle di manutenzione
straordinaria ex art. 27 della leg ge reg ionale Lombardia n. 12/2005, come
tali assoggettabili ad un diverso reg ime sanzionatorio;
f. non vi è stato mutamento di destinazione d'uso, in quanto
l'ampliamento ha riguardato l'ambito della medesima destinazione
urbanistica e la stessa autorizzazione del ricorrente prevede 300 mq.
come superficie di vendita e mq. 1500 come superficie complessiva, senza
alcuna altra specificazione. La modifica è semmai intervenuta nell'ambito
della medesima categ oria funzionale commerciale-terziario, modifica non
vietata da alcuna norma del PGT del Comune;
g. circa la sollevata inammissibilità del ricorso della società Schiavi avverso
l'ordinanza di ripristino per acquiescenza e per mancata tempestiva
impugnazione deg li atti presupposti vale quanto osservato alla
precedente lettera a. . In merito poi alla sanzione dell'acquisizione di
diritto e g ratuità al patrimonio comunale dell'opera abusiva e della
relativa area di sedime e di pertinenza, essa non è applicabile alla ipotesi
in questione che non attiene alla fattispecie di cui all'art. 31 d.P.R. n.
380/2001, ma più specificamente ad opere realizzabili ai sensi dell'art. 22
del medesimo d.P.R. , mediante D.I.A., essendo di manutenzione
straordinaria e il cui reg ime sanzionatorio è disciplinato dal successivo
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art. 37, che prevede la sola sanzione pecuniaria. Anche ove tali opere
rientrassero tra quelle di “ristrutturazione edilizia” la sanzione applicabile
sarebbe comunque quella pecuniaria di cui all'art. 33 dello stesso D.P.R.
o della demolizione delle opere abusive, mai dell'acquisizione dell'area di
sedime al patrimonio del Comune . Quest'ultimo acquisirebbe la
proprietà di un capannone realizzato in virtù di reg olare permesso di
costruire, senza dire che la società Schiavi è estranea alla realizzazione
delle asserite opere abusive che non ha mai autorizzato, come si evince
da alcune raccomandate del 28 marzo 2011 e del 15 ottobre 2012, pur
essendo a conoscenza della presentazione della SCIA da parte del
proprio conduttore per la realizzazione delle predette opere. Solo in
data 4 dicembre, poi, avendo il Signor Dong chiesto l'annullamento
della pratica edilizia, la società Schiavi ne veniva a conoscenza con la
notifica della comunicazione di avvio di procedimento sanzionatorio. Da
qui la presentazione cong iunta dell'istanza di permesso di costruire in
sanatoria, presentata il 6 aprile 2011, non intendendo la società'
ostacolare la leg ittima attivita' commerciale del conduttore.
L'accog limento del ricorso in primo g rado conferma che l'interesse
leg ittimo di cui è portatore il Signor Dong è fondato come lo è quello
della società, la quale è da ritenersi estranea alle accuse di inerzia nei
confronti del conduttore e all'abuso contestato dal Comune con
conseguente esclusione dell'applicabilità' della sanzione dell'acquisizione
g ratuita al patrimonio che può' essere disposta esclusivamente in danno
del responsabile dell'abuso edilizio, ove eg li sia anche proprietario del
bene.
È' stato chiesto, infine, il risarcimento dei danni derivanti dall'eventuale
esecuzione dei provvedimenti impugnati.
5. Con memoria del 10 aprile 2015 il Comune di Bellusco ha replicato alle
osservazioni delle parti resistenti, evidenziando le opere eseguite
eseguite sull'immobile in assenza di titolo e, in particolare, la
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trasformazione di un deposito di 900 mq. in locale commerciale con
l'ampliamento della superficie di vendita del neg ozio a 1200 mq. contro i
300 mq. autorizzati. E' stato, altresì, specificato che l'intero edificio in cui
si trova l'attività' commerciale è stato realizzato nell'ambito di un piano
di lottizzazione -terziario avviato nel 1998 e che l'atto unilaterale
d'obblig o stipulato tra Comune e Società Schiavi ha previsto che
sull'immobile non possa essere esercitata una attività di vendita superiore
a mq. 1500, diversamente da quanto ritenuto dalle parti appellate
secondo cui i due esercizi di vendita insistenti nell'immobile possono
ciascuno occupare una superficie sino a 1500 mq..
L'Amministrazione Comunale ha poi insistito:
a. sull'inammissibilità' del ricorso non dichiarata dal primo g iudice,
contenendo l'ordinanza n. 782/2011 l'avvertimento di procedere alla
demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi ed essendo quindi
evidente la sua natura di provvedimento sanzionatorio da impugnare
entro i termini di leg ge. La citata ordinanza e lo stesso verbale n.
781/2011 sono del resto atti presupposti del dinieg o di accertamento di
conformità e della successiva ordinanza di demolizione, da impugnare al
momento del ricorso introduttivo, mentre il signor Dong ha impugnato
esclusivamente il dinieg o di sanatoria del 1 febbraio 2012, come la
Società Schiavi si è limitata ad impugnare l'ordinanza n. 32/2012;
b. sull'inammissibilità' del ricorso non dichiarata dal primo g iudice,
avendo le ricorrenti avuto la piena consapevolezza della concreta lesività
dell'articolo 122 del Piano comunale delle Reg ole sin dal 2008 all'atto
della sua approvazione e comunque dal momento in cui è stato
accertato e sanzionato l'abuso commesso dal signor Dong , con i
provvedimenti del 20 gennaio 2011 e del 21 gennaio 2011 ed essendo il
ricorso del Dong stato notificato in data 26 marzo 2012, il ricorso è
inammissibile, poiché tardivo.
Ne' e' accettabile la tesi avversaria secondo cui l'approvazione del citato
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Piano sia stata finalizzata ad impedire la realizzazione della seconda media
struttura di vendita, poiché' l'atto unilaterale d'obblig o era precedente
all'approvazione e g ia' prevedeva le limitazioni indicate;
c. sulla non genericita' della censura circa l'errore commesso dal primo
giudice sull'illeg ittimità del dinieg o di sanatoria, essendo documentale la
mancanza del requisito della doppia conformità, visto che alla data del 13
gennaio 2011 di accertamento dell'abuso e del 6 aprile 2011 di
presentazione dell'istanza ex art. 36 d.P.R. n.380/2011, le opere edilizie
erano state eseguite in assenza di titolo , ed essendo l'articolo 31 del
decreto leg ge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla leg ge 22
dicembre 2011, n. 214, stato introdotto nell'ordinamento in una data
successiva a quella della citata presentazione della domanda di sanatoria.
Ne' era ancora in vig ore, a quella data, la successiva norma di cui all'art. 1
del d.l. n. 1/2012, sempre richiamata dal TAR Milano nella sentenza
impugnata, secondo cui si devono considerare abrogate le disposizioni
di pianificazione e prog rammazione territoriale o temporale autoritativa
con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico,
che pong ono limiti, prog rammi e controlli non rag ionevoli, ovvero non
adeguati, ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche
dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano
l'avvio di nuove attività economiche o l'ing resso di nuovi operatori
economici.
La stessa g iurisprudenza amministrativa richiede, infatti, la doppia
conformità, ossia il rispetto della leg ge vigente al momento
dell'esecuzione dell'abuso e al momento della presentazione della
domandata sanatoria, ritenendo irrilevante il fatto che l'intervento
diventi conforme in seguito all'entrata in vig ore di una nuova normativa
più favorevole, essendo devoluto al solo leg islatore di prevedere i casi in
cui può essere rilasciato un titolo edilizio in sanatoria, risultando
rag ionevole il divieto di rilasciare una sanatoria, anche quando dopo la
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commissione dell'abuso, vi sia stata una modifica favorevole dello
strumento urbanistico, onde evitare qualsiasi strumentalizzazione.
La doppia conformità non sussiste quindi, nel caso di specie, poiché
comunque l'intervento ha violato l'articolo 122 del Piano comunale delle
Reg ole del Comune di Bellusco, secondo cui il PDR 2008 consente
l'insediamento di medie strutture commerciali con superficie di vendita
non superiori a mq. 1500 e in ciascuna area specificamente perimetrata
sul documento “P.d. R. 12.0 Quadro Territoriale” è possibile la
realizzazione di una sola media struttura di vendita.
Il primo g iudice non ha comunque valutato che il dinieg o di sanatoria
non era rivolto ad impedire l'esercizio di un'attività commerciale, bensì a
sanzionare il cambio di destinazione d'uso da deposito ad esercizio
commerciale con la creazione di un nuovo spazio pari a 900 mq. con un
intervento di ristrutturazione edilizia previsto dall'articolo 3 comma 1
lett. d., del d.P.R. n.380/2001 eseguito in assenza di qualsiasi titolo e in
violazione, altresì, dall'articolo 64 (Disciplina dei mutamenti di
destinazione d'uso) del Piano comunale delle Reg ole, secondo cui
devono essere reperite ulteriori aree per servizi, visto che la
trasformazione di un deposito in un'area di ben 900 mq. destinati alla
vendita, ha evidenti ricadute sul rispetto deg li standard urbanistici;
d. sulla contraddittorietà' in cui è incorso il primo g iudice circa
l'impugnazione dell'ordinanza n. 32/2012 da parte del signor Dong , in
quanto, nella fase cautelare, lo stesso g iudice aveva precisato l'assenza di
leg ittimazione del medesimo nella sua qualità di conduttore ed
esecutore materiale delle opere, poiché' il paventato danno derivante
dall'acquisizione di diritto dell'area in caso di inottemperanza
all'ordinanza impugnata con i motivi ag g iunti, era a carico di un distinto
sog getto g iuridico proprietario dell'area in questione, valutazione del
tutto assente nella successiva decisione di merito;
e. sulle caratteristiche dell'intervento edilizio e sulla leg ittimità
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dell'ordinanza di demolizione, in quanto l'intervento eseguito dal
Signor. Dong non costituisce manutenzione straordinaria sog getta al
reg ime della SCIA, bensì ristrutturazione edilizia, in cui rientrano, ai
sensi dell'articolo 3, comma 1 lett. b) del D.P.R. 380/2001, vigente al
momento dell'esecuzione dell'intervento edilizio, le opere e le modifiche
necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali deg li edifici,
nonché per realizzare e integ rare i servizi ig ienico-sanitari e tecnolog ici,
in assenza di alterazione di volumi, e superfici delle sing ole unità'
immobiliari e di modifiche di destinazione d'uso. Nel caso di specie vi è
stato un cambio di destinazione d'uso, da deposito ad esercizio
commerciale con la creazione di un nuovo spazio pari a 900 mq. e quindi
l'intervento ricade all'interno dell'ipotesi di ristrutturazione edilizia
prevista dall'articolo 3, comma 1, lett. d., con la conseguenza della
esigenza di recuperare nuove aree per servizi, in conformità alle
previsioni del richiamato articolo 64 del Piano comunale delle Reg ole
intervenendo peraltro tale cambio di destinazione tra categ orie edilizie
funzionalmente autonome e non omogenee.
L'articolo 6, comma 2 del d.P.R. 380/2001, così come modificato dal D.L.
83/2012, richiamato dalla difesa di controparte, non può, del resto,
trovare applicazione nel caso di specie, in quanto norma sopravvenuta
sia rispetto alla data dell'abuso edilizio che alla data di presentazione
della domanda di accertamento. Risulta, quindi, leg ittimo il
provvedimento emanato ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001,
configurandosi una trasformazione edilizia produttiva di vantag g i
economici connessi all'utilizzazione di essa;
f. sulla responsabilità della Società Schiavi che, sin dal primo
accertamento del 20 gennaio 2011, è stata, insieme con il signor Dong ,
destinataria di tutti i provvedimenti del Comune, fino all'adozione
dell'ordinanza di ripristino n. 32 del 26 lug lio 2012, e comunque, in
questo intervallo temporale, non ha posto in essere alcun intervento
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idoneo ad indurre il signor Dong ad eliminare g li abusi edilizi commessi.
Il fatto poi che sia il Dong che la predetta Società ag iscano
cong iuntamente in appello denota la sussistenza di una comunanza di
interessi che esclude la non conoscenza da parte della società' circa
l'attività svolta dal Dong e conferma l'assenza di qualsiasi controllo
sull'immobile di proprietà in cui è stata commesso l'abuso edilizio,
ampliando la superficie di vendita e cambiando la destinazione d'uso.
6. Con ulteriore memoria di replica del 27 aprile 2015, il signor Dong e la
Società Schiavi, ad integ razione di quanto g ià illustrato, eccepito e
arg omentato, hanno specificato che il contenzioso in questione ha
orig ine proprio dall'illeg ittimo dinieg o del permesso di costruire in
sanatoria la cui richiesta era collegata all'assenza di titolo edilizio delle
opere, invero precedute dalla SCIA del 26 ottobre 2010, poi ritirata
erroneamente il successivo dicembre, sebbene le opere fossero g ià
ultimate e riguardassero una superficie di 500 mq. e non di 900 mq. come
sostenuto dal Comune, non investendo comunque la parte
dell'immobile g ià destinata a deposito.
Il Dong e la società Schiavi hanno ribadito, altresì, in merito all'atto
unilaterale d'obblig o, che l'interpretazione fornita dal Comune in merito
alla superficie di 1500 mq. riguardante entrambe le medie strutture di
vendita e non ciascuna di esse, è' contrastante con la lettera della
convenzione e con la reale volontà della società Schiavi, la quale non ha
neppure realizzato tutta la superficie concessa dal piano di lottizzazione,
pur assumendo oneri consistenti nei confronti del Comune. In merito
alla mancata impugnazione dell'ordinanza n. 782/2011 e all'acquiescenza
ag li atti comunali seguiti all'istanza di sanatoria, è stato poi ulteriormente
evidenziato che la citata ordinanza è una comunicazione di avvio del
procedimento sanzionatorio, come tale non impugnabile e altrettanto è'
atto endoprocedimentale non impugnabile il verbale n. 781/2011.
Nell'evidenziare, quindi, che la mancata impugnazione dell'articolo 122
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del Piano comunale delle Reg ole e' derivata dalla non conoscenza di tale
previsione all'atto della sua approvazione, è stato messo in risalto che
l'autorizzazione per la seconda struttura di vendita risale al 2010 sotto il
vig ore della norma di Piano e che, in ogni caso, è inammissibile la
censura concernente la tesi di parte sulla non applicabilita', al caso di
specie, dell'articolo 31 del d.l. n.201/2011 e, in particolare, deg li effetti
conseguenti all'inutile decorso del termine assegnato dal leg islatore
statale per l'adeguamento deg li ordinamenti reg ionali e locali ai princìpi
in materia di concorrenza.
Il Dong e la Società Schiavi hanno, infine, insistito sul fatto che, con le
opere contestate, non è stato realizzato alcun aumento di volumetria
dell'edificio esistente e che l'istanza di sanatoria è stata presentata per
opere rientranti nella manutenzione straordinaria ai sensi dell'articolo 27,
comma 1, lettera b. della leg ge reg ionale n. 12/2005 ed ancora che
l'intero capannone ha destinazione d'uso commerciale-terziario, senza
alcuna parte destinata ad uso deposito, come si evince dalla stessa
planimetria allegata all'atto unilaterale di obblig o e dal certificato di
destinazione urbanistico. L'intervento non ha, pertanto, comportato la
creazione di alcun organismo edilizio integ ralmente diverso da quello
og getto dell'autorizzazione iniziale, ne' vi è stata alcuna modifica di
destinazione d'uso tra categ orie autonome dal punto di vista
urbanistico.
DIRITTO
1. L'appello è fondato per le motivazioni di seguito esposte a cui g iova
premettere, riepilogandoli in breve sintesi, g li avvenimenti og getto della
questione sollevata, in rag ione della complessità della vicenda,
soprattutto sotto il profilo fattuale.
1.1. Con autorizzazione n. 242 del 29 ottobre 2010, il Comune di
Bellusco, a seguito di sua specifica richiesta, autorizzava il signor Dong ,
in qualità di titolare della omonima impresa individuale, al sub ing resso al
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signor Chiang Dafu, nella media struttura commerciale sita in corso Alpi
n. 23/2 dello stesso Comune per una superficie di vendita dell'esercizio
(settore merceolog ico), di mq. 300 su una superficie complessiva
dell'esercizio di mq. 1500, su cui g ià insisteva altra attività commerciale
autorizzata per una superficie di mq. 1200.
1.2 Qualche g iorno prima, in data 25 ottobre 2010, il Signor Dong aveva
presentato una SCIA in qualità di proprietario, (in effetti, era locatario
risalendo la proprietà dell'immobile alla Società Schiavi S.p.A. - impresa di
Costruzioni) per segnalare l'inizio dei lavori sulla unità immobiliare sita al
richiamato civico di Via Alpi n. 23, lavori consistenti in opere dichiarate
di manutenzione straordinaria ai sensi dell'articolo 27, comma 1, lettera
b) della legge reg ionale n. 12/2005.
La citata segnalazione veniva annullata dallo stesso signor Dong con
esplicita richiesta del 2 dicembre 2010, con cui veniva sollevato
contestualmente, dag li incarichi di progettista e direttore dei lavori,
l'architetto Vincenzo Invernizzi.
1.3 Con rapporto n. 781 del successivo 20 gennaio 2011, funzionari del
settore tecnico comunale e della polizia locale, a seguito di sopralluog o
presso il citato immobile per verificare l'effettiva mancata realizzazione
delle opere inizialmente segnalate e poi annullate, constatavano, invece,
la realizzazione di una porta di collegamento tra lo spazio commerciale
esistente e la porzione di capannone a sud, la realizzazione di una
bussola di ing resso nella facciata lato sud-ovest, con ripostig lio laterale,
la realizzazione di un muro di separazione in corrispondenza dei pilastri
portanti lung o il lato nord-est, la realizzazione di un controsoffitto su
tutte la superficie del locale per un'altezza netta interna di metri tre ed,
infine, l'utilizzazione di tutta la superficie del locale per una dimensione
complessiva di mq. 500 circa, a scopo commerciale per vendita di
abbig liamento.
Nella circostanza, g li accertatori verificavano così che erano state
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realizzate alcune delle opere edilizie segnalate con la SCIA, ma per le
quali era stato dichiarato l'annullamento. Gli stessi accertatori
evidenziavano che l'immobile ricadeva in zona urbanistica, secondo il
Piano generale del Territorio vigente AMF2 – medie strutture di
vendita, il cui articolo 122 del Piano comunale delle Reg ole 2008
consente l'insediamento di medie strutture commerciali con superficie di
vendita non superiore a mq. 1500, ai sensi del d.lgs. n. 114/98 e della
leg ge reg ionale n. 14/99 nelle aree specificatamente individuate sul
documento P.d.R. 12.0 e che, in ciascuna di queste ultime aree, è
possibile la realizzazione di una sola media struttura di vendita.
L'accertamento non ometteva di rilevare che, con l'atto unilaterale
d'obblig o stipulato il 29 mag g io 2007 tra la citata impresa Schiavi e lo
stesso Comune di Bellusco, si era pattuito che l'insediamento di una
media struttura di vendita era consentito sino al rag g iung imento della
superficie totale massima ammessa per l'insediamento in quell'immobile e
cioè mq. 1500, occupati prima del sopralluog o og getto del verbale, da
un'attività commerciale della superficie di mq. 1200 circa e da un'altra
attività commerciale, quella del signor Dong , della superficie di mq. 300.
Il sopralluog o accertava, quindi, che con le opere realizzate la superficie
commerciale era stata incrementata di mq. 900 circa. Al verbale risultava
allegata documentazione g rafica e fotog rafica comprovante l'esito deg li
accertamenti.
1.4 A questi ultimi seguiva la comunicazione di avvio del procedimento ai
sensi deg li articoli 7 e 8 della leg ge n. 241/90, (così del resto era indicato
espressamente nell'og getto della nota n. 782 del 21 gennaio 2011) in cui
si avvertiva contestualmente che, qualora il responsabile dell'abuso non
avesse provveduto alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi
nel termine di 90 g iorni dall'ing iunzione emessa dal Comune, il bene e
l'area di sedime sarebbero stati acquisiti g ratuitamente al patrimonio
comunale.
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1 . 5 Il successivo 11 marzo 2011 con ordinanza n. 6, il Sindaco,
sospendeva per venti g iorni l'attività commerciale del Dong nell'area
non inclusa nell'autorizzazione del 29 ottobre 2010, sulla base del citato
rapporto n. 781/2011 e del verbale n. 18 del 22 febbraio 2011 con cui la
polizia locale accertava la violazione da parte del signor Dong delle
disposizioni di cui all'articolo 8 del d.lgs. 114/98 sul superamento dei
limiti di superfici commerciale per medie strutture di vendita.
1.6 In data 4 aprile 2011, poi, il signor Dong , unitamente con la Società
Schiavi, richiedeva il permesso di costruire in sanatoria, ai sensi
dell'articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001 per le effettuate opere di
manutenzione straordinaria ex articolo 27, comma 1, lettera b) della
leg ge reg ionale 11 marzo 2005, n. 12, attestando a pag. 3/8 del
documento di richiesta che l'immobile og getto dell'intervento ricadeva
in zona AMF2 dello strumento urbanistico vigente con destinazione
mono funzionale per media struttura di vendita, come normato
dall'articolo 122 del Piano delle Reg ole dello strumento urbanistico
vigente.
1.7 Con nota del 24 g iugno 2011, l'ufficio edilizia privata del Comune
esaminava la predetta richiesta di permesso in sanatoria per le opere
rilevate con l'atto n. 781 del 20 gennaio 2011 e di cui alla successiva
ordinanza n. 2/2011 riepilogando quanto previsto dal citato art. 122 del
Piano delle Reg ole e dall'atto unilaterale di obblig o pur esso citato in
precedenza, nonché richiamando l'esito del verbale di accertamento e di
contestazione dell'incremento della superficie commerciale,
concludendo per la violazione commessa nei riguardi del Piano delle
Reg ole e dell'atto unilaterale d'obblig o e con la conseguente non
sanabilità delle opere medesime.
1.8 Con nota, prot. n. 9262 del 14 lug lio 2011, il Comune di Bellusco
procedeva quindi a comunicare, ai sensi dell'articolo 10 bis della leg ge n.
241/90, l'avviso di rigetto dell'istanza di sanatoria, motivandola con la
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violazione di quanto previsto dal citato atto unilaterale di obblig o del 29
mag g io 2007 in termini di superamento del limite alla superficie totale
massima commerciale, ammesso per l'insediamento della media struttura
di vendita.
Con successivo atto, prot. n. 1266 del 1 febbraio 2012, impugnato dal
signor Dong , il Comune viste le osservazioni pervenute il 21 lug lio 2011,
accertate le violazioni dell'articolo 122 del Piano delle Reg ole e dell'Atto
unilaterale d'obblig o, considerata la superficie commerciale autorizzata
per i due esercizi di vendita insistenti nell'immobile in questione, pari a
1500 mq. e l'incremento di tale superficie commerciale di 900 mq. con
conseguente cambio di destinazione dello spazio destinato alla vendita,
provvedeva a respingere l'istanza di permesso in sanatoria ai sensi del
d.P.R. n. 380/2001. Con ordinanza n. 32 del 26 lug lio 2012, veniva così
ing iunto al signor Dong , quale conduttore ed esecutore materiale e alla
Società Schiavi, quale proprietaria dell'immobile, richiamando il dinieg o
di sanatoria, l'articolo 31 del D.P.R. n. 380/01 e l'ordinanza n. 2/2011 con
cui si diffidava la parte a ripristinare lo stato dei luoghi, con l’avvertenza
che la inottemperanza avrebbe comportato l'acquisizione g ratuita al
patrimonio comunale delle opere abusive e della relativa area di sedime.
L'ordinanza n. 32/2012 veniva così impugnata dinanzi al TAR sia dal
Signor Dong che dalla Società Schiavi.
2. Riepilogati i fatti, preliminarmente vanno respinte le eccezioni di
inammissibilità del ricorso formulate dal Comune di Bellusco.
Diversamente da quanto ritenuto da quest'ultimo, e come invero
sostenuto dag li appellati, l'atto comunale prot. n. 782 del 21 gennaio
2011, non è un'ordinanza di demolizione, ma una comunicazione di
avvio del procedimento sanzionatorio di cui all'articolo 31 del d.P.R. n.
380/2001, senza alcun effetto sanzionatorio, ma che, come
esplicitamente richiamato nell'atto, sollecita g li interessati signor Dong e
Società Schiavi a partecipare al procedimento medesimo mediante l'invio
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di memorie scritte e documenti.
Essendo sia l'atto n. 782/2011 che il precedente atto n. 781 di
accertamento delle violazioni da considerare come atti presupposti del
p ro ced imen t o, essi non erano da impugnare poichè atti
endoprocedimentali rispetto all'eventuale successiva ordinanza di
demolizione.
Analogamente, va respinta l'eccezione di irricevibilità del ricorso per
tardiva impugnazione del dinieg o di sanatoria, in base alla circostanza
che le parti ricorrenti in primo g rado non avevano impugnato l’articolo
122 del Piano comunale delle Reg ole, nonostante avessero avuto
contezza della sua lesività concreta, sin dal 2008 anno di approvazione
del Piano e comunque dal momento dell'accertamento e della
comunicazione di avvio del procedimento. Il contenzioso su cui si è
pronunciato il primo g iudice riguarda, infatti, il ritenuto illeg ittimo
dinieg o del permesso di costruire in sanatoria collegato all'assenza di
titolo edilizio delle opere realizzate, opere per le quali era stata in un
primo tempo presentata la SCIA, poi ritirata a distanza di pochi g iorni e
per le quali opere, una volta realizzate e consumato l'abuso edilizio, era
stata presentata apposita istanza di sanatoria dal conduttore ed
esecutore materiale delle opere signor Dong e dalla Società Schiavi
proprietaria dell'immobile. In tal senso, il provvedimento di diniego è del
1 febbraio 2012 e il ricorso è stato notificato, nei termini, il 26 marzo
2012.
Nè, invero, produce alcun effetto sull'ammissibilità del ricorso, la
mancata impugnazione da parte del signor Dong dell'ordinanza di
sospensione n. 6 dell'11 marzo 2011 dell'attività commerciale del Dong ,
dal momento che l'ordinanza riguarda un altro procedimento
sanzionatorio connesso alla violazione dell'articolo 8 del d.lgs. n. 114/98
ed è comunque precedente alla istanza presentata dal signor Dong per
sanare l'abuso delle opere realizzate senza alcun titolo. Neppure, in tal
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senso, vi è quindi acquiescenza alle decisioni comunali successive.
2.1 Ciò posto l'appello è fondato, essendo il citato dinieg o di sanatoria
adottato leg ittimamente, essendo stata accertata la violazione
dell'articolo 122 del più volte citato Piano delle Reg ole e dell'atto
unilaterale di obblig o stipulato tra il Comune medesimo e la Società
Schiavi proprietaria dell'immobile.
Circa l'articolo 122 su cui si ritornerà in prosieguo relativamente alla sua
applicabilità, questo Colleg io osserva che la sua vigenza è richiamata
nell'istanza di permesso di costruire in sanatoria del 4 aprile 2011,
laddove sia il signor Dong che la società Schiavi attestano che l'immobile
og getto dell'intervento ricade in zona AM F2 dello strumento
urbanistico vigente con destinazione funzionale per media struttura di
vendita “come normato dall'articolo 122 del Piano Comunale delle
Regole” dello strumento urbanistico vigente.
Alla data, quindi, del 4 aprile 2011 alle citate parti era chiara la portata e
la vigenza della richiamata norma.
2 .2 Circa il predetto atto unilaterale di obblig o, dal contenuto del
medesimo si evince, secondo i canoni della log icità e della
rag ionevolezza, che il Comune si impegna a rilasciare un'autorizzazione
per l'insediamento di una media struttura commerciale di mq. 1200 e
un'altra autorizzazione sino al rag g iung imento della superficie totale
massima ammessa per l'insediamento di una media struttura di vendita
per mq. 1500 – (pag ine 2, 3 e 5 dell'atto medesimo stilato davanti al
Notaio di Bergamo in data 29 magg io 2007).
Nel rispetto di tale obbligazione, quest'ultima autorizzazione riguardava,
infatti, una superficie di vendita di mq. 300 rilasciata al signor Dong con
il g ià citato atto n. 242 del 29 ottobre 2010.
E' quindi priva di fondamento la tesi sostenuta secondo cui l'atto
unilaterale di vendita consente a ciascuna delle attività commerciali,
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inserite nella media struttura di vendita, di rag g iungere i mq. 1500, che
devono invece intendersi come la superficie totale ammessa per
l'insediamento di una media struttura commerciale di vendita che in un
immobile non può superare complessivamente i mq. 1500.
L'accertato ampliamento di tale superficie di vendita è quindi illeg ittimo,
perché contrastante con le obbligazioni assunte dalle parti in causa, in
coerenza con la funzione di cui al più volte richiamato articolo 122 del
Piano delle Regole.
La questione dell'ampliamento dell'attività commerciale accertata anche
tramite la destinazione ad altro uso di un'area in precedenza adibita a
deposito si intreccia, nella specie, con le opere realizzate abusivamente
dal signor Dong per rendere possibile il citato ampliamento, opere
abusive perché eseguite senza titolo.
Invero, posto che i lavori connessi a tali opere dichiarate di
manutenzione straordinaria ai sensi dell'articolo 27, comma 1, lettera d)
della leg ge reg ionale n. 12/2005 erano continuati, nonostante fosse
venuta meno la SCIA in quanto annullata dalla specifica richiesta dello
stesso signor Dong in data 2 dicembre 2010, non vi è dubbio che le
opere realizzate fossero, in ogni caso, abusive all'atto dell'istanza di
sanatoria e ciò a prescindere dalla stessa natura delle opere medesime di
cui si dirà successivamente.
Del resto, la leg ittimità, ai fini della sanatoria deg li interventi realizzati,
doveva essere valutata dal Comune ai sensi dell'articolo 36 del d.P.R. n.
380/2001, verificando la doppia conformità riferita al momento
dell'accertamento dell'abuso e al momento della presentazione
dell'istanza di sanatoria, rispettivamente coincidenti con il 13 gennaio
2011, data del sopralluog o da parte del Comune sull'immobile e con il 4
aprile 2011 data di presentazione della citata istanza di sanatoria.
In tal senso, correttamente il Comune ha rilevato l'irreg olarità
urbanistica edilizia delle opere medesime nei due citati momenti, in
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rag ione della vigenza del Piano delle Reg ole e dell'attività dell'atto
unilaterale d'obblig o, fermo restando che leg ittimamente le opere
contestate non possono rientrare in quelle di manutenzione
straordinaria di cui all'art. 3, comma 1, lettera b) del d.P.R. n. 380/2001,
per le quali è sufficiente la SCIA, ma invece configurano interventi di
ristrutturazione edilizia di cui allo stesso articolo 3, comma 1, lettera d)
del citato D.P.R. in quanto volti a trasformare il precedente organismo
edilizio per adattarlo al cambio di destinazione di uso. Il che è avvenuto
nella specie poiché è stata accertato la creazione di una nuova area di
vendita su una parte del preesistente capannone, in precedenza adibito a
deposito, con conseguente alterazione del carico urbanistico dell'area.
Peraltro, con riguardo a quanto previsto dall'atto unilaterale di obblig o,
vi è stata una variazione rispetto all'orig inario permesso di costruire
rilasciato dal Comune alla società Schiavi, relativo ad un edificio
commerciale-terziario della superficie di circa 3552,80 mq., con due
autorizzazioni all'insediamento di una media struttura di vendita per
complessivi mq. 1500.
2.3. Questo Colleg io ritiene leg ittima anche l'ordinanza n. 32 del 26
lug lio 2012, proprio in rag ione di quanto motivato in precedenza a
proposito di opere costituenti interventi di ristrutturazione edilizia volti
a trasformare il precedente organismo edilizio per adattarlo ad una
utilizzazione diversa da quella dell'orig inario permesso di costruire, ciò
con l'ampliamento deg li spazi destinati alla vendita.
2.4 Non si è trattato quindi, diversamente da quanto ritenuto dal signor
Dong e dalla società Schiavi, di opere di semplice ripartizione interna
deg li spazi finalizzata ad utilizzare completamente la superficie ammessa
alla vendita sino a 1500 mq., pur in presenza di una autorizzazione per
soli 300 mq., opere in ogni caso realizzate senza alcun titolo.
Nè g li ingenti oneri assunti dalla Società Schiavi e previsti dall'atto
unilaterale di obblig o in cambio delle autorizzazioni rilasciate dal
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Comune, possono g iustificare una differente e irrag ionevole
interpretazione circa il limite massimo della superficie di vendita, sino a
consentire al signor Dong e alla stessa Società di modificare
unilateralmente la portata dei contenuti delle obbligazioni assunte e, in
particolare, le autorizzazioni rilasciate dal Comune.
Neppure è possibile ritenere, come pretenderebbe il signor Dong ,, che
il motivo di appello concernente la mancanza della doppia conformità
sia inammissibile perché formulato genericamente, dal momento che
esso è invece puntuale e ben articolato e nemmeno che al caso di specie
si sarebbe dovuto applicare l'articolo 31 del decreto leg ge 6 dicembre
2011, n. 201 convertito dalla leg ge 22 dicembre 2011, n. 214, essendo
entrato in vig ore successivamente alla data di presentazione dell'istanza
di sanatoria.
Anche comunque a voler superare il principio della doppia conformità
cui dianzi si è fatto riferimento e che, ad avviso di questo Colleg io, non è
superabile, il termine assegnato (30 settembre 2012 per l'adeguamento
deg li ordinamenti reg ionali e locali ai principi in materia di concorrenza,
stabilito a livello europeo e in linea con il reclutamento della direttiva
comunitaria 2006/123 (cosiddetta Bolkestein) operata dal d.lgs. n.
59/2010), non era ancora decorso alla data del provvedimento di rigetto
dell'istanza di sanatoria che è del 1 febbraio 2012. Lo stesso termine del
30 settembre 2012 non era neanche decorso alla data del provvedimento
comunale del 26 lug lio 2012 di ripristino dello stato dei luoghi.
Il Piano delle Reg ole il cui articolo 122 è stato più volte richiamato era
quindi ancora in vig ore e il Comune leg ittimamente lo ha rispettato. Né
peraltro, posta l’eccezione della doppia conformità, la portata di tale
norma può essere comunque considerata restrizione, tra quelle abrogate
dall'articolo 34, comma 3, lettere da a) a g ) .
Ed, infine, neppure può essere chiamato in causa l'articolo 6, comma 2
del d.P.R. n. 380/2001, come modificato dal d.l. 22 g iugno 2012, n. 83,
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convertito dalla leg ge 7 ag osto 2012, n. 134 che ha introdotto la lettera
e) bis al citato articolo 6, comma 2, secondo cui sono attività di edilizia
libera non richiedenti alcun titolo abitativo le modifiche interne di
carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio
di impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali, ovvero le
modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio
d'impresa. Ciò in quanto la norma è sopravvenuta sia rispetto alla data
dell'accertamento dell'abuso edilizio (13 gennaio 2011) che alla data della
presentazione dell'istanza di sanatoria (4 aprile 2011) e pure alla data del
provvedimento di rigetto della sanatoria medesima (1 febbraio 2012).
2 . 5 Circa, infine, la responsabilità della Società Schiavi proprietaria
dell'immobile, lo svolgersi dei fatti dimostra il pieno sconvolg imento di
essa, visto che è stata destinataria di tutti i provvedimenti comunali sin
dalla comunicazione di avvio del procedimento di cui all'atto prot. n. 782
del 21 gennaio 2011 e fino alla citata ordinanza di ripristino dello stato
dei luoghi del 26 lug lio 2012. Ciò inequivocabilmente è significativo,
oltre che della conoscenza di quanto nel tempo stava accadendo, anche
dell'inerzia rispetto ai comportamenti illeg ittimi del signor Dong che,
anzi, risultano completamente condivisi nel momento in cui i medesimi
hanno proposto appello avverso la richiamata ordinanza di ripristino
dello stato dei luoghi con separati ricorsi, poi riuniti per evidenti rag ioni
di connessione og gettiva e sog gettiva dal g iudice di primo g rado che ha
accolto con la sentenza impugnata il ricorso preposto dal signor Dong e
dichiarato improcedibile il ricorso proposto dalla Società Schiavi.
2.6 La sopravvenienza della normativa in precedenza citata, con riguardo
sia al d.l. 201/2011 convertito dalla leg ge 12 dicembre 2011, n. 214 , che
al d.l. n. 83/2012 convertito dalla leg ge 7 ag osto 2012, n. 134,
consentono al Comune di Bellusco, nell'ambito della sua discrezionalità
,di riesaminare l'intera vicenda, qualora venga formulata apposita nuova
istanza di sanatoria dalle parti interessate, anche alla luce deg li
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adeguamenti deg li ordinamenti reg ionali e locali intervenuti nel
frattempo, in coerenza con quanto previsto dal più volte citato articolo
31 del d.l. n. 201/2011 convertito dalla legge n. 214/2011.
3. In conclusione, vanno respinte tutte le eccezioni di inammissibilità
formulate dalla parte appellante, ma vanno accolti tutti i motivi di
appello e di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, vanno
respinti i ricorsi presentati in primo g rado dal signor Dong e dalla
Società Schiavi.
Per la complessità della vicenda sotto i profili fattuali e soprattutto
g iuridico, questo Colleg io ritiene di compensare le spese del doppio
grado di g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 9234 del 2014) lo
accog lie nei sensi suesposti e, per l'effetto, in riforma della sentenza
impugnata, respinge i ricorsi preposti in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità
Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consig lio del 19 mag g io 2015, con
l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
Vincenzo Lopilato, Consig liere
Marco Buricelli, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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N. 04358/2015REG.PROV.COLL.N. 08789/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 8789 del 2014, proposto da:
-OMISSIS- - -OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dag li avvocati Mario Sanino, Lorenzo
Corag g io e Arturo Cancrini, con domicilio eletto presso lo studio di
quest’ultimo, in Roma, via G. Mercalli, 13;
c o n t roc o n t ro
Autorità nazionale anticorruzione - Anac (g ià Autorità per la vig ilanza
sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - Avcp), in persona del
Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale
dello Stato, domiciliataria per legge, in Roma, via dei Portoghesi, 12;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per il Lazio, Sede
di Roma, Sezione III, n. 10788/2014, resa tra le parti e concernente:
irrogazione sanzioni amministrative con annotazione nel casellario
informatico delle imprese;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in g iudizio dell’Autorità appellata;
Viste le memorie difensive;
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Visti tutti g li atti della causa;
Visto l’art. 52, commi 1 e 2, d. lgs. 30 g iugno 2003, n. 196;
Relatore, nell’udienza pubblica del g iorno 12 mag g io 2015, il Consig liere
Bernhard Lageder e uditi, per le parti, g li avvocati Sanino e Cancrini,
nonché l’avvocato dello Stato Stig liano Messuti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale per il Lazio respingeva i ricorsi
n. 6676 del 2013 e n. 10449 del 2013, tra di loro riuniti, proposti dalla -
OMISSIS- - -OMISSIS- s.p.a. avverso i seguenti atti:
(i) il provvedimento n. 158-s del 23 aprile 2013, con cui l’Autorità per la
vig ilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - Avcp (ora,
Autorità nazionale anticorruzione - Anac) aveva comminato alla società
ricorrente una sanzione pecuniaria di euro 14.844,96, con relativa
annotazione nel casellario informatico delle imprese, per violazione
dell’art. 70, comma 1, lett. a), d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (secondo cui
le Società organismi di attestazione «devono comportarsi con diligenza,
correttezza e trasparenza, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 2 del
codice»), avendo la ricorrente tra i mesi di ottobre e dicembre 2011
(ovvero, dopo l’entrata in vig ore del citato d.P.R. n. 207 del 2010)
stipulato ben diciotto contratti con altrettante imprese aventi ad
og getto il rinnovo delle relative attestazioni, non rispettando la
disciplina transitoria relativa sia alle categ orie c.d. variate, sia alle
categorie c.d. non variate, sotto vari profili;
(ii) il provvedimento n 292-s del 10 ottobre 2013, con cui l’Avcp aveva
irrogato alla ricorrente la sanzione pecuniaria di euro 6.597,76 e la
sospensione dell’autorizzazione a svolgere attività di attestazione per la
durata di g iorni 23, per violazione deg li artt. 70, comma 1, lett. a), e 73,
comma 2, lett. b), e comma 3, lett. c), d.P.R. n. 207 del 2010, in rag ione di
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presunte irreg olarità rilevate nella procedura di attestazione dell’impresa
Edilminniti s.r.l. (in particolare, alla ricorrente -OMISSIS- era stato
contestato, quale fatto principale, di aver rilasciato l’attestazione di
qualificazione, in data 22 novembre 2012, senza attendere la decadenza o
la revoca dell’attestazione nei confronti dell’impresa cedente Edilminniti
di Giovanni Minniti).
L’adìto Tribunale amministrativo reg ionale riteneva infondate sia le
dedotte censure di natura procedimentale, sia i dedotti vizi sostanziali,
rilevando, con riguardo al provvedimento sub (i), che le condotte ivi
contestate alla ricorrente «non possono essere derubricate a meri errori
formali in quanto, in disparte g li effetti distorti prodotti in alcuni casi
nell’ambito del mercato dei lavori pubblici, non è revocabile in dubbio
che ciò sia stato il frutto di un g rave difetto di diligenza che invece è
imposta dallo stesso leg islatore in rag ione del fatto che si tratta
dell’esercizio di una funzione pubblica rimessa ad un organismo privato»,
e, con riguardo al provvedimento sub (ii), che «il rispetto delle
indicazioni fornite dall’Autorità avrebbe consentito, oltre ad improntare
la condotta ai prescritti canoni di diligenza, anche ad acquisire utili
elementi informativi riguardanti l’impresa cedente che avrebbe
consentito alla società -OMISSIS- di non assumere iniziative che si sono
poi rivelate non conformi alla normativa di settore» (v. così,
testualmente, l’appellata sentenza).
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’orig inaria ricorrente,
deducendo i motivi d’appello come di seguito rubricati:
2.1. In relazione alla statuizione reiettiva del ricorso proposto avverso il
provvedimento sub 1.(i):
a) «Error in iudicando; errata interpretazione dell’art. 73, comma 5,
D.P.R. n. 207/2010; omessa valutazione di specifico motivo di
impugnazione»;
b) «Violazione dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 207/2010; eccesso di
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potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, difetto di
contraddittorio, contraddittorietà e perplessità dell’azione
amministrativa»;
c) «Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare,
manifesta ing iustizia, difetto di istruttoria e di motivazione,
contraddittorietà, travisamento dei fatti».
2.2. In relazione alla statuizione reiettiva del ricorso proposto avverso il
provvedimento sub 1.(ii):
a) «Error in iudicando; violazione e/o falsa applicazione della determina
dell’Autorità n. 5/2004 e dell’art. 85, comma 2, D.P.R. n. 207/2010;
eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare,
manifesta ing iustizia e difetto di motivazione, contraddittorietà,
travisamento dei fatti»;
b) «Error in iudicando per avere il g iudice di prime cure omesso di
pronunciarsi su alcune delle censure proposte con ricorso
g iurisdizionale; violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e
il pronunciato; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 C.P.C. ».
La società appellante chiedeva pertanto, previa sospensione della
provvisoria esecutorietà dell’appellata sentenza e in sua riforma,
l’accog limento dei ricorsi proposti in primo grado.
3. Si costituiva in g iudizio l’Anac, contestando la fondatezza dell’appello
e chiedendone la reiezione.
4. Accolta con ordinanza n. 5520 del 3 dicembre 2014 l’istanza di
sospensiva, sulla base di una motivazione incentrata esclusivamente sul
periculum in mora (tenendo conto della natura e deg li effetti deg li
impugnati provvedimenti sanzionatori e dello stato di amministrazione
g iudiziaria in cui versava l’appellante), la causa all’udienza pubblica del 12
magg io 2015 è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato.
5.1. Destituiti di fondamento sono i motivi d’appello sub 2.1.a) e 2.1.b),
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tra di loro connessi e da esaminare cong iuntamente, con cui l’appellante
deduce l’erronea reiezione – rispettivamente, in parte, l’omessa
pronuncia su tutte le relative censure – dei motivi di violazione del
termine finale di adozione del provvedimento stabilito dall’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 207 del 2010 e della garanzia del contraddittorio.
A prescindere da ogni questione relativa al carattere perentorio, o meno,
del termine di conclusione del procedimento di complessivi 120 g iorni di
cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 207 del 2010, si osserva che il termine in
esame, a fronte della scansione cronolog ica deg li atti procedimentali
quale puntualmente ricostruita a p. 12 dell’appellata sentenza (in parte
qua, in punto di fatto, non investita da specifici motivi d’appello), deve
ritenersi comunque osservato.
Infatti, in primo luog o, deve attribuirsi efficacia sospensiva del
procedimento, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Reg olamento del 4 aprile
2011 (Reg olamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da
parte dell’Autorità per la Vig ilanza sui Contratti Pubblici di Lavori,
Servizi e Forniture, limitatamente alle sanzioni nei confronti delle -
OMISSIS- di cui all’art. 73 del D.P:R: n. 207 del 5 ottobre 2010) –
secondo cui «il termine per l’adozione del provvedimento finale rimane
sospeso per il periodo necessario allo svolg imento delle sing ole attività
istruttorie, quali audizioni, acquisizioni documentali, richieste integ rative
e/o supplementi d’istruttoria» –, alla comunicazione delle conclusioni
della fase istruttoria, con atto del 7 gennaio 2013, contenente
l’assegnazione di termine di 15 g iorni per la presentazione di memorie a
difesa corredate da eventuale documentazione, trattandosi di atto che,
lung i dall’assumere carattere meramente pretestuoso con finalità elusiva
dei termini procedimentali, come paventato dall’odierna appellante,
costituisce un atto a sostanziale contenuto istruttorio che prende
puntuale posizione sulle osservazioni della -OMISSIS- e riformula,
all’esito di una rinnovata valutazione delle risultanze istruttorie, l’ipotesi
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di accusa, con assegnazione di congruo termine a difesa.
In secondo luog o, va attribuita efficacia sospensiva anche alla nota Avcp
n. 16184 dell’11 febbraio 2013 – con cui, in replica alle osservazioni della -
OMISSIS- acquisite il 17 gennaio 2013, era stato comunicato che il
Consig lio dell’Autorità, nell’adunanza del 6 febbraio 2013, aveva
disposto ulteriori approfondimenti con eventuale supplemento
istruttorio, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del citato Reg olamento, «in
merito alla valutazione, in termini di colpa g rave, dei reiterati
comportamenti posti in essere dalla -OMISSIS- -OMISSIS- in violazione
delle norme Reg olamentari e dei Comunicati del Presidente
dell’Autorità 10 g iugno 2011 e 22 lug lio 2011 relativamente all’emissione
delle attestazioni di qualificazione durante il reg ime transitorio e della
g ravità deg li effetti prodotti, instaurando, altresì, un nuovo
contraddittorio con codesta -OMISSIS-» (v. così, testualmente, la citata
nota), con assegnazione, «ad integ razione del contraddittorio g ià
espletato», di ulteriore termine di 15 g iorni e con espressa sospensione
dei termini ex art. 7, comma 2, del Reg olamento –, in quanto, per un
verso, il provvedimento non può ritenersi intervenuto tardivamente a
fronte della sopra rilevata efficacia sospensiva della precedente parentesi
istruttoria di cui alla nota del 7 gennaio 2013, e, per altro verso,
l’assegnazione del termine a difesa di 15 g iorni deve ritenersi cong ruo e
proporzionato alla natura della modificazione della contestazione, da
colpa lieve a colpa g rave, senza necessità, a fronte di fatti materiali
immutati, di riavviare il procedimento ex novo, con conseguente
infondatezza anche delle censure di violazione della garanzia del
contraddittorio, og getto di riproposizione attraverso la censura di
omessa pronuncia.
5.2. Privo di preg io è il motivo d’appello sub 2.1.c), con cui l’appellante
impugna la statuizione reiettiva della censura di eccesso di potere, sotto
vari profili, mossa avverso il provvedimento sanzionatorio n. 158-s.
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Si premette, in linea di fatto, che all’odierna appellante era stato
contestato di aver stipulato, tra i mesi di ottobre e dicembre 2011 (ossia,
dopo l’entrata in vig ore del d.P.R. n. 207 del 2010), diciotto contratti
con altrettante imprese, aventi ad og getto il rinnovo delle relative
attestazioni -OMISSIS-, e di aver emesso, a seguito della stipula dei
predetti contratti, nuovi attestati di qualificazione, in particolare
procedendo, durante il periodo transitorio (ovvero, tra l’8 g iugno 2011
ed il 6 g iugno 2012), ad integ rare, in violazione della disciplina
transitoria, i modelli ex d.P.R. n. 34 del 2000 con l’indicazione delle
nuove categ orie c.d. variate introdotte dal d.P.R. n. 207 del 2010, con ciò
consentendo ad alcune di quelle imprese di poter partecipare a gare
pubbliche per le quali era richiesta quella particolare qualificazione,
come integ rata nell’attestazione rilasciata dalla società ricorrente,
nonché, in altri casi, di aver proceduto al rinnovo delle attestazioni -
OMISSIS- in favore di alcune imprese tramite il modello di cui al d.P.R.
n.34 del 2000 sia per le categ orie c.d. variate, sia per quelle c.d. non
variate, in violazione dei chiarimenti al riguardo contenuti neg li atti di
indirizzo adottati dall’Autorità con i comunicati del 10 g iugno 2011 e
dell’11 lug lio 2011.
Orbene, come correttamente affermato nell’appellata sentenza, pur
tenendo conto della complessità della nuova disciplina introdotta in
tema di attestazioni -OMISSIS- dal d.P.R. n. 207 del 2010 e della relativa
disciplina transitoria, proprio la rilevata complessità avrebbe imposto alla
società ricorrente, anche in rag ione della rilevanza e della delicatezza
della materia, di attenersi rig orosamente alle procedure di cui alle
indicazioni fornite dall’Autorità ag li operatori del settore con una serie
di comunicati adottati tra i mesi di g iugno e lug lio 2011, proprio con
riferimento all’interpretazione della nuova normativa, in particolare del
relativo reg ime transitorio.
La mancata adozione, da parte dell’odierna appellante, deg li
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accorg imenti necessari per garantire il corretto assolvimento alla
funzione pubblica di certificazione, rimessa dal leg islatore ag li organismi
di attestazione (infatti, le -OMISSIS-, pur essendo organismi di diritto
privato, svolg ono una funzione pubblicistica di certificazione che sfocia
in attestazioni di qualificazione con valore di atti pubblici, realizzandosi
in tal modo un’ipotesi di esercizio privato di una funzione pubblica), a
rag ione è stata valutata come condotta g ravemente colposa, lesiva deg li
obblighi di diligenza professionale incombenti a predetti organismi,
tenuto conto, per un verso, che i contratti stipulati da -OMISSIS- con
le diciotto imprese interessate risalgono al periodo compreso tra i mesi di
ottobre e dicembre 2011, ossia ad epoca successiva alla pubblicazione dei
comunicati dell’Autorità, e considerato, per altro verso, che le
evidenziate condotte non possono essere ricondotte a meri errori
formali, attesa la loro concreta incidenza preg iudizievole, in alcuni casi,
sul mercato dei lavori pubblici, avendo consentito la partecipazione di
alcune imprese a procedure di evidenza pubblica cui altrimenti non
sarebbero state leg ittimate a partecipare (segnatamente, si tratta delle
imprese Effeg i Italia s.p.a. e Astone Costruzioni s.r.l.).
Giova, al riguardo, precisare che le indicazioni dell’Autorità, contenute
nei menzionati comunicati, a prescindere dal loro inquadramento
dogmatico, assumono, in ogni caso, valenza di canoni og gettivi di
comportamento per g li operatori del settore, la cui violazione integ ra
un’ipotesi di neg ligenza, per g li effetti di cui all’art. 70, comma 1, lett. a),
d.P.R. n. 207 del 2010, essendo all’Autorità riconosciuti il ruolo di
garante dell’efficienza e del corretto e trasparente funzionamento del
mercato nel settore dei contratti pubblici e, quindi, del sistema di
qualificazione, nonché penetranti poteri di vig ilanza e controllo sia sulle
-OMISSIS-, sia sulle sing ole attestazioni di qualificazione e dei relativi
procedimenti (v. art. 6 d.lgs. n. 163 del 2006).
Ne consegue la leg ittimità del provvedimento sanzionatorio n. 158-s del
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23 aprile 2013, irrogativo della sanzione pecuniaria di euro 14.844,96, per
violazione della citata disposizione regolamentare.
5.3. Infondati sono, altresì, i motivi d’appello sub 2.2.a) e 2.2.b), tra di
loro connessi e da esaminare cong iuntamente, con cui l’appellante
censura l’erroneità della statuizione reiettiva del ricorso proposto
avverso il provvedimento sanzionatorio n. 292-s del 10 ottobre 2013 –
avente ad og getto l’irrogazione, all’odierna appellante, della sanzione
pecuniaria di euro 6.597,76 e della sospensione dell’autorizzazione a
svolgere attività di attestazione per g iorni 23, con relativa annotazione
nel casellario informatico delle imprese, per aver rilasciato all’impresa
Edilminniti s.r.l. , cessionaria dell’impresa Edilminniti di Giovanni Minniti,
l’attestazione di qualificazione senza attendere la decadenza o la revoca
dell’attestazione nei confronti della cedente –, sotto vari profili di
eccesso di potere dedotti in primo g rado, nonché l’omessa pronuncia su
altri profili di censura.
In reiezione delle dedotte censure, s’impong ono le seguenti
considerazioni:
- l’appellata sentenza si basa su una corretta interpretazione delle
determinazioni n. 11 del 5 g iugno 2002 e n. 5 del 21 aprile 2004, con cui
l’Autorità ha disciplinato i criteri cui devono uniformarsi le -OMISSIS- in
materia di rilascio di attestazioni relative ad imprese cedenti ed imprese
cessionarie di azienda o di rami d’azienda, potendosene ricavare il
principio reg olatore, di persistente vigenza anche dopo le integ razioni
apportate dalla determinazione n. 5/2004 a quella precedente n. 11/2002,
secondo cui la -OMISSIS-, che ha stipulato il contratto con l’impresa
cessionaria, qualora (come nel caso di specie) sia diversa da quella che ha
rilasciato l’attestazione all’impresa cedente, deve, prima del rilascio
all’impresa cessionaria, procedere alla verifica dell’avvenuto ritiro o
modifica dell’attestazione dell’impresa cedente (mentre, nella fattispecie
sub iudice, l’odierna appellante in data 22 novembre 2012 ha rilasciato
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alla cessionaria Edilminniti s.r.l. l’attestazione di qualificazione, basata su
quella posseduta dall’impresa cedente e rilasciata dalla -OMISSIS- Hi-
Quality s.p.a. , senza che nel frattempo fosse intervenuta la
comunicazione dell’avvenuta revoca o modifica della certificazione da
parte di quest’ultima);
- le risultanze documentali confermano, altresì, de plano la sussistenza
della violazione delle determinazioni n. 11/2002 e n. 5/2004 sotto altro
profilo (pure addebitato all’odierna appellante nell’impugnato
provvedimento) – nella parte in cui stabiliscono che la -OMISSIS- è
tenuta a trasmettere senza indug io (rispetto alla data di stipula del
contratto di attestazione) all’Autorità e alla -OMISSIS- attestante
l’impresa cedente, copia del contratto di qualificazione, del contratto
d’affitto e del modulo A allegato della determinazione n. 5/2004
(contenente le informazioni relative al contratto) –, in quanto l’odierna
appellante, a fronte della stipula, in data 14 settembre 2012, del
contratto di qualificazione con la Edilminniti s.r.l. e dell’acquisizione, in
data 18 settembre 2012, del contratto d’affitto d’azienda, solo il 26
novembre 2012 (ossia, solo dopo il rilascio dell’attestazione in favore
della cessionaria, senza attendere le determinazioni della -OMISSIS- Hi-
Quality) risulta aver trasmesso all’Autorità copia del contratto di
qualificazione stipulato con la cessionaria unitamente a copia del
contratto d’affitto di ramo d’azienda ed al menzionato modulo A, e solo
il 19 novembre 2011 aveva provveduto alla relativa trasmissione alla -
OMISSIS- Hi-Quality (affinché questa potesse procedere alla revoca o
modifica dell’attestazione rilasciata alla cedente, entro il prescritto
termine di dieci g iorni);
- l’appellata sentenza ha, poi, correttamente acclarato la leg ittimità
dell’imputazione della violazione dell’onere di diligenza, costituita dalla
mancata consultazione del Forum -OMISSIS- – come da comunicato
dell’Autorità n. 60 del 7 lug lio 2010, secondo cui g li organismi di
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attestazione, ai fini della valutazione dei requisiti necessari al rilascio ed al
mantenimento dell’attestazione di qualificazione, sono tenuto a
controllare, oltre alle notizie risultanti dal casellario informatico delle
imprese, anche quelle presenti nel Forum -OMISSIS- –, al cui esito
l’odierna appellante avrebbe, tra l’altro, potuto appurare la pendenza di
procedimento di decadenza ex art. 40, comma 9-ter, d.lgs. n. 263 del
2006, avviato nei confronti dell’impresa cedente per la presentazione di
documenti falsi, ed assumere, di conseguenza una condotta prudenziale
nello svolg imento del procedimento di attestazione della cessionaria,
quanto meno compiendo ulteriori approfondimenti istruttori.
Né è ravvisabile il riproposto (unitamente alla dedotta censura di omessa
pronuncia) vizio di illeg ittimità dell’impugnato provvedimento per
mancata sospensione del procedimento in attesa della definizione del
ricorso g iurisdizionale n. 6676 del 2013, proposto avverso il
provvedimento sanzionatorio n. 158/s del 23 aprile 2013, attesa
l’inapplicabilità dell’istituto della sospensione necessaria al procedimento
amministrativo e stante la persistente autoritatività del provvedimento
impugnato pur in pendenza di ricorso g iudiziale, a prescindere
dall’incompatibilità tra durata del processo asseritamente preg iudiziale e
termine di conclusione del procedimento, tanto più che l’art. 7, comma
2, del Reg olamento del 4 aprile 2011 non contempla una simile causa di
sospensione.
Infine, inammissibile, per difetto di rilevanza, è la riproposta (unitamente
al motivo di omessa pronuncia) censura di illeg ittima contestazione di
superficiale valutazione, da parte di -OMISSIS-, di un certificato
telematico di esecuzione lavori relativo a servizi di manutenzione, in
quanto, ad un’attenta lettura dell’impugnato provvedimento n. 292-
s/2013, emerge che tale contestazione non risulta, poi, valorizzata ai fini
dell’irrogazione della sanzione (v., sul punto, p. 12 dell’impugnato
provvedimento, in cui, tra le prescrizioni violate ritenute accertate, non
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risulta menzionata la condotta in esame).
Ne consegue la leg ittimità anche del provvedimento sanzionatorio n.
292-s del 10 ottobre 2013, in rag ione dell’accertata violazione dell’art. 70,
comma 1, lett. a), in relazione all’art. 73, comma 2, lett. b), e comma 3,
lett. c), d.P.R. n. 207 del 2010.
5.4. Per le esposte rag ioni, l’appello è da respingere, con conseguente
conferma dell’appellata sentenza ed assorbimento di ogni altra
questione, ormai irrilevante ai fini decisori.
6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente
g rado di g iudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere
poste a carico dell’appellante.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epig rafe proposto
(ricorso n. 8789 del 2014), lo respinge e, per l’effetto, conferma
l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere all’Autorità
appellata le spese del presente g rado di g iudizio, che si liquidano
nell’importo complessivo di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre ag li
accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, d.lgs.
30 g iugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte
interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità deg li altri dati
identificativi di parte appellante, manda alla Seg reteria di procedere
all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei
termini indicati.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 12 mag g io
2015, con l’intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
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Serg io De Felice, Consig liere
Claudio Contessa, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 04357/2015REG.PROV.COLL.N. 07123/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 7123 del 2014, proposto da:
Mario Domenico Fontana, Gildo Meyer, Luig i Casel, Mario Antonio
Solara, Franco Zaccagni, Giovanni Vazone, Marisa Vazone, rappresentati
e difesi dag li avvocati Domenico Fragapane e Michela Reg g io D'Aci, con
domicilio eletto presso quest’ultima, in Roma, Via deg li Scipioni, n.288;
c o n t roc o n t ro
Comune di Susa;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza n.11del TAR Piemonte (Sezione Seconda), n. 1103 del 20
g iugno 2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 19 mag g io 2015, il Cons.
Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Michela Regg io D'Aci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
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1 . Gli orig inari ricorrenti e odierni appellanti si sono rivolti al TAR
Piemonte per l'annullamento dell'ordinanza n. 74 del 7 novembre 2012,
con cui il Comune di Susa ha loro ing iunto di provvedere alla rimozione
di alcuni fabbricati e manufatti posizionati, in assenza di titolo abilitativo,
su un'area inizialmente di proprietà di due di loro e consistenti in un
container prefabbricato dalle dimensioni di m. 7,30 x 2,45 e in una casetta
di legno prefabbricato dalle dimensioni di m. 2,90 x 2,75 accostata allo
stesso container, entrambi destinati ad essere spostati anche in aree
diverse allo scopo di supportare lo svolg imento di attività di
informazione durante manifestazioni, incontri, dibattiti ad assemblee.
Con il ricorso in questione veniva lamentata la violazione dell'articolo 10
della leg ge n. 241/90, avendo l'Amministrazione comunale ignorato la
memoria partecipativa e le deduzioni presentate, nonché la mancata
notificazione dell'ordinanza ag li attuali proprietari dell'area subentrati
nel corso del procedimento. Veniva, altresì, lamentato l'eccesso di
potere sotto i profili della carenza di istruttoria, del difetto dei
presuppost i e del travisamento dei fatti, non essendo durevole la
destinazione dei citati manufatti non incardinati al suolo, né dotati di
allacci elettrici, idrici e fognari con la conseguenza dell'impossibilità di
applicare ad essi il reg ime delle costruzioni necessitanti di permesso ,
come ritenuto dall'Amministrazione. Veniva, infine, lamentato il difetto
di motivazione con riferimento sia alla insufficiente identificazione delle
opere abusive, che alla mancata scelta della sanzione pecuniaria
alternativa alla rimozione.
2 . Con la sentenza impugnata, il primo g iudice respingeva il g ravame
evidenziando:
a. come priva di preg io la dedotta violazione sulla mancata notifica
dell'ordinanza all'attuale proprietario del fondo in modo da consentirg li
di impugnare l'atto, dal momento che ove la notifica non sia eseguita
,ciò non vizia l'atto, ma ne consente piuttosto l'impugnativa da parte del
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proprietario a partire da quando ne sia venuto a conoscenza, nel senso
che non si determina un vizio di annullamento, ma unicamente il
mancato decorso del termine di impugnazione nei riguardi di coloro che
non hanno ricevuto la notificazione;
b. come priva di preg io la dedotta censura sull'eccesso di potere per
difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e travisamento dei fatti,
poiché i manufatti precari, secondo un autorevole orientamento del
Consig lio di Stato, se funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno
considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con incidenza sul
carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del
manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie,
posto che il manufatto non precario non è usato per fini contingenti,
ma è destinato ad un utilizzo reiterato nel tempo. La precarietà
dell'opera che esonera dall'obblig o di possesso del permesso di costruire
postula, infatti, un uso specifico e temporalmente limitato del bene e
non la sua stag ionalità la quale non esclude la destinazione del
manufatto a soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti,
ma permanenti nel tempo;
c. che, nel caso di specie, i manufatti in questione, pur strutturalmente
precari per la loro caratteristica di mobilità, sono stati adibiti ad un uso
permanente nel tempo e si trovano a g iacere sulla medesima area quanto
meno dal 14 mag g io 2012, g iorno del sopralluog o effettuato
dall'Amministrazione, a partire cioè da sei mesi prima dell'adozione
dell'ordinanza impugnata, né consta che essi siano stati rimossi, con la
conseguenza che, essendo ormai trascorsi più di due anni dal primo
accertamento, essi sono stabilmente in loco e sono continuativamente e
permanentemente utilizzati per le attività innanzi indicate. Non
rispondono così tali manufatti alle caratteristiche di precarietà che, ai
sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e.5 del d.P.R. n. 380/2001,
consentirebbero la loro installazione senza il permesso di costruire;
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d. come priva di rilievo anche la censura sulla mancata esatta
identificazione delle opere abusive, in quanto le stesse sono state invece
esaustivamente individuate nell'ordinanza, con il riferimento ai dati
catastali dell'area, alle dimensioni e alla loro sommaria descrizione.
Analogamente infondata risulta la censura sulla omessa verifica da parte
del Comune delle possibilità di irrogare una sanzione pecuniaria al posto
di quella demolitoria, posto che la contestazione ha riguardato l'assoluta
assenza di titolo edilizio, il che peraltro ha reso vincolato il
provvedimento adottato e ha fatto venir meno la stessa previa
partecipazione procedimentale della parte privata, ai sensi dell'articolo 21
octies, comma 2 della leg ge n. 241/90, non potendo il provvedimento
finale essere diverso da quello adottato.
3. Con l'appello in epig rafe, la sentenza impugnata è stata ritenuta
ing iusta ed erronea per i seguenti motivi:
a. posto che i proprietari dell'area attinti dall'ordine di rimozione non
erano più tali nel momento di adozione dell'atto, avendo proceduto ad
alienare l'area medesima e non disponendo quindi di alcun potere in
merito al contenuto dell'ordinanza medesima, il primo g iudice non ha
colto che il motivo di impugnazione riguardava il difetto di
leg ittimazione passiva del precedente proprietario, essendo passivamente
leg ittimato il nuovo proprietario dell'area, il quale è l’unico che può
assumere le iniziative necessarie per eseguire l'ordinanza. L'illeg ittimità
dell'ordine deriva, pertanto, dalla mancata individuazione dell'attuale
proprietario;
b. i manufatti in questione non possono ritenersi costruzione o
edificazione ai fini urbanistici, difettando il connotato della destinazione
ad uso prolungato nel tempo, potendo essi essere agevolmente spostati,
come in effetti è avvenuto più volte, sicché all'evidenza difetta sia
l'ancorag g io al suolo, sia la destinazione durevole nel tempo del
fabbricato.
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Anzi, la loro destinazione è limitata nel tempo. In rag ione, infatti, delle
finalità legate alle vicende della Val di Susa per la dibattuta questione
dell'alta velocità , i manufatti sono stati solo provvisoriamente e
precariamente appog g iati nell'area indicata, peraltro in campagna
distante dall’abitato di Susa. Illeg ittimamente, quindi, il Comune ha
ritenuto applicabile al caso di specie la normativa tipica delle costruzioni
necessitanti di un permesso di costruire. Pur riconoscendo la precarietà
delle strutture, il primo g iudice ha errato nell'affermare che i manufatti
erano adibiti ad uso permanente nel tempo e ciò senza indicare alcuna
fonte di prova e analogamente ha fatto per la durevole modifica e
alterazione del territorio derivante dall'utilizzo dei manufatti i quali,
diversamente da quanto sostenuto dal g iudice di prime cure, sono stati
invece ripetutamente spostati anche in aree diverse a supporto di
manifestazioni, incontri, assemblee, dibattiti e momenti di informazione .
c. che il Comune di Susa avrebbe dovuto descrivere dettag liatamente
nell'area catastalmente individuata le opere ritenute abusive, non solo
con la mera misurazione delle dimensioni di container e casetta, ma pure
con la necessaria documentazione fotog rafica. Del resto, anche la
verifica da parte del Comune circa la possibilità della sola demolizione
della parte abusiva o la scelta tra sanzione demolitoria o pecuniaria o la
demolizione totale dell'opera non potevano essere assunte senza una
specifica istruttoria tecnica e amministrativa. L'obblig o di motivazione,
attenuato nei casi di atti dovuti o a contenuto vincolato, si riespande
peraltro quando la descrizione deg li abusi sia insufficiente ad individuare
l'illecito contestato, richiedendo così di rendere agevole la qualificazione
g iuridica dell'intervento abusiva. In ogni caso, la scelta tra sanzione
demolitoria e pecuniaria, va effettuata, applicando la prima solo quanto
non risulti preg iudicata la restante struttura;
d. come errata la prospettazione del primo g iudice riguardo alla mancata
considerazione dell'apporto partecipativo che non avrebbe comunque
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avuto conseguenze sul provvedimento finale, non potendo
quest'ultimo essere diverso da quello adottato. Il contributo
partecipativo è, invece, da apprezzare, quando la comunicazione di avvio
del procedimento è avvenuta assegnando un termine per la
presentazione di documenti e memorie e l'adempimento risulta essere
stato rispettato. La carenza di motivazione non è un dato formale, ma di
sostanza e in ogni caso, l'art. 21 octies della leg ge n. 241/90 non può
essere applicato d'ufficio dal g iudice, ma incombe sull'Amministrazione
l'onere probatorio della dimostrazione che il contenuto del
provvedimento finale non avrebbe potuto essere diverso.
DIRITTO
1. L'appello è fondato. Dalla documentazione presente ag li atti risulta
che g li orig inari ricorrenti e attuali appellanti, in parte comodatari del
terreno di orig inaria proprietà dei signori Giovanni e Maria Vazone,
abbiano fatto stazionare sul medesimo terreno, alienato successivamente
a terzi, i manufatti in questione destinati a supporto di manifestazioni,
dibattiti, assemblee sulle vicende dell'alta velocità in Val di Susa. Stante
lo scopo informativo della loro funzione e la conseguente necessità di
spostare ripetutamente i manufatti su aree diverse da quelle di
momentaneo stazionamento, è risultato evidente a questo Colleg io,
diversamente da quanto ritenuto dal primo g iudice, la precarietà dei
medesimi manufatti e l'inesistenza di ogni impatto urbanistico causato
dai medesimi. La loro stessa struttura non ancorata al suolo, ma pog g iata
su ruote per consentire l'agevole spostamento, in assenza di qualsiasi
allacciamento alla rete elettrica, idrica e fognaria, struttura unicamente
usata come mezzo di custodia di materiale informativo per la cennata
esigenza, consente di affermare che sia il container che la casetta
risultino privi di quelle caratteristiche necessarie per poterli configurare
come sog getti alla necessità di un titolo edilizio, la cui mancanza
configura l'abusività di una qualsiasi costruzione.
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Nè il primo g iudice, a sostegno delle sue pur incisive arg omentazioni, ha
fornito un idoneo principio di prova sull'uso permanente nella stessa
area dei citati manufatti e neanche sulla durevole modifica del territorio
che viene ad essere esclusa proprio dalla temporaneità dello
stazionamento, dal continuo spostamento su aree diverse e dalla
connotazione della loro richiamata struttura. La circostanza, infatti, deg li
accertamenti limitati ad un solo sopralluog o o l'assenza di qualsiasi
controdeduzione da parte dell'Amministrazione Comunale che non si è
neanche costituita facendo mancare il suo indispensabile apporto
conoscitivo, non consentono di ritenere valide le deduzioni del g iudice
di prime cure in materia, essendosi limitato a supporre l'uso permanente
nel tempo dei manufatti medesimi in rag ione di una permanenza stabile
nell'area a decorrere dalla data del sopralluog o e protrattasi per oltre
due anni, senza però che ciò risulti da un qualsiasi atto e da alcuna
dichiarazione acquisiti e da un contraddittorio avvenuto tra le parti in
causa.
Secondo questo Colleg io, quindi, in considerazione delle attività
descritte dag li appellanti e riconosciute dalla stessa sentenza impugnata,
è rag ionevole affermare che si rinveng ono nella specie le caratteristiche
di precarietà dei manufatti che, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera e.
5 del d.P.R. n. 380/2001, consentono di ritenere i medesimi installabili sul
terreno citato senza l'esigenza di acquisire il permesso di costruire.
La stessa incertezza con cui l'Amministrazione comunale ha motivato
l'ordinanza impugnata con il ricorso orig inario non riesce a dar conto
della destinazione durevole nel tempo dei manufatti medesimi e di una
loro stabilità, elementi questi ultimi che soli potrebbero contrastare le
arg omentazioni deg li odierni appellanti e costituire presupposto per la
violazione della normativa fissata dal richiamato d.P.R. n. 380/2001.
Il secondo motivo di appello è quindi degno di essere apprezzato e la
sua fondatezza rende superfluo l'esame deg li altri motivi di censura, il
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
103 / 210
cui esito non potrebbe inficiare il definitivo g iudizio di questo Colleg io.
2. In conclusione, l'appello va accolto ma, in rag ione della novità della
questione, le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in via g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull'appello in epig rafe (ricorso n. 7123
del 2014) lo accog lie e, per l'effetto, in riforma della sentenza
impugnata, accog lie il ricorso in primo g rado e annulla il provvedimento
impugnato dinanzi al tar.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità
Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consig lio del g iorno 19 mag g io
2015, con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
Vincenzo Lopilato, Consig liere
Marco Buricelli, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
104 / 210
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
105 / 210
N. 04356/2015REG.PROV.COLL.N. 07035/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 7035 del 2014, proposto dal
Ministero per i beni e le attività culturali in persona del Ministro pro-
tempore, rappresentato e difeso per leg ge dall'Avvocatura generale
dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12
c o n t roc o n t ro
Michele Taddei;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza breve n. 51 del TAR Veneto-Venezia (Sezione Seconda)
del 17 gennaio 2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 19 mag g io 2015, il Cons.
Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Venturini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso orig inario, l'attuale appellato, lamentando il difetto di
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
106 / 210
motivazione, ha impugnato il provvedimento con cui il Comune di
Altavilla Vicentina aveva negato l'autorizzazione paesag g istica e il
permesso di costruire relativamente ad un intervento di ristrutturazione,
ampliamento e costruzione di edifici a destinazione ag riturismo in
località Valmarana, a seguito del parere negativo, pure esso impugnato,
formulato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesag g istici.
Secondo quest’ultima il progettato intervento avrebbe determinato
criticità nel contesto collinare e nel rapporto con la vocazione ag ricola
tradizionale, essendo la sopraelevazione del fabbricato principale, mista
alle sistemazioni esterne, non consona alla riqualificazione dell'edificio
medesimo, annullando alcuni aspetti fondamentali del buon andamento
dei volumi attuali e delle coperture.
2. Con la sentenza impugnata, il primo g iudice, accog lieva il ricorso,
ritenendo illeg ittimi i provvedimenti impugnati e in particolare:
a. generico e apodittico il parere della Soprintendenza, non avendo
quest'ultima motivato le rag ioni per cui la sopraelevazione avrebbe
annullato g li aspetti fondamentali dei volumi attuali e delle coperture, il
che non avrebbe agevolato il destinatario del parere nell'individuazione
delle carenze progettuali e delle modifiche necessarie per rendere
compatibile il progetto con il vincolo. La stessa apodittica affermazione
circa la compromissione da parte del nuovo fabbricato della
conservazione del contesto ag ricolo non risulta, infatti, di agevole
comprensione, ove non si faccia riferimento alle caratteristiche della
costruzione e ag li elementi del paesag g io e dell'ambiente da essa
preg iudicati;
b. che essendo l'intervenuto conforme alle previsioni del P.A.T. (Piano
di assetto del territorio) e del P.I. (Piano deg li interventi) g ià vag liate dal
punto di vista ambientale in sede di V.A.S. (valutazione ambientale
strateg ica), il parere contrario della Soprintendenza avrebbe dovuto
essere particolarmente preciso nell'individuare g li specifici elementi di
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
107 / 210
incompatibilità del progetto con le esigenze ambientali e paesag g istiche
oggetto di tutela.
3. Con l'appello in epig rafe, il Ministero per i beni e le attività culturali ha
ritenuto ing iusta la sentenza impugnata, dal momento che:
a. le valutazioni della Soprintendenza sono connotate da elementi
tecnico-discrezionali non sindacabili in sede g iurisdizionale, se non per
illog icità manifesta, per palese incong ruità o inadeguatezza del
provvedimento in rapporto alle sue finalità di protezione del territorio
vincolato. Nella specie, non sussiste alcuno dei citati vizi nel parere della
Soprintendenza che ha correttamente motivato in relazione alla
incompatibilità dell'intervento esaminato con il contesto ag ricolo
tutelato, indicando specificamente le criticità, anche con riguardo a
quanto previsto dal decreto ministeriale del 1972 di salvaguardia del
centro collinare di Valmarana, quale quadro naturale, arricchito da punti
di vista e belvedere, avente vocazione ag ricola e preg io storico, da
considerare come bellezza di insieme da tutelare;
b. il parere della Soprintendenza è stato, inoltre, motivato con
l'indicazione della inidoneità della relazione dell'interessato ad illustrare
compiutamente g li effetti dell'intervento nella sua articolazione
complessiva. Il progetto risulta, infatti, delineato tramite un sommario
elenco delle operazioni descritte apoditticamente come non influenzanti
il valore paesag g istico in essere, valore che è autonomamente tutelato
dalla valutazione della Soprintendenza, ai sensi dell'articolo 146 del d.lgs.
n. 42/2004, a prescindere dai contenuti dei piani urbanistici.
DIRITTO
L'appello è fondato e le arg omentazioni utilizzate dal primo g iudice a
sostegno della sua decisione di accog liere il ricorso orig inario presentato
dall'attuale parte appellata non sono condivisibili. L'intera area collinare
della Valmarana sita nel territorio del Comune di Altavilla Vicentina, su
cui il progetto presentato insiste è, infatti, sottoposta a vincolo
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
108 / 210
paesag g istico sin dal 1972 e con il decreto ministeriale del 16 febbraio
dello stesso anno veniva dichiarata di notevole interesse pubblico quale
complesso da cose immobili e tradizionali di indubbio valore paesistico,
rappresentante una bellezza panoramica considerata come quadro
naturale arricchito da punti di vista e di belvedere accessibile al pubblico.
Lo stesso parere favorevole espresso dalla Commissione edilizia
comunale esplicitamente era subordinato ad alcune prescrizioni e al
necessario parere positivo della Soprintendenza la quale ha ampiamente
motivato il suo dinieg o alla realizzazione del progetto, ritenendo
insufficienti le stesse integ razioni presentate dall'interessato a seguito
del preavviso di rigetto. Diversamente, quindi, da quanto sostenuto dal
primo g iudice, non sussiste il difetto di motivazione e il parere è
ampiamente motivato.
Nel preavviso di rigetto richiamato nel parere negativo, intendendo i
motivi come parte integ rante del parere negativo, espressamente viene
fatto riferimento:
a. alla relazione paesag g istica ritenuta non idonea ad illustrare
compiutamente g li effetti complessivi dell'intervento proposto, poiché
non analizza, come dovuto, g li effetti dell'intervento nella sua
complessa articolazione meramente descritta attraverso l'elenco
sommario delle operazioni, in contrasto con l'effettiva consistenza deg li
interventi desunta dag li elaborati g rafici e dalle simulazioni fotog rafiche
prodotte;
b. alle principali criticità prodotte dalla progettata struttura ag rituristica-
ricettiva nel contesto collinare e nel rapporto con le vocazioni ag ricole
tradizionali relativamente alla sopraelevazione del fabbricato principale
che, unita alle sistemazioni esterne, non è consona alla riqualificazione
dell'edificio, annullandone alcuni aspetti fondamentali del buon
andamento dei volumi attuali e delle coperture.
Viene fatto riferimento al nuovo fabbricato denominato C proposto per
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
109 / 210
l'ampliamento dell'attività ricettiva che non risulta compatibile, a causa
delle previste dimensioni e della indicata collocazione, con la
conservazione del contesto ag ricolo, come dimostrano le simulazioni
fotog rafiche che smentiscono le valutazioni effettuate per
l'impostazione del progetto. Analogamente, risultano non coerenti la
proposta sistemazione esterna e l'inserimento della piscina.
Le dettag liate rag ioni esposte nel preavviso di rigetto veng ono
ulteriormente precisate a seguito delle osservazioni dell'interessato
orig inario ricorrente, osservazioni basate prevalentemente sulle
tematiche urbanistiche legate alle previsioni generali del piano deg li
interventi, ma ritenute non rilevanti in riferimento ai motivi di diniego.
Ciò convince questo Colleg io circa il preg io dei due motivi di appello,
strettamente connessi tra di essi, essendo il parere della Soprintendenza
non viziato né da illog icità, né da incong ruità, né da inadeguatezza, anzi
ben motivato e chiaramente finalizzato alla tutela del bene paesagg istico,
in ossequio a quanto previsto dall'articolo 146 del decreto leg islativo n.
42/2004.
2. In conclusione, l'appello va accolto e per l'effetto, in riforma della
sentenza impugnata, va respinto il ricorso in primo g rado. Per la
particolarità della vicenda, questo Colleg io ritiene, infine, di compensare,
tra le parti, le spese del doppio grado di g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epig rafe (n. 7035 del 2014)
lo accog lie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge
il ricorso in primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di g iudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità
Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consig lio del 19 mag g io 2015, con
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
110 / 210
l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
Vincenzo Lopilato, Consig liere
Marco Buricelli, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
111 / 210
N. 04355/2015REG.PROV.COLL.N. 05870/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 5870 del 2014, proposto da:
Giovanni Leone, rappresentato e difeso dall'avvocato Renato Labriola,
con domicilio eletto presso Renato Labriola in Roma, viale Gorizia,
n.25/C;
c o n t roc o n t ro
Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, Ufficio
Scolastico Reg ionale per la Campania, rappresentati e difesi per leg ge
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei
Portoghesi, n.12;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Daniela Manso;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza breve n.5952 del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI (Sezione
Ottava) del 20 dicembre 2013, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio del Ministero dell'Istruzione,
dell'Universita' e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Reg ionale per la
Campania;
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
112 / 210
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 16 g iugno 2015, il Cons. Carlo
Mosca e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Nicoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Dalla documentazione acquisita ag li atti, risulta che l' orig inario
ricorrente e attuale appellante si rivolgeva al TAR Campania per
l'annullamento del decreto dell'Ufficio Scolastico Reg ionale della
Campania del 28 ag osto 2013 concernente la g raduatoria generale
definitiva di merito relativa al concorso a posti e cattedre, per titoli ed
esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nella scuola
secondaria di primo e secondo g rado, classe di concorso A033
(tecnolog ia), concorso indetto con decreto ministeriale n.82 del 24
settembre 2012.
Con plurime censure, il ricorrente lamentava che la Commissione
g iudicatrice non aveva valutato in suo favore il titolo di abilitazione
all'esercizio della professione di ingegnere indicato nella scheda aspiranti
docenti in formato elettronico e non nella domanda di ammissione pure
essa nello stesso formato, non attribuendog li così un punteg g io pari a
1,50. Lamentava, altresì, la disparità di trattamento, non avendo la stessa
Commissione riesaminato la sua posizione, nonostante il reclamo
presentato e di avere, invece, rettificato la g raduatoria concorsuale,
apportando modifiche sostanziali alla valutazione deg li altri candidati.
2. Il primo g iudice respingeva il ricorso, evidenziando che:
a. nella domanda di partecipazione al concorso non figura l'attestazione
del titolo di abilitazione e la Commissione g iudicatrice può valutare
esclusivamente i titoli dichiarati nella domanda di partecipazione al
concorso, ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n.445; nè la citata
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
113 / 210
attestazione può essere surrogata dall'indicazione del titolo nell'ambito
d e l l a "scheda professionalità aspiranti docenti", non risultando
quest'ultima contemplata dall'articolo 3 del bando che prescrive
unicamente la modalita' di presentazione "on line" della domanda di
ammissione;
b. lo stesso parag rafo 2.1 della guida operativa alla citata scheda
anag rafica della professionalita' deg li aspiranti docenti prevede che essa
sia finalizzata a consentire ag li aspiranti docenti di inserire i dati della
propria professionalita', a guisa di curriculum "on line", reg istrato e
ag g iornato su apposita piattaforma istituzionale. Quest’ultima consente
ag li utenti di comunicare il proprio percorso di studio e specializzazione,
opportunità prima rivolta ai soli docenti con contratto a tempo
indeterminato e poi estesa a tutti coloro che aspirano a diventare
docenti;
c. la predetta opportunità offerta ag li aspiranti docenti nasce in
concomitanza della presentazione della domanda di ammissione al
concorso a cattedre e a posti di insegnamento di cui al citato decreto
n.82 del 24 settembre 2012 ed è disponibile per tutti i candidati che
presentano la domanda di partecipazione con accesso diretto dalla
domanda, ma è, altresi', disponibile per tutti coloro che aspirano ad un
posto di insegnamento, ma che non intendono o non posseg g ono i
requisiti per produrre domanda di partecipazione al concorso;
d. l'istanza di ammissione al concorso e la scheda professionale
anag rafica, seppure collegate telematicamente, rimang ono
funzionalmente svincolate, tanto è che quest’ultima è riferita anche a
sog getti diversi dai candidati e può essere ag g iornata o integ rata ex post
dai candidati con dati non utilizzabili in sede concorsuale, pena
l'irrimediabile violazione del principio della par condicio;
e. non ha prodotto alcuna lesione ai concorrenti la circostanza che
l'Amministrazione abbia segnalato, mediante avviso pubblico e in un
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
114 / 210
tempo sufficientemente cong ruo dallo scadere del termine di
presentazione delle istanze di partecipazione, l'allestimento di una
sezione del modulo della domanda “on line” riservata ai titoli valutabili,
tenuto conto che i candidati i quali avessero, nel frattempo g ià' inoltrato
le proprie istanze di partecipazione, avrebbero potuto comunque
integrarle con l'attestazione del possesso dei predetti titoli;
f. il ricorrente non ha dimostrato che le rettifiche apportate dalla
Commissione g iudicatrice alla g raduatoria concorsuale hanno arrecato
una concreta lesione alla sua posizione e si è limitato a denunciare
genericamente una disparità' di trattamento senza comprovarla;
g. privo di preg io è l'assunto secondo cui la rettifica della predetta
g raduatoria doveva essere preceduta dalla comunicazione di avvio del
procedimento, ai sensi dell’articolo 7 della leg ge n. 241/90 nei confronti
del ricorrente. Ciò in quanto, secondo un consolidato indirizzo
g iurisprudenziale, la comunicazione va rivolta solo nei confronti dei
concorrenti penalizzati dal procedimento di autotutela attivato
dall'Amministrazione e che hanno un interesse differenziato e qualificato
coincidente con il mantenimento del risultato della selezione;
h. generiche risultano le censure di illog icità e di difetto di istruttoria.
3. Con l'appello in epig rafe, le motivazioni assunte a base della decisione
del primo g iudice veng ono considerate illeg ittime, in quanto non
rispondenti alla realtà dei fatti e frutto di una carente analisi della
documentazione probatoria versata in atti in primo g rado, nonché di
un'erronea applicazione della normativa. Se da un lato, infatti, l'articolo
12, comma 2 del citato decreto n.82/2012 fa riferimento alla esclusiva
valutazione dei titoli dichiarati nella domanda di partecipazione, il
successivo comma 3 prevede pure che il candidato, al quale sia stato
comunicato il superamento della prova orale, deve presentare al
direttore generale dell'Ufficio Scolastico Reg ionale i titoli dichiarati nella
domanda di partecipazione non documentabili con autocertificazione o
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
115 / 210
dichiarazione sostitutiva e l'articolo 3, lettera h) dello stesso decreto
afferma che i titoli devono essere posseduti alla scadenza della
presentazione della domanda. L'attuale appellante ha così depositato i
titoli nel termine previsto e la Commissione doveva quindi riconoscere
tutti e tre i titoli presentati e posseduti all'atto della domanda, ivi
compreso il titolo abilitante. Lo stesso atteg g iamento ministeriale che,
nelle more della presentazione della domanda, modificava la scheda in
cui andavano inseriti i titoli valutabili, ha finito con l'indurre in errore
l'attuale appellante e anche altri candidati. In ogni caso, al momento
della compilazione della domanda di partecipazione al concorso,
l'attuale appellante non ha trovato “on line” l'apposita scheda per
dichiarare i titoli valutabili, scheda resa disponibile solo sedici g iorni
dopo l'avvio delle procedure di inserimento “on line” delle domande di
concorso. Comunque, i titoli che sono stati dichiarati nella scheda
professionalità docenti erano posseduti alla data della domanda
medesima e sono stato dichiarati all'atto della presentazione della
domanda, pur se in un altro settore della domanda telematica medesima
e la Commissione g iudicatrice doveva tenerne conto. L'attuale
appellante ha, poi, appena constatato il mancato riconoscimento dei
punti a lui spettanti,
presentato reclamo, ma senza alcun esito. Il punto illeg ittimamente non
riconosciuto per il possesso dell'abilitazione avrebbe fatto collocare
l'attuale appellante al n.108 della g raduatoria e se si considera che i posti
designati per la classe di concorso A033 sono 106 e che vi sono ben 21
ammessi con riserva, risulta evidente l'interesse della parte appellante a
vedersi riconoscere il titolo.
4. Con memoria del 15 mag g io 2015, il Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca, nel costituirsi in g iudizio, ha evidenziato
che:
a. la sentenza del TAR ha correttamente distinto, sotto il profilo
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
116 / 210
concettuale e funzionale, l'istanza di ammissione, la scheda professionale
e la domanda “on line” e la dichiarazione dei titoli andava fatta nella
domanda “on line”, la cui scadenza per l'inoltro era stata prorogata sino
al 21 novembre 2012;
b. l'attuale appellante aveva presentato solo la domanda di
partecipazione senza fare la dichiarazione dei titoli, per cui è da
presupporre che la sua dichiarazione sia stata tra quelle inserite e non
inoltrate e quindi non prese in considerazione, come chiarito da un
avviso diramato il 31 ottobre 2013. L'appellante non ha provato
documentalmente l'interesse a censurare le rettifiche apportate alla
g raduatoria concorsuale dalla Commissione, essendosi limitato a
denunciare una generica disparità di trattamento.
DIRITTO
1. L'appello è' fondato e le arg omentazioni poste a sostegno dei motivi
di appello meritano
di essere condivise per la loro log icità. Non vi è dubbio, infatti, che,
nonostante la difficoltà di cog liere g li esatti contorni della intera vicenda
per le obiettive complicazioni delle procedure informatiche e per la non
chiara percezione delle disposizioni ministeriali, l'attuale appellante era,
al momento della presentazione della domanda di partecipazione al
concorso, in possesso del titolo costituito dalla abilitazione alla
professione di ingegnere edile, titolo inserito, insieme con g li altri titoli,
nella scheda denominata "scheda aspiranti docenti". Lo stesso appellante
depositava, comunque, nei quindici g iorni successivi al superamento
della prova, come previsto dall'articolo 12, comma 3 del bando di
concorso, una serie di autocertificazioni attestanti tutti i titoli, il cui
possesso ulteriormente ribadiva in più reclami, segnalando le proprie
dog lianze all'Ufficio Scolastico Reg ionale della Campania, atteso che la
Commissione g iudicatrice aveva valutato i titoli relativi a laurea e
diploma, desunti dalla stessa domanda di partecipazione nell'unico link
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
117 / 210
di inserimento, denominato "titoli valutabili", presente al momento della
compilazione della domanda.
Né . invero, in sede di contraddittorio, l'Amministrazione ha fornito
elementi tali da smentire le asserzioni dell'appellante circa il possesso del
titolo non valutato, essendosi limitata a difendere, sotto un profilo
squisitamente formale, i contenuti formali dei precetti relativi alle
modalità di compilazione delle schede concernenti i titoli da valutare.
In ogni caso, la documentazione cartacea relativa a tutti i titoli era in
possesso dell'Amministrazione e la Commissione non poteva non
tenerne conto in sede di rettifica della g raduatoria medesima. Del resto,
non è rag ionevole, in considerazione delle conseguenze che ne
derivano, affidarsi unicamente alle procedure informatiche soprattutto
quando, come nella specie, non ancora in g rado di supportare la certa
acquisizione delle informazioni indispensabili ad una corretta e
trasparente valutazione. È significativo, in tal senso, annotare che g li
stessi titoli dichiarati devono trovare conferma nelle attestazioni cartacee
da presentare, una volta ricevuta la comunicazione di aver superato le
prove orali. Ciò sta a dimostrare che, comunque, la valutazione operata
dalla Commissione g iudicatrice deve essere garantita dalla visione della
documentazione cartacea presentata dai candidati.
L'articolato unico motivo di appello è, quindi, fondato e all'appellante va
riconosciuto il possesso del titolo abilitante con la conseguenza che la
Commissione g iudicatrice dovrà procedere alla rivalutazione del titolo
medesimo.
In conclusione, l'appello va accolto e, per l'effetto, il provvedimento
impugnato in primo g rado va annullato nella parte in cui non riconosce
all’attuale appellante il titolo in questione con la conseguenza che la
stessa g raduatoria generale di merito relativa alla classe di concorso A033
va rettificata alla luce dell'intervenuta valutazione.
2. In rag ione della complessità della vicenda, soprattutto con riguardo
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
118 / 210
alle segnalate difficoltà derivanti da una non chiara percezione per i
candidati delle modalità di partecipazione al concorso e, di converso,
dell'esigenza di una più compiuta chiarificazione del modello
concorsuale, questo Colleg io ritiene di compensare le spese del doppio
grado di g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello in epig rafe (ricorso n. 5870
del 2014), accog lie l 'appello nei sensi indicati e, per l'effetto, annulla il
provvedimento impugnato in primo g rado nella parte in cui non
riconosce all’attuale appellante il titolo in questione, con la conseguenza
che la stessa g raduatoria generale di merito relativa alla classe di
concorso A033 va modificata alla luce dell'intervenuta valutazione.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 16 g iugno
2015, con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Serg io De Felice, Consig liere
Roberto Giovagnoli, Consig liere
Claudio Contessa, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
119 / 210
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
120 / 210
N. 04354/2015REG.PROV.COLL.N. 04112/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 4112 del 2014, proposto da:
Maria Rosaria Altieri, Gino Fiori, Lara Bonadia, Miriana Zannella, Michela
Petti, Cristina Simeone, Francesca Giarola, Vito Punzi, rappresentati e
difesi dall'avv. Michelangelo Fiorentino, con domicilio eletto presso
Giorg io Ricciardi in Roma, viale Tiziano, n. 80;
c o n t roc o n t ro
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale
dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza breve n. 2785 del TAR Lazio (Sezione Terza bis) del 12
marzo 2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in g iudizio di Ministero dell'Istruzione,
dell'Universita' e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 19 mag g io 2015, il Cons.
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Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Anna Fiorentino per delega
dell’avvocato Michelangelo Fiorentino e l’avvocato dello Stato
Venturini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Dalla documentazione ag li atti risulta che g li orig inari ricorrenti e
odierni appellanti si erano rivolti al TAR Lazio per impugnare il decreto
ministeriale n. 58 del 25 lug lio 2013, con cui veniva disposta l'attivazione,
da parte deg li Atenei e delle Istituzioni di alta formazione artistica,
musicale e coreutica, di corsi speciali annuali per il conseguimento
dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola dell'infanzia, primaria e
secondaria di primo e secondo g rado. I ricorrenti impugnavano, in
particolare, l'articolo 1, comma 3, del predetto decreto, laddove viene
previsto quale requisito di accesso ai percorsi abilitanti speciali (PAS) che
sia stato svolto almeno un anno scolastico di servizio, nella classe di
concorso per la quale si intende partecipare, nonché l'articolo 2, comma
1 dello stesso decreto con cui veng ono esclusi dalla partecipazione ai
citati corsi speciali i docenti in servizio con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato in qualsiasi ordine e grado di scuola statale.
Gli orig inari ricorrenti, insegnanti a tempo indeterminato in scuole
statati e tutti privi del requisito del servizio specifico nella classe di
concorso in cui intendevano abilitarsi, deducevano plurimi motivi di
censura e, in particolare, la violazione deg li articoli 3, 4, 35, 51 e 97 della
Costituzione, nonché dell'articolo 2, comma 4 della leg ge n. 124/99,
dell'articolo 1, comma 6 bis della leg ge n. 306/2000 e dell'articolo 2,
comma 1 ter della leg ge n. 143/2004 e, infine, l’eccesso di potere sotto
molteplici profili e la violazione del decreto ministeriale del 10 settembre
2010, come modificato dal decreto del 25 mag g io 2013 e delle ordinanze
ministeriali n. 33/2000 e n. 1/2001.
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2 . Con la sentenza impugnata, il g iudice di prime cure respingeva il
ricorso, affermando che:
a. sulla base della g iurisprudenza in materia, anche nel caso dei percorsi
abilitanti speciali (PAS) si intende offrire a chi sia sprovvisto di
abilitazione e non abbia potuto usufruire della sessione SSIS o dei TFA,
ma abbia prestato servizio per un determinato periodo di tempo e
nell'ambito di un arco temporale predeterminato, la possibilità di
accedere alla abilitazione, visto che si presume per chi insegna a tempo
indeterminato il possesso di idoneo titolo abilitativo g ià conseguito
come nel caso di specie. Del resto, le condizioni di ammissione alla
abilitazione in questione sono identiche a quelle dettate dal precedente
decreto ministeriale n. 85 del 2005 che parimenti all'articolo 2, comma 3,
escludeva dalla partecipazione alla sessione riservata di abilitazione i
docenti in servizio a tempo indeterminato ai fini dell'eliminazione del
precariato.
Per il primo g iudice i PAS sono stati istituiti per le medesime finalità dei
corsi riservati di cui citato decreto n. 85/2005 e, di conseguenza, risulta
rag ionevole che i docenti, in servizio con contratto a tempo
indeterminato, non siano ammessi alla frequenza di tale percorso
abilitativo.
b. lo stato di docente a tempo indeterminato ha fatto venir meno anche
l'interesse a coltivare l'altra censura sul periodo di servizio prestato per
almeno un anno scolastico nella classe di concorso cui si intendeva
partecipare.
3. Con l'appello in epigrafe, viene evidenziato che:
a. risulta inapplicabile, alla fattispecie in esame, la g iurisprudenza
formatasi sul decreto ministeriale n. 85/2005, dal momento che è
cambiato il quadro normativo riferito alla condizione dei docenti di
ruolo. Posto, infatti, che ai sensi dell'art. 1, comma 4 quinquies del
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decreto leg ge n.134/2009 convertito dalla leg ge n. 167/2009, non è
consentito ai docenti che hanno g ià stipulato contratto a tempo
indeterminato per qualsiasi tipolog ia di posti di insegnamento o classi di
concorso, la permanenza nelle g raduatorie ad esaurimento, ne consegue
l'impossibilità per i medesimi docenti di tale inserimento anche dopo i
percorsi abilitanti speciali;
b. l'abilitazione conseguita mediante i PAS consentirebbe ,quindi, ag li
appellanti di utilizzare il titolo in occasione delle domande di mobilità
professionale, partecipando alla terza fase delle operazioni di mobilità
annuale, ma proprio in rag ione del depennamento dalle g raduatorie ad
esaurimento non potranno mai usufruire della mobilità tra una
g raduatoria provinciale e un'altra, come erroneamente ritenuto dal
primo g iudice, visto che la normativa di settore prevede che i docenti di
ruolo che presentino domanda di mobilità territoriale concorrono per
posti diversi da quelli messi a disposizione per le immissioni in ruolo, non
intaccando il contingente destinato alla stipula di contratti di lavoro a
tempo indeterminato a favore dei precari. L'articolo 6 del CCNI per
l'anno 2014-15 concernente la mobilità del personale docente prevede,
del resto, che il 50% dei posti resisi disponibili ogni anno vada coperto
da docenti che propong ono domande di mobilità (di cui il 25%
destinato alla mobilità territoriale e l'altro 25% alle domande di mobilità
professionale), mentre l'altro 50% venga destinato alle immissioni in
ruolo (di cui il 25% mediante chiamate da g raduatorie del concorso
ordinario e l'altro 25% per chiamata dalle g raduatorie ad esaurimento);
c. g li appellanti sono docenti entrati in ruolo per chiamata da
g raduatoria concorsuale e non da g raduatorie ad esaurimento ossia da
un reclutamento speciale tramite corsi abilitanti e conseguente
inserimento nella GAE. Di conseguenza la richiamata g iurisprudenza
non poteva essere posta a fondamento della decisione del primo g iudice
nell'escludere dai PAS il personale di ruolo, perché essa si riferisce a
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docenti che hanno usufruito di reclutamento speciale e non a docenti
reclutati con il concorso ordinario;
d. diversamente da quanto ritenuto dal g iudice di prime cure, il decreto
n. 58/13 consente la partecipazione ai PAS ai docenti privi di “specifica
abilitazione” (art. 1), con la conseguenza che la dizione “insegnanti privi
di abilitazione” non vada riferita soltanto a docenti che non possiedono
in assoluto alcuna abilitazione, ma anche a docenti abilitati in una
determinata classe di concorso e che intendono abilitarsi in una diversa,
classe di concorso;
e. i docenti di ruolo in una classe di concorso, sono precari nella classe di
concorso nella quale si vog liono abilitare. Qualora essi conseguano
l'abilitazione e ottengano il passag g io ad altra classe di concorso,
subiscono il medesimo trattamento riservato al personale precario, con
riferimento alla valutazione del servizio prestato precedentemente
all'immissione in ruolo. Infatti, ai fini della domanda di mobilità, ovvero
ai fini della formazione della g raduatoria per l'individuazione dei docenti
soprannumerari, il servizio prestato nella precedente classe di concorso
viene valutato alla stregua del servizio precario, cioè al 50% dell'intero
puntegg io, senza alcun beneficio. Differenti sono quindi le condizioni di
ammissione tra la sessione di abilitazione ex DM 85/2005 e quella per cui
è causa, con conseguente inapplicabilità di tutta la g iurisprudenza
richiamata dal TAR, il che esclude il superamento del vag lio di
rag ionevolezza del decreto n. 58/13 che il g iudice di prime cure ritiene
invece superato alla luce della g iurisprudenza erroneamente richiamata;
f . la diversità tra la sessione abilitante bandita con decreto n. 85/2005 e
quella bandita con decreto n. 58/2013 è sufficiente ad escludere che i
d u e percorsi abilitanti in questione abbiano la medesima finalità di
eliminare il precariato che non viene perseguita comunque mediante il
conseguimento di un'abilitazione (sia pure riservata), la quale non
garantisce un posto di lavoro, anche solo a tempo determinato. Essa
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garantisce, infatti, unicamente l'inserimento in una g raduatoria di
docenti che, in considerazione del loro elevato numero e del fatto che
le abilitazioni riservate attribuiscono un punteg g io inferiore a quelle
ordinarie, i docenti potrebbero pure trovarsi nella condizione di non
stipulare mai alcun contratto e non effettuare mai alcuna supplenza;
g. in ogni caso, non vi è alcuna contraddizione nel permettere al
personale di ruolo di partecipare ai percorsi abilitanti speciali (PAS) e
conseguire un’ altra abilitazione in g rado, solo in sede di mobilità
professionale, di far mig liorare la propria posizione lavorativa, passando
ad altro ruolo o ad altra classe di concorso. Invero, il passag g io da un
ruolo ad un altro, tramite domanda di mobilità professionale, non fa
perdere alcun posto di lavoro, perché si libera un posto e se ne assegna
un altro. Gli odierni appellanti, eventualmente, potrebbero così aspirare,
una volta conseguita l'abilitazione, a posti comunque diversi da quelli
destinati alle immissioni in ruolo ( sia dalle g raduatorie ad esaurimento
che dai concorsi ordinari);
h. l'art. 2 dell'impugnato decreto n. 58/2013, escludendo dalla
partecipazione ai percorsi abilitanti speciali i docenti “con rapporto di
lavoro a tempo indeterminato in qualsiasi ordine e g rado di scuola
statale” viola i principi costituzionali di cui all'articolo 3, per evidente
disparità di trattamento tra g li stessi docenti, in quanto i docenti a
tempo indeterminato delle scuole paritarie possono partecipare a corsi
abilitanti e pure tra i cittadini dello Stato poichè i pubblici dipendenti in
ruolo presso altri comparti possono partecipare ai predetti corsi; ma
anche di cui all’articolo 4, comma 2, ag li articoli 35 e 51 e all’articolo 97,
perché è violato il principio di merito nell'assunzione nei pubblici uffici
.Ciò consente di affermare che il citato articolo 2 è illeg ittimo e
discriminatorio;
i. l'art. 1, comma 3, dello stesso decreto n. 58/2013, nello stabilire poi
che, ai fini dell'accesso ai percorsi abilitanti speciali sia necessario “almeno
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un anno scolastico di servizio svolto nella classe di concorso per la quale
si intende partecipare” introduce una limitazione sostanziale mai prevista
in precedenza da alcuna norma di leg ge in materia di requisiti di accesso
ai corsi abilitanti speciali. La previsione disattende, in ogni caso, quanto
previsto nelle leg g i n. 124/99 (art. 2, comma 4), n. 306/2000 (art. 1,
comma 6 bis) e n. 143/2004 (art. 2, comma 1 ter), che hanno previsto,
come requisito di ammissione, unicamente l'aver prestato un
determinato periodo di servizio entro un certo arco temporale, non
richiedendo alcun servizio specifico nella classe di concorso in cui ci si
vuole abilitare. La norma, quindi, si pone in contrasto con i principi di
uguag lianza, imparzialità e buon andamento della Pubblica
Amministrazione ed è manifestamente ing iusta e irrag ionevole, poichè
non tiene conto del fatto che la specifica competenza dei docenti
partecipanti ai percorsi abilitanti viene accertata attraverso l'esame
previsto al termine di ogni corso e dallo specifico titolo di studio
indispensabile per essere ammessi all'insegnamento di ogni specifica
disciplina;
l. l'impugnato decreto n. 58/2013 è stato emanato in attuazione del
decreto ministeriale n. 249/2010 recante il reg olamento concernente la
definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione
iniziale deg li insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e
della scuola secondaria di primo e secondo g rado, ai sensi dell'art. 2,
comma 416, della leg ge 24 dicembre 2007, n. 244”, così come modificato
dal decreto ministeriale 25 marzo 2013. Il predetto decreto n. 249/2010
introduce la disciplina del tirocinio formativo attivo (TFA) come
modalità per conseguire l'abilitazione estesa a tutti coloro che sono in
possesso esclusivamente del titolo di studio previsto dalla normativa
vigente. La modifica intervenuta il 25 marzo 2013 istituisce, invece, i
percorsi abilitanti speciali per i docenti che, con riferimento al requisito
del servizio, “abbiano maturato, a decorrere dall'anno scolastico
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1999/2000, fino all'anno scolastico 2011/2012 incluso, almeno tre anni di
servizio in scuole statali, paritarie ovvero nei centri di formazione
professionale”, senza richiedere ai fini dell'ammissione ai corsi abilitanti
speciali per cui è causa, il servizio specifico, requisito limitativo
introdotto illeg ittimamente dal più volte richiamato decreto n. 58 /2013
che, per altro verso, eliminando l'esame di ammissione ai percorsi
abilitanti speciali, esame previsto dal decreto n. 249/2010, sing olarmente
introduce un accesso automatico” ag li stessi percorsi abilitanti speciali,
dimostrando semmai la volontà dell'Amministrazione di ampliare e non
di restringere la partecipazione dei docenti a tali corsi;
n. l'art. 1, comma 3, terzo periodo, e l'art. 2, comma 1, del decreto n.
58/2013 sono quindi illeg ittimi, nella parte in cui rispettivamente
richiedono il servizio specifico ed escludono i docenti statali di ruolo,
anche perché l’Amministrazione,a seguito della leg g e n. 124/99, in un
primo tempo aveva previsto per la prima delle abilitazioni riservate, con
ordinanza ministeriale 153/99, uno specifico servizio nel posto o classe di
concorso nel quale ci si intendeva abilitare, ma solo pochi mesi dopo
aveva modificato il proprio orientamento e indetto due ulteriori tornate
di corsi abilitanti speciali, con le ordinanze nn. 33/2001 e 1/2001,
provvedendo ad eliminare il requisito del servizio specifico
esplicitamente dichiarando nell'ordinanza n. 33/2001, che “in assenza di
espliciti divieti, la ratio della leg ge 3 mag g io 1999, n. 124 può anche
rinvenirsi nella volontà di consentire il conseguimento di più titoli
professionali a chi, possedendo i prescritti titoli di studio, abbia
comunque acquisito una certificata professionalità in servizio,
prescindendo dall'ordine o g rado di scuola in cui il relativo servizio sia
prestato”, e in quanto “nell'ambito del generale perseguimento
dell'interesse pubblico, rientra nei prioritari obiettivi
dell'Amministrazione g iungere ad una mig liore flessibilità
nell'utilizzazione del personale scolastico di ruolo e non di ruolo”. E la
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stessa Amministrazione concludeva, nella circostanza, affermando che
una modifica nel senso suindicato dei requisiti di accesso alle sessioni
riservate previsti dalla’ordinanza n.153/99, avrebbe comportato un
notevole risparmio per la diminuita esigenza di riconversione
professionale del personale in servizio e del relativo reclutamento. Tale
fine viene, quindi, contraddetto dal decreto n. 58/2013, configurandosi
così un vizio di eccesso di potere per sviamento dal fine cui dovrebbe
tendere.
DIRITTO
1.L'appello è fondato e le arg omentazioni addotte dag li appellanti a
sostegno delle censure eccepite risultano condivisibili. Diversamente da
quanto ritenuto dal g iudice di prime cure, il decreto n. 58/2013 è, infatti,
illeg ittimo nella parte in cui all'articolo 1, comma 3, terzo periodo
richiede tra i requisiti di ammissione ai percorsi abilitanti speciali (PAS),
almeno un anno scolastico di servizio svolto nella classe di concorso, per
la quale si intende partecipare e, altresì, nella parte in cui all'articolo 2,
comma 1, esclude dalla partecipazione i docenti in servizio con rapporto
di lavoro a tempo indeterminato in qualsiasi ordine e g rado di scuola
statale.
Gli appellanti sono, infatti, docenti entrati in ruolo per chiamata da
g raduatoria concorsuale e non da g raduatoria ad esaurimento e proprio
per tale rag ione la g iurisprudenza richiamata dal primo g iudice, non
riguarda la fattispecie in questione, perché attinente all'applicazione del
decreto n. 85 del 2005 che non può essere assimilato al decreto
impugnato, essendo il primo dei due provvedimenti rivolto alla
riqualificazione del personale docente in vista di una loro collocazione
stabile nei ruoli mediante le consuete g raduatorie permanenti, og g i ad
esaurimento.
L'abilitazione conseguita dopo la frequenza dei percorsi abilitanti speciali
consentirebbe, invece, ag li attuali appellanti di utilizzare il titolo
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abilitante ai soli fini della mobilità professionale, in quanto i medesimi,
una volta abilitati in una classe di concorso diversa da quella in cui g ià lo
sono, potrebbero ottenere il passag g io ad altra classe di concorso. Ciò
non inciderebbe, peraltro, come incisivamente affermato dalla difesa
deg li appellanti ,sulla disponibilità di alcun posto di lavoro, dal momento
che, qualora fosse occupato un posto, contestualmente se ne
libererebbe un altro.
Risultano di conseguenza differenti le finalità, le condizioni e le
conseguenze connesse ai due richiamati decreti, il che rende, di per sé,
irrag ionevole l'esclusione operata dall'art. 2, comma 1 del citato decreto
n. 58/2013, esclusione ritenuta invece leg ittima dal primo g iudice.
In ogni caso, la questione della eliminazione del precariato non è
comunque ostacolata dalla ammissione dei docenti in ruolo alla
partecipazione ai percorsi di abilitazione speciale, se scopo di tale
partecipazione è il conseguimento di un'altra abilitazione e se in sede di
mobilità professionale viene consentito a tali docenti di mig liorare la
propria posizione lavorativa, transitando da un ruolo ad un altro,
mediante apposita richiesta, o ad altra classe di concorso. Conseguita,
in f at t i, la nuova abilitazione, g li appellanti potrebbero aspirare
unicamente a posti diversi da quelli destinati alle immissioni in ruolo a
favore dei docenti provenienti dalle g raduatorie ad esaurimento.
I primi due motivi di appello hanno quindi preg io e meritano di essere
accolti alla pari di quello che viene individuato come quarto motivo di
appello. Risulta, infatti, contraddittoria e irrag ionevole l’introduzione di
una limitazione all’accesso ai percorsi abilitanti speciali per i docenti di
ruolo come g li appellanti, in contrasto con quanto disciplinato dalle
leg g i vigenti in materia di requisiti di accesso ai corsi abilitanti speciali,
non richiedenti lo svolg imento di uno specifico servizio nella classe di
concorso in cui si intende conseguire l’abilitazione. Ciò in quanto la
competenza dei docenti è accertata al termine del percorso abilitante
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con un esame e comunque i docenti debbono preliminarmente
possedere uno specifico titolo di studio per l’insegnamento di quella
disciplina cui si riferisce l’abilitazione.
La predetta limitazione risulta, altresì, in contrasto con quanto stabilito
dal reg olamento ministeriale di cui al decreto n.249/2013 concernente la
definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione
iniziale deg li insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e
della scuola secondaria di primo e di secondo g rado, reg olamento a cui
era necessario dare attuazione in tutte le sue parti, compresa quella
scaturente dalla modifica intervenuta il 25 marzo 2013, che istituisce i
percorsi abilitanti speciali per i docenti i quali, con riferimento al
requisito del servizio, abbiano maturato, a decorrere dall’anno scolastico
2011-2012 incluso, almeno tre anni di servizio in scuole statali, paritarie o
nei centri di formazione professionale, e ciò senza richiedere alcun
servizio specifico, come quello introdotto illeg ittimamente
dall’impugnato decreto in questione che, però, per altro verso, elimina
l’esame di ammissione ag li stessi percorsi abilitanti per ampliare la
partecipazione ai medesimi.
Né può sfug g ire l’esigenza, palesata dalla stessa Amministrazione, di
consentire il conseguimento di più titoli professionali, prescindendo
dall’ordine o g rado di scuola in cui il servizio sia stato prestato, allo
scopo di un impieg o del personale docente più flessibile e adeguato alle
nuove richieste didattiche.
La fondatezza dei tre citati motivi di appello consente di evitare la
disamina deg li altri motivi proposti dag li appellanti, risultando il loro
esame ininfluente ai fini della decisione di questo Colleg io.
2. In conclusione, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza
appellata, va parimenti accolto il ricorso orig inario in primo grado, con la
conseguente conferma dell’ ammissione deg li stessi appellanti ai percorsi
abilitanti speciali.
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Per la complessità della vicenda sotto il profilo g iuridico, a causa delle
frequenti modifiche normative in materia, questo Colleg io ritiene di
compensare tra le parti le spese del presente g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione
Sesta),definitivamente pronunciando sull'appello, come in epig rafe
proposto (ricorso n. 4112 del 2014), accog lie l 'appello nei sensi di cui in
motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata,
accog lie il ricorso in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 19 mag g io 2015
con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
Vincenzo Lopilato, Consig liere
Marco Buricelli, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 04353/2015REG.PROV.COLL.N. 05142/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 5142 del 2013, proposto da:
Chiavaroli Mirella, rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico Ioannoni
Fiore, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Valentina
Rossi, in Roma, via Francesco Saverio Nitti, 72;
c o n t roc o n t ro
CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano, CONI Servizi s.p.a., in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e
difesi dag li avvocati Luig i Condemi Morabito e Massimo Ranieri, con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Dei Tre
Orolog i, 10/E;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per l’Abruzzo,
Sezione staccata di Pescara, Sezione I, n. 2/2013, resa tra le parti e
concernente: risarcimento danni da reiezione illeg ittima di domanda di
concessione di nuova ricevitoria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
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Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del g iorno 12 mag g io 2015, il Consig liere
Bernhard Lageder e uditi, per le parti, g li avvocati Fiore Enrico Ioannoni
e Ranieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epig rafe, il Tribunale amministrativo reg ionale per
l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, decideva definitivamente sul
ricorso n. 479 del 2011, proposto da Chiavaroli Mirella nei confronti del
CONI - Comitato Olimpico Nazionale Italiano e della CONI Servizi
s.p.a. per sentir condannare le parti resistenti al risarcimento dei danni
(esposti nell’importo complessivo di euro 886.507,56, oltre ag li accessori)
subiti in conseguenza dell’illeg ittima reiezione della domanda di
concessione per l’installazione di una nuova ricevitoria di Totocalcio, per
la stag ione 1996/1997, presso il bar-edicola-ristorante Milù s.a.s. sito nel
Comune di Cepagatti e gestito dall’omonima società di cui la ricorrente
era socia accomandataria. La Commissione di zona di Pescara del CONI
aveva respinto la domanda con provvedimento dell’8 ottobre 1996,
impugnato dalla ricorrente con ricorso gerarchico, a sua volta respinto
dalla Commissione centrale con provvedimento dell’11 marzo 1997. Il
ricorso g iurisdizionale proposto avverso tali provvedimenti era stato
accolto dal Tribunale amministrativo reg ionale per le Marche, Sezione
staccata di Pescara, con sentenza n. 1011 del 22 dicembre 2005, di
annullamento deg li impugnati provvedimenti, confermata dal Consig lio
di Stato con sentenza n. 2735 del 9 mag g io 2011, al che la ricorrente
aveva ag ito per il risarcimento dei danni su cui il Tribunale
amministrativo reg ionale si è pronunciato con la sentenza in epig rafe,
provvedendo come segue:
(i) in accog limento di correlativa eccezione sollevata dalle parti resistenti,
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affermava il difetto di leg ittimazione attiva in capo alla ricorrente,
indicando la Milù s.a.s. , esercente l’attività d’impresa asseritamente lesa
dall’illeg ittimo provvedimento di dinieg o, come unico sog getto
leg ittimato ad ag ire per il risarcimento dei danni, configurandosi in capo
al socio accomandatario una lesione meramente indiretta e mediata e
non potendo lo stesso dunque ag ire in via diretta contro nei confronti
del terzo autore del fatto illecito incidente in senso preg iudizievole sul
patrimonio sociale;
(ii) accog lieva, altresì, l’eccezione di carenza di leg ittimazione passiva in
capo al CONI, essendog li in forza dell’art. 8, comma 11, d.-l. 8 lug lio
2002, n. 138 (convertito dalla leg ge 8 ag osto 2002, n. 178), succeduta in
tutti i rapporti attivi e passivi la CONI Servizi s.p.a.;
(iii) affermava, in ogni caso, anche l’infondatezza nel merito della
domanda risarcitoria, attesa l’ascrivibilità, sotto il profilo causale, della
produzione dei danni asseritamente subiti alla condotta della stessa Milù
s.a.s., non avendo la medesima ripresentato la domanda di concessione
per le stag ioni successive al 1996/1997, ed essendo il concorso
Totocalcio, successivamente, passato sotto la gestione
dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, «la quale (…)
non era affatto obbligata a confermare soltanto i ricevitori g ià titolari in
forza di provvedimenti emessi dal precedente gestore (CONI) » (v. così,
testualmente, l’appellata sentenza);
(iv) condannava la ricorrente a rifondere alle parti resistenti le spese di
causa.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’orig inaria ricorrente,
deducendo i motivi come di seguito rubricati:
a) «Esistenza di g iudicato fra le parti; violazione dello stesso da parte del
g iudice di prime cure. Illog icità della decisione impugnata in ordine alle
statuizioni sulla leg ittimazione attiva e passiva», sotto il duplice profilo
che, in primo luog o, in caso di esercizio della domanda risarcitoria ai
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sensi dell’art. 30, comma 5, Cod. proc. amm., entro il termine di
centoventi g iorni dal passag g io in g iudicato della sentenza di
annullamento, «le parti in causa non possono essere altre che quelle nei
confronti delle quali è stata pronunciata la decisione presupposta», e
che, in secondo luog o, l’odierna appellante era stata la destinataria
dell’atto illeg ittimo annullato ed aveva subito «in ogni caso un danno in
prima persona laddove si rifletta che, quale socia accomandataria del
“BAR - Ristorante Milù”, avrebbe necessariamente conferito nella detta
società la concessione richiesta» (v. così, testualmente, il ricorso in
appello);
b) «Erroneità della sentenza laddove dichiara non leg ittimata attivamente
la Chiavaroli, quanto meno in relazione al danno diretto che ha
indubbiamente subito»;
c) «Erroneità della decisione in ordine all’affermazione di infondatezza
nel merito della domanda avanzata. Illog icità della decisione sul punto»;
d) «Erronea statuizione sulle spese».
L’appellante riproponeva, inoltre, espressamente tutte le richieste
formulate in primo g rado, anche di natura istruttoria, e chiedeva, in
riforma dell’impugnata sentenza, l’accog limento del ricorso di primo
grado.
3. Si costituivano in g iudizio le parti appellate (CONI e CONI Servizi
s.p.a.), contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone le
reiezione.
4. All’udienza pubblica del 12 mag g io 2015 la causa è stata trattenuta in
decisione.
5. L’appello è infondato.
5.1. Destituiti di fondamento sono i motivi d’appello sub 2.a) e 2.b), tra di
loro connessi e da esaminare cong iuntamente.
5.2.1. Il Tribunale amministrativo reg ionale correttamente ha dichiarato
la carenza di leg ittimazione attiva in capo all’orig inaria ricorrente e
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odierna appellante.
Infatti, dalla lettura del ricorso di primo g rado emerge in modo chiaro
ed univoco, che la ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni
asseritamente cag ionati dal provvedimento dell’8 ottobre 1996 della
Commissione di Zona per le ricevitorie Totocalcio del CONI di Pescara,
annullato in sede g iudiziale, «all’attività d’impresa svolta» (v. p. 4 del
ricorso di primo g rado), esponendoli nell’importo di euro 113.756,20 per
il mancato guadagno dall’introito dal g ioco del Totocalcio a far tempo
dal 1997 e, rispettivamente, in quello di euro 750.000,00 per il mancato
guadagno correlato alle mag g iori entrate da consumazioni/acquisti
presso il bar-edicola ristorante e da altri tipi di g ioco ivi gestiti (Totip,
Totosei, Enalotto), nonché per la preclusa possibilità di divenire
concessionaria di altri e più redditizi g iochi gestiti dall’Amministrazione
Autonoma dei Monopoli di Stato.
Con ciò, i danni azionati in g iudizio risultano riferiti esclusivamente
all’attività d’impresa esercitata dalla Milù s.a.s. nell’omonimo bar-edicola-
ristorante, ivi compresa l’attività di ricevitoria dei vari g iochi ivi gestiti,
tant’è che, secondo la stessa prospettazione di parte ricorrente, essa, in
caso di ottenimento della concessione, l’avrebbe apportata all’attività
d’impresa gestita in forma societaria. Risulta, peraltro, documentalmente
comprovato che il sog getto che esercita l’attività d’impresa presso i locali
di via Nazionale in Cepagatti, ove avrebbe dovuto essere ubicata la
nuova ricevitoria Totocalcio, è la Milù s.a.s. di Mirella Chiavaroli & C.,
con socia accomandataria l’odierna appellante e soci accomandanti
Chiavaroli Lucia, Fabrizio D’Angelo e Cristian Amoroso (v. visura
camerale prodotta dalle parti resistenti in primo grado).
Orbene, secondo consolidato orientamento g iurisprudenziale condiviso
da questo Colleg io, qualora vengano posti in essere atti in danno di una
società di persone, la leg ittimazione ad ag ire per il risarcimento dei danni
spetta esclusivamente alla società e non al sing olo socio, attesa
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l’autonomia patrimoniale della società, costituente entità distinta dai
soci, con un proprio patrimonio e con una propria capacità di ag ire a
tutela del medesimo, a mezzo dei legali rappresentanti (v. in tal senso,
per tutte, Cass. civ., Sez. I, 7 ag osto 2014, n. 17792; Cass. civ., Sez. I, 27
gennaio 1977, n. 406). Come, pertanto, correttamente affermato
nell’appellata sentenza, il danno sofferto dal socio per il fatto illecito di
un terzo, che abbia leso il patrimonio societario, è un danno meramente
indiretto e mediato, per il cui ristoro il socio non ha azione diretta nei
confronti del terzo autore dell’illecito, essendo, invece, la società l’unico
sog getto leg ittimato ad ag ire per la reinteg razione del patrimonio
sociale.
Inidonea ad infirmare tale conclusione è la deduzione dell’odierna
appellante, secondo cui, «pur essendo vero che la Chiavaroli avrebbe
quasi certamente esercitato l’attività di cui aveva richiesto la concessione
presso il Bar Milù, non possiamo escludere che avrebbe esercitato
l’attività in proprio» (v. p. 17 del ricorso in appello), trattandosi, per un
verso, di prospettazione meramente ipotetica e in contrasto con le
precedenti deduzioni circa la produzione deg li effetti lesivi sull’attività
d’impresa del bar-edicola-ristorante Milù, esercitata in forma societaria, e,
per altro verso, di allegazioni modificative dei fatti costitutivi della
pretesa risarcitoria azionata in g iudizio (e, quindi, della causa petendi),
come tali precluse dal divieto dello ius novorum in appello sancito
dall’art. 104, comma 1, Cod. proc. amm..
Irrilevante è la circostanza che l’atto annullato recava come destinataria
l’odierna appellante e che il g iudicato di annullamento si sia formato nei
confronti della medesima, attesa l’autonomia dell’azione risarcitoria,
proposta ex art. 30, comma 5, Cod. proc. amm. entro il termine di
centoventi g iorni dalla formazione del g iudicato di annullamento,
rispetto all’azione di annullamento. Infatti, l’azione risarcitoria – anche se
consequenziale ad una previa azione di annullamento –, secondo i
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generali principi processuali, deve essere proposta dal sog getto titolare
della posizione g iuridica sog gettiva che si assume lesa (nella specie,
costituita dall’integ rità del diritto all’esercizio dell’impresa gestita in
forma sociale), non essendo, di reg ola, consentito di far valere in nome
proprio un diritto altrui ed esulandosi dalle ipotesi tassative di
leg ittimazione ad ag ire straordinaria che, eccezionalmente, consentano
la sostituzione processuale, pena la violazione del combinato disposto
deg li artt. 39, comma 1, Cod. proc. amm. e 81 Cod. proc. civ..
5.2.2. Del pari, correttamente è stata affermata la carenza di
leg ittimazione passiva in capo al CONI, in quanto:
- secondo l’art. 8, comma 11, d.-l. 8 lug lio 2002, n. 138 (Interventi urgenti
in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa
farmaceutica e per il sostegno dell’economia anche nelle aree
svantagg iate), convertita dalla leg ge 8 ag osto 2002, n. 178, la CONI
Servizi s.p.a. è succeduta in tutti i rapporti attivi e passivi del CONI;
- essendo, per un verso, al successore ex lege opponibile il g iudicato di
annullamento formatosi nei confronti del dante causa, ed essendo, per
altro verso, la successione intervenuta prima dell’instaurazione del
presente g iudizio risarcitorio (con ricorso di primo g rado notificato il 26
ottobre 2011 ed il 2 novembre 2011), l’unico sog getto leg ittimato
passivo dell’azione risarcitoria era la CONI Servizi s.p.a., mentre il CONI
era, ormai, privo di leg ittimazione passiva.
5.3. La conferma della statuizione dichiarativa della carenza di
leg ittimazione attiva in capo all’orig inaria ricorrente costituisce rag ione
assorbente di reiezione dell’appello, con impedimento all’ing resso del
motivo d’appello sub 2.c), attinente al merito della pretesa risarcitoria.
Irrilevante è, al riguardo, la circostanza che la Servizi CONI s.p.a. abbia
formulato l’offerta transattiva di chiudere la controversia verso la
corresponsione di un importo di euro 18.000,00, elevato ad euro
25.000,00 nella memoria di costituzione di primo g rado depositata il 24
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gennaio 2012, non potendovisi ravvisare alcun riconoscimento di debito,
ma trattandosi di offerta formulata transigendi causa, che non ha
trovato esito alcuno per la mancata accettazione di controparte.
5.4. Privo di fondamento è il motivo sub 2.d), con cui è censurata
l’erronea statuizione sulle spese di causa, avendo il Tribunale
amministrativo reg ionale fatto corretta applicazione del criterio della
soccombenza.
6. Il medesimo criterio reg olatore deve informare la statuizione sulle
spese del presente g rado di g iudizio, da porre a carico dell’appellante
nella misura liquidata nella parte dispositiva.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epig rafe proposto
(ricorso n. 5142 del 2013), lo respinge e, per l’effetto, conferma
l’impugnata sentenza; condanna l’appellante e rifondere alle parti
appellate le spese del presente g rado di g iudizio, che si liquidano
nell’importo complessivo di euro 4.000,00 (quattromile/00), oltre ag li
accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 12 mag g io
2015, con l’intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Serg io De Felice, Consig liere
Claudio Contessa, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 04350/2015REG.PROV.COLL.N. 06288/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 6288 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Domenico Formica,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marco Greg oris, in
Roma, via C. Mirabello, 17;
c o n t roc o n t ro
Ministero della difesa, Comando generale dell’-OMISSIS- dei -OMISSIS-
, non costituiti in g iudizio nel presente grado;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA
PROVINCIA DI BOLZANO, n. 120/2011, resa tra le parti e
concernente: sanzione disciplinare;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Visto l’art. 52, commi 1 e 2, d.lgs. 30 g iugno 2003, n. 196;
Relatore, nell’udienza pubblica del g iorno 26 mag g io 2015, il Consig liere
Bernhard Lageder e udito, per la parte appellante, l’avvocato Scudellari
per delega dell’avvocato Formica;
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Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epig rafe, il Tribunale reg ionale di g iustizia
amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, respingeva (a spese
compensate) il ricorso n. 92 del 2010, proposto da -OMISSIS- – -
OMISSIS- -OMISSIS- nell’-OMISSIS- dei -OMISSIS- in servizio
permanente, all’epoca dei fatti addetto al Nucleo operativo e
radiomobile del Comando Compagnia -OMISSIS- di Trento – avverso il
provvedimento del 21 gennaio 2010, con cui g li era stata irrogata la
sanzione della sospensione disciplinare dall’impieg o per mesi dodici, ai
sensi dell’art. 21 l. 31 lug lio 1954, n. 599, per avere, secondo quanto
accertato in Trento l’8 aprile 2008:
- omesso di denunciare tempestivamente all’autorità g iudiziaria il
rinvenimento di sostanza stupefacente del tipo hashish per un peso
complessivo di g rammi 500, avvenuto nella serata del 7 aprile 2008;
- detenuto sostanze stupefacenti del tipo eroina e hashish, unitamente
ad alcune pastig lie di lorazepam che, per varietà, quantità, modalità di
confezionamento ed altre caratteristiche dell’azione, apparivano
destinate ad uso non esclusivamente personale;
- detenuto, all’interno della caserma dei -OMISSIS- di Trento, ove
prestava servizio, due caricatori per pistola Beretta mod. 92 e vario
munizionamento per armi da guerra ed armi comuni da sparo;
- abusando della sua qualità di appartenente all’-OMISSIS- dei -
OMISSIS-, tentato di persuadere un commerciante di Trento a
consegnarg li una consistente somma di denaro con la promessa di
favorirlo nell’ambito di un’indag ine sul traffico di sostanze stupefacenti
mediante un intervento presso altro pubblico ufficiale in servizio presso
l’ufficio del g iudice per le indag ini preliminari di Trento.
In sede penale, la -OMISSIS-nda è stata definita con sentenza n. 265 del
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19 g iugno - 2 lug lio 2008 del g iudice dell’udienza preliminare presso il
Tribunale di Trento, di applicazione della pena su richiesta delle parti ex
art. 444 cod. proc. pen., con cui g li è stata irrogata la pena di anni due di
reclusione, col beneficio della sospensione condizionale, per i reati
previsti e puniti dag li artt. 361 cod. pen., 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del
1990, 61, n. 9, 81, cpv., cod. pen., 2 l. n. 895 del 1967, 697 cod. pen., 56,
317 cod. pen. e 56, 346, comma 2, cod. pen.. Tale sentenza è divenuta
irrevocabile il 5 mag g io 2009, in esito ad ordinanza della Corte di
Cassazione del 5 mag g io 2009, dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso
per cassazione presentato dall’imputato.
Il provvedimento disciplinare si basava sul centrale, testuale rilievo che
«tale condotta, g ià sanzionata penalmente, è biasimevole sotto l’aspetto
disciplinare, in quanto contraria ai principi di moralità e rettitudine che
devono improntare l’ag ire di un militare, ai doveri attinenti al
g iuramento prestato ed ai doveri di correttezza ed esemplarità propri di
un appartenente all’-OMISSIS- dei -OMISSIS-».
2. In particolare, l’adìto Tribunale reg ionale di g iustizia amministrativa,
dopo aver rilevato l’efficacia della sentenza penale irrevocabile di
condanna (ivi compresa la sentenza di patteg g iamento ex art. 444 cod.
proc. pen.) nel g iudizio disciplinare quanto all’accertamento della
sussistenza del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che
l’imputato lo ha commesso (ai sensi dei novellati artt. 445 e 653 cod.
proc. pen.), respingeva le censure di natura procedimentale, ritenendo
che sia il termine di novanta g iorni per l’avvio del procedimento
disciplinare, sia quello di complessivi duecentosettanta g iorni per la sua
conclusione fossero stati osservati, avuto riguardo al dies a quo da
individuarsi al 27 mag g io 2009 – data, in cui la copia conforme della
sentenza penale, munita dell’annotazione di inammissibilità del ricorso
per cassazione e rilasciata dalla competente cancelleria il 25 mag g io 2009,
era pervenuta al Comando di appartenenza del ricorrente –, e tenuto
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conto delle date di contestazione dell’addebito all’incolpato (10 ag osto
2009) e di conclusione del procedimento (21 gennaio 2010). Il T.r.g.a.
respingeva, altresì, per genericità e, comunque, per carenza assoluta di
prova, le censure di incompatibilità allo svolg imento delle funzioni di
ufficiale inquirente in capo al ten. Col. Giacomo Barone (che non
risultava aver svolto indag ini sui medesimi fatti og getto del g iudizio
disciplinare) e di presidente della commissione di disciplina in capo al ten.
Col. Marco Ballerini (che non risultava in posizione di subordinazione
gerarchica rispetto al primo), nonché la censura del mancato scomputo
della sospensione cautelare sofferta dal ricorrente.
3. Avverso tale sentenza interponeva appello il ricorrente soccombente,
deducendo i motivi d’impugnazione come di seguito rubricati:
a) «Violazione di leg ge sub specie art. 5, comma 4, della leg ge 97/01.
Decadenza dall’azione disciplinare per tardività dell’inizio del
procedimento disciplinare»;
b) «Violazione di leg ge sub specie art. 5, comma 4, della leg ge 97/01.
Decadenza dall’azione disciplinare per tardività della conclusione del
procedimento disciplinare»;
c) «Violazione di leg ge sub specie art. 97 della Costituzione - Principio di
buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione -
Violazione dell’art. 40 della L. 1168/1954 - incompatibilità dell’ufficiale
inquirente e di componenti della commissione di disciplina - illeg ittimità
derivata»;
d) «Violazione della leg ge 18 ottobre 1961, n. 1168, sub artt. 9, 10, 11.
Illeg ittimità del procedimento disciplinare, illeg ittimità derivata del
provvedimento impugnato, eccesso di potere, difetto di istruttoria,
travisamento dei fatti, assenza di motivazione e/o motivazione
apparente, mancato scomputo della sospensione cautelare dal servizio
dalla sanzione della sospensione disciplinare. Violazione dell’art. 10
comma 3 della leg ge 1168/1961 - Eccesso di potere.Violazione dell’art.
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11 della leg ge 1168/1961 - Eccesso di potere. Violazione dell’art. 10 della
leg ge 1168/1961. Violazione dei principi generali in materia contenuti
nel D.P.R. 3/1957. Eccesso di potere per mancato scomputo della
sospensione cautelare».
L’appellante chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza,
l’accog limento del ricorso di primo grado.
4. Sebbene ritualmente evocata in g iudizio, l’Amministrazione appellata
ometteva di costituirsi nel presente grado.
5. Alla pubblica udienza del 26 mag g io 2015 la causa è stata trattenuta in
decisione.
6. L’appello è infondato, nei sensi di cui appresso.
6.1. Devono essere disattesi i primi due motivi d’appello sub 3.a) e 3.b),
tra di loro connessi e da esaminare cong iuntamente.
L’art. 5, comma 4, l. 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra
procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del
g iudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche) – in conformità a consolidato orientamento della
g iurisprudenza amministrativa, puntualmente richiamata nell’impugnata
sentenza, da ritenersi applicabile a tutto il settore del pubblico impieg o,
ivi compresi g li appartenenti alle Forze -OMISSIS-te e alla Polizia dello
Stato –, per quanto qui interessa, stabilisce che, in caso di pronuncia di
sentenza penale irrevocabile di condanna (cui ai sensi dei novellati artt.
445 e 653 cod. proc. pen., per g li effetti che qui rilevano, è equiparata la
sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciata
ex art. 444 cod. proc. pen.) «il procedimento disciplinare deve avere inizio
o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di
novanta g iorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o
all’ente competente per il procedimento disciplinare» (comma 1), e che
«il procedimento disciplinare deve concludersi entro centottanta g iorni
decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto
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disposto dall’articolo 653 del codice di procedura penale>.
Orbene, il T.r.g.a. ha correttamente individuato il dies a quo per l’avvio
del procedimento disciplinare alla data della comunicazione integ rale
della sentenza penale irrevocabile all’Amministrazione procedente.
Infatti, secondo consolidato orientamento di questo Consig lio di Stato,
da cui non v’è rag ione di discostarsi, il termine di novanta g iorni per
l’instaurazione o la riattivazione del procedimento disciplinare, previsto
dalla citata disposizione leg islativa, decorre dalla comunicazione della
sentenza irrevocabile di condanna all’Amministrazione datrice di lavoro,
rispondendo tale soluzione alla duplice esigenza di non procrastinare
eccessivamente il potere disciplinare dell’Amministrazione, così
tutelando il diritto del dipendente, e, al contempo, di evitare che il
termine decorra anteriormente al passag g io in g iudicato della sentenza
ed all’avvenuta conoscenza, da parte dell’amministrazione medesima,
dell’irrevocabilità della condanna del proprio dipendente, onde impedire
che il termine decorra in un periodo, nel quale la predetta
Amministrazione sia og gettivamente impossibilitata ad esercitare ogni
valutazione in ordine alla instaurazione, ovvero alla riattivazione, della
procedura disciplinare (v., per tutte, Cons. St., Sez. III, 27 ag osto 2014,
n. 4350, ed ivi altri richiami g iurisprudenziali).
In tale contesto, si deve escludere che, ai fini della identificazione del
termine iniziale, assumano rilievo la comunicazione della sentenza penale
non irrevocabile alle parti e ai loro difensori, costituente attività interna
al processo penale funzionale all’impugnazione del provvedimento
g iudiziale, o la mera conoscenza di fatto della sentenza di condanna non
munito di formale attestazione di irrevocabilità dalla competente
cancelleria del g iudice penale.
Invero, divenendo la sentenza irrevocabile soltanto in mancanza di
proposizione d’impugnazione, non potrebbe pretendersi che
l’Amministrazione proceda disciplinarmente in base alla comunicazione o
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alla conoscenza di fatto di pronuncia non ancora irrevocabile, atteso che
si tratterebbe di atto disciplinare evidentemente viziato, anche in
preg iudizio del dipendente, in quanto, appunto, emesso in assenza di
irrevocabilità, ossia sulla base di una condanna non ancora definitiva;
restando d’altra parte in facoltà del dipendente condannato di informare
il datore di lavoro della situazione di irrevocabilità, in virtù di un proprio
interesse, da identificare nella necessità di fare decorrere il termine e di
non procrastinare sine die il potere disciplinare di parte datoriale,
oltreché secondo un dovere di collaborazione inteso alla soddisfazione
di esigenze di buona amministrazione che devono g overnare, in ogni
circostanza, lo svolg imento del rapporto di impieg o in base al principio
stabilito dall'art. 97 Cost..
Alla stregua di tali considerazioni deve, altresì, escludersi ogni dubbio di
illeg ittimità costituzionale della disciplina di decorrenza del termine de
quo, così intesa in base alle diverse esigenze di tutela ad essa sottese, dal
momento che non sarebbe comunque consentito pretendere l’iniziativa
dell’Amministrazione senza che la situazione di irrevocabilità della
condanna penale sia comunque comunicata, eventualmente a cura dello
stesso dipendente al fine di impedire una situazione di incertezza ad esso
preg iudizievole (v., in tal senso, Cass., Sez. lav., 22 ottobre 2009, n.
22418).
I l dies a quo del termine di attivazione del procedimento disciplinare, a
seguito della pronuncia di sentenza penale di condanna del dipendente,
coincide pertanto con la comunicazione all’Amministrazione del testo
integ rale della sentenza divenuta irrevocabile, completa di motivazione,
dovendosi intendere che la sentenza stessa debba essere certificata come
irrevocabile dalla competente cancelleria del g iudice penale (v. Cons. St.,
Sez. II, 25 ottobre 2013, n. 4394; Cons. St., Sez. VI, 15 dicembre 2010, n.
8918).
Un tanto vale, ovviamente, anche per le sentenze di patteg g iamento ex
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art. 444 cod. proc. pen., attesa la loro equiparazione, per g li effetti
disciplinari, a vere e proprie sentenze di condanna (v. i sopra citati artt.
445 e 653 cod. proc. pen.), non rilevando la minore ampiezza dei motivi
d’impugnazione deducibili avverso siffatta tipolog ia di sentenze, né
essendo consentita all’Amministrazione, in sede disciplinare, in presenza
di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti non ancora
irrevocabile per pendenza di impugnazione, delibarne in via sommaria
l ’esit o sub specie di (in)ammissibilità o di (in)fondatezza, pena la
violazione della riserva di g iurisdizione in materia penale e la sovversione
del rapporto di preg iudizialità tra processo penale e procedimento
disciplinare desumibile dall’art. 653 cod. proc. pen..
Applicando le evidenziate coordinate normative g iurisprudenziali alla
fattispecie sub iudice, deve confermarsi l’individuazione, nell’impugnata
sentenza, del dies a quo per l’avvio del procedimento disciplinare nei
confronti dell’odierno appellante alla data del 27 mag g io 2009, allorché
la copia conforme della sentenza penale, munita dell’annotazione della
declaratoria d’inammissibilità del ricorso per cassazione ad opera della
cancelleria penale (in data 25 mag g io 2009), risulta essere pervenuta al
Comando Reg ione -OMISSIS- ‘Trentino Alto-Adige’, mentre irrilevante
è la circostanza che nel fascicolo dell’istruttoria formale sia stata
rinvenuta copia conforme dell’ordinanza d’inammissibilità pronunciata
dalla Corte di Cassazione il 5 mag g io 2009, rilasciata per estratto il 7
mag g io 2009, riportando la stessa la sola parte dispositiva dell’ordinanza,
e consentendo solo un esame completo di quest’ultima, completa della
parte-motiva, un vag lio definitivo sul reg ime di stabilità deg li effetti della
sentenza penale impugnata per cassazione.
Ebbene, a fronte della notificazione della contestazione dell’addebito in
data 10 ag osto 2009 e dell’adozione del provvedimento finale in data 21
gennaio 2010 (seguita dalla sua notificazione in data 9 febbraio 2010),
risultano osservati sia il termine di novanta g iorni per l’avvio del
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procedimento disciplinare, sia il termine di duecentosettanta g iorni (90 +
180) per la sua conclusione, con la precisazione, a tale ultimo riguardo,
che anche la notificazione del provvedimento conclusivo è stata
effettuata entro il termine di leg ge, con conseguente superamento di
ogni questione attorno alla natura ricettizia, o meno, di tale atto.
6.2. Privo di preg io è il terzo motivo d’appello sub 3.c), in quanto:
- in primo luog o, l’impugnata sentenza, nel respingere le censure
relative ad asserite incompatibilità in capo all’ufficiale inquirente e,
rispettivamente, in capo al presidente della commissione di disciplina, ne
ha rilevato la genericità, e tale motivazione, autonomamente sufficiente a
sorreg gere la correlativa statuizione reiettiva, non è stata investita da
specifico motivo d’appello, con conseguente inammissibilità del motivo
d’impugnazione in esame;
- in secondo luog o, le censure dedotte dall’odierno appellante non
appaiono in g rado di scalfire la motivazione dell’appellata sentenza,
escludente le lamentate situazioni di incompatibilità, con conseguente
infondatezza del motivo d’impugnazione anche nel merito.
6.3. Infondato è, infine, il quarto motivo d’appello sub 3.d), attesa la
corretta individuazione, nell’appellata sentenza, della l. 31 lug lio 1954, n.
599, quale fonte di disciplina – applicabile ratione temporis – del
rapporto dedotto in g iudizio, relativo ad appartenente al ruolo dei
sovrintendenti dell’-OMISSIS- dei -OMISSIS- (in virtù del rinvio di cui
all’art. 34, comma 3, d.lgs. 5 ottobre 2000, n. 297, e tenuto conto del
disposto di cui all’art. 30 d.lgs. 12 mag g io 1995, n. 198), e considerata la
corretta affermazione della non scomputabilità del periodo di custodia
cautelare in carcere sofferto dall’odierno appellante dall’8 aprile 2008 al
19 g iugno 2008 in rag ione del venir meno, per tale periodo, del
sinallagma contrattuale.
Quanto, invece, allo scomputo della sospensione precauzionale inflitta
al ricorrente con decreto n. 0168/III-9/2008 dell’8 mag g io 2008 (con
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decorrenza dall’8 aprile 2008), commutata con decreto n. 0267/III/2008
del 14 lug lio 2008 in sospensione dal servizio ai sensi dell’art. 4, comma 1,
l. n. 97 del 2001 (con decorrenza dal 19 g iugno 2008), se ne dovrà tener
conto in sede esecutiva per il periodo successivo al 19 g iugno 2008, non
essendosi l’impugnato provvedimento espresso sul punto (infatti,
secondo l’art. 20, comma 2, l. n. 599 del 1954, «quando sia inflitta al
sottufficiale la sospensione dall’impieg o di carattere disciplinare, nel
periodo di tempo di tale sospensione viene computato il periodo della
sospensione precauzionale sofferta, revocandosi l’eventuale eccedenza»).
6.4. Per le esposte rag ioni, l’appello è da respingere, con conseguente
conferma dell’impugnata sentenza, nei sensi di cui in motivazione.
7. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente
controversia, si ravvisano i presupposti di leg ge per dichiarare le spese
del presente grado di g iudizio interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epig rafe proposto
(ricorso n. 6288 del 2011), lo respinge e, per l’effetto, conferma
l’impugnata sentenza, nei sensi di cui in motivazione; dichiara le spese di
causa interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30
g iugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte
interessata, per procedere all’oscuramento delle generalità deg li altri dati
identificativi della parte appellante, manda alla Seg reteria di procedere
all’annotazione di cui ai commi 1 e 2 del citato articolo di leg ge, nei
termini indicati.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 26 mag g io
2015, con l’intervento dei mag istrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
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Claudio Contessa, Consig liere
Gabriella De Michele, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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153 / 210
N. 04349/2015REG.PROV.COLL.N. 08624/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 8624 del 2010, proposto da:
Vodafone Omnitel N.V., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dag li avvocati Mariano Protto, Marco
Sica e Paolo Giovanni Borghi, con domicilio eletto presso lo studio del
primo, in Roma, via Eleonora Duse, 5/G;
c o n t roc o n t ro
Comune di Bressanone, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e
difeso dag li avvocati Roberto Brocco e Nicola De Nig ro, con domicilio
eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Cavour, 325;
Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica,
rappresentata e difesa dag li avvocati Michele Costa, Renate von
Gug genberg , Hansjörg Silbernag l e Alfredo Pischedda, con domicilio
eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Bassano del Grappa, 24;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA
PROVINCIA DI BOLZANO, n. 176/2010, resa tra le parti e
concernente: autorizzazione alla realizzazione di una stazione radio-base
per la telefonia mobile nel Comune di Bressanone;
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Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio delle Amministrazioni appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del g iorno 26 mag g io 2015, il Consig liere
Bernhard Lageder e uditi, per le parti, g li avvocati Protto, Brocco e
Graziani, quest’ultimo per delega dell’avvocato Costa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epig rafe, il Tribunale reg ionale di g iustizia
amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano ha dichiarato in parte
improcedibile e per il resto respinto il ricorso n. 62 del 2008, proposto
dalla società Vodafone Omnitel N.V. avverso il provvedimento di
dinieg o del Comune di Bressanone n. 51522 del 30 novembre 2007,
notificato il 14 dicembre 2007, relativo al progetto per la realizzazione di
una stazione radio-base per telefonia mobile [«progetto radioelettrico
dell’impianto trasmittente - Via Plose (2BZ 3408 Bressanone Marconi) -
2005/260/0»], nonché avverso ogni altro atto connesso e conseguente,
ivi compresi i presupposti atti pianificatori comunali e provinciali. Il
ricorso era, altresì, volto all’accertamento della formazione per silentium
del titolo abilitativo alla installazione dell’impianto, in diretta
applicazione della normativa nazionale (art. 87 d.lgs. n.259 del 2003) e
della presupposta normativa comunitaria, e/o ai sensi dell’art. 69 l. prov.
n. 13 del 1997.
L’impugnato provvedimento di dinieg o era stato adottato in sede di
riesercizio del potere autorizzatorio sull’istanza presentata dalla
Vodafone Omnitel N.V. in data 28 lug lio 2005 (alla Provincia) e
rispettivamente 1° ag osto 2005 (al Comune), in esito all’annullamento
g iudiziale di un primo atto di dinieg o del 12 g iugno 2006 – per
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violazione del contraddittorio procedimentale e per difetto di
motivazione –, pronunciato dallo stesso T.r.g.a. con sentenza n. 197 del
26 magg io 2007, resa inter partes e passata in g iudicato.
2. In particolare, l’adìto T.r.g.a. con la qui appellata sentenza ha
dichiarato improcedibile il ricorso, nella parte in cui era stato proposto
avverso il Piano provinciale di settore delle infrastrutture di
comunicazione approvato con deliberazioni della Giunta provinciale n.
4787 del 22 dicembre 2003 e n. 4147 del 7 novembre 2005, per
sopravvenuta carenza d’interesse in seguito alla revoca del Piano
intervenuta con deliberazione n. 993 del 6 aprile 2009, mentre, per il
resto, lo ha ritenuto infondato nel merito.
3. Avverso tale sentenza ha interposto appello l’orig inaria ricorrente,
sostanzialmente riproponendo i motivi di primo g rado, seppur adattati
all’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza, chiedendo, in sua
riforma, l’accog limento del ricorso di prima istanza.
4. Si costituivano in g iudizio le Amministrazioni appellate (Comune di
Bressanone e Provincia autonoma di Bolzano), contestando la
fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
5. Il Comune di Bressanone, nella memoria del 21 aprile 2015, eccepiva la
sopravvenuta improcedibilità dell’appello, in quanto la società appellante
in data 16 g iugno 2014 aveva presentato istanza di autorizzazione
all’installazione dell’impianto denominato «2BZ U3408 Bressanone
Marconi» – ossia, dello stesso impianto og getto di causa – non più in via
Plose 2, bensì nel nuovo sito in via San Giuseppe 15, evidentemente
considerato equivalente sotto il profilo tecnico; né la società, nel
prog ramma di sviluppo della rete Vodafone Omnitel N.V. nel Comune
di Bressanone per l’anno 2013, aveva previsto alcuna infrastruttura di
comunicazione in via Plose, con conseguente sopravvenuta carenza
d’interesse alla coltivazione del presente ricorso.
La società appellante, nella memoria del 30 aprile 2015, si opponeva alla
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declaratoria d’improcedibilità, negando la natura sostitutiva della nuova
istanza, comunque nelle more respinta dall’Amministrazione comunale,
ed eccependo l’irrilevanza del mancato inserimento dell’impianto nel
prog ramma annuale deg li impianti da autorizzare, attesa, per un verso, la
formazione del silenzio-assenso sull’istanza og getto di causa con
conseguente superamento dell’obblig o d’inserimento nel prog ramma
annuale, e considerato, per altro verso, che lo stesso obblig o di
prog rammazione annuale della rete aveva formato og getto di specifica
censura nel ricorso di primo g rado, attraverso l’impugnazione della
correlativa previsione regolamentare.
6. All’udienza pubblica del 26 mag g io 2015 la causa è stata trattenuta in
decisione.
7. L’appello va dichiarato improcedibile, dovendosi ritenere cessato
l’interesse dell’appellante ad ottenere una decisione sul merito della
causa, riguardante la leg ittimità del provvedimento comunale di dinieg o
all’installazione della stazione radio-base per telefonia mobile «2BZ 3408
Bressanone Marconi» in Bressanone alla via Plose 2.
Infatti, la presentazione, in corso di causa (precisamente, in data 16
g iugno 2014), di nuova istanza di autorizzazione, con diversa
localizzazione – evidentemente valutata equivalente sotto il profilo
tecnico –, relativa ad uno stesso, identico impianto (individuato dal
codice «3408» e denominato «Bressanone Marconi»), senza che tale
istanza fosse condizionata all’esito del presente g iudizio (v. doc. da 1 a 4
prodotti dal Comune con la nota di deposito del 10 marzo 2015), non
può che essere qualificata come condotta incompatibile con la
persistenza dell’interesse sostanziale a tener ferma la precedente
localizzazione, comportante, sul piano processuale, la cessazione
dell’interesse concreto ed attuale alla coltivazione del ricorso relativo al
sito di via Plose 2 (presso un immobile sottoposto a tutela deg li insiemi ai
sensi dell’art. 25 l. urb. prov.), ormai sostituito da quello nuovo indicato
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in via San Giuseppe 15.
La qualificazione della nuova istanza come sostitutiva di quella
precedente og getto del presente g iudizio s’impone, per un verso, in
forza del principio log ico di non contraddizione, ostativo alla
coesistenza di due autorizzazioni aventi ad og getto un medesimo
impianto con localizzazioni tra di loro diverse (con la precisazione, che
l’individuazione del luog o di ubicazione dell’impianto costituisce
elemento essenziale della fattispecie autorizzatoria, essendo i criteri di
valutazione, di natura ambientale ed urbanistica, intrinsecamente
collegati alle caratteristiche del sito e dell’area di ubicazione), e, per altro
verso, alla luce delle risultanze documentali da cui emerge che, nella
prog rammazione annuale di Vodafone Omnitel N.V. per l’anno 2013
relativa al territorio comunale di Bressanone, quale unico sito
dell’impianto in og getto risulta indicata la nuova allocazione in via
Giuseppe 15. Si precisa, al riguardo, che tale circostanza viene qui in
rilievo su un mero piano probatorio, come elemento indiziario g rave e
preciso da cui inferire la natura sostitutiva della nuova localizzazione
indicata nell’istanza del 16 g iugno 2014, mentre irrilevante, nel presente
contesto discorsivo, è la questione di diritto circa l’obbligatorietà, o
meno, della presentazione del prog ramma annuale – peraltro
contenente clausola di riserva in relazione al contenzioso pendente –, sia
sotto il profilo dell’asserita illeg ittimità delle correlative previsioni del
reg olamento in materia di infrastrutture di telecomunicazione
(approvato con delibera del Consig lio comunale n. 128 del 13 dicembre
2007), sia sotto il profilo dell’asserita formazione del silenzio-assenso
(questione, quest’ultima, peraltro ormai preclusa dal g iudicato formatosi
sul punto con la sentenza n. 197/2007 del T.r.ga. che, in relazione
all’istanza del 28 lug lio - 1° ag osto 2005, e, quindi, in relazione allo stesso
procedimento og getto del presente g iudizio, ha espressamente escluso
la formazione del silenzio-assenso, respingendo la relativa domanda di
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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accertamento; v. punto 2. della parte-motiva della citata sentenza).
Né alla declaratoria d’improcedibilità osta il sopravvenuto dinieg o
espresso dal Comune di Bressanone sulla nuova istanza, essendo avverso
tale provvedimento esperibili g li ordinari mezzi di tutela g iurisdizionale.
La declaratoria d’improcedibilità impedisce l’ing resso delle questioni di
merito, talché nulla è dato statuire al riguardo.
8. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente
controversia, si ravvisano i presupposti di leg ge per dichiarare le spese
del presente grado di g iudizio interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epig rafe proposto
(ricorso n. 8624 del 2010), lo dichiara improcedibile per sopravvenuta
carenza di interesse; dichiara le spese del presente g rado di g iudizio
interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 26 mag g io
2015, con l’intervento dei mag istrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Claudio Contessa, Consig liere
Gabriella De Michele, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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N. 04348/2015REG.PROV.COLL.N. 07479/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 7479 del 2010, proposto da:
Marcello D'Armento, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Lo
Polito, con domicilio eletto presso Lucia Lutrario in Roma, Via Salaria,
n.320;
c o n t roc o n t ro
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Ufficio
Scolastico Reg ionale per la Basilicata, rappresentati e difesi per leg ge
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei
Portoghesi, n.12;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Letizia Leone, Giuseppina Benedetto;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza n.235 del T.A.R. BASILICATA (Sezione Prima) del 3
magg io 2010, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti g li atti di costituzione in g iudizio de Ministero dell'Istruzione,
dell'Universita' e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Reg ionale per la
Basilicata;
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Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 16 g iugno 2015, il Cons. Carlo
Mosca e uditi per le parti l’avvocato Lo Polito e l’avvocato dello Stato
Nicoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Dalla documentazione acquisita ag li atti, risulta che l'attuale appellante
e orig inario ricorrente, incluso nelle g raduatorie ad esaurimento per la
provincia di Matera per l'insegnamento di educazione tecnica- classe
A033, si rivolgeva al TAR Basilicata per l'annullamento del decreto n.465
del 21 lug lio 2008 adottato dall'Ufficio scolastico reg ionale per la
Basilicata, con cui si determinavano e ripartivano i posti disponibili per le
assunzioni con rapporto di lavoro a tempo indeterminato nelle scuole di
istruzione secondaria superiore di primo g rado per sing ola provincia e
classe di concorso, nella parte in cui assegnava, per l'anno scolastico
2008- 2009, alla citata classe di concorso A033, per la provincia di Matera,
due posti su una disponibilità di tre ag li inclusi nella g raduatoria ad
esaurimento.
Il ricorrente richiedeva, conseguentemente, la declaratoria del suo
diritto ad essere individuato quale destinatario di nomina in ruolo, con
assunzione a tempo indeterminato, dal 1 settembre 2008, su uno dei
posti disponibili per l'insegnamento della materia educazione tecnica
nella scuola di istruzione secondaria di primo g rado per la provincia di
Matera.
2. Il primo g iudice respingeva il ricorso, evidenziando che:
a. non può trovare applicazione, nella specie,l'invocata clausola di cui al
punto A.17 dell'allegato A delle istruzioni operative contenute nella
nota ministeriale, in data 11 lug lio 2008, relativa al decreto ministeriale
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n . 6 1 del 10 lug lio 2008 di disciplina delle assunzioni a tempo
indeterminato per l'anno scolastico 2008-2009. Ciò in quanto la
disposizione riguarda l'ipotesi di posti attribuiti per l'anno scolastico
precedente a g raduatorie risultate, all'atto dell'assegnazione, esaurite o
prive di aspiranti inseriti a pieno titolo, ma includenti aspiranti inseriti
con riserva perché in attesa di conseguimento dell'abilitazione
all'insegnamento. In questa ipotesi, ove i posti fossero stati redistribuiti
in favore di altre g raduatorie non esaurite, nè prive di aspiranti inseriti a
pieno titolo, la nota ministeriale sottolineava l'esigenza, per l'anno
scolastico 2008-2009, del recupero di detti posti a favore delle
g raduatorie penalizzate, purchè' vi fosse la disponibilità. La g raduatoria
ad esaurimento della classe A033, però, non si trovava nella situazione
prevista delle g raduatorie esaurite o prive di aspiranti inseriti a pieno
titolo, ma di quelle includenti solo docenti inseriti con riserva;
b. conseguentemente, non rientrando la g raduatoria in esame tra quelle
penalizzate cui faceva riferimento la nota ministeriale, circostanza
peraltro non contestata dal ricorrente, e in assenza quindi del verificarsi
del presupposto leg ittimante, l' Ufficio scolastico reg ionale non aveva
proceduto ad applicare il meccanismo correttivo del recupero previsto
dalla citata nota ministeriale;
c. comunque, proprio con l'atto impugnato, lo stesso Ufficio reg ionale
assegnava, ai sensi dell’articolo 2, comma 4 del decreto ministeriale n.61
del 10 lug lio 2008, le eccedenze reg istrate per la provincia di Matera a
varie classi che presentavano disponibilità di posti e aspiranti in
g raduatoria, fra cui la classe A033 alla quale veniva assegnato un posto in
più, oltre quello g ià stabilito. Con l'atto impugnato, si è stabilito così,
leg ittimamente, di determinare per l'anno scolastico 2008-2009 due posti
disponibili per le assunzioni a tempo indeterminato nelle scuole medie di
primo grado per la classe A033.
3. Con l'appello in epig rafe, con un unico e articolato motivo, è stato
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lamentato che:
a. il primo g iudice ha errato nell'interpretare il decreto impugnato,
attribuendo alla richiamata clausola del punto A.17 dell'allegato A delle
istruzioni operative di cui alla citata nota ministeriale, un significato
diverso da quello proprio, dal momento che il contingente dei posti per
la provincia di Matera assegnato alla classe di concorso A033 è rimasto
invariato rispetto a quello determinato nel previgente anno scolastico.
Alla data di conferimento deg li incarichi per l'anno scolastico 2007-2008,
infatti, i posti per la citata classe A033 erano quattordici, di cui dodici
erano stati assegnati e i rimanenti due destinati alle immissioni in ruolo
per l'anno successivo, essendo la g raduatoria esaurita, ma con la
presenza in essa di aspiranti inseriti con riserva. I due posti residui sono
stati così destinati alle immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2008-2009
in favore dei due docenti che precedevano l'appellante nella g raduatoria
in cui era inserito al terzo posto. Il decreto di immissione risulta errato,
perchè con l'inizio dell'anno scolastico 2007-2008, i posti disponibili
erano diventati tre, avendo uno dei destinatari dell'assunzione rinunciato
all'incarico e mai assunto servizio;
b. i citati tre posti andavano quindi utilizzati per l'immissione in ruolo,
per l'anno scolastico 2008-2009, dei docenti che avevano, come
l'appellante, sciolto la riserva per il conseguimento dell'abilitazione;
c. tanto l'articolo 2, punto 2.1 del decreto ministeriale n.56/2007, che il
medesimo articolo del decreto ministeriale n.61/2008 prevedono che le
assunzioni in ruolo si effettuano sui posti vacanti per l'intero anno
scolastico e il posto rivendicato dall'appellante era vacante e disponibile
per le operazioni di assunzione in ruolo, essendo ben tre del resto i posti
disponibili, come confermato dalla documentazione in atti.
DIRITTO
1 . L'appello è infondato e le arg omentazioni poste a sostegno della
decisione del primo g iudice vanno condivise, essendo esaustive, chiare e
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lineari. Pur constatando la non agevole interpretazione delle molteplici
disposizioni ministeriali dovuta anche alla complessità delle situazioni
relative alle diverse posizioni dei docenti e delle classi di concorso, la
ricostruzione operata dal g iudice di primo g rado è quella più coerente
con l'intero impianto normativo esistente in materia.
La clausola di cui al punto A.17 dell'allegato A delle istruzioni operative
di cui alla nota ministeriale prot. n.11689 dell'11 lug lio 2008, avente ad
og getto il decreto ministeriale del 10 lug lio 2008 relativamente alle
assunzioni a tempo indeterminato di personale per l'anno scolastico
2008-2009, clausola invocata dall'appellante perché violata dall'Ufficio
Scolastico Reg ionale, richiama l'attenzione sul caso di posti g ià assegnati,
per l'anno scolastico 2007-2008, a g raduatorie risultate esaurite o prive di
aspiranti a pieno titolo, ma con aspiranti inseriti in attesa del
conseguimento dl titolo di specializzazione sul sostegno o
dell'abilitazione all'insegnamento. La clausola avverte, poi, che qualora i
posti in questione siano stati ridistribuiti, per tale motivo, dai direttori
reg ionali ad altre g raduatorie, occorre procedere al recupero di detti
posti a favore delle g raduatorie penalizzate purché vi sia la disponibilità' .
Non vi è dubbio, quindi, come ha osservato del resto il primo g iudice,
che l'indicazione ministeriale riguardi un'ipotesi diversa da quella
rappresentata dalla parte appellante. I posti, infatti, inizialmente
attribuiti dal Ministero all'insegnamento della classe A033 -educazione
tecnica- sono stati assegnati a docenti inclusi a pieno titolo nelle
g raduatorie ad esaurimento della citata classe, ad eccezione di un unico
docente rinunciatario.
Di conseguenza, come incisivamente sostenuto dal g iudice di primo
g rado, la g raduatoria ad esaurimento, relativa alla più volte citata classe
A033, non era, nel momento dell'assegnazione dei posti, nella situazione
di essere g raduatoria esaurita o priva di docenti inseriti a pieno titolo, ma
includenti solo docenti inseriti con riserva.
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In effetti, quindi, la citata g raduatoria non rientrava tra quelle
penalizzate cui fa riferimento il citato punto A.17 del predetto Allegato
A delle Istruzioni operative e, in assenza del presupposto leg ittimante,
l'Ufficio Scolastico Reg ionale non ha proceduto al recupero previsto
dalle Istruzioni operative a favore solo delle g raduatorie penalizzate.
In conclusione, il decreto impugnato è' leg ittimo, la decisione del primo
giudice corretta e l'appello è da respingere.
2. In considerazione della og gettiva difficoltà interpretativa delle
disposizioni ministeriali, invero g ià segnalata dal primo g iudice, questo
Colleg io ritiene di compensare, tra le parti, le spese di g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello in epig rafe ( ricorso n. 7479
del 2010), respinge l 'appello .
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 16 g iugno
2015, con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Serg io De Felice, Consig liere
Roberto Giovagnoli, Consig liere
Claudio Contessa, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
166 / 210
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
167 / 210
N. 04347/2015REG.PROV.COLL.N. 06629/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 6629 del 2010, proposto da
Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza per i beni
architettonici e paesag g istici per le province di Lecce Brindisi e Taranto,
in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per leg ge
dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in
Roma, Via dei Portoghesi, 12;
c o n t roc o n t ro
Merico Rosa Angelica;
p e r l a r if o rma d e l l a se n t e n z a d e l T.A .R . P UGLI A ,p e r l a r if o rma d e l l a se n t e n z a d e l T.A .R . P UGLI A ,
S EZI O NE S TA CCA TA DI LECCE, se z . I , n . 03166/2009,S EZI O NE S TA CCA TA DI LECCE, se z . I , n . 03166/2009,
r e sa t r a l e p ar t i, c o n c e rn e n t e an n u l l ame n t o d ir e sa t r a l e p ar t i, c o n c e rn e n t e an n u l l ame n t o d i
au t o r iz z az io n e p ae sag g ist ic a ;au t o r iz z az io n e p ae sag g ist ic a ;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del g iorno 9 g iugno 2015 il Cons.
Gabriella De Michele e udito per la parte appellante l’avvocato dello
Stato Paola Saulino;
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
168 / 210
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenze del Tribunale amministrativo reg ionale per la Pug lia,
Lecce, sez. I, n. 3166/09 del 17 dicembre 2009 è stato accolto il ricorso
proposto dalla signora Rosa Angelica Merico avverso il decreto della
Soprintendenza per i beni architettonici e paesag g istici per le province
di Lecce, Brindisi e Taranto in data 29 aprile 2009, di annullamento
dell’autorizzazione paesag g istica, rilasciata il 26 marzo 2009 dal Comune
di Tricase ex art. 159 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, per la realizzazione
di un fabbricato da destinare a civile abitazione.
Nella citata sentenza si riteneva fondata la censura di erronea
valutazione, da parte della Soprintendenza, del rilevato difetto di
motivazione del provvedimento comunale, che avrebbe contenuto
viceversa “un’analisi approfondita delle caratteristiche dell’area e del
progetto”, con “prescrizioni dirette alla tutela del paesag g io”quali la
tinteg g iatura da utilizzare per i previsti “travetti in legno lamellare”, al
fine di mitigare l’impatto delle opere: un impatto, g ià in parte alleg gerito
col previsto abbassamento della recinzione in muratura e, comunque, da
rapportare ad un contesto, caratterizzato dalla presenza di “edifici
adiacenti, con sviluppo fuori terra superiore a quello ipotizzato nel
progetto”, sottoposto ad autorizzazione paesagg istica.
Non sarebbero state esaminate in modo analitico, pertanto, le rag ioni
del parere favorevole, con ulteriore inammissibile apprezzamento di
merito, nell’affermazione della medesima Soprintendenza di poter
prendere in considerazione un diverso progetto, che prevedesse “la
realizzazione dell’edificio a livello della strada di ing resso e contenuta
nella recinzione esistente”, .
In rapporto alle arg omentazioni sopra sintetizzate, nell’atto di appello in
esame (n. 6629/10, notificato il 24 g iugno 2010) il Ministero per i beni e
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
169 / 210
le attività cultuali sottolineava come non fosse affidato all’ente statale un
“mero controllo formale dell’atto comunale”, anche nell’ambito della
disciplina transitoria, dettata per il periodo antecedente alla
predisposizione dei piani paesag g istici, di cui all’art. 143 del d.lgs. n. 42
del 2004 (in presenza dei quali è previsto il parere preventivo e
vincolante del medesimo Ministero). Nel caso di specie, il parere
comunale annullato sarebbe stato effettivamente immotivato, non
rilevandosi sostanziali differenze nel nuovo progetto, rispetto ad uno
precedente, g ià og getto di parere favorevole parimenti annullato, con
ulteriori annotazioni marg inali, che non avrebbero mostrato alcuna
considerazione per il contesto paesagg istico di riferimento.
Tenuto conto delle opposte arg omentazioni delle parti, il Colleg io
ritiene che l’appello sia meritevole di accog limento, non rilevando
l’omessa notifica dell’impugnazione al Comune, che – quale autorità
emanante l’atto autorizzatorio di base annullato dalla Soprintendenza,
favorevole all’orig inaria ricorrente – appare evocato in primo g rado di
g iudizio per meri fini tuzioristici, senza perciò che vi sia necessità di
notifica nella presente sede di appello ai sensi dell’art. 95, comma 1, Cod.
proc. amm. (e senza che in tale sede il medesimo Comune possa
considerarsi controinteressato in senso g iuridico, in quanto l’atto
autorizzativo emesso costituiva fase della procedura, normativamente
prescritta, a cui potevano corrispondere solo interessi istituzionali e non
propri dell’ente locale, che non si era del resto costituito in primo g rado
di g iudizio e la cui posizione sog gettiva non poteva considerarsi lesa
dall’intervento della Soprintendenza, ispirato a finalità di tutela del bene
paesagg istico).
Nella sentenza appellata, in effetti, si esprime l’avviso che la
Soprintendenza abbia effettuato una inammissibile valutazione di merito,
indicando – nei termini in precedenza riportati – soluzioni progettuali
per rendere l’intervento autorizzabile, sotto il profilo paesag g istico di
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
170 / 210
competenza.
Detto assunto non appare fondato, tenuto conto del pacifico indirizzo
interpretativo, secondo cui la valutazione di leg ittimità affidata alla
medesima Soprintendenza costituisce espressione di un potere non di
controllo, ma di attiva cogestione del vincolo, funzionale all’“estrema
difesa” di quest’ultimo (Corte cost., 27 g iugno 1986, n. 151; 18 ottobre
1996, n. 341; 25 ottobre 2000, n. 437). In tale ottica, l’eventuale
intervento caducatorio può essere riferito a qualsiasi vizio di leg ittimità,
riscontrabile nel parere trasmesso dall’ente territoriale, ivi compreso
l’eccesso di potere in ogni figura sintomatica (sviamento, insufficiente
motivazione, difetto di istruttoria, illog icità manifesta: cfr. in tal senso
Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9 e successiva
g iurisprudenza consolidata).
Se tale, d’altra parte, è l’estensione della potestà amministrativa
dell’Autorità statale, deve anche ammettersi che quest’ultima possa
indicare in concreto quali profili progettuali – in potenziale contrasto
con i valori, og getto di tutela vincolistica – non siano stati
adeguatamente considerati dal Comune, con og gettiva elusione dei
valori stessi: quanto sopra, non in termini di diversa, non consentita
valutazione di natura estetica – né come configurazione di un
sostanziale vincolo di inedificabilità assoluta, ove in effetti non
sussistente – ma al fine di facilitare una spontanea riconsiderazione della
fattispecie e deg li elementi da rivalutare, per pervenire, nell’interesse
dello stesso istante, a un apprezzamento più approfondito e
compiutamente espresso.
Nella situazione in esame, l’autorizzazione paesag g istica era richiesta per
la costruzione di un fabbricato, da collocare nell’ambito dei “territori
costruiti”, ai sensi del Piano Urbanistico Territoriale P.U.T.T./Paesag g io,
in area paesisticamente vincolata ai sensi della leg ge 29 g iugno 1939, n.
1497 (Protezione delle bellezze naturali).
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
171 / 210
Il progetto era valutato favorevolmente dal Comune di Tricase, con un
primo parere emesso in data 10 aprile 2008, per la presenza nell’area
interessata di numerose altre costruzioni, nonché per il materiale
utilizzato e per la tintegg iatura esterna.
Tale parere era stato annullato dalla Soprintendenza, con riferimento a
valori paesag g istici non considerati, tenuto conto, in particolare, della
visuale panoramica che sarebbe stata compromessa, con ravvisata
esigenza di contenimento dell’edificio “nella recinzione esistente”.
In data 26 marzo 2009 il Comune emetteva un nuovo nulla-osta, in cui si
dava atto di una modifica progettuale (sostituzione di parte della
recinzione in muratura con una ringhiera di metallo), che avrebbe
consentito di “ridurre l’impatto in termini di visuali panoramiche”, con
l’ulteriore condizione che “i travetti in legno lamellare” fossero realizzati
“utilizzando essenze di colore scuro”.
Interveniva, quindi, l’atto di annullamento di cui si discute, con cui la
Soprintendenza rilevava come l’autorizzazione paesag g istica del 26
marzo 2009 “sebbene diversamente motivata in relazione al contesto
paesagg istico, rispetto a quella precedente del 10 aprile 2008”, finisse per
comportare “la realizzazione di un fabbricato identico, per forma e
dimensione, a quello del provvedimento del 10 aprile 2008, annullato
con decreto soprintendentizio n. 1127 bap del 24 g iugno 2008”. Veniva
altresì considerato come il Comune non avesse effettuato una reale
rimeditazione, circa l’inserimento del medesimo fabbricato non solo nel
contesto edificatorio circostante, ma in un quadro di valori paesag g istici
da preservare, senza alcuna precisazione circa “g li accertamenti istruttori
eseguiti”, in modo tale da rendere comprensibile “l’iter log ico”, seguito
per il rilascio dell’autorizzazione.
Le rag ioni esposte dalla Soprintendenza risultano chiaramente
comprensibili in base alla documentazione fotog rafica e progettuale
prodotta, da cui emerg ono i resti di un terrazzamento naturale, su cui la
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
172 / 210
nuova costruzione andrebbe ulteriormente ad incidere, con impatto che
potrebbe essere in qualche misura ridotto, contenendo l’edificio “nella
recinzione esistente”.
Posto dunque che, come in precedenza illustrato, una valutazione
concreta dei parametri progettuali, nei termini del sindacato sull’eccesso
di potere dell’autorizzazione di base, non era preclusa alla
Soprintendenza in rag ione dell’immanente esigenza – insita nella
necessaria compatibilità dell’intervento con i valori paesag g istici propri
del contesto vincolato – di minimizzare l’incidenza dell’intervento sul
paesag g io, si deve riconoscere che, in rapporto alle indicazioni
contenute nell’atto di annullamento soprintendentizio del 24 g iugno
2008, nessuna considerazione risulta esposta nel successivo atto di
autorizzazione comunale in data 26 marzo 2009, la cui motivazione
(riferita a modifiche del tutto marg inali, quali un abbassamento della
recinzione, o parziali modalità di tinteg g iatura) è quindi carente, in
rapporto allo specifico apprezzamento che l’Autorità comunale era stata
chiamata ad effettuare, per finalità di mig liore coordinamento fra
Amministrazioni pubbliche investite di delicati compiti di tutela del
paesagg io.
Per le rag ioni esposte, in conclusione, il Colleg io ritiene che l’appello
debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo e fatti
salvi g li ulteriori provvedimenti delle citate Amministrazioni; quanto alle
spese g iudiziali, tuttavia, il Colleg io stesso ne ritiene equa la
compensazione, tenuto conto delle peculiarità della vicenda
controversa.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando, accog lie il ricorso in appello indicato in
epig rafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il
ricorso proposto in primo grado.
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
173 / 210
Compensa le spese g iudiziali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 9 g iugno 2015
con l'intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consig liere
Gabriella De Michele, Consig liere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Roberta Vigotti, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
174 / 210
N. 04346/2015REG.PROV.COLL.N. 06159/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 6159 del 2010, proposto da:
Anna Maria Santini, rappresentata e difesa dag li avvocati Gaspare Salerno
e Giorg io Allocca, con domicilio eletto presso Gaspare Salerno in Roma,
Via G. Nicotera, n.29;
c o n t roc o n t ro
Istituto Nazionale Previdenza Sociale (Inps), rappresentato e difeso
dag li avvocati Massimiliano Morelli e Elisabetta Lanzetta, con domicilio
eletto presso Inps -Ufficio Legale in Roma, Via della Frezza, n.17;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza n. del T.A.R. LAZIO – ROMA (Sezione Terza Ter) del 19
gennaio 2010, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in g iudizio dell’ Istituto Nazionale
Previdenza Sociale (Inps);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 14 lug lio 2015, il Cons. Carlo
Mosca e uditi per le parti l’avvocato Allocca;
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
175 / 210
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La signora Anna Maria Santini riferisce di essere stata dipendente
dell'INPS e di essere stata collocata in quiescenza prima del 1996,
g odendo di un trattamento pensionistico integ rativo erogato dal Fondo
interno deg li ex dipendenti. La stessa si è rivolta al TAR Lazio poichè nel
tempo il predetto trattamento non è stato adeguato alla stregua deg li
aumenti corrisposti, a titolo di indennità di funzione di cui al contratto
collettivo decentrato per il 1996, ai dipendenti ancora in servizio. Ha
chiesto, quindi, al primo g iudice l'annullamento della delibera Inps n.
1031/96, nella parte in cui non prevede analog o diritto per g li ex
dipendenti pensionati e per il riconoscimento del diritto alla
riliquidazione della predetta pensione integ rativa, come stabilito
dall'articolo 33 del Reg olamento interno di previdenza dell'INPS,
essendo stato violato l'articolo 15 della leg ge n.88/1989, riliquidazione
comprensiva di interessi e di rivalutazione.
2. Il TAR Lazio, con la sentenza impugnata, ha dichiarato il ricorso
inammissibile, per difetto di g iurisdizione, ritenendo che il g iudice
competente, nella controversia di specie, sia il g iudice contabile della
Corte dei Conti, ai sensi dell'articolo 62 del Reg io Decreto n.1214/1934.
3. Con l'appello in epigrafe, l'orig inaria ricorrente ha chiesto di dichiarare
la g iurisdizione del g iudice amministrativo e, per l'effetto, di riconoscerle
il diritto alla riliquidazione del trattamento integ rativo di pensione a far
data dal 1 gennaio 1996, includendo nella retribuzione pensionabile
l'indennità' di funzione, cosi' come prevista dalla delibera dell'INPS
n.1031/96. Ciò' evidenziando: a. all'epoca dei fatti, era lo Stato a gestire il
trattamento pensionistico dei propri dipendenti civili e militari, nonché'
dei dipendenti delle Amministrazioni autonome ed Enti locali e il
relativo contenzioso ricadeva sotto la g iurisdizione della Corte dei Conti.
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
176 / 210
Per g li altri dipendenti pubblici, esistevano, però, apposite strutture
previdenziali come per l'INPS e l'INAIL, con specifici reg olamenti
interni e il contenzioso era affidato al g iudice amministrativo;
b. la ripartizione predetta e' stata più volte riconosciuta dalla
g iurisprudenza amministrativa nelle controversie riguardanti i trattamenti
pensionistici del personale deg li enti di diritto pubblico come l'INPS;
c. solo con il T.U. sul pubblico impieg o di cui al decreto leg islativo
n.265/2001, il contenzioso è stato devoluto al g iudice ordinario in
funzione di g iudice del lavoro;
d. di aver diritto alla riliquidazione del trattamento di pensione
integ rativa, come avvenuto per i colleghi in servizio, secondo quanto
disposto dalla citata delibera Inps n.1031/96, nel rispetto del richiamato
articolo 33 del Regolamento del Fondo INPS.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Colleg io il ricorso in appello proposto dalla
signora Santini, g ià orig inaria ricorrente in primo g rado, avverso la
sentenza del TAR Lazio con cui è stato dichiarato inammissibile, per
difetto di g iurisdizione del g iudice amministrativo, il ricorso proposto
avverso la delibera dell'Inps n.1031/96, nella parte in cui non prevede
l'adeguamento del trattamento pensionistico integ rativo anche per g li
ex dipendenti pensionati. L'appellante chiede di dichiarare, diversamente
da quanto statuito dal g iudice di prime cure la g iurisdizione del g iudice
amministrativo
2. L'appello deve essere accolto, ritenendo sussistente la g iurisdizione
del g iudice amministrativo. Al riguardo, si osserva che la tesi della parte
appellante trova conforto nella sentenza delle Sezioni Unite Civili della
Corte di Cassazione del 3 g iugno 2002, n.7981, dal cui orientamento
questo Colleg io non intende discostarsi. In quella sede, è stato, infatti,
affermato che le controversie promosse dag li ex dipendenti in
quiescenza nei confronti deg li enti pubblici eroganti un trattamento
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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integ rativo in ag g iunta alla pensione, come avviene per i dipendenti
dell'INPS e dell'INAIL, controversie aventi ad og getto la riliquidazione
del trattamento integ rativo con l'inclusione di competenze retributive
non conteg g iate, sono devolute alla g iurisdizione del g iudice
amministrativo, se sorte in un periodo antecedente al 1998, essendo le
stesse relative a prestazioni che, in quanto corrisposte da un fondo
costituito dal medesimo ente pubblico datore di lavoro per mezzo
dell'accantonamento di una parte della retribuzione e alimentato anche
da contributi dei dipendenti, ineriscono strettamente al preg resso
rapporto di pubblico impieg o, con la conseguenza che non sussiste la
g iurisdizione della Corte dei Conti, non essendo in discussione un
rapporto previdenziale diverso da quello di lavoro.
4. Per le rag ioni esposte, in considerazione che la parte appellante g ode,
dall’anno 1996, del trattamento pensionistico integ rativo erogato dal
Fondo interno Inps e che allo stesso anno risale l'orig ine della
controversia in questione, l’appello in epig rafe deve essere accolto e, per
l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarata la
g iurisdizione del g iudice amministrativo con remissione deg li atti al TAR
Lazio, ai sensi dell'articolo 105, comma 1 del codice del processo
amministrativo.
5. Il Colleg io ritiene, altresì, che in rag ione della peculiarità della
vicenda, sussistano g iusti motivi per disporre la compensazione tra le
parti delle spese di g iudizio.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello in epig rafe (ricorso n.6159 del
2010), lo accog lie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata,
dichiara la g iurisdizione del g iudice amministrativo con remissione deg li
atti al TAR Lazio, ai sensi dell'articolo 105, comma 1 del codice del
processo amministrativo.
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
178 / 210
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 14 lug lio 2015,
con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Roberta Vigotti, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
Vincenzo Lopilato, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
179 / 210
N. 04345/2015REG.PROV.COLL.N. 04302/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 4302 del 2010, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni
architettonici e per il paesag g io delle Province di Brescia, Cremona e
Mantova, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per leg ge, in Roma,
via dei Portoghesi, 12;
c o n t roc o n t ro
Meilhaus Philipp, rappresentato e difeso dall’avvocato Giorg io Allocca,
con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, via G.
Nicotera, 29;
n e i c o n f ro n t i d in e i c o n f ro n t i d i
Comune di Tremosine, non costituito in g iudizio nel presente grado;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale per la Lombardia,
Sezione staccata di Brescia, Sezione I, n. 9/2010, resa tra le parti e
concernente: costruzione complesso residenziale, annullamento
autorizzazione paesistica;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
180 / 210
Visto l’atto di costituzione in g iudizio della parte appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del g iorno 12 mag g io 2015, il Consig liere
Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Stig liano
Messuti e l’avvocato Allocca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epig rafe, il Tribunale amministrativo reg ionale per
la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, accog lieva il ricorso n. 916 del
2007, proposto da Meilhaus Philipp avverso il decreto del
Soprintendente per i beni architettonici e per il paesagg io delle Province
di Brescia, Cremona e Mantova n. 75 del 28 mag g io 2007, con il quale ai
sensi dell’art. 159, comma 3, d.lgs. n. 42 del 2004 era stata annullata
l’autorizzazione paesistica n. 13/07 del 22 marzo 2007, rilasciata dal
Comune di Tremosine per la costruzione di un complesso residenziale a
due piani e cinque unità abitative indipendenti per mc 480 su un lotto di
proprietà del ricorrente (mappali 1986-1987-1988) sito nel Comune di
Tremosine in località Mezzema, ad un’altitudine di ca. 650 m s.l.m., in
zona C1.19 (zona residenziale di nuova espansione a volumetria definita,
con limite massimo di mc 500), in area sottoposta a vincolo paesag g istico
con d.m. 22 ottobre 1958 (pubblicato sulla G.U. n. 268 del 7 novembre
1958 e recante «Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona
costiera del lag o di Garda, sita nell’ambito dei comuni di Tignale,
Tremosine e Limone sul Garda») ed ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett.
f), d.lgs. n. 42 del 2004 (inserimento nel perimetro del Parco reg ionale
Alto Garda Bresciano).
In particolare, l’adìto Tribunale amministrativo reg ionale provvedeva
come segue:
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
181 / 210
(i) respingeva il primo motivo di ricorso – con cui era stata dedotta la
violazione deg li artt. 146 e 159 d.lgs. n. 42 del 2004 per superamento del
termine di sessanta g iorni non solo per adottare il decreto di
annullamento, ma anche per comunicarlo al destinatario –, rilevando che
alla fattispecie dedotta in g iudizio trovava applicazione l’art. 159, comma
3, d.lgs. n. 42 del 2004, da interpretare nel senso che l’ivi previsto termine
di sessanta g iorni si riferiva all’adozione, e non anche alla comunicazione,
del decreto sovrintendentizio, e che, nel caso di specie, il termine
doveva ritenersi osservato con l’adozione del decreto di annullamento in
data 28 mag g io 2007, a fronte della pratica pervenuta dal Comune il 29
marzo 2007, nonché ag g iungendo che, ad ogni modo, la
Soprintendenza aveva anche esercitato il potere di integ razione
documentale, con conseguente proroga del termine di ulteriori trenta
g iorni;
(ii) accog lieva, invece, il secondo motivo di ricorso – con il quale era
stato dedotto il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti sia
con riguardo alla documentazione depositata dal ricorrente, sia con
riguardo all’impatto paesagg istico –, ritenendo che:
- non risultavano le lacune documentali rilevate dalla Soprintendenza
per la ritenuta incompletezza della relazione paesagg istica;
- non erano condivisibili le censure della Soprintendenza incentrate sulla
sottovalutazione delle modifiche morfolog iche e della visibilità dei
fabbricati, poiché, per un verso, alla luce delle risultanze istruttorie la
possibilità di un disturbo dalla presenza del fabbricato dalla vista dal lag o
doveva ritenersi notevolmente ridotta e, per altro verso, in relazione alla
vista verso il lag o «si può ritenere che l’inserimento dei fabbricati non
determini un particolare disturbo, in quanto la lunghezza del complesso
edilizio (26 metri) occlude solo una piccola parte dei punti panoramici
del versante» (v. così, testualmente, l’appellata sentenza);
- né erano ravvisabili l’insufficiente istruttoria e la mancata
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predisposizione di opere di mitigazione visiva ed ambientale, poste in
rilievo nell’impugnato atto soprintendentizio;
- quanto al rischio di interferenza dei fabbricati con due speroni rocciosi,
tra i quali si incuneava il progettato complesso edilizio, l’esecuzione
dell’opera era subordinata al mantenimento delle rocce nello stato
attuale, sicché il problema della relativa salvaguardia si sarebbe spostato
dal piano progettuale a quello esecutivo;
(iii) annullava dunque l’impugnato atto soprintendentizio, a spese
integralmente compensate tra le parti.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Amministrazione statale
soccombente in primo g rado, assumendo la leg ittimità dell’atto
soprintendentizio di annullamento dell’autorizzazione paesag g istica
comunale e del relativo impianto motivazionale, e deducendo
l’inammissibilità di una motivazione g iudiziale postuma sostitutiva
dell’onere motivazionale incombente all’Amministrazione attiva.
L’appellante Ministero chiedeva, pertanto, in riforma dell’impugnata
sentenza, la reiezione del ricorso di primo grado.
3. Si costituiva in g iudizio l’appellato Meilhaus Philipp, contestando la
fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.
4. All’udienza pubblica del 12 mag g io 2015 la causa è stata trattenuta in
decisione.
5. Premesso che la statuizione sub 1.(i), sfavorevole all’odierno appellato,
sul punto soccombente, non risulta impugnata con appello incidentale
ed è, ormai, coperta da g iudicato endoprocessuale, con la conseguenza
che ogni relativa questione esula dai limiti og gettivi del devolutum, si
osserva nel merito che l’appello è fondato.
Occorre premettere che l’impugnato decreto soprintendentizio si fonda
su una pluralità di motivazioni, di cui ciascuna idonea a sorreg gere
autonomamente la parte dispositiva del decreto, con la conseguenza che
il venir meno di una delle rag ioni g iustificatrici poste a base del
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provvedimento non ne determina l’illeg ittimità, se un’altra
g iustificazione, di persistente validità ed efficacia, sia in via autonoma
idonea a sorreggerlo.
La Soprintendenza, con l’impugnato decreto, ha censurato la
motivazione del provvedimento autorizzatorio comunale del 22 marzo
2007 – che in parte qua, in modo alquanto generico, testualmente recita:
«Accertata: La compatibilità rispetto ai valori paesag g istici riconosciuti
dal vincolo; La cong ruità con i criteri di gestione dell’immobile e
dell’area; La coerenza con g li elementi di qualità paesag g istica» –,
adducendo, tra l’altro, a suffrag io del disposto annullamento le seguenti
testuali considerazioni:
- «che la motivazione del provvedimento autorizzatorio è impropria,
superficiale la valutazione e viziata da travisamento deg li scopi (non è
cong rua rispetto ag li obiettivi che il D.M. di tutela paesag g istica si
prefigge) »;
- «che l’istruttoria è carente perché, pur avendo preso atto dell’esistenza
del vincolo paesistico, non è stata condotta l’analisi dei livelli di tutela
operanti nel contesto paesag g istico e nell’area di intervento in og getto,
considerando che è necessario valutare le interrelazioni tra le
trasformazioni in progetto e g li elementi che i vincoli paesag g istici e
storici intendono preservare»;
- «che l’istruttoria è carente perché è stato accettato quanto hanno
dichiarato g li esperti ambientali, vale a dire che “non si interviene
assolutamente sulle due emergenze rocciose, osservate durante il
sopralluog o e ben visibili dalla frazione di Mezzema…”, affermazione
palesemente contraddittoria in quanto realizzare una costruzione tra
due rocce, quasi in aderenza alle stesse, non significa “non intervenire
assolutamente” né è da considerarsi ininfluente ai fini del mantenimento
delle emergenze rocciose»;
- «che l’istruttoria è carente perché non motiva la compatibilità del
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progetto con g li elementi di compatibilità e di rischio e che la
realizzazione di dette opere si porrebbe in contrasto con le motivazioni
del vincolo medesimo; (…)».
Orbene, ritiene il Colleg io che le citate motivazioni, autonomamente
idonee a sorreg gere l’impugnato decreto annullatorio, si sottrag gano
alle censure di eccesso di potere per travisamento dei fatti in punto di
impatto paesag g istico, dedotte nell’ambito del secondo motivo del
ricorso di primo g rado avverso il provvedimento della Soprintendenza,
in quanto:
- per un verso, la relazione della Commissione del paesag g io (doc. 6 del
fascicolo dell’appellante) individua una serie di elementi di vulnerabilità e
di rischio correlati al progetto del nuovo complesso residenziali,
consistenti nella realizzazione di un edificio di g rosso impatto e di singoli
elementi decorativi impropri rispetto alla tradizione locale, nella
percezione invasiva, nella perdita dell’integ rità figurativa dell’ambito
tutelata per l’alterazione del quadro panoramico, nell’occlusione di viste
panoramiche dall’alto in direzione del lag o, nelle interferenze con le
emergenze rocciose laterali, nonché nelle interferenze con gallerie
scavate nella roccia ai tempi della prima guerra mondiale;
- per altro verso, le previste misure di mitigazione e prescrizioni
contenute nell’atto autorizzatorio comunale del 22 marzo 2007 (del
seguente tenore: «A valle le terre rinforzate non vengano sostituite in
alcun modo da murature fuori terra in quanto le stesse non trovano
riscontro nella naturalità del luog o; La strada di accesso, come pure la
zona a parcheg g io, vengano pavimentate con materiali compatibili con
l’ambiente») non appaiono rispondenti alle sopra rilevate problematiche
impattanti, così come le relazioni paesag g istiche del progettista
appaiono basate su affermazioni apodittiche non aderenti alle
caratteristiche concrete dell’intervento in rapporto all’assetto paesistico-
ambientale;
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- devono pertanto, ritenersi fondate le censure di difetto d’istruttoria e
di travisamento dei fatti in punto di impatto paesag g istico, messe in
rilievo dalla Soprintendenza nell’impugnato atto annullatorio, non
superabili da inammissibili integrazioni g iudiziali postume.
Per le esposte rag ioni, di natura assorbente, in accog limento dell’appello
e in riforma dell’appellata sentenza, s’impone la reiezione del ricorso di
primo grado.
6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del doppio
g rado di g iudizio, nella misura liquidata nella parte dispositiva, devono
essere poste a carico di parte appellata.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epig rafe proposto
(ricorso n. 4302 del 2010), lo accog lie e, per l’effetto, in riforma
dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo g rado; condanna
l’appellante a rifondere all’Amministrazione appellata le spese del doppio
g rado di g iudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di euro
4.000,00 (quattromila/00), oltre ag li accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 12 mag g io
2015, con l’intervento dei mag istrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Serg io De Felice, Consig liere
Claudio Contessa, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Bernhard Lageder, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 04344/2015REG.PROV.COLL.N. 02409/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 2409 del 2010, proposto da:
Lido Park di Frank Gerolama & C. s.a.s., in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato
Michele Torre, con domicilio eletto presso Valerio Cianciulli in Roma,
Via Accademia deg li Ag iati, 79;
c o n t roc o n t ro
Reg ione Autonoma della Sardegna, Assessorato Enti Locali Finanze e
Urbanistica, Direttore del Servizio Demanio e Patrimonio, in persona dei
rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dag li avvocati
Graziano Campus e Alessandra Camba, con domicilio eletto presso
l’Ufficio di rappresentanza in Roma della Reg ione Sardegna, Via Lucullo
24;
Comune di Alghero, non costituito in questo grado di g iudizio;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE I n.
2679/2009, resa tra le parti, concernente dinieg o rinnovo concessione
demaniale marittima
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
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Visto l’atto di costituzione in g iudizio della Reg ione Autonoma della
Sardegna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 14 lug lio 2015, il consig liere di
Stato Giulio Castriota Scanderbeg ;
nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.La società Lido Park di Frank Gerolama & C s.a.s. impugna la sentenza
del Tribunale amministrativo della Sardegna 30 dicembre 2009 n. 2679
che ha respinto, previa estromissione dal g iudizio del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, il ricorso proposto dall’odierna appellante
avverso la determinazione dirigenziale 19 febbraio 2003 del Servizio
demanio e patrimonio della Reg ione Sardegna recante il dinieg o di
rinnovo di una concessione demaniale marittima per mq 1800, a suo
tempo rilasciata in via provvisoria alla dante causa dell’odierna esponente
su un tratto di arenile in località “Cuguttu” nel Comune di Alghero.
L’appellante si duole della erroneità della g ravata sentenza e ne chiede la
riforma con ogni statuizione consequenziale anche in ordine alla
regolazione delle spese di lite.
Si è costituita in g iudizio la Reg ione Sardegna per resistere all’appello e
per chiederne la reiezione.
Le parti hanno depositato memorie conclusive in vista dell’udienza di
discussione.
All’udienza pubblica del 14 lug lio 2015 la causa è stata trattenuta per la
sentenza.
2.- L’appello è infondato e va respinto.
3.- Con i primi due motivi di appello, la società appellante torna a
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reiterare in questo g rado la asserita violazione del g iudicato formatosi
sulla preg ressa sentenza del Tar della Sardegna n. 1422 del 1998 che, nel
pronunciare l’ annullamento di un precedente dinieg o di concessione
demaniale, avrebbe con ciò leg ittimato non soltanto il rilascio, in favore
della esponente, del primo titolo demaniale ( avvenuto a titolo
provvisorio, ai sensi dell’art. 10 reg.cod.nav., il 29 aprile 1994) ma anche il
suo rinnovo quadriennale ( og getto specifico della controversia qui in
oggetto).
Il motivo non merita favorevole scrutinio.
La prefata sentenza del Tribunale amministrativo sardo n. 1422 del 1998
ha annullato, sostanzialmente per difetto di motivazione, la nota
dell’Assessore Reg ionale deg li Enti locali finanze e urbanistica n. 368 del
3 febbraio 1997 resa nel procedimento culminato con l’adozione del
precedente dinieg o di rinnovo della concessione demaniale marittima
richiesto dalla Società Giovanile Alghero Jumping ( successivamente
trasformatasi nella società Lido Park di Beltramo Luig i & C. s.a.s., cui è
poi subentrata l’odierna appellante).
La successiva determinazione della Reg ione Sardegna n. 172/D del 19
febbraio 2003, og getto del ricorso di primo g rado, ha fatto seguito a
nuova istruttoria ed è corredata da nuova motivazione, di tal che con il
rilascio del nuovo dinieg o nei confronti dell’odierna appellante (
sog getto g iuridico peraltro distinto rispetto al destinatario del
precedente dinieg o) è da ritenere che si sia completamente esaurita
l’efficacia conformativa della precitata sentenza del 1998, in relazione alla
quale non ha pertanto rag ione di porsi la questione della pretesa
violazione del g iudicato, non avendo la stessa costituito in capo
all’odierna appellante alcun diritto ad ottenere senz’altro il rilascio del
titolo demaniale. La tesi dell’appellante, secondo cui dal predetto titolo
g iudiziale deriverebbe un suo diritto ad ottenere la rinnovazione della
concessione, non appare condivisibile sia per rag ioni di carattere
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sostanziale ( atteso che – come detto -non è ravvisabile, in quel dictum,
la costituzione in capo all’odierna appellante di un diritto ad ottenere il
titolo demaniale, quanto piuttosto a veder riesaminata la propria
posizione di aspirante al titolo) sia di carattere formale, avuto riguardo
alla cesura procedimentale costituita dal nuovo provvedimento
amministrativo ( qui og getto d’esame) adottato dall’Amministrazione
reg ionale sarda e contenente una rivalutazione delle rag ioni integ ranti il
diniego di rinnovo del titolo.
4.- Con il terzo motivo, l’appellante si duole della carenza motivazionale
dell’atto in primo g rado impugnato, non sufficientemente valutata dai
g iudici di prime cure.
Nella prospettazione dell’appellante, i pareri negativi acquisiti dalla
amministrazione reg ionale procedente in sede di conferenza di servizi
istruttoria non avrebbero potuto assumere valenza ostativa al rilascio in
suo favore del nuovo titolo demaniale.
Anche tale censura non risulta condivisibile.
L’amministrazione reg ionale si è orientata per il dinieg o del titolo
demaniale in piena coerenza con le emergenze della prefata conferenza
di servizi istruttoria, dalla quale erano emersi i pareri negativi ( riguardo al
rilascio del titolo) espressi dall’autorità paesag g istica, dal Comune di
Alghero e dall’associazione di categoria “ Confcommercio”.
L’allegazione della società appellante secondo cui il Comune di Alghero
si trovasse in “conflitto di interessi”è apodittica in fatto ed erronea in
diritto, atteso che il preteso diritto sullo stesso bene rivendicato dal
Comune di Alghero non sarebbe certo scalfito dall’eventuale rilascio del
titolo demaniale, che avverrebbe in ogni caso per una durata temporale
limitata e con salvezza delle vicende dominicali riguardanti la spettanza
del tratto di litorale og getto di concessione ai distinti enti pubblici che
ne rivendicassero contestualmente la titolarità.
Anche le considerazioni inerenti il possibile superamento, a mezzo di
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nuovo progetto, delle criticità evidenziate dall’autorità paesag g istica
sotto il profilo del carattere preg iudizievole per il bene-paesag g io delle
opere a servizio dell’attività turistico-ricettiva, non sono tali da sminuire
la portata della motivazione addotta a sostegno del dinieg o reg ionale, se
si considera che la stessa è stata articolata (e non avrebbe potuto essere
diversamente) proprio sulla base delle scelte progettuali compiute in
concreto dalla società appellante e desumibili dalla documentazione
addotta a corredo della domanda e senza preg iudizio pro-futuro per la
presentazione da parte di quest’ultima di ulteriori domande ( corredate
da distinte opere progettuali a corredo).
5.-Con il quarto motivo, la società appellante lamenta l’erroneità della
g ravata sentenza che non avrebbe dato riscontro alla censura di primo
g rado, focalizzata sulla corretta qualificazione del rapporto inter partes,
derivante dal “rinnovo” di una concessione g ià esistente e non g ià dal
rilascio di una nuova concessione.
Anche tale motivo non è suscettibile di favorevole esame.
Il T.a.r., nella impugnata sentenza, ha ben messo in evidenza come la
concessione in titolarità della appellante fosse una concessione
provvisoria, rilasciata in via d’urgenza nell’anno 1994 ai sensi dell’art. 10
reg.cod.nav., che non avrebbe potuto leg ittimare il rilascio del titolo in
via definitiva ai sensi dell’art. 37 cod. nav.
Ora, tale considerazione, di per sé assorbente, appare pienamente
condivisibile, atteso che la posizione di concessionario demaniale
provvisorio ( e non vi è dubbio che la concessione del 1994 di cui era
titolare la società appellante avesse tale specifica connotazione) non vale
a leg ittimare alcun affidamento circa il rinnovo del titolo a reg ime. Non
induce in contrario avviso il rilievo secondo cui la concessione del 1994
era provvisoria solo in via nominale ( non contenendo indicazione di
durata), atteso che ciò che conta ( ai fini della interpretazione della
natura del titolo) è il fondamento normativo del provvedimento in
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cong iunzione con la sua espressa qualificazione letterale: elementi questi
che depong ono nel senso del carattere provvisorio del titolo, rilasciato
appunto ai sensi dell’art. 10 reg .cod.nav..
6.- Con il motivo sub IV la società appellante lamenta l’erroneità della
scelta dell’amministrazione reg ionale, passata indenne allo scrutinio del
g iudice di primo g rado, di far luog o ad istruttoria tramite conferenza di
servizi sulla richiesta di rinnovo del titolo demaniale, rilevando la
illeg ittimità di tale modus procedendi nella pendenza di una concessione
demaniale regolarmente assentita.
La censura riflette l’erronea impostazione della vicenda g iuridica da parte
dell’appellante, che attribuisce rilevanza decisiva alla concessione
provvisoria del 1994, tanto da concludere che l’amministrazione
reg ionale avrebbe potuto omettere ogni attività istruttoria sulla richiesta
del titolo a reg ime, avendola compiutamente svolta prima del rilascio del
titolo demaniale provvisorio. Osserva il Colleg io come il rag ionamento
sotteso al testè esposto arg omento difensivo sia falsato da un erroneo
presupposto di fatto, atteso che la richiesta della nuova concessione
non potrebbe porsi su un piano di continuità log ico-funzionale con la
precedente, che aveva – come detto- una connotazione precaria ed era
volta a fronteg g iare una situazione temporanea destinata a cessare con il
rilascio del titolo di durata pluriennale. Proprio tale circostanza impone
la conclusione che l’amministrazione reg ionale avrebbe dovuto svolgere
( come in effetti ha svolto) ogni più approfondito accertamento
istruttorio proprio in occasione del rilascio del titolo a reg ime, non
avendolo potuto fare, stante l’urgenza, in sede di rilascio del titolo
provvisorio.
Sotto distinto profilo e nell’ambito del medesimo motivo, l’appellante si
duole della mancata convocazione alla conferenza di servizi indetta dalla
Reg ione Sardegna di tutti i soggetti aventi titolo a parteciparvi.
Il Colleg io osserva al proposito, a dimostrazione della inconsistenza
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g iuridica della censura, che il dissenso manifestato dai sog getti presenti è
di per sé sufficiente a dar contenuto motivazionale all’avversato dinieg o,
anche a prescindere dalla correttezza della censura riguardo alla non
corretta instaurazione del contraddittorio procedimentale con tutti i
sog getti titolati a partecipare alla conferenza di servizi. E tanto, vieppiù
in considerazione del dissenso qualificato manifestato dall’autorità
preposta alla tutela dell’interesse paesag g istico, di per sé sufficiente a
g iustificare il diniego di provvedimento positivo.
7.- Quanto ai contenuti dei pareri negativi espressi dai sog getti
convocati, ribadito che quello manifestato dall’autorità paesag g istica è
sufficiente a motivare il dinieg o di concessione in considerazione del
carattere “sensibile” dell’interesse protetto, vale osservare che è ben
vero che quest’ultimo si sia concretato in un g iudizio di incompatibilità
delle opere stabilmente infisse al suolo con i valori paesag g istici
compendiati nel sito, ma è proprio tale valutazione, compiuta sulla base
delle scelte progettuali in concreto operate dalla società proponente, a
rive larsi quale causa specifica del dinieg o ( non essendo quindi
necessario, né coerente con i poteri in concreto esercitati, esigere che
l’autorità paesag g istica si esprimesse essa stessa per il dinieg o del titolo
demaniale, così anticipando il provvedimento finale che mette capo ad
altro ufficio della stessa amministrazione reg ionale). Riguardo ai
contenuti dei restanti pareri negativi, censurati sotto il profilo della
genericità, il Colleg io ritiene di poter qui prescindere dall’esame della
censura, attesa la g ià richiamata sufficienza motivazionale del dinieg o di
provvedimento a fronte del dissenso opposto dall’autorità preposta alla
tutela del paesag g io e comunque della mancanza di prove in ordine alla
inconsistenza dei motivi ostativi addotti dai sog getti partecipanti ( quali,
ad esempio, quelli inerenti la sussistenza di usi civici incompatibili con il
rilascio del titolo demaniale, evidenziati dal Comune di Alghero).
8.- Quanto ai motivi VII e VIII, g li stessi risultano inammissibili perché
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fondati su una qualificazione dell’atto in primo g rado impugnato ( in
termini di “revoca” della precedente concessione provvisoria) difforme
dalla sua natura e dal suo contenuto ( riconducibile, come più volte
rimarcato, ad un dinieg o di nuova concessione adottato all’esito di
un’istruttoria conclusasi in senso conforme al provvedimento
conclusivo).
Ciò posto, appare evidente come nessun onere aggravato di motivazione
potrebbe rag ionevolmente ricondursi ad un atto che non va considerato
quale provvedimento di secondo g rado, né sarebbe per altro verso
ravvisabile, in relazione alla determinazione conclusiva di un
procedimento attivato ad istanza di parte, alcun onere previo di
comunicazione di avvio del relativo procedimento.
9.- Con il nono motivo la società appellante lamenta la carenza di
interesse pubblico perseguito dalla amministrazione reg ionale a mezzo
del dinieg o impugnato in primo g rado, avuto riguardo alla pacifica
circostanza della insussistenza di domande in concorrenza.
Osserva il Colleg io che tale ultima evenienza non elide il potere
dell’amministrazione di provvedere sull’istanza del privato
eventualmente denegando il titolo concessorio, ove il suo rilascio si
appalesi non conforme all’interesse pubblico perseguito; in altri termini,
la carenza di domande concorrenti non rende per ciò solo <dovuto> il
rilascio del titolo demaniale quante volte, come nella specie, emergano
fondati motivi ostativi.
10.- Anche il motivo sub X, col quale si lamenta la contraddittorietà del
provvedimento di dinieg o con una parte della allegata relazione tecnica
(ove si lascia intravedere la leg ittimità di una eventuale concessione di mq
500 per finalità ludico-sportive), non appare condivisibile posto che la
leg ittimità del provvedimento di dinieg o va rapportata ai contenuti
dell’istanza, che prevedeva l’occupazione di uno spazio mag g iore di
litorale ( circa 1800 mq) e l’implementazione di opere non amovibili sulle
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quali si è in particolare appuntato il negativo g iudizio di compatibilità
paesag g istica. Le diverse indicazioni rivenienti dalla relazione
paesag g istica potrebbero quindi al più rilevare ai fini della rimodulazione
della istanza, ma non incidono sulla leg ittimità dell’atto di dinieg o che è
coerentemente modellato sulla istanza di concessione in concreto
proposta dalla odierna società appellante.
Sotto altro riguardo, il provvedimento di dinieg o non risente delle
indicazioni rivenienti dalla pianificazione in itinere relativa alle modalità
d’uso deg li arenili demaniali, ma è autonoma ( seppur conforme) rispetto
alle scelte pianificatorie future, che ammettono nel tratto di arenile di
che trattasi lo svolg imento di attività ludico-balneari; come non si è
mancato di osservare le rag ioni del dinieg o non sono fondate su pretese
incong ruità delle scelte progettuali della società appellante con quelle di
pianificazione generale, di tal che non è ravvisabile l’ulteriore vizio
dedotto nell’ambito del motivo in esame secondo cui “ non si possono
assumere determinazioni sulla scorta di atti normativi a carattere generale
in corso di perfezionamento”
11.-Con il motivo sub XI la società appellante si duole dell’ing iusto
sacrificio arrecato dal dinieg o impugnato in primo g rado al suo diritto di
“insistenza” sul bene demaniale, per come derivante dalla precedente
concessione, per quanto provvisoria. L’appellante è consapevole che
detto diritto alla rinnovazione del titolo, sia pur codificato, all’epoca dei
fatti, nel testo dell’art. 37 cod.nav. ( e di poi espunto a seguito
dell’entrata in vig ore dell’art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009 n.
194, convertito con modificazioni dalla leg ge 26 febbraio 2010 n. 25)
fosse stato notevolmente sminuito nella sua portata applicativa dalla
g iurisprudenza amministrativa ( che aveva da subito avvertito, ben prima
del richiamato intervento normativo abrogativo, sulla necessità -
segnalata anche dalla Commissione europea nella Comunicazione del 14
aprile 2000 -che l’assegnazione dei beni demaniali avvenisse all’esito di
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valutazioni comparative delle offerte secondo reg ole di trasparenza e
non discriminazione); nondimeno la società appellante assume che detto
sacrificio si riveli nella specie ing iustificato, stante la riferita assenza di
domande in concorrenza prodotte da altri aspiranti al bene.
Il Colleg io ha g ià evidenziato (cfr. supra, par. 9) come la carenza di
domande in concorrenza non possa costituire un diritto ad ottenere la
concessione richiesta da parte dell’unico aspirante al bene in presenza,
come nella specie, di fondati motivi ostativi: si richiama al proposito
quanto sul punto g ià dianzi osservato.
12.- Quanto allo sviamento dal potere tipico ed all’asserito
atteg g iamento ostruzionistico posto in essere dalla amministrazione
reg ionale in danno della società appellante ( vizi denunciati con il motivo
n. XII), il Colleg io osserva che tali vizi non appaiono in concreto
connotare l’azione della amministrazione, nè tampoco traspare quel
“malcelato spirito di rivalsa nei confronti del Giudice Amministrativo” in
uno al “desiderio di affermare la preminenza della P.A. nella gestione del
Demanio Turistico”. Sotto tal profilo, vale osservare che una
contrapposizione di tal fatta non sarebbe neppure in astratto
ipotizzabile, avuto riguardo ai ben distinti ambiti di azione e di influenza
affidati dalla leg ge alla pubblica amministrazione ed al g iudice
amministrativo, cui sono notoriamente estranei poteri connessi alla
gestione dei beni pubblici.
13.- Con il motivo rubricato sub XIII l’appellante ravvisa un’ inesistente
contraddittorietà tra il rilascio del titolo provvisorio ed il dinieg o del
titolo a reg ime da parte della amministrazione reg ionale. La
contraddittorietà non sussiste, per quanto fin qui detto, posto che il
rilascio del nuovo titolo quadriennale implicava una valutazione più
approfondita al cui fine è stata diretta l’istruttoria affidata allo strumento
della conferenza di servizi; la circostanza che a seguito deg li esiti negativi
dell’istruttoria non sia stato dato l’avvio del procedimento selettivo
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funzionale alla valutazione comparativa di eventuali domande
concorrenti volte ad ottenere il medesimo bene demaniale, appare
anch’essa irrilevante, non integ rando la stessa alcun profilo di
preg iudizio per le rag ioni dell’odierna appellante.
14.-Con il motivo XIV la società appellante lamenta la mancata
valutazione dei profili connessi ai finanziamenti pubblici ricevuti da essa
esponente in vista deg li investimenti da compiere sug li spazi demaniali
og getto di concessione nonché la mancata valutazione dell’interesse
pubblico sotteso ai livelli occupazionali connessi all’esercizio dell’attività
da svolgere sul tratto di arenile in contestazione.
Il Colleg io osserva che eventuali finanziamenti pubblici ricevuti dal
concessionario demaniale attuale non possono rappresentare elementi
utili a costituire in suo favore un diritto di “insistenza” sul titolo in
scadenza. Se così non fosse sarebbe smentita nei fatti l’opzione
normativa della temporaneità dei titoli demaniali e della loro
assegnazione, alla scadenza, a chi riesca a dimostrare la più proficua
utilizzazione del bene per finalità magg iormente satisfattive dell’interesse
pubblico, all’esito di un procedimento funzionale alla valutazione
comparativa delle domande di assegnazione. Quanto ai profili
occupazionali, è g iusto che di questi l’amministrazione concedente
tenga conto, ma in sede di valutazione comparative delle domande, e
non g ià ( come intenderebbe l’appellante) ai fini della commutazione di
un rapporto concessorio precario in un rapporto ordinario e peraltro
senza il previo esame, anche sotto tal profilo, delle offerte concorrenti.
15.- Il motivo XV risulta inesistente, per errore materiale nella
capitolazione delle distinte censure.
16.- Il motivo XVI è inammissibile, posto che non è desumibile dalla sua
laconica articolazione il profilo di censura che si intende dedurre a carico
della g ravata sentenza.
17.- Da ultimo va rilevata l’infondatezza del motivo XVII, dedotto sotto
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
198 / 210
il profilo della omessa valutazione della memoria difensiva prodotta in
sede procedimentale dal difensore della società appellante. Sul piano
formale va osservato che non è necessario che il provvedimento
conclusivo, a comprova dell’effettività del principio di partecipazione
procedimentale, si prenda carico di contemplare nominativamente lo
scritto difensivo di parte, essendo sufficiente che dal suo tenore si
evinca, anche in via implicita, come le tesi del privato esposte nello
scritto difensivo non siano state condivise dall’amministrazione e
comunque non avrebbero potuto trovare ing resso, per palese
contraddittorietà, avuto riguardo alla ratio decidendi sottesa alla
determinazione amministrativa conclusiva. Nel caso concreto, le rag ioni
ostative al rilascio del titolo definitivo in favore della società ricorrente
sono state esposte dalla amministrazione reg ionale con sufficiente g rado
di esaustività ed appaiono pertanto insuperabili, in quanto afferiscono –
come non si è mancato di rilevare -alla tutela del’interesse pubblico alla
corretta individuazione del concessionario demaniale.
18.- Le spese seguono la reg ola della soccombenza e sono reg olate
come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello ( RG n. 2409/10), come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante al pagamento, in favore della costituita
Reg ione Sardegna, delle spese e deg li onorari del presente g rado di
g iudizio, che liquida in complessivi euro
3.500,00(tremilacinquecento/00), oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 14 lug lio 2015
con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
199 / 210
Claudio Contessa, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere, Estensore
Roberta Vigotti, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
200 / 210
N. 04343/2015REG.PROV.COLL.N. 02307/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 2307 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, rappresentato e
difeso per leg ge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in
Roma, Via dei Portoghesi, n.12;
c o n t roc o n t ro
Pompeo Cafiero, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Guida,
con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, Via Bruno Rizzieri,
n.199;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza n.1178 del T.A.R. LAZIO – ROMA (Sezione Terza Bis)
del 29 gennaio 2010, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in g iudizio di Pompeo Cafiero;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del g iorno 14 lug lio 2015, il Cons. Carlo
Mosca e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Garofoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
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201 / 210
FATTO
1. Dalla documentazione acquisita ag li atti, risulta che l'attuale appellato
e orig inario ricorrente si rivolgeva al TAR Lazio per l'annullamento del
decreto ministeriale 8 aprile 2009 n. 42, nella parte in cui all'articolo 3,
comma 5 prevede che il servizio militare di leva e i servizi sostitutivi
assimilati per leg ge sono valutati solo se prestati in costanza di nomina. Il
ricorrente, che aveva conseguito in data 27 lug lio 2001 la laurea in
filosofia, aveva prestato servizio civile obbligatorio dal 24 g iugno 2002 al
23 aprile 2003 e il 6 mag g io 2009 aveva conseguito presso l'Università' di
Napoli "Federico II" l'abilitazione all'insegnamento per la classe di
concorso AO37- filosofia e storia, presentava il successivo 8 mag g io 2009
domanda all'Ufficio scolastico provinciale di Salerno per essere inserito
nella g raduatoria ad esaurimento di cui al bando di concorso pubblicato
con il citato decreto dell’8 aprile 2009 per l’integ razione e
l’ag g iornamento delle medesime g raduatorie. Nella circostanza, lo stesso
ricorrente chiedeva di valutare, tra i titoli, il servizio civile sostitutivo, pur
se non prestato in costanza di nomina. Con il g ravame veniva lamentata
la violazione dell'articolo 485 del d.lgs. n.297/1994 e dell'articolo 20 della
legge n.958/1986.
2. Con la sentenza impugnata, il primo g iudice accog lieva il ricorso,
annullando il citato decreto ministeriale, nella parte contestata,
evidenziando:
a. la fondatezza della censura riguardante la violazione dell'articolo 485,
comma 7 del d. lgs. n. 297/94, secondo cui il periodo di servizio militare
di leva o per richiamo e il servizio civile sostitutivo di quello di leva e'
valido a tutti g li effetti;
b. la valutabilità del servizio citato e' comunque condizionata al fatto che
esso sia stato effettuato dopo il conseguimento del titolo di studio
indispensabile per l'accesso all'insegnamento, in quanto tale valutabilità è
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
202 / 210
log icamente collegata alla circostanza che il servizio in questione poteva
essere di ostacolo all'instaurazione del rapporto di servizio;
c. la portata del predetto comma 7 dell'articolo 485 del d.lgs. n.. 297/94 è
di carattere generale, non ha alcuna limitazione e comporta che il
riconoscimento del servizio debba essere applicato anche alle
g raduatorie ad esaurimento, per evitare uno svantag g io a coloro che
hanno compiuto il proprio dovere verso la Nazione;
d. avendo il ricorrente prestato il citato servizio successivamente alla data
di conseguimento del diploma di laurea in lettere e filosofia leg ittimante
l'insegnamento, e sussistendo l'interesse all'impugnazione del decreto in
questione, quest'ultimo va annullato nella parte in cui richiede per la
valutabilità che il servizio di leva o assimilato sia stato prestato non in
costanza di nomina.
3. Con l'appello in epig rafe, il Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e
della Ricerca ha ritenuto erronea e ing iusta la sentenza impugnata,
affermando che:
a. la previsione di cui al citato articolo 3, comma 5 del decreto
ministeriale n.42 in data 8 aprile 2009 non rappresenta una novità, poichè
riproduce analoga previsione del punto D, nota 10, tabella 1, allegato A
del decreto ministeriale del 13 g iugno 2007, da valere per tutti g li
interessati al riconoscimento, senza differenziare tra i nuovi inserimenti e
i nominativi g ià inseriti in precedenti g raduatorie;
b. il precedente g iurisprudenziale citato dal primo g iudice e'
contraddetto dalla decisione più recente dello stesso TAR, n.4307 del 23
aprile 2009, di segno opposto, e da alcune ordinanze del Consig lio di
Stato dello stesso segno.
4. Con memoria del 29 g iugno 2009, l'attuale appellato e orig inario
ricorrente difendeva la sentenza impugnata e riteneva infondato
l'appello in quanto:
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
203 / 210
a. è fondata la censura sulla violazione dell'articolo 485, comma 7 del d.
lgs. n. 297/94 che ha una portata generale e ritiene valido, a tutti g li
effetti, il servizio in questione;
b. l'Amministrazione ha citato nell'appello una g iurisprudenza
minoritaria ormai superata, peraltro non pertinente con il caso in
questione;
c. la g iurisprudenza prevalente della stessa Sesta Sezione ha riconosciuto
la piena valutazione del servizio militare o assimilato, purché' svolto
dopo il conseguimento del titolo utile per l'insegnamento, onde evitare
un'irrag ionevole disparità di trattamento;
d .non risulta leg ittima l'interpretazione restrittiva data dal decreto
ministeriale in questione. Essa, infatti, non ha fondamento, se si
considera che, pure in precedenza, l'articolo 20 della leg ge n.958/1986
aveva introdotto la valutabilita' del servizio militare, indipendentemente
dalla costanza del rapporto di impiego;
e. una fonte come quella derivante dai decreti ministeriali non può'
derogare ad una fonte di rang o superiore come quella costituita dalla
legge n.958/86 e dal d.lgs. n.297/94.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e la sentenza impugnata va condivisa, essendo le
motivazioni sostenute da valide arg omentazioni. L’articolo 485, comma 7
del decreto leg islativo 16 aprile 1994, n.297 (Testo Unico delle
disposizioni leg islative in materia di istruzione) prevede, infatti, che il
servizio militare di leva o per richiamo e il servizio sostitutivo di quello di
leva è valido a tutti g li effetti. La norma di portata generale non può,
quindi, essere og getto di restrizioni interpretative del tipo di quelle
operate dal decreto ministeriale n. 42 dell’8 aprile 2009, non essendo la
norma medesima connotata da alcuna limitazione. Peraltro, in
precedenza, come incisivamente evidenziato dalla difesa della parte
appellata, l’articolo 20 della leg ge 24 dicembre 1986, n.958 ( Norme sul
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204 / 210
servizio militare di leva e sulla ferma di leva prolungata) aveva g ià
espressamente riconosciuto il periodo del servizio militare come valido a
tutti g li effetti. Sembra, quindi, superfluo annotare che, nel rispetto dei
principi generali sulla gerarchia delle fonti, una fonte di rang o inferiore
come un decreto ministeriale non possa derogare in peius rispetto a
fonti di rango superiore come una legge o un decreto leg islativo.
La valutabilità del servizio in questione è comunque – e in tal senso
risulta corretta la posizione del primo g iudice- condizionata dal fatto
che, rag ionevolmente, il predetto servizio sia stato effettuato dopo il
conseguimento del titolo di studio necessario per l’accesso
all’insegnamento, come si è verificato nella circostanza di specie.
Conseguentemente, il servizio in questione deve essere valutato, a
prescindere dalla costanza di nomina, come titolo utile per le citate
g raduatorie ad esaurimento che, dopo la sentenza dell’Adunanza
plenaria del Consig lio di Stato del 12 lug lio 2011, n.11 non costituiscono
l’esito di una procedura concorsuale e sono pertanto g raduatorie
costituite da un elenco dove sono collocati sog getti in possesso di titolo
abilitante per l’insegnamento. Il che, anche dopo l’entrata in vig ore del
decreto leg islativo n. 66 del 15 marzo 2010 (il cui articolo 2050 prevede
che il servizio militare di leva possa essere valutato come titolo, nei
pubblici concorsi, solo se trascorso in pendenza di rapporto di lavoro )
consente la valutabilità del titolo nelle g raduatorie ad esaurimento.
2. In conclusione, l’appello va respinto. In rag ione della g iurisprudenza,
a volte in passato oscillante sulla specifica questione, questo Colleg io
ritiene di compensare, tra le parti, le spese di g iudizio
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello in epig rafe ( ricorso n. 2307
del 2010) respinge l 'appello.
Spese compensate.
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
205 / 210
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consig lio del g iorno 14 lug lio 2015,
con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Claudio Contessa, Consig liere
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere
Roberta Vigotti, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
206 / 210
N. 04342/2015REG.PROV.COLL.N. 01861/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANAREPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANOIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Cons ig lio di S ta toIl Cons ig lio di S ta to
in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )in sede g iurisdiziona le (Sezione Se s ta )
ha pronunciato la presente
SENTENZASENTENZA
sul ricorso numero di reg istro generale 1861 del 2010, proposto da:
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale
rappresentante pro.-tempore, rappresentato e difeso per leg ge dag li
avvocati Antonietta Coretti, Emanuele De Rose e Vincenzo Stumpo,
presso i cui uffici domiciliano in Roma, Via Cesare Beccaria 29;
c o n t roc o n t ro
Tatta Srl, non costituita in questo grado;
p e r l a r if o rmap e r l a r if o rma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III QUATER n.
8300/2009, resa tra le parti, concernente diniego integrazione salariale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti g li atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del g iorno 14 lug lio 2015 il consig liere di
Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per l’appellante l’avvocato
Coretti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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FATTO e DIRITTO
1.- L’Istituto nazionale della Previdenza Sociale –Inps – impugna la
sentenza del Tribunale amministrativo reg ionale del Lazio n. 8300 del
2009 che ha accolto il ricorso di primo g rado della società Tatta srl
proposto per l’annullamento del provvedimento del Comitato
amministratore della gestione per le prestazioni temporanee ai lavoratori
dipendenti (INPS -Direzione centrale di Roma ) del 14 gennaio 2004,
recante la reiezione del ricorso gerarchico proposto dalla stessa società
avverso il dinieg o di ammissione alla integ razione salariale relativa al
periodo 8 ottobre 2001-1° dicembre 2001 adottato dalla Commissione
provinciale dell’Istituto previdenziale appellante.
L’appellante si duole della erroneità della g ravata sentenza e ne chiede la
riforma sul rilievo della inammissibilità del ricorso di primo g rado,
irritualmente notificato alla Direzione provinciale dell’istituto
previdenziale anziché presso la sede legale dell’INPS e, nel merito, della
sua infondatezza.
La parte appellata non si è costituita in g iudizio.
All’udienza pubblica del 14 lug lio 2015 la causa è stata trattenuta per la
sentenza.
2.- L’appello si appalesa fondato con riferimento al primo assorbente
motivo di g ravame.
Al riguardo occorre osservare che il provvedimento og getto di
impugnativa è essenzialmente la deliberazione 14 gennaio 2004 del
Comitato amministratore della gestione prestazioni temporanee, che è
struttura della Amministrazione centrale dell’istituto previdenziale. Con
tale provvedimento decisorio è stato infatti respinto il ricorso proposto
avverso la negativa determinazione della Direzione provinciale dello
stesso istituto.
Come g ià statuito in un analogo precedente della Sezione ( Cons.St., VI,
30 dicembre 2004 n 8293) da cui non si ravvisano rag ioni per discostarsi, il
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
208 / 210
Colleg io rileva che anche in tal caso il ricorso di primo g rado si rivela
inammissibile, come dedotto col primo motivo d’appello, per nullità
della sua notifica.
Ed invero, poiché l’atto impugnato non era riferibile, come anzidetto.
alla sede provinciale dell’Istituto ( ma ad una struttura della Direzione
centrale), a norma dell’art. 145 Cost. proc. civ., il g ravame avrebbe
dovuto essere notificato in Roma, alla via Ciro il Grande, presso la sede
legale dell’istituto, dal momento che <<l’Istituto nazionale della
previdenza sociale … ha la sede centrale e il domicilio legale in Roma>>
(così l’art. 1 R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827).
Non essendo poi intervenuta con effetto sanante (ai sensi dell’art. 156,
3° comma, Cod. proc. civ.), la costituzione nel g iudizio di primo g rado
dell’I.N.P.S., la intimazione del ricorso al dirigente della Direzione
provinciale di Roma anziché presso la sede legale della Direzione
centrale dell’Istituto è inidonea a costituire il necessario contraddittorio
di lite.
3.-In conclusione la notificazione del ricorso di primo g rado, in quanto
effettuata presso la sede provinciale anziché presso la sede legale di
Roma, deve ritenersi nulla, e conseguentemente il ricorso stesso avrebbe
dovuto essere dichiarato inammissibile g ià in primo g rado, per nullità
della notifica.
Per quanto precede l’appello in esame deve essere accolto e per
l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va dichiarato inammissibile il
ricorso introduttivo proposto dalla società Tatta s.r.l..
4.- Sussistono g iusti motivi per compensare le spese processuali dei due
g radi di g iudizio tra le parti in causa, in considerazione del profilo
meramente processuale della decisione sfug g ito all’esame del g iudice di
primo grado.
P.Q.M.
Il Consig lio di Stato in sede g iurisdizionale, Sezione Sesta, accog lie il
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
209 / 210
ricorso in appello in epig rafe indicato e per l’effetto, in riforma della
impugnata sentenza, dichiara inammissibile nei sensi di cui in motivazione
il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di g iudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consig lio del g iorno 14 lug lio 2015
con l'intervento dei mag istrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg , Consig liere, Estensore
Roberta Vigotti, Consig liere
Carlo Mosca, Consig liere
Vincenzo Lopilato, Consig liere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Sentenze Consiglio di Stato 18/09/15
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