Sentenza pantani

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Motivazione L’odierna imputazione trae origine dal seguente fatto: in data 18/10/95 alle ore 15 il corridore professionista Marco Pantani durante lo svolgimento della gara ciclistica Milano- Torino entrava in collisione con un automezzo (vedi segnalazione di incidente stradale Polizia Municipale Torino 14/11/95 aff. 3/38 faldone 1). Nel sinistro venivano coinvolti anche i corridori Secchiari Francesco e Dall’Olio Davide, che riportavano le ferite descritte nelle rispettive cartelle cliniche, acquisite in atti. Trasportato presso il Pronto Soccorso del Centro Traumatologico Ortopedico di Torino Pantani veniva ricoverato con la seguente diagnosi: “frattura esposta pluriframmentaria tibia e perone sinistro, ematoma post-traumatico coscia sinistra, contusioni multiple escoriate “. Allo scopo di sottoporre in tempi rapidi il ferito ad intervento chirurgico per riduzione ed osteosintesi della frattura, all’atto del ricovero lo stesso veniva sottoposto a un prelievo di sangue . Dal referto ematologico in atti, rilasciato alle ore 15.20 (vedi aff. 2/13 faldone 1), si evinceva che Patani presentava valori ematologici profondamente alterati rispetto al range di normalità, e precisamente 60,1% di ematocrito, 20,8 gr. per 100 millilitri di emoglobina, 6.690.000 di globuli rossi per millimetro cubo. Tali valori rendevano necessaria prima dell’intervento un’infusione di tre litri di soluzione fisiologica, elettrolitica bilanciata, glucosata ed emogel per via venosa (vedi sul punto spiegazione Benzi pag. 68 trascr. ud. 13/10/2000). Il paziente veniva perfuso con tale soluzione (ulteriori 2,5 litri) per altre 16 ore susseguenti all’intervento e precisamente sino alle ore 16 del giorno successivo. Un ulteriore esame ematologico eseguito alle ore 19.40 dello stesso giorno, mentre era ancora in corso la trasfusione del sangue, evidenziava i seguenti valori: 42.3 di ematocrito, 14,6 di emoglobina e 4.730.000 di globuli rossi. Nei giorni successivi Pantani evidenziava una crescente anemizzazione che ne metteva in pericolo la stessa vita (sul punto tutti i consulenti sono stati concordi) e portava lo staff medico curante, in data 25/10/95, di fronte a un valore di emoglobina di 5.8 e a un ematocrito di 15.9, a sottoporre il paziente a una trasfusione di sangue. In seguito ad indagini particolarmente articolate ed approfondite e all’esperimento di una complessa consulenza tecnica il Pubblico Ministero di Torino dott. Raffaele Guariniello,

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Motivazione

L’odierna imputazione trae origine dal seguente fatto: in data 18/10/95 alle ore 15 il

corridore professionista Marco Pantani durante lo svolgimento della gara ciclistica Milano-

Torino entrava in collisione con un automezzo (vedi segnalazione di incidente stradale

Polizia Municipale Torino 14/11/95 aff. 3/38 faldone 1). Nel sinistro venivano coinvolti

anche i corridori Secchiari Francesco e Dall’Olio Davide, che riportavano le ferite descritte

nelle rispettive cartelle cliniche, acquisite in atti.

Trasportato presso il Pronto Soccorso del Centro Traumatologico Ortopedico di Torino

Pantani veniva ricoverato con la seguente diagnosi: “frattura esposta pluriframmentaria

tibia e perone sinistro, ematoma post-traumatico coscia sinistra, contusioni multiple

escoriate “.

Allo scopo di sottoporre in tempi rapidi il ferito ad intervento chirurgico per riduzione ed

osteosintesi della frattura, all’atto del ricovero lo stesso veniva sottoposto a un prelievo di

sangue . Dal referto ematologico in atti, rilasciato alle ore 15.20 (vedi aff. 2/13 faldone 1),

si evinceva che Patani presentava valori ematologici profondamente alterati rispetto al

range di normalità, e precisamente 60,1% di ematocrito, 20,8 gr. per 100 millilitri di

emoglobina, 6.690.000 di globuli rossi per millimetro cubo. Tali valori rendevano necessaria

prima dell’intervento un’infusione di tre litri di soluzione fisiologica, elettrolitica bilanciata,

glucosata ed emogel per via venosa (vedi sul punto spiegazione Benzi pag. 68 trascr. ud.

13/10/2000). Il paziente veniva perfuso con tale soluzione (ulteriori 2,5 litri) per altre 16

ore susseguenti all’intervento e precisamente sino alle ore 16 del giorno successivo.

Un ulteriore esame ematologico eseguito alle ore 19.40 dello stesso giorno, mentre era

ancora in corso la trasfusione del sangue, evidenziava i seguenti valori: 42.3 di ematocrito,

14,6 di emoglobina e 4.730.000 di globuli rossi.

Nei giorni successivi Pantani evidenziava una crescente anemizzazione che ne metteva in

pericolo la stessa vita (sul punto tutti i consulenti sono stati concordi) e portava lo staff

medico curante, in data 25/10/95, di fronte a un valore di emoglobina di 5.8 e a un

ematocrito di 15.9, a sottoporre il paziente a una trasfusione di sangue.

In seguito ad indagini particolarmente articolate ed approfondite e all’esperimento di una

complessa consulenza tecnica il Pubblico Ministero di Torino dott. Raffaele Guariniello,

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ritenendo che i succitati abnormi valori ematologici riscontrati all’atleta al momento del

ricovero presso il CTO di Torino fossero dovuti all’assunzione di medicamenti atti a

stimolare l’eritropoiesi in vista della gara Milano-Torino 1995 e più complessivamente

delle competizioni da svolgersi in quella stagione agonistica, al fine di potenziare

fraudolentemente il proprio rendimento in gara, elevava nei confronti di Pantani

l’imputazione di cui all’art.1 L. 401/89.

I difensori dell’imputato depositavano alla Procura di Torino istanza di trasmissione degli

atti al Pubblico Ministero di Forlì, rigettata dal dott. Guariniello ma accolta, su ricorso della

difesa, dalla Suprema Corte.

Il Procuratore di Forlì avanzava richiesta di archiviazione del procedimento, la quale veniva

rigettata dal Gip di Forlì dott. Leoni che restituiva gli atti al PM per l’esercizio dell’azione

penale.

A dibattimento Marco Pantani rimaneva contumace.

Preliminarmente la difesa chiedeva al giudice di assolvere l’imputato ex art. 129 cpp

sostenendo che il fatto ascritto allo stesso non era previsto dalla legge penale come reato.

Il Pubblico Ministero aderiva a tale richiesta.

Il giudice pronunciava l’ordinanza in atti, la cui motivazione deve intendersi qui richiamata,

con la quale rigettava l’istanza e disponeva procedersi oltre.

Le parti concordavano ex art. 493/3 cpp l’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle

sommarie informazioni rese in fase di indagini preliminari dai seguenti testi, con la

documentazione allegata in tale sede da ciascuno degli stessi: Aiello Giacomo, Cerutti Gian

Carlo, Standali Marcello, Lavarda Angelo, Massaro Anna, Castellardo Carmine, Cannavò

Candido, Grazi Giovanni, Mazzoni Gianni, Rempi Roberto, Borghi Remo, Pierfederici

Marco Tonino, Forconi Riccardo, Ferrari Chiara, Falai Giovanni, Secchiari Francesco,

Dall’Olio Davide, Pitrolo Guglielmo, Tarsi Daniele, Potena Alfredo, Levi Marco, Tredici

Giovanni, Magdani Marco, Martinelli Luigi, Piutti Gilda, Salsano Anna, Rossi Paolo,

Grosso, Flavio, Imbesi Carmela, Caronne Marcello, Vanni Federica, Bufalo Ivan,

Carboinella Angelo, Vincenzo Ida Emilia, Cartesegna Massimo, Cacaci Francesco, Gandolfi

Carmen, Giugiaro Pier Mario, Palumbo Antonio, Willy Voet, Inselvini Umberto, Dei Cas

Stefano, Pizzini Leone, Stagno Davide, Giancarlo Gamberini, Mecca Isabella, Pagliarini

Eddi, Busi Alessandro, Scalia Margherita, Fanini Ivano, Capiello Enrico, Griffero Rita,

Vincenzo Ida Emilia, Schattemberg Leo Bernard Josef Antoine.

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Ex artt. 493/3 le parti concordavano altresì per l’acquisizione al fascicolo del dibattimento

della refertazione medica inerente il ricovero di Marco Pantani presso l’Ospedale di Rimini

avvenuto in data 1/5/95.

Nell’istruttoria dibattimentale veniva acquisita svariata documentazione, prodotta da PM e

difesa.

A dibattimento venivano sentiti altresì i consulenti del Pubblico Ministero prof. Benzi e

prof. Ceci, i consulenti della difesa prof. Tura e prof. Froldi (tra i quali, all’esito dei

rispettivi esami, veniva disposto dal giudice un confronto), i seguenti testi la cui audizione

era chiesta dal Pubblico Ministero: Dall’Olio Davide, Cacaci Francesco, Pizzini Leone,

Tarsi Daniele, Borchi Remo, Fiorio Carla, Faina Marcello, Stagno Davide, nonché Rempi

Roberto, il quale ultimo veniva esaminato quale imputato di procedimento connesso ai sensi

dell’art. 210 cpp e si avvaleva della facoltà di non rispondere, i seguenti testi chiesti sia dal

Pubblico Ministero che dalla difesa: Vincenzo Ida Emilia, Cartesegna Massimo e Grazi

Giovanni, il quale ultimo veniva esaminato anch’esso ex art. 210 cpp quale imputato di

procedimento connesso e si avvaleva della facoltà di non rispondere, nonché i seguenti testi

chiesti dalla difesa: Giugiaro Pier Mario e Palumbo Antonio.

In data 6/11/2000 i difensori dell’imputato depositavano fuori udienza dichiarazione di

ricusazione di questo giudice per valutazioni dallo stesso espresse nell’ordinanza

pronunciata all’udienza 20/10/2000, con cui venivano rigettate alcune istanze istruttorie

avanzate dalla difesa.

All’udienza 10/11/2000 il giudicante si asteneva dal proseguire l’istruttoria dibattimentale

in attesa della decisione della Corte d'Appello di Bologna.

In data 14/11/2000 la predetta Corte dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione

formulata dalla difesa per tardività della stessa, precisando però che il giudizio di valore

espresso da questo magistrato non implicava affatto una indebita manifestazione del

convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione, e motivando nel merito tale valutazione.

Avverso la suddetta ordinanza la difesa proponeva ricorso per Cassazione, sul quale la

Suprema Corte non si era ancora pronunciata nel momento in cui veniva depositata questa

sentenza.

All’udienza 11/12/00, prima della discussione, la difesa produceva scritto autografo

dell’imputato con il quale lo stesso si rivolgeva al Giudice asserendo di non essersi mai

sottoposto a pratiche dopanti con uso di eritropoietina o di altri prodotti vietati e citando, a

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conferma di ciò, il fatto che, di fronte agli innumerevoli controlli antidoping previsti a tutela

dell’atleta dai regolamenti sportivi, cui nell’arco della sua carriera era stato sottoposto, non

era mai risultato positivo.

All’esito del dibattimento PM e difesa concludevano come in atti.

Questo Giudice decideva come da dispositivo.

Nel merito si osserva quanto segue.

Preliminarmente è necessario affrontare il problema relativo all’interpretazione del disposto

normativo richiamato in imputazione, al fine di chiarire se esso comprenda o meno tra i

comportamenti illeciti ivi sanzionati il cosiddetto doping autogeno e cioè l’assunzione da

parte dell’atleta, partecipante a una gara, di prodotti farmacologici destinati a migliorare

artificiosamente la propria prestazione agonistica.

La norma si articola nella previsione di due distinte condotte criminose: la prima configura

una vera e propria istigazione alla corruzione in ambito sportivo, concretizzantesi nella

promessa o offerta di denaro o di altra utilità o vantaggio formulate a favore di taluno dei

partecipanti a una competizione sportiva organizzata dal CONI, dall’U.N.I.R.E. o da altri

enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di ottenere

il raggiungimento di un risultato diverso da quello conseguente al leale svolgimento della

competizione, la seconda prevede una condotta, residuale e onnicomprensiva, che si

sostanzia in qualsiasi altro atto fraudolento idoneo a minare la correttezza di una

competizione sportiva rientrante tra quelle sopraindicate, e ad alterarne potenzialmente il

risultato finale. Entrambe le condotte debbono quindi essere finalisticamente orientate e cioè

caratterizzate dal dolo specifico del raggiungimento di un risultato diverso da quello che

sarebbe conseguito al corretto e leale svolgimento di una competizione sportiva.

Il principale problema ermeneutico che si pone in relazione alla succitata norma è quello

dell’individuazione del soggetto attivo del reato, giacchè l’art.1 L.401/89, pur delineando

due distinte condotte criminose, si rivolge a un solo soggetto definito come “chiunque”.

La giurisprudenza, nelle esigue pronunce reperibili sul punto, si è divisa, ritenendo in via

maggioritaria – in tal senso si è tra l’altro espressa anche la Suprema Corte, intervenuta in

merito con un’unica sentenza – che autore del reato di cui alla norma succitata possa essere

soltanto un soggetto estraneo alla competizione sportiva, sulla base del seguente

ragionamento: poichè la prima modalità commissiva del reato delineata dal predetto articolo

prevede che il partecipante alla gara sia il destinatario dell’offerta o della promessa e vede

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quindi quest’ultimo come soggetto ricevente l’offerta e non già come autore del reato

(tant’è che il secondo comma della norma in esame disegna un’autonoma ipotesi di reato nel

caso in cui il partecipante alla gara accetti l’offerta del corruttore) e poichè la seconda

condotta criminosa prevista dal primo comma dell’art.1 L. 401/89 deve essere considerata

come una modalità sussidiaria azionabile astrattamente dallo stesso soggetto autore della

corruzione sportiva, necessariamente estraneo alla gara, ne discende che il compimento di

altri atti fraudolenti non possa vedere il partecipante come autore della condotta criminosa

ma esclusivamente come vittima della stessa (vedi Gip Pretura Roma, sent. Del 21/2/1992,

Giudice Monastero; Pretore Trento, sentenza del 24/5/93, Giudice Serao; Cass. Pen. Sez. 6,

sent. 03011 del 26/3/96, ud. 25/1/96) .

La giurisprudenza che invece, in via minoritaria, si è espressa sul punto in modo difforme,

ha ritenuto che il succitato articolo 1/1 L.401/89 contempli una disposizione a più norme (e

non, come afferma il Gip Pretura Roma Monastero nella sent. del 21/2/1992 sopracitata

“una norma a più fattispecie”) una delle quali, e specificatamente quella relativa al

compimento di “altri atti fraudolenti “ volti al conseguimento di “un risultato diverso da

quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione“, veda come

potenziale soggetto attivo, ricompreso nel generico “chiunque”, anche il solo atleta

partecipante alla gara (vedi Gip Pretura Circondariale Roma sentenza a seguito di giudizio

abbreviato del 7/1/93, nonché ordinanza GIP Forlì del 20/4/2000, la quale, rigettando la

richiesta di archiviazione del procedimento n. 1038/00 a carico di Pantani Marco e

ordinando al PM di esercitare l’azione penale, ha dato origine al presente processo).

A parere di questo giudice il dato puramente lessicale non è risolutivo per escludere la

punibilità del partecipante alla gara che compia, da solo o in concorso con altri, atti

fraudolenti, giacchè così come si può sostenere che la connessione letterale tra le due

disposizioni ha carattere funzionale ed opera in termini di “sussidiarietà residuale per la

seconda modalità e cioè gli altri atti fraudolenti”, come sostiene , in dottrina, Tullio

Padovani (vedi commento all’art.1 –Frode in competizioni sportive- La legislazione

penale,1990,fasc.1-2, pt. 2, pag. 91-96), ugualmente può ragionevolmente affermarsi che il

legislatore non ha ripetuto il “chiunque“ che regge la prima parte del primo comma della

norma in esame per mere ragioni sintattiche, considerazione dalla quale discende la

seguente conseguenza: in base al disposto normativo può ragionevolmente ritenersi punibile

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anche “chiunque”- compreso l’atleta- “compia altri atti fraudolenti (espressione di per se

stessa onnicomprensiva), diversi dall’offerta o promessa di denaro”.

A favore di quest’ultima interpretazione si può per altro osservare che se il legislatore

avesse inteso indicare con l’espressione “chiunque” un unico soggetto attivo per tutte e due

le condotte criminose previste dalla norma, e cioè l’offrire denaro o altra utilità e il

compiere altri atti fraudolenti, non avrebbe previsto due distinte ipotesi che appaiono

disgiuntive cioè coprenti due campi non necessariamente coincidenti, tanto più che non vi

era alcuna difficoltà sintattica ad aggiungere anche la seconda proposizione, concernente il

compimento di altri atti fraudolenti, nel primo periodo del primo comma dell’art. 1

L.401/89, formulando la norma come segue: ”Chiunque offre o promette denaro o altra

utilità …ovvero compie altri atti fraudolenti al fine di raggiungere un risultato diverso da

quello conseguente…” .

E’ del pari dubbio che, come sostenuto ad esempio dal Pretore di Roma, sent. del

21/2/1992 sopracitata, possa validamente restringere l’ampio significato del pronome

indefinito “chiunque” il riferimento al disposto del secondo comma dell’articolo in esame,

“il quale- secondo uno schema ricorrente nei delitti “di istigazione”- adempie unicamente

alla funzione di estendere le pene previste per l’ ”istigatore” a colui che, aderendo alle sue

illecite profferte, si inserisca volontariamente nel disegno criminoso …”, come osservato,

correttamente a parere di questo giudice, da parte della dottrina (vedi Roberto Borgonovo

in Archivio penale 492 pag. 610-626).

In mancanza, infatti, della previsione del secondo comma dell’art.1 L.401/89, il

partecipante destinatario dell’offerta che abbia accettato la stessa non potrebbe essere

punito, essendo la condotta criminosa delineata con il termine ” chiunque offre “ e non

potendosi pertanto, attesa la dizione letterale della norma, applicare l’art. 110 cp per

raggiungere il sopraindicato fine di estensione della punibilità.

Quanto poi all’equazione operata dalla Suprema Corte sintetizzabile nella seguente

proposizione: “rapporto sinallagmatico uguale necessario coinvolgi-mento di un extraneus e

pertanto non punibilità dell’atto fraudolento compiuto dal partecipante alla gara“, ritiene

questo giudicante, in accordo con quanto osservato dal GIP sede nell’ordinanza del

20/4/2000, in atti, che tale ragionamento sia apodittico e non trovi riscontro nella lettera

della legge, posto che la stessa attività di corruzione e cioè l’offerta al partecipante di

denaro o altra utilità ben può essere posta in essere da un altro partecipante alla

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competizione (si pensi al caso di un atleta che, in discipline come il tennis e la boxe, offra

denaro all’avversario perché si lasci battere) .

L’incertezza in cui lascia l’interprete un’esegesi puramente letterale della norma impone

pertanto, alla luce del disposto dell’art. 12 preleggi, non “essendo palese il significato delle

parole secondo la loro connessione”, l’esame dell’intenzione del legislatore.

La Corte Suprema nella sentenza sopracitata desume in proposito dai lavori preparatori e

dall’intestazione stessa della L. 401/89, nonché dalle norme in essa raccolte “volte tutte ad

evitare l’irruzione nel mondo dello sport dell’attività di gioco e di scommesse clandestine “

che “l’ambito di applicazione della legge in esame non si estenda ai fenomeni autogeni di

doping, che trovano adeguata sanzione negli ordinamenti sportivi”.

L’intestazione della predetta legge abbina gli “interventi nel settore del giuoco e delle

scommesse clandestini“ alla “tutela della correttezza nell’ambito delle competizioni

agonistiche”, e l’ampiezza di tale intestazione ben può pertanto lasciare spazio

all’individuazione di più oggetti giuridici tutelati dalla normativa in esame e cioè non

solo quello della correttezza del risultato di una competizione collegata a concorsi e

scommesse, con dimensione offensiva essenzialmente di natura patrimoniale, ma anche

quello della salvaguardia nel campo dello sport della correttezza nello svolgimento delle

competizioni agonistiche, intesa come corrispondenza al dettato dell’etica sportiva.

Rileva poi il giudicante che dalla lettura dei lavori preparatori della legge in esame non si

evince come unica ratio quella indicata dalla Suprema Corte.

In sede deliberante della Commissione Giustizia del Senato (seduta del 9/11/89, in cui l’art.

1 del disegno di legge in oggetto è stato approvato), il relatore Gallo, riferendo sui lavori del

comitato ristretto ha osservato: ”…al comma 1- dell’art.1- si è ritoccata l’impostazione di

fondo, per cui il perno di quel testo risiede non tanto e non solo nella mera persecuzione

delle scommesse clandestine, a tutela di quelle lecite, quanto principalmente nell’esigenza

di garantire il corretto e leale svolgimento delle competizioni sportive col punire le forme di

frode nelle medesime competizioni”.

Anche analizzando il dibattito parlamentare che condusse all’approvazione del disegno di

legge di iniziativa governativa, ultimo di una serie di proposte succedutesi nelle varie

legislature, è possibile individuare ulteriori spunti che evidenziano l’esigenza di assicurare,

con la nuova figura criminosa, un’efficace tutela penalistica della correttezza e lealtà delle

gare agonistiche complessivamente intese.

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In sede legislativa presso la Commissione Giustizia della Camera, ad esempio, e cioè nella

seduta del 21/9/88, il parlamentare Forleo, esprimendo l’assenso del proprio gruppo a

licenziare nel più breve tempo possibile il disegno di legge in esame, indicando gli obiettivi

sottesi al suddetto provvedimento ha affermato: “Ritengo che il principale di essi sia quello

di salvaguardare l’ambiente sportivo e la possibilità di esercitare le varie discipline in

condizioni di normalità. La formulazione della norma (che identifica nella frode una

fattispecie un po’ atipica del nostro ordinamento) è indubbiamente originale. E’ vero infatti

che uno degli obiettivi è reprimere tali frodi, ma vi è anche la necessità di esercitare

un’azione di prevenzione e di salvaguardia dell’attività sportiva“.

Quanto poi alla necessaria sinallagmaticità dell’attività fraudolenta sanzionata dalla norma,

così come individuata dalla Suprema Corte nella pronuncia sopra citata, con inevitabile

coinvolgimento in tale attività fraudolenta di due soggetti e cioè un extraneus e un

partecipante alla gara, va rilevato come proprio nella seduta 21/9/88, sopracitata, il

parlamentare Mastrantuono ha affermato: “Credo pertanto che il disegno di legge

elaborato dal Governo – poi divenuto Legge 401/89 - costituisca un punto di partenza per

pervenire in tempo utile all’approvazione di una normativa di carattere organico, volta a

preservare le manifestazioni sportive da fenomeni degenerativi individuali e collettivi“,

espressione, quest’ultima, certamente non conciliabile con l’interpretazione della “voluntas

legis“ operata dalla Suprema Corte. (Vedi Lavori preparatori alla Legge 13/12/89 n.401,

Camera dei deputati, Servizio studi del Dipartimento Giustizia, luglio 1999).

Né il fatto che la norma protegga non la correttezza dell’attività sportiva in quanto tale ma la

sola correttezza dell'attività sportiva esplicantesi sotto la tutela di un ente pubblico può

essere inteso a parere di questo giudice come una conferma del fatto che l’oggetto giuridico

tutelato dalla legge in esame sia essenzialmente di tipo economico, posto che, come

acutamente osserva Tullio Padovani nella nota più sopra citata “…Appare del tutto

plausibile che la tutela si rivolga soltanto alle competizioni sportive pubbliche. L’importanza

ch’esse assumono proprio perché svolte nel contesto organizzativo pubblico, se da un lato

incrementa l’aspettativa di correttezza, dall’altro la qualifica in termini di rilevanza

giuridica: com’è ovvio, ciascun partecipante o ciascuno spettatore di una gara svolta sotto

l’egida di un ente pubblico si attende legittimamente che il suo svolgimento corrisponda

puntualmente alle norme dell’etica sportiva”.

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Se poi il profilo di tutela della norma in esame fosse esclusivamente quello di

salvaguardare l’interesse al corretto andamento dei concorsi pronostici mediante la

sottoposizione a sanzione penale della sola condotta fraudolenta tenuta da soggetti estranei

alla competizione sportiva, con l’eventuale collaborazione dei partecipanti alla gara, al fine

di indirizzare la competizione verso un esito prestabilito per procurarsi indebite vincite in

scommesse e concorsi pronostici clandestini ad essa collegati, non avrebbe ragion d’essere

il disposto di cui al terzo comma dell’art. 1 L.401/89, dove è prevista come aggravante

speciale proprio la circostanza che il risultato della competizione sia “influente ai fini dello

svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitate”, il che dimostra a

parere di questo giudice, in accordo con quanto sostenuto da Borgonovo nell’op.

sopracitata, che l’oggetto giuridico tutelato dal primo comma della norma in esame è più

ampio.

Se in definitiva l’analisi della ratio legis così come sopra operata porta ad individuare i beni

giuridici tutelati dalla norma in esame nella intrinseca correttezza e lealtà delle competizioni

sportive oltre che nell’interesse al corretto andamento dei concorsi pronostici (in sintonia

per altro con quanto affermato in via maggioritaria dalla dottrina), è evidente che ledono o

mettono in pericolo tali oggetti giuridici tutte le condotte dirette ad alterare con la frode il

risultato della competizione sia che provengano da soggetti estranei alla gara sia che

provengano dagli stessi partecipanti ad essa. Correttamente evidenzia in proposito un autore

(vedi Vidiri, Frode sportiva e repressione del gioco e delle scommesse clandestine, La

Giustizia Penale 1992, parte seconda pag. 648 e ss.) che non risponde ad alcuna accettabile

logica considerare sanzionabili con severità comportamenti messi in atto dagli “esterni” alla

competizione e negare di contro analoga reattività da parte dell’ordinamento statale in

presenza di condotte implicanti certamente un maggior tasso di pericolosità sociale, per

provenire da soggetti che, prendendo parte alla gara, sono in grado, più di ogni altro, di

influenzarne il regolare svolgimento e lo stesso esito finale .

Va infine sottolineato che l’esclusione di questi ultimi, posto che nulla si oppone sul piano

testuale e sistematico a che anche l’atleta possa essere autore del reato di “frode in

competizioni agonistiche”, comporterebbe tra l’altro una violazione del principio

fondamentale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge dettato dall’art. 3 della

Costituzione.

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Manca infatti una esplicita esclusione da parte del legislatore della punibilità dell’atleta

dopato, supportata per esempio dalla considerazione di quest’ultimo quale vittima o anello

debole della catena (scelta che invece il Parlamento ha esplicitamente effettuato, nel caso

dei reati di sfruttamento della prostituzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nei confronti

delle prostitute e dei consumatori di sostanza stupefacente, i quali non sono stati ritenuti

passibili di sanzione penale dal legislatore).

Quanto poi alla previsione di cui all’art. 5 L.401/89, da cui entrambe le parti processuali

hanno tratto argomenti per desumere la non applicabilità dell’art. 1 L.401/89 all’ipotesi del

doping autogeno dell’atleta, rileva il giudicante che le pene accessorie ivi previste sono

all’evidenza alternative tra loro e tra di esse quella del divieto temporaneo di accedere a

luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche ben può essere logicamente applicata

all’atleta che, avendo praticato doping autogeno al fine di alterare il corretto svolgimento di

una competizione agonistica, ha tradito lo spirito di correttezza e lealtà che deve animare il

mondo dello sport e per tale ragione legittimamente viene temporaneamente allontanato

dall’ambiente sportivo.

Restano da ultimo da prendere in considerazione le comprensibili perplessità destate in

alcuni interpreti della norma in esame dalla mancata individuazione, in sede di lavori

preparatori della legge 401/89, del contrasto al doping quale obiettivo, sia pure secondario,

del disposto normativo .

Al fine di contestualizzare tale articolo di legge, per giungere a un interpretazione

congruente con la realtà su cui lo stesso è destinato ad incidere, va rilevato in proposito

come probabilmente il doping non è stato oggetto di specifico dibattito nel corso dei lavori

preparatori della L. 401/89 perché all’epoca il fenomeno non era esteso in modo così

allarmante come nella realtà contemporanea, nella quale può sicuramente essere definito,

attese le dimensioni assunte a livello mondiale, soprattutto in settori come l’atletica e il

ciclismo, come il problema più importante dello sport, così grave da minarne credibilità e

valori.

Si pensi, per rimanere al caso concreto in esame, che, stando a stime riportate dal

giornalista Morbello (vedi Giorgio Morbello, Il pusher nello spogliatoio, in Narcomafie,

settembre 1998 pag. 6 e ss. del dossier doping), l’eritropoietina, a detta del succitato

giornalista avente un fatturato pari a quello del quarto o quinto farmaco al mondo, per il

93 % non sarebbe utilizzata per i fini terapeutici per i quali era stata creata, e cioè per

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aumentare nei pazienti malati di tumore o sottoposti a dialisi la capacità del sangue di

trasportare ossigeno, ma bensì per migliorare la resistenza alla fatica in discipline sportive

aerobiche come il ciclismo, l’atletica, lo sci di fondo.

I consulenti del Pubblico Ministero hanno fornito sul punto dati ancor più precisi ed

allarmanti.

All’udienza 13/10/2000 (vedi trascrizioni pag. 188 e ss.) gli stessi hanno precisato che

l’eritropoietina, inizialmente considerato “farmaco orfano” perché utilizzato per patologie

numericamente limitate (“anemia in corso di nefropatia grave, anemia in corso di

trattamento con particolari medicamenti antitumorali, preparazione ad interventi chirurgici

d’elezione e non d’urgenza in soggetti modicamente anemizzati“) è oggi il numero tre come

volume di vendita in tutto il mondo“. I consulenti hanno poi riferito che in base a

un’indagine fatta dal Ministero della Sanità (su iniziativa per altro della prof. Ceci, che,

come da lei dichiarato a pag. 216 trascr. ud 13/10/2000, ha lavorato come esperta della

Commissione Sanità del Senato per la elaborazione del testo di legge anti-doping di recente

approvazione) nel 1998 tale farmaco è risultato il quindicesimo come fonte di spesa del

servizio sanitario nazionale mentre nel 1999 è passato addirittura al tredicesimo posto, con

una escalation non indifferente.

Tale dato va drammaticamente associato alla seguente ulteriore circostanza: ben il 50% di

tutta la quantità di eritropoietina che, in base ai dati forniti dalle case farmaceutiche

produttrici, è stata venduta in Italia non è stato registrata negli appositi registri tenuti

dall’Asl e dagli Ospedali e pertanto, non risultando a carico del sistema sanitario nazionale,

va a sommarsi alla quantità di epo indicata nel paragrafo che precede.

Se si pensa che, come specificato dai consulenti del Pubblico Ministero, le indicazioni per

tale farmaco si limitano a malattie rare è quindi evidente che un consumo così ampio di

eritropoietina si giustifica solo con un massiccio utiliz-zo fattone dagli atleti,

professionisti e non, al fine di aumentare i globuli rossi circolanti e quindi apportare più

ossigeno ai muscoli, con aumento della erogazione del processo aerobico e quindi della

prestazione di fondo (vedi dichiarazioni prof. Benzi pag. 136 ud. 13/10/2000).

Questa constatazione è allarmante, sol che si rifletta sui gravissimi danni alla salute che

provoca l’assunzione prolungata di epo, nelle dosi che solitamente prendono gli atleti per

accrescere il proprio rendimento agonistico (il prof. Benzi -vedi trascr. ud. 13/10/2000 pag.

143 e trascriz. pag. 191 e ss ud. 20/10/2000- ha infatti spiegato in proposito che solo sopra

Page 12: Sentenza pantani

la soglia del 50 % di ematocrito la quantità di ossigeno che viene trasportata è

significativamente diversa da quella normalmente veicolata dal sangue, ragion per cui le

dosi di epo assunte dagli atleti per incrementare la loro prestazione agonistica sono sempre

massicce). Dando l’imprinting per i globuli rossi, la assunzione di epo, come ben spiegato

dai consulenti del Pubblico Ministero, va sempre accompagnata a somministrazione di

ferro, per evitare la messa in circolo di globuli rossi ipocromici, i quali non svolgerebbero

utilmente la funzione di maggior trasporto di ossigeno (vedi trascrizioni ud.13/10/2000 pag.

162). Il ferro però permane nell’organismo, si deposita nei tessuti, in particolare pancreas e

fegato, cagionando gravissimi danni epatici. La prof. Ceci all’udienza 13/10/2000 trascriz.

pag. 163 ha in merito affermato: ”queste sono persone che vivono meno, muoiono

precocemente per cirrosi ed anche tumore epatico “. Altri gravissimi rischi per la salute

nascono dal fatto che l’aumento dell’ematocrito provocato con somministrazione esogena di

epo, rendendo il sangue più denso, contrasta la tendenza dell’organismo umano, sotto

sforzo, ad operare una emodiluizione “naturale”, al fine di salvaguardare il flusso cerebrale

del sangue. Come spiegato dal prof. Benzi (vedi trascr. ud 13/10/2000 pag. 145), sotto

sforzo aumentano le resistenze nel cervello, in particolare nelle zone profonde, e

l’organismo si difende diluendo (il predetto consulente ha specificato sul punto che il

soggetto sotto sforzo, da studi compiuti, risulta avere nelle zone profonde del cervello

ematocrito pari al 28 %, 29%, 30 %, mentre perifericamente ha un ematocrito pari al 45%).

E’ intuibile comprendere quali immensi rischi possa avere per il flusso cerebrale

l’artificioso contrasto di quella che il prof. Benzi ha definito “l’arma dell’emodiluizione”.

Proprio alla luce del dilagare della piaga doping il nostro legislatore ha recentissimamente

approntato una tutela ben più incisiva rispetto a quella dettata dalla L. 1099 del 1971

nonché dall’art. 1 L.401/89, mediante la legge intitolata: ”Disciplina della tutela sanitaria

delle attività sportiva e della lotta contro il doping”, approvata in via definitiva dal Senato il

16/11/2000 e non ancora pubblicata, nella quale sono previste pesanti sanzioni penali

(reclusione da tre mesi a tre anni e multa da 5 milioni a 100 milioni) non solo per chi offre

(come invece disponeva la normativa originariamente approvata dal Senato), ma anche per

chi assume sostanze dopanti al fine di alterare la prestazione atletica agonistica.

Quanto alla succitata L. n.1099/71, dedicata alla “Tutela sanitaria dell’attività sportiva”, la

stessa, all’art. 3/1, sanziona la condotta degli “atleti partecipanti a competizioni sportive

che impiegano, al fine di modificare artificialmente le proprie energie naturali, sostanze che

Page 13: Sentenza pantani

possono risultare nocive per la loro salute”, prevedendo quale sanzione la sola ammenda.

La norma risulta però depenalizzata ai sensi della legge 689/81.

In epoca precedente all’approvazione della “Disciplina della tutela sanitaria delle attività

sportive e della lotta contro il doping” vi era chi interpretava il mancato raccordo tra la L.

1099/71 e la L.401/89 come indizio della volontà del legisla-tore di escludere, al di là del

profilo relativo alla tutela sanitaria dell’atleta, ogni ulteriore rilevanza penalistica al

fenomeno del doping.

Ritiene questo giudicante che, nonostante l’innegabile mancanza di un opportuno

coordinamento tra le normative sopra indicate, la succitata interpre-tazione non fosse da

condividersi posto che le due normative hanno oggetti giuridici palesemente diversi. La

legge del 1971 tutela infatti l’interesse collettivo alla salvaguardia dell’integrità fisica di

quanti si dedicano alla pratica sportiva. E’ volta pertanto a sanzionare la pratica del doping

essenzialmente nell’ottica dei rischi per l’incolumità dello sportivo e la sua ratio bene è

stata individuata dalla dottrina in quella di “salvaguardare la stessa funzione sociale della

pratica sportiva inconciliabile con il ricorso a sostanze capaci di incidere in termini negativi

sulle doti fisiche e morali di quanti si dedicano a pratiche sportive“ (vedi Guido Vidiri, Il

doping tra normativa sportiva e ordinamento statale, il Foro Italiano 1991, fasc.4,

pagg.225,230).

Il reato di frode nelle competizioni sportive, reato plurioffensivo, mira invece, come sopra

già sottolineato, ad approntare una difesa contro la slealtà sportiva complessivamente

intesa, sul presupposto che l’atleta che pone in essere una attività fraudolenta per alterare

l’esito della gara (comprendendosi in quest’ambito anche l’alterazione chimica della

capacità di prestazione dello sportivo) danneggia l’immagine dello sport agendo in modo

moralmente scorretto verso tutti gli altri protagonisti dell’attività sportiva agonistica, inclusi

i tifosi che la seguono. L’oggetto giuridico tutelato da quest’ultima normativa è dunque non

l’integrità psicofisica degli atleti ma la “genuinità del risultato sportivo”.

Né si può desumere dall’approvazione della recentissima legge sulla “disciplina della tutela

sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping” la precedente non punibilità del

doping autogeno, ai sensi del disposto di cui all’art. 1 L.401/89, posto che l’intervento

innovativo del legislatore è stato appunto ispirato, oltre che dal fine di fare ulteriore

chiarezza in una materia particolarmente contorta, che ha dato origine, come sopra

evidenziato, a contrasti interpretativi a tuttoggi non risolti, dall’esigenza di sanzionare più

Page 14: Sentenza pantani

pesantemente di quanto non facessero le norme previgenti (compreso l’art. 1 L.401/89) i

fenomeni di fraudolenta alterazione dell’esito della gara mediante doping dello sportivo

partecipante alla stessa, i quali, come già ricordato, sempre più pesantemente avvelenano il

mondo dello sport e pongono in serio pericolo la salute degli atleti.

Va infine affrontato un ultimo problema interpretativo e cioè se l’assunzione di sostanze

“dopanti“ da parte dell’atleta impegnato in una competizione integri o meno il requisito

della “fraudolenza“ che sostanzia la modalità alternativa della condotta prevista dall’art. 1

L.401/89, circostanza quest’ultima fin qui presupposta dal giudicante, ma che necessita di

un approfondimento specifico .

Posto che secondo lo schema prefigurato dalla L.401/89 (vedi in particolare art. 2 della

predetta legge) i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale risultano ispirati alla

libera autodeterminazione di ciascuno di essi in ordine alla rilevanza da attribuire ai vari

comportamenti, fondamentale diviene il compito di individuazione della linea di confine tra

illecito sportivo e frode sportiva penalmente sanzionata.

Ritiene questo giudice condivisibile, in via interpretativa, quanto sostenuto sul punto dalla

maggior parte della dottrina (vedi ad esempio Vidiri, La frode sportiva: soggetti e condotta

del reato – art.1 L 401/89, Rivista di diritto sportivo 1992, fasc.1, pag. 129-134) e cioè che

la condotta penalmente sanzionata non possa consistere in una mera violazione delle regole

del gioco, sanzionabile tuttalpiù dall’ordinamento sportivo, ma debba sostanziarsi in un

“quid pluris”, in un artificio, che operi sulla realtà esterna modificandola,

“fraudolentemente” appunto, al fine di alterare lo svolgimento normale di una competizione

sportiva.

E ciò sulla base dell’interpretazione del termine “fraudolentemente“, utilizzato dal

legislatore nella norma in esame, così come esplicitata dal Gip sede, il quale, nell’ordinanza

20/4/2000, in atti, pienamente condivisa sul punto da questo giudice, rifacendosi alla

nozione di “artifici” emergente dalla più recente giurisprudenza della Suprema Corte, ha

precisato che: ”Non realizzano una frode …i casi…in cui la violazione delle norme sportive

è immediatamente rilevabile ictu oculi, oppure attraverso il diretto controllo della

sussistenza dei requisiti o la diretta applicazione di canoni e misure, senza la mediazione di

un’indagine su pratiche o espedienti simulatori o dissimulatori” mentre “rientra nella

categoria dei mezzi fraudolenti il doping, che è un espediente occulto per simulare, e quindi

Page 15: Sentenza pantani

far risultare artificiosamente, una capacità di prestazione che non risponde a quella reale

dell’atleta”.

Essendo innegabile che l’assunzione di una sostanza dopante costituisce un “artificio

idoneo a snaturare la correttezza della competizione sportiva e ad alterarne potenzialmente il

risultato finale“, questo giudice ritiene in definitiva che il cosiddetto doping autogeno posto

in essere dall’atleta, da solo o in concorso con il soggetto fornitore della sostanza dopante,

al fine di alterare l’esito naturale di una competizione agonistica configuri,

indipendentemente dall’effettivo raggiungimento di tale obiettivo, il delitto di cui all’art. 1

L.401/89.

Tale norma disegna infatti un reato “attraverso il quale il legislatore ha voluto esprimere

una tutela avanzata al bene (inteso qui in senso lato) della correttezza nello svolgimento

delle competizioni agonistiche, senza tuttavia richiedere il concreto verificarsi di un evento

lesivo dello stesso bene“ (così testualmente Umberto Izzo, Quando l’atleta è in ritiro: il

soggetto attivo e l’elemento soggettivo del reato di frode in competizioni sportive, Rivista di

diritto sportivo 1993, fasc. 2 e 3, pag. 507-512).

L’atleta cioè che si sottopone in vista di una stagione agonistica o frazione di stagione

agonistica a un trattamento farmacologico dopante, in quanto tale certamente migliorativo

della propria capacità di prestazione in gara, commette il reato in oggetto (sussumibile,

essendo l’elemento oggettivo dello stesso costituito da “atti diretti a“, nella categoria dei

reati a consumazione anticipata), indipendentemente dall’effettiva incidenza che la capacità

di prestazione “potenziata” dal trattamento dopante avrà in concreto sull’esito della o delle

gare alle quali l’atleta si era prefisso di partecipare e abbia poi in concreto partecipato.

Quanto alla pretesa mancanza di tassatività della norma in oggetto così interpretata e della

potenziale incostituzionalità della stessa ex art. 25 Cost., eccepita dalla difesa in sede di

arringa, questo giudice osserva quanto segue.

Talvolta accade che la legge penale non tipicizzi in modo diretto e compiuto il reato ma si

limiti a richiamare, come nel caso della norma indicata in rubrica, modi sociali di

comportamento.

E’ il cosiddetto ricorso a “elementi vaghi della fattispecie”, che il Pagliaro (vedi voce Legge

penale, in Enciclopedia del diritto) così definisce: ”quei contrassegni che definiscono il fatto

non in maniera perfettamente netta, né secondo linee determinabili con sicurezza, ma si

giovano piuttosto di modi di pensare o di esprimersi che sono propri dell’uso comune, ma

Page 16: Sentenza pantani

non possono essere definiti nei dettagli con mezzi naturalistici “. Tra gli esempi di tali

elementi vaghi Pagliaro cita appunto gli “artifici o raggiri“, quali elementi essenziali della

truffa.

Nella categoria succitata vanno senz’altro ricompresi anche “gli atti fraudolenti” menzionati

nella norma oggi ascritta all’odierno imputato .

Tale espressione non contrasta a parere del giudicante con il principio di legalità essendo

facilmente interpretabile secondo il significato umano e sociale che è insito nella stessa e la

determina, e presupponendosi inoltre, atteso il disvalore insito nel dolo di una condotta

diretta ad immutare la realtà per uno scopo tipizzato, una rapporto di maggiore

consapevolezza da parte dell’autore di tale condotta del disvalore della stessa rispetto al

soggetto attivo di altre fattispecie criminose, descritte con elementi ugualmente elastici ma

non caratterizzati dalla frode.

Il consociato che pone in essere una certa condotta precisamente connotata dall’immutare

un elemento della realtà al fine specifico di alterare artificiosamente l’esito di una gara

sportiva sarà perfettamente in grado di valutare (anche per la certa consapevolezza di chi è

interno al mondo dello sport dei meccanismi e regole che lo dominano) se la propria

condotta comporti o meno la commissione di un atto fraudolento, cosiccome il giudice che

dovrà decidere se la predetta condotta corrisponda o meno alla figura legislativa potrà

limitarsi a espletare una semplice operazione interpretativa, non fondata sull’arbitrio ma

sul significato che il termine “atti fraudolenti” ha nell’uso comune.

Il giudicante ritiene pertanto che il precetto legislativo di cui all’art. 1 L.401/89 non

contrasti con il principio costituzionale di legalità essendo la norma perfettamente

intelleggibile e interpretabile in base al significato umano e sociale della condotta criminosa

ivi descritta.

L’eccezione di incostituzionalità della norma sollevata dalla difesa deve ritenersi dunque

manifestamente infondata.

Dopo aver analizzato il problema della qualificazione giuridica dell’autodoping dell’atleta

chi scrive ritiene di dover affrontare il tema probatorio centrale in questo processo e cioè

quello inerente la sussistenza o meno della prova circa l’assunzione esogena di

eritropoietina da parte dell’imputato in epoca precedente alla gara Milano-Torino del

18/10/95, e in vista della stessa, allo scopo di alterarne frudolentemente il risultato.

Page 17: Sentenza pantani

Fondamentale è a questo proposito l’analisi del contributo scientifico portato in questo

processo dai consulenti delle parti, con considerazioni che si sono venute approfondendo e

precisando nel corso del dibattimento attraverso i complessi esame, controesame e

confronto tra gli stessi espletati in tale sede.

Questo giudice ritiene di muovere dall’analisi di quanto riferito dai consulenti del Pubblico

Ministero, integrando la ricostruzione logica scientifica effettuata dagli stessi con gli

apportati offerti all’istruttoria dibattimentale dal testimoniale, generalmente composto

anch’esso da testi cosiddetti qualificati, in prevalenza medici, in quanto l’analisi del

contributo fornito dai consulenti della difesa, più frammentario e concretizzatosi in una

serie di critiche volte a mettere in discussione l’argomentare dei consulenti della pubblica

accusa, ha come presupposto logico la previa esposizione del ragionamento logico-

scientifico svolto da questi ultimi.

I professori Benzi e Ceci hanno utilizzato nella loro consulenza un approccio indiretto che

ha portato ad individuare con precisione la causa dell’abnorme aumento del numero di

globuli rossi riscontrato a Pantani in data 18/10/95, all’atto del ricovero presso il CTO di

Torino, all’esito di un lungo percorso articolatosi nell’analitico esame di tutte le possibili

cause del succitato innalzamento, alternative al trattamento con farmaci eritropoietici.

La qualificazione dei consulenti, docenti universitari, Benzi di farmacologia e Ceci di

ematologia pediatrica, è sembrata al giudicante molto alta, anche per l’esperienza specifica e

pluriennale di entrambi nell’ambito dei problemi di biologia, farmacologia e ematologia nel

mondo degli atleti, attestata anche dal fatto che tutti e due i consulenti, per anni e sino al

mese di ottobre 2000, sono stati componenti della Commissione Scientifica antidoping del

CONI, e, per quanto riguarda la prof. Ceci, la stessa è stata esperta della Commissione

Sanità del Senato in relazione all’elaborazione della già citata legge, cosiddetta

“antidoping”, di recentissima approvazione. L’interesse scientifico specifico da parte dei

consulenti e la loro competenza circa le caratteristiche fisiologiche e biochimiche degli

atleti di alto livello e la conseguente particolare attendibilità del loro elaborato peritale, sono

attestati anche dal fatto che gli studi sperimentali richiamati in consulenza e i dati utilizzati

per le comparazioni hanno come campione analizzato atleti di alto livello e non soggetti

comuni, cioè non atleti.

Tale specifica competenza inerente il settore degli atleti si è mostrata invece assente nei

consulenti della difesa, dato quest’ultimo confermato all’udienza 20/10/2000 dallo stesso

Page 18: Sentenza pantani

prof. Tura il quale, a domanda del giudice, ha testualmente risposto: ”Dipende lo sport come

viene fatto. Io non ho notizie, non sono un uomo che si interessa dello sport“.

Tornando all’esposizione del ragionamento peritale svolto dai consulenti del Pubblico

Ministero, va ricordato come gli stessi hanno preso le mosse dall’evidenziazione

dell’abnormità dei valori ematologici riscontrati a Pantani nel prelievo delle ore 15.20 del

18/10/95, sia rispetto ai valori medi rilevati su atleti di alto livello dal CONI e dall’U.C.I.

negli anni 1998-1999 (vedi tabella 1.1 riportata a pag. 6 dell’elaborato scritto depositato in

atti dai consulenti, dove si ricava che il valore medio di ematocrito per i ciclisti si attesta sul

44,6 %, quello di emoglobina intorno al 15 e quello di globuli rossi intorno ai 4,85 milioni)

sia rispetto agli stessi valori medi dell’atleta, emergenti dai dati forniti, per l’arco

temporale 1995- 1999, essenzialmente dai medici della F.C.I. Grazzi e Rempi, tramite le

cartelle cliniche della F.C.I. (vedi tabella 1.2 pag.8 dell’elaborato scritto e aff. 244/271

power point proiettati dai consulenti in sede di esame all’udienza 13/10/2000, faldone 4,

nonché tabella 2.3 pag. 18 dell’elaborato peritale) da cui si evince che il valore medio di

ematocrito dello stesso Pantani era intorno al 45, i globuli rossi 4,94 milioni, l’emoglobina

15,2 (dati questi ultimi che escludono pertanto che i valori ematologici riscontrati a Pantani

in data 18/10/95 fossero congeniti).

Osserva il giudice in proposito che i valori sulla base dei quali sono state calcolate tali

medie sono stati ricavati da un lato dai dati forniti da fonti ufficiali come il Coni e l’UCI,

inerenti una popolazione di atleti-ciclisti di alto livello, e quindi correttamente paragonati a

Pantani, dall’altro, per quanto concerne i valori ematologici inerenti lo stesso imputato, dai

dati forniti dagli stessi medici sportivi dell’atleta, provenienti da laboratori pubblicamente

riconosciuti, tra i quali sono compresi anche quegli stessi laboratori UCI che hanno

analizzato i valori ematologici degli altri atleti sopraindicati.

Quanto alla validità del valore di ematocrito pari a 45 ed emoglobina pari a 15,2

corrispondente al prelievo effettuato dal dott. Grazi il 6/6/95 (vedi sempre tabella 2.3 pag.

18 elaborato peritale Benzi e Ceci), messa in discussione dai legali della difesa in seda di

arringa, attesa l’imputazione di cui al capo o) dell’avviso di chiusura indagini preliminari

Procura di Ferrara emesso a carico anche del Grazi (prodotto in atti aff. 260/12 faldone 4),

in cui il predetto medico è imputato di aver fatto false attestazioni nella cartella clinica della

Federazione Ciclistica Italiana di Pantani Marco, da cui sono stati estrapolati i succitati

valori , osserva il giudicante quanto segue: da una parte si può osservare che i valori

Page 19: Sentenza pantani

ematologici rilevati il 6/6/95 rappresentano solo uno tra i tanti parametri ematologici

misurati a Pantani tra il 1995 e 1999, in base ai quali sono stati elaborati i valori medi

dell’atleta sopra elencati, dall’altra parte è anche logico pensare che se effettivamente il

dott. Grazi ha falsificato i dati ematologici di Pantani nel giugno 1995, stagione di gara,

così come imputatogli dal magistrato di Ferrara, ciò significa che il medico sportivo doveva

coprire, tramite falsificazione delle cartelle FIC, i reali valori ematologici di Pantani,

evidente-mente particolarmente elevati in quel periodo a causa di una stimolazione

farmacologica (come sembrano attestare, del resto, anche gli elevatissimi valori

ematologici riscontrati nell’incidente occorso a Pantani in Santarcangelo appena un mese

prima del giugno 1995, a distanza di due giorni dall’inizio del giro d’Italia, evento che verrà

più oltre preso in esame) poiché se tali valori ematologici non si fossero abnormemente

alzati per stimolazione farmacologica ma per altre cause non ci sarebbe stato alcun bisogno

per il medico di nascondere artificiosamente tale dato.

Tornando al giudizio di abnormità circa i valori ematologici riscontrati a Pantani il 18/10/95,

tale valutazione è confermata in atti dalle dichiarazioni rese in data 17/6/99 avanti al PM

Guariniello dal dott. Palumbo (ematologo che, in data 26/10/95, fu chiamato per un consulto

su Pantani), il quale ha in tale sede testualmente affermato: ”Un paziente che presenta un

ematocrito di 60.1 è da considerarsi al di fuori dei limiti della norma, anche per uno

sportivo…un valore di ematocrito di questo tipo non è compatibile in una persona sana ed è

invece compatibile con un quadro di policitemia primaria o secondaria o con trattamento

farmacologico”.

Che cosa ha dunque determinato il succitato innalzamento dei valori ematologici di Pantani?

I consulenti del Pubblico Ministero escludono che lo stesso sia stato causato o concausato

dalla disidratazione dovuta all’impegno agonistico profuso dall’atleta nella gara ciclistica

Milano-Torino, e ciò sulla base di una motivazione estrema-mente argomentata e

approfondita, il cui nucleo centrale, a parere del giudicante, è rappresentato dal fatto che tale

disidratazione è esclusa in radice dai referti biochimico clinici (vedi elaborato scritto

pag.16, tabella 2.1, nonché dichiarazioni rese sul punto dai periti sia all’udienza 13/10/2000

che 20/10/2000).

Come ben spiegato dai professori Benzi e Ceci e confermato in atti anche dalle

dichiarazioni rese dalla dott. Vincenzo sia in fase di indagini preliminari (in data 5/7/99) che

Page 20: Sentenza pantani

a dibattimento (vedi trascr. ud. 28/11/2000 pag. 94), la disidratazione porta necessariamente

a una alterazione dei valori ematochimici .

Attraverso la sudorazione si perde infatti, come chiarito dalla prof. Ceci, più liquido che

ioni (e cioè sodio, potassio ecc.). Per cui all’interno di un sangue disidratato così come si

trovano più globuli rossi si trovano anche più ioni, dato quest’ultimo non presente nel

sangue di Pantani.

Il prof. Benzi ha ulteriormente specificato che anche la creatinina, espulsa solo tramite le vie

urinarie, non può non aumentare in percentuale nel soggetto disidratato, nel quale si ha

sempre una contrazione della diuresi, mentre tale ultimo valore dall’analisi chimica

effettuata sul campione di sangue prelevato a Pantani alle ore 15.20 del 18/10/95 era

risultato nella norma.

Tutte le rimanenti considerazioni svolte dai suddetti consulenti, e cioè la avvenuta

dispersione del calore durante la gara essenzialmente per convezione, trattandosi di una

corsa in linea svolta in condizioni di fresco (tra i 7 e i 19 gradi), l’avvenuto regolare

rifornimento idrico in gara (dato quest’ultimo confermato a dibattimento dai testi Dall’Olio

e Pizzini), l’osservazione clinica che all’atto del ricovero ha fatto definire nella cartella

anestesiologica alla dottoressa Vincenzo l’aspetto del paziente come “normale” (vedi

documentazione medica in atti), le dichiarazioni rese in data 5/7/99, più sopra già

richiamate, dalla dott. Vincenzo, nelle quali l’anestesista ha precisato di aver ipotizzato una

disidratazione di Pantani all’atto del ricovero sulla sola base degli alti valori ematici e non di

dati clinici ed ematochimici, le dichiarazioni rese dal chirurgo che operò Pantani,

Cartesegna, in data 16/6/99, avanti al Pubblico Ministero che condusse le indagini

preliminari, laddove lo stesso ha chiarito che il giudizio formulato con l’anestesista

Vincenzo di un’eventuale disidratazione in atto era ipotetico e non era stato “suggerito da

una qualsiasi realtà clinica”, sono tutte circostanze significative di per se stesse ma che di

fronte a una risposta certa già fornita sul punto disidratazione dai valori ematochimici nella

norma, così come rilevati a Pantani al momento del ricovero, possono ritenersi non

fondamentali se non come conferma del dato sopra evidenziato.

Per quanto concerne il referto di tali esami ematochimici, che porta l’indicazione delle ore

15.54 e la data 18/10/95, lo stesso è riportato nella cartella clinica inerente il ricovero di

Pantani (vedi aff. 2/57, faldone 1, cartella in copia e aff. 262/9 faldone 5 cartella in

originale), contrariamente alla prassi, su un foglio volante non spillato assieme agli altri

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esami. Il 12/6/99, data in cui la cartella in originale è stata consegnata alla Procura della

Repubblica di Torino –come si evince dal verbale di acquisizione in atti– tale referto non

era rintracciabile nella stessa, come riferito all’udienza 28/11/00 dal consulente Benzi, che

ha precisato che il succitato documento è stato reperito e consegnato successivamente dalla

dott. Fiorio. Quest’ultima circostanza è documentalmente attestata dal verbale di consegna

di tale referto datato 19/7/99, presente in atti all’aff. 45/1 faldone 2, laddove la dott. Florio

così dichiara: ”Produco copia degli esami ematochimici effettuati in urgenza il giorno

18/10/95 sul paziente Marco Pantani presenti in cartella, ed inoltre la stampa dal nostro

archivio informatico -esami di routine- nel periodo 19/10/95 sino al 27/10/95“.

Copia del succitato referto è inserita anche -vedi aff. 63/123 faldone 3- all’interno della

pratica assicurativa relativa al sinistro occorso in data 18/10/95 a Pantani, acquisita dalla

PG della Procura di Torino in data 22/9/99 presso la Reale Assicurazione e consegnata alla

predetta assicurazione da Pantani o da chi agiva nel suo interesse presumibilmente nel

novembre 1995, come si evince dall’ultimo atto di tale cartella, presente nell’originale

cartaceo, così come acquisito dalla Procura di Torino presso la Reale assicurazioni, che è

stato consegnato in udienza dibattimentale dal prof. Benzi. Tale ultimo atto (aff. 265/128

faldone 5) attesta infatti che la suddetta copia della cartella clinica è stata rilasciata ai

richiedenti dalla direzione sanitaria del CTO di Torino in data 8/11/95.

Che la copia del referto in esame presente nella pratica assicurativa sia stata fotocopiata

direttamente dalla cartella clinica si evince anche dalle righe orizzontali che caratterizzano i

vari fogli della cartella clinica, su uno dei quali evidentemente il referto era all’epoca

appuntato (vedi sul punto puntuale osservazione del prof. Benzi, pag. 43 ud. 28/11/2000).

La dott. Vincenzo all’udienza 28/11/00 (vedi trascriz. pag. 89) ha riferito di aver visionato il

referto inerente gli esami ematochimici prima che Pantani fosse operato, e tale circostanza è

anche provata dall’annotazione effettuata dalla stessa dott. Vincenzo nella cartella

anestesiologica in atti, dove l’anestesista in data 18/10/95 annota HB 20,8, altri in ordine,

riferendosi evidentemente (come dalla teste già precisato in sede di indagini preliminari, in

data 5/7/99 e 19/7/99), agli esami ematochimici.

Tutto ciò significa tre cose: la prima che certamente tali esami furono fatti all’ingresso del

paziente in ospedale, il 18/10/95, e che in un primo tempo, perlomeno sino al novembre

1995, rimasero in cartella; la seconda che in un secondo tempo, per evento fortuito o meno,

il referto inerente i succitati esami scomparve dalla cartella clinica, la terza che tale referto

Page 22: Sentenza pantani

fu reperito successivamente, e cioè nel luglio 1999 (per altro, come riferito dal prof. Benzi,

in seguito a pressanti richieste della Procura di Torino).

La temporanea scomparsa del referto dalla cartella è fenomeno preoccupante, anche in

relazione alla delicatezza del caso in esame.

Per gli eventuali profili penali ravvisabili in merito appare opportuna una trasmissione

degli atti alla Procura della Repubblica di Torino, competente per il reato di cui all’art.476

cp, ipoteticamente configurabile allo stato a carico di ignoti.

Tornando all’ipotesi di una disidratazione da gara in Pantani che abbia determinato o

concorso a determinare un’emoconcentrazione, la stessa è stata sostenuta dai consulenti

della difesa in modo del tutto apodittico.

Il prof. Tura, docente universitario di ematologia ha infatti ipotizzato che Pantani avesse

avuto un aumento dell’ematocrito di 5 punti per sforzo da gara (quindi per disidratazione),

giustificando tale affermazione con il solo richiamo a quanto riferito in sede di indagini

preliminari, in data 21/8/99, dal dott. Rempi, e precisamente: “in base alla mia esperienza

alla fine di una gara l’ematocrito può anche aumentare sino a 4-5 punti“.

In realtà all’udienza 28/11/00 il dott. Tarsi, anch’egli medico sportivo di ciclisti

professionisti, addirittura per 15 anni (per altro il teste è apparso visibilmente imbarazzato

nel rispondere alle domande sul doping nel mondo del ciclismo), sul punto disidratazione in

gara ha confermato quanto già riferito in sede di indagini preliminari in data 18/9/99, e cioè

che misurazioni dell’ematocrito effettuate dall’UCI dopo un allenamento intenso fatto in

Sicilia, in condizioni di caldo torrido, hanno rilevato negli atleti un aumento medio

dell’ematocrito di 2-3 punti, aumento dunque ben inferiore a quello dato per scontato dai

consulenti della difesa, pur in condizioni climatiche completamente diverse (ottobre- Nord

Italia), comportanti certamente una minor disidratazione.

La succitata affermazione dei consulenti della difesa è da reputarsi oggettivamente priva di

qualunque documentato riferimento scientifico (come evidenziato dai consulenti del

Pubblico Ministero nei power point proiettati all’udienza 13/10/2000 e prodotti in atti

-aff.244/302 faldone 4-).

Né possono ritenersi affidabili sul punto le dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari

dal dott. Rempi, medico sportivo abilitato a prestare assistenza medico sanitaria a Pantani

dal 1997 in poi, deferito per altro in data 23/6/99 dall’Ufficio Procura antidoping del Coni

ai competenti organi di giustizia sportiva della FCI per comportamento contrario alle

Page 23: Sentenza pantani

disposizioni sulla tutela della salute dei corridori approvate dal Consiglio federale della FCI

in data 15/2/98 (come si evince dal relativo provvedimento in atti, aff. 8/1 e ss, faldone 1) e

ciò all’esito dell’indagine, condotta appunto dalla predetta Procura sportiva, originata dagli

elevati valori di ematocrito (52%) riscontrati a Pantani, in seguito a un controllo di idoneità

sportiva effettuato da medici UCI nel corso del Giro d’Italia, e precisamente in data 5/6/99

a Madonna di Campiglio, a cui seguì la sospensione dell’atleta dall’esercizio dell’attività

agonistica per un periodo di 15 giorni.

Come già ricordato il dott. Rempi a dibattimento ha provato con produzione documentale la

propria qualità di imputato in procedimento connesso e, sentito pertanto ex art. 210 cpp, si è

avvalso della facoltà di non rispondere.

Il prof. Tura ha comunque poi convenuto nel corso dell’istruttoria dibattimentale, in accordo

sul punto con i consulenti del PM, (vedi trascrizioni udienza 20/10/2000, pag.138), che una

grande disidratazione “modifica gli elettroliti“, ammettendo poi, in seguito a domanda del

giudice, che per portare a una emoconcentrazione la disidratazione deve essere notevole. Per

tale ragione anche il fatto che il teste Palumbo a dibattimento abbia parlato di “lieve

disidratazione” dell’atleta, circostanza richiamata in sede di arringa difensiva, non rileva

sotto il profilo in esame e cioè dell’effetto emoconcentrativo di tale disidratazione .

Si può dedurre infatti da tutto quanto sopra richiamato che la supposta disidratazione di

Pantani non avendo portato a una modifica degli elettroliti, e non essendo quindi

qualificabile dal punto di vista medico come importante, non può aver determinato o

concorso a determinare l’emoconcentrazione e quindi l’aumento dell’emocromo riscontrati

in Pantani in data 18/10/95.

Altra possibile causa o concausa dell’innalzamento abnorme dell’ematocrito riscontrato in

Pantani in data 18/10/95, presa in considerazione in modo estremamente approfondito dai

consulenti del Pubblico Ministero, è stata quella della permanenza in quota di Pantani.

Dal 23 settembre al 10 ottobre l’atleta è stato infatti in Columbia, a un altezza di mt. 2.525

sul livello del mare, ove si è allenato ed ha partecipato ai campionati del mondo

classificandosi terzo.

I consulenti del Pubblico Ministero hanno ricordato in proposito come la diminuzione della

pressione parziale dell’ossigeno che si determina in quota cagiona un fenomeno di ipossia

renale che stimola la liberazione di eritropoietina.

Page 24: Sentenza pantani

Mancando dati diretti, considerato che in Columbia o subito dopo tale permanenza non

erano stati fatti all’atleta controlli ematologici, i predetti consulenti hanno ricostruito in via

induttiva quali potessero essere gli effetti residuali della permanenza in altura in Pantani alla

data del 18/10/95.

Tale ricostruzione, riportata nella tabella 2.12, pag.34 dell’elaborato peritale, ha portato i

consulenti a calcolare un aumento di 3 punti di ematocrito e 0,7 punti di emoglobina sulla

base dell’applicazione agli ultimi valori ematologici rilevati in data antecedente al

18/10/1995, e cioè quelli misurati all’atleta il 6/6/95 (sui quali più sopra il giudicante si è

già soffermato e che, come già rilevato, sono comunque corrispondenti ai valori medi

dell’atleta dal 1995 al 1999), delle variazioni percentuali medie dovute alla permanenza in

altura riscontrate nelle ricerche sperimentali, in particolare quelle di Gore C et al 1998 e

Levine Bd et al 1997, scelte dai periti dell’accusa fra tutte le ricerche pubblicate sul tema in

sede internazionale in epoca relativamente recente come le sole utilizzabili per un raffronto

nel caso di specie, in quanto condotte in condizioni simili e quindi correttamente

paragonabili a quelle vissute da Pantani e cioè su atleti che avevano svolto per un periodo

di tempo di 3-4 settimane allenamento di fondo a una quota compresa tra i 2.200 e i 3000

metri. Il metodo con cui è stato operato tale calcolo è apparso al giudicante particolarmente

rigoroso dal punto di vista scientifico e quindi del tutto attendibile.

Le conclusioni cui sono giunti sul punto i consulenti del Pubblico Ministero sono per altro

rafforzate da quanto riferito a dibattimento dal teste Faina, il quale, confermando quanto già

dichiarato in sede di indagini preliminari, ha ricordato che, in base a uno studio

commissionato nel 1994 dalla FIC all’Istituto di scienza della sport e all’ospedale

Sant’Orsola di Bologna nel 1994, sugli adattamenti in quota compiuto su atleti allenatisi in

Equador a un altitudine di mt 2.900 per un periodo variante tra i 21 giorni e il mese, i valori

dell’ematocrito erano risultati aumentare nei primi 4-5 giorni di 3-4 punti in percentuale,

rimanendo poi stabili nei giorni successivi. Il teste, medico sportivo, ha anche precisato che

in base alla sua esperienza e per le sue conoscenze, nel giro di una settimana dal ritorno in

pianura l’ematocrito si riporta ai valori e alle condizioni ante quota.

Il teste Borchi, ex medico della nazionale ciclismo su strada, ha dichiarato che, da studi

letti, gli risultava che l’ematocrito di atleti allenatisi all’altezza di oltre 2000 metri

aumentava di circa 3-4 punti, senza riuscire però a precisare quali fossero i suoi parametri

di riferimento.

Page 25: Sentenza pantani

Sulla succitata ricostruzione dei consulenti del Pubblico Ministero nulla ha del resto

obiettato il prof. Tura, salvo poi dichiarare (vedi trascrizioni ud. 20/10/2000 pag. 57) che

l’ematocrito di Pantani alla data 18/10/95 era aumentato per la permanenza in altura da 45 a

49 punti. Il predetto consulente ha in merito asserito erroneamente che tale dato era quello

indicato dai consulenti del Pubblico Ministero (vedi esame Tura pag. 57 trascrizioni ud.

20/10/2000: ”Il Pantani nel settembre 1995 si reca in Columbia….in questo periodo ha

sicuramente uno stimolo della produzione dei globuli rossi e, quindi, sposta l’ematocrito da

45 a 49, che è quanto gli stessi periti mi concedono in questa ricostruzione”).

Tale errato riferimento alla consulenza dei prof. Benzi e Ceci è sembrato al giudicante

indice del fatto che l’analisi della stessa è stata fatta dai consulenti della difesa in modo non

adeguatamente approfondito, posto che i consulenti del Pubblico Ministero hanno più volte

ricordato, sia nell’elaborato scritto che nell’esame dibattimentale, che il ritorno in pianura

porta a una parziale normalizzazione del quadro ematologico, specificando letteralmente a

pag. 33 dell’elaborato peritale: ”Ciò porta criticamente a ritenere che nel periodo dal 10 al

18 ottobre 1995 Pantani abbia diminuito da 0,4 a 0,7 punti l’eventuale innalzamento

dell’emoglobina e da 1 a 2 punti percentuali l’eventuale incremento del valore

dell’ematocrito determinato dalla precedente permanenza in altura in Columbia”.

Tale considerazione, che ha determinato i consulenti del Pubblico Ministero a ritenere che

al 18/10/95 l’innalzamento dell’ematocrito di Pantani per permanenza in altura fosse

calcolabile non in 4 bensì in 3 punti (con consequenziale innalzamento dell’ematocrito

dell’atleta da 45 a 48), evidente-mente è sfuggita all’attenzione del prof. Tura.

I consulenti della difesa ritengono poi che possa aver contribuito ad alzare il livello di

ematocrito di Pantani da un lato il trauma con frattura esposta patita dallo stesso, dall’altro

le modalità, secondo i predetti consulenti non ottimali, con cui il prelievo del 18/10/95 è

stato praticato (considerazioni sintetizzate nei power point prodotti dal prof. Tura a

dibattimento, aff. 246/17 e 246/18 faldone 4).

Quanto al primo punto il ragionamento svolto è sostanzialmente il seguente: prova della

circostanza che Pantani era un soggetto emoconcentrato e non policitemico è data dal fatto

che il paziente non è stato sottoposto a salasso ma emodiluito, trattamento che secondo il

prof. Tura deve invece essere rigorosamente limitato ai soggetti emoconcentrati, giacchè la

diluizione operata con l’infusione praticata al paziente policitemico avrebbe durata del tutto

Page 26: Sentenza pantani

momentanea, poiché, dopo l’eliminazione del liquido infuso, tramite diuresi, il rapporto

plasma-globuli ritornerebbe quello di partenza .

Su tale punto, sul quale il predetto ematologo è stato categorico (vedi elaborato scritto

nonché trascrizioni pag. 63 ud. 20/10/2000, ove il consulente della difesa ha testualmente

affermato: ”…è impossibile che un medico, che ha una grossa responsabilità, che si trova in

un pronto soccorso, che si trova davanti a un policitemico che deve essere operato in tre ore,

non lo salassi, cioè non faccia o l’eritrocitoaferosi o non faccia il doppio o triplice salasso

che si può fare nel giro di quelle ore che sono state necessarie e che sono intercorse tra

l’osservazione e l’intervento chirurgico“) radicali smentite sono giunte non solo dai

consulenti del Pubblico Ministero ma anche dai dottori Vincenzo e Cartesegna, che hanno

cooperato tra loro nell’intervento chirurgico di Pantani rispettivamente come anestesista e

chirurgo-ortopedico, i quali hanno concordemente escluso l’opportunità di abbassare i valori

ematologici di Pantani con un salasso anziché, come fu fatto, con un emodiluizione,

trattandosi di un paziente sanguinante (vedi in particolare pag. 90 trascriz. ud 28/11/2000

l’anestesista dott. Vincenzo, la quale alla domanda del giudice: ”Per abbassare questi valori-

ematici, trattandosi di un paziente con frattura esposta, sarebbe stato indicato fare un

salasso?” ha testualmente risposto: ”No, perché nel paziente traumatizzato non esiste che si

faccia un salasso”).

Ulteriore argomentazione difensiva che è necessario analizzare è la seguente: posto che

Pantani dopo l’intervento, e precisamente alle ore 19.40, presentava un ematocrito di 42 %,

e che tale ematocrito ha continuato a scendere nei giorni successivi sino ad arrivare al livello

di 28 (dato di cui peraltro il prof. Tura, il quale ha presupposto che non vi fossero

emorragie in atto, non è riuscito a dare alcuna spiegazione), è da escludersi che Pantani

potesse essere, al momento del ricovero, policitemico, mentre bisogna concludere per il

fatto che l’atleta, causa disidratazione e plasmorragia da trauma, fosse emoconcentrato.

Solo quest’ultima ipotesi infatti, sempre secondo il consulente della difesa, sarebbe in grado

di spiegare il perché, finita l’infusione, il valore dell’ematocrito non si sia rialzato ai valori

iniziali. Riassumendo il predetto perito ha sostenuto che il 60 di ematocrito era non un

valore reale, ma, come ben sintetizzato dalla prof. Ceci, “l’effetto ottico di una

emoncentrazione“, ragion per cui, eliminata la componente emoconcentrazione e restituiti al

soggetto i liquidi normali, l’ematocrito, percentuale complessiva del volume dei globuli

rossi in una data quantità di sangue -vedi glossario aff. 244/ 254 pwer point prodotti da

Page 27: Sentenza pantani

Benzi e Ceci all’udienza 13/10/2000- è ritornato, tramite l’infusione di liquidi, a un valore

normale pari a 42.

In realtà il prof. Tura in questa sua ricostruzione, fondata sull’ipotesi di

un’emoconcentrazione cagionata congiuntamente dai fenomeni della disidratazione e della

plasmorraggia, da un lato non riesce a confutare validamente i ragionamenti fatti dai

consulenti del Pubblico Ministero circa la insussistenza di un fenomeno di importante

disidratazione, tale da comportare correlativa emoconcentrazione, dall’altro non riesce

nemmeno a provare l’ipotesi della cosiddetta plasmoraggia, e cioè fuoriuscita dai vasi di

solo plasma, posto che, come sottolineato dai consulenti del Pubblico Ministero (vedi

trascrizioni pag. 33 e ss. ud. 20/10/95) all’atto del ricovero il valore delle proteine nel

sangue di Pantani era normale, mentre la plasmorraggia comporta necessariamente una

caduta delle proteine plasmatiche.

Tale caduta non si è verificata né nel caso di Pantani né nel caso di Dall’Olio e Secchiari,

che furono ricoverati assieme all’imputato e subirono come lui traumi molto rilevanti (e

precisamente il primo la frattura scomposta pluriframmentaria del femore e il secondo

numerose fratture scomposte alla branca ileo e ischio pubica e all’acetabolo destro). I

suddetti traumi, pertanto, avrebbero dovuto comportare anch’essi, secondo la tesi di Tura,

una plasmorragia e una conseguente emoconcentrazione, esclusa invece dai valori

ematologici, risultati assolutamente nella norma, rilevati ai due atleti al momento del

ricovero (sul punto il prof. Tura, a specifica domanda del giudice, non è stato per altro in

grado di fornire alcun valido chiarimento, come si evince dalle trascriz. pag.204, ud.

20/10/2000).

La professoressa Ceci ha ulteriormente specificato (vedi trascrizioni ud. 20/10/2000 pag. 34)

quale sia la differenza tra emorragia e plasmorraggia, chiarendo che l’evento emorragico,

dovuto a rottura dei vasi, comporta perdita di tutte le componenti del sangue, mentre la

cosiddetta plasmorraggia comporta “la perdita selettiva di proteine e accompagna i

fenomeni che coinvolgono maggior-mente la permeabilità del vaso“ e si verificano in

seguito a un fatto infiammatorio o a un fatto contusivo. Tale concetto è stato ulteriormente

chiarito dal prof. Benzi nel seguente modo (vedi pag. 32 ud. 20/10/2000): ”Le proteine

escono in plasmorragia con l’alterazione dei capillari“. Il predetto consulente ha poi

precisato, rispetto al caso di specie: ”Nel post traumatico non c’è nessuna perdita di

proteine, il plasma rimane tutto lì“, mentre un abbassamento delle proteine si ha invece in

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seguito al secondo evento traumatico rappresentato appunto dall’intervento chirurgico per la

riduzione della doppia frattura esposta, il quale ha comportato sia perdita di liquido

plasmatico (con formazione di edema) che di sangue. Tale affermazione è effettivamente

confortata dalla documentazione medica acquisita in atti, posto che negli esami ematologici

fatti su prelievo delle ore 15.20, e cioè mezzora dopo il fermo corsa e prima di qualsiasi

provvedimento terapeutico effettuato al CTO, le proteine di Pantani sono pari a 7 g/dl,

rispetto a un range di normalità di 6,5 – 7,8 (vedi power point prodotti dai consulenti Benzi

e Ceci all’udienza 13/10/2000 aff. 244/324 faldone 4), mentre dal prelievo effettuato il

giorno successivo –vedi diario clinico 19/10/95 in atti– emerge un abbassamento delle

proteine a 4.9.

Il prof. Tura, in sede di confronto, non ha saputo validamente spiegare, a parere del giudice,

come si potesse conciliare l’ipotesi da lui fatta di importante plasmorragia conseguente al

trauma da incidente stradale (letteralmente il consulente a pag. 214 delle trascrizioni ud.

20/10/2000 ha così descritto il fenomeno “se non piace il termine plasmorragia, io uso

l’uscita di plasma e proteine dal letto ematico realizzando l’emoconcentrazione“) con il

range di normalità della proteine totali nel sangue di Pantani all’atto del ricovero, e cioè alle

ore 15.20. Rispetto alla succitata circostanza il consulente (vedi trascriz. pag. 141 ud.

20/10/2000), alla domanda del giudice: ”Come spiega che Pantani avesse 7 di proteine, cioè

delle proteine normali in presenza di plasmorragia ?” ha così risposto: ”Il plasma è uguale a

liquidi più proteine, se lei perde plasma perde anche le proteine“. Non si comprende per

altro come una rilevante perdita di una certa componente selettiva del sangue, quali le

proteine plasmatiche, possa conciliarsi con il fatto che i valori relativi a tale componente

rimangano nella norma.

I consulenti della difesa ritengono infine, come già ricordato, nella loro ricostruzione

alternativa a quella operata dai consulenti del Pubblico Ministero circa le cause

dell’abnorme valore di ematocrito riscontrato a Pantani all’atto del prelievo operato il

18/10/95 alle ore 15.20, che le modalità di prelievo siano state non ottimali e per tale

ragione si possa presumere un aumento fittizio di tale valore di due punti (vedi trascrizioni

pag. 60 ud 20/10/95, dove il prof. Tura ha dichiarato: ”Io non penso che nel prelievo per

l’ematocrito non ci sia stato l’errore del 2%”, nonchè power point prodotti dalla difesa

all’udienza 20/10/2000). Tale affermazione, pur sfumata rispetto a quella contenuta

nell’elaborato scritto consegnato dal prof. Tura in udienza dove si parla in proposito di

Page 29: Sentenza pantani

“variabile in grado di influenzare il valore dell’ematocrito dell’ordine di 3-4 punti“ appare

apodittica, assolutamente indimostrata alla luce delle risultanze probatorie acquisite.

Il teste Stagno, sentito a dibattimento, ha dichiarato infatti di aver effettuato personalmente

il prelievo all’atleta utilizzando il sistema Vacutainer, ed operando secondo protocollo.

L’infermiere ha anche precisato di aver utilizzato le provette colorate deputate a raccogliere

i campioni di sangue per l’esecuzione di tutti gli esami standard, compresi quelli

ematochimici. Dalle dichiarazioni rese dalla dott. Carla Florio (dirigente all’epoca e a

tuttoggi del laboratorio analisi del CTO di Torino), in fase di indagini preliminari e a

dibattimento, si evince, a conferma di quanto dichiarato dal teste Stagno, che l’ospedale

CTO si avvale e si avvaleva all’epoca sia per i pazienti ricoverati che per i pazienti esterni

del sistema Vacutainer, il quale presuppone, come precisato dalla dott. Florio, l’utilizzazione

di provette sotto vuoto con scadenza riportata su ognuna, tappo di sicurezza a colori

differenti a seconda dei test da eseguire (il sistema è quindi di per se stesso particolarmente

affidabile come affermato dal prof. Benzi all’udienza 13/10/2000 pag. 176 trascriz.). La

dott. Florio ha altresì riferito sul punto (vedi trascriz. pag. 14 ud. 17/11/2000): ”Le analisi

ematologiche vengono ripetute sistematicamente nel momento in cui il tecnico che le esegue

si trova di fronte a un valore patologico. Inoltre le macchine usate per il conteggio

automatico vengono controllate con un sangue apposta, detto di controllo standard, che ci

viene fornito dalla ditta …”, precisando ulteriormente: ”l’attenzione per gli esami eseguiti in

urgenza direi che è un pochino maggiore di quello che si fa in una routine, proprio perché è

l’urgenza stessa che lo richiede…”.

La teste ha infine dichiarato, su domanda del Pubblico Ministero, che i valori

dell’emoglobina e dei globuli rossi non variano a seconda che il paziente esegua l’esame a

stomaco pieno o vuoto, ed anche tale punto è significativo, posto che i dubbi sollevati dai

consulenti della difesa circa il corretto esito dell’analisi ematica apparivano motivati anche

dal fatto che il paziente alle ore 15.20 presumibilmente non era a stomaco vuoto.

E’ stata acquisita pertanto nel corso dell’istruttoria dibattimentale ampia rassicurazione

sulla qualità della metodologia con cui nel 1995 si eseguivano i prelievi e si effettuavano le

analisi del sangue presso il CTO di Torino, noto e accreditato ospedale, dotato di pronto

soccorso ortopedico grandi traumi e quindi particolarmente attrezzato a trattare urgenze

quali quella in esame (vedi sul punto deposizione Stagno).

Page 30: Sentenza pantani

Correttamente hanno poi osservato i consulenti del Pubblico Ministero che non vi è alcuna

ragione per ritenere eseguito non a regola d’arte un prelievo che ha dato come esito analitico

per Pantani un profilo ematologico alterato, evidenziando però al contempo valori

ematochimici perfettamente nella norma, poiché è logico pensare che se il prelievo non

fosse stato correttamente eseguito anche tali valori sarebbero risultati alterati.

Perfettamente nella norma sono risultati del resto anche tutti i valori ematologici di

Secchiari e Dall’Olio, parimenti gravemente traumatizzati come Pantani, ricoverati quasi

contestualmente all’imputato nello stesso ospedale, e quindi presumibilmente sottoposti a

un prelievo di sangue effettuato con analoghe modalità .

Sul punto la stessa dott. Fiorio in sede di dichiarazioni rese al Pubblico Ministero in data

22/12/99 ha testualmente affermato: ”Con riferimento agli esami ematologici e

ematochimici di Marco Pantani refertati alle ore 15.42 del 18/10/95 posso precisare che i

valori ematochimici riscontrati, rientrando nei limiti di normalità, garantiscono

verosimilmente una buona qualità del prelievo eseguito”.

Esaurito l’esame critico delle obiezioni mosse dai consulenti della difesa alle

argomentazioni svolte dai professori Benzi e Ceci per escludere possibili cause atte a

giustificare gli abnormi valori ematologici riscontrati a Pantani, alternative alla

somministrazione esogena di eritropoietina, debbono ora essere esaminate le conclusioni

cui sono pervenuti i consulenti del Pubblico Ministero .

Dopo aver escluso che i valori ematologici di Pantani, così come riscontrati il 18/10/95,

all’ingresso in ospedale del paziente, avessero avuto origine nelle cause succitate, dopo

aver cioè escluso patologie policitemiche, situazioni genetiche, condizioni di disidratazione,

condizioni derivanti da adattamento all’altura, i periti hanno concluso che la abnorme

situazione ematologica riscontrata a Pantani il 18/10/95 fosse dovuta a una stimolazione

farmacologica del midollo eritroide.

Tale giudizio è stato ulteriormente validato da ulteriori considerazioni medico

farmacologiche, fondate sulla comparazione dei dati ematologici dell’atleta così come

rilevati presso il CTO di Torino con i dati, , definenti il caratteristico profilo ematologico

dell’assuntore di eritropoietina, presentati da uno studio recente, condotto da Dine G. nel

1999 e pubblicato sulla rivista Hematologica di tale anno, compiuto su un numero

consistente di atleti che avevano confessato di aver assunto elevate dosi di eritropoietina.

Page 31: Sentenza pantani

I parametri da considerare secondo lo studio di Dine G. sono otto, nel cui ambito il variare

contestuale al di sopra di una soglia stabilita inerente contemporanea-mente almeno tre

degli stessi è indice di pregressa assunzione di eritropoietina.

Fondamentale viene ritenuto in tale ricerca il dato indicatore della ferritinemia.

Gli sportivi che prendono farmaci stimolanti l’eritropoiesi, infatti, hanno sempre, come

sopra già ricordato, una massiccia supplementazione di ferro sia allo scopo di eludere una

caduta dei valori della ferritinemia per incrementata formazione di emoglobina, sia per

evitare che i globuli rossi formatisi in seguito alla sollecitazione eritropoietica siano

ipocromici, abbiano cioè un ridotto contenuto di ferro al loro interno e quindi non svolgano

la funzione di trasporto di gas cui la loro produzione, esogenamente stimolata, è finalizzata.

La circostanza del necessario abbinamento epo-ferro, peraltro non contestata dai consulenti

della difesa, è stata approfonditamente analizzata dai consulenti del Pubblico Ministero. Gli

stessi, a riprova di quanto affermato, hanno prodotto la scheda tecnica dell’eritropoietina,

nella quale è scritto espressamente che l’inizio della terapia con eritropoietina può essere

fatto solo se i dati di ferro di deposito che già ha l’individuo sono sufficientemente buoni, e

comunque sempre somministrando ferro insieme all’eritropoietina (vedi sul punto scheda

tecnica in atti e dichiarazioni rese dalla dott. Ceci pag. 214 trascriz. ud 13/10/2000; il prof.

Benzi ha in proposito altresì sottolineato come anche nel lavoro sperimentale

sull’assunzione di Epo cui hanno fatto riferimento i consulenti della difesa, quello avente

come capofila Parisotto, la somministrazione, in via sperimentale, di eritropoietina, è

sempre stata associata alla somministrazione di ferro per via intramuscolare o orale -vedi

trascrizioni ud. 20/10/2000, pag. 185-).

Nell’ambito dei parametri ematici evidenziati da G. Dine, nello studio sopraindicato, come

indicatori di trattamento con epo, i consulenti del Pubblico Ministero ne hanno isolati ben

cinque contemporaneamente fuori norma, così come dimostrato dalle analisi ematiche fatte

a Pantani al momento del ricovero presso il CTO di Torino il 18/10/95 (per quanto concerne

il valore inerente la ferritinemia, lo stesso, in verità, è stato rilevato successivamente, nelle

analisi fatte in data 27/10/95, ma è comunque validamente utilizzabile come parametro non

trattandosi di valore suscettibile di improvvise significative oscillazioni nel breve periodo,

dato quest’ultimo su cui vi è accordo tra tutti i consulenti).

I cinque valori contemporaneamente fuori norma sono i globuli rossi a 6,69, di fronte a un

valore limite individuato di 5,5; il volume di distribuzione percentuale a 17,4, di fronte a un

Page 32: Sentenza pantani

valore limite di 15; l’emoglobina a 20,8, di fronte a un valore limite di 16,5; l’ematocrito a

60,1 di fronte a un valore limite di 47 e la ferritinemia a 1.500, di fronte a un valore limite

di 500 (vedi in particolare trascrizioni udienza 20/10/2000, pag. 191).

Quanto alla ferritinemia, ha rilevato la difesa in sede di arringa che tale valore non sarebbe

attendibile poiché la misurazione fu fatta al paziente dopo che, come si evince dalla terapia

effettuata durante il ricovero (vedi aff. 262/48 e ss. faldone 5, cartella clinica in originale in

atti), Pantani, nei giorni antecedenti alla misurazione del succitato valore, fu sottoposto a

somministrazione di ferro.

Questo dato non è a parere del giudicante significativo giacchè (vedi tabella 2.3 pag.18

elaborato peritale Benzi e Ceci), la ferritinemia di Pantani, come dimostrano i dati

emergenti dalle cartelle cliniche della F.C.I dal 95 al 99, si è sempre aggirata su una media

pari a 940, con un valore quindi quasi doppio al parametro limite di 500 indicato da G. Dine

nello studio sopraindicato.

In data 27/10/95 tale valore è comunque giunto addirittura, come visto, a 1500.

Evidentemente su tale ulteriore aumento, che ha portato la ferretinemia dell’atleta

addirittura “fuori scala”, ha inciso la somministrazione di ferro fatta in ospedale al

paziente, senza che fosse stato previamente accertato il bisogno di tale somministrazione.

Un importantissimo elemento a convalida dell’argomentare dei consulenti del Pubblico

Ministero è fornito poi dal seguente riscontro, più sopra già richiamato: in data 1/5/95, due

giorni prima l’inizio del giro d’Italia, Pantani durante un allenamento e ad appena 30 Km

dalla propria abitazione, precisamente in Santarcangelo, è stato vittima di un incidente

stradale.

In tale occasione, in assenza di qualsiasi possibile residuale effetto da permanenza in quota

o da disidratazione da sforzo, l’atleta, che era in fase di riscaldamento, ricoverato al Pronto

Soccorso dell’Ospedale di Rimini risultò avere (vedi sul punto documentazione medica in

atti) i seguenti valori ematologici: 57,6 di ematocrito, 6 milioni di globuli rossi, 18/,2 di

emoglobina (valori dunque simili a quelli riscontrati in Torino il 18/10/95 e simili anche a

quelli riscontrati all’atleta, come sopra già ricordato, il 5/6/99 in Madonna di Campiglio

durante il giro d’Italia del 1999, laddove la percentuale di ematocrito rilevata, pari al 52 %,

era parimenti fuori norma sia rispetto ai valori di ematocrito congeniti dell’atleta sia

rispetto alla soglia di pericolo individuata dai regolamenti medico sportivi).

Page 33: Sentenza pantani

Tale innalzamento dell’ematocrito accertato nel corso di una stagione agonistica è

certamente confermativo del fatto che l’origine di tale alterazione sia da addebitarsi al

ricorso ripetitivo a una stimolazione esogena con farmaci eritropoietinici, farmaci assunti

appunto in prossimità di importanti gare per incrementare, come ben spiegato dal

consulente prof. Benzi (vedi pag. 136 e ss. trascr. ud. 13/10/2000) la prestazione di fondo

dell’atleta tramite l’aumento di globuli rossi normocromici circolanti con consequenziale

incremento del trasporto di ossigeno ai muscoli, e traduzione da parte di questi ultimi della

tale maggior quantità di ossigeno circolante in aumento di energia.

Sul punto il consulente della difesa Tura (vedi trascrizioni ud. 20/10/2000), ha ribattuto

sostenendo che per identificare l’eritropoiesi stimolata si dovesse far capo ai parametri

indicati da Parisotto (vedi studio sopra richiamato), e cioè l’ematocrito, il valore dei

reticolociti, il dosaggio dell’eritropoietina, il dosaggio dell’emoglobina e il volume

corpuscolare medio, asserendo che, avendo i consulenti del Pubblico Ministero considerato

tra questi solo due parametri e cioè l’ematocrito e l’aumento dell’emoglobina, gli stessi non

erano giunti a conclusioni scientificamente attendibili.

Prescindendo dal dato dell’impossibilità per i consulenti del Pubblico Ministero di prendere

in esame dati non presenti nella documentazione medica acquisita in atti, come appunto i

reticolociti e il volume corpuscolare medio, appare al giudice decisivo elemento che

testimonia il rigore e la validità scientifica delle valutazioni peritale svolte dai consulenti

Benzi e Ceci, e quindi l’attendibilità delle conclusioni cui gli stessi sono giunti, la

circostanza che i predetti per comparare il profilo ematologico di Pantani abbiano scelto i

parametri, individuati da G. Dine e sopraindicati, emergenti dall’unico studio recente,

accreditato su una rivista internazionale prestigiosa, a tuttoggi compiuto su un campione di

atleti professionisti, in tutto, e cioè sia per condizioni psicofisiche che per presumibile

modalità temporale e quantità di assunzione di eritropietina, assimilabili a Pantani, atleti che

hanno confessato di aver a lungo assunto epo, “che si riempiono di ferro e

contemporaneamente di eritropoietina, per i quali paradossalmente diventa il ferro

l’indicatore” (vedi trascrizioni Benzi pag. 188 e 189 ud. 20/10/2000).

In questo senso i dati di ferritinemia di Pantani, più sopra già richiamati, con varie punte

oltre il valore mille e un valore medio di 940, rispetto a un valori normali che variano da 18

a 370 ng/ml, sono davvero impressionanti.

Page 34: Sentenza pantani

Dell’origine di tali valori di ferritinemia, per altro giudicati abnormi dallo stesso prof. Tura,

il predetto consulente della difesa non ha saputo fornire alcuna valida spiegazione

alternativa rispetto a quella individuata dai consulenti del Pubblico Ministero, così come

non ha saputo confutare efficacemente, a parere del giudice, la attendibilità scientifica dello

studio di G.Dine cui si sono richiamati i consulenti del Pubblico Ministero.

Quanto alla ferritinemia di Pantani Tura ha affermato testualmente (vedi pag. 128 trascr. ud.

20/10/2000): “Un individuo, chiamiamolo Marco Pantani in questo momento qui, anche due

o tre anni fa, ha assunto del ferro non perché stava pigliando Epo, ma perché c’è stato un

errore diagnostico, per una sua condizione ematologica, gli sono state fatte 20 fiale di ferro

in endovena e lui mantiene due grammi di ferro nei depositi con una ferritinemia di 1000”

-affermazione quest’ultima del tutto indimostrata e palesemente inconciliabile con

l’oscillazione e crescita negli anni della ferritinemia di Pantani – vedi il valore di 1163 del

28/10/99, il valore di 1133 del 30/6/99 rispetto al valore di 850 del 21/5/97-, nonché

incompatibile con il fatto che tale atleta era perennemente seguito da un nutrito staff

medico, il quale non avrebbe potuto compiere, reiteratamente, l’errore sopra ventilato dal

prof. Tura .

Quanto poi allo studio di Gerard Dine il suddetto perito ha dichiarato (vedi pag. 199 trascr.

ud. 20/10/2000) che non riteneva validi i parametri ivi indicati: ”Perché la fisiologia dice

che l’aumento della ferritina e l’aumento di globuli rossi non è quello che documenta una

eritropoiesi stimolata”, dimenticando così, che l’aumento della ferritinemia è stato

descritto dai suoi contraddittori oltre che dal succitato studioso G. Dine come conseguenza

non della somministrazione di epo ma della contestuale e inevitabile somministrazione di

ferro, che sempre accompagna il trattamento con eritropoietina.

La scelta dei consulenti della difesa di ritenere unici parametri scientifici indicativi di

assunzione di epo quelli indicati nello studio di Parisotto sopra richiamato e non quelli

indicati nello studio di G. Dine, appare in definitiva strumentale a una messa in discussione

a tutti i costi dell’attendibilità del lavoro dei consulenti del Pubblico Ministero, posto che

rispetto ai parametri indicati da Parisotto solo l’emoglobina e l’emocromo erano utilizzabili

da questi ultimi, non essendo stati gli altri valori, indicati nella ricerca succitata, rilevati

all’atleta al momento del ricovero.

A prescindere dal fatto che emoglobina e emocromo sono, ai fini dello accertamento di una

somministrazione esogena di epo, parametri comunque di estrema significatività,

Page 35: Sentenza pantani

soprattutto alla luce dell’esclusione di altre cause che abbiano cagionato l’abnorme

innalzamento di tali valori, vi è inoltre da rilevare che il campione studiato da Parisotto nel

caso di specie non era validamente utilizzabile dal punto di vista scientifico, come si evince

da quanto sostenuto dal Prof. Benzi a pag.186 delle trascriz. ud. 20/10/2000 (non contestato

per altro dai consulenti della difesa), giacchè il campione su cui Parisotto e i suoi colleghi

hanno compiuto la ricerca succitata è rappresentato da soggetti non atleti ai quali, per

periodi limitati, è stata somministrata una quantità di eritropoietina e di ferro modesta,

tant’è che all’esito della somministrazione i valori di ferritina dei soggetti sottoposti alla

somministrazione risulta pari a 120-130. Si tratta in sostanza di soggetti e valori

astralmente lontani dall’atleta Pantani e dai valori allo stesso riscontrati (si pensi solo al

fatto, più volte già ricordato, che la ferritina di Pantani si è aggirata negli anni 1995-1999

intorno ai 1000 nanogrammi per millilitro).

In conclusione il giudicante, dopo aver criticamente valutato le risultanze peritali dei

consulenti del Pubblico Ministero e le obiezioni alle stesse mosse dai consulenti della difesa

ritiene di dover prestare piena adesione alle conclusioni cui sono pervenuti i professori

Benzi e Ceci, ritenendole affidabili per il rigore logico argomentativo che le ha supportate,

per l’evidente approfondito studio che le ha precedute, perché infine non risulta in alcun

modo dimostrata, anche all’esito del confronto tra periti disposto dal giudice, l'idoneità delle

obiezioni mosse dai consulenti della difesa a mettere in discussione l’attendibilità scientifica

del ragionamento peritale accusatorio.

Vi è infine da rilevare, a riprova della fondatezza della valutazione più sopra espressa da

questo giudice, quanto segue: mentre l’ipotesi dei consulenti della difesa, e cioè quella di

un soggetto emoconcentrato reidratato, non affetto da eventi emorragici, non spiega in alcun

modo il decorso clinico di Pantani dal punto di vista ematologico, poiché se, come

sottolineato dalla prof. Ceci pag. 153 trascriz. ud. 20/10/2000, la correzione dell’ematocrito

fosse stata affidata solo alla diluizione una volta ritrovato il valore normale lo stesso

avrebbe dovuto permanere inalterato con il passare delle ore e dei giorni, fatto che invece

non si è verificato (in proposito, alla domanda del giudice: ”Secondo lei perché Pantani ha

avuto valori progressivamente calanti di emoglobina e di ematocrito a tal punto da porne in

pericolo la vita ?…”, il prof. Tura ha letteralmente risposto: ”Lei ha focalizzato bene solo

che non lo sappiamo mica …” - vedi trascrizioni pag. 78 ud. 20/10/2000), la ricostruzione

medica fatta dai prof. Benzi e Ceci offre invece una spiegazione coerente ed esaustiva di

Page 36: Sentenza pantani

tutto il decorso clinico del paziente, dal momento del ricovero alla sua dimissione. La stessa

si può così riassumere: Pantani è un soggetto politraumatizzato che presenta all’ingresso

una moderata emorragia, che è poi proseguita per tutta la durata del decorso clinico,

svuotando piano piano le sue riserve (così prof. Ceci pag. 153 trascr. ud. 20/10/2000) e

portando così a valori ematologici francamente patologici. Tale ricostruzione è stata

esplicitata in sede di controesame dei predetti periti e di confronto tra gli stessi e i

consulenti della difesa, all’udienza 20/10/2000, giacchè nella prima udienza, svoltasi il

13/10/2000, i professori Benzi e Ceci si sono limitati a ad esporre analiticamente la

risposta da loro stessi fornita ai quesiti posti dal Pubblico Ministero delle indagini

preliminari, i quali non comprende-vano una valutazione del decorso clinico del paziente.

Le considerazioni esposte dai consulenti del Pubblico Ministero sul punto trovano conforto

nelle risultanze probatorie, testimoniali e documentali.

Una emorraggia del paziente è stata infatti ipotizzata anche dal prof. Potema (vedi

dichiarazioni rese dal predetto in sede di indagini preliminari in data 15/9/99, acquisite in

atti all’aff. 27/1 faldone 1), il quale, in una data compresa tra il 25 e il 28 ottobre, su

richiesta del medico sportivo Grazzi, visitò Pantani presso il CTO ove l’atleta era

ricoverato e parlò con il primario Cartesegna. Quest’ultimo, a suo dire, “gli descrisse il

caso ed espresse il concetto che si potesse trattare di una anemia post emorragica”. Potema,

per altro, ha affermato nelle sommarie informazioni sopra richiamate, in relazione alla

brusca caduta dei valori emoglobinici di Pantani: ”Una tale caduta non poteva essere

giustificata se non da un fatto emorragico importante e ciò era testimoniato anche dal valore

del volume globulare...".

Anche la dott. Fiorio ha espresso il suo parere sul punto dichiarando a dibattimento: ”Dopo

l’intervento -Pantani- aveva perso evidentemente del sangue e si era anemizzato. Questo è

quello che ricordo come la cosa più eclatante …ho visto la cartella…suppongo che avesse

perso del sangue perché uno, in un intervento chirurgico di quella portata, di sicuro doveva

secondo me, con quei valori, aver avuto una sorta di emorragia “ (vedi trascr. pag. 13 e 15

ud. 17/11/2000).

Ancor più precisi sono stati in proposito il dott. Cacaci, ortopedico che assieme al primario

Cartesegna operò Pantani e l’anestesista Vincenzo, i quali all’udienza 28/11/00 hanno

dichiarato che Pantani presentava un sanguinamento del canale midollare dell’osso

fratturato non violento ma continuo, tale da portare nel tempo, attraverso un perdurante

Page 37: Sentenza pantani

stillicidio, a problemi di anemizzazione (vedi rispettivamente Cacaci trascriz. pag. 77 e

Vincenzo trascriz. pag 91). E’ appunto quella “perdita di sangue … che piano piano svuota

le riserve di Pantani“ di cui ha parlato a dibattimento la prof. Ceci - vedi trascriz. pag. 153

ud. 20/10/2000.

I fenomeni emorragici che colpiscono Pantani nel corso del suo ricovero presso il CTO di

Torino sono del resto riscontrabili nei dati obiettivi emergenti dalla lettura della cartella

clinica in atti.

Nella diagnosi di ingresso si parla, infatti, come già sottolineato, “ di ematoma -formato

appunto da sangue, come precisato dalla prof. Ceci a pag. 36 trascr. ud. 20/10/2000- post

traumatico coscia sinistra”. Nella risonanza magnetica alla coscia sinistra del 20/10/95 si

legge: ”Il muscolo quadricipite appare vistosamente tumefatto con evidenza di un esteso

focolaio contusivo del vasto intermedio ove si riconoscono imponente edema e soffusione

emorragica, quest’ultima apparentemente organizzata in un piccolo ematoma al terzo medio

prossimale… focolai contusivi, anche se di entità assai meno cospicua, sono inoltre

riconoscibili a carico dei muscoli, rispettivamente vasto laterale e vasto mediale, nonché dei

muscoli aduttore lungo e sartorio…”. Il 21/10/95 in consulenza anestesiologica è annotato:

”anemizzazione progressiva in paziente con ematoma -quindi con manifestazione

emorragica- coscia sinistra e concomitanza di terapia anticoaugulante e antiflogistica in

corso“. Nella consulenza ematologica del 26/10/95 si legge invece: “Importante anemia

normocromica dopo trauma alla tibia e perone. Il quadro è compatibile con anemia post-

emorragica o lisi eritrocitaria”. Nel referto della risonanza magnetica al bacino e coscia

sinistra del 30/10/95 è scritto infine: ”Persiste l’edema congestizio…al controllo odierno

risulta meglio delimitabile un voluminoso ematoma con estensione cranio caudale di circa

20 cm situato cranialmente tra il muscolo retto anteriore e il vasto intermedio…”.

Questa emorragia, inizialmente definita dal prof. Benzi “moderata “, si è quindi protratta

per molti giorni portando alla progressiva anemizzazione del paziente.

La prof. Ceci giudica però tale anemizzazione emorragica eccessiva rispetto all’entità della

situazione traumatica (e tale giudizio pare essere condiviso anche dal prof. Cartesegna, che,

evidentemente preoccupato, richiede una consulenza ematologica, e dal prof. Palumbo, che

nella consulenza ematologica espletata in data 26/10/95 parla, come già ricordato, di

“importante anemia normocromica “). I consulenti del Pubblico Ministero ipotizzano

quindi tra le cause di un anemia così rilevante una difficoltà del midollo di Pantani a

Page 38: Sentenza pantani

riprendersi, proprio a causa dell’uso prolungato di eritropoietina (la prof. Ceci parla in

proposito, vedi pag. 212 trascriz. ud. 13/10/2000 e pag. 159 ud. 20/10/2000, di “dipendenza

dall’eritropoietina” e di “midollo meno responsivo“).

Sul punto anemizzazione all’udienza 11/12/00 il teste Palumbo ha precisato: “Ci sono tre

cause di anemizzazione, si è anemici perché il midollo osseo non produce, si è anemici

perché si perde sangue da qualche parte, si è anemici perché i globuli rossi vengono distrutti

dentro il ciclo vascolare”, aggiungendo poi che quest’ultima ipotesi gli sembrava

impossibile essendo rimasto inalterato il quadro della coaugulazione, dato quest’ultimo

incompatibile con la lisi eritrocitaria.

In merito a questa minor responsività del midollo nell’abituale assuntore di eritropoietina il

prof. Benzi (vedi trascr. pag. 160, ud. 20/10/2000) ha richiamato le osservazioni svolte sul

punto nel numero 6 dell’anno 2000 della rivista internazionale Hematologica dal Prof.

Cazzolla, riportandole testualmente, tramite contestuale traduzione orale dall’inglese, come

segue: ”Preliminari osservazioni suggeriscono che l’abuso di eritropoietina ricombinante

possa determinare il rischio di una deficienza dopo il trattamento, cioè sospendendo il

trattamento, nella produzione dell’eritropoietina endogena, inducendo una anemia di grado

elevato. In particolare questi individui sarebbero non abili a sviluppare una adeguata

risposta eritropoietica alle condizioni di stress. Più in generale noi non conosciamo gli

effetti del trattamento a lungo termine con l’eritropoietina ricombinante, ma osservazioni

suggeriscono che questi corrono il rischio di sviluppare disordini mieloproliferativi”.

Le considerazioni scientifiche svolte dai consulenti del Pubblico Ministero sulle

conseguenze provocate dall’uso prolungato e massiccio di eritropoietina, pur affacciantesi

su una materia ancora oggetto di studi sperimentali, sono parse al giudicante particolarmente

documentate e degne pertanto di credito. Le stesse sono per altro suffragate anche dalle

dichiarazioni formulate in merito, in fase di indagini preliminari, dal prof. Cartesegna (vedi

sit 16/6/99 aff. 38/1 faldone 2), il quale in tale sede ha testualmente affermato: ”Ad un certo

punto, tra le ipotesi che mi si presentarono alla mente, per comprendere la causa dei valori

ematici, ci fu quella che il paziente potesse aver utilizzato stimolatori dell’eritropoiesi. Mi

feci la predetta ipotesi per il fatto notorio che la sospensione di un trattamento continuativo

con i citati stimolatori può determinare fenomeni inibitori di feed back. Tanto che posi una

precisa domanda, ripetutamente, ai due medici sociali, nel senso che chiesi loro di dirmi se

il paziente avesse fatto uso dei predetti stimolatori …ma in proposito i due medici sociali

Page 39: Sentenza pantani

non mi diedero alcuna risposta, tergiversarono, non mi dissero né sì né no…”. A

dibattimento (vedi ud. 28/11/2000 pag. 112 trascriz.) il teste ha ribadito tale concetto

specificando che il dubbio di pregressi trattamenti del paziente con stimolatori

dell’eritropoiesi gli è sorto “…verso la fine, quando non riuscivamo a comprendere come

mai questo paziente, a differenza di altri suoi coetanei e di pazienti simili a lui come tipo di

patologia, come mai non riprendeva la salita ematologica che normalmente osserviamo in

questi pazienti“.

Significativamente nello stesso allegato A al regolamento del controllo antidoping della

Federazione Ciclistica Italiana 1995, riportante “la lista delle categorie di sostanze e metodi

doping”, dell’eritropoietina viene data la seguente definizione (vedi in atti aff. 10/53

fascicolo 1): “Si tratta di un ormone glicoproteico prodotto dai reni che regola,

apparentemente con un meccanismo a feed back negativo, la velocità di produzione dei

globuli rossi”.

Lo stesso prof. Tura (vedi trascriz. pag. 80 ud. 20/10/2000) ha per altro ammesso che una

assunzione cronica del medesimo prodotto porta a un riposo dell’organo produttivo,

negando però che tale fenomeno fosse riscontrabile nel caso di specie nel paziente Pantani,

sul presupposto che in data 25/10/95 all’atleta (singolarmente 4 ore prima di infondergli la

sacca di sangue) è stata misurata l’eritropoietina che ha dato un valore molto alto, pari a 86,

il quale quindi testimonierebbe la perfetta funzionalità del midollo eritroide (così pag. 76 ud.

20/10/2000).

La prof. Ceci ha commentato il succitato valore (vedi trascriz. 203 ud. 13/10/2000) nel

seguente modo: ”se io dovessi andare a guardare la griglia di cui ho parlato prima –il

riferimento è alla scala elaborata dal ricercatore francese Dine G sopra richiamata– questo

valore di 86 rappresenterebbe un ulteriore dato da mettere nel profilo biologico che viene da

questi colleghi francesi considerato come espressione di uno stimolo eritropoietico”,

ricordando in proposito come il range di normalità dell’eritropoietina per atleti sani sia da

6 a 16.

La circostanza poi che il valore di 86 di eritropoietina, così come rilevato a Pantani il

25/10/95, fosse concomitante con un ematocrito di 15,9%, un emoglobina pari a 5,8 e

globuli rossi pari a 4,7 ha fatto ipotizzare ai consulenti del Pubblico Ministero che

l’eritropoietina possa essere stata reintrodotta al paziente dall’esterno (vedi prof. Ceci pag.

213 ud. 13/10/95). La prof. Ceci ha chiarito tale ipotesi (vedi pag. 157 ud. 20/10/2000) nel

Page 40: Sentenza pantani

modo che segue: ”Pantani verso la fine della sua degenza comincia a stare meglio, meglio

più di quanto ci si aspetterebbe dopo aver infuso due sacche di sangue, e questa ripresa è

accompagnata da un aumento di reticolociti -trattasi come spiegato dalla prof. Ceci nel

prosieguo dell’esposizione, dei globuli rossi più immaturi- che in precedenza erano 1,5% e

nel secondo controllo sono 4,5% e da un valore di eritropoietina dosata pari a 86. Qui le

strade sono entrambe aperte: o c’è finalmente una ripresa del midollo, tardiva rispetto a tutto

quello che è successo nei giorni precedenti o… si può anche immaginare che -Pantani-

abbia ripreso una stimolazione con eritropoietina e che quindi lo aiuta a uscire fuori dal

tunnel”.

Quest’ultima ipotesi, sottoposta dai consulenti all’attenzione del giudice in modo molto

prudente non risultando documentata in cartella, è stata fatta propria anche dal Primario

Cartesegna, il quale, all’udienza 28/11/00, alla domanda del giudice: ”Questo atteggiamento

dei medici di Pantani e dello stesso Pantani –il riferimento era una mancata preoccupazione

dei predetti soggetti rispetto alla grave caduta ematologica del paziente, atteggiamento che

aveva lasciato molto perplesso Cartesegna, così come da lui stesso riferito in sede di

indagini preliminari– congiunto con questa immediata risalita dei valori ematologici

successivamente alla trasfusione del 25/10/95, congiunto altresì al fatto che alle 8 di mattina

del 25/10/95 Pantani aveva 86 di eritropoietina, mentre i valori normali sono più bassi:

questi vari elementi che le ho ricordato le fanno ritenere ipotizzabile che a sua insaputa,

dentro l’ospedale CTO di Torino, qualcuno, non dico del suo staff, abbia somministrato

dell’eritropoietina a Pantani?” ha testualmente risposto: ”Mi spiace ammetterlo ma sì. Mi

spiace ammetterlo perché è avvenuto all’insaputa, ma sì”, precisando poi ulteriormente che

quella sopraindicata era una ipotesi alla quale aveva pensato anche autonomamente.

I dati sopra richiamati vanno letti a parere del giudicante alla luce di singolari eventi di

contorno: primo il fatto che l’eritropoietina è stata misurata alle ore 8 del mattino del

25/10/95, e cioè 4 ore circa prima di infondere al paziente la prima sacca di sangue e un

giorno prima di richiedere la consulenza ematologica -mentre sarebbe stato effettivamente

più logico anteporre la consulenza alla trasfusione-, secondo che lo stesso Primario non è

stato in grado di riferire a dibattimento chi potesse aver suggerito l’effettuazione di tale

esame (esame che il dott. Cartesegna ha peraltro dichiarato di non aver mai visto in vita sua

prima di quel momento), terzo che l’ematologo Palumbo all’udienza 11/12/2000 ha riferito

di essere stato lui a suggerire a Cartesegna di sottoporre Pantani alla misurazione

Page 41: Sentenza pantani

dell’eritropoietina, salvo cadere poi in contraddizione su quando e perché prescrisse tale

esame -vedi trascrizioni ud. succitata pag. 40 e 41-.

Alla luce della prova logica sin qui esposta ritiene il giudicante che sia altamente probabile

il fatto che Pantani sia stato clandestinamente sottoposto a somministrazione di

eritropoietina in Ospedale, a causa della intensa anemizzazione che lo affliggeva. Tale fatto

è di indiscutibile gravità e determina l’obbligatoria trasmissione degli atti alla Procura della

Repubblica di Torino per il reato di cui all’art. 445 cp a carico di persona da identificare,

ravvisabile nella condotta di somministrazione di eritropoietina procurata in modo

illegittimo e iniettata al paziente in assenza di specifica prescrizione medica.

Tale farmaco è infatti sottratto per legge al libero circuito di vendita, normativamente

sottoposto all’obbligo di ricetta medica specialistica fatta da un ematologo, un nefrologo o

un pediatra e l’ impiego dello stesso in un nosocomio deve essere obbligatoriamente

annotato in un apposito registro dell’AUSL ospedaliera (vedi sul punto dichiarazioni dott.

Ceci ud. 13/10/2000 pag 187).

Considerato tutto quanto fin qui esposto nella motivazione il delitto contestato in

imputazione deve ritenersi provato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo, posto che è

stata raggiunta a parere del giudicante la piena prova del fatto che l’imputato si sia

consapevolmente (e non potrebbe che essere così attesa la maturità sportiva ed umana

dell’atleta e le modalità, esclusivamente per via endovenosa, di assunzione del farmaco, che

quindi non può essere stato ragionevolmente somministrato a Pantani a sua insaputa),

sottoposto a trattamento esogeno con eritropoietina in funzione della propria partecipazione

a competizioni sportive, in particolare alla gara ciclistica Milano-Torino del 18/10/95,

compiendo in tal modo atti fraudolenti a fine di raggiungere, attraverso il miglioramento

della prestazione agonistica così artificialmente determinato, un risultato diverso da quello

conseguente al leale e corretto svolgimento della competizione.

Né può inficiare tale prova il fatto che l’atleta, tramite la missiva prodotta all’ultima

udienza, si sia protestato innocente, atteso che, come per tutti gli imputati, una

affermazione di non colpevolezza proveniente da colui che è sottoposto a un processo

penale non ha valore probatorio se non supportata da riscontri concreti. Né certamente si

possono ritenere tali i numerosi controlli antidoping al quale l’atleta è risultato negativo,

come dallo stesso ricordato nel suo scritto.

Page 42: Sentenza pantani

Vale la pena di ricordare in proposito le drammatiche dichiarazioni rese al Pubblico

Ministero delle indagini preliminari il 22/12/99 da Voet Willy Lodewijk Elisabeth,

massaggiatore in più squadre di ciclisti professionisti sin dal dal 1972, autore del libro

“Massacro alla catena, tutto il male del doping”, il quale ha sul punto testualmente riferito:

“Il controllo dell’UCI sul sangue viene fatto al mattino prima della gara e di questo

controllo viene dato avviso al direttore sportivo della squadra circa un’ora prima della sua

esecuzione. In questo caso se il corridore, cui sarebbe stato fatto il prelievo di sangue, aveva

un ematocrito troppo alto, allora provvedevamo subito a somministrargli una soluzione

fisiologica, al fine di abbassare rapidamente il livello di ematocrito. La somministrazione

della soluzione fisiologica avveniva per via endovenosa, durava circa 20 minuti ed era

normalmente di un litro ma poteva arrivare anche a due litri se l’ematocrito fosse stato di

circa 55/56 punti” (vedi in atti aff. 47/2, faldone 2).

Né è senza significato, sempre in tema di efficacia dei controlli antidoping, quanto riportato

nel più volte citato provvedimento di archiviazione 23/6/99 del procedimento di indagine n.

84/99 Procura antoidoping del CONI, dove si legge testualmente (vedi in atti aff. 8/8

faldone 1): “Il medesimo medico –Rempi- dichiarava tuttavia di essere a conoscenza del

fatto che Pantani era solito controllarsi da solo il livello dell’ematocrito come altri 4 atleti

della Mercatone Uno per il tramite di una apparecchiatura denominata “centrifuga” e di

prestare affidamento sui risultati di tale controllo”.

Considerato quanto sopra è legittimo dunque nutrire, sull’efficacia di quei “controlli

antidoping previsti dai regolamenti sportivi”, menzionati da Pantani nella succitata missiva

11/12/2000, qualche ragionevole dubbio.

Ad abbundantiam, circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto in esame,

sottolinea il giudicante che la convenzione europea contro il doping, sottoscritta a

Strasburgo il 16/11/89, elenca in allegato tra le sostanze vietate gli ormoni peptidici ed

affini (nella cui categoria è ricompreso anche l’ormone dell’eritropietina) nonché tra i

metodi di doping vietati l’autoemotrasfusione (come chiarito dal prof. Benzi all’udienza

13/10/2000, pag. 137 e ss, tale metodo ha preceduto storicamente quello della

somministrazione esogena di eritropoietina, ed è ugualmente finalizzato, tramite iniezione

nel corpo di atleti di sangue preso da sacche, a far circolare più globuli rossi e in tal modo

ad aumentare la disponibilità di ossigeno per gli elementi muscolari che trasudano energia e

cioè i mitocondri, con consequenziale aumento della erogazione del processo aerobico e

Page 43: Sentenza pantani

quindi incremento della prestazione di fondo). Tale convenzione, fondamentale per il mondo

dello sport europeo e il cui contenuto è corretto pertanto presupporre fosse conosciuto da

tutti i campioni che, come Pantani, a tale livello gareggiavano, è stata poi ratificata dallo

Stato Italiano con la legge 29/11/95 n. 522.

Certamente comunque era noto all’atleta il regolamento antidoping della Federazione

Ciclistica Italiana del 1995 (acquisito in copia in atti aff. 10/30 e ss faldone 1 e più sopra già

richiamato), che indica nella lista delle categorie di sostanze e metodi doping (vedi allegato

A del predetto regolamento), approvata dal comitato direttivo dell’UCI il 18/8/94, e in

vigore dal 1/11/94, tra i metodi dopanti il doping ematico e tra le sostanze vietate gli ormoni

peptidici. Con il titolo “esempi e specificazioni”, al punto D del predetto allegato, sotto la

voce “ormoni peptidici” ed analoghi, è appunto indicata l’eritropietina (epo).

Per quanto concerne infine la “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della

lotta contro il doping”, più volte già ricordata e non ancora pubblicata, va ricordato che

anche se il predetto testo normativo fosse già entrato in vigore, andrebbe in ogni caso

applicato, ai sensi dell’art. 2/3 cp, il testo normativo le cui disposizioni sono più favorevoli

al reo tra la legge vigente al tempo del commesso reato e quella posteriore, nel caso di

specie quindi certamente la disposizione di cui all’art. 1 L.401/89.

Se la succitata disciplina fosse già stata promulgata al momento della pronuncia del

dispositivo di questa sentenza, il giudicante avrebbe dovuto infatti operare la comparazione

prevista dall’art. 2 cp, giacchè la “Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e

della lotta contro il doping“ è finalizzata alla protezione di due beni giuridici

precedentemente tutelati da due differenti normative, e precisamente la salute dell’atleta,

oggetto giuridico della L. 1099/71 e la correttezza nello svolgimento di competizioni

agonistiche, oggetto giuridico della L. 401/89, ed ha, a parere di questo giudice, abrogato

in parte (e cioè in relazione ai fenomeni di doping, autogeno e non, finalizzato

all’alterazione del risultato della gara) l’art.1 L.401/89, e ciò ai sensi dell’art. 15 delle

preleggi, regolando la nuova normativa, sul punto, materia già regolata da legge anteriore.

Attesa la statura dell’atleta in oggetto, indiscusso campione del ciclismo professionistico,

nazionale e internazionale, e quindi l’entità dell’offesa arrecata al bene giuridico protetto, e

cioè la correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche, molto maggiore rispetto

alla potenziale offesa arrecabile da atleti dilettanti o comunque, anche nell’ambito del

professionismo, da atleti che non abbiano uno standard di prestazione e notorietà quale

Page 44: Sentenza pantani

quello vantato da Marco Pantani, si stima equo irrogare all’imputato, previa concessione, in

considerazione dell’incensuratezza dello stesso, delle attenuanti generiche, una pena non

attestata sui minimi di legge, pari a mesi tre di reclusione e £.1.200.000 di multa (pena base

mesi quattro e £.1.500.000, diminuita come sopra per le attenuanti generiche).

Vista l’assenza di precedenti penali dell’imputato è possibile formulare una prognosi

favorevole di non recidiva e concedere a Marco Pantani i doppi benefici .

La condanna alle spese segue come per legge.

Vanno altresì comminate all’imputato ai sensi del disposto dell’ art. 5 L.401/89 le pene

accessorie del divieto di accedere a luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche nonchè

dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle società sportive, la cui durata si stima

equo contenere, per entrambe le summenzionate pene accessorie, nei limiti di legge , in

ragione dell’incensuratezza dell’imputato .

Atto dovuto è per questo giudice, in seguito alla richiesta formulata dal Pubblico Ministero

in sede di requisitoria, la trasmissione di copia degli atti alla Procura Tribunale per le

valutazioni di competenza in ordine alle dichiarazioni rese in sede di esame dibattimentale

dai testimoni Cartesegna e Palumbo.

P.Q.M.

Visto l’art.533,535 cpp dichiara l’imputato colpevole del reato a lui ascritto e concesse le

attenuanti generiche lo condanna alla pena di tre mesi di reclusione e £.1.200.000 di multa,

oltre al pagamento delle spese processuali .

Visto l’art. 5 L.401/89 commina altresì all’imputato le pene accessorie del divieto di

accedere ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche nonché dell’interdizione

temporanea dagli uffici direttivi delle società sportive entrambe per la durata di mesi 6.

Commina all’imputato le pene accessorie rispettivamente del divieto di accedere a luoghi

ove si svolgano competizioni agonistiche e dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi

di società sportive entrambe per la durata di mesi sei.

Pena sospesa e non menzione.

Dispone la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale

di Torino per i reati rispettivamente di cui agli artt. 476 cp e 445 cp, entrambi a carico di

persone allo stato da identificare.

Page 45: Sentenza pantani

Dispone la trasmissione di copia degli atti alla Procura Tribunale sede per le valutazioni di

competenza in ordine alle dichiarazioni rese a dibattimento dai testi Cartesegna e Palumbo

come richiesto dal Pubblico Ministero.

Forlì 11/12/00 Il Giudice