Sentenza n. 19331/2015 pubbl. il 29/09/2015 RG n. 3711/2013 … · 2016-06-17 · sentenza su...

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1 SENT RGAC CRON REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Roma Sezione Specializzata Tribunale delle Imprese Terza - Sezione Civile, composto da dott. Francesco Mannino Presidente dott. Stefano Cardinali Giudice dott. Francesco Remo Scerrato Giudice relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, iscritta al n° 3711, Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell’anno 2013, trattenuta in decisione all’udienza del 23 febbraio 2015 e vertente TRA FALLIMENTO PULITES SRL (Fall. n° 170/05), in persona del curatore, elettivamente domiciliato a Roma, via Cola di Rienzo n° 28, presso lo studio dell’avv.to Federico Monni, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce all’atto di citazione, ATTORE E SORAGNI Enrico, elettivamente domiciliato a Roma, viale Angelico n° 12, presso lo studio dell’avv.to Tommaso Marvasi e dell’avv.to Irene Badaracco, che lo rappresentano e difendono, anche disgiuntamente, in forza di procura speciale a margine della comparsa di risposta, Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848 - Firmato Da: MANNINO FRANCESCO SAVER Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: b5 Sentenza n. 19331/2015 pubbl. il 29/09/2015 RG n. 3711/2013 Repert. n. 18639/2015 del 29/09/2015 http://bit.ly/1tu7rSM

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N° SENT

N° RGAC

N° CRON

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Roma – Sezione Specializzata Tribunale delle Imprese Terza -

Sezione Civile, composto da

dott. Francesco Mannino Presidente

dott. Stefano Cardinali Giudice

dott. Francesco Remo Scerrato Giudice relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado, iscritta al n° 3711, Ruolo Generale per gli affari

contenziosi dell’anno 2013, trattenuta in decisione all’udienza del 23 febbraio 2015 e

vertente

TRA

FALLIMENTO PULITES SRL (Fall. n° 170/05), in persona del curatore,

elettivamente domiciliato a Roma, via Cola di Rienzo n° 28, presso lo studio

dell’avv.to Federico Monni, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale

in calce all’atto di citazione,

ATTORE

E

SORAGNI Enrico, elettivamente domiciliato a Roma, viale Angelico n° 12, presso lo

studio dell’avv.to Tommaso Marvasi e dell’avv.to Irene Badaracco, che lo

rappresentano e difendono, anche disgiuntamente, in forza di procura speciale a

margine della comparsa di risposta,

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E

SCHIRRIPA Antonella, elettivamente domiciliata a Roma, viale delle Milizie n° 34,

presso lo studio dell’avv.to Rocco Agostino, da cui è rappresentata e difesa in forza di

procura speciale a margine della comparsa di risposta,

CONVENUTI

OGGETTO: risarcimento danni.

CONCLUSIONI:

per parte attrice (atto di citazione): “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, ogni

avversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, condannare: A) Soragni Enrico al

risarcimento dei danni causati alla Pulites s.r.l. ed ai suoi creditori sociali, in misura

corrispondente al valore delle somme distratte ed al valore dell’azienda sottratta, pari

a complessivi 810.422,68 euro, per i motivi tutti di cui in narrativa del presente atto, o

in quella diversa -maggiore o minore- che dovesse essere accertata in corso di causa.

In caso di contestazione o comunque di impossibilità di esatta quantificazione del

danno nella misura di cui sopra, nella diversa misura pari alla differenza fra attivo e

passivo fallimentare così come risultante dalle relazioni del Curatore fallimentare,

ovvero euro 1.238.013,03 (1.288.756,85 – 50.743,82); in estremo subordine nella

misura ritenuta di giustizia ex art.1226 c.c.; B) Schirripa Antonella al risarcimento di

tutti i danni causati alla Pulites s.r.l. come sopra determinati, in solido con Soragni

Enrico, ex art.2055 c.c., per i motivi di cui in narrativa del presente atto. In entrambi i

casi (A e B) oltre rivalutazione monetaria dalla data di effettuazione delle singole

condotte determinanti il danno ed interessi compensativi, quale lucro cessante, con la

medesima decorrenza, per la ritardata reintegrazione patrimoniale. Con vittoria delle

spese di lite oltre accessori”;

per il convenuto Soragni (memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c.): “Voglia l’Ill.mo

Tribunale di Roma, contrariis reiectis, rigettare tutte le domande proposte dal

Fallimento della Pulites S.r.l. nei confronti del Sig. Enrico Soragni, in quanto

improcedibili, inammissibili e, comunque, del tutto infondate e dichiarando prescritto

il risarcimento del danno. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio,

compreso I.V.A., C.P.A. e rimborso forfettario come per legge”;

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per la convenuta Schirripa (memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c.): “Voglia l’Ill.mo

Tribunale di Roma, contrariis reiectis, rigettare tutte le domande proposte dal

Fallimento della Pulites S.r.l. nei confronti della sig.ra Antonella Schirripa, perché

prescritte, inammissibili e, comunque, infondate in fatto e in dritto. Con vittoria di

spese, competenze ed onorari di giudizio”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, ritualmente notificato ai convenuti Soragni Enrico e

Schirripa Antonella, l’attore Fallimento Pulites Srl (Fall, n° 170/05), premesso che la

società era stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Roma del 16 febbraio

2005, allegava che, in base agli accertamenti svolti dalla curatela fallimentare e dalla

locale Procura della Repubblica, era stato richiesto il rinvio a giudizio dei convenuti

per i reati di cui agli articoli 110 c.p., 216 primo comma n.1 e 2 l.f.., 216 terzo comma

l.f. e 219 l.f., perché in concorso tra loro, il Soragni quale amministratore unico della

Pulites Srl dichiarata fallita dal Tribunale di Roma, la Schirripa quale amministratore

della Ecologia & Ambiente Srl: A) aveva distratto somme pari a 727.373,68 euro,

destinate in parte al pagamento preferenziale di alcuni creditori a danno di altri; B)

avevano sottratto l’azienda, compreso il valore relativo all’avviamento, e tutte le

attrezzature e le stigliature del valore di 83.049,00 euro, mediante costituzione di una

nuova società (Ecologia & Ambiente Srl) con identico oggetto sociale della fallita,

della quale la Schirripa aveva assunto la carica di amministratore unico ed il Soragni

quella di procuratore ad operare senza limitazioni sul conto corrente bancario ed

amministratore di fatto; C) avevano tenuto libri e le altre scritture contabili sociali in

modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli

affari; che era stata fissata udienza preliminare avanti il G.U.P. per la data del

10/1/08, con costituzione in pari data del fallimento Pulites Srl quale parte civile per

ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito delle condotte illecite degli odierni

convenuti; che in data 30/1/08, su richiesta degli imputati, il GIP aveva emesso

sentenza su richiesta delle parti ex artt. 444 e ss c.p.p. con applicazione della pena di

anni due di reclusione per entrambi gli imputati e contestuale sospensione della pena

per la seconda e condanna in solido degli imputati alle spese sostenute dalla parte

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civile liquidate in 700,00 euro oltre iva e cpa; che era interesse del Fallimento

proseguire in sede civile l’azione, già avanzata in sede penale mediante appunto la

costituzione di parte civile, per il risarcimento dei danni sofferti, il tutto come meglio

indicato in citazione; che nel caso di specie, come risultava dalle relazioni del

Curatore e del consulente del PM, appariva indubbia la responsabilità solidale dei due

convenuti. Tanto premesso, l’attore concludeva come in epigrafe riportato.

Si costituiva in giudizio il convenuto Soragni Enrico, che concludeva come in

epigrafe riportato. Al riguardo il convenuto eccepiva la genericità delle contestazioni

avanzate dal Fallimento con conseguente nullità della citazione, la prescrizione del

diritto al risarcimento del danno vantato dal Fallimento e le carenze probatorie della

pretesa attorea, che -a dire dello stesso- era fondata solo sulla sentenza di

patteggiamento in sede penale del 30/1/08.

Si costituiva in giudizio anche la convenuta Schirripa Antonella, che

concludeva come in epigrafe riportato, sollevando sostanzialmente le medesime

eccezioni formulate dall’altro convenuto.

La causa era istruita documentalmente, essendo stata ritenuta superflua ogni

ulteriore attività istruttoria, ed all’udienza del 23/2/15 veniva trattenuta in decisione

con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali (60

giorni) e repliche (ulteriori 20 giorni): i termini ex art. 190 c.p.c. sono scaduti il

14/5/15.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In rito si osserva che la competenza a decidere appartiene alla Sezione

Specializzata Tribunale delle Imprese e quindi per l’odierna controversia (azione di

responsabilità nei confronti dell’ex amministratore) sussiste la riserva di collegialità

ex art. 50 bis, 1° comma, n° 3 c.p.c., anche per quanto riguarda la causa connessa (art.

281 nonies c.p.c.).

La domanda è in parte fondata e va accolta nei limiti di cui in motivazione.

Tenuto conto della duplicità dei convenuti e della differente domanda proposta

dalla curatela, appare opportuno esaminare distintamente le due posizioni iniziando

da quella del convenuto Soragni Enrico, già amministratore unico della Pulites Srl.

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In via preliminare si ritiene opportuno affrontare l’eccezione di nullità della

citazione sollevata dal predetto convenuto, il quale ha lamentato che l’atto

introduttivo del presente giudizio mancasse dell’esatta indicazione dei fatti e delle

ragioni poste a fondamento dell’azione di responsabilità, essendosi limitato l’attore -a

detta del convenuto- a far semplicemente riferimento agli atti del giudizio penale.

A norma dell’art.164, 4° comma, c.p.c., la citazione è nulla se è omesso ovvero

risulta assolutamente incerto il requisito stabilito al n. 3 dell’art.163 c.p.c. (oggetto

della domanda) o se manca l’esposizione dei fatti di cui al n. 4 del medesimo art.163

c.p.c. (elementi di fatto e di diritto costituenti l’oggetto della domanda).

Nel caso di specie l’attore non solo ha individuato tre addebiti contestati al

convenuto (distrazione di somme per 727.373,68 euro; sottrazione del valore di

83.049,00 euro mediante costituzione di una nuova società, ossia la Ecologia &

Ambiente Srl; irregolare tenuta dei libri e delle altre scritture contabili sociali), ma ha

anche indicato analiticamente i numerosi fatti costituenti, in base alla sua

prospettazione, la responsabilità posta in essere dal convenuto: 1) mancata consegna

della documentazione sociale della Pulites Srl e comunque l’inidoneità allo scopo di

quella consegnata; 2) mancato deposito dei bilanci sociali relativamente agli anni

2002 e 2003; 3) pagamento di alcuni creditori a danno di altri; 4) mancato pagamento

di debiti contributivi e previdenziali verso l’INPS e di debiti verso l’Erario ed in

particolare verso l’Esattoria della Provincia di Roma e Varese; 5) mancata

indicazione nell’ultimo bilancio depositato del debito verso le esattorie per

1.498.405,51 euro; 6) presentazione di dichiarazione di redditi “in bianco” per l’anno

2003; 7) distrazione di beni sociali della fallita in favore di Ecologia & Ambiente Srl;

8) pagamento di fatture per complessivi 83.665,98 euro (anni 2002 e 2003) per

probabili rapporti di sponsorizzazione; 9) prelevamento dal conto corrente intestato

alla Pulites Srl (n° 1557 presso Banca Popolare di Bergamo) di somme di denaro in

contanti, senza alcuna giustificazione causale, nel corso dell’anno 2003 per

complessivi 193.297,00 euro; 10) passaggio sistematico di risorse aziendali, anche

finanziarie, dalla Pulites Srl alla neo costituita Ecologia & Ambiente Srl; 11)

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distrazione di somme e comunque sottrazione di azienda per un valore complessivo

pari a 810.423,00 euro (727.373,68 + 83.049,00).

In conclusione parte attrice, a prescindere dalla sussistenza e rilevanza in

concreto dei predetti singoli fatti in termini di danno e quindi di risarcimento, ha

provveduto adeguatamente a soddisfare il requisito dell’allegazione dei fatti di pretesa

mala gestio, allegazione che costituisce il necessario ed imprescindibile antecedente

logico-giuridico di ogni successiva richiesta istruttoria: va ribadito invero che non si

può provare ciò che non è stato oggetto di rituale e conferente allegazione.

Infondata è anche la sollevata eccezione di prescrizione.

Al riguardo va osservato, con riferimento all’azione sociale di responsabilità,

che il Soragni è stato amministratore della Pulites Srl fino al fallimento (cfr. doc. 9 di

parte attrice: visura CCIAA da cui risulta che il convenuto è stato amministratore

unico dal 16/2/98); che, ai sensi dell’art. 2935 c.c., la prescrizione decorre dal giorno

in cui il diritto può essere fatto valere; che il termine della prescrizione è

quinquennale (art. 2949 c.c.) e che il decorso del termine è sospeso durante lo

svolgimento dell’incarico (art. 2941, n° 7, c.c.); che il fallimento è stato dichiarato il

16/2/05 (cfr. doc. 1 di parte attrice: sentenza di fallimento); che nel gennaio 2008 vi è

stata la costituzione di parte civile in sede penale da parte del Fallimento Pulites Srl

(cfr. doc. 5 di parte attrice: copia dell’atto di costituzione di parte civile per l’udienza

del 10/1/08) in relazione agli stessi fatti di causa, fonte dell’odierna domanda

risarcitoria, con conseguente interruzione del decorso della prescrizione (art. 2943

c.c.); che, ai sensi dell’art. 2945 c.c., “per effetto dell’interruzione s’inizia un nuovo

periodo di prescrizione”; che il dies a quo del nuovo termine quinquennale di

prescrizione deve individuarsi nella data in cui la sentenza di condanna diviene

irrevocabile; che, anche a voler prescindere dal valore da attribuire a questo fine alla

sentenza di patteggiamento (cfr. Cass. 25042/13), è innegabile che, pur a voler

considerare la data di pubblicazione della sentenza di patteggiamento (30 gennaio

2008) e non anche la data di irrevocabilità della stessa, non era sicuramente decorso il

nuovo termine quinquennale di prescrizione alla data di notificazione dell’atto di

citazione nei confronti del Soragni (18/1/13).

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In conclusione l’eccezione, pur ritualmente sollevata, è infondata.

Lo stesso discorso varrebbe nel caso in cui si dovesse prendere in

considerazione la prescrizione dell’azione dei creditori sociali; infatti il dies a quo del

termine quinquennale di prescrizione (art. 2949, 2° comma, c.c.) si identifica con il

momento di oggettiva percepibilità -e non anche dell’effettiva conoscenza di tale

situazione- da parte dei creditori sociali dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i

debiti, momento che, in mancanza di contrastante indicazione da parte del convenuto,

andrebbe individuato con la data del fallimento (16/2/05); per il periodo successivo

valgono le superiori considerazioni in fatto e in diritto, per cui anche da questo punto

di vista l’eccezione è infondata.

Richiamato quanto esposto in ordine all’allegata condotta di mala gestio

dell’ex amministratore Soragni, valgono le seguenti osservazioni.

In ordine alla legittimazione del Curatore all’azione di responsabilità va

rilevato che nella precedente formulazione l’art. 146, 2° comma, l.f.. prevedeva, in

maniera esaustiva e chiara stante il rinvio operato alle conferenti norme del codice

civile, che “l’azione di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci, i direttori

generali e i liquidatori, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata

dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei

creditori” ed era pacifico, anche nell’ipotesi delle Srl stante il rinvio operato (anche)

ai citati artt. 2393 e 2934 c.c. dall’art. 2487, 2° comma, c.c. (nel testo previgente alla

riforma con D.Lgs 6/03), che il curatore potesse esercitare congiuntamente entrambe

le azioni, sia quella sociale (art. 2393 c.c.) che quella spettante ai creditori sociali (art.

2394 c.c.), atteso il carattere unitario ed inscindibile dell’azione di responsabilità ex

art. 146 l.f..

Il nuovo testo dell’art. 146 l.f. invece prevede, per quanto qui di interesse, che

“sono esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il

comitato dei creditori: a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i

componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori; b) l’azione di

responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti

dall’art. 2476, comma settimo, del codice civile” (2° comma) e ci si è domandati in

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dottrina ed in giurisprudenza quale fosse la portata pratica della riforma in relazione

alle società a responsabilità limitata, come quella che qui ci occupa, e se cioè il

curatore potesse o meno continuare ad esercitare le azioni di responsabilità nei

confronti degli organi della società e, in caso affermativo, quale azione (azione

sociale e/o azione spettante ai creditori sociali) potesse di fatto esercitare.

Il dato testuale, a differenza di quello pregresso, non è di grande aiuto ed ha

dato luogo a diverse interpretazioni.

Nell’attuale quadro normativo di riferimento, ritiene ad ogni buon conto il

Collegio che al curatore spetta l’esercizio tanto dell’azione sociale di responsabilità

quanto dell’azione dei creditori sociali: sul punto appare sufficiente richiamare la

giurisprudenza della Cassazione, pienamente condivisa dal Collegio (cfr. Cass.

17121/10).

Nel caso di specie, viste le deduzioni di parte attrice, si devono ritenere

proposte indistintamente e contemporaneamente le due azioni, con la conseguenza

che la responsabilità del citato convenuto (amministratore unico nel periodo cui si

riferiscono i fatti di mala gestio) può essere accertata tanto con riferimento ai

presupposti dell’azione sociale (danno prodotto alla società da ogni illecito doloso o

colposo degli amministratori per violazione dei doveri imposti dalla legge e dall’atto

costitutivo ovvero relativi all’adempimento delle loro funzioni con la diligenza

richiesta) quanto con riferimento ai presupposti dell’azione spettante ai creditori della

società (insufficienza del patrimonio causata dall’inosservanza di obblighi relativi alla

conservazione del patrimonio stesso).

A questo punto, prima di passare all’esame delle singole contestazioni, è bene

richiamare il dato normativo di riferimento, da applicare nel caso concreto in

relazione alla fattispecie su delineata, avendo a mente la modifica legislativa

intervenuta in data 1/1/04.

Per quanto riguarda il periodo anteriore alla riforma del diritto societario, la

disciplina delle Srl era identica a quella delle Spa, per effetto del rinvio operato

dall’art. 2487 c.c. (anche) agli artt. 2392 e 2393 c.c.; quindi per le condotte

asseritamente dannose, poste in essere -in base alla prospettazione attorea- nel

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periodo ante 1/1/04 deve essere richiamato il vecchio dettato normativo di natura

sostanziale in tema di responsabilità degli amministratori.

Orbene l’art. 2392 c.c. (responsabilità verso la società) prevedeva che “gli

amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto

costitutivo con la diligenza del mandatario, e sono solidalmente responsabili verso la

società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di

attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più amministratori” (1°

comma); che “in ogni caso gli amministratori sono responsabili se non hanno vigilato

sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti

pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedire il compimento o

eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose” (2° comma) e che “la responsabilità

per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che,

essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro

delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per

iscritto al presidente del collegio sindacale” (3° comma).

Attualmente, cioè per il periodo successivo all’1/1/04, si rammenta che l’art.

2476, 1° comma, c.c. prevede che “gli amministratori sono solidalmente responsabili

verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri e ad essi imposti

dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società. Tuttavia la

responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa e,

essendo a cognizione che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constare del

proprio dissenso”.

In relazione alla responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali

l’art. 2394 c.c., a suo tempo direttamente applicabile agli amministratori di Srl per

effetto del citato art. 2487 c.c. (vecchio testo), prevedeva, per quanto qui di interesse,

che “gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli

obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale” (1° comma)

e che “l’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta

insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti” (2° comma).

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Ora l’art. 2476 c.c. prevede, al 6° comma, che “le disposizioni dei precedenti

commi non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio

o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli

amministratori”, ma non si dubita che, pur nella mancanza di un espresso riferimento

ai creditori sociali, l’art. 2394 c.c., il cui contenuto è rimasto in parte qua identico, sia

applicabile anche agli amministratori di Srl.

Mentre attualmente in tema di responsabilità degli amministratori di Srl, al pari

di quelli delle Spa, è richiesta la diligenza desumibile in relazione alla natura

dell’incarico ed alle specifiche competenze, cioè quella speciale diligenza prevista

dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista, in passato era richiesta la generica

diligenza del mandatario (art. 1710 c.c.), cioè quella tipizzata nella figura dell’uomo

medio.

Per quanto detto, nel caso di specie, vista l’epoca dei fatti addebitati, deve

essere applicata la vecchia e la nuova normativa.

E’ intuitivo che, quale che sia la normativa da applicare, nella valutazione della

diligenza usata dall’amministratore nel caso concreto è necessario operare un giudizio

ex ante e non ex post, dovendosi quindi prendere in considerazione solo quelle

circostanze, oggettive e soggettive, conosciute o conoscibili, esistenti al momento in

cui è stata tenuta quella determinata condotta, poi risultata foriera di danni per la

società.

Va poi ricordato che chi agisce per il risarcimento deve allegare e provare

l’esistenza di un danno attuale e concreto, cioè il depauperamento del patrimonio

sociale, di cui si chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto

dell’amministratore inadempiente.

Incombe viceversa sull’amministratore l’onere di dimostrare la non

imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli

addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi a lui

imposti (cfr. Cass. 22911/10).

Tanto richiamato e precisato, osserva il Collegio che, al di fuori delle ipotesi

di condotte dolosamente poste in essere a danno della società, non possono di regola

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essere considerate, come fonte di responsabilità nei confronti della società stessa e del

ceto creditorio, quelle scelte e quelle iniziative imprenditoriali o gestionali degli

organi amministrativi, quand’anche risultate in concreto economicamente poco

positive, che rientrino nell’ambito del normale esercizio della libertà imprenditoriale

e nel rischio di impresa; quindi di per sé i risultati negativi della gestione non

determinano responsabilità in capo all’organo amministrativo, in quanto le scelte

imprenditoriali presuppongono una valutazione di opportunità e di convenienza, che

attiene all’ambito della discrezionalità e come tale è sottratta al giudizio del giudice.

Viceversa questo discorso non vale nel caso di iniziative avventate,

caratterizzate, anche solo a livello di colpa, dall’omissione di quelle specifiche

cautele procedurali, di quelle verifiche e di quelle acquisizioni informative preventive

che sono imposte dalla legge o dallo statuto per quel tipo di operazione posta in

essere ovvero ancora dalla violazione dell’obbligo generale di vigilanza e/o

dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo per il

perseguimento dell’interesse sociale, il tutto nel quadro del generale obbligo di

diligenza, di cui si è detto (cfr. Cass. 3409/13).

La violazione dei su richiamati obblighi gravanti sugli amministratori -e

quindi l’accertamento dell’inadempimento da parte di costoro agli obblighi imposti

dalla legge e/o dall’atto costitutivo- costituisce presupposto necessario, ma non

sufficiente per affermare la responsabilità risarcitoria da parte degli amministratori

inadempienti; infatti anche in questo caso sono necessarie tanto la prova del danno,

ossia del deterioramento effettivo e materiale della situazione patrimoniale della

società, quanto la diretta riconducibilità causale di detto danno alla condotta omissiva

o commissiva degli amministratori stessi (cfr. Cass. Cass. 5960/05; Cass. 5876/11;

Cass. 7606/11).

A quest’ultimo riguardo è ormai pacificamente accolto in giurisprudenza (cfr.

Cass. SU 26972/08) il principio del superamento della ricostruzione della fattispecie

risarcitoria in termini di danno-evento, essendo infatti privilegiata l’opzione

ermeneutica fondata sul concetto di danno-conseguenza.

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12

Il riferimento al nesso causale, oltre a servire come parametro per

l’accertamento della responsabilità risarcitoria degli amministratori, è quindi rilevante

anche da un punto di vista oggettivo, in quanto consente -come regola generale- di

limitare l’entità del risarcimento all’effettiva e diretta efficienza causale

dell’inadempimento e quindi a porre a carico degli amministratori inadempienti solo

il danno direttamente riconnesso alla loro condotta omissiva o commissiva.

Orbene, richiamato quanto esposto in citazione dall’attore, si osserva che gli

atti di mala gestio consistono, in base alla prospettazione attorea (cfr. citazione, come

poi ulteriormente ribadito e precisato nella memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c.): 1) nella

distrazione di somme pari 723.373,68 euro; 2) nella sottrazione dell’azienda ed in

particolare di attrezzature e stigliature, per un valore di 83.049,00 euro; 3) nella

irregolare tenuta dei libri sociali e delle scritture contabili in modo da non rendere

possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Per quanto riguarda la contestazione in ordine alle pretese irregolarità nella

redazione dei bilanci e nella tenuta dei libri sociali e delle scritture contabili, ribadisce

il Collegio che di per sé dette irregolarità non sono fonte di danno e quindi di obbligo

risarcitorio, potendo al massimo essere l’espediente attraverso il quale si celano

specifiche operazioni o condotte di mala gestio.

In ordine alla contestazione relativa ai fatti sub 1) e 2), appare invece di tutta

evidenza la rilevanza degli stessi in termini di risarcimento danni.

Prima di tutto appare necessario fare alcune precisazioni.

Sicuramente non assume di per sé rilievo il mancato pagamento di debiti

contributivi e previdenziali verso l’INPS e di debiti verso l’Erario ed in particolare

verso l’Esattoria della Provincia di Roma e Varese; infatti si deve ritenere, in

mancanza di differente allegazione da parte dell’attore, che si trattava di debiti

esistenti a carico della società e che, a tutto concedere, l’organo amministrativo

potrebbe rispondere solo dei maggiori oneri (p.es. per interessi di mora, sanzioni,

ecc.) dovuti in caso di mancato doloso pagamento, pur nell’esistenza di disponibilità

finanziarie sufficienti per l’estinzione dei predetti debiti.

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13

Manca qualsiasi allegazione della curatela sul punto, per cui nessuna

responsabilità può trarsi da detti contestati mancati pagamenti.

Per quanto riguarda il preteso pagamento preferenziale in favore di alcuni

creditori a discapito di altri creditori, appare sufficiente ribadire, come da consolidata

giurisprudenza dell’Ufficio, che di per sé l’eventuale lesione della par condicio

creditorum, conseguente al pagamento preferenziale di un creditore anziché di un

altro, può dar luogo -al massimo- ad una contesa tra le posizioni soggettive

individuali dei singoli creditori, ma non anche ad un pregiudizio per la massa

creditoria considerata nel suo complesso; infatti quest’ultima mantiene la medesima

consistenza anche in caso di pagamento preferenziale, qualunque sia il creditore

beneficiato dal pagamento lesivo della par condicio tra quelli aventi diritto di

partecipare al concorso.

Fatte queste precisazioni, si evidenzia che per la curatela è necessario e

sufficiente allegare e provare che vi fossero disponibilità finanziarie e che vi siano

stati degli atti dispositivi da parte dell’organo amministrativo, il quale deve fornire la

prova dell’utilizzazione delle predette risorse per soddisfare interessi della società,

come p.es. per pagare debiti sociali o per consentire il normale funzionamento della

società.

In relazione alla contestata distrazione di somme per 727.373,68 euro (cfr.

punto A), riportato nell’elenco delle contestazioni a pag. II della citazione), la

curatela ha allegato che, benché si trattasse di somme entrate a far parte del

patrimonio sociale, tali somme erano uscite senza alcun giustificativo causale. In

particolare nella relazione del Ct del PM (cfr. doc. 3 di parte attrice: pag. 28) è dato

leggere che “ … l’amministratore e socio della società fallita, sig. Soragni Enrico, si è

appropriato in momenti diversi e comunque compresi fra l’1/1/03 ed il 18/3/04 della

somma di € 727.373,68 di proprietà della fallita in danno della massa dei creditori

…”.

Sulla base dei riscontri del Ct del PM, della relazione ex art. 33 l.f. e

dell’estratto conto bancario l’attrice ha pertanto dedotto che “ … Nessun dubbio

pertanto può sussistere in merito all’effettiva distrazione di somme pari ad euro

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14

727.373,68 (ovvero gli incassi sociali dal 01.01.2003 al 18.03.2004) che, benché

entrate a far parte del patrimonio sociale (cfr. estratti del conto corrente n.1557), ne

sono uscite senza alcun giustificativo causale risultante dai bilanci o comunque dalla

contabilità sociale, né sono state oggetto di dichiarazione all’Agenzia delle Entrate

relativamente agli anni 2003 e 2004 (le dichiarazioni sono state effettuate, ma “a

zero”) …” (cfr. comparsa conclusionale attorea).

Benché il convenuto non abbia fornito giustificazioni in ordine all’utilizzo

dell’intera somma su indicata, osserva peraltro il Collegio che dalla stessa

documentazione prodotta dalla Curatela ed in particolare dalla consulenza disposta

dal P.M. non appare possibile considerare l’intero importo di 727.373,68 euro, pari

agli incassi sociali dall’1/1/03 al 18/3/04, come oggetto di distrazione da parte del

convenuto Soragni.

Nella predetta relazione si legge infatti che “ … nel periodo che va da gennaio

2003 a marzo 2004 la società fallita ha incassato € 727.373,68 (di cui € 719.866,92

fino al 31/12/03) …; che “… Durante il 2003, la società ha effettuato acquisti per un

controvalore di € 173.630,28 …”; che “… Al momento del fallimento (20/7/04, data

in cui l’amministratore ha presentato istanza di fallimento in proprio) la fallita aveva

debiti per il controvalore di € 347.266,62 (si tratta dei crediti ammessi, ma la società

aveva anche altri debiti pari ad € 966.820,02 principalmente nei confronti

dell’esattoria … che non sono stati ammessi per un difetto di notifica delle cartelle

esattoriali) …”; che “ … Lo stato passivo evidenzia che la società al momento del

fallimento non aveva debiti nei confronti dei fornitori …”; che “ … Dunque,

dall’1/1/02 al momento in cui è stata presentata l’istanza di fallimento il 20/7/04, il

debito della società è passato da € 648.287,67 ad € 347.266,62 e tutto il debito verso i

fornitori e verso le banche è stato nel frattempo saldato; mentre ulteriori debiti per €

966.820,02 relativi a tributi vari e contributi previdenziali non sono stati iscritti a

bilancio …” (cfr. doc. 3: relazione del ctu del PM a pagg. 24-25).

Alla luce delle superiori considerazioni in fatto ed in diritto, non ritiene il

Collegio che si possa porre a carico del convenuto, in termini di distrazione, l’intero

importo di 727.373,68 euro, incassato dalla società, in quanto -come accertato dallo

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15

stesso consulente del PM- parte di dette somme sono state utilizzate per estinguere

debiti della società.

Sul punto, stante anche la genericità dell’addebito sub A) “ … distraevano

somme pari ad euro 727.373,68 destinate in parte al pagamento preferenziale di

alcuni creditori a danno di altri” (cfr. atto di citazione) e la non perfetta sussumibilità

della ipotesi di reato di bancarotta preferenziale e l’ipotesi civilistica della distrazione

di risorse -sul punto è sufficiente rilevare che la curatela attrice ha contestato non

l’inesistenza di tali debiti sociali e quindi il pagamento di debiti inesistenti, ma solo il

mancato rispetto delle regole sulla par condicio-, va ribadito che l’organo

amministrativo ha comunque utilizzato parte del denaro per l’estinzione di debiti

sociali, per cui è da escludere qualsiasi ipotesi di generale e generalizzata distrazione

delle somme incassate dalla società nel corso del 2003 e fino al marzo del 2004, data

di presentazione della domanda di fallimento in proprio.

Del resto nelle conclusioni il consulente del PM ha invero precisato che “ … il

sig. Soragni … si è reso responsabile dei reati previsto dalla Legge fallimentare, in

quanto versando ormai la società in stato di dissesto, in momenti successivi prossimi

al fallimento ed alla cessazione dell’attività da parte della fallita e comunque

compresi fra l’1/1/03 ed il 18/3/04 si è appropriato della somma di € 727.373,68…,

avendola in parte destinata al pagamento preferenziale di alcuni creditori (fornitori e

banche) in parte sottratta alla garanzia dei creditori, quanto meno per la parte

prelevata in contanti pari ad € 193.297,00 … e per quella di cui … risulta essere stato

diretto beneficiario pari ad € 29.597,00 ….” (cfr. doc. 3 a pag. 46 e 47).

In conclusione, in mancanza anche della semplice allegazione che il

convenuto abbia utilizzato risorse finanziarie della società per pagare debiti in realtà

inesistenti, è di tutta evidenza che non si possa parlare di distrazione dell’intero

importo di 727.373,68 euro e che appunto il pagamento, quand’anche preferenziale di

alcuni creditori, non esclude che si trattasse comunque di reali debiti sociali.

L’eventuale lesione della par condicio creditorum, conseguente al pagamento

preferenziale di un creditore anziché di un altro, non costituisce -come detto- un

pregiudizio per la massa creditoria considerata nel suo complesso.

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In conseguenza di quanto detto appare evidente -da un lato- che nessun danno

consegue alla massa da tali pagamenti e -dall’altro- che il curatore non è legittimato

ad agire per il risarcimento del danno in ipotesi subito direttamente ed

individualmente dal singolo creditore postergato o pretermesso.

Si deve pertanto verificare se, in concreto, vi siano stati specifici atti di

distrazione, non seguiti da alcuna giustificazione, fornita dal convenuto ovvero

desumibile dagli atti di causa.

La curatela ha in particolare contestato al Soragni “ … H) il pagamento di

fatture per complessivi euro 83.665,98 (anni 2002 e 2003) per probabili rapporti di

sponsorizzazione molto discutibili soprattutto in considerazione della mancata

presentazione dei bilanci sociali; I) il prelevamento dal conto corrente Pulites (Banca

Popolare di Bergamo n.1557) di somme in contanti (quindi senza alcuna

giustificazione causale) nel corso dell’anno 2003 per complessivi euro 193.297,00; L)

il “travaso” sistematico di risorse aziendali dalla Pulites s.r.l. alla Ecologia &

Ambiente s.r.l., parte delle quali anche finanziarie (si pensi al passaggio di denaro dal

conto corrente Pulites n.1557 presso BPB a quello di Ecologia & Ambiente n.1605,

sempre presso BPB, in data 11 settembre 2003 per euro 36.000,00 ed a quello in data

26 novembre 2003 per euro 1.500,00); …” (cfr. atto di citazione, a pag. III)

Sicuramente il convenuto deve rispondere del prelevamento dal conto corrente

della società, accesso presso la Banca Popolare di Bergamo, di somme in contanti nel

corso dell’anno 2003 per complessivi 193.297,00 euro, prelievo a fronte del quale il

convenuto non ha fornito alcuna giustificazione, nonostante l’analiticità della

contestazione, come suffragata dalla richiamata relazione del Consulente del PM (cfr.

citato doc. 3, a pag. 26: “ … il sottoscritto ha eseguito un’analisi anche dei

prelevamenti effettuati dal conto corrente suddetto, dal che è emerso che

l’amministratore -che era l’unico autorizzato ad operare sul conto corrente- ha

eseguito prelevamenti di soldi contanti per il controvalore di € 193.297,00 durante il

2003. Di questi, prelevamenti per € 36.635,00 sono stati eseguiti fino al 27/6/03; e per

€ 156.662,00 dal 4/7/03 all’estinzione del conto corrente. Il 4/7/03 è il momento in

cui la Ecologia & Ambiente apre un suo conto corrente presso la stessa Banca e

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corrisponde al periodo in cui comincia ad esercitare l’attività presso i clienti di Pulites

mentre la stessa cessa di operare … ”) e dalle risultanze dei prodotti estratti del conto

corrente n° 1557 presso la Banca Popolare di Bergamo, relativi al periodo 1/1/03-

18/3/04 (cfr. memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c.).

Per quanto riguarda il passaggio sistematico (definito in citazione ‘travaso’) di

risorse aziendali dalla Pulites Srl alla Ecologia & Ambiente Srl, l’attrice ha fatto

riferimento ad una pluralità di elementi indiziari, quali la conclusione di contratti con

clienti già della Pulites Srl ovvero i reciproci rapporti fra soci ed organi delle due

società nonché i passaggi di apparecchiature fra l’una e l’altra società, ma non ha

allegato e provato l’esistenza e soprattutto l’ammontare di specifici danni, di cui

dovrebbe rispondere l’organo amministrativo per non aver curato gli interessi della

società da lui gestita.

L’unico dato concreto riguarda il contestato passaggio, in favore della

Ecologia & Ambiente Srl, di risorse finanziarie della società poi fallita, avendo invero

l’attrice fatto riferimento “ … al passaggio di denaro dal conto corrente Pulites

n.1557 presso BPB a quello di Ecologia & Ambiente n.1605, sempre presso BPB, in

data 11 settembre 2003 per euro 36.000,00 ed a quello in data 26 novembre 2003 per

euro 1.500,00 …” (cfr. atto di citazione, a pag. IV: punto L degli addebiti).

Con riferimento a questo profilo, nella più volte richiamata relazione del

consulente del PM è dato leggere che “ … l’11/9/03 assistiamo ad un prelevamento di

€ 37.000,00 dal conto della Pulites ed al versamento di € 36.000,00 sul conto di

Ecologia & Ambiente. Il giorno 26/11/03 assistiamo ad un prelevamento di €

2.000,00 dal conto della Pulites ed al versamento di € 1.500,00 sul conto di Ecologia

& Ambiente …” (cfr. doc. 3, a pag. 28).

Si tratta di prelievi risultanti dal conto corrente della Pulites, prodotto

dall’attrice con la memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c..

Dunque il convenuto deve rispondere anche di detta distrazione di complessivi

39.000,00 euro (37.000,00 + 2.000,00), in quanto non è stata fornita alcuna plausibile

giustificazione sull’uso, per finalità coerenti con gli interessi sociali, del denaro

prelevato.

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Repert. n. 18639/2015 del 29/09/2015

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18

Da ultimo, passando all’ulteriore contestazione (mancata consegna alla

curatela di gran parte delle attrezzature e delle stigliature aziendali, di valore pari a

83.040,00 euro), si osserva che tale danno patrimoniale, consistente appunto nella

mancata acquisizione del compendio aziendale, risulta, oltre che dalla relazione del

consulente del PM, anche indirettamente dalla dichiarazione dei redditi relativa al

2002 (cfr. doc. 4 della memoria attorea ex art. 183/6 n° 2 c.p.c.: Unico 2003 con

riferimento al periodo d’imposta 2002 alla voce ‘immobilizzazioni materiali’ R53): si

tratta di beni strumentali esistenti a quest’ultima data e non acquisiti all’attivo del

fallimento, senza alcuna giustificazione da parte del convenuto in ordine alla fine di

detti beni.

In tutti i predetti casi non appare dubitabile il nesso eziologico esistente fra i

fatti di contestata mala gestio e gli eventi dannosi che ne sono seguiti a carico della

società e costituiti appunto dalla mancata acquisizione all’attivo dei beni distratti.

Non è invece possibile porre a carico dell’ex amministratore anche l’importo

di 83.665,98 euro, spesi negli anni 2002 e 2003 “ … per probabili rapporti di

sponsorizzazione molto discutibili soprattutto in considerazione della mancata

presentazione dei bilanci sociali …” (cfr. atto di citazione, a pag. III, con riferimento

al punto H); infatti, a tacer d’altro, la stessa attrice ha riportato la giustificazione

causale (“… probabili rapporti di sponsorizzazione …”) e non ha provato la fittizietà

della spesa, a nulla rilevando la mancata iscrizione in bilancio della voce di spesa.

In conclusione l’ex amministratore Soragni è tenuto al risarcimento del danno

nella misura di complessivi 315.337,00 euro (193.297,00 euro + 39.000,00 euro +

83.040,00 euro), oltre alla rivalutazione monetaria, in base ai noti indici Istat sulla

variazione dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati, dalla data del fallimento

(16/2/05) fino alla presente sentenza e, sulla somma così rivalutata, agli interessi

legali dalla presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.

In tale quadro probatorio assume rilievo anche la sentenza di patteggiamento.

Al riguardo è stato condivisibilmente affermato nella giurisprudenza della

Cassazione che “la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc.

pen. costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove

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intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per

cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice

penale abbia prestato fede a tale ammissione. Pertanto la sentenza di applicazione di

pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna,

presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte

dall'onere della prova” (Cfr. Cass. SU 17289/06; Cass. 26263/11; Cass. 9456/13).

Passando alla domanda svolta nei confronti dell’altra convenuta, Schirripa

Antonella, si osserva che la stessa è stata amministratore unico della Ecologia &

Ambiente Srl dal 30/10/02 al 23/11/06 (data di iscrizione 12/1/07), sostituita dal

convenuto Soragni Enrico (cfr. doc. 10 di parte attrice: visura CCIAA).

Tanto premesso, valgono le seguenti osservazioni.

Come da ultimo riportato dalla curatela in comparsa conclusionale, è stato ivi

ribadito che: a) la convenuta Schirripa aveva patteggiato la pena ex art.444 c.p.p.

come da sentenza depositata; b) anch’essa aveva direttamente partecipato alla

sottrazione dell’azienda Pulites in favore di Ecologia & Ambiente Srl attraverso le

condotte dettagliatamente descritte in citazione; c) anch’essa era pertanto

responsabile in solido ex art.2055 c.c. dei danni causati alla Pulites dal Soragni.

In citazione la curatela ha infatti allegato che la Ecologia & Ambiente Srl era

stata costituita il 30/10/02 con sottoscrizione del capitale sociale per una quota del

10% da parte di Schirripa Antonella e del restante 90% da parte di Soragni Enrico;

che l’oggetto sociale di Ecologia & Ambiente Srl, sin dall’origine, era stato

esattamente coincidente con quello di Pulites Srl; che amministratore unico di

Ecologia & Ambiente Srl, sin dalla fase di costituzione, era stata appunto Schirripa

Antonella e poi lo stesso Soragni; che la Ecologia & Ambiente Srl aveva denunciato

l’inizio della propria attività il 3/6/03 e contestualmente aveva nominato Soragni

Enrico quale preposto alla gestione tecnica; che il 4/7/03, Ecologia & Ambiente Srl

aveva aperto il conto corrente n.1605 presso la Banca Popolare di Bergamo con

sottoscrizione del contratto da parte di Schirripa Antonella e contestuale delega ad

operare sul conto senza alcuna limitazione da parte di Soragni Enrico; che pressoché

dal momento dell’inizio delle attività da parte di Ecologia & Ambiente Srl, ovvero

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luglio 2003, sino al dicembre del medesimo anno, su 62 unità lavorative in forza di

Ecologia & Ambiente Srl, 42 unità provenivano direttamente da Pulites Srl; che,

come risultante dalla perizia del consulente del PM, il fatturato di Ecologia &

Ambiente Srl, relativo agli anni 2003 e 2004, era originato da contratti stipulati con

clienti Pulites; che tutti i clienti Pulites, a metà dell’anno 2003, erano stati avvertiti,

tramite una circolare del Soragni, che le attività di pulizia sarebbero state proseguite

direttamente da Ecologia & Ambiente Srl; che vi erano state alcune attrezzature di

proprietà della Pulites Srl, anche di rilevante valore, mai acquisite all’attivo

fallimentare, mentre vi erano state attrezzature, di cui Ecologia & Ambiente Srl

faceva normale uso e sulle quali effettuava normale manutenzione (con i relativi costi

iscritti a bilancio), delle quali quest’ultima non aveva mai dimostrato l’acquisto; che

anche i fornitori della Pulites Srl e di Ecologia & Ambiente Srl erano stati

sostanzialmente gli stessi; che pertanto vi era stata un’evidente attività illecita di

sottrazione di beni e risorse aziendali in danno di Pulites Srl ed in favore di Ecologia

& Ambiente Srl, sottrazione cui certamente, insieme al Soragni, aveva concorso la

predetta Schirripa.

Ha altresì allegato la curatela attrice che inoltre la Schirripa era stata

consulente legale della Pulites Srl nei due anni precedenti la dichiarazione di

fallimento; aveva assistito direttamente la società nella fase di istruttoria

prefallimentare; era stata amministratrice unica di Ecologia & Ambiente Srl ed in tale

qualità aveva conferito delega al Soragni per operare sul conto corrente di Ecologia &

Ambiente Srl senza alcuna limitazione; aveva sottoscritto i contratti di appalto con i

clienti di Ecologia & Ambiente Srl in sostituzione di quelli in vigore con la Pulites

Srl; aveva operato in modo tale che tutte le attrezzature e gli automezzi nella

disponibilità di Pulites Srl, per esserne proprietaria o locatrice finanziaria, finissero

nella disponibilità di Ecologia & Ambiente Srl, affinché quest’ultima li utilizzasse per

il conseguimento dei relativi ricavi, senza che ne avvenisse l’iscrizione in bilancio; si

era adoperata affinché gran parte delle unità lavorative in forza a Pulites Srl

passassero alle dipendenze di Ecologia & Ambiente Srl.

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Evidenziava inoltre che, a seguito di richiesta di rinvio a giudizio per i

medesimi reati contestati al Soragni, la convenuta Schirripa aveva patteggiato la pena

ex art.444 e ss. c.p.c. di anni due di reclusione e che pertanto la stessa doveva

ritenersi responsabile in solido ex art. 2055 c.c. con il Soragni di tutti i danni da

quest’ultimo causati alla società fallita.

Ritiene il Collegio che il richiamato art. 2055 c.c., che disciplina gli effetti

della solidarietà passiva, non esonera l’attore, preteso danneggiato, dall’allegazione e

prova del titolo (contrattuale o extracontrattuale) della responsabilità del preteso

debitore solidale.

Richiamato quanto previsto dall’art. 2055, primo comma, c.c. -si tratta di una

disposizione dettata a favore del danneggiato da una pluralità di responsabili ed è

applicabile anche alle ipotesi di responsabilità contrattuale (anche se nascente da

contratti diversi) e di responsabilità mista (cioè per alcuni coautori sussiste

responsabilità di natura contrattuale e per altri di natura extracontrattuale)-, va

ribadito che per la positiva affermazione della responsabilità solidale dei singoli

pretesi responsabili, è pur sempre necessario che il fatto dannoso sia effettivamente

imputabile a ciascuno dei singoli concorrenti, ancorché le condotte lesive possano fra

loro essere autonome e in ipotesi diversi possano essere i titoli di responsabilità di

ciascuno di essi (cfr. Cass. 11018/05).

Pur in mancanza di specifici richiami normativi -come detto, non è sufficiente

il semplice richiamo all’art. 2055 c.c.-, è possibile, in base alle allegazioni e

deduzioni attoree, inquadrare la domanda risarcitoria, fondata sulla prospettata diretta

partecipazione della convenuta Schirripa alla sottrazione di risorse finanziarie della

Pulites Srl ed alla distrazione delle stesse in favore di Ecologia & Ambiente Srl,

nell’ambito della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., in concorso con

l’amministratore Soragni.

Al riguardo va infatti ribadito che, accanto alla responsabilità

dell’amministratore -sia esso unico o amministratore delegato o consigliere di CdA-,

ben possano in ipotesi individuarsi responsabilità concorrenti di altri soggetti, in

quanto nulla vieta che, accanto all’azione sociale di responsabilità proposta nei

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confronti dell’organo amministrativo, possa essere esercitata una contestuale azione

risarcitoria anche contro altri soggetti, che abbiano concorso con il primo a causare il

danno alla società.

Chiusa questa parentesi, valgono le seguenti osservazioni.

L’eccezione preliminare di estinzione per prescrizione è inammissibile, attesa

la tardiva costituzione in giudizio della convenuta.

Quanto al merito ritiene il Collegio, viste le deduzioni di parte attrice anche in

ordine al ‘travaso’ (come efficacemente definito dalla curatela) di risorse, beni

strumentali e clientela dalla Pulites Srl alla Ecologia & Ambiente Srl e preso atto

della mancata analitica contestazione dei fatti posti a fondamento della domanda, che

effettivamente la convenuta Schirripa, nella qualifica di amministratore unico della

Ecologia & Ambiente Srl, abbia concorso con il Soragni al depauperamento del

patrimonio della Pulites Srl; quindi, risultando la Schirripa consapevole ed attiva

parte dell’emersa operazione depauperativa, deve rispondere, ex artt. 2043 e 2055

c.c., con il Soragni del danno patrimoniale sofferto dalla Pulites Srl.

In tale contesto assume rilievo anche quanto dedotto in ordine alla valenza

della sentenza di condanna ex art. 444 c.p.p..

Passando alla quantificazione del danno, specificamente attribuibile alla

condotta della Schirripa, si osserva, alla luce delle risultanze di causa, che non

emergono elementi sufficienti per potere sostenere che la stessa abbia concorso alla

distrazione di 193.297,00 euro, oggetto di prelievo da parte del Soragni dal conto

corrente della società poi fallita. Il mero dato temporale della chiusura del conto

corrente della Pulites Srl e dell’apertura, presso la stessa banca, del conto corrente

della Ecologia & Ambiente Srl non è invero idoneo a giustificare l’estensione alla

Schirripa della responsabilità per concorso nella emersa distrazione.

Diverso è invece il discorso per quanto riguarda i due su ricordati fatti di

‘travaso’ di risorse finanziarie e beni aziendali dall’una all’altra società.

Per quanto riguarda il prelevamento di 39.000,00 euro (37.000,00 euro

l’11/9/03 e 2.000,00 euro il 26/11/03) dal conto della Pulites Srl si osserva, in base

alle stesse allegazioni attoree, che i contestuali versamenti sul conto della Ecologia &

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Ambiente Srl hanno riguardato le minori somme di 36.000,00 e di 1.500,00 euro;

quindi la convenuta Schirripa Antonella ha concorso nella distrazione della minor

somma di 37.500,00 euro.

Stesso discorso vale per la sottrazione dei beni aziendali del valore di

83.040,00 euro, passati dall’una all’altra società.

In conclusione la convenuta Schirripa va condannata, in solido con il

convenuto Soragni Enrico, al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della

complessiva somma di 120.540,00 euro, come su determinata, oltre alla rivalutazione

monetaria, in base ai noti indici Istat sulla variazione dei prezzi per le famiglie di

operai ed impiegati, dalla data del fallimento (16/2/05) fino alla presente sentenza e,

sulla somma così rivalutata, agli interessi legali dalla presente sentenza fino

all’effettivo soddisfo.

Non sono invece riconoscibili -ci si riferisce ad entrambe le condanne- i

richiesti interessi compensativi, congiuntamente alla rivalutazione monetaria, per il

periodo compreso fra il fallimento e la presente sentenza, in mancanza di prova del

danno da ritardo.

Tradizionalmente, a proposito di detta ulteriore somma di denaro, dovuta in

conseguenza del mancato godimento della somma originaria, liquidata per il danno

emergente, la giurisprudenza parla appunto di interessi compensativi (cfr. Cass.

11718/02; Cass. 2654/05), che vengono così a rappresentare una modalità

liquidatoria, in via equitativa, del danno da ritardo nei debiti di valore (Cass.

4242/03), in mancanza di prova specifica del danno da ritardo.

Se dunque è accolta questa sostanziale equipollenza in ambito di liquidazione

equitativa fra lucro cessante ed interessi compensativi e se è vera la premessa sul

concetto di danno-conseguenza e non più su quello di danno-evento, è allora evidente

che non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento di tali interessi in

funzione risarcitoria, con conseguente onere allegatorio e probatorio, anche attraverso

presunzioni, a carico del danneggiato per il loro riconoscimento (cfr. Cass. 12452/03;

Cass. 20591/04; Cass. 22347/07).

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Questi principi, dettati in ordine all’eventuale risarcibilità di un danno da

ritardo, sono stati recentemente ribaditi anche da Cass. 3355/10, che in motivazione

così precisa: “ … va ricordato che nei debiti di valore il riconoscimento di interessi

costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui

è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di

calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito.

Non gli è invece inibito di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme

progressivamente rivalutate; ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da

epoca intermedia; ovvero di determinare il tasso di interesse in misura diversa da

quella legale; ovvero, ancora, di non riconoscere affatto gli interessi se, in relazione

ai parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria e

dalla redditività media del denaro nel periodo considerato, un danno da lucro

cessante debba essere positivamente escluso (Cass., n. 748/2000, cfr. anche Cass.,

nn. 490/1999 e 10751/2002). ….”.

Del resto anche la nota Cass. SU 1712/95 richiede la prova -ed ancor prima-

l’allegazione di detto danno da mancato guadagno, in conseguenza del lamentato

ritardato pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno emergente

(cfr. Cass. SU 1712/95 : “ …. Tale prova può essere offerta dalla parte e

riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione

degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e

soggettive del caso. ….”).

In conclusione, solo qualora l’equivalente monetario attuale del danno

dovesse risultare in concreto, in base alle allegazioni e prove del danneggiato, non

sufficiente a tenere indenne costui da tutte le conseguenze pregiudizievoli del fatto

dannoso, a causa del ritardo con il quale la somma gli è stata erogata, il giudice può

liquidare tale danno anche sotto forma di interessi, a condizione che tale danno sia

ritenuto esistente prima del riconoscimento di detti interessi, che -come detto-

costituiscono una mera modalità di liquidazione del danno.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in

solido a carico dei convenuti.

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Sentenza n. 19331/2015 pubbl. il 29/09/2015RG n. 3711/2013

Repert. n. 18639/2015 del 29/09/2015

http://bit.ly/1tu7rSM

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25

Si dà atto che per la liquidazione delle spese deve essere applicato il Decreto

Ministero Giustizia n° 55 del 10/3/14 (GU n° 77 del 2/4/14) sui nuovi parametri

forensi, entrato in vigore il 3/4/14, prima che avesse termine l’attività professionale

del legale; l’udienza di p.c. si è infatti tenuta il 23/2/15 e i termini ex art. 190 c.p.c.

sono scaduti il 14/5/15 e pertanto deve essere applicato integralmente il nuovo

regime, alla luce dell’art. 28 del citato DM 55/14 (arg. ex Cass. SU 17405/12, in

relazione alla precedente riforma ex Decreto Ministero Giustizia 20/7/12 n° 140).

Si è proceduto alla somma degli importi medi indicati nella seconda tabella

(giudizi di cognizione innanzi al tribunale) e con riferimento allo scaglione di valore

‘260.001 - 520.000’, tenuto conto della natura e del valore (accertato) della

controversia, della qualità e quantità delle questioni trattate e dell’attività

complessivamente svolta dal difensore.

Va nuovamente riconosciuto il rimborso forfettario (art. 2, 2° comma, citato

DM 55/14).

P.Q.M.

definitivamente pronunciando:

in parziale accoglimento della domanda attrice, condanna in solido i convenuti

Soragni Enrico e Schirripa Antonella al pagamento, in favore dell’attore Fallimento

Pulites Srl (fall. n° 170/05) e a titolo di risarcimento danni, della complessiva somma

di 315.337,00 euro (la convenuta Schirripa fino alla concorrenza di 120.540,00 euro),

oltre alla rivalutazione monetaria, in base ai noti indici Istat sulla variazione dei

prezzi per le famiglie di operai ed impiegati, dalla data del fallimento (16/2/05) fino

alla presente sentenza e, sulle somme così rivalutate, agli interessi legali dalla

presente sentenza fino all’effettivo soddisfo;

rigetta la domanda attrice quanto al resto;

condanna in solido i convenuti al pagamento, in favore del fallimento attore, delle

spese di lite, che liquida in 21.387,00 euro per compensi professionali e in 3.000,00

euro per spese, oltre rimborso forfettario, Cp ed Iva come per legge.

Così deciso a Roma, 3/9/15

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Sentenza n. 19331/2015 pubbl. il 29/09/2015RG n. 3711/2013

Repert. n. 18639/2015 del 29/09/2015

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il Presidente

dott. Francesco Mannino

il Giudice estensore

dott. Francesco Remo Scerrato

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Sentenza n. 19331/2015 pubbl. il 29/09/2015RG n. 3711/2013

Repert. n. 18639/2015 del 29/09/2015

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