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1 REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei magistrati: Dott. Elena Riva Crugnola Presidente Dott. Angelo Mambriani Giudice relatore Dott. Marianna Galioto Giudice ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al N. 51854/2011 R.G. promossa da: CAPE NATIXIS SGR SPA gia' in amministrazione straordinaria ed oggi in liquidazione coatta amministrativa (C.F. 03749830968), rappresentata e difesa dall' Avv. GIUSEPPE LOMBARDI ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Andegari, 4/a 20121 Milano, come da procura a margine dell'atto di citazione ATTORE OPERA S.G.R. S.P.A. con socio unico, rappresentata e difesa dall' Avv. GIUSEPPE LOMBARDI ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Andegari, 4/a 20121 Milano, come da procura a margine dell'atto di intervento INTERVENUTO CONTRO SIMONE CIMINO (C.F. CMNSMN61L25F299F), rappresentato e difeso dall’ Avv. Francesco Paolo Di Trapani ed elettivamente domiciliato presso l' Avv. Mario Giuliano Scardi con studio in Milano, Viale Bianca Maria n. 22, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta Firmato Da: RIVA CRUGNOLA ELENA MARIA MEROPE Emesso Da: InfoCert Firma Qualificata 2 Serial#: 7b626 - Firmato Da: PORTALE MARIA LUISA Emesso Da: Postecom CA3 Serial#: 2bb1c - Firmato Da: PRIMAVERA ROBERTO Eme Firmato Da: MAMBRIANI ANGELO Emesso Da: ArubaPEC S.p.A. NG CA 3 Serial#: 1c6c4adbdcd7f48798c772e34222dd51 http://bit.ly/1XTIF9N

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REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA B

Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei magistrati:

Dott. Elena Riva Crugnola Presidente

Dott. Angelo Mambriani Giudice relatore

Dott. Marianna Galioto Giudice

ha pronunciato, in nome del Popolo Italiano, la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al N. 51854/2011 R.G. promossa da:

CAPE NATIXIS SGR SPA gia' in amministrazione straordinaria ed oggi in liquidazione coatta

amministrativa (C.F. 03749830968), rappresentata e difesa dall' Avv. GIUSEPPE LOMBARDI ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Andegari, 4/a 20121 Milano, come da procura a

margine dell'atto di citazione

ATTORE

OPERA S.G.R. S.P.A. con socio unico, rappresentata e difesa dall' Avv. GIUSEPPE LOMBARDI ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Via Andegari, 4/a 20121 Milano, come da procura a

margine dell'atto di intervento

INTERVENUTO

CONTRO

SIMONE CIMINO (C.F. CMNSMN61L25F299F), rappresentato e difeso dall’ Avv. Francesco Paolo

Di Trapani ed elettivamente domiciliato presso l' Avv. Mario Giuliano Scardi con studio in Milano,

Viale Bianca Maria n. 22, come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta

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MARCO ANDREA VISMARA (C.F. VSMMCN65C23F205D), rappresentato e difeso dagli Avv.ti

Roberto Esposito, Eugenio Tamborlini e Ugo Carlo Maria Onorato ed elettivamente domiciliato presso

lo studio di quest'ultimo in Via Compagnoni n. 31, 20129 Milano, come da procura in calce alla

comparsa di costituzione e risposta

GUIDO ARTURO DE VECCHI (C.F. DVCGRT66M04F205H), rappresentato e difeso dall’ Avv.

Martino Maria Ebner ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, via Freguglia n. 4,

come da procura a margine della comparsa di costituzione e risposta

JEAN DE SEVERAC, FREDERIC LE BRUN, JEAN FRANCOIS HELFER, JEAN LOUIS

DELVAUX, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Andrea Bernava, Monica Cuccuruto, Chiara Ortaggi,

Sebastiano Zimmitti ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in Via Verdi n. 2,

20121 Milano, come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta

FLAVIO VENTURI (C.F. VNTFLV50H28A944W), rappresentato e difeso dall’Avv. Santiago

Arguello ed elettivamente domiciliato presso l' Avv. Barbara Rita Sartirana con studio in Milano, Via

Fogazzaro n. 1, come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta

PIER ANGELO MAININI (C.F. MNNPNG57D20E801P), rappresentato e difeso dall’ Avv. Michele

Centonze ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in via Cerva n. 8, 20122 Milano, come da

procura in calce alla copia notificata dell'atto di citazione

GIOVANNI USUELLI (C.F. SLLGNN51L24F205O), rappresentato e difeso dall’ Avv. Sandro Ruffa

ed elettivamente domiciliato presso l'Avv. Elena Tomayer con studio in Milano, Via San Tomaso n. 5,

come da procura in atti

CONVENUTI

XL INSURANCE COMPANY LTD. rappresentata e difesa dagli Avv.ti Bruno Giuffre' e Marco Di

Mola ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, via G. Casati n. 1, come da procure

in calce alle copie notificate degli atti di citazione per chiamata di terzo

ACE EUROPEAN GROUP LTD., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Alberto Monti, Franco Monti e

Francesco Rolle ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Milano, Viale Monte Nero n. 53,

come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta

TERZI CHIAMATI

CONCLUSIONI

Le parti hanno precisato le conclusioni come da fogli depositati all'udienza di precisazione delle

conclusioni

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 29 luglio 2011 Cape Natixis S.G.R. in amministrazione straordinaria

(di seguito: Cape SGR in a.s.) ha promosso azione di responsabilità ex artt. 2392, 2393, 2407 c.c., 56

T.U.F., 72 T.U.B. nei confronti di ex componenti degli organi sociali e, segnatamente, gli

amministratori Simone Cimino, Marco Andrea Vismara, Guido Arturo De Vecchi, Jean De Severac,

Fredric Le Brun, Jean Francois Helfer, Jean Louis Delvaux ed i sindaci Flavio Venturi, Pier Angelo

Mainini, Giovanni Usuelli.

A costoro, in estrema sintesi, parte attrice muoveva cinque addebiti:

1) Con riferimento al Fondo Cape Natixia Private Equity Found (di seguito: CNPEF), avere il Cimino -

quale presidente del c.d.a. e legale rappresentante di Cape Natixis S.G.R. (di seguito: Cape SGR o la

Società) "capofila e coordinatore del Progetto Arkimedica" e, nel contempo, come socio e

amministratore di Arkimedica s.p.a. (di seguito: Arkimedica) - stipulato in data 13 febbraio 2006 un

accordo (di seguito: Accordo di Opzione) con cui veniva riconosciuta in favore dei sigg.ri Iuculano e

Matteini un' opzione di vendita di una partecipazione in Arkimedica, in conflitto di interessi ed a

condizioni sfavorevoli per Cape SGR.

2) Con riferimento al Fondo CNPEF, avere progettato ed eseguito un'operazione, denominata "stock

loan Arkimedica", avente come scopo la distribuzione di somme (€ 13,6 mln.) agli investitori nel

Fondo CNPEF e consistita nell'avere costituito un veicolo interamente partecipato dal Fondo CNPEF

(Tech Med s.p.a.) al quale è stata ceduta una partecipazione in Arkimedica detenuta dal Fondo stesso

pagata previo ottenimento di un finanziamento da Monte Paschi Siena s.p.a. e da Efibanca s.p.a. (stock

loan) con correlativo obbligo per il Fondo di "canalizzare", indirettamente a favore delle due banche

finanziatrici, tutti i proventi generati dal Fondo fino a concorrenza del rimborso dello stock loan, tutto

ciò con violazione delle norme regolamentari del Fondo che prevedono la possibilità di effettuare

distribuzioni agli investitori solo "a fronte di disinvestimenti" (artt. 3, commi 8-9, 16 e 18 del

Regolamento), che vietano di vincolare i proventi da disinvestimenti in nuove operazioni (artt. 5

comma 6 let. ii, 16, 18 del Regolamento), che impongono particolari obblighi di trasparenza (artt. 3, 11

del Regolamento).

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3) Con riferimento al Fondo Cape Natixis 2 (di seguito: Fondo CN2), avere effettuato un investimento

di € 49,6 mln. nella società Trafomec s.p.a. e di € 4,5 mln. nella società BBI Electric s.p.a., in presenza

di rischi e criticità non considerate, in violazione delle norme regolamentari che presiedono

all'operazione e comunque delle più elementari regole di diligenza, con impiego di consulenti in

conflitto di interessi, senza adeguato monitoraggio e gestione degli investimenti stessi.

4) Con riferimento al patrimonio di Cape SGR, avere stipulato un contratto di locazione con la socia

fondatrice e di maggioranza (51%) di un immobile sovradimensionato e ad un canone eccessivo.

5) avere adottato modalità irregolari di redazione del bilancio e non avere svalutato alcune

partecipazioni nel rendiconto dei Fondi (che non registrava in modo corretto la situazione della Società

ed il NAV dei Fondi stessi).

Parte attrice ha poi conseguentemente chiesto la condanna dei convenuti, in via tra loro solidale, al

risarcimento dei relativi danni, quantificati in euro 30,45 milioni o nella diversa somma che dovesse

risultare in corso di causa, oltre accessori.

* Con decreto in data 7 settembre 2011 il Giudice Istruttore differiva la prima udienza ex art. 168 bis

comma 5 c.p.c. al giorno 29 maggio 2012.

* In data 20 febbraio 2012 il Ministero dell'Economia e delle Finanze emetteva decreto con cui

sottoponeva la Società a liquidazione coatta amministrativa e, il giorno successivo, la Banca d'Italia

emetteva decreto di nomina del Commissario Liquidatore nella persona dell' Avv. Massimo Bigerna.

Entrambi i provvedimenti venivano pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 11 aprile 2012.

Il 20 aprile 2012 il convenuto non costituito Arturo De Vecchi depositava istanza di dichiarazione

dell'interruzione del processo.

Il 27 aprile 2012 ed il 3 maggio 2012 il Giudice Istruttore, su distinte istanze di parte attrice, emetteva

due decreti con cui differiva la prima udienza ex art. 168 comma 5 bis c.p.c. al 26 giugno 2012 ore

10,30, assegnando a parte attrice medesima termine per la notificazione ai convenuti dell'istanza e dei

decreti.

Il 21 maggio 2012 si costituiva Cape Natixis SGR in liquidazione coatta amministrativa (di seguito:

Cape SGR in l.c.a.), dichiarando di proseguire il giudizio ex art. 302 c.p.c. e di fare proprie tutte le

domande, difese, deduzioni e produzioni già svolte da Cape SGR in a.s.

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Il 29 maggio 2012 si costiuiva il convenuto Cimino, il 31 maggio 2012 si costituiva il convenuto

Venturi, il 5 giugno 2012 si costituivano il convenuto Usuelli ed il convenuto Mainini, il 6 giugno 2012

si costituivano i convenuti De Severac, Le Brun, Helfer, Delvaux (di seguito collettivamente anche: gli

amministratori francesi).

Con decreto del 15 giugno 2012 il Giudice istruttore differiva ex art. 269 comma 2 c.c. l'udienza fissata

per il 26 giugno 2012 all' 11 dicembre 2012 per consentire ai convenuti De Severac, Le Brun, Helfer,

Delvaux di citare i terzi XL Insurance Company Ltd (di segutio: XL) ed ACE European Group Ltd. (di

seguito: ACE).

All'udienza dell' 11 dicembre 2012, le parti svolgevano contestazioni e deduzioni meglio indicate a

verbale e il processo veniva rinviato all'udienza del 21 maggio 2013 per consentire a parte attrice di

rinnovare la citazione - nulla ex art. 164 comma 1 c.p.c. per omessa indicazione dell'avvertimento di

cui all'art. 163 comma 3 n. 7 c.p.c. - nei confronti di tutti i convenuti, compresi De Vecchi e Vismara

allora non costituiti in giudizio.

Rispettivamente il 29 aprile 2013 ed il 30 aprile 2013 si costituivano in giudizio i convenuti Vismara e

De Vecchi, chiedendo ex art. 269 c.p.c. il differimento della fissata udienza per citare i terzi XL ed

ACE, differimento che veniva disposto con decreto del 2 maggio 2013 con cui veniva fissata l'udienza

del 15 ottobre 2013.

All'udienza del 15 ottobre 2013 interveniva Opera SGR s.p.a. (di seguito: Opera) ex art. 105 c.p.c.

depositando apposito atto di costituzione, anche nella qualità di attuale gestore dei Fondi, facendo

proprie le domande già svolte in giudizio da Cape SGR in l.c.a. e dichiarando di non proporre domande

nei confronti degli amministratori francesi. Sia Opera che Cape SGR in l.c.a. riferivano di avere

concluso in data 28 febbraio 2013 un accordo avente ad oggetto la cessione dell'azione di responsabilità

(doc. 7 Cape SGR in l.c.a.). Pertanto anche ai sensi degli artt. 90 comma 2 e 92 comma 9 TUB, Cape

SGR in l.c.a. chiedeva la propria estromissione dal giudizio. Cape SGR in l.c.a. depositava

dichiarazione di rinuncia agli atti a spese compensate nei confronti degli amministratori francesi e

costoro accettavano la rinuncia agli atti a spese compensate, precisando di rimanere in causa in ragione

delle domande di manleva trasversali loro rivolte da altre parti e di mantenere pertanto le domande nei

confronti delle assicurazioni terze chiamate. Subito dopo seguiva la dichiarazione da parte dell'Avv.

Tumiatti Laura in ordine all'intervenuto decesso dell'Avv. Camillo Scarselli ed all'intervenuta rinuncia

al mandato da parte dell' Avv. Catrerina Scarselli, entrambi procuratori del convenuto Usuelli, con

conseguenti istanze di declaratoria di interruzione del processo. Sull'argomento le parti erano

autorizzate a depositare memorie e la questione veniva decisa con ordinanza del 20 febbraio 2014 - che

qui si intende richiamata e trascritta - con rinvio del processo all'udienza del 18 marzo 2014.

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A quest'ultima udienza l'Avv. Ruffa si costituiva per il convenuto Usuelli. Cape SGR in l.c.a. insisteva

nella richiesta di estromissione ex art. 92 comma 9 TUB; insisteva per la dichiarazione di estinzione dei

rapporti processuali con i quattro amministratori francesi, precisando che Opera non aveva rivolto

domande nei confronti dei quattro amministratori francesi; insisteva per la dichiarazione di

inammissibilità/improcedibilità delle domande riconvenzionali formulate nei suoi confronti. Seguivano

contestazioni e deduzioni delle altre parti come da verbale e, in particolare, la dichiarazione di rinuncia

agli atti da parte del convenuto Vismara a spese compensate nei confronti dei quattro amministratori

francesi i quali, per mezzo del loro procuratore, accettavano la rinuncia alle condizioni indicate.

Seguivano le declaratorie di estinzione dei relativi rapporti processuali.

Il processo veniva quindi rinviato per precisazione delle conclusioni essenzialmente al fine di risolvere,

con sentenza defnitiva o non definitiva, le numerose e complesse questioni preliminari processuali

proposte dalle parti.

All'udienza del 10 giugno 2013 il convenuto Venturi dichiarava di rinunciare agli atti nei confronti dei

quattro amministratori francesi a spese compensate e costoro, a mezzo del procuratore, accettavano

sicché i relativi rapporti processuali venivano dichiarati estinti dal Giudice a spese compensate tra le

parti. Il convenuto Venturi, inoltre, consentiva alla estromissione di Cape SGR in l.c.a. "anche ex art.

111 c.p.c.". Le parti precisavano le conclusioni come da fogli depositati, vistati ed inseriti nel fascicolo

processuale.

* Le eccezioni e domande preliminari processuali possono essere sintetizzate come segue:

I) Parti convenute hanno eccepito la nullità dell'atto di citazione ex art. 164 comma 1 c.p.c. per omesso

avvertimento di cui all' art. 163 comma 3 n. 7 c.p.c.

II) Parti convenute hanno eccepito l' avvenuta interruzione del processo a causa del decesso dell'Avv.

Camillo Scarselli, difensore del convenuto Usuelli, e della rinuncia al mandato dell'altro difensore,

Avv. Caterina Scarselli.

III) Parti convenute hanno eccepito l' estinzione per processo per intervenuta interruzione ex art. 43

comma 3 l.f., mancata/tardiva riassunzione e per essere la comparsa di riassunzione depositata da parte

attrice inefficace e tardiva.

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7

IV) Parti convenute hanno eccepito l' insussistenza della titolarità del diritto risarcitorio e/o difetto di

legittimazione attiva e/o carenza di interesse ad agire di Cape SGR in l.c.a.

V) Parte attrice Cape SGR in l.c.a. ha chiesto la propria estromissione dal processo ex art. 92 comma 3

TUB.

VI) Parti convenute hanno eccepito l' insussistenza della titolarità del diritto risarcitorio e/o difetto di

legittimazione attiva e/o carenza di interesse ad agire di Opera in quanto: a) mancante di specifico

mandato da parte degli investitori dei fondi; b) le azioni ex art. 2392, 2393, 2394 c.c. - oltre al fatto che

nessuno dei convenuti è stato componente degli organi di amministrazione e controllo di Opera -

competono solo al commissario liquidatore di Cape SGR ex art. 2394 bis c.c.; c) l'asserito danno

causato dalla locazione dell'immobile di via Monte Rosa sarebbe stato subito da Cape SGR e non da

Opera; d) Opera verserebbe in conflitto di interessi in quanto avrebbe assunto la posizione di Cape

SGR, soggetto che avrebbe danneggiato gli investitori nei Fondi, e, nel contempo, di loro

rappresentante.

VII) Parte convenuta Venturi ha chiesto disporsi la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. per la

pendenza di controversie asseritamente pregiudiziali in merito alla c.d. "Operazione put" (Addebito n.

1) ed alla "Operazione BBI" (Addebito n. 3).

VIII) Cape SGR in l.c.a. ed Opera hanno eccepito l'inammissibilità/improcedibilità delle domande ed

eccezioni riconvenzionali formulate dai convenuti, in particolare quelle formulate dai convenuti

Venturi e Usuelli.

IX) Gli amministratori francesi hanno chiesto dichiararsi l' estinzione ex art. 306 c.p.c. dei rapporti

processuali con i convenuti Usuelli e Mainini, a spese compensate.

X) Gli amministratori francesi hanno chiesto accertarsi il loro diritto di ottenere dalle terze chiamate

ACE e XL la rifusione delle spese processuali e delle spese di difesa nei procedimenti amministrativi

connessi, in forza delle polizze assicurative in essere tra loro.

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8

In ordine alle domande ed eccezioni sopra indicate vale considerare quanto segue.

I') L'eccezione sub I) è stata sollevata da alcuni dei convenuti e dei terzi chiamati in sede di comparsa

di risposta ma è stata superata dal rilievo dell'invalidità all'udienza del 11 dicembre 2012, con

conseguente rinvio dell'udienza al fine di consentire a parte attrice la rinnovazione della citazione

emendata dal vizio. Poiché parte attrice ha validamente rinnovato la citazione dei convenuti, la nullità

deve ritenersi sanata e la relativa eccezione rimane superata.

II') In ordine all'eccezione sub II) il Collegio fa propria l'ordinanza emessa al riguardo dal Giudice

Istruttore in data 20 febbraio 2014, che di seguito si riporta.

"... All'udienza del 15 ottobre 2013 è comparsa l'avv. Laura Tumiatti, la quale ha riferito che il procuratore del

convenuto Usuelli, avv. Camillo Scarselli è deceduto in data 19 settembre 2013, e che l'avv. Caterina Scarselli

aveva rinunciato precedentemente al mandato in data 28 giugno 2013 ed ha prodotto certificato di morte

dell'avv. Camillo Scarselli - procuratore del convenuto Giovanni Usuelli - nonchè lettera raccomandata a mano

con cui l'avv. Caterina Scarselli - anch'essa procuratrice del medesimo convenuto con poteri disgiunti - avrebbe

rinunciato al mandato professionale in data 28 giugno 2013.

Parti convenute hanno sostenuto che il processo sarebbe interrotto ex art. 301 comma 1 c.p.c. a far data dal

decesso dell'avv. Camillo Scarselli. Parte attrice si è opposta alla dichiarazione di interruzione sostenendo che

non ve ne sono i presupposti.

Vale dunque verificare se il processo sia interrotto dal 19 settembre 2009 o no.

* La prima questione concerne l'identificazione degli (eventuali) effetti rispetto alle altre parti ed al processo

della rinuncia al mandato da parte dell'avv. Camilla Scarselli e del momento di decorrenza di tali (eventuali)

effetti, premettendo che, come noto, distinti sono il rapporto tra parte e procuratore e quello tra la parte ed il suo

procuratore da un lato e, dall'atro, le altre parti processuali.

Sono rilevanti in proposito l'art. 85 e l'art. 301 comma 3 c.p.c.

Le due norme, evidentemente connesse, vanno lette congiuntamente.

Dalla loro lettura congiunta emerge che, se è certamente vero che il legislatore ha inteso tutelare - evitando la

vacatio dello ius postulandi - la parte colpita da eventi indipendenti dalla sua volontà e che ne minano alla radice

la concreta possibilità di difesa (es.: morte del procuratore), è anche vero che il legislatore ha inteso parimenti

tutelare le altre parti e l'interesse pubblico alla celebrazione del processo rispetto alla possibilità che il suo corso

sia ritardato dal compimento di atti che rientrano nella mera disponibilità di una sola parte (revoca della procura)

o del suo procuratore (rinuncia alla procura). Ha perciò previsto non solo che la rinuncia/revoca del mandato

difensivo sono efficaci nei confronti delle altre parti soltanto dalla sostituzione del procuratore, ma anche che la

rinuncia/revoca del mandato non hanno effetto interruttivo.

Se ne desume che, quando una revoca/rinuncia al mandato, possano essere coinvolti nell'interruzione del

processo - cioè quando, in presenza di procura rilasciata a due difensori uno assuma di avere revocato il mandato

in data anteriore al decesso dell'altro -, allora elementari esigenze di garanzia impongono che la data di rinuncia

al mandato risulti in modo certo.

Nel caso di specie, la data della rinuncia al mandato da parte dell'avv. Camilla Scarselli è divenuta certa solo con

il deposito della relativa lettera all'udienza del 15 ottobre 2013, sicchè, essendo la rinuncia al mandato

inopponibile alle altre parti sino quella data ed anzi anche oltre - non essendo intervenuta la sostituzione con

altro difensore -, il decesso in data anteriore dell'avv. Camillo Scarselli risulta inidoneo a determinare

l'interruzione del processo.

Tale ricostruzione trova altresì preciso riferimento nella giurisprudenza della Corte di cassazione, laddove

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'Qualora una parte sia assistita da due difensori, autorizzati a rappresentarla in giudizio sia congiuntamente che

disgiuntamente, la comunicazione del decesso di uno dei due difensori, fatta in giudizio dall'altro difensore, il

quale contemporaneamente dichiari di rinunziare al mandato, non determina la interruzione del processo, poiché

la rappresentanza processuale della parte si concentra nel procuratore superstite, che, nonostante la rinuncia,

continua a rappresentarla fino alla sua sostituzione con altro procuratore' (Cass., n. 3346 del 1990).

La Corte di cassazione, cioè, esattamente ricollega l'effetto di 'concentrazione della rappresentanza processuale'

nel procuratore superstite rinunciante al mandato non alla mera rinuncia al mandato - che, come notoriamente si

desume dallo stesso disposto dell'art. 85 c.p.c., spiega effetti solo nel rapporto interno con la parte - ma dal

momento in cui tale rinuncia è comunicata alle altre parti nel processo (in quel caso mediante dichiarazione in

udienza).

Cioè se, in presenza di unico difensore, l'unico atto che rende la rinuncia al mandato efficace verso le altre parti è

addirittura la sostituzione del difensore, allora è ragionevole intendere che, in presenza di due difensori, la

rinuncia al mandato di uno dei due, per determinare, nei confronti delle altre parti, l'effetto di concentrazione

della rappresentanza sul codifensore, deve essere loro comunicata.

Invero, in mancanza di quella comunicazione, le altre parti (e la Cancelleria) non hanno alcun motivo per

ritenere venuto meno il rapporto di rappresentanza e ben possono proseguire, sino alla sostituzione del

procuratore rinunciante, a svolgere nei suoi confronti tutte le attività processuali previste, che rimangono

pienamente valide.

In conclusione, sebbene ciò non sia espressamente previsto, si desume in modo molto chiaro dal combinato

disposto degli artt. 85 e 301 comma 3 c.p.p. che, se il codifensore (con mandato disgiunto) rinunciante intende

determinare l'effetto di concentrazione della rappresentanza della parte sull'altro codifensore con effetto verso le

altre parti processuali (e non solo verso la parte assistita) ha l'onere di effettuare idonea comunicazione. In

mancanza egli rimane, verso le altre parti e con riferimento al rapporto processuale in essere (comunicazioni di

Cancelleria), titolare della rappresentanza della parte.

Dalle superiori considerazioni discende che il processo non ha subito interruzioni per effetto del decesso, in data

19 settembre 2013, dell' Avv. Camillo Scarselli, anteriore alla comunicazione, nel processo ed alle altre parti,

della rinuncia al mandato dell'avv. Caterina Scarselli, comunicazione avvenuta mediante deposito della lettera di

rinuncia all'udienza del 15 ottobre 2013.

Si può dunque provvedere a rinviare il processo, sempre per l'espletamento degli incombenti di prima udienza, al

giorno 18 marzo 2014 ore 12,00

P.Q.M.

I) RIGETTA l'istanza di declaratoria di interruzione del processo. ...".

Nei successivi scritti le difese non hanno fatto altro che ribadire, in proposito, contestazioni e deduzioni

già esaminate e respinte nell'ordinanza sopra riportata. Esse sono risultate in ogni caso inidonee a

smentire il ragionamento decisorio ivi svolto e qui pienamente condiviso.

III') Le eccezioni di estinzione del processo per mancata/tardiva riassunzione e per essere la

comparsa di riassunzione depositata da parte attrice inefficace e tardiva non possono trovare

accoglimento.

Tali eccezioni si fondano sul presupposto interpretativo secondo cui la disposizione di cui all'art. 43

comma 3 l.f. - interruzione di diritto (c.d. "automatica") dei processi pendenti per effetto della

dichiarazione di fallimento - sarebbe applicabile anche alla procedura di liquidazione coatta

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amministrativa (1). Da tale presupposto essi fanno discendere che parte attrice avrebbe dovuto

riassumere il processo ex artt. 303 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c. e che non avendolo fatto o non avendolo

fatto tempestivamente, il processo sarebbe estinto ex art. 305 c.p.c.

L'infondatezza delle eccezioni deriva dall' infondatezza di quel presupposto interpretativo.

Invero l'art. 83 comma 2 TUB recita: "Dal termine indicato nel comma 1 si producono gli effetti

previsti dagli articoli 42, 44, 45 e 66, nonché dalle disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e

sezione IV della legge fallimentare".

E' dunque escluso il richiamo dell'art. 43 l.f.

A prescindere dalle questioni concernenti la capacità di stare in giudizio del liquidatore e la perdita

della capacità di stare in giudizio dell'imprenditore in l.c.a. - che pare pacifica, trattandosi di un effetto

generale e tipico delle procedure concorsuali -, questioni che qui non rilevano, quel che importa è

l'omesso richiamo del disposto del terzo comma dell' art. 43 l.f.

Quest'ultima norma, invero, in quanto speciale e derogatoria della disciplina di cui agli artt. 299 e 300

c.p.c., non può trovare applicazione a preferenza della normativa generale se non espressamente

richiamata e, per converso, il mancato richiamo comporta l'applicazione della normativa generale.

Nè assume particolare rilievo il fatto che l'art. 43 comma 3 l.f. è sopravvenuto rispetto alla norma del

TUB, sia perché, se il legislatore avesse voluto introdurla anche con riferimento alla liquidazione coatta

amministrativa, avrebbe modificato anche le relative norme, sia perché la sopravvenienza di una norma

speciale non comporta la restrizione dell'ambito applicativo di quella generale se non per i casi

espressamente previsti.

Tale ricostruzione è viepiù avvalorata dalla circostanza che l'art. 43 l.f. non è richiamato nemmeno

dall'art. 200 comma 1 l.f., che costituisce l'omologo, nella legge fallimentare, del citato art. 83 comma 3

TUB e che ha una formulazione assai simile. Inoltre la generale disciplina della liquidazione coatta

amministrativa ha subito modificazioni sia nel 2006 successivamente alla pubblicazione del D.Lgs. n. 5

del 17 gennaio 2003 (cfr. d.l. n. 181 del 2006 convertito con modificazioni dalla l.n. 233 del 17 luglio

2006), sia nel 2012 (d.l. n. 95 del 2012 convertito con modificazioni dalla l.n. 135 del 2012), ma il

legislatore non ha ritenuto di inserire alcun richiamo al disposto dell'art. 43 comma 3 l.f.

Nel senso dell'applicabilità delle norme codicistiche e non della norma fallimentare agli effetti del

provvedimento che ordina la liquidazione si sono del resto espressi: TAR Emilia Romagna, Sez. II, n.

1) Irrilevante l'eccezione del convenuto Vismara laddove richiama giurisprudenza in tema di interruzione automatica del

processo ex art. 299 c.p.c. per essere stata disposta la liquidazione coatta amministrativa di una società prima della sua

costituzione in giudizio: la liquidazione coatta di Cape SGR in a.s. è avvenuta dopo la sua costituzione in giudizio.

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724/2014 R.P.C., n. 1125/2011 Reg. Ric. del 9.7.2014; Cons. Stato, Sez. V, n. 1437 del 24.3.2014;

Trib. Arezzo 16.6.2014 (2).

Nel caso di specie, dunque, Cape SGR in l.c.a. ha correttamente azionato la procedura di prosecuzione

del giudizio ex art. 302 c.p.c., costituendosi in giudizio il 21 maggio 2012 mediante comparsa

depositata ex artt. 166, 167 c.p.c.

E' appena il caso di notare che, esclusa l'applicabilità dell'art. 43 comma 3 l.f., è pacifico il diritto della

parte colpita dall'evento interruttivo di proseguire il giudizio ex art. 302 c.p.c.

Tale costituzione è risultata tempestiva rispetto al termine di tre mesi di cui all'art. 305 c.p.c., anzitutto

perché il dies a quo non può essere computato dal giorno in cui è stato emesso il decreto del Ministero

dell'Economia e delle Finanze con cui la Società è stata sottoposta a liquidazione coatta, ed invece, per

elementari esigenze di coerenza con i principi costituzionali (artt. 3 e 24 comma 1 cost.), dal momento

della nomina del commissario liquidatore, avvenuta con decreto della Banca d'Italia il 21 febbraio

2012.

In ogni caso, il giorno 20 maggio 2012 era domenica sicché il termine di costituzione deve considerarsi

prorogato ex lege al giorno successivo (art. 155 comma 4 c.p.c.), appunto il 21 maggio 2012.

Il convenuto De Vecchi ha inoltre eccepito che l'istanza di differimento dell'udienza di comparizione

già fissata per il 26 maggio 2012 è stata presentata da Cape SGR in a.s. il 27 aprile 2012, cioè quando

tale soggetto non era più esistente a seguito del provvedimento di sottoposizione della società a

procedura di l.c.a. con il citato decreto MEF del 20 febbraio 2012 e che il relativo decreto, emesso dal

giudice in pari data, è stato poi notificato alle altre parti.

Anche questa eccezione non può essere accolta, poiché, come si evince dal disposto degli artt. 300

comma 2 e 302 c.p.c., il processo non è interrotto e l'interruzione va verificata all'udienza fissata, a

seconda che la parte legittimata alla prosecuzione si costituisca o no. Dunque, sino a quel momento, la

parte in causa non è la procedura, ma la società originariamente attrice, la quale dunque ben può

chiedere un differimento dell'udienza già fissata. Tale interpretazione è avvalorata dalla lettera dell' art.

302 comma 2 c.p.c., che, per il caso in cui non fosse fissata alcuna udienza, legittima all'istanza di

fissazione "la parte" cioè il soggetto costituito in giudizio, non dunque quello legittimato alla

prosecuzione, non ancora costituito. E se la parte - qui Cape SGR in a.s. - era legittimata a chiedere la

fissazione di udienza non ancora fissata, essa ben poteva chiedere il differimento di quella fissata. E'

appena il caso di aggiungere che, essendosi costituita fuori udienza il 21 maggio 2012, Cape SGR in

2) Inconferente invece il richiamo del convenuto Vismara a Cass., n. 29865 del 2008, poiché, in quel caso, la Corte di

cassazione di è espressa sull'interruzione del processo verificatasi ex art. 299 c.p.c. per effetto di liquidazione coatta

amministrativa di società di capitali disposta prima della costituzione della società stessa in giudizio. E' invece da ricordare

che, nel caso di specie, al contrario, la liquidazione coatta di Cape SGR in a.s. è stata disposta il 20.2.2012, ben dopo la

costituzione in giudizio della Società (3.8.2011).

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l.c.a. ben avrebbe potuto costituirsi all'udienza originariamente fissata per il 26 maggio 2011 e che

comunque non si è verificata né è stata prospettata alcuna lesione dei diritti di difesa dei convenuti (3).

Per i motivi sopra indicati deve rigettarsi l'eccezione di intevenuta interruzione ed estinzione del

giudizio.

IV') Le eccezioni sub IV) devono essere trattate congiuntamente in quanto strettamente connesse.

In particolare, parti convenute e terze chiamate hanno anzitutto eccepito la carenza di legittimazione

attiva di Cape SGR in l.c.a. (già in a.s.) ad esercitare azione di responsabilità contro i suoi (ex)

amministratori e sindaci.

In generale si eccepisce la mancanza di una norma che, in deroga al principio generale di cui all’art. 81

c.p.c., legittimi la SGR e, a maggior ragione, i commissari liquidatori (o il commissario straordinario)

ad iniziative giudiziarie in nome proprio ma nell’interesse dei partecipanti al fondo.

In particolare parti convenute e terze chiamate hanno eccepito che la SGR si sarebbe fatta portatrice di

una pretesa alla reintegrazione del patrimonio del fondo, per un verso a fronte di un suo stesso

inadempimento realizzatosi, nei confronti dei partecipanti al fondo, nell’ambito del rapporto di gestione

del medesimo, senza che i partecipanti abbiano agito nei confronti della SGR medesima, ed in presenza

di un conflitto con i partecipanti medesimi che pur sarebbero, in questa azione, "rappresentati" dalla

SGR senza che questa "rappresentanza" trovi un fondamento nè normativo nè contrattuale. Il conflitto

di interessi si sostanzierebbe nella circostanza che, agendo la SGR contro i suoi amministratori per fatti

di mala gestio dei beni presenti nel fondo, agirebbe, in realtà, per il principio di immedesimazione

organica degli amministratori e per la conseguente immediata imputazione a lei stessa dei loro atti,

contro se stessa, il che o la indurrebbe a non agire o ad agire al fine di ottenere paradossalmente una

reiezione delle domande risarcitorie proposte.

Inoltre la SGR non potrebbe agire in giudizio per richiedere il risarcimento dei danni asseritamente

patiti non certo dal fondo gestito ma dai fondisti (art. 36 comma 5 TUF), non costituendo questa attività

di gestione del fondo e non rientrando nell'oggetto del mandato gestorio.

Inoltre viene richiamata l’intervenuta abrogazione, con l’entrata in vigore del TUF, dell’art. 3 comma 4

l.n. 77 del 1983, che legittimava – in tesi introducendo un caso di sostituzione processuale – il

commissario straordinario ad agire in responsabilità nei confronti degli organi amministrativi e di

controllo della SGR “nell’interesse comune dei partecipanti ed a spese del fondo”. Se ne inferisce che,

3) Parte attrice ha altresì eccepito che: "Le norme che disciplinano l' interruzione del processo sono preordinate alla tutela

della parte colpita dal relativo evento, la quale è l'unica legittimata a dolersi dell'irrituale continuazione del processo

nonostante il verificarsi della causa interruttiva; ne consegue che, la mancata interruzione del processo non può essere

rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dall'altra parte come motivo di nullità" Cass., n. 610119 del 2009; Cass., n.

4688 del 2011; Cass., n. 19095 del 2011; Cass., n. 15713 del 2010.

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se la legittimazione processuale di cui si tratta fosse già appartenuta al patrimonio della SGR, non vi

sarebbe stato motivo di introdurre la norma, sicché, la sua abrogazione avrebbe il significato di

eliminare tale legittimazione.

Infine si prende spunto da una sentenza di questo Tribunale (4) in cui il fenomeno del fondo

d’investimento è accostato al Trust – in cui la SGR opererebbe alla stregua di un trustee, che può essere

revocato dall’assemblea dei partecipanti -, per avvalorare la tesi che il rapporto tra partecipanti al fondo

e SGR sarebbe identificabile con la proprietà fiduciaria e, per questa via, richiamare la giurisprudenza

che nega ai commissari liquidatori di società fiduciaria la legittimazione ad esercitare azione di

responsabilità contro amministratori e sindaci della società in ragione della separazione tra patrimonio

della società e patrimonio del fiduciante (5).

Secondo questa visione i partecipanti al fondo sarebbero gli unici legittimati a lamentare pro-quota il

risarcimento derivante dalla svalorizzazione del fondo per effetto degli atti di mala gestio degli

amministratori della SGR, potendo agire verso costoro ex art. 2395 c.c. o, secondo un convenuto

(Venturi), ex art. 2394 c.c.

Viene richiamato inoltre il diritto dei partecipanti ad agire nei confronti della SGR in forza del disposto

dell’art. 36 comma 5 TUF o comunque in base al contratto stipulato con la stessa SGR, per il suo

inadempimento. Dunque la SGR potrebbe agire verso i suoi amministratori solo in rivalsa, per farsi

rifondere quanto fosse stata costretta a pagare ai partecipanti su loro richiesta.

Ulteriormente si eccepisce che l’esistenza del danno effettivo risarcibile a carico del gestore del fondo

sarebbe configurabile solo dopo che si sia proceduto alla liquidazione della quota a favore degli

investitori, poiché solo allora i risultati della gestione sarebbero definitivi e come tali acquisiti al

patrimonio degli investitori, mentre in precedenza sarebbe sempre possibile che ad una gestione

inefficiente iniziale si sostituisca una gestione efficiente in grado di accrescere il valore delle quote,

compensando la perdita precedentemente subita.

Le eccezioni sopra formulate nei confronti di Cape SGR in l.c.a. (già in a.s.) sono poi riproposte nei

confronti di Opera, sottolineandosi altresì che la medesima, se succede nella stessa posizione

processuale di Cape SGR in l.c.a., allora si trova nella medesima posizione di confrlitto di interessi, e

che, in ogni caso, essa non potrebbe spiegare un'azione ex artt. 2392, 2393 c.c. verso gli odierni

convenuti, che non sono mai stati amministratori o sindaci di Opera, nè ex art. 2394 c.c. perché Opera

non è creditore di Cape SGR in l.c.a., oltre che per tutti i motivi sostenuti dalla stessa Opera nella sua

memoria conclusionale a confutazione della tesi espressa dal convenuto Venturi.

4) Trib. Mi, Sez. II, n. 5329 del 9.5.2012.

5) Cass., n. 4943 del 1999.

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* Le eccezioni sopra sinteticamente riportate sono infondate e non possono essere accolte.

Al fine di verificare se la SGR sia legittimata ad agire contro i propri amministratori per i danni che il

fondo abbia subito per effetto di loro atti di mala gestio si deve prendere le mosse dalla peculiare

situazione giuridica in cui versa il fondo gestito dalla SGR, dato questo a partire dal quale anche la

Corte di Cassazione ricostruisce il sistema nei termini noti (6).

Connotato essenziale del fondo, che si ricava esplicitamente dal disposto degli artt. 1 comma 1 let. J) e

36 comma 6 TUF, è che esso costituisce patrimonio separato tanto da quello della SGR, quanto da

quello di ciascun partecipante. Proprio questo connotato e l’assoluta distonia rispetto al sistema di un

suo possibile corollario in termini di possibilità di un patrimonio privo di titolare, oltre alla rinvenuta

assenza di una minima struttura organizzativa stabile, hanno funto da base dell’ interpretazione del

giudice di legittimità in termini di titolarità formale in capo alla SGR del patrimonio segregato nel

fondo - dunque delle posizioni giuridiche attive e passive che lo compongono - e, in capo ai

partecipanti al fondo, della proprietà sostanziale. Dove la prima può definirsi in termini di diritto di

disporre e non di godere di quei beni (con l’ulteriore vincolo di disporne a vantaggio dei partecipanti al

fondo: art. 36 comma 4, 40 comma 1 let. a TUF); e la seconda può definirsi in termini di diritto di

godere dei beni del fondo e dei loro frutti (con la precisazione che tale diritto di godere può essere fatto

valere solo indirettamente verso la SGR nelle forme e nei limiti contrattualmente previsti ed è

comunque collegato al diritto della SGR di disporre, costituendo solo quantitativamente l’effetto dell’

esercizio di quest’ultimo). E’ appena il caso di notare che, se non si riconoscesse alla SGR il potere di

disporre dei beni del fondo, nemmeno essa sarebbe in grado di svolgere la funzione di gestione che le è

normativamente attribuita come connotato essenziale dello stesso istituto dei fondi di investimento.

Di qui, secondo la richiamata giurisprudenza, la legittimazione, anche processuale, della SGR ad

esercitare i diritti ed adempiere agli obblighi ricollegati ai beni presenti nel fondo.

Beni ed obblighi ricollegati ai beni presenti nel fondo ed alla loro gestione naturalmente formano un

patrimonio, separato dai patrimoni della SGR e dei partecipanti al fondo, segregato nel fondo ed

oggetto di contabilità e bilancio appositi e separati (arg. ex art. 2447 sexies e septies c.c.). Ne deriva

che danni e risarcimenti, in qualunque forma verificatisi e da chiunque realizzati, devono essere

imputati, contabilizzati e portati nel bilancio del patrimonio separato (7),

6) "I fondi comuni d'investimento (nella specie, fondi immobiliare chiusi), disciplinati nel d. lgs. n. 58 del 1998, e succ.

mod., sono privi di un'autonoma soggettività giuridica ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del

risparmio; pertanto, in caso di acquisto nell'interesse del fondo, l'immobile acquistato deve essere intestato alla società

promotrice o di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di

pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia" Cass., n. 16605 del 2010. 7) Art. 2425 c.c., A5, E20; artt. 85 comma 1 let. f, 86 comma 1 let. b e comma 2, 88 comma 2 TUIR.

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Ciò posto, e rispetto alla visione primigenia della situazione giuridica in cui versano i beni segregati, è

evidente che non si può parlare, rispetto all’esercizio processuale dei diritti ricollegati ai beni stessi, di

sostituzione processuale ex art. 81 c.p.c., poiché, mancando il sostituito (il titolare dei beni, che non è

nè il fondo nè sono i partecipanti al fondo), il preteso sostituto (la SGR) nemmeno è tale. Né la SGR

sostituisce i partecipanti al fondo nell'azione contrattuale contro i componenti dei suoi organi

amministrativi e di controllo, poiché essi partecipanti, come si vedrà, non hanno azione contrattuale

verso costoro.

Ulteriore conseguenza dell’articolazione delle posizioni giuridiche della SGR, del fondo e dei

partecipanti, è che essa non è assimilabile a quella che si rinviene nel rapporto fiduciario, non nella

fiducia romanistica – perché i partecipanti non trasferiscono alla SGR i beni da gestire con obbligo di

restituzione a richiesta, i beni formano invece un patrimonio separato e non divengono di proprietà

sostanziale della SGR -, non nella fiducia germanistica (tipologia cui si riferiscono i rapporti tra società

fiduciarie ed i loro clienti), perché i beni che formano il fondo non sono nè rimangono in proprietà dei

partecipanti al fondo (mentre lo rimangono in capo al fiduciante) né costituiscono specifico oggetto di

un mandato gestorio, come nel negozio fiduciario. Dunque non vale richiamare la giurisprudenza

formatasi circa l’inammissibilità dell’azione risarcitoria della società fiduciaria verso i suoi

amministratori per mala gestio dei beni amministrati fiduciariamente (8): essi beni rimangono in piena

ed immediata proprietà dei fiducianti, sicché costoro subiscono un danno diretto dalla mala gestio degli

amministratori della fiduciaria, dunque è corretto affermare che essi sono pienamente tutelati ex art.

2395 c.c. (9).

Tanto premesso, va altresì riconosciuto che i partecipanti al fondo non hanno azione nei confronti degli

amministratori della SGR per i danni che il fondo abbia subito (es.: vendita di un bene del fondo a

prezzo inferiore al suo valore) perché tali danni non ineriscono al loro patrimonio, ma a quello – che è

separato – del fondo, di cui non sono titolari ed il danno che si ripercuote sul valore della quota è solo

un danno riflesso, come tale non risarcibile in base ai principi generali. Estremamente significativa, in

questo senso, è proprio l'abrogazione dell'art. 3 comma 6 l.n. 77 del 1983, il cui testo - nella parte in cui

8) "Nella società fiduciaria, i fiducianti - dotati di una tutela di carattere reale azionabile in via diretta ed immediata nei

confronti di ogni consociato - vanno identificati come gli effettivi proprietari dei beni da loro affidati alla società ed a questa

strumentalmente intestati; il mandato dei fiducianti ad investire il danaro, anche quando rimetta alla discrezione

professionale della società fiduciaria l'opzione tra le diverse ipotesi di investimento considerate nel mandato, è diretto a

costituire patrimoni separati da quello della società stessa ed intangibili dai creditori di quest'ultima. Ne consegue che

l'eventuale "mala gestio" dei beni dei fiducianti, da parte degli amministratori e dei sindaci della società, non comporta

lesione all'integrità del patrimonio sociale, sicché i commissari liquidatori sono privi di legittimazione ad agire per far valere

la responsabilità degli amministratori e dei sindaci nei confronti non della generalità dei creditori (per avere compromesso la

funzione di generica garanzia del patrimonio sociale, ledendone l'integrità), bensì dei fiducianti, ai quali soltanto (come ai

terzi danneggiati) spetta la legittimazione in ordine all'azione individuale di cui all'art. 2395 cod. civ.": Cass., n. 4943 del

1999, cit. 9) V. anche Cass., n. 22099 del 2013.

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legittimava i partecipanti al fondo ad agire contro gli organi della SGR per il danno riflesso subito per

effetto dei loro atti di mala gestio - non è stato più riproposto nel TUB, nè nel TUF, sancendo appunto

la carenza di legittimazione di cui si discute (v. postea).

Ne consegue l’inammissibilità di un’azione siffatta o la carenza di legittimazione attiva dei partecipanti

al fondo a chiedere agli organi della SGR il ristoro del danno da svalorizzazione della quota come

effetto indiretto del danno direttamente subito dal patrimonio segregato nel fondo.

E’ altresì evidente che tale azione non è sussumibile nel rilevante degli artt. 2395 e 2043 c.c., che

invece suppongono risarcibile solo il danno diretto al patrimonio del soggetto leso. In sostanza, l’azione

di cui all’art. 2395 c.c., al cui esercizio pure i partecipanti al fondo sono titolati, poiché si sostanzia

nella risarcibilità soltanto del danno diretto che gli amministratori della SGR avessero provocato al loro

patrimonio, non conferisce loro tutela rispetto agli atti di mala gestio che avessero colpito direttamente

il patrimonio segregato nel fondo, e si tratta dei casi in assoluto più frequenti e perniciosi.

Né i partecipanti al fondo hanno azione contro gli amministratori della SGR per il risarcimento dei

danni derivanti dall’inadempimento degli obblighi previsti dal contratto con la SGR o dall’art. 36

comma 5 TUF, poiché il referente di quegli obblighi e della responsabilità prevista ex lege, nonché

correlativamente legittimato passivo della relativa azione, è soltanto la SGR e non i suoi

amministratori, terzi rispetto a detti rapporti.

In questo contesto, se non si ammettesse che la SGR può agire nei confronti dei suoi amministratori e

sindaci per i danni provocati al patrimonio segregato nel fondo da atti di mala gestio che essi avessero

posto in essere, nessuno potrebbe agire direttamente nei loro confronti per ottenere il risarcimento del

danno derivante da tale inadempimento.

Né rileva menzionare il diritto di rivalsa della SGR verso i suoi amministratori per ottenere il rimborso

di quanto essa fosse stata costretta a pagare ai partecipanti che avessero agito contro di lei ex art. 36

comma 5 TUF. E ciò non solo e non tanto perché l’azione di un partecipante, data l’abituale

sproporzione tra costo dell’azione e danno che sarebbe a lui risarcibile (pro-quota), è sempre

improbabile e perché il risarcimento, quando come frequentissimo non fossero tutti i partecipanti ad

agire, sarebbe solo parziale, e perchè non consta sia ammissibile un'azione del singolo quale legittimato

straordinario a far valere i diritti di tutti i partecipanti, ma soprattutto perché la rivalsa o costituisce

effetto ex art. 2049 c.c. dell’azione dei partecipanti, dunque effetto di un’azione diversa rispetto a

quella di cui qui si discute, oppure rappresenta la miglior conferma proprio della sua ammissibilità.

Cioè, ipotizzare la rivalsa della SGR contro i suoi amministratori o è irrilevante o è confermativo

dell'esistenza in capo alla SGR del diritto di agire contro i suoi amministratori per i danni procurati al

patrimonio separato.

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Constatata dunque la carenza di legittimazione attiva dei partecipanti al fondo da agire contro

amministratori e sindaci della SGR per i danni procurati al patrimonio segregato, va tuttavia

adeguatamente considerato che gli amministratori della SGR, accettata la carica, assumono ex lege e

per contratto, nei confronti della stessa SGR, il dovere di amministrare diligentemente non solo il

patrimonio della società, ma proprio e soprattutto i fondi costituiti in patrimoni separati.

Dunque, a fronte da un lato dell‟obbligo di gestione diligente assunto dagli amministratori verso la

SGR in ordine al fondo gestito, dall'altro della titolarità formale del patrimonio separato in capo alla

SGR, dall'altro ancora dell'obbligo della SGR di gestire il patrimonio del fondo a vantaggio del

partecipanti, ed infine della carenza di legittimazione dei partecipanti ad agire per il danno solo

indirettamente subito, si deve ammettere che la SGR possa agire in nome proprio contro i suoi

amministratori per ottenere il risarcimento dei danni da loro provocati al fondo gestito.

Si deve cioè ritenere che tale legittimazione si fonda sul rapporto tra la SGR ed i suoi amministratori, e

rientra, sul piano sostanziale, nel concetto stesso di titolarità formale del patrimonio separato e, sul

piano processuale, nel diritto di agire a tutela di quel patrimonio quale proprietario formale (10

).

Cioè, una volta riconosciuto che le azioni di cui dispongono i partecipanti al fondo non esauriscono la

tutela di cui il fondo stesso necessita e che la SGR assume ex lege una posizione di garanzia rispetto

all’integrità patrimoniale del fondo, i suoi amministratori divengono possibili destinatari dell’azione

risarcitoria da parte della SGR ex contractu non meno del locatario che abbia danneggiato un’immobile

del fondo o del venditore alla SGR di un pacchetto azionario destinato al fondo che abbia lucrato per

dolo un prezzo maggiore del valore delle azioni vendute (11

).

Si tratta peraltro di un'azione peculiare rispetto all'azione sociale di responsabilità propriamente detta,

perché, sebbene si radichi nel rapporto che la SGR instaura con i propri amministratori, essa si risolve

in favore del patrimonio separato stesso e non del patrimonio della SGR.

Quanto alla situazione di conflitto di interessi rilevata da parti convenute vale osservare quanto segue.

Anzitutto il problema del conflitto di interessi si pone sia su un piano sostanziale - es. artt. 2373, 2391,

2391 bis c.c. -, sia sul un piano processuale (es. art. 78 c.p.c.).

Quanto al primo aspetto - che è quello su cui più fanno leva i convenuti -, se ne deve riconoscere

l'esistenza: la SGR può essere chiamata dai partecipanti al fondo a rispondere ex art. 36 comma 5 TUF

degli stessi danni il cui risarcimento essa chiede ai propri amministratori e che le sono imputabili per il

principio di immedesimazione organica.

10

) Cass., n. 16605 del 2010. 11

) La giurisprudenza di legittimità è di merito ha in più occasioni affermato che la SGR “è legittimata ad agire in giudizio

per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia” (Cass., n. 12187 del 2013; Cass.,

n. 16605 del 2010; Trib. Milano, SSIB, 2.7.2013; Trib. Milano, SSIB, 4.10.2013; Trib. Milano, sez. II; 29.3.2012).

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Tuttavia si deve considerare che, sul piano sostanziale, in via generale, il conflitto di interessi non

inibisce a chi ne è portatore di esercitare i propri diritti (di voto, di gestione), salvo che sono apprestate

cautele al fine di evitare che il soggetto tutelato (in via generale: la società) possa ricevere danno

dall'esercizio di quei diritti.

Ciò posto, va rilevato che - esattamente all'opposto di quanto affermato dai convenuti - il conflitto della

SGR, per lei vantaggioso e svantaggioso per il patrimonio gestito e per i partecipanti al fondo, si

manifesta semmai quando essa, asservita agli interessi propri, si astiene dall'agire contro i suoi

amministratori, non già invece quando, dimostrando di essere libera dal conflitto, agisce contro di essi.

Nè vale prefigurare l'assurda ipotesi della SGR che agisce contro i suoi amministratori per ottenere una

sentenza di rigetto delle sue domande, sia perché, sul piano pratico essa ha a disposizione la più

comoda ed assai meno rischiosa strada di non agire, sia soprattutto perchè la sentenza di rigetto delle

domande risarcitorie svolte dalla SGR verso i propri amministratori non è opponibile ai partecipanti al

fondo nel processo da questi intentato nei suoi confronti ex art. 36 comma 5 TUF, in quanto soggetti

terzi estranei al processo svoltosi tra SGR ed amminitratori (12

).

In secondo luogo la questione del conflitto di interessi è questione che si pone, sul piano sostanziale,

nei rapporti tra rappresentante e rappresentato (artt. 1394, 1395 c.c.).

Tuttavia, nel caso di specie, "... non si può certo postulare l'esistenza di un rapporto di mandato o di

rappresentanza tra la medesima società di gestione ed il fondo: perché questo implicherebbe una

duplicità soggettiva che non è invece ravvisabile" (13

).

Nè il conflitto è ravvisabile tra la SGR ed i partecipanti ai fondi perché la SGR non è rappresentante dei

partecipanti stessi.

Tanto considerato, ne deriva che, quando la SGR agisce, il conflitto si manifesta non già nei confronti

dei partecipanti al fondo - perchè la SGR sta agendo in loro favore al fine di ripristinare il valore del

patrimonio segregato e indirettamente delle quote del fondo -, ma semmai nei confronti degli

amministratori convenuti, dai quali non potrà essere rappresentata nell'azione contro di loro.

Nel caso di specie, tuttavia, tale conflitto non è ipotizzabile, poiché Cape SGR è stata rappresentata

nell'azione intrapresa contro gli attuali convenuti, prima dai Commissari straordinari - Prof. Roberto

Tasca e dott.sa Stefania Chiaruttini - e poi dal Commissario liquidatore - Avv. Massimo Bigerna -.

Si deve aggiungere che il conflitto è altresì escluso perché l'azione è stata promossa e proseguita in un

ambito di procedure - l'amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa

12

) Cass., n. 24165 del 2013; Cass., n. 27427 del 2005. 13

) Cass., n. 16605 del 2010.

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disciplinate dalle norme del TUF e del TUB - fortemente connotate da elementi e finalità

pubblicistiche, tali da potersi escludere che essa sia stata strumentalizzata a favore della SGR.

In ogni caso è dirimente la circostanza che Cape SGR in l.c.a. non è più gestore dei Fondi (ma prosegue

il processo ex art. 111 c.p.c.: v. postea) e Opera non potrebbe essere convenuta dai partecipanti ai

Fondi per danni in ipotesi occorsi quando non era gestore dei Fondi.

In conclusione appare tutt’altro che assurdo o inconcepibile o foriero di conflitto di interessi – come

invece affermano i convenuti – ammettere che la SGR possa agire contro i suoi amministratori per i

danni che essi abbiano provocato al fondo, pur in mancanza di previa azione dei partecipanti nei suoi

confronti: essa, nell’esercizio delle sue funzioni, dei suoi doveri contrattuali e dei suoi diritti, ben può

prevenire l’azione dei partecipanti ai suoi danni, anticipandola, previamente sterilizzandone gli effetti

sostanziali, svolgendo un' opportuna azione perequativa delle posizioni di chi abbia agito e di chi non

lo abbia fatto, proprio mediante la proposizione di un'azione risarcitoria contro i propri amministratori

per il risarcimento volto a ristorare i danni che abbiano provocato al (patrimonio segregato nel) fondo.

All'esito delle considerazioni tutte sopra svolte, si impone una lettura degli artt. 72 comma 5 TUB (14

) e

56 comma 3 TUF, 84 comma 5 TUB (15

) e 57 comma 3 TUF nel senso che, laddove è menzionata la

“azione sociale di responsabilità” - espressione che evidentemente richiama il disposto degli artt.

2392, 2393, 2407 comma 3 c.c. - essa debba essere intesa come riferentesi alla legittimazione non solo

all‟azione per il risarcimento del danno subito, per effetto della mala gestio dei suoi amministratori,

dal patrimonio della SGR, ma anche all‟azione per il risarcimento che quegli atti abbiano provocato al

fondo, quale patrimonio separato gestito dalla SGR medesima.

Resta solo da chiarire che, in questo quadro interpretativo, l'abrogazione dell’art. 3 comma 6 l.n. 77 del

1983 va inteso non già come sopravvenuta carenza di legittimazione straordinaria della SGR ad

esercitare i diritti dei partecipanti al fondo, quanto invece come implicito riconoscimento di una

legittimazione autonoma in capo alla SGR di agire a tutela dell'integrità del patrimonio separato in

quanto coessenziale alla struttura, posizione e funzione della SGR stessa. Si deve sottolineare, infatti,

che parti convenute hanno citato il testo della norma solo nella parte in cui facoltizzava il commissario

straordinario ed i commissari liquidatori ad esercitare, previa autorizzazione della Banca d'Italia,

14

) "5. L'esercizio dell'azione sociale di responsabilità contro i membri dei disciolti organi amministrativi e di controllo ed il

direttore generale, nonché dell'azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti o della revisione, spetta ai

commissari straordinari, sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca d'Italia. Gli organi succeduti

all'amministrazione straordinaria proseguono le azioni di responsabilità e riferiscono alla Banca d'Italia in merito alle

stesse". 15

) "5. L'esercizio dell'azione sociale di responsabilità e di quella dei creditori sociali contro i membri dei cessati organi

amministrativi e di controllo ed il direttore generale, dell'azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti,

nonché dell'azione del creditore sociale contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento, spetta ai

commissari, sentito il comitato di sorveglianza, previa autorizzazione della Banca d'Italia".

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l'azione di responsabilità nei confronti degli organi amministrativi e di controllo della SGR

"nell'interesse comune dei partecipanti e a spese del fondo". Hanno invece omesso di considerare che

la norma citata, nelle sue due versioni successive (16

), rispettivamente recitava anche "L'azione di

responsabilità può essere comunque esercitata da ciascun partecipante nei limiti del proprio interesse"

"Nei confronti degli stessi [gli organi amministrativi e di controllo della SGR: n.d.e.] ciascun

partecipante può esercitare l'azione di risarcimento dei danni". Dunque la legge prevedeva una

legittimazione concorrente dei commissari e dei partecipanti rispetto all'azione risarcitoria verso gli

organi della SGR. L'abrogazione della norma, cancellando l'azione dei singoli partecipanti al fondo nei

confronti degli organi amministrativi e di controllo per il danno indiretto subito - azione non più

riproponibile in base ai principi generali - e l'azione dei commissari "nell'interesse comune dei

partecipanti" non fa che rafforzare, in virtù delle considerazioni sopra svolte, la conclusione già

raggiunta in tema di legittimazione autonoma della SGR e degli organi delle relative procedure (questi

ex art. 72 comma 5 TUB: v. supra) ad agire in responsabilità contro amministratori e sindaci della SGR

medesima per gli atti mala gestio che hanno determinato diminuzione di valore dei beni e diritti inclusi

nel fondo. Si deve cioè ritenere che la mancata riproposizione della norma che legittimava i

partecipanti al fondo ad agire contro gli organi della SGR rispecchia la volontà del legislatore, che ha

ritenuto di sottrarre questa azione alla disponibilità dei singoli investitori per attribuirla ai soli

commissari straordinari (e commissari liquidatori poi) della s.g.r., trattandosi dei soggetti chiamati a

gestire il patrimonio del fondo ad interim ed a porre in essere tutte le iniziative finalizzate a ricostruire

l'integrità del patrimonio del fondo (17

). Di qui la loro legittimazione ad agire verso coloro che hanno

illegittimamente causato una diminuzione di valore di quel patrimonio, tra i quali, se del caso, gli stessi

amministratori della SGR.

Rispetto al quadro come delineato, inoltre, risulta ulteriormente confermativa la ricostruzione di chi

(Venturi) sostiene che i partecipanti al fondo sarebbero legittimati all’azione dei creditori ex art. 2394

c.c. In proposito vi sarebbe da obiettare anzitutto che i partecipanti al fondo – specie di fondi chiusi –

non sono sempre e continuativamente creditori, ma lo divengono solo quando si realizzano le relative

condizioni contrattuali, spesso costituite dalla liquidazione stessa del fondo. Ne deriva che, anche in

questo caso, la tutela non è piena. Inoltre, come noto, i partecipanti sono creditori della SGR, non del

fondo, sicché l'azione ex art. 2394 c.c. avrebbe ad inutile riferimento il patrimonio della SGR e non il

patrimonio segregato nel fondo. Occorrerebbe poi che si spiegasse quale significato assume il concetto

di “insufficienza patrimoniale” rispetto a fondi in cui necessariamente i partecipanti, con l’acquisto

16

) Cfr. modifica introdotta dall'art. 4 D.Lgs. n. 83 del 1992. 17

) Rientra tra i compiti del Commissario straordinario quello di "rimuovere le irregolarità" e di "promuovere soluzioni utili

nell'interesse dei depositanti": artt. 56 TUF e 72 comma 1 TUB.

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della quota, assumono tutti allo stesso modo ed ab origine il rischio dell’investimento, talché si

potrebbe discutere circa la possibilità di qualificare il fondo come patrimonio del debitore destinato ex

art. 2740 c.c. a garanzia delle loro ragioni. Tuttavia, quando queste incertezze interpretative fossero

superate, non se ne ricaverebbe altro che una conferma dell’esperibilità, da parte della SGR, dell’azione

sociale anche a tutela dell’integrità del patrimonio separato, poiché, come noto, nella consolidata

sistematica codicistica, l’azione dei creditori (art. 2394 c.c.) non esclude, ed invece sempre

accompagna l’azione sociale (art. 2393 c.c.), sicché, ammessa la prima, ne discenderebbe una conferma

dell’ammissibilità dell’altra. E, del resto gli stessi artt. 84 comma 5 TUB e 57 comma 3 TUF, accanto

all’azione sociale prevedono proprio l’esperibilità, da parte del commissario liquidatore, dell’azione dei

creditori, non diversamente da quanto previsto, nel fallimento, dagli artt. 2394 bis c.c. e 146 l.f.

Infine è appena il caso di notare che, se un danno da inadempimento o comunque ingiusto è stato

causato al patrimonio segregato, non si vede su quali basi si possa affermare che esso possa essere

risarcito solo dopo la liquidazione del fondo o della quota: esso, al contrario – nell’impossibilità di

applicare impropriamente il principio della compensatio lucri cum damno ad atti gestori (dannosi e

lucrosi) tra loro diversi (18

) -, può essere ristorato solo mediante il dovuto risarcimento,

immediatamente suscettibile di essere chiesto ed ottenuto dai soggetti a ciò legittimati.

L’eccezione di carenza di legittimazione ad agire di Cape SGR in l.c.a. sollevata dai convenuti e terzi

chiamati deve pertanto essere rigettata.

* Parti convenute e terze chiamate hanno altresì eccepito carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.

e di legittimazione ad agire in capo a Cape SGR in a.s. in quanto al momento di introduzione del

presente giudizio essa non sarebbe stata, in tesi, il gestore dei Fondi. Ciò in quanto alla data di

consegna dell’atto di citazione agli ufficiali giudiziari – l’ 1 agosto 2011 - era stata già deliberata

dall’assemblea dei partecipanti al fondo, tenutasi il 29 luglio 2011, la revoca del mandato gestorio e la

sua devoluzione ad Opera. Da ciò deriverebbe sia che Cape SGR in a.s. sarebbe stata sin dall’origine

del processo priva di quel potere gestorio dal quale deriverebbe la sua legittimazione ad agire, sia di

effettivo e concreto interesse ad agire, poiché appunto non più titolare formale dei Fondi. Tale

ricostruzione sarebbe avvalorata dal tenore del comunicato diffuso lo stesso 29 luglio 2011, nella cui

intitolazione si legge “… da oggi Opera SGR s.p.a. assume la qualità di nuovo manager dei due fondi

…”.

L’eccezione è infondata.

18

) Cass. n. 992 del 2014; Cass., n. 23563 del 2014.

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Anzitutto, va chiarito, in fatto, che l’atto di citazione è stato portato alla notifica da Cape SGR in a.s. in

data 1 agosto 2011 e che la causa è stata iscritta a ruolo il 3 agosto 2011.

Le assemblee dei partecipanti ai fondi tenutesi il 29 luglio 2011, a loro volta, hanno approvato “la

proposta di sostituzione dell‟attuale società di gestione „Cape Natixis SGR s.p.a.‟, con la nuova società

di gestione „Opera SGR s.p.a.‟, con conseguente modifica della relativa indicazione nel Regolamento

del Fondo, con efficacia subordinata alla formalizzazione sia dei rapporti con la nuova SGR di

gestione, sia delle comunicazioni all‟uopo previste dalla legge”.

Solo con lettera in data 4 agosto 2011 (ricevuta in pari data) Opera ha comunicato di accettare

l’incarico di gestore dei Fondi con decorrenza dalla medesima data (doc. 97, 98 Cape SGR in l.c.a.).

La decorrenza dell’accettazione – 4 agosto 2011 – si ricava altresì dalla conforme dicitura recata dai

regolamenti attualmente vigenti dei Fondi.

In diritto si deve osservare anzitutto che il soggetto/ente/organo che ha statuito in punto di efficacia

della delibera di sostituzione della SGR è lo stesso che è titolare del potere di sostituzione, cioè

l'assemblea dei partecipanti al fondo, a ciò dunque pienamente legittimato.

In secondo luogo si deve considerare che l’art. 100 c.p.c. prevede che l’interesse ad agire va valutato al

momento in cui la domanda è proposta, anche se la carenza originaria non ne implica l'inammissibilità,

quando esso sopravviene al momento della decisione della causa (19

).

Nel caso di specie le domande risarcitorie sono state proposte da Cape SGR in a.s. in data 1 agosto

2011, quando gli atti di citazione sono stati consegnati all'ufficiale giudiziario per la notificazione,

essendo come noto quello il momento di perfezionamento della notificazione per il notificante (20

).

Quanto alla persistenza dell’interesse ad agire alla data della decisione, nel caso di specie - per i motivi

che si diranno e, in particolare, per avere Cape SGR in l.c.a. chiesto di essere estromessa dal processo

ed in ragione dell’accoglimento di tale domanda - non mette conto valutare tale questione.

Ai fini di cui si discute è dunque dirimente la circostanza che, come chiaramente si evince dal testo

delle delibere delle assemblee del 29 luglio 2011, la sostituzione di Cape SGR in a.s. con Opera è stata

sottoposta a condizione sospensiva, consistente nell' accettazione di Opera. Non si è dunque realizzata

una situazione di prorogatio, che suppone l'efficacia della causa di cessazione del potere gestorio (es.

scadenza della carica), ed invece il differimento del venir meno di tale efficacia in collegamento con il

verificarsi di un evento futuro (la formalizzazione dell' accettazione di Opera).

Quest’ultima è intervenuta solo il 4 agosto 2011 e con decorrenza da tale data, con la conseguenza che

la sostituzione del gestore dei Fondi può appunto dirsi efficace solo da quel giorno.

19

) Cass., n. 2406 del 1983; Cass., n. 2257 del 1978. 20

) Tra le tante: Cass., n. 10693 del 2007: Cass., n. 22320 del 2014; Cass., n. 15298 del 2008.

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Il 4 agosto 2011, tuttavia, le domande risarcitorie di cui si discute erano già state proposte, poiché la

citazione era già stata portata alla notificazione, la causa era stata iscritta a ruolo il giorno prima e le

notificazioni si erano anche perfezionate nei confronti di alcuni dei convenuti (es.: De Vecchi e Usuelli

in data 1.8.2011; Cimino e Vismara in data 2.8.2011).

Cioè, sino al 3 agosto 2011 compreso, Cape SGR in a.s. è rimasta società di gestione dei Fondi e,

siccome a tale data le domande era già state proposte, si può affermare che essa era titolare di interesse

ad agire.

Discorso identico a quello appena svolto vale con riferimento all'eccezione di carenza di legittimazione

ad agire di Cape SGR in a.s., svolta sulla bese delle medesime deduzioni qui considerate infondate.

E' appena il caso di aggiungere che, a fronte della successione e degli effetti degli atti e dei fatti sopra

menzionati, la valenza dell'intitolazione (non riportata nel contenuto) di un comunicato stampa è, ai fini

qui considerati, nulla.

Infine mette conto solo accennare - con riferimento alla relativa eccezione di carenza di interesse ad

agire sollevata dal conveuto De Vecchi - al fatto che la domanda concernente il danno causato dalla

"Operazione Put", indipendentemente dal fatto che sia stato qualificato dall'attore come "potenziale",

nel momento in cui è identificato dallo stesso nella "differenza tra il prezzo della Opzione PUT (Euro

13.058.871,00) e il valore di quotazione delle azioni Arkimedica" (p. 32 citaz.), è predicabile di

esistenza/inesistenza e, dunque, pone una questione di merito non concernente le condizioni

dell'azione.

* Il successivo sviluppo del processo non ha dato luogo ad alcuna irregolarità.

Invero, la sostituzione della SGR gestore dei Fondi, secondo l’interpretazione preferibile (21

) non

comporta il trasferimento del fondo da un soggetto ad un altro - perché la collocazione della “proprietà

sostanziale” non cambia, perchè la sostituzione è stata deliberata come tale dall'assemblea dei

partecipanti al fondo che in quel momento e perciò stesso esprimono una soggettività collettiva e

perché la SGR sostituita, non titolare dei Fondi, non avrebbe potuto trasferirli come tali alla SGR

subentrata -, ma solo, appunto, la sostituzione del soggetto gestore.

E’ particolarmente evidente, in questo caso, che il diritto al risarcimento concernente i Fondi, non è

passato da Cape SGR in a.s. a Opera, poiché, qualora il risarcimento fosse riconosciuto, esso andrebbe

ad incrementare i rispettivi patrimoni dei Fondi, non certo il patrimonio né di Cape SGR in a.s. o in

l.c.a., né di Opera.

21

) Trib. Milano, sez. VIII, ord. n. 73921/2011 r.g. del 2.4.2012; Trib. Milano, sez. VIII, ord. N. 23918/2012 R.G. del

30.5.2012.

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Nondimeno, peraltro, è altrettanto evidente che, con il passaggio della gestione, Opera ha acquisito a

titolo originario e senza trasferimento (né da Cape SGR in a.s., che non poteva trasferirla, né dai

partecipanti, che non ne sono titolari) la legittimazione formale ad esercitare i diritti ed adempiere agli

obblighi che formano i patrimoni segregati nei Fondi, ivi inclusa la legittimazione processuale.

Si tratta indubbiamente di un fenomeno sostitutivo peculiare non solo perché si verifica in assenza di

trasferimento di diritti od obblighi, ma anche perchè, rispetto alla fattispecie di nomina di nuovi

amministratori di società di capitali, si evidenzia la continuità del soggetto giuridico gestito che, avendo

personalità giuridica e capacità di agire, ha e mantiene in proprio la piena capacità processuale.

In ogni caso, tale fenomeno determina in capo alla SGR sostituita la perdita della legittimazione

processuale di cui si discute e il contemporaneo crearsi di detta legittimazione in capo alla SGR

subentrante.

Trova dunque applicazione analogica l‟art. 111 c.p.c., che appunto regola una situazione diversa - in

cui la parte che sta in giudizio trasferisce a titolo particolare il diritto controverso, così perdendo, sul

piano sostanziale, interesse e legittimazione processuale ad esercitarlo, interesse e legittimazione che

vengono acquisiti dall'avente causa -, rispetto alla quale vale però identica ratio di tutela delle parti

processuali (22

). L'effetto dell'applicazione dell'art. 111 c.p.c. è costituito, come noto, dalla perpetuatio

legitimationis in capo alla parte che sta nel processo, che può dunque proseguirlo rimanendo titolare di

tutte le relative posizioni giuridiche processuali attive e passive, salvo quanto stabilito appunto dalla

norma medesima (23

).

Nulla poi osterebbe all’applicazione di tale norma se si ritenesse – per quanto impropriamente – che la

sostituzione della SGR comporta addirittura un trasferimento del fondo o dei beni che lo compongono.

Applicando l’art. 111 commi 1 e 3 c.p.c. alla situazione processuale che ne occupa, risulta per un verso

che il processo è legittimamente proseguito tra le parti originarie anche dopo il subentro di Opera nella

gestione dei Fondi e che l’intervento di Opera nel processo, realizzatosi mediante costituzione

all’udienza del 15 ottobre 2013 (v. supra), è ammissibile. Da notare che, pur non essendo titolare di un

diritto patrimoniale proprio, l’intervento di Opera è da qualificare adesivo autonomo ex art. 105 comma

22

) Cass., n. 2030 del 1999; Cass., n. 10916 del 2000. 23

) "La successione per atto tra vivi a titolo particolare nel diritto controverso, disciplinata all'art. 111 cod. proc. civ.,

concerne la titolarità attiva e passiva dell'azione, e non già la capacità di agire applicata al processo, con la conseguenza che

essa non far venir meno né l'interesse ad agire o a resistere in capo agli originali attori e convenuti, né la legittimazione

dell'originario titolare del diritto. Tale legittimazione, tuttavia, ha portata meramente sostitutiva e processuale, con la

conseguenza che gli effetti sostanziali della pronuncia si spiegano solo nei confronti dell'effettivo nuovo titolare, sia o meno

il medesimo intervenuto in giudizio": Cass., n. 22503 del 2014. "La cessione di credito determina la successione a titolo

particolare del cessionario nel diritto controverso, cui consegue, ai sensi dell'art. 111 cod. proc. civ., la valida prosecuzione

del giudizio tra le parti originarie e la conservazione della legittimazione da parte del cedente, in qualità di sostituto

processuale del cessionario, anche in caso d'intervento di quest'ultimo fino alla formale estromissione del primo dal

giudizio, attuabile solo con provvedimento giudiziale e previo consenso di tutte le parti": Cass., n. 22424 del 2009.

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25

1 c.p.c., essendo essa legittimata a far valere un diritto (risarcitorio nell’interesse dei Fondi) nei

confronti di tutte le altre parti convenute e nei confronti della stessa Cape SGR in l.c.a.

Sempre in forza del disposto dell'art. 111 c.p.c. - per le ragioni appena sopra ricordate - vanno rigettate

le eccezioni dei convenuti De Vecchi e Vismara, che lamentano un presunto difetto di legittimazione di

Cape SGR in l.c.a. sia a depositare comparsa di prosecuzione del giudizio in data 21 maggio 2012, sia a

provvedere alla rinnovazione delle citazioni - nulle ex artt. 164 comma 3 e 163 n. 7) c.p.c., non

inesistenti - cui sono state autorizzate all'udienza del 11 dicembre 2012: giusta la norma appena

richiamata, l'attrice, nonostante avesse perduto il potere di gestire i Fondi e la relativa legittimazione

formale, era pienamente legittimata ad esercitare tutti i diritti insorgenti dal rapporto processuale in

corso, tra cui appunto quello di proseguirlo ex art. 302 c.p.c. e di rinnovare le citazioni dei convenuti.

E' poi appena il caso di notare che, contrariamente a quanto eccepito dai convenuti De Vecchi e

Vismara, la dichiarazione, resa di Cape SGR in l.c.a. all'udienza predetta in ordine al subentro di Opera

quale gestore dei Fondi, non ha determinato alcuna interruzione del processo, poiché tale dichiarazione

concerne un fenomeno (l'acquisto della legittimazione formale a gestire i Fondi da parte della SGR

subentrante) assimilabile - mutatis mutandis (v. supra) - alla successione nel diritto controverso (art.

111 c.p.c.) e non ai casi di interruzione di cui all'art. 299 c.p.c. Invero, Cape SGR in a.s. o in l.c.a. non

ha subito alcuno degli eventi ivi indicati e la perdita di legittimazione formale a gestire i beni inclusi

nei Fondi non può essere accostata a fenomeni quali la morte o perdita di capacità di stare in giudizio

del legale rappresentante della parte o la cessazione di tale rappresentanza perché, come detto, la SGR

non può essere ritenuta legale rappresentante del fondo gestito (v. supra).

In base all’art. 111 comma 3 c.p.c., infine, Cape SGR in l.c.a. potrebbe essere estromessa dal processo,

con il consenso delle altre parti. Tale consenso è stato manifestato solo dal convenuto Venturi, ma,

come si vedrà, l’estromissione è comunque dovuta ex artt. 90 e 92 TUB.

V') Cape SGR in l.c.a. ha chiesto la propria estromissione ex artt. 90 comma 2 e 92 comma 9 TUB,

oltre che ex art. 111 comma 3 c.p.c., adducendo che, con accordo in data 28 febbraio 2013, essa ha

ceduto ad Opera “anche ai fini e per gli effetti di cui all‟art. 90, comma II, del TUB … ogni e qualsiasi

diritto e/o pretesa e/o azione di cui è titolare collegata e/o connessa per qualsiasi motivo e/o titolo e/o

ragione con l‟Azione di Responsabilità fatta valere e/o fatta valere nell‟Azione di Responsabilità … ivi

inclusa ogni questione inerente la locazione degli uffici siti in Milano alla via Monterosa n. 88 … “ ed

anche “la propria posizione processuale nell‟ambito dell‟Azione di Responsabilità” (di seguito: l'

Accordo 28.2.2013).

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26

L’ eccezione svolta in proposito da alcuni convenuti – Cape SGR in l.c.a. non avrebbe potuto trasferire

ciò di cui non era titolare, cioè il diritto al risarcimento fatto valere in giudizio -, non coglie nel segno,

poiché incentrata soltanto sulla titolarità sostanziale del diritto.

Al contrario, l’amplissima lettera dell’accordo suindicato include ogni e possibile posizione giuridica

connessa all’azione di cui qui si tratta, dunque l'azione stessa e sinanco la posizione processuale della

medesima Cape SGR in l.c.a. nel presente processo.

Tale amplissima ed onnicomprensiva cessione rientra nel disposto dell’art. 90 comma 2 TUB, che

contempla anche il trasferimento di “rapporti giuridici”, da intendersi dunque nel senso più vasto e lato

del termine, ivi certamente ricompresi quelli di carattere processuale.

Si rende dunque applicabile il disposto dell’art. 92 comma 9 TUB, sicché, a seguito dell’intervento

della cessionaria Opera e della richiesta della parte, va disposta l’estromissione di Cape SGR in l.c.a.

dal processo senza che sia previsto né sia necessario il consenso delle altre parti.

Nè a tale conclusione osta l'eccezione sollevata dal convenuto De Vecchi in ordine all'obbligazione

concernente il pagamento delle spese processuali: i convenuti, che avevano come controparte Cape

SGR prima in a.s. e poi in l.c.a., a seguito della sua estromissione, si trovano quale controparte Opera

(in bonis), passibile eventualmente e qualora soccombente di condanna al pagamento delle spese

processuali, sicché la loro posizione rispetto alla questione delle spese processuali rimane identica in

diritto ed è considerevolmente migliorata in fatto.

VI') Le eccezioni di parti convenute che si riferiscono ad insussistenza della titolarità del diritto

risarcitorio e/o difetto di legittimazione attiva e/o carenza di interesse ad agire di Opera sono

infondate e non possono essere accolte.

Preliminarmente devono essere richiamate tutte le osservazioni sopra svolte in generale in ordine alla

legittimazione della SGR ad esercitare azione di responsablità nei confronti di suoi amministratori e

sindaci per danni arrecati al patrimonio dei fondi gestiti (v. par. IV').

Ciò posto, Opera vanta due titoli distinti in forza dei quali può agire.

Opera, anzitutto, risulta titolare dell'interesse ad agire e legittimata all'azione nei confronti degli

odierni convenuti - ex amministratori e sindaci dell'ex gestore Cape SGR - dal momento in cui è

divenuta gestore dei Fondi, cioè dal 4 agosto 2011, in ragione della titolarità formale del patrimonio

separato dei Fondi e della conseguente legittimazione processuale ad esercitare i relativi diritti.

Ciò legittima la SGR attuale gestore ad agire contro chiunque abbia, con il suo comportamento,

direttamente provocato danno ingiusto ai patrimoni gestiti e, tra questi soggetti, vi sono certamente

anche gli amministratori ed i sindaci della SGR ex gestore del fondo.

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27

Si tratta dunque di un'azione ex artt. 2043/2395 c.c., non avendo quegli amministratori e sindaci un

rapporto contrattuale con la SGR subentrata.

Opera ha dichiarato di esercitare l'azione "nell'interesse dei partecipanti al fondo, quali proprietari

sostanziali dello stesso" e "per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il

fondo si sostanzia" (p. 35, 41 menoria conclusionale Opera). E' peraltro corretto che Opera chieda la

condanna dei convenuti al risarcimento dei danni in proprio favore: essa non rappresenta nè i Fondi nè i

partecipanti. Altrettanto ovvio che le somme eventualmente percepite a titolo risarcitorio dovranno

essere destinate ai patrimoni separati in cui i Fondi si sostanziano ovvero, a scopo di soddisfazione

delle pretese dei partecipanti ex art. 36 comma 5 TUF verso Cape SGR, corrisposte ai medesimi.

Va altresì chiarito che, essendo il fondo un patrimonio separato, la "azione sociale" come sopra

descritta al par. IV'), concernente il danno consistente nella diminuzione del valore dei beni e diritti

inclusi nel fondo provocato dalla mala gestio dagli amminstratori della SGR, può essere esercitata dal

commissario straordinario o dal commissario liquidatore sino a che la SGR amministrata o in

liquidazione è gestore del fondo, ma, proprio perché di patrimonio separato si tratta (e non di

patrimonio della SGR), se la SGR in a.s. (o in l.c.a.) viene revocata quale gestore del fondo, gli organi

delle procedure perdono la legittimazione ad esercitare l'azione predetta, salvo l'effetto processuale di

cui all'art. 111 c.p.c.

A seguito dell'instaurazione del rapporto di gestione in capo alla nuova SGR con riferimento al

medesimo patrimonio separato, si forma iure proprio in capo a quest'ultima (che con l'accettazione

della nomina ha acquistato la relativa proprietà formale) la legittimazione ad agire ex art. 2395 c.c.

nei termini sopra indicati.

Nè assume rilievo - in questa interpretazione - che nessuno dei convenuti sia mai stato componente

degli organi di amministrazione e controllo di Opera, proprio perchè l'elemento che connota la

legittimazione attiva della SGR subentrata nella gestione non è il rapporto organico con gli

amministratori ma la titolarità formale del patrimonio separato e la legittimazione passiva di quei

soggetti non origina dal rapporto organico con i fondi - che non esiste - nè con la SGR originario

gestore, ma dal danno ingiustamente recato ai patrimoni segregati nei fondi in violazione di doveri di

diligente gestione/controllo che essi avevano assunto (24

).

24

) E' ben noto che la violazione di doveri contrattuali ben può integrare il requisito di antigiuridicità del danno causato al

patrimonio di soggetto diverso dalla controparte contrattuale.

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28

Infine si deve aggiungere che, una volta che Opera ha correttamente allegato i fatti costitutivi della sua

pretesa, non rileva la qualificazione che la medesima ha dato all'azione esercitata, essendo essa di

competenza del Giudice (25

).

Si è poi già detto che il processo, correttamente radicato da soggetto avente interesse ad agire - cioè

Cape SGR in a.s. - è stato legittimamente proseguito da tale soggetto e da Cape SGR in l.c.a. ex art.

111 c.p.c.

E' appena il caso di ribadire che Opera, in quanto formalmente titolare dei Fondi è perciò stesso - in

ragione di quanto sopra osservato - pienamente legittimata ad intervenire nel presente processo ex art.

105 comma 1 c.p.c.

Da sottolineare, in fatto, che Opera ha notiziato i partecipanti ai Fondi in ordine alla possibilità di

intervenire in giudizio, anche singolarmente, a tutela delle loro posizioni individuali, senza peraltro

ottenere indicazioni di sorta al riguardo (doc. 101 Opera).

Ulteriore titolo in forza del quale Opera può agire nei confronti degli odierni convenuti è poi costituito

dall' Accordo 28.2.2013, in forza del quale essa si è resa cessionaria dell'azione di responsabilità

esercitata da Cape SGR in a.s. e proseguita da Cape SGR in l.c.a. (v. supra).

E' escluso già in astratto ogni conflitto di interesse in capo ad Opera, poiché essa è carente di

legittimazione passiva, nei confronti dei partecipanti ai fondi, rispetto ad azioni risarcitorie concernenti

i fatti di cui si discute in questo processo, occorsi quando essa non era gestore dei Fondi.

Nè sussiste un conflitto tra Cape SGR in a.s. o in l.c.a. - pur ipotizzato da alcuni convenuti -, che

assurga a qualche rilevanza giuridica in questa sede processuale. Al contrario è evidente la comunione

di intenti ed il coordinamento che hanno connotato l'agire di Opera e di Cape SGR in l.c.a. rispetto a

questo processo, il tutto nel quadro del controllo esercitato dalla Banca d'Italia sulla procedura

liquidatoria, circostanze tutte che fanno escludere in radice conflitti di interessi di alcun genere e viepiù

tali addirittura da inficiare la validità della procura ad litem rilasciata da Opera ai suoi attuali

procuratori.

Considerato tutto quanto sinora osservato, non assume particolare rilevanza il fatto che Cape SGR in

l.c.a. e Opera, con l'accordo del 28 febbraio 2013, abbiano deciso di corrispondere ai partecipanti

somme ottenute dalla prima in sede di transazione conclusa con alcuni dei convenuti (artt. 2.4 e 4.6

dell'accordo). Invero tale decisione, si pone in linea di consequenzialità con la ricostruzione operata

sinora: avendo l'SGR (Cape SGR in a.s.) agito in qualità di gestore dei Fondi e come tale in qualità di

titolare formale dei diritti che compongono i rispettivi patrimoni, dunque non in nome ma nell'interesse

dei partecipanti ai Fondi, ha corrisposto le somme ottenute in sede transattiva da alcuni degli

25

) Cass., n. 21397 del 2014; Cass., n. 8008 del 2014; Cass., n. 9240 del 2013.

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29

amministratori convenuti ai partecipanti stessi, così intendendo soddisfare il diritto risarcitorio di

costoro, sotteso al disposto dell'art. 36 comma 5 TUF. Dal riconoscimento, da parte della SGR, di

questo diritto dei partecipanti non è lecito desumere nè la legittimazione esclusiva dei partecipanti a far

valere il diritto al risarcimento - poiché questo diritto essi possono far valere verso la SGR ma non

verso gli amministratori di questa -, nè la carenza di legittimazione della SGR ad agire nei confronti dei

componenti i propri organi per la svalorizzazione del patrimoni segregato, per tutti i motivi già

ampiamente illustrati (v. par. IV'). E' appena il caso di aggiungere, inoltre, che i convenuti non hanno

titolo alcuno per discutere modalità ed entità della ripartizione delle somme ottenute da Cape SGR in

l.c.a. a titolo di transazione dell'azione di responsabilità oggetto del presente processo.

Infine, quanto alla legittimazione di Opera a chiedere il risarcimento del danno derivante dalla

locazione dell'immobile di via Monte Rosa è appena il caso di considerare che essa trova

espressamente titolo nell'accordo di cessione stipulato con Cape SGR in l.c.a. il 28 febbraio 2013.

Nè i convenuti (cfr. memoria di replica De Vecchi) hanno interesse o legittimazione ad eccepire la

"esistenza" o "inesistenza" di tale diritto a seguito della transazione intervenuta tra Cape SGR in l.c.a. e

gli amministratori francesi ed all'imputazione che Cape SGR in l.c.a. abbia fatto (o, semmai, non abbia

fatto) rispetto ai titoli risarcitori azionati nel processo. Essi hanno invece interesse e legittimazione,

quali coobbligati solidali, ad interloquire soltanto in ordine all'oggetto di detta transazione - in

particolare se concernente solo la quota di responsabilità dei convenuti che hanno transato o se

concernente l'obbligazione risarcitoria nella sua integralità - ai fini e per gli effetti di cui all'art. 1304

c.c. In ogni caso la problematica concernente l'intervenuta estinzione o no del diritto risarcitorio di cui

si discute a seguito della transazione intervenuta tra Cape SGR in l.c.a. e gli amministratori francesi è

questione di merito che, come tale, necessita di apposito contraddittorio ex art. 183 comma 6 c.p.c.,

peraltro espressamente sollecitato da parte attrice.

VII') Il convenuto Venturi ha chiesto dichiararsi la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., per

essere pendenti due cause asseritamente pregiudiziali: a) causa n. 9023/2010 avanti il Tribunale di

Firenze, promossa da Arkigest s.r.l., Iuculano e Matteini, nei confronti di Cimino e Cape Natixis SGR

per conto del Fondo CNPEF (cui è poi subentrata Opera), volta ad ottenere la condanna di Cape Natixis

SGR – per conto e nell’interesse del Fondo CNPEF – al pagamento del corrispettivo delle azioni

Arkimedica; b) causa n. 80562/2010 avanti il Tribunale di Milano, promossa da Cape Natixis SGR

contro, tra gli altri i sigg.ri Regosa e Sebastiani per l’accertamento della condotta dolosa tenuta dai

convenuti nei confronti della SGR nell’ambito dell’operazione “BBI”.

L’eccezione è infondata poiché:

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30

- secondo giurisprudenza costante di legittimità per addivenire alla sospensione del processo

asseritamente “pregiudicato” occorre che le parti di quel processo e del processo pregiudiziale siano le

stesse. Nel caso di specie, al contrario, le parti del presente processo e quelle dei processi menzionati da

parte convenuta sono diverse.

- secondo giurisprudenza costante di legittimità per addivenire alla sospensione del processo

asseritamente “pregiudicato” occorre che le questioni oggetto del processo pregiudiziale siano in

rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica e non solo logica con le questioni oggetto del primo, dove

per pregiudizialità tecnica si intende che le questioni pregiudiziali devono costituire parte della

fattispecie dedotta come oggetto del processo pregiudicato, si che la sentenza resa nel processo

"pregiudiziale" possa fare stato nel processo "pregiudicato" (26

). Tale nesso non sussiste rispetto alla

prima delle due cause citate, poiché nel processo fiorentino si discute della validità, vincolatività,

esecuzione ed inadempimento della c.d. “opzione put” Arkimedica, mentre in questa sede è richiesto di

accertare se la stipula di quel contratto sia avvenuta in violazione dei doveri che gravano sugli

amministratori ed in danno del Fondo CNPEF. Nemmeno il nesso sussiste rispetto alla seconda delle

due cause, sia perché essa risulta estinta, sia perché là si discuteva dei rapporti tra Cape SGR (ora in

l.c.a.) ed i convenuti e qui, in tesi, della responsabilità degli amministratori della SGR per

inadempimento ai loro doveri nell’ambito della preparazione, deliberazione, esecuzione

dell’operazione BBI.

VIII') Parte attrice ha eccepito l‟improcedibilità delle domande riconvenzionali proposte dai convenuti

Venturi e Usuelli, volte a far dichiarare la responsabilità di Cape SGR in l.c.a. per aver minato, tramite

condotte omissive e/o commissive, la possibilità per i convenuti di beneficiare della copertura

assicurativa prevista a favore dei componenti del collegio sindacale di Cape SGR.

L’ eccezione va accolta, con conseguente declaratoria in via definitiva di improcedibilità delle

domande di cui sopra, poiché, sottoposta Cape SGR a liquidazione coatta amministrativa, l’art. 57

comma 3 TUF, nel richiamare gli artt. 80 commi 3-6 e 83 TUB, richiama anche l’applicazione dell’art.

52 l.f., secondo cui i crediti verso il fallito possono essere accertati soltanto in sede di procedura

concorsuale, dunque, mutatis mutandis, nell’ambito della procedura di liquidazione coatta medesima

(27

).

26

) Cass., n. 17325 del 2014; Cass. n. 11573 del 2013; Cass., n. 3936 del 2008. 27

) Cass., n. 8782 del 2012; Cass., n. 24847 del 2011.

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31

IX') Gli amministratori francesi hanno chiesto in principalità dichiararsi estinti ex art. 306 c.p.c. i

rapporti processuali tra loro e i convenuti Mainini e Usuelli, a spese compensate.

La domanda è da accogliere, essendo stata allegata alle comparse conclusionali la declaratoria di

rinuncia agli atti del giudizio ed alle domande da parte dei convenuti Usuelli e Mainini e le

dichiarazioni di accettazione da parte di ciascuno degli stessi amministratori francesi, il tutto a spese

integralmente compensate tra le parti.

Ne consegue la declaratoria di estinzione del rapporto processuale tra i convenuti Usuelli e Mainini e

gli amministratori francesi.

X') Domande di accertamento dell'obbligo / condanna delle terze chiamate XL ed ACE a rifondere

rispettivamente agli amministratori francesi, a De Vecchi ed a Vismara le spese processuali, in forza

delle polizze assicurative stipulate.

Gli amministratori francesi hanno chiesto, in ogni caso, accertare e dichiarare che XL e ACE sono

tenute al pagamento in loro favore delle legali sostenute per resistere alle domande di condanna

proposte nei loro confronti nel presente processo nonché delle spese sostenute per la difesa nei

procedimenti amministrativi promossi nei loro confronti dalla Banca d'Italia.

De Vecchi e Vismara, oltre a chiedere, in via subordinata, di condannare XL e ACE a tenerli indenni e

manlevarli dagli effetti pregiudizievoli della decisione, hanno chiesto di condannare le due compagnie

assicurative al pagamento in loro favore delle spese legali sostenute per la difesa nel presente giudizio,

nonché per quelle già sostenute nei procedimenti amministrativi innanzi alla Consob ed alla Banca

d'Italia.

Vismara ha chiesto altresì emettersi ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. di condanna delle due compagnie

assicurative al pagamento in suo favore delle spese di difesa nel presente processo e nei procedimenti

amministrativi avanti la Consob e la Banca d'Italia, per l'ipotesi - qui verificatasi (v. postea) - della

rimessione della causa sul ruolo. Sicchè non v'è luogo a provvedere in questa sede.

Tutte queste domande sono fondate sui contratti assicurativi stipulati da Cape SGR in favore dei

componenti gli organi amministrativi e di controllo (per XL: polizza di assicurazione della

responsabilità professionale gestionale dei fondi di Private Equity e delle società di investimento n.

IT00014800BL10A; per ACE: polizza di assicurazione della responsabilità professionale gestionale dei

fondi di Private Equity e delle società di investimento - polizza di secondo rischio - n. 010701417F)

nonché sul disposto dell'art. 1917 c.c.

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32

I convenuti inoltre hanno chiesto - per il caso di reiterazione dell' "immotivato ed ingiustificato"

diniego di copertura - di condannare XL e ACE per c.d. "mala gestio".

Le terze chiamate XL e ACE hanno chiesto il rigetto di tali domande svolgendo le seguenti eccezioni:

a) inoperatività delle polizze per tardività della Richiesta di Risarcimento;

b) dolo o colpa grave dell'assicurato nel rendere le dichiarazioni rilevanti ai fini della formazione del

consenso dell'assicuratore, dichiarazioni rivelatesi false o reticenti (art. 1892 c.c.), così da determinare

la perdita del diritto degli assicurati all'indennizzo, se del caso provvedendo all'annullamento del

contratto (quest'ultima domanda solo di ACE); nonché, conseguentemente e per le stesse ragioni,

rigettare le domande di condanna al pagamento delle spese di resistente nel rpesente processo e nei

procedimenti amministrativi;

c) Per ACE, inoperatività della polizza ex art. 12.1 per essere le Richieste di risarcimento connesse con

ovvero attribuibili a liti e/o pendenze in corso in un momento antecedente alla Data di continuità;

d) in subordine, per XL, ridurre l'indennizzo ex art. 1893 c.c. qualora non venisse accertato il dolo o la

colpa grave dell'assicurato ed invece solo la inesattezza o reticenza delle dichiarazioni rilevanti ai fini

della formazione del consenso dell'assicuratore; rigettato della domanda di condanna ultramassimale

per mala gestio;

e) in subordine, per ACE, limitare la sua esposizione al danno eccedente i 10 milioni di euro, nei limiti

del massimale di polizza.

Orbene, è evidente anzitutto che le domande di indennizzo/manleva avanzate dai convenuti verso le

terze chiamate suppongono l'accertamento della loro responsabilità e tale presupposto vale anche per le

domande di condanna al pagamento delle spese di difesa.

In secondo luogo, anche le domande strettamente concernenti i rapporti assicurativi di cui si discute

pongono questioni di merito, quali la natura inesatta o reticente delle dichiarazioni rese dall'assicurato,

lo stato soggettivo di quest'ultimo nel rendere le dichiarazioni in questione, l'interpretazione del

disposto dell'art. 1894 c.c. (replica svolta dai convenuti), la quantificazione del danno al fine di

verificare la principale condizione di operatività della polizza in secondo rischio di ACE,

l'accertamento della eventuale mala gestio dell'assicuratore.

Nessuna di tali questioni - tutte essenziali ai fini del decidere - può essere pertanto decisa in questa fase

di delibazione delle questioni preliminari potenzialmente dirimenti.

Invero, poiché esse questioni sono state risolte in senso negativo, come si dirà subito, il processo deve

essere rimesso in istruttoria per consentire alle parti di ottenere l'assegnazione dei termini per il

deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., richiesta sia da parte intervenuta che dalle terze

chiamate.

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33

* All'esito delle superiori considerazioni e decisioni, risulta che deve essere emessa sentenza non

definitiva di: rigetto di ogni eccezione di assenza di titolarità del diritto risarcitorio e/o difetto di

legittimazione attiva e/o carenza di interesse ad agire di Cape SGR in l.c.a. e di Opera; rigetto di ogni

eccezione di estinzione del giudizio; di rigetto di ogni istanza di sospensione del giudizio ex art. 295

c.p.c. Ne consegue emissione di separata ordinanza di rimessione della causa sul ruolo, come da

dispositivo, per la prosecuzione del processo in ordine alle domande di merito.

Deve essere invece emessa sentenza definitiva di: estromissione dal processo di Cape SGR in l.c.a.;

declaratoria di improcedibilità delle domande riconvenzionali formulate dai convenuti Flavio Venturi e

Giovanni Usuelli nei confronti di Cape SGR in l.c.a.; di estinzione dei rapporti processuali tra i

convenuti De Severac, Le Brun, Helfer, Delvaux ed i convenuti Usuelli e Mainini, a spese

integralmente compensate.

* Non mette conto di emettere pronunzia in tema di spese processuali poiché - salvo che per i rapporti

processuali estinti, in ordine ai quali si devono recepire gli accordi delle parti in tema di compensazione

delle spese stesse - il processo è destinato a proseguire tra Opera e tutti i convenuti (eccetto gli

amministratori francesi) e tra costoro ed i terzi chiamati. E' stata accolta la domanda preliminare di

estromissione di Cape SGR in l.c.a. dal processo, sicché, non essendosi proceduto ad accertarne la

posizione vittoriosa od invece la soccombenza rispetto ad alcuna delle domande formulate dalla stessa,

non è consentito provvedere in materia di spese processuali. Si è già detto che, intervenuta in giudizio

Opera, i convenuti mantengono una controparte processuale (maggiormente capiente) nei confronti

della quale far valere il diritto alla rifusione delle spese processuali, qualora riconosciuto.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa B, in composizione collegiale

I) definitivamente pronunziando nella causa civile di cui in epigrafe, respinta o assorbita ogni

ulteriore o contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

1. in accoglimento delle relative domande di parte attrice, ESTROMETTE CAPE NATIXIS SGR

SPA in amministrazione straordinaria (oggi in liquidazione coatta amministrativa) dal giudizio

limitatamente ai rapporti processuali originati dalle domande della stessa.

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2. in accoglimento delle relative domande di parte attrice, DICHIARA improcedibili le domande

riconvenzionali formulate dai convenuti FLAVIO VENTURI e GIOVANNI USUELLI nei

confronti di CAPE NATIXIS SGR SPA in amministrazione straordinaria.

3. in accoglimento della domanda di parti convenute JEAN DE SEVERAC, FREDERIC LE

BRUN, JEAN FRANCOIS HELFER, JEAN LOUIS DELVAUX, DICHIARA estinti i rapporti

processuali tra esse parti convenute e parti convenute GIOVANNI USUELLI e PIER ANGELO

MAININI a spese integralmente compensate tra le parti.

II) non definitivamente pronunziando nella causa civile di cui in epigrafe, così provvede:

1. in accoglimento delle relative domande di parte attrice, RIGETTA ogni eccezione di assenza di

titolarità del diritto risarcitorio e/o difetto di legittimazione attiva e/o carenza di interesse ad

agire di CAPE NATIXIS SGR SPA in amministrazione straordinaria (oggi in liquidazione

coatta amministrativa) rispetto all'azione proposta nel presente processo.

2. in accoglimento delle relative domande di parte intervenuta, RIGETTA ogni eccezione di

assenza di titolarità del diritto risarcitorio e/o difetto di legittimazione attiva e/o carenza di

interesse ad agire di OPERA S.G.R. S.P.A. con socio unico rispetto all'azione proposta nel

presente processo.

3. in accoglimento delle relative domande di parte attrice e di parte intervenuta, RIGETTA ogni

eccezione di estinzione del giudizio;

4. in accoglimento delle relative domande di parte attrice e di parte intervenuta, RIGETTA ogni

istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c.;

5. DISPONE la prosecuzione del processo limitatamente alle domande di merito proposte da parte

intervenuta OPERA S.G.R. S.P.A. con socio unico nei confronti dei convenuti SIMONE

CIMINO, MARCO ANDREA VISMARA, ARTURO DE VECCHI, FLAVIO VENTURI,

PIER ANGELO MAININI, GIOVANNI USUELLI ed alle domande proposte dai convenuti

JEAN DE SEVERAC, FREDERIC LE BRUN, JEAN FRANCOIS HELFER, JEAN LOUIS

DELVAUX, MARCO ANDREA VISMARA, ARTURO DE VECCHI nei confronti di XL

INSURANCE COMPANY LTD ed ACE EUROPEAN GROUP LTD, come da separata

ordinanza.

Così deciso nella Camera di consiglio del 24 ottobre 2014

Il Giudice Estensore Il Presidente

ANGELO MAMBRIANI ELENA RIVA CRUGNOLA

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