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SENATO DELLA REPUBBLICA X LEGISLATURA lOa COMMISSIONE PERMANENTE (Industria, commercio, turismo) INDAGINE CONOSCITIVA SULLA INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE E LE CONCENTRAZIONI INDUSTRIALI Resoconto stenografico SEDUTA DI MERCOLEDÌ Il NOVEMBRE 1987 Presidenza del Presidente CASSOLA TIPOGRAFIA DEL SENATO (1150)

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SENATO DELLA REPUBBLICAX LEGISLATURA

lOa COMMISSIONE PERMANENTE(Industria, commercio, turismo)

INDAGINE CONOSCITIVA

SULLA INTERNAZIONALIZZAZIONE

DELLE IMPRESE E LE CONCENTRAZIONI INDUSTRIALI

3° Resoconto stenografico

SEDUTA DI MERCOLEDÌ Il NOVEMBRE 1987

Presidenza del Presidente CASSOLA

TIPOGRAFIA DEL SENATO (1150)

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lOa COMMISSIONE 3° RESOCONTOSTEN. (11 novembre 1987)

INDICE

Audizione del Presidente dell' Agricola Finanziaria

PRESIDENTE Pag. 3,7,8 e passim GARDINl Pag. 3, 4, 6 e passimCONSOLI (PCI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

GALEOTTI (PCI) .. .. .. .. .. . .. .. .. .. .. .. .. .. . .. 5, 6GIANOTTI (PCI) ... .. .. . .. . .. .. .. .. . .. .. .. 4, 14MANCIA (PSI) 9MARNIGA (PSI) 7REBECCHINI (DC) 9

Audizione del Presidente della Commissione per la concorrenza costituita presso il Ministerodell'industria, del commercio e dell'artigianato

PRESIDENTE. . . . . . . . . . . . . . . Pag. 16, 17, 18 e passim

I

ROMANI Pag. 16, 17, 18 e passimGALEOTTI (PCI) .. . .. .. .. . .. .. .. .. .. .. .. . .. . .. 17, 18GIANOTTI (PCI) 17, 18, 19

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Senato della Repubblica ~ 3 ~ X Legislatura

lOa COMMISSIONE 3° RESOCONTO STEN (11 novembre 1987)

Intervengono, al sensi dell'articolo 48 delRegolamento, il dottor Raoul Gardini, presiden~te dell'Agricola Finanzzaria, e il professarFranco Romani, presidente della Commissioneper la concorrenza costituita presso il Ministerodell'industria, del commercio e dell'artigianato.

I lavori hanno inizio alle ore 9,30.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca ilseguito dell'indagine conoscitiva sulla interna~zionalizzazione delle imprese e le concentra~zioni industriali.

Sono in programma oggi le audizioni deldottor Raoul Gardini, presidente dell'AgricolaFinanziaria, e del professar Franco Romani,presidente della Commissione per la concor~renza costituita presso il Ministero dell'indu~stria, del commercio e dell'artigianato.

Se non si fanno osservazioni, verrà ascoltatoinnanzi tutto il dottor Gardini.

Viene quindi introdotto il dottor Raoul Gardi~ni, presidente dell'Agncola Finanziaria.

Audizione del dottor Raoul Gardini, presi~dente dell' Agricola Finanziaria.

PRESIDENTE. Rivolgo al presidente del~l'Agricola Finanziaria, dottor Raoul Gardini,un vivo ringraziamento per aver aderito allarichiesta di informazioni da noi avanzata.

La Commissione industria del Senato stasvolgendo una indagine conoscitiva sulla inter~nazionalizzazione delle imprese e le concen~trazioni industriali. Vorremmo conoscere lasua opinione al riguardo.

GARDINl. Sign0:t:"Presidente, vorrei fare unapremessa. Ritengo che il processo di interna~zionalizzazione delle imprese sia importantenon solo per i privati ma anche per gli Stati incui il fenomeno si manifesta. Oggi più che maii problemi sono di carattere sovranazionale.Sono convinto che le imprese formano il«tessuto nervoso» della comunità, sia naziona~le che internazionale, in cui si intende operare

ed è importante che le imprese si internaziona~lizzino per poter comunicare allo Stato laproblematica del mondo imprenditoriale incui si muovono.

A mio avviso, il nostro Paese ha commessonel passato alcuni errori di interpretazione,come per esempio quando è entrato a far partedel mercato comunitario. Le imprese, infatti,non erano sufficientemente preparate pertrasmettere al paese il messaggio necessarioper interpretare gli avvenimenti che si sareb~bero poi verificati. Molti anni sono passati daallora, ma solo da poco tempo le impresestanno procedendo all'internazionalizzazionee, secondo me, è importante che questo sirealizzi in tempi brevi, compiendo il maggiorsforzo possibile in questa direzione.

La competizione internazionale non avvienesolo per settori, che sono sempre menodefiniti, ma esce anche dalle specifiche com~petenze che erano caratteristiche delle aziendedel recente passato. Vi è comunicazione tra levarie competenze e per chi agisce sui mercati~ non importa quali ~ è necessario acquisire

una maggiore conoscenza di ciò che accadesia a valle che a monte, per potersi proiettarenel sistema internazionale; per acquisire uncarattere internazionale, occorre sviluppareun ampio sistema di conoscenze globali. Permolte imprese multinazionali questo è avvenu~to, mentre noi siamo oggi in grave ritardo daquesto punto di vista.

Ho concluso la mia breve premessa, signorPresidente; sono comunque a disposizionedella Commissione per eventuali domande erichieste di chiarimenti in merito all'argomen~to in questione.

PRESIDENTE. Stiamo svolgendo questa in~dagine conoscitiva anche ai fini di una even~tuale legislazione antimonopolistica per ilnostro Paese poichè, come lei sa bene, dottorGardini, l'Italia è l'unico paese nel mondooccidentale avanzato che non ha ancora unanormativa del genere.

Vorrei quindi sapere se, allo stato attualedelle cose, ritiene opportuna una normativaantitrust in Italia.

GARDINl. Ritengo opportuna una legislazio~ne di questo genere, e credo che, tutto

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lOa COMMISSIONE 3° RESOCONTOSTEN (11 novembre 1987)

sommato, vi sia anche. Ma la definizione diuna normativa in materia dovrebbe tenereconto di quanto ho affermato: cioè, è anzituttonecessario individuare in quale tipo di merca~to si realizza il trust. Infatti, il rischio che sicorre è immaginare che un'azienda sta violan~do una possibile legislazione antitrust naziona~le data la sua ubicazione, che può essere piùfavorevole per acquisire una posizione domi~nante, ad esempio, in uno Stato membro dellaComunità, ma questo non vuoI dire affatto cheabbia una posizione dominante nella comunitàpiù vasta in cui l'azienda si muove. Quindi,ritengo che misure definitive in questo sensopotrebbero essere adottate senza tenere contodel contesto reale.

Inoltre, a mio modo di vedere, sarebbeopportuno collaborare in maniera più appro~fondita in sede comunitaria perchè una even~tuale normativa antimonopolistica sia resacompatibile con il mercato in cui stiamooperando e in cui, comunque, dovremo opera~re in maniera più incisiva a partire dal 1992,data che ormai è così vicina per cuì ritengo sìapiù opportuno collaborare per il futuro piutto~sto che pensare all'immediato.

GIANOTTI. Vorrei rivolgere anch'io alcunedomande al dottor Gardini. La prima siricollega all'argomento ora toccato: lei inten~de dire che non ci deve essere una legislazioneantitrust nazionale ma solo una normativaeuropea, oppure "Sostiene che è necessariocon temperare l'una con l'altra, pur dovendoesistere una normativa nazionale?

GARDINl. A questo proposito vorrei fare unesempio, che deriva da un'esperienza persona~le, di quello che potrebbe succedere adottandouna normativa nazionale in contrasto con gliaccordi presi a livello comunitario.

Recentemente il Gruppo Ferruzzi ha tentatodi acquisire una impresa in Gran Bretagna,dove esistono normative non scritte sullaposizione dominante di una compagnia all'in~temo di quel paese. La nostra offerta per taleacquisizione è stata però respinta dal Governobritannico, nonostante la convenzione comu~nitaria scritta relativa alle acquisizioni diimprese. Ritengo che allora sia stata fatta unascelta sbagliata sia a livello nazionale, per il

paese che ha respinto la nostra offerta, sia alivello della Comunità; infatti, in quel momen~to era necessario ed importante poter farequell'acquisizione per realizzare quel disegnosovranazionale indispensabile per avere im~prese capaci di trasmettere messaggi concretiper chi deve prendere decisioni. Credo pertan~to che predisporre determinate normativepossa essere estremamente pericoloso perchèl'interpretazione può andare anche nella dire~zione sbagliata; come riferimento, quindi,prenderei le norme scritte prima di scrivernealtre.

GIANOTTI. Avrei altre due domande darivolgere al dottor Gardini, la prima delle qualiriguarda il suo Gruppo.

Nella sua premessa, lei ha affermato che, dalpuntD di vista dell'internazionalizzazione delleimprese, l'Italia è rimasta indietro rispetto adaltri paesi e che occorre procedere rapidamen~te per raggiungere gli altri Stati. Tuttavia,dottor Gardini, il suo Gruppo aveva già uncarattere multinazionale essenzialmente in unsettore, in quello agricolo~industriale. Negliultimi anni nel suo Gruppo più che diinternazionalizzazione si può parlare di forma~zione di una conglomerata che occupa giàmolti settori: che spiegazione ci può dare diquesta linea di divisione in tanti settori?

La seconda domanda riguarda quel che èavvenuto nelle Borse di tutto il mondo. Qualieffetti questo terremoto borsistico può avere,secondo lei, sul fenomeno della concentrazio~ne e della internazionalizzazione dei gruppiindustriali? Cosa può determinare, parlando ditempi per i quali ovviamente sono possibiliprevisioni e non di tempi storici su cui nessunaprevisione può essere fatta?

GARDINl. In effetti, il nostro è un gruppointernazionale da moltissimo tempo. È proprioattraverso l'interpretazione che noi abbiamodato dei cambiamenti allora in atto cheabbiamo assunto l'atteggiamento attuale. Alnostro gruppo, stante la sua presenza in trecontinenti (Europa, Stati Uniti ed AmericaLatina), sono venute chiare indicazioni di un'profondo cambiamento della situazione dellaproduzione agricola: di quella situazione, cioè,che è stata in fondo determinante per assimila~

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re la cultura agricola e per decidere di essereindustriali nel modo in cui lo siamo oggi. Dopoaver intravisto un profondo cambiamento, neprevediamo ora un altro alla fine del processodi trasformazione. Abbiamo quindi definitouna politica di investimenti che uscisse quasicompletamente dall'attività di trading perradicarci con attività di tipo industriale neipaesi in cui eravamo già presenti.

Faccio un esempio concreto. Avevamo de~dotto molto chiaramente, dalle indicazioniemerse dal mercato, che in Europa vi eraposto per una multinazionale che potevasvolgere lo stesso compito che in Americasvolgono le grandi compagnie che trasforma~no i prodotti dell'agricoltura, ed abbiamoperseguito con seria determinazione questodisegno di riprodurre in Europa, con alcunevariazioni perchè l'Europa è ovviamente diver~sa, una struttura industriale capace di collabo~rare con l'attività di produzione agricola infase emergente.

Ecco il motivo per cui in breve tempoabbiamo trasformato il nostro gruppo dagruppo commerciale in gruppo industriale.Siamo andati anche più lontano perchè si èpresentata l'opportunità di farlo, ma ancheperchè immaginiamo che il futuro porterà altricambiamenti e che questi favoriranno lanostra diversificazione nel senso di una mag~giore complementarietà e delIa realizzazionedi strategie. Questa tendenza a proiettarci nelfuturo deriva forse dalla nostra cultura dimercanti che più facilmente ci porta a porci inun'ottica di lungo periodo. È la mentalità dichi guarda ai grandi mercati mondiali, nonimporta di quale settore.

Noi immaginiamo che le nuove tecnologie el'esuberanza di produzione condurrannol'agricoltura a produrre anche per utilizzidiversi da quello alimentare. Riteniamo diaver assunto la posizione corretta per gestirequesto eventuale cambiamento: se esso non sirealizzerà, rimarremo semplicemente quel chesiamo.

Per quanto riguarda la questione delleBorse, ritengo sia prematuro esprimere ungiudizio in merito. Soltanto alla luce di quelloche accadrà nei prossimi mesi potremo dire segli eventi saranno stati tanto gravi da rallenta~re o meno il processo di concentrazione in

atto. Se in effetti saranno stati così gravi darallentarlo, ciò rappresenterà una forte perditadi tempo; se invece ciò non avverrà, e sel'economia reale continuerà a produrre reddi~to, non si dovrà valutare la caduta dei mercatiin maniera drammatica, perchè gli assetsavranno sempre un !oro valore che saràovviamente diverso da quello di ieri, ma saràcomunque sempre un valore comparabile.Infatti, quando le svalutazioni intervengono sututto il fronte, comunque si verifica lo scam~bio, cioè il fatto che si può scambiare qualcosadi utile con qualcosa di meno utile che peròrivela una sua utilità per qualcun altro: loscambio potrà continuare e credo che unapossibilità di acquisizione e dismissione esistain ogni caso, sia in un mercato al ribasso che alrialzo. È importante che questo avvenga inmaniera funzionai e e che serva a chi compra ea chi vende. Si tratta di costituire qualcosa diefficiente, per cui così come si cambia monetacon minore o maggiore potere di acquistoaltrettanto si possa fare per i beni. Se invece siconcretizzerà lo scenario negativo sopra ipo~tizzato, senza dubbio ci sarà un forte rallenta~mento dell'attività di tutto il sistema.

GALEOTTI. Vorrei porre anzitutto una do~manda. Già il senatore Gianotti ha parlato deidiversi e molteplici settori di attività nei qualiè impegnato il suo gruppo, settori economici esettori finanziari; vorrei allora sapere, inordine a due settori in modo particolare, cioèquello del credito e quello delle assicurazioni,se lei può fornire alla Commissione un quadroil più preciso possibile (se ciò non è possibilequesta mattina, lei si può tranquillamenteriservare di farci avere le notizie successiva~mente) per conoscere con una certa esattezzale partecipazioni del suo gruppo ai dueimportanti settori sopradetti. Infatti, come leisa, è stata costituita (ed ha già terminato ipropri lavori) anche una commissione perquanto riguarda le assicurazioni, la commis~sione Piga, ed è risultato che vi sono problemiche riguardano appunto le assicurazioni, lequali sono disciplinate da alcune leggi moltovecchie, che risalgono addirittura al 1925, maanche da leggi recenti e da normative comuni~tarie. Credo pertanto che sia importante per laCommissione capire meglio questo intreccio

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1 Da COMMISSIONE 3° RESOCONTOSTEN (11 novembre 1987)

tra attività di ordine economico ed attivitàfinanziaria, in particolare ~ ripeto ~ per questi

due settori.

GARDIN!. Non credo potrò dare una rispostatecnica perchè non ne sono probabilmente ingrado; eventualmente potrò in seguito scende~re nei particolari. Da molto tempo abbiamocominciato ad operare sul mercato dellecommodities e parallelamente abbiamo anchesvolto un'attività finanziaria assai simile aquella svolta dal sistema bancario~finanziario.Quindi per noi non c'è grande differenzanell'interpretare i fenomeni, siano essi dicarattere commerciale o finanziario. Però, pervenire più nel concreto e per parlare dellanostra indiretta partecipazione nel settoreassicurativo, credo che questo vada inseritopiuttosto in un settore più vasto nel qualeoperiamo, quello dei servizi.

All'interno di quest'ultimo settore non ab~biamo solo le assicurazioni: abbiamo unagrande rete di distribuzione e supermercati(parlo della Standa), una rete di distributori dicarburante (la Shell) e diverse altre attività chesono a contatto con il mondo dei consumatori.Che peraltro le banche e le assicurazionivadano insieme in tutto il mondo è un fatto:non dico che questo debba avvenire inevitabil~mente, però dobbiamo stare molto attenti aquel che accade nel contesto generale: esso èinfatti per l'impresa un punto importante diriferimento. Guardiamo alla Francia, all'In~ghilterra, alla Germania, alla Spagna: da quelche accade in questi paesi dobbiamo trarreindicazioni per il nostro modo di agire.

È chiaro che se in futuro accadrà qualcosache vieti, a livello comunitario, di esserpresenti in più settori che possono apparirenon funzionali, a quel punto si prenderanno leopportune decisioni, ma fino a quando i nostriconcorrenti avranno un certo comportamentonon possiamo immaginare di penalizzare leimprese dello Stato Italia che fa parte di unaComunità più vasta obbligandole a competerein una situazione d'inferiorità rispetto ai loroconcorrenti stranieri. Questa è la mia interpre~tazione del fenomeno.

D'altra parte l'Italia sta adottando unanormativa sul credito che mi sembra perfetta~mente in linea con quella della Comunità; per

quel che riguarda le assicurazioni, ritengo cheanche in questo settore il processo di concen~trazione ed internazionalizzazione sia appenaall'inizio e che quindi sarà opportuno assecon~darlo piuttosto che ostacolarlo, se si voglionoavere imprese che siano capaci di vivere nel1992 così come devono vivere le proprie con~correnti.

GALEOTTI. Sulla stampa di questi giorniabbiamo letto delle notizie preoccupanti. Peresempio, il supplemento a «La Repubblica» del6 novembre sulla finanza dice che la Montedi~san ha perso 1.000 miliardi nell'operazioneHimont e che dal punto di vista finanziario laMontedison sarebbe indebitata per 2.100 mi~liàrdi. Ma, a parte questo forte indebitamento,in questa nota che certamente lei avrà letto sidice tra l'altro che questo investimento dellaHimont si tradurrà non solo in una perdita di1.000 miliardi come valore di liquidi, maanche in un salasso annuo sotto forma diinteressi passivi non bilanciati da adeguati utilidi gestione; si fa un calcolo approssimativo (sitratta di valutazioni assai prudenti) di almeno200 miliardi l'anno sotto forma di interessipassivi.

Queste mi sembrano notizie piuttosto preoc~cupanti e chiedo a questo proposito se lecondivide e se sono ben fondate.

GARDINI. Nel caso specifico dell'acquisizio~ne Himont direi che è un grosso equivoco farriferimento al prezzo di borsa di un titoloazionario che vive le vicende di un mercatoche è crollato per valutare quanto sia statoconveniente acquisire ad un certo prezzo 1'80per cento della società che quel titolo rappre~senta. Abbiamo acquisito quella società pagan~dola un prezzo 15 volte superiore agli utilidella società stessa; siamo stati indotti acompiere quella operazione non da un ragio~namento sulla carta, ma da una concretavalutazione dell'azienda. Abbiamo consideratoche il cash~flow dell'azienda avrebbe consenti~to di far fronte all'indebitamento conseguenteall'acquisto dell'azienda.

Abbiamo quindi valutato attentamentel'azienda, tanto è vero che abbiamo acquisito1'80 per cento e non di meno. Se avessimo soloil IO per cento e avessimo perso non 1.000

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miliardi ma solo 100 miliardi sarei preoccupa~to perchè si tratterebbe di un'operazione inperdita: infatti, volendo vendere questo IO percento, perderei 100 miliardi. Ma noi abbiamofatto questa acquisizione non per rivendere,ma per far crescere il gruppo Montendison inquella ben definita direzione che il Presidentenon ha mancato di delineare e che è completa~mente indipendente dall'andamento del mer~cato finanziario.

Come ho già detto, è necessario distinguereattentamente tra le diverse situazioni. Quandosi acquista il controllo di una società, sicomprano azioni non secondo, un criteriomeramente speculativo, vale a dire finalizzatoalla compravendita: il Gruppo Ferruzzi com~pra le azioni per tenersele, non per rivenderlee quindi il criterio da seguire è quello diacquistare qualcosa che valga veramentequanto viene pagato.

Nel caso della Himont, la valutazione è statafatta in relazione agli utili ed al cash~flow enon in base alla quotazione di Borsa. Laperdita vi sarebbe stata nell'ipotesi di un'ac~quisizione di un pacchetto di minoranza invista di una rapida cessione.

MARNIGA. Lei, dottor Gardini, nel suopreambolo ha affermato che l'impresa è im~portante, però ha aggiunto che le nostreimprese, per lo meno nei tempi passati, nonsono state preparate a fare quel salto di qualitàche si rendeva necessario dal punto di vistafinanziario e tecnologico, o quanto meno dipredisposizione imprenditoriale, in modo dapotersi affacciare ai mercati internazionali.

Secondo lei, l'imprenditoria italiana è riusci~ta a compiere questo salto di qualità oppure sirivolge prevalentemente ad un'attività di tipospeculativo, nel senso che quando acquisisceun'impresa non lo fa con spirito imprendito~riale, ma solo con il fine della compravenditadi azioni? Si acquista per fare buoni affari oper spirito imprenditoriale, per dare avvio anuove iniziative, per creare nuovi sbocchi edaprire nuovi orizzonti alle proprie imprese?

Anche sulla normativa antitrust lei ha fattodelle affermazioni, però preferirei che preci~sasse meglio il suo parere. Bisogna evitare chele imprese creino un monopolio nel lorosettore, ma il problema non è soltanto questo.

È necessario infatti evitare anche che leimprese monopolizzino altri settori che purenon sono di loro stretta competenza, adesempio quello dell'informazione. La penetra~zione nel settore dell'informazione può infattipermettere a certe imprese di condizionarel'opinione pubblica, di mobilitarla verso deter~minate scelte.

Prima si è anche parlato della situazionedella Montedison. Sarei curioso di conoscerele intenzioni in proposito del gruppo Ferruzzi,di sapere il significato che ha l'avvenutaacquisizione, da parte di questo gruppo, diazioni Montedison.

PRESIDENTE. Vorrei pert> ricordare, sena~tore Marniga, che l'audizione riguarda questio~ni di carattere generale.

GARDINl. Ho in parte già risposto a questaultima domanda e vorrei ribadire che nonrientrano nell'ambito delle mie scelte atteggia~menti meramente speculativi. Noi non compe~riamo carta, ma acquistiamo attività reali:abbiamo fatto delle scelte definitive. Ovvia~mente, nel momento in cui ho deciso dipagare le azioni Montedison quanto effettiva~'mente le ho pagate, non immaginavo di fareuna scelta speculativa, nel senso che non miattendevo che il mercato mi avrebbe datoragione sul prezzo da me versato. Io immagi~navo soltanto di fare un acquisto importanteper gli interessi e gli sviluppi presenti e futuridel gruppo Ferruzzi.

Passando alle altre domande del senatoreMarniga, devo riconoscere che è giusto che cisia chi si dedica alle speculazioni, perchèaltrimenti i mercati non esisterebbero. Ma farespeculazione significa acquistare per poi ven~dere e quindi si può perdere e si puòguadagnare. Non voglio fare commenti sullaspeculazione. Per quanto mi riguarda, general~mente compro azioni per tenèrle, però scindole due attività: quella finanziaria e quellaproduttiva. Io compro e vendo in un altrosettore, vale a dire quello del grano e quellodel mais.

Vorrei confermare quanto ho già affermatocirca l'impreparazione storica delle impreseitaliane nei confronti dei mercati internaziona~li; mi riferisco soprattutto al settore agricolo. ~

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lOa COMMISSIONE 30 RESOCONTOSTEN (11 novembre 1987)

L'errore (e parlo con cognIZIOne di causa)risale al momento del nostro ingresso nellaComunità Economica Europea. Gli altri paesiinfatti hanno saputo gestire il loro futuro e noino. La Francia, la Germania e la GranBretagna, ultima arrivata, esportano il granoche producono beneficiando del denaro FEO~GA e sono in grado di proteggere il loromercato futuro. Questi paesi hanno fatto inmodo che la normativa CEE garantisse loro lapossibilità di produrre il grano sufficiente a sestessi ed anche a noi. Noi invece non siamostati in grado di comprendere che dovevamoproteggere il nostro mercato.

Ed ecco qual è il risultato: in Inghilterra, inGermania e in Olanda, ad esempio, si consu~mano pomodori ed arance importati da paesiterzi, mentre noi li distruggiamo alla fine delraccolto. È per questo che affermo che èmancata una cultura capace di interpretare ilmomento e di acquisire il mercato di sbocco.

Secondo me, oggi siamo in un'altra fase:saranno compiute scelte importanti per cui sipartirà ~ non so se questo avverrà domani o tra

cinque anni ~ per acquisire nuovi mercati, maprobabilmente diremo che non siamo interes~sati a farlo. So di certo che lo siamo, ma puòsuccedere anche che diremo di non esserIo.Poi vedremo se non succederà quanto èaccaduto con i pomodori e le arance o gli altriprodotti che non trovano mercato, mentre neavrebbero diritto. Questo è quello che intendoper impreparazione e perciò sostengo che èimportante per il paese avere imprese checomunque esprimano le loro opinioni. Il paesepuò esportare o meno i suoi prodotti, ma potràdecidere di fari o in base ad una informazioneche viene dalle imprese. Questo intendo direquando affermo che è importante che leimprese esprimano la loro opinione; certopossono anche dire cose sbagliate, però èimportante che esprimano il proprio parere.

Per quanto riguardo la legislazione anti~trust, dobbiamo pensare che siamo una collet~tività di 350 milioni di persone con interessiche devono essere comunque amalgamati.Non possiamo nemmeno immaginare di avereun sistema fiscale diverso; non possiamoimmaginare di avere niente di diverso. Èassurdo pensare che oggi si possa realizzare

un'acquisizione ad esempio in Gran Bretagna,beneficiando di un regime fiscale diverso daquello vigente in Italia, perchè questo impedi~sce la crescita di chi opera in Italia o per lomeno la indirizza in un'altra direzione. Infatti,dovendo fare una scelta, scelgo il paese dellaComunità che mi offre le migliori condizioni.Questa è la situazione in cui il paese si deveporre per collocarsi opportunamente nellacomunità futura, e insisto su questo puntoperchè il futuro è molto vicino, sta arrivandorapidamente.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda i com~parti produttivi che hanno un solo mercatonazionale per definizione ~ pensi, ad esempio,

all'editoria o ai lavori pubblici ~, lei dottorGardini,' non ritiene opportuna ~ anche muo~

vendo da queste premesse ~ una legislazione

antitrust di tipo tradizionale che impedisca la

formazione di posizioni dominanti?

GARD/N/. Rispondo alla sua domanda, si~gnor Presidente, facendo riferimento ai duesettori da lei citati.

Per quanto riguarda i lavori pubblici. ladimensione meramente nazionale di questosettore sta già tramontando: vi saranno appaltiinternazionali ai quali potremo concorreretutti; nel 1992 ci sarà un libero mercato, cichiameranno a fare offerte e altri verranno afarle. Quindi, preoccupiamoci di come gestirele cose perchè questo avvenga, in modo danon essere «invasÌ».

Per quanto riguarda i mezzi di informazione,a mio modo di vedere non conta più nullapossedere il loro controllo perchè a livellonazionale ed internazionale le notizie scavalca~no i mezzi stessi. Le vere notizie possonoessere verificate; quella riportata su «La Re~pubblica», citata dal senatore Galeotti, saràcomunque smentita dagli avvenimenti: quellaè interpretazione dei fatti, non informazione,che è cosa molto diversa. La cultura dellastampa si verificherà con la stampa colta efiniranno anche gli articoli in cui il giornalistadiventa protagonista anzichè cronista dellavicenda. Credo che questo avverrà il giorno incui l'informazione effettuerà dei confronti.Tutti noi leggiamo giornali internazionali ~

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lOa COMMISSIONE 3° RESOCONTOSTEN (11 novembre 1987)

molti come me leggono ad esempio, i giornaliinglesi ~ e quindi è possibile verificare l'infor~

mazione.Pertanto ritengö che il potere che viene

attribuito alla stampa sia effimero. A mioavviso, gli investimenti nel settore dell'infor~mazione non costituiscono un buon affare e ilpotere dei mezzi d'informazione non deveessere sopravvalutato. Non farei investimentinella stampa per avere potere, farei investi~menti per fare informazione corretta. Perquanto riguarda gli altri mezzi di informazio~ne, come la televisione, il cielo è aperto,pertanto di informazione ne avremo, anchetroppa e non mi preoccuperei più di tanto.

MANCIA. All'inizio il dottor Gardini si èdichiarato favorevole ad una normativa anti~trust che tenga conto del 1992, quindi di unavisione completamente europea; poi, nel corsodel dibattito, mi sembra però abbia espressomolte preoccupazioni in merito a tale legisla~zione. Avevamo accolto con soddisfazione lasua dichiarazione circa la necessità di unanormativa antimonopolistica, per cui vorrem~mo fosse riconfermata la sua posizione inizia~le. Ha inoltre affermato che operiamo in unmercato in cui comunque già esiste unanormativa antitrust.

Quindi, vorrei sapere se riconferma l'oppor~tunità di una legislazione antitrust che tengaconto del 1992, se il suo gruppo opera tenendopresenti queste indicazioni e quali sono, a suoavviso, le presenze sul mercato che potrebberodimostrare che siamo di fronte ad una leggeantimonopolistica, pur non esistendo unanormativa di questo tipo.

GARDINl. All'inizio ho detto che è inutilepreoccuparsi di definire una legislazione anti~monopolistica nazionale sapendo che la nuovaComunità sarà diversa. Naturalmente, vi pos~sono essere casi specifici che non conosco eper i quali il mercato ha una dimensionenazionale, per cui una normativa antitrustprobabilmente sarebbe anche giusta a livellonazionale. Però, francamente, non riesco adindividuare in questo momento un caso del ge~nere.

Quindi, confermo che esiste nella collettivitàfutura, in cui già mi muovo, una legislazione

antitrust di cui, tutto sommato, sto già tenendoconto. Quando acquisisco una società, chedetiene il 35 per cento del mercato europeo inun settore, puntualmente finisco a Bruxelles.Fino ad ora non mi hanno ancora detto qual èillimite al quale posso arrivare. Ad esempio, lamia più recente acquisizione industriale èquella relativa ad una società, la CPC~Europa,che detiene il 35 per cento del mercatoeuropeo nel settore dell'amido; probabilmentemi hanno consentito di realizzare tale acquisi~zione per un fatto storico: se avessi volutoacquisire diverse società che coprivano il 35per cento del mercato, arrivato alla quota del23 per cento forse mi avrebbero fermato e miavrebbero chiesto dove volevo andare e per~chè. Questo a Bruxelles è previsto in base aduna legislazione in materia, che definireiaddirittura restrittiva perchè, a mio modo divedere, il 23 per cento del mercato è comun~que un limite abbastanza ristretto per questosettore. In realtà, dunque, un punto di riferi~mento esiste ed è la dimensione del mercato.

D'altra parte, per quanto riguarda l'acquisi~zione di cui parlavo, il mio concorrente piùdiretto, che aveva già 1'8 per cento delmercato, era matematicamente escluso dallacompetizione. Per questo dico che in Italiabisogna cercare di muoversi in quell'ottica edessere seriamente impegnati ad impedire chele aziende nazionali che hanno dimensionieuropee siano danneggiate eventualmente dauna legge antitrust che possa in qualche modoridurre la presenza attuale sul mercato.

PRESIDENTE. Quindi le imprese tedeschepossono essere danneggiate dal fatto che vi èuna legislazione antitrust in Germania?

GARDIN!. Non conosco la legislazione tede~sca, però secondo me si ha una limitazione.

REBECCHINI. Signor Presidente, mi atterròrigidamente all'argomento che forma oggettodella procedura informativa, non cedendo allatentazione di andare oltre in ordine a qualcheapprofondimento che spero ci sarà modo difare in altr:e occasioni.

Vorrei porre qualche domanda al fine dichiarire innanzi tutto una questione specificache riguarda proprio il settore dell'agroindu~

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stria; vorrei ClOe sapere, sia pure per grandilinee, quale può essere in Italia l'incidenza delfenomeno delle concentrazioni industriali inquesto settore agroalimentare, quali possonoessere i mercati europei o mondiali ed in qualeeventuale proporzione e misura occorre con~frontarsi. Vorrei cioè avere qualche dato,eventualmente anche comparato, circa questotipo di concentrazioni di settore, con altripaesi comunitari. Naturalmente, non chiedo diavere oggi tutte le informazioni relative, maspero che per quanto possibile oggi, e perquanto non possibile attraverso la cortesecollaborazione degli uffici, si facciano perveni~re tali dati alla Commissione, perchè potràessere indicativo, nel quadro di questo appro~fondimento legato alla indagine che stiamocompiendo, avere un occhio attento specifica~tamente al settore. Questa era la prima do~manda.

Vorrei conoscere anche l'articolazione ditale settore circa il mercato in generale, ma inparticolare per quanto riguarda quello eu~ropeo.

Vorrei poi fare alcune domande più generi~che. Credo che l'idea di una moderna legisla~zione sulla concorrenza debba impedire laconcentrazione, però non è questo quello chemi preoccupa maggiormente, ma piuttosto lagaranzia che non vi sia spazio per eventualiabusi di posizioni dominanti all'interno diquesto contesto, anche per assicurare eviden~temente una sorta di funzionamento dei mer~cati che sia rispondente fino in fondo allafilosofia stessa che ispira oggi la modernaeconomia. A questo' riguardo, la domanda piùpenetrante che mi permetto di fare è laseguente: lei crede, come opinione personale ein base alla conoscenza che il vostro gruppo hadella problematica, che possa ritenersi suffi~ciente prevenire ed aggiustare anche strutturesul piano della legislazione operando in parti~colare sul codice civile, oppure crede chequesto possa non essere sufficiente dovendodotare il paese di una legislazione diversa,certamente più elastica, in materia di tuteladella concorrenza? Da parte degli interessati,delle imprese, dei gruppi significativi tra iquali il suo, su questo punto qual è il parere?Conoscere questo per la Commissione puòessere interessante.

La seconda domanda riguarda poi un altropunto. Credo che gli ostacoli alla concorrenza

~ voglio essere molto obiettivo ~ dipendano in

buona parte dalla condotta delle imprese;talvolta almeno possono dipendere da questo,ma vi sono anche altri ostacoli che nondipendono necessariamente dalla condottadelle imprese. Su questo, qual è il vostroparere? In materia di vincoli amministrativi, dinormative regolamentari dello Stato, specienel vostro settore, è forte l'incidenza? Ècarente o è invece eccessivamente penetrante?Sotto questo profilo, vorremmo avere unparere del suo gruppo in ordine a quelli chesono o possono essere i vincoli amministrativie regolamentari condizionanti la presenza neivari settori, nell'ambito del più vasto mercato,quindi sui mercati internazionali; e ciò valeovviamente in riferimento al discorso delleconcentrazioni e della in te l'nazionalizzazionestrettamente connessa.

L'ultimo quesito deriva da uno spunto chemi ha fornito il collega che mi ha precedutorichiamando la questione del credito e delleassicurazioni, in particolare per quanto riguar~da le assicurazioni. Possiamo più o menoconoscere qual è l'incidenza del vostro gruppoin questo mercato? Lei ritiene che, sia purenell'autonomia della impresa, naturalmente,ci debba essere una maggiore informativa daparte degli organi di controllo e di vigilanzadel settore assicurativo, in specie sulle attivitàdel gruppo, ai fini della conoscenza? E credeche questa informativa possa riguardare la vitadel gruppo stesso? Credo che questo sia unproblema che oggi si pone sul tappeto. Perso~nalmente, ho più volte posto il problema diuna informativa in questo settore, non perporre freni in materia ma per acquisire unaconoscenza più completa; vorrei in tal sensoconoscere il vostro pensiero, potendone deri~vare una utilità anche nell'ambito della vita delgruppo stesso.

GARDINl. L'agro~industria, come ho dettoprima, per quanto riguarda il nostro Paese èancora un fatto nuovo. A parte l'industriasaccarifera, l'Italia non aveva un'industria cherispondesse alle esigenze di crescita del setto~re; e d'altronde, alcune circostanze non hannoconsentito all'agro~industria di svilupparsi co~

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me avrebbe dovuto. Esistono condizioni cheancora impediscono una crescita certa. Però,il «problema paese» nella vicenda agricolturarappresenta veramente un fatto secondario,perchè, come esiste una Europa, esiste ancheuna «Europa verde» con delle preferenzestabilite per statuto. Si è detto che a suo temposi era sottoscritto l'impegno a privilegiare lavocazione dello Stato membro per quantoconcerneva la produzione. In questo ambitoperò alcuni hanno commesso errori ~ e noiper primi ~ e sono stati messi dei vincoli

affinchè questo avvenisse.Se questo avviene ovviamente la concentra~

zione si realizza laddove è in espansione eladdove le condizioni siglate in premessaesistono, questo a livello comunitario. Ritengoche dobbiamo prendere in considerazionequesta situazione e chi vuole fare responsabil~mente il proprio mestiere, cioè far sopravvive~re la propria azienda, deve sapere che esiste undocumento di base che afferma questo, e deveubicarsi laddove sopravviverà stante le condi~zioni in premessa. Andrei molto volentierianche in questo paese se esistessero le condi~zioni, perchè abbiamo mancato alcune occa~sioni che probabilmente non riprenderemo inmano a meno di rivedere all'origine la politicaagricola comunitaria. Probabilmente ci saràl'occasione di fare questo a breve pèrchè lecondizioni del mercato mondiale sono tali chetutti i paesi del mondo dovranno rivedere lapropria politica agricola in senso restrittivo oespansivo; a quel punto sarebbe opportunoparlarne a fondo per non mancare un'altravolta un'occasione sia di carattere restrittivo,sia orientata verso l'espansione.

Però il fenomeno agro~industriale non siferma qui perchè, se riformiamo la politicaagricola comunitaria, se gli USA riformano laloro politica agricola, si apre uno spiraglio,che noi paesi ricchi possiamo permetterei, afavore di paesi quali l'Argentina e il Brasileche sono penalizzati dalla nostra produzioneche determina un regime di concorrenzasleale, che danneggia il collocamento dei loroprodotti sul mercato mondiale.

A quel punto tutto sarà da rivedere perchè lecondizioni saranno diverse. Ho già compiutoscelte d'investimento in Europa piuttosto chein Argentina laddove forse sarebbe stato più

giusto impegnarsi laggiù, perchè il paese avevaminori costi e si estende su un territorio piùvasto, ma questa è una risposta che darò allafine quando parlerò di cosa bisogna fare percreare una struttura produttiva efficiente inagricoltura. I nuovi, dal momento che costrui~scono dal niente, saranno più competitivi deivecchi se questi ultimi sono disposti a lasciarloro spazio. A quel punto per noi sarà di nuovouna scelta diversa e ci muoveremo in un'altradirezione. Ecco cosa intendo quando dico cheun'azienda deve essere internazionale e capa~ce di recepire i segnali di cambiamento epossibilmente di gestirli insieme con chi hainteresse che essi abbiano luogo in manieranon traumatica per la struttura sociale dell'Eu~rapa, all'interno della quale il mondo ruralesvolge una funzione che va al di là delsemplice aspetto economico~produttivo.

Ecco perchè dico che bisogna stare attenti,bisogna parlare e capire quando si definisconodelle strategie non solo di impresa ma anchedi cultura; bisogna comprendere i fenomeni inatto non solo nel nostro paese ma anche nellecomunità che si renderanno protagoniste deicambiamenti. Assisteremo alla crescita dellaCina, dell'India ed anche del Giappone, chedovrà comunque investire perchè non puòimmaginare di continuare ad approfittare deinostri consumatori ai quali abbiamo distribui~to ricchezza, che in fondo è l'unico patrimonioconcreto che oggi esista.

Mi riesce difficile, dopo aver detto questecose, darle una risposta su cosa sia il sistemaagro~industriale e come vada concepital'espansione; quest'ultima è una variabile:niente oggi è definito. Per il mio gruppo hoimmaginato sempre di assumere posizionidalle quali possa uscire nella maniera che hoindividuato come possibile, nel migliore deimodi, nella maniera che auspico, con una viadi uscita onorevole e con il destino che avevoimmaginato e auspicato. Questo vuoI direconoscenza, gestione, investimento nel pro~pria futuro; essere cioè comunque capaci didecidere al momento dovuto se le scelte vannoin una direzione o in un'altra avendo pensatoal problema.

Il Terzo Mondo oggi non dà più certezzenemmeno per due o tre anni, bisogna esseresvelti e attenti, sapere che stiamo vivendo un

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grandissimo cambiamento; da tempo non sifanno investimenti e le economie riccherimangono tali casi come quelle povere, ma iricchi dovranno comunque decidere una stra-tegia. Toccherà a noi, agli Stati Uniti d'Ameri-ca e al Giappone gestire il grande cambiamen-to del futuro. Dico queste cose perchè conoscoquesto settore, ma chi opera in altri rami diattività dirà lo stesso, cioè che ci sarà ungrande cambiamento per stabilire dove an-dranno i nuovi investimenti che da troppotempo non vengono fatti; è a causa di questoimmobilismo che l'economia è diventata dicarta e non esistono più valori ai quali ci sipossa agganciare per costruire un futuro svi-luppo.

L'industria e la finanza sono cresciute trop-po. Nel settore in cui da tempo opero vi sonodiverse compagnie, ci sono settanta tradersvalidi, e quando ne muore uno è una preoccu-pazione per tutti perchè bisogna sostituirlo.Nelle grandi banche americane ho visto salepiene di traders che probabilmente non sonodella stessa qualità e che tuttavia muovonosomme ingenti di denaro nonostante che ciò amio parere richieda la stessa perizia necessariaa un trader di commodities.

Riguardo alle concentrazioni abbiamo giàtante norme: basterebbe applicarle. Credo chel'organo di sorveglianza della Borsa abbiasvolto il suo compito in diverse occasioni, èquella la strada, facciamolo lavorare.

Per me è importante la sorveglianza, anzi lavigilanza vale in tutti i settori. È giusto esserevigilati, perchè in questo modo si lavora anchemeglio. Certo, bisogna essere vigilati bene etutti allo stesso modo, casi da non crearedistorsioni ed essere coerenti. Dal mio puntodi vista, la vigilanza è un aspetto positivo esono disposto a fornire tutte le informazioniche mi si chiedono. Addirittura a volte dispia-ce che non si chiedano informazioni e ci siabbandoni invece alle illazioni. In problemiimportanti, come quello che stiamo dibatten-do, che coinvolgono il destino di importantisettori, il pericolo è costituito da articoli comequello pubblicato' da «La Repubblica», cheandrebbero verificati. Questi articoli sonodevastanti per l'immagine di un gruppo che faparte della struttura del paese ed allorabisognerebbe fare in modo che anche i

soggetti interessati si possano esprimere suquesti aspetti. Verifichiamo se è vero quanto sidice. Sono stato infatti interrogato dal Parla-mento inglese almeno due volte: volevanosapere il significato della mia presenza in quelpaese e le mie intenzioni. In certi casi si puòriuscire a convincere o meno, ma si ha lasoddisfazione di aver detto ciò che si ritienegiusto indipendentemente dai risultati.

CONSOLI. Dottor Gardini, se ho capitobene, per tornare all'oggettto della nostraindagine (in altre sedi approfondiremo altrequestioni emerse quest'oggi), lei è favorevoleal mantenimento a livello europeo, per quantoriguarda i limiti posti alla concorrenza sleale,degli articoli 85 e 86 del Trattato. A suo avviso,quindi, non ci sarebbe bisogno nè di unalegislazione nazionale, nè di una diversanormativa comunitaria.

Se ho capito male, mi corregga; ma lei hafatto riferimento al fatto che le norme giàesistono. Ora, questi articoli pongono generi-camente due divieti: si tratta di due dichiara-zioni di principio. Esiste il divieto ad accordiche limitino la concorrenza ed esiste il divietoallo sfruttamento abusivo di una posizonedominante. Allora le chiedo, proprio in base aquanto sta accadendo in questi ultimi tempisui mercati finanziari (non raccolgo le illazionie non voglio sapere le entità delle sue perdite)se, trattandosi comunque di un disastro, di unfenomeno molto grave, non si pone il proble-ma di avere una normativa sulle concentrazio-ni più articolata e più penetrante.

Infatti, non si tratta soltanto di impedire laconcorrenza sleale, ma bisogna impedire an-che un altro fenomeno che può diventarecatastrofico nel momento in cui si esalta lacentralità dell'impresa. Credo che su questalinea abbia proceduto anche lei, dicendo oggiche operate sul mercato, che cogliete leopportunità del mercato: comperate e vende-te. Questo spirito aggressivo, questa capacitàdi intuire l'andamento del mercato porta leimprese ad estendersi in molti settori ed aprocedere a integrazioni tra settore produttivoe finanziario, a volte anche con finalità diaccumulazione. Le società di assicurazione ~

ad esempio ~ sono un sistema per accumulare,

per avere liquidi. Nel momento in cui l'impre-

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sa diventa multinazionale ed opera su unoscenario più vasto, in una situazione ditranquillità esiste soltanto il problema dievitare che la sua posizione dominante nonmuti le regole del mercato. Ma in situazioni diinstabilità questi imperi possono crollare e intal caso non solo coinvolgono l'imprenditore,bensì producono conseguenze devastanti insettori ed in aree diverse.

Se ~ ripeto ~ la situazione fosse normale,

allora non si determinerebbero certi effetti.Ma, pur rifiutandomi di dare credito alleillazioni, non posso non rilevare che abbiamoassistito in questi giorni a grandi perdite inborsa, perdite che possono determinare effettidevastanti, annullando gli aspetti positivi del~l'integrazione produttiva e commerciale tra leimprese. Da parte mia, ne ricavo la conseguen~za della necessità di una normativa piùadeguata, nel senso di non porre solamente lequestioni di principio, come nel caso degliarticoli 85 e 86 del Trattato. Abbiamo bisognodi una direttiva comunitaria molto articolata e,sulla base di questa, di una legislazionenazionale adeguata. Allo stato dei fatti, laComunità può intervenire con effetti di dissua~sione, può intervenire per comporre certesituazioni, ma non può stabilire in manieraesplicita dei vincoli, come invece possono farele legislazioni nazionali.

In questo ambito, le chiedo se non esiste unproblema specifico per il nostro Paese, cioèquello di un adeguamento della legislazioneattinente alla Borsa. Alcune operazioni discalata, possibili nella Borsa italiana, che èmolto più debole e più fragile rispetto a quelladi altri paesi, non sono consentite all'estero.Allora, proprio in conseguenza di quanto staaccadendo, mi chiedo se non sia necessariomodificare questo aspetto, considerandolo co~me uno dei punti caratterizzanti di una nuova

.normativa che non abbia l'obiettivo di penaliz~zare l'impresa, bensì quello di impedire achiunque di acquistare tanto potere da nonessere più in grado di dominarlo, con effettidevastanti sulla società e su quello stessopotere.

GARDINl. Signor Presidente, vorrei illustra~re meglio il concetto perchè evidentementeprima non sono riuscito a spiegarIo chiara~

mente. Non ho detto che compriamo evendiamo soltanto ma che compriamo evendiamo grano. Il Gruppo Ferruzzi compraazioni per tenersele, non per rivenderle.Questo è quello che ho detto 'e vorrei precisar~lo ancora perchè non vorrei che sorgesseroequivoci al riguardo; non vorrei essere frainte~so. Ripeto, quando compro azioni, è come secomprassi assets. Spero di essere stato piùchiaro ora. Secondo me, il problema dovrebbeessere inquadrato in quest'ottica.

Ho detto anche che il 1992 è vicino, staarrivando, e che, a quanto mi risulta, aBruxelles si sta lavorando in previsione di talescadenza. Il commissario Sutherland sta elabo~randa un progetto di normativa che regola~menti la concorrenza all'int~rno della Comu~nità, che dovrebbe essere adottata, a mioavviso, da tutti gli Stati membri, senza chequesti si lancino in «bizzarrie» o comunqueoperino in maniera diversa rispetto a quantoelaborato a livello comunitario.

Pertanto, gli Stati membri si diano da fare,l'Italia stessa si dia da fare perchè talenormativa corrisponda anche alle sue esigen~ze, cioè a quelle di un paese inserito in quelcontesto più vasto che è la CEE, al cui internole imprese dovranno operare.

Le concentrazioni industriali esistono intutto il mondo: esse sono generalmente utilima possono anche essere inutili, possonoessere pericolose ma dare anche sicurezza;non vi è nulla di certo in un mondo dove vi èuna vera imprenditorialità. Chi vuole vereimprese, non sclerotizzate, deve assumersitutti i rischi che ciò comporta. Questo è il miomodo di vedere le cose.

Quindi, regolate pure questa materia, macercate di fari o tenendo presente il contestopiù vasto in cui le imprese opereranno,altrimenti gli imprenditori fuggiranno: non sipuò chiudere la gente in un «serraglio», in cuisi vive male.

Ancora una volta l'Italia rimane fuori dalprocesso di concentrazione in atto a livellointernazionale. Abbiamo dovuto registrare ri~tardi da questo punto di vista. Le vicende cheabbiamo vissuto hanno condotto il nostroPaese ad adottare restrizioni valutarie che lohanno portato a tali ritardi. Dobbiamo quindifare in fretta per recuperare il tempo perduto.

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Mentre noi eravamo qui a contare i nostri guai~ e alcuni li abbiamo anche risolti ~ e

aspettavamo, il mondo è andato avanti. Pertan~to, dobbiamo cercare di procedere rapidamen~te per recuperare il nostro grave ritardodovuto a situazioni contingenti; situazioni cheperò in avvenire non dovranno più condizio~narci. Cerchiamo di assecondare, per cosìdire, il nostro futuro; non pensiamo ad unpresente effimero' ma lavoriamo con unaprospettiva a lungo e non a breve termine.

Per quanto riguarda il mercato borsistico,sono d'accordo con lei, senatore Consoli, cheoccorre regolare la materia: si deve regolare iltake~over, chiedere a chi interviene quali sonole sue intenzioni. Ad esempio, quando comproazioni in Francia o in Gran Bretagna, michiedono cosa intendo fare. Mi sono invecemeravigliato (anche se fino ad un certo puntoperchè sapevo come sarebbero andate le cose)che non mi sia stato chiesto niente quando hocomprato le azioni della Montedison. Avrebbedovuto chiedermelo chi ritiene giusto o menoche il gruppo Ferruzzi possa avere il controllodella Montedison, ma non deve chiedermelo lastampa. Infatti, se me lo aveste chiesto almomento, avrei potuto spiegarvelo con tuttacalma. Questo tipo di chiarimenti sono già unaprassi normale negli altri paesi. Dobbiamodecidere di adeguarci anche in Italia a quantoavviene all'estero. Sono disposto a spiegareperchè ho acquistato la Montedison, lo sonoda tempo, e lo farò quando me lo chiederete.Tuttavia, ripeto, non devo certamente spiegar~lo ai giornalisti perchè non è mio dovere farlo.Ritengo invece di avere obblighi precisi in talsenso nei confronti delle autorità: non ritengoperò di averne nei confronti di personaggiestranei all'interesse del Paese o del miogruppo.

GIANOTTI. Prima di rivolgere un'ultimadomanda al dottor Gardini, vorrei fare unabreve premessa. Le domande dei membri dellaCommissione hanno oscillato tra l'argomentoall'ordine del giorno e le vicende del gruppoFerruzzi. Questo è facilmente spiegabile. Inquesti anni abbiamo avuto tre grandi protago~nisti delle vicende economiche italiane: «l'av~vocato», che rappresenta un gruppo noto dadecenni; di più recente data, «l'ingegnere»,che già dalla fine degli anni Sessanta ha

cominciato a tenere la scena; infine, «ilcontadino», protagonista di vicende ancorapiù recenti: e di qui anche la curiosità perquanto ha fatto il suo gruppo. Detto questo,vorrei tornare all'argomento oggetto dellanostra indagine conoscitiva.

Lei, dottor Gardini, ha sostenuto che è beneche, in vista del 1992, le norme che valgonoper gli imprenditori italiani siano quelle stessevalide per i francesi, per i tedeschi e per gliinglesi, altrimenti si determinano condizionidi svantaggio per le imprese nazionali rispettoai concorrenti. Tuttavia, anche l'Europa eco~nomica non è una «Arcadia» capitalistica: visono differenze in relazione alla storia. Adesempio, lei diceva poc'anzi una cosa giustissi~ma che pone un problema legislativo: se leiavesse acquistato le azioni della Montedison,nella percentuale in cui lo ha fatto. in Franciao in Gran Bretagna, vi sarebbe stata un'autori~tà dello Stato che l'avrebbe chiamata persapere cosa intendeva fare. In Italia questonon è avvenuto, in parte per difetti oggettividelle autorità di Governo ma anche perchènon esiste una norma che imponga ad alcunodi farlo. Quindi, già questo è un problema cheriguarda l'Italia e non altri paesi.

Vorrei poi aggiungere un'altra considerazio~ne. Vi sono situazioni di fatto, non di diritto,che bloccano la concorrenza. Faccio un esem~pio a questo riguardo: se in un certo paesedella Comunità, oggi come nel 1992 o nel2000, un'impresa ha una sua posizione domi~nante in uno, due o tre settori industriali econtrolla importanti enti finànziari insieme aduna parte non trascurabile dei mezzi dicomunicazione, dal punto di vista del diritto,della legge, è uguale a tutte le altre; ma inrealtà questo non è vero. Essa ha in mano unaserie di strumenti che le consentono diimpedire a chiunque altro di fare in una certaarea della Comunità cose che la libera concor~renza dovrebbe consentire. Allora, lei nonritiene, dottor Gardini, che anche da questopunto di vista sia necessario che ciascunoStato, tenendo conto della sua storia e dellasituazione, si doti, non in opposizione ma incoerenza con le norme europee, di unalegislazione propria in materia?

GARDINI. Evidentemente abbiamo questoproblema; possiamo portarlo su quel «tavolo»

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e dire che questo problema esiste; vogliamoevitare che esista da noi ma anche in tutta laComunità. Infatti, sarebbe poi grave avercreato una situazione di impedimento in Italiamentre la Francia, ad esempio, non ha fattoniente in tal senso. In quel caso si rischierebbeinfatti due volte: di demolire la posizione dipotere assunta dallo Stato attraverso le propriesocietà all'interno della nuova Comunità e dilasciare ad altri la possibilità di creare unastessa situazione nel contesto in cui andremoad operare.

Quello che intendo dire è che dobbiamovivere i nostri problemi in una prospettivafutura e, quando si deciderà in merito a questanormativa comunitaria, cercare che al suointerno siano compresi i nostri problemi reali,quelli che voi dovete affrontare, cioè il proble~ma della concentrazione di un gruppo diimprese, di un eccesso di controllo di situazio~ni diverse.

Se il problema è quello della concentrazionein un gruppo di varie imprese, se vi è uneccesso di controllo di situazioni diverse,occorre allora affrontare questo problema edare il tempo a chi esercita questo controllo diridimensionare la propria presenza in settoridifferenti. Infatti, che cosa avviene negli StatiUniti? In quel paese un singolo soggetto,quando vuole, può fare un'acquisizione che loporti al controllo di una quota di mercatosuperiore ai limiti previsti dalla normativa, apatto di impegnarsi nell'arco di due anni inuna posizione non dominante.

Infatti, creare un impedimento immediatoche non consente la realizzazione di undeterminato settore può essere anche unasciocchezza. Occorre invece ~ secondo me ~

rendere possibile la ristrutturazione razionaledi un settore finalizzata alla successiva creazio~ne di realtà parallele. Vi sono esempi chefunzionano e che si possono prendere inconsiderazione anche in vista di un regime ditransizione. Basterebbe dire quali sono lenorme cui attenersi e non credo che ciòcostituirebbe un problema molto grave.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri senatoriche intendono fare domande, siccome abbia~ma ancora alcuni minuti a disposizione secon~do i tempi che ci eravamo prefissati, vorrei

porre altre due domande che sono collegatealla discussione. Dottor Gardini, non le parepeculiare il fatto che l'Italia sia l'unico paesein cui le industrie posseggono giornali emedia? Infatti, non c'è alcun paese occidentalein cui si verifica la stessa cosa. Non voglio farealtre considerazioni circa le ragioni storiche diquesto fenomeno, però il rilievo mi viene inmente a seguito del dibattito che testè si èsviluppato. Un'industria che ha un giornale,non ha possibilità maggiori di influenza nelcampo strettamente economico rispetto adun'azienda che non possiede giornali?

Sono poi d'accordo con lei sul fatto che sarànecessario armonizzare la nostra legislazionein termini europei quando ci sarà una normati~va europea. Infatti, rimandare a livello euro~pea quando poi la normativa non è applicabilein quanto non esistono in Italia i relativi poterivorrebbe dire rimandare al nulla. È altrettantovero che dobbiamo affrontare questi temi intermini internazionali e non solo europei. Inogni caso, è necessaria una legislazione italia~na parallela, perchè c'è un particolare chepersonalmente non mi convince nel suoragionamento. L'industria tedesca in questiultimi anni ha raggiunto livelli che l'hannocollocata al primo posto tra le industrieeuropee, eppure essa è sottoposta alla piùpenetrante legislazione antimonopolio che esi~sta nel mondo. Quindi, è vero che unalegislazione fatta bene, in modo attento e nondiscriminatorio o parziale, non costituisce unalimitazione alla libera concorrenza, ma anzi neregola il suo sviluppo?

GARD/N/. Non conosco a fondo la legislazio~ne tedesca, quindi non posso dire se questalimitazione sia a livello nazionale e a livelloeuropeo. Ovviamente, anche se l'industriatedesca ha una più antica tradizione, probabil~mente si sono egualmente verificate concen~trazioni importanti, tanto importanti da límita~re la crescita interna dell'industria stessa; noncredo che sia questo il caso del nostro Paese,in cui sono pochissime le aziende dominantinei settori nei quali si può crescere. Probabil~mente, ha quindi ragione lei perchè i fatti sonotutto sommato quelli che sono; c'è tanto spazioper crescere prima di arrivare a creare unproblema effettivo. Credo che ci sia tanto

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tempo quanto basta per orientarci comunqueverso una normativa comunitaria, alla quale cisi può ispirare per tenere nella dovuta consi~derazione almeno gli elementi che si condi~vidono.

Per quanto concerne la mia posizione relati~vamente alla questione dei giornali, ho giàaffermato che posso dire poco in propositoperchè l'idea di possedere giornali non mialletta particolarmente: ritengo infatti che ilpotere che ne deriva sia merce che si svalutarapidamente. Credo però che le posizioni chesi sono create molte volte sono nate ancheinvolontariamente; sono un po' le circostanzeche hanno portato talora chi ne aveva lapossibilità a farsi carico del problema dell'in~formazione. Infatti, alcune di queste assunzio~ni di responsabilità sono venute un po'casualmente e non tanto per la volontà deinuovi proprietari di controllare un giornalepiuttosto che un altro. Vi sono sicuramentestate volontà precise, ma anche delle necessitàobiettive di salvare delle testate storiche cheera giusto far sopravvivere nel paese. Comun~que, siccome per quanto mi riguarda conside~ro il problema non importante perchè ritengoche in un prossimo futuro l'informazioneglobale svaluterà il fatto di controllare l'infor~mazione nazionale nel suo complesso, non miesprimo in merito; quando non sento unproblema, non ci penso nemmeno tanto, percui il mio parere potrebbe essere superficiale.

PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Gardini,dell'interessante audizione. Faremo tesoro delsuo suggerimento di convocarla anche quandosorgeranno dei problemi, così come è tradizio~ne del Parlamento inglese o francese.

GARDINl. Ed io sarò disponibile in quelleoccasioni, signor Presidente.

Il dottor Raoul Cardini viene congedato.

Viene quindi introdotto il professar FrancoRomani.

Audizione del professor Franco Romani,presidente della Commissione per la con-correnza costituita presso il Ministero

dell'industria, del commercio e dell'arti~gianato

PRESIDENTE. Rivolgo al professar Romaniun vivo ringraziamento per aver aderito alnostro invito a partecipare a questa sedutad'udienza dell'indagine conoscitiva sull'inter~nazionalizzazione delle imprese, e do senz'al~tro a lui la parola.

ROMANI. Presumo di essere stato convocatoin quanto presidente della Commissione per laconcorrenza. Questa Commissione è statacostituita originariamente dall'onorevole Za~none. Tuttavia la sua attività si è interrotta conla crisi di Governo e non ha presentato alcunarelazione. L'unico documento è un mio elabo~rata in cui cercavo di presentare le conclusio~ni che mi sembrava stessero emergendo dainostri lavori: si tratta in sostanza di una mialettera al Ministro accompagnata da un picco~lo rapporto. Nulla di ufficiale quindi. Ilministro Battaglia ha ricostituito la Commis~sione: di vecchi membri ne sono rimasti pochi,si deve riunire per la prima volta il 20novembre e quindi, allo stato, non ci sonolavori. Avevo pensato, vedendo il titolo dellaindagine concoscitiva che riguarda le concen~trazioni e cose del genere, di dire qualcosa delmio punto di vista sulla questione.

PRESIDENTE. Questa Commissione, da chiè costituita?

ROMANI. È composta da diciotto membri eprecisamente: Barattieri, direttore generaledel Ministero dell'industria; Mario Monti,economista di Milano; il professor Lucio Izzo,vice presidente della BEI; il professor Ponta~rollo, un economista industriale, vice presi~dente della ITALCABLE; Glisenti; Bernini,professore di diritto comparato a Bologna enoto avvocato; Iannuzzi, giurista della ASSO~NIMEZ; Federico Mancini, procuratore dellaCorte europea di giustizia; Santarelli delMinistero dell'industria, che credo sia respon~sabile del CIP; il professor Guerci, economista;Pera dell'IRI; Vinci, professore di economia aRoma; Gavina Manca, della Pirelli; PadoaSchiappa, della Banca d'Italia; Sabino Cassese.

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Senato della Repubblica ~ 17 ~ X Legislatura

lOa COMMISSIONE 3° RESOCONTO STEN (11 novembre 1987)

PRESIDENTE. Siccome l'altra Commissionein realtà non è giunta ad alcuna conclusione,come ha detto lei stesso, quali sono lepossibilità che questa nuova Commissioneproduca un documento e in quali tempi?

ROMANI. Credo che il Ministro voglia unrapporto conclusivo per il 15 febbraio. Non hoancora parlato con nessuno dei componenti,ma penso che questa data possa essere rispet~tata se si trova facilmente un accordo sull'im~postazione di fondo (visto che le competenzegiuridico~economiche della Commissione so~no notevoli); non ho idea se ci troveremod'accordo sulle linee di fondo, ma, se questo cifosse, credo si potrebbe concludere il 15 feb~braio.

GIANOTTI. L'interesse del Parlamento edella opinione pubblica relativamente a questiargomenti è rivolto alla possibilità o meno diintrodurre una legislazione anti trust in Italia;la stessa indagine conoscitiva promossa dalSenato ha questa finalità. A noi interesserebbeconoscere, da un lato, i tempi, dall'altro, lefinalità, cioè i propositi che nell'istituirequesta Commissione ha espresso il nuovoMinistro dell'industria.

ROMANI. Questo elemento non lo conosco.Si dovrebbe arrivare a formulare anche unarticolato con delle proposte da suggerire alGoverno in tema di legislazione, cioè unrapporto con alcuni suggerimenti; ma anchequesto dipende molto da come andranno ilavori. Se per esempio si prendesse la decisio~ne di adottare una legislazione molto incisiva,l'articolato potrebbe risultare lunghissimo:altrimenti, se si decidesse di recepire le normedel Trattato, il tutto si potrebbe tradurre in dueo tre articoli.

PRESIDENTE. Siccome presiedo questaCommissione, vorrei sapere: quali idee haintorno a questo problema?

ROMANI. La mia idea personale è che cidovremmo limitare a recepire i principi degliarticoli 85 e 86 del Trattato. Dal mio punto divista non vedo le ragioni di fissare quoteprecise di mercato e non vedo l'opportunità di

costituire commissioni che autorizzino le fu~sioni o cose del genere. Mi limiterei ai principidel Trattato per intervenire solo se vengonosvolte pratiche anticompetitive; ma la concen~trazione di per sè non dovrebbe essere moltopreoccupante a priori.

GALEOTTI. Rispetto alla legislazione attua~le, quali sarebbero gli elementi di novità diuna normativa che rispecchi i principi generalidegli articoli 85 e 86 del Trattato?

ROMANI. A mio avviso, è necessario varareun tipo di normativa che impedisca il cartelloo l'accordo sui prezzi. Questa era la finalitàche aveva la Commissione istituita dal mini~stro Zanone originariamente, ma non è lafinalità che la discussione politica ora in attosta individuando. Il problema non è tantoquello delle concentrazioni; se, infatti, leimprese trovano un accordo per stabilire ilprezzo di un determinato prodotto, allora loscopo di una norma contro le concentrazioninon ha ragion d'essere.

PRESIDENTE. In pratica, questa Commis~sione si riunisce per decidere di non fareniente: si afferma solamente che sono suffi~cienti gli articoli 85 e 86 del Trattato. L'Italia èl'unico paese in Europa a non avere unalegislazione antitrust. Se dovesse passare la suaimpostazione di rinviare tutto alla normativaCEE (non so se è giusto o sbagliato), il risultatoin pratica sarebbe che l'Italia continuerebbe anon avere uno strumento legislativo antitrust.

ROMANI. Se passasse il mio punto di vista,non sarebbe necessaria un'autorizzazione pre~ventiva per le fusioni tra le diverse imprese.

PRESIDENTE. Se lei si riferisce alla normativadegli articoli 85 e 86 del Trattato, evidente~mente ~ a suo avviso ~ non c'è la necessità di

una legislàzione italiana in merito.

ROMANI. Non sono d'accordo. Vi è unaparte della normativa CEE che non si applicain Italia, perchè la legislazione europea siriferisce ai rapporti tra Stati. Per tutto quantoriguarda la realtà interna del paese, gli articoli85 e 86 del Trattato non si applicano.

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lOa COMMISSIONE 30 RESOCONTOSTEN (11 novembre 1987)

PRESIDENTE. Però la Commissione da leipresieduta dovrebbe dire se è necessaria unanormativa antitrust nel comparto industriale.Mi incuriosisce perciò l'ipotesi di una Com~missione che si riunisce per concludere chenon bisogna fare nulla. È possibile, ma certo èun fatto stravagante. Esistendo un lavoroprecedente, immagino che si dovrebbe arriva~re a qualche risultato. Quante volte si è riunitala Commissione?

ROMANI. Sei o sette volte.

PRESIDENTE. E cosa è emerso?

ROMANI. Sul problema delle fusioni si èdeciso di non fare nulla.

GALEOTTI. Le domande mie e del Presiden~te miravano proprio ad ottenere quel chiari~mento che è stato appena dato. È chiaro che laCommissione da lei presieduta dovrebbe pre~figgersi qualcosa di più di quanto è statoillustrato in questa sede.

Abbiamo appena avuto un incontro con ildottor Gardini; i settori d'attività nei quali èimpegnato il gruppo Ferruzzi sono molteplici:vanno dall'agro~industria fino ai compartifinanziari, assicurativi, del credito e del1'edito~ria. Ci preoccupa fortemente questa concen~trazione di potere (e ovviamente ce ne sonoaltre) relative a settori decisivi del nostroPaese, compreso quello dell'informazione. Cichiediamo dunque in che misura sia possibileuna regolamentazione che, senza penalizzarel'attività di una impresa e la sua espansione,limiti però la sua attività in settori che nonsembrano funzionali all'azione economica ofinanziaria che questi gruppi stessi svolgono.

Mi sembra di capire che invece la suaCommissione non abbia la stessa preoccupa~zione e quindi non abbia obiettivi di regola~mentazione in proposito.

ROMANI. Non so ancora i termini di riferi~mento validi per la nuova Commissione. Se sidovesse trattare degli stessi a cui si riferiva laprecedente Commissione, allora la nostraindagine si dovrebbe porre la questione dell'ef~ficienza economica. La normativa antitrust nel

campo dell'informazione non credo sia giusti~

ficabile dal punto di vista economico. Vipossono essere motivi politici, in quanto sivuole assicurare la pluralità delle voci nelcampo dell'informazione, ma questo non hanulla a che fare con il problema dellaconcorrenza economica che rientra nei com~piti della nostra Commissione. Non so se lanostra Commissione si debba occupare diinterconnessione tra potere economico e pote~re politico.

Il nostro problema è verificare se in certesituazioni economiche i consumatori sonodanneggiati, se esiste efficienza economica. Sepoi per esempio, Gardini diventa importantepoliticamente, è un fatto che non ci deveinteressare; è un problema che dovrebberiguardare il Parlamento, il quale potrebbeessere contrario a certe azioni ancorchèefficienti sul piano economico.

GIANOTTI. Lei ci ha detto che la finalitàdella sua Commissione è predisporre unarticolato che il Ministro dell'industria presen~terà al Parlamento. Quindi non si tratta di unaCommissione che studia astrattamente le com~patibilità economiche tra produzione e consu~mo, ma di un organismo che deve contribuireall'elaborazione di una legge sulla concor~renza.

Abbiamo appena ascoltato il dottor Gardini,il quale ~ come è ovvio ~ non ama vincoli per

l'industria. Dal suo punto di vista questo si puòcapire. Tuttavia lo stesso dottor Gardini haportato due esempi che dimostrano un vuotolegislativo in Italia, rispetto agli altri paesieuropei, davvero incredibile. Il dottor Gardiniha affermato che, quando acquistò il 40 percento delle azioni Montedison, si stupì chenessuno da parte dello Stato gli chiedesse cosaintendesse fare: in qualsiasi altro paese ~ ha

rilevato ~: ad esempio in Francia o in GranBretagna, il Governo o il Parlamento oentrambi lo avrebbero chiamato e chiestospiegazioni, poichè il gruppo Ferruzzi è unodei maggiori d'Italia, non si tratta di unapiccola azienda di Abbiategrasso.

Il secondo esempio portato dal dottor Gardi~ni riguarda la Beghin~Say in Gran Bretagna,che egli voleva acquistare, avendo ~ pare ~ sul

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10a COMMISSIONE 30 RESOCONTOSTEN. (11 novembre 1987)

mercato tutti i requisiti per farIo; ad un certomomento il Governo britannico lo ha chiama~to e gli ha impedito l'acquisto per darIo ad unaazienda inglese, non trattandosi di una piccolaimpresa ma di un grande gruppo nel settorecartario-saccarifero.

Questi due aspetti non sono previsti negliarticoli citati del Trattato europeo. Ci si chiedese sia possibile che l'Italia debba trovarsi incondizioni di inferiorità dal punto di vistalegislativo rispetto ad altri grandi paesi dellaComunità, che presumibilmente continueran~no a mantenere tali norme anche dopo il1992.

ROMANI. Gli interventi in altri paesi hannocomunque giustificazioni di carattere politico.Ritengo che le decisioni del Governo inglesesiano dettate piuttosto da criteri di politicaindustriale nazionale che da una volontàpolitica di porre limiti alla concorrenza.

Avere regole che impediscano, ad esempio,al dottor Gardini di comprare il 40 per centodella Montedison potrebbe essere un impor-tante strumento anticoncorrenziale. Si deveconsiderare il take~over dal punto di vistadell' efficienza economica.

Se vi è un'impresa che non sta funzionandobene, può intervenire un manager esterno adessa ritenendo che quella stessa impresa, sottoun'altra guida, potrebbe rendere maggiormen~te. Quindi, come sostengono alcuni economi~sti, il vero controllo concorrenziale avvieneattraverso meccanismi di questo tipo; più sirendono difficili, più si attenua il meccanismoconcorrenziale.

Vorrei fare un esempio di joint~ventu'resamericano~giapponese; mi riferisco a quellatra la Toyota e la General Motors. La Chrysler ela Fard svolgono un'azione anticompetitiva;sta aumentando la concentrazione in questosettore e si usa l'argomento antitrust dellepercentuali di concentrazioni. In questo caso èchiaro che la joint~ventures tra la Toyota e laGeneral Motors era competitiva,perchè, sefosse stata veramente anticompetitiva, comeloro pensavano, avrebbe avuto interesse a chesi aumentasse il prezzo. Quindi, in realtà, sisono serviti della vigente normativa antimono~polistica in funzione anticoncorrenziale.

,Quando vi sono certi tipi di intervento, vi è ilrischio che si crei una determinata situazione.

PRESIDENTE. Professor Romani, vorrei tor~nare all'argomento di cui stavamo discutendoinizialmente. Se ho ben capito, la sua opinioneè che per il nostro Paese non sia necessariauna legislazione di tutela della libera concor~renza.

ROMANI. Vorrei precisare meglio quanto hoaffermato: ritengo che la concorrenza vadatutelata attraverso la penalizzazione.

PRESIDENTE. Comunque, professor Roma~ni, le normative antitrust degli Stati Uniti edella Germania Federale, le più note, in realtànon potrebbero essere applicate in Italia?

ROMANI. Non vanno bene neanche negliStati Uniti.

PRESIDENTE. Quindi, neanche in Italia?

ROMANI. A quanto mi risulta, questa èl'attuale tendenza nella valutazione della legi~slazione antimonopolistica negli Stati Uniti.

PRESIDENTE. Di frequente si sente sostene~re questa divisione di categorie tra la tutela.della libera concorrenza e quella del potereeconomico. Lei, professar Romani, non ritieneche le due categorie siano strettamente colle~gate tra loro e che, laddove vi è un grandepotere economico, in realtà le leggi dellaconcorrenza non possano funzionare?

ROMANI. Secondo me, il vero meccanismoalla base della concorrenza è la libertà dientrare nel mercato. La tutela della concor~renza non va esaminata in funzione delnumero delle imprese concorrenti, ma inrelazione alla permanente possibilità, che puòessere concretamente esercitata da altre im~prese, di entrare nel mercato.

GIANOTTI. Vorrei capire meglio: lei quindisostiene che il problema è garantire il merca-to, mentre sulla produzione e sulla finanza nondobbiamo in alcun modo intervenire?

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lOa COMMISSIONE 30 RESOCONTO STEN (11 novembre 1987)

ROMANI. Si deve intervenire solo se vengo~no individuati comportamenti contrari allalogica concorrenziale.

PRESIDENTE. A nome della Commissione,ringrazio il professar Romani.

Poichè nessun altro domanda di parlare, il

seguito dell'indagine conoscitiva è rinviato adaltra seduta.

I lavori terminano alle ore 12,30.

SERVIZIO DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARIli Conslglzere parlamentare delegato per I resocontI stenografIcI

DOIT ANTONIO RODINÒ DI MIGLIaNE