Seminario - WebDiocesi · del Vaticano II. Inoltre, come sempre, verrà dato ... esempio: un fi...

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Spedizione in abbonamento postale - art 2 Comma 20/c - Legge 662/96 Filiale di Treviso Direttore responsabile Mons. Antonio Marangon - Reg. del Tribunale di Treviso n. 168 del 19/03/1960 All’interno: la riflessione del Vescovo su famiglia e vocazione Seminario TREVISO Liberi per scegliere Rivista Trimestrale anno LII • n° 1 2012

Transcript of Seminario - WebDiocesi · del Vaticano II. Inoltre, come sempre, verrà dato ... esempio: un fi...

Spedizione in abbonamento postale - art 2 Comma 20/c - Legge 662/96 Filiale di TrevisoDirettore responsabile Mons. Antonio Marangon - Reg. del Tribunale di Treviso n. 168 del 19/03/1960

All’interno:

la rifl essione

del Vescovo

su famiglia

e vocazione

SeminarioTREVISO

Liberiper

scegliere

Rivista Trimestraleanno LII • n° 1 2012

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RedazioneMons. Paolo CarnioDon Stefano DidonéDon Flavio GallinaDon Davide Menegon

SeminarioRivista degli amicidel Seminario di TrevisoQuota di abbonamento € 10 c.c.p. n°. 12531315 Treviso

Cari lettori, se volessimo trovare il fi lo rosso di questo primo numero della

nostra rivista, potremmo dire che esso è rappresentato dalla libertà: Cristo ci ha resi uomini liberi per poter scegliere di vivere come suoi discepoli. La libertà non è fi ne a se stessa (liberi di...), ma è la condizione per rispondere alla chiamata ricevuta in dono con la vita (liberi per...). Anche la vocazione al sacerdozio va pensata come un cammino di libera risposta al Signore che chiama a vivere e ad amare come Cristo. Ecco perché questo numero si apre nelle prime pagine con una sintesi della ricca e profonda meditazione proposta dal nostro Vescovo ai genitori dei seminaristi in occasione del ritiro di Avvento. Il Vescovo sottolinea proprio la libertà di cercare e di rispondere. Il “luogo” in cui avviene questo “dialogo” è la coscienza, il nucleo più segreto ed il sacrario

dell’uomo, come lo defi nisce la costituzione Gaudium et Spes. Troverete quindi una certa

continuità incontrando, di seguito alla rifl essione del Vescovo, la sintesi della Giornata di studio per insegnanti ed educatori del nostro Seminario. Non potevamo non accennare, poi, al corso speciale del nostro Studio Teologico, dedicato all’evento del Vaticano II. Inoltre, come sempre, verrà dato spazio alle attività ordinarie del nostro Seminario, in particolare l’incontro con i collaboratori laici e l’itineranza della Comunità Giovanile. Infi ne, questo numero si conclude con un ricordo del Vescovo mons. A. Mistrorigo, a pochi mesi dalla sua scomparsa. A tutti i più calorosi auguri pasquali da parte della Redazione.

Sommario

pag. 3 Ritiro mons. Vescovo

pag. 9 Collaboratori laici pag. 11 Giornata di studio

pag. 12 Itineranza CG

pag. 14 S. Francesco d'Assisi4pag. 15 Risonanze spirituali

pag. 16 Il Vaticano II (1962-2012)

pag. 18 Veglia di preghiera

pag. 20 Campo Siloe

pag. 21 Scheda per la catechesi

pag. 23 Carnevale in Seminario

pag. 24 Mons. A. Mistrorigo

pag. 26 Notizie in breve

pag. 27 Gruppi vocazionali

Hanno collaboratoMons. G. A. GardinBedin mons. CletoDalle Fratte mons. Saverio

Serafi n don CristianoCamelin RiccardoGallina LorisMarconato Fabio

Meloni SimoneStocco DalìTonin Damiano

La rivista è anche on-line nel sito:www.diocesitv.it/seminario

Buona lettura e buona...navigazione!

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La libertà di cercaree rispondereIL RITIRO DEL VESCOVO PER I GENITORI DEI SEMINARISTI

Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo par-lare così, seguirono Gesù. Gesù allora si vol-tò e, osservando che essi lo seguivano, dis-se loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, signifi ca Maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e ve-drete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio (Vangelo di Giovanni 1,35-39).

Nel vangelo di Giovanni le prime parole di Gesù sono dunque: «Che cosa cercate?» (1,38). Così commentano i vescovi italiani: «È la domanda che Gesù rivolge a chiunque desideri stabilire un rapporto con lui: è una “pro-vocazione” a chiarire a se stessi cosa si stia cercando davvero nella vita, a discernere ciò di cui si sente la mancanza, a scoprire co-sa stia realmente a cuore. Dalla domanda tra-

L’intento di queste mie rifl essioni è quello di aiutarvi a pensare e vivere l’avventura

o l’esperienza del vostro fi glio in seminario alla lu-ce della visione cristiana della vita. Potrei inizia-re con alcune domande provocatorie, come per esempio: un fi glio in seminario, o un fi glio prete, è una grazia o disgrazia, una disavventura o una fortuna, una delusione o il compimento di un de-siderio, un vicenda (un affare) suo o anche vo-stro? (Un prete mi raccontava che, quando è en-trato in seminario, un’amica di sua mamma ha commentato: “Piuttosto che si droghi…”). Preferi-sco iniziare partendo da un brano del vangelo.

La vita umana e cristiana è una ricercache ci porta sempre oltre

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fi ssando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di

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spare l’atteggiamento educativo di Gesù: egli è il Maestro che fa appello alla libertà e a ciò che di più autentico abita nel cuore, facendo-

ne emergere il desiderio inespresso» (CEI, Educa-re alla vita buona del Vangelo, 25).

Gesù dunque ci fa capire che cosa signifi ca edu-care: signifi ca far emergere dalla persona ciò che di più positivo ha dentro – anche se frammisto al negativo –, in una condizione di libertà. Essere cri-stiani veri signifi ca essere uomini in ricerca (pen-siamo a grandi cristiani come sant’Agostino, san Francesco, il beato Charles De Foucauld…).Vi invito allora ad assumere un atteggiamento di attenzione, rispetto, ammirazione di fronte ai vo-stri fi gli che sono qui in ricerca (in “discernimen-to”): è una condizione positiva, alta della perso-na. Il contrario è: agire trascinati dalla massa sen-za interrogarsi, seguire i più, lasciarsi guidare da-gli istinti, assoggettarsi alle mode, ecc.

Esercitarsi nella libertà La vita è anche un grande esercizio di libertà. Pa-rola delicata e sempre bisognosa di precisazioni. Libertà non signifi ca semplicemente fare quello che si vuole, ma fare ciò che si riconosce positivo e desiderabile per la propria vita, come protago-nisti di una scelta che fa sentire dentro un cam-mino, non che dà solo una soddisfazione imme-diata, la quale si consuma subito. È anche esse-re senza maschere, essere se stessi, cercare di es-sere nella verità. Non è diffi cile capire che “liber-

tà” in questo senso è molto di più del fare quello che si vuole. È interessante però osservare che nel vangelo questa ricerca è aiutata. C’è stato qualcuno che ha sospinto, indirizzato i discepoli (non li ha co-stretti, precettati): Giovanni Battista. Il quale non preme, ma dice solo: ecco! Addita, non forza ad andare.Se la vita seriamente intesa è ricerca, diffi cilmen-te c’è ricerca se qualcuno non indica, non aiuta: attraverso parole, ma soprattutto mediante esem-pi, stile di vita, modo di essere al mondo, di inter-pretare la vita.Potremmo sintetizzare dicendo: l’esistenza uma-na-cristiana è un andare verso (ricerca), non un rinchiudersi in, un avvitarsi su se stessi, ma anda-re oltre. Probabilmente, se ci pensate, questo voi lo avete attuato nei passaggi dalla fanciullezza all’adolescenza, dalla giovinezza alla maturità…; quando siete passati dalla condizione di persone non legate a nessuno a quella di fi danzati, e poi di sposati; da soli a coppia, a coppia con fi gli; da genitori di bambini a genitori di ragazzi, adole-scenti, giovani…Anche se non diamo il nome preciso di ricerca a questi passaggi, di fatto spesso sono vere ricer-che, perché mentre le viviamo cerchiamo rispo-ste a domande del tipo: che cosa è meglio, giusto, positivo per l’altro, per me, per noi? Situazioni di ri-cerca che sono insieme laboriose e affascinanti.E tutto questo deve essere vissuto nella libertà, no-

Nella foto di p. 3: Un momento dell’omelia del Vescovo al Rito di Ammissione.Qui sopra: durante il pellegrinaggio in Terra Santa

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stra e altrui: vi siete scelti e sposati liberamente; e avete aiutato i fi gli a capire che il bene (dai pic-coli gesti richiesti dalla “buona educazione” fi no a grandi gesti di generosità verso il prossimo biso-gnoso) si compie non per ordine, perché si è pre-cettati, ma semplicemente perché “è bene”, per-ché merita in se stesso di essere fatto, perché ci fa essere migliori.

Dalla generazione alla maturazionepersonaleSe ci pensiamo, questo andare verso (ricerca) è un andare verso l’autonomia. Questa è una leg-ge di natura: fi sicamente assai più rapida negli animali, molto più lenta nell’uomo, che ha biso-gno di molto più tempo. Autonomia nel senso di lasciare una certa dipendenza dagli altri e anda-re sempre più verso la capacità di decidere so-stanzialmente da sé, anche se mai solo per sé e sempre, in una certa misura, con gli altri. Questo è detto dalla Genesi e ripetuto da Gesù: «Per que-sto l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si uni-rà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Genesi 2,24-25: Matteo 19,5).È questo uno dei passaggi diffi cili per i genitori. Non basta generare, bisogna portare alla matu-rità (o verso la maturità) e dunque all’autonomia. Pensiamo al fenomeno mamma-suocera, che sembra talora rivelare che la madre, in verità, non amava veramente, ma in maniera possessi-va; o al fi glio voluto dal single come una bambi-na vuole il bambolotto, o voluto addirittura dalla

coppia dello stesso sesso… Que-sto mostra, in sostanza, che il fi -glio è per i genitori e non i geni-tori per il fi glio (anche se è la stes-sa natura a richiedere poi spesso, nell’ultima fase della vita, che il fi glio si faccia genitore, in certo modo generi al “dies na-talis”, al giorno natale dell’aldilà; come dice Ge-sù a Pietro: «In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi»: Vangelo di Giovanni 21,18).In ogni caso, non è diffi cile capire che i passaggi della vita sono fatti anche di distacchi, e distac-chi affettivi. Se l’altro non è per me, non è nem-meno con me per sempre. È solo la coppia coniu-gale che richiede in se stessa l’esclusività e la de-fi nitività (ma poi c’è la morte; e a volte la relazio-ne vive situazioni dure: e così amore e dolore so-no come due facce della stessa medaglia in una relazione intensa…).Ancora una volta dobbiamo però riconoscere che è diffi cile arrivare a comprendere e realizzare da soli tutto questo – lasciare che l’altro raggiun-ga la sua autonomia –: bisogna essere aiutati, ci vuole qualcuno che ce lo ricordi, che ci solleci-ti… (è anche il senso di un momento “formativo” come questo; ma pensiamo soprattutto all’Euca-restia: accogliamo Cristo che si dona a noi e ci rende adulti nella fede, e noi ci mettiamo alla sua scuola).

Comprendiamo allora anche la funzione del seminario: è un luogo in cui i vostri fi gli:- sono invitati a cercare, discernere: ognu-

no secondo il suo livello;- questo avviene in un contesto di libertà:

senza spinte, pressioni, costrizioni anche solo psicologiche, e giungendo ad una conclusione della ricerca (sacerdote o meno) assolutamente libera (compresa la libertà di sospendere la ricerca);

- è un luogo in cui si è aiutati seriamente a comprendere che cosa signifi ca essere pre-sbitero e che cosa questa condizione richie-de. Non si tratta però di studiare un manua-

I ministeri, una tappa importante verso il sacerdozio

le con le “istruzioni d’uso”, ma di entrare dentro una precisa espe-rienza. Ovviamente è un cam-

mino progressivo: quanto più si procede tanto più il seminario aiu-

ta non solo a capire, ma è una scuola per vivere e per esercitare un compito: anche lo studio si fa specifi co, lo stile di vita si fa più esigente.

La vita cristianacome chiamata-rispostaAbbiamo visto che in risposta alla domanda di Gesù “che cosa cercate?”, i due discepo-li gli domandano a loro volta: “Maestro, do-ve dimori?”. Commentano i vescovi italiani: «Mostrano di essere affascinati dalla persona di Gesù, inte-ressati a lui e alla bellezza della sua proposta di vita. Prende avvio, così, una relazione pro-

fonda e stabile con Gesù, racchiusa nel ver-bo “dimorare”». Gesù risponde: “Venite e vedre-

te”. «Dopo una successione di domande, giunge la proposta. Gesù rivolge un invito esplicito (“ve-nite”), a cui associa una promessa (“vedrete”). Ci mostra, così, che per stabilire un rapporto educa-tivo occorre un incontro che susciti una relazio-ne personale: non si tratta di trasmettere nozioni astratte, ma di offrire un’esperienza da condivide-re. I due discepoli si rivolgono a Gesù chiamando-lo Rabbì, cioè maestro: è un chiaro segnale della loro intenzione di entrare in relazione con qualcu-no che possa guidarli e faccia fi orire la vita» (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, 25). Una ricerca seria nella vita sfocia sovente in un invito, una proposta che ci si sente rivolgere. Per cui uno si sente “chiamato”: per esempio ad una vita felice di coppia, ad una vita famigliare one-sta, serena, in grado di offrire determinate soddi-sfazioni. In fondo, c’è dietro sempre un accogliere l’invito vieni e vedi: osserva, entra dentro l’espe-rienza che vedi negli altri (per es. coniugale, ge-nitoriale, professionale, relazionale, ecc.). E si spe-rimenta un cero fascino: bellezza, attrattiva, desi-derabilità. Ci si sente così chiamati ad essere, vi-vere, fare… Penso che ognuno di voi può guar-dare alla propria storia (di solito fatta anche di fa-

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tiche) in questi termini: ho capito che nella vita c’era qualcosa che mi chiamava ad essere…Dal punto di vista cristiano questa è una delle maniere più belle di intendere la vita (cfr. Lettera ai Romani 8,28-30). Nel testo paolino scorgiamo la missione e dignità straordinaria di essere stru-menti di Dio nel generare fi gli suoi. Figli voluti da Dio prima che dai genitori (e anche senza la loro volontà), destinati a giungere a Lui dopo la vicen-da terrena. Attenzione a questa grande verità: al-la fi ne, i fi gli sono per entrare in relazione con Lui; e questo avviene dentro la loro specifi ca vocazio-ne (coniugale, sacerdotale, ecc.).Ora, questa vocazione non può essere decisa dai genitori, ma solo aiutata. Avviene come con la lo-ro vita fi sica: non è a disposizione dei genitori e di nessun altro (per cui si possa dire: adesso questo è meglio che muoia!). Così la vita spirituale cristia-na, che prende corpo in una scelta di vita con-creta. Non è possibile dire: «Voglio che tu ti spo-si, che tu faccia l’avvocato, che tu abiti nella ca-sa accanto alla mia» (il che non esclude certo di indirizzare, esprimere desideri, sempre nel rispet-to della libertà).

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Favorire le condizioni per la rispostaLa vita-chiamata richiede una vita-risposta: ma questa è del soggetto, non di suo padre, non di sua madre, non del parroco, non del vesco-vo, non dell’insegnante. La persona sarà aiuta-ta, ma la risposta è sua, liberamente, autonoma-mente sua.Generare fi no in fondo un fi glio signifi ca allora creare, favorire le condizioni perché egli rispon-da, e la risposta sia la sua. Coartarla, condizionar-la è assumersi una responsabilità che può diveni-re grave (questo vale anche per i genitori che vo-gliono il fi glio prete; e dire, come qualche volta avviene, “Signore te lo offro”, non può signifi care dire: “Signore, questo deve diventare prete”).Tutto ciò comporta anche il portare i pesi del di-stacco, di cui ho parlato sopra. «L’uomo lascerà suo padre e sua madre» è un’esperienza di distac-co: sia per i genitori che per il fi glio. Gesù ha an-che parole ancora più forti in relazione a chiama-te che richiedono una sua sequela più radicale: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me» (Vangelo di Matteo 10,37). Qui si potrebbe-ro raccontare storie terribili di resistenze di genito-

ri e storie meravigliose di capaci-tà di distacco.Le parole di Gesù non escludo-no padre e madre, non chiedo-no che siano rinnegati: dichiara-no che non possono presumere di ave-re il primo posto. Questo ci aiuta allora a capire che sono anch’essi chiamati ad entrare dentro la chiamata-risposta del fi glio: lì esercitano ancora la loro funzione, lì continuano a generare. Tan-to più vale questo, quanto più la chiamata-mis-sione del fi glio è alta, impegnativa. Per esempio, dentro il donarsi e sacrifi carsi del fi glio sacerdo-te, c’è il donarsi e sacrifi carsi dei genitori, parte-cipi della sua storia.È in questo spirito che si pone il Seminario e la sua educazione. Non vuole strappare fi gli dai genito-ri, non vuole infrangere i legittimi sogni dei ge-nitori. Vuole aiutare, in modi pedagogicamente adeguati, ragazzi, giovani, giovani-adulti, a com-prendere se la vita cristiana come risposta a Dio deve prendere la forma della vita presbiterale, dopo che essi hanno manifestato un certo interes-se o un certo desiderio verso tale vita. Interesse o desiderio che può rivelarsi, grazie al discernimen-to che il seminario offre, autentica “vocazione”.Qualche distacco è dunque inevitabile; ma vi è una grande cura che vi sia libertà, serenità, accoglienza reciproca. Tra l’altro, avviene an-che che testimonianze particolarmente posi-tive vengano da chi è uscito dal seminario. Riprendo, a questo proposito, alcune righe di una lettera inviata da un ex seminarista l’anno scorso alla Vita del Popolo: «Io “non sono andato prete”, … però che grazia sono stati per me quei cinque anni e mezzo di re-lazione con il Seminario minore. Lì ho ma-turato le amicizie più belle, fatto le batta-glie più appassionate, lì mi sono reso con-to che anche da laico ero chiamato a vi-vere per un “di più”, lì mi hanno parlato di Dio, ho imparato ad apprezzare la ricchez-za di una vita spesa per Cristo e per i fratel-li, ognuno secondo la propria vocazione… Lì ho cantato, giocato, scherzato, prestato il mio servizio. Ho anche litigato, perso la pa-zienza… ma che ricchezza…».

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Mantenere vivol’orizzonte di fedeLa vita chiamata-risposta è com-

prensibile solo dentro una visione di fede. Certo, un genitore non cre-

dente non capirà (e tuttavia dovrebbe ri-spettare, dal momento che suo fi glio è una persona che ha diritto, in età adulta, alla sua autonomia); ma il credente sente che, come la risposta alla chiamata del fi glio è un atto di fi ducia in Dio, così la sua risposta alla vo-cazione di genitore (e genitore di un chiama-to, se così è, al sacerdozio) è un atto di fi du-cia in Dio. Anche nella fi ducia umana (la fe-de degli sposi) l’ingrediente fondamentale è il “mi fi do di te”. Del resto non si ama una perso-na “sospettabile” o “sospetta”.Mi sembra bella questa immagine di genitori di un (possibile) futuro sacerdote, che cammi-nano insieme verso il futuro con un profondo at-

teggiamento di fede, avvolgendo la loro intera vita di questa fi ducia.Finisco con una citazione di un testo che a me piace molto. È un testo sull’obbedienza. Risponde-re alla chiamata è obbedire (come Maria): un’ob-bedienza dolce, sincera, convinta.

Se la vita del credente è tutta una ricerca di Dio, allora ogni giorno dell’esistenza diviene un continuo apprendimento dell’arte di ascol-tare la sua voce per eseguire la sua volontà. Si tratta, certo, di una scuola impegnativa, qua-

si una lotta tra quell’io che tende ad essere pa-drone di sé e della sua storia e quel Dio che è “il Signore” di ogni storia; scuola in cui si ap-prende a fi darsi così tanto di Dio e della sua paternità, da porre fi ducia anche negli uomi-ni suoi fi gli e nostri fratelli. Cresce così la cer-tezza che il Padre non abbandona mai, nem-meno nel momento in cui è necessario affi da-re la cura della propria vita alle mani di fra-telli, nei quali occorre riconoscere il segno del-la sua presenza e la mediazione della sua vo-lontà. Con un atto d’obbedienza, sia pur inconsa-pevole, siamo venuti alla vita, accogliendo quella Volontà buona che ci ha preferiti alla non esistenza. Concluderemo il cammino con un altro atto d’obbedienza, che vorremmo il più possibile cosciente e libero, ma soprattut-to espressione di abbandono verso quel Padre buono che ci chiamerà defi nitivamente a sé, nel suo regno di luce infi nita, ove avrà termi-ne la nostra ricerca, e i nostri occhi lo vedran-no, in una domenica senza fi ne. Allora sare-mo pienamente obbedienti e realizzati, poiché diremo per sempre sì a quell’Amore che ci ha costituiti per essere felici con Lui e in Lui.

Alla fi ne, è questo quello che conta veramente. Dobbiamo tutti fare in modo che questo cammi-no obbediente giunga al suo termine.

† Gianfranco Agostino Gardinvescovo di Treviso

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Le ordinazioni diaconali, una gioia per tutta la Chiesa.

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“Azzardare” la propostavocazionale agli adolescentiELEMENTI PROBLEMATICI E MOTIVI DI SPERANZA

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Pubblichiamo una parte della relazione di don Cristiano Serafi n tenuta ai Collaboratori Laici in occasione dell’incontro annuale di domenica 5 febbraio 2012

La proposta di un cam-mino di ricerca vocazio-

nale per adolescenti può sem-brare un obiettivo distante dal-la realtà dei giovani di oggi e, per questo, diffi cile da attuare: da una parte perché li vedia-mo distratti, incostanti, dall’altra perché spesso noi più grandi, di fronte ad un ragazzo che sta vi-vendo il periodo dell’adolescen-za, non sappiamo cosa fare. Ep-pure il Signore ci chiede di pren-derci cura anche dei ragazzi di quest’età, chiede di prender-ci cura della loro maturazione di fede e, intimamente connes-sa alla fede, della ricerca voca-zionale.

Alcune dinamichepresenti nei giovaniL’adolescenza è caratterizzata

dalla fase di progettazione del-la vita, partendo dall’esperien-za che fanno di loro stessi nel-le situazioni quotidiane: amici-zia, scuola, parrocchia…, tutte realtà che fanno vibrare il cuo-re e che si possono presentare come occasioni che racchiudo-no una promessa per il loro futu-ro. Contemporaneamente però non sempre sono in grado di or-dinare questo dinamismo, per-ché i giovanissimi sono anche particolarmente sensibili e co-minciano a nascere in loro più che in altri periodi le emozioni e i sentimenti: se quello che vedo-no in avanti non offre loro rispo-ste signifi cative cercano i modi più disparati per sentirsi vivi o anche solo per trovare una loro nuova identità. Un ulteriore ele-mento di problematicità e com-plessità dipende dall’aumento delle famiglie con problemi in-terni alla coppia con la conse-guenza di provocare nella per-sonalità, nel mondo affettivo e nella coscienza morale del ra-gazzo degli ostacoli che richie-

dono tempi più lunghi e inter-venti più mirati in ordine alla lo-ro maturazione armoniosa.

L’azione dello Spirito Santoin questa età e l’obiettivodella propostavocazionaleDentro questa vita interiore de-gli adolescenti possiamo coglie-re l’azione dello Spirito Santo. E’ lui che rende il cuore capace di vibrare per il bene, per la bellezza, per le cose grandi. Come se il Signore stesso pre-parasse il ragazzo ad “inna-morarsi di Lui”, suggerendo-gli interiormente che è Lui la realizzazione di quella promessa che emerge da alcune esperienze forti di questa età: amicizia, grup-po, preghiera… In Semina-rio constatiamo che tan-ti giovani riescono a supe-rare le inquietudini interiori solo quando inizia una pro-fonda vita spirituale, cioè la percezione che quel Dio al quale si rivolgono è un “tu”

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che parla a loro e li ascolta, e quel Gesù che trovano nel Van-

gelo veramente è ac-canto a loro come colui

che comprende, che acco-glie anche il loro animo in-quieto, che perdona.Quando un giovane inizia a prendere sul serio la fe-de e la fa sua, con la spon-taneità che suggerisce lo Spirito, si chiederà cosa vo-glia Gesù da lui, quale sa-rà il modo più originale per mettersi in relazione con Lui… L’importante è saper condurre ad un’esperien-za viva della persona di Ge-sù. Il Vangelo diventa lo sti-

molo per loro, come per cia-scuno, a prendere una posizio-ne, a rispondere con generosi-tà al Signore che chiede qual-cosa, anche se questo qualco-sa è ancora confuso, anneb-biato. C’è, grazie allo Spirito, una specie di “sollecitazione in-teriore” a mettersi in ricerca, e la proposta vocazionale incon-tra proprio questo lavorio inte-riore che fa sognare una vita di qualità, bella.

Elementi che reggonola proposta vocazionale

L’annuncio di Gesù.• Annun-ciare Gesù oggi pre-sente misteriosamen-te nella vita di ogni giorno, una pre-senza che da una parte sollecita, dall’altra sa atten-dere i tempi della maturazione del-la persona. La fe-

deltà è una delle dimensio-ni che più toccano il giova-ne, perché nei loro alti e bas-si, c’è un qualcuno che sa ri-manere di fronte a loro e non prende paura del loro stato... è Gesù che non si stanca di amare e chiamare.Il contatto con quelli che han-• no seguito Gesù (i personaggi del Vangelo e anche dell’AT, i santi). Sono persone che co-me loro avevano desideri ma anche paure, avevano la lo-ro ricchezza di umanità, ma anche i limiti, ma ugualmen-te a loro è stato rivolto un ap-pello e hanno avuto il corag-gio di rispondere... Attraver-so i personaggi hanno la pos-sibilità di leggere loro stessi, i loro sentimenti.La testimonianza di quelli • che lo stanno seguendo. So-no gli adulti che vivono la lo-ro vita come vocazione, co-me risposta ad una chiama-ta quindi fi duciosi, liberi. I ge-nitori, il seminarista, il sacer-dote... È per loro la “prova” che seguire Gesù è bello.La fraternità tra quelli che • stanno cercando. È importan-te che fra loro ci sia un’espe-rienza di fraternità buona, basata sulla gratuità,

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sull’ascolto reciproco, sull’ar-monia nella preghiera. I ra-gazzi della Stella Polare van-no ai gruppi parrocchiali, ma poi sostengono che solo durante gli incontri in Semi-nario si possono tenere certi discorsi. Non è in poco impor-tante il fatto che la vita del gruppo permette loro di po-ter vivere la fede, condivi-dendone i sentimenti senza essere giudicati.

Ognuno ha una storiatutta sua…All’interno di una visione cri-stiana della vita, dunque, va riconosciuta anche agli ado-lescenti la capacità di vivere un autentico rapporto persona-le con Gesù. Con le espressioni proprie dell’età, essi sanno pre-gare, aprirsi con generosità al-la volontà di Gesù e rendersi disponibili con entusiasmo an-che ad una vocazione presbi-terale. Come Gesù col suo Spi-rito li ama e li prende sul serio, anche la Chiesa deve farsi ca-rico di questi giovani e della lo-ro ricerca vocazionale. Questo chiede a noi di metterci in gio-co senza timore e per metter-ci in gioco dobbiamo sempre verifi care i sentimenti di carità

che viviamo nei confronti dei giovani. Prima ancora, ci

chiede di tener viva la nostra fede, per crede-re che il Signore conti-nua a chiamare uomi-ni attorno a se, perché “stiano con lui e anche per mandarli” (cfr. Mc 3,14-15).

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coGiovedì 8 marzo si è svolta presso la sala

Card. Pavan l’annuale giorna-ta formativa per educatori ed insegnanti del Seminario, aper-ta a tutti. È intervenuto il prof. d. Virgilio Sottana, docente di teologia sistematica (Cristolo-gia e Trinitaria) presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e presso l’Istituto Teologico Af-fi liato di Treviso-Vittorio-Vene-to, che ha presentato una ric-ca, densa ed equilibrata propo-sta di rifl essione sul tema della formazione della coscienza mo-rale secondo l’approccio teolo-gico-sistematico. Introducendo la rifl essione, don Virgilio ha motivato le ragioni della scelta di svolgere il tema scegliendo un ingresso deci-samente di tipo antropologi-co, cioè mettendo in luce il mo-mento originario e sorgivo, del venire alla luce della coscien-za, risvegliata da quell’espe-rienza universale e prometten-te che è legata al rapporto con le fi gure genitoriali. In partico-lare, d. Virgilio si è soffermato sull’esperienza del sorriso del-la madre come fi gura primor-diale di un’esperienza capa-ce di “svegliare” la coscienza e suscitare una relazione buona. Da questa relazione del bimbo

con la madre (ma anche con il padre e le cose) prende av-vio quel movimento di apertu-ra della coscienza all’altro da sé che confi gura progressiva-mente la libertà come esperien-za di un dono ricevuto, ma an-che di un compito da svolgere, nel senso di una relazione da mantenere viva ed aperta. In questo dinamismo interiore del-la coscienza, l’incontro con la fi -gura di Cristo ed in particolare con il suo mistero pasquale, è decisiva, perché è un incontro che, affascinando e sconcer-tando al tempo stesso l’uomo, dischiude l’orizzonte di senso in cui la libertà è chiamata a com-piersi, ovvero secondo la misu-ra di un amore capace di do-narsi fi no alla fi ne, fi no a dare la vita. Ecco perché la dinamica vocazionale, cioè il dinamismo di scoprirsi cercati, chiamati per nome e per questo provocati a

“Chiamati a libertà”GIORNATA DI STUDIO SULLA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA

conversione per una sempre maggiore adesione a Cristo, è la dinamica umano-divina in cui traspare di più il carattere pratico e drammatico della li-bertà. A partire da questa pro-spettiva, d. Virgilio ha presen-tato quindi l’importanza delle mediazioni pratiche che espri-mono la dimensione testimo-niale della Chiesa, tra le qua-li spicca per la sua importanza, in ambito formativo, l’esercizio del discernimento in tutte le sue applicazioni, dal discernimento degli spiriti al discernimento vo-cazionale. La rifl essione svolta ha mostra-to come la formazione del-la coscienza costituisce l’oriz-zonte unifi cante dell’annun-cio del Vangelo e dell’azio-ne missionaria della Chiesa. In questo senso, la Giornata formativa nel suo insieme (compresi i lavori di grup-po del pomeriggio) ha rap-presentato un importan-te momento di confronto e di rifl essione offerto dal Se-minario su che cosa signifi -chi “educare alla vita buo-na del Vangelo”, come sug-gerito dagli Orientamenti pastorali di questo decennio sull’educazione.

d. Stefano Didonè

Il prof. don V. Sottana

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17-21 MARZO

L’itineranzadella Comunità Giovanile

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meriggio di venerdì 17 febbra-io e, con il pullman, abbiamo raggiunto Foligno, dove siamo stati gentilmente ospitati dal parroco nell’oratorio del paese. Dopo aver pregato nella chie-sa parrocchiale siamo andati a riposare secondo lo stile dell’iti-neranza: su un materassino e un sacco a pelo, per vivere quest’esperienza con la sobrie-tà di un pellegrinaggio e non come una gita in cui si hanno tutte le comodità.Nei due giorni seguenti abbia-

mo percorso la strada che co-steggia il mon-te Subasio,

passan-

do per Spello, San Giovanni di Spello, Costa di Trex. Nel po-meriggio di Domenica siamo fi -nalmente entrati ad Assisi.

L’arrivo ad Assisi,il ritiro e la visita alla cittàIl punto di arrivo era la basili-ca inferiore, presso la tomba del santo; perciò abbiamo conti-nuato la nostra marcia tra le vie cittadine, fi nchè siamo stati ac-colti, alle porte della basilica, da padre Egidio, un frate con origi-ni godigesi. Egli ci ha fatti entra-re, con lo zaino sulle spalle, nel-la cripta della tomba, dove ab-biamo potuto sostare mezz’ora in preghiera.Siamo stati accompagnati nel cuore del sacro convento, dove abbiamo avuto la singolare op-portunità di poter alloggiare per due giorni. Dopo aver celebra-to l’Eucaristia nella bella cripta

Quest’anno come santo dell’itineranza abbia-

mo scelto San Francesco d’Assisi, un uomo che, nel dono totale di se stesso a Dio e al suo progetto, non ha avuto bisogno di nien-te se non della Provviden-za e della preghiera. Egli è stato un vero esempio di li-bertà dal materialismo, e si è donato interamente a Dio,

attraverso il servizio alle per-sone che considerava tempio

di Dio.

Il camminodei primi giorniCosì, per seguire questa fi gura, ci siamo messi in cammino pure noi, ed abbiamo sperimentato la fati-ca che ha provato il santo nei suoi viaggi. Siamo partiti nel po-

Foto di gruppo a s. Maria degli Angeli

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le” della sua missione terrena, dove, grazie all’intercessione di San Francesco, si può ottenere l’indulgenza per qualche caro defunto. Da qui siamo infi ne ri-partiti per tornare a Treviso.Ci teniamo a ricordare che la nostra bella esperienza è sta-ta possibile anche per la dispo-nibilità di due cuochi: Ferruc-cio e Gianfranco, due signori di Camposampiero, che con pas-sione, ci hanno seguiti in pul-mino giorno per giorno, e ci hanno garantito la prepara-zione dei pasti. A loro va la nostra sincera gratitudine.Ora, anche se quest’esperien-za è terminata, non ha fi nito di donarci spunti per vive-re la nostra ricerca giorno per giorno: San Francesco è un esempio di vita spesa nell’amore, che rimane at-tuale per qualsiasi epoca. Infatti, per vivere, bisogna amare; senza amore sia-mo solamente l’evoluzione naturale di alcuni animali, mentre l’amore ci rende fi gli di Dio, e ci dona tutta la no-stra dignità.

Stocco Dalì

di frate Elia, c’è stata una cena particolarmente gradita: infat-ti eravamo ospiti alla tavola dei frati, che sono stati gentilissimi e disponibili. Abbiamo poi trascor-so la serata in alcuni terrazzi co-perti da bellissime volte, con un paesaggio mozzafi ato. Nemme-no il forte vento è riuscito a sco-raggiare la nostra permanenza in quel loggione, che, per chi ar-riva ad Assisi con la macchina, è l’immagine più caratteristica della città.Il mattino seguente, fi no all’ora di pranzo, si è vissuto il ritiro, un’occasione di raccoglimento e meditazione, in cui poter ri-vedere le intuizioni avute du-rante il cammino e pregare più intensamente; è proprio questo tempo di preghiera che ha se-gnato il culmine del nostro pel-legrinaggio.Al pomeriggio ci siamo sposta-ti nella basilica inferiore, dove padre Egidio, che ci aveva ac-colto il giorno prima, è stato la guida per la comprensione dei vari affreschi della basilica e si può ben dire - visto che sono così tanti! - che sia stato dav-vero bravo a spiegarceli. Ab-

biamo poi visitato la basilica di santa Chiara, dove è custodi-to il famoso crocifi sso che par-lò a Francesco, e siamo anda-ti a pregare i vespri in San Da-miano.Come il giorno prima, abbia-mo consumato la cena assie-me ai frati, e la sorpresa è stata che, fi nito di mangiare, siamo stati guidati da padre Egidio nella basilica superiore, aper-ta ed illuminata solo per noi: anche in quest’occasione ci ha raccontato le storie degli affre-schi che ornano la basilica su-perione. Abbiamo così scoper-to molte cose, una in partico-lare ci ha colpito: le basiliche contengono circa diecimila metri quadrati di affreschi, di cui seimila nella basilica supe-riore, e molti di questi sono sta-ti dipinti da artisti di spicco, tra cui Giotto e Cimabue.Il martedì, nostro ultimo gior-no ad Assisi, dopo aver fatto colazione e aver salutato il fra-te guardiano, ci siamo diretti a Santa Maria degli Angeli. Qui è custodita la Porziuncola, cioè la cappella che San Francesco poneva come “quartier genera-

In cammino tra gli ulivi...

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poteva dialogare con gli animali in forza del suo amore per essi. Padre Egidio ci ha detto che il san-to è ritornato, grazie all’opera di Dio in lui, ad es-sere come l’Adamo nel Paradiso terrestre, in una situazione di piena armonia attorno a sé e nella natura, tale da permettergli di dialogare con gli animali. Un altro aspetto poco noto della storia del santo è l’episodio in cui lui insegna cosa sia la “perfetta letizia”: sembra si tratti di un pensiero re-almente pronunciato dal santo, in un periodo in cui egli veniva messo un po’ in disparte dai suoi frati nella gestione dell’ordine, fatto che gli cau-sava profonda sofferenza. Il racconto, tratto dai fi oretti, dice che, in un freddo giorno d’inverno, in cammino assieme a Frate Leone, Francesco spie-gava al compagno cosa fosse la perfetta letizia. E diceva che, anche se nell’ordine ci fossero stati frati così santi da poter fare le cose più grandi, ciò non sarebbe stato “perfetta letizia”. Invece, se giungendo a Santa Maria degli Angeli, infred-doliti, affamati, sporchi di fango e bagnati dalla pioggia, fossero stati cacciati e picchiati dal custo-de… se avessero sopportato benevolmente e con pazienza tutto ciò, questo sarebbe stato “perfetta letizia”! L’aspetto interessante è che, fra le righe di questo racconto, si intravede la reazione spirituale di Francesco a ciò che stava avvenendo nel suo

ordine, e ciò offre una splendida conferma dello spessore spirituale del santo di Assisi.Questi, che qui abbiamo provato a descrivere, sono solo due sem-plici particolari, che mostrano la grandezza della fi gura che ab-biamo conosciuto e venerato. Ci auguriamo, quindi, che in futuro egli possa essere davvero model-lo e guida per il nostro cammino di ricerca.

Damiano Tonin

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San Francescod’AssisiALCUNI TRATTI DELLA SUA FIGURA

Se noi chiedessimo a qualcuno il nome dei primi tre santi che gli vengono alla men-

te, è molto probabile che tra questi ci sia San Francesco d’Assisi: infatti, quello scelto dalla nostra Comunità per l’itineranza di quest’an-no, è forse il più popolare e conosciuto dei santi che la Chiesa venera. Proprio per la sua popolarità, quasi tutti già conosciamo la vicenda dell’infanzia e della conversione di Francesco. Noi seminaristi del-la Comunità Giovanile, attraverso l’Itineranza, oltre a riascoltare la parte più conosciuta del-la sua storia, abbiamo potuto scoprire alcuni

aspetti meno noti.Uno di questi si riferisce al fatto che San France-

sco è detto essere “grande naturalista”. A questo proposito padre Egidio (il frate che ci ha fatto da guida ad Assisi) ha espressamente ribadito che il santo non è mai stato un “amante degli anima-li” come spesso, in modo un po’ superfi ciale, lo si descrive. Il celebre “cantico delle creature”, ad esempio, non loda il creato, ma dice: “Altissimu, Onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la glo-ria e l’honore et onne benedictione”. Il signifi cato lo sappiamo tutti e da questo testo noi compren-diamo che Francesco amava e lodava solo ed unicamente Dio. E’ improprio dire che Francesco

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Itineranza. A questa parola associo sem-pre dolci ricordi, carichi di fatica e gioia.

Anche quest’anno, noi fratelli della Comuni-tà Giovanile, abbiamo vissuto l’itineranza, un pellegrinaggio a piedi, incentrato sulla fi gura di san Francesco d’Assisi. Il paesaggio collina-re dell’Umbria ed il buon tempo che abbiamo trovato ci hanno aiutato ad entrare subito con il cuore nell’esperienza. In questo modo abbia-mo meditato sulle proposte che Don Narciso (il padre spirituale) ci offriva prima del cammino; esse si sono sviluppate su quattro fondamenta-li punti: la famiglia, la vocazione, i fratelli e so-rella morte. Tutta l’itineranza ha avuto un tono penitenziale, e molto incisiva è stata la propo-sta La visione della vocazione: dal mio sogno al sogno di Dio per me, in cui abbiamo associato il nostro volere e i nostri desideri a quelli di Dio, scoprendo che spesso hanno punti in comune. Infatti, come San Francesco, anche noi vorrem-mo diventare cavalieri del nostro tempo (calcia-tori, attori…ecc) ma Dio per il nostro bene ci aiu-ta, un po’ alla volta, a scoprire in cosa e come possiamo divenire tali, secondo la sua volontà.

E proprio come Francesco davanti al crocifi sso di San Damiano, anche noi ci siamo sentiti chia-mati a riparare la Chiesa, ciascuno in un pun-to diverso. Un’altro bel passaggio che abbiamo vissuto è stato l’incontro con i frati del sacro con-vento, testimoni vivi dell’ideale francescano. L’umiltà, la carità e l’amore fraterno che han-no riversato su di noi sono stati esemplari: ci hanno infatti servito a tavola, trattandoci co-me Gesù trattò i suoi alla lavanda dei piedi.Particolare ed intenso è stato l’ultimo giorno dove, dopo esserci recati alla Porziuncola, abbiamo chiesto l’indulgenza per un’anima del purgatorio a nostra scelta; ancora pri-ma di fi nire l’itineranza abbiamo cercare di mettere in pratica l’Amore per gli altri, pre-gando per un’altra persona e non per noi stessi. Otto secoli di storia (1226-2012) non hanno reso San Francesco una fi gura supe-rata, da arginare nel passato: egli continua a parlarci e ad intercedere per ognuno di noi presso Dio, e questo ci conforta ed inco-raggia il quotidiano cammino della fede.

Simone Meloni

Risonanze spiritualidell’itineranza

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Il corso speciale dello Stu-dio Teologico di Treviso e

Vittorio Veneto ha riguarda-to quest’anno il Concilio Va-ticano II (1962-1965), in occa-sione del cinquantesimo an-niversario della sua apertura. Nella prima relazione, tenuta martedì 6 marzo da don Ro-berto Repole, docente di teo-logia sistematica presso la Fa-coltà Teologica di Torino e pre-sidente dell’A.T.I., il Concilio è stato presentato come un even-to caratterizzato dalla “sinfonia spirituale” fra le voci della Chie-

sa provenienti da tutto il mon-do, resa possibile dall’opera dello Spirito Santo. A questo dono i Pa-dri si resero disponibili conferendo all’assise una dimensione peniten-ziale di apertura e di “aggiorna-mento”. Quattro sono le grandi svolte che il Con-cilio ha segnato nella vita della Chiesa: anzitutto il tenore dei testi conciliari, non più forti di defi ni-zioni e anatematismi, ma di un’esposizione della fede che attinge alla grande Tradizione biblica e patristica. La seconda svolta riconosciuta è il rap-porto con la modernità: in essa la Chiesa è chia-mata ad essere missionaria per una nuova evan-gelizzazione che sappia parlare all’uomo d’oggi in un mondo che non coincide più con la cristianità; la terza svolta è l’“irruzione dell’altro”, cioè l’apertu-ra al dialogo ecumenico, interreligioso e con i non credenti, in quanto tutti gli uomini. Infi ne il Vatica-no II è stato un concilio pastorale e di aggiorna-mento, fi nalizzato ad adattare l’annuncio della Pa-rola di Dio agli uomini e alle culture di oggi attra-verso una continua purifi cazione dell’adesione al Vangelo da parte della Chiesa, che è sempre in cammino verso il compimento. Mercoledì 7 mar-zo l’attenzione si è volta alla recezione del Concilio

Vaticano II, della quale ha tratta-to mons. Giacomo Canobbio, do-cente di teologia sistematica pres-so lo Studio Teologico del Semina-rio di Brescia e presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. La recezione del Concilio compor-ta l’assunzione di pratiche nella vi-ta ecclesiale da parte di tutto il Po-polo di Dio e riguarda inscindibil-mente sia l’evento conciliare che i suoi documenti. Il prof. Canobbio ha presentato tre periodi della re-cezione del Concilio: l’immediato postconcilio, caratterizzato da tur-bolenze, timori e rifi uti (vedi il mo-vimento lefebvriano), ma anche tempo di creatività responsabile (si ricorda l’assemblea del Celam nel 1968, il Sinodo generale del ’70 e del ‘74). Secondo periodo sono gli anni Ottanta, con la questione dei

movimenti ecclesiali, l’avvio di una più rifl essa er-meneutica conciliare e il dialogo interreligioso; ne-gli ultimi anni, terzo periodo, il concilio è stato po-sto in questione, apparendo talora come supera-to. Oggi, ha concluso il prof. Canobbio, la recezio-ne del Concilio richiede un’opera di discernimento che tenga presenti questi fattori: è un concilio pa-storale e teologico, poiché riguarda l’annuncio; la Chiesa e il mondo non sono separati; la mondiali-tà della Chiesa si evidenzia nella riforma liturgica; tutti i fedeli sono corresponsabili della vita e della missione della Chiesa; dell’annuncio fanno parte anche i suoi destinatari. Per annunciare il Vange-lo al mondo d’oggi, dunque, è richiesto alla Chie-sa di non essere arroccata timorosamente, preoc-cupata di sé, ma “continuamente in tirocinio” nelle culture del mondo per trovare itinerari adatti alla sua missione, fi duciosa nell’opera dello Spirito San-to che ne garantisce la continuità e l’unità.

Riccardo Camelin

Una Chiesa in ascoltoIL CORSO SPECIALE SUL VATICANO II

Don Roberto Repole

Mons. Giacomo Canobbio

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IL RITO DI AMMISSIONE DELLA TERZA TEOLOGIA

Nelle mani del vasaioFrancesco, Matteo, Samuele, Giovanni e Denis. È così che il nostro Vescovo ha ini-

ziato l’omelia in occasione del Rito di Ammissio-ne. È signifi cativo il sentirsi chiamare per nome in un’occasione così uffi ciale ed importante per la vita, proprio come ha fatto poco dopo il diaco-no per le pratiche del rito, ma come ha fatto, nel-le vite di noi cinque, in momenti diversi, il Signo-re. Perché mettersi nelle mani del Signore, anche se non è scontato per un giovane dei nostri tempi, fa scoprire la bellezza di sentirsi chiamati, amati e voluti, per ciò che si è, con una possibilità di cre-scita nell’amore che va oltre le nostre capacità. È singolare, poi, come per chiamare il Signore non si serva mai di un “metodo standard”, che valga una volta per tutte, basti pensare che tra noi cin-que nessuno ha la stessa età o viene dalla stes-sa esperienza di vita, ma abbiamo cinque età e cinque esperienze diverse, che non sfoceranno si-curamente, a loro volta, in cinque persone tutte uguali, ma di ognuno di noi il Signore farà frutta-re quei semi che egli stesso ha piantato a suo tem-po. E le nostre cinque storie diverse hanno stupi-to anche il Vescovo, il quale ha citato una cele-bre pagina dal libro di Geremia. Sceso nella bot-tega del vasaio, il profeta osserva l’artigiano che impasta e reimpasta la creta in modo che, anche

quando la creta si spezza, ne esca fuori sempre un vaso come «come ai suoi occhi pareva giusto». Il Vescovo ha paragonato all’opera di quel vasa-io la custodia che il Signore ha avuto sulle nostre vite. Un po’ come con Maria, ha continuato, an-che con le nostre storie c’è stato l’incontro di due volontà, la nostra e quella di Dio, a cui noi, come Maria, abbiamo deciso di rispondere “eccomi”. È una parola sola ma carica di signifi cato e che ri-marrà per sempre come segno nella nostra me-moria. Come ricordo di quella sera, di quel set-te dicembre, di quella chiesa parrocchiale di Caerano San Marco, gremita, piena di pa-renti ed amici che venivano a partecipare al nostro donarci, al nostro metterci in manie-ra più determinata nelle mani del Signore e a disposizione di questa Sua Chiesa diocesa-na. A noi sta il saper cogliere, come siamo ri-usciti a fare fi no ad ora grazie alle persone e ai sacerdoti che ci hanno accompagnato nel crescere e nella fede, quei segni che Dio metterà ancora davanti a noi per farci ca-pire quale strada egli vuol farci percorrere, quali correzioni egli vuol farci per farci diven-tare, provando e riprovando, come ai suoi oc-chi sembra giusto.

Denis Vedoato

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«Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frut-to della vite, fi nché non verrà il regno di Dio». 19Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice di-cendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».

ANTIFONA

Laudate omnes gentes, laudate Dominum.Laudate omnes gentes, laudate Dominum.

Silenzio e Adorazione

Prima Meditazione

… Prima delle parole dell’istituzione vengono i gesti: quello dello spezzare il pane e quello dell’offrire il vino. Chi spezza il pane e passa il calice è anzitutto il capofamiglia, che accoglie alla sua mensa i familiari, ma questi gesti so-no anche quelli dell’ospitalità, dell’accoglienza alla comunione conviviale dello straniero, che non fa parte della casa. Questi stessi gesti, nel-la cena con la quale Gesù si congeda dai suoi, acquistano una profondità del tutto nuova: Egli dà un segno visibile dell’accoglienza alla men-sa in cui Dio si dona. Gesù nel pane e nel vi-no offre e comunica Se stesso. (Benedetto XVI - Udienza mercoledì 11 Gennaio 2012)

ANTIFONA

Laudate omnes gentes...

Silenzio e Adorazione

Prima Meditazione

Ma come può realizzarsi tutto questo? Come può Gesù dare, in quel momento, Se stesso? Ge-

CANTO EUCARISTICO D’INIZIO

(mentre si accoglie l’Eucaristia)

PREGHIERA (A DUE CORI)

Dio nostro Padre,vogliamo innalzare un grande innodi grazie al tuo amore in Cristo Gesù:è nella sua morte che tu ci hai rivelato il tuo amore senza confi ni.È di questo amore gratuito e insondabileche facciamo esperienza nell'eucaristia.Non permettere che rispondiamo con parole vuote di grazie, di amore, di supplica.Aiutaci, affi nché le nostre parolenascano dall'esperienza indicibiledi essere amati senza condizioni da un Dio che è salito su una croce per noi e per tutti, perché si rifacesse pace tra uomo e uomo, tra uomo e creato,tra uomo e te, suo creatore.Ogni eucaristia, o Padre,prima che parlare di noi e della nostra vita,sia sempre un raccontare le tue imprese meravigliose nella morte di Cristo Gesù, nostro Signore.

(breve tempo di adorazione silenziosa)

Dal Vangelo secondo LucaQuando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desidera-to mangiare questa Pasqua con voi, prima del-la mia passione, perché io vi dico: non la man-gerò più, fi nché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse:

Gesù dona se stessonell’eucaristiaVeglia di preghiera per le vocazioni

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sù sa che la vita sta per essergli tolta attraver-so il supplizio della croce, la pena capitale de-gli uomini non liberi, quella che Cicerone defi -niva la mors turpissima crucis. Con il dono del pane e del vino che offre nell'Ultima Cena, Ge-sù anticipa la sua morte e la sua risurrezione re-alizzando ciò che aveva detto nel discorso del Buon Pastore: «Io do la mia vita, per poi ripren-derla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio» (Gv 10,17-18). Egli quindi offre in anticipo la vita che gli sarà tolta e in questo modo trasforma la sua morte violen-ta in un atto libero di donazione di sé per gli al-tri e agli altri. La violenza subita si trasforma in un sacrifi cio attivo, libero e redentivo. (Benedet-to XVI – Udienza mercoledì 11 Gennaio 2012)

ANTIFONA

Laudate omnes gentes...

Silenzio e Adorazione

INVOCAZIONI

Tu hai detto: «Io sono il pane di vita».Signore, noi ti acclamiamo.Tu hai detto: «Io sono la resurrezione». Signore, noi ti acclamiamo.Tu hai detto: «Chi crede in me vivrà». Signore, noi ti acclamiamo.Il tuo corpo ci dona la vita. Signore, noi ti acclamiamo.La tua parola ci libera. Signore, noi ti acclamiamo.La tua parola ci riconforta. Signore, noi ti acclamiamo.Tu hai detto: «Io sono la via».Signore, noi ti acclamiamo.Tu hai detto:«Io sono la verità». Signore, noi ti acclamiamo.Tu hai detto:«Io sono la vita». Signore, noi ti acclamiamo.

PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

O Gesù, Agnello Pasquale,

che hai donato a noi la tua Vita,suscita in tutte le comunità parrocchialisacerdoti, diaconi, religiosi e religiose,laici consacrati e missionari,secondo le necessità del mondo interoche tu ami e vuoi salvare.Ti affi diamo in particolarela nostra chiesa diocesana;crea in noi il clima spiritualedei primi cristiani,perché possiamoessere un cenacolo di preghierain amorosa accoglienzadello Spirito Santo e dei suoi doni.Assisti i nostri pastorie tutte le persone consacrate.Guida i passi di coloroche hanno accolto generosamentela tua chiamata e si preparanoagli ordini sacri o alla professionedei consigli evangelici.Volgi il tuo sguardo d’amoreverso tanti giovani ben dispostie chiamali alla tua sequela.Aiutali a comprendere che solo in Tepossono realizzare pienamente se stessi.Amen

PADRE NOSTRO

CANTO:ADORIAMO IL SACRAMENTO

ORAZIONE

BENEDIZIONE EUCARISTICA

ACCLAMAZIONI

CANTO FINALE

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La classe SILOE (V teologia) non stanca del suo andare per le diverse parrocchie

della nostra diocesi ha una proposta an-che per questa estate: un campo per gio-vanissimi dalla 3ª media alla 3ª superio-re (14-17anni). Volete sapere dove andre-mo quest’anno? Andremo alla “città eter-na”, a Roma.È ormai da alcuni mesi che siamo inviati nelle diverse comunità parrocchiali della diocesi per risvegliare, attraverso la nostra testimonianza, in molti giovani la domanda della vita: come e con chi vale la pena spen-dere la propria vita? Il Signore mi sta chia-mando? Dove?

Questo campo è una proposta che facciamo ai ragazzi della nostra diocesi e che sappiamo

non hanno paura di farsi le grandi domande sulla vita e sulla loro vocazione.Il Signore ci chiama a camminare ancora oggi con Lui perché la sua gioia sia la nostra gioia!Abbiamo tra le mani un dono grande da non sciupare: la vita. Si questa vita che con gli an-ni si arricchisce e si colora di molti talenti che Dio affi da a ciascuno non per metterli sotto terra, ma per condividerli con gli altri in questa gran-de avventura.Se tu sei un giovane che vuole puntare in alto questo campo è l’occasione per provare a spen-dere questi talenti alla ricerca di un grande te-

Si aprono le iscrizionial campo Siloe

soro: la tua vocazione. Ci sono molte voci che ri-suonano attorno a te, molte persone oggi si dico-no pronte ad aiutarti a capire la vita, ma l’uni-co che può aprirti gli occhi è Gesù. Insieme a noi potrai metterti in ascolto della sua Parola e an-cora a Roma incontreremo persone che hanno saputo riconoscere e mettersi in ascolto della vo-ce del Signore e hanno dato tutta la loro vita per gli altri. Il campo si terrà dal 20 al 26 agosto in compa-gnia di alcuni seminaristi della classe SILOE e di don Cristiano Serafi n, educatore della comunità giovanile del Seminario diocesano.Lasciati coinvolgere con coraggio in questa im-presa, abbiamo bisogno anche di te per realizza-re questo progetto che il Grande Architetto ci ha affi dato e se conosci bene la storia: le belle sor-prese non mancheranno.Il camposcuola avrà base presso un istituto reli-gioso di Roma; da lì ci muoveremo per visitare alcuni luoghi importanti della città. Ulteriori da-ti saranno resi disponibili più avanti, in occasio-ne della festa Siloe (Domenica 29 aprile pome-riggio). Per iscriverti puoi chiamare in seminario al numero 0422/3247 chiedendo di Loris o Fabri-zio (comunità teologica), oppure mandando una mail a [email protected] presto!

Andrea, Filippo, Fabrizio.Loris, Luca, Stefano Daniele

Foto di gruppo del Campo Siloe l'anno scorso a Padova

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CATECHESI e VOCAZIONE

“Pescati” da Gesù

È mattino sul lago di Galilea… Il lago abbonda di pesci e le sue acque sono chiare e pulite; la gente vive di pesca. Quattro pescatori sono al lavoro. Sembra una giornata come le altre ed essi sperano di fare una pesca abbondante. Inizia, invece, la giorna-ta più importante della loro vita. Viene incontro a loro una persona che ancora non conoscono…

(Catechismo “Venite con me” pag. 11)

APRIAMO LA BIBBIA

I PESCATORI DEL LAGO

MARCO 1,16-20

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, fi glio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

RICEVIAMO UN NUOVO MESSAGGIO

I pescatori: vivono del loro lavoro e della loro fatica, sperano che il lago doni loro una abbondante pesca. Ma quel giorno il lago non sembra favorevole: An-drea e Simone provano ancora, mentre Giacomo e Giovanni hanno già iniziato a risistemare le reti. L’atmosfera è un po’ triste, la giornata inizia male: pochi pesci signifi cano poche risorse per vivere. Un pescatore che torna con le reti vuote è come un attaccante che non segna mai un goal o una pattinatrice che cade durante la gara. Non c’è tanto da stare allegri!

La novità di Gesù: Gesù li ha osservati. Forse ha visto che sono uomini semplici, persone che non hanno paura e che sanno fi darsi. Allora si accosta a loro e li chiama. Li chiama senza dare spiegazioni, ma anche senza obbligarli. Eppure questa chiamata di Gesù li attira e li affascina, è una grande novità per la loro vita proprio in un momen-to di sconforto e delusione profonda. I discepoli per la novità che è Gesù lasciano tutto e lo seguono.

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RICORDIAMO LA BUONA NOTIZIAGesù chiama tutti a seguirlo! Non solo gli apostoli. Non solo il Papa, i vescovi, le suore o i preti. Tutti gli uomini sono chiamati da Gesù a donare la loro vita sul suo esempio. Lui è il vero Maestro e noi siamo coloro che imparano a donarsi come Lui. I primi 4

discepoli sono stati chiamati ad una missione che sembrava un po’ strana: diventare pe-scatori di uomini! Gesù vuole, in realtà, che loro diventino suoi amici e lo aiutino a salvare altri

uomini dalle acque del peccato e della miseria! Ecco che quando aiuto un amico/a ad uscire da una diffi coltà divento anch’io un pescatore/pescatrice di uomini! Bello no?

discescatori d

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L’ANGOLO DELLA PREGHIERATraccia per la preghiera di gruppo

Nel nome del Padre… Cat.: Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni hanno risposto alla chiamata di Gesù: anche noi come loro vogliamo essere persone che aiutano gli altri ad uscire dalle acque del male e del peccato per diventare insieme a Gesù “pescatori di uomini”. Lett.: Signore Gesù molte volte fatichiamo a seguirti e non sempre viviamo bene il catechismo, aiuta-ci ad uscire insieme a Te dalle acque della distrazione e della poca voglia di impegnarci, per poterti conoscere di più e trovare così la strada della nostra vocazione.Tutti: Liberaci Signore, vogliamo seguirti!

Cat.: I discepoli hanno lasciato tutto per stare con il Signore.Lett.: A volte invece noi siamo presi dalle nostre cose: TV, computer, cellulare… e così siamo distratti a pregare e a donare il giusto tempo allo studio e ai compiti.Tutti.: : Liberaci Signore, vogliamo seguirti!

Cat.: Gesù ha scelto dei pescatori come primi discepoli, uomini semplici e generosi. Lett.: Insegnaci Signore a saper stare con gli amici giusti. Cerchiamo veri amici che sanno ascoltarti, che non parlano male alle spalle e con i quali possiamo vivere momenti di gioia e allegria. Tutti.: : Liberaci Signore, vogliamo seguirti!

Cat.: I discepoli avevano lavorato tutta la notte, ma non sempre la fatica era ricompensata con una pesca abbondante.Lett.: Donaci Signore il tuo Spirito di fortezza che ci sostiene ad affrontare le prove della vita. Non per-mettere che la tristezza e l’abbattimento vincano dentro di noi e ci portino ad arrenderci di fronte alle diffi coltà che potremmo incontrare. Tutti.: : Liberaci Signore, vogliamo seguirti!

Padre Nostro…

Uno di noiO buon Gesù, ti chiedo di aiutarmi a dire un sì forte e chiaro, per lasciare le mie reti in mare e seguirti, come gli apostoli hanno fatto con te. Signore Gesù Cristo fa che anch’io diventi un pescatore di anime, scoprendo la mia vera vocazione che con cura e amore mi hai affi dato. Santi apostoli, vi chiedi di farmi vivere quest’anno con amore verso il prossimo e verso Dio e rendere così sempre grazie al Padre per tutte le cose belle che mi ha donato. Amen. - Simone (12 anni)

Mi impegno con TeMi impegno Signore a pregarti di più chiedendoti di scoprire giorno per giorno la via della mia vo-cazione.

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palline e palloni i capitani del-le altre squadre.Terminato il gioco ogni classe ha presentato il costume della propria squadra, dai più picco-li fi no ai più grandi della teolo-gia: tutti hanno cercato di pre-parare colpi di scena ed effetti luce per far risaltare meglio ciò che avevano preparato. Così, concluse le presentazioni, è stato il momento per re car-nevale di scegliere il gruppo vincitore: per il secondo anno di fi la, a conferma della bravu-ra già dimostrata, ha vinto la seconda media.E’ stato quindi il momen-to molto atteso delle frittel-le, dei dolci e dei crostoli, preparati con abbondan-za dalla nostra cucina, e accompagnati da musi-ca, bibite e patatine: così, alla nostra festa, davvero non mancava più nulla. Il tempo per mangiare, giunti a quell’ora, è stato poco; le comunità si sono salutate e con una breve preghiera si è conclusa la nostra bella festa per il car-nevale 2012.

La Comunità Ragazzi

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A Febbraio, nel perio-do di Carnevale, il no-

stro seminario ha preparato la tradizionale festa in maschera: vi hanno partecipato, tutti i se-minaristi, dalle medie alla teo-logia, vestiti in maschera, do-po aver allestito a dovere la nostra palestrina. Oltre ai semi-naristi sono stati invitati tutti i vari educatori e come di con-suetudine, l’ospite d’onore era il nostro Rettore, nominato per l’occasione “Re carnevale”. La festa si è svolta lunedì 13 feb-braio e ogni partecipante, nei giorni precedenti, si era orga-

nizzato, con gli amici della pro-pria classe, per creare dei ve-stiti su questo tema: “Lo spa-zio e le particelle elementari”. All’inizio della festa è stato con-segnato ad ognuno un fogliet-to a caso, che poteva avere tre tipi di immagini: un alieno, un ufo o un atomo, ed in base al-le immagini ci siamo divisi in squadre. Dopo una breve sce-netta fatta dagli organizzato-ri della comunità teologica, c’è stato un simpatico gioco: ogni squadra formava un cerchio di dieci persone con il capitano in centro e cercava di colpire con

Carnevale in Seminario

Lasciando agli storici il compito di valutare ed interpretare in modo analitico il rapporto tra mons. A. Mistrorigo (1912-2012) ed il Seminario diocesano, abbiamo chiesto a mons. Severo Dalle Fratte e a mons. Cleto Bedin, entrambi rettori rispettivamente del Seminario Minore e Maggiore, un ricordo del Vescovo recentemente scomparso e che ha guidato la nostra diocesi per oltre 30 anni.

Mons. Dalle Fratte, quale è stato il contribu-to di mons. Mistrorigo nel rinnovamento del nostro Seminario diocesano?

Mons. Severo Dalle Fratte: Il Vescovo mons. Mistrorigo è stato l’autore fondamentale del rin-novamento del Seminario diocesano. Agli ini-zi degli anni Settanta il nostro Seminario dioce-sano attraversava una grande diffi coltà per il permanere di una struttura della vita del Semi-nario ancora legata alla impostazione tridenti-na. Fu allora che mons. Mistrorigo, d’accordo con il vicario generale mons. Guarnier, nel giu-gno 1974, mi chiese l’obbedienza di essere no-minato Rettore di tutto il Seminario. Sempre so-stenuto dalla volontà e dalla fi ducia del Vesco-vo, dopo aver avviato i corsi scolastici dell’au-tunno, in alcuni mesi, mi sono reso conto che il Seminario non poteva andare avanti così, ma, se non si provvedeva subito con una radicale riforma, era preferibile chiuderlo, come già suc-cedeva in qualche altra diocesi. Mons. Mistro-rigo, debitamente e dettagliatamente informa-to sulla grave situazione, mi invitò a prepara-re una puntuale relazione sulla stessa situazio-ne per informare opportunamente tutto il clero della diocesi in una assemblea generale. Que-sto avvenne il 24 giugno 1975, quando, di fron-te a una grande assemblea di sacerdoti dioce-sani fu dato al Vescovo il consenso per l’attua-

zione del progetto di rinnovamento radicale del Seminario.

Com’è nata l’idea di strutturare il Seminario in quattro comunità?

Mons. Severo Dalle Fratte: L’idea è nata, prima di tutto, dal nuovo concetto di formazione dei fu-turi presbiteri. Non si doveva più pensare il Semi-nario diocesano come un’unica istituzione in fun-zione della preparazione dei giovani alla vita sa-cerdotale fi n dal loro primo ingresso nell’istituto. Per questo, nell’estate del 1975 il vescovo Mistro-rigo decise di attuare il progetto di trasferimen-to temporaneo della sede del Seminario mag-giore a Campocroce di Mogliano Veneto, con una iniziale appendice di gruppo per le vocazio-ni giovanili-adulte presso la canonica di S. Bo-na. Inoltre veniva uffi cialmente istituito il Semi-nario minore, distinto in due comunità logistica-mente separate: la Comunità Giovanile e la Co-munità Ragazzi. Contemporaneamente, è stata avviata la nuova vita delle comunità: educato-ri ed educandi dovevano fare vita comune. A queste fondamentali novità, si aggiungeva, per il Seminario minore, la distinzione tra il tempo scolastico e il tempo domestico. Gli alunni dove-vano iscriversi alle scuole pubbliche, parifi cate o statali, come tutti gli altri ragazzi, mentre la vita comunitaria era centrata sulle relazioni fraterne. Quando i tempi furono maturi la Comunità Teo-logica e il Gruppo vocazionale di S. Bona fecero ritorno a Treviso, per continuare l’esperienza di vita della due Comunità attuali.

Mons. Bedin, qual è il suo personale ricordo di mons. Mistrorigo?

Mons. Cleto Bedin: Per quello che mi pare di aver capito, anche da testimonianze di altri col-laboratori, il Vescovo Mistrorigo amava vera-mente il Seminario. Non bisogna dimenticare che da giovane sacerdote era stato Viceretto-re del Seminario di Vicenza, servizio da lui svol-to con grande entusiasmo e passione. Un’espe-

Monsignor Mistrorigoed il seminario diocesanoINTERVISTA A DUE RETTORI

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rienza importante che gli era rimasta nel cuore. Come Rettore, fi n dai miei primi contatti con lui per affrontare i vari problemi, il mio ricordo è di un Vescovo che ha sofferto molto per il Semi-nario a motivo dei cambiamenti repentini e im-provvisi che avvenivano. Egli si sforzava di en-trare nella nuova mentalità cercando di infor-marsi con i collaboratori più vicini, ascoltava, ma restava perplesso e titubante. Vedeva però che bisognava fare scelte nuove, ci pensava, tornava a pensarci e decideva sempre con sof-ferenza e con gradualità: «Andiamo avanti -di-ceva- a piccoli passi». Era un cambiamento ra-dicale rispetto alla situazione vigente, cambia-mento sostenuto decisamente da una parte del clero più informato sulle nuove esigenze forma-tive, ma non tanto capita o addirittura conte-stata da altri Sacerdoti (ed erano parecchi) che non condividevano queste scelte. C’è stato poi un secondo periodo del mio servizio in cui ripe-tutamente il Vescovo Mistrorigo mi manifesta-va la sua soddisfazione e la sua fi ducia per il Seminario. Riconosceva che la riforma aveva portato buoni frutti: la forte crescita numerica degli studenti di teologia, la qualità formativa, che gradualmente si era costruita attraverso un metodo e un progetto educativo chiaro e defi -nito, la positività della vita comunitaria e del-le esperienze pastorali nel fi ne settimana. Mons. Mistrorigo era deciso nell’incoraggiarmi e mi in-vitava alla fi ducia: «Noi sappiamo la strada che dobbiamo fare, andiamo avanti, i frutti ci sono», diceva. Perciò, concludo, penso che nel secon-do tempo mons. Mistrorigo sia tornato fi ducioso del Seminario e certamente ha goduto dei frutti buoni che ha visto crescere.

Quali intuizioni e prospettive di quella sta-gione di rinnovamento del Seminario ritiene ancora validi per oggi?

Mons. Cleto Bedin: Penso che proprio con il tem-po alcune scelte si sono confermate e si presen-tano valide tuttora. Le ricordo brevemente: a) Una formazione umana e spirituale. Proprio in quei tempi di contestazione culturale emerge-va con forza il rischio di una formazione presbi-terale spirituale disincarnata. La scelta che fi n da allora ci ha guidati è stata quella di curare

una spiritualità incarnata, che presta attenzio-ne a tutti gli aspetti culturali e psicologici del-la vita del giovane, conducendolo a una sin-tesi che ha la sua centralità nella vita interiore di comunione con il Signore. b) Una formazione comunitaria. Per superare il rischio dell’indivi-dualismo la nuova vita del Seminario Maggio-re è stata impostata con precise scelte comuni-tarie di condivisione, di confronto e di collabo-razione come le assemblee comunitarie, i servi-zi comunitari, ecc… Sono forme molto sempli-ci, ma nel cammino quotidiano offrono mezzi e modi per aiutare il singolo ad uscire dal suo iso-lamento ed egoismo ed imparare a condivide-re, a confrontarsi, a collaborare, a decidere in-sieme. c) La condivisione di vita degli Educato-ri. Sempre per vivere una vera vita comunita-ria è stata fatta la scelta che i formatori (Retto-re, Padre Spirituale, altri Educatori) non vives-sero isolati dai giovani, ma insieme con loro, con le loro stanze tra quelle dei giovani, parte-cipando con loro al pranzo, alla preghiera. Cer-to questo modo di vivere chiede qualche sacrifi -cio ad essi, domanda tempo e presenza educa-tiva più ampia. Però dà grandi vantaggi di te-stimonianza di vita, di conoscenza dei giovani, di immediatezza di comunicazione: in una pa-rola, di una presenza educativa molto più inci-siva. d) Le esperienze pastorali. Un’altra scel-ta educativa è stata quella di accompagna-re la formazione degli studenti teologi con la frequentazione, il fi ne settimana, della vita parrocchiale. È stato un modo di dare un percorso formativo molto più naturale a fu-turi pastori chiamati domani a vivere la vi-ta della parrocchia. Inoltre c’è pure la pos-sibilità di condividere con i Sacerdoti pre-occupazioni e progetti pastorali quotidiani e infi ne di esercitarsi in esperienze dirette, pur limitate, in vari ambiti di servizio con ragazzi, giovani e adulti. È una presenza che certo deve restare limitata rispetto alla centralità dell’impegno formativo teologi-co personale, ma particolarmente utile, an-zi in qualche modo diremo indispensabile, proprio per dare loro una formazione più ric-ca e completa.

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Anche quest’anno il nostro Seminario ha

celebrato a comunità riu-nite la festa della Presenta-

zione di Gesù al tempio, il 2 Febbraio scorso: prima con

la benedizione delle candele in Comunità Teologica, e poi, in processione, spostandosi fi -no alla Chiesa principale per la celebrazione eucaristica.La celebrazione, come sappia-mo, prende il nome di “Cande-lora”, poiché si portano in pro-cessione dei lumini segno del-la Luce di Gesù, che ha fatto breccia nei cuori dei santi ve-gliardi Simeone ed Anna.Nell’omelia il nostro rettore, don Paolo Carnio, ci ricordava come quella della Presentazio-ne sia la festa di un incontro, cioè dell’incontro di Gesù con il suo popolo nel tempio di Ge-rusalemme. Accanto a ciò egli

ha messo in luce quali siano i luoghi in cui, anche noi oggi, possiamo vivere l’incontro con Gesù. Egli ci ha così spiegato che, oltre alla sua umanità, vi sono anche degli altri “luoghi” in cui poterlo incontrare: anzi-tutto nel Pane Eucaristico, quel pane verso il quale muoviamo i primi passi alla tenera età di 9 anni, ma il cui mistero non arriveremo mai a comprende-re completamente. Questo è quindi, sosteneva don Paolo, l’incontro con il sacramento di Gesù, nel quale una comuni-tà, come quella del nostro se-minario, vive l’apice della pro-pria fede.Infi ne, l’incontro defi nitivo si avrà nel corpo risorto di Ge-sù, e sarà possibile solo se pri-ma, in questa vita, ci saremo lasciati guidare dal Vangelo, che è come luce per il nostro

cuore. Ecco il signifi cato dei lu-mini che abbiamo portato in processione: il Vangelo è luce per il nostro cammino! Il retto-re ha quindi concluso invitan-do noi tutti ad offrire, assieme a quello di Gesù, il nostro cor-po sull’altare, assieme agli al-tri doni.Dopo la celebrazione eucaristi-ca le due comunità del Semi-nario Minore si sono trovate per cenare assieme e per un mo-mento conviviale, nel quale fe-steggiare gli educatori. E’ stato il gruppo teatrale della Comu-nità Giovanile che ha divertito tutti con una simpatica canzo-ne: adattando le parole di al-cuni brani popolari ha scherza-to su ciascuno dei sacerdoti, ed ha così espresso loro la gratitu-dine e la riconoscenza per ciò che fanno verso di noi.Fabio Marconato

2 Febbraio,festa dell’incontroLA CANDELORA A COMUNITA' RIUNITE

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N.B.: Gli animatori vocazionali ai quali fare riferimento sono:d. Lorenzo Zannoni, per i Preadolescenti, 0422 324851d. Cristiano Serafi n, per gli Adolescenti, 0422 324859d. Pierluigi Guidolin, per Giovani-Adulti, 0422 324843d. Giancarlo Pivato, per Giovani-Adulti, 0422 324878 oppure 340 6802501d. Stefano Didoné, per l'iniziativa Siloe 0422 324852d. Federico Gumiero, 0422 324858

oppure, per tutti, al 0422 3247 (portineria)

Attività vocazionali 2012Quinta elementare15 aprile in Seminario5-6 maggio in Seminario dal sabato pomeriggio17 giugno Festa fi nale dei gruppi vocazionali (in Seminario)

Prima e seconda Media13 maggio in Seminario17 giugno Festa fi nale dei gruppi vocazionali (in Seminario)

Terza Media22 aprile in Seminario27 maggio in Seminario17 giugno Festa fi nale dei gruppi vocazionali (in Seminario)

Stella polare15 aprile in Seminario29-30 aprile (Pellegrinaggio mariano con la Comunità Giovanile)27 maggio in Seminario17 giugno Festa fi nale dei gruppi vocazionali (in Seminario)

Pasqua 2012A tutti gli Amici delSeminario, ai lettoridella nostra Rivistae alle loro famiglieauguriamo di cuore una Buona Pasqua! Il Signore Risortopossa donare fi ducia e consolazione per continuare a seguirlonella gioia e adannunciare il suo messaggio a tutti.

M. I. RUPNIK, Il Volto di Cristo, Cappella della Nunziatura Apostolica. Parigi

SEMINARIORivista del Seminario DiocesanoP.tta Benedetto XI, 2 - 31100 TREVISOTel. 0422 3247 - Fax 0422 [email protected]

“Attenzione! In caso di mancato recapito, rinviare all’Uffi cio di Treviso Ferrovia per la restituzione al Mittenteche si impegna a corrispondere la tassa dovuta”

Impaginazione_ La Vita del Popolo - Stampa: Grafi che Dipro - Roncade/TV

Come aiutare il Seminario1. Borsa di studio permette di aiutare i giovani seminaristi a completare la loro formazione: l’importo

intero è di 4.200 euro, ma si può anche versare un aiuto di importo inferiore: 2.000, 1.000, 500, 250, 100, 50 euro (in base alle proprie disponibilità).

2. Lasciando dei beni in eredità al Seminario:• Per BENI MOBILI la dicitura del testamento è: “Io sottoscritto/a (cognome, nome, luogo e data di nascita) residente in …………….

Via …………………… n ° ……….. in pieno possesso delle mie facoltà mentali e pie-namente consapevole del contenuto e del signifi cato di questo mio scritto, indi-co di seguito le mie ultime volontà: revoco ogni mia altra disposizione testamen-taria precedente. Dispongo che sia lasciato al Rettore pro-tempore del Seminario Vescovile di Treviso, Piazzetta Benedetto XI, n.2 – 31100 Treviso, a titolo di legato, la somma di uro ……………….. oppure i seguenti titoli …………………….. oppure ……..(altro)……., per i fi ni istituzionale del Seminario.

• Per BENI IMMOBILI la dicitura è: “Io sottoscritto/a (cognome, nome, luogo e data di nascita) residente in …………….

Via …………………… n ° ……….. in pieno possesso delle mie facoltà mentali e pie-namente consapevole del contenuto e del signifi cato di questo mio scritto, indi-co di seguito le mie ultime volontà: revoco ogni mia altra disposizione testamen-taria precedente. Dispongo che sia lasciato al Rettore pro-tempore del Seminario Vescovile di Treviso, Piazzetta Benedetto XI, n.2 – 31100 Treviso, l’immobile sito in…………………………………. per i fi ni istituzionale del Seminario.

• N.B.: In tutti i casi il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore, datato con il giorno, mese ed anno e sottoscritto di proprio pugno.

• L’Uffi cio Economato è sempre a completa disposizione per eventuali chiarimenti dovessero essere necessari per la redazione del documento.

3. Come inviare le offerte:• Consegnando l’offerta direttamente ad un Sacerdote/Educatore del Seminario;• Consegnando l’offerta direttamente all’Uffi cio Economato del Seminario;• Versando l’offerta presso un qualsiasi Uffi cio Postale con accreditamento sul Con-

to Corrente Postale n° 12531315 – intestato al SEMINARIO VESCOVILE DI TREVISO – Piazzetta Benedetto XI, n.2 – 31100 Treviso;

• Versando l’offerta presso una qualsiasi Banca, intestando il bonifi co alla Banca di Monastier e del Sile – Filiale di Treviso – codice IBAN IT 09 I 07074 12001 CC0300106178 per l’accreditamento a favore del SEMINARIO VESCOVILE DI TREVISO – Piazzetta Benedetto XI, n. 2 – 31100 Treviso.