Semeiotica e Metodologia Medica - Capani

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  • 8/20/2019 Semeiotica e Metodologia Medica - Capani

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    INTRODUZIONE AL CORSO DI SEMEIOTICA E METODOLOGIA MEDICA La semeiotica medica studia i segni ed i sintomi che permettono di iniziare l'iter che conduce alla formulazione delladiagnosi clinica di malattia. Essa fornisce anche la metodologia per assemblare insieme segni e sintomi e formulare unventaglio di possibilità (diagnosi di malattia più probabile e diagnosi differenziale fra le malattie che condividono sintomie segni comuni). Il metodo per giungere alla diagnosi è, quindi, quello di visitare il paziente ascoltandolo per

    raccogliere i sintomi (anamnesi) ed i segni (esame obiettivo) e formulare, in base alla propria cultura sulla nosografiadelle malattie, (studiate in seguito nelle patologie sistematiche) un elenco di possibilità diagnostiche che condividano isintomi ed i segni riscontrati. Questo procedimento, però, nel nostro corso, non può che essere rudimentale perché,nell'attuale ordinamento didattico, l'insegnamento della semeiotica fa parte delle materie pre-cliniche, e, come tale, sirivolge a studenti che non conoscono ancora la nosografia delle malattie. Per questo motivo il corso, oltre che adefinire correttamente i segni ed i sintomi più importanti, non può che dare i rudimenti metodologici che verranno poiripresi ed affinati nello studio delle patologie sistematiche, per essere poi definitivamente messi in pratica nello studiodella medicina interna e della chirurgia generale. Il corso ha il compito di preparare l'allievo al linguaggio ed alragionamento usato dal medico. Per la prima volta egli sente parlare in "linguaggio clinico" che è tipico del modo dipensare del clinico, abituato di frequente a rimanere nell'incertezza diagnostica. Ad esempio si sentirà definire che unamalattia è a patogenesi "essenziale" o "idiopatica" termini utilizzati per significare che la patogenesi è sconosciuta,

    mentre al contrario è "secondaria a…" per significare che la patogenesi dipende da processi noti. Lo studente che haassimilato bene i concetti che fanno parte del corpo dottrinale, sarà in seguito facilitato a recepire con una certa facilitàlo studio delle patologie sistematiche, perché ha imparato a conoscere il linguaggio ed il ragionamento adoperato dallaclinica. Durante l'assimilazione dei concetti deve essere sempre chiaro nella mente dello studente che essi servirannoquando, affrontando lo studio delle malattie (patologie sistematiche), sapranno ritrovarli e avranno modo di inserirli inun contesto più organico. Il corso è stato preparato con meticolosità, non solo nella selezione degli argomenti ritenutifondamentali, ma anche nel modo con cui essi sono stati esposti, privilegiando la semplicità e la chiarezza. Gliargomenti sono stati rivisti dai colleghi che insegnano le varie discipline della patologia sistematica, per ottenere una"cerniera" con gli insegnamenti successivi. Una viva raccomandazione è quella di mettere subito in pratica i concettiappresi nel corso durante l'internato obbligatorio, in particolare durante la raccolta e la stesura dell'anamnesi edell'esame obiettivo, vera e propria palestra per lo studente, in modo da familiarizzare con la terminologia clinica. Siricordi che la raccolta corretta dell'anamnesi e dell'esame obiettivo costituiscono i passi fondamentali necessari performulare in seguito la diagnosi e la diagnosi differenziale delle malattie che condividono i segni ed i sintomi. Laraccolta dell'anamnesi, non solo dal paziente, ma anche dai suoi familiari, prevede capacità che si possono acquisiresolo con l'esperienza. Il linguaggio del paziente è semplice, spesso lacunoso, che può sviare dai processi morbosi piùimportanti di cui è affetto. I sintomi dovranno essere accuratamente compresi e tradotti in linguaggio clinico. Ilsuccessivo studio delle patologie sistematiche sarà meglio compreso dopo aver imparato a visitare correttamente ilpaziente. 

     Avvertenza: Le figure indicate nel testo si riferiscono al testo "N. Dioguardi, G.P. Sanna. Moderni aspetti di SemeioticaMedica, Società Editrice Universo". 

    L’ANAMNESI  L’anamnesi rappresenta quasi sempre il primo passo che apre l’incontro fra medico e paziente. I vecchi clinici

    riferivano cha “la diagnosi accurata deriva da un’anamnesi meticolosa” oppure che “la diagnosi si basa soprattuttosull’anamnesi”. Nonostante il vertiginoso progresso tecnologico, è difficile oggi contestare la validità di questeasserzioni per cui l’anamnesi rimane tuttora un caposaldo della visita al paziente. Gran parte della cultura medica oggidisponibile è basata sui preziosi patrimoni rappresentati dalle cartelle cliniche ospedaliere. La raccolta di una correttaanamnesi rimane, quindi, un documento di enorme importanza per lo studio dell’insorgenza della varie forme morbose.L’anamnesi vede la sua più completa espressione istituzionale nella cartella clinica dei degenti nelle divisioniospedaliere, ma dovrebbe essere altrettanto adeguatamente raccolta da qualunque medico al di fuori del contestoospedaliero. L’estensore di ogni anamnesi deve essere conscio del fatto che, oltre a compilare un documento che

    servirà per la cura del paziente,sta trasmettendo ai posteri un documento che può contenere notizie di grandeimportanza. L’esperienza ha consigliato di ordinarla in settori, per renderne più semplice la consultazione. I settorihanno fondamentalmente un ordine cronologico e vengono divisi come segue: 1 - anamnesi fami l iare 2 -

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    anamnesi personale f is iologic a 3 - anamnesi personale patologica remota 4 - anamnesi

    personale patologica pross ima  

    Anamnesi fami l iare   In essa vengono riportati gli eventi patologici più importanti di cui hanno sofferto i componentidel nucleo familiare: il padre, la madre, fratelli e sorelle. In caso di patologie con particolare familiarità patologica,

    l’esplorazione si estende anche ai collaterali. Vengono indagate in particolare la presenza di particolari patologieereditarie frequenti, quali neoplasie, ipertensione arteriosa, diabete mellito, cardio-vasculopatie ecc. e, in caso didecesso, le cause attribuite alla morte. (esempio: padre iperteso, deceduto a 62 anni per ictus cerebrale. Madrevivente ed apparentemente sana. Due fratelli ed una sorella in apparente buona salute). 

    Anamnesi personale f is iologica  Contiene lo sviluppo delle tappe dell’accrescimento. Va particolarmente estesa nei pazienti giovani, in cui è piùprobabile che la patologia in atto possa essere ricollegata ad eventi durante l’accrescimento, mentre riveste scarsosignificato nelle persone anziane. Si inizia dal parto, specificando il mese di vita intrauterina (se disponibile) in cui èavvenuto il parto, ed il tipo (es.: nato a termine da parto eutocico (parto fisiologico), oppure parto distocico (nonregolare, con applicazione di forcipe), oppure da parto per taglio cesareo. Si prosegue con lo sviluppo nei primi annimediante la registrazione di eventuali ritardi nella deambulazione, dentizione, fonazione (spesso abbreviati in D.D.F.).In caso di normalità si riporta “DDF in epoca fisiologica”. Si prosegue poi con la scolarità, per evidenziare eventualiritardi di sviluppo psichico. Molto importanti sono le abitudini di vita, riferite in particolare:- al fumo, di cui è bene riportare gli anni e il numero di sigarette- all’alcool di cui è bene specificare tipo di bevande alcoliche (vino, birra, liquori) e quantità- all’attività fisica (vita sedentaria, attività fisica modesta o discreta)Nel sesso femminile vengono registrati inoltre:- l’epoca di comparsa del ciclo mestruale, il ritmo, la quantità e la durata del flusso- il numero delle gravidanze con l’esito (eventuale presenza di aborti)- l’epoca della menopausa. 

    Anamnesi personale patologica remota.

    Contiene tutti i processi morbosi sofferti dal paziente prima dell’episodio morboso che conduce il paziente a rivolgersi almedico. Devono essere descritti in modo sintetico se trattasi di episodi cui segue una guarigione (esempio: tra lecomuni malattie esantematiche ricorda il morbillo a 8 anni e la varicella a 13 anni. E’ stato appendicectomizzato a 23anni). Se, viceversa, si tratta di malattie di una certa importanza o malattie croniche, quindi inguaribili, è bene esserepiù circostanziati entrando nei particolari. Se il paziente è stato sottoposto ad esami, è necessario farsi consegnare invisione la relativa documentazione, che dovrà essere restituita. Se inoltre sono stati effettuati precedenti ricoveri ed ilpaziente è stato così diligente da conservare fotocopie di cartelle cliniche o semplici referti di dimissione contenentila/le diagnosi e gli esami eseguiti, si ha a disposizione una documentazione di grande importanza per ricostruire glieventi morbosi nei dettagli e riportarli in anamnesi. In caso di mancanza di documentazione di ricoveri, è sempre bene

    riportare l’indisponibilità della documentazione affinché rimanga traccia dello sforzo eseguito dall’estensoredell’anamnesi per la ricostruzione della storia clinica. 

    Anamnesi personale patologica pross ima.  Contiene la storia che il paziente racconta e che lo porta a rivolgersi al medico. Essa deve essere dettagliata perchépermette di conoscere bene l’insorgenza (o il riacutizzarsi) dell’evento morboso. La presenza e la tipologia di segni,come ad esempio la febbre, deve essere riportata con accuratezza, cercando di descrivere bene la tipologia e lacronologia sull’insorgenza di altri sintomi e segni. Deve essere riportata con correttezza di dettagli l’eventuale terapiache il paziente assumeva (in caso di presenza di patologia cronica) o che ha assunto nei giorni immediatamenteprecedenti l’inizio (o il riacutizzarsi) della malattia. Questo aspetto è di particolare importanza in quanto sono numerosigli effetti collaterali dei farmaci. Devono pertanto essere riportati i nomi dei medicinali e la corretta posologia (per es.

    Enapren compresse da 20 mg, 1 cp al mattino).

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    E’da tener presente inoltre che la cartella clinica è un documento che ha valore legale, e, come tale, deve esserecompilato con grande accortezza, a cominciare dall’anamnesi. E’ per questo motivo che vengono spesso utilizzate frasidel tipo “il paziente riferisce che…”, “la moglie ha riferito che…”, il fratello Giovanni riferisce che…”, trattandosi dinotizie che possono anche non essere necessariamente corrette e che potrebbero essere sottoposte a successivaverifica.

    Le figure sono tratte da: N. Dioguardi, G.P. Sanna: “Moderni Aspetti di Semeiotica Medica”. Soc. Ed. Universo, Roma,2002. 

    SEMEIOTICA DELL’ADDOME  

     ANATOMIA DI SUPERFICIE DELL’ADDOMEparte anteriore: corrisponde all’area sottostante il diaframma. Si considerano linee verticali ed orizzontali che formanoimportanti riferimenti per la anatomia topografica di superficie.Le linee verticali sono due (pag. 663 figura a sinistra):

    linea mediana o linea alba o linea xifo-pubica,

    linea paracentrale situata a metà tra la linea mediana e quella che passa per la spina iliaca anteriore superiore.Nell’emiaddome destro l’intersezione fra detta linea e l’arcata costale avviene al livello della IX cartilagine costalee identifica il “punto paracentrale” che corrisponde al fondo della colecisti.

    Le linee orizzontali sono quattro (pag. 663 figura a destra):linea xifo-sternale, che attraversa il punto xifo-sternale,linea transpilorica, situata a metà tra l’apice della sinfisi pubica e la fossetta giugulare del manubrio dello sterno.Identifica nel suo punto medio il corpo della prima vertebra lombare, il piloro, la flessura duodeno-digiunale,l’asse celiaco e le arterie renalilinea ombelicale trasversa che, in soggetti non obesi, identifica nel suo punto medio, la quarta vertebra lombare,la linea transtubercolare situata a metà tra la linea transpilorica e quella della sinfisi pubica. Attraversa i duetubercoli iliaci e, nel suo punto medio, identifica la quinta vertebra lombare.

    QUADRANTI E REGIONI ADDOMINALIL’addome può essere diviso in quattro regioni (delimitate da due linee) o in nove regioni (delimitate da

    quattro linee).Suddivisione in quattro regioni o quadranti: la linea verticale corrisponde alla linea mediana, la linea orizzontalecorrisponde alla linea ombelicale. La denominazione dei quadranti (fig. pag. 665) è la seguente: addome superioredestro, superiore sinistro, inferiore destro e inferiore sinistro. La distribuzione degli organi è la seguente:

    quadrante superiore destro: fegato, colecisti, duodeno, testa del pancreas, rene destro, flessura epatica delcolon;quadrante superiore sinistro: stomaco, milza, rene sinistro, corpo e coda del pancreas, flessura splenica del

    colon;quadrante inferiore destro: intestino ceco, appendice, tuba e ovaio destro;quadrante inferiore sinistro: sigma, tuba e ovaio sinistro;strutture mediane: vescica, utero.

    Suddivisione in nove regioni (fig. in basso pag 666)Le due linee orizzontali sono rappresentate dalla transpilorica e transtubercolare (fig. pag 664) mentre le linee verticalisono le paracentrali, destra e sinistra. La denominazione delle nove regioni è la seguente:

    fascia superiore: ipocondrio destro, epigastrio, ipocondrio sinistro;fascia media: fianco destro, mesogastrio o zona periombelicale, fianco sinistro;fascia inferiore: fossa iliaca destra, ipogastrio, fossa iliaca sinistra.

    ISPEZIONEValutare:la presenza di cicatrici da pregressi interventi chirurgici, e qualsiasi altro tipo di modificazioni della cute,

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      se vi sono prominenze asimmetriche (fig pag 675)se l’addome è globoso, (fig pag 675) l’eventuale presenza di meteorismo, di versamento ascitico (addomesvasato ai lati, batraciano, cioè simile a quello della rana), con cicatrice ombelicale pianeggiante, o addirittura,estroflessa, presenza di circoli collaterali tipo “caput medusae” - fig pag 676), oppure la globosità fa parte di unostato di obesità generalizzato o prevalentemente addominale (cicatrice ombelicale introflessa). L’addome globoso

    deve far sempre sospettare la presenza di una eventuale occlusione intestinale (fig pag 678 e 679).

    PALPAZIONEPuò essere superficiale o profonda, si esegue con la mano a piatto sull’addome, esplorando i vari settori e si prefiggedue obbiettivi:

    localizzare dolori spontanei o provocatilocalizzare gli organi addominali esplorabili e svelare la presenza di eventuali masse abnormi.Non sempre la palpazione dell’addome è agevole in quanto soggetti particolarmente sensibili possono opporre

    una certa resistenza mediante la contrazione dei muscoli addominali. Per questi motivi l’addome può definirsi trattabileo poco trattabile.Palpazione del fegato. La fig. a pag. 668 (in alto a sin) mostra la proiezione del fegato sulla parete anteriore, mentre la

    fig a pag 682 rivela la corretta palpazione bimanuale. Un fegato di grandezza fisiologica può essere palpato nel suomargine inferiore solo se si invita il paziente a compiere una profonda inspirazione che determina la discesa del viscere.Questa manovra permettere di percepire la consistenza, oltre alla presenza di eventuali irregolarità. Un fegato diconsistenza normale (che si definisce “parenchimatosa”) può sfuggire alla palpazione, mentre l’aumento dellaconsistenza (parametro clinico di grande importanza) si percepisce agevolmente. E’ bene seguire il margine inferiore intutta la sua estensione, fino al confine sinistro. In caso di epatomegalia si usa definire il suo grado utilizzando le “ditatrasverse” dall’arcata costale (fig pag 734). Le condizioni cliniche più frequenti in grado di dare epatomegalia diconsistenza aumentata sono le epatopatie croniche in evoluzione cirrogena.Palpazione della milza. La fig. a pag. 668 (in basso a dx) mostra la proiezione della milza sulla parete anteriore. Datele dimensioni fisiologiche dell’organo piuttosto ridotte, è difficile la sua palpazione che si esegue, in modo bimanuale,come mostrato nelle fig a pag 683. Viceversa la palpazione assume un grande valore semeiologico nelle spenomegalie,potendo valutare la grandezza e la consistenza dell’organo. La evenienza clinica più frequente per il riscontro di unasplenomegalia di consistenza aumentata sono le epatopatie croniche in evoluzione cirrogena.

    PERCUSSIONELa presenza di una discreta quantità di aria nelle anse addominali conferisce alla percussione dell’addome un

    suono “timpanico”, in particolare sull’area di Traube, sede della proiezione della bolla gastrica (fig pag 687). Lapercussione si esegue a paziente supino, generalmente in modo “raggiato” partendo dall’ombelico e procedendo versola periferia. Una ottusità diffusa deve far pensare alla presenza di liquido ascitico, in particolare se sono presenti i segnidescritti all’ispezione (globosità, cicatrice ombelicale estroflessa ecc). Se il liquido è di modeste dimensioni esso siraccoglierà ai lati (fig pag 689 A) per cui è possibile trovare un timpanismo in regione para-ombelicale ed una ottusità

    periferica della quale è possibile demarcare il margine confinante con il timpanismo, grossolanamente rotondeggiante.Se il reperto non è netto si può far assumere al paziente un decubito (fig pag 689 B) sui fianchi, valutando, sempre conla percussione, lo spostamento dell’ottusità. Queste semplici manovre sono di grande importanza e permettono almedico, una volta posta la diagnosi di ascite, di eseguire una paracentesi esplorativa, senza ricorrere ad altre indaginistrumentali. Nel caso invece il contenuto liquido è presente nelle anse intestinali, le manovre sovraesposte nonpermetteranno il dislocamento del liquido (fig pag 689 C,D).Delimitazione percussoria del fegato: La fig a pag 733 (in basso) mostra come il margine superiore del fegato presentiun’area di ottusità relativa, corrispondente all’interposizione del polmone e situata a livello della quinta costa. Essasconfina, 3-4 cm più in basso, verso l’area di ottusità assoluta, evocata dal compatto parenchima epatico sottostante.Per una valutazione globale della proiezione dell’organo sulla superficie cutanea, si faccia riferimento alle fig di pag 731che evidenziano la morfologia di un fegato in un soggetto normotipo (con una altezza di circa 10 cm fra il margine

    superiore e quello inferiore e le modificazioni che subisce l’organo in relazione alla tipologia micro- o macrosplancnicadel soggetto. Le 2 fig a sin di pag 732 mostrano la percussione della parte anteriore del torace sulla emiclaveare(massima altezza dell’ottusità di 10 cm) e della parete laterale sull’ascellare anteriore (massima altezza di 7 cm).

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    Delimitazione percussoria della milza: la fig a pag 685 permette di comprendere come l’asse maggiore della milza siagrossolanamente parallelo alla decima costa, essendo il margine superiore situato a livello della nona costa e l’inferioreall’undicesima. Posto il paziente in decubito intermedio fra la posizione supina e il decubito laterale destro, unapercussione debole (per evitare la risonanza timpanica dello stomaco e della flessura splenica del colon) dall’alto inbasso sulle tre linee verticali (ascellare anteriore, media e posteriore) permetterà di valutare il margine superiore ed

    inferiore.

     ASCOLTAZIONESi possono ascoltare

    borborigmi, gorgoglii dovuti all’attività peristaltica, che scompaiono in caso di ileo paraliticorumori vascolari, caratterizzati da soffi da stenosi (per es. di un’arteria renale o di una arteria mesenterica) o daaneurismi dell’aorta addominale.

    Le figure sono tratte da: N. Dioguardi, G.P. Sanna: “Moderni Aspetti di Semeiotica Medica”. Soc. Ed. Universo, Roma,

    2002. 

    SEMEIOTICA CARDIACA

    ISPEZIONE E PALPAZIONEItto della punta. Le pulsazioni cardiache possono essere visibili sul torace nel soggetto di sesso maschile,

    non obeso. Le Fig a pag. 333 mettono in evidenza l’area dove si evidenzia l’itto della punta nel soggetto sano, nelsoggetto con ipertrofia ventricolare destra e sinistra (sia senza che con dilatazione ventricolare).

    Nel soggetto sano l’itto della punta è visibile come un breve movimento sulla parete toracica incorrispondenza della punta del cuore (Fig. a pag 340 a sinistra), 8 cm a sinistra dalla linea medio-sternale, ecorrisponde alla sistole ventricolare. E’ dovuto all’urto della parete ventricolare antero-settale. Si accentua nellecondizioni di ipercinesia miocardica (febbre, ipertiroidismo, anemia ecc.).

    Nel soggetto con ipertrofia ventricolare destra si ha una rotazione del cuore per cui il ventricolo destro sianteriorizza (fig. a pag 332 a dx) e l’itto della punta, dovuto alla parete anteriore del ventricolo destro, si estende sulmargine sinistro dello sterno (impulso parasternale sinistro fig pag 333 B); è inoltre visibile una pulsazioneepigastrica.

    Nel soggetto con ipertrofia ventricolare sinistra la pulsazione dell’itto della punta, a causa della rotazionedel cuore per cui il ventricolo sinistro si anteriorizza, viene causata dalla parete antero-laterale del ventricolo sinistro edè visibile in una zona più ampia e più spostata a sinistra rispetto al soggetto sano (fig pag 333 C). Quando vi è anchedilatazione del ventricolo sinistro l’itto appare ancora più ampio e più spostato a sinistra (fig pag 333 D).

    La fig. a pag 334 mostra la proiezione dell’ombra cardiaca in proiezione antero-posteriore. E’ bene

    memorizzare la sede delle diverse cavità del cuore e della loro proiezione sul profilo destro e sinistro in modo da poterinterpretare correttamente le alterazioni volumetriche, quando si osserverà un radiogramma in proiezione antero-posteriore. Ciò è di notevole aiuto nello studio delle alterazioni volumetriche del cuore. (vedere anche Fig. pag 345, inalto)

    Il profilo cardiaco sinistro è formato da 3 archi:- superiore, corrispondente all’arco dell’aorta,- medio corrispondente in alto all’arteria polmonare ed in basso all’atrio sinistro,- inferiore, corrispondente al ventricolo sinistro.Il profilo cardiaco destro corrisponde in alto alla vena cava superiore ed in basso all’atrio destro.La fig. a pag. 335 in alto mostra la corretta posizione della mano destra posta a piatto sulla zona inferiore

    dello sterno per palpare l’itto quando è presente una ipertrofia ventricolare destra. La fig. in basso mostra la corretta

    palpazione di un itto normale o in corso di ipertrofia ventricolare sinistra ottenuta con i polpastrelli dell’indice e delmedio posti all’apice del cuore.

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    PERCUSSIONEPermette di delimitare l’area di ottusità dell’aia cardiaca. La metodica è la stessa descritta nella

    percussione del torace ma il dito plessimetro, invece di essere posto parallelamente agli spazi intercostali, va postoparallelamente al margine cardiaco. La direzione della percussione va dall’esterno verso l’interno. La fig a pag. 339mostra in A la delimitazione dell’apice, in B la delimitazione del margine sinistro, in C quella del margine destro, in D la

    linea di ottusità epatica con l’angolo epato-cardiaco. Le distanze in centimetri dei margini cardiaci destro e sinistro dallalinea medio-sternale sono mostrati nella fig. a pag. 340 a destra.Si distingue inoltre (Fig. a pag 341 in alto):- un’area di ottusità assoluta, che corrisponde alla parte centrale, dove il cuore è a contatto con la

    parete toracica e che si evoca con una percussione leggera,- un’area di ottusità relativa, che corrisponde alla parte più periferica, dove vi è l’interposizione di

    tessuto polmonare, e si evoca con una percussione lievemente maggiore (medio-leggera)La percussione cardiaca è importante in caso di cardiomegalia, quando non si hanno a disposizione

    strumenti (radiogrammi, ecocardiogrammi) capaci di fornirci dettagli indispensabili per la diagnosi e che sono urgentiper prendere delle decisioni. Uno degli esempi clinici più importanti è caratterizzato dal versamento pericardico acuto incorso di pericarditi essudative. Il liquido nel sacco pericardico si dispone in modo diverso a seconda della posizione che

    assume il tronco (Figure a pag. 342 in alto) per cui l’area di ottusità cardiaca, che, con il tronco in posizione eretta,assume un aspetto triangolare con base in basso ed apice in alto, diviene globosa quando il paziente giace supino. Ilquadro clinico del paziente affetto da pericardite essudativa, se il versamento è cospicuo, è piuttosto grave: il pazienteè seduto, con il tronco in avanti per respirare meglio e ridurre l’oppressione precordiale, presenta dispnea, cianosi,turgore delle vene giugulari, fegato da stasi con epatomegalia dolente. I toni cardiaci sono appena udibili. In casiestremi si può avere morte per “tamponamento cardiaco”, essendo il liquido incompressibile. L’ecocardiografia èl’indagine di elezione per la diagnosi e la quantificazione del liquido.

    La mancata guarigione con “restitutio ad integrum” del sacco pericardico da esito alla cosiddettapericardite cronica adesiva, un quadro clinico oggi piuttosto raro, caratterizzato da una saldatura fibrosa dei duefoglietti pericardici. Il cuore è così circondato da una cotenna inestensibile (cuore a corazza), con gravecompromissione della sua cinesi. E’ anche possibile che la cotenna fibrosa contragga aderenze con il mediastinocircostante, realizzando la cosiddetta mediastino-pericardite o “morbo di Pick” che realizza un quadro clinico simile allacirrosi epatica (fig. pag 514 e 515).

     ASCOLTAZIONEE’ necessario distinguere due tipi di rumori: i toni ed i soffi.- I toni sono dovuti a eventi fisiologici (contrazione muscolare, chiusura di valvole) che possono

    andare incontro a particolari modificazioni in caso di eventi patologici.- I soffi sono prodotti da vortici cui il sangue è sottoposto in particolari condizioni.Le fig a pag. 350 mostrano bene le condizioni in cui si generano i soffi:1) Alta velocità: in condizioni di ipercinesia (sforzi fisici, anemia, ipertiroidismo ecc), il flusso ematico nel

    cuore e nelle arterie di discreto calibro non è più silenzioso ma genera un soffio, dovuto all’alta velocità del sangue.2) Stenosi: l’ostacolo prodotto da un restringimento improvviso del calibro dell’arteria o di una valvolacardiaca produce un soffio dovuto al moto vorticoso che viene impresso al sangue.

    3) Ectasia: L’improvviso aumento del calibro di un vaso (per es.: un aneurisma) produce anch’esso unostato vorticoso che genera un soffio.

    4) Stenosi-ectasia: è la coesistenza dei due ultimi aspetti descritti.

    FOCOLAI DI ASCOLTAZIONE CARDIACAE’ necessario conoscere esattamente la topografia delle sedi che corrispondono ai focolai clinici di

    ascoltazione delle quattro valvole cardiache. Queste sedi non sempre corrispondono alle sedi anatomiche. La fig. a pag352 mostra la differenza fra focolaio anatomico e focolaio clinico di ascoltazione nelle varie aree. Si vede chiaramente

    che, mentre le sedi anatomiche sono molto vicine fra loro, le sedi di ascoltazione clinica sono abbastanza divergenti eprecisamente: Area mitralica: punta del cuore,

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     Area tricuspidalica: IV° spazio intercostale, ai lati dello sterno, Area aortica: II° spazio intercostale destro, sulla margino-sternale o para-sternale, Area polmonare: II-III° spazio intercostale, sulla margino-sternale, o para-sternale sinistra.Lo studio della propagazione dei soffi nelle aree limitrofe a quelle sovradescritte ha permesso di disegnare

    una mappa (Fig. a pag. 354), valevole solo per un cuore di dimensioni normali, che mostra la sede dei rumori aortici in

    rosso, polmonari in azzurro, mitralici in arancione e tricuspidalici in verde.

    COMPONENTI DEI TONI CARDIACIE’ bene innanzitutto definire che i tempi dell’ascoltazione cardiaca si dividono in 2 parti: la fase sistolica,

    compresa fra il I° ed il II° tono e la fase diastolica, compresa fra il II° ed i l I° tono.La fig. a pag. 361 mostra i vari componenti dei toni cardiaci in un soggetto sano. Si osservi bene nella

    figura l’intervallo di tempo che separa i vari toni. I toni perfettamente udibili sono il I° ed il II° tono. Essi delimitanotemporalmente la fase sistolica.

    I° tono. E’ formato due componenti: la più importante è dovuta al rumore indotto dalla chiusura dellavalvola mitralica e tricuspidale quando i ventricoli iniziano a contrarsi inducendo un aumento di pressione al lorointerno; altre vibrazioni sono date dalla componente muscolare e dalla eiezione del sangue nei grossi vasi.

    II° tono. E’ dato dalla chiusura delle valvole semilunari, aortica e polmonare.Sono invece difficilmente udibili: un III° tono, dovuto alle vibrazioni evocate dal riempimento rapido dei

    ventricoli ed un IV° tono, dovuto alla contrazione atriale. Il III° ed il IV° fanno parte della fase diastolica.III° tono. La brusca distensione ventricolare, provocata dall’ingresso del sangue ad elevata pressione,

    produce il III° tono che, quando diviene ben udibile, è sempre patologico. Diviene netto quando il cuore si scompensa esi sviluppa il cosiddetto ritmo a 3 tempi o “ritmo di galoppo” (Fig. a pag. 391). Per tale motivo, diagnosticare un ritmodi galoppo significa far diagnosi di una compromissione funzionale del cuore di una certa gravità.

    IV° tono. Udibile in rari casi, è espressione della contrazione atriale quando la pressione telediastolicaventricolare è aumentata e l’atrio deve contrarsi con forza per superarla. E’ anch’esso, come il precedente, spia di unoscompenso cardiaco, e prende il nome di “ritmo di galoppo atriale” che, quando si somma con il precedente, realizza ilcosiddetto “ritmo quadruplo” o “ritmo di locomotiva” o “galoppo di sommazione”.

    Nota pratica di grande importanza per la corretta identificazione del I° e II° tono: All’ascoltazione di uncuore in condizioni di riposo è agevole identifcare il I° ed il II° tono in virtù del diverso intervallo di tempo fra piccola egrande pausa. Quando viceversa vi è una tachicardia, a causa della riduzione temporale della grande pausa, i tonitendono a divenire equidistanti e diviene impossibile identificare il I° ed il II° tono senza prendere contemporaneamenteil polso. L’onda sfigmica, infatti, permetterà l’identificazione dei toni in quanto essa cade sempre dopo il I° tono(equivalente alla sistole ventricolare) e subito prima del II° tono.

    SDOPPIAMENTI DEL II° TONOIl II° tono fisiologico è dato dalla chiusura delle due valvole semilunari. In condizioni patologiche vi può

    essere anche un’altra genesi: uno schiocco di apertura di valvole che, in condizioni normali, non evocano eventi

    acustici. Viceversa, in condizioni patologiche particolari, possono evocare toni. Gli esempi più frequenti sono dati dallavalvola mitrale e dalla semilunare aortica.

    Sdoppiamenti del secondo tono dovuti a chiusura delle valvole semilunari.Quando lo sdoppiamento del II° tono è evocato dalla chiusura delle valvole semilunari, esso può essere

    fisiologico e patologico. La fig. a pag 369 mostra come in realtà la chiusura della valvola semilunare aortica(istogramma rosso) preceda fisiologicamente la chiusura della valvola semilunare polmonare. L’intervallo è piùaccentuato durante la fase inspiratoria (0,04 secondi) rispetto alla fase espiratoria (0,02). L’intervallo è talmentemodesto che è difficilmente percepibile.

    Vi sono però situazioni patologiche nelle quali tali differenze fisiologiche possono accentuarsi e divenireudibili. Le situazioni cliniche di una certa frequenza sono rappresentate dal blocco di branca destro; molto rari sono

    viceversa i difetti del setto interatriale e dalla stenosi polmonare.I blocchi di branca sono disturbi della conduzione elettrica dello stimolo dovuti a un blocco nel passaggiodello stimolo al di sotto della biforcazione del tessuto di conduzione, laddove i due fasci si distribuiscono ai due

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    ventricoli. Il blocco di conduzione dell’impulso ad un ventricolo produce un ritardo nella contrazione dello stesso per cuinel blocco di branca destro (penultima riga nella figura) si ha un notevole ritardo del tono di chiusura della valvolasemilunare polmonare e tale ritardo è percepibile all’ascoltazione. Viceversa nel blocco di branca sinistro è presenteuna inversione di quel che accade in condizioni fisiologiche, (avviene prima la chiusura della valvola semilunarepolmonare e poi quella aortica), ma all’ascoltazione non si percepisce alcuno sdoppiamento in quanto l’intervallo fa i

    due eventi acustici è troppo modesto.Per quanto riguarda i difetti del setto interatriale e la stenosi polmonare i reperti di accompagnamento sonotalmente evidenti da far passare in secondo piano lo sdoppiamento del II° tono.

    Sdoppiamenti del secondo tono dovuti ad apertura delle valvole atrio-ventricolari.Schiocco di apertura della mitrale. Questo evento si ha nella stenosi mitralica, e si ascolta nell’area mitralica.

    La fig. a pag. 376 mostra chiaramente come i lembi valvolari della mitrale, saldati fra loro dal processo endocarditico,abbiano un atteggiamento ad imbuto durante la sistole, in quanto schiacciati dalla pressione del ventricolo, mentreassumano un atteggiamento di rigonfiamento durante il risucchio della diastole. E’ proprio questo brusco cambiamentodi forma, unito all’apertura dei lembi valvolari sclerotici che evoca lo schiocco di apertura. E’ evidente che, in caso divalvole rigide e non più flessibili, lo schiocco di apertura può attenuarsi o scomparire. I movimenti respiratori, a

    differenza della chiusura delle semilunari, non modificano l’intervallo dello sdoppiamento del II° tono. E’ bene sin d’oraguardare la fig a pag. 456, per memorizzare l’evento nel contesto dei rumori evocati in corso di stenosi mitralica.

    Schiocco di apertura della tricuspide. Si ascolta in corso di stenosi tricuspidalica, vizio valvolare piuttostoraro. Ha la stessa genesi della precedente e si ascolta nell’area tricuspidalica.

    SDOPPIAMENTO DEL I° TONOE’ raro ma non è mai fisiologico. Può aversi nei blocchi di branca o nelle stenosi delle valvole semilunari

    (aortica e polmonare)Schiocchi di apertura delle semilunari. Hanno la stessa dinamica di quanto descritto per gli schiocchi di

    apertura della mitrale e della tricuspide. L’area di ascoltazione è quella corrispondente alla valvola colpita e vengonochiamati suoni o click di eiezione protosistolici, in quanto si evidenziano nella prima fase della sistole.

    RUMORI SISTOLICI DA EIEZIONEClick meso-tele-sistolico da prolasso della mitrale. Il prolasso della mitrale è una degenerazione mixomatosa

    della valvola mitrale, con protrusione delle cuspidi all’interno dell’atrio. E’ presente nel 5% della popolazione adulta,colpisce prevalentemente il sesso femminile, soprattutto i soggetti longilinei, e, a volte, coesiste con altre malattie delconnettivo. Può colpire entrambe i lembi valvolari, ma è più frequentemente colpito il lembo posteriore della mitrale. Allachiusura della valvola, i lembi colpiti, che risultano più lunghi, protrudono nell’atrio sinistro. Nei casi in cui l’ascoltazionecardiaca è positiva si può udire il click nell’ultima parte della sistole ed anche la presenza di un soffio telesistolico.

    SFREGAMENTI PERICARDICI

    Si producono a causa dell’attrito fra il pericardio viscerale e quello parietale quando la loro superficie èdivenuta sede di stratificazioni flogistiche fibrinose, che, successivamente, se non adeguatamente trattate, possonoorganizzarsi in fibrosi. Maggiore è la rugosità dei foglietti pericardici, maggiore sarà l’intensità dello sfregamento, chepuò essere percepito, come fremito, anche con il palmo della mano appoggiata a piatto sull’area precordiale. Lecaratteristiche che distinguono uno sfregamento da un soffio sono le seguenti: la rugosità del suono, la mancanza diuna sede elettiva di ascoltazione corrispondente ai focolai clinici valvolari, la mancanza di propagazione e la spostabilitàdi sede in rapporto alle varie posizioni assunte dal paziente. Anche se gli sfregamenti esprimono un processo flogisticoche può essere stato già superato, la loro presenza non esclude la presenza di versamento liquido in altre sedi delpericardio.

    SOFFI CARDIACI  

    PATOLOGICI- SISTOLICI

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    - da eiezione- da rigurgito- DIASTOLICI- da eiezione- da rigurgito

    - SISTO-DIASTOLICI- CONTINUINON PATOLOGICI

    DENOMINAZIONE DEI SOFFILa fig. a pag. 411 illustra la denominazione dei soffi in relazione alla loro localizzazione: il prefisso proto-,

    meso- e tele- serve per denominare rispettivamente la localizzazione nella prima fase, fase intermedia e terminale delperiodo sistolico (compreso fra il I° ed il II° tono) o diastolico (compreso fra il II° ed il I° tono).

    Laddove invece il soffio interviene in tutto il periodo, sistolico o diastolico, si utilizza il prefisso olo- o pan-.Se infine il soffio abbraccia entrambe i periodi, sistolico e diastolico, prende il nome di soffio continuo.

    Inoltre la dinamica del soffio può essere diversa:- In crescendo e decrescendo (soffi a diamante, da eiezione ventricolare, come nella stenosi aortica o

    nella stenosi polmonare);- In decrescendo-crescendo (meso-telediastolico, come nella stenosi mitralica)- In decrescendo da rigurgito (come nell’insufficienza aortica).

    INTENSITA’ DEI SOFFIPer classificare l’intensità dei soffi si utilizza una scala convenzionale, accettata dalla comunità

    scientifica.Grado 1: molto lieve; si ode solo se vi è massima concentrazione,Grado 2: si ode senza sforzo,Grado 3: fra grado 2 e 4,Grado 4: moderatamente intenso; è associato a fremito (palpazione) se non vi è obesità o enfisema,Grado 5: intenso; si ode anche con il margine del fonendoscopio,Grado 6: molto intenso; si ode anche allontanando il fonendoscopio dalla parete toracica.

    QUALITA’ DEI SOFFIVengono utilizzati vari aggettivi quali: rude, aspro, sibilante, dolce musicale, pigolante. Dipende dalla

    struttura che evoca le vibrazioni. I soffi ad elevata frequenza sono evocati da strutture sottili, quali corde tendinee,muscoli papillari, veli valvolari ecc.

    CAUSE DEI SOFFI SISTOLICI DA EIEZIONE (fig. pag. 418)Il sangue progredisce in avanti (flusso anterogrado) attraverso gli osti valvolari aortici e polmonari che, a

    causa di modificazioni patologiche, evocano soffi.Vi sono 3 possibilità:- stenosi valvolare o sottovalvolare (aortica o polmonare)- flusso elevato attraverso valvole normali (es.: stress, anemia, ipertiroidismo)- dilatazione post-valvolare (es.: ectasia aortica in soggetti anziani)- combinazione delle precedenti.

    CAUSE DEI SOFFI SISTOLICI DA RIGURGITOIl sangue ritorna parzialmente indietro (flusso retrogrado) attraverso gli osti valvolari atrio-ventricolari che,

    a causa di modificazioni patologiche, evocano soffi.Vi sono 3 possibilità:

    - rigurgito mitralico (insufficienza mitralica)- pervietà del setto interventricolare- rigurgito tricuspidalico (insufficienza tricuspidalica)

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     VIZI VALVOLARI

    Inizia qui la trattazione dei vizi valvolari, per i quali si pone l’attenzione in particolare sui segni e sintomi chepermettono la diagnosi. Per amor di chiarezza si descrivono soltanto i quadri puri: solo stenosi o solo insufficienza dellevarie valvole, in modo da delineare correttamente i quadri clinici. L’osservazione clinica però presenta, con discreta

    frequenza, vizi valvolari doppi (es.: steno-insufficienza mitralica oppure steno-insufficienza aortica) e, inoltre, fra di lorocombinati (es.: vizio mitro-aortico). E’ evidente che tali quadri divengono complessi e i segni e sintomi, appartenentialle singole valvulopatie, si embricano fra di loro. D’altra parte ciò che viene richiesto al medico di medicina generale èuna conoscenza dei segni e sintomi, così come viene qui esposta, in modo che il loro rilievo induca il medico ad unapprofondimento specialistico.

    STENOSI AORTICAVe ne sono di 4 tipi (fig. pag 426): sopravalvolare (in giallo), valvolare (in arancio), sottovalvolare

    membranosa congenita (in azzurro) e sottovalvolare muscolare (stenosi subaortica ipertrofica idiopatica ocardiomiopatia ostruttiva) (in rosso).

    La fig. a pag 422 evidenzia un caso di stenosi valvolare: a sinistra (A) la saldatura dei lembi valvolari aortici

    (da parte del processo endocarditico, con restringimento dell’apertura valvolare). A destra (B) è visibile il tipo di soffio(mesosistolico, da eiezione, a diamante), udibile sul focolaio aortico che si irradia lungo la direttice vasi del collo-basedel cuore, evocato dal passaggio del sangue attraverso la valvola aortica stenotica (C). La pressione arteriosasistemica (D) è diminuita e ciò è percepibile attraverso un polso arterioso piccolo. La Fig. pag 423 mostra con maggioridettagli:

    il polso tardo con salita e discesa lenta,il click di eiezione aortica (schiocco di apertura delle semilunari),il soffio mesosistolico che si ascolta, oltre che sul focolaio aortico, anche

    sul punto di Erb (3° spazio intercostale sinistro, sulla margino-sternale) all’apice del cuore e sui vasi del collo,STENOSI POLMONARE

    La Fig a pag 429 evidenzia la stenosi polmonare, la presenza di un soffio sistolico (la cui intensità èproporzionale al grado di stenosi) udibile sul focolaio di ascoltazione della polmonare (2° spazio intercostale sinistro,sulla margino-sternale), lo sdoppiamento del II° tono (vedi anche Fig pag 369).

    INSUFFICIENZA MITRALICALa mancata chiusura completa della valvola mitrale produce, durante la sistole ventricolare, oltre al

    fisiologico passaggio di sangue dal ventricolo nell’aorta, anche un rigurgito di sangue nell’atrio sinistro, la cui entità ètanto maggiore quanto maggiore è l’incontinenza valvolare. La fig. 2 di pag. 437 mostra il soffio olosistolico, conandamento a plateau.Le cause di insufficienza mitralica sono molteplici:

    endocardite reumatica o batterica (processo endocarditico con alterazioni e retrazione dei lembi valvolari),

    rottura di una o più corde tendinee (fig. pag 445); tale evenienza può essere determinata da lesioniischemiche o batteriche,da disfunzione o rottura dei muscoli papillari; essi, con la loro contrazione durante la sistole ventricolare,

    accorciano l’apparato muscolo-tendineo e impediscono un prolasso dei lembi mitralici nell’atrio (Fig a pag. 448 inalto). Una loro disfunzione per infarto di un muscolo papillare (fig. al centro), o per dilatazione del ventricolosinistro (Fig. in basso), produce insufficienza mitralica e rigurgito sistolico in atrio sinistro.

    INSUFFICIENZA TRICUSPIDALICAE’ raro che avvenga per alterazione “endocarditica” della tricuspide. Nella maggior parte dei casi,

    l’insufficienza tricuspidalica è il risultato:di uno sfiancamento del ventricolo destro secondario a cardiopatia polmonare cronica o

    a seguito di una valvulopatia mitralica scompensata, che, dopo aver impegnato per un certo tempo il circolopolmonare, con una anamnesi positiva per numerosi edemi polmonari, si “tricuspidalizza”. Taletricuspidalizzazione avviene per lo scompenso del ventricolo destro e induce una riduzione o scomparsa del

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    numero degli episodi di edema polmonare, (che si possono realizzare solo se il ventricolo destro riesce a farfronte alla ipertensione venosa polmonare, indotta dalla stenosi mitralica). Oggi, con la riduzione drastica delreumatismo articolare acuto associato alla frequente correzione chirurgica della valvulopatia mitralica, questiquadri non sono così frequenti come un tempo.

    Come si può comprendere, i pazienti affetti da insufficienza tricuspidalica sono quasi sempre in condizioni cliniche

    piuttosto precarie.I segni acustici della insufficienza tricuspidalica sono:soffio olosistolico da rigurgito che si ascolta sul focolaio della tricuspide,sdoppiamento del II° tono per precoce chiusura della semilunare polmonare.

    Sono presenti, inoltre, a causa della trasmissione delle pressioni intratriali:un ingorgo delle vene giugulari, le quali appaiono turgide e presentano una pulsazione sincrona con il polso,una epatomegalia dolente con una pulsazione epatica, (percepibile ponendo le due mani a piatto sulla cute

    addominale corrispondente alla superficie epatica, anch’essa sincrona con il polso.La fig. di pagina 452 mostra come le variazione pressorie, che si sviluppano nel ventricolo destro, vengono trasmessesia alle vene giugulari che al fegato, rivelando il caratteristico polso giugulare e il polso epatico.

    STENOSI MITRALICASi realizza per fusione dei lembi valvolari, Questa valvulopatia impegna nelle prime fasi il sistema venoso

    polmonare che, mediante un ipertono compensatorio, tenta di forzare la progressione del sangue attraverso l’ostiomitralico stenotico. Quando la stenosi raggiunge una certa entità, la riduzione della gittata cardiaca conferisce alpaziente una caratteristica “facies mitralica”, (colorito cianotico al volto e soprattutto alle gote). Il paziente presentadispnea, dapprima da sforzo poi anche a riposo ed episodi di edema polmonare. Successivamente, quando il ventricolodestro, impegnato a far fronte all’aumento della pressione venosa polmonare, inizia a scompensarsi, gli edemipolmonari tendono a scomparire, ma le condizioni del paziente si aggravano, in quanto lo scompenso cardiaco è totale.I segni acustici, udibili sul focolaio mitralico, sono i seguenti (Fig. Pag. 456):

    accentuazione del I° tono, per schiocco di chiusura della mitrale,sdoppiamento del II° tono per schiocco di apertura della mitrale,soffio o rullio meso-diastolico da eiezione, perché il flusso è anterogrado,modesto soffio proto-diastolico (o presistolico), dovuto alla contrazione atriale, non udibile quindi in presenza

    di fibrillazione atriale.Sul focolaio di ascoltazione della polmonare, quando, a causa dell’ipertensione venosa polmonare, si

    realizza un’ipertrofia ed una dilatazione del ventricolo destro, si può udire un soffio diastolico (di Graham Steell),accompagnato da un aumento del II° tono, da violenta chiusura delle semilunari.

    Riassumendo, la storia che racconta un soggetto affetto da stenosi mitralica è dapprima una storia didispnea, prima da sforzo, poi anche a riposo, che diviene sempre più grave, fino a sviluppare episodi di edemapolmonare, con emoftoe. Successivamente, dopo la tricuspidalizzazione, compaiono i segni dello scompenso destro(vene giugulari turgide, fegato da stasi, edemi agli arti inferiori).

    STENOSI DELLA TRICUSPIDEE’ una valvulopatia piuttosto rara e spesso coesiste in soggetti con valvulopatia mitralica. La

    caratteristica è l’assenza di sintomi polmonari (dispnea da sforzo, a riposo, edemi polmonari) e la presenza dei segni esintomi dello scompenso destro (vene giugulari turgide, fegato da stasi, edemi agli arti inferiori).

    Sull’area tricuspidalica si ascolta un rullio diastolico con un rinforzo presistolico da contrazioneatriale (che scompare in caso di fibrillazione atriale) ed un II° tono sdoppiato per lo schiocco di apertura dellatricuspide.

    INSUFFICIENZA AORTICA Alla diagnosi di questa valvulopatia si giunge frequentemente dopo aver diagnosticato una pressione

    arteriosa caratterizzata da un aumento della “pressione differenziale”. Si realizza un’abnorme aumento della sistolica(> di 150 mmHg) cui si associa un’abnorme diminuzione della diastolica (< 70 mmHg). Questa caratteristicapressoria, che si riscontra anche nella persistenza del dotto arterioso di Botallo o quando è presente una fistola artero-

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    venosa periferica (purchè abbia un grado di shunt ematico piuttosto significativo), è in relazione al fatto che il reflussodiastolico di una certa quantità di sangue dall’aorta al ventricolo sinistro, (o attraverso il dotto arterioso di Botallorimasto pervio, o attraverso una fistola artero-venosa periferica) produce un collasso diastolico delle arterie.L’ipertensione sistolica è dovuta alla maggior quantità di sangue (alla quota fisiologica si aggiunge la quota refluitaattraverso la valvola insufficiente) espulsa dal ventricolo sinistro.

    La Fig a pag 464 mostra a sinistra il rigurgito di sangue dall’aorta al ventricolo sinistro che avviene in fasediastolica. La fig. a destra sintetizza i segni e sintomi:soffio diastolico in decrescento (da rigurgito) che inizia subito dopo il II° tono, si ode bene sul punto di Erb(para-sternale sinistra al 3° spazio intercostale), ma anche sul focolaio aortico (para-sternale destra al 2° spaziointercostale),soffio meso-diastolico con accentuazione presistolica (di Austin Flint) alla punta, dovuto al lembo anteriore dellavalvola mitrale preso fra due flussi di sangue: quello fisiologico dovuto al sangue proveniente dall’atrio sinistro equello patologico che rigurgita dall’aorta;il polso scoccante con rapida ascesa e rapida discesa, meglio visibile nella fig. di pag. 468 in basso, dove èpossibile osservare la parte discendente del polso sfigmico, caratterizzata da una rapidissima discesa e dallascomparsa dell’onda dicrota (l’onda è dovuta alla chiusura delle semilunari). Il polso prende il nome di “polso

    celere” per le caratteristiche di celerità sia nella ascesa che nella discesa, e si percepisce come un colpo secco(polso di Corrigan o “a martello ad acqua”);l’elevata pressione differenziale si ripercuote anche sui capillari: premendo un vetrino contro le labbra o

    premendo lievemente sul letto ungueale delle dita si assiste ad un alternarsi di un arrossamento ed unimpallidimento, sincrono con il polso (“polso capillare di Quinke”).

    INSUFFICIENZA POLMONAREPuò essere congenita o acquisita. E’ udibile un soffio diastolico in decrescendo sul focolaio di ascoltazione della

    valvola.

    SOFFIO CONTINUOE’ un soffio che persiste senza interruzione sia in sistole che in diastole ed e’ tipico di shunt tra vasi. Le

    condizioni in cui si ode sono: la pervietà del dotto arterioso di botallo, soffio tiroideo nell’ipertiroidismo, fistolearterovenose.

    SOFFI CARDIACI NON PATOLOGICIStudi condotti nell’infanzia dimostrano che un ragazzo su due può essere portatore di un soffio innocente che

    può persistere per anni o scomparire. Tutti i soffi ritenuti innocenti debbono essere indagati con opportune indagini (inparticolare ecocardiografia), per escludere o confermare la loro innocenza.

    SOFFI RELATIVI

    Sono causati dalla dilatazione delle camere cardiache e non sono dovuti a valvulopatie. Esempi sono:il soffio olosistolico puntale da insufficienza mitralica a seguito di dilatazione del ventricolo sinistro, frequentiin soggetti affetti da ipertensione arteriosa di lunga data;

    il soffio olosistolico margino-sternale sinistro da insufficienza tricuspidalica secondaria a dilatazione delventricolo destro, frequenti in soggetti affetti da cardiopatia polmonare cronica scompensata.

    I soffi relativi, a differenza dei soffi organici, possono scomparire a seguito di trattamenti terapeutici in grado diridurre la dilatazione delle camere interessate.

    Le figure sono tratte da: N. Dioguardi, G.P. Sanna: “Moderni Aspetti di Semeiotica Medica”. Soc. Ed. Universo, Roma,

    2002.

    SEMEIOTICA NEUROLOGICA  

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     Una buona conoscenza della semeiotica neurologica permette al medico di medicina generale di orientarsi in

    modo corretto nel labirinto delle forme morbose che si esprimono con segni e sintomi neurologici. Nella maggior partedei casi essa si avvale di segni di facile esecuzione, ma di grande valore diagnostico, che permettono non solo didiagnosticare, ma anche di seguire nel tempo l’evoluzione dei fenomeni patologici. Inoltre la grande frequenza del

    coinvolgimento del sistema nervoso centrale da parte della patologia arteriosclerotica, soprattutto nella popolazioneanziana, rende di fondamentale importanza la conoscenza dei segni più frequenti, per una diagnosi ed un trattamentoprecoce degli stati patologici.

    RIFLESSI NERVOSILa loro evocazione è di grande importanza per definire la presenza ed il grado della compromissione del

    sistema nervoso da parte di processi patologici. Vengono esplorati 3 settori:il neurone afferente, centripeto, sensitivo, che conduce lo stimolo dalla periferia (cute, mucosa, tendini) al centro,il centro di riflessione, situato, a seconda dei riflessi, nel tronco encefalico o ai vari livelli del midollo spinale,il neurone efferente, centrifugo, motore, che conduce lo stimolo dal centro all’organo effettore.Inoltre, l’evocazione dei riflessi permette di cogliere elementi indiretti sul grado di controllo inibitorio esercitato

    dai centri nervosi corticali e, quindi, ottenere informazioni anche sullo stato funzionale dei centri nervosi corticali.

    CLASSIFICAZIONE DEI PIU’ IMPORTANTI RIFLESSI

    FISIOLOGICISUPERFICIALI O ESTEROCETTIVICutanei

     AddominaliCremasterico (nel sesso maschile)PlantareMucosiCornealeFaringeo

    PROFONDI O PROPRIOCETTIVITendineiBicipitaleTricipitaleRotuleo AchilleoOsteoperiosteiRadiale

    CubitalePATOLOGICISUPERFICIALI O ESTEROCETTIVIBabinski

    Importanti sono infineil riflesso ocularei riflessi sfintericiil riflesso seno-carotideoil riflesso oculo-cardiaco

    RIFLESSI FISIOLOGICISUPERFICIALI O ESTEROCETTIVI

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    Riflessi cutanei normali.Riflessi addominali. A paziente supino e addome rilasciato si striscia la cute dell’addome con una punta e si

    ottiene una contrazione dei muscoli addominali nei settori superiori, medi ed inferiori, destro e sinistro.Riflesso cremasterico. E’ possibile solo nel sesso maschile. Strisciando la cute della parte interna della

    coscia si ottiene la risalita del testicolo, per contrazione del muscolo cremasterico.

    Riflesso plantare. Vedi BabinskiRiflessi mucosi normali.Riflesso corneale. Sfiorando la cornea con l’estremità filiforme di un batuffolo di cotone o di garza, si ha la

    chiusura di entrambe le palpebre (ammiccamento). Neurone afferente è il trigemino (branca oftalmica), il neuroneefferente è il nervo faciale (VII° paio). Se il riflesso è assente, ci si orienta verso una lesione del trigemino ed in questocaso, se il soggetto è vigile, non percepirà lo stimolo; se, viceversa, il riflesso induce un’ammiccamento solo nell’occhiocontrolaterale allo stimolo, ci si orienta verso una lesione del faciale e il paziente percepirà lo stimolo (ammenocchènon presenti anche una emianestesia).

    Riflesso faringeo. Solleticando la mucosa faringea si ottiene una contrazione del faringe, fino ai conati divomito.

    RIFLESSI PROFONDI O PROPRIOCETTIVIRiflessi tendinei normali.

    Riflesso bicipitale. (Fig. pag. 995 A). Ad arto lievemente piegato, si percuote alla piega del gomito il tendinedel muscolo bicipite e si ottiene una contrazione del muscolo che provoca la rapida flessione dell’avambraccio sulbraccio.

    Riflesso tricipitale. (Fig. pag. 995 B). Percuotendo i tendini del tricipite al gomito, subito al di sopradell’olecrano, si ottiene una contrazione del muscolo che produce un rapido movimento di estensione dell’avambraccio.

    Riflesso rotuleo. (Fig. pag. 995 C). A paziente seduto, con gambe ciondoloni, o a paziente supino,sollevando con una mano il ginocchio, si percuote il tendine del quadricipite subito al di sotto della rotula, e si ottieneun brusco movimento di estensione della gamba sulla coscia.

    Riflesso achilleo. (Fig. pag. 995 D). Si pone il paziente in ginocchio sul bordo del letto, in modo che legambe debordino da esso, (oppure, a paziente supino, tenendo con la mano il piede in leggera flessione) e si percuoteil tendine di Achille, ottenendo una lieve estensione del piede sulla gamba.

    Riflessi osteoperiostei normaliRiflesso radiale. (Fig. pag. 997 in alto). Si percuote l’apofisi stiloide del radio con arto in posizione

    intermedia fra supinazione e pronazione e si ottiene una lieve f lessione dell’avambraccio.Riflesso cubitale. (Fig. pag. 997 in basso). Si percuote l’apofisi stiloide dell’ulna, con arto in posizione

    intermedia fra supinazione e pronazione, e si ottiene una lieve pronazione dell’avambraccio e della mano.

    RIFLESSI PATOLOGICI

    RIFLESSI SUPERFICIALI O ESTEROCETTIVISegno o fenomeno di Babinski. E’ di grande importanza per svelare una lesione delle vie piramidali.Quando esso è assente, si parla di riflesso plantare normale che si evoca con un oggetto appuntito, a paziente supino,strisciando, dal basso verso l’alto, il margine esterno della pianta del piede e ottenendo la flessione delle dita (Fig. pag.998 a). Se vi è una lesione delle vie piramidali, invece di ottenere una flessione, si ha una estensione dell’alluce (dettaanche dorsiflessione) e, a volte, una apertura a ventaglio delle altre quattro dita (fenomeno di Dupré) (Fig. pag. 998b).

    Lo stesso fenomeno può evocarsi con le seguenti manovre, che possono essere eseguite da sole oassociate alla precedente:

    Segno di Oppenheim: (Fig. pag. 999 a sinistra) si fa scorrere con una certa pressione il pollice e l’indicedella mano destra dell’operatore sulla cresta tibiale dall’alto verso il basso.

    Segno di Gordon: (Fig. pag. 999 al centro) si stringono i muscoli gemelli.Segno di Schaeffer: (Fig. pag. 999 a destra) si pizzica il tendine di Achille fra il pollice e l’indice.

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    Elementi utili per una corretta interpretazione. L’evocazione del riflesso plantare normale va, in considerazione delladiversa sensibilità individuale, da una quasi immobilità dell’arto stimolato alla flessione non solo delle dita del piede, maanche del piede sulla gamba, gamba sulla coscia e coscia sul bacino. Queste risposte, che possono sembrare moltodiverse fra loro, sono quindi da interpretarsi tutte come normali, e permettono all’operatore di adattare il livello diintensità della stimolazione alla sensibilità del paziente. Molta attenzione deve essere posta:

    alla estensione (o dorsiflessione) dell’alluce che è il vero elemento patologico,alla celerità con cui avviene tale estensione (rispetto alla risposta flessoria normale che è più lenta),al fatto che i muscoli della gamba non siano in stato di contrazione,al fatto che una stimolazione intensa (o una stimolazione normale in individui particolarmente sensibili) può farevocare una estensione dell’alluce che può essere interpretata erroneamente come patologica; è pertantoimportante “tarare” l’intensità della stimolazione sul livello di sensibilità del paziente in esame.Il segno è presente quando l’arto è plegico per lesioni del primo motoneurone, ed è invece assente quando laplegia è dovuta al secondo motoneurone.Il segno si manifesta sempre dal lato leso, ma può anche essere presente dal lato sano, sebbene in modo menoevidente,in caso di risposte incerte è necessario ripetere più volte la manovra.

    MODIFICAZIONI DEI RIFLESSI Al di fuori di particolari riflessi (Babinski) che evocano risposte vistosamente differenti in condizioni

    fisiologiche o patologiche, nella maggior parte dei casi, in particolare se ci si riferisce ai riflessi tendinei oosteoperiostei, la differenza fra risposta normale e patologica consiste solo sull’intensità di evocazione. I riflessisaranno quindi normalmente eccitabili o presentare una risposta minore (riflessi ipoeccitabili o iporiflessia), nessunarisposta (abolizione dei riflessi o areflessia) o, al contrario, una risposta esagerata (riflessi ipereccitabili o iperriflessia).La differente risposta deve essere attentamente valutata nel contesto clinico in quanto preziose informazioni possonoessere tratte per diagnosticare il livello della lesione nervosa. A causa del fisiologico stato inibitorio esercitato dal primomotoneurone sul secondo motoneurone (sede del centro effettore del riflesso), le lesioni corticali danno generalmenteuna disinibizione, e quindi una iperriflessia, mentre le lesioni midollari danno una iporiflessia fino all’abolizione deiriflessi. L’osservazione del tono muscolare può fornire ulteriori informazioni. Una lesione del primo motoneuroneproduce nell’arto leso un aumento del tono muscolare (paresi o paralisi spastica), viceversa una lesione del secondomotoneurone provoca una diminuzione o un’abolizione del tono (paralisi flaccida). Da notare che in presenza di estesee rapide lesioni cerebrali, coinvolgenti il primo motoneurone, si può avere nelle prime fasi una transitoria diminuzione oabolizione dei riflessi e del tono muscolare.

    Riflesso oculare o pupillare. E’ stato fatto cenno in precedenza nel capitolo relativo al coma, che lapresenza o l’assenza del riflesso pupillare è uno dei segni che permettono la classificazione del coma fra II° e III°stadio. L’arco diastaltico è dato dal nervo ottico (II° paio) come neurone afferente, il centro di riflessione è il nucleo diEdinger-Westphal dell’oculo-motore (III° paio) ed il neurone efferente è l’oculo-motore, che, provocando unacostrizione dell’iride, produce miosi. Lo stimolo luminoso applicato ad una delle due pupille produce immediata miosi in

    entrambe le pupille. La miosi si ottiene anche con l’accomodazione e con la convergenza. Avvicinando all’occhio unoggetto si induce una accomodazione da vicino (riflesso miotico all’accomodazione) ed una convergenza dei globioculari (riflesso miotico alla convergenza). La miosi viene indotta anche da uno stimolo parasimpatico. Infatti, peresplorare agevolmente il fondo dell’occhio, l’operatore deve indurre un blocco del parasimpatico con atropina,neutralizzando così il riflesso miotico alla luce che esplora la retina.

    Il simpatico viceversa induce un aumento del diametro pupillare (midriasi). Il dolore, attivando il simpatico,induce midriasi (riflesso midriatico al dolore). Nella trattazione delle sindromi mediastiniche si è già fatto riferimento allaparalisi del simpatico cervicale che realizza la sindrome di Claude-Bernard-Horner (da compressione della catenagangliare e conseguente paralisi) caratterizzata da restringimento della rima palpebrale, enoftalmo e miosi (Fig. pag.316).

    E’ possibile che, a causa di processi patologici, il diametro ed i contorni delle due pupille non siano

    esattamente uguali. Si utilizzano i termini dipupille isocoriche o anisocoriche se i diametri delle due pupille sono rispettivamente uguali o diversi,pupille isocicliche o anisocicliche se i contorni delle stesse sono rispettivamente uguali o diversi.

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    Segno di Argyll-Robertson. Dal momento che il riflesso alla luce segue vie differenti dal riflesso all’accomodazione,è possibile avere una dissociazione fra le due risposte. Il segno è presente se, quando il paziente fissa un oggetto davicino, si induce miosi, che non compare se si applica uno stimolo luminoso. Questa dissociazione può essere presentequando processi morbosi, soprattutto di natura luetica (tabe dorsale), abbiano colpito il mesencefalo (Fig. pag. 1009).

    Riflessi sfinterici: riflesso vescicale e anale. Sia la minzione che la defecazione sono riflessi spinali, con vie

    simpatiche che inibiscono le funzioni, e vie parasimpatiche che le facilitano. Tali riflessi tuttavia sono sottoposti alleinfluenze corticali che permettono il controllo volontario.Riflesso della minzione:

    Vie simpatiche: (afferenti ed efferenti) nervi ipogastrici, centro di riflessione a livello lombare L1-L4; funzione: lacontrazione dello sfintere uretrale interno e l’inibizione del detrusore vescicale permettono il riempimento vescicale einducono ritenzione;Vie parasimpatiche: (afferenti ed efferenti) nervi splancnici, centro di riflessione a livello sacrale S2-S4; funzione:l’inibizione dello sfintere uretrale interno e la contrazione del detrusore vescicale permettono la minzione.

    Riflesso della defecazione:Vie simpatiche: (afferenti ed efferenti) nervo ipogastrico, centro di riflessione a livello lombare (L1-L4); funzione: lacontrazione dello sfintere anale interno ed il contemporaneo rilasciamento della muscolatura rettale permettono la

    ritenzione fecale.Vie parasimpatiche: (afferenti ed efferenti) nervi splancnici pelvici, centro di riflessione a livello sacrale S2-S4; funzione:un rilasciamento dello sfintere anale interno e la contemporanea contrazione della muscolatura rettale permettono ladefecazione.Una lesione dei centri midollari (lesioni della cauda equina) producono ritenzione fecale, mentre una lesione al di sopradel midollo lombare produce incontinenza fecale.

    Riflesso del seno carotideo: (vedi sincope e manovre vagali nelle aritmie)Riflesso oculo-cardiaco: (la compressione dei bulbi oculari produce, attraverso l’oculo-motore, III° paio)

    un’attivazione del tono parasimpatico (vedi manovre vagali nelle aritmie).

    LE GRANDI SINDROMI NEUROLOGICHE  La notevole frequenza della patologia arteriosclerotica cerebrale (cerebro-vasculopatie) e della ipertensione

    arteriosa, uno dei più potenti fattori di rischio delle cerebro-vasculopatie, rende di grande rilevanza lo studio dellesindromi neurologiche, dovute nella maggior parte dei casi a questo tipo di patologia degenerativa. Una buonaconoscenza dei principali segni e sintomi permette un loro riconoscimento precoce cui deve seguire un correttotrattamento terapeutico. Esse possono essere così schematizzate:

    SINDROMI PIRAMIDALIdeficitariairritativa

    SINDROMI ALTERNEsindromi mesencefaliche

    sindrome di Weber e variantisindromi pontinesindromi bulbari

    SINDROMI EXTRAPIRAMIDALIle sindromi parkinsonianele coree, atetosi, emiballismo

    SINDROMI CEREBELLARISINDROMI SENSITIVE MIDOLLARISINDROME MENINGEASINDROME VERTIGINOSA

    SINDROMI TETANICHE

    SINDROMI PIRAMIDALI

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      Sono molto frequenti e si presentano con interessamento motorio, meno frequentemente sensitivo. Il sistemapiramidale è costituito da 2 ordini di neuroni: il I° moto-neurone o neurone centrale che origina dall’area motoria dellacorteccia cerebrale, antistante il solco centrale di Rolando (fig. pag. 1017 in alto e 1018), ed il II° motoneurone, cheorigina, per i nervi cranici, dai nuclei motori corrispondenti, per i nervi spinali dalle corna anteriori del midollo spinale.

    I cilindrassi del I° motoneurone, provenienti dalla corteccia cerebrale, convergono nella capsula interna

    (Fig. pag. 1017 in basso e 1019). Nella figura si vede chiaramente come la rappresentazione dell’area motoriacorticale mostra il cosiddetto “uomo rovesciato”, con grande rappresentatività per le strutture del capo e della partesuperiore del tronco. La fig. a pag. 1025 (in basso a destra) mostra come le fibre destinate alla parte superiore deltronco si dispongono nel ginocchio della capsula interna, mentre quelle destinate alla parte inferiore sono disposteposteriormente. Le fibre decorrono quindi (Fig. pag. 1017 in basso) nel mesencefalo, ponte e bulbo, dove avvienel’incrociamento dei fasci nervosi (“decussatio”): l’80-90% di esse si incrocia e passa dalla parte opposta. Si formanoquindi 2 fasci piramidali: il fascio piramidale diretto, contenente solo il 10-20% delle fibre, che continua, senzaincrociarsi, nel cordone anteriore omolaterale del midollo; il fascio piramidale incrociato, contenente l’80-90% dellefibre, che, dopo l’incrocio, decorre nel cordone laterale del midollo del lato opposto. Entrambe i fasci terminano nellecorna anteriori del midollo, contraendo rapporti col il II° motoneurone. Quando il cilindrasse del II° motoneurone lasciail midollo e si immette nel nervo spinale, può decorrere con i nervi sensitivi.

    Prima di descrivere le sindromi piramidali è bene definire i vari tipi di deficit motori che esse possonoprovocare:

    paresi: deficit motorio parziale,paralisi: deficit motorio totale,monoparesi o monoplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato ad un solo arto (superiore o inferiore),emiparesi o emiplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato all’arto superiore ed inferiore di un solo lato(destro o sinistro),paraparesi o paraplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato ai due arti superiori o ai due arti inferiori(se solo ai superiori può prendere il nome di diplegia),tetraparesi o tetraplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato ai quattro arti (superiori ed inferiori).

    SEDE DELLA LESIONE PIRAMIDALE E SEGNI/SINTOMI CORRISPONDENTILesioni corticali La fig. a pag. 1025 (in alto) mostra come una lesione corticale nella zona pre-rolandica,

    situata al vertice, dove è localizzata l’area motoria per l’arto inferiore, produca una monoparesi o monoplegialocalizzata all’arto inferiore controlaterale. Una lesione corticale localizzata in sede diversa produce un deficit motoriocorrispondente al territorio di competenza, sempre controlaterale. In caso di lesioni vascolari, le arterie interessatesono diramazioni del circolo carotideo.

    Lesioni capsulari (piuttosto frequenti). Se la lesione comprende tutta la capsula interna si ottiene unaemiparesi o emiplegia (fig. a pag. 1025, in basso a sinistra). Una lesione parziale può dare danni parziali. In caso dilesioni vascolari, le arterie interessate sono diramazioni del circolo carotideo.

    Lesioni del tronco (poco frequenti). Provocano le sindromi alterne. La fig. a pag. 1028 mostra le strutture del

    tronco encefalico: mesencefalo, ponte e bulbo, mentre la fig. a pag. 1029 mostra come la “decussatio” dei fascipiramidali dei nervi cranici avviene a livello più prossimale rispetto ai nervi spinali. Ciò spiega le cosiddette sindromialterne che si evidenziano quando la lesione ha sede nel tronco. Infatti esse sono spesso caratterizzate da un deficitmotorio dello stesso lato della lesione per i nervi cranici, mentre il deficit motorio è controlaterale per i nervi spinali.

    Vi sono alcuni stereotipi che prendono il nome degli Autori che li hanno descritti per la prima volta.Fra le s indromi mesencefal iche   ricordiamo la sindrome di Weber (lesione della zona in rosa della fig.

    pag. 1036), caratterizzata da paralisi dell’oculomotore (ptosi, midriasi, occhio deviato in basso e lateralmente) edemiplegia controlaterale (Fig. pag. 1034); la sindrome di Parinaud, caratterizzata da paralisi coniugata dei movimentioculari verticali (lesione della zona in giallo della fig. pag. 1036), la sindrome di Foville, caratterizzata da paralisi deimovimenti oculari coniugati laterali.

    Fra le s indromi pont ine  ricordiamo la sindrome di Millard-Gubler, caratterizzata da paralisi del faciale dal

    lato della lesione e da emiplegia ed anestesia dal lato controlaterale (fig. pag. 1037), la sindrome di Foville- Millard-Gubler (fig. pag. 1038), in cui in aggiunta ai segni della precedente vi è paralisi dell’abducente e paralisi dello sguardolaterale.

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    Fra le s indromi bulbar i   ricordiamo la sindrome bulbare anteriore (fig. pag. 1040), caratterizzata daparalisi dell’ipoglosso (XII° paio) con lingua deviata dal lato leso mentre dal lato opposto vi è emiplegia edemianestesia, e la sindrome bulbare posteriore (o sindrome di Wallemberg) caratterizzata dal lato della lesione daemianestesia al volto (da paralisi del trigemino), sindrome di Claude-Bernard Horner, segni cerebellari (atassia,vertigini, nistagmo) e paralisi del laringe e faringe (IX°, X° e XI° paio), dal lato opposto emiparesi e emianestesia

    termica e dolorifica.

    Se la lesione è a livello della “decussatio” dei fasci piramidali (fig. pag. 1026), si può realizzare la cosiddetta“emiplegia crociata”: deficit dell’arto superiore dal lato della lesione e dell’arto inferiore controlaterale. In caso di lesionivascolari, le arterie interessate sono le diramazioni del circolo vertebro-basilare.

    EVOLUZIONE DELLE SINDROMI PIRAMIDALIL’evoluzione delle sindromi piramidali, quando di entità tale da lasciare esiti permanenti, prevede una

    prima fase di tipo deficitario, seguita dopo 1-2 mesi, da una seconda fase di tipo disinibitorio, dominata da spasticità.

    FASE FLACCIDA. La ricerca dei segni dipende dallo stato di coscienza del paziente. Si fa riferimento ad un paziente

    affetto da un interessamento motorio di un emisoma.Se è presente stato comatoso (che indica lesioni di notevole estensione, quasi sempre insorte improvvisamente, e,quindi, quasi sempre di genesi vascolare) è necessario andare alla ricerca dei segni focali (vedi classificazione delcoma)

    deviazione coniugata degli occhi dal lato colpito da cui l’aforisma “il malato guarda l’emisfero cerebrale leso”;tale segno guida aricercare controlateralmente segni di emiplegia che, in un soggetto comatoso, sono traditi da una maggioreipotonia dei muscoli dell’arto superiore e dell’arto inferiore (il rilasciamento muscolare della coscia conferisce lafalsa immagine di una coscia più voluminosa), una riduzione dei riflessi,un segno importante, quando presente, è rappresentato dal “malato che fuma la pipa” quando, ad ogni attoespiratorio, vi è la fuoruscita di aria dalla commessura labiale dal lato emiplegico, a causa dell’ipotonia delmuscolo orbicolare della bocca, innervato dal faciale.

    Se il paziente è vigile, è possibile effettuare una ricerca molto più dettagliata dei segni.Deficit del faciale: ispettivamente si può notare il solco naso-genieno spianato dal lato paretico. In caso negativo ilpaziente viene invitato a sorridere. La manovra evidenzia la presenza di asimmetrie nella rima orale. Indagini piùfini consistono nell’invitare il paziente a soffiare o fischiare. Esse possono svelare più fini asimmetrie. Non sonopresenti segni di compromissione del faciale superiore in quanto tale territorio riceve fibre anche dal latocontrolaterale (fig. pag. 1116). In caso si tratti di pazienti che riferiscono solo segni di compromissione delfaciale inferiore, eseguire sempre le manovre per discriminare se la compromissione è di tipo centrale (quindidovuta a lesione cerebrale) o di tipo periferico (di natura extra-cranica, quasi sempre “a frigore”, da esposizionedella guancia a infreddature, come succede a chi guida per ore con il finestrino abbassato). La discriminazione è

    molto semplice: si invita il paziente a chiudere gli occhi; se l’occhio del lato leso rimane aperto (lagoftalmo) (fig.pag. 1118 e il globo oculare devia verso l’alto (fenomeno di Bell), la genesi periferica della lesione è certa.Presenza di disturbi del linguaggio (fino alla completa afasia) che accompagna le emiplegie destre nei destrimani,in quanto l’emisfero dominante è il sinistro, sede della lesione, mentre in una discreta percentuale dei mancini èpresente nelle emiplegie dell’emisoma sinistro.Deviazione della lingua dal lato leso, per prevalenza del muscolo genio-glosso sano.Deficit dell’oculo-motore (III° paio) che provoca strabismo esterno, ptosi palpebrale e midriasi.Deficit dell’abducente (VI° paio) che provoca strabismo interno.Deficit motorio dell’arto superiore, generalmente più interessato dell’arto inferiore. Mano quasi sempre in

    pronazione. In caso di completa plegia è presente ipotonia muscolare, il paziente non è in grado di eseguire ilminino movimento e l’arto sollevato cade pesantemente; in caso di paresi, facendo tendere le braccia

    orizzontalmente in avanti, il braccio del lato leso si abbassa progressivamente con le dita in semiflessione. Neicasi molto lievi e sfumati, si cerca di mettere in evidenza eventuali deficit con varie manovre (es.: valutando laforza durante la stretta delle mani dell’operatore ecc).

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      Deficit motorio dell’arto inferiore. Arto quasi sempre in rotazione esterna. In caso di completa plegia, è presenteipotonia muscolare ed il paziente non è in grado di eseguire il minino movimento. L’arto sollevato cadepesantemente. In caso di paresi la manovra di Mingazzini (fig. pag. 1021 alto) e di Barrè (fig. pag. 1021 inbasso) è positiva. Nei casi molto lievi e sfumati, si cerca di mettere in evidenza eventuali deficit con varie manovre(spingendo il ginocchio in basso, mentre si invita il paziente a sollevarlo o contrastando la flessione o la

    estensione del metatarso ecc)

    FASE SPASTICA. Inizia dopo 1-2 mesi dall’esordio dell’emiplegia. Mentre l’ispezione del volto generalmente non lasciaintravedere segni particolari, per la scomparsa dei segni deficitari, i riflessi tendinei (rotuleo, bicipitale e tricipitale) sonoesagerati mentre i cutanei sono conservati, diminuiti o aboliti.

    SINDROMI EXTRAPIRAMIDALIIl sistema extrapiramidale è formato dalle seguenti strutture: corpo striato (nucleo lenticolare e caudato), il

    globo pallido, il nucleo rosso e la sostanza nera.Delle sindromi extrapiramidali fanno parte: le sindromi parkinsoniane, le coree, le atetosi, l’emiballismo, le

    mioclonie, le fascicolazioni e gli spasmi.

    La sindrome parkinsoniana è caratterizzata da:tremore a riposo (il segno più frequente), che diminuisce o scompare con i movimenti volontari, con scosse lente(4-6 al sec.); il pollice e l’indice si atteggiano “come per contar monete”.ipertono e rigidità muscolare, prevalente alla radice degli arti, presente con il movimento e che scompare ariposo. L’ipertono è responsabile del volto inespressivo (amimia del viso), del “fenomeno della ruota dentata”(quando si cerca di estendere il gomito, si provoca un movimento a scatti),bradicinesia ed acinesia: movimenti lenti, andatura difficoltosa, parola inceppata nella pronuncia di una frase,scrittura tremolante, piccola (micrografia)equilibrio incerto nella deambulazione, che perde la scioltezza, con tendenza a muoversi precipitosamente apiccoli passi.

    Le sindromi coreiche sono caratterizzate da movimenti involontari, in particolare degli arti superiori, di grandeampiezza, disordinati, irregolari, privi di qualsiasi ritmo, che aumentano con l’emotività e cessano con il sonno. Sidistinguono due forme: la corea di Sydenham, che colpisce i bambini ed ha una eziologia reumatica e la corea diHuntington, forma cronica degli adulti, ereditaria e che sfocia in progressiva demenza.

    Nei rari casi in cui un insulto vascolare colpisca le strutture extrapiramidali, si può avere una corea (post-emiplegica), che diviene cronica.

    Le atetosi sono caratterizzate da movimenti localizzati prevalentemente alle dita delle mani ed ai polsi (ma chepossono interessare anche l’arto superiore), involontari, lenti, che scompaiono con il sonno, come tutte le ipercinesieextrapiramidali (fig. pag. 1046).

    L’emiballismo è caratterizzato da movimenti violenti, che mimano l’atto di brandire un’arma o di scagliare unapietra, e che colpiscono una metà del corpo. Nel biballismo o paraballismo si ha il coinvolgimento generalizzato.

    Le mioclonie sono caratterizzate da brusche scosse cloniche di un solo muscolo o di un gruppo di muscoli (arti,diaframma, laringe, faringe ecc), senza determinare movimento.

    Le fascicolazioni sono contrazioni spontanee di singole fibre muscolari, attivate a volte dalla percussione delmuscolo, che si possono avere nella sclerosi laterale amiotrofica o nella poliomielite, e sono espressione di sofferenzadel motoneurone.

    Gli spasmi sono alterazioni spastiche del tono muscolare di gruppi muscolari (“torcicollo spastico” fig. pag.1047).

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    SINDROMI CEREBELLARILe funzioni del cervelletto sono le seguenti:

    regolare il tono muscolarecoordinare i movimenti e l’equilibrio

    Il deficit del tono muscolare viene evidenziato studiando la mobilità passiva agli arti superiori ed inferiori, cheappaiono iperestensibili ed iperflessibili.La difficoltà a eseguire movimenti coordinati (atassia cerebellare) può essere indagata mediante prove semplici chesvelano l’esagerazione dei movimenti e la mancanza di coordinamento.Prova della stazione eretta: il soggetto non riesce a mantenere la stazione eretta e tende a cadere. Il segno diRomberg consiste nel far tenere al paziente la posizione eretta a piedi uniti (tallone e punta). Il paziente atassico vacillae perde l’equilibrio: può tendere a cadere in avanti (anteropulsione) indietro (retropulsione) di lato (lateropulsionedestra o sinistra). La prova può essere sensibilizzata facendo porre i piedi uno davanti all’altro anziché uno accantoall’altro. La prova è positiva anche nelle lesioni midollari del cordone posteriore per mancanza della sensibilitàpropriocettiva proveniente da muscoli, tendini ed articolazioni.Prova della marcia: deambulazione a zig-zag, come può essere quella di un soggetto ubriaco.

    Prova indice-naso: (Fig. pag. 1052 A) il paziente viene invitato a estendere le braccia e, quindi, a toccarsi la punta delnaso con l’indice delle due mani, alternativamente. Il dito tocca l’occhio o la guancia del lato opposto, indicando unaesagerazione del movimento (dismetria o ipermetria).Prova calcagno-ginocchio: (Fig. pag. 1052 C) La stessa dismetria può essere messa in evidenza agli arti inferiori,invitando il paziente a toccarsi il ginocchio con i l calcagno del piede opposto.Prova della estensione del tronco: (Fig. pag. 1053 A, B) se si invita il soggetto ad estendere il rachide indietro, ilsoggetto sano flette contemporaneamente gli arti inferiori per non spostare il baricentro e mantenere la posizioneeretta. Il cerebellopatico non mette in atto questa accortezza, e tende a cadere all’indietro.Prove per svelare l’adiadococinesia: consiste in una serie di prove che indagano la coordinazione di movimenticomplessi, quali abbottonarsi un indumento, toccare in rapida successione con il pollice i polpastrelli delle altre ditadella stessa mano, eseguire rapidi movimenti (con entrambe le mani) di supinazione e pronazione delle stesse (Fig.pag. 1053 in basso).Prova del rimbalzo: (Fig. pag. 1054 ). Il soggetto è incapace a frenare il movimento di rimbalzo quando, invitato aflettere il suo avambraccio, bloccato dall’esaminatore, esso viene lasciato libero. Il soggetto sano è in grado di frenare,entro certi limiti, il rimbalzo dell’arto, il cerebellopatico urta il braccio con l’avambraccio.

    SINDROMI SENSITIVE MIDOLLARILa sensibilità può essere di tipo superficiale o esterocettiva (cute), profonda o propriocettiva (ossa,

    articolazioni, tendini e muscoli) ed enterocettiva (arterie e visceri)Sensibi l i tà esterocett iva.  La fig. a pag. 1055, mostra i vari tipi di esterocettori e la loro dislocazione nella

    cute: sullo strato esterno di tipo tattile e dolorifico, nello strato intermedio di tipo termico, nello strato interno di tipo

    pressorio. L’esame delle sensibilità presuppone quindi una esplorazione con metodi diversi a seconda dei recettoriesplorati. Per esplorare la sensibilità tattile si utilizzeranno oggetti morbidi (batuffolo di cotone, garza ecc), con i qualisi sfiora la superficie cutanea esplorata. Per la sensibilità termica si utilizzeranno due provette da laboratorio contenentirispettivamente acqua calda o fredda, e per la sensibilità dolorifica si utilizzerà uno spillo. Si invita il paziente a teneregli occhi chiusi ed a riferire le sensazioni provate. Vengono identificate due diverse sensibilità esterocettive, le cuiafferenze percorrono vie midollari diverse:

    una sensibilità protopatica, di tipo diffuso, non differenziato, cui afferisconole vie della sensibilità termica e dolorifica (il primo neurone termina nel corno anteriore, il secondo neurone siporta dal lato opposto del midollo, formando il fascio spino-talamico laterale)le vie della sensibilità tattile (il primo neurone termina nel corno anteriore, il secondo neurone si porta dal latoopposto del midollo formando il fascio spino-talamico anteriore)

    una sensibilità epicritica del tatto, di tipo fine, dotata di elevata capacità discriminatoria; le fibre del primoneurone risalgono i cordoni posteriori di Goll e Burdach; nel bulbo parte il secondo neurone e nel talamo il terzo.

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      Sensibi l i tà propr iocett iva.   Vi sono due tipi di sensazioni propriocettive: coscienti ed incoscienti, con viediverse di afferenza midollare. Le sensibilità propriocettive sono le seguenti:

    sensibilità pressoria. Si esplora esercitando sul polpastrello di un dito una certa pressione.Sensibilità vibratoria o pallestesica. Si esplora (Fig. pag. 1065 in alto e in basso) applicando la base di undiapason in vibrazione su una superficie cutanea sovrastante un piano osseo (sul dorso dell’alluce, sulla cresta

    tibiale, sulla rotula, sulle apofisi stiloidi del radio e dell’ulna, sulle apofisi spinose delle vertebre, ecc). E’ unaprova di funzionalità dei fasci midollari posteriori e viene utilizzata in particolare quando si teme una lesionemidollare.Sensibilità di posizione: si esplora mentre, con paziente ad occhi chiusi, si induce uno spostamento passivo di unsegmento (l’alluce, il pollice, un arto ecc) e si invita il paziente a riferire la direzione dello spostamento (Fig. pag.1065 a sinistra).Sensibilità stereognostica: ponendo in mano al paziente bendato un oggetto, lo si invita a descriverlo.Sensibilità discriminativa tattile esplora l’intervallo di due stimolazioni vicine contemporanee, attuate con uncompasso. La fig. a pag. 1066 mostra la differenza fisiologica della sensibilità discriminatoria delle diverse zone(lingua, polpastrello, regione scapolare).

    Sensibi l i tà enterocett iva . Trasportano il dolore viscerale. Poiché le vie viscerali sono comuni a quellesensitive somatiche vi è una proiezione del dolore viscerale in territori somatici (dolore riferito, fig. pag. 1061).

    Le terminologie che si utilizzano nei disturbi della sensibilità (disestesie) sono le seguenti:Iperestesia: accentuazione esagerata delle sensibilità.Parestesia: percezione alterata di tipo tattile (formicolio ecc.), termica (senso di caldo, fino al bruciore, o

    freddo), dolorifica (punture di spillo ecc.) o propriocettiva (senso di pesantezza agli arti, sensazione di camminare sulcotone, senso di costrizione al torace o all’addome ecc.)

     Anestesia, ipoestesia: perdita parziale (ipoestesia) o totale (anestesia) della sensibilità. Si distinguono vari tipi dianestesie:

    Un’anestesia totale che interessa la parte inferiore del tronco, bilateralmente, deve far pensare ad una lesionetotale del midollo di tipo trasversale (forma molto rara, soprattutto se non traumatica). L’alternativa a questa forma èuna polineurite (forma piuttosto frequente), dovuta a processi morbosi diversi (diabete, alcool, fumo, virus ecc.) ma chefrequentemente si accompagna a parestesia.

    Un’anestesia termico-dolorifica che interessi un arto inferiore, associata ad una paralisi motoria dell’artocontrolaterale con un’anestesia propriocettiva realizza la cosiddetta sindrome di Brown-Sequard da emilesionemidollare (Fig. pag, 1074).

    Un’anestesia che interessi tutto il corpo deve far pensare ad una forma isterica.Un’anestesia che interessi una piccola porzione monolaterale del corpo deve essere indagata per capire se la

    lesione è localizzata a livello della radice spinale del nervo interessato (anestesia radicolare - Fig. pag. 1072) ocolpisce un nervo lontano dalla sua emergenza spinale (anestesia tronculare). La distribuzione territoriale non è

    identica sia perché i nervi si suddividono nel loro percorso, sia perché i p