"Scritti Apolidi" – Estratto

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Julio Ramón Ribeyro Scritti apolidi Traduzione dallo spagnolo (Perù) realizzata dagli allievi della scuola di specializzazione in traduzione editoriale Tuttoeuropa, Torino Corso 2013-2014 / Lingua spagnola A cura di Gina Maneri laNuovafrontiera

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A metà strada tra l'aforisma, la riflessione filosofica e il diario Scritti apolidi è un'opera di straordinaria forza e una delle più attuali dello scrittore peruviano Julio Ramón Ribeyro.Il protagonista è l'autore stesso nelle vesti di osservatore/narratore che in ogni scena o situazione quotidiana isola con perizia un piccolo dettaglio e offre un profondo spunto su una molteplicità di temi: dalla letteratura alla memoria, all'infanzia, alla vecchiaia, all'amore, al sesso.Scritti apolidi esplora nuove forme di rappresentazione di una contemporaneità che è percepita come irrimediabilmente frammentaria. Lo stile, elegante e preciso, l'ironia e un senso di raffinata melanconia conferiscono al testo un'unitarietà capace di cogliere la condizione dell'uomo moderno in tutta la sua profondità.

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  • Julio Ramn Ribeyro

    Scritti apolidiTraduzione dallo spagnolo (Per)

    realizzata dagli allievi della scuola di specializzazionein traduzione editoriale Tuttoeuropa, Torino

    Corso 2013-2014 / Lingua spagnola

    A cura di Gina Maneri

    laNuovafrontiera

  • A lungo, senza riposo, hai vegliatosul peso di anni inutili.

    Che sia infine tutto dissolto!Ti resta la gioia disperata daver perso tutto.*

    R. Tagore

    *Rabindranath Tagore, Petali sulle ceneri, traduzione di Brunilde Neroni, Ugo Guanda Editore.

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    Nota dellAutore

    Il titolo di questo libro merita una spiegazione. Non si tratta, come qualcuno ha pensato, degli scritti di un apolide o di qualcuno che, pur non essendolo, si sente tale. Si tratta in primo luogo di testi che non hanno trovato posto nei miei libri gi pub-blicati e che vagavano tra le mie carte, senza una destinazione n una funzione precisi. In secondo luogo, si tratta di testi che non rientrano a pieno titolo in nessun genere, dato che non sono poe-mi in prosa n pagine di diario n appunti destinati a un succes-sivo utilizzo, per lo meno io non li ho scritti con questa intenzio-ne. Ecco i due motivi per cui li considero apolidi, perch non hanno un proprio territorio letterario. Li ho riuniti in questo vo-lume per salvarli dallisolamento, dotarli di uno spazio comune e permettere loro di esistere grazie alla contiguit e al numero.

    Non nascondo che quando ho preso questa decisione ave-vo in mente Lo spleen di Parigi di Baudelaire. Non per un pretenzioso spirito di emulazione, ma per la natura relativa-mente eterogenea dellinsieme e perch si tratta di un libro, come dice il poeta nella dedica, che la fois tte et queue, alternativement et rciproquement* e che di conseguenza si pu leggere dallinizio, da met o dalla fine. Inoltre, la mag-gior parte dei testi sono stati scritti a Parigi e, come nellopera dellautore dei Fiori del male, questa citt figura nominalmen-te o come scenario in molti dei frammenti.

    Parigi, 1982

    * al tempo stesso corpo e coda, alternativamente e reciprocamente. Charles Baudelaire, Opere, traduzione di Giuseppe Montesano, Mondadori.

  • I*

    * Questa prima parte comprende i frammenti inseriti nelle edizioni del 1975. La seconda, i frammenti aggiunti successivamente.

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    Quanti libri, Dio mio, e quanto poco tempo e a volte quanta poca voglia di leggerli! La mia biblioteca, dove una volta ogni libro che entrava era prima letto e digerito, si va contaminan-do di libri parassiti, che spesso vi arrivano non si sa neanche come e che per un fenomeno di attrazione e agglutinazione contribuiscono ad aumentare la montagna delle cose illeggibi-li; e fra questi libri, sperduti, quelli che ho scritto io. Non dico tra centanni, ma tra dieci, tra venti, che cosa rimarr di tutto questo? Forse solo gli autori che vengono da un tempo molto lontano, quella dozzina di classici che attraversano i secoli, spesso senza essere molto letti, per ariosi e robusti, per una specie di impulso elementare o di diritto acquisito. I libri di Camus, di Gide, che appena due decenni fa si leggevano con tanta passione, che interesse hanno ora, sebbene siano stati scritti con tanto amore e tanta sofferenza? Perch fra centan-ni si continuer a leggere Quevedo e non Jean-Paul Sartre? Perch Franois Villon e non Carlos Fuentes? Che cosa bi-sogna mettere in unopera per farla durare? Si direbbe che la gloria letteraria sia una lotteria e la sopravvivenza artistica un enigma. E nonostante questo si continua a scrivere, pubblica-re, leggere, commentare. Entrare in una libreria spavento-so e paralizzante per qualsiasi scrittore, come lanticamera delloblio: nei suoi loculi lignei, i libri si apprestano a dormire il loro sonno definitivo, spesso prima ancora di aver vissuto. Quale fu limperatore cinese che distrusse lalfabeto e tutte

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    le tracce della scrittura? Non era stato Erostrato a incendiare la biblioteca di Alessandria? Forse a restituirci il gusto per la lettura potrebbe essere la distruzione di tutto quanto stato scritto e il fatto di ripartire innocenti, allegramente da zero.

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    Viviamo in un mondo ambiguo, le parole non vogliono dire niente, le idee sono assegni scoperti, i valori mancano di valore, le persone sono impenetrabili, i fatti un groviglio di contraddi-zioni, la verit una chimera e la realt un fenomeno cos vago che difficile distinguerla dal sogno, dalla fantasia o dallallu-cinazione. Il dubbio, che segno di intelligenza, anche la tara pi nefasta del mio carattere. Mi ha permesso di vedere e di non vedere, di agire e di non agire, mi ha impedito di formarmi solide convinzioni, ha ucciso perfino la passione e alla fine mi ha dato del mondo limmagine di un vortice nel quale affogano i fantasmi dei giorni, senza lasciare nientaltro che briciole di avvenimenti insensati e un vano e immotivato gesticolare.

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    Il senso dellet relativo: si sempre giovani o vecchi ri-spetto a qualcuno. In un poema in prosa Csar Vallejo dice che, per quanto passino gli anni, non raggiunger mai let di sua madre, cosa peraltro vera. comprensibile che gli uomini di quaranta o cinquantanni continuino a sentirsi giovani, sa-pendo che ci sono ancora uomini di settanta o di ottanta. Solo quando si arriva a quellet cominciano a scarseggiare i punti di riferimento verso lalto. Gli ottuagenari si sentono in pochi, cio soli, vecchi.

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    Teoria dellerrore iniziale: nella vita di ognuno c un er-rore preliminare, apparentemente di poco conto, come una negligenza, un ragionamento sbagliato, lacquisizione di un tic o di un vizio, che a sua volta genera altri errori. Questi ultimi hanno la caratteristica di accumularsi. A tale proposito: immagine del treno che, per un errore del deviatore, prende il binario sbagliato. Sarebbe pi giusto dire per una disatten-zione del conducente della locomotiva. Ma ancora pi giu-sto sarebbe imputare lerrore al passeggero, che si sbaglia di vagone. Sta di fatto che al passeggero finiscono le provviste, nessuno lo aspetta sulla banchina, espulso dal treno, non arriva a destinazione.

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    Conoscere il corpo di una donna un compito lungo ed encomiabile quanto imparare una lingua morta. Ogni notte si aggiunge una nuova regione al nostro piacere e un nuovo se-gno al nostro gi cospicuo vocabolario. Ma rimarranno sem-pre misteri da svelare. Il corpo di una donna, qualsiasi corpo umano, per definizione infinito. Si comincia con laccesso alla mano, quellappendice pratica, strumentale del corpo, sempre scoperta, sempre pronta a darsi non importa a chi, che traffica con ogni sorta di oggetti e ha acquisito, a forza di socievolezza, un carattere quasi impersonale e anodino come quello dellamministratore o del portinaio del palazzo umano. Ma ci che si conosce per primo: ogni dito va assumendo unindividualit propria, acquisisce un nome e un cognome, e poi ogni unghia, ogni vena, ogni piega, ogni impercettibile neo. Inoltre, non soltanto la mano a conoscere la mano: an-

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    che le labbra la conoscono e allora si aggiunge un sapore, un odore, una consistenza, una temperatura, un grado di mor-bidezza o di ruvidit, una commestibilit. Ci sono mani che si divorano come lala di un uccello; altre si bloccano in gola come un eterno patibolo. E che dire del braccio, della spalla, del seno, della coscia, di? Apollinaire parla delle Sette por-te del corpo di una donna. Valutazione arbitraria. Il corpo di una donna non ha porte, come il mare.

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    La follia in molti casi non consiste nella mancanza di ra-gione, ma nel voler portare la ragione fino alle estreme con-seguenze: luomo, come ho letto in un racconto, che cerca di classificare lumanit secondo i pi svariati criteri (neri e bianchi, neri alti e bianchi bassi, neri alti magri e bianchi bas-si grassi, neri alti magri celibi e bianchi bassi grassi sposati eccetera) e si trova cos nella necessit di formulare una serie infinita; un uomo che era venuto allAgenzia a proporre qual-cosa di apparentemente molto sensato: riunire i grandi capi di Stato, il Papa, il Segretario Generale dellONU eccetera intor-no a una Paella universale dove risolvere in modo amichevole i problemi del mondo; quellaltro che era venuto a informarci di aver citato in giudizio lUnione Sovietica perch restituisse alla Spagna loro sottratto durante la Repubblica. Dal punto di vista storico e giuridico i suoi argomenti erano inattacca-bili, ma allatto pratico si trattava di un gesto da demente. La differenza tra questo tipo di follia e il senno non tanto il carattere irrazionale dellidea incriminata, quanto il fatto che quellidea contenga in s la propria impossibilit. I pazzi di questo genere lo sono perch hanno completamente isolato il loro problema dal contesto e non tengono conto di tutti gli

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    elementi di una situazione o, come si dice, di tutti gli aspetti imponderabili della questione. Per questo tale forma di follia somiglia tanto alla genialit. I geni sono questi pazzi con una qualit in pi: quella di trovare la soluzione di un problema scavalcando le difficolt intermedie.

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    Luoghi ordinari come la Questura o il Ministero del Lavo-ro sono ora i templi delfici dove si decide del nostro destino. Portinai, fattorini, vecchie impiegate con la permanente e i mezzi guanti sono le piccole divinit a cui siamo irrimediabil-mente sottomessi. Di funzionari e fallaci ci smarriscono per sempre un documento, e con esso la nostra fortuna, oppure ci vietano laccesso allunico ufficio in cui potevamo redimerci da qualche mancanza. I disegni di tali burocratiche pseudo-divinit sono imperscrutabili quanto quelli degli antichi di e, come loro, esse distribuiscono gioie e dolori senza possibilit di appello. Limpiegata delle Poste che rifiuta di consegnar-mi una raccomandata perch il mittente ha scritto male una lettera del mio cognome terribile come Minerva nellatto di disarmare un soldato troiano per lasciarlo indifeso di fronte a un greco. Uccisi dalla Ragione, gli antichi di sono rinati, mol-tiplicandosi, nelle misere divinit degli uffici pubblici. Stanno ai loro sportelli provvisti di inferriate come su altari da quat-tro soldi, in attesa della nostra adorazione.

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    Calvo, obeso, maestoso, con la sua aria di grande devozio-ne, luomo delle pulizie dellAgenzia mi d sempre limpres-