“SCIENZIATI E STUDENTI” (IX edizione) – Workshop didattico ... · dell’azione. Sullo...

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“SCIENZIATI E STUDENTI” (IX edizione) – Workshop didattico “Il cinema in breve” Cari ragazzi, partecipando a “Scienziati e Studenti” siete invitati a realizzare un cortometraggio de tre/quattro minuti. Vi aspetta quindi un compito impegnativo. Affascinante, stimolante, ma impegnativo. Sì, perché per realizzare un film, seppure breve, occorre un buon lavoro di squadra e quindi dovrete riuscire a lavorare insieme: progettare insieme e costruire insieme. Inizialmente ci saranno idee diverse e ognuno legittimamente cercherà di far valere il proprio punto di vista. Ma una volta decisa la linea da seguire per il vostro film, quella linea deve diventare la linea guida per tutta la troupe e per tutto il cast. Occorre quindi che ciascuno sappia cosa fare e abbia consapevolezza del suo ruolo all’interno del progetto. Oggi, credo, pochi di voi sappiano con assoluta certezza quale ruolo ricopriranno durante le riprese del video che dovrete realizzare, ma forse, dopo aver partecipato al workshop didattico, oggi disponete di qualche spunto in più per poter decidere con maggior criterio. E comunque il nostro consiglio è quello di darvi ciascuno dall’inizio dei compiti precisi, considerando che uno stesso ruolo può essere assegnato a due o tre persone che sappiano collaborare tra loro.

Di solito la realizzazione di un film (Produzione) si articola in quattro fasi: - La sceneggiatura (scelta della storia più idonea, sotto l’aspetto tecnico/artistici, del budget, ecc.) - La preparazione (tutto ciò che viene fatto prima delle riprese per programmare le attività sul set) - Le riprese (dal primo all’ultimo quadro girato) - La post- produzione (tutto ciò che viene fatto dopo le riprese per “confezionare” il film)

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Cominciamo quindi con il vedere i ruoli principali (trascurandone altri che sono propri delle produzioni più complesse), ruoli che potrete assegnarvi e che vi invitiamo a considerare di pari importanza e dignità. Infatti, alla fine, il prodotto che otterrete sarà il frutto del contributo artistico e tecnico di ognuno di voi che avrà partecipato alla sua concretizzazione.

Secondo il tipo di film che deciderete di girare qualche ruolo potrebbe non occorrervi, ma vi invitiamo a considerarne sempre l’utilità. Li nominiamo volutamente al plurale, poiché come abbiamo detto potranno essere ruoli ricoperti anche da due o tre persone (naturalmente potrà succedere ad alcuni di voi di ricoprire più incarichi).

Soggettisti e sceneggiatori

Si parte sempre da un’idea e questa viene espressa nel soggetto, sintetica esposizione del tema del film e di come si intende svilupparlo. L’incontro con lo scienziato vi fornirà già del materiale di base utile che voi compendierete documentandovi con l’aiuto dei vostri professori. Le nozioni che ricaverete dovranno essere trasformate e organizzate in una storia da raccontare in tre minuti. E allora dovrete decidere “come” raccontarla: si tratta di una filmato d’invenzione? È un racconto d’impianto realistico o è venato fantascienza? È ambientato ai nostri giorni, o nel futuro? Oppure nel passato? State pensando di realizzare un documentario attenendovi alle conoscenze che avete acquisito? Il canovaccio del soggetto dovrà trasformarsi quindi in una sceneggiatura. L’invito è pensare e scrivere qualcosa di coerente: se scegliete la strada dell’intervista (vera o simulata) rendetela ricca, interessante,

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non limitatevi a riempirla di numeri e citazioni ”troppo” tecniche, fate opera di divulgazione, rendete cioè l’argomento coinvolgente e suggestivo anche per i non addetti ai lavori, per chi come voi è sensibile a un certo tema e vuole saperne di più. Trovate insieme, discutendone in gruppo, la formula più calzante alle vostre esigenze espressive e sviluppatela poi nella forma più appropriata: per esempio una storia di fantasia tra personaggi che abbiano in qualche modo a che fare con l’argomento trattato, magari rivisitando un testo celebre; o, per esempio, raccontate come una conoscenza scientifica aiuti una persona o più persone a risolvere una situazione complessa che descriverete con un certo realismo. Attenzione a non essere banali: molti vostri colleghi a volte utilizzano le nozioni e i dati acquisiti per riproporli nel video in forma testuale sulle immagini, immagini spesso saccheggiate da internet: evitate questa soluzione. Se avete in mente un prodotto di questo genere, già in fase di sceneggiatura, pensate a immagini non trafugate dalla rete, bensì a immagini originali, girate da voi, che riguardino una realtà che vi appartiene e che sia coerente con i testi e i concetti che state pensando di sfruttare. Ricordate che scrivere per il cinema non è come scrivere un libro. Le immagini (e i suoni della scena) già dovrebbero “parlare” da soli. Film e documentari sono fatti anche di silenzi, oltre che di parole. A volte uno sguardo, un cenno, un’espressione triste o allegra che traspare da un volto o anche una semplice inquadratura della natura o della realtà, racconta e rivela più informazioni di un discorso lungo e monotono che a fatica riuscirebbe a comunicare le stesse impressioni, ma con meno forza. Durante il workshop avete ricevuto alcune indicazioni utili su come comporre la vostra sceneggiatura e sulle modalità d’impaginazione. Impaginazione di sceneggiatura “all’italiana” Impaginazione di sceneggiatura “all’americana”

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Addetti al casting e alle location

Si tratta di due attività molto importanti. Il casting, cioè la scelta degli attori adatti ai ruoli della nostra sceneggiatura, avviene di solito attraverso un provino. Si scelgono un paio di battute significative che quel ruolo richiederà e si fanno interpretare agli attori che si propongono per quel ruolo. Non date mai nulla per scontato e non trascurate l’idea di affidare la parte a chi inizialmente ritenevate inadatto. Le location, la scelta dei luoghi per le riprese, si compiono facendo i sopralluoghi, scattando foto e/o girando brevi filmati, anche col telefonino. Per gli esterni, prendete appunti sulle ore in cui la luce è migliore, cercate di scoprire il punto di vista migliore. Per gli interni, insieme al direttore della fotografia, valutate se, con l’aiuto di qualche luce ausiliaria, si può migliorare la luce di base. Capite quali possibilità di movimento avete e che disponibilità c’è a trasformare l’ambiente in base alle vostre necessità. Una bellissima casa, all’interno della quale non potete muovervi, non è certo consigliabile. Meglio una stanza dove, se dovete spostare un comodino, non si inquieta nessuno. Se non siete i proprietari, chiedete sempre il permesso con garbo ai titolari delle location, spiegando le ragioni delle riprese. In caso di diniego non vi disarmate: esiste sempre un’alternativa. I disegnatori e lo storyboard

Lo storyboard, in pratica, è un come un fumetto attraverso il quale possiamo definire e previsualizzare le inquadrature principali del nostro film. Di solito registi, operatori e fotografi partecipano alla sua definizione dando indicazioni agli illustratori che realizzano i disegni. Le tavole possono essere anche dei semplici “schizzi” di riferimento. A fianco delle illustrazioni c’è il testo relativo e/o la descrizione dettagliata della scena e dell’azione. Sullo storyboard si riportano anche utili informazioni da tenere a mente quando si girerà quella scena. Si può andare sul set a girare avendo solo una pallida idea di ciò che si vuol fare (alcuni road movies di Wim Wenders per esempio sono stati realizzati così, come veri e propri work in progress), ma per chi è alle prime armi e non dispone di molto tempo, per ottimizzare l’impegno e le risorse ai fini del risultato da ottenere, è preferibile arrivare alle riprese con le idee chiare. Lo storyboard è la guida più sicura per fronteggiare gli imprevisti (sul set bastano quelli che ci riserva madre natura e non serve aggiungerne altri causati dal pressapochismo).

Pensate che le grandi produzioni americane lavorano con lo storyboard e oggi anche in Italia questa buona abitudine comincia a prendere piede, almeno per le scene più impegnative e difficoltose.

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I registi e gli operatori di macchina

Regista è chi coordina le attività del cast sul set e non solo. Nel vostro caso sarebbe bene che il regista (o co-regista) fosse colui che ha avuto l’idea di base, poiché avrà in mente un concetto più chiaro del prodotto finito. Gli operatori di macchina saranno coloro che tra voi “gireranno” le riprese utilizzando la macchina da presa, attenendosi alla sceneggiatura, allo storyboard e alle indicazioni dei registi e dei direttori della fotografia. È consigliabile fare sempre un controllo del girato di una scena prima di smontare il set.

I direttori della fotografia e i macchinisti

I primi si occupano delle luci sul set e spesso sono anche operatori. Controllano la coerenza dell’illuminazione durante le riprese (se durano a lungo e si lavora in esterno, bisogna stare attenti che non ci siano cambi di luce nella stessa scena). I secondi sono responsabili dell’attrezzatura e controllano che tutto sia in ordine e funzioni, sia quando si monta il set, sia quando si gira, sia quando si smonta. I fonici e i microfonisti

Un film che si “sente bene” si “vede meglio”. È provato che un audio può migliorare la percezione qualitativa di un film anche del 15%. Questo aspetto è spesso trascurato, invece sul set il fattore audio è considerato moltissimo. Un buon girato con un audio scadente, può vanificare tutti gli sforzi compiuti durante le riprese. Qualcuno che controlli la registrazione del suono è fondamentale. È consigliabile fare sempre un check sound prima di iniziare a girare una scena e dopo averla girata, prima di smontare il set.

Gli scenografi e gli attrezzisti

Sono coloro che si occupano dell’allestimento del set. Scelgono e trovano (o costruiscono) tutto ciò che occorre alla scenografia. Dagli oggetti di scena che servono agli attori, all’oggettistica e alle decorazioni necessarie per rendere “vissuto” l’ambiente e lo spazio. Si consultano con i costumisti qualora ci siano delle indicazioni cromatiche e filologiche da seguire. Devono, cioè, rendere l’ambiente coerente con i tempi storici del girato e scegliere alcuni oggetti caratterizzanti. A volte bastano pochi elementi per cambiare l’intera scena. I costumisti e i truccatori

L’armonia o la disarmonia cromatica dei costumi, gli elementi del vestiario che possano caratterizzare alcuni personaggi, lo studio dello status sociale dei personaggi: tutto questo è compito dei costumisti, tanto più quando si tratta di film in costume veri e propri. I truccatori, possono cambiare il volto dell’attore: drammatizzarlo, invecchiarlo, abbellirlo o renderlo mostruoso. Una potenzialità espressiva grandissima ai fini del risultato finale.

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I montatori e i digital-artist (effetti e titoli)

Il grande cinema, a partire dalle avanguardie sovietiche (Pudovkin, Vertov, Ejzenštejn) ci ha insegnato che il montaggio è fondamentale per il film. Lo stesso materiale girato, montato in maniera diversa, può dare vita ad una storia del tutto differente. Attraverso il montaggio possiamo determinare: - Il ritmo della narrazione (lento, dinamico, serrato, ecc.) - Il susseguirsi dei momenti del racconto, diacronicamente ordinati o con “salti temporali”: analessi (flashback), prolessi (flashforward), ellissi, storie parallele. La realizzazione degli effetti grafici contribuiscono a creare il mood, il tono del film. Effetti cromatici (viraggi, dominanti, correzioni colore, bianco e nero) sottolineano i momenti espressivi particolari.

Anche la scelta dei titoli può arricchire notevolmente il valore estetico del film. Ci sono artisti, in campo cinematografico, che si occupano esclusivamente dei titoli dell’opera. Inoltre i titoli hanno una grande importanza, testimoniano e rendono merito a tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione del film.

I musicisti (la scelta della colonna sonora)

Alcuni film sono passati alla storia per le loro colonne sonore originali. Pensiamo ai film di Fellini o a “Il Padrino” di F. F. Coppola con le musiche di Nino Rota, oppure ai tanti brani di Ennio Morricone composti per Sergio Leone e per altri grandi film. Se tra di voi c’è qualcuno che studia la musica, che suona uno strumento, potrebbe a mettere a punto anche un semplice riff, una frase musicale. Si può ricorrere anche ai suoni campionati riproducibili con le tastiere. Bastano poche note, un giro armonico semplice, una melodia di quattro battute orecchiabili per creare una colonna originale per il vostro film. Cercate con cura il vostro brano, magari chiedete a qualche amico musicista coinvolgendolo nel progetto, spiegategli quale tipo di musica avete in mente. Se questo non è possibile, allora ricorrete a brani disponibili, ma cercate di non utilizzare brani famosissimi, cercate brani poco noti, ma calzanti, oppure canzoni di autori non affermati che però si adattano bene al film. Insomma, anche nelle vesti di musicisti, cercate di essere originali. Ricordate che la musica e i suoni possono “amplificare” le emozioni suscitate dalle immagini.

Gli attori e gli altri interpreti (intervistatori, voci narranti, ecc.)

Ne abbiamo già parlato a proposito del casting. Sia si tratti di protagonisti, sia di semplici figuranti, la cosa non cambia. Non sentitevi secondari se non ricoprite un ruolo da primo attore. Studiate bene il vostro personaggio e imparate con la giusta espressione e la corretta dizione le vostre battute. Lo stesso vale se dovete semplicemente attraversare l’inquadratura senza parlare. Tutto il corpo recita la sua parte e non è semplice camminare a comando e sembrare assolutamente spontanei. Se vi eserciterete e ci riuscirete, avrete svolto con successo il vostro compito ai fini del lavoro comune. E se è richiesta solo la vostra voce, pensate che state raccontando una parte della storia che avete contribuito a ideare. Ricordate che alcuni grandi attori-doppiatori sono diventati famosi solo per la loro voce.

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L’INQUADRATURA, I PIANI E I CAMPI

La cinematografia, come la scrittura, la pittura, la fotografia, è un sistema di segni. Questi segni rimandano alla realtà e con essa hanno molto a che fare, ma non sono la realtà vera e propria, sono delle “rappresentazioni” della realtà. Come ci ricorda Magritte nel suo celebre quadro raffigurante una pipa: «Questa non è una pipa», volendo significare che ci troviamo di fronte a un dipinto (a una rappresentazione) della pipa e non alla pipa concreta, all’oggetto in quanto tale. Anche nel caso della fotografia e del cinema, si tratta di forme di riproduzione della realtà. Nel corso dell’incontro abbiamo sottolineato la necessità di comunicare che da sempre l’uomo ha avvertito e come questo, di conseguenza, lo abbia spinto a elaborare diversi sistemi di segni. Si spiega poi come, per comprendersi reciprocamente, affinché ci sia comunicazione, ci sia bisogno di un codice comprensibile tra l’emittente (chi parla) e il ricevente (chi ascolta). Naturalmente esistono sistemi di segni più semplici, dai significati univoci (come il codice della strada) e sistemi di segni più complessi (come i diversi linguaggi dell’arte o il linguaggio della scienza). Nel caso dei linguaggi artistici, per superare una lettura impressionistica (mi piace/non mi piace) e motivare la nostra interpretazione dovremo studiare a fondo il codice espressivo, sia esso letterario, pittorico, musicale e foto/cinematografico. Per questa ragione vi introduciamo alla “lettura dell’immagine”, vi forniamo cioè l’ABC per scrivere e per leggere con più consapevolezza un’immagine. Si accenna brevemente con quali modalità e condizionamenti i nostri occhi “leggono” la realtà: quali sono stati i canoni culturali ed estetici che hanno condizionato la nostra percezione nel corso del tempo (dalla sezione aurea alle moderne teorie dell’arte); quali sono gli elementi della composizione che riescono a influenzare l’attenzione dello sguardo (le linee e i punti di forza, le quinte compositive, ecc.); quali strategie adottare per dare alla nostra immagine stabilità o dinamismo (le diagonali, i vettori, ecc). Naturalmente, parlando di cinema, per consentirvi di adoperare una terminologia più consapevole e pertinente, spieghiamo perché scegliere un’inquadratura piuttosto che un’altra e in cosa differisce, per esempio, un primo piano da un campo lungo. E capiamo meglio perché non tutte le inquadrature sono uguali, perché una persona ripresa da vicino debba raccontarci di più rispetto a un’altra inquadrata da lontano. Scopriamo che vi sono una serie CAMPI e PIANI codificati in ambito cinematografico. Attraverso la modellazione dello spazio, si rivelano più o meno adatti per comunicare sensazioni paragonabili all’esperienza reale. Li ripercorriamo brevemente:

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Campo Lunghissimo (CLL): quando la figura umana si perde nel paesaggio circostante che prevale. Serve a descrivere spazi ampi, a rappresentare scene di battagli epocali, a far sentire il peso della vastità dell’ambiente sull’uomo, il suo isolamento nel contesto talmente ampio da divenire opprimente.

Campo Lungo (CL):

la telecamera mostra una porzione di location molto ampia intorno all'attore. È abbastanza simile al CLL, ma meno dispersivo. Riusciamo ancora a percepire i movimenti e le funzioni dei personaggi. Anzi le azioni di ciascun attore in scena, non solo dei protagonisti, assume grande importanza espressiva e compositiva. Ognuno che partecipa all’inquadratura è tenuto a fare qualcosa in funzione dell’economia della scena che stiamo girando.

Campo Medio (CM):

è visibile la figura umana posta in una ambientazione visibile e riconoscibile. Il corpo dell’attore inizia a diventare protagonista. È utile quando il rapporto tra i personaggi non è così stretto, o è di conflitto, o comunque di pari importanza rispetto al contesto, ha spesso una funzione descrittiva alternandosi a piani più stretti.

Totale (TOT) o Figura Intera (FI): la persona è al centro dell'inquadratura, dalla testa ai piedi. Una stanza, o lo spazio scenico deputato alla ripresa, si vede integralmente. Si usa quando il campo che il regista individua, non vuole essere così specifico, ma semplicemente ”completo”.

Piano Americano (PA): nato ad Hollywood nell’epopea del western, veniva usato per far vedere il cinturone e la pistola del cow-boy, inquadrandolo sopra al ginocchio. Andato in disuso negli anni più recenti perché ritenuto poco adatto alla psicologia di oggi, è stato rivalutato con l’affermazione del nuovo filone fantascientifico.

Piano Medio (PM): ritrae la figura dalla vita a tutta la testa. Ci dice che in quel momento c’è un rapporto (fisico o psicologico) stretto tra i personaggi. Può esserci anche formalità, non necessariamente confidenza, ma la relazione in atto racconta qualcosa di importante ai fini della nostra storia. Le espressioni del viso assumono da questo campo in poi un’importanza decisiva.

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Mezzo Primo Piano (MPP): è una sorta di PP allargato all’altezza del petto. Lascia percepire, rispetto al PP una porzione di contesto più riconoscibile.

Primo Piano (PP):

vediamo il viso completo ed il collo della persona. È utile per concentrare lo sguardo dello spettatore solo sul personaggio ripreso, a scapito di tutto il resto. Da ogni minimo movimento, espressione, smorfia, tic, sappiamo qualcosa di importante su di lui pensa. Ci riporta all’esperienza reale di quando siamo concentrati su una persona, come se non vedessimo altro.

Primissimo Piano (PPP): è in quadro solo il volto o parte del volto. Percepiamo tutti i movimenti facciali. Può funzionare per creare grande pathos col personaggio, o per sconvolgere lo spettatore con un volto che è portatore di qualche contenuto rilevante.

Particolare del corpo (PART) o Dettaglio di oggetti (DETT): inquadra una parte molto ristretta e quindi ravvicinata, come una porzione di volto, il petalo di un fiore, il titolo di un giornale. Può anche mettere in evidenza qualcosa di apparentemente minore, ma che si rivelerà decisivo ai fini del racconto, qualcosa che potrebbe sfuggire perfino ai protagonisti.

CAMPO E CONTROCAMPO

Il campo-controcampo è una tecnica utilizzata durante la fase di montaggio di un film, articolata in due distinte inquadrature speculari. Si tratta di un espediente molto usato nel linguaggio del cinema. Di solito viene usato nei dialoghi e mostra il primo e il secondo soggetto, alternativamente: al botta e risposta corrispondono le inquadrature dell'uno o dell'altro. Il punto di vista può essere soggettivo (come se vedessimo con gli occhi del personaggio) o semi-soggettivo (con la macchina da presa posta in un punto dietro uno dei due personaggi in modo da vederli entrambi). Nel workshop vi è stata spiegata la norma che abitualmente regola questa modalità narrativa, la cosiddetta “regola dei 180 gradi”, naturalmente con le dovute eccezioni.

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LA RIPRESA “SOGGETTIVA” e “SEMISOGGETTIVA”

Una parte del workshop è stata dedicata alle varie tecniche di ripresa. Abbiamo esaminato: la ripresa soggettiva, che consente allo spettatore di calarsi nei panni di un personaggio, permettendogli di vedere le cose con i suoi occhi: appunto, in soggettiva; la semi-soggettiva o «visione con», in cui non vediamo esattamente dagli occhi del personaggio, cioé gli siamo molto vicini, ma con una prospettiva leggermente diversa (vediamo, per esempio una parte del corpo del personaggio); la ripresa zenitale, con la macchina che inquadra la scena dall’alto, perpendicolarmente al piano terrestre ; i piani d’ascolto, cioè mostrare non il personaggio che parla, ma i personaggi che ascoltano, per rivelare l’impatto che le parole hanno su di loro; la voice off (screen), cioè la voce di un personaggio che non vediamo, che rimane fuori campo; la voice over, la voce del narratore che ci illustra la vicenda; la voce pensiero, il personaggio tiene la bocca chiusa, ma la sua mente ci parla delle sue sensazioni, il piano sequenza, dove il tempo del cinema coincide con la durata del tempo reale, cioè la macchina da presa riprende un’intera scena senza interruzioni e cosi rimane nel film, senza stacchi di montaggio. I PRINCIPALI MOVIMENTI DI MACCHINA

Alle origini della storia del cinema, la macchina da presa era rigidamente fissa, bloccata, davanti a una scena, quasi a simulare il punto di vista dello spettatore ideale di una rappresentazione teatrale. Pensate che i primi movimenti di macchina si ottennero spostando l’intera scena, montata su una piattaforma con le ruote, avvicinandola alla MdP che restava comunque immobile. Oggi i Movimenti di macchina sono molto studiati e risultano funzionali al racconto, a volte perfino esageratamente dinamici, pensiamo all’uso dei set virtuali, ottenuti con la modellazione 3D di ambienti e personaggi “sintetici”, digitali, proprio come in un video gioco. I movimenti della macchina non sono casuali e hanno di solito un significato, armonizzandosi sulla scena con i movimenti dei personaggi e sottolineandone la condizione psicologica. Nel DVD si analizzano: LA PANORAMICA Descrittiva o “a seguire” Orizzontale (Pan) Verticale (Tilt) Diagonale “Schiaffo”

LA CARRELLATA O DOLLY (Travelling) Su binario o a mano La steady-cam La camera-car LO ZOOM (Movimento ottico) Zoom-in Zoom-out

I movimenti di macchina vanno eseguiti con un movimento “armonico”: partenza lenta e morbida, movimento più rapido nella parte centrale, di nuovo rallentato fino allo stato di fermo in arrivo. Le incertezze e soprattutto i ripensamenti li rendono fastidiosi e controproducenti.

Bene Ragazzi! Avete puntualizzato i concetti del workshop? Avete ascoltato con attenzione quello che lo scienziato e i vostri docenti vi hanno detto? Avete elaborato l’idea di base per il vostro capolavoro? Allora siete pronti per il set: AZIONE!