Scienza e arte nelle bolle di sapone -...

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Abbi divertimento sulla terra e sul mare, infelice è il diventare famoso! Ricchezze, onori, false illusioni di questo mondo, tutto non è che bolle di sapone. 1 9 dicembre 1992 il fisico francese Pierre-Gilles de Gennes, professo- ,. re al Collège de France, dopo il conferimento del premio Nobel per la fisica concludeva la sua conferen- za a Stoccolma con questa poesia, aggiungendo che nessuna conclusione gli sembrava più appropriata. La poesia compare come chiosa di una incisione del 1758 di J. Daullè dall'opera, andata perduta, di Francois Boucher La souf- fleuse de savon. De Gennes non voleva alludere ai significati allegorici che per molti secoli hanno avuto le bolle di sa- pone: simbolo della vanità, della fragilità delle ambizioni umane, st, della vita stessa. Le bolle di sa- pone erano uno degli argomen- ti della sua relazione, che era tutta dedicata alla soft matter; le bolle di sapone che, come scrive, «sono la delizia dei no- stri bambini». Una riproduzio- ne dell'incisione compare a il- lustrare l'articolo che proprio con il titolo Soft matter fu pub- blicato su «Science», nel numero del 24 aprile 1992. Ma è giustificato un tale interes- se per questi oggetti belli, colora- ti ma fragili, eterei, un soffio e nulla più? Ebbene, le bolle di sapone sono uno degli argomenti più interessanti per molti settori della ricerca scientifica: dalla matematica alla chimica, dalla fi- sica alla biologia. Ma non solo: anche per l'architettura e per l'arte, per non parlare del design e persino della pub- blicità. Una storia che inizia molti se- coli fa e che continua tuttora. ARTE E SCIENZA: UNA STORIA PARALLELA abbastanza naturale che tra i primi a essere attratti dalle iridescenti lamine saponate siano stati gli artisti, i pittori in particolare. Mentre per i matematici le bolle di sapone sono modelli di una geometria delle forme molto stabili, per gli artisti, per la maggior parte di colo- La souffieuse de savon, incisione di J. Daullè (1758) da un'opera perduta di Francois Boucher. ro che se ne sono occupati, le bolle di sapone sono state oggetto di interesse non tanto per il loro aspetto ludico quanto come simbolo, come allegoria della caducità delle cose umane, della vita stessa. Simbolo aereo e leggerissi- mo, sempre affascinante per la infinita varietà di colori e di forme. È interessante notare che, pur se molti fenomeni legati alla tensione su- perficiale, come la formazione delle bolle di sapone, erano stati osservati fin dai tempi più antichi, la sistematica sperimentazione per spiegarne l'ori- gine ha inizio solo nella seconda metà del XVII secolo. Anche per gli artisti è questo il secolo in cui si manifesta il maggiore interesse per le bolle di sapo- ne: l'utilizzazione della bolla diviene una costante all'interno del più va- sto tema della fragilità umana, te- ma per illustrare il quale vennero utilizzati, tra gli altri simboli, il teschio e il fumo. Una serie di incisioni rea- lizzate da Hendrik Goltzius (1558-1617) è ritenuta l'ini- zio della fortuna delle bolle nell'arte olandese del XVI e XVII secolo. La più nota di queste si intitola Quis evadet (Chi sfugge) ed è datata 1594. Una delle opere più famo- se, ricordata nei suoi scritti an- che da de Gennes, fu realizzata nella prima parte del Settecento da Jean Baptiste Siméon Chardin (1699-1779), in svariate versioni, dal titolo Les bulles de savon. Si trat- ta di un quadro di rara bellezza e sug- gestione. Le bolle di sapone interessano Chardin perché lo interessano gli ado- lescenti, il loro mondo, i loro giochi. Del resto è molto probabile che a quel tempo il gioco delle bolle fosse diffu- sissimo tra i bambini e i ragazzi. Scienza e arte nelle bolle di sapone Altro che gioco da bambini: lo studio delle bolle di sapone ha appassionato fisici e matematici e ha consentito agli artisti di realizzare forme dalle insolite proprietà di Michele Emmer 40 LE SCIENZE n. 356, aprile 1998 LE SCIENZE n. 356, aprile 1998 41

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Abbi divertimento sulla terra e sulmare,

infelice è il diventare famoso!Ricchezze, onori, false illusioni di

questo mondo,tutto non è che bolle di sapone.

1 9 dicembre 1992 il fisico francesePierre-Gilles de Gennes, professo-

,. re al Collège de France, dopo ilconferimento del premio Nobel perla fisica concludeva la sua conferen-za a Stoccolma con questa poesia,aggiungendo che nessuna conclusionegli sembrava più appropriata. La poesiacompare come chiosa di una incisionedel 1758 di J. Daullè dall'opera, andataperduta, di Francois Boucher La souf-fleuse de savon.

De Gennes non voleva alludere aisignificati allegorici che per moltisecoli hanno avuto le bolle di sa-pone: simbolo della vanità, dellafragilità delle ambizioni umane, st,della vita stessa. Le bolle di sa-pone erano uno degli argomen-ti della sua relazione, che eratutta dedicata alla soft matter;le bolle di sapone che, comescrive, «sono la delizia dei no-stri bambini». Una riproduzio-ne dell'incisione compare a il-lustrare l'articolo che propriocon il titolo Soft matter fu pub-blicato su «Science», nel numerodel 24 aprile 1992.

Ma è giustificato un tale interes-se per questi oggetti belli, colora-ti ma fragili, eterei, un soffio e nullapiù? Ebbene, le bolle di sapone sonouno degli argomenti più interessanti permolti settori della ricerca scientifica:dalla matematica alla chimica, dalla fi-sica alla biologia. Ma non solo: ancheper l'architettura e per l'arte, per nonparlare del design e persino della pub-

blicità. Una storia che inizia molti se-coli fa e che continua tuttora.

ARTE E SCIENZA:UNA STORIA PARALLELA

abbastanza naturale che tra i primia essere attratti dalle iridescenti laminesaponate siano stati gli artisti, i pittoriin particolare. Mentre per i matematicile bolle di sapone sono modelli di unageometria delle forme molto stabili, pergli artisti, per la maggior parte di colo-

La souffieuse de savon, incisione di J.Daullè (1758) da un'opera perduta diFrancois Boucher.

ro che se ne sono occupati, le bolle disapone sono state oggetto di interessenon tanto per il loro aspetto ludicoquanto come simbolo, come allegoriadella caducità delle cose umane, dellavita stessa. Simbolo aereo e leggerissi-mo, sempre affascinante per la infinitavarietà di colori e di forme.

È interessante notare che, pur semolti fenomeni legati alla tensione su-perficiale, come la formazione dellebolle di sapone, erano stati osservati findai tempi più antichi, la sistematicasperimentazione per spiegarne l'ori-gine ha inizio solo nella seconda metàdel XVII secolo. Anche per gli artisti èquesto il secolo in cui si manifesta ilmaggiore interesse per le bolle di sapo-

ne: l'utilizzazione della bolla divieneuna costante all'interno del più va-

sto tema della fragilità umana, te-ma per illustrare il quale venneroutilizzati, tra gli altri simboli, ilteschio e il fumo.

Una serie di incisioni rea-lizzate da Hendrik Goltzius(1558-1617) è ritenuta l'ini-zio della fortuna delle bollenell'arte olandese del XVI eXVII secolo. La più nota diqueste si intitola Quis evadet(Chi sfugge) ed è datata 1594.

Una delle opere più famo-se, ricordata nei suoi scritti an-

che da de Gennes, fu realizzatanella prima parte del Settecento

da Jean Baptiste Siméon Chardin(1699-1779), in svariate versioni,

dal titolo Les bulles de savon. Si trat-ta di un quadro di rara bellezza e sug-gestione. Le bolle di sapone interessanoChardin perché lo interessano gli ado-lescenti, il loro mondo, i loro giochi.Del resto è molto probabile che a queltempo il gioco delle bolle fosse diffu-sissimo tra i bambini e i ragazzi.

Scienza e artenelle bolle di sapone

Altro che gioco da bambini: lo studio delle bolle di saponeha appassionato fisici e matematici e ha consentito

agli artisti di realizzare forme dalle insolite proprietà

di Michele Emmer

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Quando due bolle di sapone si uniscono come nella simulazione qui sopra,producono una doppia bolla standard consistente di due porzioni di sferae di una superficie di separazione, che è piatta se le bolle contengonovolumi d'aria eguali. A destra, configurazione non standard di due bolle,l'una a forma di nocciolina e l'altra di ciambella, la cui area della superfi-cie complessiva esterna è maggiore della configurazione standard.

Due fotografie eseguite nel 1979 da Bradley R. Miller, artista statunitense che damolti anni lavora con bolle e lamine di sapone: Soap Film (in alto) e Soap Bubbles.

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Joseph A. E. Plateau scoprì che le lamine di sapone possonoincontrarsi solo in due modi: o tre superfici che si incontranolungo una linea, o sei superfici che danno luogo a quattrocurve che si incontrano in un vertice. Gli angoli di intersezio-

ne delle superfici lungo una linea o delle superfici delle curvedi intersezione in un vertice sono sempre eguali, nel caso asinistra a 120 0 , in quello a destra a 109° 28'. Le immaginisono fotogrammi del film Soap Bubbles di Michele Emmen

GLI SCIENZIATI SCOPRONOLE BOLLE DI SAPONE

Nel 1672 lo scienziato inglese Ro-bert Hook presenta alla Royal Societyuna nota, riportata da Birch nella Hi-story of the Royal Society del 1756.Scrive Hook che «con una soluzione disapone vennero soffiate numerose pic-cole bolle mediante un tubicino di ve-tro. Si poté osservare facilmente che,all'inizio dell'insufflazione di ciascu-na di esse, la lamina liquida sferica cheimprigionava un globo d'aria era bian-ca e limpida, senza la minima colora-

zione; ma dopo un poco, mentre la la-mina si andava gradualmente assotti-gliando, si videro comparire sulla suasuperficie tutte le varietà di colori chesi possono osservare nell'arcobaleno».

Se Hook è tra i primi ad attirare l'at-tenzione degli scienziati sul problemadella formazione dei colori sulle laminesottili sia liquide sia di vetro, è IsaacNewton in Opticks, la cui prima edi-zione è del 1704, a descrivere in detta-glio i fenomeni che si osservano sullasuperficie delle lamine saponate. Nelvolume secondo, Newton descrive lesue osservazioni sulle bolle di sapone:

forniscano un modello sperimentale perproblemi di matematica e fisica, inse-rendosi così a pieno titolo in quel setto-re della matematica che si chiama cal-colo delle variazioni.

LA REGINA DIDONEE IL MATEMATICO CIECO

Uno dei problemi più importanti dicui le lamine di sapone forniscono unmodello sperimentale di soluzione èchiamato problema di Plateau, dal no-me di un fisico belga di cui si riparleràin seguito. Per illustrare il problema imatematici fanno ricorso a un esempiomolto antico tratto dall'Eneide di Vir-gilio. La leggenda a cui allude Virgilioè quella secondo cui Didone, arrivata inAfrica, chiese al potente Iarba, re deiGetuli, un tratto di terra per potervicostruire una città. Il re, non volendo-gliela concedere, le assegnò in segnodi scherno tanta terra quanta ne potesse

circondare con la pelle di un bue. L'a-stuta Didone tagliò la pelle in striscesottilissime e si vide assegnata tutta laterra, affacciata sul mare, che poté cir-condare con le striscioline legate l'unaall'altra: così costruì Cartagine.

Se non si è mai sentito parlare di cal-colo delle variazioni e di superfici mi-nime, ci si può chiedere che relazioneci sia tra Didone, la fondazione di Car-tagine e il problema di Plateau. La pro-prietà di cui si sta parlando è nota conil nome di proprietà isoperimetrica: aparità di lunghezza di perimetro ester-no, se si vuole racchiudere la maggio-re area possibile all'interno, quale figu-ra piana bisogna scegliere come contor-

no? La risposta è la circonferenza, chetra le figure piane possiede appunto laproprietà isoperimetrica.

Tornando al problema della fonda-zione di Cartagine, la soluzione trovatada Didone potrebbe essere stata quelladi costruire con le striscioline di pel-le di bue una circonferenza; in tal mo-do avrebbe ottenuto con la lunghez-za delle striscioline la più ampia esten-sione di territorio all'interno. In TheWorld of Mathematics di J. R. Newman(Simon e Schuster, New York, 1956),una vera e propria enciclopedia del sa-pere matematico, un capitolo è dedicatoalla regina Didone, alle bolle di saponee a un matematico cieco, Plateau. Vi si

legge che «diversi fenomeni naturalipresentano quello che viene chiamatoprincipio di minimo. Il principio si ma-nifesta quando una quantità di ener-gia impiegata nel portare a termine unadata azione è la minima richiesta per ilsuo svolgersi, quando la traiettoria diuna particella o di un'onda che si muo-ve da un punto a un altro è la più bre-ve possibile, quando un movimento ècompiuto nel più breve tempo possibilee così via. La proprietà di minimo eil suo inverso, la proprietà di massi-mo, trovano espressione in alcune sem-plici proposizioni di geometria, sugge-rite dall'esperienza pratica, come quel-la che un segmento è la distanza più

«Oss. 17. Se si forma una bolla condell'acqua resa prima più viscosa scio-gliendovi un poco di sapone, è moltofacile osservare che dopo un po' sullasua superficie apparirà una grande va-rietà di colori. Per impedire che le bollevengano agitate troppo dall'aria esterna(con il risultato che i colori si mescole-rebbero irregolarmente impedendo unaaccurata osservazione), immediatamen-te dopo averne formata una, la coprivocon un vetro trasparente, e in questomodo i suoi colori si disponevano se-condo un ordine molto regolare, cometanti anelli concentrici a partire dallaparte alta della bolla. Via via che labolla diventava più sottile per la conti-nua diminuzione dell'acqua contenuta,tali anelli si dilatavano lentamente e ri-coprivano tutta la bolla, scendendo ver-so la parte bassa ove infine sparivano».

Il fenomeno che Newton aveva os-servato è noto con il nome di interfe-renza: avviene quando lo spessore del-le lamine è paragonabile alla lunghezzad'onda della luce visibile. Il motivo stanel fatto che nel liquido saponato i di-versi colori che compongono la lucesolare si muovono con velocità diffe-renti. Si può eseguire un facile esperi-mento con un telaio rettangolare cheviene estratto verticalmente da una so-luzione saponata; la luce riflessa dal-la lamina produce un sistema di fran-ge orizzontali, dovute essenzialmenteal fatto che la lamina saponata ha laforma di un cuneo costituito dalle duefacce non parallele della lamina stessa.Per gli scienziati del XVIII secolo nonera tuttavia affatto chiaro il legame trale lamine saponate e alcuni fenomeninaturali che seguono schemi di massi-mo e di minimo; è solo nel XIX secoloche si capirà come le lamine saponate

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Agglomerato di bolle di sapone, computer graphics eseguita nel 1990 da F. Almgren e J. Sullivan.

breve tra due punti nel piano, o che, ditutte le curve chiuse di eguale lunghez-za, la circonferenza racchiude l'areamaggiore. Molte di queste proprietà diper sé evidenti, erano note anche agliantichi».

È possibile verificare che la soluzio-ne di Didone era corretta. Si prende unfilo metallico in forma di circonferen-za e lo si immerge nell'acqua saponata,quindi lo si estrae: al filo metallico restaattaccata una lamina saponata in formadi cerchio che risolve il problema.

Che la matematica sia al serviziodella scienza è un luogo comune, maciò che di solito viene compreso me-no è che gli esperimenti talvolta sti-molano l'immaginazione matematica,aiutano nella formulazione di concettie indicano direzioni privilegiate aglistudi matematici. Anche esperimentivirtuali, naturalmente realizzati con ilcomputer. In alcuni casi un e-sperimento (reale o virtuale) èl'unico mezzo per determina-re se esiste una soluzione auno specifico problema; mol-to complicato è a volte riu-scire a dare una rigorosa di-mostrazione matematica del-la correttezza della soluzionetrovata sperimentalmente. Ilproblema che in matematicaporta il nome di Plateau con-siste nel considerare una cur-va qualsiasi nello spazio ecercare di trovare la superfi-cie che ha quella curva comebordo e ha la minore areapossibile. Se si riesce a co-struire un modello tridimen-sionale della curva, lo si im-merge nell'acqua saponata elo si ritira fuori, si ottiene inmoltissimi casi una superficiesaponosa che è la soluzionesperimentale del problema.

Se per il fisico può esseresufficiente avere una dimostrazione diquesto tipo, per il matematico è essen-ziale dare una dimostrazione rigorosadell'esistenza della soluzione, cercandodi fare in modo, se possibile, che sia inaccordo con le esperienze fisiche. Èchiaro che se si arriva a dimostrare l'esi-stenza della soluzione con un metodoabbastanza generale, si otterranno solu-zioni per problemi analoghi anche nelcaso di curve molto complesse, per lequali è impossibile costruire un modelloe simulare quindi il comportamento tra-mite le lamine di sapone. La soluzionematematica generale del problema diPlateau era difficile da ottenere.

Joseph Antoine Ferdinand Plateau(1801-1883) inizia la propria carrierascientifica nel campo dell'ottica. Nel1829, nel corso di un esperimento, e-

Sopra, Soapy Hypercube, fotografia diM. Emmer ed E. Bisignani (1986); sotto,telaio tetraedrico di M. Emmer ed E.Bisignani, fotogramma del film SoapBubbles di Michele Emmer.

spone troppo a lungo gli occhi alla lucedel Sole, che gli causa danni irreversibi-li alla vista. Dal 1843 è completamentecieco. È in questi anni che inizia a inte-ressarsi alla natura delle forze moleco-lari presenti nei fluidi, arrivando a sco-prire le forme che assumono le laminedi sapone contenute in particolari inte-laiature metalliche immerse nell'acquasaponata. Nel 1873 pubblica il risultatodi quindici anni di ricerche nei due vo-lumi del trattato Statique expérimentaleet théorique des liquides soli/1ns auxseules forces moléculaires.

LA SOLUZIONEDEL PROBI,EMA DI Pt ATE A t

Plateau stesso enuncia il principiogenerale che è alla base del suo lavoro;

tale principio permette di realizzare tut-te le superfici di curvatura media nul-la e le superfici minime, di cui si co-noscono o le equazioni o la generatricegeometrica.

Si tratta di tracciare un contornochiuso qualsiasi con le sole condizioniche esso circoscriva una porzione limi-tata della superficie e che sia compati-bile con la superficie stessa; se si co-struisce un filo di ferro identico al con-torno in questione, lo si immerge inte-ramente nel liquido saponoso e lo siestrae, si ottiene un insieme di lami-ne saponate che rappresenta la porzio-ne di superficie in esame. Plateau nonpuò fare a meno di notare che que-ste superfici si realizzano «quasi per in-cantesimo». Per prima cosa Plateau sioccupa della forma che si ottiene quan-do si soffia con una cannuccia in un li-quido saponoso.

Come tutti sanno non si ot-tengono bolle di sapone sferi-che, staccate le une dalle al-tre, ma un sistema di super-fici saponose, nessuna dellequali è perfettamente sferica.Si formano lamine, più o me-no piatte, che separano tra lo-ro le diverse bolle. Si consi-derino due bolle di saponeche vengono soffiate insieme;se in entrambe è contenuto lostesso volume di aria si otterràuna struttura come nell'illu-strazione in alto a sinistra apagina 43.

Si possono poi aggiunge-re altre bolle e costruire cosìun agglomerato molto com-plesso. La dimostrazione che,

Eper due bolle di eguale volu-me, si ottiene l'illustrazione disinistra fra le due citate erauna congettura da dimostraredal punto di vista matema-tico. La dimostrazione, otte-

nuta utilizzando in modo essenziale ilcalcolatore, è stata annunciata da JoelHass, dell'Università della California aDavis, e da Roger Schlafly, presiden-te della Real Software Society, il 6 ago-sto 1995 durante il Math festival diBurlington, negli Stati Uniti, nella se-zione dedicata alla «Geometria dellebolle di sapone».

Come racconta Franck Morgan - au-tore di un libro sulla matematica dellelamine di sapone - l'idea venne ai duementre erano in kayak sull'AmericanRiver, nel nord della California. L'arti-colo di Ivar Peterson che annunciava ladimostrazione su «Science News » (n.148, 12 agosto 1995) aveva come tito-lo: Toil and Trouble over Double Bub-bles (Problemi e guai riguardo alle dop-pie bolle) e faceva riferimento a un

paio di versi di Shakespeare nel Mac-beth (Atto 4, scena 1). Immagini moltointeressanti di doppie bolle sono stateottenute da John Sullivan presso ilGeometry Center dell'Università delMinnesota a Minneapolis. Oltre alla so-luzione standard, si possono con ilcomputer ottenere soluzioni non otteni-bili con il liquido saponoso. Ecco allo-ra una double bubble che Morgan chia-ma non standard. Si può dimostrare chequeste due bolle, l'una a forma di noc-ciolina e l'altra a forma di ciambella(o toro in matematica) non hanno egua-le volume e la loro area superficialeè maggiore di quella standard (si ve-

da l'illustrazione a pagina 43 in alto adestra).

Soffiando con delle pipette nel liqui-do saponoso, ci si accorge che, quantopiù si soffia, tanto più complesso di-venta l'agglomerato di lamine; si po-trebbe pensare che conseguenza di que-sto fatto sia che il modo in cui le di-verse lamine si incontrano possa da-re luogo a infinite configurazioni. Ed èqui la grande scoperta di Plateau, a pri-ma vista incredibile: comunque elevatosia il numero di lamine di sapone chevengono a contatto tra loro, non vi pos-sono essere altro che due tipi di confi-gurazioni. Più precisamente, le tre re-

gole sperimentali che Plateau scopre aproposito delle lamine saponate sonoche: 1) un sistema di bolle o un sistemadi lamine attaccate a un supporto in filodi ferro è costituito da superfici piane ocurve che si intersecano tra loro secon-do linee con curvatura molto regolare;2) le superfici possono incontrarsi soloin due modi: o tre superfici che si in-contrano lungo una linea, o sei superfi-ci che danno luogo a quattro curve chesi incontrano in un vertice; 3) gli ango-li di intersezione delle superfici lungouna linea o delle superfici delle curvedi intersezione in un vertice sono sem-pre eguali, nel primo caso pari a 1200,

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Scultura virtuale tipo marmo di superficie minima a forma di toroidedetta di Scherk-Collins, computer graphics di C. Séquin, 1996.

A sinistra, telaio dodecaedrico, dal film Soap Bubbles; sopra,Superficie minima completa immersa di genere topologico 1,computer graphics a partire dalle equazioni di C. Costa (1985).

nel secondo a 109° 28' (si veda l'illu-strazione a pagina 43 in basso).

Plateau utilizza le regole da lui sco-perte per dare forma a un gran nume-ro di strutture di acqua saponata. Aquesto scopo è sufficiente costruire te-laietti di ferro e immergerli nel sapone.Una volta estratti, si ottiene per ognitelaietto un sistema di lamine che è laverifica sperimentale del problema diPlateau per quel telaietto. Uno dei pri-mi telaietti che Plateau considera è informa di scheletro cubico. Le lami-ne, una volta immerso ed estratto il te-laio, raggiungono la forma stabile inpochi istanti.

Il sistema di lamine che si ottiene ri-spetta le regole degli angoli; oltre aciò, le lamine vanno a incontrarsi alcentro in una lamina di forma quadra-ta, lamina che risulta sempre dispostaparallelamente a una delle facce del te-laio cubico. Se poi si reimmerge il te-laietto nell'acqua saponata, lo si estraenon completamente dal sapone, in mo-do tale che le lamine catturino un pic-colo volume d'aria, e quindi si estraedel tutto il telaietto, la bolla d'aria cat-turata si sistema immediatamente, perragioni di simmetria, al centro dellastruttura laminare (si veda l'illustrazio-ne a pagina 44 in alto); si ottiene cosìun cubo le cui facce di acqua saponatasono collegate tramite altre lamine altelaio cubico. Il cubo posto al centroha le facce leggermente convesse perrispettare le regole sugli angoli. Nelcaso di un telaio tetraedrico, se si ripe-te l'operazione, si ottiene un sistemaanalogo (si veda l'illustrazione a pagi-na 44 in basso). Uno dei risultati piùaffascinanti è quello che si ottienequando il telaio esterno ha forma didodecaedro (si veda l'illustrazione quisotto a sinistra).

IL COMPUTER SOSTITUISCEL'ACQUA SAPONATA

Plateau, con i suoi esperimenti, ave-va posto ai matematici due problemi:quello che è noto come problema diPlateau e l'altro sulla geometria dellelamine di sapone. Il primo a porsi ilproblema di trovare la superficie diarea minima delimitata da un contornochiuso era stato, nel XVIII secolo, Eu-lero. Data di nascita ufficiale della teo-ria delle superfici minime è considera-ta il 1761, anno in cui viene pubblicatoil lavoro di Lagrange Traité de mécani-que celeste: supplément au livre X.

Per molto tempo l'unica soluzione e-splicita al problema di Plateau fu quellaottenuta da Schwarz per un contornoquadrilatero sghembo. È nel 1931 cheil matematico J. Douglas pubblica unlavoro dal titolo Solution of the Pro-blem of Plateau. Negli stessi anni ilmatematico ungherese Tibor Radó pub-blicava due lavori, On Plateau's Pro-blem e The Problem of Least Area andthe Problem of Plateau, cui seguiva nel1933 il volume On the Problem of Pla-teau, in cui si faceva il punto sulle ri-cerche nel settore. Per i suoi lavori sul-le superfici minime, Douglas ottennenel 1936 la medaglia Fields, il più altoriconoscimento per un matematico, cheviene assegnata ogni quattro anni in oc-casione del Congresso mondiale di ma-tematica. Come è noto, non esiste ilpremio Nobel per la matematica. Po-teva sembrare che i lavori di Radó eDouglas e poi di Courant avesserochiuso, alla fine degli anni quaranta, ildiscorso sul problema di Plateau. Re-stavano in realtà molte questioni apertedagli esperimenti di Plateau. In partico-lare rimanevano aperte le questioni le-gate alla formazione di spigoli liquidi

(di singolarità) nelle superfici sapono-se, come si ottengono per esempio im-mergendo il telaio cubico nel sapone.

È all'inizio degli anni sessanta cheviene introdotto un approccio comple-tamente nuovo al problema di Plateauda parte di Ennio De Giorgi e di E. R.Reifenberg. L'idea era quella di ge-neralizzare il concetto di superficie, diarea, e di contorno per arrivare a otte-nere una soluzione generale del proble-ma di Plateau. Il metodo usato era quel-lo del calcolo delle variazioni, vale adire cercare all'interno delle superficiconsiderate quelle che minimizzavanol'energia del sistema, nel caso specificodell'area. Utilizzando i metodi diversi eindipendenti di Reifenberg e De Giorgiil problema di Plateau poteva dirsi ri-solto nella sua generalità. Restava ilproblema dello studio delle spigolosità(delle singolarità), che venne affrontatoe risolto da diversi studiosi, tra i qualiMario Miranda, Enrico Giusti ed Enri-co Bombieri in Italia e Federer, Fle-ming e Fred Almgren negli Stati Uniti.Enrico Bombieri nel 1974 otteneva lamedaglia Fields anche per i suoi contri-buti alla teoria delle superfici minime.

Restava un'altra questione: la geo-metria delle lamine di sapone così co-me erano state scoperte sperimental-mente da Plateau. Le leggi di Plateauerano corrette; era possibile dimostrareche lo erano anche i modelli che avevatrovato per diversi contorni? In uno deilavori di matematica più noti di questiultimi vent'anni, The Structure of Sin-gularities in Soap-Bubble-Like andSoap-Film-Like Minimal Surfaces (Lastruttura delle singolarità nelle superfi-ci minime stabili, cioè del tipo bolle elamine di sapone), così scrive Jean E.Taylor: «In questo lavoro forniamo unaclassificazione completa della struttura

locale delle singolaritànello spazio tridimen-sionale; i risultati sonoche l'insieme singolaredi un insieme minimo(gli spigoli cioè) consi-ste di curve abbastanzaregolari lungo le qualisi incontrano tre laminedella superficie in ango-li eguali di 120°, e dipunti isolati ove si in-contrano quattro di talicurve dando luogo a seilamine anch'esse conangoli eguali. I risulta-ti si applicano alle mol-te superfici reali che so-no generate dalla ten-sione superficiale, comeun qualsiasi aggregatodi lamine di sapone, equindi forniscono unadimostrazione dei risul-tati sperimentali ottenu-ti da Plateau più di cen-to anni fa». La Taylor fuin grado di classificareed esaminare i casi chesi potevano presentare, dimostrando co-sì che Plateau aveva avuto ragione.Con Frederick J. Almgren, la Taylorscrisse anche l'articolo La geometriadelle bolle di sapone, pubblicato primain «Scientific American» e poi in «LeScienze» (n. 99, novembre 1976).

Non tutte le superfici minime posso-no essere ottenute con le lamine di sa-pone, ma solo quelle stabili; è essenzia-le, perché ciò avvenga, che siano ri-spettate alcune proprietà topologiche.Sino al 1982 erano note solo tre super-fici minime di una classe particolare: lesuperfici di questo tipo sono dette su-perfici minime complete immerse, oveciò significa che la superficie si esten-de all'infinito e non si autointersecamai. Le tre superfici sono il piano, lacatenoide e l'elicoide; una porzione ditutte e tre può essere ottenuta mediantelamine saponate. Queste tre superficisono tutte senza manici; per dirlo inmodo preciso, il loro genere topologicoè zero. Per quasi 200 anni i matemati-ci si sono chiesti se esistessero superfi-ci minime complete immerse di generetopologico più grande di zero, cioè conalmeno un manico.

Due matematici statunitensi, DavidHoffman e William H. Meeks III, uti-lizzando le equazioni trovate da un ma-tematico brasiliano, C. Costa, sono statiin grado di dimostrare l'esistenza diuna classe di superfici minime di tipotopologico comunque elevato - superfi-ci minime con buchi - non ottenibilicon le lamine saponate (si veda l'illu-strazione a destra nella pagina a fron-

te). Il metodo da loro usato è consisti-to nello studiare visivamente, sul ter-minale video di un elaboratore, le su-perfici costruite a partire dalle equazio-ni di Costa per cercare di capire qualene fosse la struttura; dallo studio delleimmagini i due matematici sono riuscitia cogliere alcune simmetrie delle figuree da queste osservazioni sono poi statiin grado di dimostrare analiticamentel'esistenza delle soluzioni. Fu il primoesempio di una dimostrazione matema-tica di notevole difficoltà in cui la gra-fica al calcolatore aveva avuto un ruoloessenziale.

Nell'ambito del Geometry Project del-l'Università del Minnesota a Minneapo-lis, Fred Almgren e John Sullivan hannostudiato la visualizzazione della geome-tria delle lamine saponate. Si sono occu-pati non solo dell'aspetto geometrico maanche di quello fisico, simulando un am-biente con finestre e luce che illuminassele superfici delle lamine in modo chel'effetto fosse il più possibile simile aquello di lamine reali (si veda l'illustra-zione a pagina 45). Si è potuta così stu-diare la geometria di un agglomerato dilamine composto di 119 bolle di sapone!La simulazione ha riguardato anche laformazione e il movimento nell'aria de-gli agglomerati di bolle.

Si può affermare che ormai l'acquasaponata non si utilizza più per studiarele superfici minime; oggi si usano le si-mulazioni al calcolatore. Ma le astrat-te forme matematiche hanno suscitatoanche l'interesse di artisti che si sonoispirati a esse per creare forme realizza-

te sia con materiali tra-dizionali (marmo, pie-tra, legno) sia con lacomputer graphics.

Non poteva mancarel'interesse per l'evolu-zione nello spazio e neltempo delle lamine edelle bolle di sapone,realizzate o con il com-puter o con la tradizio-nale acqua saponata. Seil film Soap Bubblesè stato realizzato pres-so la Princeton Univer-sity nel 1979 dall'auto-re con Fred Almgren eJean Taylor, utilizzandoi modelli con acqua sa-ponata, il nuovo filmsulle superfici minimeprodotto da A. Arnez,K. Polthier, M. Steffense C. Teitzel dell'Uni-versità di Bonn e dellaTechnische Universitàtdi Berlino nel 1995 ètutto realizzato con l'a-nimazione computeriz-

zata. Naturalmente il nuovo «sapone»computerizzato nulla toglie al fascinodel giocare con le bolle. Aveva ragioneMark Twain quando scriveva: «Unabolla di sapone è la cosa più bella, e lapiù elegante, che ci sia in natura... Michiedo quanto denaro sarebbe necessa-rio per comprare una bolla di sapone seal mondo ne esistesse soltanto una».

MICHELE EMMER è professoreordinario di matematica all'Università«La Sapienza» di Roma. Ha insegnato,fra l'altro, all'Università «Ca' Foscari»di Venezia e ha svolto attività di ricer-ca presso varie istituzioni, fra cui l'U-niversité de Paris Sud a Orsay e laPrinceton University. Nel 1993-1996 èstato presidente della Associazione ita-liana cinematografia scientifica. L'au-tore desidera dedicare questo articoloai colleghi Fred Almgren ed Ennio DeGiorgi, recentemente scomparsi.

NEWMAN J. R. (a cura), The World ofMathematics, Simon and Schuster,New York, 1956.

EMMER MICHELE, Bolle di sapone: unviaggio tra arte, scienza e fantasia, LaNuova Italia, Firenze, 1991.

EMMER MICHELE (a cura), The VisualMind: Art and Mathematics, The MITPress, 1993.

MORGAN FRANK, Geometric MeasureTheory: A Beginner's Guide, AcademicPress, 1995.

LE SCIENZE n. 356, aprile 1998 4746 LE SCIENZE n. 356, aprile 1998