Schema di Relazione finale tecnico-scientifica · effettuate con la tecnica degli elementi finiti...

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1 P.O. PUGLIA 2007-2013 PROGRAMMI INTEGRATI DI AGEVOLAZIONE Ricerca Industriale e Sviluppo Sperimentale Asse I - Linea di Intervento 1.1 - Azione 1.1.2 ALLEGATO M Schema di Relazione finale tecnico-scientifica Descrivere le attività svolte e gli obiettivi raggiunti nell’ambito del progetto di Ricerca realizzato in relazione ai seguenti punti: 1. DATI SALIENTI SUL PROGETTO Beneficiario C.M.C. srl Titolo del progetto RICERCA INDUSTRIALE E SVILUPPO SPERIMENTALE NEL PROGETTO C.M.C. PLUS - PLatforms Utility Solutions

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P.O. PUGLIA 2007-2013 PROGRAMMI INTEGRATI DI AGEVOLAZIONE

Ricerca Industriale e Sviluppo Sperimentale Asse I - Linea di Intervento 1.1 - Azione

1.1.2

ALLEGATO M

Schema di Relazione finale tecnico-scientifica

Descrivere le attività svolte e gli obiettivi raggiunti nell’ambito del progetto di Ricerca

realizzato in relazione ai seguenti punti:

1. DATI SALIENTI SUL PROGETTO

Beneficiario

C.M.C. srl

Titolo del progetto

RICERCA INDUSTRIALE E SVILUPPO SPERIMENTALE NEL PROGETTO

C.M.C. PLUS - PLatforms Utility Solutions

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SCOPO del progetto di collaborazione

Una piattaforma di lavoro aerea è una macchina costituita da un braccio elevatore ed un

cestello dedito al trasporto di persone in quota, con lo scopo di effettuare operazioni di

riparazioni e manutenzioni. Uno degli obiettivi più ambiziosi del settore era la

realizzazione di macchine affidabili che potessero gestire elevazioni superiori ai 23 metri

ed essere movimentate da automezzi dal peso complessivo inferiore ai 3500 kg, quindi

essere condotti utilizzando la comune patente B.

Per contenere il peso delle varie strutture si utilizzano soluzioni estreme, quali acciai ad

altissima resistenza con tensione di snervamento di circa 900 N/mm2 e spessori delle

lamiere molto sottili dell’ordine dei 2 mm.

Per garantire la piena affidabilità del mezzo, l’intera struttura è oggetto di verifiche

effettuate con la tecnica degli elementi finiti ed estese sia ai casi classici statici e a fatica,

sia alla instabilità.

Preso atto dei piccoli spessori e dei limitati coefficienti di sicurezza normativi (nel caso

della fatica 100000 cicli per servizio pesante), per questo tipo di applicazioni è opportuno

effettuare una verifica sperimentale del comportamento a fatica.

Nel presente documento ci si è posti l’obiettivo con l’azienda costruttrice CMC, a seguito

di incarico affidatoci dalla stessa per un progetto di collaborazione, di relazionare in

merito alla progettazione di una macchina di prova specifica che, sollecitando a fatica la

piattaforma aerea, ne verificasse l’effettiva affidabilità. Perché questo potesse avvenire in

totale sicurezza, la macchina di prova è stata realizzata in modo tale che, sottoposta

anch’essa a fatica, fosse verificata a vita infinita.

Per sollecitare la piattaforma è stato ideato quindi il macchinario succitato che, agendo

direttamente sul cestello e sottoponendolo ad una verifica in controllo di forza, applica

sulla piattaforma stessa una forza costante in modulo ma con una determinata frequenza

e per un totale di 100000 cicli.

Nel progetto, l’intera struttura (figura 2 e 3) è stata realizzata tramite travi in acciaio con

profilo a U di altezza 80 mm, opportunamente saldate; il braccio superiore, incernierato

nel punto A tramite apposite boccole, si muove seguendo un moto rotatorio alternato,

spinto dalla forza di 10000 N generata dal pistone oliodinamico. Così facendo, la fune,

legata al punto B, pone in sollecitazione pulsante la piattaforma di lavoro mobile

elevabile.

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L’analisi della struttura è stata condotta in un primo momento attraverso un approccio

analitco seguendo le note formule della Scienza delle Costruzioni; successivamente si è

passati ad un approccio sperimentale, utilizzando gli elementi finiti attraverso il software

Ansys Multiphysics 12.0, con lo scopo di verificare le deformazioni e le tensioni

sviluppatesi all’interno dei giunti saldati, che sono gli elementi più critici dell’intera

struttura.

(Figura 1)

(Figura 2)

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Una volta poi verificato e creato il macchinario, lo si è applicato realmente ad una

macchina CMC (TB260) e si è verificata, attraverso alcune prove sperimentali, la

rispondenza tra calcoli e realtà.

Nella seconda parte del presente progetto, quindi, ci si è posto l’obiettivo di effettuare la

verifica sperimentale del comportamento a fatica dei componenti della TB260, utilizzando

l’attrezzatura di prova progettata nel primo progetto.

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INTRODUZIONE TEORICA.

Il cedimento o rottura di un organo meccanico, soggetto ad opportuni carichi, è definito

come un evento che ne perturba la normale funzionalità per cui è stato progettato.

Il collasso può giungere attraverso tre modalità principali:

Rottura duttile

Rottura fragile

Rottura a fatica

Le prime due si verificano entrambe a causa di una tensione monotona che supera il

limite elastico del materiale, comunque le due tipologie hanno comportamenti differenti;

una rottura duttile è caratterizzata da una elevata deformazione plastica che preannuncia

il superamento del limite della struttura e quindi l’immediato collasso; quella fragile

invece presenta la cosiddetta “rottura di schianto”, la struttura cede repentinamente

senza alcuna macro-deformazione plastica e le superfici di separazione sono tali da

combaciare anche dopo il cedimento.

La rottura fragile è caratteristica di materiali aventi un’ elevata rigidità che non consente

una deformazione plastica ai relativi componenti, infatti vi è un passaggio repentino dalla

deformazione elastica all’immediata rottura. Un materiale duttile può, di contro,

assumere un comportamento fragile, se all’interno vi è la presenza di difetti, inclusioni

(per gli acciai zolfo e fosforo), cavità o piccole cricche strutturali che generano zone ad

elevata concentrazione di tensione (stati di tensioni triassiali), e, che possono portare il

materiale ad una rottura fragile.

La rottura a fatica avviene a seguito di sollecitazioni cicliche di migliaia, o addirittura

milioni, di ripetizioni ad una tensione anche di gran lunga inferiore al limite elastico del

materiale. E’ un cedimento progressivo della struttura che si manifesta improvvisamente,

attraverso una rottura fragile ed apparentemente inspiegabile. Ha di solito origine in

presenza di una piccola (microscopica) cricca o frattura superficiale, localizzata in zone di

concentrazione delle tensioni quali variazioni di sezioni, intagli o particolari geometrie del

pezzo meccanico.

A seguito di queste cricche o fessure preesistenti e soggetti a carichi ciclici, i grani di cui

è composta la struttura metallica inizieranno a deformare in campo elastico i piani di

tensione, attraverso piccoli scorrimenti, generando inclusioni ed estrusioni che alterano le

caratteristiche meccaniche della struttura, incrudendola. Una volta incrudito il piano, la

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sollecitazione verrà assorbita da un ulteriore piano di scorrimento fino a nuovo

incrudimento.

Un’analisi delle superfici di frattura (figura 4)

mostra solitamente la presenza di due zone distinte

nella sezione del pezzo, la prima caratterizzata da

un aspetto liscio e lucido, causato dal fenomeno di

scorrimento del materiale, nel quale si notano delle

rigature piuttosto parallele fra di loro, denominate

“linee di arresto” (beach mark), e rappresentano il

passaggio da un piano di scorrimento ad un altro.

(Figura 3)

La seconda zona, invece, ha un aspetto più frastagliato e rappresenta la sezione ultima

del pezzo che ha reagito allo stato tensionale, eccessivo per il materiale, e, tale da

portarlo ad una “rottura di schianto”, senza alcun preavviso.

Nell’ambito ingegneristico la rottura a fatica è molto presente, a causa delle numerose

modalità con le quali un organo meccanico può essere soggetto a sollecitazioni cicliche.

Un asse rotante con un carico costante in un punto, le vibrazioni del terreno e del vento,

un insieme di azioni ripetute quali i carichi e scarichi delle gru sono solo piccoli esempi di

quanto una sollecitazione ciclica sia presente e di quanto, data l’imprevedibilità della

rottura, sia importante lo studio di questo fenomeno.

Fino a prima del diciannovesimo secolo i carichi ciclici o statici venivano trattati dagli

ingegneri in maniera analoga, con l’unica accortezza di porre dei coefficienti di sicurezza

più severi nel caso ciclico.

Il primo, che chiarì il motivo delle inspiegabili rotture degli assali ferroviari, collegando il

numero di cicli in funzione del carico, è stato l’ingegnere tedesco A.Wohler, che, alla fine

dell’ ‘800, creò la prima macchina a fatica rotante e intuì come la durata del provino era

inversamente proporzionale al carico applicato, più il carico aumentava, più la durata

diminuiva secondo la legge:

con P il carico, N il numero di cicli ed m una costante dipendente dal materiale.

La storia di carico di una sollecitazione a fatica può essere idealizzata e semplificata a

seconda dei casi in:

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a) tensione alternata semplice

b) tensione pulsante con valore medio nullo a)

c) tensione pulsante

e si possono distinguere i seguenti valori:

Tensione media

Stress range , ∆ϑ=

Tensione alterna , b)

Rapporto di sollecitazione R=

Le prove condotte da Wohler sono state realizzate

su sollecitazioni a tensione alterna semplice, in cui

la è nulla e il rapporto di sollecitazione è pari a

-1. I risultati di tali prove possono essere

riportati, per semplicità, in un grafico (figura 5),

in cui, in ascisse si pone il logaritmo in base dieci

del numero di cicli a rottura, ed in ordinate il

carico a cui è soggetto il provino

(Figura 4)

Si possono notare 3 comportamenti differenti, il primo è caratteristico della fatica

oliglociclica con carichi elevati, prossimi alla sigma di snervamento, ed un massimo di

1000 cicli a rottura; il secondo tratto, avente una durata variabile secondo la legge di

Wohler, è detto a “vita finita”; il terzo tratto viene definito a “ vita infinita”, per il quale

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una sollecitazione ciclica, avente una tensione alterna al di sotto del limite di fatica, non

porterà mai a rottura il pezzo.

In natura vi sono materiali che non presentano un valore limite per la fatica (esempio

l’alluminio), e, quindi, saranno progettati sempre a vita finita, stimando, il più

accuratamente possibile, il numero di cicli che portano a rottura un determinato organo

meccanico, soggetto ad una precisa sollecitazione.

Nel caso di strutture saldate è opportuno analizzare nel dettaglio come i giunti di

saldatura reagiscano a fatica, in quanto il loro comportamento è influenzato sia dallo

stato tensionale applicato che dalla tecnologia di saldatura.

In generale, i punti critici dei giunti saldati, in cui

può innescarsi una rottura, sono al piede di

saldatura, alla radice del cordone o in prossimità

di eventuali difetti. Di norma, le rotture, dovute a

difetti del materiale o all’interno della radice,

dovrebbero essere evitate a priori, e, quindi nella

progettazione a fatica si prende in esame il caso

di rotture innescate direttamente sul piede di

saldatura.

Nell’analisi dei giunti di saldatura si usa prendere, come riferimento dei vari calcoli, lo

spessore del cordone di saldatura e si fa riferimento allo stress range della saldatura,

rispetto alla tensione alterna.

I diagrammi di Wohler per le saldature (figura 5), oltre a fare riferimento al ∆ϑ, sono

caratterizzati da una serie di curve aventi pendenza costante, ma valori assoluti di

resistenza per uno stesso numero di cicli, diversi per giunti di diverse geometrie. Questo

comportamento è dovuto all’effetto delle concentrazione delle tensioni nel cordone, oltre

che, alla geometria dei vari giunti che, come ovvio, cambia di saldatura in saldatura.

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(Figura 5)

L’andamento del diagramma di Wohler per le saldature è differente rispetto a quanto

visto prima, poiché presenta due pendenze diverse nel campo a vita finita. Si nota,

infatti, una prima pendenza con m=3 fino a cicli, in corrispondenza dei quali si

individua il limite di fatica ad ampiezza costante ( ), ed una seconda pendenza con

m=5 che termina intorno a cicli e delimita, invece, il limite a fatica ad ampiezza

variabile ( ). Se, quindi, un giunto saldato è caratterizzato da una sollecitazione

costante inferiore a ,allora avremo vita infinita, mentre, se presenta delle oscillazioni

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variabili, affinché la struttura sia verificata a vita infinita, le fluttuazioni delle tensioni

dovranno essere inferiori al .

La verifica a fatica delle saldature può essere svolta in modo analitico, seguendo le

vigenti norme dell’eurocodice3, che sancisce i procedimenti di calcolo delle tensioni

nominali e la contestuale verifica rispetto a precisi limiti di esercizio. In alternativa, la

verifica può essere effettuata in modo sperimentale, sfruttando la modellazione FEM, che

sarà trattato in modo approfondito nei capitoli successivi.

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CAPITOLO I

PROGETTO DELLA STRUTTURA

La struttura progettata è un intelaiatura di travi UPN con profilo ad

U, altezza di 80mm, anime di 45mm ed uno spessore medio di

circa 6 millimetri, tutti i collegamenti sono stati realizzati tramite

opportune saldature a cordone d’angolo di 3mm di spessore.

L’intelaiatura è composta da due travi rovesce che forniranno la

base di appoggio dell’intero macchinario e verranno

opportunamente ancorate al terreno, tramite bulloni di 16 mm di

diametro.

Sulla trave di sinistra si erige una colonna, costituita sempre da due profili ad U saldati

all’estremità delle anime, alla sommità della quale verrà interposta una boccola che farà

da nodo alle due travi sospese dal pistone. In questo modo, il movimento del pistone

sarà in grado di garantire un moto rotatorio alternato delle travi superiori intorno alla

boccola e sarà tale da applicare al cestello una forza pulsante di 2000N ad una frequenza

di 0.5 Hz (quando la frequenza propria delle travi è 1 Hz).

Durante la verifica è stato opportuno calcolare la deformazione del braccio superiore,

affinché non si avesse una minore sollecitazione del cestello o addirittura una

diminuzione del carico.

Come vedremo nei capitoli successivi, si è analizzata l’intera struttura dal punto di vista

di carichi e sollecitazioni scaturite dal pistone e dal movimento, a seguito di questi calcoli,

si è passato alla verifica della struttura a fatica sia analiticamente che con gli elementi

finiti, valutando in particolare i punti critici dell’intera struttura, quali le saldature.

Di seguito si propongono alcuni disegni costruttivi del macchinario con relative quote e

particolarità.

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(Figura 6)

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(Figura 7) (Figura 8)

(Figura 9) (Figura 10)

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CAPITOLO II

CALCOLO CON LE TENSIONI NOMINALI

Nella verifica della struttura attraverso le tensioni nominali è stato necessario

schematizzare le varie intelaiature in travi semplici, in modo tale, da poter applicare in

maniera più immediata le formule e i procedimenti della Scienza delle Costruzioni. I

risultati, derivanti da questa analisi, saranno poi confrontati con le vigenti norme

dell’eurocodice3 per verificare l’affidabilità a fatica del macchinario.

L’eurocodice3 è una normativa internazionale per la progettazione di strutture in acciaio,

che delinea regole di calcolo e codici per la costruzione delle stesse, seguendo la teoria

dello stato limite. Si definisce stato limite di una struttura la condizione per la quale la

stessa non soddisfa più i requisiti di progetto. Vi sono due tipologie di “stato limite”:

stato limite ultimo che è la condizione per la quale una struttura collassa,

mettendo in pericolo la sicurezza delle persone;

stato limite di esercizio che precede il collasso della struttura, ed a volte, a

causa della difficoltà nell’individuare tale situazione, si fa riferimento allo stato

ultimo.

Nell’ analisi dell’intelaiatura, le travi longitudinali che formano il braccio superiore sono

state schematizzate in un'unica trave, della quale si sono calcolati oltre ad i carichi

applicati e alle sollecitazioni derivanti, anche la deformazione all’estremo d’attacco della

fune. Il controllo della deformazione risulta molto importante, poiché, in caso di eccessiva

deformazione, la forza esercitata dall’intera struttura sul cestello potrebbe diminuire e,

quindi, falsare la verifica a fatica della piattaforma aerea.

Il braccio è stato quindi schematizzato, come in figura 12, con una cerniera fissa nel

punto A, che rappresenta il punto di attacco con la colonna portante, ed un appoggio

fisso, rappresentante il pistone che esplica la forza di 10000N. In punta si è applicata una

forza di 2000N, con la quale il macchinario sollecita a flessione pulsante il cestello.

Per determinare la deformazione in punta è stato utilizzato il Teorema di Castigliano, per

il quale lo spostamento è il rapporto tra la derivata dell’energia potenziale elastica

immagazzinata U e la forza F=2000N che ne genera lo spostamento.

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(Figura 11)

U = f =

f = 0.22422 mm

Secondo le normative eurocodice3, la freccia massima raggiungibile dalla trave, a causa

della deformazione, dovrà essere minore di un valore ammissibile, dipendente dai valori

progettuali, dalla tipologia di struttura e, soprattutto, dalle conseguenze che la

deformazione può apportare alla struttura, quali il malfunzionamento del macchinario.

La freccia massima ammissibile sarà = , definendo con L la luce della trave che,

in caso di trave a mensola, sarà uguale al doppio del tratto a sbalzo.

In questo caso:

L = 2∙480 mm= 960 mm ed = =3.2 mm

Ed essendo f< si può ritenere di gran lunga ammissibile la deformazione delle travi

superiori.

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La parte della struttura maggiormente sollecitata è quella inferiore, in quanto le travi

longitudinali sono incastrate tramite saldatura al basamento, e , poi ,tramite bullonatura ,

al terreno. Questo rende la struttura iperstatica e soggetta a maggiori tensioni, causate

dall’impossibilità degli elementi di deformarsi.

Le travi, infatti, vengono schematizzate in un’unica trave incastrata ad entrambi gli

estremi come si nota in figura 13:

Da tale analisi emerge che il punto critico della struttura sarà sicuramente l’incastro

sinistro sul quale grava un momento flettente ed una forza di taglio

T=8438 .

La sollecitazione a taglio potrà essere trascurata in quanto, essendo di compressione,

non è eccessivamente pericolosa a fatica, poiché uno stato di compressione tende a

chiudere le cricche piuttosto che a dilatarle, a differenza della trazione.

Di contro, il momento flettente dovrà essere verificato sia nella resistenza delle due

travi, sia nella saldatura, la quale ha l’arduo compito di generare il vincolo di incastro, e

sulla quale graverà l’intero momento flettente.

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Per le travi abbiamo una tensione interna pari a:

con J si intende il momento d’inerzia delle due travi e con h/2 la distanza massima dal

baricentro della sezione ad U, sul quale si esercita il valore massimo di tensione.

Affinché una struttura non saldata sia verificata a fatica a vita infinita, la normativa

eurocodice3 stabilisce che le tensioni nominali sviluppatesi all’interno della trave, oltre ad

essere inferiori alla tensione di snervamento, debbano essere anche inferiori al limite di

fatica.

Come detto in precedenza, la tensione limite a fatica varia a seconda della tipologia della

struttura e l’eurocodice3 assiste la progettazione, fornendo il comportamento a fatica sia

dei materiali non saldati o comunque privi di collegamenti e giunzioni, sia dei componenti

saldati od imbullonati. La normativa, infatti, suddivide le tipologie geometriche di vari

elementi in classi e categorie, il cui valore della classe sarà il limite a fatica per 2 milioni

di cicli.

Ricercati sull’eurocodice3 la categoria corrispondente alla medesima struttura progettata,

è possibile ricavare sia il limite a fatica ad ampiezza costante, che eventuali numeri di

cicli a rottura del componente, soggetto ad una determinata tensione.

Nel nostro caso, considerando un acciaio da carpenteria Fe360 ed uno spessore delle

lamiere 6mm, si ottiene una tensione di snervamento pari a

= = 213

con coefficiente parziale allo stato limite il cui valore per la nostra struttura sarà

1.1.

Il coefficiente di sicurezza per la verifica statica sarà:

υ = = 12.5

Superata la verifica statica è possibile procedere per quella a fatica.

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Secondo normativa, un componente meccanico, soggetto a sollecitazioni cicliche, è

verificato a fatica a vita infinita se:

In cui è il valore di tensione variabile applicata al componente; è il limite di

fatica ad ampiezza costante; è il coefficiente parziale di sicurezza per carichi di fatica

e è il coefficiente parziale di sicurezza per la resistenza a fatica.

fa riferimento alla difficoltà ed incertezza nell’individuazione dei carichi e delle

tensioni e, salvo casi particolari, viene posto sempre pari ad 1.0. , invece, è dovuto

alle dimensioni dell’elemento, alle relative discontinuità presenti nella struttura e varia in

funzione della possibilità o meno di ispezionare la stessa; per la presente struttura varrà

1.25.

Se si analizza esclusivamente la resistenza a fatica delle travi, possiamo considerare

questo particolare della struttura come un componente privo di giunzioni saldate, la cui

categoria eurocodice3 è 160, e ciò suggerisce di prendere come limite a fatica ad

ampiezza costante 117 . Le travi saranno verificate a fatica attraverso un

coefficiente di sicurezza paria a:

υ = = 5.5

Per la verifica delle saldature, si è presa in considerazione la condizione più critica, che

come detto in precedenza fa riferimento all’incastro nel punto in cui si verifica il maggior

valore del momento flettente, il quale dovrà scaricarsi interamente sulle saldature.

Come si nota in figura9 le saldature (evidenziate in rosso) sono molteplici, e sono tali da

poter permettere una maggiore distribuzione delle sollecitazioni, e, quindi, una riduzione

delle tensioni nominali all’interno del cordone di saldatura.

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(Figura 12)

(Figura 13)

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Per il calcolo dello stress range applicato al giunto saldato è stato intrapreso un approccio

molto conservativo, supponendo che le saldature, reagenti al momento flettente

, siano esclusivamente quelle di base, che incastrano le travi

longitudinali e la colonna portante alla trave trasversale rovescia (figura 14 e 9).

A questo punto la forza F esercitata sulle saldature sarà :

F = = = 16981≅17000N

in cui b è la distanza minima tra le due travi longitudinali.

Tale forza F sarà ripartita sull’intera superficie A sviluppata dalle saldature:

A = (80+80+45+45+ )∙3 = 800

Trattandosi di giunti fra travi di spessore di 6mm, l’eurocodice3 fornisce il valore del

limite a fatica pari a 33 , facendo riferimento alla categoria 50*).

υ = = = 1 .24

Dalle verifiche condotte alle tensioni nominali, sulle travi longitudinali, si nota, come

ovvio, che la verifica a fatica risulta essere notevolmente più restrittiva rispetto alla

classica verifica statica, infatti, si passa da un coefficiente di sicurezza di 12.5 nel caso

statico a 5 nel caso a fatica.

Analogamente, l’analisi condotta sulle saldature ha evidenziato la piena affidabilità a

fatica delle giunzioni, se pure con coefficienti prossimi all’unità:

υ = 1 .24

Dato l’approccio molto conservativo con il quale sono state calcolate le tensioni si può

ritenere opportuno effettuare una verifica più rigorosa sull’intera struttura ed, in

particolare, sulle saldature. A tale scopo si è effettuata un’analisi della struttura agli

elementi finiti, al fine di valutare eventuali concentrazioni di tensioni e deformazioni, che

sarebbero difficili da individuare analiticamente.

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CAPITOLO III

MODELLO FEM

Nella modellazione geometrica della struttura si è adottata la tecnica “botton-up”, che

consiste nella definizione di punti, linee ed aree, al fine di realizzare un modello virtuale

del componente meccanico con il quale si può analizzare il comportamento elastico-

deformativo della struttura.

(Figura 14)

Come si nota dalla figura 14, sono stati trascurati gli intagli nelle lamiere, realizzati per

l’alloggiamento delle boccole, per permettere una più semplice elaborazione del modello,

tralasciando le parti che non avrebbero creato grandi variazioni nella soluzione e quindi

superflue. Inoltre, è stata realizzata esclusivamente la parte più sollecitata della

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struttura, quella inferiore, costituita dalle due travi rovesce trasversali, che fungono da

basamento, dalle travi longitudinali di sostegno al pistone e dalla colonna portante.

Nella realizzazione del pezzo è stata sfruttata la simmetria del macchinario e per questo

ne è stata modellata solo una metà, ponendo nel piano di simmetria opportuni vincoli che

simulino la continuità del materiale.

L’elemento principale utilizzato nella mesh è stato lo schell93 (figura 15) adatto per

superfici/gusci sottili e curvi.

Lo shell93 è definito da 8 nodi, per i quali è possibile conferire a ciascuno un

determinato spessore, ed è caratterizzato da una funzione di forma descritta da

“equazioni strutturali di 2° grado”.

(Figura 15)

Le caratteristiche di questo elemento sono state utili per la modellazione del solido,

infatti, grazie alla variazione dello spessore da nodo a nodo, è stato possibile simulare il

raccordo esistente tra la parte piana della trave e le sue anime, e, utilizzando equazioni

di 2°grado, che possono risolvere stati di tensione anche non lineari, si ottengono

risultati ancor più rigorosi e dettagliati.

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Oltre all’utilizzo dello schell93 è stato utile modellare, attraverso l’elemento beam188, la

boccola del pistone (figura 16). In questo modo è possibile conferire alla trave il vincolo

del pistone ed, inoltre, grazie alla caratteristica del beam188 di non trasmettere

momento torcente ad uno shell collegato perpendicolarmente, come effettuato nel

progetto, è stato possibile simulare più facilmente il collegamento boccola-trave,

caratterizzato dalla trasmissione di momento flettente e di taglio ma non di momento

torcente, in quanto la boccola è libera di ruotare intorno al proprio asse.

(Fiugura16)

Alla struttura sono stati conferiti vincoli di incastro all’estremità delle anime delle travi

rovesce, e, come già detto precedentemente, dei vincoli di simmetria, che impediscono

sia spostamenti lungo l’asse perpendicolare al piano di sezione che rotazioni lungo gli assi

contenuti nel piano.

Una volta modellata la struttura è stata posta una forza di 5000N verso l’alto che

rappresenta la forza del pistone (in figura 17 di colore rosso) esercitata sulla semi-

struttura.

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(Figura 17)

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CAPITOLO IV

ANALISI AGLI ELEMENTI FINITI

L’analisi agli elementi finiti, applicata al modello, si pone l’obbiettivo di verificare in modo

più accurato lo stato tensionale sviluppatasi all’interno degli elementi della struttura più

sensibili a fatica, quali le saldature, in modo da stabilirne l’affidabilità a vita infinita.

Infatti è proprio in corrispondenza dei punti di giunzione e delle discontinuità geometriche

che le ipotesi utilizzate nel calcolo delle tensioni nominali perdono gran parte della loro

validità.

L’uso di un programma di calcolo agli elementi finiti è utile nella progettazione di

strutture articolate per poter risolvere condizioni geometriche o di vincolo particolari, in

cui, nella maggior parte dei casi, non esiste una soluzione analitica oppure, se esiste,

richiede l’uso di tecniche di soluzione complesse.

(Figura 18)

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Utilizzando i modellatori solidi però, l’approccio, con il quale vengono esaminati i risultati,

cambia rispetto a quello nominale, poiché, durante la risoluzione delle strutture, il

calcolatore tiene conto di ulteriori fattori che possono far variare le tensioni rispetto

all’andamento nominale.

Se si analizza, infatti, una giunzione saldata agli elementi finiti, si nota come la tensione

risultante (figura 18) si discosta da quella teorica, in quanto si riscontrano delle

singolarità (punto in cui le tensioni tendono all’infinito) in prossimità di intagli o di

discontinuità.

(Figura 19)

La tensione complessiva può infatti considerarsi come la somma di tre contributi:

dovuta ad una sollecitazione costante lungo la sezione quale uno

sforzo normale di trazione o di compressione;

dovuta alla flessione del giunto;

dovuta alle tensioni non lineari;

La generazione delle tensioni non lineari e, quindi, delle singolarità nella giunzione, è

causata dalla presenza di concentrazione di tensioni dovute non solo ad intagli o spigoli

ma molto spesso anche a disallineamento assiale o angolare dei giunti, o a deformazioni

elevate in prossimità del giunto (figura 20, rispettivamente a,b,c).

(Figura 20)

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Nella rappresentazione tridimensionale è usuale schematizzare con elementi prismatici le

saldature a cordone d’angolo, questo, se da un lato facilita la modellazione, creando un

elemento molto fedele alla realtà dall’altra, dall’altro crea elementi spigolosi, molto

soggetti a tensioni singolari.

Proprio a causa di questo fenomeno, è impossibile verificare a fatica una giunzione,

supponendo di comparare la tensione di picco, sviluppatasi con la modellazione, ad un

eventuale valore limite ammissibile, poiché il picco di tensione, in prossimità dello

spigolo, risulterà sempre superiore al valore limite.

In queste condizioni, la normativa fornisce vari metodi di calcolo delle tensioni tra i quali

il calcolo delle tensioni nominali, di difficile utilizzo per saldature complesse, e il metodo

hot spot.

Il metodo hot spot si propone di individuare una tensione equivalente in prossimità del

cordone di saldatura, ottenuta attraverso un’interpolazione dei valori a partire dal punto

di singolarità, detto hot spot (punto caldo) e coincidente con il piede di saldatura, verso

punti posti ad una data distanza dallo stesso, tale distanza è funzione della mesh

utilizzata e dello spessore del giunto.

(Figura 21)

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Nel presente progetto, schematizzando le

saldature in parallelepipedi a base cubica di lato

3mm, pari allo spessore del cordone si

saldatura (figura 22), ed utilizzando una mesh a

45 mm, il metodo hot spot suggerisce l’utilizzo

di una tensione equivalente secondo la

seguente interpolazione:

(Figura22)

Variando il metodo di calcolo della tensione effettiva, varierà anche il valore limite a

fatica per l’hot spot, che, per giunti di saldatura a cordone d’angolo, è pari a 100

per 2 milioni di cicli e quindi, a vita infinita, 74 .

L’analisi della struttura ha evidenziato uno sbandamento della colonna portante verso

sinistra ed una incurvatura della trave longitudinale, i relativi spostamenti però sono

minimi e quindi accettabili, di seguito si forniscono i risultati della deformazione.

29

(sopra: Figura 23 deformazione ed in tratteggio la trave in deformata)

(sotto: Figura 24 deformazioni lungo l’asse X)

30

(Figura 25: tensioni equivalenti con il criterio di Von Mises)

(Figura 26: tensioni lungo l’asse Y)

31

Come si nota dalle figure 25 e 26 la zona maggiormente sollecitata è quella di sinistra,

in cui si verifica il picco di tensione localizzato all’interno di una saldatura (figura 27 e

28) che sarà verificata a fatica, secondo il metodo hot spot.

(Figura 27: tensione di Von Misess)

(Figura 28: tensioni lungo l’asse Y)

32

Preso in riferimento il singolo cordone di saldatura (figura 29), si nota, che il picco di

tensione si verifica in prossimità di uno spigolo, e che sarà il punto hot spot dal quale

estrapolare la tensione equivalente.

(Figura 29 : tensioni di Von misess lungo la saldatura)

Di seguito si propone il plottaggio delle tensioni lungo gli assi X, Y, Z e delle tensioni

equivalenti lungo il cordone di saldatura, e si nota come, discostandoci dal punto di hot

spot, le varie tensioni

tendono a calare

molto rapidamente

(figura 30):

in rosso

in celeste

in blu

in viola

33

Invece, plottando le tensioni secondo quanto riportato dal metodo hot spot, partendo dal

piede di saldatura, e andando perpendicolarmente alla saldatura, si ottiene l’andamento

di seguito riportato:

(Figura 30)

Dal presente grafico si possono estrapolare le tensioni dal piede di saldatura a distanza di

5 mm e di 15mm, così come richiesto dalla normativa.

Così facendo si giunge ad una tensione di hot spot pari a:

=22.72 .

Quindi :

υ = = = 3,255

34

Sebbene dai risultati del metodo hot spot si possa ipotizzare che la verifica a fatica sia

soddisfatta, esaminando l’andamento delle tensioni che si sviluppano lungo la saldatura,

si constata la presenza di un punto localmente debole della giunzione.

In corrispondenza del picco tensionale si otterrebbe una resistenza a fatica a vita finita,

in quanto il suo valore è superiore al limite di fatica. Utilizzando l’equazione della linea

S-N si ha:

Da cui il numero di cicli a rottura è pari a =2,3∙ cicli

Poiché l’obbiettivo di questo studio è quello di creare un macchinario pienamente

affidabile a fatica e quindi a vita infinita, per sicurezza, si è condotta l’analisi

implementando maggiormente lo spessore di saldatura, e quindi il lato del prisma, prima

a 4 mm, poi a 5mm. Il risultato di queste analisi è stato pressoché identico,

caratterizzato da un picco sempre intorno ai 95 .

A seguito di questi ulteriori dati si è compreso, come il picco sia dovuto, con buona

probabilità, alle deformazioni localmente impresse alla saldatura dagli elementi più rigidi

della struttura. Una modellazione più accurata richiederebbe la discretizzazione della

stessa saldatura. Si ritiene che il problema posto dal picco tensionale possa essere

tecnicamente risolto prevedendo l’effettuazione di ispezioni periodiche.

35

CAPITOLO V

CONCLUSIONI PRIMA PARTE DEL PROGETTO

Nella prima parte della presente trattazione ci si è posto l’obbiettivo con la CMC di

verificare a fatica l’attrezzatura di prova a fatica, riportato in figura, al fine di poter

effettuare prove sperimentali a fatica su piattaforme aeree in completa affidabilità e

sicurezza.

I risultati ottenuti dall’analisi nominale hanno evidenziato che le saldature utilizzate per la

realizzazione della struttura soddisfano i requisiti di verifica a fatica a vita infinita. Quelli

più bassi, sebbene prossimi all’unità, sono ottenuti introducendo l’ulteriore coefficiente di

sicurezza parziale di resistenza a fatica previsto dalla normativa:

υ = = = 1 .24

La modellazione agli elementi finiti, unita all’utilizzazione dell’analisi del comportamento

della saldatura per mezzo della tecnica di hot spot, non solo ha confermato tali risultati,

36

ma ha anche evidenziato un miglioramento nella valutazione della resistenza globale a

fatica, con un più che accettabile coefficiente di sicurezza pari a:

υ = = = 3,255

La modellazione del cordone di saldatura ha permesso di evidenziare un picco di tensione

non riscontrabile con il metodo delle tensioni nominali. Si è verificato che il picco non

risulta essere influenzato dalla dimensioni del cordone di saldatura, ed è quindi da

attribuire alle deformazioni impresse dagli elementi più rigidi collegati dalla saldatura.

(Figura 31: tensioni lungo l’asse Y)

La posizione del picco è comunque tale per cui l’instaurarsi di una cricca, seguita da una

eventuale rottura, non comporta il collasso dell’intera struttura e quindi situazioni di

pericolo per il personale che la utilizza, in presenza di normali misure di sicurezza.

Poiché la normativa prevede che il numero di cicli di carico previsti per una piattaforma

aerea sia pari a 100'000, risulta cautelativo effettuare un controllo dell’intera struttura

ogni 10 prove, corrispondenti ad un milione di cicli. L’analisi effettuata fornisce una

previsione di di vita a fatica pari a 2.3∙ cicli, e quindi il controllo avverrà a metà della

vita utile della saldatura.

37

CAPITOLO VI

INTRODUZIONE SECONDA PARTE

Una piattaforma di lavoro aerea è un macchina montata su autocarro costituita da un

braccio elevatore ed un cestello che consente agli addetti di effettuare operazioni di

costruzione, riparazione e manutenzione in quota. Uno degli obiettivi più ambiziosi del

settore è la realizzazione di macchine affidabili che possano gestire elevati sbracci di

lavoro, raggiungere con facilità i punti più critici in determinate condizioni d’uso ed infine

essere installata su autocarri dal peso complessivo inferiore ai 3500 kg e quindi essere

condotti utilizzando la comune patente B.

Partendo da questo presupposto, la CMC di Modugno ha ideato una macchina che

rispettasse le precedenti caratteristiche e tutti gli standard di sicurezza prescritti dalla

norma. La macchina in oggetto è la TB 260 (figura 32) realizzata con lamiere di acciaio

ad altissima resistenza e spessore molto sottile dell’ordine dei 2 mm, rendendo il

macchinario estremamente leggero e con un elevato grado di affidabilità.

(figura 32)

38

Per garantire la piena affidabilità del mezzo, l’intera struttura è stata soggetta a verifiche

effettuate con la tecnica degli elementi finiti ed estese sia ai casi classici statici e a fatica,

sia alla instabilità.

Nel presente progetto ci si è posto l’obiettivo di effettuare la verifica sperimentale del

comportamento a fatica dei componenti della TB260, utilizzando l’attrezzatura di prova

progettata nel precedente progetto.

39

CAPITOLO VII

LA STRUTTURA DEL LEVERAGGIO MECCANICO

L’attrezzatura di prova è costituita da un intelaiatura di travi UPN con profilo ad U,

altezza di 80mm, anime di 45mm ed uno spessore medio di circa 6 millimetri, tutti i

collegamenti sono stati realizzati tramite opportune saldature a cordone d’angolo di 3mm

di spessore.

L’intelaiatura è composta da due travi rovesce che forniranno la base di appoggio

dell’intero macchinario e verranno opportunamente ancorate al terreno, tramite bulloni di

16 mm di diametro.

Sulla trave di sinistra si erige una colonna, costituita sempre da due profili ad U saldati

all’estremità delle anime, alla sommità della quale verrà interposta una boccola che farà

da nodo alle due travi sospese dal pistone. In questo modo, il movimento del pistone

sarà in grado di garantire un moto rotatorio alternato delle travi superiori intorno alla

boccola e sarà tale da applicare al cestello una forza pulsante di 2000N ad una frequenza

di 0.5 Hz (quando la frequenza propria delle travi è 1 Hz).

Durante la verifica è stato opportuno calcolare la deformazione del braccio superiore,

affinché non si avesse una minore sollecitazione del cestello o addirittura una

diminuzione del carico.

Si è analizzata l’intera struttura dal punto di vista di carichi e sollecitazioni scaturite dal

pistone e dal movimento, a seguito di questi calcoli, si è passato alla verifica della

struttura a fatica sia analiticamente che con gli elementi finiti, valutando in particolare i

punti critici dell’intera struttura, quali le saldature.

40

Nella verifica della struttura si è fatta un’analisi delle tensioni nominali, e

successivamente tramite una modellazione virtuale si è svolta un’analisi agli elementi

finiti verificando in modo più accurato lo stato tensionale sviluppatosi all’interno degli

elementi della struttura più sensibili a fatica, quali le saldature, in modo da stabilirne

l’affidabilità a vita infinita.

Per la verifica delle tensioni nominali è stato necessario schematizzare le varie

intelaiature in travi semplici, in modo tale, da poter applicare in maniera più immediata le

formule e i procedimenti della Scienza delle Costruzioni. I risultati, derivanti da questa

analisi, sono stati confrontati con le vigenti norme dell’Eurocodice3 verificando

l’affidabilità a fatica del macchinario.

Durante l’analisi, si è tenuto sotto controllo la deformazione del braccio oscillante, poiché,

in caso di eccessiva deformazione, la forza esercitata dalla struttura sul cestello potrebbe

diminuire e falsare la verifica a fatica della piattaforma.

Il braccio è stato quindi schematizzato, come in figura 33, con una cerniera fissa nel

punto A, che rappresenta il punto di attacco con la colonna portante, ed un appoggio

fisso, rappresentante il pistone che esplica la forza di 10000N. In punta si è applicata una

forza di 2000N, con la quale il macchinario sollecita a flessione pulsante il cestello.

(figura 33)

41

Per determinare la deformazione in punta è stato utilizzato il Teorema di Castigliano, per

il quale lo spostamento è il rapporto tra la derivata dell’energia potenziale elastica

immagazzinata U e la forza F=2000N che ne genera lo spostamento.

Dal calcolo delle tensioni, la parte della struttura maggiormente sollecitata è quella

inferiore, in quanto le travi longitudinali sono incastrate tramite saldatura al basamento,e

poi , tramite bullonatura , al terreno. Questo rende la struttura iperstatica e soggetta a

maggiori tensioni, causate dall’impossibilità degli elementi di deformarsi.

A questo punto si è passato alla verifica delle saldature, prendendo in considerazione la

condizione più critica, che come detto dall’analisi precedente risulta essere la saldatura

che collega la struttura verticale al basamento. Con riferimento all’eurocodice3 si è

riscontrata la piena affidabilità a fatica delle giunzioni.

Dato l’approccio molto conservativo con il quale sono state calcolate le tensioni si è

ritenuto opportuno effettuare una verifica più rigorosa sull’intera struttura ed, in

particolare, sulle saldature. A tale scopo si è effettuata un’analisi della struttura agli

elementi finiti, al fine di valutare eventuali concentrazioni di tensioni e deformazioni, che

sarebbero difficili da individuare analiticamente.

Nell’analisi agli elementi finiti si è sviluppato un modello FEM che consiste nella

definizione di punti, linee ed aree, al fine di realizzare un modello virtuale del

componente meccanico per analizzare il comportamento elastico-deformativo della

struttura.

(figura 34)

42

Nella realizzazione del pezzo è stata sfruttata la simmetria del macchinario e per questo

ne è stata modellata solo una metà, ponendo nel piano di simmetria opportuni vincoli che

simulino la continuità del materiale.

L’analisi agli elementi finiti, applicata al modello, si pone l’obbiettivo di verificare in modo

più accurato lo stato tensionale sviluppatasi all’interno degli elementi della struttura più

sensibili a fatica, quali le saldature, in modo da stabilirne l’affidabilità a vita infinita.

Infatti è proprio in corrispondenza dei punti di giunzione e delle discontinuità geometriche

che le ipotesi utilizzate nel calcolo delle tensioni nominali perdono gran parte della loro

validità.

L’uso di un programma di calcolo agli elementi finiti è utile nella progettazione di

strutture articolate per poter risolvere condizioni geometriche o di vincolo particolari, in

cui, nella maggior parte dei casi, non esiste una soluzione analitica oppure, se esiste,

richiede l’uso di tecniche di soluzione complesse.

Utilizzando i modellatori solidi però, l’approccio, con il quale vengono esaminati i risultati,

cambia rispetto a quello nominale, poiché, durante la risoluzione delle strutture, il

calcolatore tiene conto di ulteriori fattori che possono far variare le tensioni rispetto

all’andamento nominale.

Se si analizza, infatti, una giunzione saldata agli elementi finiti, si nota come la tensione

risultante si discosta da quella teorica, in quanto si riscontrano delle singolarità (punto in

cui le tensioni tendono all’infinito) in prossimità di intagli o di discontinuità.

I risultati ottenuti dall’analisi nominale hanno evidenziato che le saldature utilizzate per la

realizzazione della struttura soddisfano i requisiti di verifica a fatica a vita infinita. Quelli

più bassi, sebbene prossimi all’unità, sono ottenuti introducendo l’ulteriore coefficiente di

sicurezza parziale di resistenza a fatica previsto dalla normativa:

la modellazione agli elementi finiti, unita all’utilizzazione dell’analisi del comportamento

della saldatura per mezzo della tecnica di hot spot, non solo ha confermato tali risultati,

ma ha anche evidenziato un miglioramento nella valutazione della resistenza globale a

fatica, con un più che accettabile coefficiente di sicurezza pari a:

La modellazione del cordone di saldatura ha permesso di evidenziare un picco di tensione

non riscontrabile con il metodo delle tensioni nominali. Si è verificato che il picco non

risulta essere influenzato dalla dimensioni del cordone di saldatura, ed è quindi da

attribuire alle deformazioni impresse dagli elementi più rigidi collegati dalla saldatura.

43

(Figura 35: tensioni lungo l’asse Y)

La posizione del picco è comunque tale per cui l’instaurarsi di una cricca, seguita da una

eventuale rottura, non comporta il collasso dell’intera struttura e quindi situazioni di

pericolo per il personale che la utilizza, in presenza di normali misure di sicurezza.

Poiché la normativa prevede che il numero di cicli di carico previsti per una piattaforma

aerea sia pari a 100'000, risulta cautelativo effettuare un controllo dell’intera struttura

ogni 10 prove, corrispondenti ad un milione di cicli. L’analisi effettuata fornisce una

previsione di di vita a fatica pari a 2.3∙ cicli, e quindi il controllo avverrà a metà della

vita utile della saldatura.

44

CAPITOLO VIII

TB260

La CMC è un’azienda che da oltre un decennio si occupa della progettazione e

realizzazione di macchinari specifici per effettuare operazioni di costruzione, riparazione e

manutenzione in quota, mirando sempre più su standard di sicurezza e affidabilità elevati

in modo da garantire, in ogni condizione di esercizio, l’incolumità degli addetti che

utilizzano i propri mezzi, senza trascurare però prestazioni e caratteristiche tecniche del

macchinario.

E proprio su questi punti fondamentali che si basa il progetto dell’ultima nata di casa

CMC ovvero la TB260 realizzata in collaborazione con il gruppo di Progettazione

Meccanica del Politecnico di Bari guidato dal prof. Giuseppe Demelio.

La TB260 è una piattaforma aerea di nuova generazione montata su un autocarro che

rientra nella categoria delle piattaforme articolate in cui il braccio principale, di tipo

telescopico, è collegato a un pantografo snodabile che garantisce il miglior compromesso

tra altezza e ingombro di lavoro e offre la possibilità di raggiungere punti particolarmente

critici attraverso manovre rapide e realizzate in totale sicurezza.

Per contenere i pesi, l’intera struttura, è stata realizzata con lamiere di acciaio ad

altissima resistenza con tensione di snervamento di circa 900N/ e spessori molto

sottili dell’ordine dei 2 mm che rendono la struttura estremamente leggera.

Infatti la TB260, comprendendo anche l’autocarro, ha un peso complessivo di 3380 kg e

quindi può essere condotta utilizzando la comune patente B.

Nessuna piattaforma aerea in Europa (probabilmente nel mondo) possiede caratteristiche

operativa simili alla TB260. Grazie alle nuove tecnologie, in termini di materiali e

soluzioni tecniche, utilizzate, il macchinario può raggiungere un altezza massima di

lavoro pari a 24 m con uno sbraccio massimo di oltre 13 m relativi al carico applicato sul

cestello. La piattaforma è stata progettata con un carico massimo di 200 kg quindi è in

grado di trasportare il trasportare un massimo di 2 persone con attrezzi.

45

CAPITOLO IX

DESCRIZIONE DELLA PROVA

La prova di resistenza a fatica si è svolta nella sede dell’azienda di Modugno ed è stata

seguita dal personale addetto della CMC, che in ogni istante ha verificato il perfetto

andamento della prova, e da sopralluoghi periodici del sottoscritto accompagnato dai

relatori.

La prova è stata realizzata con l’ausilio di una strumentazione specifica, messa a

disposizione dall’azienda.

L’attrezzatura di carico è costituita da un martinetto idraulico e il leveraggio meccanico. Il

martinetto è un macchinario elettromeccanico che grazie a un sistema di pistoni azionati

da un motorino elettrico mette in pressione il fluido evolvente. Il leveraggio è

l’attrezzatura progettata per adempiere a tale scopo e descritta nel precedente capitolo.

Per quantificare il carico applicato si è utilizzato un trasduttore di forza con relativa

centralina, grazie al quale si è potuto regolare il carico in base alle esigenze.

Infine sono stati utilizzati una serie di estensimetri elettrici a resistenza, posizionati in

corrispondenza dei cordoni di saldatura da analizzare, per riscontrare l’eventuale

verificarsi di deformazioni e cricche a cui sono principalmente soggette le saldature

sottoposte a fatica.

Gli estensimetri elettrici a resistenza sono costituiti da materiale conduttore e si basano

sul principio fisico che ad un allungamento del conduttore filiforme corrisponde una

variazione della resistenza misurabile attraverso un circuito di lettura collegato ad una

centralina. Gli estensimetri, in fase di prova, sono stati disposti su un supporto che è

stato incollato sulle lamiere adiacenti le saldature. Sono stati utilizzati un numero pari a

26 estensimetri ed il singolo estensimetro, attraverso dei cavi elettrici, è stato collegato

alla centralina di acquisizione dati.

Il carico è stato applicato per mezzo di una fune metallica che collega direttamente il

cestello al braccio oscillante del leveraggio meccanico. La fune è sezionata in due parti,

ad altezza d’uomo, in modo da istallare il trasduttore di forza e permettere all’operatore

la lettura e il controllo dell’intensità e la frequenza di carico.

La normativa di riferimento per le piattaforme aeree è la UNI-EN 280 del 2005 che

specifica tutti i requisiti tecnici e le misure di sicurezza per tutti i tipi e per tutte le

dimensioni di piattaforme di lavoro elevabili, destinate al trasporto esclusivo di persone

46

alle posizioni di lavoro da cui possano svolgere le operazioni di manodopera direttamente

dal cestello della piattaforma.

Nel presente progetto, la nostra attenzione è stata focalizzata sull’analisi della resistenza

a fatica dell’intera struttura che compone il macchinario. La norma prescrive che l’analisi

deve essere fatta per tutte le parti e i punti critici per la fatica, prendendo in

considerazione le caratteristiche costruttive, il grado di fluttuazione delle sollecitazioni,

nonché il numero di cicli di sollecitazione a cui viene sottoposta la macchina. Il numero

dei cicli di sollecitazioni può essere un multiplo del numero dei cicli di carico. Poiché il

numero di oscillazioni dovute alle sollecitazioni durante il trasporto non può essere

calcolato con precisione, la sollecitazione nella posizione di trasporto sui componenti

soggetti a vibrazione deve essere sufficientemente bassa da garantire una durata alla

fatica virtualmente infinita.

Per quanto concerne il numero di cicli di lavoro la normativa prescrive due categorie di

piattaforma:

Servizio pesante - verifica a vita finita per una durata di 100000 cicli (ad esempio 10

anni, 50 settimane all’anno, 40 ore alla settimana e 5 cicli di carico per ora).

Servizio leggero - verifica a vita finita per una durata di 40000 cicli (ad esempio 10

anni, 40 settimane all’anno, 20 ore alla settimana e 5 cicli per ora).

Nella determinazione delle combinazioni di carico è possibile ridurre il carico nominale del

coefficiente spettrale di carico in base alla figura 36:

(Figura 36)

47

La piattaforma in considerazione, la TB260, è stata progettata per servizio pesante,

quindi sono stati effettuati 100000 cicli di sollecitazione. La prova di fatica si è svolta in 2

parti sottoponendo la piattaforma a 2 diverse condizioni di carico con rispettivo sbraccio

massimo ammissibile per ciascuna prova, con un numero complessivo di cicli pari a

200000.

Secondo la normativa il carico nominale da considerare in fase di progetto è dato dalla

seguente formula: m = n · mp + me. Dove m (carico nominale) è dato dalla somma della

massa del numero di persone presenti sul cestello più la massa delle attrezzature. I

valori prescritti dalla normativa sono:

mp = 80 kg (massa di )

me ≥ 40 kg (massa minima degli attrezzi e dei materiali)

n numero di persone ammesse sulla piattaforma

La prima prova è stata eseguita con un carico di 200 kg (2 persone + attrezzi) e

massimo sbraccio, la seconda con un carico massimo di 80 kg (una sola persona) e

massimo sbraccio. In questo caso la normativa prevede che i carichi massimi per la

verifica a fatica non includono il carico vento. Inoltre essi vanno ridotti, nel caso

specifico, del 10% per tener conto che non tutti i cicli raggiungono il valore massimo.

Nel caso in questione tale riduzione non è stata introdotta in sede di prova proprio per

aumentare l’affidabilità dei risultati della prova e di conseguenza quella del macchinario.

48

CAPITOLO X

DATI DELLA PROVA

Per la rilevazione dei dati, durante la prova di resistenza a fatica della nostra TB260, è

stata adottata una metodologia di indagine sperimentale non distruttiva, ovvero sono

stati utilizzati degli estensimetri elettrici che hanno consentito la valutazione dello stato

tensionale locale nei punti critici della struttura in particolare nelle saldature.

Le prove estensimetriche sono il metodo sperimentale più sicuro ed efficace per la

verifica diretta di strutture in qualsiasi situazione, sia di esercizio, sia di montaggio e sia

in fase di collaudo. Le modalità di funzionamento dell’estensimetro si basano sul principio

fisico della variazione di resistenza di un conduttore sottoposto a deformazione. Infatti la

resistenza di un conduttore è direttamente proporzionale alla resistività del materiale ,

alla lunghezza e inversamente proporzionale alla sezione dello stesso. Quindi applicando

il carico, l’estensimetro, posizionato in corrispondenza delle saldature, subirà una leggera

deformazione in termini di allungamento e strizione comportando una variazione della

resistenza e restituirà, tramite l’opportuna strumentazione, un valore di deformazione ε.

Inoltre, grazie a questa metodologia, si ha il vantaggio di effettuare i rilievi direttamente

sul campo e quindi in condizioni di funzionamento reali. Infine tramite il sistema di

acquisizione e registrazione dei dati in ingresso è poi possibile rielaborare i valori rilevati

durante le prove ed osservare la variazione delle tensioni locali a seguito delle diverse

condizioni di carico impostate durante la prova.

Nella verifica sperimentale a fatica dei giunti saldati, si deve fare riferimento al

documento XIII-1956-03/XV-1127-03 prescritto dall’istituto internazionale delle saldature

(IIW: International Istitute of Welding) che ha lo scopo di raccomandare la progettazione

dell’analisi sperimentale di componenti saldati al fine di evitare il fallimento a fatica della

struttura.

Nel calcolo delle tensioni la normativa fornisce diversi metodi di calcolo tra i quali il

calcolo delle tensioni nominali, di difficile utilizzo per saldature complesse, e il metodo

Hot Spot. Nel nostro caso si è preso in considerazione il metodo Hot Spot che si propone

di individuare il valore della tensione geometrica equivalente in prossimità del cordone di

saldatura, ottenuto attraverso un’interpolazione dei valori a partire dal punto in cui si ha

un picco massimo della tensione, detto Hot spot e coincidente con il piede di saldatura, e

spostandosi verso i punti posti ad una data distanza dallo stesso, tale distanza dipende

dallo spessore del giunto.

49

Possiamo distinguere due tipi di tensioni strutturali Hot spot, in base alla loro posizione

sulla piastra e in base al loro orientamento rispetto al cordone di saldatura:

a) Tensione trasversale sulla superficie di saldatura, ed è determinabile tramite

un’analisi agli elementi finiti o tramite una misura sperimentale.

b) Tensione trasversale al bordo del cordone di saldatura, ed è determinabile tramite

un’analisi agli elementi finiti o tramite una misura sperimentale.

(figura 37)

In figura 37 sono riportati i 2 tipi di hot spot presi in considerazione nella normativa.

Il documento citato in precedenza, dell’istituto internazionale delle saldature, per la

realizzazione della prova sperimentale raccomanda il posizionamento e il numero di

estensimetri da utilizzare, nei diversi tipi di giunti saldati, che dipendono dalla presenza

di sollecitazioni a flessioni, dallo spessore delle piastre e dal tipo di tensione strutturale.

50

Nella figura 38 sono rappresentati diverse modalità di posizionamento degli estensimetri

in base al tipo di giunto saldato preso in considerazione. E si può notare come il numero

e la posizione delle rosette è strettamente legata al tipo di saldatura e soprattutto allo

spessore ‘’t’’ delle piastre del giunto.

(figura 38)

Il punto centrale del primo estensimetro deve essere posizionato ad una distanza di 0.4t

dal bordo della saldatura. La lunghezza dell’estensimetro non deve superare 0.2t. se ciò

non è possibile a causa di un piccolo spessore della piastra, il bordo dell’estensimetro

deve essere posizionato ad una distanza di 0.3t dal bordo della saldatura.

Nel calcolo delle deformazioni bisogna tener conto dei due tipi di Hot spot:

Tipo “a” hot spot

due estensimetri in corrispondenza dei punti 0.4t e 1.0t e estrapolazione lineare.

tre estensimetri in corrispondenza dei punti 0.4t, 0.9t e 1.4t, con estrapolazione

quadrata nel caso in cui si ha un eccesivo aumento non lineare delle tensioni

strutturali in corrispondenza dell’hot spot.

Spesso sono utilizzate delle griglie con distanze fisse tra gli estensimetri. Gli estensimetri

non possono essere posizionati cosi come riportato. Quindi si consiglia di utilizzare ad

esempio quattro estensimetri e fissare una curva per i risultati.

51

Tipo “b” hot spot

Gli estensimetri sono attaccati al bordo piastra a 4, 8 e 12 mm dalla punta della

saldatura. La tensione sul hot spot è determinata per estrapolazione quadratica al

piede del cordone di saldatura.

Dopo aver ottenuto tutti i dati in riferimento alle deformazioni è possibile calcolare le

tensioni strutturali di hot spot tramite delle formule algebriche.

Se lo strato di stress è mono assiale, le tensioni strutturali di hot spot sono ottenute dalla

formula seguente :

Mentre negli stati tensionali biassiali, lo stress effettivo può essere fino al 10% superiore

rispetto a quello ottenuto algebricamente, per questo si raccomanda l’utilizzo di

estensimetri a rosetta. Se tramite il modelle FEA si conoscono i rapporti delle

deformazioni longitudinali e trasversali εy / εx, le tensioni di hot spot possono essere

calcolate dalla seguente formula, supponendo che la tensione principale sia

perpendicolare al bordo della saldatura:

Normalmente nel calcolo algebrico delle tensioni vengono presi in considerazione le

variazioni della deformazione strutturale Δε = εmax - εmin che danno informazioni sulla

variazione delle tensioni strutturali di hot spot Δσhs.

52

CAPITOLO XI

PROVA ESTENSIMETRICA

Prendendo in considerazione le norme citate pocanzi e rispettando le raccomandazioni e

gli standard elencati per la progettazione di un’analisi a fatica, i tecnici della CMC hanno

individuato i punti critici della struttura e in corrispondenza di essi hanno istallato gli

estensimetri elettrici.

Data la limitazione della strumentazione, dovuta al fatto che la centralina di acquisizione

dati poteva supportare un numero massimo di quattro estensimetri, non è stato possibile

verificare contemporaneamente tutti i punti critici della struttura e quindi l’intera prova è

stata suddivisa in 16 fasi.

I dati registrati dagli estensimetri fanno riferimento alle deformazioni riscontrate durante

la prova, dai quali, tramite un foglio di calcolo elettronico, vengono estrapolati i valori

minimi e massimi per ciascun estensimetro e successivamente vengono calcolati

algebricamente i valori tensionali di trazione e compressione. Nel nostro caso, essendo lo

stato di stress mono assiale le tensioni sono state calcolate con la seguente formula:

Nella prima verifica si è sottoposto ad esame il telaio principale su cui è appoggiato il

braccio elevatore. Il telaio è stato progettato e realizzato dalla CMC e successivamente

istallato sull’autocarro. Data la presenza di diverse saldature e quindi di punti critici, i

tecnici hanno posizionato tre estensimetri in corrispondenza delle diverse giunzioni. Dai

dati acquisiti prevale una tensione di compressione medio bassa che non comporta

situazioni strutturali critiche da prendere in considerazione.

Successivamente si è passati alla verifica della base della torretta, precisamente in

corrispondenza della ralla del braccio, e sono stati utilizzati quattro estensimetri per le

misurazioni. Nella figura 39 è evidenziato il particolare strutturale (base torretta-ralla) in

esame e i due estensimetri (numero 4 e 5) posizionati nelle vicinanze della saldatura su

entrambi i lati della torretta.

53

(figura 39)

Dall’analisi non si è riscontrato alcuna situazione critica in quanto le tensioni in gioco

sono piuttosto basse e quindi la struttura ha un basso grado di sollecitazione.

Nella terza fase, l’attenzione dei tecnici è caduta sulla torretta dove anche in questo caso

non ci sono sollecitazioni di rilievo agenti sulla struttura esaminata.

Successivamente si è passati all’esame della biella e del pantografo inferiore. Essendo

due elementi particolarmente importanti nel complesso strutturale, la prova è stata

ripetuta nelle 2 diverse configurazioni di carico, ovvero, con 80 kg a massimo sbraccio e

200kg a massimo sbraccio. Nella prima fase sono stati utilizzati quattro estensimetri

collocati sullo snodo biella, lato biella, parte inferiore del braccio del pantografo e sulla

saldatura interna del braccio del pantografo, in seguito variando il carico e le condizioni di

esercizio sono state analizzate nuovamente le saldature solo in corrispondenza del

braccio pantografo, rilevando un aumento della tensione di trazione e compressione

rispettivamente nella parte inferiore e nella parte interna del braccio.

Nella fase successiva si è effettuata una riprova sulla base della torretta con una

inversione dell’applicazione del carico, riscontrando, rispetto alla precedente prova, un

aumento delle tensioni di compressione e una diminuzione delle sollecitazioni di trazione

in modo da dedurre una maggior sicurezza del giunto saldato nelle medesime condizioni

di esercizio.

In seguito si è passati alla settima fase prendendo in considerazione i giunti saldati

presenti sul pantografo superiore del braccio elevatore. In questo caso è stato applicato

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un carico di 200 kg con uno sbraccio di 9 metri e sono stati utilizzati tre estensimetri

elettrici posizionati rispettivamente nella parte inferiore del braccio, nella parte centrale

della pancia e in corrispondenza dell’attacco del cilindro di sollevamento. Dai dati rilevati i

giunti sono stati sottoposti a tensioni medio basse che non hanno comportato alcun

problema strutturale.

Nell’ottava prova si è analizzata la biella a sbalzo ovvero la parte principale del braccio

elevatore alla cui estremità è collegato il cestello della piattaforma. Sono stati collegati

quattro estensimetri sulle principali saldature del componente strutturale e in

corrispondenza della saldatura posta sulla parte inferiore della biella (figura 40) si sono

registrate le tensioni massime di compressione e trazione con valori piuttosto elevati

rispetto alla media riscontrata nelle altre prove. Nonostante gli elevati valori tensionali, la

struttura e i giunti saldati hanno mantenuto a pieno la loro integrità garantendo un

elevato grado di resistenza alla fatica nelle condizioni di carico a cui sono state sottoposte

durante la prova.

(figura 40)

Nella nona fase si è messa sotto esame la piastra di collegamento situata sull’attacco del

cilindro di sollevamento. È stato utilizzato un solo estensimetro che ha registrato una

tensione di compressione medio alta e in compenso un valore prossimo allo zero per

sollecitazioni di trazione.

Infine sono state analizzate le saldature effettuate sullo sfilo del braccio telescopico con

l’ausilio di due estensimetri che hanno registrato bassi valori tensionali.

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Successivamente sono state ripetute alcune verifiche in particolare nelle saldature situate

sulla base della torretta, sul telaio principale d’appoggio e in corrispondenza della ralla,

che hanno riscontrato gli stessi risultati delle prove fatte in precedenza dando un

ulteriore conferma dell’elevata resistenza a fatica delle componenti strutturali.

TENSIONI GEOMETRICHE

Facendo riferimento all’Eurocodice 3, una volta determinate le tensioni tramite la prove

di resistenza a fatica, dovranno essere determinati o i campi di variazione delle tensioni

nominali oppure i campi di variazione delle tensioni geometriche. La variazione nel tempo

delle tensioni, dovuta alla applicazione dei carichi, dovrà essere ridotta ad uno spettro di

campi di variazione delle tensioni impiegando un metodo efficace per il conteggio dei

cicli. Per molte applicazioni i metodi di conteggio più utilizzati sono quelli del rainflow (di

flusso) e del reservoir (del serbatoio).

Quando un componente costruttivo è definito nei prospetti di classificazione da 9.8.1 a

9.8.7 dei dettagli prescritti dall’Eurocodice 3, nella verifica a fatica si dovrà prendere in

considerazione i campi di variazione delle tensioni nominali. Qualora il dettaglio

costruttivo differisca da quelli definiti nei prospetti di classificazione per la presenza ad

esempio di discontinuità geometriche oppure sia un elemento cavo o un giunto tubolare

avente spessore maggiore di 12.5 mm, si dovrà considerare il campo di variazione delle

tensioni geometriche.

Nel caso in esame si è dovuto prendere in considerazione il campo di variazione delle

tensioni geometriche, in quanto, le saldature realizzate sulla TB260 non rientravano

tra quelle definite nei prospetti o presentavano discontinuità geometriche.

La tensione geometrica corrisponde al valore di tensione massima che si presenta nel

metallo base in corrispondenza del piede del cordone di saldatura e prende in

considerazione gli effetti della concentrazione delle tensioni dovute alla geometria globale

di un particolare componente strutturale, escludendo gli effetti di concentrazioni locali

degli sforzi dovuti alle discontinuità geometriche presenti nella saldatura e nel metallo

base. La tensione geometrica è pure conosciuta come tensione di picco (‘’hot spot

stress’’).

Nella determinazione del valore massimo Δσ delle tensioni geometriche, bisogna

considerare varie posizioni all’attacco del cordone intorno al giunto saldato o alla zona di

concentrazione degli sforzi. Tali valori possono essere determinati, usando coefficienti di

concentrazione degli sforzi ottenuti da formule algebriche, da un’analisi agli elementi finiti

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o da un modello sperimentale. Una valutazione della resistenza a fatica basata sui campi

di variazione Δσ delle tensioni geometriche può essere trattata in modo simile a quella

indicata per le tensioni nominali, sostituendo al Δσ nominale il Δσ riferito alle tensioni

geometriche.

Le curve riportante in figura 41 per la resistenza a fatica da impiegare per la valutazione

basata sui Δσ delle tensioni geometriche sono le seguenti:

a) Per saldature di testa a completa penetrazione:

Categoria 90 quando sono soddisfatti i criteri di accettabilità relativi sia al

profilo dei giunti sia ai difetti di saldatura;

Categoria 71 quando sono soddisfatti solo i criteri di accettabilità dei difetti

di saldatura.

b) Per saldature di testa a parziale penetrazione o con cordoni d’angolo caricati

direttamente:

Categoria 36 oppure in alternativa una curva di resistenza a fatica ottenuta

da risultati di prove a fatica adeguate.

(figura 41)

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Per la determinazione dei campi di variazione delle tensioni nei giunti saldati a parziale

penetrazione o a cordoni d’angolo, partendo dalle forze trasmesse dalla saldatura per

unità di lunghezza si otterranno le componenti trasversali e parallele all’asse

longitudinale della saldatura. Infatti la sollecitazione di fatica nella saldatura è composta

da 2 componenti una perpendicolare all’asse σw, tensione normale, e l’altra parallela

all’asse τw, tensione tangenziale calcolabili tramite il metodo indicato nell’appendice M

dell’Eurocodice 3 con le seguenti relazioni:

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CAPITOLO XII

CONCLUSIONI SECONDA PARTE DEL PROGETTO.

Come evidenziato nei capitoli precedenti, la prova è stata svolta in riferimento alla

normativa UNI-EN 280 che prevede una progettazione a vita finita con limite di 100000

cicli per il servizio pesante, mentre per quanto riguarda la prova di resistenza a fatica di

strutture in acciaio e giunti saldati si è fatto riferimento all’ Eurocodice 3.

Tutte le normative relative alla verifica a fatica di giunzioni saldate fanno riferimento a

linee S-N tracciate con affidabilità del 90%. Nella verifica a fatica della TB260, la CMC, ha

seguito una prassi più rigida prendendo in riferimento dei valori di affidabilità del 99.9%,

stabiliti sulla base delle possibilità di utilizzo improprio del mezzo, ad esempio per

sollevamento di carichi. Per questo la prova è stata prolungata a oltre 200000 cicli

complessivi, senza considerare la riduzione dei carichi prevista dalla normativa.

Al termine della prova, i tecnici dell’azienda, operando con tecniche di controllo non

distruttive, in tal caso è stata utilizzata la tecnica a liquidi permanenti, hanno ispezionato

l’intera struttura e non si è riscontrato alcun danneggiamento strutturale (cricche e

inneschi), in particolare nelle zone di saldatura.

È possibile quindi concludere affermando che la macchina TB260 presenta caratteristiche

di resistenza a fatica che vanno oltre gli standard previsti dalla normativa.