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n.11 – novembre 2013 la Biblioteca di via Senato Milano mensile, anno v FONDO MODERNO L’anticonformista Alfredo Cattabiani di gianfranco de turris CASO OSTELLINO Libertà e liberalismo: un’utopia in Italia? di gianluca montinaro PUNTURE DI PENNA Consigli intellettuali per il vero Maître à penser di luigi mascheroni LIBRO DEL MESE Italia postunitaria: “Viva il Re, abbasso il Re!” di giampietro berti BIBLIOFILIA L’astro che manca: ‘not in Cantamessa’ di giancarlo petrella

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n.11 – novembre 2013

la Biblioteca di via SenatoMilanomensile, anno v

FONDO MODERNOL’anticonformistaAlfredo Cattabianidi gianfranco de turris

CASO OSTELLINOLibertà eliberalismo:un’utopia in Italia?di gianluca montinaro

PUNTURE DI PENNAConsigliintellettuali per il vero Maître à penserdi luigi mascheroni

LIBRO DEL MESEItaliapostunitaria: “Viva il Re, abbasso il Re!”di giampietro berti

BIBLIOFILIAL’astro che manca:‘not in Cantamessa’di giancarlo petrella

Si ringraziano le Aziende che sostengono questa Rivista con la loro comunicazione

Sommario6

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BvS: Fondo ModernoL’ANTICONFORMISTAALFREDO CATTABIANIdi Gianfranco De Turris

Il caso OstellinoLIBERTÀ E LIBERALISMO:UN’UTOPIA IN ITALIA?di Gianluca Montinaro

BvS: BibliofiliaL’ASTRO CHE MANCA:‘NOT IN CANTAMESSA’di Giancarlo Petrella

EditoriaMONDADORI, EDITORE A VOLTE “NON VENALE”seconda partedi Massimo Gatta

IN SEDICESIMO - Le rubricheLE MOSTRE – LO SCAFFALE LA NOTIZIA – LA RIVISTAa cura di Luca Pietro Nicoletti,Augusto Grandi e Sandro Giovannini

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Punture di pennaCONSIGLI INTELLETTUALIPER IL VEROMAÎTRE À PENSERdi Luigi Mascheroni

Il libro del meseITALIA POSTUNITARIA: “VIVA IL RE, ABBASSO IL RE!”di Giampietro Berti

L’altro scaffaleLA PAROLA SCRITTA, L’IMMAGINE DIPINTAdi Alberto Cesare Ambesi

Filosofia delle parole e delle coseDESERTO: IL NULLA DELLE COSE E DELLE PAROLEdi Daniele Gigli

BvS: il ristoro del buon lettoreFULMINE, IL RISOTTO DI GADDA!di Gianluca Montinaro

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

MENSILE DI BIBLIOFILIA – ANNO V – N.11/45 – MILANO, NOVEMBRE 2013

la Biblioteca di via Senato – Milano

Fondazione Biblioteca di via Senato

PresidenteMarcello Dell’Utri

Consiglio di AmministrazioneMarcello Dell’UtriGiuliano Adreani Fedele Confalonieri Ennio Doris Fabio Pierotti Cei Fulvio Pravadelli Carlo Tognoli

Segretario GeneraleAngelo de Tomasi

Collegio dei Revisori dei contiPresidenteAchille FrattiniRevisoriGianfranco Polerani Francesco Antonio Giampaolo

Biblioteca di via Senato – Mostre

- Mostra del Libro Antico- Salone del Libro Usato

OrganizzazioneInes LattuadaMargherita Savarese

Ufficio StampaEx Libris Comunicazione

Biblioteca di via Senato – Edizioni

RedazioneVia Senato 14 - 20122 MilanoTel. 02 76215318 - Fax 02 [email protected]@bibliotecadiviasenato.itwww.bibliotecadiviasenato.it

Direttore responsabileGianluca Montinaro

Servizi GeneraliGaudio Saracino

Coordinamento pubblicitàMargherita Savarese

Progetto graficoElena Buffa

Fotolito e stampaGalli Thierry, Milano

Referenze fotograficheSaporetti Immagine d’Arte - Milano

Immagine di copertinaAlfredo Cattabiani a Roma nel 1982

L’Editore si dichiara disponibile a regolareeventuali diritti per immagini o testi di cuinon sia stato possibile reperire la fonte

Stampato in Italia© 2013 – Biblioteca di via SenatoEdizioni – Tutti i diritti riservati

Reg. Trib. di Milano n. 104 del11/03/2009

N on solo e non più segnali. Ma fatti, e – purtroppo – anche tanti. Presinella singolarità possono destare

perplessità. Ma, se visti nella loro globaleinsorgenza, sono preoccupanti perché disegnanouna realtà culturale e politica – quella italiana –di sistematica intolleranza nei confronti di chiunque e qualunque cosa non siano allineatialla comoda mediocrità del pensiero comune. È facile quindi imbattersi negli insulti quotidianirivolti a una celebre firma del giornalismo(Piero Ostellino) colpevole di dichiararsi liberale;nel boicottaggio da parte di una larga fetta della stampa culturale (sobillata dall’Anpi) di un premio di saggistica storica (l’Acqui Storia)reo di aver insignito un libro sui fratelli Cervi(scritto peraltro da Dario Fertillo, giornalista del «Corriere della Sera») non in linea con la vulgata resistenziale... fino a giungereall’operato di un Parlamento che da un lato sta

istituendo un reato (quello di negazionismo) che, in barba all’articolo 21 della Costituzione,introduce di fatto il divieto a manifestareliberamente il proprio pensiero, e dall’altro è pronto a “eliminare” il capo del principaleschieramento politico italiano. Che l’Italia sia un paese immaturo e alieno alla cultura liberale è cosa nota. Che sia un paeseove sistematicamente si ricorre alla violentaemarginazione per annientare il nemico (come – su questo numero della rivista –Gianfranco de Turris ricorda essere accaduto ad Alfredo Cattabiani, grande solitario dellacultura non conformista) è cosa altrettanto nota.Più preoccupante è che la maggioranza degli Italiani consideri normale questo clima di intolleranza, che nega alla base il principiodella libertà personale e della libera espressioneindividuale.

Gianluca Montinaro

Editoriale

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BvS: Fondo Moderno

“mercato” che funziona così, lacruda legge del best seller o pseudotale, della rincorsa all’autored’effetto possibilmente giovane edonna, del caso clamoroso. Lamerce cattiva scaccia la mercebuona. A soccorrerci e ad aiutarcia ricordare possono però essere ilibri. Nel Fondo Moderno dellaBiblioteca di via Senato sonoconservate molte opere di un in-tellettuale che da molti è stato di-menticato: Alfredo Cattabiani(Torino, 26 maggio 1937 - SantaMarinella, 18 maggio 2003), una

personalità per di più penalizzata dal fatto di esserestato del tutto controcorrente rispetto alla culturadominante in questo Paese.

Uno egli episodi che Cattabiani ricordavaspesso era quel che avvenne durante il suo esamedi laurea. Avvenne che il professor Norberto Bob-bio gli scagliasse contro la tesi. Indignato perchéera scritta con i piedi o insostenibile scientifica-mente? No. Indignato perché era dedicata al pen-siero politico di Joseph de Maistre! Una intollera-bile provocazione, secondo un tipico modo di diredella Sinistra. Alfredo ritornava su quel fatto perdimostrare quale fosse il clima di faziosità e inti-midazione nella Torino azionista del 1960. E aquali “maestri di vita” facesse essa riferimento: ap-

L’ANTICONFORMISTAALFREDO CATTABIANI

A dieci anni dalla scomparsa di un intellettuale non allineato

Non è nuova, anzi è usua-le, la lamentela per lasuperficialità e la sme-

moratezza della nostra culturaufficiale e giornalistica che sem-pre più spesso dimentica autori,anche importanti e significativi,scomparsi magari da non troppotempo non ristampandone i librie obliando gli anniversari che liriguardano. Tendenza purtrop-po accentuatasi negli ultimi diecianni, cioè dall’avvento di inter-net e delle cosiddette Reti Socialiche, alla fin fine, al di là di alcunipositivi aspetti pratici, si sono dimostrati media che,grazie alla quantità abnorme delle informazioni ealla loro velocità che tende a scalzarle fra loro e aporre sullo stesso piano fatti importanti e fatti ba-nali, vero e falso, hanno propiziato il consolidarsidella superficialità e della tendenza alla smemora-tezza personale e collettiva.

Non passa giorno in cui qualcuno non denunciche il tale scrittore, o pensatore, o filosofo, o poeta,o scienziato sia caduto nel dimenticatoio, nessunolo ricorda più, le sue opere fuori catalogo. Ma è il

Nella pagina accanto: Alfredo Cattabiani, in occasione del

Premio Editoriale Rusconi (Milano, 1974). Sopra: sempre

Cattabiani, ritratto nel suo studio, a Santa Marinella (2001)

GIANFRANCO DE TURRIS

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punto un Bobbio, che come in seguito si appresegrazie a Pietrangelo Buttafuoco, non solo prestògiuramento al fascismo per poter diventare do-cente universitario, ma scrisse anche lettere dipiaggeria a Mussolini per far carriera.

Ma oggi si può ben dire che quella scena è vera-mente emblematica della sua vita, della sua battagliaeditoriale, e riassume un po’ tutto il destino di un’a-rea culturale. Combattere incessantemente controchi non sa far altro che scagliarsi contro di te sol per-ché hai idee differenti. A priori. Per principio. Nes-sun “dialogo” (del quale tanto si fa l’apologia), nes-suna discussione, nessun confronto pari a pari. Nul-la. E di questo Cattabiani fece le spese sulla propriapelle. Una esperienza che lo segnò per sempre, pro-babilmente anche nel corpo. Un clima, a oltre mez-zo secolo dall’episodio e a dieci anni dalla sua morte,che non è poi molto cambiato.

Delle sue molte attività culturali - direttoreeditoriale e traduttore, giornalista e saggista, con-ferenziere e conduttore di programmi radiofonici -io credo che in questa sede sia necessario ricordaresoprattutto la prima, anche se non si deve dimenti-care la sua opera di saggista: quella appunto di or-ganizzatore culturale e direttore di case editrici. Lofece per quasi vent’anni, dal 1962 al 1979, primaper le Edizioni dell’Albero e per la Borla a Torino,poi per la Rusconi Libri a Milano. È qui, con il suolavoro e la sua intelligenza, che ha dimostrato con-cretamente come fosse possibile opporsi alla “ege-monia culturale comunista” (come la definì alla fi-ne degli anni Ottanta il politologo liberale NicolaMatteucci, anche se nessuno se lo ricorda più)quando se ne hanno le possibilità: sia traducendoautori del tutto trascurati o rimossi, sia scoprendonuove firme italiane e straniere nella narrativa enella saggistica. Che avesse capito quel che si dove-va fare per contrastare il monopolio marxista e illu-minista, stanno a dimostrarlo da un lato il successocommerciale delle sue scelte, dall’altro la forsenna-ta ostilità della intellighezia progressista, incontra-stata su riviste e giornali dell’epoca. Fosse stato unincapace e un mediocre non lo avrebbero preso inconsiderazione. Con la sua direzione delle tre caseeditrici, Alfredo si propose in crescendo di mezzi diorganizzare una produzione alternativa a quellaegemone (la cattocomunista, per usare un termineconiato dal filosofo Augusto Del Noce, suo mae-stro a Torino e dopo) su diversi piani: culturale,ideale, religioso e meta politico.

Non amava le definizioni e le contrapposizioniDestra/Sinistra, che sapeva troppo di politica poli-ticante, e amava definire l’altra cultura tradizionaleo meglio sapienziale, la cultura della perennità con-tro l’effimero, del sacro e dello spirito contro il ma-terialismo, della fantasia contro il neorealismo, del-la libertà contro il determinismo, della classicitàcontro il modernismo, dell’idealismo contro lo sto-ricismo e lo scientismo. Era per la civiltà del com-mento rispetto a quella della critica, come direbbe

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Zolla, o per la civiltà del tempo rispetto a quella del-lo spazio, come direbbe Evola.

E nelle sue case editrici accolse tutte le varieanime di questa cultura, perché tutte si opponevanoal degrado materialista e becero dominante alloracome purtroppo ancora oggi. Ecco perché pubblicònelle Edizioni dell’Albero ad esempio La grandepaura dei benpensanti di Bernanos, o il saggio controEmmanuel Mounier di Primo Siena, o L’uomo in al-larme, il primo libro di Fausto Gianfranceschi; eccoperché per Borla scopri organicamente (in prece-denza si conoscevano in italiano solo un paio di ope-re) Mircea Eliade messo al bando dagli storici dellereligioni progressisti e marxisti con scuse politiche(è noto lo scontro Pavese-De Martino) traducendo-ne diverse altre, la cui lettura ha aperto molte menti,e diede vita sia ad una collana di profili critici discrittori italiani dove trovò spazio il primo mai pub-blicato su Dino Buzzati, sia ad un’altra sotto la dire-zione di Augusto Del Noce ed Elémire Zolla, quei“Documenti di cultura moderna” che coperti da untitolo tutto sommato anodino riuniva autori “tradi-zionali” delle più diverse tendenze, da Schuon a Ro-smini, da Burckhardt a Weil, da Pallis a Seldmayr:

autori e opere che offrivano una diversa “visione delmondo” ai giovani lettori di allora e che sono statipoi ripresi da altre case editrici sovente immemoridi chi per primo li scoprì.

Molte di queste firme trasmigrarono alla Ru-sconi, una realtà organizzativa ed economica chepermise a Cattabiani di impegnarsi a fondo nel suoprogetto: ambizioso, al limite del temerario e dellaincoscienza, ma in parte riuscito, almeno fino a chela casa editrice appoggiò il suo direttore. Cattabianioperava a tutto campo: collane prestigiose e costo-se, ma anche collane tascabili e a basso prezzo, clas-sici di filosofia trascurati o riscoperti ma anche nar-rativa da premi letterari.

Possiamo ricordare alcuni filoni che aprì Al-fredo? Dalla fantasy nel senso più alto e nobile con IlSignore degli Anelli (immediatamente respinto eboicottato dalla cultura di sinistra con Eco in testa)alla presentazione “vera” della civiltà dei pellerossa,dalla valorizzazione di autori sofisticati come Cri-stina Campo (poi riscoperta da Adelphi) a GuidoCeronetti (il cui romanzo Aquilegia ignorato quan-do uscì da Rusconi, venne salutato come capolavoroquando fu ristampato da Einaudi), dal revisionismo

Sotto, a destra: Alfredo Cattabiani nella sua casa di Santa Marinella, nell’ottobre 2002

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ante litteram di Carlo Alianello, al primo seriocontributo scientifico contro il darwinismo con leopere di Sermonti e Fondi; impose un filosofoemarginato perché non progressita come AugustoDel Noce, oggi ritenuto un maestro; offrì al gran-de pubblico l’opera difficile ma fondamentale diRené Guénon, sino a quel momento confinata aisuoi adepti (anch’esso ripreso da Adelphi). Anchesottrasse alla cosiddetta “grande editoria” narra-tori di spicco, come tra gli altri Giuseppe Berto eGiorgio Saviane, che improvvisamente divennerodei poco di buono.

Un vero scandalo, un attentato ai sacri princi-pi, un complotto dei reazionari, una intollerabileprovocazione! Appunto.

Insomma, Alfredo Cattabiani non aveva la mi-nima paura di gettare sassi nello stagno o, meglio, inpiccionaia: e i piccioni non solo protestarono, maattaccarono tramutandosi in corvi, calunniarono,insinuarono, iniziarono campagne diffamatorie einsultanti, non perdevano occasione per stroncare oper silenziare. Insomma, si comportavano come siera comportato il prof. Bobbio. Anzi, fecero ancoradi peggio, perché almeno quello di Bobbio fu un at-to diretto ed esplicito. I “padroni della cultura” (per

riprendere il titolo di un pamphlet a più mani che Al-fredo provocatoriamente pubblicò) usarono l’armasubdola dell’insinuazione: la Rusconi Libri era nataproprio nel 1969-1970 perché faceva parte di un piùampio progetto di “restaurazione” non solo cultu-rale ma politica in opposizione alla rivoluzione de-mocratica e liberatrice del Sessantotto. Dietro c’e-rano la DC, i servizi segreti, i fascisti, la CIA.

Follie? No, carta canta. Parole pericolosissi-me: quelli erano gli anni della “contestazione”, diPiazza Fontana, stavano iniziando gli “anni dipiombo”, le Brigate Rosse sequestravano e sparava-no, gli scontri di piazza fra destra e sinistra frequen-tissimi, Milano in specie era un campo di battagliapermanente. Le insinuazioni, più o meno esplicite,servivano a ghettizzare, a mettere in difficoltà la Ru-sconi nei confronti non solo degli autori italiani chepubblicavano con lei, ma anche i recensori, addirit-tura i distributori ed i librai. Una casa editrice che sibatteva contro il comunismo, il progressismo, ilmaterialismo, lo scientismo, i luoghi comuni storicie culturali dei progressisti, doveva essere isolata edistrutta. Ci fu chi scrisse che intorno ad essa biso-gnava creare “un cordone sanitario”, quasi fosse unmorbo epidemico... E alla fine ci riuscirono.

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Il risultato fu che la Rusconi, assediata daogni parte, non riuscì più a sopportare quell’attac-co: l’unica cosa da fare era prima affiancare, poispostare, esautorare poco a poco e alla fine co-stringere a gettare la spugna il responsabile di tan-to scandalo. Nel 1979 Alfredo Cattabiani abban-donò la Rusconi, abbandonò il lavoro editoriale,abbandonò Milano e si trasferì a Roma dove ini-zierà una nuova vita e un nuovo lavoro.

Non fu persecuzione, quella? Che qualcunoosi negarlo ed osi dire si era all’interno di una nor-male “dialettica culturale. E’ sufficiente sfogliare ifascicoli degli anni Settanta di riviste allora moltopoliticizzate (alcune delle quali nel frattemposcomparse), da L’Espresso a Panorama, da L’Europeoa Epoca, da Vie Nuove a Rinascita, le “terze pagine”dei giornali di partito (L’Unità, l’Avanti!, Paese Se-ra) o di opinione, dal Corriere della Sera a La Stam-pa, da La Repubblica a Il Messaggero. Ne verrebbefuori non solo una storia veritiera della cultura ita-liana durante la “contestazione” e gli “anni dipiombo” in cui le parole venivano usate come pal-lottole per decretare la morte civile e intellettuale

di una casa editrice e del suo direttore.Nei successivi ventitre anni Alfredo ha fatto

il giornalista (Il Settimanale, Il Tempo, il Giornale),il conduttore radiofonico (RAI), ma soprattutto ilsaggista (come testimoniano anche i tanti suoi vo-lumi conservati presso la Biblioteca di via Senato)pubblicando molti titoli (alcuni con la moglie Ma-rina Cepeda Fuentes) e, riordinando vecchie ope-re e progettandone nuove ha iniziato quella cheaveva chiamato Storia dell’Immaginario, l’analisidel simbolismo insito nel mondo che ci circonda eche l’uomo moderno laicizzato non percepisce piùnon riuscendo più a leggere il Libro della Natura,il microcosmo e il macrocosmo. Un’opera d’im-mensa erudizione ma di stile piacevole e accatti-vante: per ultimi, nonostante la malattia che loaveva aggredito, pubblicò nel 2000 Volario, nel2001 Zoario e nel 2002 Acquario tutti editi da Mon-dadori. Rimane incompiuto e inedito Terrario, einterrotto il suo enciclopedico progetto: Alfredoaveva soltanto 66 anni quando morì e avrebbe po-tuto avere il tempo per completarlo se il Fato nonavesse deciso diversamente. Non si sa che fine ab-

Da sinistra: Georges Bernanos (1888-1948), Joseph de Maistre (1753-1821) e Mircea Eliade (1907-1986)

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bia fatto Terrario. E’ ancorapresso Mondadori? Ma se dopodieci anni non è stato ancorapubblicato, possibile che non siapossibile sganciarlo da Segrate?

Per tutto quel che fece - ed èstato moltissimo e solo oggi se neraccoglie qualche frutto - Alfredonon ha ricevuto praticamentenulla, anche sul piano materiale:nonostante tanta ingratitudineha lasciato un segno: tutti i filoniculturali da lui valorizzati e mol-tissimi degli autori da lui scopertisono stati poi ripresi e rilanciatida altri, spesso - purtroppo - sen-za rendere merito a chi per primoli lanciò o li fece conoscere.

La sua è stata una lezione eduna testimonianza, l’individuazione di un metodo,di un percorso e di uno stile. Quel che ha lasciato co-me retaggio culturale (compresa la sua opera di sag-gista) oggi ci appare fondamentale, e non glielohanno ancora perdonato: non solo il silenzio assolu-to o le striminzite notizie di agenzia pubblicate daalcuni “grandi giornali” alla sua morte dieci anni fa(oggi ancor meno), ma anche il ridimensionamentoo la minimizzazione della sua persecuzione stanno lìa provarlo.

Volava forse troppo alto? Non direi. Era forse

• Bestiario (Editoriale Nuova, 1984;De Agostini, 1990).

• Erbario (Rusconi, 1985)

• Bestiario di Roma, con Marina Cepeda Fuentes (Newton Compton, 1986)

• Calendario (Rusconi, 1988)

• Simboli, miti e misteri di Roma

(Newton Compton, 1990)

• Santi d’Italia (Rizzoli, 1993)

• Lunario (Mondadori, 1994; nuova edizione riveduta e ampliatanegli Oscar Mondadori, 2002)

• Florario (Mondadori, 1996; OscarMondadori, 1998)

• Planetario (Mondadori, 1998;

Oscar Mondadori, 2001)

• Breve storia dei giubilei. 1300-2000 (Bompiani, 1999)

• Volario (Mondadori 2000; OscarMondadori 2001)

• Zoario (Mondadori, 2001)

• Acquario (Mondadori, 2002)

• Santi del Novecento (Rizzoli, 2005)

BIBLIOGRAFIA MINIMA

troppo intransigente? Nemme-no. Purtroppo lui, come alcunialtri, andava troppo contro il suotempo, contro la cultura mercifi-cata e banale da un lato, cinica esecolarizzata, ideologizzata sinoalle midolla dall’altro: la culturadel mondo moderno, in pocheparole. Però ci ha lasciato, oltreai suoi libri, una immensa ereditàdi indicazioni e suggestioni, dicoraggio intellettuale e di esem-pio morale che non deve essereassolutamente dispersa. Ci hasoprattutto insegnato che non èimpossibile lottare contro unestablishment che si riteneva e an-cora si ritiene consolidato e in-toccabile avendo ben capito, in-

vece, come potesse essere combattuto con le suestesse armi: quelle dei libri e della cultura. Chi noncapisce questo, come sino ad ora a quanto pare nonè stato capito, sarà sempre un born loser, un natoperdente, per quanti soldi possieda, per quante ele-zioni possa vincere.

Se questo mondo che fugge ha come suo diol’effimero e quindi l’oblio, Alfredo Cattabiani, chepure è stato costretto a lasciarci troppo presto comeavviene per i migliori, ci ha indicato il permanente ela memoria.

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Che l’Italia non sia pro-priamente la patria dellacultura liberale è fatto

noto. Pochi sono gli elementi,per lo più recepiti “di sponda”dal mondo anglosassone, dellagrande tradizione liberale chealbergano nella società e nellapolitica del nostro Paese. Perstoria e impostazione, l’Italiapare vivere in continua altalenafra un cattolicesimo non troppocredente e uno svogliato comu-nismo, immersa in uno stato ditorpore fatto indistintamente -da entrambe le “fazioni” - di«moralismo d’accatto» e «me-schina intolleranza».

Certo, le eccezioni “libera-li” ci sono. Ma sono riconduci-bili più a esperienze e testimonianze individualiche a vere e proprie correnti. Nel mondo culturalesi possono ricordare i nomi di Benedetto Croce,Luigi Einaudi e Mario Pannunzio. Nella storiapolitica Cavour, Giovanni Giolitti, Enrico De Ni-cola e Vittorio Emaneuele Orlando. Ma, a dimo-strare la mancanza di un filone, è la stessa espe-rienza del Partito Liberale (Pli): marginale rispet-to agli altri raggruppamenti politici della cosid-detta Prima Repubblica.

È inutile negarlo: questacarenza (innanzi tutto culturale,eppoi politica) da anni si riper-cuote, sempre più negativamen-te, sul Paese, lasciando campoaperto all’insofferenza, al pe-renne compromesso, ai perso-nali egoismi. Tante volte, e connumerose dimostrazioni, lo hasottolineato una firma di primolivello del giornalismo italiano:Piero Ostellino. Il quale, in unrecente articolo pubblicato sul«Corriere della Sera», denunciail clima di violenta intolleranzache quotidianamente egli stessosubisce e, fatto ancora più peri-coloso, il connivente silenzio diquegli intellettuali autodefiniti-si liberal ma che nella realtà libe-

rali non sono. Le uniche colpe di Ostellino sonoquelle di essere dichiaratamente liberale e di avermesso in discussione, da posizioni garantiste, la si-tuazione giudiziaria di Silvio Berlusconi, comeesempio di una questione che, oltre il caso perso-nale, più in generale riguarda lo Stato di diritto. Inun suo articolo, apparso lo scorso 21 settembre,Ostellino aggiunge anche che, vista la carenza dicultura liberale che alberga nel nostro Paese, epi-sodi come quello di «un fantoccio con le sembian-

Il caso Ostellino

GIANLUCA MONTINARO

LIBERTÀ E LIBERALISMO:UN’UTOPIA IN ITALIA?

L’insofferenza verso la cultura liberale: un male italiano

Sopra: Piero Ostellino (1935).

Nella pagina accanto: Santi di Tito

(1536-1603), Niccolò Machiavelli,

Firenze, Palazzo Vecchio

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ze del Cavaliere, impiccato a un albero di piazza 24Maggio a Milano non sono l’espressione di una le-gittima opposizione politica al capo d’un partitoche non è il proprio (com’è normale in qualsiasidemocrazia) ma la manifestazione d’una malattiamentale, la paranoia, e di una precisa intenzionepolitica, la violenta eliminazione dell’avversario».

Questo generale clima di ostilità («che - scri-ve Ostellino - ricorda quello del 1922») non vieneriservato solo agli avversari politici ma anche atutti coloro che (come Ostellino) «la pensano inmodo differente e, pur non essendo berlusconiani,non si associano al linciaggio». L’articolo diOstellino termina con un appello: ci si batta tutticontro la strisciante violenza che sta ammorbandoil Paese: «il linciaggio dell’avversario politico el’insulto verso chi disapprova certi fanatismi e par-la di garanzie anche per il peggiore dei criminali,minaccia di ripristinare il clima dell’immediatosecondo dopoguerra. Quando chi, ancorché anti-fascista, ma non comunista, rischiava la pelle». Un

appello che la nostra rivista, «La Biblioteca di viaSenato», raccoglie e rilancia, testimoniando soli-darietà a Ostellino, e condannando ogni atteggia-mento di intolleranza nei confronti di chi manife-sta un pensiero differente.

�Direttore Ostellino, perché in Italia, a

parti rari casi individuali, non si può parlaredell’esistenza di una reale cultura liberale,fondativa e formante?

Per rispondere mi rifaccio a Machiavelli. NelPrincipe il Segretario fiorentino ricorda come ci sidebba attenere alla realtà effettuale e non alla real-tà quale dovrebbe essere. La libertà vive nella real-tà: nella realtà quale essa è. Così la politica: può in-cidere e riformare la realtà solo a patto che neprenda coscienza. Laddove, invece, l’agire umanoè inficiato dalla realtà come dovrebbe essere, rifiu-tando quindi la realtà effettuale, non si giunge adaltro che al rifiuto della libertà e alla sistematica

Da sinistra: Benedetto Croce (1866-1952) in un ritratto del 1921; Luigi Einaudi (1874-1961), in una foto del 1951

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distorsione del concetto di politica. Perché que-st’ultima è realismo. Il problema è appunto che inItalia si legge poco Machiavelli. E il poco che si èletto si è letto male… Nelle scuole farei leggereMachiavelli, come libro di testo.

Anche Antonio Gramsci, nelle Note suMachiavelli, individua nel Segretario fiorenti-no il fondatore del pensiero politico moder-no…

In effetti l’interpretazione di Gramsci, cheletta nel suo contesto ha alcuni punti di validità,vede nella figura del Principe l’immagine di ciòche dovrebbe essere il Nuovo Principe, ovvero ilPartito Comunista. E’ una lettura piegata alle esi-genze dell’epoca. In fondo i vecchi comunisti era-no dei seri realisti. Quanto ai nuovi… Sciascia lidefinirebbe dei quaquaraquà.

Come si spiega l’intolleranza, che leigiunge a definire paranoide, verso Berlusco-ni?

E’ un sentimento irrazionale e pericoloso. Edè riconducibile alla forte intolleranza nutrita dacoloro che rifiutano la realtà effettuale versochiunque non la pensi nel medesimo modo. Nelfatto specifico io non sono berlusconiano. Ciono-nostante sono fatto oggetto di insulti quotidianiperché esprimo mie opinioni (del tutto legittime)in campo filosofico e/o di diritto. Mi dispiace dirloma una parte degli Italiani non è liberale e si com-porta in modo del tutto opposto a ciò che dovreb-be essere lo spirito di una società moderna e libe-rale. Se avessi criticato Berlusconi e il berlusconi-smo sono sicuro che non sarei stato fatto oggettodella sequela di contumelie che quotidianamentericevo.

Nel suo articolo lei evoca i tragici mo-menti del secondo dopoguerra, paragonando-li ai nostri tempi. C’è davvero questo rischio?

Sì, c’è. Perché tutti i dopoguerra finiscono

per assomigliarsi. Dopo il primo conflitto mon-diale è nato il fascismo. Dopo il secondo l’antifa-scismo. Ora la nuova intolleranza: l’antiberlusco-nismo.

Ma così dicendo, implicitamente indicacome anni di guerra “l’epoca berlusconia-na”…

Noi Italiani siamo sempre stati in guerra.Una perenne guerra civile. Fra Guelfi e Ghibelli-ni, fra Stato e Chiesa, fra fascisti e comunisti, fraberlusconiani e antiberlusconiani. Ingenuamenteabbiamo pensato che gli scontri avevano avutotermine con la Costituzione del 1948. In realtà èstato solo un effimero armistizio. E ancora oggi cisi scontra sullo stesso terreno: il duello fra berlu-sconiani e antiberlusconiani non è altro che la ri-edizione delle tante lotte intestine che hanno at-traversato la storia del nostro “immaturo” Paese.

Mario Pannunzio (1910-1968), ritratto nella redazione de

«Il Mondo»

18 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

C’era da aspettarselo. L’avvocato LeandroCantamessa Arpinati ha pronta la terzaedizione della sua never-ending biblio-

grafia astrologica. Per ripercorrerne la storia bastaaffacciarsi nella Sala Consultazione della Bibliotecadi via Senato ove, nei palchetti dedicati alle biblio-grafie, si trovano tutte le precedenti versioni di que-sta “ricerca senza fine”. Non si era ancora conclusala stampa della prima edizione, accolta nella presti-giosa collana ‘Biblioteca di Bibliografia Italiana’dell’editore Leo S. Olschki di Firenze (Astrologia.Opere a stampa 1472-1900, I-II, Firenze, Leo S.Olschki, 2007, pp. XXX, 1105), nella quale era ri-uscito nell’impresa di registrare circa 5.000 titoliper un totale di oltre 20.000 edizioni impresse nel-l’arco di più di quattro secoli, che aveva già la neces-sità di aggiungere in tutta fretta alla fine tre paginet-te di Addenda introdotti da quella che potrebbe suo-nare una resa bibliografica: «ammetto che le trou-vailles sono infinite. Almeno tre delle quattro cheaggiungo, a stampa già chiusa, valgono però la penad’essere nominate». Si trattava di due almanacchi-calendari francesi dell’Ottocento e di due edizioniseicentesche, la seconda delle quali semi sconosciu-ta. Evidentemente però nel cassetto dovevano es-serne rimaste molte altre, che costrinsero l’avvoca-to milanese a rimettere mano all’intero progettoper allestire una bibliografia del tutto nuova che di-lata i limiti cronologici di circa un trentennio (com-

prende infatti le edizioni astrologiche stampate dal1468 al 1930 anziché dal 1472 al 1900). Il risultatofurono non più 5.045 schede bibliografiche (più 4 diaddenda, si ricordi) ma addirittura 8.986, necessa-riamente distribuite non in due, ma in quattro cor-posissimi volumi pubblicati nel 2011 (Astrologia. Ins& Outs opere a stampa 1468-1930, Milano,Otto/Novecento editore, 2011, pp. 3313) introdot-ti dalla necessaria spiegazione al lettore: «mi sonodeciso a rimettere mano al lavoro con cui avevo con-vissuto per qualche anno. Inizialmente avevo pen-sato a un volume di errata (o, meglio, di integrazionialle schede già presenti nell’edizione precedente) ea un altro volume di addenda, giustificato dall’ele-vatissimo numero di schede nuove: è il sistemausualmente utilizzato dai bibliografi e dai loro edi-tori. Strada facendo mi sono però reso conto sia del-l’impossibilità di realizzare, per me e per chi legges-se, comprensibili collegamenti tra un’opera e l’al-tra, sia dell’estrema difficoltà di consultazione chene sarebbe derivata».

�Infine, la confessione, che dovrebbe mandare a

memoria chiunque si accinga a compilare una bi-bliografia: «se non si può chiedere a una bibliografiadi far parte della razza dei libri di amena lettura, sideve però certamente pretendere che essa sia stru-mento facile da maneggiare quando si è impegnati

BvS: Bibliofilia

L’ASTRO CHE MANCA:‘NOT IN CANTAMESSA’

I libri di astrologia e una bibliografia senza fine

GIANCARLO PETRELLA

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 19

in una ricerca». Ogni bibliografia, come si intuisceanche dalla vicenda biografica qui evocata, correinevitabilmente il rischio di essere, o apparire, in-completa. Presta il fianco a critiche, spesso ingrate,di chi la consulta impugnando la matita rossa e blu, emette in angoscia il suo compilatore che teme inve-ce di imbattersi, presso un antiquario, una bibliote-ca o compulsando un repertorio che ancora nonaveva consultato, nell’inevitabile edizione scono-sciuta e non registrata. Ricordo bene come alcunianni fa Luigi Balsamo, noto storico del libro e bi-bliografo scomparso un anno fa, mi mettesse inguardia dai rischi di simili lavori, evocando la suaesperienza degli annali del tipografo milanese Gio-vann’Angelo Scinzenzeler che lo costrinsero, tren-t’anni più tardi, a un’inevitabile (peraltro ancora og-

gi passibile di ulteriori aggiunte) integrazione.1 Lì sitrattava, peraltro, di un ambito assai limitato, ossiagli annali di un tipografo che, per quanto prolifico,sono comunque circoscritti a pochi decenni.

Costruire una bibliografia astrologica presso-ché universalis, cioè, parafrasando per i meno avvez-zi alla disciplina, censire e descrivere tutto quantosull’argomento sia stato prodotto dalle origini dellastampa al Novecento, bisogna ammetterlo, è im-presa oltremodo ardua, forse improba per una per-sona sola. Se dal punto di vista collezionistico (l’av-vocato Cantamessa diventa infatti bibliografo stra-da facendo, dapprima è soltanto un bibliofilo) circo-scrivere l’iniziale bulimia nel recinto del genereastrologico può essere salutare, non può dirsi invecealtrettanto dal punto di vista bibliografico. Non c’è

Hyginus, De mundi et sphera declaratione, Venezia, M. Sessa, 1512

20 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

infatti genere editoriale più indecifrabile, prolifico,labile, sfuggente e destinato a cattiva conservazionedi quello che definiamo, spesso impropriamente,astrologico. Se il primo passo, in termini tecnici, èquello di individuare l’ambito di una bibliografia,qui non è così agevole, essendo il campo invaso nonsolo da edizioni di chiaro argomento astrologico,ma anche da parecchie che non lo sono, nonostantevengano spacciate come tali, per effetto di un’inve-terata confusione fra astronomia e astrologia, o fraastrologia e arti magiche, che porta a includere nellabibliografia, fra l’altro, le opere di meteorologia,geomanzia, medicina, fisiognomica e chiromanzia(«a condizione che in esse si trattasse, come presso-ché sempre è, anche di astrologia»).

A sparigliare le carte c’è poi la delicata questio-ne delle cosiddette plaquettesastrologiche, ossia quei

pronostici di poche carte per l’anno a venire che apartire dal tardo Quattrocento venivano compilatisenza sosta, stampati alla buona con altrettanta fret-ta e infine consumati con avidità da un pubblico ete-rogeneo senza alcuna inclinazione alla loro conser-vazione, con buona pace dei bibliografi di oggi. Ciòvuol dire che se le edizioni di lusso destinate al pub-blico colto sono ben conservate, come a esempio laprima edizione illustrata di Igino stampata a Vene-zia nel 1482 di cui sopravvivono, solo in bibliotechepubbliche italiane, almeno una cinquantina diesemplari (ISTC ih00560000), molto più acciden-tata fu la circolazione e la conservazione della miria-de di pronostici che puntualmente, a ogni scadere dianno, uscivano dalla penna di astrologi professioni-sti o semplici ciarlatani per rivolgersi a un pubblicomolto più vasto. Approfittando di un’ansia di cono-

Silografie tratte da Johannes Lichtenberger, Pronosticatio, Venezia, Nicolò e Domenico del Gesù, 23 agosto 1511

22 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

scenza del futuro rinnovata dalle vicende tumultuo-se degli ultimi anni del Quattrocento,2 la nuova artetipografica si affretta a divulgare una messe di testiprofetico-divinatori, in latino o in volgare, in prosao in versi, di alcune decine o di poche carte destinatia vita effimera e di cui oggi, infatti, non sopravvivo-no che pochissimi esemplari, spesso addirittura unosoltanto. E l’unicum, così usuale nel campo astrolo-gico (come accertano le centinaia di schede di Can-tamessa relative a iudicia e vaticini), gioia di antiqua-ri e collezionisti che ne vengono in possesso, divental’ossessione del bibliografo! Da qui l’inesausta cac-cia all’unico esemplare di edizione sconosciuta, checostringe a prendere in esame, per allestire una bi-bliografia, non solo i repertori già esistenti (i sei scaf-fali di bibliografie sull’argomento dichiarati daCantamessa!), ma, come già evocava Conrad Ge-

sner nel Cinquecento, anche i cataloghi delle biblio-teche pubbliche e soprattutto quelli dei librai, au-tentica miniera di ephemera.

«Ho quasi pronto un nuovo addendum», mi haanticipato l’avvocato Cantamessa nei primi mesi diquest’anno. «Ci sto ancora lavorando. Andrà instampa nel 2014, ma se ti fa piacere ti invio le sche-de». Poi, qualche giorno fa, ricevo una nuova mail:«nel frattempo ho aggiunto, alla nuova aggiunta,qualche altra scoperta ‘carina’». Vediamo allora disfogliare quest’impresa ammirevole, che, pur per-fettibile e ancora soggetta a ulteriori integrazioni enonostante gli inevitabili errori bibliologici e le im-precisioni bibliografiche in cui è incorso un biblio-grafo non professionista, è destinata a rimanere infuturo lo strumento di riferimento per collezionisti,studiosi e bibliotecari alle prese con tale genere di

Silografie tratte da Johannes Lichtenberger, Pronosticatio, Venezia, Nicolò e Domenico del Gesù, 23 agosto 1511

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 23

pubblicazioni. Procedo per interessi personali.Uno dei temi più affascinanti nella storia editorialedel genere è quello degli astrologi preannunciantiun nuovo disastroso diluvio per il giorno 20 feb-braio 1524 interpretando ad litteram una malaugu-rata congiunzione dei pianeti nel segno d’acqua deiPesci. L’angoscia fu tale che il primo cittadino di To-losa corse persino a costruirsi un’arca, mentre laquestione divenne così dibattuta da offrire l’oppor-tunità ai tipografi di esaurire il mercato con opusco-li di facile smercio, salvo, post eventum, gettare dis-credito sull’intera categoria, al punto da assurgere,nell’uso comune, a sinonimo di castroneria («Pernon parere busardo come gl’astrologhi del diluvio»recita Maestro Andrea nel II atto de La Cortigiana diPietro Aretino). La vicenda, si intuirà, è bibliografi-camente intricatissima e avremmo ben poche possi-

bilità di raccapezzarci fra opuscoli di poche carte,spesso conservati in copia unica, ed edizioni semi-sconosciute se non venisse in soccorso l’apposito in-dice degli astrologi che si sono cimentati sull’argo-mento (scopro addirittura una cinquantina) allesti-to nel quarto e ultimo volume interamente di indici(ne contiene anche uno, non così ovvio, dedicato al-le donne che si sono cimentate nel genere astrologi-co). Aver ripreso in mano le carte giudiziare, o quimeglio bibliografiche, consente persino di allonta-nare le responsabilità da Johann Stöffler, autore diun fortunatissimo Almanach, per addossarle inveceall’assai meno noto Steve Rollan (scheda 6823), ilcui Pronostich admirable in catalano (un opuscolettoin ottavo di 12 carte stampato a Barcellona nel 1513«di formidabile rarità» conservato in copia unicapresso la Biblioteca Capitolare Colombina di Sivi-

Silografie tratte da Johannes Lichtenberger, Pronosticatio, Venezia, Nicolò e Domenico del Gesù, 23 agosto 1511

24 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

glia) sembra davvero contenere la prima esplicitaipotesi del diluvio universale per il 1524.

Come accadeva soprattutto nei secoli scorsi(oggi bibliografo e collezionista raramente coinci-dono), questa ponderosa bibliografia attinge anchealla ragguardevole collezione personale del suocompilatore. Quella per il libro antico è una passio-ne che l’avvocato Cantamessa ha ereditato, assiemeai volumi drammaticamente sfuggiti al saccheggiodella biblioteca, dal nonno Leandro Arpinati, bru-talmente ucciso il 22 aprile del 1945. Spigolando inquella riserva cito qui, per deformazione professio-nale, innanzitutto due raffinati prodotti dei primidecenni dell’arte tipografica: il primo è l’incunabo-lo partenopeo, licenziato nel 1477 dal tipografo diorigini alemanne Henricus Alding, dell’Astrologia

seu Opusculum de totius orbis divisione dell’astronomodi origini lucane Cristiano Proliano (scheda 6385).Edizione peraltro intrigante per gli incunabolisti inragione di alcune varianti al colophon (ISTCip01009000). L’altro è la bellissima prima edizione(scheda 143) dell’Introductorium in astronomiam del-l’astrologo arabo Albumasar (nacque a «Balkh,avamposto ellenistico nell’attuale Afghanistan» co-me recita l’introduzione biografica che in modo in-telligente e inusuale arricchisce quasi ogni scheda)corredata da 45 silografie impressa il 7 febbraio1489 ad Augsburg da Erhard Ratdolt (ISTCia00359000). Il Ratdolt, autocelebratosi al colophon(«Erhardi ratdolt mira imprimendi arte qua nupervenetijs nunc auguste vindelicorum excellit notatis-simus 7 Idus Februarij 1489») era da poco rientrato

Sopra, da sinistra: uno dei numerosi testi annuncianti il diluvio del 1524: Tommaso Rangoni, De vera diluvii; Hyginus, De

mundi et sphera declaratione, Venezia, M. Sessa, 1512

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Mindshare Italia Assago (MI) Viale del Mulino, 4 +39 02480541Roma Via C.Colombo, 163 +39 06518391Verona Via Leoncino, 16 +39 0458057211

26 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

in patria dopo la stagione veneziana nella quale ave-va già stampato altri straordinari testi astrologici escientifici illustrati, come nel 1482 l’Astronomicon diIgino, la seconda edizione in assoluto dopo la prin-ceps ferrarese del 1475, ma la prima corredata da uncorpus di 47 silografie raffiguranti costellazioni, pia-neti e segni zodiacali (scheda 3866).

Nell’Addendum astrologico, la cui uscita è pre-vista per il prossimo anno, figura un’importante in-tegrazione (scheda 3689bis) ancora quattrocentesca(di cui sopravvivono una dozzina di copie): l’in folionon datato (ma circa 1492, GW data post 13 giugno1492) sottoscritto a Venezia da Luigi di Santa Luciadi Hermes Trismegistus, Centiloquium Divi Herme-tis contenente anche i Praecepta in quibus est scire quidastra velint di Almansor (ISTC ih00075500). Nonstupisce che il numero maggiore di integrazioni ri-

guardi edizioni dei secoli successivi. In prima e se-conda battuta erano comprensibilmente sfuggiteparecchie plaquettes relative a prodigi celesti e pro-nostici. A esempio, il mezzo foglio in ottavo (fasc. A4,cc. [4]) tipograficamente ben curato, segno quindi diuna tipografia non così dimessa (sole inciso al fron-tespizio; capilettera e fregio xilografici, verso dellaprima carta bianco) con prolifico e fantasiosissimotitolo Novo Ragguaglio de’ maravigliosi e horrendi segnie prodigi apparsi in aria sopra il Castello di Matalone vi-cino a Napoli alli 24 di Marzo del presente anno 1629 do-ve s’intende come siano stati maravigliosamente vedutitre soli di color sanguigno con torcie e fiamme accese e ancohuomini armati a combattere in aria, sottoscritto«Napoli, Roma, e in Bologna, per Nicolò Tebaldini1629». Se poi lo si legge (Cantamessa ha infatti il vi-zio di leggere quasi tutte le edizioni che registra, co-

Hyginus, De mundi et sphera declaratione, Venezia, M. Sessa, 1512

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 27

sì da costruire quella che mi piace definire una bi-bliografia ragionata e commentata) si scopre unabellissima pagina di panico collettivo: il fenomenodurò otto ore; dai soli si staccarono alcune fiammel-le di fuoco, che restarono a lungo sospese nell’aria.Alla sera i Napoletani, che si erano rinchiusi in casaper la paura, udirono un’esplosione fortissima chelasciò nel cielo una nuvola dentro la quale «parevaesservi huomini armati a piedi e a cavallo affrontar-si». L’anonimo cronista si sforza di spiegare che il fe-nomeno ha spiegazioni scientifiche (è cioè un’esala-zione atmosferica), ma, conclude, simili fenomenital volta sono anche «nuntij di futuro male, che Dionon voglia». Un fenomeno simile è quello registra-to da un altro opuscoletto fin qui inedito dal titolo

«El Gran Prodigio di tre Soli apparsi in Franza adinoue de Setembrio a hore tredese. In di de sabbatocosa molto stupenda» sottoscritto «Impressa in Ro-ma per Albertin Zanelli M.CCCCC.XXXVI(1536)». Composto addirittura di sole due carte(scheda 3252bis), se ne conservano due esemplaripresso la British Library e la Comunale di Trento.Assolutamente delizioso, oltre che un’autentica ra-rità del genere per chi abbia una qualche esperienzanel campo dei fogli volanti,3 è il fin qui sconosciutoPronostico perpetuo di Carlo Nicolini sottoscrittoMantova 1664 (scheda 5561bis). Si tratta di un uni-co foglio a stampa (cm 51 x 40), vivacemente colora-to, raffigurante una grande ruota al cui centro è rap-presentato un globo retto da mano divina con il

Pagina tratta da Johann Stoffler, Tabulae astronomicae (Tübingen, 1514) relativa al mese di febbraio 1524 in cui un anonimo

lettore, evidentemente terrorizzato dalla previsione del nuovo diluvio, ha annotato le condizioni climatiche di ogni giorno

28 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

motto Nil sine Deo. Nella parte inferiore sono pre-senti le allegorie del Sole, della Luna, di Marte,Mercurio, Giove, Venere e Saturno, raffigurati so-pra carri volanti. Alla destra di ciascuno figurano in-vece le caratteristiche delle stagioni, gli eventi me-teorologici, i raccolti, le epidemie, i fatti d’arme e lanatura di base delle persone, a seconda dei dati offer-ti dalle nozioni elementari della disciplina astrologi-ca, riferite a ciascuno dei sette pianeti.

A complicare ulteriormente il lavoro, come siaccennava all’inizio, è poi la caparbia volontà del

NOTE1 LUIGI BALSAMO, Giovann’Angelo Scin-

zenzeler tipografo in Milano 1500-1526,

Firenze, Sansoni, 1959; L. Balsamo, An-nals of G. A. Scinzenzeler printer in Milan(1500-1526). A supplement, in The Italianbook, 1465-1800. Studies presented to

Dennis E. Rhodes on his 70th birthday, ed.

by D. V. Reidy, London, The British library,

1993, pp. 65-87.2 OTTAVIA NICCOLI, Profeti e popolo nell’I-

talia del Rinascimento, Roma-Bari, Later-

za, 1987 (20062); GIANCARLO PETRELLA, LaPronosticatio di Johannes Lichtenberger.

Un testo profetico nell’Italia del Rinasci-mento, presentazione di O. Niccoli, Udine,

Forum, 2010.3 UGO ROZZO, La strage ignorata. I fogli

volanti a stampa nell’Italia dei secoli XV eXVI, Udine, Forum, 2008.

compilatore di cercare riferimenti all’astrologia an-che in testi ufficialmente di tutt’altro argomento.Propongo solo un paio di esempi. L’Addendum sco-va cenni astrologici (che valgono quindi nuove regi-strazioni bibliografiche: 6170bis e 6491bis) nei finqui insospettati trattati sulla peste di Baldassarre Pi-sanelli, Discorso sopra la peste (Roma, eredi di Anto-nio Blado, 1577] e l’anonima Raccolta di avvertimen-ti et Raccordi per conoscer la Peste, Venezia 1682. Un ri-ferimento all’astrologia si rinviene anche nel Giuocodel chiromante, il trentaseiesimo di una fortunataedizione di giochi di società rinascimentali: Inno-cenzio Ringhieri, Cento giuochi liberali e d’ingegno,Bologna, Anselmo Giaccarelli, 1551 (scheda6741bis) con tanto di dedica a Caterina de’ Medici(la consorte di Enrico II di Francia cui lo stesso tipo-grafo l’anno prima aveva indirizzato la princeps dellaDescrittione d’Italia di Leandro Alberti). Nonostan-te due edizioni e un succoso aggiornamento, qual-che nuova edizione, c’è da giurarsi, verrà comunquea galla. Personalmente in questi giorni sono dovutoricorrere ai quattro tomi della bibliografia del 2011per identificare due pronostici tedeschi del secondoCinquecento scovati sui palchetti della bibliotecadei conti Thun di Castel Thun. Soltanto di uno hotrovato conferma. A questo punto, se pure capiteràin futuro di imbattersi in schede bibliografiche, so-prattutto di antiquari, che recitano ‘not in Canta-messa’, il bibliografo non se la prenda a male. Non sitratta di un’offesa personale, né di una sfida a com-pilare l’ennesima aggiunta alle aggiunte, ma la con-ferma, indiretta, dell’impossibilità di fare oggi ameno della sua bibliografia astrologica.

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 29

Il carattere Pastonchi verrà utilizzato, oltre cheper le opere letterarie dello stesso critico-let-terato, anche per le Opere di Antonio Fogazza-

ro, di cui venne stampato un raffinato Programmaeditoriale fuori commercio, nella migliore tradi-zione mondadoriana27. Di tematica analoga, ma incarattere Baskerville, sarà sia il Programma delleopere complete di Giovanni Pascoli, stampatofuori commercio dalla Mondadori nel ‘3528, sia

quello per le opere di Sem Benelli29. Sulla medesi-ma impostazione grafico-filologica era intanto ap-parso, nel ‘35, un grande volume antologico di ol-tre 460 pagine (in commercio a lire 12), Scrittorinostri, oggi di non facile reperibilità, arricchito da32 facsimili e 83 illustrazioni fuori testo di BrunoAngoletta; volume impostato nel tipico stile edito-riale mondadoriano: fornire al lettore, oltre che untesto valido, anche un utile apparato bibliograficoe iconografico30. Il grande illustratore lo ritrovere-mo a proposito della celebre collana ‘La Medusa’.

A Pastonchi e Mardersteig è legata una delle

Editoria

MONDADORI, EDITORE A VOLTE “NON VENALE”

Sui volumi fuori commercio della Mondadori

– seconda parte. La prima parte è stata pubblicatasul numero di ottobre

MASSIMO GATTA

30 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

imprese tipografico-editoriali più importanti delNovecento, non solo italiano: la pubblicazionedell’Opera omnia di Gabriele d’Annunzio in 49 vo-lumi (l’ultimo per gli Indici), capolavoro assolutodell’ingegno mondadoriano, della sua volontà edella sua capacità seduttoria (è del 21 giugno 1926la firma dell’accordo per l’Edizione Nazionaledelle opere complete di d’Annunzio), impresa perla quale Mondadori chiese anche la collaborazionedel celebre architetto e designer Gio Ponti, cherealizzò una serie di disegni per varie tipologie dilibrerie che avrebbero dovuto ospitare i 49 volumidell’opera dannunziana31. Non è certo questa la se-de per rievocare il complesso iter di un tale capola-voro tipografico-editoriale32, né di fare la storia dellungo e travagliato percorso che portò il poeta ab-bruzzese (allora sicuramente lo scrittore italianopiù famoso, e pagato, al mondo) prima alla rotturacon l’editore Treves33 (nel ‘26 infatti scioglierà illucroso contratto che lo legava all’editore), quindialla collaborazione con la casa editrice milanese34.A noi interessa solo ricordare che in occasione diquell’ampio e articolato progetto fu stampato unProspetto, oggi di assoluta rarità, soprattutto per-ché le prime cinquanta copie, messe in commercionell’agosto del ’27 a 30 lire l’una, nonostante le cu-

NOTE27 Tutte le opere di Antonio Fogazzaro.

Programma, a cura di Piero Nardi, Milano,

Arnoldo Mondadori Editore, novembre

1931 (ma Verona, Grafiche Mondadori). 28 Tutte le opere di Giovanni Pascoli.

Programma, a cura di Angelo Sodini e una

nota dell’editore, Verona, Arnoldo Mon-

dadori, luglio 1935, composto in caratteri

Baskerville.29 Cfr. Tutte le Opere di Sem Benelli.

Programma, a cura di Gino Marchiori, Ve-

rona, Mondadori, 1934.30 Scrittori nostri. Raccolta antologica

di scritti inediti, con 32 facsimili, 83 illu-

strazioni f.t. e una nota dell’editore, Vero-

na, Mondadori, 25 aprile 1935. Questo

volume, illustrato da Angoletta, strana-

mente non viene citato nel saggio sull’il-

lustratore Dalla A alla Ang. Bruno Ango-letta prefessione illustratore, a cura di Erik

Balzaretti, Torino, Little Nemo, 2001.31 Venne stampata nel 1931 una raris-

sima plaquette, interamente illustrata dai

disegni a colori di Gio Ponti e dalle foto dei

prototipi delle librerie realizzate da un

ebanista milanese; l’opuscolo ha coperti-

na muta sulla quale è insiso solo il celebre

motto dannunziano Io ho quel che ho do-nato, ed è legato da un cordoncino. Risul-

ta non presente in SBN, una copia è con-

servata al Vittoriale degli Italiani di Gar-

done.32 Per il quale rimando a Massimo Gat-

ta, Da Ostiglia a Villa Cargnacco. L’Opera

Omnia di Gabriele D’Annunzio, «Notizie

dalla Dèlfico», Teramo, Biblioteca provin-

ciale “Melchiorre Delfico, a. XXI (2007), n.

2/3, pp. 6-16, ristampata ora con aggiun-

te, e titolo cambiato in Da Ostiglia a VillaCargnacco. L’Opera omnia di GabrieleD’Annunzio, pubblicata da Arnoldo Mon-

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 31

re e le svariate revisioni a cui era stato sottopostodallo stesso d’Annunzio e da Angelo Sodini, nonriportava a stampa la tragedia La Nave del 1908,per errore dello stesso manoscritto dannunzianostampato in facsimile dov’è evidente il salto tra il n.38 di Più che l’amore del 1907 e il n. 39 di Fedra del1909. Errore che fu subito risolto con una secondaedizione del Programma che conteneva un pocoelegante, ma necessario, 38 bis. Intanto la prima ti-

ratura, mandata interamente al macero, aveva la-sciato libere appunto cinquanta copie con il refu-so, che raggiunsero per i collezionisti dannunzianiprezzi folli35.

La bellezza tipografica e l’importanza di que-sto Programma sono evidenti fin dalla copertinadove campeggia in rosso il motto dannunziano Ioho quel che ho donato, racchiuso in una cornucopia.E’ forse il motto dannunziano più celebre, inciso

dadori, stampata da Hans Mardersteig econservata sugli scaffali disegnati da GioPonti, in Arnoldo Mondadori, Giovanni

Mardersteig, Carteggio inedito per l’Ope-

ra omnia di Gabriele D’Annunzio, premes-

sa di Agostino Contò e Camilla Cobianchi,

a cura, e con uno scritto, di Massimo Gat-

ta, Macerata, Biblohaus, 2013, pp.75-100

[edizione limitata a 75 copie f.c. stampate

in occasione della mostra bibliografica su

D’Annunzio, Mondadori e Mardersteig al-

la Biblioteca civica di Verona, marzo

2013]. E’ in corso presso l’editore Biblo-

haus la ristampa del volume per la vendita

in commercio, identico alla precedente

stampa limitata.33 Utile sull’argomento è Nicola Tran-

faglia, Albertina Vittoria, Mondadori: «Ioingoierò casa Treves», in Id., Storia deglieditori italiani. Dall’Unità alla fine deglianni Sessanta, Roma-Bari, Laterza, 2000,

p. 140-145; ma cfr. anche Franco Di Tizio,

Antonietta Treves e d’Annunzio. Carteg-gio inedito (1909-1938), Altino, Ianieri

Editore, 2005; Massimo Grillandi, Treves,

Torino, UTET, 1977 e infine Gabriele d’An-

nunzio, Lettere ai Treves, a cura di Gianni

Oliva, Milano, Garzanti, 1999.

34 Per il quale rimando all’imprescindi-

bile Franco Di Tizio, D’Annunzio e Monda-dori. Carteggio inedito (1921-1938), con

molte foto, Pescara, Ianieri Editore, 2006.

Ma cfr. anche Vito Salierno, Mondadori el’”Opera omnia”, in Id., D’Annunzio e i suoieditori, Milano, Mursia, 1987, pp.205-

224, Id., D’Annunzio e Mondadori, in So-gni di terre lontane: dall’«Adria velivolo» al«Benaco Marino», Atti del XXV Convegno

nazionale di Studi dannunziani, Pescara,

Ediars, 1998, pp. 117-145 ; [Stefano De

Laurentiis], La grande impresa. Hans Mar-dersteig e l’opera omnia di Gabriele d’An-

32 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

nunzio, in Diario Mondadori 1998. Le in-novazioni, Milano, Mondadori, 1998,

senza numerazione di pagina, Piero Chia-

ra, D’Annunzio e Mondadori, «Nuova An-

tologia», 1981, aprile-giugno, pp. 203-

210, Maria Giovanna Sanjust, Carteggiod’Annunzio-Mondadori. Appunti per l’e-dizione del complesso delle lettere, «Ras-

segna dannunziana», a. XVIII (2000), n. 38,

pp. I-X.35 Tutte le opere di Gabriele D’Annun-

zio, a cura dell’Istituto Nazionale per la

Edizione di tutte le Opere di Gabriele

D’Annunzio, prefazione di Pietro Fedele,

Verona, Officina Bodoni per Arnoldo

Mondadori Editore, giugno 1927. Su que-

sto volume cfr. Mario Guabello, “Raccolta

dannunziana”. Catalogo ragionato, Biel-

la, 1948, pp. 235-236, scheda n. 405; per

la seconda edizione del programma cfr.

Id., “Raccolta dannunziana”. Catalogo ra-gionato, cit. p. 236, scheda n. 406. La rari-

tà di una delle cinquanta copie contenen-

te l’errore è attestata dalla quotazione del

volume che nel 2002 era posto in vendita,

presso un libraio antiquario milanese, a

3.100,00 ?. L’esemplare da noi collaziona-

to è il n. IX stampato ad personam per

Giulio Santini. Cfr. inoltre Giovanni Mar-dersteig a Montagnola. La nascita del-l’Officina Bodoni 1922-1927, a cura di Le-

tizia Tedeschi e Ottavio Besomi, Verona,

Edizioni Valdonega, 1993 [catalogo della

mostra di Montagnola, 15 ottobre-21 no-

vembre 1993]. 36 Devo queste notizie ad un aureo li-

bretto di Paola Sorge, Motti dannunziani.Detti e parole d’ordine di un maestro di vi-ta che hanno segnato un’epoca, Roma,

Newton tascabili economici, 1994, p. [69],

ristampato, con aggiornamenti, dall’edi-

tore Carabba di Lanciano nel 2010.37 Sul quale vedi Fabio Soldini, Arnoldo

Mondadori e il Ticino. Scheda per una sto-ria dell’editoria novecentesca nella Sviz-zera italiana, «Fogli. Rivista dell’Associa-

zione Biblioteca Salita dei Frati», n.27, Lu-

gano, 2006, pp. 1-11. Cfr. anche Arnoldo

Mondadori, Tre inediti sulla fuga in Sviz-zera, «Nuova Antologia», 1990, pp. 304-

315.

sul frontone all’ingresso del Vittoriale a Gardone eimpresso anche sui sigilli, sulla carta da lettere e sututte le opere dannunziane pubblicate dall’IstitutoNazionale e dall’Oleandro. D’Annunzio amava ri-petere che la frase l’aveva scoperta incisa su unapietra di un camino del ‘400; in realtà è la traduzio-ne di un emistichio del poeta latino Rabirio, con-temporaneo di Augusto, citato da Seneca nel VI li-bro del De beneficiis. Sarà anche utilizzato, in untrattato seicentesco dell’abate Giovanni Ferro,come motto di un cavaliere spagnolo del ‘50036.Nel Prospetto mondadoriano sono riprodotti auto-grafi e cartigli dannunziani applicati alle pagine,una ricca iconografia con 34 tavole e infine i facsi-mili delle varie tipologie di legature dell’Opera om-nia. Il complesso rapporto che legò Mondadori al-lo stampatore tedesco Giovanni Mardersteig rap-presenta anche uno spaccato del legame dell’edi-tore con la Svizzera italiana e in particolare con ilTicino37.

Fine seconda parte. La terza e ultima parte saràpubblicata sul numero di dicembre

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 33

LE MOSTRE – LO SCAFFALE – LA NOTIZIA – LA RIVISTA

inSEDICESIMOLA MOSTRA/1ENNIO MORLOTTI A IMBERSAGO.Omaggio alla Fondazione Corrente di Milanoa cura di luca pietro nicoletti

In nessun artista del secondodopoguerra, credo, si incontra unlegame non tanto con la natura,

ma con la terra nella sua materialità eumoralità, quando in Ennio Morlotti:«sono lombardo dalla radice»,confidava del resto l’artista inun’intervista a Marco Valsecchi nel1964. È un legame fortissimo, che lacritica ha ripetutamente ribaditolungo quasi tutta la sua carriera eoltre. Lo ribadisce la piccola ma

ENNIO MORLOTTI A IMBERSAGO

MILANO, FONDAZIONE CORRENTE

24 settembre -15 novembre 2013

www.fondazionecorrente.org

preziosa mostra curata da GiorgioSeveso con la collaborazione di AldoMari presso la Fondazione Corrente di

Milano: una mostra di “Omaggio”, chenon pretende, con i suoi undici dipintie quindici disegni di collezioneprivata, di esaurire il percorsodell’artista nella sua interessa, ma chenon rinuncia per questo ad offriredegli spunti di riflessione. È buonaabitudine delle mostre a “Corrente”,ad esempio, unire “monumenti” e“documenti”, dipinti e libri,mescolando fonti bibliografiche “alte”a pubblicazioni periodiche, documentid’archivio e fotografie.

È così che si dipana, o si rievoca,la vicenda di quell’“insetto nellanatura”, come Morlotti disse di sestesso. E non mancano, ovviamente, lelettere scambiate con ErnestoTreccani, a ricordo dell’esperienza di“Corrente”, appunto, e della comunetensione di rinnovamento. La mostra,però, vuole rievocare soprattutto ilsoggiorno dell’artista a Imbersago,dove soggiorna con costanza neldecennio 1955-1965 e oltre.«Imbersago», scrive Seveso incatalogo, «con la sua particolarissimamistura d’atmosfere e panorami, conl’assorta cordialità della sua gente, hadato a Morlotti, in quegli anni, le piùacute conferme emotive e razionalidella sua chimica espressiva». Infatti,prosegue, «i fiori, le spighe, igranturchi, penetrati e appena

Ennio Morlotti, Adda a Imbersago, 1960, olio

su tela, cm 50x65, collezione privata

accennati dalla nervosità appuntitadel segno; i corpi della bagnante odella contadina, ribadita concommozione nell’accenno acuto espigoloso di un gesto, sulle riveaffocate della calura estiva oall’ombra fonda degli arbusti; iltrascorrere pigro della corrente, ladensità di un panorama, il tessutofermentato e violento delle superfici…Una sostanza straordinaria, insomma,pittorica e lirica, rammentata nelvolgere di un riassunto che, tenendosiqui nelle sale della Fondazione“Corrente” segna anche la concretezzadi quell’intenso rapporto che ilgiovane Morlotti ebbe con ilmovimento di Corrente, con i suoiprotagonisti».

La mostra, tuttavia, permette anchealtri percorsi e altre considerazioni,

partendo dal limitato ma scelto nucleodi opere esposte. Non si fugge, peresempio, alla tentazione di vedere, inquelle lunghe e spesse barre verticalinere della Sera in Brianza del 1953, telaprestata dalla Galleria Montrasio, unpunto di contatto, pur momentaneo,con le ricerche del francese PierreSoulages. La cronologia e la storia loconsentirebbero, dato che entrambi, inquell’anno, erano esposti alle pareti

della Promotrice torinese nellakermesse Francia-Italia. Pittori d’oggivoluta da Vittorio Viale e LuigiCarluccio. Se un incontro ci fu, e se idue reciprocamente si fossero visti, inogni caso quel mezzo stilistico sarebbestato usato con accezioni differenti: seil francese creava una rete di fittitronchi di pura astrazione, Morlotti siserviva invece di quella gestualitàampia, di inaudita violenza, per usciredalle secche del picassismo e darestruttura alla composizione, cui lamateria avrebbe dato corpo: era unavia d’uscita, insomma, da quel“cloisonnisme” di spessi contorni cherichiudono campiture di materiaspessa. E dentro quella materiaMorlotti ritrovava il sentimento di coseautentiche: «son contento», scriveva nel1955, «di credere ora a poche piccolecose, a un volto caro, a pochi amici,alle penombre di questa mia dolcissimaterra, al melo che dà le mele e dipensare che al libertà devo, se la voglio,difendermela e pagarmelapersonalmente giorno per giorno, oraper ora».

Si trattava però anche di unamateria non priva di conseguenze, perle successive generazioni di pittorimilanesi, che dovranno fare i conticon quella sensualità di impastiabbondanti e generosi, modellati conla spatola, come barbariche oreficeriedi campo.

A sinistra: Ennio Morlotti, Sera in Brianza,

1953, olio su tela, cm 79x77, collezione

privata, courtesy Montrasio Arte, Monza e

Milano. Sotto: Ennio Morlotti, Rocce, 1982,

pastello su carta telata, cm 28x36, collezione

privata

la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 201334

la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 201336

destinati a rimanere in un cassetto ocomunque confinati in ambitispecialistici, possano trovare lameritata visibilità pubblica Aldo Rossi.L’idea di abitare, a cura di ClaudiaTinazzi, si interroga sula definizionedello spazio dell’abitare attraversoalcuni progetti dell’architetto AldoRossi (1931-1997). Dalla casa alquartiere Gallaratese, ai progettirimasti sulla carta per la Casa dellostudente a Chieti, dalle Cabine dell’Elbaalla Casa Abbandonata, il visitatorescoprirà in mostra il procedere di Rossigrazie alle fotografie di GabrieleBasilico e Luigi Ghirri, al materialeoriginale proveniente dalla FondazioneAldo Rossi e attraverso i modelliarchitettonici fatti realizzareappositamente per la mostra. AlbertoMartini. Un rivoluzionario a fascicoli, acura di Federica Nurchis, è la storiabreve e avvincente di un critico d’arte

LA MOSTRA/2QUATTRO CURATRICI PER QUATTRO MAESTRIA Novate, a Casa Testori

L’Associazione Giovanni Testorimette alla prova Casa Testoricon un progetto innovativo e

mai tentato in Italia. La grande casadell’intellettuale verrà infatti divisa inquattro spazi definiti, affidati a quattrogiovani studiose chiamate atrasformare la propria tesi di laurea odottorato in una mostra. Nasce così 4curatrici per 4 maestri, un formatinnovativo in cui l’Associazione Testori,il suo staff e il suo comitato scientificomettono a disposizione la propriaesperienza perché quattro studi

morto a 34 anni ma responsabile diuna rivoluzione culturale. Inun’ambientazione anni ’60, va in scenal’esito del “fatale” incontro tra Martini eDino Fabbri (1922-2001) da cuinacquero, esattamente cinquant’anni

ALDO ROSSI, ALBERTOMARTINI, GUIDO GUIDI,GIACOMO POZZI-BELLINI

NOVATE, CASA TESTORI

18 ottobre 2013 - 6 gennaio 2014

www.associazionetestori.it

38 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

L’ universo pittorico di AntonioVerga è fatto di piccoliracconti sognanti.

Elusa la legge di gravità e le sueleggi, le sue apparenze impositive, lefigure si librano su un campo oscuro,notturno, le sue sono, come scriveFrancesco Pagliari in catalogo, «opereche si interrogano, opere che con

delicatezza riflettono sui costituentiprofondi della realtà».

Da qui, infatti, sono desunti glielementi fuori contesto della ricercadi Verga: la casa, le piante e altrielementi di una sintassi volutamenteelementare.

Il pittore infatti compieun’operazione di sintesi che recupera(e rivaluta) un approccio istintivo allacreazione artistica: nella lorogeometria semplificata, non esente dauna certa intenzionale naiveté, infatti,questi oggetti dell’immaginariodomestico e quotidiano sono anche iprimi e più tipici soggetti delleimmagini infantili.

Rifarsi, coscientemente o meno, aquell’immaginario, per tradurlo poi in

La casa, 2013, smalto su tela, 60x60 cm

fa, i fascicoli de I Maestri del Colore,che fecero della storia dell’arte unfenomeno di “massa”, non più riservataad un’elite colta, ma distribuita inedicola, senza rinunciare a un altolivello scientifico e a uno straordinarioapparato fotografico a colori realizzatoad hoc. In mostra, documenti originaliprovenienti dall’archivio Martini e unaselezione di disegni, incisioni, sculture edipinti degli amici artisti (Ottone Rosai,Mino Maccari, Renato Guttuso, CarloCarrà, Gianfranco Ferroni, Emilio Tadini,Luciano Minguzzi, Mattia Moreni…),ma anche un rarissimo dipinto a olioattribuito da Martini a Medardo Rossoe lettere, saggi inediti, disegni originalie fotografie che danno contodell’amicizia tra Alberto Martini,Giorgio Morandi e Alberto Giacometti.Guido Guidi. Il mio Carlo Scarpa, a curadi Giulia Lambertini, propone il lavorodel fotografo che, dall’inizio degli anniSessanta, in un percorso conoscitivoche ad oggi non è ancora terminato,avvicina con la sua macchinafotografica l’opera dell’architetto CarloScarpa (1906-1978), suo primo e più

importante maestro a Venezia. Graziealle foto originali e ricche di appuntiautografi, conservate al CentroInternazionale di Studi di ArchitetturaAndrea Palladio (CISA) di Vicenza sicompie un viaggio sorprendente: dalNegozio Olivetti di Piazza San Marco,alla Gipsoteca Canoviana di Possagno,dal Museo di Palazzo Abatellis, checonserva la celebre Annunciata diAntonello da Messina, a quello diCastelvecchio a Verona, uno degliallestimenti museali più ammirati ecopiati del mondo, fino al ComplessoMonumentale Brion di San Vito diAltivole (TV), opera-testamento di CarloScarpa. Giacomo Pozzi-Bellini. Unfotografo tra arte e vita, a cura diCarlotta Crosera, presenta un grandefotografo e regista di documentarigrazie a una galleria di suoi ritrattifotografici, posti a raccontare una vitadi amicizie e incontri con alcuniprotagonisti della storia culturale delNovecento, tra cui: Eugenio Montale,Carlo Emilio Gadda, Vittorio De Sica,Emilio Cecchi, Alberto Arbasino, JeanGenet e Jean Renoir. In mostra, ildocumentario Il Pianto delle Zitelle(1939), l’unica testimonianza della suaattività come regista, è presentato nellaversione originale (senza i tagli impostidal fascismo) che gli valse il primopremio alla Mostra del Cinema diVenezia. A completare il ritratto, legrandi foto d’arte, destinate a diventareil terreno privilegiato degli esperimentidi Pozzi-Bellini e la storia per immaginidel sodalizio con il critico GiovanniTestori, la cui visione delle opere d’arte,e quella della pittura in particolare, silega profondamente a quella di Pozzi-Bellini.

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 39

pittura, non è ovviamenteun’operazione ingenua: significa,piuttosto, recuperare un gradiente di purezza archetipica.

Ecco che allora questi oggetti datratto spesso e ruvido, galleggiantisulla superficie, diventano emblemidel quotidiano e della sua dimensioneonirica: «appaiono silhouettes», scriveancora Pagliari, «tracce che si rendonogeometrie sensoriali: la casa divieneessenza e ne fa parte, come in undesiderio lontano, e diviene unalamina luminosa di colore, unriferimento che vibra nell’atmosfera».Gli oggetti di Pierantonio Verga, la cuiopera più recente vira verso una

LA MOSTRA/3PIERANTONIO VERGA A MILANOAlla galleria Scoglio di Quarto

disseminazione del segno sul campovisivo, non sono sul punto ditrasformarsi in scrittura sull’orditodella tela: pur usando i limiti dellatela come luogo in cui dilatare unospazio avulso da coordinatepercettive, e pur lasciando liberocorso al fluire immaginativo, Verganon perde mai di vista la consistenzadell’immagine, e le sue «Essenze»,come le definisce sempre Pagliari,sono ben lontane da qualsiasitentativo di automatismo psicologico.Il suo, piuttosto che scavo auto-psicanalitico, è un sommessoracconto di poesia.

PIERANTONIO VERGA

MILANO, GALLERIA SCOGLIO DI QUARTOVIA ASCANIO SFORZA 3

6 - 26 novembre

www.galleriascogliodiquarto.com

A sinistra: Grande seme, 2013, tecnica mista su

tela, 80x80 cm.

Sopra dall’alto: Fioritura triste, 2013, pastello a

olio su carta, 70x100 cm; Piccola montagna,

2013, tecnica mista e collages, 50x70 cm

la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 201342

immagini in cui l’azione del vento sulpaesaggio sia particolarmenteevidente. Da queste, poi, trae dellematrici calcografiche, di cui affida apiù mani la realizzazione materiale, inuna vera e propria operazione ditraduzione: l’immagine, nella suaimprendibilità virtuale della rete,

LA MOSTRA/4FULMINI E VENTI SUL LAGO Piangiamore ad Arco per “Der Blitz”

A rriva alla sua seconda tappail progetto “Der Blitz. Ricerca,azione e cultura

contemporanea”, curato da VeronicaCaciolli, Denis Isaia e FedericoMazzonelli per il Museo Alto Garda diRiva del Garda e in collaborazione conil Mart di Trento e Rovereto. L’idea diun approccio critico alcontemporaneo passa attraverso una

selezione di ricerche radicate sulterritorio, ma che uniscano ilradicamento locale con operazioni disenso complessivo di più ampiorespiro.

Approda così ad Arco la ricercache Alessandro Piangiamore stasvolgendo, a partire dal 2008, di unautopica schedatura di tutti i venti delmondo. Com’è possibile, infatti,raffigurare il vento attraverso le artivisive? Le strade intraprese dall’artista,in parallelo, sono due.

Un primo aspetto del lavoro è dicarattere iconografico: attraverso unacapillare ricerca condotta in proprio eattraverso la rete, infatti, seleziona

ALESSANDRO PIANGIAMORE.TUTTO IL VENTO CHE C’È.

ARCO (TRENTO), GALLERIACIVICA GIOVANNI SEGANTINI

12 ottobre -1 dicembre 2013

www.museoaltogarda.it/it

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 43

diventa improvvisamente qualcosa diconcreto attraverso la mediazioneartigianale.

Attraverso questa operazione,dunque, arriva a una mappatura“esteriore” dell’azione del vento. Ilpasso successivo per completarel’opera, poi, consiste in un vero eproprio “ritratto” di ogni vento cherichiede una presenza in primapersona nei luoghi. Piangiamore,infatti, realizza dei blocchi monoliticidi terra del luogo in cui si svolgeràl’intervento, che lascerà poi“modellare”, o meglio scalfire, daiventi che soffiano in quello stessoterritorio. Ecco dunque concretizzarsisette venti diversi che soffiano sullago di Garda tradotti in segni, intracce: il vento non è quello cherimane, ma quello che sparisce nelcorso dell’operazione. Si sarebbetentati, a un primo sguardo, dipensare a certi sviluppi dell’informale

che avevano usato l’aria compressacome strumento di intervento sullaforma plastica.

Non va invece sottovalutata unaintrinseca monumentalità di questipiccoli monoliti di terra. Ma ad unapur veloce analisi dell’intervento nel

suo complesso e nelle sueimplicazioni, la questione diventa piùarticolata e concettualmenteproblematica: l’effetto visivo finale, infondo, diventa secondario nelmomento in cui ci si rende contodella poetica dell’effimero dell’operache si autoconsuma, che si nega alleregole della durata e dellaconservazione.

L’aspetto primario di questaricerca di Piangiamore, infatti, è nellamessa a punto del meccanismo, comesi trattasse di un rituale: una voltainnescato il processo, l’artista sisottrae da un punto di vista operativo,lasciando che questo segua il suocorso. L’arte diventa dunque qualcosa“a perdere”, che assomma un valorevirtuale per quello che queste cosesono state: ciò che si sta fermandoper un istante in un’impronta, infondo, è già passato. Il vento lo haspazzato via.

Tutte le fotografie sono di Pierluigi Faggion

44 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

come era stato alle origini del lorosuccesso, si avvale anche di un forteattaccamento alla memoria e alleradici comuni.

Anita Fiderer Moskowitz, “Forgingauthenticity. Giovanni Bastianiniand the Neo-Renaissance inNineteenth-Century Florence”,Firenze, Olschki, 2013, pp. 192, 80 euro.

Giovanni Bastianini, probabilmenteil miglior imitatore fiorentino dellascultura italiana rinascimentaledell’Ottocento, è stato oggetto di unacontroversia che continua ancora oggi.Analizzando la dicotomia tra il suo stilepseudo-rinascimentale e

contemporaneo,Moskowitz ponesaldamente la suafigura nel contestoeconomico, politicoe culturale delRisorgimento.

Europei e Americani, desiderosi diassimilare l’atmosfera di una perdutaEtà dell’Oro, rappresentarono unmercato pronto a incoraggiare laproduzione di arte neorinascimentale

Gabriella Capecchi, DonatellaPegazzano, Sara Faralli, “VisitareBoboli all’epoca dei Lumi. Ilgiardino e le sue sculture nelleincisioni delle ‘Statue di Firenze’”,

LO SCAFFALEPubblicazioni recenti, fra libri, tomi e volumi di piccoli e grandi editori

Firenze, Olschki, 2013, pp. 250, 28 euro.

Nel 1791 Giovanni Chiari,‘cartolaro’ fiorentino, mise in vendita acadenza mensile fogli incisi conquattro vignette, da ritagliare comebiglietti da visita o rilegare involumetto, con Premessa e Catalogo astampa forniti a parte dall’editore. Ilsoggetto erano le Statue di Firenze, e,per il lancio dell’iniziativa, la primaserie di venticinque fogli fu dedicata al

Giardino di Boboli,che usciva fresco esplendente da unquindicennio diriallestimenti. Albulino di Gaetano

Vascellini fu affidata l’illustrazione dicento delle sculture allora presenti nelcomplesso. Fino a epoca molto recentequesta curiosa documentazione -insuperata per numero e qualità delleimmagini - è rimasta quasisconosciuta. Il volume la ripropone perla prima volta nella bellissima copiaappartenuta alla biblioteca granducale,affiancandole immagini moderne, uncatalogo critico parallelo, documenticoevi, concordanze e una grande tavolapieghevole con l’itinerario suggerito alvisitatore del tempo. Il confronto con larealtà attuale dà un’immagineattraente e immediata del Giardinosettecentesco, con i mutamenti che nehanno segnato la storia.

Claudia Tripodi, “Gli Spini tra XIV eXV secolo. Il declino di un anticocasato fiorentino”, Firenze, Olschki,2013, pp. 284, 35 euro.

Gli Spini, banchieri e mercantifiorentini che raggiunsero l’apice delsuccesso nel XIII secolo, conobberouna lunga permanenza ai vertici delpotere economico e politico che si

protrasse fino aiprimi decenni delQuattrocentoquando, coldelinearsi dellasupremazia

medicea, e la scomparsa di alcunielementi chiave del casato, sitrovarono ad attraversare una fase didecadenza. Il libro, che analizza gliaspetti in cui il declino del casato sirese visibile, osserva come l’ampiaramificazione di questo grande clanseppe dare vita a situazionidiversificate, e tenta di distinguere,con ricerche di prima mano, qualielementi decretarono l’estinzione dialcuni nuclei familiari e qualiconsentirono ad altri di affrontare unrinnovato percorso di ascesa. Neemerge un quadro variegato dove,sotto lo stesso cognome, si raccolgonoprofili sociali estremamente distantil’uno dall’altro e dove il recupero dellostatus, possibile per alcuni Spini informa ormai di gregari della casaMedici dominante e non più di leader

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46 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

con un riconoscimento diventato unodei più prestigiosi a livello europeo. Econ una partecipazione in costantecrescita tanto da aver toccato,quest’anno, i 178 titoli nonostantel’impegno richiesto agli editori diinviare 20 copie per ogni libro inconcorso.

In mezzo c’è la gestione affidata aCarlo Sburlati, il responsabileesecutivo del Premio che ha puntatosulla libertà assoluta delle giurie, i cui

LA NOTIZIA DEL MESEInsigni premiati al 46° Premio Acqui Storia.Un ambito riconoscimento per tanti instancabili protagonisti della ricerca storica

componenti sono stati individuatisulla base delle competenze e nondelle tessere di partito. Non a caso ilpremio gemello, l’Acqui Ambiente, havisto la partecipazione in concorsodell’allora Papa Benedetto XVI,

C’era una volta il PremioAcqui Storia, creato nel1969 per onorare il ricordo

della “Divisione Acqui” ed i caduti diCefalonia nel settembre del 1943.Gestito gramscianamente sulla basedell’egemonia culturale di una partesola. E con una media di libripartecipanti che, per 40 anni, èoscillata tra i 20 ed i 30 titoli per ogniedizione. C’è ora il Premio AcquiStoria che riesce ad onorare il ricordo

di augusto grandi

47

risultato vincitore di una delle sezionidopo le dimissioni.

D’altronde l’importanza di unpremio letterario è data anche dallapartecipazione, dalla qualità deicandidati.

Non più anonimi funzionari dipartito, ma scrittori che siconfrontano nelle tre sezioni in cui èarticolato l’Acqui Storia: romanzostorico, storico-divulgativa e storico-scientifica.

Sabato 19 ottobre, ad Acqui(Alessandria), i riconoscimenti sonostati assegnati a Maurizio Serra (per ilvolume Malaparte. Vite e leggende,Marsilio Editori) e Ottavio Barié (Dallaguerra fredda alla grande crisi. Ilnuovo mondo delle relazioniinternazionali, Il Mulino), vincitori exaequo del premio per la sezionestorico-scientifica; a GiuseppeMarcenaro (Una sconosciuta moralità.Quando Verlaine sparò a Rimbaud,Bompiani) per la sezione storico-divulgativa; a Dario Fertilio (L’ultimanotte dei fratelli Cervi. Un giallo neltriangolo della morte, Marsilio Editori)per il romanzo storico.

Ma sul palco del Teatro Ariston diAcqui sono sfilate anche lepersonalità insignite degli altririconoscimenti previsti dall’AcquiStoria. In particolare il premio come“Testimone del Tempo” è statoassegnato al regista Pupi Avati, algiornalista e scrittore GiampaoloPansa, al direttore del Sole 24 oreRoberto Napoletano ed all’autore eregista teatrale e cinematografico PierFrancesco Pingitore.

Al grande medievista FrancoCardini è andato il premio speciale

alla carriera, con medaglia del Capodello Stato Giorgio Napolitano mentreper “La storia in tv” il riconoscimentoè stato consegnato a Graziano Diana,regista e sceneggiatore de Gli annispezzati. Il giudice, tratto dal libroNella prigione delle Brigate Rosse,scritto dal giudice Mario Sossi e dalgiornalista Luciano Garibaldi.

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano

Nella pagina accanto: Franco Di Mare e

Antonia Varini, presentatori all'Acqui Storia,

insieme a Carlo Sburlati.

In questa pagina dall’alto: i vincitori del

premio Testimone del Tempo 2013: Giampaolo

Pansa, Pier Francesco Pingitore, Pupi Avati con

il sindaco di Acqui Terme, e Roberto Giacobbo

la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 201348

L a «Rivista dei Dioscuri» è lacontinuazione ideale dei«Fascicoli dei Dioscuri», editi nei

primi anni ‘70. Periodico a scadenzatrimestrale, la «Rivista dei Dioscuri» sidefinisce «policulturale, politeista,scientificamente sensibile». I temipreferiti sono quelli che investiganol’ermetismo confrontato con lacontemporaneità e la ricerca teoricaultima, ove s’incontrano milleindicazioni e suggestioni olistiche, manon in una versione new age, quantoin una coraggiosa e parteciperivisitazione del nostro passato greco-romano e relazionalmente della piùspinta ricerca delle scienze ultime. Inparticolare la psicologiamitoarchetipale di matrice junghiana

e hillmaniana, la ricerca filosoficameno riferibile ai sistemi dogmaticiprevalsi negli ultimi secoli, le articoralmente legate al mondoarchetipale ed immaginale, la culturadell’innovazione con le sue moltepliciapplicazioni civili e sociali della FuzzyLogic. Ovvero quell’indirizzospeculativo che, valorizzando iparadossi e le ricorsività proprie dellarealtà, facilita la modellizzazione disintemi complessi, mediantel’applicazione del principio filosoficobasale della possibile coesistenza degliopposti, superando le aporie dellalogica classica e della fisicadeterministica. Approssimando anchele investigabili funzioni reali conmodalità simili a quelle attivate nellamente umana nel corso dellasoluzione dei problemi quotidiani,divenendo in più un incredibilepotenziatore innestato nei sistemidigitali intelligenti sulle architettureneurali di calcolo, modalità tuttesupportate però dal rigore della logicamatematica. Peraltro premessaindispensabile di un punto di sintesi,ormai condivisibilmente maturo e nonpiù solamente “alternativo”, sempreattento al passato meno conosciuto emai disattento del futuro piùricercato, fra filosofie orientali epensiero occidentale. Quindi anche fraantico/occidente ed estremo/oriente,con la consapevolezza di aver rimesso

LA RIVISTA DEL MESE Con Castore e Polluce: un trimestrale“sensibile” alla ricerca della teorica ultima

«RIVISTA DEI DIOSCURI»

www.ips.it/rivistadioscuriTel: 06/7008933

di sandro giovannini

in circolo il metodo alchemico dellacircumambulatio, in modo da renderevisibile, socraticamente, l’intimanatura delle cose, costituita di uno edi molti. Con la capacità dialogicadella forma discorsiva e affrontandoalcune questioni fortementedifferenziate fra loro, ma con incomune i caratteri propri dellacomplessità del mondo: la variabilitàdelle poste in gioco, la mutevolezzadelle stesse, l’interazione reciproca espesso ricorsiva del tempo. I principaliscriventi della «Rivista dei Dioscuri»sono indirizzati da un compattoComitato Editoriale composto dalcoordinatore Francesco Franci, e daMoreno Neri, Sandro Salerno, eGiovanni Sessa, esperti nei vari temisopraindicati a livello nazionale einternazionale.

50 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 51

anti-Cav, anti-Tac soprattutto,perché il vero intellettuale noncrede nelle diagnosi compute-rizzate, e comunque, essendoun Umanista, diffida sempredella Scienza. E anche anti-Tic-Tac, che - in dosi eccessive, e inparticolare quelli all’arancio -fanno venire il maldipancia. Dacui la nota espressione: “intel-lettuali malpancisti”

� DÉJÀ VU Tutto per voi èdéjà vu.

� GIORNALI Il vero intel-lettuale non legge mai i giornali.Li sfoglia.

� MIRTILLI Mangiarne tan-ti, fanno diventare intelligenti.

� MARTELLI Ottimi, insie-me alle falci.

� CULTURA DIGITALEBattersi per. Un’ottima dichia-razione in caso di intervista sultema: “La rete non è un ambien-te separato dalla vita, ma uno

Punture di penna

� ALIBI Sempre meglio aver-ne uno.

� ABITI Sempre meglio aver-ne molti. Ad esempio: dolcevitanouveaux philosophes, giacche vel-luto a coste à la Cacciarì, Clarksfuori corso, molti abiti interi manon spezzati (da cui la locuzione“Mi piego ma non mi…”), pochettema anche pochade, livrea (sempreutile, quando si deve servire qual-cuno), almeno un paio di stivali ne-ri (metti che si debba fare il passodell’oca), un colbacco (per nostal-gia), l’eskimo (un capo che non pas-sa mai di moda), e cappello, tanticappelli. Da togliersi tutte le volteche si omaggia qualcuno.

� AFORISMI L’intellettualeli usa solo se scandalizzano, o senon significano nulla, ad esem-pio: “Nelle guerre coi gigantivincono i deboli”. Oppure: “Ioho una mia dignità!”.

� BARZELLETTE Chi leracconta in pubblico è un creti-no che ci fa fare figuracce all’e-

stero. Ma alle cene fra giornali-sti, scrittori ed editori, si può.Soprattutto quelle sporche.Usare molte volte la parola “tet-te”, mai più di un “cazzo”, al li-mite si può usare “puzzette”.Citare Dante: “ed elli avea delcul fatto trombetta”.

� ANTI Il vero intellettuale de-ve sempre essere “anti”. Anti-Tav,

Sopra: Luigi Mascheroni.

Nella pagina accanto: Johan Joseph

Zoffany (1733-1810), La tribuna degli

Uffizi (1772-1777), part.,

Royal Collection, Castello di Windsor

LUIGI MASCHERONI

Consigli intellettuali per il vero Maître à penser

Ovvero: come furoreggiare nei salotti

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spazio che fa parte della nostraesistenza”. Non significa uncazzo, ma le agenzie la ripren-deranno di sicuro.

� CLASSICI Prefarli, intro-durli, commentarli. Preferibil-mente senza leggerli.

� PLAGIO genere letterariomolto frequentato nell’ambien-te. Da non disdegnare.

� DRINK PREFERITONegroni. Ma se è finito, va beneanche un Toni Negri.

Per quanto sarebbe più politica-mente corretto ordinare un“Toni Neri”. Il barman potrebbe denunciarviper reato di discriminazione erazzismo.

� COSA DA PENSARE,SENZA DIRE “Handicappa-to”, “negro”, “cieco di merda”,“frocio del cazzo”.

� COSE DA DIRE, SENZAPENSARE “Disabile”, “perso-na di colore”, “ohhh, aspetta cheaiuto quel povero non veden-

te…”, “io ho un sacco di amiciomosessuali”.

� MATTATORE L’intellet-tuale è sempre un mattatore, maun po’ anche mattacchione.

�ORWELL, GEORGE Stron-carlo. Come critico letterario nonne azzeccò una. “Se non avessescritto 1984, non lo ricorderebbenessuno” (e comunque, il film è me-glio del libro…).

� SOCIAL MEDIA L’intel-lettuale, notoriamente, non ne

Johan Joseph Zoffany (1733-1810) La famiglia Gore insieme a George, terzo marchese Cowper, circa 1775, Yale Center for

British Art, New Haven, Connecticut

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 53

no in un paio di settimane. Gliunici che vi piacciono del restosono quelli di Emilio Cecchi. Perinciso, un critico da rivalutare.

� FESTIVAL Ma per l’intel-lettuale è sempre festival!

� PALLONI L’intellettuale liadora. Quelli gonfiati.

� VESTI Stracciarsele.

� VERDI, Giuseppe Il verointellettuale preferisce Wagner,Richard.

ha bisogno. Criticarli. Una buona spiegazione potreb-be essere: “Uso la tecnologia manon credo renda il mondo mi-gliore”.

� LIBERAL Come shampoova bene. Il famoso shampoo “Li-beral e bella”.

� LIBRI Sono in crisi. “Madevo dire che il mio ultimo, staandando bene…”

� RESPONSABILITÀ De-clinarle. E’ meglio.

James Gillray (1757-1815), L’Assemblée Nationale or Grand Cooperative Meeting at St. Ann’s Hill Respectfully Dedicated to

the admirers of “A Broad-Bottom’d Administration”, 1804

� SMARTPHONE Attivitàconsigliate: navigare su Inter-net, … e il navigar m’è dolce inquesto mare; utilizzare app a ca-so, Zig Zang Tumb Tumb; consul-tare il meteo, la nebbia a gl’irti collipiovigginando sale, e pepe; guar-dare video online, anche quelloporno di Bélen; scaricare giochi,ad esempio quello delle perle divetro; acquistare biglietti per ilMilan. Perché il vero intellet-tuale adora le tribune.

� PESCI ROSSI Non cam-biargli mai l’acqua, così muoio-

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glio averci niente a che fare!”

� A COLAZIONE COLPREMIER? A pranzo, anche ilsecondo. A cena persino il des-sert.

� IMPEGNO Pensarci bene,perché è un bell’impegno…

� LACRIME E SANGUE Sesono per gli altri, come non con-dividerle?

� ANDARSENE VIA DAL-L’ITALIA Minacciarlo ognianno. Prima delle vacanze.

� FALCHI Da non sottovalu-tare le nemmeno le colombe. DiPasqua. Quelle con la glassa alcioccolato, con un calice diChambave Muscat passito, sonoottime.

� PROGRAMMI TV Noio-sissimi quelli di Sky Art, tuttecose che sapete già. Ottimi i ta-lent show: mai visti tanti cretinitutti insieme, neanche quandofate gli esami in università. Nonmale le serie tv, a parte quelleitaliane (“Gli americani, comesanno fare loro la televisio-ne…”). Al limite, si può vedereogni tanto Gerry Scotti. Per-ché? Non si sa. Peccato non fac-ciano più La Pupa e il secchione.

� SCALA C’è chi la scende echi la sale. Citare Dante e Barto-lomeo Della Scala... Voi ci anda-te soltanto il 7 dicembre. Ma senon nevica, altrimenti si va alBoeucc a cena, che è lì vicino.

� DONNE Per voi aveva giàdetto tutto San Tommaso d’A-quino nei Commentari: “Ogget-to necessario per preservare laspecie”.

� LACUNE Voi in realtà pre-ferite le lagune. Ad esempio, il“Chia Laguna Resort”, in Sar-degna, è bellissimo, si sta tran-quilli, il mare è bello, non ti dis-turba nessuno, puoi leggere tut-to quello che ti pare, e colmareun sacco di lacune.

� SPAZI INCLUSI Spesso laparte più interessante di un arti-colo.

� TOLLERANZA Versocerta gente, intollerabile.

Anicet Charles Gabriel Lemonnier (1743–1824), Lettura della tragedia “L’orfanodella Cina” di Voltaire, nel salotto di madame Geoffrin, 1812, Museo nazionaledel castello della Malmaison, Rueil-Malmaison

� DE SICA, Christian Il verointellettuale preferisce Boldi,Massimo.

� FLORIS, Giovanni Il verointellettuale preferisce essereinvitato da Cruciani, Giuseppe.

� TANGENTI Una tantum,perché no?

� LUSSO Un lusso che ci sipuò concedere.

� NABOKOV, Vladimir Unsopravvalutato. “Del resto Loli-ta prima di essere pubblicato aParigi, fu rifiutato da tutti glieditori americani che lo videro”(e comunque, fra i due film, me-glio quello di Kubrick).

� POLITICA “Con la politi-ca ci mangiano tutti, io non vo-

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novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 57

estrazione politica - per l’appun-to le molteplici espressioni delsovversivismo del tempo -, Orazici mostra infatti come vi sia statauna contrapposizione notevolefra il potere costituito e tutti co-loro non accettavano la realtàistituzionale, politica ed econo-mica rappresentata dalla monar-chia e dal ceto borghese. Purtrattandosi di minoranze, la lorocombattiva presenza testimoniaun diffuso senso di insofferenzadi natura sia politica che sociale.Inoltre questa stessa documenta-zione illumina alcuni aspetti or-ganizzativi - ad esempio la situa-zione della stampa - e specifici ri-svolti umani e psicologici relativiad alcuni personaggi che anima-rono la scena politica e socialedel tempo. L’opera è corredatada una preziosa ed inedita appen-dice documentaria. Complessi-vamente, dunque, il volume ri-sulta molto istruttivo. L’arcocronologico preso in esame con-templa gli anni che vanno dal1865 al 1899.

Il libro del mese

Ènoto che lo Stato liberalenato dal Risorgimentosoffrì fino all’avvento del

fascismo di un deficit di legitti-mità a fronte delle grandi massepopolari rappresentate dai catto-lici, dal movimento socialista edal movimento repubblicano.Una ennesima conferma di que-sta tesi ci è data ora da StefanoOrazi (valente studioso di fatti evicende postrisorgimentali) che,nella sua opera “Viva il Re, abbassoil Re”. Vicende giudiziarie di repub-blicani, anarchici e socialisti nelleMarche settentrionali (1865-1899), ricostruisce con grandeacribia le vicende giudiziarie epolitiche di repubblicani, anar-chici e socialisti nelle Marchesettentrionali. Sebbene si trattidi un “piccolo campione”, ciòche ci viene offerto è istruttivoperché le Marche, come è noto,sono state al centro di importanti

lotte politiche; costituiscono in-somma, rispetto alla realtà na-zionale, un test molto significati-vo. Attraverso le carte proces-suali relative ai militanti di varia

Italia postunitaria: “Viva il Re, abbasso il Re!”

Vicende di repubblicani, anarchici e socialistiGIAMPIETRO BERTI

Stefano Orazi, «“Viva il Re,abbasso il Re”. Vicendegiudiziarie di repubblicani,anarchici e socialisti nelleMarche settentrionali (1865-1899)», Urbino, Argalia,2013, pp. 153, 18,60 euro

A sinistra: una caricatura

di Umberto I apparsa

su «Vanity Fair» il 3 agosto 1878

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Il pregio principale del la-voro di Orazi consiste nel mo-strare come lo spaccato di unarealtà regionale possa per moltiversi riflettere, sia pur nella suaovvia specificità, lo svolgimentodella vita politica nazionale. Ve-diamo infatti all’opera, in pro-gressiva sequenza temporale(per gli anni Sessanta), i repub-blicani mazziniani, i garibaldini ei primi internazionalisti. Seguo-no - anni Settanta - l’internazio-nalismo anarchico e socialista, lacontrapposizione fra internazio-nalisti e repubblicani e, successi-vamente (e siamo agli anni Ot-tanta), le varie diatribe fra i se-guaci di Andrea Costa e i suoi de-trattori; infine, anni Novanta, imomenti drammatici della “crisidi fine secolo”. L’osmosi tra ladialettica regionale e la dialetticanazionale è evidente e, in questosenso, le ricerche di Orazi ci fan-no vedere da vicino aspetti e mo-menti che a volte sfuggono all’at-tenzione dello studioso, se il suosguardo rimane fermo ad un’a-nalisi generale.

Dal volume emerge conevidenza la seguente considera-zione: si può dire, in generale,che la magistratura risentivadell’orientamento liberale deivari governi (a seguito del retag-gio risorgimentale), ma che, allostesso tempo, mostrava un’ec-cesiva volontà repressiva per lapaura che le opposizioni pren-dessero la strada radicale di unavera rivoluzione sociale. Si pen-

si, ad esempio, all’equiparazio-ne fra anarchici e malfattori di-retta a far passare gli internazio-nalisti come un’associazione didelinquenti al pari di mafiosi,camorristi, contrabbandieri.

Questa paura troverà la suaconferma nell’ulteriore fase delconflitto fra il potere costituito ei movimenti di opposizione, spe-cialmente l’ultimo decennio delsecolo: il Primo maggio, i Fasci

siciliani, le rivolte in Lunigiana el’emblematica conclusione diquesto periodo con l’assassiniodi Umberto I per opera di Gaeta-no Bresci. Non si può dimentica-re che proprio la “crisi di fine se-colo” ha il suo inizio nel gennaiodel 1898 con i moti del pane adAncona. Anche nel circondario itumulti assumeranno toni da jac-querie. Vengono dati pieni poterial generale Baldisserra e nei gior-ni seguenti la città vivrà in una si-tuazione di panico per la paura dinuove sommosse popolari. Neitre mesi seguenti la protesta con-tro il caro-pane si allargherà atutte le Marche e a questo propo-sito Orazi illustra quanto avven-ne a Fano.

Sopra: Stefano Orazi (1964),

fotografato nella sua biblioteca.

A sinistra: Sua Maestà Umberto I

Re d’Italia in un ritratto d’epoca

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novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 61

esse risulta custodita in un’ap-posita cartella di cartoncino, co-lore avorio. Occorre difatti sot-tolineare che, nell’esecuzionedell’opera, l’artista aveva as-sommato e alternato tempere ematite colorate, pastello e colla-ges, acquerello e riversamentifotografici: un insieme di mediacon qualche fragilità conserva-tiva anche nelle repliche a stam-pa. Perché ho voluto ricordarel’esistenza di una “vecchia” ver-sione italiana dell’impegnodantesco di Rauschenberg? Pri-ma di tutto, perché di recente loStudio Bibliografico di Alessan-dro Chello e Maria Calabrò (aTrevignano Romano) ha offertoall’acquisto a 6.500 euro la copianumero 102 della tiratura sud-detta; in secondo luogo, perchéla stessa libreria, con lo stessocatalogo, ha proposto tre dissi-mili “ristampe” della massimaopera dantesca, implicitamenterivolgendosi a un pubblico conpropensioni di lettura piuttostovariegate. E’ certo, certissimo,per esempio, che l’edizione del-

L’altro scaffale

Lo confesso. Non amo la(cosiddetta) cultura pope resto per lo più indiffe-

rente, se non ostile, di fronteagli esiti artistici del neodadai-smo. Eppure, in un paio di cir-costanze, un pittore, quale Ro-bert Rauschenberg (1925-2008), sempre in bilico fra i dueatteggiamenti suddetti, si è im-posto al mio rispetto. Alludo alciclo delle sue XXXIV illustra-zioni dedicate all’Inferno diDante, forse meno magistralidelle corrispettive e impressio-nanti ideazioni di Salvador Dalì(1904-1989), pressappoco co-eve, ma non meno degne di ap-prezzamento, sia nella primaedizione litografata (1964) sianelle altre, successive versioniincisorie, sempre controllatedall’artista. Mi riferisco qui, inparticolare, alla scatola edito-riale, in piena tela, pubblicata daEdgardo Marcolini (Milano,1965), in 250 esemplari, concompleta fedeltà all’originaleedizione newyorkese, tanto nelformato (46x46 cm.) quanto

nell’accuratezza della riprodu-zione, in facsimile, delle origi-nali soluzioni grafiche e colori-stiche. Non per nulla, tutte leXXXIV tavole di questa edizio-ne milanese recano la firma au-tografa dell’autore e ognuna di

La parola scritta, l’immagine dipinta

Piccole ma preziose proposte di collezionismoALBERTO CESARE AMBESI

Nella pagina accanto: Robert

Rauschenberg, Canto XIV, 1959.

Sopra: Dante Alighieri, in una

incisione del 1920 di Adolfo de

Carolis (1874-1928)

62 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

la Commedia, il cosiddetto“Dantino”, stampata a Padovanel 1878 dalla tipografia FratelliSalmin, per Ulrico Hoepli Edi-tore, è opera tuttora appetibiledalle cerchie dei bibliofili più“curiosi” e raffinati. Basti ram-mentare che le è stata attribuitala controversa qualifica di “Li-bro più piccolo del mondo”,avendo un formato in 128°(mm. 52x34) e - per di più - ca-ratteri a 2 punti, fusi col corpotre (a occhio di mosca); quindi,leggibili soltanto con una lente.Da segnalarsi, inoltre, che l’o-pera in parola, pubblicata inmille esemplari, per essere com-pleta, deve presentare nell’anti-porta (la pagina che precede ilfrontespizio) il ritratto di Dan-te, nonché una solida legatura,per poter essere tramandata.Come l’esemplare posto in ven-

dita a 3.800 euro, caratterizzatoda una copertura coeva di coloremarocchino scuro, dorso a cin-que scomparti con titoli in oro.Sguardie marmorizzate, taglicolorati in rosso. La copia hauna lievissima abrasione al dor-so, ma è molto ben conservata.Dissimile, sia sotto un riassunti-vo profilo critico-bibliograficosia con specifico riferimento al-l’opera, il discorso nei confrontide La Commedia di Dante Alli-ghieri illustrata da Ugo Foscolo(1778-1827). Questo libro (tral’altro conservato addirittura indue esemplari presso la Biblio-teca di via Senato) è offerto a1.200 euro. E non per capriccio-sa sovrastima. Si tratta, infatti,di un’edizione, in quattro volu-mi, in 8°, pubblicata a Londra daPietro Rolandi, fra il 1842 e il1843, dunque molti anni dopo la

morte del curatore; il suo pregiomaggiore, comunque, può dirsiduplice, sotto il profilo lettera-rio, in quanto il puntuale com-mento foscoliano è precedutoda una pertinente prefazione diventi pagine, con numerazioneromana, scritta da GiuseppeMazzini (1805-1872), serven-dosi del vago pseudonimo di:Un Italiano. Parimenti valida lacomponente tipografica, giac-ché concretata con caratteri ni-tidi ed eleganti. L’esemplare invendita, tuttavia, ha alcuni di-fetti, o trascurabili o facilmenterimediabili: manchevolezze aidorsi e alla copertine in brossu-ra; varie annotazioni scritte conuna matita molto fine; mancan-za, altresì, delle tavole venduteseparatamente con apposito fa-scicolo, il cui acquisto era facol-tativo. La consistenza dei quat-

BLOCK NOTES

APPUNTI ELEMENTARI DI BIBLIOLOGIAquarta puntata

Si prosegue qui nel proporrel’elenco delle principaliconvenzioni e abbreviazioni

bibliografiche dei tempi attuali, masi preannunzia anche volentieri che- con ogni probabilità - sarà questoil penultimo contributo,perfettamente incardinatonell’argomento. Poi, poco a poco, questa “micro-

sotto-rubrica” sarà chiamata aconquistare qualche riga in più,acquisendo spesso un’improntacronistorica, ma non mai soltantoaneddotica. Almeno, nelleintenzioni.

ft: fuori testo, su pagine nonnumerate (o con numerazione a séstante).Fig./figg.: figura/figure.Front.: frontespizio, pagina con iltitolo e i riferimenti editoriali.Ill.: illustrazione/i, illustrato.

Intonso: libro, per lo più antico, o divecchia edizione, a cui non sonostate tagliate le piegature dei fogli.m.pelle: mezza pelle, tipo dilegatura rigida con il dorso di pelle.m.tela: mezza tela, tipo di legaturarigida con dorso di tela.mod.: moderno, successivo all’annodi edizione.muta: legatura che non riportaautore/titolo.n.t.: nel testo, su pagine numerate.or. - orig.: originale, editoriale.piatto: copertina rigida, anteriore.

novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 63

tro volumi è la seguente: pp.XXX, 467, (1); 395, (1); 560;418. Che dire, invece, de La Di-vina Commedia, novamente illu-strata da artisti italiani, a cura diVittorio Alinari (opera anchequesta presente anche nella rac-colte della Biblioteca di via Se-nato)? Si tratta di un’edizioneuscita fra il 1902 e il 1903, in tretomi, in 4° (35 cm.), ma quivipresentata in unico volume consolida legatura coeva in pienocuoio e con rifiniture “neome-dievali”: titoli impressi a secco alpiatto anteriore, sbalzi e gigli inrilievo a entrambi i piatti, fer-magli costituiti da due liste dicuoio, terminanti con un minu-

scolo uncino metallico da ag-ganciarsi al bordo della coperta.L’integra numerazione impagi-nativa risulta la seguente: 1 cartabianca, pp. XVI, 1 c. non nume-rata, pp. 140; 1 c. bianca, 2 cc.n.n., pp. 146; 2 c. bianche, 2 c.n.n., pp.166. L’opera ha soltan-to qualche lievissima abrasionealla legatura, purtuttavia con-servata in modo eccellente e -cosa ancora più importante - ècompleta di tutte le illustrazionia piena pagina, nel testo, e nelletavole fuori testo conservate sucartoncini protetti da veline.Gli autori? Buona parte dei piùimportanti protagonisti dellastagione d’arte liberty. Nell’or-

dine: Alberto Martini (1876-1954) e Duilio Cambellotti(1876-1960), Leonardo Bale-strieri (1874-1958) e GiulioAristide Sartorio (1860-1932),Plinio Nomellini (1866-1943) ePietro Chiesa (1876-1959).Prezzo dell’elegante volume:1000 euro.

�Debbo chiedermi ora:

quando la parola e l’immagines’incontrano, chiamate a svilup-pare un identico tema, a qualidelle componenti si dovrà daremaggior peso? Non è facile ri-spondere di primo acchito. Etuttavia… tuttavia si creano a

Da sinistra: Robert Rauschenberg, Inferno, Canto XVI; ancora Rauschenberg, Inferno, Canto XV

64 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

volte dei casi in cui si può esserecerti che, almeno per brevetempo, il segno e/o la figura ri-usciranno pur sempre a suscita-re una maggiore curiosità, indi-pendentemente dal fatto che ilcontenuto sia del tutto nuovo ogià conosciuto.

Per esempio, per quanto sipossa essere propensi a lasciarsiincantare nella lettura di testicome I Fioretti di San Francesco,Il cantico del Sole e Le considera-zioni sulle stimmate, non vi èdubbio che, davanti a una con-giunta pubblicazione di taliopere degli inizi del Novecen-to, in 1000 esemplari numerati,a cura dell’Editrice San France-sco di Roma, l’attenzione si ri-verserà subito, e con crescenteinteresse, sul suo aspetto grafi-co e materico, poiché si presen-

ta con una legatura in seta diAntonio Casciani, su disegno diDuilio Cambellotti. Proprio alui si può e si deve altresì ascri-vere tutto l’accurato apparatoiconografico del volume: le 15tavole a colori (protette da veli-

ne), le illustrazioni e i fregi neltesto. Doverosa precisazione: illibro è un in folio (cm. 42,5) di176 pagine e la sua pubblicazio-ne, il IV ottobre 1926, avvennein coincidenza con il VII cente-nario della morte del santo. Ilsuo prezzo è di 1350 euro. Mol-ti lo ricordano: prima d’essereuna parte della famosa raccoltaEd è subito sera (1942), le diversepoesie radunate sotto il titolol’Oboe sommerso, erano state,dieci anni prima, un importanteapprodo nell’iniziale evoluzio-ne stilistica del futuro PremioNobel per la Letteratura(1959), Salvatore Quasimodo(1901-1969). Potrei persino as-serire che proprio nell’Oboesommerso, il Poeta sembra con-sapevolmente tentato, per laprima volta, di assommare, nel-la morfologia e nella sintassi delverso, e l’eredità classica, insenso lato, e il contemporaneosperimentalismo ermetico. Co-me è ovvio con esiti diseguali,ma anche con singoli risultati digrande fascino. Un esemplare,in 8° (cm. 20), integro e perfet-to, della prima edizione di 500copie numerate (121 pp. +7),curata da Adriano Grande, puòquindi considerarsi una piccolapreziosità antiquariale merite-vole d’essere offerta a 850 euro.Quasi dimenticavo: sia il testofrancescano sia l’Oboe sommersosono stati posti in vendita dallaLibreria Antiquaria Bongiornodi Modena.

INDIRIZZO E RECAPITI

STUDIO BIBLIOGRAFICOMARIA CALABRÒ EALESSANDRO CHELLOvia Mosca, 29 - 00069Trevignano Romano (Rm).Tel. 06/9998073

LIBRERIA ANTIQUARIABONGIORNOvia Lana, 72 - 41124 ModenaTel. 059/244466www.bongiornolibri.it

Domenico di Michelino (1417-1491), Dante illumina Firenze con Firenze col suo

pomea (1456), Firenze, Santa Maria del Fiore

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novembre 2013 – la Biblioteca di via Senato Milano 67

Filosofia delle parole e delle cose

Liguria di primo Novecen-to, domenica, forse, e for-se autunno: «Perduta ha

la sua voce/ la sirena del mondo, eil mondo/ è un grande deserto».1

Che cosa scopre in questi versiCamillo Sbarbaro, che cosa mo-stra cent’anni più tardi a noi, suoicompagni postumi nell’avventu-ra del vivere? È un mal de vivre,quello narrato nella poesia cheapre Pianissimo, che non è di un’e-poca ma di ogni epoca e di ogniuomo. È il male delle cose, il malenellecose, la sofferenza scandaliz-zata per un mondo di colpo cosìprivo di attrattiva che «la vicendadi gioja e di dolore/ non ci toc-ca»,2 e gli alberi, le case, le donneche passano, tutto, «è quello/ cheè, soltanto quel che è».3

Un grande deserto, diceSbarbaro, e si fa presto – riferen-doci al nostro parlare abituale – apensare per metafora il vuoto.Come spesso accade, tuttavia,scavare un poco nella forma delleparole, nella storia che esse attra-versano per definirsi e raggiun-gerci, ci aiuta a liberarne i signifi-

ti. Perché se è evidente che nel-l’immaginario collettivo il deser-to come luogo fisico è associato aun’esperienza negativa, di durez-za e privazione, è senz’altro menoovvio – tanto più nel twitteringworld che Eliot preconizzava inBurnt Norton – associare tale ne-gatività all’assenza di legami.

Possiamo allora immagi-narci l’uomo antico che, osser-vando i propri luoghi recintati ecurati, si accorge dell’infeconditàdi quelli aperti, sì che de-serto apoco a poco viene a indicare perantonomasia qualunque luogoarido e inospitale, fino a descrive-re metaforicamente l’aridità, ilvuoto che abita le cose e il nostrorapporto con esse, il disperantetentativo di abbrancarle e l’inelu-dibile velo che ce ne tiene a di-stanza. Così, mentre parrebbe,oggi, che l’assenza di legami sia ildesiderio più alto cui l’uomo pos-sa e debba tendere, ecco che ci ri-troviamo incrostata nella meta-fora del deserto una percezioneopposta. Che cosa ci dice infattiquesta metafora, cosa indica della

cati reconditi, a riscoprire i senti-menti, le paure, le attese a cui sor-gendo hanno tentato di dare ri-sposta. Che cos’è, secondo lastruttura della parola che lo defi-nisce, il deserto? È il luogo sen-z’argini, senza confini, non lega-to, non circondato né definito.De-serere, ci dice infatti l’etimo-logia, ovvero «non più legato», egià troviamo l’indicazione di unlegame interessante tra significa-

Deserto: il nulla delle cose e delle parole

L’orrore di un mondo vuoto, di una terra senza confiniDANIELE GIGLI

Sopra: Lucio Fontana (1899-1868),

Concetto spaziale. Attese (1966).

Nella pagina accanto: Costantin

Brancusi (1876-1957), Colonna senza

fine (1918), Targu Jiu

68 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

percezione profonda che l’uomoha di sé, se non che proprio quellegame oggettivo che abbiamocon l’Essere, quindi con le cose,quel legame che contro ogni evi-denza e con sempre più pervica-cia tentiamo di negare è in realtà,al fondo di noi, sentito come unbene necessario?

Scriveva san Tommaso,commentando la Seconda lettera

sangue ci si desta il sospetto cheil nostro passare nelle cose e neltempo sia del tutto indifferente ealle cose e al tempo. È il gridospaventato del signor Kurtz infaccia al suo ultimo respiro, l’or-rore piatto che Eliot riprenderànel suo Waste Land: Terra desolatanella vulgata comune o, dante-scamente, Paese guasto in cui l’as-senza di desiderio e il solipsismoincosciente dell’uomo sono a untempo sintomo e concausa dellamorte delle cose. È l’orrore delvuoto e della solitudine, di un le-game intuito e perso, e perciònostalgicamente cercato, con ilCreato e con il Creatore, comeben sapeva il salmista: «Nellatua bontà o Signore/ mi hai po-sto su un monte sicuro;/ maquando hai nascosto il tuo volto/io sono stato turbato».4

Dalla natura il terrore dellamorte, scriveva san Tommaso,tuttavia continuando: «dalla gra-zia, l’audacia». E se la grazia è of-ferta e a noi indisponibile, è inve-ce di ogni uomo la capacità dichiederla, di riconoscere nellapropria carne quella spina dolo-rosa che è a un tempo segno delmale e promessa del bene: «Tuttiriceviamo un dono./ Poi, non ri-cordiamo più/ né da chi, né chesia./ Soltanto, ne conserviamo/ –pungente e senza condono –/ laspina della nostalgia».5

ai Corinzi, che dalla scopertadella sua natura, dalla percezio-ne dello scorrere apparente diogni cosa verso la corruzione,insorge nell’uomo il terrore del-la morte. Se pensiamo alle no-stre giornate, ad alcuni istantinascosti delle nostre giornate, èun terrore di cui tutti, più o me-no larvatamente, abbiamo espe-rienza, quando dal fondo del

NOTE1 Camillo Sbarbaro, «Taci, anima stan-

ca di godere», 22-24, in Pianissimo.

2 Ibidem, 21-22.3 Ibidem, 19-20.4 Salmo 29, 8

5 Giorgio Caproni, Generalizzando, in

Res amissa.

Alberto Burri (1915-1995), Grande nero cretto G7 (1974), Città di Castello,

Fondazione Palazzo Albizzini

MOMENTACT_168x216.indd 1 15/05/13 11:11

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Oltre quella porta, dipintadi nero e con gialli vetrismerigliati, si apre un

mondo. Un mondo “antico”, chenon esiste più, se non in pochi an-goli di una pianura un tempo bel-la. Un tempo verde, e non detur-pata da fabbriche e magazzini.Ricca, di una ricchezza pulita, da-ta dalla terra. E felice, perché inarmonia col battere del tempodella natura. Oltre quella porta,nel pieno centro di un paese cometanti - Trescore Cremasco -, siapre il Fulmine, il piccolo regnodi Gianni e Clemy Bolzoni. Duevite, le loro, trascorse in questatrattoria: un tempo osteria orablasonato ristorante. Oltre la saladel bar (che ricorda immagini delNovecento di Bertolucci), i pochitavoli. Un camino acceso. Alcunifiori. I bicchieri di cristallo. E leposate d’argento. Ci sarebbe ve-nuto volentieri, in questo regnodi lombarda pianura, il gran inge-gnere Carlo Emilio Gadda. Amangiare uno dei celebri piatti diClemy: il risotto allo zafferano.Un piatto semplice, ma non faci-le. Il risotto alla milanese, o “ri-sotto giallo”, è una preparazioneche grande maestria richiede. Losottolinea anche Gadda, in un

tutto. Necessari sono anche«minimi pezzi di cipolla tenera,un quarto di ramaiolo di brodo eburro lodigiano di classe, ma so-lo quantum sufficit, non più, vene prego; non deve fare bagna, ointingolo sozzo: deve untareogni chicco non annegarlo».Come ben sa Clemy «il risottoalla milanese non deve esserescotto, ohibò, no! Solo un po’più che al dente sul piatto». Ilgaddiano godimento è assicura-to! Ma come non completarlopoi, coi consigli di Gianni, vocesoffusa e sorriso franco? Gaddaavrebbe ordinato la scaloppa difegato grasso con riduzione alPicolit, i tortelli cremaschi (daldolce ripieno) e l’oca con le ver-ze. Tanto chiede tanto. E quindinel bicchiere niente di meno diun grande Borgogna. Magari unVosne Romanée 1er cru Les Or-veaux di Mongeard-Mugneret,lasciato teneramente a maturareper alcuni anni in una voltatanobile cantina. Un ultimo cali-ce, di fronte al camino. La legnasbriciola. La nebbia già si abbas-sa, annegando i contorni dellapianura. E, una volta fuori, a ri-scaldare il cuore, il ricordo delgaddiano risotto del Fulmine.

BvS: il ristoro del buon lettore

breve e sconosciuto scritto inti-tolato Risotto patrio. Rècipe, pub-blicato nella raccolta Verso la Cer-tosa, un raro volumetto (di cui laBiblioteca di via Senato conservauna copia, con dedica autografadell’autore al critico GiancarloVigorelli) stampato da RiccardoRicciardi nel 1961 (e che contie-ne anche un disegno di LeonettaCecchi Pieraccini).

«L’approntamento di unbuon risotto alla milanese do-manda riso di qualità, come il ti-po Vialone. E il recipiente clas-sico per la cottura del risotto: lacasseruola rotonda, e la ovalepure, di rame stagnato», si rac-comanda l’ingegnere. Ma non è

GIANLUCA MONTINARO

Trattoria FulmineVia Carioni, 12Trescore Cremasco (Cr)Tel. 0373/273103

Fulmine, il risotto di Gadda!La vera cucina lombarda a Trescore Cremasco

72 la Biblioteca di via Senato Milano – novembre 2013

ALBERTO C. AMBESIAlberto Cesare Ambe-

si (1931), scrittore e saggi-sta, ha insegnato storiadell’arte e semiotica all’In-ternational College ofSciences and Arts e all’Isti-tuto Europeo del Design.Fra le sue opere si ricorda-no qui: Oceanic Art (1970),L’enigma dei Rosacroce(1990), Atlantide e Le So-cietà esoteriche (1994), Ilpanteismo (2000), Scien-ze, Arti e Alchimia (riedi-zione ampliata e rinnovatadi un precedente saggio,Hermatena, Riola, 2007) ele particolari monografieNella luce di Mani (2007) eIl Labirinto (2008). È statocritico musicale del quoti-diano «L’Italia» e ha colla-borato alle pagine cultura-li de «La Stampa».

GIANFRANCO DE TURRISGianfranco de Turris ha

lavorato in Rai dal 1983 al2009, come vice-capore-dattore dei servizi culturalidel Giornale Radio. Ha idea-to e condotto la trasmissio-ne di approfondimento cul-turale L'Argonauta, con cuiha vinto nel 2004 il PremioSaint-Vincent di giornali-smo. Si occupa di politicaculturale da un lato e di let-teratura dell'Immaginariodall'altro, scrivendo di que-sti argomenti su quotidiani,settimanali e mensili, non-ché su enciclopedie e dizio-nari, dirigendo riviste e col-lane, curando l' edizione el'introduzione di centinaiafra romanzi e saggi, e pub-blicando una quindicina dilibri. È direttore responsabi-le della rivista «Antares».

MASSIMO GATTAMassimo Gatta (1959)

insegna presso l’UniversitàFederico II di Napoli. Dal2001 è bibliotecario pressola Biblioteca d’Ateneo del-l’Università degli Studi delMolise dove ha organizzatodiverse mostre bibliografi-che dedicate a editori, edi-toria aziendale e aspettiparatestuali del libro (ex li-bris). Collabora alla paginadomenicale de «Il Sole 24Ore» e al periodico «Charta».È direttore editoriale dellacasa editrice Biblohaus diMacerata specializzata inbibliografia, bibliofilia e “li-bri sui libri” (books aboutbooks), e fa parte del comi-tato direttivo del periodico«Cantieri». Numerose sonole sue pubblicazioni e i suoiarticoli.

SANDRO GIOVANNINISandro Giovannini

(1947), poeta e saggista,collabora a vari quotidianie riviste. Con il Centro Stu-di Heliopolis (costituito nel1985) porta avanti un’e-sperienza d’indagine sulletecniche dell’antico con-frontandole, in chiavecreativa, con le logiche diricerca contemporanea(poesia concreta, poesiavisiva, mail-art, istallazio-ne, performance). È statofondatore e redattore dellarivista «Letteratura-Tradi-zione». Fra le sue pubblica-zioni: Atemporale (1985);Carme si-no (1986); Il pia-no inclinato (1995); L’ar-monioso fine (2005); Poe-sie complete (1960-2006)....come vacuità e destino(2013).

AUGUSTO GRANDIAugusto Grandi, tori-

nese, giornalista del «Sole24 Ore», è senior fellow delCentro studi Nodo di Gor-dio e del Centro Studi VoxPopuli. Nel 1997 ha vinto ilpremio St. Vincent di gior-nalismo. Ha pubblicato li-bri di narrativa (Un Galeo-ne tra i monti; Baci e basto-nate; Razz, politici d’az-zardo") e saggistica (Lassùi primi, la montagna chevince; Eroi e cialtroni, 150anni di contro storia; Il Gri-giocrate, Mario Monti nel-l’era dei mediocri). L’ultimaopera, a più mani, è DaBaikonur alle stelle, ilGrande gioco spaziale.

LUIGI MASCHERONILuigi Mascheroni ha

lavorato per «Il Sole24Ore», «Il Foglio» e, dal 2001,per «il Giornale».

Scrive soprattutto diCultura, Spettacoli e Co-stume. Ha una cattedra diTeoria e tecnica dell’infor-mazione culturale all’Uni-versità Cattolica di Milano.Fra i suoi libri, il pamphletManuale della cultura ita-liana (2010) e Scegliere i li-bri è un’arte. Collezionarliuna follia (2012). Sta lavo-rando a un saggio sui plagiletterari e giornalistici. Èfra i fondatori del blog“Dcult” (difendere la cul-tura): http://www.dcult.it/.Dal 2011 ha un videoblog,primo in Italia, di videore-censioni: http://blog.il-giornale.it/mascheroni.

GIANCARLO PETRELLAGiancarlo Petrella in-

segna discipline del libropresso l’Università Cattoli-ca di Milano-Brescia. Si oc-cupa di letteratura geogra-fico-antiquaria fra Medioe-vo e Rinascimento (L’offici-na del geografo. La Descrit-tione di tutta Italia di Lean-dro Alberti e gli studi geo-grafico-antiquari tra Quat-tro e Cinquecento, 2004) edi storia del libro a stampafra Quattro e Cinquecentoin numerosi articoli e mo-nografie (fra cui l’ultimoL’oro di Dongo ovvero peruna storia del patrimonio li-brario del convento dei FratiMinori di Santa Maria delFiume, 2012). Collaboracon il «Giornale di Brescia» econ la «Domenica del Sole24 ore».

DANIELE GIGLIDaniele Gigli (Torino,

1978) lavora nella conser-vazione dei beni culturali.Studioso di T.S. Eliot, ne hacurato alcune traduzioni,tra cui quelle di The HollowMen (2010) e Ash-Wedne-sday, di imminente uscita.Ha pubblicato le plaquetteFisiognomica (2003) e Pre-senze (2008) e sta attual-mente lavorando al libroFuoco unanime.

LUCA PIETRO NICOLETTILuca Pietro Nicoletti,

storico dell’arte, si interes-sa di arte e critica del Se-condo Novecento in Italiae in Francia. Ha pubblica-to: Gualtieri di San Lazza-ro. Scritti e incontri di uneditore italiano a Parigi(Macerata 2014).

GIANLUCA MONTINAROGianluca Montinaro

(Milano, 1979) è titolare dicontratto presso l’universi-tà IULM di Milano. Si inte-ressa particolarmente aiproblemi interpretativi sto-rici e letterari fra XV e XVIIIsecolo e ai rapporti fra pen-siero politico e utopia legatialla nascita del mondo mo-derno. Collabora alle pagineculturali del quotidiano «ilGiornale». Fra le sue mono-grafie si ricordano: Letteredi Guidobaldo II della Rove-re (2000); Il carteggio diGuidobaldo II della Rovere eFabio Barignani (2006); L’e-pistolario di Ludovico Ago-stini (2006); Fra Urbino e Fi-renze: politica e diplomazianel tramonto dei della Ro-vere (2009); Ludovico Ago-stini, lettere inedite (2012).

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO

GIAMPIETRO BERTIGiampietro Berti, è pro-

fessore ordinario di Storiacontemporanea nell’Uni-versità di Padova, dove inse-gna anche Storia delle ideo-logie del Novecento. È diret-tore del Centro per la storiadell’Università di Padova.Pubblicazioni principali: Unnaturalista dall’ancien régi-me alla Restaurazione.Giambattista Brocchi(1772-1826); Censura e cir-colazione delle idee nel Ve-neto della Restaurazione;Francesco Saverio Merlino;Storia di Bassano; Un’ideaesagerata di libertà. Intro-duzione al pensiero anarchi-co; Errico Malatesta e il mo-vimento anarchico italiano einternazionale. Ha curatoantologie di scritti scritti diProudhon e Bakunin.