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SA.T.I.V.A Save a Territory Increasing
the Value of Agriculture
ATTI del CONVEGNO Villadossola, 16 settembre 2016
All’interno il Testo della L.n. 242/2016: Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa
a cura di
Stefania Cerutti e Andrea Cottini
ARS.UNI.VCO
Associazione per lo Sviluppo della Cultura, degli Studi Universitari e della Ricerca nel Verbano Cusio Ossola
ISBN 978-88-98357-07-9
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In copertina: Canapa Sativa coltivata a Cavandone (frazione di Verbania) –– foto di Andrea Sasso.
Il presente Volume è redatto esclusivamente in formato elettronico,
ed è disponibile gratuitamente ed in versione integrale
dal sito dell’Associazione ARS.UNI.VCO, www.univco.it
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SA.T.I.V.A Save a Territory Increasing
the Value of Agriculture
ATTI del CONVEGNO
Villadossola, 16 settembre 2016
Curatori:
Stefania Cerutti Università degli Studi del Piemonte Orientale Dip.to DISEI Andrea Cottini Associazione ARS.UNI.VCO
Relatori:
Andrea Sasso Referente Comitato SATIVA
Evelina Felisatti Vice-Presidente Associazione Canapa Alpina
Jacopo Bacenetti Università degli Studi di Milano Dip.to DiSAA Gigliola Borgonovo Università di Milano Dip.to DeFENS
Massimo Falsaci Ordine Tecnologi Alimentari Piemonte e Valle d’Aosta OTAP
Nicoletta Guerrieri CNR-ISE di Verbania Eliana Tassi CNR-ISE di Pisa Maria Cavaletto Università degli Studi del Piemonte Orientale Dip.to DiSIT
Interventi delle Istituzioni:
Stefano Costa Presidente Provincia VCO Marzio Bartolucci Presidente Unione Montana delle Valli dell’Ossola Paolo Crosa Lenz Presidente Ente di Gestione Aree Protette dell’Ossola
Progetto:
Comitato SA.T.I.V.A. Associazione ARS.UNI.VCO
Elaborato realizzato con il supporto scientifico di:
Università degli Studi di Milano Università degli Studi del Piemonte Orientale C.N.R. – I.S.E. - Istituto per lo Studio degli Ecosistemi
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Domodossola, 31 gennaio 2017
È un vero piacere per il sottoscritto poter vedere come il lavoro, anche di
ricerca, dell’Associazione ARS.UNI.VCO abbia dato, tra gli altri, alcuni importanti
risultati consistenti in altrettante pubblicazioni che, per la qualità dei contenuti e delle
relazioni, non possono che essere considerate di livello scientifico.
Questo e-book è, come i precedenti, frutto e risultato di un lavoro ampio ed
articolato che partendo da un progetto, trova nella presente pubblicazione, grazie a
ricercatori e relatori capaci e disponibili, un atto naturalmente consequenziale ad un
momento altrettanto importante quale quello di un convegno di natura scientifica a
cui hanno preso parte, oltre ad importanti istituzioni, anche Atenei e centri di ricerca
L’occasione è quindi propizia per ringraziare Tutti coloro che hanno voluto
dedicare tempo e lavoro per predisporre, ciascuno per la propria parte, questa
pubblicazione, ma vorrei indirizzare un ringraziamento sentito e particolare ai
componenti del COMITATO SATIVA, per aver fortemente creduto in questo Loro
progetto e, soprattutto, di continuare a credere che la nostra Associazione possa
essere in grado di dare seguito alle importanti finalità che il progetto stesso contiene
ed immagina.
Il Presidente ARS.UNI.VCO
dott. Giulio Gasparini
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INDICE
PARTE I INTRODUZIONE
Il Convegno SA.T.I.V.A. come primo risultato di un lungo ed articolato percorso preparatorio pag. 11 Andrea Cottini
PARTE II Gli INTERVENTI dei RELATORI
Il Progetto SA.T.I.V.A. pag. 23 Andrea Sasso
Canapa e Territorio pag. 31 Evelina Felisatti
La reintroduzione della canapa in aree marginali e montane: analisi e ricerche sulle attività sperimentali 2015 nel Verbano Cusio Ossola pag. 45 Jacopo Bacenetti - PARTE I
La reintroduzione della canapa in aree marginali e montane: analisi e ricerche sulle attività sperimentali 2015 nel Verbano Cusio Ossola pag. 57 Gigliola Borgonovo – PARTE II
L’utilizzo della canapa nei prodotti alimentari pag. 67 Massimo Falsaci
La canapa nella riqualificazione di suoli contenenti metalli pesanti a Villadossola: vantaggi e prospettive pag. 75 Eliana Tassi, Nicoletta Guerrieri, Maria Cavaletto
PARTE III Gli INTERVENTI delle ISTITUZIONI PRESENTI
Provincia Verbano Cusio Ossola e Comune di Baceno pag. 89 Stefano Costa
Unione Montana Valli dell’Ossola e Comune di Villadossola pag. 93 Marzio Bartolucci
Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Ossola pag. 95 Paolo Crosa Lenz
PARTE IV CONCLUSIONI e CONSIDERAZIONI FINALI
Legge sulla canapa: il testo definitivo ed alcune considerazioni pag.101
Andrea Cottini
Canapa e Territorio: le parole chiave per proseguire pag.109 Stefania Cerutti
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INTRODUZIONE
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IL CONVEGNO SA.T.I.V.A. COME PRIMO RISULTATO DI UN LUNGO ED ARTICOLATO PERCORSO PREPARATORIO
Andrea Cottini1
L’Associazione ARS.UNI.VCO ha ritenuto opportuno segnare un “punto” sulla
tematica della possibile reintroduzione della canapa SATIVA nel territorio alpino,
ponendosi anzitutto l’ambizioso obiettivo di organizzare un convegno scientifico - che
riassumesse il lavoro lungo ed articolato che ha contraddistinto le analisi e la ricerca
sul tema in una fase preparatoria – e dedicandosi successivamente alla redazione della
presente pubblicazione, in formato elettronico, al fine di raccogliere le interessanti
relazioni e i notevoli spunti di riflessione scaturiti dal convegno stesso.
Cosa c’entra, ci si potrà chiedere, un’associazione culturale e di ricerca con la
canapa SATIVA (e gli studi correlati) e con la possibile reintroduzione della stessa nel
nostro territorio, il Verbano Cusio Ossola?
La genesi del progetto SATIVA e la correlazione con l’Associazione ARS.UNI.VCO
verranno dettagliatamente illustrate nei contributi che seguiranno. Quello che a mio
modo di vedere è più importante, e direi determinante, per le modalità con cui opera
ARS.UNI.VCO è che questo progetto, questa intuizione è nata da una proposta
formativa organizzata dall’associazione stessa. Al termine della prima edizione del
corso TERRITORI di MONTAGNA e SVILUPPO LOCALE: PROGETTARE con i FONDI
EUROPEI, nel 2014, i partecipanti, suddivisi in gruppi, avevano lavorato all’elaborazione
di alcune idee progettuali, raccolte e pubblicate nell’e-book predisposto a fine corso2.
Tra queste, il progetto SATIVA ha trovato nella determinazione dei proponenti la forza
di registrare un marchio e poi, cedendone l’uso gratuito all’Associazione ARS.UNI.VCO,
di chiedere alla medesima3 che verificasse la possibilità di portare avanti le linee
progettuali, specificando come i proponenti condividessero e si rispecchiassero nelle
finalità dell’Associazione.
Il Consiglio Direttivo dell’Associazione ARS.UNI.VCO con deliberazione del
25.09.2014 ha accolto la proposta costituendo al proprio interno il Comitato Sativa4, i
cui componenti coincidono con i proponenti il progetto, mentre il ruolo di
1 Segretario dell’Associazione ARS.UNI.VCO. 2 Si veda TERRITORI di MONTAGNA e SVILUPPO LOCALE: PROGETTARE con i FONDI EUROPEI a cura di Stefania Cerutti e Andrea Cottini – novembre 2014 – ed. ARS.UNI.VCO – (www.univco.it) 3 Con nota formale del 16.06.2016 4 Il Comitato Sativa svolge la propria funzione senza previsione di rimborsi o remunerazioni per i partecipanti, i quali svolgono la loro opera a titolo gratuito. Qualsiasi atto o progetto voglia intraprendere il Comitato, deve sussistere previa e positiva deliberazione del Consiglio Direttivo.
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coordinatore e responsabile scientifico è stato assunto dalla dott.ssa Stefania Cerutti5 –
in qualità di componente del Consiglio Direttivo.
In una logica di costruzione di rete e di collaborazione, i primi mesi successivi alla
costituzione del Comitato, sono stati spesi per verificare e sondare le disponibilità e
l’attenzione del territorio; quello che in termini progettuali si definisce come
“contesto” e che porta in sé un importante valore intrinseco innanzitutto come
capacità di ascolto dei bisogni e quindi come possibilità di intraprendere percorsi
bottom-up, consolidati dal basso perché condivisi, e non calati dall’alto e fatti accettare
obtorto collo.
Chi ritiene che possa essere pleonastico venire a conoscenza delle fasi, delle
tempistiche, delle relazioni intrecciate in questi due anni di lavoro che hanno portato
al convegno come primo importante risultato, può proseguire oltre dedicandosi alla
lettura della parte successiva.
Chi invece ritiene importante sapere le complessità incontrate nella costruzione di
una rete di soggetti i quali hanno portato, dietro coordinamento dell’Associazione, a
questo primo risultato potrà invece trovare di seguito alcuni interessanti, mi auguro,
spunti di riflessione e di comprensione delle difficoltà esistenti, anche a livello più
generale, nella creazione di un qualsiasi tipo di partnership.
Il Convegno SATIVA ha infatti rappresentato sicuramente un fondamentale
momento per la diffusione e divulgazione relativamente alle finalità che il Progetto
SATIVA si propone, aggiornando dal punto di vista scientifico lo stato dell’arte per
quanto riguarda il nostro territorio con riguardo alla possibile reintroduzione della
coltivazione della canapa sativa. Allo stesso tempo costituisce una prima tappa di un
percorso molto lungo. Dal punto di vista progettuale si potrebbe definire come
MILESTONE, nel senso che con questo percorso si sono definiti e studiati alcuni aspetti,
soprattutto con un approccio scientifico, che potranno essere utili sicuramente ai
potenziali interessati, ma anche alle istituzioni ed ancora di più a coloro che vorranno
collaborare per portare a compimento le prossime tappe del progetto SATIVA.
Questo progetto, ed il percorso che ci ha portati al convegno lo dimostra senza
dubbio, vuole infatti mantenere il suo carattere aperto ed inclusivo.
Facendo un passo indietro, dopo un monitoraggio iniziale ed uno studio del
contesto - approfondito e senza pregiudiziali, grazie all’attività ed ai preziosissimi
riferimenti di tutti i componenti del Comitato SATIVA - si è proceduto ad avviare una
serie di contatti ed incontri che hanno portato ad un primo interessante risultato in
5 Ricercatore Confermato dell’Università del Piemonte Orientale – DISEI, oltre che componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione ARS.UNI.VCO
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chiave partecipativa e quindi ad una prima presentazione pubblica delle finalità di
questo progetto durante un incontro tenutosi a Domodossola nel gennaio del 20156,
organizzato dall’Associazione CANOVA e patrocinato dall’Associazione ARS.UNI.VCO.
I contatti intercorsi e successivi a quel primo incontro a loro volta hanno portato
alla costituzione di un gruppo di lavoro informale ed allargato in cui, a turno,
componenti del Comitato SATIVA vi prendevano parte per verificare la possibilità di
avviare un primo percorso, ovviamente sperimentale, di reintroduzione della
coltivazione della canapa SATIVA.
Le problematiche erano sicuramente numerose: quella più evidente, e
potenzialmente killer factor di tutta l’iniziativa, era la totale assenza di finanziamento
economico.
Un aspetto di pregio, o comunque veramente particolare, di tutto questo lavoro e
sottolineato nei vari momenti pubblici in cui siamo stati invitati, è infatti rappresentato
dalla ridottissima quantità di budget a disposizione (che in analisi matematica
potrebbe rappresentarsi con una curva asintotica allo zero).
I vari soggetti coinvolti hanno partecipato o preso parte al progetto in alcuni
momenti particolari, perché convinti della bontà del progetto, non certo per la
previsione di emolumenti o di remunerazione per il tempo dedicatovi.
Date queste condizioni, l’Associazione ha messo a disposizione i locali per gli
incontri; alcuni componenti del comitato, sempre gratuitamente, hanno offerto il
proprio tempo ed alcuni appezzamenti di terreni montani per dare il via ad una prima
fase sperimentale. Il Comune di Baceno ha acquistato le sementi certificate che sono
state date a tutti gli interessati, ancora in gruppo informale; i componenti del Comitato
aderenti si sono resi disponibili a fornire i dati, segnati durante il periodo dalla semina
alla raccolta, in cambio della possibilità di usufruire di tutti i dati degli altri partecipanti;
l’Associazione si è fatta carico delle spese e di individuare un Ateneo che si rendesse
disponibile, a cifre molto ridotte, a condurre un’analisi ed una ricerca scientifica sulla
base dei dati raccolti empiricamente così da poter disporre di alcuni dati scientifici
potenzialmente utilizzabili come base per valutazioni in progettualità da scrivere o
contesti da definire sulla base di dati certi e non di supposizioni approssimative,
sempre poco apprezzate. Risultato di questa prima fase sarebbe stata l’organizzazione
di un momento pubblico in cui divulgare questi primi risultati scientifici.
Quelle semplici fasi a step sopra sintetizzate sono state le basi condivise che hanno
costituito il primo obiettivo da cui si è partiti. Se si volesse individuare il punto di
6 L’incontro, intitolato TUTTA UN’ALTRA CANAPA, si è tenuto a Domodossola il 17 gennaio 2015
14
partenza dal punto di vista temporale, l’incontro del 17 gennaio 20157 potrebbe essere
considerato come l’inizio di questa fase.
Parallelamente all’avvio del I step operativo, ci si è mossi per allargare la rete di
contatti: a qualsiasi livello, ma ancora di più in casi come il nostro in cui non vi sono
finanziamenti, risulta imprescindibile coinvolgere altri ed importanti soggetti che
possano essere interessati al progetto e alle finalità in esso contenute. Pensare che un
progetto possa essere oggetto di esclusiva e non possa e debba essere condiviso è
certamente un’opzione percorribile, purché si possa contare su disponibilità di
finanziamenti o di finanziatori. Se non è così, diventa un’alternativa difficilmente
praticabile.
All’interno della rete di relazioni che ARS.UNI.VCO ha costruito in questi anni in
seno alla Convenzione delle Alpi8, sono stati avviati dei contatti, dapprima informali,
con alcuni rappresentanti di EURAC9, la rinomata Accademia Europea di Ricerca con
sedi a Bolzano, Roma e Bruxelles. A margine di un incontro organizzato dalla
Convenzione delle Alpi, è stato consegnato loro un breve dossier che illustrava alcuni
aspetti del Progetto SATIVA chiedendo la disponibilità a voler valutare la possibilità di
lavorare insieme, come partner, ad un progetto di carattere europeo.
Nel settembre 2015, dopo circa quattro mesi di attesa, ci è stato comunicato
l’interesse a lavorare su questo progetto, rendendosi disponibili anche a co-finanziarlo
all’interno di una partnership internazionale.
A questo punto trovare l’Ateneo per il progetto era altrettanto importante, e grazie
all’importante intermediazione del prof. Giuseppe Lozzia10, sono stati avviati i contatti
con il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Milano nelle persone del
prof. Marco Fiala11 e della dott.ssa Gigliola Borgonovo12. Tali contatti sono stati
particolarmente importanti per gli incontri che nel frattempo si susseguivano con
EURAC al fine della costruzione del progetto in attesa della pubblicazione del bando
europeo, nonché per la definizione formale dei termini di un accordo per consentire
all’Ateneo di procedere ad esaminare, studiare ed analizzare i risultati dei mesi di
coltivazione sperimentale sul territorio del Verbano Cusio Ossola.
7 Si veda la precedente nota 5 8 L’Associazione ARS.UNI.VCO gestisce dal gennaio 2013, in base ad un memorandum of understanding sottoscritto con il segretariato Permanente della Convenzione delle Alpi, l’INFO-POINT di DOMODOSSOLA 9 Per info si veda www.eurac.edu 10 Professore Ordinario di Entomologia Generale ed Applicata dell’Università degli Studi di Milano- DiSAA e già Presidente del Centro Interdipartimentale GeSDiMont dell’Università della Montagna di Edolo 11 Professore Associato in Meccanica Agraria dell’Università degli Studi di Milano - DiSAA 12 Ricercatore Confermato in Chimica Organica dell’Università degli Studi di Milano - DeFENS
15
A questo riguardo risulta opportuno precisare che ARS.UNI.VCO non ha
materialmente gestito alcun campo sperimentale, ma ha ricevuto, in base all’accordo
base sopra citato, i dati da parte di tutti i coltivatori impegnandosi poi a sistemare il
materiale e a trasferirlo al dipartimento di Agraria dell’Università di Milano. Il
materiale frutto di coltivazione oggetto di analisi, in base alla stessa logica, è stato
fornito ad ARS.UNI.VCO dal proprietario di uno dei terreni oggetto di coltivazione
sperimentale ritenuto più adatto e quindi inviato Milano per le analisi13.
Un altro soggetto potenzialmente coinvolgibile, e con il quale sussisteva già una
convenzione attiva con ARS.UNI.VCO, era l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del
Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISE - CNR) di Verbania. Negli ultimi anni
l’Associazione aveva infatti realizzato progetti e collaborazioni di varia natura
scientifica e anche divulgativa proprio con questo importante istituto di ricerca14. Una
ricerca congiunta tra ISE del CNR (di Pisa e di Verbania) ed Università Piemonte
Orientale, unitamente alla disponibilità dei relativi ricercatori a collaborare e a
presentare i relativi lavori ed eventualmente provare ad ipotizzare possibili
applicazioni concrete su terreni del Verbano Cusio Ossola, hanno consentito di poter
considerare anche questo aspetto applicativo del progetto SATIVA.
Altro aspetto che abbiamo voluto approfondire, è stato quello delle connessioni
possibili tra canapa ed alimentazione. Come poter affrontare questa tematica senza
correre il rischio di dire cose inesatte, seppur allettanti, o comunque non provate dal
punto di vista scientifico?
La logica posta alla base di questo convegno è consistita nel tentativo da parte
nostra di fare il punto della situazione avendo sempre come riferimento dati di
carattere scientifico su cui effettuare valutazioni e considerazioni, e non di presentare
suggestioni pressapochistiche da cui poi trarre conclusioni anche scientifiche. Abbiamo
quindi contattato i rappresentanti locali dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari Piemonte
e Valle d’Aosta (OTAP) affinché un nutrizionista potesse essere presente al convegno
per fornire dati su questa tematica con cognizione di causa15.
Un importante percorso a latere è stato poi intrapreso da alcuni prestatori e
coltivatori del gruppo iniziale, i quali hanno deciso di formalizzare il proprio impegno
ed interesse mediante la costituzione di una associazione culturale denominata
CANAPA ALPINA16; il suo scopo è quello di diffondere la cultura della canapa nei
13 Le analisi sono state condotte in parte presso il Laboratorio dell’Università di Milano ed in parte presso l’azienda speciale INNOVHUB sempre di Milano 14 Si vedano su www.univco.it sezione PROGETTI, i dettagli relativi al progetto ACQUA BENE COMUNE ed al progetto ACQUE PULITE con relativa pubblicazione 15 Per informazioni sulla figura del tecnologo alimentare e sull’Ordine si veda www.otap.it 16 Per informazioni si veda https://www.facebook.com/canapalpina/
16
territori alpini, organizzare incontri e momenti divulgativi circa l’importanza della
reintroduzione di questa coltura, la riscoperta e valorizzazione di tutti quei mestieri e
strumenti propri della cultura della canapa del territorio.
Un interlocutore istituzionale molto importante, la cui presenza al Convegno, con gli
altri relatori, ha sicuramente contribuito ad elevare la qualità degli interventi e a dare
ulteriormente il senso istituzionale all’argomento trattato è stata sicuramente la
REGIONE PIEMONTE; particolarmente gradita e densa di contenuti la relazione del
dott. Latino – funzionario del settore preposto – è disponibile solamente con le slides
dell’intervento17, pubblicate unitamente a tutte quelle degli altri relatori.
Giunti a questo punto, come sinteticamente ho tentato di illustrare sopra, risulta
evidente come siano stati convolti molti soggetti e come ciascuno, per quanto di
propria competenza, sia stato contattato per concordare la disponibilità di un
intervento e l’argomento del medesimo.
Nel frattempo il periodo della raccolta si è concluso ed era importante “chiudere” la
parte relativa alla compilazione riassuntiva dei dati che ciascuno dei coltivatori18
avrebbe dovuto registrare nelle varie fasi di coltivazione, crescita e quindi raccolta
della canapa “sativa”.
Il lavoro e l’impegno dell’Associazione a supporto, seppur esterno, di questa attività
di coltivazione sperimentale svoltasi da maggio a settembre 2015, aveva infatti, come
prima precisato, lo scopo principale di poter disporre di questi dati empirici. Per
qualsiasi ricerca e studio, i dati sono uno degli elementi più importanti, soprattutto se
sono dati “freschi”, “nuovi” e “reali”.
Tali dati empirici costituivano il database che è stato fornito a tutti i potenziali
collaboratori della rete di soggetti così costruita, affinché potesse essere base comune
di valutazione, di studio e di ricerca.
Al termine del Convegno, abbiamo chiesto quindi la disponibilità ai relatori di voler
predisporre una relazione riassuntiva, anche sintetica, che mettesse in evidenza gli
elementi più importanti presentati e rimarcati in ciascun intervento. L’intento, come
esplicitato dal dott. Gasparini, presidente di ARS.UNI.VCO, al termine del convegno è
proprio quello di voler lasciare una traccia scritta di quanto presentato e di condividere
con il territorio e con chi vorrà approcciare questa tematica alcuni importanti dati,
studi e ricerche.
17 Tutte le slide dei relatori sono disponibili al seguente link: http://www.univco.it/progetti-2/progetto-sa-t-i-v-a/sativa2 18 Ciascuno dei proprietari titolari dei terreni su cui è stata coltivata la Canapa SATIVA con semi certificati ha previamente provveduto a regolarizzare la propria posizione dal punto di vista legale, con le comunicazioni richieste agli organi di vigilanza e di pubblica sicurezza preposti dallo Stato
17
Nella Parte II della presente pubblicazione sono quindi disponibili alcune
interessanti relazioni che illustrano aspetti importanti del progetto e del territorio che
questo progetto dovrebbe potenzialmente ospitare.
La prima relazione illustrerà nel dettaglio ciò che è il Progetto SATIVA e tutte le
possibili declinazioni applicative.
La seconda relazione rappresenta un’analisi di contesto, di presentazione generale
di questo territorio, di ciò che è stato nei secoli passati, di quanto la canapa in
particolare ne costituisse parte integrante così come ha costituito un aspetto
altrettanto importante per la vita delle popolazioni montane almeno fino al 1950. A
questo riguardo mi permetto di segnalare, a futura memoria, come siano stati
sufficienti circa 75 anni per cancellare nella memoria e nella percezione degli abitanti
di questo territorio una coltura secolare per cui la canapa era momento fondante e
centrale.
A seguire due relazioni dell’Università di Milano sulle attività di coltivazione
sperimentale compiute nel Verbano Cusio Ossola nel 2015: la prima dal punto di vista
agronomico, la seconda dal punto di vista dell’analisi laboratoriale. Molto interessanti
sono le considerazioni e le proposte che entrambe contengono.
Dopo alcuni cenni sulle caratteristiche nutrizionali dei derivati della canapa e
seguirà la presentazione di uno studio a più mani sulle proprietà di fito-assorbimento
con riferimento a terreni oggetto di inquinamento. In particolare un’ipotesi di
applicazione viene presentata con il caso e la situazione dei territori del Comune di
Villadossola.
Nella Parte III sono state raccolte le considerazioni e le suggestioni che le istituzioni
presenti al Convegno hanno voluto condividere con i presenti nel loro intervento: il
Presidente della Provincia del Verbano Cusio Ossola, il Presidente dell’Unione Montana
Valli dell’Ossola (e Sindaco di Villadossola), il Presidente delle Aree Protette
dell’Ossola.
Infine nella Parte IV le conclusioni con la “nuova” legge sulla canapa e le parole
chiave ricorrenti di questo convegno, con alcune proposte e percorsi.
In chiusura di questa introduzione mi preme evidenziare che come avviene per la
canapa, in cui non si butta via niente così come hanno ricordato i relatori, la
costruzione di questo convegno per la nostra Associazione ha significato avviare un
percorso di valorizzazione di tutti gli elementi scaturiti e moltiplicati dalla rete di
contatti, facendo sì che la rete stessa fosse, di fatto, un primo e grande risultato.
EURAC: pur non prendendo parte al Convegno ha dato la disponibilità a farsi carico
della costruzione formale di un partenariato per la presentazione di un progetto
europeo; da settembre 2015 ad aprile 2016 si sono svolte riunioni ricorrenti fino ad
18
arrivare ad un incontro a Bolzano nel mese di marzo 2016 in cui sono stati definiti
alcuni importanti aspetti riguardanti le azioni di progetto, il partenariato ed il bando
ideale; il progetto denominato CENTRAL HEMP è stato presentato nel mese di giugno
2016 nell’ambito di una call del programma Interreg Central Europe della Comunità
Europea; Regione Piemonte e Provincia VCO, da noi coinvolte per tramite di Eurac,
hanno manifestato formalmente la disponibilità a svolgere il ruolo di associated
partners; il Verbano Cusio Ossola, in caso di approvazione ovviamente, sarà una delle
TRE aree sperimentali per la reintroduzione della canapa sativa; 15 i partner, sette le
nazioni coinvolte.
ECOPASSION: contatto portato da EURAC, consistente in una importante società di
privati dell’Alto Adige con sede a Bolzano che sta introducendo la coltivazione di
canapa nel loro territorio attraverso un programma denominato SISTEMA CANAPA
ALTO ADIGE.
Grazie alla presenza di questi importanti soggetti, unitamente ad EURAC ed
ECOPASSION, l’Associazione ha partecipato ad una call per organizzare un workshop
all’interno dell’evento internazionale “Settimana Alpina - Le alpi e la gente (AlpWeek -
Alps and Peolple19)”, organizzato tra le genti delle Alpi ogni quattro anni. Nel mese di
ottobre 2016, a Grassau in Germania, si è tenuto il workshop dal titolo HEMP SEEDS of
CULTURE20 all’interno del quale è stato presentato il progetto SATIVA, oltre alle prime
risultanze comunicate e divulgate all’interno del convegno.
Università degli Studi di Milano: oltre ad essere coinvolta direttamente nel
convegno, il lavoro con il dipartimento ci ha consentito di poterla coinvolgere nelle fasi
preparatorie del progetto europeo, oltre a consolidare i rapporti per la prosecuzione
della collaborazione sia sulla tematica della canapa che su altre tematiche condivise.
Molto interesse e apprezzamento ha suscitato la tesi di laurea di Thea Sottocorna21
“VALUTAZIONE DEL CONTENUTO DI FITOCANNABINOIDI IN CANNABIS SATIVA L. DA
COLTIVAZIONI SPERIMENTALI DEL PROGETTO SA.T.I.V.A.“ con Relatore la dott.ssa
Gigliola Borgonovo e Correlatore il dott. arch. Andrea Sasso. Lo scopo di questo lavoro
è stato quello di caratterizzare, i componenti principali di uno specifico chemotipo di
Cannabis sativa L.; il progetto è nato dalla collaborazione con l’associazione
ARS.UNI.VCO, in relazione al progetto SA.T.I.V.A (SAve a Territory Increasing Value of
Agriculture), volto alla reintroduzione della coltivazione di canapa “SATIVA” nel
19 Per informazioni o approfondimenti si veda http://alpweek.org/2016/it/welcome/welcome/ 20 Canapa: i semi della Cultura - Il workshop si è tenuto il 14 ottobre 2016. Il Programma completo e le slide degli interventi sono disponibili al seguente link http://www.univco.it/progetti-2/progetto-sa-t-i-v-a/presentazione-progetto-ad-alpweek-2016 21 Matricola n. 819176 Interfacoltà Scienze del Farmaco-Scienze Agrarie e Alimentari Corso di Laurea in
Scienze e Tecnologie Erboristiche– Università di Milano – tesi di laurea a.a. 2014/2015
19
territorio alpino del Verbano Cusio Ossola ove veniva in passato coltivata, lavorata ed
utilizzata, come testimoniano documenti storici risalenti all’alto medioevo22.
Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del CNR: la partecipazione al convegno, come
anticipato sopra, di fatto consolida i rapporti di collaborazione esistenti, ampliando le
tematiche su cui è possibile condividere o definire possibili progettualità. In particolare
successivamente al convegno, grazie all’interessamento del Comune di Villadossola23,
si sta definendo una prima ipotesi di progetto con riferimento all’avvio di buone
pratiche di fito-depurazione.
Ordine Tecnologi Alimentari: si amplia la rete di soggetti potenzialmente interessati
all’argomento e potenzialmente coinvolgibili in fasi attuative successive.
Università degli Studi del Piemonte Orientale: l’Università del Piemonte Orientale
non è semplicemente un partner occasionale, ma un Ateneo con cui l’Associazione
lavora e collabora dal lontano 2001; si tratta di un punto di riferimento importante con
cui condividere, in alcune fasi, e per quanto riguarda il nostro territorio, anche alcune
progettualità strategiche oltre che azioni di supporto alle attività formative e di ricerca.
Ecco quindi come il convegno diventa una prima tappa di quello che si auspica
possa essere un lungo percorso relativo alla positiva e fattuale realizzazione sul
territorio del Verbano Cusio Ossola del Progetto SATIVA. In particolare risulta
importante questo primo traguardo per la scientificità e l’autorevolezza degli studi e
delle ricerche effettuate, producendo così dei dati validati scientificamente.
Prima di concludere questa lunga introduzione, doverosa per il rispetto del molto
lavoro fatto in questi anni, ritengo opportuno precisare che tutte queste attività sopra
riassunte per sintesi sono avvenute praticamente a “budget zero”.
L’Associazione, ad oggi, si è fatta carico di modiche spese vive che si è assunta in
proprio, molte di più sono state le ore uomo “spese” per seguire il progetto in questi
due anni e che comunque vanno considerate nel suo complesso; così come vanno
considerate le ore-uomo di tutti gli enti e di tutti i soggetti che a vario titolo hanno
collaborato per arrivare fino a questo punto. Ore-uomo significa che comunque
ciascun ente ha ritenuto di “investire” risorse per vedere se vi fossero le possibilità di
realizzare questo progetto.
Tutti i soggetti coinvolti, a vario titolo, hanno dunque messo qualcosa di proprio nel
Progetto SATIVA e questo, a mio parere, rende già l’idea progettuale come
potenzialmente vincente altrimenti nessuno avrebbe avuto modo di dedicarvi molto,
22 Si veda Tesi citata di Thea Sottocorna – par. 2.1 23 Si veda la deliberazione del Consiglio Comunale di Villadossola n. 47 del 27.10.2016
20
tempo come invece è avvenuto ad oggi e come sarà richiesto anche per il prossimo
periodo.
Ecco quindi e di seguito i primi ed importanti dati ed elementi che segnano
inequivocabilmente un punto fermo da cui, chi vorrà, potrà partire per proseguire o
declinare le potenzialità contenute nel Progetto SATIVA.
A questo proposito, in fase di predisposizione del presente lavoro, è stata,
finalmente, approvata dal Parlamento italiano nel mese di dicembre 2016 la Legge
sulla canapa24; si è ritenuto opportuno inserire nelle conclusioni anche il testo
definitivo di tale legge accompagnato da alcune considerazioni.
________________
24 Si tratta della Legge n. 2 dicembre 2016, n. 242 denominata Disposizioni per la promozione
della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (16G00258), entrata formalmente in
vigore a partire dal 14 gennaio 2017.
21
PARTE II
Gli INTERVENTI dei RELATORI
22
23
PROGETTO SA.T.I.V.A.
SAve a Territory Increasing Value of Agriculture
Andrea Sasso1
La canapa è stata, sin dall’antichità, una risorsa importante nella storia dell’economia
italiana. Fino agli anni ‘50 l’Italia era il secondo produttore mondiale di canapa, con circa
100 mila ettari di piantagione ed un rendimento annuo di 800mila quintali; in particolare
il Piemonte era una delle maggiori regioni produttrici: la canapa veniva utilizzata per la
produzione di tessuti e cordame, divenendo così una risorsa economica fondamentale
per il territorio, in particolare per il Verbano Cusio Ossola, ed assumendo di fatto un
ruolo primario nella tradizione alpina nazionale.
Negli anni Sessanta e Settanta la coltivazione è stata abbandonata a causa
dell’introduzione di prodotti sintetici, delle trasformazioni socio-economiche che si sono
succedute a livello globale e della massiccia diffusione di tipologia di canapa usate
illegalmente come droga, con conseguenti limiti normativi e cogenti imposti dallo Stato.
Nel 2014 all’interno del corso "Territori di Montagna e Sviluppo Locale: Progettare
con i Fondi Europei” organizzato a Domodossola dall’Associazione ARS.UNI.VCO, alcuni
partecipanti hanno sviluppato l’idea di un progetto per la reintroduzione della
coltivazione di canapa “SATIVA” (non rientrante nella categoria dei cannabinoidi) nella
provincia del Verbano-Cusio-Ossola, nel cui territorio alpino, come testimoniato da
1 Referente Progetto SATIVA – Comitato Sativa – ARS.UNI.VCO
24
ricerche su documenti risalenti all’alto medioevo, era sempre stata coltivata, lavorata ed
utilizzata.
Giudicato ‘meritevole ed interessante’ dai docenti valutatori, dietro loro esplicito
suggerimento, il gruppo di lavoro ha deciso di costituirsi come comitato SA.T.I.V.A. -
SAve a Territory Increasing Value of Agriculture – di procedere alla registrazione formale
di un marchio individuale presso l’Ufficio Italiano brevetti e marchi, e di cedere
gratuitamente ad ARS.UNI.VCO l’utilizzo del marchio per verificare la possibilità di
portare avanti e trasformare l’idea originale in azioni concrete a favore dello sviluppo
locale e non solo.
Il progetto SA.T.I.V.A., per tramite del COMITATO2 costituitosi internamente
all’Associazione, si propone di riscoprire e rivalutare una risorsa naturale tipica come la
canapa SATIVA per individuare nuove opportunità di crescita economica e di sviluppo
sociale, in linea con le direttive ambientali europee, e allo stesso tempo conservare e
tramandare la cultura materiale e immateriale locale.
Essendo la canapa una pianta dai mille usi, definita oggi come il nuovo ‘oro verde’, si
tratta di un progetto molto ampio che tocca vari ambiti e realtà: dall’uso alimentare al
tessile, dal campo medicinale al mondo edile, dal contrasto del dissesto idrogeologico
alla fitodepurazione e via dicendo, ricomprendendo per ciascuna di tali declinazioni
tutta un’ulteriore serie di aspetti tecnici (ingegneristici, artistici, sociali, economici ecc)
che necessitano di essere ulteriormente esplorati e dettagliatamente definiti.
Consapevoli dell’ampiezza della tematica, all’inizio del 2015 si è ritenuto di
individuare un aspetto da cui partire che potesse essere realizzato immediatamente e
direttamente, quindi senza che fosse necessario passare attraverso particolari
finanziamenti di carattere economico, utilizzando le risorse istituzionali, umane ed
economiche disponibili sia dell’Associazione, sia dei componenti del Comitato, sia di
ulteriori soggetti direttamente o indirettamente interessati. Vista la disponibilità di
terreni agricoli dismessi o non utilizzati e di istituzioni ed associazioni locali che erano
disposte a supportare questa iniziativa, si è proceduto ad avviare una coltivazione
sperimentale di CANAPA SA.T.I.V.A..
COLTIVAZIONE SPERIMENTALE DI CANAPA SA.T.I.V.A. 2015
Effettuata su terreni situati nella PROVINCIA del Verbano Cusio Ossola (principalmente
Ossola e Verbano), di seguito si dettagliano in sintesi gli OBIETTIVI, i RISULTATI, le
AZIONI e le COLLABORAZIONI AVVIATE:
2 I componenti del Comitato SATIVA operano a titolo gratuito, non essendo previsti per i medesimi né remunerazioni né rimborsi.
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OBIETTIVI
1. Recuperare il territorio montano in stato di abbandono mediante interventi di
riqualificazione agricola
2. Contrastare il dissesto idrogeologico
3. Verificare le varietà più idonee alla coltivazione nelle zone alpine, anche in base
al prodotto che si desidera ricavare
4. Rilevare le problematiche di coltivazione, raccolta, lavorazione e utilizzo dei
prodotti
5. Rilevare tipologie e quantitativi di sostanze cannabinoidi (principalmente thc e
cbd) presenti nella parte verde (fiori e foglie)
6. Creare un percorso formativo didattico specifico per i vari settori produttivi
7. Valutare l’interesse e la collaborazione dei privati
8. Valorizzare luoghi e attrezzi di lavoro storici ancora esistenti sia in luoghi pubblici
che in case private
9. Conservare la cultura locale legata alla coltivazione e all’uso della canapa
(tessuti, cordame, scarpe, carte speciali)
10. Generare interesse per ripensare allo sviluppo economico locale, stimolando la
riconversione di produzioni attualmente in crisi, il riuso di fabbricati in stato di
abbandono e la modifica e adattamento di macchinari agricoli già esistenti.
AZIONI
1. Recupero del territorio:
a. Incontro di divulgazione del progetto (comunicare metodologie di
rilevamento dati)
b. messa a disposizione di alcune aree comunali (Comuni di Baceno, Bannio
Anzino, Verbania) e terreni privati da dedicare alla coltivazione della
canapa
c. collaborazione con i proprietari per tutta la fase della coltivazione e
raccolta
2. Contrasto del dissesto idrogeologico:
a. Al momento non sono state ancora messe in atto specifiche azioni di
monitoraggio dati
3. Verifica varietà colturali più idonee:
a. Richiesta semi ad Assocanapa – purtroppo era disponibile solo un’unica
varietà: ‘Futura 75’ di produzione francese. Per avere differenti tipologie
occorre una prenotazione molto anticipata
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4. Rilevamento problematiche:
a. Raccolta feedback dei soggetti partecipanti alla sperimentazione
5. Rilevamento tipologie e quantitativi cannabinoidi (thc e cbd) in fiori e foglie
a. Inviati campioni ad analizzare presso Università degli studi di Milano -
Dipartimento di Scienze per gli Alimenti,la Nutrizione e l’Ambiente,
sezione di Scienze chimiche e biomolecolari
6. Creazione percorso formativo didattico specifico per i vari settori produttivi:
a. Avviata la collaborazione con l’Istituto P.S. Agrario “Fobelli” di Crodo
b. Laboratorio per le scuole “In un filo di canapa” realizzato in
collaborazione con Cooperativa Valgrande e Parco Nazionale Valgrande
(realizzazione di corde )
7. Valutazione dell’interesse e la collaborazione dei privati:
a. Incontri pubblici aperti al pubblico: convegno, promozione progetto,
sagre
8. Valorizzazione luoghi e attrezzi di lavoro:
a. Raccolta informazioni circa i luoghi in cui veniva lavorata e gli attrezzi
ancora esistenti, oltre che degli studi e approfondimenti già effettuati da
parte di vari enti del territorio (Comuni, associazioni, musei, CAI)
9. Conservazione della cultura locale:
a. Individuazione di associazioni con cui poter far rete in futuro
b. Generazione d’interesse per ripensare allo sviluppo economico locale
c. Raccolta opinioni e livello d’interesse da parte di privati nei momenti
riportati al punto 5
RISULTATI
1. Recupero del territorio:
a. Partecipazione numerosa alla sperimentazione
b. Forte richiesta di nuove collaborazione per il prossimo anno sia per i
privati che per il pubblico, che di incremento aree per i soggetti già
partecipanti
c. Numero di partecipanti in crescita nelle prime settimane, nessun
abbandono
2. Contrasto del dissesto idrogeologico:
a. Non è stato ancora possibile analizzare questo aspetto
3. Verifica varietà più idonee:
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a. La varietà di seme utilizzata ha dato ottimi risultati, resta comunque di
nostro interesse riuscire a paragonare e testare le altre varietà,
soprattutto quelle italiane
4. Problematiche rilevate:
a. Forti limiti legislativi per la produzione e la vendita dei prodotti
b. Meccanizzazione necessaria e costosa
c. Spazi adeguati per lo stoccaggio
d. Carenza (e distanza) di centri di lavorazione dei prodotti raccolti
5. Analisi tipologie e quantitativi sostanze cannabinoidi (thc e cbd) in fiori e foglie
a. Si veda relazione dott.ssa Gigliola Borgonovo
6. Percorso formativo didattico:
a. Istituto agrario “Fobelli” di Crodo: realizzata coltivazione e raccolta,
sperimentata produzione di birra alla canapa all’interno dei laboratori
scolastici
b. Ipotizzata la collaborazione con altre scuole per i prossimi anni,
soprattutto per la ricerca e formazione sull’uso dei prodotti a base di
canapa (tra questi l’istituto alberghiero “Maggia” di Stresa per il settore
alimentare)
c. Partecipazione attiva delle scuole per il laboratorio di creazione cordami
“In un filo di canapa”
7. Valutazione interesse e collaborazione dei privati
a. Il progetto ha generato molto interesse, collaborazione, condivisione
delle informazioni e cultura storica, messa in rete delle risorse, delle
problematiche e delle possibili soluzioni
8. Valorizzazione luoghi e attrezzi di lavoro:
a. Esiste molto materiale che necessiterebbe di studi e progetti ad hoc
soprattutto dal punto di vista antropologico con possibili sviluppi anche
dal punto di vista turistico (quasi ogni paese delle nostre valli era dotato
di maceratoio per la lavorazione della canapa)
9. Conservazione della cultura locale:
a. Enti, associazioni, comuni, musei, CAI hanno già elaborato raccolte,
percorsi, ricerche storiche che andrebbero valorizzate sinergicamente e
rese più fruibili
10. Generazione interesse per ripensare allo sviluppo economico locale:
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a. L’interesse da parte dei privati è evidente, necessita ora della risoluzione
dei problemi di gestione dei prodotti (legislazione, lavorazione, canali di
vendita)
b. È significante e significativo inoltre, di come molte e diversificate siano
state le richieste di interesse dimostrate per il progetto e di contestuale
approfondimento delle tematiche potenzialmente sviluppabili. Molti i
privati che vorrebbero recuperare i “saperi” ed il “saper fare” delle
generazioni precedenti, collaborare nella conservazione di luoghi e
oggetti ampliando musei già esistenti o creando nuovi percorsi, molte le
aziende del territorio che vorrebbero diversificare/riconvertire le loro
produzioni attualmente in forte crisi (settore tessile, plastico, edile,
cartario, agricolo).
COLLABORAZIONI AVVIATE
Il comitato SA.T.I.V.A. collabora per le sue attività con:
CANAPA ALPINA, progetto che vuole sperimentare la storica coltura della canapa
in diverse zone del Verbano Cusio Ossola.
ASSOCIAZIONE CANOVA, il cui interesse è rivolto principalmente al paesaggio
architettonico tradizionale e ai legami culturali che l’uomo ha sviluppato con
l’ambiente circostante. All’interno di queste finalità, vi è una attenzione specifica
verso la coltivazione e la bioedilizia a base di canapa.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI di MILANO (Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la
Nutrizione e l’Ambiente, sezione di Scienze chimiche e biomolecolari)
ISTITUTO AGRARIO FOBELLI di CRODO
COOPERATIVA PARCO VALGRANDE e Parco
CONSORZIO AGRAIA DI GUBBIO UMBRIA
ASSOCANAPA, il Coordinamento Nazionale per la Canapicoltura
ISTITUTO ALBERGHIERO “MAGGIA” DI STRESA
EURAC
ECOPASSION
In particolare l’Istituto Agrario di Crodo sta valutando la possibilità di costituire una
azienda agraria che dia sbocco alle attività già attive come sperimentazioni ed è nostra
intenzione, per quanto ci compete, proseguire e alimentare la collaborazione con questa
realtà scolastica così come con gli altri soggetti.
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PROSPETTIVE SA.T.I.V.A.
Terminata la prima fase di sperimentazione, che si è protratta per tutto il 2015 con la
semina, la coltivazione ed il raccolto, dopo una serie di incontri e di ragionamenti
effettuati sulla base di quanto sperimentato, si ritiene con sempre maggiore convinzione
che i settori di analisi e di sviluppo possano essere molteplici e di ampie prospettive.
Sulla base del contesto territoriale, sia dal punto di vista ambientale che dal punto di
vista economico-produttivo, sono stati individuati alcuni ambiti a cui si vorrebbe dare
priorità:
FITODEPURAZIONE
- nel secolo scorso forte presenza sul territorio locale, di industrie nei settori della
chimica, rubinetteria, casalingo ha creato inquinamento di acque e terreni (best practice
Lago D’Orta) -
Sperimentare la fitodepurazione attraverso la coltivazione di canapa sativa su terreni
inquinati in aree pedemontane, al fine di rilevare l’efficacia fito-depurativa e lo sviluppo
vegetativo della pianta, sperimentando le successive metodologie di smaltimento o
riutilizzo delle colture.
FITOCANNABINOIDI per uso erboristico e terapeutico
- terreni piccoli e terrazzati -
Sperimentare la produzione in zone montane, utilizzando piccoli appezzamenti e/o
terrazzamenti, per un prodotto di nicchia, controllato , ottenendo una coltivazione
economicamente sostenibile.
CONTRASTO AL DISSESTO IDROGEOLOGICO E RECUPERO DEI TERRAZZAMENTI
- costante rischio idrogeologico su tutto il territorio provinciale -
Verificare l’efficacia della coltivazione della canapa per contrastare il dissesto
idrogeologico e generare interesse per la conservazione/manutenzione di terreni, muri a
secco, edifici rurali e terrazzamenti
ALIMENTAZIONE
- presenza capillare di produttori alimentari medio-piccoli, forte domanda di prodotti
bio e di alimenti privi di glutine -
Verificare la possibilità di sviluppo di prodotti alimentari derivati da semi e farina di
canapa e formazione e informazione sulle proprietà e utilizzo in collaborazione con le
scuole alberghiere e professionali del territorio
LCA (Life Cycle Assessment)
Eseguire valutazioni del “ciclo di vita” di alcuni dei più significativi prodotti derivati
dalla canapa
FILIERA BOVINO-CASEARIA
- incrementare la produzione di prodotti di nicchia, essenziali per le piccole medie
imprese agroalimentari del territorio montano -
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Sperimentare l’introduzione nell’alimentazione bovina di mangime a base di canapa, per
valutare l’impatto nella filiera lattiero/casearia degli aspetti nutritivi e organolettici
BIOMASSA
- in caso di coltivazioni diffuse -
Verifica di fattibilità dell’introduzione nella filiera delle biomasse, della parte
fibrosa/legnosa della pianta di canapa
IL COMITATO SATIVA:
Costituito con delibera Consiglio Direttivo ARS.UNI.VCO del 25.09.2014, il Comitato è
un organo consultivo dell’Associazione, ed in particolare del Consiglio Direttivo, che ne
ha la titolarità esclusiva del progetto.
Responsabile Scientifico: Stefania Cerutti (Università del Piemonte Orientale)
Referente Scientifico: Andrea Sasso
Componenti: Moreno Bossone, Stefania Cerutti, Stefano Costa, Edoardo Costa, Elisa
Cristina, Sara Ielmoli, Paola Marchi, Riccardo Milan, Andrea Sasso.
Contatti: [email protected] - tel. 0324.482.548
https://www.youtube.com/watch?v=6YSBNspWRPU
https://www.youtube.com/watch?v=-d46OhPArM0
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CANAPA e TERRITORIO.
La CANAPICOLTURA nella VAL d’OSSOLA:
STORIA e PROSPETTIVE FUTURE
Evelina Felisatti1
IL PAESAGGIO OSSOLANO
«L’ottima strada da Crevola al Crodo continuava fino a Baceno, costeggiando un
cornicione sulla facciata arrotondata di un vasto precipizio che sembrava lisciato dal
ghiacciaio. Il Tosa scorre in fondo a una profondità invisibile; nei pressi di Baceno è
raggiunto dal Torrente Devero della Val Devera, dove viene attraversato da un nuovo
ponte e dal quale si ha una veduta vertiginosa del torrente rinchiuso, che lotta e scava
nel suo letto angusto finché raggiunge il Tosa nel fondo di un abisso. Il rintocco delle
campane di mezzogiorno, appena un po’ più in là, ci fece sussultare, non potendo
immaginare da dove venisse, finché un raggio di sole nella nebbia rivelò il campanile e i
contorni nebbiosi di una grande chiesa; poco dopo raggiungemmo il paese mentre il sole
spuntava di nuovo allegramente, mostrandoci le case chiare di Baceno simili a piccole
ville, circondate da giardini allegri ai piedi di un caldo pendio di vigne, le cui foglie erano
di un giallo oro e di un rosso sangue scuro. Emergendo dalla nebbia umida e fredda che
scivolava dalle rocce nascondendo tutto nell’oscurità, le vette circostanti brillavano con il
sole mattutino e sembravano ora lucenti e pulite.
Le cime nevose del Monte Cìstella, che sovrasta la valle, e il Pizzo della Rossa
all’estremità della Val Devera, nella parte nord-occidentale, brillavano di uno strato
fresco di neve; nell’aria c’erano una calma e una dolcezza indescrivibili che rendono tali
giornate d’autunno le più felici e le più tranquille dell’anno. Baceno aveva un bell’aspetto
e molte case erano le residenze di benestanti in pensione; la gente con cui ci fermavamo
a parlare lasciava nella nostra mente un’ottima impressione per la sua cortesia e per la
sua gentilezza2».
Tale è l’immagine di Baceno del 1855, quando i primi turisti iniziavano a visitare
l’Ossola attraverso i valichi alpini. Samuel William King, pastore protestante del Norfolk3,
risale la Valle Antigorio diretto verso il Passo del Gries, e ci narra di un paesaggio
bucolico, misterioso e al tempo stesso armonioso, dove vi è un rapporto simbiotico tra
natura e uomo.
1 Vice-Presidente Associazione Canapa Alpina e autrice della tesi di laurea “PAESAGGI CULTURALI E IDENTITA’: LA CANAPICOLTURA NELLA VAL D’OSSOLA” 2 P. Crosa Lenz, E. Rizzi, Storia di Baceno, Comune di Baceno-Fondazione Enrico Monti, Tipolitografia Saccardo, Ornavasso, 2006, p. 14. 3 Ibidem.
32
L’Ossola, bellissima regione alpina, che comprende tutto il bacino imbrifero del fiume
Toce e si spinge a settentrione incidendo un ampio settore delle Alpi Occidentali
italiane, è formata da rocce antichissime intensamente metamorfosate.
Il paesaggio ossolano è fortemente caratterizzato da due importanti agenti
morfologici del territorio che hanno plasmato la valle: la rete idrografica del fiume Toce
e le precedenti glaciazioni quaternarie.
Il paesaggio dell’Ossola, inteso nell’accezione massariana4 di fusione armonica tra
l’attività trasformatrice dell’uomo e lo spazio naturale in cui si trova ad operare, si
presenta ricco, vario, articolato, in quanto vi si rilevano a stretto contatto laghi e monti,
cittadine e alpeggi, terrazzamenti e cappelle, sacri monti e ville, castelli e chiese, e vari
altri elementi ancora5.
I piccoli borghi con annessa la chiesa parrocchiale rappresentano il centro della
comunità. La collaborazione era fondamentale, dato anche il sistema della vicinia ossia
dell’uso comunitario del territorio.
La "fame" di terra ha portato alla realizzazione di sistemi terrazzati: tale tecnica,
creando superfici pianeggianti e sfruttando esposizioni favorevoli, ha permesso lo
sviluppo di un’agricoltura di montagna e di conseguenza il sostentamento per la
comunità, contribuendo inoltre alla stabilizzazione dei versanti. Sia la realizzazione che il
mantenimento dei terrazzamenti fu possibile grazie al lavoro immane di tutta la
comunità. Il paesaggio che ne deriva è funzionale e bello, i muretti a secco seguendo le
curve dei versanti sono armonizzati con l’ambiente circostante. Così, con intelligenza e
sapienza, questi popoli hanno smontato e rimontato le montagne osservandone le leggi
e, nel rimodellarle, ne hanno assecondato la sinuosità delle curve di livello, ne hanno
ricalcato le rientranze, organizzando sapientemente lo scorrimento delle acque.
Nessun paesaggio culturale si mantiene al di fuori di una relazione con la comunità
che lo ha realizzato e continua a farsene consapevolmente carico, attenta a non
distruggere quel tratto identificante.
Oggi il paesaggio ossolano è molto diverso rispetto a quello descritto da Samuel
William King, il quadro idilliaco e armonioso che traspare dal racconto è in completa
dissonanza con quello che si presenta agli occhi dei viaggiatori contemporanei.
A partire dalla seconda metà del XIX secolo, i fenomeni di migrazione dalla montagna
hanno prodotto una prima diminuzione della pressione demografica sugli spazi agricoli6,
determinando l’inizio della fase di abbandono delle aree più marginali, che
4 Antonio Massara, fondatore del Museo del Paesaggio di Verbania. 5 Cfr. http://www.museodelpaesaggio.it/it-it/home/paesaggio/schede. 6 Cfr. L. Bonardi, Declino e prospettive dell'attività agricola sui versanti terrazzati, in M. L. Betri (a cura di), Figure del lavoro nel Novecento. Contadini, Centro Studi Storia del Lavoro, Rosenberg & Sellier, Torino, 2006, pp. 339-354.
33
corrispondono agli spazi meno produttivi, a quelli di più difficile lavorabilità e a quelli più
distanti dalle sedi abitative.
La rivoluzione agricola di metà Ottocento ha, considerevolmente e rapidamente,
ridotto il bisogno di spazi per l’agricoltura. Contemporaneamente, lo sviluppo industriale
ha determinato importanti flussi di mano d’opera verso i centri urbani in pieno sviluppo.
Questi due fenomeni hanno provocato l’innesco di importanti processi di esodo rurale7.
Lo spopolamento delle vallate ossolane è stato intenso e inesorabile a partire dal
secondo dopoguerra, causando l’abbandono delle pratiche agricole, a causa anche della
concorrenza dell’agricoltura di pianura, e della cura del territorio che con tanta fatica
l’uomo addomesticò nei secoli.
Dovunque, come un museo a cielo aperto si trovano tracce e testimonianze di una
cultura oggi purtroppo in dissolvimento, della passata colonizzazione che l’uomo praticò
con fatica e caparbietà. Antiche mulattiere dimenticate sfiorano piccoli nuclei di case
decadenti, fagocitate dalla vegetazione; i terrazzamenti destinati ai coltivi sono obliterati
dal recente rimboschimento che invade le aree prima addomesticate e poi
abbandonate.
Il paesaggio ossolano risulta oggi abbandonato e compromesso: troviamo infatti nella
piana dell’Ossola inferiore scheletri e resti di fabbriche chiuse da tempo, accanto a
capannoni di nuova realizzazione la maggior parte dei quali vuoti, lo sprawl è arrivato
anche in questa piccola porzione delle Alpi; sulle pendici dei versanti invece,
l’abbandono dell’agricoltura ha generato un rimboschimento eccessivo, mentre le fasce
terrazzate più accessibili e meglio esposte sono state compromesse, prese d’assalto
dalla speculazione edilizia, con la costruzione di villette e relative strade per l’accesso.
Questa perdita di senso del paesaggio è ben avvertita dalla popolazione locale,
indubbiamente, per questi l’abbandono dell’agricoltura di montagna e la
rinaturalizzazione diffusa sono elementi negativi, una sconfitta per le comunità infatti, il
declino di tali pratiche e l’obliterazione di questi luoghi coinvolge anche aspetti culturali
determinanti per l’identità delle persone: la banalizzazione del paesaggio dovuta
all’abbandono di coltivazioni promiscue a favore della monocoltura, la diffusione del
bosco contribuiscono al senso di disagio e alienazione verso il "non luogo"8.
Diversa è la percezione del turista che viene dalla città, alienato dalla natura esso
vede la diffusione di essenze arboree come un fattore positivo, trovando ristoro nel
mare delle verdi chiome che celano invece, un paesaggio sapientemente creato nel
corso dei secoli dalle comunità ossolane, quindi non wilderness, come appare a prima
vista ma perdita di paesaggio culturale.
7 Ibidem. 8 Cfr. L. Bonesio, Oltre il paesaggio. I luoghi tra estetica e geofilosofia, Arianna, Bologna, 2002.
34
IL PAESAGGIO AGRARIO OSSOLANO
L’agricoltura in Val d’Ossola è stata per secoli l’attività principale per la sussistenza
della popolazione, l’ambiente agricolo tradizionale era un tempo in grado di creare
equilibri ecosistemici di lungo periodo che spesso, grazie alla diversificazione del
paesaggio, davano luogo ad un incremento della biodiversità.
La piccola agricoltura ossolana era caratterizzata dalle colture promiscue, cioè da
colture sia arboree che erbacee, coltivate nello stesso appezzamento.
L’Ossola, data la sua particolare ubicazione e le caratteristiche dell’esiguo suolo
agrario, poteva vantare una grossa differenziazione produttiva: dai cereali,
prevalentemente segale, grano saraceno, avena, panìco, miglio, mais e frumento, alle
patate, le numerose varietà di piante da frutto e ortaggi, dalle piante industriali,
soprattutto canapa, alla selvicoltura.
LA CANAPICOLTURA IN OSSOLA
La canapa sativa, originaria dell’Asia, è conosciuta sin dal II millennio a.C.; questa
meravigliosa e versatile pianta giunge in Italia tra il VI e il V secolo a.C.9
In Ossola si ha testimonianza della coltivazione della canapa, ma anche del lino, negli
Statuti Comunali del 1300 che disciplinavano, già allora, la fase della macerazione,
vietando agli abitanti di macerare la canapa all’interno e alle porte dell’abitato per
motivi igienici, in quanto questa pratica poteva provocare epidemie, nonché sprigionare
fetori maleodoranti.
La canapicoltura è sempre stata di fondamentale importanza per la produzione di
molti oggetti d’uso quotidiano quali corde, reti, cesti, le peculiari calzature tipiche
ossolane con la suola rinforzata con corda di canapa; tela per la biancheria di casa e per
la creazione d’indumenti e ancora l’olio di canapa utilizzato per l’illuminazione, infine, i
semi venivano consumati sia dai contadini stessi per lenire la fatica nei campi, che per
l’alimentazione del bestiame.
Nei secoli passati l’area coltivata a cereali, canapa e lino era molto estesa; ma dalla
fine dell’Ottocento, prima lentamente e poi con maggiore rapidità, mutò la base
economica, in quanto lo sviluppo del commercio rese possibile l’importazione di cereali
e di materiale tessile da altre aree. Venne così trasformandosi il quadro agricolo. La
coltivazione dei campi regredì a vantaggio dell’economia lattifera: l’antica superficie
piantata a cereali diventò prato o venne adibita alla coltivazione delle patate. Anche le
coltivazioni della canapa e del lino si rivelarono sempre meno proficue e perciò
sparirono quasi del tutto verso la metà del secolo scorso.
9 Cfr. supra, pp. 54-56.
35
Emblematiche sono le parole dell’Avvocato Stefano Calpini che nel suo libro
"Memoria sulle condizioni dell’agricoltura e della classe agricola nel circondario
dell’Ossola" del 1880 ci fornisce un quadro delle condizioni della coltura:
«La canapa è la pianta tessile che più di ogni altre è coltivata in Ossola. Ma ci
affrettiamo a dichiarare che questa coltura non riesce produttiva siccome in
altre regioni italiane dotate di miglior terreno10».
Come si evince dalle parole del Calpini nell’Ossola la coltivazione della canapa non
raggiunse mai una forma industriale, come del resto tutta l’agricoltura di montagna,
infatti, questa veniva per lo più praticata per auto sussistenza. Ogni famiglia adibiva una
piccola porzione di terreno, solitamente quella più vicina alle abitazioni, a canapa,
seguendo la policoltura.
Uno dei principali ostacoli alla coltivazione risiedeva nell’estrema polverizzazione e
parcellizzazione fondiaria, dovuta ad una frammentazione dei fondi, scarsa innovazione
e produttività, che comportavano redditi molto bassi, sufficienti esclusivamente al
sostentamento del proprietario.
La coltivazione dunque aveva un carattere prevalentemente di sussistenza e di
autoconsumo familiare, dove di fondamentale importanza era la manodopera
femminile.
«In Ossola le donne lavorano alla pari quasi degli uomini. Le donne sono
pressoché nelle fatiche pareggiate agli uomini, ed è dolorosa cosa il vedere il
gentil sesso costretto a fatiche improbe, per la loro costituzione fisica (come a
portare gravi pesi) senza nessun riguardo ad alcune loro circostanze speciali
(quali la gravidanza) in cui spesso vengono a soffrire nella salute loro e
pregiudicano quella del nascituro11.»
LA LAVORAZIONE DELLA CANAPA
Nella coltivazione e lavorazione della canapa le donne ricoprivano un ruolo di
primaria importanza: a loro era affidata la semina e la cura del campo. La prima si faceva
in primavera, solitamente tra marzo e aprile, a seconda della stagione, in luna crescente.
Il campo veniva preparato normalmente, senza accorgimenti particolari, si seminava a
spaglio, cioè a manciate, la canapa doveva crescere molto ravvicinata con alti fusti e
poche ramificazione per ottenere una fibra di maggior qualità12.
10 S. Calpini, Memoria sulle condizioni dell'agricoltura e della classe agricola nel circondario dell'Ossola, 1880, Centro Studi Piero Ginocchi-Crodo, Tipografia Saccardo, Ornavasso, 2005, p. 24. 11 S. Calpini, op. cit., p. 77. 12 Cfr. R. Zeli, Terminologia domestica e rurale della valle Canobina (Novara), Edizioni Casagrande Bellinzona, 1968.
36
Quando la canapa cominciava a raggiungere una certa altezza, circa 20 centimetri,
doveva essere mondata e sarchiata, al fine di eliminare le malerbe, queste pratiche
erano svolte interamente dalle donne.
La raccolta della canapa da filare avveniva in agosto, epoca in cui la pianta
raggiungeva l’altezza di due metri circa. Iniziava la raccolta della pianta maschile
(considerata nella credenza popolare pianta femminile, perché di dimensioni più ridotte)
che era in fiore. Le piante femminili (considerate maschili) venivano invece lasciate nel
campo sino a completa maturazione dei semi, necessari per la coltivazione nell’anno
successivo.
A questo punto iniziava la raccolta tagliando i fusti con il falcetto e formando dei
piccoli mazzetti, privati della cima. Le piante venivano poi lasciate nel campo per una
prima fase di essiccazione, al fine di far perdere loro il fogliame. Dopo di che erano solite
essere portate nei "pozz" ossia i maceratoi.
La macerazione si eseguiva con diversi mezzi, a seconda della configurazione del
terreno attorno al paese, infatti, questi erano perlopiù zone acquitrinose naturali
presenti nel territorio Ossolano.
Quindi se il paese possedeva terreni paludosi, venivano utilizzati quelli, scavando una
buca nel terreno, che poco a poco si riempiva d’acqua; come a Croveo, in Valle Antigorio
dove la macerazione della canapa avveniva nelle zone acquitrinose limitrofe all’abitato,
chiamate "janch".
In alternativa il macero si otteneva scavando nel prato una fossa di circa un metro e
cinquanta, larga due metri e lunga tre. Essa era rivestita lungo le pareti verticali
mediante muri a secco, che sporgendo dalla fossa stessa formavano un piccolo argine13.
Nel "pozz" così creato si faceva poi entrare l’acqua di un torrente mediante la creazione
di canali.
Oppure a volte era il torrente stesso ad essere adibito a macero, sfruttando i meandri
naturali, ovviamente questa soluzione supponeva dei rischi, infatti, l’intero raccolto
poteva andare perduto in caso di un’improvvisa ondata di piena.
La canapa raccolta veniva dunque portata nei maceri: messa in acqua disposta a
mazzetti molto stretti, in modo che potesse fermentare meglio, e coperta con grossi
sassi affinché non galleggiasse.
Ovviamente i maceri erano ad uso plurifamiliare, quindi per distinguere la canapa dei
vari proprietari, i singoli mazzetti venivano contati oppure segnati.
La macerazione durava dagli otto ai dodici giorni; anche in questo caso erano le
donne a svolgere il lavoro di innacquare la canapa e quello di estrarre i mazzi dal
macero. Una volta tolti dal macero, i mazzetti, si ammucchiavano sul prato ad asciugare
13 Cfr. Ibidem.
37
per una o più giornate. Infine venivano posti a seccare in piedi contro i muri delle
abitazioni.
Una volta secca iniziava la stigliatura della canapa, la prima fase di un lungo laborioso
processo per giungere alla fabbricazione dei tessuti. Il tiglio cioè la fibra tessile, era
separato dal fusto, pianta per pianta, manualmente. A questa mansione solitamente
durante l’inverno, si dedicavano donne e bambini, lavorando molto rapidamente con le
dita. Il rimanente nucleo dei fusti, stubii, era utilizzato per accendere il fuoco, infatti,
della canapa non si buttava nulla per questo era considerata il "maiale vegetale".
Alla stigliatura o scavezzatura seguiva la scotolatura, ossia la separazione delle fibre
utili dalla parte legnosa ancora aderente ad esse. Per fare ciò il tiglio veniva battuto con
un attrezzo di legno, chiamato in Valle Antigorio "gnaxza", oppure veniva ammorbidito
nelle macine di pietra. La canapa così trattata veniva poi pettinata, mediante l’utilizzo
dello scardosso14, al fine di separare la fibra fine da quella grossolana. La canapa si
divideva così in stupa, usata per la filatura e in arista, più fine, usata per la tessitura.
La coltivazione della canapa permetteva, assieme alla lana, la confezione della
biancheria familiare e di sacchi e corde. Con le fibre ricavate si produceva lo spago o il
filo ritorto, inoltre, filate e tessute in appositi telai, si otteneva la tela utilizzata per
confezionare appunto biancheria per la casa ed alcuni indumenti. La coltivazione e la
lavorazione (filatura e tessitura) era il risultato di un artigianato domestico il cui
"mestiere" era trasmesso per esperienza diretta da una generazione all’altra: sapere
purtroppo quasi del tutto scomparso. Una consuetudine legata alla coltivazione della
canapa, a forte valenza sociale, consisteva nella messa a semina della canapa, in
occasione della nascita di una figlia femmina, per la realizzazione del corredo. Una
memoria storica ormai del tutto scomparsa.
Anche in Ossola come nel resto d’Italia la canapicoltura è stata abbandonata per
motivi culturali: il lungo e faticoso lavoro per ottenere i tessuti determina la fine della
coltivazione unita alla voglia di riscatto dalle radici contadine, poter comperare qualcosa
di meccanico era un valore aggiunto; inoltre, contribuirono alla fine della coltura anche
fattori politici legati al proibizionismo della canapa indica.
«Era la tarda mattina di una giornata estiva del 1978 e Carolina, nome
frequente tra le donne di Gurro, era indaffarata a cucinare. […] Ad un certo
punto giunsero tre uomini, che, fermi sul cancello all’ingresso, la chiamarono ad
alta voce: "Signora Carolina, signora". Carolina si affacciò sul balcone per
vedere di cosa si trattasse. "Ci fa entrare?"[…] "Signora sono il maresciallo dei
carabinieri e siamo venuti a cercare i campi di canapa. Dove si trova il suo
14 Scardosso: è un'asse di legno, dalla lunghezza di 75 cm circa, nella parte mediana del quale sono piantati circolarmente chiodi di ferro: la cui lunghezza, grossezza e densità è variabile a seconda della qualità della fibra che si vuole ottenere.
38
campo?". Carolina, finalmente capì lo scopo della visita. Una ventina di anni
prima, né lei, né le sue amiche avrebbero compreso perché i carabinieri
mostrassero interesse per la canapa. Ma i tempi erano cambiati e anche loro
sapevano che se ne poteva fare un uso molto diverso, che non quello di fare i
pidù15: "Ma io non ho più i campi di canapa, disse, sono anni che non la semino
più. […] In un baleno, la voce corse per tutto il paese […] "Cosa dobbiamo fare?"
perché la decisione doveva essere condivisa e i rischi condivisi da tutti. Eliminare
ogni traccia è stata la decisione. Qualcuna (donna) fu persin troppa premurosa
e accese un falò sul bordo del fiume con tutta la canapa. Tutte, in gran segreto,
si recarono sui solai dove, all’aria asciutta, conservavano le sementi e,
nottetempo, le buttarono nel riale più vicino: potevano sempre dire che l’acqua
le aveva trasportate da chissà dove.
Meno fortunate furono le donne individuate come proprietarie dei campi di
canapa: molte trasferite in caserma a Cannobio, ancor di più a Verbania, per
raccontare cosa servisse la canapa; per essere più convincenti, portavano con sé
un gomitolo di spago e addirittura la suola dei pidù, da lì si poteva vedere molto
bene l’utilizzo che ne veniva fatto in paese.
Fu la fine della coltivazione della canapa e della sua tradizione centenaria.
Era una calda giornata d’agosto del 1978»16.
LA REINTRODUZIONE DELLA CANAPA
Si assiste però, proprio in questa porzione di Alpi ad una timida inversione di
tendenza, con la riscoperta ed il rilancio di antichi saperi e soprattutto di antiche colture.
Un’importante esempio è rappresentato dal progetto "Canapa Alpina", volto alla
reintroduzione della coltivazione della canapa nel territorio: nel 2015 sono stati messi a
semina i primi campi sperimentali dislocati a mappa di leopardo nella Provincia del
V.C.O.
La ripresa di quest’antica coltura implica da un lato la riscoperta di quei valori
immateriali e culturali legati alla canapa, dall’altro la ricerca e lo studio di nuove
applicazioni e utilizzi della canapa che viene da molti considerata il materiale del futuro.
Da quest’esperienza nel febbraio 2016 è nata l’Associazione culturale Canapa Apina,
fondata da sette donne17:lo scopo è quello di promuovere lo sviluppo della
canapicoltura nella Provincia, attraverso la reintroduzione della coltivazione della
15 Tipiche pedule realizzate con lo spago di canapa. 16 A. Nicolussi Rossi, Il regalo dei nonni. Ricordi, fatiche e gioie della gente di Gurro, realizzato con il patrocinio e il sostegno del Comune di Gurro, Diemme Grafica, 2011, pp. 34-38. 17 Tra cui la scrivente: Vicepresidente dell’Associazione.
39
canapa18 approfondendo inoltre, l’aspetto culturale legato alla coltivazione. Le attività
dell’Associazione sono altresì volte alla sensibilizzazione e coinvolgimento della
popolazione locale, attualmente si contano 40 soci di cui 30 coltivatori e 10 sostenitori.
Prosegue comunque la ricerca e lo studio di nuove applicazioni e possibili utilizzi in
Ossola, che sono innumerevoli: riscoperta del paesaggio canapoculturale, produzione di
prodotti alimentari a km0, utilizzo per la bonifica dei terreni inquinati del fondovalle,
produzione di carta, bioedilizia
Insomma occorre, come afferma l’economista francese Serge Latouche, «utilizzare la
creatività popolare e locale e le diverse risorse del territorio per cercare di
risvilupparlo»19
18 Nel 2016 sono stati messi a semina 3000 metri quadri in tutta la Provincia, 19 S. Latouche, La scommessa della descrescita, trad. M. Schianchi, Feltrinelli, Milano, 2012, p.133.
40
41
APPENDICE FOTOGRAFICA
Federico Ashton, Veduta di Domodossola, http://www.museodelpaesaggio.it
Domodossola, http://www.meteolivevco.it/webcam-domodossola-torre-mattarella/
Esempi di paesaggio Ossolano - E. Felisatti
42
Guercino da casa Pannini a Cento https://www.laterradellorso.it/blog/canapa-alla-riscossa-dai-tessuti-alledilizia-il-rilancio-di-un-
prodotto-pulito-ed-economico-ferrara/
Fase di pulitura della fibra di canapa.
Biblioteca Storica Nazionale dell’Agricoltura. http//:www.politcheagricole.it
43
Canapa coltivata a Baceno, Fraz. Croveo
Immagini relative alla fase di essicazione in campo e macerazione nei “pozz”.
Foto di E. Felisatti
44
45
LA REINTRODUZIONE DELLA CANAPA IN AREE MARGINALI E MONTANE
ANALISI E RICERCHE SULLE ATTIVITÀ SPERIMENTALI 2015
NEL VERBANO CUSIO OSSOLA: ANALISI DI UN ANNO DI PROVE
Jacopo Bacenetti1
LE PROVE SPERIMENTALI NEL VERBANO CUSIO OSSOLA
Le prove condotte nel Verbano Cusio-Ossola (VCO) sono state eseguite nel corso del
2015 e hanno previsto la coltivazione di diversi appezzamenti realizzati utilizzando semi
certificati di canapa a basso contenuto di THC e, in particolare, la varietà ‘Futura 75’,
varietà monoica di produzione francese.
GLI APPEZZAMENTI
Complessivamente sono stati realizzati 21 diversi appezzamenti (Tabella 1) per una
superficie complessiva di circa 8000 metri quadrati (0,8 ha). I diversi appezzamenti
erano estremamente frammentati e caratterizzati da una estrema variabilità anche per
quanto riguarda la loro superficie. Se si escludono però l’appezzamento de “La Prateria”
localizzato in Comune di Domodossola a fondo valle e quindi caratterizzato da una
superficie di circa mezzo ettaro, quello di Masera (800 m2) e gli appezzamenti di Baceno
Località Molinetto (2 m2) e Villa Edison (20 m2), tutti gli altri appezzamenti hanno
superfici comprese tra 40 e 200 m2 e possono pertanto essere considerati
rappresentativi di un contesto produttivo che prevede la coltivazione della canapa non
solo in aree montane ma anche in aree caratterizzate da piccoli appezzamenti terrazzati.
Anche in considerazione delle risorse disponibili, l’estrema frammentazione degli
appezzamenti sperimentali ha imposto una selezione delle particelle in cui eseguire i
rilievi.
A tal proposito sono stati selezionati 8 appezzamenti (Tabella 2) che sono a loro volta
caratterizzati da una superficie variabile da 40 a 100 m2 e sono rappresentativi delle
diverse situazioni sito-specifiche che si possono verificare nel VCO in termini di
esposizione, quota altimetrica e pendenza (Figura 1).
1 Ricercatore a Tempo Determinato in Meccanica Agraria dell’Università degli Studi di
Milano – Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - e-mail: [email protected]
46
Tabella 1 – Superficie dei diversi appezzamenti
Appezzamento Superficie
(m2)
Prateria Domodossola 5000
Gurro 110
Bannio Anzino 160
Ghesh 100
Masera 800
Vanzone con San Carlo – Località Piano 100
Vanzone con San Carlo – Località Roletto 100
Devero 50
Quarna sotto 140
Cavandone 100
Crodo - Istituto Fobelli 50
Crodo - Località colonia 150
Crodo - Località Molinetto 2
Baceno - Località Croveo 50
Baceno - Località Cugine 200
Baceno - Località Beola 50
Baceno - Località Villa Edison 20
Baceno - Località Ecchio 100
Baceno - Località Cima al Chioso 50
Premia - Località Pioda 50
Premia - Località Cadarese 100
Tabella 2 – Caratteristiche delle coltivazioni in cui sono state eseguite le prove sperimentali
Comune Località Superficie Quota Pendenza Esposizione
m2 m s.l.m %
Baceno Beola 40 820 0% S/SE
Baceno Croveo 40 820 0% E
Baceno Cuggine 100 750 0% SO
Baceno Ecchio 100 818 0% N
Verbania Cavandone 100 450 3% S
Vanzone con San Carlo Piano 100 650 10% E/O
Vanzone con San Carlo Roletto 100 690 10% E/O
Crodo Ist. Fobelli 50 508 0% S
47
Figura 1 – Localizzazione delle diverse prove sperimentali nel VCO
I RILIEVI
Negli 8 appezzamenti sperimentali sono stati raccolte informazioni riguardo:
- Precessione e successione colturale, allo scopo di valutare quale può essere
l’inserimento ottimale della canapa in una rotazione colturale si è ritenuto
importante conoscere quale fosse la coltura precedentemente coltivata negli
appezzamenti oggetto di analisi e, al fine di valutare eventuali benefici derivanti
dalla coltivazione della canapa sulle coltivazioni successive (es. riduzione dello
sviluppo di infestanti, aumento della strutturazione del terreno, ecc.), anche quale
fosse quella successiva. Per quanto riguarda la successione colturale i dati ottenuti
sono ancora parziali;
- Epoca delle principali fasi fenologiche (semina, emergenza, fioritura, maturazione
dei semi) al fine di valutare l’adattabilità delle coltura anche alla coltivazione in
ambienti alpini caratterizzati da climi più freddi e stagione vegetativa più breve
rispetto a quella in cui la varietà Futura 75 viene solitamente coltivata (esempio
Carmagnola – TO);
- Tecnica colturale considerando tutte le operazioni di campo eseguite a partire dalla
preparazione del letto di semina (lavorazione principale e/o secondaria del terreno)
fino alla raccolta passando per le (eventuali) cure colturali (es. lotta alle infestanti
manuale e/o meccanica);
- Problematiche fitosanitarie ed eventuali problematiche abiotiche;
48
- Resa in seme e in biomassa e altezza delle piante al momento della raccolta.
Quest’ultimo parametro è importante perché, nel caso di raccolta meccanizzata
ricorrendo alle comuni mietitrebbiatrici per cereali autunno-vernini influenza
fortemente l’operatività della macchina.
RISULTATI DELLE PROVE E DISCUSSIONE
PROCESSIONE E SUCCESSIONE COLTURALE
Le coltivazioni di canapa sono avvenute su parcelle di piccole dimensioni la cui
destinazione precedente era molto variabile e prevedeva la coltivazione come orto
domestico, la presenza di un prato stabile oppure un suolo incolto.
Per quanto riguarda la successione colturale le informazioni sono ancora disponibili
ma permetteranno di fare un bilancio qualitativo riguardo alle proprietà della canapa
come coltura di rinnovo che è in grado di migliorare le caratteristiche strutturali del
terreno e anche riguardo alle sue proprietà “rinettanti” ovvero riguardo alla sua capacità
di impedire lo sviluppo delle infestanti grazie alla sua elevata competitività e al suo
apparato radicale molto fitto. A tal proposito, studi condotti in Spagna2, hanno
evidenziato come rispetto alla monocoltura, la coltivazione di frumento tenero dopo
canapa presenti un incremento delle rese del 15-20% circa e che tale incremento sia da
attribuire principalmente alla riduzione delle infestanti e, quindi, della loro
competizione. Oltre a un incremento della resa si ha anche una notevole riduzione
dell’uso di erbicidi con conseguenti benefici sia in termini economici che ambientali.
Tabella 3 – Fasi fenologiche dei diversi appezzamenti in cui sono state eseguiti i rilievi
Comune Località Data
Semina Emergenza Fioritura Raccolta
Baceno Beola 6 maggio 13 maggio Luglio Fine settembre
Baceno Croveo 22 maggio 27 maggio Fine luglio Fine settembre
Baceno Cuggine 12 maggio 27 maggio n/d 21 settembre
Baceno Ecchio 12 maggio 27 maggio n/d 15 settembre
Verbania Cavandone 12 maggio 18 maggio 20 luglio 27 agosto
Vanzone San Carlo Piano 23 maggio 03 giugno 14 luglio Non raccolto
Vanzone San Carlo Roletto 30 giugno 15 luglio 16 agosto 15 settembre
Crodo Ist. Fobelli 11 maggio 20 maggio n/d 15 settembre
Epoca delle fasi fenologiche
In Tabella 3 sono riportati i risultati rilevati relativamente alle principali fasi
fenologiche negli 8 diversi appezzamenti
2 Gorchs and Lloveras. 2003. Current status of hemp production and transformation in Spain. Journal of Industrial Hemp. Volume 8 (1): 45-64.
49
Secondo ASSOCANAPA3, l’epoca di semina ottimale per la canapa va da metà
febbraio/fine marzo nel Centro/Sud, fine marzo/metà maggio Nord Italia. Semine
tardive sono fattibili solo se umidità del terreno garantisce l’imbibizione del seme e la
successiva germinazione. Quindi, ad eccezione dell’appezzamento di Vanzone San Carlo
– Località Roletto che è stato seminato il 30 giugno gli altri appezzamenti sono stati
messi a dimora nell’epoca più idonea.
L’emergenza della coltura avviene solitamente in un periodo variabile tra 5 e 7 giorni
purché vi siano temperature medie giornaliere maggiori di 10°C. Negli appezzamenti
consideranti per le prove, il numero di giorni intercorso tra la semina e l’emergenza è
stato mediamente pari a 10,25 giorni con un minimo di 5 giorni (Baceno – Località
Beola) e un massimo di 15 (Vanzone San Carlo – Località Roletto). Non sembra esserci
una relazione chiara tra la data di semina e il periodo necessario per l’emergenza.
Relativamente alla fioritura non è sempre stato possibile identificare una data precisa
perché, a causa della notevole scalarità che si è evidenziata tra le diverse piante e anche
all’interno delle diverse infiorescenze, i rilevatori hanno avuto difficoltà ad individuare il
momento esatto. La raccolta è invece avvenuta tra la fine di agosto e la fine di
settembre. In una piantagione (Vanzone San Carlo – Località Piano), la raccolta del seme
non è stata eseguita perché le piante sono state fortemente danneggiate dall’ingresso
nell’appezzamento di ungulati selvatici e i semi sono stati mangiati da uccelli.
La durata del ciclo colturale media è stata pari a 118 giorni con un minimo di 78 giorni
per l’appezzamento seminato più tardivamente e 144 giorni per l’appezzamento di
Baceno – Località Beola che è anche quello in cui la semina è stata eseguita più
precocemente. I risultati relativi alla lunghezza del ciclo colturale evidenziano una buona
adattabilità della coltura che, dove seminata più precocemente è riuscita a sfruttare al
meglio l’intera stagione vegetativa e dove seminata più tardivamente è riuscita
comunque a portare a termine la maturazione dei semi.
TECNICA COLTURALE
La tecnica colturale attuata nei diversi appezzamenti è caratterizzata da un basso
impiego di fattori produttivi e da una raccolta eseguita manualmente anche in ragione
delle superfici estremamente modeste delle diverse coltivazioni.
In Tabella 4 è riportata la tecnica colturale per quanto riguarda la lavorazione del
terreno e il sesto di impianto. La lavorazione del terreno è stata superficiale in tutti gli
appezzamenti (20 cm di profondità di lavorazione) ed è stata eseguita attraverso
l’impiego di motocoltivatori per eseguire un’erpicatura del terreno ed, in 2 casi su 8, una
vangatura e una erpicatura.
3 ASSOCANAPA (Coordinamento Nazionale per la Canapicoltura ), www.assocanapa.org
50
Tabella 4 – Lavorazioni del terreno, sesti di impianto e densità di semina
COMUNE
Lavorazione del terreno Sesto di impianto
Operazione h
(cm)
Interfila
(cm)
Fila
(cm)
Densità
(semi/m2)
Baceno – Beola Erpicatura 20 10 25 40
Baceno – Croveo Erpicatura 20 10 30 33
Baceno – Cuggine Erpicatura 20 30 8 42
COMUNE Lavorazione del terreno Sesto di impianto
Operazione h
(cm)
Interfila
(cm)
Fila
(cm)
Densità
(semi/m2)
Baceno – Ecchio Erpicatura 20 30 8 42
Verbania-Cavandone Vangatura e erpicatura 20 60 15 11
Vanzone San Carlo Vangatura 20 30 10 33
Vanzone San Carlo Vangatura 20 30 10 33
Crodo Vangatura e erpicatura 20 60 15 11
La semina è avvenuta con diversi sesti di impianto cui corrispondeva una densità dei
semi variabile da 11 a 42 piante per m2 (30-35 piante/m2 in media). A seconda
dell'utilizzo la canapa viene piantata: molto fitta, se è destinata alla produzione di fibra
perché in tal caso si cerca di ottenere fusti dal diametro minore per avere fibre più sottili
e pregiate infatti, più la pianta è grossa più la fibra è grossolana e robusta. Al contrario
se lo scopo della coltivazione è la produzione di semi, la semina viene effettuata
mantenendo una certa distanza tra le piante, al fine di favorire dello sviluppo e della
maturazione dei semi. La densità di semina ottimale4 varia quindi in funzione della
destinazione della coltura:
i) 30 to 75 piante/m2 per la produzione di seme,
ii) 10 piante/m2 per scopi medicinali;
iii) 15 piante/m2 per infiorescenza;
iv) 50-750 piante/m2 per la produzione di fibra (150-200 piante/m2 per tessile,
90-100 piante/m2 per fibra non tessile).
Nei diversi appezzamenti la dose di seme è stata pari a 2,0-2,5 grammi/m2
corrispondenti a 20-25 kg/ha; a tal proposito è opportuno ricordare che per gli areali del
Centro-Nord Italia la dose consigliata varia:
i) 50-60 kg/ha per produzione fibra,
ii) 35 kg/ha per seme.
4 Amaducci et al., 2014. Key cultivation techniques for hemp in Europe and China. Industrial Crops and Products.
51
Per quanto riguarda tutte le operazioni eseguite nel corso del ciclo colturale un
quadro d’insieme è riportata nella seguente Tabella 5; come è possibile osservare la
tecnica colturale messa in pratica è molto semplificata e prevede un basso livello di
input.
Tabella 5 – Quadro riassuntivo delle diverse operazioni del ciclo colturale
Appezzamento
Zap
pat
ura
Erp
icat
ura
Co
nci
maz
ion
e
pre
se
min
a
sarc
hia
tura
Rin
calz
atu
ra
Co
nci
maz
ion
e
cop
ert
ura
Co
ntr
ollo
infe
stan
ti
Co
ntr
ollo
pat
oge
ni
par
assi
ti
Baceno – Beola No Si No Si Si No No No
Baceno – Croveo No Si No Si Si No No No
Baceno – Cuggine No Si No No No No No No
Baceno – Ecchio No Si Si No No No No No
Verbania Si Si No No No No Si No
Vanzone con San Carlo Si No No Si Si No Si No
Vanzone con San Carlo Si No No Si Si No Si No
Crodo Si si Si Si No No Si No
A parte le operazioni di preparazione del letto di semina che sono state eseguite in
tutte gli appezzamenti, la fertilizzazione è avvenuta solo in presemina e solo in due
degli 8 appezzamenti (Baceno località Ecchio e Crodo – Località Istituto Fobelli). La
concimazione è avvenuta, come detto, in presemina utilizzando fertilizzanti organici
(compost) con una dose di 2 kg/m2 di compost. Il controllo delle infestanti è stato
effettuato solo in 4 appezzamenti manualmente mentre non sono stati eseguiti
interventi per il controllo di patogeni e parassiti.
Relativamente alla fertilizzazione, Assocanapa consiglia concimazioni di 120 kg/ha di
azoto, 100 kg/ha di P2O5 e 300 kg/ha di K2O. Nel caso delle prove occorre considerare
che la maggior parte delle 8 coltivazioni sono state messe a dimora su terreni
precedentemente incolti o destinati a prato ed è pertanto ragionevole suppore che la
coltura abbia beneficiato di una fertilità residua del terreno che andrebbe rapidamente
esaurita nel caso di coltivazione per più anni senza adeguata fertilizzazione. Nel caso si
52
preveda una coltivazione ripetuta o inserita in una rotazione colturale occorrerebbe
fertilizzare e/o prevedere l’inserimento nella rotazione. Nel caso di fertilizzazione in
terreni dotati di buona fertilità l’apporto di elementi nutritivi andrebbe calibrato in base
alle asportazioni colturali cioè prevedendo la restituzione di quanto assorbito dalla
pianta ed asportato con la raccolta. A tal proposito nella Tabella 6 seguente sono
riportate le asportazioni colturali della canapa in funzione delle diverse parti della
pianta. In caso di terreni poveri (la cui identificazione non può prescindere
dall’esecuzioni delle specifiche analisi del suolo) occorrerebbero “fertilizzazioni di
arricchimento” in cui la dose dei principali elementi nutritivi è, almeno nei primi anni
fino al raggiungimento del livello adeguato di fertilità, è superiore alle asportazioni.
Tabella 6 – Asportazioni colturali per la canapa5,6
Azoto Fosforo Potassio
%N %P2O5 %K2O
Canapa da fibra 0,43 0,20 0,60
Relativamente alla tecnica colturale nel suo complesso nella Figura 2 si riporta una
schematizzazione della tecnica colturale usualmente eseguita in areali di pianura per la
produzione di sola fibra e di fibra e seme.
È possibile osservare come, rispetto a quella praticata nel corso delle prove
sperimentali nel VCO, vi siano sostanziali differenze che coinvolgono in particolare:
i) La preparazione del letto di semina che prevede una lavorazione primaria
che, eseguita attraverso un’aratura, è più profonda e raggiunge i 30-35 cm;
ii) La fertilizzazione pre-semina che è sempre prevista al fine di garantire buoni
livelli produttivi e non depauperare la fertilità del terreno;
iii) Irrigazione, tale pratica permette di stabilizzare le produzioni e avviene
soprattutto in una logica di soccorso al fine di evitare perdite di produzione.
A tal proposito è importante considerare che deficit idrici nel periodo tra la
semina e le 2-3 settimane immediatamente successive possono causare una
riduzione dell’emergenza delle colture e, in casi estremi, richiedere una
nuova semina mentre, nel corso dello sviluppo della coltura e durante la fase
di fioritura, una severa siccità può ridurre la produzione di sostanza secca da
parte della coltura del 30-50%7.
5 Baldoni, Giardini. Coltivazioni Erbacee. Patron Editore. 6 LINEE GUIDA NAZIONALI DI PRODUZIONE INTEGRATA 2016. Per la redazione dei disciplinari regionali /sezione tecniche agronomiche di cui al punto 12.2.2 del documento: SQNPI – adesione, gestione, controllo/ 2016 7 Gorchs and Lloveras. 2003. Current status of hemp production and transformation in Spain. Journal of Industrial Hemp. Volume 8 (1): 45-64.
53
Figura 2- Tecnica colturale per la produzione di fibra
Non ci sono particolari differenze relativamente alla difesa dalle infestanti che, in
entrambe le tecniche, sfrutta l’abilità della canapa di contrastare la crescita delle piante
infestanti. La sua rapidità di crescita assieme all’elevata taglia, conferiscono alla coltura
una spiccata competitività nei confronti delle infestanti dalle quali di norma si difende
senza l’impiego di erbicidi. È importante sottolineare che non sono ammessi erbicidi
nella coltivazione della canapa in Europa e che quindi occorre prevenire sempre le
infestazioni in modo agronomico ad esempio attraverso una falsa semina. Può tuttavia
succedere che, in annate in cui le condizioni climatiche non sono favorevoli alla coltura,
alcune Brassicaceae e Chenopodiaceae abbiano ritmi di crescita maggiori e che quindi
riescano a competere maggiormente con la coltura.
PROBLEMATICHE FITOSANITARIE E ABIOTICHE
Nel corso delle prove, nelle 8 coltivazioni in cui sono stati eseguiti i rilievi non sono
state rilevati particolari problematiche di origine biotica o abiotica a dimostrazione della
rusticità ed adattabilità delle colture. Nell’appezzamento di Crodo – Istituto Fobelli si è
verificata la presenza di piralide. All’interno delle 21 piantagioni analogo problema si è
verificato anche a nell’appezzamento di Domodossola Località Prateria ostacolando lo
sviluppo della coltura nelle prime fasi del ciclo vegetativo. Contro di essa si consiglia una
lotta preventiva, che consiste nella distruzione dei residui di stocchi di mais in
precessione, luogo di svernamento delle larve.
ARATURA ERPICATURA SEMINA
IRRIGAZIONE MIETITREBBIATURA TRASPORTO
Preparazione letto di semina e semina
Cure colturali Raccolta del seme
S
A
FATTORI PRODUTTIVI:Carburanti, Lubrificanti , Fertilizzanti, Acqua,
Macchine operatrici e Trattori
EMISSION ARIA, SUOLO e ACQUA
Note: S = seme (25-35 kg/ha), NPK = fertilizzanti azotati, fosfatici e potassici, con dosi
dipedenti dalla fertilità del terreno e area di coltivazione; A = Acqua
FERTILIZZAZIONE N P K
TRASPORTO STOCCAGGIO
Post raccolta
ANDANATURA
Raccolta stelo
IMBALLAGGIO
54
RESA E SVILUPPO DELLE PIANTE
I semi sono stati raccolti manualmente per essere poi sottoposti ad essiccazione
naturale in locali coperti e con ventilazione naturale. La resa in semi è risultata molto
variabile nei diversi campi sperimentali, da 80 a 200 grammi/m2 che corrispondono a 0,8
– 2,0 t/ha, la produzione media 1,2 t/ha. Secondo Assocanapa, 1,0-1,5 t/ha di seme
secco sono le migliori produzioni attualmente conseguibili con le varietà da seme in
Nord Italia.
Per quanto riguarda l’altezza della coltura, i rilievi effettuati sono stati parziali e non
sono stati eseguiti in tutte i campi sperimentali; a tal riguardo è però interessante
sottolineare che in alcuni appezzamenti le piante si sono sviluppate fino a raggiungere i
4 metri di altezza. In un’ottica di meccanizzazione della raccolta, ad esempio in
appezzamenti di fondo valle di medie dimensioni, tale sviluppo del fusto
complicherebbe non poco la raccolta con le mietitrebbie solitamente utilizzate per i
cereali autunno-vernini.
Tabella 7 – Principali risultati produttivi relativamente alla produzione di seme
Comune Località Resa seme
kg kg/m2 t/ha
Baceno Beola 5 0.125 1.25
Baceno Croveo 4 0.1 1
Baceno Cuggine 8 0.08 0.8
Baceno Ecchio 8 0.08 0.8
Verbania Cavandone 12 0.12 1.2
Vanzone con San Carlo Piano 0 0 0
Vanzone con San Carlo Roletto Nd
Crodo Ist. Fobelli 10 0.2 2
Per quanto riguarda la produzione di steli nei diversi appezzamenti, i rilievi effettuati
non hanno sempre permesso di quantificare la biomassa disponibile. Nell’appezzamento
di Baceno – Località Ecchio è stata rilevata una produzione di 15 kg/m2.
CRITICITÀ EMERSE E SVILUPPI FUTURI
Le prove condotte hanno permesso di effettuare una prima valutazione riguardo alla
reintroduzione della canapa in ambiente alpino tuttavia una analisi critica del lavoro
svolto si rivelerebbe sicuramente utile qualora si decidesse di ripeterle.
A tal proposito i principali aspetti su cui occorrerebbe porre particolare attenzione
sono:
COORDINAMENTO DELLE PROVE
Le prove andrebbero coordinate localmente tra i diversi attori coinvolti prevedendo
un supporto scientifico di partenza che segua l’intera sperimentazione (pianificazione,
55
raccolta dati, elaborazione). È infatti importante sottolineare che nel caso dei risultati
precedentemente riportati il coinvolgimento del Dipartimento di Scienze Agrarie e
Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia dell’Università degli Studi di Milano è
avvenuto solo a prove avvenute e, quindi, ha riguardato solo la fase finale di
elaborazione dei dati;
NUMERO DEGLI APPEZZAMENTI
La scelta del numero di appezzamenti in cui eseguire le prove deve essere
attentamente ponderata in funzione non solo degli obiettivi delle stesse ma soprattutto
in base delle risorse disponibili (tempo e disponibilità finanziarie). Occorre trovare il
giusto equilibrio tra la ripetizione delle prove in un numero elevato di siti e la possibilità
di seguirle tutte adeguatamente. Infatti, se da un lato l’esecuzione delle prove in un
numero elevato di appezzamenti consente di ottenere maggiori informazioni e di
valutare più nel dettaglio l’effetto di variabili sito-specifiche come pendenza,
esposizione e quota dall’altro, moltiplica le energie necessarie per la loro esecuzione e il
loro monitoraggio. In tal senso, va sottolineato che le prove condotte nel 2015,
autofinanziate su base volontaria, hanno riguardato un numero elevato di appezzamenti
(21) che non è stato poi possibile monitorare in maniera dettagliata disperdendo quindi
risorse sia economiche che in termini di tempo.
SUPERFICIE DEGLI APPEZZAMENTI
Pur considerando la particolarità del territorio montano le prove, dovrebbero,
riguardare appezzamenti di maggior superficie al fine di limitare l’influenza di fattori
esterni (es. attacco di parassiti, uccelli e/o altri animali selvatici). In linea indicativa,
anche considerando l’interesse locale emerso per la reintroduzione della coltura nei
terrazzamenti andrebbero evitati appezzamenti con una superficie inferiore ai 50 m2.
DURATA DELLE PROVE
Qualora la sperimentazione fosse condotta per più anni si potrebbero meglio valutare
gli effetti della variabilità climatica sul comportamento della coltura ma anche per poter
meglio apprezzare alcune importanti caratteristiche della canapa che è una tipica
coltura da rinnovo e migliora le caratteristiche del terreno. Un anno di prove consente
una valutazione solo parziale della capacità «rinettante» della canapa e non consente di
valutare la variabilità delle rese conseguibili da una coltivazione in successione o in
rotazione con altre colture;
TECNICA COLTURALE
Nei diversi appezzamenti a meno di variabili legate ad attacchi di patogeni e parassiti
la tecnica colturale adottata dovrebbe essere la stessa in modo da poter valutare le
differenze, in termini di sviluppo e produttività della coltura, causate dalle diverse
situazioni sito-specifiche (quota s.l.m., esposizione e precessione colturale). La densità di
semina così come la distanza sulla fila e tra le file andrebbero selezionata in funzione
della destinazione prevalente della coltura (seme o fibra).
56
MISURE SPERIMENTALI
Alcune importanti misure come ad esempio quelle relative alla produzione di seme
non sono state eseguite secondo le specifiche norme e, pertanto, hanno fornito valori
indicativi che, nel caso specifico, si riferiscono alla massa di seme essiccato
naturalmente ma non consentono una esatta comparazione delle rese tra i diversi
appezzamenti perché non è possibile stabilire che l’umidità del seme sia la stessa. A tal
proposito quindi, per le prove future, un semplice accorgimento che occorre mettere in
pratica è quello di prevedere l’essiccazione del seme al fine di poter valutare la sostanza
secca prodotta. Stesso ragionamento, amplificato dal fatto che in questo caso non è
stata eseguita nemmeno l’essiccazione naturale, può essere fatto relativamente alla
produzione di steli.
CONCLUSIONI
Le prove condotte rappresentano una prima esperienza importante che riprende la
tradizione locale di coltivazione della canapa sul territorio del VCO e ripropone la
coltivazione della canapa in territori montani dopo un lungo periodo di assenza e mette
a disposizione i primi dati relativamente all’adattabilità della coltura raccogliendo
informazioni utili per future sperimentazioni.
Il principale risultato ottenuto riguarda l’adattabilità della canapa ai diversi ambienti
considerati che variano per quota, pendenza ed esposizione. Per una più attenta
valutazione degli aspetti produttivi e, quindi, della sostenibilità economica della coltura
occorrono nuove sperimentazioni per le quali è necessario trovare gli opportuni
finanziamenti.
57
LA REINTRODUZIONE DELLA CANAPA IN AREE MARGINALI E MONTANE, ANALISI E
RICERCHE SULLE ATTIVITÀ SPERIMENTALI 2015 NEL VERBANO CUSIO OSSOLA
Gigliola Borgonovo1
La Cannabis sativa L. è una pianta che, nel tempo, è stata oggetto di numerosi studi e
soggetta ad una rivalutazione da parte del mondo scientifico e della collettività,
soprattutto grazie alla sua versatilità d’utilizzo. La canapa è stata riscoperta in Italia e nel
mondo, in particolare negli ultimi anni, partendo dalla coltivazione di diversi chemotipi
si è passati alla trasformazione e alla vendita, costituendo così una filiera di produzione,
costantemente in crescita.
L’interesse suscitato dalla canapa è dovuto per lo più al suo promettente impiego in
diversi campi, come quello edile, farmaceutico, tessile, alimentare ed erboristico,
settori, dove l’innovazione è necessaria e fondamentale per un costante e proficuo
sviluppo. In questo senso, la ricerca, si sta muovendo per dare una nuova luce ad una
pianta considerata da sempre, solo come una droga d’abuso e non come una risorsa,
che potrebbe aprire nuove prospettive, partendo da studi per fini medico-salutistici, fino
a quelli finalizzati ad incentivare soluzioni eco-ambientali (biomattone).
Il contributo al progetto SA.T.I.V.A (SAve a Territory Increasing Value of Agriculture)
in collaborazione con l’associazione ARS.UNI.VCO è stato quello di caratterizzare, i
principali cannabinoidi di uno specifico chemotipo di Cannabis sativa L..
Il materiale vegetale sul quale sono state effettuate le analisi, proviene appunto da
coltivazioni sperimentali da semi certificati di canapa a basso contenuto di THC (varietà:
‘Futura 75’ di produzione francese). Da specifiche riferite ai semi la pianta, in relazione
al chemotipo selezionato, dovrebbe contenere un contenuto in THC inferiore allo 0,2%,
valore fissato per legge al fine della commercializzazione del prodotto. (circolare MIPAF
2002)
Le analisi sono state effettuate sulla matrice secca raccolta contenente parti aeree
(infiorescenze, foglie, semi) raccolta in località Cavandone (VB). (Sottocorna, tesi AA
2014/2015).
1 Ricercatore Confermato dell’Università degli Studi di Milano - DeFENS - Dipartimento di
Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l'Ambiente sezione di Scienze chimiche e biomolecolari - Via
Celoria 2, 20133 Milano - Tel +39 02 50316810/11 – e-mail [email protected]
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I CANNABINOIDI
Il profilo fitochimico della Cannabis è piuttosto complesso per la presenza di
numerosi composti chimici, sono stati evidenziati più di quattrocento componenti
differenti: terpeni, polifenoli, carboidrati, acidi grassi, composti azotati, ecc..
I metaboliti secondari più interessanti sono i cannabinoidi (figura 1), strutture
terpenofenoliche (o meroterpenoidi) che appartengono esclusivamente a questa specie
vegetale dalla quale prendono il nome. Questo è vero eccen fatta per il cannabigerolo
che è stato isolato in una pianta africana del genere Elichrysum ( Bohlmann 1979).
Figura 1-strutture dei principali fitocannabinoidi
Ai fitocannabinoidi appartengono le più importanti sostanze attive responsabili della
maggior parte della proprietà conosciute della Cannabis, presenti a differenti
concentrazioni nelle varie parti della pianta, dal fusto ai fiori, dai semi alla resina.
Nelle piante di Cannabis, i cannabinoidi sono sintetizzati e accumulati sotto forma di
acidi, e si trasformano in forma neutra a seguito di reazione di decarbossilazione,
reazione favorita dal riscaldamento, dalla luce e fenomeno che interessa il materiale
vegetale conservato per lunghi periodi. Nella pianta in genere i cannabinoidi coesistono
in entrambe le forme e la prevalente è quella acida.
59
Ad oggi sono noti una settantina di fitocannabinoidi, il tetraidrocannabinolo (THC), il
cannabinolo (CBD), il cannabigerolo (CBG) e il cannabicromene (CBC) sono i più
rappresentati.
Il THC (Δ9 THC) rappresenta il costituente psicoattivo della canapa, responsabile
dell’attività sul sistema nervoso centrale (SNC), è stato isolato negli anni ’40 (Wollner et
al. 1942) ma la sua struttura determinata solo nel 1964 (Gaoni et al. 1964).
Gli effetti terapeutici noti della canapa sono dati dal THC.
Il CBD non induce effetti psicotici ma agisce sull’intensità e la durata degli effetti del
THC e ne migliora la farmacocinetica, l’azione psicoattiva della cannabis è definita dal
rapporto CBD/THC.
Il CBD è stato indagato in vari studi scientifici per le svariate proprietà medicinali.
Anche altri cannabinoidi non psicoattivi esibiscono una varietà di effetti farmacologici,
molte di queste di potenziale interesse terapeutico. (Izzo et al. 2009) (Figura 2)
Figura 2-attività farmacologiche di cannabinoidi non psicoattivi
(Izzoo et al, Trends in Pharm. Res. 2009, 515-527)
Effetti positivi del CBD sul sonno sono rilevati in molti articoli scientifici, da alcuni di
questi risulta che l’effetto è bifasico ossia a basse concentrazioni si ha un’induzione di
una condizione di allerta mentre a dosi più elevate si ha effetto sedativo che concilia il
sonno. (Zuardi 2008)
A seconda del tipo di pianta, della parte considerata e delle condizioni di coltivazione
la percentuale di fitocannabinoidi può variare notevolmente.
60
L’interesse per questa pianta era prevalentemente legato alla produzione di fibra
utilizzata in ambito tessile, il profilo fitochimico di piante utilizzate a tale scopo è
caratterizzato da un’elevata concentrazione di CBD e del suo acido (CBDA) mentre la
presenza di THC è trascurabile. Nel corso del tempo sono altresì emersi impieghi
alternativi come nell’ambito alimentare e medicinale. In ambito alimentare l’interesse è
rivolto principalmente ai semi che praticamente non contengono cannabinoidi ma sono
un’ottima fonte di amminoacidi essenziali e acidi grassi insaturi.
Infiorescenze femminili della pianta trovano impiego in ambito medicinale nei paesi
ove è consentito, in Olanda ad esempio sono commercializzate allo scopo quattro
differenti tipologie di piante con contenuti in THC variabili e con effetti terapeutici
differenti.
Il prodotto noto con il nome Bediol, che è un incrocio tra sottospecie Sativa e
Ruderalis, ha un basso contenuto di THC (6.5% DW, Dry Weight o peso secco) e un
maggiore contenuto in CBD (8.0%). Bedrocan è la tipologia ad elevato contenuto di THC
e può contenerne sino al 22% con una presenza moderata di CBD (0.8%). Da recenti
revisioni della letteratura emerge che la Cannabis è utilizzabile con un profilo di
sicurezza positivo in alcune condizioni cliniche, quali: spasticità secondaria a sclerosi
multipla e altre gravi malattie neurologiche, in assenza di risposta agli altri trattamenti
disponibili; dolore oncologico refrattario a dosi terapeutiche di morfina, in tal caso la
Cannabis è utilizzabile in associazione ad altri farmaci analgesici anche con la finalità di
ridurre il dosaggio degli oppiacei; dolore cronico di origine neurologica resistente sia ai
farmaci per il dolore neuropatico sia agli oppiacei. (Whiting et al. 2015, Harrison et al.
2015)
CLASSIFICAZIONE DELLA CANAPA IN CHEMOTIPI
Nonostante la grande variabilità riscontrata in queste piante, dovuta alla coltura
millenaria ed alla continua selezione alla quale è stata sottoposta la specie, è possibile
distinguere su base genetica tre chemotipi di canapa, in base alla capacità di produrre
Δ9-tetraidrocannabinolo (THC) o cannabidiolo (CBD) (figura 3) (Small e Beckstead,
Lloydia 1973, De Meijer 1992):
Figura 3-Classificazione dei chemotipi in base al contenuto in cannabinoid
61
Chemotipo 1-piante a forte tenore di THC (>1%) e prive di CBD, le quali crescono in zone
calde e producono quindi molta resina.
Chemotipo 2-intermedio, in cui il CBD è il cannabinoide prevalente, ma anche il THC è
presente in concentrazioni variabili, piante di questa tipologia sono solitamente
coltivate nella regione mediterranea.
Chemotipo 3-piante a basso tenore di THC (<0,3%) e ad alto tenore di CBD, le quali sono
coltivate in zone temperate fredde, utilizzate per la fibra solo se il contenuto di THC
risulta inferiore allo 0,1%. ( de Mejer et al. 2003)
LAVORO SPERIMENTALE
Il lavoro sperimentale si è focalizzato sull’ottenimento di estratti da materiale
vegetale secco con una miscela di solventi secondo un protocollo di letteratura ( Zoller
et al. 2000, Hazekamp et a. 2004). Sono state realizzate in totale una decina di
estrazioni.
Gli estratti ottenuti analizzati in TLC (Thyn Layer Chromatography) hanno mostrato la
presenza di due componenti principali rispettivamente a valori di Rf (Ratio frontis) 0.63
con colorazione rosso mattone e Rf 0.20 con colorazione rossa. (Condizioni di eluizione:
esano/dietiletere 8/2, colorante Fast Blue)
I valori ottenuti sono conformi alla letteratura (Galand et al. 2004) per CBD (Rf lett.
0.63) e CBDA (Rf lett. 0.19). Il THC nelle stesse condizioni analitiche utilizzate ha valore di
Rf 0.62 e mostra una colorazione rosa dopo trattamento con colorante (Figura 4).
Figura 4- Analisi qualitativa in TLC
La presenza di questi due fitocannabinoidi è stata confermata dall’isolamento in
forma pura dei due componenti (TLC in figura 4) e dalla caratterizzazione strutturale
mediante spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) effettuando
62
esperimenti 1D e 2D. I dati NMR sperimentali ottenuti sono in buon accordo con quelli
di letteratura (Choi et al. 2004).
È stata inoltre verificata la reazione di decarbossilazione su un’aliquota di CBDA per
trattamento termico a 150°C per un’ora si ha una completa conversione in CBD.
La tecnica NMR si presta anche a valutazioni quantitative, in particolare sulla canapa
il THCA è stato quantificato con questa tecnica nel 2004 in estratti di Cannabis
(Hazekamp et. al. 2004). I dati quantitativi ottenuti con questa tecnica, nell’articolo
citato, sono stati confrontati con quelli ottenuti mediante gas cromatografia (GC) e sono
risultati in accordo.
La quantificazione è stata effettuata calcolando il rapporto tra le aree dei segnali di
un opportuno standard interno (antracene) e quelli d’interesse che nel caso dei
cannabinoidi risuonano tra 4.0 e 7.0 ppm. La tecnica sicuramente offre il vantaggio di
essere molto rapida (bastano 5 minuti per registrare uno spettro NMR), è possibile
lavorare su estratti grezzi senza ricorrere a purificazione ma necessita di un lavoro di
messa a punto per quanto riguarda la scelta delle condizioni ottimali (individuazione dei
segnali diagnostici, quantità di standard da addizionare all’estratto, ecc). Nel lavoro
intrapreso si sono ricercate le condizioni sperimentali più idonee alla quantificazione e
pertanto i dati ottenuti sono da ritenersi del tutto preliminari.
Tutti gli estratti analizzati all’NMR non hanno rilevato i segnali caratteristici di THC e
THCA.
Data la difficoltà riscontrata nel reperimento di un piccolo quantitativo di THC da
utilizzarsi come standard si è reso necessario una via “alternativa” legata alla sintesi a
partire dal CBD. Nella letteratura brevettuale (Brevetto WO 2006/053766) è nota una
sintesi chimica in un solo passaggio per reazione del CBD con un acido di Lewis
(BF3*Et2O) a bassa temperatura in atmosfera inerte. Il prodotto di sintesi ottenuto, dopo
adeguata purificazione è stato analizzato mediante 1H NMR e GC/MS ed è risultato
conforme con il THC.
La miscela di CBD, CBDA e THC è stata utilizzata per la messa a punto delle condizioni
analitiche in HPLC (High Performance Liquid Chromatography). I profili cromatografici
della miscela e di un estratto sono riportati in figura 5. Il cromatogramma dell’estratto
mostra solo due picchi corrispondenti a CBDA e CBD ed è assente il picco del THC. Il
metodo HPLC con rilevamento UV per la determinazione quali-quantitativa di
cannabinoidi è stato recentemente sviluppato e convalidato in termini di selettività,
specificità, linearità e stabilità termica ed è applicabile a tutti gli estratti a base di
cannabis. (Citti et al., 2016)
63
Per quantificare CBD e CBDA sono state costruite delle rette di taratura iniettando
concentrazioni differenti dei componenti puri e sono state correlare l’area assoluta alla
concentrazione. Il THC non è stato rivelato in nessun estratto analizzato, pertanto su un
campione di THC di sintesi sono state effettuate delle diluizioni successive per
determinare il limite di rilevabilità strumentale (figura 5).
Figura 5-profili cromatografici HPLC della miscela CBD/CBDA e THC e di un estratto grezzo
I dati quantitativi stimati per il CBD con le due tecniche (HPLC e NMR) risultano in
accordo (10.0 ± 3.90 mg/gDW e 14.6 mg/gDW), per il CBDA invece il valore ottenuto con
l’HPLC è più elevato (145.9 ± 40.38 mg/gDW) di quello ottenuto con la spettroscopia
NMR (valore medio 71 mg/gDW). Per l’analisi HPLC sono stati analizzati in triplo sei
differenti estratti, mentre per l’analisi NMR la valutazione è stata effettuata solo su due
estratti ed espressi solo come valori medi senza deviazione standard.
È stata analizzata mediante HPLC una tisana preparata mettendo in infusione 1.53 g
di canapa in 500 ml di Acqua calda bollente per 10 min. Il profilo cromatografico
mostra la presenza di solo CBD e il contenuto rapportato ad una tazza risulta pari allo
0.03% (cioè mediamente pochi mg in un volume di 250 ml).
64
I semi di canapa sono stati analizzati in un laboratorio esterno, come atteso, si sono
dimostrati una fonte di acidi grassi insaturi (ω6/ω3 = 3.62), caratteristica che rende
questo prodotto un alimento di elevata qualità (figura 6).
Figura 6- Acidi grassi nei semi di canapa
65
BIBLIOGRAFIA
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66
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L’UTILIZZO DELLA CANAPA NEI PRODOTTI ALIMENTARI
Massimo Falsaci1
INTRODUZIONE
La pianta della canapa Cannabis sativa L. è considerata nativa nell’Asia Centrale ed
occidentale è stata coltivata e commercializzata in Europa, in Cina, Giappone, in Canada
e negli Stati Uniti (Montserrat-de la Paz et al., 2014). Coltivata per la fibra fu introdotta in
Europa tra il 1000 e il 2000 a.C. e divenne molto diffusa in Europa nel medioevo (500 d.
C.) crescendo in produzione e attività nell’epoca industriale (Brian et al., 2016) fino al
suo declino, iniziato nel 1936, quando negli Stati Uniti iniziò una campagna denigratoria
e la canapa fu associata alla droga. I semi sono da sempre stati utilizzati come alimento
in alcune aree della Russia e, soprattutto, dell’India. Di recente sono stati rivalutati anche
nella nostra alimentazione e sono apprezzati, in particolare, da chi segue un regime
salutistico, vegetariano e/o vegano.
LA CANAPA ASPETTI BOTANICI
La Cannabis sativa L. fa parte della famiglia delle Cannabinacee, è una pianta annuale,
presente in natura con numerosi genotipi adattati a differenti latitudini, l’impiego di
genotipi importati può portare ad un ridotto sviluppo della pianta, a prefioriture e una
scarsa produzione di semi. La canapa è naturalmente dioica, il 50% degli esemplari
portano solo fiori femminili e il 50% di esemplari portano solo fiori maschili, ma in
campo si possono trovare piante che portano sullo stesso stelo fiori maschili e fiori
femminili, monoiche, che possono essere facilmente selezionate. La canapa
tradizionalmente è stata selezionata per elevate produzione e qualità della fibra, le
piante monoiche femminili portano anche i semi a maturazione, i suoi fiori possono
contenere THC se geneticamente predisposti, le coltivazioni da fibra e da seme devono
essere varietà selezionate con produzione di THC minore di 0.2 % a norma di legge
(Grassi, 2004; Amaducci e Gusovius, 2010).
Il fusto è formato da una corteccia esterna di colore verde e da un canapulo, parte
interna, di colore bianco. La pianta può svilupparsi da 1 a 5 metri a seconda delle varietà,
delle condizioni pedologiche e climatiche e della densità di semina. Ciascuna fibra è
parte di una rete di fibrille di cellulosa immerse in una matrice di emicellulosa e lignina.
1 OTAP - Ordine dei Tecnologi Alimentari del Piemonte e Valle d’Aosta - via Perazzi n.23, 28100 – Novara –
http://www.otap.it/
68
Nella fibra grezza di canapa il contenuto di cellulosa è compresa tra il 67-78%,
l’emicellulosa 5-16%, la lignina 3-8%, la pectina 0.9-4%.Nella stessa pianta la fibra è più
sviluppata verso la radice e più fine verso la cima (Pejic et al., 2008). L’apparato radicale
è formato da un robusto fittone con esili ramificazioni laterali, che nei terreni sciolti
arriva fino alla profondità di 150 cm. Le foglie si sviluppano su ciascuno nodo del fusto
sono opposte, picciolate e palmate, generalmente con sette segmenti lanceolati,
acuminati, seghettati e pelosi, il loro colore varia dal verde chiaro, al verde scuro al
violaceo.
La fioritura in Italia avviene verso la metà di luglio, i fiori maschili sono delle
pannocchie, composte da numerosi racemi formanti un perigonio a 5 pezzi, che si
sviluppano sull’ascella fogliare almeno 60 giorni dopo la germinazione, e seccano dopo
l’impollinazione (agosto). I fiori femminili si formano sulle cime una decina di giorni dopo
quelle maschili e assumono la forma di falsa spiga, grossa, diritta e a ciuffo, molto più
compatta di quella maschile, che continua a vegetare fino a fine settembre, portando a
maturazione i semi che maturano in modo scalare. I semi sono costituiti da un frutto
secco, achenio, di colore grigio/verde, la forma è ovoidale 3-5 mm in lunghezza e 2-3
mm in larghezza (Stearn, 1970)
LA CANAPA AD USO ALIMENTARE: RIFERIMENTI LEGISLATIVI.
I recenti riferimenti legislativi a livello comunitario, riguardo all’uso della canapa a fini
alimentari, sono:
• Regolamento UE n.1122/2009 – in particolare l’allegato I che disciplina il metodo di
determinazione del THC delle coltivazioni;
• Regolamento UE n.1307 del 17/12/2013 recante norme sui pagamenti diretti agli
agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune;
• Regolamento delegato UE n. 639/2014 che integra il Regolamento UE n.1307/2013;
I regolamenti comunitari applicabili alla canapa in quanto prodotto alimentare, sono:
69
• Regolamento (CE) 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della
legislazione alimentare, (rintracciabilità, ritiro e richiamo del prodotto)
• Regolamento (CE) 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari
• Regolamento UE n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai
consumatori
I recenti riferimenti legislativi a livello nazionale invece sono:
• DPR 309/90 testo unico in materia di stupefacenti e successive modifiche;
• DGSAN.P.I. 8.d – Circolare del Ministero della salute Direzione Generale della Sicurezza
degli Alimenti e della Nutrizione del 22/05/2009 – Produzione e commercializzazione
di prodotti a base di semi di canapa per l’utilizzo nei settori dell’alimentazione umana;
• Circolare del MIPAF n.1 dell’8/5/2002 – Regime di sostegno a favore dei coltivatori di
canapa industriale destinata alla produzione di fibra (cannabis sativa – NC 53 02 10
00);
• Legge 2 dicembre 2016, n. 242, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30
dicembre 2016 – Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera
agroindustriale della canapa. – La legge appena approvata è entrata il 14.01.20172. Il
Ministero della Salute avrà 6 mesi di tempo per legiferare sulla percentuale di THC che
potrà essere contenuta nei prodotti per la cura del corpo e nei cibi ad uso umano. Tra
le novità della normativa troviamo che:
• non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa
certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2%. Il coltivatore deve utilizzare
sementi certificate depositate presso il registro delle varietà ha solo l’obbligo di
conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici
mesi e di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla
normativa vigente.
• la percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza
comportare alcun problema per l’agricoltore. Gli eventuali controlli verranno eseguiti
da un soggetto unico e sempre in presenza del coltivatore, e gli addetti al controllo
sono tenuti a rilasciare un campione prelevato per eventuali contro-verifiche. Nel
caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6%, l’autorità
giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in
questo caso è esclusa la responsabilità dell’agricoltore.
• sono previsti finanziamenti per favorire il miglioramento delle condizioni di
produzione e trasformazione nel settore della canapa.
2 Il testo completo della Legge n. 242/2016 è disponibile nella PARTE IV – Conclusioni della presente pubblicazione
70
• il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove il riconoscimento
di un sistema di qualità alimentare per i prodotti derivati dalla canapa per la tutela
del consumatore.
• è previsto anche un sostegno delle attività di formazione, di divulgazione e di
innovazione. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, negli
ambiti di rispettiva competenza, possono promuovere azioni di formazione in favore
di coloro che operano nella filiera della canapa e diffondono, attraverso specifici
canali informativi, la conoscenza delle proprietà della canapa e dei suoi utilizzi nel
campo agronomico, agroindustriale, nutraceutico, della bioedilizia, della
biocomponentistica e del confezionamento.
In ogni caso l'uso alimentare di semi di canapa e derivati richiederà:
la necessità di adottare adeguati piani di autocontrollo per garantire la sicurezza
dei prodotti.
le responsabilità primarie degli Operatori del Settore Alimentare (OSA), secondo
la legislazione vigente.
PRODUZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI A BASE DI CANAPA.
In Italia, con la legge attualmente in vigore, la produzione e commercializzazione dei
prodotti a base di canapa è possibile se si utilizzano piante con tenore inferiore a 0,2%
THC. Della canapa si può utilizzare tutta la pianta: i fiori femminili che contengono
molecole ad azione antinfiammatoria stimolanti il sistema immunitario: aspetto
particolarmente interessante per il settore medico-farmaceutico; il fusto che può essere
utilizzato nella produzione di fibra per utilizzi tradizionali e innovativi (tessuti, corde, bio-
mattoni, bio-plastiche); le foglie e il fusto che trovano impiego nell’alimentazione
animale; i semi, destinati all’alimentazione umana, commercializzati integrali, spezzati
e/o decorticati con i loro derivati, la farina e l’olio.
CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI DEI SEMI DI CANAPA
I semi sono utilizzati in nutraceutica e come integratori alimentari: contengono, infatti
elevate quantità di olio (30%) di cui l’80% circa è costituito da acidi grassi essenziali
(EFA), ricchi in omega 6 e omega 3 aventi notevoli effetti benefici sull’organismo, sono
tra l’altro i precursori di sostanze ormonosimili come le prostaglandine, regolano la
fluidità delle membrane cellulari e la funzionalità dei processi visivi e neuronali, sono
antitrombotici ed ipotrigliceridemici. Essenziale è considerare il rapporto ω6:ω3 che
nell’olio di canapa è tra 2:1 e 3:1 ed è considerato ottimale per la salute umana (Gómez-
Pinilla, 2008). Oltre agli EFA, i semi forniscono quantità elevate di proteine ad alto valore
biologico (25%), tra cui l’edestina e l’albumina, proteine di deposito del seme ad elevata
qualità biologica facilmente digeribili, che contengono in modo significativo tutti gli
aminoacidi essenziali ed elevate quantità dell’aminoacido arginina. Hanno inoltre il 28%
71
di carboidrati ed il 28% di fibra totale e tra i minerali e vitamine sono presenti: fosforo,
potassio, magnesio, calcio, ferro e vitamine E, B1, B2 (Callawey, 2004).
I semi di canapa si possono acquistare non solo nelle erboristerie e nei negozi
specializzati in nutraceutica ma anche sempre più spesso presso la grande distribuzione,
Possono essere aggiunti tal quali ad insalate e zuppe oppure insieme ad altre miscele di
semi (chia, lino, quinoa).
I DERIVATI DEI SEMI DI CANAPA
Farina di canapa: è ricavata dalla pressatura dei semi in torchio metallico a vite e
successiva macinatura del pannello residuale. Il prodotto che si ottiene ha un leggero
gusto di nocciola, di colore bruno chiaro e privo di glutine, è impiegato per la produzione
di prodotti da forno, pasta e pane. Le caratteristiche nutrizionali della farina mostrano
una composizione ben bilanciata tra i suoi nutrienti. Ha un tenore di proteine pari al
33%, è ricca in acidi grassi omega 6 e 3 (11%) e carboidrati (43%); presenta infine un
elevato contenuto in fibra (43%) e minerali (Callawey, 2004).
Nelle preparazioni alimentari viene utilizzata tal quale o miscelata con yogurt o latte
vegetale.
Nei prodotti da forno può essere miscelata con altre farine, ed il suo uso permette di
ridurre la quantità dei grassi aggiunti per il suo naturale contenuto in acidi grassi.
Proprio per il suo contenuto in grassi deve essere conservata in luogo fresco e asciutto,
durante l’estate è preferibile in frigo.
Nella produzione di pasta, l’impiego della farina di canapa in miscela con altre farine
è particolarmente indicato per l’elevata stabilità termica delle sue proteine e la presenza
di aminoacidi solforati (Raikos et al., 2015). La crescente richiesta di nuovi prodotti, in
particolar modo nella produzione di pane, ha promosso lo sviluppo di ricerche
tecnologiche su impasti tradizionali addizionati con farina di canapa (al 5, 10, o 15%), allo
scopo di ottimizzare le proprietà reologiche e la struttura degli impasti. Le ricerche sono
volte all’ottimizzazione del volume e del colore del pane e della crosta con aggiunte di
farina di canapa (Pejctz et al., 2015).
72
Olio di canapa. Dall’estrazione a freddo dei semi si ottiene un olio dal sapore fruttato
con retrogusto di nocciolato, mentre dai semi pestati si può ottenere una crema oleosa
di consistenza simile al burro di arachide. L’olio è utilizzato come prodotto salutistico
proprio per le caratteristiche e per la sua composizione in acidi grassi insaturi ω6 e ω3.
Come per le farine, anche questo prodotto deve essere conservato in luogo fresco e
asciutto. I contenitori che lo contengono, lo proteggono dall’ossidazione della luce;
nonostante ciò è consigliabile comunque non lasciarlo esposto ad illuminazione intensa.
PRODOTTI ALIMENTARI INNOVATIVI
La canapa è utilizzata come ingrediente per la formulazione di prodotti salutistici ed
innovativi che valorizzano le sue proprietà. Sul mercato si trovano sempre più prodotti a
base di canapa, da coltivazione biologici, destinati ad una alimentazione vegana o
naturalmente priva di glutine. Di seguito sono elencate alcune categorie di prodotti
facilmente reperibili in commercio:
Gelato: in diverse parti d’Italia sono presenti iniziative per la produzione di gelato
artigianale, denominato con diversi nomi di fantasia. Talvolta il gelato viene prodotto
utilizzando latte di semi di canapa. Iniziano ad essere presenti sul mercato anche
semilavorati a base di canapa presentati come novità al SIGEP 2015 (Rimini)(Salone
Internazionale Gelateria, Pasticceria e Panificazione artigianale).
Caffè: sono presenti in commercio miscele di caffè tostati (90% Arabica, 10% Robusta) al
quale sono stati aggiunti semi di canapa, con la promessa di mantenerne tutte le virtù
alimentari e Caffè arabica con farina di canapa.
Birra: i birrifici artigianali, aprendo nuovi spazi di mercato, stanno creando birre che
utilizzano la canapa al posto del luppolo o aromatizzate alla canapa.
Formaggio: può essere prodotto sia dalla cagliata di latte di semi di canapa che
addizionando i semi di canapa a latte tradizionali e stagionati.
Pasta, pasta ripiena, pane: si trovano in commercio prodotti biologici a base di grano
duro e farina di canapa (8%) e prodotti con farina di riso e farina di canapa (8%).In alcune
produzioni la farina di canapa è al 10%, in altre i semi di canapa vengono aggiunti
solamente per aromatizzare. Le paste fresche ripiene prodotte artigianalmente si
possono trovare tra i prodotti biologici a base di farina integrale di riso (60%) e farina di
canapa (5%). Ma diversi pastifici artigianali producono localmente pasta ripiena alla
canapa, un prodotto in evoluzione che sembra soddisfare il gusto dei consumatori. Pane:
diversi panifici e punti vendita della grande distribuzione iniziano a proporre pane alla
canapa, con farina di canapa o semi, come pani salutistici.
Miele: si possono trovare in commercio mieli millefiori anche con fiori di canapa, anche
questo settore è in rapida evoluzione.
Dolci: caramelle e cioccolato aromatizzati al gusto di canapa.
73
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74
75
LA CANAPA NELLA RIQUALIFICAZIONE DI SUOLI CONTENENTI METALLI PESANTI A
VILLADOSSOLA: VANTAGGI E PROSPETTIVE.
Eliana Tassi1, Nicoletta Guerrieri2, Maria Cavaletto3
INTRODUZIONE
Le piante rivestono un ruolo fondamentale nella produzione di ossigeno e nel
sequestro di anidride carbonica, sono parte integrante dell’ecosistema e mettono in
relazione l’atmosfera e tutto ciò che è disperso in essa con il suolo e l’acqua. La canapa
(Cannabis sativa L.), una specie erbacea di coltivazione annuale appartenente alla
famiglia delle Cannabaceae, suscita particolare interesse per le sue numerose funzioni,
la più nota consiste nella produzione di materie prime alimentari per uso umano e
zootecnico (foglie, fiori, frutti, semi, germogli, fibra), nella produzione di fibre tessili e
bioplastiche, pannelli isolanti, biodiesel e/o bioetanolo, legna, pellet etc. (Bouloc et al.,
2013). Inoltre, l’utilizzo delle piante per la riqualificazione di ambienti degradati e/o
inquinati (phytoremediation) suscita grande attenzione per il basso impatto ambientale
e costi di intervento relativamente ridotti. La phytoremediation, termine anglosassone
ormai utilizzato anche nella lingua italiana, consiste nell’utilizzo di piante con particolari
capacità di contenere, rimuovere o degradare i contaminanti presenti nei suoli, nei
sedimenti e nelle acque. Le tecnologie che utilizzano piante, chiamate anche
“fitotecnologie”, possono essere impiegate per rimuovere o contenere inquinanti
inorganici (metalli pesanti: piombo (Pb), nichel (Ni), zinco (Zn) etc., elementi radioattivi:
cesio (Cs), uranio (U) etc.); per rimuovere o degradare inquinanti organici (idrocarburi
policiclici aromatici (IPA), composti clorurati, etc.); possono essere utilizzate per
riqualificare substrati solidi (suoli e sedimenti) e substrati liquidi (acque superficiali e
falde sotterranee) (Cundy et al. 2013; Henry et al. 2013; Kid et al. 2015).
Le piante utilizzano l’anidride carbonica e la fotosintesi per produrre le molecole
necessarie al loro sviluppo. Diverse molecole di interesse per il metabolismo delle piante
possono essere trasportate, dalle radici, alle diverse strutture della parte aerea, in un
flusso continuo dal basso verso l’alto e viceversa. L’apparato radicale è un prezioso
laboratorio di reazioni chimiche/biochimiche tra le radici, la rizosfera (volume di suolo
che circonda la radice dove piante e microrganismi interagiscono) e le componenti
1 Ricercatrice - CNR ISE Istituto per lo Studio degli Ecosistemi - via G. Moruzzi n.1, 56124 - Pisa 2 Ricercatrice CNR ISE Istituto per lo Studio degli Ecosistemi -Largo Tonolli n.50, 28922 – Verbania 3 Professore Associato di Biochimica dell’Università del Piemonte Orientale - DiSIT Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica – Università Piemonte Orientale, viale T. Michel 11, 15121 - Alessandria
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biotiche (batteri, lieviti, funghi, micorrize, protisti, insetti, nematodi, anellidi, etc.) e
abiotiche (sabbia, limo, argilla, metalli, materiale organico, potassio, azoto, fosforo, etc.)
del suolo. I batteri e le micorrize che vivono a stretto contatto con le radici producono
sostanze utili per la pianta e facilitano l’assorbimento di elementi essenziali, la pianta, a
sua volta, secerne cellule vitali che modificano la chimica del suolo, essudati, secrezioni
e lisati che rappresentano una componente energetica per i microrganismi. Alcuni
batteri hanno attività-ormono simile (PGPR, Plant Growth Promoting Rhizobacteria)
(Ullah et al. 2015) che, stimolando la crescita delle piante, aumentano la loro capacità di
rifornirsi di nutrienti e acqua (Fig.1).
Fig.1 Ruolo della pianta nella Riqualificazione Ambientale
Una variabile fondamentale nelle “Fitotecnologie” per suoli contaminati è la variabile
tempo. È una tecnologia condizionata dal tempo di crescita della pianta, dal numero di
cicli di crescita, dalla capacità di produrre biomassa e di accumulare o degradare i
contaminanti. Inoltre, è molto importante la natura chimica del contaminante, la sua
quantità nel suolo e le caratteristiche pedologiche del suolo stesso. L’equilibrio
biochimico che si instaura tra i microrganismi del suolo e la pianta è fondamentale per
un’efficiente riqualificazione. Le piante possono fitostabilizzare i contaminanti nelle
radici, rizodegradare i contaminanti modificandoli chimicamente nella rizosfera,
fitodegradare i contaminanti all’interno della pianta, a cui frequentemente fa seguito la
fitovolatilizzazione attraverso le foglie, oppure, possono effettuare una fitoestrazione
77
traslocando e accumulando i contaminanti inorganici dal suolo alle radici e poi alle
foglie, frutti o semi.
Utilizzando la tecnica della fitoestrazione di metalli mediante piante selezionate, è
possibile diminuire la concentrazione di metalli presenti nel terreno con una serie di
estrazioni successive: poiché i metalli si concentrano principalmente all’interno delle
radici e delle foglie, la loro rimozione ad ogni ciclo vegetativo riduce anche la quantità di
metalli dal suolo (Fig.2). La capacità di fitoestrarre (accumulo di metalli nella pianta) o
fitostabilizzare (riduzione della mobilità nel suolo) è un meccanismo di difesa delle
piante. Anche le piante alimentari possono accumulare metalli nelle foglie, nei semi o
nei frutti, per questo motivo è fondamentale conoscere la qualità e le proprietà del
suolo che si utilizza, prestando attenzione anche alle pratiche culturali per non creare
ulteriore inquinamento (Kid et al. 2015).
Fig.2 Fitoestrazione di metalli di un suolo inquinato
Il CNR-ISE nella sede di Pisa ha una lunga esperienza in progetti di
“Phytoremediation” sia a livello nazionale, con il coinvolgimento di imprese private, sia
internazionale con la partecipazione a progetti europei (Petruzzelli et al., 2014; Cassina
et al., 2012; Tassi et al., 2011; Barbafieri and Tassi 2010).
Dalle tecniche di “Phytoremediation”, si possono ottenere:
Risultati diretti
-riduzione progressiva della contaminazione del suolo tramite i diversi cicli di crescita
e l’asportazione della biomassa vegetativa;
-produzione di biomassa vegetale utile per la generazione di energia (biodiesel o
bioetanolo, calore dalla combustione delle piante);
-ottenere reddito da suoli non produttivi.
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Risultati indiretti
-miglioramento della qualità del suolo e quindi miglioramento progressivo della
produzione e della biomassa prodotta.
-diminuzione dell’inquinamento diffuso nel suolo, nelle acque superficiale e
profonde, e anche nell’aria dovuto alla riduzione del trasporto di particelle di suolo
inquinato (frequentemente la frazione più fine è quella con livelli più alti di
inquinamento, il suolo non coltivato diventa arido e polveroso)
-paesaggistico: un campo coltivato con una cultivar ha una ricaduta estetica positiva
sul territorio ben diverso da un’area incolta e abbandonata. In particolare, la canapa si
inserisce bene nel paesaggio montano.
-ecologico, ultimo ma non meno importante, racchiude in sé tutto l’ecosistema, gli
equilibri tra gli organismi e l’ambiente in cui vivono, rendendolo più sostenibile.
Tutti questi risultati possono fornire sufficienti motivazioni economiche, sociali,
culturali e ambientali per utilizzare le tecniche di fitorimedio per una riqualificazione di
aree inquinate.
La canapa è coltivata da tempi remoti in molte regioni del mondo e le recenti ricerche
testimoniano la sua larga diffusione ancora oggi. I possibili impieghi innovativi, le
selezioni di varietà per usi specifici, come la produzione di biomassa per ottenere fibra
per fini alimentari, e per l’utilizzo nella phytoremediation sono solo alcuni esempi.
Tra gli utilizzi tradizionali della canapa, l’impiego alimentare, rivalutato dal punto di
vista salutistico, sia per l’olio che per le proteine dei semi, viene studiato anche dal
punto di vista della contaminazione, per la possibilità di trovare metalli anche nei semi
(Mihoc et al. 2012). La canapa è una pianta a crescita rapida, con elevata biomassa, in
recenti studi ricercatori cinesi hanno analizzato la sua capacità di phytoremediation e il
suo successivo utilizzo come fonte di energia. Diciotto varietà di Cannabis sativa di
origine cinesi e russa sono state coltivate su terreni con elevate quantità di cadmio, per
simulare le condizioni presenti in aree industriali contaminate. Sette di queste varietà
hanno mostrato un’elevata tolleranza a alte concentrazioni di cadmio, con elevata
produzione di biomassa (Shi et al. 2012). Inoltre, in aree inquinate da acque di scarico
industriali, in Pakistan, sono state analizzate diverse piante locali spontanee tra cui la
Cannabis sativa per identificare le migliori accumulatrici di metalli nelle radici e nelle
foglie (Irshad et al., 2015). La canapa ha dimostrato capacità di accumulare Cu nelle
radici (Bona et al., 2007) e studi sull’espressione genica di enzimi coinvolti nella
resistenza ad elevate concentrazioni di metalli possono fornire un valido aiuto alla
selezione di nuove varietà e chiarire i meccanismi di difesa e di resistenza delle piante ai
metalli (Ahmad et al., 2016). Anche in Italia recenti studi si orientano verso l’impiego
della canapa per il recupero di aree industriali seriamente compromesse quali Taranto
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nel progetto C.A.N.A.P.A - Coltiviamo Azioni per Nutrire, Abitare, Pulire l'Aria (Colao et
al. 2015).
PROGETTO DI FATTIBILITÀ COMUNE DI VILLADOSSOLA
In questo contesto, presentiamo uno studio di fattibilità per l’utilizzo della canapa
nella riqualificazione di suolo contenente metalli pesanti in un area ex industriale del
Comune di Villadossola, una collaborazione tra CNR - Istituto per lo Studio degli
Ecosistemi, l’Università del Piemonte Orientale, ARS.UNI.VCO e il comune di
Villadossola.
La proposta consiste inizialmente nell’acquisizione dei dati pregressi e dello storico
dell’area su cui bisognerà effettuare l’intervento. Quindi, nell’identificazione dell’area
oggetto di studio e nella definizione delle parcelle sperimentali. In seguito ai primi
contatti con l’amministrazione di Villadossola potrebbe essere interessante effettuare le
prove su due aree che presentano due diverse tipologie di contaminazione. La prima in
un’area ex industriale in cui è presente nel suolo contaminazione da idrocarburi, Cd, Cu,
Pb e la seconda in un’area comunale in cui si riscontra presenza di diversi metalli tra cui
Hg e As, Zn, Pb, Cu, Cr.
Il progetto prevede tre fasi sperimentali distinte: In una prima fase verranno testate e
ricercate le migliori condizioni di crescita della canapa sul suolo campionato nell’area da
riqualificare. A questo scopo, le piante, cresciute in microcosmi ed in ambiente
controllato per intensità luminosa, umidità e temperatura (camere di crescita), verranno
valutate per l’accumulo dei metalli nelle radici, la loro traslocazione alla parte aerea e la
riduzione della biodisponibilità dei metalli nel terreno. Nella seconda fase di
sperimentazione, su parcelle sperimentali in campo, verranno applicate le condizioni del
microcosmo e gli eventuali trattamenti testati nella prima fase per valutare l’aumento
dell’efficacia della fitoestrazione (incremento della biomassa e/o del bioaccumulo). Il
passaggio dal microcosmo alle parcelle in campo richiede un insieme di studi e
miglioramenti sperimentali per l’elevato numero di variabili che si presentano in campo,
non da ultime le variabili metereologiche. Le valutazioni da effettuare possono essere
raggruppate in due macro-approcci:
1) La quantificazione dei metalli mediante Spettrometria Ottica di Emissione al
Plasma (ICP-OES) sia nel suolo sia nella pianta, in cui si prevedono prove di crescita con
l’utilizzo di agenti chelanti e/o ammendanti che favoriscono il rilascio dei metalli e li
rendono biodisponibili alla pianta. Occorre comunque, valutare sia la loro dispersione
nel suolo prima e dopo trattamento (misure di biodisponibilità), sia quantificare i metalli
nella radice e nella parte aerea.
80
2) Biochimica e chimica del suolo e della pianta: analisi dello sviluppo delle piante,
con valutazione dei parametri biochimici per evidenziare l’attivazione di vie
biosintetiche che promuovono l’assorbimento dei metalli; quantificazione dell’attività
enzimatica del suolo che, grazie all’attività delle piante, dovrebbe aumentare e
migliorare.
Nella terza fase, dopo il primo anno, si prevede di proseguire per almeno altri due
anni con la semina, crescita ed asportazione delle piante di canapa, ogni volta valutando
sia l’assorbimento di metalli e la biochimica della canapa, sia le capacità agronomiche
del suolo, che a seconda dei risultati ottenuti, permetterà un’indicazione del loro
utilizzo.
I risultati previsti in questo progetto sono i seguenti:
1) Previsione delle condizioni e del tempo necessario per la riqualificazione dell’area.
Pur studiando delle piccole parcelle si possono evidenziare le principali criticità del sito
mediante l’accurato monitoraggio delle variabili scelte.
2) Avvio della valorizzazione economica di un’area che in questo momento è critica,
in quanto contaminata e non produttiva. Dal punto di vista ambientale rappresenta
anche l’inizio di una inversione di tendenza dell’inquinamento diffuso nell’aria, acqua e
suolo tramite la copertura vegetale del terreno contaminato, la riduzione della
migrazione del metallo lungo il profilo del suolo e della frazione biodisponibile. In questo
modo, si indirizzerebbe una capacità naturale del sistema suolo-pianta verso un
obbiettivo definito. Inoltre, la coltivazione della canapa nel territorio montano ha
profonde radici culturali che potrebbero essere valorizzate.
3) Diffusione sul territorio dell’importanza delle tecnologie di basso impatto
ambientale con divulgazione delle tecniche disponibili anche nelle scuole, in particolar
modo, quelle legate al florovivaismo, agli istituti tecnici ed agrari e agli istituti
alberghieri, focalizzando l’attenzione sulla riqualificazione del suolo e delle acque.
BASI BIOCHIMICHE DELLA TOLLERANZA AI METALLI NELLA CANAPA
I laboratori dell’Università del Piemonte Orientale hanno studiato la capacità della
canapa, in particolare la varietà Cannabis sativa var. Felina 34, nel tollerare il rame
(Bona et al., 2007) . Sono state impiegate tecniche proteomiche, accanto alle classiche
metodologie biologiche, in modo tale da evidenziare quali meccanismi molecolari siano
alla base della tolleranza della canapa verso i metalli. I risultati delle prove in vaso sono
stati applicati direttamente in campo nella riqualificazione di un’area inquinata
dall’Europa Metalli (ora KME) a Serravalle Scrivia (AL).
81
Le analisi biochimico-proteomiche hanno valutato l’effetto del rame sulle radici. Le
piante di canapa sono state trattate in vaso con una soluzione contenente 150 ppm di
rame, un valore ben al di sopra dei 20 ppm dei terreni normali, ma non tale da
determinare la morte della pianta. Anzi le ricerche hanno dimostrato come la canapa nel
momento in cui viene a contatto con il metallo inquinante metta in moto una serie di
risposte molecolari che inducono TOLLERANZA, la pianta tollera il rame e così cresce sul
terreno inquinato e produce biomassa. Il rame viene accumulato a livello delle radici, il
cui volume al termine del periodo di sperimentazione risulta significativamente ridotto
(Fig.3).
Le analisi del proteoma della radice, ovvero dell’insieme di tutte le proteine
contenute nella radice, hanno evidenziato come la concentrazione di alcune specifiche
proteine aumenti in risposta allo stress indotto dal metallo pesante. Tra queste proteine
è risultato particolarmente espresso un enzima, l’aldo-cheto reduttasi che potrebbe
funzionare da prima barriera detossificante per il rame. Inoltre collaborano al processo
di tolleranza al metallo una rete di proteine da stress accanto a proteine che
mantengono elevato il tasso di crescita cellulare.
Questi dati molecolari supportano l’idea progettuale di riqualificazione del terreno
contaminato di Villadossola attraverso l’impiego della canapa, e avvalorano i suoi
possibili impieghi successivi dalla produzione di biocarburanti e molecole ad alto valore
aggiunto alla riqualificazione del paesaggio.
Fig 3. Confronto fra parte aerea e radici di canapa controllo (C)
e trattate con rame (Cu) dopo 6 settimane di crescita
Cu C
82
BIBLIOGRAFIA
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PARTE III
Le CONSIDERAZIONI delle ISTITUZIONI PRESENTI
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Al termine degli interventi dei relatori, secondo programma, il Convegno è proseguito
con la TAVOLA ROTONDA degli Amministratori presenti in sala.
La presente parte contiene di seguito la trascrizione completa degli interventi di
Stefano Costa (Presidente Provincia VCO), Marzio Bartolucci (Presidente Unione
Montana Valle Ossola), Paolo Crosa Lenz (Presidente Aree Protette Veglia Devero).
Per un concomitante e non differibile impegno dell’ultimo momento non hanno
potuto prendere parte alla Tavola Rotonda, Bruno Stefanetti (Presidente Unione
Montana Alta Ossola) e Massimo Bocci (Presidente Parco Val Grande).
La trascrizione degli interventi è stata effettuata, a titolo gratuito, da New Moon Srls1
di Milano che si ringrazia per la preziosa disponibilità.
1 Per Informazioni New Moon Srls – Via Barzoni 4 – 20139 – Milano – mob. 333 79 08 256 - e-mail: [email protected] – website: www.new-moon.it
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PROVINCIA del VERBANO CUSIO OSSOLA
Stefano Costa1
Buongiorno a tutti, è stato molto interessante ascoltare gli interventi che si sono
susseguiti questa mattina e diciamo che hanno solo dato delle conferme, nel senso che
chi si occupa da un po’ di tempo di queste tematiche sa dell’alto valore, dell’alta
potenzialità che ha la canapa e la reintroduzione della canapa sui nostri territori.
Diciamo che sono davvero molteplici gli usi che se ne possono fare. Gli
Amministratori hanno il compito di essere attenti a queste cose e quello che è iniziato lo
scorso anno (il 2015 – n.d.r.), di cui si è parlato prima in qualche intervento, cioè questa
sperimentazione con piccoli appezzamenti, ha comunque consentito di dare dei risultati
importanti.
In più è fondamentale aver avuto questo feedback scientifico, cioè questa parte che
si è occupata di analizzare i prodotti e quindi di evidenziare quanto i prodotti medesimi
siano rimasti nel range di legge per quanto riguarda il THC oltre ad aver avuto
comunque un prodotto molto valido in termini di cannabinoidi e di CBD.
Questa è sicuramente un’indicazione di partenza che ci consente di continuare a
credere in questo progetto e di continuare a provare che sia possibile individuare le
applicazioni giuste. Siamo a Villadossola oggi, mi fa molto piacere che la locale
Amministrazione abbia accettato di verificare quantomeno la possibilità di utilizzo di
questa tecnica con riguardo ad alcuni terreni oggetto di inquinamento industriale,
perché come abbiamo visto, nell’ultimo intervento soprattutto, ci sono esperienze già
attive e molto valide dal punto di vista scientifico che potrebbero tranquillamente
essere replicate qui sul nostro territorio. E non c’è solo Villadossola, a me è venuto in
mente - ne parlavo prima con qualcuno - che abbiamo un SIN, un Sito di Interesse
Nazionale, per quanto riguarda le bonifiche che è quello di Pieve Vergonte, e io credo
che anche lì ci potrebbero essere degli spazi di utilizzo e di sperimentazione per quanto
riguarda la canapa.
Poi, come dicevo, l’Amministrazione ha avuto e ha il compito e il dovere di far
ripartire delle scintille, delle iniziative, che poi possono essere colte dal territorio. A me
spiace che in questi anni abbiamo fatto fatica, l’anno scorso c’è stata la disponibilità
della Prateria (di Domodossola – n.d.r.) come unica azienda che ha fatto questa
estensione di 5.000 metri quadri, ma poi per difficoltà oggettive loro non abbiamo più
avuto una replica; c’è qualche altra azienda che ha detto “Ci credo, voglio provare ad
1 Presidente della Provincia del Verbano Cusio Ossola e Sindaco del Comune di Baceno
90
intervenire”, pur magari con più di un ettaro, che è quello che la PAC prevede per poter
rientrare poi nelle statistiche di cui parlava il funzionario regionale (dott. Gianfranco
Latino – Regione Piemonte – n.d.r.). Quindi questo vuol dire che c’è molto interesse,
moltissimo, perché anche quest’anno (intende il 2016 – n.d.r.) l’Associazione Canapa
Alpina ad esempio ha provato a divulgare questa possibilità e ci sono state molte
adesioni per piccoli appezzamenti, per tentativi a livello hobbistico o comunque a livello
anche solo sperimentale, però manca ancora quel salto di qualità che può magari
portarci al livello di altre province piemontesi che, abbiamo visto, - in realtà di pianura -
hanno comunque aziende che ci stanno credendo un po’ di più. Diciamo che comunque i
semi (visto che si parla di semi) sono stati gettati e credo colti e vada comunque
perseguita questa strada.
Un ultimo aspetto che ovviamente interessa noi Amministratori di Comuni di
montagna è anche quello legato ai terrazzamenti: certo, il recupero del territorio lo
stiamo facendo, si sta facendo negli anni con tante colture diverse, ma anche la canapa
è sicuramente una possibilità importante da tenere in considerazione. Quello che è da
evidenziare è che sui terrazzamenti una delle discriminanti è proprio quella
dell’accessibilità e della meccanizzazione, perché si tratta di terrazzamenti molto irti,
molto ripidi e molto impegnativi dal punto di vista del raggiungimento con mezzi; però è
altrettanto vero che la canapa ha dimostrato e dimostra che può anche essere
interessante per il consolidamento di terreni che diversamente se invasi da vegetazione
spontanea tendono poi a far crollare i muri a secco e quindi creano dissesto. Ed è un
processo che una volta che è avviato si moltiplica in modo esponenziale e diventa
davvero pericoloso poi verso gli abitati e verso le viabilità alpine.
Tutti spunti assolutamente interessanti e io credo che l’Amministrazione debba
continuare a dare il supporto che può, io lo dico sia in termini di Amministrazione
Provinciale con tutte le difficoltà del caso, in collaborazione con la Regione PIEMONTE
perché alcuni nostri Uffici sono passati di competenza regionale; stiamo comunque
cercando di seguire la cosa e di perseguire degli obiettivi con i bandi e con le possibilità
che ci sono e che ci saranno in futuro. A livello di Amministrazioni comunali sono molte
quelle che hanno aderito già l’anno scorso (2015 – n.d.r.) a questa prima fase di
sperimentazione e che sono interessate, e credo che potrà essere sempre più una
tendenza di questo tipo; che dovrà però essere completata, io spero, con l’approvazione
di questo disegno di legge, che ormai è in fase di conclusione e spero che sia il mese
giusto questo o il mese prossimo per l’approvazione definitiva.
Non è il massimo che ci si può aspettare ma è sicuramente un buon inizio perché
serve sicuramente a mettere ordine negli ordinamenti e nelle leggi attualmente in
vigore ai vari livelli. Abbiamo visto che si può tranquillamente riprendere una
coltivazione che non ha niente a che vedere con un THC al limite dei valori, ma che ha
invece degli indicatori molto rilevanti dal punto di vista alimentare e non solo. Dal punto
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di vista ambientale in generale sarebbe davvero una bella scommessa vinta vedere le
superfici coltivate a canapa aumentare all’interno del territorio della nostra provincia.
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UNIONE MONTANA delle VALLI dell’OSSOLA
Marzio Bartolucci1
Intanto complimenti davvero per la qualità del convegno al quale ho assistito questa
mattina: la qualità degli interventi e la qualità degli approfondimenti è stata assoluta,
per cui davvero congratulazioni a tutte le persone che si sono succedute negli interventi
e nelle relazioni.
È stato un onore come Amministrazione di Villadossola ospitarvi alla Fabbrica e
quindi la possibilità di avere a Villadossola questo tipo di approfondimento su questo
argomento. Come ho detto in apertura durante i saluti, come Amministrazione di
Villadossola uno degli interessi particolari è proprio legato all’ultimo intervento che
abbiamo ascoltato 2, cioè quello relativo alla fitodepurazione; non vorrei utilizzare un
termine che non mi è proprio. Comunque abbiamo capito quale possa essere il
principale interesse dell’Amministrazione che rappresento, proprio per la storia
industriale e quindi per l’inquinamento residuo che abbiamo nei terreni di Villadossola.
Mi auguro vi siano, grazie anche all’aiuto dei relatori, le condizioni per avviare al più
presto quelle sperimentazioni di cui la dottoressa Guerrieri ci ha parlato, al di là di quello
che può essere l’interesse generale per la coltivazione della canapa, che pure c’è,
Villadossola quindi ha anche questo interesse particolare.
Come Presidente dell’Unione Montana delle Valli dell’Ossola l’interesse è
chiaramente più generale ed è legato anche a quelle che sono le nostre ambizioni legate
al perseguimento della strategia “aree interne”, nella quale - lo dico per chi non lo sa,
evidentemente - l’Unione che rappresento è stata individuata come seconda area pilota
in Piemonte e quindi abbiamo presentato una candidatura che prevede una serie di
elementi su cui si vuole puntare per rivitalizzare e rivalorizzare questo territorio.
Quindi, con strategie di media e di ampia veduta e di ampio respiro, abbiamo
individuato alcuni cluster, alcuni ambiti sui quali le Pubbliche Amministrazioni devono
essere presenti per consentire uno sviluppo sostenibile in questa lunga fase post-
industriale del nostro territorio. Gli argomenti principali sono legati al turismo
ecosostenibile, alla rivitalizzazione di quella che è l’agricoltura locale legata anche
all’agriturismo, quindi sono due argomenti fortemente collegati, e tutti quelli che sono
gli argomenti legati alla green economy.
1 Presidente dell’Unione Montana delle Valli dell’Ossola e Sindaco del Comune di Villadossola 2 Si veda la relazione di Tassi, Guerrieri, Cappelletto, in PARTE II sull’utilizzo della Canapa in territori inquinati.
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Sono gli argomenti principali di quella che è la nostra strategia di sviluppo da qui al
2030, anche legata a quelle che sono le strategie regionali ed europee sugli argomenti
specifici, e che ci hanno consentito di arrivare al punto in cui siamo in termini di
raggiungimento dell’obiettivo e della strategia “aree interne”.
Dicevo l’agricoltura, la rivitalizzazione del settore agricolo montano, quindi con il
recupero dei terrazzamenti, comprende anche l’individuazione di colture diverse magari
dalla vite che possono essere redditizie se coltivate sui nostri terreni. Ora è da valutare
se questa può essere una risposta a quel tipo di domanda che pure c’è, cioè quella di
individuare colture economicamente sostenibili per quanto riguarda il recupero dei
terrazzamenti, ma indubbiamente è comunque un argomento di interesse anche per
quelle che sono le vaste aree, non sempre utilizzate o poco utilizzate per motivi vari, che
abbiamo nelle zone pianeggianti.
Si tratta di un argomento sul quale sono contento di aver sentito degli
approfondimenti autorevoli e che sicuramente è di interesse generale rispetto
all’Unione che rappresento ma ritengo per tutta l’Ossola e per questo Vi ringrazio.
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ENTE di GESTIONE delle AREE PROTETTE dell’OSSOLA
Paolo Crosa Lenz1
Riprendo due vocaboli, uno proposto da Stefano Costa (terrazzamenti) e l’altro da
Marzio Bartolucci (green economy).
“Terrazzamenti” vuol dire paesaggio, cioè come l’uomo nel tempo ha modellato un
territorio; “green economy” vuol dire economia nuova, possibilità di vivere in un luogo
coniugando profitto e rispetto per l’ambiente, in sostanza “sviluppo sostenibile”.
Ho studiato molto la canapa con un approccio di antropologia rurale, proprio perché
questa coltivazione, come altre, ha segnato otto o nove secoli di civiltà rurale montana,
non solo nelle valli dell’Ossola e del Verbano, ma in tutte le valli delle Alpi.
Se voi andate nei musei contadini - ce ne sono tanti qui da noi - non ce n’è uno che
non abbia esposto la serie degli attrezzi per lavorare la canapa; sono diversi da quelli per
lavorare la lana. Gli “scardass” o “skartesc” sono attrezzi costituiti da un supporto di
legno su cui sono fissati denti di ferro uncinati, usati per raffinare e pettinare a mano la
canapa o la lana. Quelli per la canapa hanno chiodi lunghi, mentre quelli per sciogliere i
fili della lana sono quasi dei fil di ferro, molto piccoli.
Il fatto che su tutte le Alpi non ci sia un museo contadino che non abbia questi
attrezzi è perché questi erano la dotazione di ogni nuova famiglia rurale che andava a
costituirsi e venivano tramandati per generazioni. Quindi alla canapa è legato un aspetto
importante della storia economica e culturale delle Alpi.
La coltivazione della canapa da noi avveniva molto su terrazzamento perché, tolto il
fondovalle ossolano, nelle valli interne la pianura non esiste: solo ripidi versanti da
disboscare e ridurre a coltura “costruendo” strisce di campo. Il terrazzamento (“runch” o
“sostine” nei nostri dialetti) è la tecnica antichissima per trasformare la montagna in
pianura: muro di sostegno e muro di contenimento; le donne (gerlo in spalla) portavano
prima la terra per riempire il terrazzamento e poi il letame per concimare; quindi
seminavano la canapa e la segale (la patata solo più tardi, alla fine del XVIII e agli inizi del
XIX secolo).
Un bravo ricercatore (Alessandro Zanni di Vanzone, recentemente scomparso),
misurando e contando i terrazzamenti abbandonati e individuabili in primavera quando
la neve rimane ultima su di essi, aveva stimato tra Castiglione e Calasca, in valle Anzasca,
una lunghezza di 300 chilometri. I terrazzamenti sono la nostra “muraglia cinese”!
1 Presidente dell’Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Ossola.
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Come presidente di un parco naturale penso che questi enti moderni si reggano su
quattro gambe (come i camosci e gli stambecchi che vivono liberi sui nostri monti),
abbiano quattro doveri:
1. il conservazionismo (la salvaguardia della biodiversità con la gestione degli habitat e delle popolazioni),
2. la promozione dello sviluppo sostenibile (la nuova economia verde),
3. la difesa della cultura tradizionale (la “biodiversità culturale”)
4. lo sviluppo della ricerca scientifica.
Quindi occuparci di queste cose è anche un dovere per un parco naturale.
Sono perfettamente consapevole che oggi la civiltà contadina di un tempo, che è
finita, storicamente sconfitta dalla rivoluzione industriale, qualche cosa può forse ancora
insegnarci.
La valutazione del tempo, dello spazio e delle energie sono differenti da quelle di oggi
e quindi una coltivazione come allora è difficilmente pensabile. Green economy vuol
dire fare cose vecchie in modo nuovo, con logiche nuove. Le fatiche titaniche di Evelina
Felisatti2 per coltivare la canapa sui terrazzamenti di Baceno in valle Antigorio mi sono
state raccontate quasi come un’impresa eroica, da pionieri; però hanno un valore.
Accennava Stefano Costa al paesaggio terrazzato: le Aree Protette dell’Ossola hanno
in corso, con capofila la Società di Scienze Naturali del VCO, un progetto nel comune di
Borgomezzavalle proprio sul recupero del paesaggio terrazzato, con differenti tipi di
produzioni, che vanno dalla viticoltura ai cultivar tradizionali.
Il problema che stiamo affrontando, ed è un problema grosso, è quello
dell’associazionismo fondiario, come unica soluzione possibile: il fatto di raggruppare
piccoli proprietari di terreni (chi ha 5 metri di terrazzamento, che ne ha 10 metri su due
file...) per permettere di coltivare con un minimo di dimensione spaziale che abbia
valenza economica. Proprio in questo ambito quindi anche la coltivazione della canapa
può avere significato.
I francesi sono stati i primi a produrre una normativa che finanzia le coltivazioni su
terrazzamento, perché la ricaduta in termini di difesa idrogeologica c’è e può essere
economicamente quantificata. Su questi temi abbiamo prodotto una manifestazione di
interesse per un progetto Interreg di quadrante con il Cantone Grigioni e il parco di
Montevecchia in Lombardia finalizzato alla conservazione del paesaggio terrazzato.
Anche la Svizzera, che ha sempre investito cospicue risorse sulla tutela del paesaggio
terrazzato, sta iniziando a fare dei conti economici: si rende conto che conservare
l’immagine del “paese cartolina” costa e non può più avere fondi illimitati per
2 Si veda in parte II la relazione di Evelina Felisatti, che è stata una delle coltivatrici della sperimentazione dell’anno 2015
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mantenerla. Per questo, sempre più anche la Svizzera sta trasformando le politiche di
difesa del paesaggio in ipotesi di attività produttive. E in montagna ciò può avvenire solo
su terrazzamenti.
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99
PARTE IV
CONCLUSIONI e CONSIDERAZIONI FINALI
100
101
LEGGE SULLA CANAPA:
IL TESTO DEFINITIVO ED ALCUNE CONSIDERAZIONI
Andrea Cottini
La legge sulla coltivazione della canapa molte volte citata durante il Convegno1 dai
relatori e dagli intervenuti, è stata, finalmente, approvata il 2 dicembre 2016 dal
Parlamento della Repubblica italiana e pubblicata in data 30 dicembre 2016 in Gazzetta
Ufficiale (GU n.304 del 30-12-2016).
Si tratta della LEGGE 2 dicembre 2016, n. 242 denominata Disposizioni per la
promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (16G00258)
che è entrata formalmente in vigore a partire dal 14 gennaio 2017.
Per completezza informativa abbiamo ritenuto opportuno riportare, di seguito, il
testo completo della normativa, con alcune notazioni a margine di ogni articolo (in
corsivo), a mo’ di commento. Sicuramente questa legge, pur non contenendo
disposizioni eclatanti, conferisce chiaramente il carattere di legalità a tutti coloro che
vorranno approcciarsi anche direttamente e personalmente con la coltivazione della
canapa sativa.
LEGGE 2 dicembre 2016, n. 242
Disposizioni per la promozione della coltivazione
e della filiera agroindustriale della canapa
Art. 1. Finalità
1. La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e
della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla
riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e
della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare
quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione.
2. La presente legge si applica alle coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte
nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17
della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano
nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.
309.
1 Il Convegno SATIVA tenutosi il 16.09.2016 a Villadossola
102
3. Il sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata:
a) alla coltivazione e alla trasformazione;
b) all'incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa
provenienti da filiere prioritariamente locali;
c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e
perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale;
d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e
semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività
didattiche e di ricerca.
_______________
Dal comma 1 emerge chiaramente la volontà del legislatore di promuovere la
reintroduzione della canapa Sativa, riconoscendo alla medesima, di fatto, numerose
proprietà in termini ambientali e di conservazione della bio-diversità. Dal punto di vista
agricolo viene equiparata (sostituto) ad una coltura da rotazione
Il comma 2 riconosce che la coltivazione della Canapa Sativa non rientra tra le colture
non consentite, o vietate dalla legge
Il comma 3 in sintesi riepiloga quanto in questo testo (e nel convegno del 16.09.2016)
è stato ampiamente dettagliato e descritto con riguardo ai molteplici usi che si possono
derivare dalla coltivazione della canapa, in particolare specificando come alcuni di questi
utilizzi potenziali vengono “sostenuti” e “promossi” dalla Legge; rientrando tra le finalità
ovviamente in questa fase non sono previste le modalità attuative, ma il loro
recepimento significa comunque un primo importante riconoscimento legale.
_______________________
Art. 2. Liceità della coltivazione
1. La coltivazione delle varietà di canapa di cui all'articolo 1, comma 2, è consentita
senza necessità di autorizzazione.
2. Dalla canapa coltivata ai sensi del comma 1 è possibile ottenere:
a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei
rispettivi settori;
b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture
alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello
energetico;
c) materiale destinato alla pratica del sovescio;
d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la
bioedilizia;
e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
103
f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da
parte di istituti pubblici o privati;
g) coltivazioni destinate al florovivaismo.
3. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici di cui alla lettera b) del comma 2 è
consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale, nei limiti e alle
condizioni previste dall'allegato X alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, e successive modificazioni.
_______________
L’art. 2, già dalla specificazione che lo accompagna, sancisce al comma 1 in
maniera finalmente chiara e senza dubbi interpretativi la piena liceità della coltivazione
della coltura di Canapa Sativa. In particolare precisa che NON sono necessarie
autorizzazioni, o comunicazioni, preventive all’Autorità giudiziaria o ad altre Autorità
locali
Il comma 2 dettaglia, a mio modo di vedere in maniera esemplificativa, ma non
certamente esaustiva, tutti i prodotti potenzialmente ottenibili e risultanti dalla
coltivazione della Canapa Sativa.
Dal nostro punto di vista risultano tra gli altri, particolarmente interessanti i punti
e) ed f) dato che riconoscono l’importanza di attivazioni, anche da parte di privati di
coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative (nonché di ricerca).
Il comma 3 precisa che l’eventuale utilizzo dei prodotti derivanti dalla Canapa
quale biomassa per la produzione energetica deve essere limitata ad un mero utilizzo
interno (una sorta di autoconsumo) alla propria attività aziendale.
_______________________
Art. 3. Obblighi del coltivatore
1. Il coltivatore ha l'obbligo della conservazione dei cartellini della semente acquistata
per un periodo non inferiore a dodici mesi.
Ha altresì l'obbligo di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo
previsto dalla normativa vigente.
_______________
L’art. 3 individua in maniera chiara e sintetica gli obblighi a cui è assoggettato il
coltivatore e che si limitano alla conservazione per dodici mesi dei soli cartellini delle
sementi unitamente alle fatture di acquisto delle relative.
Da notare che è assente ogni riferimento catastale al terreno in cui tali sementi
sono state utilizzate; attualmente infatti la comunicazione alle Autorità richiedeva
l’indicazione catastale del terreno. Per questioni di opportunità una sorta di
autocertificazione del coltivatore in cui vengono indicati i dati catastali del terreno/dei
terreni in cui i semi certificati vengono utilizzati sarebbe comunque opportuna, dato che
104
consentirebbe di rispondere innanzitutto a percorsi di tracciabilità, di km zero, di progetti
di filiera cui peraltro la legge richiama.
L’assenza di adempimenti richiesti, ovviamente non esclude i consueti
adempimenti che il coltivatore agricolo adempie per i finanziamenti alle colture di
rotazione riguardanti la PAC.
_______________________
Art. 4 - Controlli e sanzioni
1. Il Corpo forestale dello Stato è autorizzato a effettuare i necessari controlli, compresi i
prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro
tipo di controllo da parte degli organi di polizia giudiziaria eseguito su segnalazione e nel
corso dello svolgimento di attività giudiziarie.
2. Il soggetto di cui al comma 1 svolge i controlli a campione secondo la percentuale
annua prevista dalla vigente normativa europea e nel rispetto delle disposizioni di cui
all'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
3. Nel caso di campionamento eseguito da parte del soggetto individuato dal soggetto di
cui al comma 1, le modalità di prelevamento, conservazione e analisi dei campioni
provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del
contenuto di tetra-idro-cannabinolo (THC) delle varietà di canapa, sono quelle stabilite
ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale.
4. Qualora gli addetti ai controlli, ai sensi del comma 1 reputino necessario effettuare i
campionamenti con prelievo della coltura, sono tenuti a eseguirli in presenza del
coltivatore e a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all'agricoltore stesso
per eventuali controverifiche.
5. Qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti
superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità
è posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente
legge.
6. Gli esami per il controllo del contenuto di THC delle coltivazioni devono sempre
riferirsi a medie tra campioni di piante, prelevati, conservati, preparati e analizzati
secondo il metodo prescritto dalla vigente normativa dell'Unione europea e nazionale di
recepimento.
7. Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle
disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall'autorità giudiziaria
solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al
comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento.
Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell'agricoltore.
___________
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L’art. 4 individua l’autorità competente ad eseguire i controlli, ovvero il Corpo
Forestale dello Stato; nel dettagliare la natura e le modalità dei medesimi, la legge
precisa che in ogni momento, l’Autorità Giudiziaria può eseguire accessi, controlli e
verifiche in caso di indagini e procedimenti.
Senza entrare nel dettaglio delle modalità previste per i controlli si evidenzia
l’importanza del comma 5 che stabilisce il grado di responsabilità per chi coltiva canapa
sativa rispettando la presente normativa: nessuna responsabilità. Anche ove i livelli di
TCH siano superiori alla 0,2%, purché inferiori al 0,6% di THC, al coltivatore non potrà
essere addebitata alcun tipo di responsabilità. I livelli di THC di riferimento da
considerare sono quelli “medi” e quindi di fatto consentono anche margini puntuali ed
occasionali superiori allo 0,6%.
___________
Art. 5 - Limiti di THC negli alimenti
1. Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, sono definiti i livelli massimi di residui di THC ammessi
negli alimenti.
______________
L’art. 5 consentirebbe di aprire un lunghissimo dibattito, peraltro in corso,
riguardante i valori ammissibili di THC in campo alimentare. Il Ministro della Salute viene
delegato ad adottare un regolamento attuativo che sarà molto importante e dettagliato
per i potenziali utilizzi dei derivati della canapa nel settore degli alimenti. Si auspica che
venga rispettato il termine di sei mesi previsto dalla normativa e che il regolamento sia
approvato entro il 14 luglio 2017.
______________
Art. 6 - Incentivi per la filiera della canapa
1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la
normativa europea in materia di aiuti di Stato, destina annualmente una quota delle
risorse disponibili a valere sui piani nazionali di settore di propria competenza, nel limite
massimo di 700.000 euro, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e
trasformazione nel settore della canapa.
2. Una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Ministero
delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui
alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, può essere destinata, con decreto del Ministro
delle politiche agricole alimentari e forestali, al finanziamento di progetti di ricerca e
sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione della canapa, finalizzati
prioritariamente alla ricostituzione del patrimonio genetico e all'individuazione di
corretti processi di meccanizzazione.
________________
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L’art. 6 è sicuramente interessante ed importante, quanto meno nelle intenzioni
del legislatore: incentivare la costituzione di filiere produttive legate alla coltivazione
della canapa. Tali filiere vengono quindi viste con favore dal Legislatore e questo
rappresenta l’aspetto più interessante. Soprassiedo sul discorso incentivazione in
considerazione dell’importo (estremamente) limitato previsto dalla norma.
________________
Art. 7 - Riproduzione della semente
1. Gli enti di ricerca pubblici, le università, le agenzie regionali per lo sviluppo e
l'innovazione, anche stipulando protocolli o convenzioni con le associazioni culturali e i
consorzi dedicati specificamente alla canapicoltura, possono riprodurre per un anno la
semente acquistata certificata nell'anno precedente, utilizzandola per la realizzazione di
piccole produzioni di carattere dimostrativo, sperimentale o culturale, previa
comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
______________
L’art. 7 tratta un argomento particolarmente importante per tutti coloro che,
almeno una volta, si sono cimentati con la coltivazione della canapa sativa: la possibilità
di utilizzare per l’anno successivo al primo “raccolto” i semi derivati dalla coltivazione.
Tali sementi possono essere utilizzate per la “realizzazione di piccole produzioni di
carattere dimostrativo, sperimentale o culturale”; tuttavia a livello del nostro territorio
(montagna, spazi piccoli, terrazzamenti) questa disposizione consente sicuramente
piccole agevolazioni e risparmi derivanti dal non dover (ordinare e) acquistare
annualmente sementi certificate.
______________
Art. 8. Sostegno delle attività di formazione, di divulgazione e di innovazione
1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, negli ambiti di
rispettiva competenza, possono promuovere azioni di formazione in favore di coloro che
operano nella filiera della canapa e diffondono, attraverso specifici canali informativi, la
conoscenza delle proprietà della canapa e dei suoi utilizzi nel campo agronomico,
agroindustriale, nutraceutico, della bioedilizia, della bio-componentistica e del
confezionamento.
______________
L’art. 8 pur se contenente una disposizione rientrante nel campo delle potestà
(possono) e non dei doveri (devono), è molto importante a livello di principio e di liceità
per tutti quegli operatori (culturali e formativi) che accompagnano il processo di
coltivazione senza eventualmente prendervi parte direttamente. Può essere che,
legislatori locali particolarmente attente a queste problematiche, prevedano sulla base
di tale disposizione, contribuzioni economiche o sostegni di vario genere per i soggetti
107
che vorranno “diffondere” tecnicamente e culturalmente l’importanza della
reintroduzione della coltivazione della canapa sativa.
______________
Art. 9. Tutela del consumatore
1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove il riconoscimento
di un sistema di qualità alimentare per i prodotti derivati dalla canapa ai sensi
dell'articolo 16, paragrafo 1, lettere b) o c), del regolamento (UE) n. 1305/2013 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.
Art. 10. Clausola di invarianza finanziaria
1. All'attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede nell'ambito delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 2 dicembre 2016
MATTARELLA RENZI, Presidente del Consiglio dei Ministri
Visto, il Guardasigilli: ORLANDO
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CANAPA E TERRITORIO: LE PAROLE CHIAVE PER PROSEGUIRE
Stefania Cerutti1
Partire da un’idea nata intorno ai tavoli di un workshop sulla progettazione europea
ed arrivare ad un progetto vero e proprio che si candida a finanziamento parrebbe
essere un processo lineare e di prassi, ma la realtà insegna che non è affatto cosa
scontata né tantomeno semplice e conseguente. Tanto più quando si toccano temi e
filoni articolati, meno battuti e intorno ai quali aleggiano pregiudizi, dubbi e approcci
diversificati.
Eppure questa è la storia del progetto SATIVA che, come tratteggiato in questa
pubblicazione, muove i suoi primi passi nell’ambito del corso TERRITORI DI MONTAGNA
E SVILUPPO LOCALE: PROGETTARE CON I FONDI EUROPEI organizzato e promosso da
ARS.UNI.VCO. Sciogliendo l’acronimo ci si trova subito a contatto con gli elementi che
costituiscono l’anima dell’iniziativa - in termini di strategie ed obiettivi - e delle sue
declinazioni – in termini operativi e di azioni: SATIVA si propone, arditamente, di
“salvare un territorio incrementando il valore dell’agricoltura” (Save a Territory
Increasing the Value of Agriculture). Salvare dalla dimenticanza e dall’abbandono un
territorio ricco di storia e di segni materiali e immateriali legati all’agricoltura di
montagna della canapa sativa, (agricoltura) che vorrebbe far rivivere generando un
valore non solo sul piano economico, ma anche sociale, culturale e turistico.
Ma prendiamoci ancora un attimo di tempo o forse, per meglio entrare in contatto
con l’essenza del progetto, una bella boccata d’aria di quelle alte terre piemontesi su cui
si muove, lavora, sperimenta, agglutina idee e persone.
Mi piace pensare a SATIVA come ad un’anziana donna delle Alpi che, saggiamente,
racconta e tramanda vicende antiche su cui tessere un presente di ritorno e di recupero
intelligente e innovativo degli spazi agricoli, delle tradizioni che li hanno animati, delle
economie che li hanno prima celebrati e poi abbandonati. Ancora prima di narrare,
però, Ella ascolta.
Potremmo dunque immaginare che quell’anziana signora, sul finire dell’estate, si sia
accomodata, curiosa e attenta, tra il pubblico presente al convegno organizzato da
ARS.UNI.VCO lo scorso 16 settembre 2016 a Villadossola, di cui queste pagine intendono
restare come traccia scritta a futura memoria.
Evento importante, di livello scientifico, culturale e divulgativo che ha voluto sancire,
come ben precisa Andrea Cottini nell’introduzione, un “punto” per verificare la
1 Ricercatore Confermato dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale – DISEI. Componente Consiglio Direttivo ARS.UNI.VCO e responsabile Scientifico del Comitato SATIVA
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possibilità concreta di reintrodurre in modo sistematico la coltivazione della canapa
sativa nelle vallate alpine del Verbano Cusio Ossola, mantenendo salde le relazioni locali
e sovralocali che la rete di soggetti coinvolti ha sin qui attivato e capitalizzando i risultati
ottenuti nelle prime fasi di sviluppo del progetto.
Torniamo quindi con SATIVA sui passi abbozzati, cercando di fissare alcune parole-
chiave emerse in occasione di questo fruttuoso incontro. Un po’ come talvolta capita
quando si cammina in montagna e si incontra un piccolo fiume da attraversare: il nostro
piede cerca fiducioso un appoggio sicuro, un sasso dopo l’altro per raggiungere la
sponda che lo attende. Con le parole funziona allo stesso modo: una dopo l’altra, le
filtriamo e fissiamo nella nostra mente perché ci guidino, ci aiutino a trattenere quanto
di significativo è emerso, a selezionare, a inquadrare, per andare avanti e anche oltre.
Nella sua presentazione, Andrea Sasso ha ribadito l’ampia possibilità di utilizzi della
canapa eleggendola quindi a materiale versatile e multiuso, in grado di accoppiare
tradizione e innovazione, da cui è possibile generare prodotti di nicchia in termini di
mercato ma anche di territorio. Punto focale il recupero (di terreni, di contesti, di edifici,
di storie) in cui la canapa può giocare un ruolo importante generando un basso impatto
ambientale ed un alto e positivo impatto territoriale. Sasso ha altresì sottolineato
l’“umiltà progettuale” che ha accompagnato l’evoluzione di SATIVA, che da sempre è
stato visto dai suoi ideatori e promotori come un progetto in grado di generare benefici
per l’intera area provinciale e non già di rispondere a soli interessi particolaristici o a
mere operazioni nostalgiche.
Cuore del progetto è l’agricoltura e nello specifico la canapicoltura intesa - come ha
precisato Evelina Felisatti nel suo intervento - quale coltivazione di cui si hanno notizie in
Ossola dal 1300 e quale pratica di sussistenza di fondamentale importanza per la
produzione di molti oggetti, alimenti, componenti di uso quotidiano (corde, reti, cesti,
calzature; tela per biancheria e indumenti; olio illuminazione, semi per alimentazione di
contadini e bestiame). Un’economia povera quella che gravitava intorno alla canapa, ma
che oggi - come ribadito anche nella tavola rotonda del convegno – assume i caratteri di
un’economia circolare, rinnovabile, sostenibile, green su cui i territori montani credono
ed investono. È stata altresì messa a fuoco la proficua partecipazione femminile al
“mondo canapa”, ieri come oggi, nel lavoro e nel progetto; e questo sarà stato
certamente apprezzato dalla vecchia signora, anche con riguardo alla sottolineatura del
fertile connubio tra una comunità locale attiva e il suo paesaggio ben mantenuto,
curato e bello.
La sperimentazione effettuata nella provincia del Verbano Cusio Ossola ha portato
infatti alla riscoperta di una pianta tollerante, forte, adattabile e molto utile che
potrebbe rappresentare per questo territorio, così come per le Alpi, una risorsa capace
di ripartire dalle radici profonde qui lasciate e ritrovate per generare prodotti in grado
di inserirsi efficacemente negli odierni circuiti economici, artigianali, culturali.
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Lo confermano i dati presentati dai ricercatori dell’Università di Milano, Jacopo
Bacenetti e Gigliola Borgonovo: pur nella limitatezza di appezzamenti e produzione,
quanto realizzato da SATIVA a conclusione della fase sperimentale fa emergere non solo
la positività di questa singola iniziativa ma anche la necessità di creare un data base
riguardante progetti e prodotti sperimentali della canapa di tutto l’arco alpino, non solo
italiano. Canapa “buona”, quella sativa del VCO, sotto il profilo dei fitocannabinoidi
presenti.
Anche l’intervento di Massimo Falsaci ne ha posto in evidenza un possibile utilizzo
alimentare, sottolineando la necessità di creazione di una filiera ben strutturata, dal
campo alla tavola.
Altre tipologie di attività ed impieghi importanti ed ambiziosi legati alla canapa sono
quelli presentati da Nicoletta Guerrieri e Maria Cavaletto, con specifico rimando allo
studio di fattibilità per l’utilizzo della canapa nella riqualificazione di suolo contenente
metalli pesanti in un’area ex industriale del Comune di Villadossola.
La voce della Regione Piemonte si è in particolare soffermata su AssoCanapa, il
Coordinamento Nazionale per la Canapicoltura nato in Piemonte alla fine degli anni
Novanta. Gianfranco Latino ha infatti ricordato le principali attività per cui AssoCanapa
rappresenta un prezioso punto di riferimento a livello regionale e nazionale: iniziative
legali, legislative ed associative per lo sviluppo della canapicoltura e la tutela dei propri
associati; sviluppo di marchi per la valorizzazione le produzioni dei propri associati e di
relativi disciplinari; attività di informazione e di formazione per agricoltori, operatori del
settore, tecnici e utilizzatori; presentazione nel settore di progetti sperimentali e/o
innovativi finanziati con fondi UE, e/o nazionali e regionali sviluppo di partenariati con
altre realtà imprenditoriali e associative europee; attività editoriale. Importante, dunque
fare rete ed agganciarsi a enti e progetti già attivi al fine di valorizzare quanto fatto su
scala locale.
Forse anche la “vecchia” SATIVA si è appuntata nella memoria alcuni momenti
dell’intensa mattinata di contributi, dibattito e confronto. Come tratteggiato in queste
pagine conclusive, alcune parole sono tornate e ritornate nell’ambito dei discorsi e delle
presentazioni che si sono susseguite, nel modo in cui quei sassi nel fiume cercano uno
spazio e un tempo per fermarsi. E questo sia nei contributi dei relatori che nel dibattito
emerso durante la tavola rotonda finale, che ha visto interagire alcuni importanti
istituzioni del territorio e che è interamente riportato in seno a questa pubblicazione.
A partire dal taglio geografico del progetto, incastonato in uno specifico territorio
montano, sino anche agli aspetti più tecnici e operativi, è stato da tutti condiviso il fatto
che la canapa sia una risorsa importante e da rivalorizzare. Per diventare prodotto deve
passare poi attraverso il mercato, la produzione, il consumo eccetera: rispetto a tali
dimensioni, le parti di progetto sin qui implementate lo collocano in una fase che
potremmo definire come embrionale.
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Più volte si è fatto ricorso alle parole nicchia, segmento, ambito a indicare un
concetto che in un discorso complesso - che punta sul recupero, sulla reintroduzione e
sul riutilizzo della canapa - non costituisce il perimetro di qualcosa che vediamo o
definiamo come delimitato, ma che anzi, come qui si dimostra, assume grande apertura
e prospetta notevoli potenzialità di sviluppo. Si tratta, infatti, di guardarsi dentro, onde
costruire delle reti e mettere a sistema idee e progetti che si muovono nel VCO
(terrazzamenti, proprietà fondiarie, rete dei parchi, ecc.) e al contempo di rendere
queste “nicchie di territorio” le tessere di un ampio mosaico sia progettuale che
operativo. Ne sono testimonianza la partecipazione di SATIVA alla candidatura del
progetto CENTRAL HEMP 2020 a finanziamento UE, così come la presentazione
dell’iniziativa e dei suoi sviluppi in simposi e convegni sia nazionali che internazionali.
Sicuramente anche le riflessioni fatte sull’economia circolare e sulla green economy
contribuiscono ad andare oltre la logica di reintroduzione della canapa sotto il solo
profilo colturale e produttivo, aiutando a comprendere la necessità di adottare un
approccio di tipo bottom-up in cui siano coinvolte le comunità locali, al fine di co-
costruire un senso forte di “identità innovativa” per cui la canapa esca dal perimetro
dell’economia povera o di sussistenza che un tempo era, e diventi un “tema
catalizzatore” su cui continuare a lavorare. Semi di cultura, dunque, che possono
generare effetti moltiplicativi e positivi sul territorio.
Alla luce di queste considerazioni, e riprendendo le argomentazioni della collega
Cavaletto sulle caratteristiche della canapa sativa che la rendono una pianta tollerante e
dalle significative proprietà proteiche, mi piacerebbe pensare che la canapa possa
diventare una “bella proteina” per il territorio del VCO. Quindi non solo radici ma in
qualche modo anche qualcosa che struttura, regola e trasporta verso il futuro. E in
questa prospettiva l’aspetto scientifico e formativo assumono indubbiamente un ruolo
trasversale e imprescindibile.
Sono state realizzate molte iniziative, che sono state compendiate durante il
convegno, sia con i bambini sia con le scuole secondarie del territorio ma anche in virtù
del coinvolgimento del mondo accademico mediante la partecipazione dell’Università
del Piemonte Orientale e dell’Università di Milano; anche per la presenza universitaria
diversificata, è quindi davvero importante fertilizzare le competenze progettuali,
tecniche, operative, culturali messe in evidenza da SATIVA, con l’intento di portare
progetti come questo a dimostrare una portata rilevante in termini di ricadute
trasversali.
In questo progetto che intreccia, come fili di canapa, le testimonianze di ieri e le
speranze di domani per un territorio di montagna vivo e attrattivo, non resta che dire
“avanti Sativanti!”, credendo fortemente nella passione e nella volontà delle persone
che SATIVA ha coinvolto e che auspicabilmente continuerà a fare.
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Il presente Volume è redatto esclusivamente in formato elettronico,
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