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1 SA.T.I.V.A Save a Territory Increasing the Value of Agriculture ATTI del CONVEGNO Villadossola, 16 settembre 2016 All’interno il Testo della L.n. 242/2016: Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa a cura di Stefania Cerutti e Andrea Cottini ARS.UNI.VCO Associazione per lo Sviluppo della Cultura, degli Studi Universitari e della Ricerca nel Verbano Cusio Ossola ISBN 978-88-98357-07-9

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SA.T.I.V.A Save a Territory Increasing

the Value of Agriculture

ATTI del CONVEGNO Villadossola, 16 settembre 2016

All’interno il Testo della L.n. 242/2016: Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa

a cura di

Stefania Cerutti e Andrea Cottini

ARS.UNI.VCO

Associazione per lo Sviluppo della Cultura, degli Studi Universitari e della Ricerca nel Verbano Cusio Ossola

ISBN 978-88-98357-07-9

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In copertina: Canapa Sativa coltivata a Cavandone (frazione di Verbania) –– foto di Andrea Sasso.

Il presente Volume è redatto esclusivamente in formato elettronico,

ed è disponibile gratuitamente ed in versione integrale

dal sito dell’Associazione ARS.UNI.VCO, www.univco.it

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SA.T.I.V.A Save a Territory Increasing

the Value of Agriculture

ATTI del CONVEGNO

Villadossola, 16 settembre 2016

Curatori:

Stefania Cerutti Università degli Studi del Piemonte Orientale Dip.to DISEI Andrea Cottini Associazione ARS.UNI.VCO

Relatori:

Andrea Sasso Referente Comitato SATIVA

Evelina Felisatti Vice-Presidente Associazione Canapa Alpina

Jacopo Bacenetti Università degli Studi di Milano Dip.to DiSAA Gigliola Borgonovo Università di Milano Dip.to DeFENS

Massimo Falsaci Ordine Tecnologi Alimentari Piemonte e Valle d’Aosta OTAP

Nicoletta Guerrieri CNR-ISE di Verbania Eliana Tassi CNR-ISE di Pisa Maria Cavaletto Università degli Studi del Piemonte Orientale Dip.to DiSIT

Interventi delle Istituzioni:

Stefano Costa Presidente Provincia VCO Marzio Bartolucci Presidente Unione Montana delle Valli dell’Ossola Paolo Crosa Lenz Presidente Ente di Gestione Aree Protette dell’Ossola

Progetto:

Comitato SA.T.I.V.A. Associazione ARS.UNI.VCO

Elaborato realizzato con il supporto scientifico di:

Università degli Studi di Milano Università degli Studi del Piemonte Orientale C.N.R. – I.S.E. - Istituto per lo Studio degli Ecosistemi

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Domodossola, 31 gennaio 2017

È un vero piacere per il sottoscritto poter vedere come il lavoro, anche di

ricerca, dell’Associazione ARS.UNI.VCO abbia dato, tra gli altri, alcuni importanti

risultati consistenti in altrettante pubblicazioni che, per la qualità dei contenuti e delle

relazioni, non possono che essere considerate di livello scientifico.

Questo e-book è, come i precedenti, frutto e risultato di un lavoro ampio ed

articolato che partendo da un progetto, trova nella presente pubblicazione, grazie a

ricercatori e relatori capaci e disponibili, un atto naturalmente consequenziale ad un

momento altrettanto importante quale quello di un convegno di natura scientifica a

cui hanno preso parte, oltre ad importanti istituzioni, anche Atenei e centri di ricerca

L’occasione è quindi propizia per ringraziare Tutti coloro che hanno voluto

dedicare tempo e lavoro per predisporre, ciascuno per la propria parte, questa

pubblicazione, ma vorrei indirizzare un ringraziamento sentito e particolare ai

componenti del COMITATO SATIVA, per aver fortemente creduto in questo Loro

progetto e, soprattutto, di continuare a credere che la nostra Associazione possa

essere in grado di dare seguito alle importanti finalità che il progetto stesso contiene

ed immagina.

Il Presidente ARS.UNI.VCO

dott. Giulio Gasparini

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INDICE

PARTE I INTRODUZIONE

Il Convegno SA.T.I.V.A. come primo risultato di un lungo ed articolato percorso preparatorio pag. 11 Andrea Cottini

PARTE II Gli INTERVENTI dei RELATORI

Il Progetto SA.T.I.V.A. pag. 23 Andrea Sasso

Canapa e Territorio pag. 31 Evelina Felisatti

La reintroduzione della canapa in aree marginali e montane: analisi e ricerche sulle attività sperimentali 2015 nel Verbano Cusio Ossola pag. 45 Jacopo Bacenetti - PARTE I

La reintroduzione della canapa in aree marginali e montane: analisi e ricerche sulle attività sperimentali 2015 nel Verbano Cusio Ossola pag. 57 Gigliola Borgonovo – PARTE II

L’utilizzo della canapa nei prodotti alimentari pag. 67 Massimo Falsaci

La canapa nella riqualificazione di suoli contenenti metalli pesanti a Villadossola: vantaggi e prospettive pag. 75 Eliana Tassi, Nicoletta Guerrieri, Maria Cavaletto

PARTE III Gli INTERVENTI delle ISTITUZIONI PRESENTI

Provincia Verbano Cusio Ossola e Comune di Baceno pag. 89 Stefano Costa

Unione Montana Valli dell’Ossola e Comune di Villadossola pag. 93 Marzio Bartolucci

Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Ossola pag. 95 Paolo Crosa Lenz

PARTE IV CONCLUSIONI e CONSIDERAZIONI FINALI

Legge sulla canapa: il testo definitivo ed alcune considerazioni pag.101

Andrea Cottini

Canapa e Territorio: le parole chiave per proseguire pag.109 Stefania Cerutti

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INTRODUZIONE

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IL CONVEGNO SA.T.I.V.A. COME PRIMO RISULTATO DI UN LUNGO ED ARTICOLATO PERCORSO PREPARATORIO

Andrea Cottini1

L’Associazione ARS.UNI.VCO ha ritenuto opportuno segnare un “punto” sulla

tematica della possibile reintroduzione della canapa SATIVA nel territorio alpino,

ponendosi anzitutto l’ambizioso obiettivo di organizzare un convegno scientifico - che

riassumesse il lavoro lungo ed articolato che ha contraddistinto le analisi e la ricerca

sul tema in una fase preparatoria – e dedicandosi successivamente alla redazione della

presente pubblicazione, in formato elettronico, al fine di raccogliere le interessanti

relazioni e i notevoli spunti di riflessione scaturiti dal convegno stesso.

Cosa c’entra, ci si potrà chiedere, un’associazione culturale e di ricerca con la

canapa SATIVA (e gli studi correlati) e con la possibile reintroduzione della stessa nel

nostro territorio, il Verbano Cusio Ossola?

La genesi del progetto SATIVA e la correlazione con l’Associazione ARS.UNI.VCO

verranno dettagliatamente illustrate nei contributi che seguiranno. Quello che a mio

modo di vedere è più importante, e direi determinante, per le modalità con cui opera

ARS.UNI.VCO è che questo progetto, questa intuizione è nata da una proposta

formativa organizzata dall’associazione stessa. Al termine della prima edizione del

corso TERRITORI di MONTAGNA e SVILUPPO LOCALE: PROGETTARE con i FONDI

EUROPEI, nel 2014, i partecipanti, suddivisi in gruppi, avevano lavorato all’elaborazione

di alcune idee progettuali, raccolte e pubblicate nell’e-book predisposto a fine corso2.

Tra queste, il progetto SATIVA ha trovato nella determinazione dei proponenti la forza

di registrare un marchio e poi, cedendone l’uso gratuito all’Associazione ARS.UNI.VCO,

di chiedere alla medesima3 che verificasse la possibilità di portare avanti le linee

progettuali, specificando come i proponenti condividessero e si rispecchiassero nelle

finalità dell’Associazione.

Il Consiglio Direttivo dell’Associazione ARS.UNI.VCO con deliberazione del

25.09.2014 ha accolto la proposta costituendo al proprio interno il Comitato Sativa4, i

cui componenti coincidono con i proponenti il progetto, mentre il ruolo di

1 Segretario dell’Associazione ARS.UNI.VCO. 2 Si veda TERRITORI di MONTAGNA e SVILUPPO LOCALE: PROGETTARE con i FONDI EUROPEI a cura di Stefania Cerutti e Andrea Cottini – novembre 2014 – ed. ARS.UNI.VCO – (www.univco.it) 3 Con nota formale del 16.06.2016 4 Il Comitato Sativa svolge la propria funzione senza previsione di rimborsi o remunerazioni per i partecipanti, i quali svolgono la loro opera a titolo gratuito. Qualsiasi atto o progetto voglia intraprendere il Comitato, deve sussistere previa e positiva deliberazione del Consiglio Direttivo.

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coordinatore e responsabile scientifico è stato assunto dalla dott.ssa Stefania Cerutti5 –

in qualità di componente del Consiglio Direttivo.

In una logica di costruzione di rete e di collaborazione, i primi mesi successivi alla

costituzione del Comitato, sono stati spesi per verificare e sondare le disponibilità e

l’attenzione del territorio; quello che in termini progettuali si definisce come

“contesto” e che porta in sé un importante valore intrinseco innanzitutto come

capacità di ascolto dei bisogni e quindi come possibilità di intraprendere percorsi

bottom-up, consolidati dal basso perché condivisi, e non calati dall’alto e fatti accettare

obtorto collo.

Chi ritiene che possa essere pleonastico venire a conoscenza delle fasi, delle

tempistiche, delle relazioni intrecciate in questi due anni di lavoro che hanno portato

al convegno come primo importante risultato, può proseguire oltre dedicandosi alla

lettura della parte successiva.

Chi invece ritiene importante sapere le complessità incontrate nella costruzione di

una rete di soggetti i quali hanno portato, dietro coordinamento dell’Associazione, a

questo primo risultato potrà invece trovare di seguito alcuni interessanti, mi auguro,

spunti di riflessione e di comprensione delle difficoltà esistenti, anche a livello più

generale, nella creazione di un qualsiasi tipo di partnership.

Il Convegno SATIVA ha infatti rappresentato sicuramente un fondamentale

momento per la diffusione e divulgazione relativamente alle finalità che il Progetto

SATIVA si propone, aggiornando dal punto di vista scientifico lo stato dell’arte per

quanto riguarda il nostro territorio con riguardo alla possibile reintroduzione della

coltivazione della canapa sativa. Allo stesso tempo costituisce una prima tappa di un

percorso molto lungo. Dal punto di vista progettuale si potrebbe definire come

MILESTONE, nel senso che con questo percorso si sono definiti e studiati alcuni aspetti,

soprattutto con un approccio scientifico, che potranno essere utili sicuramente ai

potenziali interessati, ma anche alle istituzioni ed ancora di più a coloro che vorranno

collaborare per portare a compimento le prossime tappe del progetto SATIVA.

Questo progetto, ed il percorso che ci ha portati al convegno lo dimostra senza

dubbio, vuole infatti mantenere il suo carattere aperto ed inclusivo.

Facendo un passo indietro, dopo un monitoraggio iniziale ed uno studio del

contesto - approfondito e senza pregiudiziali, grazie all’attività ed ai preziosissimi

riferimenti di tutti i componenti del Comitato SATIVA - si è proceduto ad avviare una

serie di contatti ed incontri che hanno portato ad un primo interessante risultato in

5 Ricercatore Confermato dell’Università del Piemonte Orientale – DISEI, oltre che componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione ARS.UNI.VCO

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chiave partecipativa e quindi ad una prima presentazione pubblica delle finalità di

questo progetto durante un incontro tenutosi a Domodossola nel gennaio del 20156,

organizzato dall’Associazione CANOVA e patrocinato dall’Associazione ARS.UNI.VCO.

I contatti intercorsi e successivi a quel primo incontro a loro volta hanno portato

alla costituzione di un gruppo di lavoro informale ed allargato in cui, a turno,

componenti del Comitato SATIVA vi prendevano parte per verificare la possibilità di

avviare un primo percorso, ovviamente sperimentale, di reintroduzione della

coltivazione della canapa SATIVA.

Le problematiche erano sicuramente numerose: quella più evidente, e

potenzialmente killer factor di tutta l’iniziativa, era la totale assenza di finanziamento

economico.

Un aspetto di pregio, o comunque veramente particolare, di tutto questo lavoro e

sottolineato nei vari momenti pubblici in cui siamo stati invitati, è infatti rappresentato

dalla ridottissima quantità di budget a disposizione (che in analisi matematica

potrebbe rappresentarsi con una curva asintotica allo zero).

I vari soggetti coinvolti hanno partecipato o preso parte al progetto in alcuni

momenti particolari, perché convinti della bontà del progetto, non certo per la

previsione di emolumenti o di remunerazione per il tempo dedicatovi.

Date queste condizioni, l’Associazione ha messo a disposizione i locali per gli

incontri; alcuni componenti del comitato, sempre gratuitamente, hanno offerto il

proprio tempo ed alcuni appezzamenti di terreni montani per dare il via ad una prima

fase sperimentale. Il Comune di Baceno ha acquistato le sementi certificate che sono

state date a tutti gli interessati, ancora in gruppo informale; i componenti del Comitato

aderenti si sono resi disponibili a fornire i dati, segnati durante il periodo dalla semina

alla raccolta, in cambio della possibilità di usufruire di tutti i dati degli altri partecipanti;

l’Associazione si è fatta carico delle spese e di individuare un Ateneo che si rendesse

disponibile, a cifre molto ridotte, a condurre un’analisi ed una ricerca scientifica sulla

base dei dati raccolti empiricamente così da poter disporre di alcuni dati scientifici

potenzialmente utilizzabili come base per valutazioni in progettualità da scrivere o

contesti da definire sulla base di dati certi e non di supposizioni approssimative,

sempre poco apprezzate. Risultato di questa prima fase sarebbe stata l’organizzazione

di un momento pubblico in cui divulgare questi primi risultati scientifici.

Quelle semplici fasi a step sopra sintetizzate sono state le basi condivise che hanno

costituito il primo obiettivo da cui si è partiti. Se si volesse individuare il punto di

6 L’incontro, intitolato TUTTA UN’ALTRA CANAPA, si è tenuto a Domodossola il 17 gennaio 2015

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partenza dal punto di vista temporale, l’incontro del 17 gennaio 20157 potrebbe essere

considerato come l’inizio di questa fase.

Parallelamente all’avvio del I step operativo, ci si è mossi per allargare la rete di

contatti: a qualsiasi livello, ma ancora di più in casi come il nostro in cui non vi sono

finanziamenti, risulta imprescindibile coinvolgere altri ed importanti soggetti che

possano essere interessati al progetto e alle finalità in esso contenute. Pensare che un

progetto possa essere oggetto di esclusiva e non possa e debba essere condiviso è

certamente un’opzione percorribile, purché si possa contare su disponibilità di

finanziamenti o di finanziatori. Se non è così, diventa un’alternativa difficilmente

praticabile.

All’interno della rete di relazioni che ARS.UNI.VCO ha costruito in questi anni in

seno alla Convenzione delle Alpi8, sono stati avviati dei contatti, dapprima informali,

con alcuni rappresentanti di EURAC9, la rinomata Accademia Europea di Ricerca con

sedi a Bolzano, Roma e Bruxelles. A margine di un incontro organizzato dalla

Convenzione delle Alpi, è stato consegnato loro un breve dossier che illustrava alcuni

aspetti del Progetto SATIVA chiedendo la disponibilità a voler valutare la possibilità di

lavorare insieme, come partner, ad un progetto di carattere europeo.

Nel settembre 2015, dopo circa quattro mesi di attesa, ci è stato comunicato

l’interesse a lavorare su questo progetto, rendendosi disponibili anche a co-finanziarlo

all’interno di una partnership internazionale.

A questo punto trovare l’Ateneo per il progetto era altrettanto importante, e grazie

all’importante intermediazione del prof. Giuseppe Lozzia10, sono stati avviati i contatti

con il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Milano nelle persone del

prof. Marco Fiala11 e della dott.ssa Gigliola Borgonovo12. Tali contatti sono stati

particolarmente importanti per gli incontri che nel frattempo si susseguivano con

EURAC al fine della costruzione del progetto in attesa della pubblicazione del bando

europeo, nonché per la definizione formale dei termini di un accordo per consentire

all’Ateneo di procedere ad esaminare, studiare ed analizzare i risultati dei mesi di

coltivazione sperimentale sul territorio del Verbano Cusio Ossola.

7 Si veda la precedente nota 5 8 L’Associazione ARS.UNI.VCO gestisce dal gennaio 2013, in base ad un memorandum of understanding sottoscritto con il segretariato Permanente della Convenzione delle Alpi, l’INFO-POINT di DOMODOSSOLA 9 Per info si veda www.eurac.edu 10 Professore Ordinario di Entomologia Generale ed Applicata dell’Università degli Studi di Milano- DiSAA e già Presidente del Centro Interdipartimentale GeSDiMont dell’Università della Montagna di Edolo 11 Professore Associato in Meccanica Agraria dell’Università degli Studi di Milano - DiSAA 12 Ricercatore Confermato in Chimica Organica dell’Università degli Studi di Milano - DeFENS

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A questo riguardo risulta opportuno precisare che ARS.UNI.VCO non ha

materialmente gestito alcun campo sperimentale, ma ha ricevuto, in base all’accordo

base sopra citato, i dati da parte di tutti i coltivatori impegnandosi poi a sistemare il

materiale e a trasferirlo al dipartimento di Agraria dell’Università di Milano. Il

materiale frutto di coltivazione oggetto di analisi, in base alla stessa logica, è stato

fornito ad ARS.UNI.VCO dal proprietario di uno dei terreni oggetto di coltivazione

sperimentale ritenuto più adatto e quindi inviato Milano per le analisi13.

Un altro soggetto potenzialmente coinvolgibile, e con il quale sussisteva già una

convenzione attiva con ARS.UNI.VCO, era l’Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del

Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISE - CNR) di Verbania. Negli ultimi anni

l’Associazione aveva infatti realizzato progetti e collaborazioni di varia natura

scientifica e anche divulgativa proprio con questo importante istituto di ricerca14. Una

ricerca congiunta tra ISE del CNR (di Pisa e di Verbania) ed Università Piemonte

Orientale, unitamente alla disponibilità dei relativi ricercatori a collaborare e a

presentare i relativi lavori ed eventualmente provare ad ipotizzare possibili

applicazioni concrete su terreni del Verbano Cusio Ossola, hanno consentito di poter

considerare anche questo aspetto applicativo del progetto SATIVA.

Altro aspetto che abbiamo voluto approfondire, è stato quello delle connessioni

possibili tra canapa ed alimentazione. Come poter affrontare questa tematica senza

correre il rischio di dire cose inesatte, seppur allettanti, o comunque non provate dal

punto di vista scientifico?

La logica posta alla base di questo convegno è consistita nel tentativo da parte

nostra di fare il punto della situazione avendo sempre come riferimento dati di

carattere scientifico su cui effettuare valutazioni e considerazioni, e non di presentare

suggestioni pressapochistiche da cui poi trarre conclusioni anche scientifiche. Abbiamo

quindi contattato i rappresentanti locali dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari Piemonte

e Valle d’Aosta (OTAP) affinché un nutrizionista potesse essere presente al convegno

per fornire dati su questa tematica con cognizione di causa15.

Un importante percorso a latere è stato poi intrapreso da alcuni prestatori e

coltivatori del gruppo iniziale, i quali hanno deciso di formalizzare il proprio impegno

ed interesse mediante la costituzione di una associazione culturale denominata

CANAPA ALPINA16; il suo scopo è quello di diffondere la cultura della canapa nei

13 Le analisi sono state condotte in parte presso il Laboratorio dell’Università di Milano ed in parte presso l’azienda speciale INNOVHUB sempre di Milano 14 Si vedano su www.univco.it sezione PROGETTI, i dettagli relativi al progetto ACQUA BENE COMUNE ed al progetto ACQUE PULITE con relativa pubblicazione 15 Per informazioni sulla figura del tecnologo alimentare e sull’Ordine si veda www.otap.it 16 Per informazioni si veda https://www.facebook.com/canapalpina/

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territori alpini, organizzare incontri e momenti divulgativi circa l’importanza della

reintroduzione di questa coltura, la riscoperta e valorizzazione di tutti quei mestieri e

strumenti propri della cultura della canapa del territorio.

Un interlocutore istituzionale molto importante, la cui presenza al Convegno, con gli

altri relatori, ha sicuramente contribuito ad elevare la qualità degli interventi e a dare

ulteriormente il senso istituzionale all’argomento trattato è stata sicuramente la

REGIONE PIEMONTE; particolarmente gradita e densa di contenuti la relazione del

dott. Latino – funzionario del settore preposto – è disponibile solamente con le slides

dell’intervento17, pubblicate unitamente a tutte quelle degli altri relatori.

Giunti a questo punto, come sinteticamente ho tentato di illustrare sopra, risulta

evidente come siano stati convolti molti soggetti e come ciascuno, per quanto di

propria competenza, sia stato contattato per concordare la disponibilità di un

intervento e l’argomento del medesimo.

Nel frattempo il periodo della raccolta si è concluso ed era importante “chiudere” la

parte relativa alla compilazione riassuntiva dei dati che ciascuno dei coltivatori18

avrebbe dovuto registrare nelle varie fasi di coltivazione, crescita e quindi raccolta

della canapa “sativa”.

Il lavoro e l’impegno dell’Associazione a supporto, seppur esterno, di questa attività

di coltivazione sperimentale svoltasi da maggio a settembre 2015, aveva infatti, come

prima precisato, lo scopo principale di poter disporre di questi dati empirici. Per

qualsiasi ricerca e studio, i dati sono uno degli elementi più importanti, soprattutto se

sono dati “freschi”, “nuovi” e “reali”.

Tali dati empirici costituivano il database che è stato fornito a tutti i potenziali

collaboratori della rete di soggetti così costruita, affinché potesse essere base comune

di valutazione, di studio e di ricerca.

Al termine del Convegno, abbiamo chiesto quindi la disponibilità ai relatori di voler

predisporre una relazione riassuntiva, anche sintetica, che mettesse in evidenza gli

elementi più importanti presentati e rimarcati in ciascun intervento. L’intento, come

esplicitato dal dott. Gasparini, presidente di ARS.UNI.VCO, al termine del convegno è

proprio quello di voler lasciare una traccia scritta di quanto presentato e di condividere

con il territorio e con chi vorrà approcciare questa tematica alcuni importanti dati,

studi e ricerche.

17 Tutte le slide dei relatori sono disponibili al seguente link: http://www.univco.it/progetti-2/progetto-sa-t-i-v-a/sativa2 18 Ciascuno dei proprietari titolari dei terreni su cui è stata coltivata la Canapa SATIVA con semi certificati ha previamente provveduto a regolarizzare la propria posizione dal punto di vista legale, con le comunicazioni richieste agli organi di vigilanza e di pubblica sicurezza preposti dallo Stato

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Nella Parte II della presente pubblicazione sono quindi disponibili alcune

interessanti relazioni che illustrano aspetti importanti del progetto e del territorio che

questo progetto dovrebbe potenzialmente ospitare.

La prima relazione illustrerà nel dettaglio ciò che è il Progetto SATIVA e tutte le

possibili declinazioni applicative.

La seconda relazione rappresenta un’analisi di contesto, di presentazione generale

di questo territorio, di ciò che è stato nei secoli passati, di quanto la canapa in

particolare ne costituisse parte integrante così come ha costituito un aspetto

altrettanto importante per la vita delle popolazioni montane almeno fino al 1950. A

questo riguardo mi permetto di segnalare, a futura memoria, come siano stati

sufficienti circa 75 anni per cancellare nella memoria e nella percezione degli abitanti

di questo territorio una coltura secolare per cui la canapa era momento fondante e

centrale.

A seguire due relazioni dell’Università di Milano sulle attività di coltivazione

sperimentale compiute nel Verbano Cusio Ossola nel 2015: la prima dal punto di vista

agronomico, la seconda dal punto di vista dell’analisi laboratoriale. Molto interessanti

sono le considerazioni e le proposte che entrambe contengono.

Dopo alcuni cenni sulle caratteristiche nutrizionali dei derivati della canapa e

seguirà la presentazione di uno studio a più mani sulle proprietà di fito-assorbimento

con riferimento a terreni oggetto di inquinamento. In particolare un’ipotesi di

applicazione viene presentata con il caso e la situazione dei territori del Comune di

Villadossola.

Nella Parte III sono state raccolte le considerazioni e le suggestioni che le istituzioni

presenti al Convegno hanno voluto condividere con i presenti nel loro intervento: il

Presidente della Provincia del Verbano Cusio Ossola, il Presidente dell’Unione Montana

Valli dell’Ossola (e Sindaco di Villadossola), il Presidente delle Aree Protette

dell’Ossola.

Infine nella Parte IV le conclusioni con la “nuova” legge sulla canapa e le parole

chiave ricorrenti di questo convegno, con alcune proposte e percorsi.

In chiusura di questa introduzione mi preme evidenziare che come avviene per la

canapa, in cui non si butta via niente così come hanno ricordato i relatori, la

costruzione di questo convegno per la nostra Associazione ha significato avviare un

percorso di valorizzazione di tutti gli elementi scaturiti e moltiplicati dalla rete di

contatti, facendo sì che la rete stessa fosse, di fatto, un primo e grande risultato.

EURAC: pur non prendendo parte al Convegno ha dato la disponibilità a farsi carico

della costruzione formale di un partenariato per la presentazione di un progetto

europeo; da settembre 2015 ad aprile 2016 si sono svolte riunioni ricorrenti fino ad

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arrivare ad un incontro a Bolzano nel mese di marzo 2016 in cui sono stati definiti

alcuni importanti aspetti riguardanti le azioni di progetto, il partenariato ed il bando

ideale; il progetto denominato CENTRAL HEMP è stato presentato nel mese di giugno

2016 nell’ambito di una call del programma Interreg Central Europe della Comunità

Europea; Regione Piemonte e Provincia VCO, da noi coinvolte per tramite di Eurac,

hanno manifestato formalmente la disponibilità a svolgere il ruolo di associated

partners; il Verbano Cusio Ossola, in caso di approvazione ovviamente, sarà una delle

TRE aree sperimentali per la reintroduzione della canapa sativa; 15 i partner, sette le

nazioni coinvolte.

ECOPASSION: contatto portato da EURAC, consistente in una importante società di

privati dell’Alto Adige con sede a Bolzano che sta introducendo la coltivazione di

canapa nel loro territorio attraverso un programma denominato SISTEMA CANAPA

ALTO ADIGE.

Grazie alla presenza di questi importanti soggetti, unitamente ad EURAC ed

ECOPASSION, l’Associazione ha partecipato ad una call per organizzare un workshop

all’interno dell’evento internazionale “Settimana Alpina - Le alpi e la gente (AlpWeek -

Alps and Peolple19)”, organizzato tra le genti delle Alpi ogni quattro anni. Nel mese di

ottobre 2016, a Grassau in Germania, si è tenuto il workshop dal titolo HEMP SEEDS of

CULTURE20 all’interno del quale è stato presentato il progetto SATIVA, oltre alle prime

risultanze comunicate e divulgate all’interno del convegno.

Università degli Studi di Milano: oltre ad essere coinvolta direttamente nel

convegno, il lavoro con il dipartimento ci ha consentito di poterla coinvolgere nelle fasi

preparatorie del progetto europeo, oltre a consolidare i rapporti per la prosecuzione

della collaborazione sia sulla tematica della canapa che su altre tematiche condivise.

Molto interesse e apprezzamento ha suscitato la tesi di laurea di Thea Sottocorna21

“VALUTAZIONE DEL CONTENUTO DI FITOCANNABINOIDI IN CANNABIS SATIVA L. DA

COLTIVAZIONI SPERIMENTALI DEL PROGETTO SA.T.I.V.A.“ con Relatore la dott.ssa

Gigliola Borgonovo e Correlatore il dott. arch. Andrea Sasso. Lo scopo di questo lavoro

è stato quello di caratterizzare, i componenti principali di uno specifico chemotipo di

Cannabis sativa L.; il progetto è nato dalla collaborazione con l’associazione

ARS.UNI.VCO, in relazione al progetto SA.T.I.V.A (SAve a Territory Increasing Value of

Agriculture), volto alla reintroduzione della coltivazione di canapa “SATIVA” nel

19 Per informazioni o approfondimenti si veda http://alpweek.org/2016/it/welcome/welcome/ 20 Canapa: i semi della Cultura - Il workshop si è tenuto il 14 ottobre 2016. Il Programma completo e le slide degli interventi sono disponibili al seguente link http://www.univco.it/progetti-2/progetto-sa-t-i-v-a/presentazione-progetto-ad-alpweek-2016 21 Matricola n. 819176 Interfacoltà Scienze del Farmaco-Scienze Agrarie e Alimentari Corso di Laurea in

Scienze e Tecnologie Erboristiche– Università di Milano – tesi di laurea a.a. 2014/2015

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territorio alpino del Verbano Cusio Ossola ove veniva in passato coltivata, lavorata ed

utilizzata, come testimoniano documenti storici risalenti all’alto medioevo22.

Istituto per lo Studio degli Ecosistemi del CNR: la partecipazione al convegno, come

anticipato sopra, di fatto consolida i rapporti di collaborazione esistenti, ampliando le

tematiche su cui è possibile condividere o definire possibili progettualità. In particolare

successivamente al convegno, grazie all’interessamento del Comune di Villadossola23,

si sta definendo una prima ipotesi di progetto con riferimento all’avvio di buone

pratiche di fito-depurazione.

Ordine Tecnologi Alimentari: si amplia la rete di soggetti potenzialmente interessati

all’argomento e potenzialmente coinvolgibili in fasi attuative successive.

Università degli Studi del Piemonte Orientale: l’Università del Piemonte Orientale

non è semplicemente un partner occasionale, ma un Ateneo con cui l’Associazione

lavora e collabora dal lontano 2001; si tratta di un punto di riferimento importante con

cui condividere, in alcune fasi, e per quanto riguarda il nostro territorio, anche alcune

progettualità strategiche oltre che azioni di supporto alle attività formative e di ricerca.

Ecco quindi come il convegno diventa una prima tappa di quello che si auspica

possa essere un lungo percorso relativo alla positiva e fattuale realizzazione sul

territorio del Verbano Cusio Ossola del Progetto SATIVA. In particolare risulta

importante questo primo traguardo per la scientificità e l’autorevolezza degli studi e

delle ricerche effettuate, producendo così dei dati validati scientificamente.

Prima di concludere questa lunga introduzione, doverosa per il rispetto del molto

lavoro fatto in questi anni, ritengo opportuno precisare che tutte queste attività sopra

riassunte per sintesi sono avvenute praticamente a “budget zero”.

L’Associazione, ad oggi, si è fatta carico di modiche spese vive che si è assunta in

proprio, molte di più sono state le ore uomo “spese” per seguire il progetto in questi

due anni e che comunque vanno considerate nel suo complesso; così come vanno

considerate le ore-uomo di tutti gli enti e di tutti i soggetti che a vario titolo hanno

collaborato per arrivare fino a questo punto. Ore-uomo significa che comunque

ciascun ente ha ritenuto di “investire” risorse per vedere se vi fossero le possibilità di

realizzare questo progetto.

Tutti i soggetti coinvolti, a vario titolo, hanno dunque messo qualcosa di proprio nel

Progetto SATIVA e questo, a mio parere, rende già l’idea progettuale come

potenzialmente vincente altrimenti nessuno avrebbe avuto modo di dedicarvi molto,

22 Si veda Tesi citata di Thea Sottocorna – par. 2.1 23 Si veda la deliberazione del Consiglio Comunale di Villadossola n. 47 del 27.10.2016

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tempo come invece è avvenuto ad oggi e come sarà richiesto anche per il prossimo

periodo.

Ecco quindi e di seguito i primi ed importanti dati ed elementi che segnano

inequivocabilmente un punto fermo da cui, chi vorrà, potrà partire per proseguire o

declinare le potenzialità contenute nel Progetto SATIVA.

A questo proposito, in fase di predisposizione del presente lavoro, è stata,

finalmente, approvata dal Parlamento italiano nel mese di dicembre 2016 la Legge

sulla canapa24; si è ritenuto opportuno inserire nelle conclusioni anche il testo

definitivo di tale legge accompagnato da alcune considerazioni.

________________

24 Si tratta della Legge n. 2 dicembre 2016, n. 242 denominata Disposizioni per la promozione

della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (16G00258), entrata formalmente in

vigore a partire dal 14 gennaio 2017.

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PARTE II

Gli INTERVENTI dei RELATORI

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PROGETTO SA.T.I.V.A.

SAve a Territory Increasing Value of Agriculture

Andrea Sasso1

La canapa è stata, sin dall’antichità, una risorsa importante nella storia dell’economia

italiana. Fino agli anni ‘50 l’Italia era il secondo produttore mondiale di canapa, con circa

100 mila ettari di piantagione ed un rendimento annuo di 800mila quintali; in particolare

il Piemonte era una delle maggiori regioni produttrici: la canapa veniva utilizzata per la

produzione di tessuti e cordame, divenendo così una risorsa economica fondamentale

per il territorio, in particolare per il Verbano Cusio Ossola, ed assumendo di fatto un

ruolo primario nella tradizione alpina nazionale.

Negli anni Sessanta e Settanta la coltivazione è stata abbandonata a causa

dell’introduzione di prodotti sintetici, delle trasformazioni socio-economiche che si sono

succedute a livello globale e della massiccia diffusione di tipologia di canapa usate

illegalmente come droga, con conseguenti limiti normativi e cogenti imposti dallo Stato.

Nel 2014 all’interno del corso "Territori di Montagna e Sviluppo Locale: Progettare

con i Fondi Europei” organizzato a Domodossola dall’Associazione ARS.UNI.VCO, alcuni

partecipanti hanno sviluppato l’idea di un progetto per la reintroduzione della

coltivazione di canapa “SATIVA” (non rientrante nella categoria dei cannabinoidi) nella

provincia del Verbano-Cusio-Ossola, nel cui territorio alpino, come testimoniato da

1 Referente Progetto SATIVA – Comitato Sativa – ARS.UNI.VCO

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ricerche su documenti risalenti all’alto medioevo, era sempre stata coltivata, lavorata ed

utilizzata.

Giudicato ‘meritevole ed interessante’ dai docenti valutatori, dietro loro esplicito

suggerimento, il gruppo di lavoro ha deciso di costituirsi come comitato SA.T.I.V.A. -

SAve a Territory Increasing Value of Agriculture – di procedere alla registrazione formale

di un marchio individuale presso l’Ufficio Italiano brevetti e marchi, e di cedere

gratuitamente ad ARS.UNI.VCO l’utilizzo del marchio per verificare la possibilità di

portare avanti e trasformare l’idea originale in azioni concrete a favore dello sviluppo

locale e non solo.

Il progetto SA.T.I.V.A., per tramite del COMITATO2 costituitosi internamente

all’Associazione, si propone di riscoprire e rivalutare una risorsa naturale tipica come la

canapa SATIVA per individuare nuove opportunità di crescita economica e di sviluppo

sociale, in linea con le direttive ambientali europee, e allo stesso tempo conservare e

tramandare la cultura materiale e immateriale locale.

Essendo la canapa una pianta dai mille usi, definita oggi come il nuovo ‘oro verde’, si

tratta di un progetto molto ampio che tocca vari ambiti e realtà: dall’uso alimentare al

tessile, dal campo medicinale al mondo edile, dal contrasto del dissesto idrogeologico

alla fitodepurazione e via dicendo, ricomprendendo per ciascuna di tali declinazioni

tutta un’ulteriore serie di aspetti tecnici (ingegneristici, artistici, sociali, economici ecc)

che necessitano di essere ulteriormente esplorati e dettagliatamente definiti.

Consapevoli dell’ampiezza della tematica, all’inizio del 2015 si è ritenuto di

individuare un aspetto da cui partire che potesse essere realizzato immediatamente e

direttamente, quindi senza che fosse necessario passare attraverso particolari

finanziamenti di carattere economico, utilizzando le risorse istituzionali, umane ed

economiche disponibili sia dell’Associazione, sia dei componenti del Comitato, sia di

ulteriori soggetti direttamente o indirettamente interessati. Vista la disponibilità di

terreni agricoli dismessi o non utilizzati e di istituzioni ed associazioni locali che erano

disposte a supportare questa iniziativa, si è proceduto ad avviare una coltivazione

sperimentale di CANAPA SA.T.I.V.A..

COLTIVAZIONE SPERIMENTALE DI CANAPA SA.T.I.V.A. 2015

Effettuata su terreni situati nella PROVINCIA del Verbano Cusio Ossola (principalmente

Ossola e Verbano), di seguito si dettagliano in sintesi gli OBIETTIVI, i RISULTATI, le

AZIONI e le COLLABORAZIONI AVVIATE:

2 I componenti del Comitato SATIVA operano a titolo gratuito, non essendo previsti per i medesimi né remunerazioni né rimborsi.

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OBIETTIVI

1. Recuperare il territorio montano in stato di abbandono mediante interventi di

riqualificazione agricola

2. Contrastare il dissesto idrogeologico

3. Verificare le varietà più idonee alla coltivazione nelle zone alpine, anche in base

al prodotto che si desidera ricavare

4. Rilevare le problematiche di coltivazione, raccolta, lavorazione e utilizzo dei

prodotti

5. Rilevare tipologie e quantitativi di sostanze cannabinoidi (principalmente thc e

cbd) presenti nella parte verde (fiori e foglie)

6. Creare un percorso formativo didattico specifico per i vari settori produttivi

7. Valutare l’interesse e la collaborazione dei privati

8. Valorizzare luoghi e attrezzi di lavoro storici ancora esistenti sia in luoghi pubblici

che in case private

9. Conservare la cultura locale legata alla coltivazione e all’uso della canapa

(tessuti, cordame, scarpe, carte speciali)

10. Generare interesse per ripensare allo sviluppo economico locale, stimolando la

riconversione di produzioni attualmente in crisi, il riuso di fabbricati in stato di

abbandono e la modifica e adattamento di macchinari agricoli già esistenti.

AZIONI

1. Recupero del territorio:

a. Incontro di divulgazione del progetto (comunicare metodologie di

rilevamento dati)

b. messa a disposizione di alcune aree comunali (Comuni di Baceno, Bannio

Anzino, Verbania) e terreni privati da dedicare alla coltivazione della

canapa

c. collaborazione con i proprietari per tutta la fase della coltivazione e

raccolta

2. Contrasto del dissesto idrogeologico:

a. Al momento non sono state ancora messe in atto specifiche azioni di

monitoraggio dati

3. Verifica varietà colturali più idonee:

a. Richiesta semi ad Assocanapa – purtroppo era disponibile solo un’unica

varietà: ‘Futura 75’ di produzione francese. Per avere differenti tipologie

occorre una prenotazione molto anticipata

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4. Rilevamento problematiche:

a. Raccolta feedback dei soggetti partecipanti alla sperimentazione

5. Rilevamento tipologie e quantitativi cannabinoidi (thc e cbd) in fiori e foglie

a. Inviati campioni ad analizzare presso Università degli studi di Milano -

Dipartimento di Scienze per gli Alimenti,la Nutrizione e l’Ambiente,

sezione di Scienze chimiche e biomolecolari

6. Creazione percorso formativo didattico specifico per i vari settori produttivi:

a. Avviata la collaborazione con l’Istituto P.S. Agrario “Fobelli” di Crodo

b. Laboratorio per le scuole “In un filo di canapa” realizzato in

collaborazione con Cooperativa Valgrande e Parco Nazionale Valgrande

(realizzazione di corde )

7. Valutazione dell’interesse e la collaborazione dei privati:

a. Incontri pubblici aperti al pubblico: convegno, promozione progetto,

sagre

8. Valorizzazione luoghi e attrezzi di lavoro:

a. Raccolta informazioni circa i luoghi in cui veniva lavorata e gli attrezzi

ancora esistenti, oltre che degli studi e approfondimenti già effettuati da

parte di vari enti del territorio (Comuni, associazioni, musei, CAI)

9. Conservazione della cultura locale:

a. Individuazione di associazioni con cui poter far rete in futuro

b. Generazione d’interesse per ripensare allo sviluppo economico locale

c. Raccolta opinioni e livello d’interesse da parte di privati nei momenti

riportati al punto 5

RISULTATI

1. Recupero del territorio:

a. Partecipazione numerosa alla sperimentazione

b. Forte richiesta di nuove collaborazione per il prossimo anno sia per i

privati che per il pubblico, che di incremento aree per i soggetti già

partecipanti

c. Numero di partecipanti in crescita nelle prime settimane, nessun

abbandono

2. Contrasto del dissesto idrogeologico:

a. Non è stato ancora possibile analizzare questo aspetto

3. Verifica varietà più idonee:

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a. La varietà di seme utilizzata ha dato ottimi risultati, resta comunque di

nostro interesse riuscire a paragonare e testare le altre varietà,

soprattutto quelle italiane

4. Problematiche rilevate:

a. Forti limiti legislativi per la produzione e la vendita dei prodotti

b. Meccanizzazione necessaria e costosa

c. Spazi adeguati per lo stoccaggio

d. Carenza (e distanza) di centri di lavorazione dei prodotti raccolti

5. Analisi tipologie e quantitativi sostanze cannabinoidi (thc e cbd) in fiori e foglie

a. Si veda relazione dott.ssa Gigliola Borgonovo

6. Percorso formativo didattico:

a. Istituto agrario “Fobelli” di Crodo: realizzata coltivazione e raccolta,

sperimentata produzione di birra alla canapa all’interno dei laboratori

scolastici

b. Ipotizzata la collaborazione con altre scuole per i prossimi anni,

soprattutto per la ricerca e formazione sull’uso dei prodotti a base di

canapa (tra questi l’istituto alberghiero “Maggia” di Stresa per il settore

alimentare)

c. Partecipazione attiva delle scuole per il laboratorio di creazione cordami

“In un filo di canapa”

7. Valutazione interesse e collaborazione dei privati

a. Il progetto ha generato molto interesse, collaborazione, condivisione

delle informazioni e cultura storica, messa in rete delle risorse, delle

problematiche e delle possibili soluzioni

8. Valorizzazione luoghi e attrezzi di lavoro:

a. Esiste molto materiale che necessiterebbe di studi e progetti ad hoc

soprattutto dal punto di vista antropologico con possibili sviluppi anche

dal punto di vista turistico (quasi ogni paese delle nostre valli era dotato

di maceratoio per la lavorazione della canapa)

9. Conservazione della cultura locale:

a. Enti, associazioni, comuni, musei, CAI hanno già elaborato raccolte,

percorsi, ricerche storiche che andrebbero valorizzate sinergicamente e

rese più fruibili

10. Generazione interesse per ripensare allo sviluppo economico locale:

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a. L’interesse da parte dei privati è evidente, necessita ora della risoluzione

dei problemi di gestione dei prodotti (legislazione, lavorazione, canali di

vendita)

b. È significante e significativo inoltre, di come molte e diversificate siano

state le richieste di interesse dimostrate per il progetto e di contestuale

approfondimento delle tematiche potenzialmente sviluppabili. Molti i

privati che vorrebbero recuperare i “saperi” ed il “saper fare” delle

generazioni precedenti, collaborare nella conservazione di luoghi e

oggetti ampliando musei già esistenti o creando nuovi percorsi, molte le

aziende del territorio che vorrebbero diversificare/riconvertire le loro

produzioni attualmente in forte crisi (settore tessile, plastico, edile,

cartario, agricolo).

COLLABORAZIONI AVVIATE

Il comitato SA.T.I.V.A. collabora per le sue attività con:

CANAPA ALPINA, progetto che vuole sperimentare la storica coltura della canapa

in diverse zone del Verbano Cusio Ossola.

ASSOCIAZIONE CANOVA, il cui interesse è rivolto principalmente al paesaggio

architettonico tradizionale e ai legami culturali che l’uomo ha sviluppato con

l’ambiente circostante. All’interno di queste finalità, vi è una attenzione specifica

verso la coltivazione e la bioedilizia a base di canapa.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI di MILANO (Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la

Nutrizione e l’Ambiente, sezione di Scienze chimiche e biomolecolari)

ISTITUTO AGRARIO FOBELLI di CRODO

COOPERATIVA PARCO VALGRANDE e Parco

CONSORZIO AGRAIA DI GUBBIO UMBRIA

ASSOCANAPA, il Coordinamento Nazionale per la Canapicoltura

ISTITUTO ALBERGHIERO “MAGGIA” DI STRESA

EURAC

ECOPASSION

In particolare l’Istituto Agrario di Crodo sta valutando la possibilità di costituire una

azienda agraria che dia sbocco alle attività già attive come sperimentazioni ed è nostra

intenzione, per quanto ci compete, proseguire e alimentare la collaborazione con questa

realtà scolastica così come con gli altri soggetti.

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PROSPETTIVE SA.T.I.V.A.

Terminata la prima fase di sperimentazione, che si è protratta per tutto il 2015 con la

semina, la coltivazione ed il raccolto, dopo una serie di incontri e di ragionamenti

effettuati sulla base di quanto sperimentato, si ritiene con sempre maggiore convinzione

che i settori di analisi e di sviluppo possano essere molteplici e di ampie prospettive.

Sulla base del contesto territoriale, sia dal punto di vista ambientale che dal punto di

vista economico-produttivo, sono stati individuati alcuni ambiti a cui si vorrebbe dare

priorità:

FITODEPURAZIONE

- nel secolo scorso forte presenza sul territorio locale, di industrie nei settori della

chimica, rubinetteria, casalingo ha creato inquinamento di acque e terreni (best practice

Lago D’Orta) -

Sperimentare la fitodepurazione attraverso la coltivazione di canapa sativa su terreni

inquinati in aree pedemontane, al fine di rilevare l’efficacia fito-depurativa e lo sviluppo

vegetativo della pianta, sperimentando le successive metodologie di smaltimento o

riutilizzo delle colture.

FITOCANNABINOIDI per uso erboristico e terapeutico

- terreni piccoli e terrazzati -

Sperimentare la produzione in zone montane, utilizzando piccoli appezzamenti e/o

terrazzamenti, per un prodotto di nicchia, controllato , ottenendo una coltivazione

economicamente sostenibile.

CONTRASTO AL DISSESTO IDROGEOLOGICO E RECUPERO DEI TERRAZZAMENTI

- costante rischio idrogeologico su tutto il territorio provinciale -

Verificare l’efficacia della coltivazione della canapa per contrastare il dissesto

idrogeologico e generare interesse per la conservazione/manutenzione di terreni, muri a

secco, edifici rurali e terrazzamenti

ALIMENTAZIONE

- presenza capillare di produttori alimentari medio-piccoli, forte domanda di prodotti

bio e di alimenti privi di glutine -

Verificare la possibilità di sviluppo di prodotti alimentari derivati da semi e farina di

canapa e formazione e informazione sulle proprietà e utilizzo in collaborazione con le

scuole alberghiere e professionali del territorio

LCA (Life Cycle Assessment)

Eseguire valutazioni del “ciclo di vita” di alcuni dei più significativi prodotti derivati

dalla canapa

FILIERA BOVINO-CASEARIA

- incrementare la produzione di prodotti di nicchia, essenziali per le piccole medie

imprese agroalimentari del territorio montano -

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Sperimentare l’introduzione nell’alimentazione bovina di mangime a base di canapa, per

valutare l’impatto nella filiera lattiero/casearia degli aspetti nutritivi e organolettici

BIOMASSA

- in caso di coltivazioni diffuse -

Verifica di fattibilità dell’introduzione nella filiera delle biomasse, della parte

fibrosa/legnosa della pianta di canapa

IL COMITATO SATIVA:

Costituito con delibera Consiglio Direttivo ARS.UNI.VCO del 25.09.2014, il Comitato è

un organo consultivo dell’Associazione, ed in particolare del Consiglio Direttivo, che ne

ha la titolarità esclusiva del progetto.

Responsabile Scientifico: Stefania Cerutti (Università del Piemonte Orientale)

Referente Scientifico: Andrea Sasso

Componenti: Moreno Bossone, Stefania Cerutti, Stefano Costa, Edoardo Costa, Elisa

Cristina, Sara Ielmoli, Paola Marchi, Riccardo Milan, Andrea Sasso.

Contatti: [email protected] - tel. 0324.482.548

https://www.youtube.com/watch?v=6YSBNspWRPU

https://www.youtube.com/watch?v=-d46OhPArM0

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CANAPA e TERRITORIO.

La CANAPICOLTURA nella VAL d’OSSOLA:

STORIA e PROSPETTIVE FUTURE

Evelina Felisatti1

IL PAESAGGIO OSSOLANO

«L’ottima strada da Crevola al Crodo continuava fino a Baceno, costeggiando un

cornicione sulla facciata arrotondata di un vasto precipizio che sembrava lisciato dal

ghiacciaio. Il Tosa scorre in fondo a una profondità invisibile; nei pressi di Baceno è

raggiunto dal Torrente Devero della Val Devera, dove viene attraversato da un nuovo

ponte e dal quale si ha una veduta vertiginosa del torrente rinchiuso, che lotta e scava

nel suo letto angusto finché raggiunge il Tosa nel fondo di un abisso. Il rintocco delle

campane di mezzogiorno, appena un po’ più in là, ci fece sussultare, non potendo

immaginare da dove venisse, finché un raggio di sole nella nebbia rivelò il campanile e i

contorni nebbiosi di una grande chiesa; poco dopo raggiungemmo il paese mentre il sole

spuntava di nuovo allegramente, mostrandoci le case chiare di Baceno simili a piccole

ville, circondate da giardini allegri ai piedi di un caldo pendio di vigne, le cui foglie erano

di un giallo oro e di un rosso sangue scuro. Emergendo dalla nebbia umida e fredda che

scivolava dalle rocce nascondendo tutto nell’oscurità, le vette circostanti brillavano con il

sole mattutino e sembravano ora lucenti e pulite.

Le cime nevose del Monte Cìstella, che sovrasta la valle, e il Pizzo della Rossa

all’estremità della Val Devera, nella parte nord-occidentale, brillavano di uno strato

fresco di neve; nell’aria c’erano una calma e una dolcezza indescrivibili che rendono tali

giornate d’autunno le più felici e le più tranquille dell’anno. Baceno aveva un bell’aspetto

e molte case erano le residenze di benestanti in pensione; la gente con cui ci fermavamo

a parlare lasciava nella nostra mente un’ottima impressione per la sua cortesia e per la

sua gentilezza2».

Tale è l’immagine di Baceno del 1855, quando i primi turisti iniziavano a visitare

l’Ossola attraverso i valichi alpini. Samuel William King, pastore protestante del Norfolk3,

risale la Valle Antigorio diretto verso il Passo del Gries, e ci narra di un paesaggio

bucolico, misterioso e al tempo stesso armonioso, dove vi è un rapporto simbiotico tra

natura e uomo.

1 Vice-Presidente Associazione Canapa Alpina e autrice della tesi di laurea “PAESAGGI CULTURALI E IDENTITA’: LA CANAPICOLTURA NELLA VAL D’OSSOLA” 2 P. Crosa Lenz, E. Rizzi, Storia di Baceno, Comune di Baceno-Fondazione Enrico Monti, Tipolitografia Saccardo, Ornavasso, 2006, p. 14. 3 Ibidem.

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L’Ossola, bellissima regione alpina, che comprende tutto il bacino imbrifero del fiume

Toce e si spinge a settentrione incidendo un ampio settore delle Alpi Occidentali

italiane, è formata da rocce antichissime intensamente metamorfosate.

Il paesaggio ossolano è fortemente caratterizzato da due importanti agenti

morfologici del territorio che hanno plasmato la valle: la rete idrografica del fiume Toce

e le precedenti glaciazioni quaternarie.

Il paesaggio dell’Ossola, inteso nell’accezione massariana4 di fusione armonica tra

l’attività trasformatrice dell’uomo e lo spazio naturale in cui si trova ad operare, si

presenta ricco, vario, articolato, in quanto vi si rilevano a stretto contatto laghi e monti,

cittadine e alpeggi, terrazzamenti e cappelle, sacri monti e ville, castelli e chiese, e vari

altri elementi ancora5.

I piccoli borghi con annessa la chiesa parrocchiale rappresentano il centro della

comunità. La collaborazione era fondamentale, dato anche il sistema della vicinia ossia

dell’uso comunitario del territorio.

La "fame" di terra ha portato alla realizzazione di sistemi terrazzati: tale tecnica,

creando superfici pianeggianti e sfruttando esposizioni favorevoli, ha permesso lo

sviluppo di un’agricoltura di montagna e di conseguenza il sostentamento per la

comunità, contribuendo inoltre alla stabilizzazione dei versanti. Sia la realizzazione che il

mantenimento dei terrazzamenti fu possibile grazie al lavoro immane di tutta la

comunità. Il paesaggio che ne deriva è funzionale e bello, i muretti a secco seguendo le

curve dei versanti sono armonizzati con l’ambiente circostante. Così, con intelligenza e

sapienza, questi popoli hanno smontato e rimontato le montagne osservandone le leggi

e, nel rimodellarle, ne hanno assecondato la sinuosità delle curve di livello, ne hanno

ricalcato le rientranze, organizzando sapientemente lo scorrimento delle acque.

Nessun paesaggio culturale si mantiene al di fuori di una relazione con la comunità

che lo ha realizzato e continua a farsene consapevolmente carico, attenta a non

distruggere quel tratto identificante.

Oggi il paesaggio ossolano è molto diverso rispetto a quello descritto da Samuel

William King, il quadro idilliaco e armonioso che traspare dal racconto è in completa

dissonanza con quello che si presenta agli occhi dei viaggiatori contemporanei.

A partire dalla seconda metà del XIX secolo, i fenomeni di migrazione dalla montagna

hanno prodotto una prima diminuzione della pressione demografica sugli spazi agricoli6,

determinando l’inizio della fase di abbandono delle aree più marginali, che

4 Antonio Massara, fondatore del Museo del Paesaggio di Verbania. 5 Cfr. http://www.museodelpaesaggio.it/it-it/home/paesaggio/schede. 6 Cfr. L. Bonardi, Declino e prospettive dell'attività agricola sui versanti terrazzati, in M. L. Betri (a cura di), Figure del lavoro nel Novecento. Contadini, Centro Studi Storia del Lavoro, Rosenberg & Sellier, Torino, 2006, pp. 339-354.

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corrispondono agli spazi meno produttivi, a quelli di più difficile lavorabilità e a quelli più

distanti dalle sedi abitative.

La rivoluzione agricola di metà Ottocento ha, considerevolmente e rapidamente,

ridotto il bisogno di spazi per l’agricoltura. Contemporaneamente, lo sviluppo industriale

ha determinato importanti flussi di mano d’opera verso i centri urbani in pieno sviluppo.

Questi due fenomeni hanno provocato l’innesco di importanti processi di esodo rurale7.

Lo spopolamento delle vallate ossolane è stato intenso e inesorabile a partire dal

secondo dopoguerra, causando l’abbandono delle pratiche agricole, a causa anche della

concorrenza dell’agricoltura di pianura, e della cura del territorio che con tanta fatica

l’uomo addomesticò nei secoli.

Dovunque, come un museo a cielo aperto si trovano tracce e testimonianze di una

cultura oggi purtroppo in dissolvimento, della passata colonizzazione che l’uomo praticò

con fatica e caparbietà. Antiche mulattiere dimenticate sfiorano piccoli nuclei di case

decadenti, fagocitate dalla vegetazione; i terrazzamenti destinati ai coltivi sono obliterati

dal recente rimboschimento che invade le aree prima addomesticate e poi

abbandonate.

Il paesaggio ossolano risulta oggi abbandonato e compromesso: troviamo infatti nella

piana dell’Ossola inferiore scheletri e resti di fabbriche chiuse da tempo, accanto a

capannoni di nuova realizzazione la maggior parte dei quali vuoti, lo sprawl è arrivato

anche in questa piccola porzione delle Alpi; sulle pendici dei versanti invece,

l’abbandono dell’agricoltura ha generato un rimboschimento eccessivo, mentre le fasce

terrazzate più accessibili e meglio esposte sono state compromesse, prese d’assalto

dalla speculazione edilizia, con la costruzione di villette e relative strade per l’accesso.

Questa perdita di senso del paesaggio è ben avvertita dalla popolazione locale,

indubbiamente, per questi l’abbandono dell’agricoltura di montagna e la

rinaturalizzazione diffusa sono elementi negativi, una sconfitta per le comunità infatti, il

declino di tali pratiche e l’obliterazione di questi luoghi coinvolge anche aspetti culturali

determinanti per l’identità delle persone: la banalizzazione del paesaggio dovuta

all’abbandono di coltivazioni promiscue a favore della monocoltura, la diffusione del

bosco contribuiscono al senso di disagio e alienazione verso il "non luogo"8.

Diversa è la percezione del turista che viene dalla città, alienato dalla natura esso

vede la diffusione di essenze arboree come un fattore positivo, trovando ristoro nel

mare delle verdi chiome che celano invece, un paesaggio sapientemente creato nel

corso dei secoli dalle comunità ossolane, quindi non wilderness, come appare a prima

vista ma perdita di paesaggio culturale.

7 Ibidem. 8 Cfr. L. Bonesio, Oltre il paesaggio. I luoghi tra estetica e geofilosofia, Arianna, Bologna, 2002.

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IL PAESAGGIO AGRARIO OSSOLANO

L’agricoltura in Val d’Ossola è stata per secoli l’attività principale per la sussistenza

della popolazione, l’ambiente agricolo tradizionale era un tempo in grado di creare

equilibri ecosistemici di lungo periodo che spesso, grazie alla diversificazione del

paesaggio, davano luogo ad un incremento della biodiversità.

La piccola agricoltura ossolana era caratterizzata dalle colture promiscue, cioè da

colture sia arboree che erbacee, coltivate nello stesso appezzamento.

L’Ossola, data la sua particolare ubicazione e le caratteristiche dell’esiguo suolo

agrario, poteva vantare una grossa differenziazione produttiva: dai cereali,

prevalentemente segale, grano saraceno, avena, panìco, miglio, mais e frumento, alle

patate, le numerose varietà di piante da frutto e ortaggi, dalle piante industriali,

soprattutto canapa, alla selvicoltura.

LA CANAPICOLTURA IN OSSOLA

La canapa sativa, originaria dell’Asia, è conosciuta sin dal II millennio a.C.; questa

meravigliosa e versatile pianta giunge in Italia tra il VI e il V secolo a.C.9

In Ossola si ha testimonianza della coltivazione della canapa, ma anche del lino, negli

Statuti Comunali del 1300 che disciplinavano, già allora, la fase della macerazione,

vietando agli abitanti di macerare la canapa all’interno e alle porte dell’abitato per

motivi igienici, in quanto questa pratica poteva provocare epidemie, nonché sprigionare

fetori maleodoranti.

La canapicoltura è sempre stata di fondamentale importanza per la produzione di

molti oggetti d’uso quotidiano quali corde, reti, cesti, le peculiari calzature tipiche

ossolane con la suola rinforzata con corda di canapa; tela per la biancheria di casa e per

la creazione d’indumenti e ancora l’olio di canapa utilizzato per l’illuminazione, infine, i

semi venivano consumati sia dai contadini stessi per lenire la fatica nei campi, che per

l’alimentazione del bestiame.

Nei secoli passati l’area coltivata a cereali, canapa e lino era molto estesa; ma dalla

fine dell’Ottocento, prima lentamente e poi con maggiore rapidità, mutò la base

economica, in quanto lo sviluppo del commercio rese possibile l’importazione di cereali

e di materiale tessile da altre aree. Venne così trasformandosi il quadro agricolo. La

coltivazione dei campi regredì a vantaggio dell’economia lattifera: l’antica superficie

piantata a cereali diventò prato o venne adibita alla coltivazione delle patate. Anche le

coltivazioni della canapa e del lino si rivelarono sempre meno proficue e perciò

sparirono quasi del tutto verso la metà del secolo scorso.

9 Cfr. supra, pp. 54-56.

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Emblematiche sono le parole dell’Avvocato Stefano Calpini che nel suo libro

"Memoria sulle condizioni dell’agricoltura e della classe agricola nel circondario

dell’Ossola" del 1880 ci fornisce un quadro delle condizioni della coltura:

«La canapa è la pianta tessile che più di ogni altre è coltivata in Ossola. Ma ci

affrettiamo a dichiarare che questa coltura non riesce produttiva siccome in

altre regioni italiane dotate di miglior terreno10».

Come si evince dalle parole del Calpini nell’Ossola la coltivazione della canapa non

raggiunse mai una forma industriale, come del resto tutta l’agricoltura di montagna,

infatti, questa veniva per lo più praticata per auto sussistenza. Ogni famiglia adibiva una

piccola porzione di terreno, solitamente quella più vicina alle abitazioni, a canapa,

seguendo la policoltura.

Uno dei principali ostacoli alla coltivazione risiedeva nell’estrema polverizzazione e

parcellizzazione fondiaria, dovuta ad una frammentazione dei fondi, scarsa innovazione

e produttività, che comportavano redditi molto bassi, sufficienti esclusivamente al

sostentamento del proprietario.

La coltivazione dunque aveva un carattere prevalentemente di sussistenza e di

autoconsumo familiare, dove di fondamentale importanza era la manodopera

femminile.

«In Ossola le donne lavorano alla pari quasi degli uomini. Le donne sono

pressoché nelle fatiche pareggiate agli uomini, ed è dolorosa cosa il vedere il

gentil sesso costretto a fatiche improbe, per la loro costituzione fisica (come a

portare gravi pesi) senza nessun riguardo ad alcune loro circostanze speciali

(quali la gravidanza) in cui spesso vengono a soffrire nella salute loro e

pregiudicano quella del nascituro11.»

LA LAVORAZIONE DELLA CANAPA

Nella coltivazione e lavorazione della canapa le donne ricoprivano un ruolo di

primaria importanza: a loro era affidata la semina e la cura del campo. La prima si faceva

in primavera, solitamente tra marzo e aprile, a seconda della stagione, in luna crescente.

Il campo veniva preparato normalmente, senza accorgimenti particolari, si seminava a

spaglio, cioè a manciate, la canapa doveva crescere molto ravvicinata con alti fusti e

poche ramificazione per ottenere una fibra di maggior qualità12.

10 S. Calpini, Memoria sulle condizioni dell'agricoltura e della classe agricola nel circondario dell'Ossola, 1880, Centro Studi Piero Ginocchi-Crodo, Tipografia Saccardo, Ornavasso, 2005, p. 24. 11 S. Calpini, op. cit., p. 77. 12 Cfr. R. Zeli, Terminologia domestica e rurale della valle Canobina (Novara), Edizioni Casagrande Bellinzona, 1968.

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Quando la canapa cominciava a raggiungere una certa altezza, circa 20 centimetri,

doveva essere mondata e sarchiata, al fine di eliminare le malerbe, queste pratiche

erano svolte interamente dalle donne.

La raccolta della canapa da filare avveniva in agosto, epoca in cui la pianta

raggiungeva l’altezza di due metri circa. Iniziava la raccolta della pianta maschile

(considerata nella credenza popolare pianta femminile, perché di dimensioni più ridotte)

che era in fiore. Le piante femminili (considerate maschili) venivano invece lasciate nel

campo sino a completa maturazione dei semi, necessari per la coltivazione nell’anno

successivo.

A questo punto iniziava la raccolta tagliando i fusti con il falcetto e formando dei

piccoli mazzetti, privati della cima. Le piante venivano poi lasciate nel campo per una

prima fase di essiccazione, al fine di far perdere loro il fogliame. Dopo di che erano solite

essere portate nei "pozz" ossia i maceratoi.

La macerazione si eseguiva con diversi mezzi, a seconda della configurazione del

terreno attorno al paese, infatti, questi erano perlopiù zone acquitrinose naturali

presenti nel territorio Ossolano.

Quindi se il paese possedeva terreni paludosi, venivano utilizzati quelli, scavando una

buca nel terreno, che poco a poco si riempiva d’acqua; come a Croveo, in Valle Antigorio

dove la macerazione della canapa avveniva nelle zone acquitrinose limitrofe all’abitato,

chiamate "janch".

In alternativa il macero si otteneva scavando nel prato una fossa di circa un metro e

cinquanta, larga due metri e lunga tre. Essa era rivestita lungo le pareti verticali

mediante muri a secco, che sporgendo dalla fossa stessa formavano un piccolo argine13.

Nel "pozz" così creato si faceva poi entrare l’acqua di un torrente mediante la creazione

di canali.

Oppure a volte era il torrente stesso ad essere adibito a macero, sfruttando i meandri

naturali, ovviamente questa soluzione supponeva dei rischi, infatti, l’intero raccolto

poteva andare perduto in caso di un’improvvisa ondata di piena.

La canapa raccolta veniva dunque portata nei maceri: messa in acqua disposta a

mazzetti molto stretti, in modo che potesse fermentare meglio, e coperta con grossi

sassi affinché non galleggiasse.

Ovviamente i maceri erano ad uso plurifamiliare, quindi per distinguere la canapa dei

vari proprietari, i singoli mazzetti venivano contati oppure segnati.

La macerazione durava dagli otto ai dodici giorni; anche in questo caso erano le

donne a svolgere il lavoro di innacquare la canapa e quello di estrarre i mazzi dal

macero. Una volta tolti dal macero, i mazzetti, si ammucchiavano sul prato ad asciugare

13 Cfr. Ibidem.

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per una o più giornate. Infine venivano posti a seccare in piedi contro i muri delle

abitazioni.

Una volta secca iniziava la stigliatura della canapa, la prima fase di un lungo laborioso

processo per giungere alla fabbricazione dei tessuti. Il tiglio cioè la fibra tessile, era

separato dal fusto, pianta per pianta, manualmente. A questa mansione solitamente

durante l’inverno, si dedicavano donne e bambini, lavorando molto rapidamente con le

dita. Il rimanente nucleo dei fusti, stubii, era utilizzato per accendere il fuoco, infatti,

della canapa non si buttava nulla per questo era considerata il "maiale vegetale".

Alla stigliatura o scavezzatura seguiva la scotolatura, ossia la separazione delle fibre

utili dalla parte legnosa ancora aderente ad esse. Per fare ciò il tiglio veniva battuto con

un attrezzo di legno, chiamato in Valle Antigorio "gnaxza", oppure veniva ammorbidito

nelle macine di pietra. La canapa così trattata veniva poi pettinata, mediante l’utilizzo

dello scardosso14, al fine di separare la fibra fine da quella grossolana. La canapa si

divideva così in stupa, usata per la filatura e in arista, più fine, usata per la tessitura.

La coltivazione della canapa permetteva, assieme alla lana, la confezione della

biancheria familiare e di sacchi e corde. Con le fibre ricavate si produceva lo spago o il

filo ritorto, inoltre, filate e tessute in appositi telai, si otteneva la tela utilizzata per

confezionare appunto biancheria per la casa ed alcuni indumenti. La coltivazione e la

lavorazione (filatura e tessitura) era il risultato di un artigianato domestico il cui

"mestiere" era trasmesso per esperienza diretta da una generazione all’altra: sapere

purtroppo quasi del tutto scomparso. Una consuetudine legata alla coltivazione della

canapa, a forte valenza sociale, consisteva nella messa a semina della canapa, in

occasione della nascita di una figlia femmina, per la realizzazione del corredo. Una

memoria storica ormai del tutto scomparsa.

Anche in Ossola come nel resto d’Italia la canapicoltura è stata abbandonata per

motivi culturali: il lungo e faticoso lavoro per ottenere i tessuti determina la fine della

coltivazione unita alla voglia di riscatto dalle radici contadine, poter comperare qualcosa

di meccanico era un valore aggiunto; inoltre, contribuirono alla fine della coltura anche

fattori politici legati al proibizionismo della canapa indica.

«Era la tarda mattina di una giornata estiva del 1978 e Carolina, nome

frequente tra le donne di Gurro, era indaffarata a cucinare. […] Ad un certo

punto giunsero tre uomini, che, fermi sul cancello all’ingresso, la chiamarono ad

alta voce: "Signora Carolina, signora". Carolina si affacciò sul balcone per

vedere di cosa si trattasse. "Ci fa entrare?"[…] "Signora sono il maresciallo dei

carabinieri e siamo venuti a cercare i campi di canapa. Dove si trova il suo

14 Scardosso: è un'asse di legno, dalla lunghezza di 75 cm circa, nella parte mediana del quale sono piantati circolarmente chiodi di ferro: la cui lunghezza, grossezza e densità è variabile a seconda della qualità della fibra che si vuole ottenere.

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campo?". Carolina, finalmente capì lo scopo della visita. Una ventina di anni

prima, né lei, né le sue amiche avrebbero compreso perché i carabinieri

mostrassero interesse per la canapa. Ma i tempi erano cambiati e anche loro

sapevano che se ne poteva fare un uso molto diverso, che non quello di fare i

pidù15: "Ma io non ho più i campi di canapa, disse, sono anni che non la semino

più. […] In un baleno, la voce corse per tutto il paese […] "Cosa dobbiamo fare?"

perché la decisione doveva essere condivisa e i rischi condivisi da tutti. Eliminare

ogni traccia è stata la decisione. Qualcuna (donna) fu persin troppa premurosa

e accese un falò sul bordo del fiume con tutta la canapa. Tutte, in gran segreto,

si recarono sui solai dove, all’aria asciutta, conservavano le sementi e,

nottetempo, le buttarono nel riale più vicino: potevano sempre dire che l’acqua

le aveva trasportate da chissà dove.

Meno fortunate furono le donne individuate come proprietarie dei campi di

canapa: molte trasferite in caserma a Cannobio, ancor di più a Verbania, per

raccontare cosa servisse la canapa; per essere più convincenti, portavano con sé

un gomitolo di spago e addirittura la suola dei pidù, da lì si poteva vedere molto

bene l’utilizzo che ne veniva fatto in paese.

Fu la fine della coltivazione della canapa e della sua tradizione centenaria.

Era una calda giornata d’agosto del 1978»16.

LA REINTRODUZIONE DELLA CANAPA

Si assiste però, proprio in questa porzione di Alpi ad una timida inversione di

tendenza, con la riscoperta ed il rilancio di antichi saperi e soprattutto di antiche colture.

Un’importante esempio è rappresentato dal progetto "Canapa Alpina", volto alla

reintroduzione della coltivazione della canapa nel territorio: nel 2015 sono stati messi a

semina i primi campi sperimentali dislocati a mappa di leopardo nella Provincia del

V.C.O.

La ripresa di quest’antica coltura implica da un lato la riscoperta di quei valori

immateriali e culturali legati alla canapa, dall’altro la ricerca e lo studio di nuove

applicazioni e utilizzi della canapa che viene da molti considerata il materiale del futuro.

Da quest’esperienza nel febbraio 2016 è nata l’Associazione culturale Canapa Apina,

fondata da sette donne17:lo scopo è quello di promuovere lo sviluppo della

canapicoltura nella Provincia, attraverso la reintroduzione della coltivazione della

15 Tipiche pedule realizzate con lo spago di canapa. 16 A. Nicolussi Rossi, Il regalo dei nonni. Ricordi, fatiche e gioie della gente di Gurro, realizzato con il patrocinio e il sostegno del Comune di Gurro, Diemme Grafica, 2011, pp. 34-38. 17 Tra cui la scrivente: Vicepresidente dell’Associazione.

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canapa18 approfondendo inoltre, l’aspetto culturale legato alla coltivazione. Le attività

dell’Associazione sono altresì volte alla sensibilizzazione e coinvolgimento della

popolazione locale, attualmente si contano 40 soci di cui 30 coltivatori e 10 sostenitori.

Prosegue comunque la ricerca e lo studio di nuove applicazioni e possibili utilizzi in

Ossola, che sono innumerevoli: riscoperta del paesaggio canapoculturale, produzione di

prodotti alimentari a km0, utilizzo per la bonifica dei terreni inquinati del fondovalle,

produzione di carta, bioedilizia

Insomma occorre, come afferma l’economista francese Serge Latouche, «utilizzare la

creatività popolare e locale e le diverse risorse del territorio per cercare di

risvilupparlo»19

18 Nel 2016 sono stati messi a semina 3000 metri quadri in tutta la Provincia, 19 S. Latouche, La scommessa della descrescita, trad. M. Schianchi, Feltrinelli, Milano, 2012, p.133.

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APPENDICE FOTOGRAFICA

Federico Ashton, Veduta di Domodossola, http://www.museodelpaesaggio.it

Domodossola, http://www.meteolivevco.it/webcam-domodossola-torre-mattarella/

Esempi di paesaggio Ossolano - E. Felisatti

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Guercino da casa Pannini a Cento https://www.laterradellorso.it/blog/canapa-alla-riscossa-dai-tessuti-alledilizia-il-rilancio-di-un-

prodotto-pulito-ed-economico-ferrara/

Fase di pulitura della fibra di canapa.

Biblioteca Storica Nazionale dell’Agricoltura. http//:www.politcheagricole.it

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Canapa coltivata a Baceno, Fraz. Croveo

Immagini relative alla fase di essicazione in campo e macerazione nei “pozz”.

Foto di E. Felisatti

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LA REINTRODUZIONE DELLA CANAPA IN AREE MARGINALI E MONTANE

ANALISI E RICERCHE SULLE ATTIVITÀ SPERIMENTALI 2015

NEL VERBANO CUSIO OSSOLA: ANALISI DI UN ANNO DI PROVE

Jacopo Bacenetti1

LE PROVE SPERIMENTALI NEL VERBANO CUSIO OSSOLA

Le prove condotte nel Verbano Cusio-Ossola (VCO) sono state eseguite nel corso del

2015 e hanno previsto la coltivazione di diversi appezzamenti realizzati utilizzando semi

certificati di canapa a basso contenuto di THC e, in particolare, la varietà ‘Futura 75’,

varietà monoica di produzione francese.

GLI APPEZZAMENTI

Complessivamente sono stati realizzati 21 diversi appezzamenti (Tabella 1) per una

superficie complessiva di circa 8000 metri quadrati (0,8 ha). I diversi appezzamenti

erano estremamente frammentati e caratterizzati da una estrema variabilità anche per

quanto riguarda la loro superficie. Se si escludono però l’appezzamento de “La Prateria”

localizzato in Comune di Domodossola a fondo valle e quindi caratterizzato da una

superficie di circa mezzo ettaro, quello di Masera (800 m2) e gli appezzamenti di Baceno

Località Molinetto (2 m2) e Villa Edison (20 m2), tutti gli altri appezzamenti hanno

superfici comprese tra 40 e 200 m2 e possono pertanto essere considerati

rappresentativi di un contesto produttivo che prevede la coltivazione della canapa non

solo in aree montane ma anche in aree caratterizzate da piccoli appezzamenti terrazzati.

Anche in considerazione delle risorse disponibili, l’estrema frammentazione degli

appezzamenti sperimentali ha imposto una selezione delle particelle in cui eseguire i

rilievi.

A tal proposito sono stati selezionati 8 appezzamenti (Tabella 2) che sono a loro volta

caratterizzati da una superficie variabile da 40 a 100 m2 e sono rappresentativi delle

diverse situazioni sito-specifiche che si possono verificare nel VCO in termini di

esposizione, quota altimetrica e pendenza (Figura 1).

1 Ricercatore a Tempo Determinato in Meccanica Agraria dell’Università degli Studi di

Milano – Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - e-mail: [email protected]

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Tabella 1 – Superficie dei diversi appezzamenti

Appezzamento Superficie

(m2)

Prateria Domodossola 5000

Gurro 110

Bannio Anzino 160

Ghesh 100

Masera 800

Vanzone con San Carlo – Località Piano 100

Vanzone con San Carlo – Località Roletto 100

Devero 50

Quarna sotto 140

Cavandone 100

Crodo - Istituto Fobelli 50

Crodo - Località colonia 150

Crodo - Località Molinetto 2

Baceno - Località Croveo 50

Baceno - Località Cugine 200

Baceno - Località Beola 50

Baceno - Località Villa Edison 20

Baceno - Località Ecchio 100

Baceno - Località Cima al Chioso 50

Premia - Località Pioda 50

Premia - Località Cadarese 100

Tabella 2 – Caratteristiche delle coltivazioni in cui sono state eseguite le prove sperimentali

Comune Località Superficie Quota Pendenza Esposizione

m2 m s.l.m %

Baceno Beola 40 820 0% S/SE

Baceno Croveo 40 820 0% E

Baceno Cuggine 100 750 0% SO

Baceno Ecchio 100 818 0% N

Verbania Cavandone 100 450 3% S

Vanzone con San Carlo Piano 100 650 10% E/O

Vanzone con San Carlo Roletto 100 690 10% E/O

Crodo Ist. Fobelli 50 508 0% S

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Figura 1 – Localizzazione delle diverse prove sperimentali nel VCO

I RILIEVI

Negli 8 appezzamenti sperimentali sono stati raccolte informazioni riguardo:

- Precessione e successione colturale, allo scopo di valutare quale può essere

l’inserimento ottimale della canapa in una rotazione colturale si è ritenuto

importante conoscere quale fosse la coltura precedentemente coltivata negli

appezzamenti oggetto di analisi e, al fine di valutare eventuali benefici derivanti

dalla coltivazione della canapa sulle coltivazioni successive (es. riduzione dello

sviluppo di infestanti, aumento della strutturazione del terreno, ecc.), anche quale

fosse quella successiva. Per quanto riguarda la successione colturale i dati ottenuti

sono ancora parziali;

- Epoca delle principali fasi fenologiche (semina, emergenza, fioritura, maturazione

dei semi) al fine di valutare l’adattabilità delle coltura anche alla coltivazione in

ambienti alpini caratterizzati da climi più freddi e stagione vegetativa più breve

rispetto a quella in cui la varietà Futura 75 viene solitamente coltivata (esempio

Carmagnola – TO);

- Tecnica colturale considerando tutte le operazioni di campo eseguite a partire dalla

preparazione del letto di semina (lavorazione principale e/o secondaria del terreno)

fino alla raccolta passando per le (eventuali) cure colturali (es. lotta alle infestanti

manuale e/o meccanica);

- Problematiche fitosanitarie ed eventuali problematiche abiotiche;

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- Resa in seme e in biomassa e altezza delle piante al momento della raccolta.

Quest’ultimo parametro è importante perché, nel caso di raccolta meccanizzata

ricorrendo alle comuni mietitrebbiatrici per cereali autunno-vernini influenza

fortemente l’operatività della macchina.

RISULTATI DELLE PROVE E DISCUSSIONE

PROCESSIONE E SUCCESSIONE COLTURALE

Le coltivazioni di canapa sono avvenute su parcelle di piccole dimensioni la cui

destinazione precedente era molto variabile e prevedeva la coltivazione come orto

domestico, la presenza di un prato stabile oppure un suolo incolto.

Per quanto riguarda la successione colturale le informazioni sono ancora disponibili

ma permetteranno di fare un bilancio qualitativo riguardo alle proprietà della canapa

come coltura di rinnovo che è in grado di migliorare le caratteristiche strutturali del

terreno e anche riguardo alle sue proprietà “rinettanti” ovvero riguardo alla sua capacità

di impedire lo sviluppo delle infestanti grazie alla sua elevata competitività e al suo

apparato radicale molto fitto. A tal proposito, studi condotti in Spagna2, hanno

evidenziato come rispetto alla monocoltura, la coltivazione di frumento tenero dopo

canapa presenti un incremento delle rese del 15-20% circa e che tale incremento sia da

attribuire principalmente alla riduzione delle infestanti e, quindi, della loro

competizione. Oltre a un incremento della resa si ha anche una notevole riduzione

dell’uso di erbicidi con conseguenti benefici sia in termini economici che ambientali.

Tabella 3 – Fasi fenologiche dei diversi appezzamenti in cui sono state eseguiti i rilievi

Comune Località Data

Semina Emergenza Fioritura Raccolta

Baceno Beola 6 maggio 13 maggio Luglio Fine settembre

Baceno Croveo 22 maggio 27 maggio Fine luglio Fine settembre

Baceno Cuggine 12 maggio 27 maggio n/d 21 settembre

Baceno Ecchio 12 maggio 27 maggio n/d 15 settembre

Verbania Cavandone 12 maggio 18 maggio 20 luglio 27 agosto

Vanzone San Carlo Piano 23 maggio 03 giugno 14 luglio Non raccolto

Vanzone San Carlo Roletto 30 giugno 15 luglio 16 agosto 15 settembre

Crodo Ist. Fobelli 11 maggio 20 maggio n/d 15 settembre

Epoca delle fasi fenologiche

In Tabella 3 sono riportati i risultati rilevati relativamente alle principali fasi

fenologiche negli 8 diversi appezzamenti

2 Gorchs and Lloveras. 2003. Current status of hemp production and transformation in Spain. Journal of Industrial Hemp. Volume 8 (1): 45-64.

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Secondo ASSOCANAPA3, l’epoca di semina ottimale per la canapa va da metà

febbraio/fine marzo nel Centro/Sud, fine marzo/metà maggio Nord Italia. Semine

tardive sono fattibili solo se umidità del terreno garantisce l’imbibizione del seme e la

successiva germinazione. Quindi, ad eccezione dell’appezzamento di Vanzone San Carlo

– Località Roletto che è stato seminato il 30 giugno gli altri appezzamenti sono stati

messi a dimora nell’epoca più idonea.

L’emergenza della coltura avviene solitamente in un periodo variabile tra 5 e 7 giorni

purché vi siano temperature medie giornaliere maggiori di 10°C. Negli appezzamenti

consideranti per le prove, il numero di giorni intercorso tra la semina e l’emergenza è

stato mediamente pari a 10,25 giorni con un minimo di 5 giorni (Baceno – Località

Beola) e un massimo di 15 (Vanzone San Carlo – Località Roletto). Non sembra esserci

una relazione chiara tra la data di semina e il periodo necessario per l’emergenza.

Relativamente alla fioritura non è sempre stato possibile identificare una data precisa

perché, a causa della notevole scalarità che si è evidenziata tra le diverse piante e anche

all’interno delle diverse infiorescenze, i rilevatori hanno avuto difficoltà ad individuare il

momento esatto. La raccolta è invece avvenuta tra la fine di agosto e la fine di

settembre. In una piantagione (Vanzone San Carlo – Località Piano), la raccolta del seme

non è stata eseguita perché le piante sono state fortemente danneggiate dall’ingresso

nell’appezzamento di ungulati selvatici e i semi sono stati mangiati da uccelli.

La durata del ciclo colturale media è stata pari a 118 giorni con un minimo di 78 giorni

per l’appezzamento seminato più tardivamente e 144 giorni per l’appezzamento di

Baceno – Località Beola che è anche quello in cui la semina è stata eseguita più

precocemente. I risultati relativi alla lunghezza del ciclo colturale evidenziano una buona

adattabilità della coltura che, dove seminata più precocemente è riuscita a sfruttare al

meglio l’intera stagione vegetativa e dove seminata più tardivamente è riuscita

comunque a portare a termine la maturazione dei semi.

TECNICA COLTURALE

La tecnica colturale attuata nei diversi appezzamenti è caratterizzata da un basso

impiego di fattori produttivi e da una raccolta eseguita manualmente anche in ragione

delle superfici estremamente modeste delle diverse coltivazioni.

In Tabella 4 è riportata la tecnica colturale per quanto riguarda la lavorazione del

terreno e il sesto di impianto. La lavorazione del terreno è stata superficiale in tutti gli

appezzamenti (20 cm di profondità di lavorazione) ed è stata eseguita attraverso

l’impiego di motocoltivatori per eseguire un’erpicatura del terreno ed, in 2 casi su 8, una

vangatura e una erpicatura.

3 ASSOCANAPA (Coordinamento Nazionale per la Canapicoltura ), www.assocanapa.org

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Tabella 4 – Lavorazioni del terreno, sesti di impianto e densità di semina

COMUNE

Lavorazione del terreno Sesto di impianto

Operazione h

(cm)

Interfila

(cm)

Fila

(cm)

Densità

(semi/m2)

Baceno – Beola Erpicatura 20 10 25 40

Baceno – Croveo Erpicatura 20 10 30 33

Baceno – Cuggine Erpicatura 20 30 8 42

COMUNE Lavorazione del terreno Sesto di impianto

Operazione h

(cm)

Interfila

(cm)

Fila

(cm)

Densità

(semi/m2)

Baceno – Ecchio Erpicatura 20 30 8 42

Verbania-Cavandone Vangatura e erpicatura 20 60 15 11

Vanzone San Carlo Vangatura 20 30 10 33

Vanzone San Carlo Vangatura 20 30 10 33

Crodo Vangatura e erpicatura 20 60 15 11

La semina è avvenuta con diversi sesti di impianto cui corrispondeva una densità dei

semi variabile da 11 a 42 piante per m2 (30-35 piante/m2 in media). A seconda

dell'utilizzo la canapa viene piantata: molto fitta, se è destinata alla produzione di fibra

perché in tal caso si cerca di ottenere fusti dal diametro minore per avere fibre più sottili

e pregiate infatti, più la pianta è grossa più la fibra è grossolana e robusta. Al contrario

se lo scopo della coltivazione è la produzione di semi, la semina viene effettuata

mantenendo una certa distanza tra le piante, al fine di favorire dello sviluppo e della

maturazione dei semi. La densità di semina ottimale4 varia quindi in funzione della

destinazione della coltura:

i) 30 to 75 piante/m2 per la produzione di seme,

ii) 10 piante/m2 per scopi medicinali;

iii) 15 piante/m2 per infiorescenza;

iv) 50-750 piante/m2 per la produzione di fibra (150-200 piante/m2 per tessile,

90-100 piante/m2 per fibra non tessile).

Nei diversi appezzamenti la dose di seme è stata pari a 2,0-2,5 grammi/m2

corrispondenti a 20-25 kg/ha; a tal proposito è opportuno ricordare che per gli areali del

Centro-Nord Italia la dose consigliata varia:

i) 50-60 kg/ha per produzione fibra,

ii) 35 kg/ha per seme.

4 Amaducci et al., 2014. Key cultivation techniques for hemp in Europe and China. Industrial Crops and Products.

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Per quanto riguarda tutte le operazioni eseguite nel corso del ciclo colturale un

quadro d’insieme è riportata nella seguente Tabella 5; come è possibile osservare la

tecnica colturale messa in pratica è molto semplificata e prevede un basso livello di

input.

Tabella 5 – Quadro riassuntivo delle diverse operazioni del ciclo colturale

Appezzamento

Zap

pat

ura

Erp

icat

ura

Co

nci

maz

ion

e

pre

se

min

a

sarc

hia

tura

Rin

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Co

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ollo

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Co

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ollo

pat

oge

ni

par

assi

ti

Baceno – Beola No Si No Si Si No No No

Baceno – Croveo No Si No Si Si No No No

Baceno – Cuggine No Si No No No No No No

Baceno – Ecchio No Si Si No No No No No

Verbania Si Si No No No No Si No

Vanzone con San Carlo Si No No Si Si No Si No

Vanzone con San Carlo Si No No Si Si No Si No

Crodo Si si Si Si No No Si No

A parte le operazioni di preparazione del letto di semina che sono state eseguite in

tutte gli appezzamenti, la fertilizzazione è avvenuta solo in presemina e solo in due

degli 8 appezzamenti (Baceno località Ecchio e Crodo – Località Istituto Fobelli). La

concimazione è avvenuta, come detto, in presemina utilizzando fertilizzanti organici

(compost) con una dose di 2 kg/m2 di compost. Il controllo delle infestanti è stato

effettuato solo in 4 appezzamenti manualmente mentre non sono stati eseguiti

interventi per il controllo di patogeni e parassiti.

Relativamente alla fertilizzazione, Assocanapa consiglia concimazioni di 120 kg/ha di

azoto, 100 kg/ha di P2O5 e 300 kg/ha di K2O. Nel caso delle prove occorre considerare

che la maggior parte delle 8 coltivazioni sono state messe a dimora su terreni

precedentemente incolti o destinati a prato ed è pertanto ragionevole suppore che la

coltura abbia beneficiato di una fertilità residua del terreno che andrebbe rapidamente

esaurita nel caso di coltivazione per più anni senza adeguata fertilizzazione. Nel caso si

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preveda una coltivazione ripetuta o inserita in una rotazione colturale occorrerebbe

fertilizzare e/o prevedere l’inserimento nella rotazione. Nel caso di fertilizzazione in

terreni dotati di buona fertilità l’apporto di elementi nutritivi andrebbe calibrato in base

alle asportazioni colturali cioè prevedendo la restituzione di quanto assorbito dalla

pianta ed asportato con la raccolta. A tal proposito nella Tabella 6 seguente sono

riportate le asportazioni colturali della canapa in funzione delle diverse parti della

pianta. In caso di terreni poveri (la cui identificazione non può prescindere

dall’esecuzioni delle specifiche analisi del suolo) occorrerebbero “fertilizzazioni di

arricchimento” in cui la dose dei principali elementi nutritivi è, almeno nei primi anni

fino al raggiungimento del livello adeguato di fertilità, è superiore alle asportazioni.

Tabella 6 – Asportazioni colturali per la canapa5,6

Azoto Fosforo Potassio

%N %P2O5 %K2O

Canapa da fibra 0,43 0,20 0,60

Relativamente alla tecnica colturale nel suo complesso nella Figura 2 si riporta una

schematizzazione della tecnica colturale usualmente eseguita in areali di pianura per la

produzione di sola fibra e di fibra e seme.

È possibile osservare come, rispetto a quella praticata nel corso delle prove

sperimentali nel VCO, vi siano sostanziali differenze che coinvolgono in particolare:

i) La preparazione del letto di semina che prevede una lavorazione primaria

che, eseguita attraverso un’aratura, è più profonda e raggiunge i 30-35 cm;

ii) La fertilizzazione pre-semina che è sempre prevista al fine di garantire buoni

livelli produttivi e non depauperare la fertilità del terreno;

iii) Irrigazione, tale pratica permette di stabilizzare le produzioni e avviene

soprattutto in una logica di soccorso al fine di evitare perdite di produzione.

A tal proposito è importante considerare che deficit idrici nel periodo tra la

semina e le 2-3 settimane immediatamente successive possono causare una

riduzione dell’emergenza delle colture e, in casi estremi, richiedere una

nuova semina mentre, nel corso dello sviluppo della coltura e durante la fase

di fioritura, una severa siccità può ridurre la produzione di sostanza secca da

parte della coltura del 30-50%7.

5 Baldoni, Giardini. Coltivazioni Erbacee. Patron Editore. 6 LINEE GUIDA NAZIONALI DI PRODUZIONE INTEGRATA 2016. Per la redazione dei disciplinari regionali /sezione tecniche agronomiche di cui al punto 12.2.2 del documento: SQNPI – adesione, gestione, controllo/ 2016 7 Gorchs and Lloveras. 2003. Current status of hemp production and transformation in Spain. Journal of Industrial Hemp. Volume 8 (1): 45-64.

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Figura 2- Tecnica colturale per la produzione di fibra

Non ci sono particolari differenze relativamente alla difesa dalle infestanti che, in

entrambe le tecniche, sfrutta l’abilità della canapa di contrastare la crescita delle piante

infestanti. La sua rapidità di crescita assieme all’elevata taglia, conferiscono alla coltura

una spiccata competitività nei confronti delle infestanti dalle quali di norma si difende

senza l’impiego di erbicidi. È importante sottolineare che non sono ammessi erbicidi

nella coltivazione della canapa in Europa e che quindi occorre prevenire sempre le

infestazioni in modo agronomico ad esempio attraverso una falsa semina. Può tuttavia

succedere che, in annate in cui le condizioni climatiche non sono favorevoli alla coltura,

alcune Brassicaceae e Chenopodiaceae abbiano ritmi di crescita maggiori e che quindi

riescano a competere maggiormente con la coltura.

PROBLEMATICHE FITOSANITARIE E ABIOTICHE

Nel corso delle prove, nelle 8 coltivazioni in cui sono stati eseguiti i rilievi non sono

state rilevati particolari problematiche di origine biotica o abiotica a dimostrazione della

rusticità ed adattabilità delle colture. Nell’appezzamento di Crodo – Istituto Fobelli si è

verificata la presenza di piralide. All’interno delle 21 piantagioni analogo problema si è

verificato anche a nell’appezzamento di Domodossola Località Prateria ostacolando lo

sviluppo della coltura nelle prime fasi del ciclo vegetativo. Contro di essa si consiglia una

lotta preventiva, che consiste nella distruzione dei residui di stocchi di mais in

precessione, luogo di svernamento delle larve.

ARATURA ERPICATURA SEMINA

IRRIGAZIONE MIETITREBBIATURA TRASPORTO

Preparazione letto di semina e semina

Cure colturali Raccolta del seme

S

A

FATTORI PRODUTTIVI:Carburanti, Lubrificanti , Fertilizzanti, Acqua,

Macchine operatrici e Trattori

EMISSION ARIA, SUOLO e ACQUA

Note: S = seme (25-35 kg/ha), NPK = fertilizzanti azotati, fosfatici e potassici, con dosi

dipedenti dalla fertilità del terreno e area di coltivazione; A = Acqua

FERTILIZZAZIONE N P K

TRASPORTO STOCCAGGIO

Post raccolta

ANDANATURA

Raccolta stelo

IMBALLAGGIO

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RESA E SVILUPPO DELLE PIANTE

I semi sono stati raccolti manualmente per essere poi sottoposti ad essiccazione

naturale in locali coperti e con ventilazione naturale. La resa in semi è risultata molto

variabile nei diversi campi sperimentali, da 80 a 200 grammi/m2 che corrispondono a 0,8

– 2,0 t/ha, la produzione media 1,2 t/ha. Secondo Assocanapa, 1,0-1,5 t/ha di seme

secco sono le migliori produzioni attualmente conseguibili con le varietà da seme in

Nord Italia.

Per quanto riguarda l’altezza della coltura, i rilievi effettuati sono stati parziali e non

sono stati eseguiti in tutte i campi sperimentali; a tal riguardo è però interessante

sottolineare che in alcuni appezzamenti le piante si sono sviluppate fino a raggiungere i

4 metri di altezza. In un’ottica di meccanizzazione della raccolta, ad esempio in

appezzamenti di fondo valle di medie dimensioni, tale sviluppo del fusto

complicherebbe non poco la raccolta con le mietitrebbie solitamente utilizzate per i

cereali autunno-vernini.

Tabella 7 – Principali risultati produttivi relativamente alla produzione di seme

Comune Località Resa seme

kg kg/m2 t/ha

Baceno Beola 5 0.125 1.25

Baceno Croveo 4 0.1 1

Baceno Cuggine 8 0.08 0.8

Baceno Ecchio 8 0.08 0.8

Verbania Cavandone 12 0.12 1.2

Vanzone con San Carlo Piano 0 0 0

Vanzone con San Carlo Roletto Nd

Crodo Ist. Fobelli 10 0.2 2

Per quanto riguarda la produzione di steli nei diversi appezzamenti, i rilievi effettuati

non hanno sempre permesso di quantificare la biomassa disponibile. Nell’appezzamento

di Baceno – Località Ecchio è stata rilevata una produzione di 15 kg/m2.

CRITICITÀ EMERSE E SVILUPPI FUTURI

Le prove condotte hanno permesso di effettuare una prima valutazione riguardo alla

reintroduzione della canapa in ambiente alpino tuttavia una analisi critica del lavoro

svolto si rivelerebbe sicuramente utile qualora si decidesse di ripeterle.

A tal proposito i principali aspetti su cui occorrerebbe porre particolare attenzione

sono:

COORDINAMENTO DELLE PROVE

Le prove andrebbero coordinate localmente tra i diversi attori coinvolti prevedendo

un supporto scientifico di partenza che segua l’intera sperimentazione (pianificazione,

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raccolta dati, elaborazione). È infatti importante sottolineare che nel caso dei risultati

precedentemente riportati il coinvolgimento del Dipartimento di Scienze Agrarie e

Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia dell’Università degli Studi di Milano è

avvenuto solo a prove avvenute e, quindi, ha riguardato solo la fase finale di

elaborazione dei dati;

NUMERO DEGLI APPEZZAMENTI

La scelta del numero di appezzamenti in cui eseguire le prove deve essere

attentamente ponderata in funzione non solo degli obiettivi delle stesse ma soprattutto

in base delle risorse disponibili (tempo e disponibilità finanziarie). Occorre trovare il

giusto equilibrio tra la ripetizione delle prove in un numero elevato di siti e la possibilità

di seguirle tutte adeguatamente. Infatti, se da un lato l’esecuzione delle prove in un

numero elevato di appezzamenti consente di ottenere maggiori informazioni e di

valutare più nel dettaglio l’effetto di variabili sito-specifiche come pendenza,

esposizione e quota dall’altro, moltiplica le energie necessarie per la loro esecuzione e il

loro monitoraggio. In tal senso, va sottolineato che le prove condotte nel 2015,

autofinanziate su base volontaria, hanno riguardato un numero elevato di appezzamenti

(21) che non è stato poi possibile monitorare in maniera dettagliata disperdendo quindi

risorse sia economiche che in termini di tempo.

SUPERFICIE DEGLI APPEZZAMENTI

Pur considerando la particolarità del territorio montano le prove, dovrebbero,

riguardare appezzamenti di maggior superficie al fine di limitare l’influenza di fattori

esterni (es. attacco di parassiti, uccelli e/o altri animali selvatici). In linea indicativa,

anche considerando l’interesse locale emerso per la reintroduzione della coltura nei

terrazzamenti andrebbero evitati appezzamenti con una superficie inferiore ai 50 m2.

DURATA DELLE PROVE

Qualora la sperimentazione fosse condotta per più anni si potrebbero meglio valutare

gli effetti della variabilità climatica sul comportamento della coltura ma anche per poter

meglio apprezzare alcune importanti caratteristiche della canapa che è una tipica

coltura da rinnovo e migliora le caratteristiche del terreno. Un anno di prove consente

una valutazione solo parziale della capacità «rinettante» della canapa e non consente di

valutare la variabilità delle rese conseguibili da una coltivazione in successione o in

rotazione con altre colture;

TECNICA COLTURALE

Nei diversi appezzamenti a meno di variabili legate ad attacchi di patogeni e parassiti

la tecnica colturale adottata dovrebbe essere la stessa in modo da poter valutare le

differenze, in termini di sviluppo e produttività della coltura, causate dalle diverse

situazioni sito-specifiche (quota s.l.m., esposizione e precessione colturale). La densità di

semina così come la distanza sulla fila e tra le file andrebbero selezionata in funzione

della destinazione prevalente della coltura (seme o fibra).

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MISURE SPERIMENTALI

Alcune importanti misure come ad esempio quelle relative alla produzione di seme

non sono state eseguite secondo le specifiche norme e, pertanto, hanno fornito valori

indicativi che, nel caso specifico, si riferiscono alla massa di seme essiccato

naturalmente ma non consentono una esatta comparazione delle rese tra i diversi

appezzamenti perché non è possibile stabilire che l’umidità del seme sia la stessa. A tal

proposito quindi, per le prove future, un semplice accorgimento che occorre mettere in

pratica è quello di prevedere l’essiccazione del seme al fine di poter valutare la sostanza

secca prodotta. Stesso ragionamento, amplificato dal fatto che in questo caso non è

stata eseguita nemmeno l’essiccazione naturale, può essere fatto relativamente alla

produzione di steli.

CONCLUSIONI

Le prove condotte rappresentano una prima esperienza importante che riprende la

tradizione locale di coltivazione della canapa sul territorio del VCO e ripropone la

coltivazione della canapa in territori montani dopo un lungo periodo di assenza e mette

a disposizione i primi dati relativamente all’adattabilità della coltura raccogliendo

informazioni utili per future sperimentazioni.

Il principale risultato ottenuto riguarda l’adattabilità della canapa ai diversi ambienti

considerati che variano per quota, pendenza ed esposizione. Per una più attenta

valutazione degli aspetti produttivi e, quindi, della sostenibilità economica della coltura

occorrono nuove sperimentazioni per le quali è necessario trovare gli opportuni

finanziamenti.

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LA REINTRODUZIONE DELLA CANAPA IN AREE MARGINALI E MONTANE, ANALISI E

RICERCHE SULLE ATTIVITÀ SPERIMENTALI 2015 NEL VERBANO CUSIO OSSOLA

Gigliola Borgonovo1

La Cannabis sativa L. è una pianta che, nel tempo, è stata oggetto di numerosi studi e

soggetta ad una rivalutazione da parte del mondo scientifico e della collettività,

soprattutto grazie alla sua versatilità d’utilizzo. La canapa è stata riscoperta in Italia e nel

mondo, in particolare negli ultimi anni, partendo dalla coltivazione di diversi chemotipi

si è passati alla trasformazione e alla vendita, costituendo così una filiera di produzione,

costantemente in crescita.

L’interesse suscitato dalla canapa è dovuto per lo più al suo promettente impiego in

diversi campi, come quello edile, farmaceutico, tessile, alimentare ed erboristico,

settori, dove l’innovazione è necessaria e fondamentale per un costante e proficuo

sviluppo. In questo senso, la ricerca, si sta muovendo per dare una nuova luce ad una

pianta considerata da sempre, solo come una droga d’abuso e non come una risorsa,

che potrebbe aprire nuove prospettive, partendo da studi per fini medico-salutistici, fino

a quelli finalizzati ad incentivare soluzioni eco-ambientali (biomattone).

Il contributo al progetto SA.T.I.V.A (SAve a Territory Increasing Value of Agriculture)

in collaborazione con l’associazione ARS.UNI.VCO è stato quello di caratterizzare, i

principali cannabinoidi di uno specifico chemotipo di Cannabis sativa L..

Il materiale vegetale sul quale sono state effettuate le analisi, proviene appunto da

coltivazioni sperimentali da semi certificati di canapa a basso contenuto di THC (varietà:

‘Futura 75’ di produzione francese). Da specifiche riferite ai semi la pianta, in relazione

al chemotipo selezionato, dovrebbe contenere un contenuto in THC inferiore allo 0,2%,

valore fissato per legge al fine della commercializzazione del prodotto. (circolare MIPAF

2002)

Le analisi sono state effettuate sulla matrice secca raccolta contenente parti aeree

(infiorescenze, foglie, semi) raccolta in località Cavandone (VB). (Sottocorna, tesi AA

2014/2015).

1 Ricercatore Confermato dell’Università degli Studi di Milano - DeFENS - Dipartimento di

Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l'Ambiente sezione di Scienze chimiche e biomolecolari - Via

Celoria 2, 20133 Milano - Tel +39 02 50316810/11 – e-mail [email protected]

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I CANNABINOIDI

Il profilo fitochimico della Cannabis è piuttosto complesso per la presenza di

numerosi composti chimici, sono stati evidenziati più di quattrocento componenti

differenti: terpeni, polifenoli, carboidrati, acidi grassi, composti azotati, ecc..

I metaboliti secondari più interessanti sono i cannabinoidi (figura 1), strutture

terpenofenoliche (o meroterpenoidi) che appartengono esclusivamente a questa specie

vegetale dalla quale prendono il nome. Questo è vero eccen fatta per il cannabigerolo

che è stato isolato in una pianta africana del genere Elichrysum ( Bohlmann 1979).

Figura 1-strutture dei principali fitocannabinoidi

Ai fitocannabinoidi appartengono le più importanti sostanze attive responsabili della

maggior parte della proprietà conosciute della Cannabis, presenti a differenti

concentrazioni nelle varie parti della pianta, dal fusto ai fiori, dai semi alla resina.

Nelle piante di Cannabis, i cannabinoidi sono sintetizzati e accumulati sotto forma di

acidi, e si trasformano in forma neutra a seguito di reazione di decarbossilazione,

reazione favorita dal riscaldamento, dalla luce e fenomeno che interessa il materiale

vegetale conservato per lunghi periodi. Nella pianta in genere i cannabinoidi coesistono

in entrambe le forme e la prevalente è quella acida.

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Ad oggi sono noti una settantina di fitocannabinoidi, il tetraidrocannabinolo (THC), il

cannabinolo (CBD), il cannabigerolo (CBG) e il cannabicromene (CBC) sono i più

rappresentati.

Il THC (Δ9 THC) rappresenta il costituente psicoattivo della canapa, responsabile

dell’attività sul sistema nervoso centrale (SNC), è stato isolato negli anni ’40 (Wollner et

al. 1942) ma la sua struttura determinata solo nel 1964 (Gaoni et al. 1964).

Gli effetti terapeutici noti della canapa sono dati dal THC.

Il CBD non induce effetti psicotici ma agisce sull’intensità e la durata degli effetti del

THC e ne migliora la farmacocinetica, l’azione psicoattiva della cannabis è definita dal

rapporto CBD/THC.

Il CBD è stato indagato in vari studi scientifici per le svariate proprietà medicinali.

Anche altri cannabinoidi non psicoattivi esibiscono una varietà di effetti farmacologici,

molte di queste di potenziale interesse terapeutico. (Izzo et al. 2009) (Figura 2)

Figura 2-attività farmacologiche di cannabinoidi non psicoattivi

(Izzoo et al, Trends in Pharm. Res. 2009, 515-527)

Effetti positivi del CBD sul sonno sono rilevati in molti articoli scientifici, da alcuni di

questi risulta che l’effetto è bifasico ossia a basse concentrazioni si ha un’induzione di

una condizione di allerta mentre a dosi più elevate si ha effetto sedativo che concilia il

sonno. (Zuardi 2008)

A seconda del tipo di pianta, della parte considerata e delle condizioni di coltivazione

la percentuale di fitocannabinoidi può variare notevolmente.

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L’interesse per questa pianta era prevalentemente legato alla produzione di fibra

utilizzata in ambito tessile, il profilo fitochimico di piante utilizzate a tale scopo è

caratterizzato da un’elevata concentrazione di CBD e del suo acido (CBDA) mentre la

presenza di THC è trascurabile. Nel corso del tempo sono altresì emersi impieghi

alternativi come nell’ambito alimentare e medicinale. In ambito alimentare l’interesse è

rivolto principalmente ai semi che praticamente non contengono cannabinoidi ma sono

un’ottima fonte di amminoacidi essenziali e acidi grassi insaturi.

Infiorescenze femminili della pianta trovano impiego in ambito medicinale nei paesi

ove è consentito, in Olanda ad esempio sono commercializzate allo scopo quattro

differenti tipologie di piante con contenuti in THC variabili e con effetti terapeutici

differenti.

Il prodotto noto con il nome Bediol, che è un incrocio tra sottospecie Sativa e

Ruderalis, ha un basso contenuto di THC (6.5% DW, Dry Weight o peso secco) e un

maggiore contenuto in CBD (8.0%). Bedrocan è la tipologia ad elevato contenuto di THC

e può contenerne sino al 22% con una presenza moderata di CBD (0.8%). Da recenti

revisioni della letteratura emerge che la Cannabis è utilizzabile con un profilo di

sicurezza positivo in alcune condizioni cliniche, quali: spasticità secondaria a sclerosi

multipla e altre gravi malattie neurologiche, in assenza di risposta agli altri trattamenti

disponibili; dolore oncologico refrattario a dosi terapeutiche di morfina, in tal caso la

Cannabis è utilizzabile in associazione ad altri farmaci analgesici anche con la finalità di

ridurre il dosaggio degli oppiacei; dolore cronico di origine neurologica resistente sia ai

farmaci per il dolore neuropatico sia agli oppiacei. (Whiting et al. 2015, Harrison et al.

2015)

CLASSIFICAZIONE DELLA CANAPA IN CHEMOTIPI

Nonostante la grande variabilità riscontrata in queste piante, dovuta alla coltura

millenaria ed alla continua selezione alla quale è stata sottoposta la specie, è possibile

distinguere su base genetica tre chemotipi di canapa, in base alla capacità di produrre

Δ9-tetraidrocannabinolo (THC) o cannabidiolo (CBD) (figura 3) (Small e Beckstead,

Lloydia 1973, De Meijer 1992):

Figura 3-Classificazione dei chemotipi in base al contenuto in cannabinoid

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Chemotipo 1-piante a forte tenore di THC (>1%) e prive di CBD, le quali crescono in zone

calde e producono quindi molta resina.

Chemotipo 2-intermedio, in cui il CBD è il cannabinoide prevalente, ma anche il THC è

presente in concentrazioni variabili, piante di questa tipologia sono solitamente

coltivate nella regione mediterranea.

Chemotipo 3-piante a basso tenore di THC (<0,3%) e ad alto tenore di CBD, le quali sono

coltivate in zone temperate fredde, utilizzate per la fibra solo se il contenuto di THC

risulta inferiore allo 0,1%. ( de Mejer et al. 2003)

LAVORO SPERIMENTALE

Il lavoro sperimentale si è focalizzato sull’ottenimento di estratti da materiale

vegetale secco con una miscela di solventi secondo un protocollo di letteratura ( Zoller

et al. 2000, Hazekamp et a. 2004). Sono state realizzate in totale una decina di

estrazioni.

Gli estratti ottenuti analizzati in TLC (Thyn Layer Chromatography) hanno mostrato la

presenza di due componenti principali rispettivamente a valori di Rf (Ratio frontis) 0.63

con colorazione rosso mattone e Rf 0.20 con colorazione rossa. (Condizioni di eluizione:

esano/dietiletere 8/2, colorante Fast Blue)

I valori ottenuti sono conformi alla letteratura (Galand et al. 2004) per CBD (Rf lett.

0.63) e CBDA (Rf lett. 0.19). Il THC nelle stesse condizioni analitiche utilizzate ha valore di

Rf 0.62 e mostra una colorazione rosa dopo trattamento con colorante (Figura 4).

Figura 4- Analisi qualitativa in TLC

La presenza di questi due fitocannabinoidi è stata confermata dall’isolamento in

forma pura dei due componenti (TLC in figura 4) e dalla caratterizzazione strutturale

mediante spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) effettuando

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esperimenti 1D e 2D. I dati NMR sperimentali ottenuti sono in buon accordo con quelli

di letteratura (Choi et al. 2004).

È stata inoltre verificata la reazione di decarbossilazione su un’aliquota di CBDA per

trattamento termico a 150°C per un’ora si ha una completa conversione in CBD.

La tecnica NMR si presta anche a valutazioni quantitative, in particolare sulla canapa

il THCA è stato quantificato con questa tecnica nel 2004 in estratti di Cannabis

(Hazekamp et. al. 2004). I dati quantitativi ottenuti con questa tecnica, nell’articolo

citato, sono stati confrontati con quelli ottenuti mediante gas cromatografia (GC) e sono

risultati in accordo.

La quantificazione è stata effettuata calcolando il rapporto tra le aree dei segnali di

un opportuno standard interno (antracene) e quelli d’interesse che nel caso dei

cannabinoidi risuonano tra 4.0 e 7.0 ppm. La tecnica sicuramente offre il vantaggio di

essere molto rapida (bastano 5 minuti per registrare uno spettro NMR), è possibile

lavorare su estratti grezzi senza ricorrere a purificazione ma necessita di un lavoro di

messa a punto per quanto riguarda la scelta delle condizioni ottimali (individuazione dei

segnali diagnostici, quantità di standard da addizionare all’estratto, ecc). Nel lavoro

intrapreso si sono ricercate le condizioni sperimentali più idonee alla quantificazione e

pertanto i dati ottenuti sono da ritenersi del tutto preliminari.

Tutti gli estratti analizzati all’NMR non hanno rilevato i segnali caratteristici di THC e

THCA.

Data la difficoltà riscontrata nel reperimento di un piccolo quantitativo di THC da

utilizzarsi come standard si è reso necessario una via “alternativa” legata alla sintesi a

partire dal CBD. Nella letteratura brevettuale (Brevetto WO 2006/053766) è nota una

sintesi chimica in un solo passaggio per reazione del CBD con un acido di Lewis

(BF3*Et2O) a bassa temperatura in atmosfera inerte. Il prodotto di sintesi ottenuto, dopo

adeguata purificazione è stato analizzato mediante 1H NMR e GC/MS ed è risultato

conforme con il THC.

La miscela di CBD, CBDA e THC è stata utilizzata per la messa a punto delle condizioni

analitiche in HPLC (High Performance Liquid Chromatography). I profili cromatografici

della miscela e di un estratto sono riportati in figura 5. Il cromatogramma dell’estratto

mostra solo due picchi corrispondenti a CBDA e CBD ed è assente il picco del THC. Il

metodo HPLC con rilevamento UV per la determinazione quali-quantitativa di

cannabinoidi è stato recentemente sviluppato e convalidato in termini di selettività,

specificità, linearità e stabilità termica ed è applicabile a tutti gli estratti a base di

cannabis. (Citti et al., 2016)

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Per quantificare CBD e CBDA sono state costruite delle rette di taratura iniettando

concentrazioni differenti dei componenti puri e sono state correlare l’area assoluta alla

concentrazione. Il THC non è stato rivelato in nessun estratto analizzato, pertanto su un

campione di THC di sintesi sono state effettuate delle diluizioni successive per

determinare il limite di rilevabilità strumentale (figura 5).

Figura 5-profili cromatografici HPLC della miscela CBD/CBDA e THC e di un estratto grezzo

I dati quantitativi stimati per il CBD con le due tecniche (HPLC e NMR) risultano in

accordo (10.0 ± 3.90 mg/gDW e 14.6 mg/gDW), per il CBDA invece il valore ottenuto con

l’HPLC è più elevato (145.9 ± 40.38 mg/gDW) di quello ottenuto con la spettroscopia

NMR (valore medio 71 mg/gDW). Per l’analisi HPLC sono stati analizzati in triplo sei

differenti estratti, mentre per l’analisi NMR la valutazione è stata effettuata solo su due

estratti ed espressi solo come valori medi senza deviazione standard.

È stata analizzata mediante HPLC una tisana preparata mettendo in infusione 1.53 g

di canapa in 500 ml di Acqua calda bollente per 10 min. Il profilo cromatografico

mostra la presenza di solo CBD e il contenuto rapportato ad una tazza risulta pari allo

0.03% (cioè mediamente pochi mg in un volume di 250 ml).

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I semi di canapa sono stati analizzati in un laboratorio esterno, come atteso, si sono

dimostrati una fonte di acidi grassi insaturi (ω6/ω3 = 3.62), caratteristica che rende

questo prodotto un alimento di elevata qualità (figura 6).

Figura 6- Acidi grassi nei semi di canapa

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L’UTILIZZO DELLA CANAPA NEI PRODOTTI ALIMENTARI

Massimo Falsaci1

INTRODUZIONE

La pianta della canapa Cannabis sativa L. è considerata nativa nell’Asia Centrale ed

occidentale è stata coltivata e commercializzata in Europa, in Cina, Giappone, in Canada

e negli Stati Uniti (Montserrat-de la Paz et al., 2014). Coltivata per la fibra fu introdotta in

Europa tra il 1000 e il 2000 a.C. e divenne molto diffusa in Europa nel medioevo (500 d.

C.) crescendo in produzione e attività nell’epoca industriale (Brian et al., 2016) fino al

suo declino, iniziato nel 1936, quando negli Stati Uniti iniziò una campagna denigratoria

e la canapa fu associata alla droga. I semi sono da sempre stati utilizzati come alimento

in alcune aree della Russia e, soprattutto, dell’India. Di recente sono stati rivalutati anche

nella nostra alimentazione e sono apprezzati, in particolare, da chi segue un regime

salutistico, vegetariano e/o vegano.

LA CANAPA ASPETTI BOTANICI

La Cannabis sativa L. fa parte della famiglia delle Cannabinacee, è una pianta annuale,

presente in natura con numerosi genotipi adattati a differenti latitudini, l’impiego di

genotipi importati può portare ad un ridotto sviluppo della pianta, a prefioriture e una

scarsa produzione di semi. La canapa è naturalmente dioica, il 50% degli esemplari

portano solo fiori femminili e il 50% di esemplari portano solo fiori maschili, ma in

campo si possono trovare piante che portano sullo stesso stelo fiori maschili e fiori

femminili, monoiche, che possono essere facilmente selezionate. La canapa

tradizionalmente è stata selezionata per elevate produzione e qualità della fibra, le

piante monoiche femminili portano anche i semi a maturazione, i suoi fiori possono

contenere THC se geneticamente predisposti, le coltivazioni da fibra e da seme devono

essere varietà selezionate con produzione di THC minore di 0.2 % a norma di legge

(Grassi, 2004; Amaducci e Gusovius, 2010).

Il fusto è formato da una corteccia esterna di colore verde e da un canapulo, parte

interna, di colore bianco. La pianta può svilupparsi da 1 a 5 metri a seconda delle varietà,

delle condizioni pedologiche e climatiche e della densità di semina. Ciascuna fibra è

parte di una rete di fibrille di cellulosa immerse in una matrice di emicellulosa e lignina.

1 OTAP - Ordine dei Tecnologi Alimentari del Piemonte e Valle d’Aosta - via Perazzi n.23, 28100 – Novara –

http://www.otap.it/

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Nella fibra grezza di canapa il contenuto di cellulosa è compresa tra il 67-78%,

l’emicellulosa 5-16%, la lignina 3-8%, la pectina 0.9-4%.Nella stessa pianta la fibra è più

sviluppata verso la radice e più fine verso la cima (Pejic et al., 2008). L’apparato radicale

è formato da un robusto fittone con esili ramificazioni laterali, che nei terreni sciolti

arriva fino alla profondità di 150 cm. Le foglie si sviluppano su ciascuno nodo del fusto

sono opposte, picciolate e palmate, generalmente con sette segmenti lanceolati,

acuminati, seghettati e pelosi, il loro colore varia dal verde chiaro, al verde scuro al

violaceo.

La fioritura in Italia avviene verso la metà di luglio, i fiori maschili sono delle

pannocchie, composte da numerosi racemi formanti un perigonio a 5 pezzi, che si

sviluppano sull’ascella fogliare almeno 60 giorni dopo la germinazione, e seccano dopo

l’impollinazione (agosto). I fiori femminili si formano sulle cime una decina di giorni dopo

quelle maschili e assumono la forma di falsa spiga, grossa, diritta e a ciuffo, molto più

compatta di quella maschile, che continua a vegetare fino a fine settembre, portando a

maturazione i semi che maturano in modo scalare. I semi sono costituiti da un frutto

secco, achenio, di colore grigio/verde, la forma è ovoidale 3-5 mm in lunghezza e 2-3

mm in larghezza (Stearn, 1970)

LA CANAPA AD USO ALIMENTARE: RIFERIMENTI LEGISLATIVI.

I recenti riferimenti legislativi a livello comunitario, riguardo all’uso della canapa a fini

alimentari, sono:

• Regolamento UE n.1122/2009 – in particolare l’allegato I che disciplina il metodo di

determinazione del THC delle coltivazioni;

• Regolamento UE n.1307 del 17/12/2013 recante norme sui pagamenti diretti agli

agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune;

• Regolamento delegato UE n. 639/2014 che integra il Regolamento UE n.1307/2013;

I regolamenti comunitari applicabili alla canapa in quanto prodotto alimentare, sono:

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• Regolamento (CE) 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della

legislazione alimentare, (rintracciabilità, ritiro e richiamo del prodotto)

• Regolamento (CE) 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari

• Regolamento UE n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai

consumatori

I recenti riferimenti legislativi a livello nazionale invece sono:

• DPR 309/90 testo unico in materia di stupefacenti e successive modifiche;

• DGSAN.P.I. 8.d – Circolare del Ministero della salute Direzione Generale della Sicurezza

degli Alimenti e della Nutrizione del 22/05/2009 – Produzione e commercializzazione

di prodotti a base di semi di canapa per l’utilizzo nei settori dell’alimentazione umana;

• Circolare del MIPAF n.1 dell’8/5/2002 – Regime di sostegno a favore dei coltivatori di

canapa industriale destinata alla produzione di fibra (cannabis sativa – NC 53 02 10

00);

• Legge 2 dicembre 2016, n. 242, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30

dicembre 2016 – Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera

agroindustriale della canapa. – La legge appena approvata è entrata il 14.01.20172. Il

Ministero della Salute avrà 6 mesi di tempo per legiferare sulla percentuale di THC che

potrà essere contenuta nei prodotti per la cura del corpo e nei cibi ad uso umano. Tra

le novità della normativa troviamo che:

• non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa

certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2%. Il coltivatore deve utilizzare

sementi certificate depositate presso il registro delle varietà ha solo l’obbligo di

conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici

mesi e di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla

normativa vigente.

• la percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza

comportare alcun problema per l’agricoltore. Gli eventuali controlli verranno eseguiti

da un soggetto unico e sempre in presenza del coltivatore, e gli addetti al controllo

sono tenuti a rilasciare un campione prelevato per eventuali contro-verifiche. Nel

caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6%, l’autorità

giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in

questo caso è esclusa la responsabilità dell’agricoltore.

• sono previsti finanziamenti per favorire il miglioramento delle condizioni di

produzione e trasformazione nel settore della canapa.

2 Il testo completo della Legge n. 242/2016 è disponibile nella PARTE IV – Conclusioni della presente pubblicazione

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• il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove il riconoscimento

di un sistema di qualità alimentare per i prodotti derivati dalla canapa per la tutela

del consumatore.

• è previsto anche un sostegno delle attività di formazione, di divulgazione e di

innovazione. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, negli

ambiti di rispettiva competenza, possono promuovere azioni di formazione in favore

di coloro che operano nella filiera della canapa e diffondono, attraverso specifici

canali informativi, la conoscenza delle proprietà della canapa e dei suoi utilizzi nel

campo agronomico, agroindustriale, nutraceutico, della bioedilizia, della

biocomponentistica e del confezionamento.

In ogni caso l'uso alimentare di semi di canapa e derivati richiederà:

la necessità di adottare adeguati piani di autocontrollo per garantire la sicurezza

dei prodotti.

le responsabilità primarie degli Operatori del Settore Alimentare (OSA), secondo

la legislazione vigente.

PRODUZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI A BASE DI CANAPA.

In Italia, con la legge attualmente in vigore, la produzione e commercializzazione dei

prodotti a base di canapa è possibile se si utilizzano piante con tenore inferiore a 0,2%

THC. Della canapa si può utilizzare tutta la pianta: i fiori femminili che contengono

molecole ad azione antinfiammatoria stimolanti il sistema immunitario: aspetto

particolarmente interessante per il settore medico-farmaceutico; il fusto che può essere

utilizzato nella produzione di fibra per utilizzi tradizionali e innovativi (tessuti, corde, bio-

mattoni, bio-plastiche); le foglie e il fusto che trovano impiego nell’alimentazione

animale; i semi, destinati all’alimentazione umana, commercializzati integrali, spezzati

e/o decorticati con i loro derivati, la farina e l’olio.

CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI DEI SEMI DI CANAPA

I semi sono utilizzati in nutraceutica e come integratori alimentari: contengono, infatti

elevate quantità di olio (30%) di cui l’80% circa è costituito da acidi grassi essenziali

(EFA), ricchi in omega 6 e omega 3 aventi notevoli effetti benefici sull’organismo, sono

tra l’altro i precursori di sostanze ormonosimili come le prostaglandine, regolano la

fluidità delle membrane cellulari e la funzionalità dei processi visivi e neuronali, sono

antitrombotici ed ipotrigliceridemici. Essenziale è considerare il rapporto ω6:ω3 che

nell’olio di canapa è tra 2:1 e 3:1 ed è considerato ottimale per la salute umana (Gómez-

Pinilla, 2008). Oltre agli EFA, i semi forniscono quantità elevate di proteine ad alto valore

biologico (25%), tra cui l’edestina e l’albumina, proteine di deposito del seme ad elevata

qualità biologica facilmente digeribili, che contengono in modo significativo tutti gli

aminoacidi essenziali ed elevate quantità dell’aminoacido arginina. Hanno inoltre il 28%

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di carboidrati ed il 28% di fibra totale e tra i minerali e vitamine sono presenti: fosforo,

potassio, magnesio, calcio, ferro e vitamine E, B1, B2 (Callawey, 2004).

I semi di canapa si possono acquistare non solo nelle erboristerie e nei negozi

specializzati in nutraceutica ma anche sempre più spesso presso la grande distribuzione,

Possono essere aggiunti tal quali ad insalate e zuppe oppure insieme ad altre miscele di

semi (chia, lino, quinoa).

I DERIVATI DEI SEMI DI CANAPA

Farina di canapa: è ricavata dalla pressatura dei semi in torchio metallico a vite e

successiva macinatura del pannello residuale. Il prodotto che si ottiene ha un leggero

gusto di nocciola, di colore bruno chiaro e privo di glutine, è impiegato per la produzione

di prodotti da forno, pasta e pane. Le caratteristiche nutrizionali della farina mostrano

una composizione ben bilanciata tra i suoi nutrienti. Ha un tenore di proteine pari al

33%, è ricca in acidi grassi omega 6 e 3 (11%) e carboidrati (43%); presenta infine un

elevato contenuto in fibra (43%) e minerali (Callawey, 2004).

Nelle preparazioni alimentari viene utilizzata tal quale o miscelata con yogurt o latte

vegetale.

Nei prodotti da forno può essere miscelata con altre farine, ed il suo uso permette di

ridurre la quantità dei grassi aggiunti per il suo naturale contenuto in acidi grassi.

Proprio per il suo contenuto in grassi deve essere conservata in luogo fresco e asciutto,

durante l’estate è preferibile in frigo.

Nella produzione di pasta, l’impiego della farina di canapa in miscela con altre farine

è particolarmente indicato per l’elevata stabilità termica delle sue proteine e la presenza

di aminoacidi solforati (Raikos et al., 2015). La crescente richiesta di nuovi prodotti, in

particolar modo nella produzione di pane, ha promosso lo sviluppo di ricerche

tecnologiche su impasti tradizionali addizionati con farina di canapa (al 5, 10, o 15%), allo

scopo di ottimizzare le proprietà reologiche e la struttura degli impasti. Le ricerche sono

volte all’ottimizzazione del volume e del colore del pane e della crosta con aggiunte di

farina di canapa (Pejctz et al., 2015).

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Olio di canapa. Dall’estrazione a freddo dei semi si ottiene un olio dal sapore fruttato

con retrogusto di nocciolato, mentre dai semi pestati si può ottenere una crema oleosa

di consistenza simile al burro di arachide. L’olio è utilizzato come prodotto salutistico

proprio per le caratteristiche e per la sua composizione in acidi grassi insaturi ω6 e ω3.

Come per le farine, anche questo prodotto deve essere conservato in luogo fresco e

asciutto. I contenitori che lo contengono, lo proteggono dall’ossidazione della luce;

nonostante ciò è consigliabile comunque non lasciarlo esposto ad illuminazione intensa.

PRODOTTI ALIMENTARI INNOVATIVI

La canapa è utilizzata come ingrediente per la formulazione di prodotti salutistici ed

innovativi che valorizzano le sue proprietà. Sul mercato si trovano sempre più prodotti a

base di canapa, da coltivazione biologici, destinati ad una alimentazione vegana o

naturalmente priva di glutine. Di seguito sono elencate alcune categorie di prodotti

facilmente reperibili in commercio:

Gelato: in diverse parti d’Italia sono presenti iniziative per la produzione di gelato

artigianale, denominato con diversi nomi di fantasia. Talvolta il gelato viene prodotto

utilizzando latte di semi di canapa. Iniziano ad essere presenti sul mercato anche

semilavorati a base di canapa presentati come novità al SIGEP 2015 (Rimini)(Salone

Internazionale Gelateria, Pasticceria e Panificazione artigianale).

Caffè: sono presenti in commercio miscele di caffè tostati (90% Arabica, 10% Robusta) al

quale sono stati aggiunti semi di canapa, con la promessa di mantenerne tutte le virtù

alimentari e Caffè arabica con farina di canapa.

Birra: i birrifici artigianali, aprendo nuovi spazi di mercato, stanno creando birre che

utilizzano la canapa al posto del luppolo o aromatizzate alla canapa.

Formaggio: può essere prodotto sia dalla cagliata di latte di semi di canapa che

addizionando i semi di canapa a latte tradizionali e stagionati.

Pasta, pasta ripiena, pane: si trovano in commercio prodotti biologici a base di grano

duro e farina di canapa (8%) e prodotti con farina di riso e farina di canapa (8%).In alcune

produzioni la farina di canapa è al 10%, in altre i semi di canapa vengono aggiunti

solamente per aromatizzare. Le paste fresche ripiene prodotte artigianalmente si

possono trovare tra i prodotti biologici a base di farina integrale di riso (60%) e farina di

canapa (5%). Ma diversi pastifici artigianali producono localmente pasta ripiena alla

canapa, un prodotto in evoluzione che sembra soddisfare il gusto dei consumatori. Pane:

diversi panifici e punti vendita della grande distribuzione iniziano a proporre pane alla

canapa, con farina di canapa o semi, come pani salutistici.

Miele: si possono trovare in commercio mieli millefiori anche con fiori di canapa, anche

questo settore è in rapida evoluzione.

Dolci: caramelle e cioccolato aromatizzati al gusto di canapa.

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LA CANAPA NELLA RIQUALIFICAZIONE DI SUOLI CONTENENTI METALLI PESANTI A

VILLADOSSOLA: VANTAGGI E PROSPETTIVE.

Eliana Tassi1, Nicoletta Guerrieri2, Maria Cavaletto3

INTRODUZIONE

Le piante rivestono un ruolo fondamentale nella produzione di ossigeno e nel

sequestro di anidride carbonica, sono parte integrante dell’ecosistema e mettono in

relazione l’atmosfera e tutto ciò che è disperso in essa con il suolo e l’acqua. La canapa

(Cannabis sativa L.), una specie erbacea di coltivazione annuale appartenente alla

famiglia delle Cannabaceae, suscita particolare interesse per le sue numerose funzioni,

la più nota consiste nella produzione di materie prime alimentari per uso umano e

zootecnico (foglie, fiori, frutti, semi, germogli, fibra), nella produzione di fibre tessili e

bioplastiche, pannelli isolanti, biodiesel e/o bioetanolo, legna, pellet etc. (Bouloc et al.,

2013). Inoltre, l’utilizzo delle piante per la riqualificazione di ambienti degradati e/o

inquinati (phytoremediation) suscita grande attenzione per il basso impatto ambientale

e costi di intervento relativamente ridotti. La phytoremediation, termine anglosassone

ormai utilizzato anche nella lingua italiana, consiste nell’utilizzo di piante con particolari

capacità di contenere, rimuovere o degradare i contaminanti presenti nei suoli, nei

sedimenti e nelle acque. Le tecnologie che utilizzano piante, chiamate anche

“fitotecnologie”, possono essere impiegate per rimuovere o contenere inquinanti

inorganici (metalli pesanti: piombo (Pb), nichel (Ni), zinco (Zn) etc., elementi radioattivi:

cesio (Cs), uranio (U) etc.); per rimuovere o degradare inquinanti organici (idrocarburi

policiclici aromatici (IPA), composti clorurati, etc.); possono essere utilizzate per

riqualificare substrati solidi (suoli e sedimenti) e substrati liquidi (acque superficiali e

falde sotterranee) (Cundy et al. 2013; Henry et al. 2013; Kid et al. 2015).

Le piante utilizzano l’anidride carbonica e la fotosintesi per produrre le molecole

necessarie al loro sviluppo. Diverse molecole di interesse per il metabolismo delle piante

possono essere trasportate, dalle radici, alle diverse strutture della parte aerea, in un

flusso continuo dal basso verso l’alto e viceversa. L’apparato radicale è un prezioso

laboratorio di reazioni chimiche/biochimiche tra le radici, la rizosfera (volume di suolo

che circonda la radice dove piante e microrganismi interagiscono) e le componenti

1 Ricercatrice - CNR ISE Istituto per lo Studio degli Ecosistemi - via G. Moruzzi n.1, 56124 - Pisa 2 Ricercatrice CNR ISE Istituto per lo Studio degli Ecosistemi -Largo Tonolli n.50, 28922 – Verbania 3 Professore Associato di Biochimica dell’Università del Piemonte Orientale - DiSIT Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica – Università Piemonte Orientale, viale T. Michel 11, 15121 - Alessandria

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biotiche (batteri, lieviti, funghi, micorrize, protisti, insetti, nematodi, anellidi, etc.) e

abiotiche (sabbia, limo, argilla, metalli, materiale organico, potassio, azoto, fosforo, etc.)

del suolo. I batteri e le micorrize che vivono a stretto contatto con le radici producono

sostanze utili per la pianta e facilitano l’assorbimento di elementi essenziali, la pianta, a

sua volta, secerne cellule vitali che modificano la chimica del suolo, essudati, secrezioni

e lisati che rappresentano una componente energetica per i microrganismi. Alcuni

batteri hanno attività-ormono simile (PGPR, Plant Growth Promoting Rhizobacteria)

(Ullah et al. 2015) che, stimolando la crescita delle piante, aumentano la loro capacità di

rifornirsi di nutrienti e acqua (Fig.1).

Fig.1 Ruolo della pianta nella Riqualificazione Ambientale

Una variabile fondamentale nelle “Fitotecnologie” per suoli contaminati è la variabile

tempo. È una tecnologia condizionata dal tempo di crescita della pianta, dal numero di

cicli di crescita, dalla capacità di produrre biomassa e di accumulare o degradare i

contaminanti. Inoltre, è molto importante la natura chimica del contaminante, la sua

quantità nel suolo e le caratteristiche pedologiche del suolo stesso. L’equilibrio

biochimico che si instaura tra i microrganismi del suolo e la pianta è fondamentale per

un’efficiente riqualificazione. Le piante possono fitostabilizzare i contaminanti nelle

radici, rizodegradare i contaminanti modificandoli chimicamente nella rizosfera,

fitodegradare i contaminanti all’interno della pianta, a cui frequentemente fa seguito la

fitovolatilizzazione attraverso le foglie, oppure, possono effettuare una fitoestrazione

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traslocando e accumulando i contaminanti inorganici dal suolo alle radici e poi alle

foglie, frutti o semi.

Utilizzando la tecnica della fitoestrazione di metalli mediante piante selezionate, è

possibile diminuire la concentrazione di metalli presenti nel terreno con una serie di

estrazioni successive: poiché i metalli si concentrano principalmente all’interno delle

radici e delle foglie, la loro rimozione ad ogni ciclo vegetativo riduce anche la quantità di

metalli dal suolo (Fig.2). La capacità di fitoestrarre (accumulo di metalli nella pianta) o

fitostabilizzare (riduzione della mobilità nel suolo) è un meccanismo di difesa delle

piante. Anche le piante alimentari possono accumulare metalli nelle foglie, nei semi o

nei frutti, per questo motivo è fondamentale conoscere la qualità e le proprietà del

suolo che si utilizza, prestando attenzione anche alle pratiche culturali per non creare

ulteriore inquinamento (Kid et al. 2015).

Fig.2 Fitoestrazione di metalli di un suolo inquinato

Il CNR-ISE nella sede di Pisa ha una lunga esperienza in progetti di

“Phytoremediation” sia a livello nazionale, con il coinvolgimento di imprese private, sia

internazionale con la partecipazione a progetti europei (Petruzzelli et al., 2014; Cassina

et al., 2012; Tassi et al., 2011; Barbafieri and Tassi 2010).

Dalle tecniche di “Phytoremediation”, si possono ottenere:

Risultati diretti

-riduzione progressiva della contaminazione del suolo tramite i diversi cicli di crescita

e l’asportazione della biomassa vegetativa;

-produzione di biomassa vegetale utile per la generazione di energia (biodiesel o

bioetanolo, calore dalla combustione delle piante);

-ottenere reddito da suoli non produttivi.

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Risultati indiretti

-miglioramento della qualità del suolo e quindi miglioramento progressivo della

produzione e della biomassa prodotta.

-diminuzione dell’inquinamento diffuso nel suolo, nelle acque superficiale e

profonde, e anche nell’aria dovuto alla riduzione del trasporto di particelle di suolo

inquinato (frequentemente la frazione più fine è quella con livelli più alti di

inquinamento, il suolo non coltivato diventa arido e polveroso)

-paesaggistico: un campo coltivato con una cultivar ha una ricaduta estetica positiva

sul territorio ben diverso da un’area incolta e abbandonata. In particolare, la canapa si

inserisce bene nel paesaggio montano.

-ecologico, ultimo ma non meno importante, racchiude in sé tutto l’ecosistema, gli

equilibri tra gli organismi e l’ambiente in cui vivono, rendendolo più sostenibile.

Tutti questi risultati possono fornire sufficienti motivazioni economiche, sociali,

culturali e ambientali per utilizzare le tecniche di fitorimedio per una riqualificazione di

aree inquinate.

La canapa è coltivata da tempi remoti in molte regioni del mondo e le recenti ricerche

testimoniano la sua larga diffusione ancora oggi. I possibili impieghi innovativi, le

selezioni di varietà per usi specifici, come la produzione di biomassa per ottenere fibra

per fini alimentari, e per l’utilizzo nella phytoremediation sono solo alcuni esempi.

Tra gli utilizzi tradizionali della canapa, l’impiego alimentare, rivalutato dal punto di

vista salutistico, sia per l’olio che per le proteine dei semi, viene studiato anche dal

punto di vista della contaminazione, per la possibilità di trovare metalli anche nei semi

(Mihoc et al. 2012). La canapa è una pianta a crescita rapida, con elevata biomassa, in

recenti studi ricercatori cinesi hanno analizzato la sua capacità di phytoremediation e il

suo successivo utilizzo come fonte di energia. Diciotto varietà di Cannabis sativa di

origine cinesi e russa sono state coltivate su terreni con elevate quantità di cadmio, per

simulare le condizioni presenti in aree industriali contaminate. Sette di queste varietà

hanno mostrato un’elevata tolleranza a alte concentrazioni di cadmio, con elevata

produzione di biomassa (Shi et al. 2012). Inoltre, in aree inquinate da acque di scarico

industriali, in Pakistan, sono state analizzate diverse piante locali spontanee tra cui la

Cannabis sativa per identificare le migliori accumulatrici di metalli nelle radici e nelle

foglie (Irshad et al., 2015). La canapa ha dimostrato capacità di accumulare Cu nelle

radici (Bona et al., 2007) e studi sull’espressione genica di enzimi coinvolti nella

resistenza ad elevate concentrazioni di metalli possono fornire un valido aiuto alla

selezione di nuove varietà e chiarire i meccanismi di difesa e di resistenza delle piante ai

metalli (Ahmad et al., 2016). Anche in Italia recenti studi si orientano verso l’impiego

della canapa per il recupero di aree industriali seriamente compromesse quali Taranto

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nel progetto C.A.N.A.P.A - Coltiviamo Azioni per Nutrire, Abitare, Pulire l'Aria (Colao et

al. 2015).

PROGETTO DI FATTIBILITÀ COMUNE DI VILLADOSSOLA

In questo contesto, presentiamo uno studio di fattibilità per l’utilizzo della canapa

nella riqualificazione di suolo contenente metalli pesanti in un area ex industriale del

Comune di Villadossola, una collaborazione tra CNR - Istituto per lo Studio degli

Ecosistemi, l’Università del Piemonte Orientale, ARS.UNI.VCO e il comune di

Villadossola.

La proposta consiste inizialmente nell’acquisizione dei dati pregressi e dello storico

dell’area su cui bisognerà effettuare l’intervento. Quindi, nell’identificazione dell’area

oggetto di studio e nella definizione delle parcelle sperimentali. In seguito ai primi

contatti con l’amministrazione di Villadossola potrebbe essere interessante effettuare le

prove su due aree che presentano due diverse tipologie di contaminazione. La prima in

un’area ex industriale in cui è presente nel suolo contaminazione da idrocarburi, Cd, Cu,

Pb e la seconda in un’area comunale in cui si riscontra presenza di diversi metalli tra cui

Hg e As, Zn, Pb, Cu, Cr.

Il progetto prevede tre fasi sperimentali distinte: In una prima fase verranno testate e

ricercate le migliori condizioni di crescita della canapa sul suolo campionato nell’area da

riqualificare. A questo scopo, le piante, cresciute in microcosmi ed in ambiente

controllato per intensità luminosa, umidità e temperatura (camere di crescita), verranno

valutate per l’accumulo dei metalli nelle radici, la loro traslocazione alla parte aerea e la

riduzione della biodisponibilità dei metalli nel terreno. Nella seconda fase di

sperimentazione, su parcelle sperimentali in campo, verranno applicate le condizioni del

microcosmo e gli eventuali trattamenti testati nella prima fase per valutare l’aumento

dell’efficacia della fitoestrazione (incremento della biomassa e/o del bioaccumulo). Il

passaggio dal microcosmo alle parcelle in campo richiede un insieme di studi e

miglioramenti sperimentali per l’elevato numero di variabili che si presentano in campo,

non da ultime le variabili metereologiche. Le valutazioni da effettuare possono essere

raggruppate in due macro-approcci:

1) La quantificazione dei metalli mediante Spettrometria Ottica di Emissione al

Plasma (ICP-OES) sia nel suolo sia nella pianta, in cui si prevedono prove di crescita con

l’utilizzo di agenti chelanti e/o ammendanti che favoriscono il rilascio dei metalli e li

rendono biodisponibili alla pianta. Occorre comunque, valutare sia la loro dispersione

nel suolo prima e dopo trattamento (misure di biodisponibilità), sia quantificare i metalli

nella radice e nella parte aerea.

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2) Biochimica e chimica del suolo e della pianta: analisi dello sviluppo delle piante,

con valutazione dei parametri biochimici per evidenziare l’attivazione di vie

biosintetiche che promuovono l’assorbimento dei metalli; quantificazione dell’attività

enzimatica del suolo che, grazie all’attività delle piante, dovrebbe aumentare e

migliorare.

Nella terza fase, dopo il primo anno, si prevede di proseguire per almeno altri due

anni con la semina, crescita ed asportazione delle piante di canapa, ogni volta valutando

sia l’assorbimento di metalli e la biochimica della canapa, sia le capacità agronomiche

del suolo, che a seconda dei risultati ottenuti, permetterà un’indicazione del loro

utilizzo.

I risultati previsti in questo progetto sono i seguenti:

1) Previsione delle condizioni e del tempo necessario per la riqualificazione dell’area.

Pur studiando delle piccole parcelle si possono evidenziare le principali criticità del sito

mediante l’accurato monitoraggio delle variabili scelte.

2) Avvio della valorizzazione economica di un’area che in questo momento è critica,

in quanto contaminata e non produttiva. Dal punto di vista ambientale rappresenta

anche l’inizio di una inversione di tendenza dell’inquinamento diffuso nell’aria, acqua e

suolo tramite la copertura vegetale del terreno contaminato, la riduzione della

migrazione del metallo lungo il profilo del suolo e della frazione biodisponibile. In questo

modo, si indirizzerebbe una capacità naturale del sistema suolo-pianta verso un

obbiettivo definito. Inoltre, la coltivazione della canapa nel territorio montano ha

profonde radici culturali che potrebbero essere valorizzate.

3) Diffusione sul territorio dell’importanza delle tecnologie di basso impatto

ambientale con divulgazione delle tecniche disponibili anche nelle scuole, in particolar

modo, quelle legate al florovivaismo, agli istituti tecnici ed agrari e agli istituti

alberghieri, focalizzando l’attenzione sulla riqualificazione del suolo e delle acque.

BASI BIOCHIMICHE DELLA TOLLERANZA AI METALLI NELLA CANAPA

I laboratori dell’Università del Piemonte Orientale hanno studiato la capacità della

canapa, in particolare la varietà Cannabis sativa var. Felina 34, nel tollerare il rame

(Bona et al., 2007) . Sono state impiegate tecniche proteomiche, accanto alle classiche

metodologie biologiche, in modo tale da evidenziare quali meccanismi molecolari siano

alla base della tolleranza della canapa verso i metalli. I risultati delle prove in vaso sono

stati applicati direttamente in campo nella riqualificazione di un’area inquinata

dall’Europa Metalli (ora KME) a Serravalle Scrivia (AL).

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Le analisi biochimico-proteomiche hanno valutato l’effetto del rame sulle radici. Le

piante di canapa sono state trattate in vaso con una soluzione contenente 150 ppm di

rame, un valore ben al di sopra dei 20 ppm dei terreni normali, ma non tale da

determinare la morte della pianta. Anzi le ricerche hanno dimostrato come la canapa nel

momento in cui viene a contatto con il metallo inquinante metta in moto una serie di

risposte molecolari che inducono TOLLERANZA, la pianta tollera il rame e così cresce sul

terreno inquinato e produce biomassa. Il rame viene accumulato a livello delle radici, il

cui volume al termine del periodo di sperimentazione risulta significativamente ridotto

(Fig.3).

Le analisi del proteoma della radice, ovvero dell’insieme di tutte le proteine

contenute nella radice, hanno evidenziato come la concentrazione di alcune specifiche

proteine aumenti in risposta allo stress indotto dal metallo pesante. Tra queste proteine

è risultato particolarmente espresso un enzima, l’aldo-cheto reduttasi che potrebbe

funzionare da prima barriera detossificante per il rame. Inoltre collaborano al processo

di tolleranza al metallo una rete di proteine da stress accanto a proteine che

mantengono elevato il tasso di crescita cellulare.

Questi dati molecolari supportano l’idea progettuale di riqualificazione del terreno

contaminato di Villadossola attraverso l’impiego della canapa, e avvalorano i suoi

possibili impieghi successivi dalla produzione di biocarburanti e molecole ad alto valore

aggiunto alla riqualificazione del paesaggio.

Fig 3. Confronto fra parte aerea e radici di canapa controllo (C)

e trattate con rame (Cu) dopo 6 settimane di crescita

Cu C

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PARTE III

Le CONSIDERAZIONI delle ISTITUZIONI PRESENTI

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Al termine degli interventi dei relatori, secondo programma, il Convegno è proseguito

con la TAVOLA ROTONDA degli Amministratori presenti in sala.

La presente parte contiene di seguito la trascrizione completa degli interventi di

Stefano Costa (Presidente Provincia VCO), Marzio Bartolucci (Presidente Unione

Montana Valle Ossola), Paolo Crosa Lenz (Presidente Aree Protette Veglia Devero).

Per un concomitante e non differibile impegno dell’ultimo momento non hanno

potuto prendere parte alla Tavola Rotonda, Bruno Stefanetti (Presidente Unione

Montana Alta Ossola) e Massimo Bocci (Presidente Parco Val Grande).

La trascrizione degli interventi è stata effettuata, a titolo gratuito, da New Moon Srls1

di Milano che si ringrazia per la preziosa disponibilità.

1 Per Informazioni New Moon Srls – Via Barzoni 4 – 20139 – Milano – mob. 333 79 08 256 - e-mail: [email protected] – website: www.new-moon.it

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PROVINCIA del VERBANO CUSIO OSSOLA

Stefano Costa1

Buongiorno a tutti, è stato molto interessante ascoltare gli interventi che si sono

susseguiti questa mattina e diciamo che hanno solo dato delle conferme, nel senso che

chi si occupa da un po’ di tempo di queste tematiche sa dell’alto valore, dell’alta

potenzialità che ha la canapa e la reintroduzione della canapa sui nostri territori.

Diciamo che sono davvero molteplici gli usi che se ne possono fare. Gli

Amministratori hanno il compito di essere attenti a queste cose e quello che è iniziato lo

scorso anno (il 2015 – n.d.r.), di cui si è parlato prima in qualche intervento, cioè questa

sperimentazione con piccoli appezzamenti, ha comunque consentito di dare dei risultati

importanti.

In più è fondamentale aver avuto questo feedback scientifico, cioè questa parte che

si è occupata di analizzare i prodotti e quindi di evidenziare quanto i prodotti medesimi

siano rimasti nel range di legge per quanto riguarda il THC oltre ad aver avuto

comunque un prodotto molto valido in termini di cannabinoidi e di CBD.

Questa è sicuramente un’indicazione di partenza che ci consente di continuare a

credere in questo progetto e di continuare a provare che sia possibile individuare le

applicazioni giuste. Siamo a Villadossola oggi, mi fa molto piacere che la locale

Amministrazione abbia accettato di verificare quantomeno la possibilità di utilizzo di

questa tecnica con riguardo ad alcuni terreni oggetto di inquinamento industriale,

perché come abbiamo visto, nell’ultimo intervento soprattutto, ci sono esperienze già

attive e molto valide dal punto di vista scientifico che potrebbero tranquillamente

essere replicate qui sul nostro territorio. E non c’è solo Villadossola, a me è venuto in

mente - ne parlavo prima con qualcuno - che abbiamo un SIN, un Sito di Interesse

Nazionale, per quanto riguarda le bonifiche che è quello di Pieve Vergonte, e io credo

che anche lì ci potrebbero essere degli spazi di utilizzo e di sperimentazione per quanto

riguarda la canapa.

Poi, come dicevo, l’Amministrazione ha avuto e ha il compito e il dovere di far

ripartire delle scintille, delle iniziative, che poi possono essere colte dal territorio. A me

spiace che in questi anni abbiamo fatto fatica, l’anno scorso c’è stata la disponibilità

della Prateria (di Domodossola – n.d.r.) come unica azienda che ha fatto questa

estensione di 5.000 metri quadri, ma poi per difficoltà oggettive loro non abbiamo più

avuto una replica; c’è qualche altra azienda che ha detto “Ci credo, voglio provare ad

1 Presidente della Provincia del Verbano Cusio Ossola e Sindaco del Comune di Baceno

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intervenire”, pur magari con più di un ettaro, che è quello che la PAC prevede per poter

rientrare poi nelle statistiche di cui parlava il funzionario regionale (dott. Gianfranco

Latino – Regione Piemonte – n.d.r.). Quindi questo vuol dire che c’è molto interesse,

moltissimo, perché anche quest’anno (intende il 2016 – n.d.r.) l’Associazione Canapa

Alpina ad esempio ha provato a divulgare questa possibilità e ci sono state molte

adesioni per piccoli appezzamenti, per tentativi a livello hobbistico o comunque a livello

anche solo sperimentale, però manca ancora quel salto di qualità che può magari

portarci al livello di altre province piemontesi che, abbiamo visto, - in realtà di pianura -

hanno comunque aziende che ci stanno credendo un po’ di più. Diciamo che comunque i

semi (visto che si parla di semi) sono stati gettati e credo colti e vada comunque

perseguita questa strada.

Un ultimo aspetto che ovviamente interessa noi Amministratori di Comuni di

montagna è anche quello legato ai terrazzamenti: certo, il recupero del territorio lo

stiamo facendo, si sta facendo negli anni con tante colture diverse, ma anche la canapa

è sicuramente una possibilità importante da tenere in considerazione. Quello che è da

evidenziare è che sui terrazzamenti una delle discriminanti è proprio quella

dell’accessibilità e della meccanizzazione, perché si tratta di terrazzamenti molto irti,

molto ripidi e molto impegnativi dal punto di vista del raggiungimento con mezzi; però è

altrettanto vero che la canapa ha dimostrato e dimostra che può anche essere

interessante per il consolidamento di terreni che diversamente se invasi da vegetazione

spontanea tendono poi a far crollare i muri a secco e quindi creano dissesto. Ed è un

processo che una volta che è avviato si moltiplica in modo esponenziale e diventa

davvero pericoloso poi verso gli abitati e verso le viabilità alpine.

Tutti spunti assolutamente interessanti e io credo che l’Amministrazione debba

continuare a dare il supporto che può, io lo dico sia in termini di Amministrazione

Provinciale con tutte le difficoltà del caso, in collaborazione con la Regione PIEMONTE

perché alcuni nostri Uffici sono passati di competenza regionale; stiamo comunque

cercando di seguire la cosa e di perseguire degli obiettivi con i bandi e con le possibilità

che ci sono e che ci saranno in futuro. A livello di Amministrazioni comunali sono molte

quelle che hanno aderito già l’anno scorso (2015 – n.d.r.) a questa prima fase di

sperimentazione e che sono interessate, e credo che potrà essere sempre più una

tendenza di questo tipo; che dovrà però essere completata, io spero, con l’approvazione

di questo disegno di legge, che ormai è in fase di conclusione e spero che sia il mese

giusto questo o il mese prossimo per l’approvazione definitiva.

Non è il massimo che ci si può aspettare ma è sicuramente un buon inizio perché

serve sicuramente a mettere ordine negli ordinamenti e nelle leggi attualmente in

vigore ai vari livelli. Abbiamo visto che si può tranquillamente riprendere una

coltivazione che non ha niente a che vedere con un THC al limite dei valori, ma che ha

invece degli indicatori molto rilevanti dal punto di vista alimentare e non solo. Dal punto

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di vista ambientale in generale sarebbe davvero una bella scommessa vinta vedere le

superfici coltivate a canapa aumentare all’interno del territorio della nostra provincia.

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UNIONE MONTANA delle VALLI dell’OSSOLA

Marzio Bartolucci1

Intanto complimenti davvero per la qualità del convegno al quale ho assistito questa

mattina: la qualità degli interventi e la qualità degli approfondimenti è stata assoluta,

per cui davvero congratulazioni a tutte le persone che si sono succedute negli interventi

e nelle relazioni.

È stato un onore come Amministrazione di Villadossola ospitarvi alla Fabbrica e

quindi la possibilità di avere a Villadossola questo tipo di approfondimento su questo

argomento. Come ho detto in apertura durante i saluti, come Amministrazione di

Villadossola uno degli interessi particolari è proprio legato all’ultimo intervento che

abbiamo ascoltato 2, cioè quello relativo alla fitodepurazione; non vorrei utilizzare un

termine che non mi è proprio. Comunque abbiamo capito quale possa essere il

principale interesse dell’Amministrazione che rappresento, proprio per la storia

industriale e quindi per l’inquinamento residuo che abbiamo nei terreni di Villadossola.

Mi auguro vi siano, grazie anche all’aiuto dei relatori, le condizioni per avviare al più

presto quelle sperimentazioni di cui la dottoressa Guerrieri ci ha parlato, al di là di quello

che può essere l’interesse generale per la coltivazione della canapa, che pure c’è,

Villadossola quindi ha anche questo interesse particolare.

Come Presidente dell’Unione Montana delle Valli dell’Ossola l’interesse è

chiaramente più generale ed è legato anche a quelle che sono le nostre ambizioni legate

al perseguimento della strategia “aree interne”, nella quale - lo dico per chi non lo sa,

evidentemente - l’Unione che rappresento è stata individuata come seconda area pilota

in Piemonte e quindi abbiamo presentato una candidatura che prevede una serie di

elementi su cui si vuole puntare per rivitalizzare e rivalorizzare questo territorio.

Quindi, con strategie di media e di ampia veduta e di ampio respiro, abbiamo

individuato alcuni cluster, alcuni ambiti sui quali le Pubbliche Amministrazioni devono

essere presenti per consentire uno sviluppo sostenibile in questa lunga fase post-

industriale del nostro territorio. Gli argomenti principali sono legati al turismo

ecosostenibile, alla rivitalizzazione di quella che è l’agricoltura locale legata anche

all’agriturismo, quindi sono due argomenti fortemente collegati, e tutti quelli che sono

gli argomenti legati alla green economy.

1 Presidente dell’Unione Montana delle Valli dell’Ossola e Sindaco del Comune di Villadossola 2 Si veda la relazione di Tassi, Guerrieri, Cappelletto, in PARTE II sull’utilizzo della Canapa in territori inquinati.

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Sono gli argomenti principali di quella che è la nostra strategia di sviluppo da qui al

2030, anche legata a quelle che sono le strategie regionali ed europee sugli argomenti

specifici, e che ci hanno consentito di arrivare al punto in cui siamo in termini di

raggiungimento dell’obiettivo e della strategia “aree interne”.

Dicevo l’agricoltura, la rivitalizzazione del settore agricolo montano, quindi con il

recupero dei terrazzamenti, comprende anche l’individuazione di colture diverse magari

dalla vite che possono essere redditizie se coltivate sui nostri terreni. Ora è da valutare

se questa può essere una risposta a quel tipo di domanda che pure c’è, cioè quella di

individuare colture economicamente sostenibili per quanto riguarda il recupero dei

terrazzamenti, ma indubbiamente è comunque un argomento di interesse anche per

quelle che sono le vaste aree, non sempre utilizzate o poco utilizzate per motivi vari, che

abbiamo nelle zone pianeggianti.

Si tratta di un argomento sul quale sono contento di aver sentito degli

approfondimenti autorevoli e che sicuramente è di interesse generale rispetto

all’Unione che rappresento ma ritengo per tutta l’Ossola e per questo Vi ringrazio.

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ENTE di GESTIONE delle AREE PROTETTE dell’OSSOLA

Paolo Crosa Lenz1

Riprendo due vocaboli, uno proposto da Stefano Costa (terrazzamenti) e l’altro da

Marzio Bartolucci (green economy).

“Terrazzamenti” vuol dire paesaggio, cioè come l’uomo nel tempo ha modellato un

territorio; “green economy” vuol dire economia nuova, possibilità di vivere in un luogo

coniugando profitto e rispetto per l’ambiente, in sostanza “sviluppo sostenibile”.

Ho studiato molto la canapa con un approccio di antropologia rurale, proprio perché

questa coltivazione, come altre, ha segnato otto o nove secoli di civiltà rurale montana,

non solo nelle valli dell’Ossola e del Verbano, ma in tutte le valli delle Alpi.

Se voi andate nei musei contadini - ce ne sono tanti qui da noi - non ce n’è uno che

non abbia esposto la serie degli attrezzi per lavorare la canapa; sono diversi da quelli per

lavorare la lana. Gli “scardass” o “skartesc” sono attrezzi costituiti da un supporto di

legno su cui sono fissati denti di ferro uncinati, usati per raffinare e pettinare a mano la

canapa o la lana. Quelli per la canapa hanno chiodi lunghi, mentre quelli per sciogliere i

fili della lana sono quasi dei fil di ferro, molto piccoli.

Il fatto che su tutte le Alpi non ci sia un museo contadino che non abbia questi

attrezzi è perché questi erano la dotazione di ogni nuova famiglia rurale che andava a

costituirsi e venivano tramandati per generazioni. Quindi alla canapa è legato un aspetto

importante della storia economica e culturale delle Alpi.

La coltivazione della canapa da noi avveniva molto su terrazzamento perché, tolto il

fondovalle ossolano, nelle valli interne la pianura non esiste: solo ripidi versanti da

disboscare e ridurre a coltura “costruendo” strisce di campo. Il terrazzamento (“runch” o

“sostine” nei nostri dialetti) è la tecnica antichissima per trasformare la montagna in

pianura: muro di sostegno e muro di contenimento; le donne (gerlo in spalla) portavano

prima la terra per riempire il terrazzamento e poi il letame per concimare; quindi

seminavano la canapa e la segale (la patata solo più tardi, alla fine del XVIII e agli inizi del

XIX secolo).

Un bravo ricercatore (Alessandro Zanni di Vanzone, recentemente scomparso),

misurando e contando i terrazzamenti abbandonati e individuabili in primavera quando

la neve rimane ultima su di essi, aveva stimato tra Castiglione e Calasca, in valle Anzasca,

una lunghezza di 300 chilometri. I terrazzamenti sono la nostra “muraglia cinese”!

1 Presidente dell’Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Ossola.

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Come presidente di un parco naturale penso che questi enti moderni si reggano su

quattro gambe (come i camosci e gli stambecchi che vivono liberi sui nostri monti),

abbiano quattro doveri:

1. il conservazionismo (la salvaguardia della biodiversità con la gestione degli habitat e delle popolazioni),

2. la promozione dello sviluppo sostenibile (la nuova economia verde),

3. la difesa della cultura tradizionale (la “biodiversità culturale”)

4. lo sviluppo della ricerca scientifica.

Quindi occuparci di queste cose è anche un dovere per un parco naturale.

Sono perfettamente consapevole che oggi la civiltà contadina di un tempo, che è

finita, storicamente sconfitta dalla rivoluzione industriale, qualche cosa può forse ancora

insegnarci.

La valutazione del tempo, dello spazio e delle energie sono differenti da quelle di oggi

e quindi una coltivazione come allora è difficilmente pensabile. Green economy vuol

dire fare cose vecchie in modo nuovo, con logiche nuove. Le fatiche titaniche di Evelina

Felisatti2 per coltivare la canapa sui terrazzamenti di Baceno in valle Antigorio mi sono

state raccontate quasi come un’impresa eroica, da pionieri; però hanno un valore.

Accennava Stefano Costa al paesaggio terrazzato: le Aree Protette dell’Ossola hanno

in corso, con capofila la Società di Scienze Naturali del VCO, un progetto nel comune di

Borgomezzavalle proprio sul recupero del paesaggio terrazzato, con differenti tipi di

produzioni, che vanno dalla viticoltura ai cultivar tradizionali.

Il problema che stiamo affrontando, ed è un problema grosso, è quello

dell’associazionismo fondiario, come unica soluzione possibile: il fatto di raggruppare

piccoli proprietari di terreni (chi ha 5 metri di terrazzamento, che ne ha 10 metri su due

file...) per permettere di coltivare con un minimo di dimensione spaziale che abbia

valenza economica. Proprio in questo ambito quindi anche la coltivazione della canapa

può avere significato.

I francesi sono stati i primi a produrre una normativa che finanzia le coltivazioni su

terrazzamento, perché la ricaduta in termini di difesa idrogeologica c’è e può essere

economicamente quantificata. Su questi temi abbiamo prodotto una manifestazione di

interesse per un progetto Interreg di quadrante con il Cantone Grigioni e il parco di

Montevecchia in Lombardia finalizzato alla conservazione del paesaggio terrazzato.

Anche la Svizzera, che ha sempre investito cospicue risorse sulla tutela del paesaggio

terrazzato, sta iniziando a fare dei conti economici: si rende conto che conservare

l’immagine del “paese cartolina” costa e non può più avere fondi illimitati per

2 Si veda in parte II la relazione di Evelina Felisatti, che è stata una delle coltivatrici della sperimentazione dell’anno 2015

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mantenerla. Per questo, sempre più anche la Svizzera sta trasformando le politiche di

difesa del paesaggio in ipotesi di attività produttive. E in montagna ciò può avvenire solo

su terrazzamenti.

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PARTE IV

CONCLUSIONI e CONSIDERAZIONI FINALI

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LEGGE SULLA CANAPA:

IL TESTO DEFINITIVO ED ALCUNE CONSIDERAZIONI

Andrea Cottini

La legge sulla coltivazione della canapa molte volte citata durante il Convegno1 dai

relatori e dagli intervenuti, è stata, finalmente, approvata il 2 dicembre 2016 dal

Parlamento della Repubblica italiana e pubblicata in data 30 dicembre 2016 in Gazzetta

Ufficiale (GU n.304 del 30-12-2016).

Si tratta della LEGGE 2 dicembre 2016, n. 242 denominata Disposizioni per la

promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (16G00258)

che è entrata formalmente in vigore a partire dal 14 gennaio 2017.

Per completezza informativa abbiamo ritenuto opportuno riportare, di seguito, il

testo completo della normativa, con alcune notazioni a margine di ogni articolo (in

corsivo), a mo’ di commento. Sicuramente questa legge, pur non contenendo

disposizioni eclatanti, conferisce chiaramente il carattere di legalità a tutti coloro che

vorranno approcciarsi anche direttamente e personalmente con la coltivazione della

canapa sativa.

LEGGE 2 dicembre 2016, n. 242

Disposizioni per la promozione della coltivazione

e della filiera agroindustriale della canapa

Art. 1. Finalità

1. La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e

della filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla

riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e

della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare

quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione.

2. La presente legge si applica alle coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte

nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17

della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano

nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli

stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di

tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.

309.

1 Il Convegno SATIVA tenutosi il 16.09.2016 a Villadossola

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3. Il sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata:

a) alla coltivazione e alla trasformazione;

b) all'incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa

provenienti da filiere prioritariamente locali;

c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e

perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale;

d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e

semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;

e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività

didattiche e di ricerca.

_______________

Dal comma 1 emerge chiaramente la volontà del legislatore di promuovere la

reintroduzione della canapa Sativa, riconoscendo alla medesima, di fatto, numerose

proprietà in termini ambientali e di conservazione della bio-diversità. Dal punto di vista

agricolo viene equiparata (sostituto) ad una coltura da rotazione

Il comma 2 riconosce che la coltivazione della Canapa Sativa non rientra tra le colture

non consentite, o vietate dalla legge

Il comma 3 in sintesi riepiloga quanto in questo testo (e nel convegno del 16.09.2016)

è stato ampiamente dettagliato e descritto con riguardo ai molteplici usi che si possono

derivare dalla coltivazione della canapa, in particolare specificando come alcuni di questi

utilizzi potenziali vengono “sostenuti” e “promossi” dalla Legge; rientrando tra le finalità

ovviamente in questa fase non sono previste le modalità attuative, ma il loro

recepimento significa comunque un primo importante riconoscimento legale.

_______________________

Art. 2. Liceità della coltivazione

1. La coltivazione delle varietà di canapa di cui all'articolo 1, comma 2, è consentita

senza necessità di autorizzazione.

2. Dalla canapa coltivata ai sensi del comma 1 è possibile ottenere:

a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei

rispettivi settori;

b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture

alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello

energetico;

c) materiale destinato alla pratica del sovescio;

d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la

bioedilizia;

e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;

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f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da

parte di istituti pubblici o privati;

g) coltivazioni destinate al florovivaismo.

3. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici di cui alla lettera b) del comma 2 è

consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale, nei limiti e alle

condizioni previste dall'allegato X alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006,

n. 152, e successive modificazioni.

_______________

L’art. 2, già dalla specificazione che lo accompagna, sancisce al comma 1 in

maniera finalmente chiara e senza dubbi interpretativi la piena liceità della coltivazione

della coltura di Canapa Sativa. In particolare precisa che NON sono necessarie

autorizzazioni, o comunicazioni, preventive all’Autorità giudiziaria o ad altre Autorità

locali

Il comma 2 dettaglia, a mio modo di vedere in maniera esemplificativa, ma non

certamente esaustiva, tutti i prodotti potenzialmente ottenibili e risultanti dalla

coltivazione della Canapa Sativa.

Dal nostro punto di vista risultano tra gli altri, particolarmente interessanti i punti

e) ed f) dato che riconoscono l’importanza di attivazioni, anche da parte di privati di

coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative (nonché di ricerca).

Il comma 3 precisa che l’eventuale utilizzo dei prodotti derivanti dalla Canapa

quale biomassa per la produzione energetica deve essere limitata ad un mero utilizzo

interno (una sorta di autoconsumo) alla propria attività aziendale.

_______________________

Art. 3. Obblighi del coltivatore

1. Il coltivatore ha l'obbligo della conservazione dei cartellini della semente acquistata

per un periodo non inferiore a dodici mesi.

Ha altresì l'obbligo di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo

previsto dalla normativa vigente.

_______________

L’art. 3 individua in maniera chiara e sintetica gli obblighi a cui è assoggettato il

coltivatore e che si limitano alla conservazione per dodici mesi dei soli cartellini delle

sementi unitamente alle fatture di acquisto delle relative.

Da notare che è assente ogni riferimento catastale al terreno in cui tali sementi

sono state utilizzate; attualmente infatti la comunicazione alle Autorità richiedeva

l’indicazione catastale del terreno. Per questioni di opportunità una sorta di

autocertificazione del coltivatore in cui vengono indicati i dati catastali del terreno/dei

terreni in cui i semi certificati vengono utilizzati sarebbe comunque opportuna, dato che

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consentirebbe di rispondere innanzitutto a percorsi di tracciabilità, di km zero, di progetti

di filiera cui peraltro la legge richiama.

L’assenza di adempimenti richiesti, ovviamente non esclude i consueti

adempimenti che il coltivatore agricolo adempie per i finanziamenti alle colture di

rotazione riguardanti la PAC.

_______________________

Art. 4 - Controlli e sanzioni

1. Il Corpo forestale dello Stato è autorizzato a effettuare i necessari controlli, compresi i

prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro

tipo di controllo da parte degli organi di polizia giudiziaria eseguito su segnalazione e nel

corso dello svolgimento di attività giudiziarie.

2. Il soggetto di cui al comma 1 svolge i controlli a campione secondo la percentuale

annua prevista dalla vigente normativa europea e nel rispetto delle disposizioni di cui

all'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con

modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.

3. Nel caso di campionamento eseguito da parte del soggetto individuato dal soggetto di

cui al comma 1, le modalità di prelevamento, conservazione e analisi dei campioni

provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del

contenuto di tetra-idro-cannabinolo (THC) delle varietà di canapa, sono quelle stabilite

ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale.

4. Qualora gli addetti ai controlli, ai sensi del comma 1 reputino necessario effettuare i

campionamenti con prelievo della coltura, sono tenuti a eseguirli in presenza del

coltivatore e a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all'agricoltore stesso

per eventuali controverifiche.

5. Qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti

superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità

è posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente

legge.

6. Gli esami per il controllo del contenuto di THC delle coltivazioni devono sempre

riferirsi a medie tra campioni di piante, prelevati, conservati, preparati e analizzati

secondo il metodo prescritto dalla vigente normativa dell'Unione europea e nazionale di

recepimento.

7. Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle

disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall'autorità giudiziaria

solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al

comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento.

Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell'agricoltore.

___________

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L’art. 4 individua l’autorità competente ad eseguire i controlli, ovvero il Corpo

Forestale dello Stato; nel dettagliare la natura e le modalità dei medesimi, la legge

precisa che in ogni momento, l’Autorità Giudiziaria può eseguire accessi, controlli e

verifiche in caso di indagini e procedimenti.

Senza entrare nel dettaglio delle modalità previste per i controlli si evidenzia

l’importanza del comma 5 che stabilisce il grado di responsabilità per chi coltiva canapa

sativa rispettando la presente normativa: nessuna responsabilità. Anche ove i livelli di

TCH siano superiori alla 0,2%, purché inferiori al 0,6% di THC, al coltivatore non potrà

essere addebitata alcun tipo di responsabilità. I livelli di THC di riferimento da

considerare sono quelli “medi” e quindi di fatto consentono anche margini puntuali ed

occasionali superiori allo 0,6%.

___________

Art. 5 - Limiti di THC negli alimenti

1. Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata

in vigore della presente legge, sono definiti i livelli massimi di residui di THC ammessi

negli alimenti.

______________

L’art. 5 consentirebbe di aprire un lunghissimo dibattito, peraltro in corso,

riguardante i valori ammissibili di THC in campo alimentare. Il Ministro della Salute viene

delegato ad adottare un regolamento attuativo che sarà molto importante e dettagliato

per i potenziali utilizzi dei derivati della canapa nel settore degli alimenti. Si auspica che

venga rispettato il termine di sei mesi previsto dalla normativa e che il regolamento sia

approvato entro il 14 luglio 2017.

______________

Art. 6 - Incentivi per la filiera della canapa

1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la

normativa europea in materia di aiuti di Stato, destina annualmente una quota delle

risorse disponibili a valere sui piani nazionali di settore di propria competenza, nel limite

massimo di 700.000 euro, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e

trasformazione nel settore della canapa.

2. Una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Ministero

delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui

alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, può essere destinata, con decreto del Ministro

delle politiche agricole alimentari e forestali, al finanziamento di progetti di ricerca e

sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione della canapa, finalizzati

prioritariamente alla ricostituzione del patrimonio genetico e all'individuazione di

corretti processi di meccanizzazione.

________________

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L’art. 6 è sicuramente interessante ed importante, quanto meno nelle intenzioni

del legislatore: incentivare la costituzione di filiere produttive legate alla coltivazione

della canapa. Tali filiere vengono quindi viste con favore dal Legislatore e questo

rappresenta l’aspetto più interessante. Soprassiedo sul discorso incentivazione in

considerazione dell’importo (estremamente) limitato previsto dalla norma.

________________

Art. 7 - Riproduzione della semente

1. Gli enti di ricerca pubblici, le università, le agenzie regionali per lo sviluppo e

l'innovazione, anche stipulando protocolli o convenzioni con le associazioni culturali e i

consorzi dedicati specificamente alla canapicoltura, possono riprodurre per un anno la

semente acquistata certificata nell'anno precedente, utilizzandola per la realizzazione di

piccole produzioni di carattere dimostrativo, sperimentale o culturale, previa

comunicazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

______________

L’art. 7 tratta un argomento particolarmente importante per tutti coloro che,

almeno una volta, si sono cimentati con la coltivazione della canapa sativa: la possibilità

di utilizzare per l’anno successivo al primo “raccolto” i semi derivati dalla coltivazione.

Tali sementi possono essere utilizzate per la “realizzazione di piccole produzioni di

carattere dimostrativo, sperimentale o culturale”; tuttavia a livello del nostro territorio

(montagna, spazi piccoli, terrazzamenti) questa disposizione consente sicuramente

piccole agevolazioni e risparmi derivanti dal non dover (ordinare e) acquistare

annualmente sementi certificate.

______________

Art. 8. Sostegno delle attività di formazione, di divulgazione e di innovazione

1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, negli ambiti di

rispettiva competenza, possono promuovere azioni di formazione in favore di coloro che

operano nella filiera della canapa e diffondono, attraverso specifici canali informativi, la

conoscenza delle proprietà della canapa e dei suoi utilizzi nel campo agronomico,

agroindustriale, nutraceutico, della bioedilizia, della bio-componentistica e del

confezionamento.

______________

L’art. 8 pur se contenente una disposizione rientrante nel campo delle potestà

(possono) e non dei doveri (devono), è molto importante a livello di principio e di liceità

per tutti quegli operatori (culturali e formativi) che accompagnano il processo di

coltivazione senza eventualmente prendervi parte direttamente. Può essere che,

legislatori locali particolarmente attente a queste problematiche, prevedano sulla base

di tale disposizione, contribuzioni economiche o sostegni di vario genere per i soggetti

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che vorranno “diffondere” tecnicamente e culturalmente l’importanza della

reintroduzione della coltivazione della canapa sativa.

______________

Art. 9. Tutela del consumatore

1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali promuove il riconoscimento

di un sistema di qualità alimentare per i prodotti derivati dalla canapa ai sensi

dell'articolo 16, paragrafo 1, lettere b) o c), del regolamento (UE) n. 1305/2013 del

Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013.

Art. 10. Clausola di invarianza finanziaria

1. All'attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede nell'ambito delle

risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque,

senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale

degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di

osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 2 dicembre 2016

MATTARELLA RENZI, Presidente del Consiglio dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: ORLANDO

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CANAPA E TERRITORIO: LE PAROLE CHIAVE PER PROSEGUIRE

Stefania Cerutti1

Partire da un’idea nata intorno ai tavoli di un workshop sulla progettazione europea

ed arrivare ad un progetto vero e proprio che si candida a finanziamento parrebbe

essere un processo lineare e di prassi, ma la realtà insegna che non è affatto cosa

scontata né tantomeno semplice e conseguente. Tanto più quando si toccano temi e

filoni articolati, meno battuti e intorno ai quali aleggiano pregiudizi, dubbi e approcci

diversificati.

Eppure questa è la storia del progetto SATIVA che, come tratteggiato in questa

pubblicazione, muove i suoi primi passi nell’ambito del corso TERRITORI DI MONTAGNA

E SVILUPPO LOCALE: PROGETTARE CON I FONDI EUROPEI organizzato e promosso da

ARS.UNI.VCO. Sciogliendo l’acronimo ci si trova subito a contatto con gli elementi che

costituiscono l’anima dell’iniziativa - in termini di strategie ed obiettivi - e delle sue

declinazioni – in termini operativi e di azioni: SATIVA si propone, arditamente, di

“salvare un territorio incrementando il valore dell’agricoltura” (Save a Territory

Increasing the Value of Agriculture). Salvare dalla dimenticanza e dall’abbandono un

territorio ricco di storia e di segni materiali e immateriali legati all’agricoltura di

montagna della canapa sativa, (agricoltura) che vorrebbe far rivivere generando un

valore non solo sul piano economico, ma anche sociale, culturale e turistico.

Ma prendiamoci ancora un attimo di tempo o forse, per meglio entrare in contatto

con l’essenza del progetto, una bella boccata d’aria di quelle alte terre piemontesi su cui

si muove, lavora, sperimenta, agglutina idee e persone.

Mi piace pensare a SATIVA come ad un’anziana donna delle Alpi che, saggiamente,

racconta e tramanda vicende antiche su cui tessere un presente di ritorno e di recupero

intelligente e innovativo degli spazi agricoli, delle tradizioni che li hanno animati, delle

economie che li hanno prima celebrati e poi abbandonati. Ancora prima di narrare,

però, Ella ascolta.

Potremmo dunque immaginare che quell’anziana signora, sul finire dell’estate, si sia

accomodata, curiosa e attenta, tra il pubblico presente al convegno organizzato da

ARS.UNI.VCO lo scorso 16 settembre 2016 a Villadossola, di cui queste pagine intendono

restare come traccia scritta a futura memoria.

Evento importante, di livello scientifico, culturale e divulgativo che ha voluto sancire,

come ben precisa Andrea Cottini nell’introduzione, un “punto” per verificare la

1 Ricercatore Confermato dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale – DISEI. Componente Consiglio Direttivo ARS.UNI.VCO e responsabile Scientifico del Comitato SATIVA

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possibilità concreta di reintrodurre in modo sistematico la coltivazione della canapa

sativa nelle vallate alpine del Verbano Cusio Ossola, mantenendo salde le relazioni locali

e sovralocali che la rete di soggetti coinvolti ha sin qui attivato e capitalizzando i risultati

ottenuti nelle prime fasi di sviluppo del progetto.

Torniamo quindi con SATIVA sui passi abbozzati, cercando di fissare alcune parole-

chiave emerse in occasione di questo fruttuoso incontro. Un po’ come talvolta capita

quando si cammina in montagna e si incontra un piccolo fiume da attraversare: il nostro

piede cerca fiducioso un appoggio sicuro, un sasso dopo l’altro per raggiungere la

sponda che lo attende. Con le parole funziona allo stesso modo: una dopo l’altra, le

filtriamo e fissiamo nella nostra mente perché ci guidino, ci aiutino a trattenere quanto

di significativo è emerso, a selezionare, a inquadrare, per andare avanti e anche oltre.

Nella sua presentazione, Andrea Sasso ha ribadito l’ampia possibilità di utilizzi della

canapa eleggendola quindi a materiale versatile e multiuso, in grado di accoppiare

tradizione e innovazione, da cui è possibile generare prodotti di nicchia in termini di

mercato ma anche di territorio. Punto focale il recupero (di terreni, di contesti, di edifici,

di storie) in cui la canapa può giocare un ruolo importante generando un basso impatto

ambientale ed un alto e positivo impatto territoriale. Sasso ha altresì sottolineato

l’“umiltà progettuale” che ha accompagnato l’evoluzione di SATIVA, che da sempre è

stato visto dai suoi ideatori e promotori come un progetto in grado di generare benefici

per l’intera area provinciale e non già di rispondere a soli interessi particolaristici o a

mere operazioni nostalgiche.

Cuore del progetto è l’agricoltura e nello specifico la canapicoltura intesa - come ha

precisato Evelina Felisatti nel suo intervento - quale coltivazione di cui si hanno notizie in

Ossola dal 1300 e quale pratica di sussistenza di fondamentale importanza per la

produzione di molti oggetti, alimenti, componenti di uso quotidiano (corde, reti, cesti,

calzature; tela per biancheria e indumenti; olio illuminazione, semi per alimentazione di

contadini e bestiame). Un’economia povera quella che gravitava intorno alla canapa, ma

che oggi - come ribadito anche nella tavola rotonda del convegno – assume i caratteri di

un’economia circolare, rinnovabile, sostenibile, green su cui i territori montani credono

ed investono. È stata altresì messa a fuoco la proficua partecipazione femminile al

“mondo canapa”, ieri come oggi, nel lavoro e nel progetto; e questo sarà stato

certamente apprezzato dalla vecchia signora, anche con riguardo alla sottolineatura del

fertile connubio tra una comunità locale attiva e il suo paesaggio ben mantenuto,

curato e bello.

La sperimentazione effettuata nella provincia del Verbano Cusio Ossola ha portato

infatti alla riscoperta di una pianta tollerante, forte, adattabile e molto utile che

potrebbe rappresentare per questo territorio, così come per le Alpi, una risorsa capace

di ripartire dalle radici profonde qui lasciate e ritrovate per generare prodotti in grado

di inserirsi efficacemente negli odierni circuiti economici, artigianali, culturali.

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Lo confermano i dati presentati dai ricercatori dell’Università di Milano, Jacopo

Bacenetti e Gigliola Borgonovo: pur nella limitatezza di appezzamenti e produzione,

quanto realizzato da SATIVA a conclusione della fase sperimentale fa emergere non solo

la positività di questa singola iniziativa ma anche la necessità di creare un data base

riguardante progetti e prodotti sperimentali della canapa di tutto l’arco alpino, non solo

italiano. Canapa “buona”, quella sativa del VCO, sotto il profilo dei fitocannabinoidi

presenti.

Anche l’intervento di Massimo Falsaci ne ha posto in evidenza un possibile utilizzo

alimentare, sottolineando la necessità di creazione di una filiera ben strutturata, dal

campo alla tavola.

Altre tipologie di attività ed impieghi importanti ed ambiziosi legati alla canapa sono

quelli presentati da Nicoletta Guerrieri e Maria Cavaletto, con specifico rimando allo

studio di fattibilità per l’utilizzo della canapa nella riqualificazione di suolo contenente

metalli pesanti in un’area ex industriale del Comune di Villadossola.

La voce della Regione Piemonte si è in particolare soffermata su AssoCanapa, il

Coordinamento Nazionale per la Canapicoltura nato in Piemonte alla fine degli anni

Novanta. Gianfranco Latino ha infatti ricordato le principali attività per cui AssoCanapa

rappresenta un prezioso punto di riferimento a livello regionale e nazionale: iniziative

legali, legislative ed associative per lo sviluppo della canapicoltura e la tutela dei propri

associati; sviluppo di marchi per la valorizzazione le produzioni dei propri associati e di

relativi disciplinari; attività di informazione e di formazione per agricoltori, operatori del

settore, tecnici e utilizzatori; presentazione nel settore di progetti sperimentali e/o

innovativi finanziati con fondi UE, e/o nazionali e regionali sviluppo di partenariati con

altre realtà imprenditoriali e associative europee; attività editoriale. Importante, dunque

fare rete ed agganciarsi a enti e progetti già attivi al fine di valorizzare quanto fatto su

scala locale.

Forse anche la “vecchia” SATIVA si è appuntata nella memoria alcuni momenti

dell’intensa mattinata di contributi, dibattito e confronto. Come tratteggiato in queste

pagine conclusive, alcune parole sono tornate e ritornate nell’ambito dei discorsi e delle

presentazioni che si sono susseguite, nel modo in cui quei sassi nel fiume cercano uno

spazio e un tempo per fermarsi. E questo sia nei contributi dei relatori che nel dibattito

emerso durante la tavola rotonda finale, che ha visto interagire alcuni importanti

istituzioni del territorio e che è interamente riportato in seno a questa pubblicazione.

A partire dal taglio geografico del progetto, incastonato in uno specifico territorio

montano, sino anche agli aspetti più tecnici e operativi, è stato da tutti condiviso il fatto

che la canapa sia una risorsa importante e da rivalorizzare. Per diventare prodotto deve

passare poi attraverso il mercato, la produzione, il consumo eccetera: rispetto a tali

dimensioni, le parti di progetto sin qui implementate lo collocano in una fase che

potremmo definire come embrionale.

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Più volte si è fatto ricorso alle parole nicchia, segmento, ambito a indicare un

concetto che in un discorso complesso - che punta sul recupero, sulla reintroduzione e

sul riutilizzo della canapa - non costituisce il perimetro di qualcosa che vediamo o

definiamo come delimitato, ma che anzi, come qui si dimostra, assume grande apertura

e prospetta notevoli potenzialità di sviluppo. Si tratta, infatti, di guardarsi dentro, onde

costruire delle reti e mettere a sistema idee e progetti che si muovono nel VCO

(terrazzamenti, proprietà fondiarie, rete dei parchi, ecc.) e al contempo di rendere

queste “nicchie di territorio” le tessere di un ampio mosaico sia progettuale che

operativo. Ne sono testimonianza la partecipazione di SATIVA alla candidatura del

progetto CENTRAL HEMP 2020 a finanziamento UE, così come la presentazione

dell’iniziativa e dei suoi sviluppi in simposi e convegni sia nazionali che internazionali.

Sicuramente anche le riflessioni fatte sull’economia circolare e sulla green economy

contribuiscono ad andare oltre la logica di reintroduzione della canapa sotto il solo

profilo colturale e produttivo, aiutando a comprendere la necessità di adottare un

approccio di tipo bottom-up in cui siano coinvolte le comunità locali, al fine di co-

costruire un senso forte di “identità innovativa” per cui la canapa esca dal perimetro

dell’economia povera o di sussistenza che un tempo era, e diventi un “tema

catalizzatore” su cui continuare a lavorare. Semi di cultura, dunque, che possono

generare effetti moltiplicativi e positivi sul territorio.

Alla luce di queste considerazioni, e riprendendo le argomentazioni della collega

Cavaletto sulle caratteristiche della canapa sativa che la rendono una pianta tollerante e

dalle significative proprietà proteiche, mi piacerebbe pensare che la canapa possa

diventare una “bella proteina” per il territorio del VCO. Quindi non solo radici ma in

qualche modo anche qualcosa che struttura, regola e trasporta verso il futuro. E in

questa prospettiva l’aspetto scientifico e formativo assumono indubbiamente un ruolo

trasversale e imprescindibile.

Sono state realizzate molte iniziative, che sono state compendiate durante il

convegno, sia con i bambini sia con le scuole secondarie del territorio ma anche in virtù

del coinvolgimento del mondo accademico mediante la partecipazione dell’Università

del Piemonte Orientale e dell’Università di Milano; anche per la presenza universitaria

diversificata, è quindi davvero importante fertilizzare le competenze progettuali,

tecniche, operative, culturali messe in evidenza da SATIVA, con l’intento di portare

progetti come questo a dimostrare una portata rilevante in termini di ricadute

trasversali.

In questo progetto che intreccia, come fili di canapa, le testimonianze di ieri e le

speranze di domani per un territorio di montagna vivo e attrattivo, non resta che dire

“avanti Sativanti!”, credendo fortemente nella passione e nella volontà delle persone

che SATIVA ha coinvolto e che auspicabilmente continuerà a fare.

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