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1 Sassoferrato mia La premiazione de “I sassoferratesi nel mondo”, nell’agosto 2006, nel vicolo S. Chiara. Ho continuato i miei ritorni a Sassoferrato e oltre a vivere le emozioni che ho cercato di descrivere, e condividere con voi, nel numero zero di questa rivista, è successo qualcosa di nuovo e in qualche misura emozionante. Dopo la manifestazione dello scorso agosto, che può essere a tutti gli effetti essere considerata la “prima” della nostra Associazione, si è verificato un fenomeno di fertilizzazione della coscienza dei sassoferratesi, (gli inglesi direbbero di outling), i quali sempre più spesso chiedo- no informazioni sull’Associazione, i suoi obiettivi, le sue attività, ecc... Se trovo molto bello che i sassoferratesi stiano scoprendo la propria “sassoferrate- sità”, trovo molto intrigante il fatto che ciò si sia palesato dopo una manifestazione e un numero zero della nostra rivista curati da non-sassoferratesi (almeno in senso strettamente anagrafico e di residenza). Trovo tutto questo intrigante perchè signi- fica che stiamo lavorando su una materia viva, ponendoci con argomenti che sono correttamente percepiti dalla sensibilità delle persone, e che, in qualche misura, consentono di aggregare il “sentito”, pur- troppo spesso non espresso a voce alta ma solo “mugugnato”, su obiettivi che inten- dono andare molto oltre la mera organizza- zione delle “estati sassoferratesi”, che peraltro, pur costituendo uno sforzo enco- miabile, non rappresentano un investimen- to progettuale per il futuro del territorio. La manifestazione dello scorso mese di ago- sto ha in definitiva raggiunto un obiettivo grande, molto più grande della manifesta- zione di affetto verso le persone premiate, e tanto più grande perché non espresso né esprimibile a priori: l’aggregazione di una piazza, piccola ma pienissima, intorno ad un nuovo modo di dimostrare un grande amore per Sassoferrato; l’amore che solo chi è lontano può portare con una intensità così forte e in qualche modo così scomoda, come è apparso in qualche passaggio degli interventi svolti. L’amore che portiamo verso Sassoferrato come persone e come Associazione non può essere né di destra né di sinistra, ma proprio per i valori che contiene al suo interno consente, in qual- che modo autorizza, la messa in evidenza di problemi che se non risolti possono por- tare a forme di regressione di difficilissima gestione, in particolare sotto il profilo sociale e delle possibilità di sviluppo. I cicli di emigrazione che hanno caratterizzato la storia di sassoferrato potrebbero non esse- re finiti se non si pone mano ad una pro- grammazione che consenta una progetta- zione del modello di sviluppo del territorio capace di rivitalizzarne le prospettive eco- nomiche non più e non solo in chiave di pic- colo commercio e di industria, ma anche di servizi a supporto dell’unica industria che non può essere fornita da altri, cioè il turi- smo e il tempo libero, ovviamente degli altri. L’Associazione, proprio in forza degli obiettivi sociali che ha assunto in sede di costituzione, conferma la propria disponibi- lità a contribuire nelle fasi di lavorazione necessarie all’avvio del “nuovo progetto”. Negli scorsi mesi leggendo un giornale economico italiano ho notato un articolo abbastanza importante che riguardava l’inizio dei lavori per il ripristino di “ground zero” a New York, in pratica l’avvio della ricostruzione dello spazio lasciato dalle Torri Gemelle dopo l’attentato dell’11 set- tembre. La cosa che mi ha colpito è stata che una società italiana, la ICOS, è stata chiamata per effettuare alcuni importanti lavori, perché aveva già svolto, con risulta- ti positivi, gli stessi lavori al momento della originaria costruzione delle Twin Towers poi distrutte dall’attentato. La notizia, oltre la soddisfazione per il suc- cesso del “made in Italy” in un paese impermeabile ai contributi esterni come gli Stati Uniti d’America, mi ha fatto ricordare che nelle motivazioni del premio alla memoria assegnato a Osvaldo Troiani lo scorso mese di agosto, veniva indicata pro- prio la sua attiva partecipazione, lavorando per la ICOS, alla costruzione delle Torri Gemelle. Non nego di aver provato grande piacere nel poter riunire le due informazio- ni e sapere che l’Associazione, nella sua prima manifestazione pubblica, premiando Osvaldo Troiani, ha dato atto del grande valore di un “sassoferratese nel mondo e nel... tempo”. Timoteo Benedetti

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SassoferratomiaLa premiazione de “I sassoferratesi nel mondo”,nell’agosto 2006, nel vicolo S. Chiara.

Ho continuato i miei ritorni a Sassoferratoe oltre a vivere le emozioni che ho cercatodi descrivere, e condividere con voi, nelnumero zero di questa rivista, è successoqualcosa di nuovo e in qualche misuraemozionante. Dopo la manifestazione delloscorso agosto, che può essere a tutti glieffetti essere considerata la “prima” dellanostra Associazione, si è verificato unfenomeno di fertilizzazione della coscienzadei sassoferratesi, (gli inglesi direbbero dioutling), i quali sempre più spesso chiedo-no informazioni sull’Associazione, i suoiobiettivi, le sue attività, ecc...Se trovo molto bello che i sassoferratesistiano scoprendo la propria “sassoferrate-sità”, trovo molto intrigante il fatto che ciòsi sia palesato dopo una manifestazione eun numero zero della nostra rivista curatida non-sassoferratesi (almeno in sensostrettamente anagrafico e di residenza).Trovo tutto questo intrigante perchè signi-fica che stiamo lavorando su una materiaviva, ponendoci con argomenti che sonocorrettamente percepiti dalla sensibilitàdelle persone, e che, in qualche misura,consentono di aggregare il “sentito”, pur-troppo spesso non espresso a voce alta masolo “mugugnato”, su obiettivi che inten-dono andare molto oltre la mera organizza-

zione delle “estati sassoferratesi”, cheperaltro, pur costituendo uno sforzo enco-miabile, non rappresentano un investimen-to progettuale per il futuro del territorio. Lamanifestazione dello scorso mese di ago-sto ha in definitiva raggiunto un obiettivogrande, molto più grande della manifesta-zione di affetto verso le persone premiate,e tanto più grande perché non espresso néesprimibile a priori: l’aggregazione di unapiazza, piccola ma pienissima, intorno adun nuovo modo di dimostrare un grandeamore per Sassoferrato; l’amore che solochi è lontano può portare con una intensitàcosì forte e in qualche modo così scomoda,come è apparso in qualche passaggio degliinterventi svolti. L’amore che portiamoverso Sassoferrato come persone e comeAssociazione non può essere né di destrané di sinistra, ma proprio per i valori checontiene al suo interno consente, in qual-che modo autorizza, la messa in evidenzadi problemi che se non risolti possono por-tare a forme di regressione di difficilissimagestione, in particolare sotto il profilosociale e delle possibilità di sviluppo. I ciclidi emigrazione che hanno caratterizzato lastoria di sassoferrato potrebbero non esse-re finiti se non si pone mano ad una pro-grammazione che consenta una progetta-

zione del modello di sviluppo del territoriocapace di rivitalizzarne le prospettive eco-nomiche non più e non solo in chiave di pic-colo commercio e di industria, ma anche diservizi a supporto dell’unica industria chenon può essere fornita da altri, cioè il turi-smo e il tempo libero, ovviamente deglialtri. L’Associazione, proprio in forza degliobiettivi sociali che ha assunto in sede dicostituzione, conferma la propria disponibi-lità a contribuire nelle fasi di lavorazionenecessarie all’avvio del “nuovo progetto”.Negli scorsi mesi leggendo un giornaleeconomico italiano ho notato un articoloabbastanza importante che riguardaval’inizio dei lavori per il ripristino di “groundzero” a New York, in pratica l’avvio dellaricostruzione dello spazio lasciato dalleTorri Gemelle dopo l’attentato dell’11 set-tembre. La cosa che mi ha colpito è statache una società italiana, la ICOS, è statachiamata per effettuare alcuni importantilavori, perché aveva già svolto, con risulta-ti positivi, gli stessi lavori al momento dellaoriginaria costruzione delle Twin Towerspoi distrutte dall’attentato.La notizia, oltre la soddisfazione per il suc-cesso del “made in Italy” in un paeseimpermeabile ai contributi esterni come gliStati Uniti d’America, mi ha fatto ricordareche nelle motivazioni del premio allamemoria assegnato a Osvaldo Troiani loscorso mese di agosto, veniva indicata pro-prio la sua attiva partecipazione, lavorandoper la ICOS, alla costruzione delle TorriGemelle. Non nego di aver provato grandepiacere nel poter riunire le due informazio-ni e sapere che l’Associazione, nella suaprima manifestazione pubblica, premiandoOsvaldo Troiani, ha dato atto del grandevalore di un “sassoferratese nel mondo enel... tempo”.

Timoteo Benedetti

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Lunedì 21 agosto 2006, presso il suggestivo Vicolo Santa Chiara nelrione Castello, alla presenza di un numerosissimo pubblico, del SindacoRinaldi, dell’On. Berionni -presidente della Consulta Regionale dei mar-chigiani all’estero-, del presidente onorario dell’Associazione, PadreStefano Troiani e dei membri dell’Associazione “Sassoferratesi nelmondo”, ha preso il via la prima premiazione del Premio Monte Strega.Un breve saluto delle personalità ha aperto la manifestazione, metten-do in risalto la lodevole iniziativa che vede premiati i nostri concittadiniche nel tempo hanno dato lustro al nostro paese con opere di carattereculturale di ogni genere, valorizzando la nostra cittadina e la nostrabella terra.Il Presidente Timoteo Benedetti, nel puntualizzare le finalitàdell’Associazione e tutto ciò che può derivarne, fa appello vibrantealle nostre istituzioni comunali, per migliorare quei servizi essenzialidi assistenza alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, stori-co e culturale del nostro paese.L’iniziativa, ideata, voluta e portata avanti da Padre Stefano, daGianni Pesciarelli e naturalmente da tutti i membri dell’Associazione,si propone, come scopo, quello di promuovere iniziative per la cono-scenza, la conservazione, la valorizzazione, la diffusione dei valoritradizionali, culturali, turistico-ambientali e gastronomici della cittàdi Sassoferrato.Inoltre si propone di richiamare al territorio persone residenti lonta-no da Sassoferrato per uno scambio di cultura, modelli di vita edesperienze reciproche.Il premio Monte Strega, consistente in una scultura in bronzo dell’ar-tista Giovanni Bartocci e una targa in ceramica raffigurante il MonteStrega, realizzata dagli alunni della scuola media Bartolo daSassoferrato, è stato assegnato a Mara Silvestrini, Vice Re-sponsabile alla Soprintendenza ai Beni Archeologici delle Marche,per aver dato lustro all’archeologia della regione, facendo conosce-re Sassoferrato attraverso le più prestigiose riviste del settore a livel-lo internazionale; a Carlo Bianchi, per aver diffuso la cucina marchi-giana e sassoferratese in Francia ed infine, a Luca Di Girolamo, peraver propagato in Italia e all’estero il teatro per ragazzi.Inoltre sono stati assegnati premi alla memoria, ad altrettanti concit-tadini scomparsi, di alto profilo umano, scientifico, culturale, nellepersone di Corradino Garofoli, dirigente bancario distintosi ai più altilivelli del settore nazionale, nonché benefattore, generosamente pre-statosi verso moltissimi giovani compaesani che negli anni ‘50/’60 sisono rivolti a lui per la difficile ricerca di un posto di lavoro; RenatoOttaviani, maestro e promotore di una scuola innovativa rivolta allavalorizzazione di tutte le potenzialità dell’alunno verso la passioneeducativa delle discipline in generale e dell’arte in particolare;Osvaldo Troiani per aver assunto un ruolo di primo piano nella città

PREMIOMonte Strega

Dall’alto: Gianni Pesciarelli e il Sindaco Luigi Rinaldi; Biagio Marini e il tavo-lo della presidenza; Vittorio Toni e il Presidente Timoteo Benedetti.

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di New York in cui viveva, consentendo unapiù ampia offerta occupazionale, elevando iltenore di vita e dando grande apporto, tra lealtre cose, alla costruzione delle TorriGemelle, tristemente note per l’immane tra-gedia dell’11 settembre 2001. La serata è stata allietata da intermezzimusicali dalla bella voce di Rosita Tassi,diplomata al Conservatorio Rossini diPesaro, ormai nota in campo nazionale, cheha interpretato melodie di Tosti, Leon-cavallo, Puccini e Cilea e accompagnata alpianoforte dal M° pluridecorato GiuliaMarini. Ringraziamenti al Comune diSassoferrato, alla Fondazione Cassa diRisparmio di Fabriano e Cupramontana, albravo, spigliato, frizzante presentatoreBiagio Marini, alla ditta “Farro Monterosso”di Lea Luzi per il servizio di ristoro, alla ditta“Fiori e Piante Clorofilla” ed a MassimoBardelli, delegato Regionale della FIAF, per ilservizio fotografico.

I PREMIATI

MARA SILVESTRINIÈ nata a Sassoferrato, si è laureata inLettere Classiche presso l’Università “LaSapienza” di Roma, frequentando in seguitola Scuola Nazionale di Specializzazione“Archeologia Pre-Protostoria” a Roma. Dal 1980 è Direttore Archeologo delMinistero per i Beni e le Attività Culturalipresso la Soprintendenza per i BeniArcheologici delle Marche. Presso tale uffi-cio è responsabile per il territorio di oltretrenta Comuni, tra cui quello di Sassoferrato;vicedirettore del Museo Archeologico

Nazionale delle Marche, per il quale ha col-laborato alla progettazione scientifica dellasezione Pre-Protostorica; è Direttore delMuseo Archeologico Statale di Arcevia, cheha personalmente ed interamente progetta-to, occupandosi anche della gestione delrelativo personale; è inoltre responsabile delServizio Magazzini della Soprintendenza,nonché della gestione del Servizio naturali-stica e antropologia; è anche responsabiledel Servizio Didattico ed Educativo dellaSoprintendenza per i Beni Archeologici delleMarche; ha anche curato l’allestimento dinumerosi musei civici e mostre. È stata membro del Comitato regionale per iBeni Culturali e del Gruppo di lavoro “CentroStorico” di Ancona, del Comitato tecnico diprogrammazione per la salvaguardia e tuteladel sistema archeologico regionale e dellaConsulta regionale per i Beni Culturali. Ha diretto e dirige importanti lavori di scavoe di restauro e, nell’ambito della sua attività

di docenza, figura tra l’altro quella relativa alCorso di Restauro del Mosaico e dellaCeramica organizzato nell’anno 1983-’84 dalComune di Sassoferrato e quella relativa alCorso per Operatore di restauro di sculture diinteresse archeologico e storico-artistico inmateriale lapideo e ligneo.Ha partecipato a numerosi corsi, conseguen-do le relative attestazioni ed è stata relatri-ce in importanti convegni e seminari in tuttaItalia ed autrice di ben centosessantatrèpubblicazioni nazionali ed internazionali; daun punto di vista scientifico, si è occupata esi occupa principalmente di pre-protostoria.Il premio viene assegnato alla dott.ssa

Silvestrini in considerazione del fondamen-tale impegno da lei profuso in campo cultu-rale e per l’amore dimostrato nei confrontidel territorio sassoferratese.

CARLO BIANCHINasce nel 1948 a Scorzano di Sassoferrato,poi, diciottenne, frequenta la scuola alber-ghiera di Losanna. Si trasferisce a Parigi nel 1970 dove fa espe-rienza in famosi ristoranti e svolge, tra l’altro,le funzioni di primo barman al George V.Apre diversi ristoranti nella capitale france-se e attualmente è proprietario e gestore delristorante San Francisco, in Rue Mirabeau,frequentato soprattutto da clientela dellacarta stampata: Obs, l’Express, Figaro,L’Equipe, Marie Claire, Cosmopolitan, dalmondo della televisione, dello spettacolo ein particolare del golf, essendo egli stessoappassionato giocatore. Ha partecipato adiverse trasmissioni radio-televisive, è mem-bro del Comitato Gastronomade francese peril riconoscimento dei giovani talenti nel set-tore della cucina gastronomica. È stato chiamato all’Eliseo per allestire unacena tipica veneziana per il primo ministroAlain Jupé in onore degli ambasciatoriaccreditati in Francia. Ha pubblicato lo scorso anno un libro“Mamma Mia”, narrando abitudini e ricettetipiche della nostra regione Marche. Ha partecipato a importanti trasmissionitelevisive e ha dato il suo contributo a diver-se pubblicazioni mettendo sempre in risaltole caratteristiche della cucina italiana e mar-chigiana.

LUCA DI GIROLAMOÈ uno dei fondatori della Gruppo “Shaula” diSassoferrato, nel quale ha lavorato con pas-sione e competenza dal 1977 al 1993; si èpoi dedicato alla recitazione in varie compa-gnie, curando anche la regia nel settore delteatro per ragazzi.Dal 1981 si occupa anche di laboratori e pro-getti teatrali e motori rivolti a bambini,ragazzi e adulti collaborando con il MinisteroAffari Sociali, le Regioni Marche e Lazio, non-ché con i Comuni di Roma, Ancona, Fabriano,Sassoferrato, Arcevia, Pergola ecc., tenendoanche corsi di aggiornamento per insegnantinelle scuole pubbliche e private. Ha svolto, inoltre, intensa attività di collabo-razione nel CIDI di Roma come formatore diinsegnanti di scuola materna ed elementare,come formatore esperto-guida e, nel

I premiati della serata. Da sinistra: Luca Di Girolamo, Mara Silvestrini, Carlo Bianchi, Giuseppe Troianie la sig.a Ottaviani.

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Comune di Roma, collabora per l’aggiornamento degli insegnanti diScuola Materna ed è accreditato alla formazione dal Dipartimento IXdello stesso Comune. Nell’ambito dei Progetti Speciali, ha realizzato nel Lazio: quattrolaboratori con l’inserimento di portatori di handicap in gruppi normo-dotati e anziani, tre laboratori per ragazzi in quartieri con gravi pro-blemi di rischio di devianza minorile e vari laboratori per ragazzi dai12 ai 17 anni ospiti di case-famiglia e progetti per quartieri a rischio. È stato responsabile culturale in una casa di riposo a Rocca Priora,attivatore culturale e occupazionale in una casa di cura per anzianilungo degenti in Roma e ospiti di una clinica psichiatrica. Nel 2002 ha fondato l’Associazione Culturale “LU.DI.CA.”, che proponeprogetti, laboratori, consulenze e spettacoli teatrali.Attualmente l’Associazione svolge attività su 4 livelli:

1. Laboratori teatrali e motori nelle scuole di Roma e Provincia;2. Formazione per insegnanti ed educatori;3. Conduzione di una Compagnia amatoriale per adulti;4. Animazione - spettacolo professionale di burattini con la

Compagnia “I Burgufi”.

OSVALDO TROIANILa figura e la personalità di Osvaldo Troiani sono di quelle che rispec-chiano pienamente lo spirito della gente sassoferratese; di gente,cioè, che si dedica con tenacia ed ingegnosità al lavoro e che nonesita a mettersi per le vie del mondo quando e se necessario. Quale,appunto, O. Troiani nato a Sassoferrato, il quale ancora giovanissimo,assieme a tanti altri giovani dovette andare via dalla sua città acausa della crisi economica che nel dopoguerra aveva investito unpo’ tutti i centri dell’entroterra, in particolare della nostra regione. Dopo le prime esperienze con la ICOS International, compagnia dicostruzioni che lo porterà ad operare in varie parti del mondo dimo-strando, nel proprio lavoro, ingegnosità e competenza tali da meritar-si la definizione di “solutore dei problemi”, nel 1968 si trovò a NewYork, dove diede un grande contributo tecnico per la costruzione dellefondamenta delle Torri Gemelle, tristemente note per l’immane tra-gedia dell’11 settembre 2001. Successivamente tornò in Italia. Nel1970, però, si trasferì, definitivamente, con la propria famiglia, aDallas negli Stati Uniti dove occupò la carica di Sovrintendente ailavori nella costruzione dello stadio del Texas.Negli anni seguenti, trasferendosi da Dallas ad Allen, costituì unapropria compagnia di costruzioni che ebbe un rapido sviluppo e unagrande crescita e che vide Osvaldo Troiani impegnato in importantiopere quali: la palazzina della polizia di Allen e la clinica del Dott.Vita.In seguito, trasferendosi da Los Angeles a Mc Kinney in società conaltri, diede origine alla “CALWED”, che fu, in quel momento, la piùimportante compagnia di perforatrici del mondo.Conclusa questa esperienza fondò una nuova compagnia, la “GEO-MEC” specializzata in costruzioni civili di tipo commerciale da cede-re in leasing.Con il suo spirito di iniziativa e la sua imprenditorialità assunse unruolo di primo piano nella città in cui viveva consentendo una piùampia offerta occupazionale e contribuendo alla elevazione del teno-re di vita e dello sviluppo.Tra le costruzioni di rilievo che Osvaldo Troiani ha realizzato a McKinney vanno ricordate: il palazzo della Camera di Commercio e il

Dall’alto: Luca Di Girolamo, Mara Silvestrini; Biagio Marini e Carlo Bianchi.

Le fotografie di questo articolo sono di Massimo Bardelli

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Palazzo Walker, nel cuore del campus universitario della città.Uomo generoso e profondamente umano, sempre disponibile ad aiu-tare chiunque ne avesse bisogno, anche chi non conosceva, oltre che“filantropo” fu un grande lavoratore; la sua vita, infatti, fu completa-mente dedicata al lavoro e alla famiglia. Morì il 22 agosto 2005, all’età di 68 anni.

RENATO OTTAVIANI.Il riconoscimento assegnato alla memoria al maestro RenatoOttaviani è motivato dalla sua passione educativa per una scuola rin-novata che, fin dagli anni ‘60-’70, vide qui a Sassoferrato introdotteuna serie di attività che miravano alla realizzazione di tutte le poten-zialità dell’alunno. In particolare l’educazione al gusto del bello e dell’artistico attraver-so i laboratori di ceramica, di musica, della carta a mano con torchio,del mosaico e delle diverse forme del disegno e della prima realizza-zione di un giornalino scolastico, così come attraverso la recitazionee la drammatizzazione, attività tutte che solo successivamente la nor-mativa scolastica introdusse nella scuola.Ha dato un forte impulso ad una scuola in cui non solo l’intelligenzalinguistica e logico matematica fossero sviluppate, ma anche tutte lealtre qualità (come direbbe oggi H. Gardner), anticipando quindi lesuccessive riforme scolastiche. Le attività sulle quali venivano attiva-ti i Laboratori e delle quali sapeva parlare con un’arte comunicativaunica, miravano a favorire la creatività, a sviluppare le potenzialità el’unicità della persona di ogni alunno. In tal modo il maestro RenatoOttaviani ci ha aiutato a capire che il tempo occupato, la scuola inquesto caso, poi il lavoro, la professione, il tempo del pensionamen-to ed il suo rapporto con il tempo libero non sono in contrapposizio-ne. Non sono momenti distinti, anche se concettualmente e concre-tamente sono separati, ma sono un unico tempo che noi viviamo. Equesto è molto importante nella vita di ognuno. Lo scopo di questeattività introdotte nella scuola era dunque finalizzato a creare soddi-sfazione, gratificazione sia durante il tempo scolastico sia durante iltempo libero. Chi ha appreso ciò da bambino ha capito, attraversol’esperienza, che tutto il tempo deve essere vissuto in modo piena-mente umano, per ritrovare la dimensione autentica dell’esistenza erecuperare il significato di tante azioni vissute in un tempo reso piùumano. E questo tanto più in una società complessa quale è quella di oggi. Quanto il maestro Renato ha operato nella scuola qui a Sassoferratoè stato veramente importante e “significativo”, ha lasciato cioè “unsegno” che rimarrà nella storia scolastica sia per la passione educa-tiva verso l’alunno sia per le discipline che vogliamo che gli alunniapprendano per la vita.

CORRADINO GAROFOLINasce a Percile (Roma) il 7/08/1906; papà medico, la mamma, di ori-gine tedesca, insegnante di pianoforte.Compie gli studi nella nostra terra, poi si iscrive all’università diVenezia, dove si laurea giovanissimo in Economia e Commercio.Come molti, svolge i suoi primi impegni lavorativi a Sassoferrato, poipresso un’industria di Anzio occupandosi di mansioni amministrati-ve-contabili. Si trasferisce a Roma. Siamo agli inizi degli anni ‘40,quando fa il suo ingresso nel settore bancario e quello sarà il suogrande interesse e l’occupazione che lo vedrà crescere ad incarichivia via sempre più di prestigio. Entra alla Banca d’Italia. Siamo ormai

Dall’alto: Paola Garofoli; Tiziana Gubbiotti; Timoteo Benedetti.

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in piena II Guerra Mondiale, quando nel1942 a soli 36 anni approda alla Cassa diRisparmio di Roma con mansioni di ViceDirettore Generale. In breve tempo, per una serie di sue riforme,diventerà Direttore Generale, carica cheterrà per trent’anni, fino al 1972. Successivamente sarà Vice Presidente del-l’istituto e membro del Consiglio di Ammi-nistrazione fino all’età avanzata. Sotto la sua solida guida l’Istituto di creditoraggiungerà una costante espansione fino adiventare una delle banche più importantidella capitale. Tornerà a Sassoferrato definitivamente conla propria famiglia nel 1988 dove moriràall’età di 88 anni. Ha lasciato al Comune di Sassoferrato la suaraccolta personale di libri di economia,sezione inaugurata a suo tempo dal SindacoA. Righi, ora a disposizione della bibliotecacomunale. Tra le sue moltissime benemerenze ricordiamo: - 26/11/55 Medaglia d’oro Sindacato

Cronisti Italiani conferita ai Dirigentid’Azienda;

- Febbr. 1959 Commenda Ord. SilvestroPapa ricevuta da Papa Giov. XXIII;

- 21/09/63 Medaglia d’oro al merito con-ferita Associazione tra i Romani.

Questo, in breve, il suo curriculum vitae, matorniamo agli anni ‘50, in pieno boom econo-mico, quando ormai il personaggio è notoria-mente importante, per il suo prestigio e lesue notevoli doti morali. Molti sassoferratesi si rivolgono al dott.Corradino Garofoli per rivolgere richieste dilavoro. Egli, sensibile alle richieste dei suoiconcittadini si presta con coraggio e comple-to disinteresse personale facendosi garantenei confronti dell’Istituto che dirige.Moltissime saranno le assunzioni a favore digiovani della sua terra.Oggi, con il patrocinio del Comune diSassoferrato, nella persona del Sindaco On.Luigi Rinaldi, andiamo ad onorare la memo-ria e la figura di un nostro concittadino chesi è particolarmente distinto in campoNazionale.

In alto l’On. Berionni, sotto il Prof. Calagreti.

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Mario Toni e la sig.ra Ottaviani

La premiazione del prossimo Premio Monte Strega 2007, siterrà SABATO 11 AGOSTO p.v. alle ore 17.00 presso VicoloSanta Chiara.DOMENICA 12 AGOSTO alle ore 18.00, presso la Chiesa delConvento de La Pace, l’organista nostro concittadino, maestro dimelodia, di umanità e di pace fra le genti, Padre ArmandoPierucci, eseguirà un concerto musicale tratto dalla famosa scuo-la Magnificat Conservatory di Gerusalemme, da lui diretta.Seguirà una cena nell’oratorio del Convento, fra tutti coloroche vorranno prenderne parte, previa prenotazione. Per le sopra citate cerimonie, successivamente, verranno resinoti i dettagli.

Giuseppe Troiani riceve da Mario Toni il premio alla memoria del fratello Osvaldo.

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Più volte mi sono soffermato a considerare ilcontributo che Sassoferrato, piccola cittàdell’entroterra marchigiano, dà alla cultura eall’arte della nostra regione; mai però avevoavuto modo di considerare l’aspetto musica-le né avrei in nessun caso pensato di dover-lo fare se le combinazioni fortuite della vitanon mi avessero fatto incontrare Rosita Tassiin un luogo particolare, che si potrebbeanche definire il cuore o ancor meglio l’ani-ma della cultura sentinate, vale a dire lo stu-dio di padre Stefano Troiani, dove ha sedeanche l’Istituto Internazionale di StudiPiceni.È noto che Sassoferrato è un luogo dove lacultura alta ha allignato da sempre e che dalì è venuto un notevole contributo alla storiadel pensiero, in qualunque forma questo sisia espresso, e non poche sono le sue figuredi grande rilievo storico nei vari campi delsapere: si pensi al giurista Bartolo, all’uma-nista Nicolò Perrotti, all’artista Gian BattistaSalvi, giusto per fare dei nomi. Non dovreb-be far meraviglia, quindi, se in un luogocome questo trova terreno fertile anche il

genere della musica e, soprattutto, nondovrebbe sorprendere me che da molti anni,ormai, percorro queste strade.Potrei affermare subito che Rosita Tassi èfiglia d’arte, vuoi perché appartiene a Sas-soferrato, vuoi perché la madre, FrancescaLuzi, è pittrice dalla personalità sensibile edelicata. È naturale che sia scaturita in que-sta giovane una sensibilità per le cose belleche, nel caso della soprano sentinate, pren-dono corpo e forma nel canto, ma non solo,come constateremo poi scorrendo la sua sto-ria. Diversamente, però, sono convinto chequesta tesi, sostanzialmente fatalistica,nella quale sembra che i valori procedanoper motu proprio, non renda giustizia aRosita e finisca per toglierle i meriti e i valo-ri personali.Chi si confronta con le cose della cultura edell’arte sa che la realtà oggettiva seguealtri percorsi; in quella ogni nozione e qualsi-voglia concetto sono il risultato d’impegno,di rigorosità intellettuale e di duro lavoro,sorretti per lo più da una grande passione;certo la propensione e le doti naturali hanno

un peso ed un ruolo, a poco però servirebbe-ro quelle senza la serietà e l’impegnocostanti nello studio.Così è stato ed è tuttora per Rosita che sinda bambina inizia il suo percorso d’apprendi-stato artistico-musicale studiando pianofor-te presso il Conservatorio musicale “G.Rossini” di Pesaro; contemporaneamente, ilsuo desiderio di perfezionismo professionalela porta a studiare anche musica da cameraseguendo i corsi del M° De Matteis. La pas-sione e la dedizione le consentiranno didotarsi di una solida base professionale etecnica, che non mancherà di dare i suoiprimi frutti e riconoscimenti. È selezionatafra i migliori allievi del corso superiore e nel1993, esegue come pianista solista”Aubade” di F. Poulenc, all’AuditoriumPedrotti di Pesaro, un concerto per pianofor-te ed orchestra.Proseguirà poi gli studi, sempre alConservatorio pesarese, nel biennio di perfe-zionamento, seguendo il corso del M°Torreggiani dove suona come pianistaaccompagnatrice.

GRADITA OSPITE DEL PREMIO: ROSITA TASSI Fotografie di Massimo Bardelli

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Le poche notizie appena citate confermano la tesi con cui rivendicoa Rosita Tassi un merito del tutto personale, derivato dalla forte pas-sione per la musica e, come vedremo, per il canto, che le ha permes-so di esprimere l’alto spessore delle sue qualità artistiche e di inter-prete. Tesi che mi porta a respingere qualsiasi ipotesi di ineluttabili-tà, dal sapore fatalistico, che diminuirebbe il merito che invece le variconosciuto per il lavoro svolto con continuità e chiara assunzione diresponsabilità, in primo luogo nei confronti di se stessa; impegno,quindi, nella ricerca di quella qualità limpida di cui deve essere inpossesso chi vuol percorrere le vie dell’arte. Il succedersi degli anni,dunque, vede questa giovane artista sempre più coinvolta ed impe-gnata professionalmente in concerti sia come pianista solista sia aquattro mani, come suole dirsi, nei quali ha proposto musiche parti-colarmente complesse nell’esecuzione, basti citare alcuni nomi digrandi musicisti da lei interpretati e facenti parte del suo repertorio,quali, ad esempio: Rachmaninoff, Brahms, Ravel, ecc. e dove ha evi-denziato oltre alla profonda sensibilità interpretativa anche un’ecce-zionale proprietà tecnica come attesta l’incisione dal vivo, nel 1998,di un CD per la discoteca di Stato di Roma, effettuata in occasionedella Festa della Musica e poi, il susseguirsi di una serie sempre piùfrequente di impegni che la vedono protagonista di importantiappuntamenti musicali in varie città italiane.Di seguito, Rosita Tassi, senza interrompere l’attività pianista, aven-do tra i suoi talenti anche una bella voce da soprano, si dedica allastudio del canto e di tecnica vocale, debuttando nel 2002 con il mae-stro Hung Yung e con l’orchestra sinfonica di Pesaro nel teatro comu-nale di Urbania. L’anno successivo, nel 2003, ha preso il via una seriedi concerti nei diversi teatri marchigiani che stanno, appunto, adattestare il successo e l’apprezzamento che nella intera regione leviene attribuito e che la porta ad allargare sempre più l’area dellasua attività. Viene chiamata, infatti, al teatro comunale di Modena einvitata dalla Repubblica di San Marino; nel 2004, al teatro “G.Rossini” di Pesaro sino al recente successo al New Opera Festival diRoma, dove ha debuttato con Boheme eTosca di Giacomo Puccini.Concerti che hanno visto l’entusiasmo delpubblico “salire alle stelle” determinandoun grande successo per la soprano sassofer-ratese.A conclusione di questa nota penso che siagiusto rilevare come i successi sempre piùimportanti conseguiti da Rosita tornino avanto sia della sua città sia dell’intera regio-ne marchigiana e Sassoferrato non può cheessere orgogliosa di questa sua giovaneconcittadina.

Vitaliano Angelini

Nella pagina accanto: Rosita Tassi e, al pianoforte, Giulia Marini

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IL PAESAGGIO APPENNINICO NEI DINTORNI DI SASSOFERRATO

Ho letto diverse interessanti definizioni del“paesaggio appenninico” umbro-marchigia-no. Eccone una di Goethe nel suo “Viaggio inItalia” alla fine del ‘700: “Gli Appennini sonoun pezzo meraviglioso del creato, un bizzarrogroviglio di pareti montuose a ridosso unadell’altra, con valli strette e tortuose. Il trat-to di strada tra Assisi e Foligno è stato perme una delle più amene e deliziose passeg-giate che abbia mai fatto: per quattro orebuone si procede alle falde di alcuni monti,mentre a destra si stende una ubertosa val-lata”. Una delle definizioni che ricordo con piacere èdi Guido Vitaletti, del 1910, recentementeriportata da Padre Stefano nel primo numero di“Sassoferrato mia” e spero che i lettori deside-rino rileggerla: “A sud-est del passo diScheggia, in fondo alle ultime ondulazioni diquell’Appennino Umbro-Marchigiano cosìselvaggiamente bello, con i suoi dossi arro-tondati…e le sue rocce che sembrano assal-tare il cielo con punte frastagliate e fantasti-che, sorge tra il verde delle viti ed i campi acultura variata, Sassoferrato”.Nella mia tesi di laurea (redatta nel lontano1959-1960), riguardante “Aspetti geologicied idrogeologici del territorio montano traSassoferrato ed il Monte Strega”, scrivevo(senza aver ancora letto il Vitaletti): “Questotipico e stretto alternarsi di monti e di valli,di pieghe serrate e deformate una control’altra, tutte con direzione circa NE-SO,forma un paesaggio molto caratteristico etipico, forse unico in Italia”.D’altra parte sul tema paesaggio risultanonumerosi e diversi gli approcci: gran partedegli studiosi e degli appassionati tendonoad interpretarlo secondo la loro estrazioneculturale e la loro disciplina. Ecco quindi cheesistono classificazioni di paesaggi di tipopuramente geografico, oppure antropico edancora geomorfologico, ecc. Al contrario,secondo una visione ecosistemica e di tipo

interdisciplinare, di più largo respiro anchese di non facile applicazione, il paesaggioviene interpretato come una entità globale,cercando di coniugare i caratteri della geolo-gia, della flora, della fauna selvatica (edallora si parla di paesaggio “naturale”),assieme a quelli prodotti dalle opere attuali(paesaggio “costruito”) oppure da quelleantiche (paesaggio “storicizzato”), come adesempio potrebbe essere definito il paesag-gio rappresentato da una di quelle suggesti-ve foto panoramiche del Castello diSassoferrato. Numerosi studiosi hanno cercato un approc-cio interdisciplinare al paesaggio attraversouna sua analisi mediante le “unità di pae-saggio”. Tale analisi permette di definire leunità di paesaggio in base al riconoscimentoed alla combinazione di più fattori, conside-rati simultaneamente. I fattori, abiotici e bio-tici, da prendere in considerazione possonoessere: le rocce e la geomorfologia (tipo ledescrizioni di Vitaletti e mia sopra riportate),la vegetazione ed il tipo di agricoltura, iparametri climatici ed anche gli animali.A proposito di agricoltura ricordo qui che ilbellissimo paesaggio collinare dei dintorni diSassoferrato, soprattutto intorno al MonteStrega ma anche verso Arcevia, è un tipicopaesaggio “ a riquadri”, dove sui bei versan-ti ancora sopravvivono i fossi ed i filari dialberi verdi che incastonano riquadri dicampi coltivati, di colore sempre diverso aseconda delle stagioni, ma sempre tra loromeravigliosamente armonizzati. Si tratta diun tipo di paesaggio prezioso perché in via diestinzione in Europa a causa della globaliz-zazione agricola e della filosofia delle mono-colture: di recente in Francia questo tipo dipaesaggio viene protetto a livello nazionaleattraverso incentivi e divieti di trasformazio-ne. E, almeno per ora, lasciamo stare l’agri-coltura, un aspetto così importante e cosìradicato nella cultura e nella tradizione di

Sassoferrato e delle Marche, eppure cosìincredibilmente defraudato e demotivato dainsane politiche nazionali ed internazionali.Da quanto finora esposto appare evidenteche il paesaggio deriva sostanzialmentedalla interazione tra fattori naturali (l’am-biente geologico) e fattori antropici secondol’interpretazione “classica” di geografi egeomorfologi. Ciò significa che appare illogi-co limitare il paesaggio ai soli aspetti antro-pici come peraltro è accaduto a ricercatoridelle scuole di Architettura del Paesaggio: ilsubstrato geologico-naturale del paesaggio,qualunque sia l’evoluzione imposta dall’uo-mo, resta comunque la base irrinunciabile diqualsiasi approccio. Tra i diversi tipi di paesaggio man mano cita-ti un tipo importante, forse fondamentale eforse per deformazione professionale, misembra il paesaggio geologico. La forma diuna montagna dipende dalle rocce che lacompongono, dalla disposizione degli stratidi tali rocce, dal grado di franosità, dallespinte tettoniche che quelle rocce hannoricevuto. Abbiamo intorno a noi, dal Catriaalle gole di Frasassi, splendidi esempi dipaesaggi che si sono evoluti e creati in fun-zione di tali situazioni geologiche. Spesso si tratta di esempi notissimi per laloro maestosità e per l’emozione che suscita-no: capire il paesaggio geologico, comprende-re il significato della sua storia, vuol dire apri-re gli occhi sul mondo in cui viviamo, e non ècosa facile.Un solo esempio: le Grotte di Frasassi ven-gono visitate ogni anno da circa 400.000 per-sone; durante la visita vengono loro illustra-te le principali caratteristiche delle grotte,però non vi è il tempo per un minimo diapprofondimento ed i visitatori ripartonospesso senza sapere molto della interessan-tissima evoluzione geologica della grottastessa, della montagna in cui la grotta ècompresa, dell’Appennino umbro-marchigiano,

Fotografie dell’autore

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dei paesaggi geologici che stanno attraversando.Proprio a seguito di tale situazione, con l’intento di promuovere e dif-fondere questi temi, mi piace ricordare che assieme al giovane colle-ga geologo Francesco Lunardi, abbiamo progettato un itinerario geo-logico che parte dalla Grotta di Frasassi e che arriva al sito paleonto-logico internazionale di Valdorbia (Scheggia). Tale itinerario compren-de la visita e la spiegazione di siti di notevole interesse come ilcanyon di Rio Freddo (Monte Cucco); il grande e prima ricordato pare-tone del Corno del Catria con la splendida gola sottostante; il pae-saggio della scaglia, la roccia bianca e rosata tipica delle Marche edell’Umbria, con uno stop presso la grande piega di scaglia rosata sucui sorge la nostra splendida Rocca Albornoz di Sassoferrato.Per concludere, un accenno all’importanza della “conservazione” delpaesaggio, che non può avvenire soltanto attraverso la preservazio-ne puntuale di quei luoghi che abbiamo in parte nominato, poiché ilpaesaggio è una espressione più ampia e complessa. Nel passato lemodificazioni sono state lente e graduali, oggi la tecnologia pone alservizio dell’uomo costruttore mezzi sempre più possenti e perfezio-nati, ad elevata incidenza sul territorio. Unendo questo concetto allacrescita esponenziale della popolazione e delle pressioni sulle ammi-nistrazioni per costruzioni di ogni tipo,si comprende come il nostrobellissimo paesaggio dell’Appennino umbro - marchigiano sia sog-getto a continue minacce di profonde trasformazioni e come sianecessaria una continua, non facile, attenzione di ognuno di noi percercare di limitare il rischio del degrado di questo bene prezioso, divalore anche economico inestimabile.

Raniero Massoli Novelli

Spettacolare gola, incisa dal fiume Sentino nei calcari del Monte Catria, vicino Isola Fossara.

Nella pagina accanto: il Monte Cucco,Sotto: Montelago e il Monte Strega visti dalla Pantana.

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“I MIEI VIAGGI” DI RANIERO MASSOLI NOVELLI

L’uomo è stato sempre viaggiatore fin daitempi più lontani.“La tipologia del viaggio nell’antichità èassai variegata...” ha scritto Fabio Stok. Nel tempo questa tipologia ha accresciuto lavarietà derivandola dalle motivazioni delviaggio, dalle località scelte per la conclusio-ne dei viaggi, dalle modalità dei viaggi con-siderando i mezzi usati. “Dalle modalità dei viaggi che si svolgevanonell’età antica sono stati spesso evidenziatii disagi che essi comportavano e i pericoli acui erano esposti i viaggiatori: “per i viaggivia mare si trattava non solo di naufragi, maanche della pirateria, un rischio che fu piùforte in determinate epoche e in determina-te aree, ma che fu sufficientemente costan-te da entrare stabilmente nell’immaginarioumano anche quando, dopo la campagnanavale condotta da Pompeo nel 67 a. C. Ilfenomeno venne almeno circoscritto”.Il fenomeno del viaggio turistico, seppurenella sua denominazione risale ad epocarecente, ha la stessa storia del viaggio ingenere.

Si sa di certo che i motivi d’affare e di fun-zionariato statale facevano muovere grandigruppi da un capo all’altro dell’impero roma-no, vere maree umane si spostavano perassistere ai giochi, altrettante si mettevanoin pellegrinaggi per raggiungere i santuari,talvolta dislocati a grandissima distanza.In tutti i tempi, il viaggio ha accompagnatol’uomo nella sua inclinazione a conoscere ilmondo e le realtà che lo rendono attraente eammirabile.La letteratura classica ci ha tramandato noti-zie circa il rusticari dei Romani nelle villesuburbane e anche dei frequenti viaggi moti-vati da condizioni di salute.Non è nemmeno trascurata, nella letteraturaantica, la notizia di viaggi nelle località “didivertimento”, stigmatizzate da Seneca, chequali mete di questo turismo “lussurioso”,cita in particolare la località egiziana diCanapo e quella campana di Baia…Un’ importanza straordinaria ci è tramandatacirca i “viaggi culturali” e quelli di “istruzio-ne”, più frequenti tra i giovani al compimen-to dei periodi di formazione; l’incontro con i

maestri del sapere era un premio per la dili-genza dimostrata nei tempi di formazione,ma anche una buona occasione di ulterioreapprendimento e approfondimento dellevarie scienze e personalità della cultura.Anche i sommi dotti e sapienti si mettevanoin viaggio per conoscere i maestri e gli uomi-ni di cultura di paesi anche lontani; citiamoper tutti, Cicerone.Non vorremo trascurare anche viaggi moti-vati da ragioni “ecologistiche” che riguarda-vano i modi del vivere affaticato nella città ela ricerca di terapie di mali della psiche.Mi sono soffermato su questi aspetti piùgenerici dei viaggi, per meglio focalizzare ilnostro interesse, su un volume intitolatosemplicemente “I miei viaggi” del nostroconcittadino Raniero Massoli Novelli, giàdocente in varie università di geologia, gior-nalista interessato all’ambiente naturale,fotografo dotato di grandi qualità di osserva-zione e di ripresa di immagini.Ha al suo attivo ben centosessanta pubblica-zioni scientifiche e cinque volumi divulgativisu tematiche ambientali.

Il fronte del ghiacciaio Columbia, che scende in mare, lungo la costa meridionale dell’Alaska - Foto R. Massoli Novelli

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Ha inoltre curato un cd fotografico, “Geositi:conservare il patrimonio geologico”; ha col-laborato a giornali e riviste con articoli sem-pre interessanti e suggestivi dal latoambientale-naturalistico. Nell’introduzione al volume “I mie viaggi”scrive: ”... mi sembrano opportune due righesu quello che per me è il “viaggio”. Su tale parola sono state spese milioni dialtre parole, in ogni epoca: narratori, poeti,geografi, viaggiatori, hanno cercato di ana-lizzarne l’essenza, di spiegarne gli aspetti

che lo compongono, ognuno a suo modo, conrisultati spesso diversi.Cercando di essere semplici, per me il viag-gio è innanzitutto desiderio di conoscenza, di“vedere per arricchire la propria cultura,forse è anche la ricerca di un’emozione, larisposta ad un moto dell’animo, per andare acercare la naturale bellezza del mondo”,come dice Leonardo da Vinci.Il titolo del libro è”I miei viaggi”. Potrebbe aprima vista far pensare ad una specie di dia-rio, una cronaca dei passaggi da un luogoall’altro con qualche rapida osservazione diquanto visto e scoperto nel breve o lungotempo d’una visita.Il discorso, invece nel nostro caso, è moltopiù ampio e intrigante nel suo intreccio nar-rativo di quanto visto e scoperto.La passione per il viaggio ha accompagnatola vita del prof. Massoli fin dalla sua infan-zia, e pertanto narrare gli aspetti d’un viag-gio o di viaggi implica sempre una rivelazio-

ne, via via sempre più aperta e profondadella propria personalità. Lo dice lui stessonell’ introduzione: “Mi hanno attratto i luo-ghi selvaggi, senza case e strade, in partico-lare i deserti, per godere di una sorta diesperienza intima e spirituale, forse un con-tatto diretto con la “natura”, per decenni unaspetto importante della mia vita”.La conoscenza e il godimento degli spazisempre diversi con la vita e la natura, che sifanno sempre e dovunque carichi di modi diesistere hanno motivato e deciso i “viaggi

narrativi” in gran parte un mix di geologia,ambiente, fauna selvatica.In qualche caso si è invece trattato di viaggicon finalità prevalentemente storico-cultura-li, come i viaggi in Egitto della Valle del Nilo,a Persepoli, a Kioto, o nell’affascinanteMali.”Il volume raccoglie una quarantina di raccon-ti di viaggio che hanno portato il prof.Massoli a toccare i mari, le terre, le monta-gne più lontane ma soprattutto a scoprirespazi di vita dove la mente ha la sensazionedi trovarsi davanti a mondi tanto nuovi dapensare a sogni e a provare emozioni, cheriempiono il cuore di gioia per tanta bellezzae tanta straordinaria varietà di esistenze,che neanche la fantasia più sbrigliata quasipuò immaginare....È accattivante già il primo capitolo dovericorda viaggi della fanciullezza e della primagiovinezza: l’andata a Roma in tempo diguerra partendo da un piccolo paese, sempre

povero di mezzi di trasporto e strade agibili,ma soprattutto in periodi bellici, quandotutto è devastato e ogni spazio si fa perico-loso e pieno di imprevisti come in quel caso.Anche altri viaggi, raccontati in questo capi-tolo, aprono il discorso ai disagi, ai pericoli,ai sentimenti contrastanti dell’animo,soprattutto del più giovane, inesperto comesempre è della vita.Anche in queste circostanze così piene diinsidie e di difficoltà il viaggio ha il suofascino e stimolo a farci sentire l’uomo, che,

come ogni tradizione secolare e religiosal’ha descritto, è sempre viandante. La poe-sia, al sommo della sua espressività assomi-glia sempre il suo cultore ad un viaggiatoreche raccoglie “la voce di molte acque” avolte straordinariamente accattivante, avolte drammaticamente spaventosa, tuttaviasenza mai perdere l’invito ammaliatore, peravanzare verso il mistero e la scoperta dinuovi mondi; “...ci saranno viaggi per marereali e viaggi metaforici, viaggi nocivi e viag-gi terapeutici, viaggi attraverso mari media-tori di cultura e mari amari, mari scenario diavvenimenti prodigiosi e mari strumento digiustizie. Molti mari e molte acque” (SilvanaRocca).E viaggi nei cieli.Il volume di Massoli raccoglie quaranta breviracconti di viaggi verso mete di grande fasci-no culturale e di bellezze naturali: sono aper-ture a mondi che via via vengono scoperticon meraviglioso incantamento dal viaggia-

I rarissimi rinoceronti neri nel cratere vulcanico del Ngorongoro (Tanzania) - Foto R. Massoli Novelli

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tore, ma anche dal lettore, visitati virtualmente nella narrazione, con indicibile piacere dellamente e dell’immaginazione. Il racconto di Massoli affascinante per la semplicità e la scorre-volezza del periodare, ma soprattutto per la capacità di descrivere con assoluta fedeltà espontaneità alla visione, tanto da far credere al lettore di essergli compagno viaggiatore e discoprire insieme al narratore terre nuove, cieli nuovi, uomini, animali e cose. In questa lettu-ra ogni volta che si visita un parco, un monumento, un ambiente naturalistico, si è come tra-sportati in una realtà viva, e mai vista neanche nel sogno.Un esempio: Alaska meridionale, dal Parco Nazionale Kenay Fjords a Valdez.“Da Valdez, dove avvenne il disastro, frotte di visitatori, quasi tutti statunitensi, partono ognigiorno con escursioni in barca per visitare la costa adiacente ed in particolare lo spettacola-re ghiacciaio Columbia Glacier, uno dei tanti ghiacciai alaskani che finiscono in mare. La mat-tina c’è una nebbia bellissima, la costa ed i lontani ghiacciai si intravedono appena in mezzoalla bruma; man mano che ci si avvicina si notano blocchi di ghiaccio portati dalla corrente, èsegno che l’ammasso di ghiaccio è vicino. Una volta giunti al Columbia, la nebbia si è già alza-ta e dal battello si osserva bene il fronte del ghiacciaio, bellissimo, imponente, pieno di serac-chi, ossia di fratture più o meno verticali, grigiastre sopra, azzurrine al centro. Il ghiacciaiocome tutti gli altri, in agosto tende a sciogliersi maggiormente e verso mezzogiorno solita-mente cadono in mare con grandi tonfi enormi blocchi che si staccano dalla parete verticalebianco - azzurra, blocchi che poi andranno in giro come piccoli iceberg, sciogliendosi a pocoa poco. Purtroppo si osservano anche i segni del ritiro del ghiacciaio: la nostra guida ci comu-nica che il Columbia è arretrato di ben 800 metri in 10 anni”.Visitare questi spazi, non è solo conoscere, scoprire delle realtà sorprendenti per la granquantità di uccelli, animali di ogni altro genere, il mondo vegetale che ammanta sconfinatemontagne e pianure, nascondendo grandi fiumi e laghi, ma anche avvicinarci a culture umane,antiche e contemporanee, accostarsi a razze umane mai viste e mai sentite ricordare.Scrivendo del suo viaggio in Australia del Nord, e più precisamente del Parco NazionaleKakadu, ci rivolge un invito, che ci fa nascere nella mente un desiderio fortissimo di viaggia-re per quelle mete.“Quindi se volete avvicinarvi alla cultura aborigena questo è il posto giusto, preparandovisoprattutto a capire la difficoltà di equilibrio e di inserimento di gente che mi è sembrata buo-nissima e dolcissima, ma ancora legata ad abitudini tribali e spesso non a suo agio di frontealla cultura e al modo di pensare dei bianchi”.Il fiume (South Alligator) parte da sud, da altopiani di arenarie ove, in particolare a NurlangieRock, si rinvengono antichissime ed emozionanti pitture rupestri dei primi aborigeni austra-liani, datate circa 30.000 anni fa, forse le più antiche che esistano al mondo e quindi ancoradi maggior pregio. Mi sono sembrate tra le più belle pitture primitive che ho visto, non soloper lo stile dei disegni ma anche per i colori così ben conservati; sotto questo profilo ho anchenotato che queste pitture sono molto ben monitorate e curate, Com’è noto, malgrado le pit-ture ed incisioni primitive siano quasi sempre state realizzate, con intelligenza ed ove possi-bile, su pareti protette dalle intemperie (“ripari sotto roccia” dicono gli archeologi), l’umiditàe la percolazione di acqua lungo le microfratture della parete rocciosa sono i loro naturalinemici. Ebbene ho osservato qui che in alto, nei diversi antri con tali pitture, le microfrattureerano state da poco sigillate con apposite resine siliconiche del colore della roccia, atte adimpedire il passaggio di pur minime gocce”. Sono tante la qualità e i pregi da sottolineare in questo libro di Massoli, che potrebbe esse-re definito un diario, un unico lungo racconto di fatti vissuti che sanno più di sogno che dicamminamento. Il viaggio, quando non è vagabondaggio, anche se è a volte assai faticoso erischioso, percorso per straordinarie terre, mari, cieli, dove la grandiosità immensa della vitadegli uomini, degli animali, delle cose, dove le forze tumultuose agitano la natura laggiù nellaprofondità e lassù nella volta celeste dalle incommensurabili altezze, si apre sempre in tuttoil suo sfoggio di forza, di fantasia, di immenso, di varietà e diviene anche motivo e opportu-nità di meditazione sul mistero immenso che avvolge l’intero universo, aiuta il viaggiatore adessere più uomo.

Stefano Trojani

Raniero Massoli Novelli

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DUE RICORDI DI GUERRA

Mi dicono che gli scritti riguardanti testimo-nianze e ricordi dell’ultima Guerra Mondialeper Sassoferrato e dintorni non siano molti:provo allora a dare un piccolo contributo,anche perché più tempo passa e... menoricordi ci sono!Una prima riflessione è che i ricordi di guer-ra sono veramente quelli a maggiore inci-denza nella mente di qualsiasi persona,soprattutto in quella di un bambino: neglianni che la mia famiglia era residente aSassoferrato, nella nostra casa di Piazza S.Pietro, il 1943 e 1944, avevo sette ed ottoanni e le scene di guerra, buone e cattive,sono rimaste le sole che di quel tempo misono rimaste in mente. Qui ne racconterò due.Primo ricordo, i bombardamenti e gli austriaci. Quando le imponenti e minacciose squadri-glie di bombardieri americani, alte nel cieloma con motori così potenti da far vibrare ivetri di tutta casa, spuntavano da dietro ilMonte Cucco, tutti correvano a rifugiarsi incasa. Per lo più passavano senza far danni,dirette a portare il loro carico di morte edistruzione altrove, ma dopo il bombarda-mento del Borgo per colpire il ponte ferrovia-rio, la paura era aumentata. Anche inCastello: per timore dei bombardamenti imiei genitori scelsero come rifugio giusta-

mente la cantina, scavata nella roccia viva, evi portarono molte sedie ed un letto per i piùpiccoli. Quando si aveva paura vi scendeva-mo noi Massoli-Novelli, la buona zia CleliaVimercati con il marito Antonio Guerra, ilburbero ma simpatico signor RodolfoCecchetelli Ippoliti, leggermente claudicantecon il suo bel bastone e con la governantesignora Maria, i lontani cugini Amori ed altrepersone vicine di casa. Ci furono anche scontri di aerei tipo “caccia”ed un giorno da quell’ottimo posto panorami-co di osservazione che era ed è il nostro giar-dino, potemmo vedere una battaglia tra dueaerei, tra il Monte S. Croce e S. Donato, unocolpito andò giù fumando, mentre il pilota silanciò con il paracadute. Prima ancora chetoccasse il suolo, da terra qualcuno od alcu-ni vigliaccamente gli spararono e lo vedem-mo afflosciarsi di colpo: purtroppo, come siusa dire, questa è la guerra.Tornando alla nostra cantina, le paureaumentarono quando gli occupanti austriacimisero un cannone in un posto per loro idea-le, per rispondere ai tiri del battaglionepolacco che stava sull’antistante Monte diS. Croce: la grande finestra in pietra dell’ar-co sotto la chiesa di S. Pietro, a venti metrida casa nostra. Di conseguenza nella zonadella chiesa di S. Pietro arrivavano cannona-

te ad ogni ora del giorno e della notte: dallacantina si sentivano benissimo prima ilfischio, poi gli scoppi e le vibrazioni indottee ricordo che si faceva a gara ad indovinarela distanza della caduta del proiettile. Unapiccola nota: quando alla fine i tedeschifurono costretti a ritornarsene a casa loro,portarono via l’odiato cannone proprio ilgiorno di S. Ugo, nostro patrono, e ricordo lagioia di tutti i presenti in piazza S. Pietro, inparticolare di coloro che gridavano “miraco-lo, miracolo”.A proposito di proiettili, giova ricordare airagazzi oggi troppo ricchi di televisione, diplay-station e di ipod, che noi non avevamoquasi nulla, al massimo due pezzi di legnoper giocare a ruzzola, e che allora una attivi-tà appassionante era la collezione di bossolie di schegge, che andavamo cercando in giroe che tenevo in ordine sotto la finestra delsalotto, bossoli e cartucce di ogni tipo, dipistola, di moschetto, e, belli ed affusolati,di mitragliatrice. Maestri in questa attivitàerano tre amici del Castello, di poco di etàmaggiore della mia, Sante Cavalieri, poi pur-troppo scomparso dopo pochi anni per il tifo,Carlo Rosa (Carlino di Provino) e NandoAzzeri, poi fotografo ed oggi buon testimone.Rischiando si tirava fuori dai bossoli nonsparati la polvere nera, la si mischiava con la

Il Castello di Sassoferrato e, sullo sfondo, la catena del Monte Cucco

Fotografie dell’autore

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polvere bianca del clorato di potassio e sifaceva esplodere la miscela dandoci sopraun colpo a strisciare con il tacco delle scar-pe. Ogni tanto partiva un tacco ma per fortu-na allora i calzolai non mancavano: certa-mente eravamo incoscienti ma alla fine andòtutto bene, almeno per questo. Il problemamaggiore era quello di come trovare il clora-to di potassio: per ottenerlo, gli amici mimandavano dal farmacista Mario Poeti, chedietro le lenti degli occhiali mi guardavafisso con severità e mi chiedeva a chi servi-vano le piccole pasticche, ed io, deglutendoper l’imbarazzo, mi inventavo il mal di golamio, poi di mamma, poi di mio padre e cosìvia.Gli austriaci erano arrivati d’improvviso, dinotte, il rumore di auto e camion sulla piaz-za, poi bum bum alla porta di casa, grandespavento per noi figli che dormivamo disopra, erano entrati dicendo che occupavanola nostra casa e si erano buttati per terra insalotto a dormire, stanchi morti, sette odotto ufficiali. Erano rimasti alcune settimanee furono molto gentili, si interessarono permia sorella Roberta a letto con una este-nuante ed incurabile leggera febbre, offriro-no medicine per lei; quando andarono via i

miei si accorsero che dal salotto non manca-va neanche un pezzo di argento, non aveva-no toccato nulla, insomma la loro fama diessere ben diversi dai duri tedeschi per noiera giustificata. Lasciarono alcune file dipane nero di segale, quello oggi molto dimoda, ma mia madre ripetè per anni che nonlo mangiavano neanche le galline.Secondo ricordo, il mio primo viaggio avven-turoso.Una notte di luglio 1944, con la luna, notteforse per questo appositamente scelta: suun carro da buoi sono con mia madre Maria,mia sorella Roberta, quasi ventenne e sem-pre febbricitante, mio fratello Antonio cheha quattro anni ed io che, come prima citato,ne ho otto. Per tornare alla nostra casa diRoma, dove ci aspettava mio padre Renatoche vi svolgeva attività di ingegnere, l’unicacosa da fare era recarsi a Fabriano, a diciot-to km da Sassoferrato, per prendere untreno: ma la linea ferroviaria Pergola-Fabriano era saltata, non vi erano mezziautomobilistici, le strade erano un incognita,il bagaglio nostro era tanto. L’unico mezzodisponibile era il carro con due buoi condot-to dal nostro bravo e coraggioso mezzadroUgo Rapanotti. Mamma fu bravissima, con

la sua positiva indole bolognese: per arriva-re a Fabriano la mattina e cercare di salire suun treno per Roma l’unica decisione da pren-dere fu quella di partire la sera tardi sulcarro da buoi da Sassoferrato, e viaggiareper le carrarecce durante la notte, stracari-chi e con rischi vari.Non tutto filò liscio: ad un certo punto ilcarro non riusciva a salire la sponda delfiume Sentino, Ughetto incitava e frustava la“mongana”, come si chiama la femmina delbue in marchigiano, forse la più debole dellacoppia, “dai! bella, dai!”, il carro non riusci-va a finire la salita, eravamo fermi marischiavamo anche di tornare indietro e discivolare giù nel fiume, mamma che incitavaanche lei, Roberta che singhiozzava. Allafine i buoi portarono il carro in cima e fortu-natamente dopo un viaggio notturno di circaotto ore (per fare 18 chilometri) raggiungem-mo Fabriano; poi trovammo posto su untreno per la capitale ma non c’erano scom-partimenti, era un carro bestiame, tutti sedu-ti in circolo per terra, un viaggio lentissimo,alla fine si riuscì a raggiungere Roma.

Raniero Massoli Novelli

La Chiesa di san Pietro sotto il cui arco, durante l’ultima guerra, era posizionato un cannone tedesco.

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Qualche tempo fa, in parte ancora oggi, al ritorno da una passeggia-ta, una gita, al rientro da una manifestazione sportiva o ricreativa sicorreva dal fotografo, si consegnava il prezioso rullino e, dopo un’at-tesa che prima era di qualche giorno mentre oggi è di qualche ora, sipotevano rivivere i momenti immortalati dalla macchina fotografica.Ed era in quel momento che talvolta cominciavano le sorprese: fidan-zate senza testa, figli senza piedi, amici o parenti ripresi durante unaperfomance irripetibile e purtroppo irriconoscibili perché completa-mente fuori fuoco o in zone troppo scure. Qualche rapporto ha rischiato grosso, ma nella normalità si avevanofotografie che con cura venivano riposte negli album per essere rivi-ste insieme ad amici e parenti. È grande l’emozione che si provaquando a distanza di anni si sfogliano quegli album; ancora più forteè quando da qualche cassetto, o da qualche libro, esce fuori una vec-chia fotografia, magari in bianconero… La mente torna immediata-mente al momento vissuto e si riaffacciano episodi che sembravanodimenticati.Questa è la magia della fotografia. È sufficiente visitare una delletante mostre fotografiche rievocative per assistere al piacevole spet-tacolo creato da un piccolo crocchio di amici, che, davanti alla vec-chia immagine, si riconosce o riconosce l’amico o il parente. Oppurequando vedendo il proprio paese fotografato trenta o quaranta o cin-quant’anni prima si sente la frase: “Guarda come era bello…”,“Guarda che atmosfera...”. Dopo l’avvento della fotografia digitale è possibile vivere ancora que-sti momenti magici? Ed in futuro?Ormai la maggioranza di chi fa fotografia, principianti, sempliciappassionati, professionisti, fotografa adoperando un apparecchio

FOTOGRAFIA E DOCUMENTAZIONE STORICA

Sopra: veduta del Castello. Sotto: corso Don Minzoni.

Fotografie dell’autore

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digitale. La semplicità d’uso, la praticità, lapossibilità di rivedere immediatamente l’im-magine ripresa hanno fatto crescere inmaniera esponenziale il numero delle perso-ne che fotografano. Ci sono indubbiamentedei vantaggi. Si hanno ancora mogli storpia-te e amici irriconoscibili, ma non si corre piùnessun rischio di rovinare delle amicizie,basta premere, o meglio “cliccare” un tasto:delete, cancel, o semplicemente il disegno diun cestino per cancellare l’obbrobrio fatto.Altra nuova possibilità è quella che, appenarientrati a casa, si possono scaricare le foto-grafie nel computer e spedirle come allegatodi una e-mail agli amici ripresi poche oreprima, che rivivranno un momento di un pas-sato così recente che non avrebbe ancorabisogno delle immagini per essere ricordato.I fotografi che usano macchine digitali hannosostituito gli album con le cartelle, virtuali,del computer, dove vengono scaricate lefotografie per poter essere riviste sul moni-tor; solo in pochi casi l’immagine vienestampata. A questo punto il grosso rischio

che si corre è che, quando l’hard disk delcomputer sarà pieno, molti tenderanno acancellare le vecchie fotografie per far postoalle nuove. Non pensiamo poi alla malaugu-rata ipotesi di rottura del disco o del PC. Intutti e due i casi, non essendo pratica comu-ne compiere un back-up, ossia salvare perio-dicamente in un altro disco il proprio archi-vio, sono molte le immagini che andrebberoperse definitivamente.Il problema è ancora più serio se si pensa aquando la fotografia diventa documentazio-ne. Anche un evento privato, passato qual-che anno, diventa di interesse più ampio opubblico. Una prima comunione, un pranzo dinozze o una festa di compleanno oltre ad unavalore affettivo personale serviranno a docu-mentare un’epoca. Pensiamo a quandovediamo fotografie dei primi del Novecentoche ritraggono gruppi di persone ripresedopo la mietitura o davanti a cantieri, oall’uscita dalle fabbriche. Piccole comunitàraccolte per avvenimenti sentiti e partecipa-ti. Pensando alla nostra Sassoferrato si può

riandare alle immagini della rappresentazio-ne della Sacra Passione, la processione delCristo morto (“I Sacconi”), la sagra degli spa-ghetti... Ecco perché è importante che rimanganofotografie: saranno tracce che aiuterannochi, dopo anni, vorrà conoscere il passato.Per concludere, sono molti gli argomenti,legati a queste semplici riflessioni, che meri-terebbero un approfondimento, ad esempiola manipolazione digitale in post-produzione,la durata dei supporti per l’archiviazionedigitale e l’ammodernamento dei sistemioperativi.Nel frattempo: stampate le vostre fotogra-fie!

Massimo Bardelli

Scorci del centro storico:vicolo S. Chiara, Sassoferrato.

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SASSOFERRATO E LE SUE FRAZIONI

Anche una piccola frazione può diventareuna fotografia da esportare.“Le frazioni di Sassoferrato meritano tutteuna visita per le bellezze naturali, per i pano-rami amplissimi, per la pace, l‘amenità deiluoghi”.Così si legge in un piccolo opuscolo suSassoferrato che, iniziando da alcuni cennistorici, si conclude facendo riferimento aisuoi dintorni, cioè alle sue frazioni.Perché non ricordare, ad esempio, che ilgrande Bartolo da Sassoferrato, giurista difama mondiale, padre del diritto, nacque aVenatura, una piccola frazione? E alcuni, aiquali è stato assegnato lo scorso agosto ilpremio “Monte Strega”, non provengono daalcune frazioni di Sassoferrato?Perché dunque non parlarne e non valorizza-re i tanti piccoli paesi diffusi nel territorio?Serve anche a rafforzarne la vivibilità ed ilsenso di identità. Tutti i cittadini inoltrehanno diritto alla stessa attenzione.Trascurare i piccoli centri, non più rurali,significa perdere il segno, il ricordo di quelrapporto tra uomo e natura che da sempre hacaratterizzato il nostro territorio. Significa

dimenticare la “cultura contadina” dell’en-troterra marchigiano che va sempre piùscomparendo e che fu così importante perarrivare fino ad oggi.“Il territorio, -è stato scritto-, è un’operad’arte: forse la più alta, la più corale chel’umanità abbia espresso”.Per questo ogni territorio va valorizzato el’armonia, non il degrado, deve essere la suacaratteristica principale. La qualità esteticadell’ambiente che ci circonda, delle strade,delle fontane ristrutturate o abbandonate aldegrado, degli spazi verdi, in cui viviamoeduca o diseduca, anche senza saperlo. Unambiente attraverso la sua organizzazione, isuoi servizi o la sua carenza trasmette infat-ti e promuove alle persone che vi abitanovalori o disvalori e conseguenti comporta-menti.Tra le tante frazioni voglio ricordarne una:Cacciamponi, dove sono le mie radici. Forseè la più dimenticata e la più piccola ed ora,come tutte le altre, sta prendendo un nuovovolto rispetto al passato. Certamente le fra-zioni rappresentano il simbolo di una vitasemplice e serena che tutti cerchiamo. È il

nostro sogno! Ecco perchè gli amanti dellanatura, anche in questa piccola realtà, trova-no la possibilità di godere delle sue semplicibellezze ambientali. Il desiderio infatti diriscoprire e di vivere una realtà fatta di cosesemplici, essenziali, autentiche, spinge lapersona a cercare la quiete, la serenità nelrapporto con la natura, con il silenzio, con sestessi per ritrovare un rapporto più vero congli altri. Ma oggi non è così facile, perché larealtà è ovunque multiculturale e complessa.In ogni piccolo territorio oggi si vive infatti esi percepisce qualcosa di unico, che è l’ iden-tità di quel particolare ambiente, di quel“locale” ed insieme si percepisce e si consu-ma qualcosa di “globale”. Non solo per latecnologia della comunicazione, ma per ilcibo, per il modo di vestirsi, per le immaginiche vediamo, per le preoccupazioni comuni.Osservare ed interpretare l’intreccio tra loca-le e globale è tuttavia importante, perché cifa tenere i piedi per terra, vivere nelle dina-miche reali, ma nello stesso tempo ci stimo-la a riflettere, ci fa alzare lo sguardo e ci fasentire, tutti, parte della stessa umanità,invitati ad educarci alla comprensione e alle

Chiesa della Sacra Famiglia. Frazione di Monterosso

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relazioni fra tutti gli esseri umani.Cacciamponi, un piccolo paese sulla collina: ventuno famiglie di cuisolo pochissime residenti, alcune delle quali sono giovani coppie chehanno lasciato la città per vivere nella quiete della campagna, lealtre ritornano in alcuni periodi dell’anno per diversi mesi. Cosa signi-fica il suo nome? Casa dei Poni? Forse! Qual’è la sua storia, la suaorigine? Chi può dirlo? Racconti e leggende sono state tramandate avoce, per cui è difficile sapere, conoscere le tante vicende, avveni-menti, volti, storie liete e dolorose che sono state vissute nel corsodei secoli. In un campo vicino, chiamato S. Donato, si parla di ritro-vamenti preziosi: forse una città era situata in quei luoghi confinanticon Civitalba. Solo dai registri parrocchiali, una volta, si poteva risa-lire indietro nel tempo. Ma i registri, documenti preziosi per ricostrui-re il passato, non si ritrovano più e le ricerche sembrano inutili!Solo una quercia plurisecolare, al centro del piccolo paese, e una fon-tana fatiscente oggi possono “narrare” i tanti avvenimenti personalie sociali e “ricordare” i diversi volti e le diverse voci degli abitanti nelcorso del tempo!Solo mezzo secolo fa le abitazioni erano semplici, modeste, prive diogni moderna “comodità “ compresa la luce elettrica e l’acqua!Molte erano le persone che vi abitavano; oggi invece le case sonocompletamente trasformate, piccole “ville”, belle, piacevoli, acco-glienti, ma le persone che vi risiedono sono poche e qualcuno vieneda lontano! D’estate tuttavia e in altri periodi dell’anno il paeseacquista una nuova vita! Ma la vita di ieri com’era? Quali erano, adesempio, i suoi punti di orientamento? E quelli di oggi? I contesti tra-dizionali sono stati profondamente modificati dai mezzi di comunica-zione di massa, dalla diversità dei lavori, dal benessere, dalla diver-sità delle persone in movimento! Nostalgie e rimpianti del passato? No! Memoria e consapevolezza servono a comprendere il presentee a stare dentro questo processo culturale come soggetti attivi, pen-sosi, responsabili per costruire un futuro migliore.Se la narrazione del passato viene meno, è come tagliare le radici diun albero. È sorprendente pensare che sia per i bambini che proven-gono dalla città o da molto lontano e sia per i bimbi della quartagenerazione della nostra stessa popolazione è completamente igno-rato il modo di vivere degli abitanti di questo piccolo centro appenamezzo secolo fa. Come si può apprezzare, “godere” del presente eprogettare il futuro se non si conosce il cammino fatto dagli abitantidi un tempo abbastanza recente? Non aiuta inoltre a comprenderemeglio chi viene da lontano, perché anche noi siamo passati per unavita più “dura” rispetto a quella di oggi? Quali oggetti e attrezzi, adesempio, a disposizione di quei tempi occupavano gli spazi del pae-sello, oggi, invece, parcheggi per macchine?Alcuni di essi, un tempo conservati con amorevoli cure, ora sonolasciati in abbandono. Hanno fatto parte della vita, dell’identità nondi una sola persona, ma di una comunità, della civiltà contadina tipi-ca di questo ambiente. Esiste già a Sassoferrato il Museo delle Artie Tradizioni Popolari, recentemente ristrutturato e ben collocato pres-so Palazzo Montanari; perché non raccogliere, allora, in questo stes-so ambiente, o in locali adibiti presso le stesse frazioni, questi“oggetti”, “cose” preziose da non dimenticare, ma apprezzare e valo-rizzare? Servirebbero a “raccontare” la storia di un’epoca che vivesolo nei ricordi dei più anziani e nelle fotografie in bianco e nero. Enelle abitazioni? Può immaginare un bimbo che in quella stanza, oggi

così bella, c’era una volta un telaio su cui venivano tessute stoffe conla canapa e il cotone fatti “macerare” nel vicino ruscello? E che diredel vecchio muro della fontana, cadente, e senza più acqua? Ieri erail centro del paese sia per i grandi sia per i piccoli, anche se per moti-vi diversi! Per attingere acqua, per lavare, per abbeverare mucche epecore per gli uni, per giocare per gli altri! Com’era bello vedere scor-rere di continuo quell’acqua limpida e buonissima! Sempre nuova efresca! Quanti ricordi il vecchio muro “conserva” tra i suoi mattoni!Quante storie liete e dolorose ha ascoltato, quante “fatiche” ha vistosul volto delle tante persone che venivano a dissetarsi! È bello tutta-via, oggi, vedere giocare insieme bimbi così “diversi” tra loro e così“uguali” sulle strade ieri polverose, o sulle aie, dove una volta siammucchiavano covoni di grano, e galline, oche, anatre e piccionierano in piena libertà. È bello perché sono il nostro futuro. E un futu-ro certamente diverso che la speranza ci fa immaginare migliore. Si,perché la vita va avanti. Sempre! E questi bimbi stanno imparandol’arte del convivere e del dialogo vivendo e giocando semplicementeinsieme! È sicuramente un buon inizio per la società di oggi e didomani, se noi “grandi” sappiamo imparare da loro e non veniamomeno al nostro compito educativo, ma facciamo la strada con loro,“accompagnandoli” nella fatica di crescere, sapendo che l’arte di edu-care e di educarci è un’opera.

Rita Ferri

Frazione Cacciamponi

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Grazie all’iniziativa di Giovanni Pesciarelli, venerdì 2 marzo del corren-te anno, una data che non dimenticherò facilmente, ho avuto l’occasio-ne di intervistare ed approfondire la conoscenza della famigliaSpoletini. Il nucleo familiare è composto da tre persone veramentespeciali: l’ottantasettenne Marino, sua moglie Ada e la loro figliaAdelaide, tutti che esercitanol’attività di mugnai.L’intervista è avvenuta all’interno di una piccola e accogliente salaricca di calore ed affetto umano. I mobili, gli oggetti, i soprammobi-li, le pareti, parlano di una famiglia onesta, semplice, dignitosa masoprattutto di grandi lavoratori. Adelaide, un donna schietta, limpidache tramanda la tradizione di famiglia, mi ha riferito con orgoglio:“nella nostra vita ci siamo sempre accontentati di quello che abbia-mo avuto e nel nostro piccolo ci siamo sempre sentiti ricchi”. A quelpunto, accompagnata da Giovanni, seduta vicino a queste esemplaripersone e di fronte al volto sorridente e solare del signor Marino, ilmio disagio iniziale si è trasformato in profonda ammirazione per laloro umile, onesta ed importante attività.L’intervista ha inizio con una domanda rivolta ad Adelaide:

Può raccontarmi brevemente la storia del mulino?

Il mulino, collocato in via Cafabbri in frazione di Cabernardi, risale alXIV secolo e alcuni studi recenti attestano che Dante Alighieri vi sog-giornò per un breve periodo. Il mulino è stato in funzione fino aglianni Cinquanta, la fine della sua attività coincide con la chiusuradella miniera di Cabernardi. Fino ad allora era in vigore una conven-zione che sanciva la collaborazione reciproca tra i due enti; il mulinooffriva l’acqua e la miniera in cambio offriva la corrente elettrica.Codesto accordo terminò nel 1952, il mulino fu abbandonato per noveanni e fu ristrutturato, riaperto nel 1962 da mio padre.Il mulino va ad acqua e nonostante gli studi elementari, mio padre,per portare il livello dell’ acqua a regime e procurare l’energia idroe-lettrica, costruì una diga ed una complessa rete di canali. L’acqua sbattendo sul ruotone con le pale di legno produce energiache fa girare le macine, però durante i periodi di siccità il mulino vaad energia elettrica. È l’unico mulino ad acqua con le macine di pie-tra rimasto nel circondario; per riscoprire le tradizioni popolari moltescolaresche vengono a visitarlo e mio nipote Giordano Papi illustra airagazzi il funzionamento dei macchinari.

Adelaide ci ha mostrato una lettera scritta e firmata dagli alunni dellascuola Allegretto Nuzio di Fabriano. Essa porta la data 31 maggio2000 e vi si legge: “Gentile Signor Marino, mandiamo due fotografiedella visita al suo mulino. Abbiamo visto e imparato tante cose nuoveche ricorderemo per sempre. Suo nipote Giordano ci ha detto cheforse chiuderà il mulino, noi lo preghiamo di non farlo, così altri bam-bini come noi potranno fare questa bella esperienza. La ringraziamoper la sua bella ospitalità, per la sua gentilezza e simpatia. Tanti salu-ti ed auguri a lei, a suo nipote Giordano e tutta la sua famiglia”.

Da quale fiume procurate l’acqua per ricavare l’energia?

Il Rio Nevola.

IL MULINO DI CABERNARDI - INTERVISTA ALLA FAMIGLIA SPOLETINI

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Adelaide ci ha mostrato il disciplinare rilasciato dal Genio Civile diAncona datato 16 dicembre 1963, esso sanciva l’avvio dell’ attività.

Di che materiale è la macina?

La macina è di pietra di Cantiano. Esistono due tipi di macine; unache trita (utilizzata per procurare la farina di orzo, mais), l’altra chesfarina (utilizzata per produrre la farina di grano).

Quale è il nome tecnico del mulino?

Mulino a palmenti uso zoo-tecnico per animali.

Quali tipi di cereali macinate?

Qualsiasi cereale (orzo, granturco).

Chi era il proprietario del mulino?

Fino al 1952 il proprietario del mulino era Marco Galeotti.

Ora però, mi piacerebbe conoscere alcune cose del signorMarino; quando è nato?

Mio padre è nato il 5 agosto 1920 a Gaville, ma il ceppo originariodella nostra famiglia è a Magnadorsa di Arcevia.

Come ha vissuto la II Guerra Mondiale?

Mio padre mi ha raccontato che durante la II Guerra Mondiale era inJugoslavia, l’8 settembre era in Grecia e tra molte difficoltà ritornò aMagnadorsa nel settembre del 1946.

Dal Signor Marino ho saputo che durante la guerra per sopravviverefaceva il pane.

Mi può raccontare brevemente la storia della vostra famiglia?

Dal Medioevo i Spoletini hanno sempre esercitato la professione dimugnai, addirittura mio nonno Nazzareno non partecipò al I ConflittoMondiale perchè produceva la farina per i militari. Nel dopo guerra imembri della numerosa famiglia patriarcale degli Spoletini, per vive-re, si sono stanziati nei vari mulini della zona. Tutt’ora, infatti, il muli-no di Magnadorsa è gestito da mio cugino Erinaldo Spoletini e maci-na prodotti biologici. Invece io, mio padre, mia madre e mia sorella cisiamo stanziati qui. I miei genitori, con grande coraggio e buonavolontà, trasformarono i ruderi del preesistente mulino abbandonatoin una struttura dignitosa e funzionante. Per vivere mio padre anda-va con il mulo a prendere il grano a domicilio dai contadini della zonae lo riportava macinato; in cambio si prendeva il 3% del prodotto fini-to. Nonostante i sacrifici, svolgiamo il nostro lavoro con passione;addirittura, il 27 dicembre 1976, a mio padre è stata conferita l'ono-rificenza di Cavaliere. L’attestato è stato firmato dal Presidente dellaRepubblica Leone e dal Presidente del Consiglio Giulio Andreotti.

Un’ultima domanda: ha un messaggio da inviare alle personeaffinché imparino ad apprezzare il prezioso valore del paneanche nei periodi di abbondanza?

Adelaide con orgoglio mi ha fatto vedere un suo piccolo quadernodelle elementari e mi ha fatto leggere una poesia che la maestra leaveva dettato: è il pane.

Quante fatiche e quante ansietà sono contenute in un pezzo di pane!Aratori, seminatori, mietitori, vagliatori, mugnai e panettieri hannosudato con amore e con pazienza, al fuoco del sole e al fuoco delforno, prima che il biondo grano della semina si trasformi nel pane

Nella pagina precedente alcuni momenti del lavoro del sig. Marino Spoletini, ritratto qui sotto.

della nostra mensa!L’intervista è terminata. Un profondo ringraziamento va alla famiglia Spoletini per la cortesedisponibilità che mi ha offerto. Mi auguro con tutto il cuore cheAdelaide ed i suoi genitori, nonostante le difficoltà, continuino l’im-portante tradizione di famiglia. Infine informo i lettori di questo arti-colo che il mulino, oltre che vendere prodotti di giardinaggio, anima-li da cortile ed alimenti zootecnici, produce un’ottima farina di gran-turco quarantino, eccellente per cucinare la polenta, antico, tradizio-nale e genuino piatto contadino.

Valentina Artegiani

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RITRATTO DI CARLO CANESTRARI

« Uomo, amico e artista; così si è detto escritto di lui! »

31/07/1922. Nasce da quel grumo di casearroccate sulla acropoli che ha nomeSassoferrato: tra il Monte Catria e le Grottedi Frasassi, tra il Sentino e il Marena.Anticamente detta Sentinum, assediata daOttaviano, distrutta da Desiderio, la rocca incima, il borgo in basso, passò per dominazio-ni degli Este e dei Malatesta. Patriadell’Agabiti architetto e del Salvi pittore. IlCanestrari trascorse lì i suoi anni giovanilidedicandosi alla pittura in una prima fase,quindi al teatro e infine alla scultura, passio-ne questa che lo accompagnerà per tutta lasua vita.1936 – 1937. Vince gli Agonali Regionalidell’Arte, manifestazione tra il giovanilisticoe il promozionale del regime del Ventennio.1947 – 1948. Si trasferisce a Roma; la Romache è anche di Mannucci e Fazzini e di tuttala corrente dei marchigiani che non scelgo-no Milano, bensì la romantica, artistica,accogliente e vitalissima Roma, comeappunto Mannucci, Fazzini, Cagli, Uncini,

Ligi, Cucchi fino ai giovani D’Addario,Giusepponi, Bartolini e D’Arcevia. CosìCanestrari, aiuto di Pericle Fazzini, inevitabil-mente assorbe alcune costanti dell’arte delmaestro, ma esprime la sua indipendenzacon più dolore e una plasticità del tutto per-sonale.1955. È invitato alla Quadriennale di Roma,espone 3 opere “Ritratto dell’Arch. Castello”in terracotta, “Caduta da cavallo” in bronzo e“Donna spiata “ in terracotta.1956. Partecipa alla Biennale di Venezia condue opere “Deposizione” in gesso patinato e“Nudino di ragazzo” in terracotta.1959. Ritorna alla Quadriennale con 3 opere:“Pietà”, “Torso” e “Crocefisso”. È in questoperiodo che Canestrari incontra Don MarioGargiuli, parroco di quella meravigliosa chie-sa di Santa Maria Nuova in Viterbo. Si trat-terà di un incontro tra affinità elettive, conti-nuato negli anni e nella pratica pastorale daDon Angelo Gargiuli. Negli anni Sessanta,proprio qui, in questo tempio sacro, si con-cretizzerà la progettazione e la collocazionedi tre sue grandi opere: “Ultima Cena”balaustra in bronzo che misura quattro metridi lunghezza, e il “Crocefisso”, sempre inbronzo (1983), che si inserisce magistral-mente nel presbiterio e nell’abside di quelmonumento romanico di rara bellezza che èla chiesa di Santa Maria. La terza opera è la“Pietà”, cippo scolpito in memoria di suamadre e collocato a fianco del SS. Salvatore,sotto al quale riposano le sue ceneri. 1968. È invitato al Simposium Internazionaledi Scultura di Lindabrunn (Austria). 1978. È invitato dalla Galleria Yesu-Garo perdue mostre personali a Tokio e Osaka.Molte sono le opere via via eseguite, anchea carattere monumentale, che si trovano inItalia ed in diversi paesi stranieri, fra i quali:Portland (Usa), Collezione Woodbridge di

New York, Creative Gallery di Filadelfia,Museo all’aperto di scultura di Lindabrunn(Austria), Galleria d’Arte Moderna di Roma,,Museo di Alatri, Galleria “Pro-CivitateCristiana” di Assisi, Chiesa di Santa Maria inValleverde di Celano, Basilica del Colle diPescocostanzo (L’Aquila); opera quest'ultimadi grande rilievo, consistente in una portainterna in bronzo con pannelli ispirati allamorte, alla gioia e al dolore. Per tale operaCanestrari dichiarò a P. Scarpitti sul mensile“Abruzzo”:“I soggetti preferiti della mia scultura sonoquelli cristiani. Mi sento cristiano e sono itemi che maggiormente affronto più per meche per le chiese”. Note bibliografiche e suoi lavori sono riporta-te nelle più importanti pubblicazioni d’arte.Nelle molteplici recensioni delle sue manife-stazioni artistiche lo hanno giustamentedescritto nei suoi tratti esteriori e nelle suecaratteristiche: “...l’aspetto esteriore delCanestrari uomo è più che mai indicativodella sua vita interiore. Egli è d’animo auda-cemente schietto, valido a sopportare esuperare ogni rischio della sorte, incapace dinascondere il vero, assennato nel giudizio,efficace e rapido nell’eloquio, sano nelcostume; spirito solitario e schivo e tuttaviaamico degli uomini d’ogni condizione socia-le. Nel volto egli reca l’impronta dei rudi esolcati lineamenti di certi memorabili dellaRinascenza. Lo sguardo sereno traspareseveramente luminoso dagli occhi celesti. Lasua statura è media, alquanto chinata, agilenei modi; incede a passi or veloci ora lenti; difolti grigi capelli coperta la testa, ispida labarba, baritonale la voce, raro il sorriso sulvolto di colorito sanguigno. Nell’uomo viveintensamente l’artista, degno di altra epocae migliore.”

Vittorio Toni

Ultima cena, opera in bronzo, 1964, presso la Chiesa S. Maria in Viterbo

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IL MURALE DELLA CASA DI MARIO TONI

Nei secoli XVII e XVIII, quando i giovani aristo-cratici dell’epoca intraprendevano il GrandTour, una sorta di viaggio iniziatico che tocca-va le più belle località d’Europa e particolar-mente d’Italia, avevano molto spesso con sél’occorrente per disegnare. Attraverso schizzia matita o acquerelli, che non di rado costitui-vano vere e proprie opere d’arte, fissavanosulla carta le immagini più suggestive dei luo-ghi visitati, qualcosa di analogo alle nostrefoto-ricordo, ma con qualcosa in più: unadimensione onirica, fantastica, propria soltan-to di chi ha filtrato il vissuto attraverso unasua personale immaginifica sensibilità.C’è tutto questo e qualcosa d’altro nel trompel’oeil che Mario Toni ha realizzato in una stan-za della sua casa in Castello, una stanza inti-ma e raccolta che il dipinto dilata a dismisura,generando l’impressione di un viaggio neltempo: c’è l’attualità interpretata con la peri-zia dell’artista e il garbo della persona, maanche il passato, quello remoto, quello che sipuò solo immaginare, o sognare. Ed è un pas-sato opulento, maestoso, quello che apparedallo sfasamento dei piani, spaziale e tempo-rale, del dipinto. Mario Toni ha voluto rappre-sentare l’amata Sassoferrato nella sua formaattuale ma comparandola con l’antica città

romana che ne costituisce l’origine, Sentinum,qui rivisitata in chiave fantastica e quasi mito-logica: un modo per gettare un ponte idealefra il presente della nostra terra e le sue radi-ci illustri, un invito a non dimenticare, a salva-guardare l’enorme bagaglio culturale, artisti-co, archeologico che gli antenati ci hannolasciato e che, in quest’epoca disincantata edisimpegnata, rischia di estinguersi.Mario Toni non nasce pittore, lo diventa: nel1990 visita la mostra di Van Gogh adAmsterdam, poi quella di Tiziano a Venezia ene rimane come folgorato. Sente di volerdipingere e comincia a farlo quasi in sordina,poi le sue stesse indubbie capacità lo fannoconoscere e apprezzare fino all’altro capo delmondo (a Vittoria, in Australia, c’è una suacopia di Madonna del Salvi, appartenente acollezione privata, mentre il Consolato italia-no di Beirut possiede una copia di JanVermeer). Il suo interesse va in particolare aipittori del periodo 1400-1600 e, in quest’am-bito, si ispira a modelli illustri, primo fra tuttil’artista a cui forse si sente più legato,Giambattista Salvi detto il Sassoferrato, vici-no alla cui casa Mario Toni è nato e di cuiriproduce ben quaranta opere, soprattuttoMadonne; pregevole una riproduzione di

un’opera che si trova a Santa Sabina a Roma,ma anche sette copie di quadri raffigurantiSanta Cecilia e due raffiguranti SantaApollonia; si cimenta anche con altri grandinomi della pittura mondiale, da Antonello daMessina, di cui esegue copiadell’Annunciata, al Raffaello della Madonnadel Granduca, al Caravaggio della Cena inEmmaus (la cui riproduzione è presente inSan Rufino ad Assisi). E ancora Juan Van derHamen y León, di cui riproduce il Bodegóncon frutta y pájaros conservato al Prado,Claude Vernet, Claude Lorrain, FrancescoMola, alcuni Macchiaioli e altri ancora. Le opere di Mario Toni, eseguite con estremaraffinatezza e grande attenzione per i partico-lari (al punto da utilizzare antiche tele di linotessute a mano) sono state esposte nelPalazzo Ducale di Urbino e, nella nostra zona,fanno bella mostra nella Collegiata di SanPietro e nel Monastero di Santa Chiara aSassoferrato, nonchè nella Parrocchiale diMelano di Fabriano. L’auspicio è quello di poter ammirare i lavoridell’artista in una mostra allestita qui aSassoferrato, nel suo paese, un luogo chetanta parte ha avuto ed ha ancora nella suafelice ispirazione. Tiziana Gubbiotti

TTrraa rreeaallttàà ee ssooggnnoo

Noi resteremo qui...a contemplare il passatofinché la notte non avrà scacciato i suoi fantasmisull’orlo degli abissi...finché l’ultima lucciolanon si sarà spenta con la magia dell’arcobalenosui ruderi dimenticati.Noi resteremo qui,cullati dalle ali dei cherubini,in un concerto senza mandolini.All’alba saliremo i viottolidi sempreverdi pensierisu... ancora più in alto...ancora più su...per ascoltare il canto delle clarisseall’ombra del campanile di Pietro.Nella pace crepuscolare di dicembrecanteremo ancoraquella vecchia canzone d’amoreche ci ha fatto incontrare.A mezzanotte precisa,quando si destano le sirene,ritorneremo quisulle pietre lambite dal vento dei ricordi...dove passato e presentesi confondono in una rapsodia senza finee tenendoci per mano,...noi resteremo qui.

Antonio Cerquarelli Sassoferrato, 29 novembre 2006

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La città che oggi è oggetto di indagini archeo-logiche e sulla quale, già dalla finedell’Ottocento, ci si interroga per cercare dicapire quanto fosse estesa, come fosse strut-turata, quale peso politico ed economicopotesse avere, è la Sentinum del periodoaugusteo e postaugusteo. Per quanto è datosapere in base agli scavi effettuati nell’area,la città era compresa entro una cinta mura-ria dall’andamento irregolare, anche se ilsuo assetto si mostra invece abbastanzaregolare, strutturata com’era su un incrociodi strade che si intersecavano tra loro adangolo retto. Un progressivo abbandono dell’area diSentinum dovette iniziare già tra la fine delIV ed il V secolo d.C., e da quest’epoca in poila città fu oggetto di sistematici spogli e riu-tilizzi degli elementi architettonici e decora-tivi: Sentinum divenne una sorta di cava dimateriale a cielo aperto. Notizie circa ritrovamenti casuali di materia-li antichi si ebbero, già a partire dal XVIIsecolo, in seguito a lavori agricoli o, succes-sivamente, grazie all’apertura di nuove stra-de, come accadde in occasione dei lavori perla statale che porta a Fabriano o lungo quel-la che conduce a Serra San Facondino.

Fu proprio in seguito ad un rinvenimentocasuale che fu portato alla luce lo splendidomosaico con la rappresentazione del dioAión con le quattro Stagioni entro la fasciadello Zodiaco, mosaico che, acquistato in unprimo tempo dall’ex viceré d’Italia EugenioBonaparte e poi donato a Ludwig di Baviera,attualmente si può ammirare alla Gliptotecadi Monaco.Un’occasione importante per la conoscenzadi Sentinum fu offerta dagli scavi finanziatitra il 1890-1892 dall’allora Ministero dellaPubblica Istruzione, a seguito dei numerosiritrovamenti nel corso dei lavori per la lineaferroviaria Fabriano-Urbino che ancora oggiattraversa la città antica, essendo posiziona-ta a pochi metri di distanza dal cardine mas-simo della città e parallela ad esso. In quell’occasione furono individuate le lineeessenziali della topografia della città roma-na, come è possibile vedere nelle planime-trie e negli accurati rilievi eseguiti in quel-l’occasione per la Soprintendenza dall’inge-gner Raniero Mengarelli, al cui lavoro sideve la stesura della prima pianta della cittàantica con l’indicazione di alcuni tratti dellemura, che all’epoca erano ancora visibili, edella porta meridionale della città.

Negli anni ’50 i continui lavori agricoli porta-rono alla luce quantità sempre più ingenti dimateriali archeologici, cosicché nel 1952 ungruppo di appassionati locali, con la consu-lenza scientifica dell’allora SoprintendenteG. Annibaldi, misero in evidenza estesi trattidi strutture murarie, pavimenti a mosaico,colonne ed altro materiale nella zona dettadi Santa Lucia (dal nome della chiesettaadiacente all’area). Così negli anni compresitra il 1954 e il 1960 continuarono i lavori nel-l’area sentinate con campagne di scavo che,sotto la direzione dell’allora studentessadella Scuola Nazionale di Archeologia LauraFabbrini, portarono ad un ragguardevolearricchimento circa la conoscenza diSentinum. Fu durante queste campagne di scavo che siindagarono quattro importanti assi viari, tracui il cardine massimo, che delimitavano unavasta area all’interno della quale sono statiindividuati resti di un edificio termale, deco-rato con lastre marmoree e con pavimenti amosaico, che offrono un dato interessantesulla crisi che investì gli ultimi anni dellacittà, dato che le tessere musive rovinatevennero sostituite con altri materiali di faci-le reperimento: tegole, cocciopesto o pezzi di

GLI SCAVI DI SENTINUM

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marmo. Inoltre, in quest’area vennero identi-ficati i resti di una fonderia, con una canalet-ta di scolo ancora in situ completamentebruciata, attestata da parecchie scorie dimetallo, ferro e bronzo, oltre che da alcuniscarti di lavorazione e da una grande quanti-tà di monete imperiali. Altra importanteindagine condotta dalla Fabbrini fu quelladell’insula del pozzo, così detta per la pre-senza di un pozzo antico, all’interno dellaquale fu portato alla luce un edificio in cuierano visibili i resti di un grande atrio convasca interna e di un tablinum, da cui proba-bilmente proveniva il già citato mosaico diAión. Lo scavo portò alla luce anche un

mosaico pavimentale con al centro la raffi-gurazione di Oceanus, purtroppo perduto. Inultima analisi fu condotto un saggio nellazona nord–occidentale della città che misein luce una costruzione, costituita da unambiente rettangolare e da uno quadrango-lare con un battuto pavimentale circa 6 mtpiù in basso del piano stradale antico, che siaddossava alla cinta difensiva. È attestatoche in un momento successivo l’angolonord–occidentale dell’ambiente rettangolarevenne tagliato da un torrione circolare che siandava a collocare nell’angolo della cintamuraria, per cui la Fabbrini ipotizza cherestauri alle mura siano stati effettuati inepoca augustea per porre rimedio ai dannicausati dalla distruzione della città nel 41a.C. Dopo questa fruttuosa stagione di scavipassano circa vent’anni prima che nuovecampagne archeologiche riprendano nel-l’area di Sentinum. Fu infatti tra il 1974 e il 1976 che LuisaBrecciaroli Taborelli compì, per conto dellaSoprintendenza Archeologica, una serie discavi che avevano come scopo quello di

ampliare le ricerche che, precedentemente,erano state eseguite sia nella zona delleterme nei pressi del cardine massimo sianella zona adiacente alla chiesetta di SantaLucia, quindi fuori dalle mura urbane, di unedificio per cui già la Fabbrini propose l’ipo-tesi che si potesse trattare di un edificio ter-male. Nel 1974 l’attenzione fu rivolta alle termenei pressi del cardo massimo per cui si pro-cedette, oltre che ad una analisi più appro-fondita degli strati, anche al restauro e alconsolidamento delle murature e dei mosai-ci che versavano in un cattivo stato di con-servazione. Successivamente gli scavi inte-

ressarono la zona di Santa Lucia: le indaginiportarono alla scoperta della pavimentazio-ne in mosaico lungo il portico e di quella inopus spicatum nella grande corte porticata;inoltre venne rinvenuta una serie di ambien-ti, tre dei quali, successivamente interpreta-ti come calidaria, presentavano le suspensu-rae, pile di mattoni circolari che costituivanoparte integrante del sistema di riscaldamen-to. Tra il 2000 e il 2001 sono state effettuate duecampagne di scavo e di restauro, fortementevolute dalla Soprintendenza Archeologica,dalla Regione Marche e dal Comune diSassoferrato, poi affidate alla CooperativaArcheologica di Firenze, che hanno permessodi indagare in maniera più accurata l’estensio-ne del complesso termale extra moenia, la suaeffettiva funzione e l’esatta cronologia.Si tratterebbe di terme costruite nel I secolod.C., successivamente rimaneggiate eristrutturate per poi essere definitivamenteabbandonate tra IV e V secolo, divenendocosì cava per lo spoglio dei materiali. Negli ultimi anni (più precisamente dal 2002)

le indagini su Sentinum hanno ripreso nuovoslancio in seguito ad un progetto nato periniziativa della Soprintendenza per i BeniArcheologici delle Marche che, affidando gliscavi alle Università di Urbino e di Genova, sipropone di approfondire la conoscenza suquesto sito e tentare di dare una risposta aitanti interrogativi ancora insoluti. I lavori, durante le prime due campagne discavo, hanno interessato un’area che sorgea cavallo della ferrovia, laddove già ilMengarelli aveva avuto modo di svolgere lesue ricerche: punto di partenza per l’indagi-ne è stata l’analisi dei dati forniti dall’inge-gnere nel corso dei suoi lavori. È stato così possibile mettere in luce lesezioni di alcuni edifici pubblici e privatidella città, nonché le strade con le lorofognature. Per queste nuove indagini si èdeciso di avvalersi anche di tecniche piùmoderne ed innovative rispetto al semplicescavo stratigrafico, è il caso dell’indaginemagnetometrica, tecnica che ha permesso dirivelare la presenza nel sottosuolo di struttu-re murarie senza la necessità di uno scavo.L’indagine ha permesso di elaborare unapianta della città antica diversa da quellafornitaci dal Mengarelli; successivamente èstato creato un modello in tre dimensioni delsito in modo da poter procedere ad una inda-gine più mirata degli edifici, cosa che ha por-tato ad indagare, durante la campagna del2004, una estesa area di scavo (all’incirca1000 mq) che comprendeva il grande edificiocon portico la cui presenza era stata già rive-lata dall’indagine magnetometrica. Lo scavo ha portato alla luce l’edificio verifi-cando anche la presenza di un pozzo, di uncortile pavimentato in opus spicatum e di unambiente con tracce di intonaco. Dagli stratipiù superficiali, databili tra IV e V secolod.C., periodo in cui la città fu probabilmentedistrutta da un incendio, è venuta alla luceuna testa maschile in marmo proconnesiovisibile solo per metà, dal momento che pro-babilmente venne rotta già in antico e riuti-lizzata nell’edificio come materiale dacostruzione. Durante la campagna del 2005 si è procedu-to ad una ulteriore indagine dell’edificio conportico e al di là della ferrovia, in corrispon-denza con l’area di scavo principale, è statainiziata anche un’opera di pulizia superficia-le nei pressi dell’incrocio tra il cardine ed ildecumano massimo.

Pamela Damiani

Un tratto della via sentinate.

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La Rassegna “G.B. Salvi”, proprio quest’anno(2007) compie il bel traguardo di 57 anni.Sorta casualmente come premio quasi localefinalizzato all’incoraggiamento dei giovaniall’arte e per richiamare gli artisti marchigianiresidenti a Roma, nel corso degli anni ha ospi-tato opere di artisti di fama internazionale (EnzoCucchi, Bruno d’Arcevia, Anselmo Bucci,Renato Bruscaglia, Carlo Ceci, Floriano Ippoliti,Vitaliano Angelini, Attilio Alfieri, NinoRegina…). In varie edizioni furono dedicatesale-omaggio a movimenti d’arte contempora-nea ormai storicizzati come l’arte figurativa, laPop Art, l’arte metafisica, l’arte geometrica, lapoesia visiva, il minimalismo, l’astrattismo emolte altre tendenze che hanno costellato ilmondo artistico contemporaneo. Inoltre ilPremio fu un trampolino di lancio per molti gio-vani dediti all’arte, critici, letterati e poeti, aquesto proposito vanno menzionati Carlo Levi,

Achille Bonito Oliva, Mario Luzi, Ermete Grifoni,Pietro Zampetti, Emilio Villa, Mario Pincherle.È inutile negare che, fin dalla sua nascita, molticambiamenti sono intervenuti nello statuto, ilpiù significativo dei quali fu quello di rendereinternazionale la mostra, con la presenza pari-tetica di artisti italiani e stranieri. La scelta fuquella di procedere per invito, ma fu data lapossibilità agli artisti non chiamati di inviare leproprie opere perché fossero sottoposte a unagiuria di accettazione che aveva il compito divagliarle e selezionarle. Non bisogna assoluta-mente trascurare che la mostra, come altremanifestazioni artistiche, nel corso della sualunga vita ha dovuto fronteggiare molte difficol-tà organizzative ed economiche; le risorsefinanziarie sono sempre state un problema.Nonostante ciò il premio è stato e resta tutt’orauna grande manifestazione culturale, una fine-stra aperta al mondo che abbraccia gli avveni-

menti circostanti, seleziona, si fa carico dellevalenze di ogni preciso momento artistico italia-no, internazionale, ed è molto interessante eaffascinante ripercorrere la sua storia.Nato per caso nel luglio 1951 in occasione deifesteggiamenti del patrono della città, il beatoUgo che cade il giorno 26, alcuni intellettualiSassoferratesi, decisero di allestire una mostraall’interno di due piccole stanze dell’albergoCesauri. Fin dall’inizio il Premio Salvi era com-posto da due sezioni: la sezione pittura, lasezione bianco e nero; in seguito furono apertela sezione scultura, la sezione libro d’artista, lasezione ex-libris, la sezione medaglistica. Nel 1958, però, la manifestazione visse uno deimomenti più critici della sua esistenza, rischia-va di interrompersi a causa di molti disaccordisorti tra gli organizzatori. Entrò in campo in questo periodo il Comune diSassoferrato che prese in mano la situazione, si

RASSEGNA «GIOVAN BATTISTA SALVI» E «PICCOLA EUROPA»: 57 ANNI DI STORIA E DI CULTURA

L’intervento dell’On. Buttiglione all’ultima edizione della Mostra G.B. Salvi, nell’estate 2006; presenti G. Spacca, presidente della Regione Marche, il sindaco L. Rinaldi, D. Censi, assessore alla cultura ed A. Luzi.

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occupò di continuare l’iniziativa affidandola a Padre Stefano Troiani.Quest’ultimo decise di aprire la rassegna agli artisti stranieri nella sezio-ne denominata “Piccola Europa”.Si passò quindi da una concezione di iniziativa regionale a un premio dicarattere internazionale; per la prima volta questo piccolo centro monta-no si affacciò verso iniziative culturali extra regionali e nazionali.Sempre grazie all’operato di Padre Stefano Troiani, considerato giusta-mente l’anima, il cuore e la locomotiva della cultura sassoferratese, èstata avviata l’istituzione di una Galleria d’Arte Moderna eContemporanea; molte opere donate dagli artisti o ottenute grazie aipremi acquisto, sono state raccolte in unico spazio.Oggi la Galleria di Sassoferrato vanta circa 4500 opere, divise tra pitture,sculture, grafiche, libri d’artista, medaglie, ceramiche, arazzi, ex-libris.E’ la più ricca raccolta pubblica d’arte contemporanea delle Marche.Purtroppo dal 1997, a causa del sisma che danneggiò molti edificidell’Italia Centro- Settentrionale, la sede espositiva della Galleria, situa-ta all’interno di medievale Palazzo Montanari, è collocata in un magazzi-no e non è dunque al momento fruibile.Fra le tante opere presenti nella raccolta è opportuno citare quelle diPericle Fazzini, Edgardo Mannucci, Carlo Canestrari, Valeriano Trubbiani,Sante Monachesi, Francesco Carnevali, Umberto Peschi, Enrico Ricci,Walter Piacesi, Corrado Cagli, Orfeo Tamburi, Mario Schifano, GinoMarotta, José Guevara, Roberto Stelluti e tanti altri ancora. Per ritornare al Premio, notiamo che nella XXVII edizione del 1977, siapportarono delle modifiche organizzative tese ad esaltare il prestigio cul-turale della manifestazione: il patrocinio dell’Università di Urbino e unaselezione notevole più vigile nelle ammissioni.La XLI edizione del 1991, si caratterizzò per la corresponsabilità organiz-zativa e istituzionale dell’Università degli Studi di Urbino. Grazie alla con-venzione, firmata dal rettore Carlo Bo e dal sindaco On. Luigi Rinaldi siufficializzò definitivamente la collaborazione tra il Comune diSassofarrato e l’Università di Urbino.La continuità e il successo della manifestazione si deve alla serietà orga-nizzativa degli enti; vanno menzionati a questo proposito i dipendenticomunali, in particolar modo Marino Ruzziconi, la Pro Sassoferrato,l’Istituto Internazionale di Studi Piceni.L’edizione del 1997 assunse una connotazione nuova in quanto si appor-tarono alcuni cambiamenti all’interno dell’humus culturale che contraddi-stinse il “Premio Salvi” sin dalla fondazione; le opere dei partecipanti nonsarebbero state più giudicate da una giuria, gli artisti più meritevoli nonsarebbero stati premiati e la convenzione stipulata con l’Università diUrbino sarebbe stata sospesa.Quindi il premio in questione diventò una mostra di livello internazionaletanto che nelle edizioni successive alcune sale-omaggio furono dedicateai protagonisti della storia dell’arte mondiale ( Joan Mirò, Pablo Picasso,Arnaldo Pomodoro, Mario Sasso, Walter Valentini, Mario Giacomelli,Oscar Piattella, Giorgio Facchini).Dopo questo piccolo excursus sulla storia della manifestazione, unadomanda sorge spontanea: quale sarà il suo futuro?Innanzi tutto ritengo che l’avvenire della rassegna debba partire dallapiena valorizzazione del grande patrimonio della Galleria, si dovrà al piùpresto trovare una giusta collocazione alle continue acquisizioni cheandranno ad alimentare la Galleria. Il progetto richiederebbe un grande

contenitore, nuovi spazi espositivi e, soprattutto, un ingente patrimoniofinanziario. Inoltre si dovrebbe valutare maggiormente l’operato dei gio-vani artisti. Se necessario modificare l’humus culturale della mostra ripri-stinando la convenzione con l’Università di Urbino e una giuria di accetta-zione che ha il compito di premiare le opere degli artisti emergenti. Infinesarebbe opportuno seguire una buona politica di marketing utilizzando ipiù svariati mezzi di comunicazione finalizzati esclusivamente a sponso-rizzare la mostra. Solo così, forse, Sassoferrato diventerebbe un centro dicultura e la manifestazione offrirebbe ai giovani artisti la possibilità diemanciparsi nel mondo dell’arte.Sono convinta che Sassoferrato, questo piccolo centro montano, ricco distoria, di cultura, di tradizione, saprà valorizzare l’importanza della mani-festazione. A questo proposito, alla presentazione della 56° edizione,l’On. Luigi Rinaldi ebbe giustamente a dire: “…Se Sassoferrato è cono-sciuto nelle Marche e in Italia, lo deve alle sue attività Culturali…” edancora “…La cultura è luogo decisivo per la vita delle città italiane; sulpiano economico ci sarà sempre un Paese dove il costo del lavoro e ilrispetto dell’ambiente saranno inferiori al nostro; ci sarà sempre unimprenditore disposto a trasferire la sua attività là dove la convenienzaconsiglia; ma la Rocca Albornoz che domina la nostra città, le Raccolteche con gli anni abbiamo realizzato (e tra le Raccolte includo anche quel-la relativa all’arte contemporanea, che la Rassegna Salvi ha prodotto) e acui vogliamo dare definitiva e fruibile sistemazione, resteranno comepatrimonio di tutti. Per questo puntiamo ancora sulla Rassegna, la LVI edi-zione, e siamo certi che se togliessimo quest’incontro con l’arte, toglie-remmo qualcosa di importante per la nostra Comunità”.

Valentina Artegiani

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Per il pittore-incisore Francesco Garofoli unadedica speciale da parte della sua città.L’Amministrazione Comunale, con la collabo-razione dell’Istituto Internazionale di StudiPiceni, ha reso omaggio all’artista con unamostra antologica allestita a Palazzo exPretura dal 14 aprile al 6 maggio.Un’iniziativa artistica che il pubblico hadimostrato di apprezzare, visto che sonostate oltre mille le presenze. Nella ampie sale della sede espositiva, ilvisitatore si è trovato a ripercorrere le tappedi un suggestivo viaggio, dal lontano 1947 alrecente 2006, “raccontato” dall’autore attra-verso 150 opere, tra acqueforti, litografie edipinti. Garofoli, personaggio mite e schivo, pocoamante delle luci della ribalta, “parla” con illinguaggio delicato e leggero, ma non perquesto meno incisivo, delle sue opere. Unaproduzione ricca e di alta qualità, quella diGarofoli, che ne rivela l’indiscutibile talentoe la grande sensibilità artistica, così come ilforte attaccamento per la sua terra che tra-spare dalle tante opere dedicate ai vecchi

borghi e alle dolci colline dei paesaggi mar-chigiani.Formatosi alla Scuola del Libro di Urbino,sotto la guida di prestigiosi maestri, dallaquale sono “usciti” altri incisori di grandissi-mo valore, tra i quali Ciarrocchi, Piacesi eValentini, Garofoli è stato, nel lontano 1951,tra i fondatori, della Rassegna Internazionaled’Arte “G.B.Salvi”. Pur operando prevalente-mente nella sua città, Garofoli ha partecipa-to, nel corso della sua lunga carriera, adeventi artistici di grande rilievo, sia in Italia,sia all’estero: dalla Quadriennale di Roma alSalon des Nation di Parigi, dalla esposizionedei “Maestri Italiani della grafica contempo-ranea” della Tsukuba Expo di Tokio, alla col-lettiva nel Museo Belles Artes di Cracovia,solo per citarne alcuni, ottenendo spessolusinghieri riconoscimenti da parte della cri-tica. “Era giusto – sottolinea il sindaco LuigiRinaldi - rendere omaggio a Garofoli, perchéegli ha contribuito negli anni a dare lustroalla nostra città in ambito nazionale ed a rin-verdirne i fasti e la grande tradizione artisti-ca e culturale”.

La mostra è stata impreziosita da un catalo-go, pubblicato in coedizione tra l’IstitutoInternazionale di Studi Piceni e la casa edi-trice Il Sanguerone di Sassoferrato, stampa-to dalla ditta Aniballi Grafiche di Ancona.All’interno del catalogo le immagini delleopere esposte, accompagnate da vari contri-buti critici fra i quali quelli del prof. MauroCorradini, curatore scientifico della Mostra edel prof. Galliano Crinella, docente di filoso-fia teoretica e di estetica presso l’Universitàdegli Studi di Urbino “Carlo Bo”.Pregevoli gli allestimenti, curati da AlissaBruschi e Caterina Prato.Per l’organizzazione dell’iniziativa il Comunesi è avvalso del contributo fornito da alcunisoggetti privati, quali la Fondazione dellaCassa di Risparmio di Fabriano eCupramontana e le Aziende Marester,Micheletti, Arredamenti Camilletti, FioriCostruzioni, Faber Chimica e Blasi.

MOSTRA PERSONALE DI FRANCESCO GAROFOLI PER I SESSANTA ANNI DI ATTIVITÀ

“I sacconi” - Francesco Garofoli - Litografia

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Donatella Rota Speri

DAVANTI A UN DIPINTO

Archi e colonneleggeri come merletti,

eleganti come danzatricie, più in là,

sotto lo stesso cielo,un borgo avido di luce.

Vedo su tuttoil perenne scorrere del tempo

che crea e che distrugge,per poi creare ancora.Odo l’impercettibile

rumore della vitache fu ieri, che è oggi

e sento d’essere momento anch’iodi questa vita.

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Maura Misci

Lasciami gridare, Madre Terra,sopra le tue zolle riarse e durel’assenza di meche cercandomi mi disperdo,offri ai miei piedi un’anima per il camminoe che s’aprano e si spezzino le mie ossacome tronchi secchiad offrire terrenoai nuovi fiori.

Lasciati bagnare,se pioggia non viene,dalle mie lacrimeche a te almenodiano sollievo alla sete.

Terra, amata Terrache hai respirato il bacio delle mie labbrache hai sentito il calore del mio corpoche hai cinto il mio fremitorotolato su tein un amplesso d’amore,che raccogli e conserviogni battito delle venelegandole a te,lasciami pregare sopra il tuo silenzio,grande Madre.

da: “Alla Musa Dea in fuga”Sassoferrato, Agosto 2006

L’illustrazione, tratta dal libro di Maura Misci“Alla Musa Dea in fuga” è di Caterina Prato

Antonio Cerquarelli

AI MIEI MONTI

E rieccomi qui...tra questi monti!

Cari monti...che tanto amo,

e tanto maledico.Non v’è zolla di terra

fiume o fonteche non mi ricordi un bacio,

una carezza, un sospiro,una promessa poi non mantenuta.

Si staglia lentamente l’orizzontea mò di mantiglia...

a lunghe falde sottili,delicate

come piccole labbradi bimba

e disegna sui campi d’avenaeleganti arabeschidi rugiada di cielo.

Cari monti,sempre fedeli

a questo appuntamento irrealela vostra immagine

ondeggia nella mia memoriacome fiore di loto

che mai appassisce.

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L’ottava edizione di questa manifestazione,dalle testimonianze raccolte, non ha certa-mente deluso i numerosi visitatori che hannofrequentato, nel periodo natalizio, il centrostorico del Castello, quest’anno arricchito disuggestive luci che contribuivano a creareun’atmosfera piacevole, mettendo in risaltole interessanti tele di immagini sacre, collo-cate sotto le arcate medioevali della nostracittadina. Tali, immagini, altro non sono checopie di opere dipinte da famosi pittori sas-soferratesi che nei secoli rinascimentalihanno dato lustro alla nostra terra (Giovan

Battista Salvi, Pietro Paolo Agabiti).Quindi utile divulgazione informativa dicarattere culturale. Questa manifestazione tradizionale, ha lapretesa di rinnovare la “Natività” offrendovia via spunti innovativi che possano stimo-lare nuovi e vecchi visitatori. Entrare nella chiesa di Santa Chiara e con-statare che ogni anno la collocazione e laraffigurazione del presepe è diversa dallaprecedente anche per ragioni contingenti èstato motivo di una certa curiosità. Visitare ilpresepe nel cortile Brunetti-Mancinelli e

vedere che tra i personaggi del presepe del“Sassoferrato” ci sono anche figure contem-poranee, ben collocate e valorizzate coneffetti luminosi, ha arricchito il contestoespositivo rendendolo meno monotono.Naturalmente degni di nota sono tutti i pre-sepi dislocati negli angoli e nicchie del cen-tro storico, nonché la particolare rappresen-tazione del presepe vivente di Coldellanoce,i cento minipresepi dell’ UNITALSI, il prese-pe nella frazione di Canterino ecc. Un prese-pe quindi tradizionale e nello stesso tempo“sui generis“, ad effetto, un messaggio, uncolpo d’occhio che ti lascia, perchè no,anche sorpreso. Purtroppo, i mezzi finanziarisono molto limitati, si ringraziano comunquele istituzioni comunali; si ringraziano inoltre,diversi amici che, quest’anno, hanno volutocontribuire alle spese, dimostrando sensibi-lità e grande attaccamento ai valori cittadini.Ringraziamenti inoltre vanno rivolti a tutticoloro che hanno dedicato tempo e lavoroper la realizzazione della manifestazione.Saranno ben accolti tutti coloro che, dalprossimo anno, vorranno far parte dell’orga-nizzazione apportando idee, forza lavoro equant’altro possa contribuire a migliorarel’iniziativa.

CONTINUA LA BELLA TRADIZIONE DEL “PRESEPE DIFFUSO”

Sopra: particolare del presepe di Via dei Chirurgi.A lato: tele esposte in occasione della rassegna delPresepe Diffuso.

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DAL BISOGNO RELIGIOSO ALLA FEDE

Alcuni anni fa, nella maggior parte delle per-sone del nostro territorio c’era una fedesemplice, che partiva dal cuore e si traduce-va in valori quali l’aiuto reciproco con il vici-no di casa, l’impegno nel lavoro, la cura deifigli e degli anziani, il vivere in modo religio-so ogni evento lieto e triste, la preghiera delrosario dopo cena nella famiglia riunita, lapartecipazione ad alcune tradizioni religiose,oggi forse superate, ma il cui significato pro-fondo può essere recuperato attraverso unanuova evangelizzazione.

Tutto cambia e si trasforma, le abitudini, leconvinzioni, i valori, perfino le abitazioniassumono un altro significato e poco hannoa che vedere con le case di una volta. Ci siisola sempre di più dagli altri, ci si chiude inspazi ben protetti e recintati, ma che rischia-no di diventare delle prigioni in primo luogoper chi le abita. Le case stesse diventano“linguaggio” e dicono la nostra disponibilitào meno al dialogo, alla relazione con gli altri,all’ospitalità. È difficile custodire il silenzio,una giusta intimità e il rapporto con l’alteri-tà. Oggi tuttavia sembra esserci un ritorno alreligioso, anche se non sempre è nella dire-zione giusta.C’è un nuovo interesse verso i movimenti egruppi pseudo religiosi. È un ritorno indietroo un passo in avanti? Una ventata di Spiritoche libera l’uomo o invece lo imprigiona dipiù? È interessante costatare che d’estatenei piccoli centri le chiese sono piene.Rivedere gli amici di un tempo, ritrovare vec-chie conoscenze per raccontarsi, per saperedell’altro, per rivivere esperienze religioseantiche sono buoni motivi, anche se nongrandi ragioni di fede per frequentare alcune

feste religiose.Da quando trascorro alcuni mesi dell’anno inuna piccola frazione di collina ho scopertoche, tutto sommato, la gente desidera avereuna risposta di senso ai veri problemi.Certamente non emerge in modo cosi chiaro,ma è nel cuore e nella mente delle persone.L’esistenza è migliorata in modo radicale, maalcuni problemi e interrogativi rimangono“dentro” l’animo ed esigono una risposta. Ildenaro non serve... anche se un tentativo inquel senso qualcuno cerca di farlo, con offer-te, doni, quasi per acquietare l’animo. Chirisponde a questa nostalgia profonda del-l’essere umano, creato a immagine e somi-glianza di Dio?Spesso nessuno, o con linguaggi e modalitànon sempre adeguati. Si mescolano “devo-zioni”, riti religiosi a quelli ormai “pagani”della nostra società. Ma la vera la fede èun’altra cosa. La nuova evangelizzazione inun mondo che cambia è la sfida della Chiesa.Come si traduce questa dimensione nellaquotidianità, come si è presenti là dove sitrovano le persone, i giovani, gli anziani, lefamiglie in vacanza o nei periodi delle princi-pali festività? Non potrebbero essere oppor-tunità per evangelizzare con metodi e lin-guaggi diversi? In tanti comportamenti eatteggiamenti delle persone oggi si puòritrovare quella che viene definita l’eticadella contaminazione. In estate spesso esplode! Tante opportunitàci vengono offerte dall’attuale società com-plessa, multiculturale e multireligiosa.Perchè non usufruirne? Che importa se sonocontrastanti tra loro e non sempre in lineacon l’antropologia cristiana? Con il modellodi uomo che ci propone Cristo? È giusto ebuono ciò che mi fa bene, non ciò che è giu-sto e buono in sè. Anzi si presume che quel-la sia la verità! L’uomo di oggi è stato defini-to da qualcuno un “arlecchino”, che vivespesso un nomadismo esistenziale e spiri-tuale! Certamente nessuno di noi possiedepienamente la verità, semi di verità esistonoin ogni uomo. Proprio per questo è importan-te confrontarsi all’interno della comunitàecclesiale, per arricchirsi, per chiarire l’iden-tità cristiana, per chi si riconosce in essa, eviverla “accanto” agli altri uomini e donne. Il pensiero “debole” e il nichilismo possono,ad esempio, darci una grande lezione diumiltà e maggiore sobrietà intellettuale. Ma

noi sappiamo che l’identità cristiana èun’identità “forte” e come tale va presenta-ta: è collocata infatti tra un fondamento e unfine ultimo che è Dio. E ognuno di noi cammina verso questa pie-nezza umana e divina. Il tempo è lineare, vaverso un fine, per il credente non è più con-centrico, non ritorna cioè su stesso come nelmondo pre-cristiano o ...post-cristiano!L’antropologia cristiana è piena di speranzae di vita, il cammino dunque non è più circo-lare, con il Crocifisso-Risorto, il movimento èascensionale, sale verso il Padre, verso lapienezza della vita. È inoltre una antropologia della libertà: “laverità vi farà liberi” (Gv. 8,32). Non è dipendente infatti da nessuna delletante, piccole, forti ideologie che entrano nelmercato globale e si diffondono a macchiad’olio nei comportamenti e negli atteggia-menti delle persone, senza una piena consa-pevolezza. È un’antropologia che aiuta ad essere perso-ne dalla schiena dritta che non si prostitui-scono dinanzi a nessun ricatto!Cosa propone allora la comunità ecclesialenei mesi estivi, nelle principali festività chesegnano le tappe del cammino del cristiano,quando i comportamenti “alternativi” siespandono, si mescolano, in cerca di unarisposta di senso, di significato, di felicità?La domanda nel cuore dell’uomo resta!Chi dà risposte di fede alle attese dellagente, spesso nascoste e imprigionat” nel-l’eccessivo benessere?Viviamo in un periodo delicato di transizionesociale e culturale, per contribuire alla nasci-ta di un’umanità nuova, in mezzo a tantecontraddizioni; chi di noi si riconosce nellafede cristiana sa che è sollecitato, ad essere“sempre pronti a rispondere a chiunque vidomandi ragione della speranza che è in voi”(1 Pt. 3,15).Questa lettera di Pietro, il primo Papa, scrit-ta ai cristiani del suo tempo, che era piùcomplicato del nostro, può fare da guida,perchè il cristiano, “uomo libero” in cammi-no verso la Verità possa testimoniare la suasperanza in una persona, Gesù Cristo - ilRisorto nella vita, senza smarrirsi nell’intrigodi un’esistenza complessa, perché il Risorto,colui che ha vinto la morte, fa luce e strada.

Rita Ferri

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Sassoferrato, 10 marzo 2007

Con grande amarezza prendo la parola peresprimere tutto il dolore per la scomparsadel nostro amatissimo Don Renato, per tantianni Parroco di San Facondino, VicarioForaneo della diocesi, poi Parroco diColdellanoce.Ma innanzitutto la mia parola vorrebbe esse-re un ringraziamento alla Chiesa Diocesana,attualmente guidata da Sua EccellenzaMons. Giancarlo Vecerrica, per aver resopossibile la presenza per tanti anni tra noi diDon Renato, straordinaria figura di Parroco,ricco delle più belle qualità e doti umane,come la sua brillante intelligenza, il senti-mento dell’amicizia, l’apertura della mente edel cuore alla comprensione dei problemidella comunità delle famiglie e delle singolepersone, con la prontezza del consiglio, conla disponibilità a portare sempre il suo aiutoladdove si rendeva necessario.La morte, sopravvenuta dopo un lungo perio-do di prove per la sua salute, non offuscherài tanti segni della sua costante e generosaattenzione ai problemi della nostra comunitàche gli sarà perennemente grata per la pre-ziosa azione pastorale e morale.Tra i meriti più alti non dimenticheremo cer-tamente la sua ferma volontà di dotare laParrocchia di San Facondino di un luogosacro per consentire a tutti noi di “fare”Chiesa e allo stesso tempo rendere più bellala devozione e la pietà liturgica.

La sua cura pastorale si e sempre espressacon un particolare e alto senso paterno per iragazzi ed i giovani, per i quali Don Renatoha svelato, nei fatti e nelle azioni della vita,la presenza di quel Dio nascosto nella pro-fondità del cuore di ogni uomo.I ragazzi, i giovani Don Renato li consideravail cuore e la porzione più preziosa dellaParrocchia. La sua azione di pastore si atte-neva alla linea semplice, ma allo stessotempo alta e completa visione dei valori cri-stiani e civili, con una genuina e cordialeazione e linguaggio comunicativo, venati dialta spiritualità e di totale apertura umana aldialogo con tutti, secondo quella indicazioneevangelica che fa gli uomini tutti fratelli efigli di Dio.Don Renato è stato sempre pronto al serviziodella Chiesa e della nostra gente, con unaoperosità incessante, con uno spirito vigoro-so, ma allo stesso tempo espressione diquella amabilità umana ed evangelica cherendeva la sua figura, amico e padre.Don Renato capiva i segni del tempo, le evo-luzioni della società e sapeva discernere leoscillazioni alternanti tra il bene ed il male eda maestro di vita, con un linguaggio chiaroe accattivante, sapeva indicare a tutti le viedel conseguimento della verità e dei benimigliori.Quando ripenseremo a Don Renato sull’alta-re, ci ricorderemo certamente dei suoidiscorsi, mai sonanti di retorica e per questo,sempre espressione di valori e di significati

capaci di indicazioni morali e civili, che ele-vano la vita dando un senso all’oscurità delleesperienze quotidiane.L’insegnamento della predicazione, che nellavita di un sacerdote costituisce una delleoperazioni essenziali, era per Don Renato farluce sulle scelte responsabili della coerenza. Questa per lui non riduceva l’esperienza cri-stiana a osservanze superficiali di precetti,ma piuttosto un continuo raffronto e con-giungimento tra le convinzioni e la praticadella verità e del bene. Don Renato è statouna sicura guida spirituale, coerente con igrandi valori della cultura cristiana, ma aper-to ai segni, ai problemi dei tempi nuovi.Lo animava un profondo spirito pastorale, equesto suo sentire lo ha portato costante-mente ad affinare il metodo e lo stile del ser-vire, con discrezione, vigilanza e coraggio,secondo i migliori insegnamenti della caritàevangelica.A nome mio personale e della cittadinanzadesidero, infine, esprimere i sentimenti piùvivi di gratitudine alla famiglia di DonRenato, al fratello professor Abramo, insie-me con le più sentite condoglianze e la par-tecipazione al loro dolore, in un momentotanto triste per il Suo distacco terreno. Sonocerto che l’eredità che Don Renato ci lasciacontinuerà a dare alla comunità e alla chie-sa locale, i suoi munifici frutti anche neltempo a venire.

Luigi Rinaldi

CERIMONIA FUNEBRE DI MONS. RENATO GALASSI

Fermo,solo più che un attimo,

sulla soglia dei 60 anni di Sacerdozioa ricordare il desiderio di una comunità viva,

avveratosi a Sassoferrato,mentre si accende soprattuttola memoria di tanti giovani

negli spazi limitati della casa parrocchiale,solo di recente fatta grande,

sui pendii innevati dei nostri colli,negli audaci soggiorni marini,

durante le affascinanti escursioni alpinetra le valli e le montagne aostane e dolomitiche

e gli indimenticabili viaggi all’estero.Ora,

poco più che in punta di piedi,entrato a godere dell’accoglienza calda e generosa

della piccola comunità di Coldellanoce, dico:

“Grazie al Signore, alla Madonna e alleComunità di San Facondino a Sassoferratoe di San Lorenzo Martire a Coldellanoce”.

Gesù, perdona e benedici!

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In Castello, poco prima della piazza del Comune, dove ora hannoaperto un modernissimo ufficio che si occupa di sistemi informatici,c’è stata per tanti anni l’Osteria del Gallo, tipica locanda con mesci-ta di vino, generi alimentari e cucina.La caratteristica principale di quell’osteria non era tanto la bontà delvino, oppure il ritrovarsi in compagnia a mangiare la trippa in umidoo l’agnello alla brace, quanto la simpatica presenza dell’osteAmedeo. Egli, tanto per farlo conoscere ai più giovani, era un tipo allamaniera di Aldo Fabrizi, omone corposo, dall’incedere lento e dalcarattere burlesco. Mentre cucinava o intratteneva gli avventori constrategie, dicerie e quant’altro, pensava spesso agli scherzi che pote-va propinare a questo o quel personaggio di Sassoferrato.

Solitamente erano scherzi che si facevano tra amici, stiamo parlandodegli anni ’20 fino agli anni ’50 e oltre. Allora davanti alle osterie siusa mettere una panca dove ci si sedeva con gli amici ed i passan-ti: era un punto di incontro, dove avvenivano scambi di notizie epublic relations. Un giorno, tanto per ammazzare il tempo, nonno Amedeo, mentre eraseduto sulla panca davanti all’osteria, rivolgendosi ad un suo amicodi nome Giuseppe (detto Peppe), venuto da Roma con la moglie aSassoferrato a trascorrere le feste pasquali gli chiese: “Peppe, senon ti creo troppi problemi, mi faresti un favore tornando a Roma?”

Risponde Peppe: “Nessun problema Amedeo, dimmi pure cosa tioccorre!” Dovrei mandare due lonzette nostrali ad un certo Lori cheabita a Terni. Tu che tornerai a Roma in treno, dovresti solo conse-gnarle all’interessato che ti aspetterà alla stazione di Terni. Dovraisolo sporgerti dal finestrino e con voce forte e decisa chiamare Lorie lasciargli il pacchetto”. Poi Amedeo, quasi a volersi imbonire unpoco l’amico, aggiunge: “ Penso che Lori, intuendo quale ben di Dioandrà a ritirare, sarà sicuramente puntuale, ma, qualora non lo sia, tunon ti dovrai disperare o strapparti i capelli (Lori era completamentecalvo), dovrai semplicemente richiudere il finestrino e portare con tequella “robbetta”, che poi mangerai con i tuoi alla salute di tutti”. Amedeo aveva lanciato la sua “botta” e Peppe non vedeva l’ora dieseguire la missiva accontentando l’amico, ma sperando, in cuor suoche il passaggio della merce non avvenisse, affinché tanta abbon-danza, dati i tempi, rimanesse a lui. Un giorno prima della partenza l’oste Amedeo, fregandosi le mani eridendo sotto i baffi, confezionò il pacchetto, ma anziché prenderedalla dispensa due belle lonzette, sceglie due adeguate “stroppette”di quercia, le taglia a misura, ci mette intorno del grasso, sale, pepee le lega con lo spago. Poi le avvolge prima nella carta oleata e poinella carta paglia, scrivendoci sopra a matita e sottolineato “perLori”. Cosa succederà ora a Terni all’arrivo del treno? Il buon Peppe, il gior-no dopo, insieme alla sua signora, alle 6,15 del mattino sale aFabriano sull’accelerato Ancona – Roma e si prepara a portare acompimento la missiva affidatagli dall’amico. Passata la stazione diSpoleto, il Peppe, ancor prima che il treno si fermasse a Terni, eragià in piedi davanti al finestrino, muovendosi avanti e indietro, mani-festando evidenti segni di irrequietezza. Finalmente il treno si ferma.“Terni, stazione di Terni”, annuncia l’altoparlante ai passeggeri. È quiche Peppe Tramontana, guardando sua moglie con aria incerta, quasicercando nei suoi occhi un cenno di complicità, si fa coraggio, abbas-sa lentamente il finestrino, guarda a destra e a sinistra e poi, con unlabile, esile, impercettibile filo di voce sussurra: ” Lori, …Lori,..!”Ammesso, solo per ipotesi, che Lori fosse stato proprio lì nelle vici-nanze, ebbene, vi assicuriamo che anche se fosse stato dotato dibuon udito, non avrebbe mai sentito. Quindi, con aria compiaciuta,chiude velocemente il finestrino, guarda la moglie e a voce alta ledice : “ Hai sentito anche tu, Lori non c’è! L’attimo che segue, primache il treno riprendesse la sua corsa, sembrò non passare mai, neltimore che Lori facesse capolino lungo il binario. Finalmente l’alto-parlante annuncia: “Sul binario tre è in partenza il treno acceleratoper Roma”.A questo punto, Peppe si siede e si asciuga il sudore sulla frontementre l’accelerato prosegue in direzione della capitale: i due viag-giatori, finalmente rilassati, pregustano il momento di assaporareinsieme alla famiglia quella bontà di prodotti paesani.Non si è saputo bene cosa poi sia veramente successo al momentodella sgradita sorpresa. Può essere successo di tutto; che lui li abbiascaraventati fuori della finestra oppure che tutto sia finito con unarisata, aspettando il momento opportuno di ricambiare all’osteAmedeo pan per focaccia. Una cosa però si è poi saputa. TornatoPeppe Tramontana a Sassoferrato, al primo incontro con l’osteAmedeo, sentendosi dire: “Come erano poi quelle due lonzette ?”rispose avvilito: “Amedè, manco pel foco erano bbone!”.

Vittorio e Mario Toni

GLI SCHERZI DI NONNO AMEDEO

Agostino Benedetti, Amedeo Toni e G. Cavalieri

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Nasce a Cave di Sassoferrato (AN) il 26 set-tembre 1892 da Sabatino e FilomenaSebastianelli, contadina.Seconda di quattro fratelli, fino all’età di ven-t’anni vive con i genitori, non mostrando inte-resse per la politica. Nell’autunno 1911 partealla volta degli Stati Uniti per raggiungere unfratello, colà emigrato e si stabilisce aPeckville. Conosce e sposa Adolfo Ligi, minato-re, anch’egli originario di Sassoferrato, diven-tando un’attivista del locale movimento liber-tario. Le autorità indicano in lei e in Ligi due«anarchici pericolosi, conosciuti come tali e perconseguenza allontanati e spregiati dall’ele-mento sano per le loro idee» (Vice-Consolato inScranton, 24 apr. 1933). In particolare, Maria è ritenuta la leader deisovversivi nella colonia di Peckville e per que-sto motivo è sottoposta a sorveglianza.Nell’aprile 1932 spedisce del denaro a ErnestoBonomini, «l’uccisore del fascista Bonservizi».Qualche settimana più tardi le autorità inter-cettano una sua lettera per Malatesta, allaquale è allegato uno chèque, «parte ricavatodalla festa datasi il primo Maggio in Oldforge,Pa.»

(Polizia politica, 1° giu. 1932). Nel 1933 Maria versa una sotto-scrizione a «Il Risveglio anarchico»di Ginevra, in favore del Comitatopro figli dei carcerati politici d’Italia.Sfugge una prima volta ai controlli ela sua presenza viene segnalata aGinevra, al fianco di Luigi Bertoni, ma èlecito nutrire dubbi sulla fondatezza dellanotizia. Nel 1935 si trasferisce con il marito ela figlia a Filadelfia e nel 1937 è a New York.Benché sia «rigorosamente sorvegliata daagenti federali e da privati detectives»(Ministero degli Esteri, 21 feb. 1938), le autori-tà statunitensi ne lamentano ancora una voltala scomparsa e la sospettano di essersi recatain Spagna a combattere nelle milizie repubbli-cane. Stando alle fonti di polizia, durante lasua permanenza negli Usa Maria sembra nonavere tenuto alcun contatto con la famigliad’origine, a eccezione di una lettera del dicem-bre 1940, indirizzata alla cognata Maria, ma ilcui contenuto è in verità rivolto alla madre. Muore a New York negli anni Settanta.

R. Giulianelli

MARIA GIACONI

SASSOFERRATO-SANTO DOMINGO: ANDATA E RITORNO

Il proverbio che dice: “Non è mai troppotardi!” non poteva trovare miglior confermadella bella avventura vissuta dalla signoraFina che, giunta alla invidiabile età di 98anni (dicesi novantotto!) ha voluto provare ilpiacere di una insperata trasvolata fino aiCaraibi.Il grande desiderio della signora Fina eraquello di andare ad ammirare ciò che l’affe-zionato nipote Sandro aveva saputo costrui-re laggiù in breve tempo.Bene. E allora pronti, partenza e via? Eh! No, cariamici, troppo semplice, poiché la zia mai in

tutta la sua vita aveva posseduto cartad’identità e ancor meno passaporto. Conl’aiuto dei vari nipoti, la macchina organizza-tiva prende avvio (fotografo, Ufficio anagra-fe del Comune, Carabinieri, Questura diAncona) e così, ottobre 2006, finalmentearriva il giorno tanto atteso.Ore 4,30: a Sassoferrato è ancora buio quan-do l’auto con a bordo la zia Fina parte allavolta di Roma-Fiumicino. Bisogna essere puntuali, poiché alle 9,30avrà inizio l’imbarco. All’aeroporto la zia,sempre scortata da due nipoti, si muove conapparente tranquillità e disinvoltura, tanto

da rifiutare con gesto sdegnoso l’utilizzodella sedia a rotelle che il solerte personaledell’Alitalia aveva già approntato per lei. La lunga trasvolata si svolge regolarmente ein serenità; la signora, affetta da tempoimmemorabile da inesorabile e totale sordi-tà, non può certo interessarsi ai vari film cheman mano vengono proiettati a beneficio deiviaggiatori, preferendo abbandonarsi a untranquillo e confortante abbiocco.Dopo più di dieci ore, l’aereo atterra a SantoDomingo.Baci, abbracci e qualche lacrima da parte diSandro felice e commosso per quel regalo

Foto e testo sono tratti da:RIVISTA ANARCHICA ONLINEwww.anarca-bolo.ch/a-rivista/296/55.htm

Fonti: ACS, CPC, ad nomen; ivi, DPP, ad nomen;ASAN, Questura, Anarchici, b. 11, ad nomen;AFBC, Memorie di compagni. Adolfo e Maria Ligi, cass. III.19.

Bibliografia: R. Lucioli, Gli antifascisti marchigia-ni nella guerra di Spagna (1936-1939), Ancona[s.d.], p. 153; A. Martellini, Fra Sunny Side e laNueva Marca. Materiali e modelli per una storiadell’emigrazione marchigiana fino alla grandeguerra, Milano 1999, p. 126.

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che la zia aveva voluto fargli.I giorni in quel paese dei Caraibi trascorronotranquilli; la zia è circondata da affetto ecuriosità tra i vari villeggianti, ma soprattut-to dai residenti locali i quali, una volta presaconfidenza, non perdono occasione di allu-dere scherzando all’età dell’ ospite:“...Eh, ma quanto campate a lungo voi bian-chi!! Certo che siete ben fortunati!...“Ma a interrompere questo sereno tran tran cipensa una grossa e impertinente zanzara laquale, zac!, con una micidiale puntura vicinoall’occhio, trasforma in men che non si dicala sfortunata zia in una sorta di Mike Tyson

al termine di una cruenta contesa pugilistica.Il gonfiore al viso dura qualche giorno, maquesto contrattempo, seppur molesto, nonintacca il desiderio di conoscere luoghi ecostumi nuovi. E a rallegrare la permanenzasull’isola vi è poi l’incontro con un graziosis-simo gattino dominicano il quale, forseintuendo la proverbiale passione della ziaPina per i mici, decide seduta stante di nonstaccarsi più da lei fino al temine dellavacanza.I quindici giorni programmati trascorrono infretta; è stata una magnifica esperienza,soprattutto la soddisfazione di poter vedere

da vicino e complimentarsi con Sandro per ilvillaggio turistico che ha saputo realizzare.Nonostante i ripetuti tentativi per invogliar-la a rimanere là, la zia non si è lasciata con-vincere; eppure sull’aereo che la riporta inItalia, si lascia andare a questa promessa:“Il prossimo anno c’artorno!”Ma le prossime candeline da spegneresaranno ben 99! E chissà che la festa dicompleanno non debba davvero svolgersisotto il sole infuocato dei Caraibi. Auguri zia!

Maria Grazia Boldrini

PENDOLARI PER AMORE

Vivo in Lombardia, vicino Lecco, con mio marito Gigi Artegiani che ènativo di Sassoferrato.Da molti anni pratico una specie di pendolarismo, nel senso che ognioccasione è buona per tornare con lui nella sua città a salutareparenti ed amici ed a partecipare a ricorrenze e feste per poi fare lascorta dei buoni prodotti mangerecci locali prima di ritornare al nord.Questi lunghi viaggi, effettuati spesso in macchina, mi danno l’occa-sione di compiere molte osservazioni lungo il percorso, però quandofinalmente arrivo al cartello che indica la Regione Marche un sensodi sollievo mi invade, perché mi sento già arrivata alla desideratameta e sbucando dalle gallerie che si incontrano in questo tratto delviaggio lo sguardo va alle dolci colline, al verde dei boschi, allecostruzioni d’epoca medievale.La natura è stata veramente generosa con questa terra che la suagente, come per riconoscenza, cura con amore filiale. Basta infattiguardarsi attorno perché ogni campo appaia curato come un giardi-no, punteggiato qua e là da amorose querce e da tortuose stradineche conducono ai tanti casolari che completano il paesaggio. Sì, per-ché qui l’uomo vive in mezzo alla sua terra per meglio proteggerla.È gratificante osservare i campi di girasoli, gli alberi dagli argenteiriflessi delle foglie, il caldo colore del sorbo, i caratteristici giallicespugli di ginestre, l’ondeggiare delle spighe accarezzate dal vento.Spesso i nostri viaggi sono però effettuati anche in treno, e già allastazione di Milano mi colpisce la nuova, vistosa pubblicità che vienepresentata per la Regione Marche. Vedo anche treni formati da vet-ture le cui fiancate sono interamente decorate con immagini cheriproducono il paesaggio marchigiano. E vi assicuro che è un verocaleidoscopio di colori che catturano lo sguardo incantato del viag-giatore e penso che questa sia stata una iniziativa utile e lodevole,far conoscere meglio le tante bellezze di questa regione.A questo punto ricordo alcuni bei versi letti in un volume che mi è moltocaro, “Madrigali e altre poesie d’amore” di Olimpo da Sassoferrato, (edito-re L’Astrogallo, 1974):

“Sempre dove è costei è primaveracon verde erbetta e redolenti fiori…”“Fenestre della dolce mia nemica Ornate de basilico et viole…”“Nel bon schioppetto sempre c’è la miraper dar diretto dove che l’om vole…”.

Per me i riferimenti, i paragoni sono di una semplicità estrema eppu-re, nello stesso tempo, di notevole efficacia e riportano alla menteciò che l’occhio può cogliere ancora oggi nelle cose e nelle attivitàpiù semplici, come un vaso fiorito alla finestra oppure l’impegno delcacciatore nella cattura della selvaggina. Sento sempre più la nostalgia per i tempi passati, per i ricordi legatiall’infanzia o alla giovinezza, per un modo di vivere che è quasi impos-sibile riscontrare nella frenetica e convulsa società odierna. Sempre più si desidera tornare al “paesello” per riappropriarsi deibei colori delle colline, dei paesaggi, dei silenzi dei cieli stellati.Il ricordo del luogo natio, in questo caso di Sassoferrato, è soprattut-to vivo in mio marito: ne parla con tanto amore e con tanta nostalgiache gli amici lombardi hanno finito per chiamarlo “Gigetto daSassoferrato”. Inoltre costoro sono stati contagiati dai suoi raccontia tal punto da venire qui in visita e nessuno è ripartito deluso, dopoaver goduto innanzitutto le tante bellezze storico-artistiche, poi labuona cucina e le degustazioni dei piatti più tipici, con il “contorno”di grande cordialità e squisita ospitalità.Insomma Sassoferrato è una cittadina che non delude, soprattuttoquando si riesce a coglierne gli aspetti più tradizionali: ritornarci, perchi vi è nato, ma anche per me che ho imparato ad apprezzarne i luo-ghi e le persone, è sempre un grande piacere.

Maria Clotilde Iachetti

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Extrema, Stato di Minas Gerais.La famiglia di Domenico Morbidelli provieneda Sassoferrato. Si sono imbarcati nel portodi Genova il 31 agosto 1901, e sono sbarcatinel porto di Santos, Stato di San Paulo, il 22settembre del 1901. Domenico Morbidelli èvenuto in Brasile con i figli Alessandro, Luigi,Palmira, Adele, con la cognata Lucia e ilnipote Antonio e Maria. Tutti si sposarono conitaliani. Hanno lavorato intensivamente nellapiantagione di caffè. Con molto sforzo hannoacquistato una proprietà nei dintorni di SantaRita di Extrema, oggi solo Extrema. Questacittà si trova nello Stato di Minas Gerais. Oggiil luogo in cui hanno vissuto si chiamaquartiere Morbidelli. Tutte le vie portano illoro nome. Questa famiglia molto constribuiper lo sviluppo di Extrema. Oggi è unaimportante famiglia di Extrema, ci sono tuttele professioni. Io sono nipote di MorbidelliLuigi. Lavoro nel Consiglio Municipale, nellaprofessione di Direttore della Segreteria.Sono anche avvocato. Sono stato in Italia trevolte. Nell´anno di 1997 ho conosciutoSassoferrato, sono rimasto emozionato diconoscere la città dei miei antenati. Amaggio di questo anno sono ritornato aSassoferrato. In questa opportunità hoconosciuto i membri della mia famiglia, chemi hanno accolto con molto affetto,procurandomi grande emozione. Mipiacerebbe di mantenere contatto con questaAssociazione, affinché io fosse sempre incontatto con le manifestazioni della città. Inquesto modo, anche se lontano continuarei avivere tra voi. Milton Morbidelli, nipote diLuigi Morbidelli mantiene contatto con lafamiglia Morbidelli di Sassoferrato.

LETTERA ALL’ASSOCIAZIONE DAGLI U.S.A. Spett.le Associazione “Sassoferratesi nel mondo”, sono EdmundPAOLONI, nato in America, quindi a tutti gli effetti americano, ma nelcuore mi sento anche italiano, perché figlio di emigranti che, partitigiovani da Sassoferrato, hanno trascorso l‘intera vita qui inPennsylvania, dove duramente, ma con dignità, hanno lavorato, for-mato una famiglia. Essere figlio di emigranti è stato duro anche perme, poi ho saputo inserirmi e farmi apprezzare, per cui ora mi sentorealizzato (modestamente). Ogni anno vengo in Italia con mia mogliee le mie figlie, per visitare e rivivere quei luoghi che furono cari aimiei genitori. L’Italia è bella tutta ed io la amo come voi italiani eforse di più perchè l’ho conosciuta fin da piccolo, attraverso i raccon-ti soffusi di nostalgia, dei miei cari. Dalle mie cugine, Anna eConcetta Agostini, ho avuto il vostro giornale “Sassoferrato mia” cheho apprezzato molto, perchè rende vivo il legame tra noi che viviamoall’estero ed il luogo di origine delle nostre famiglie. Invio volentieriil mio contributo, in segno di gratitudine e di affetto, sperando diconoscere personalmente i componenti della Vostra Associazione.

Con stima, Edmund Paoloni

1. La famiglia Morbidelli in una foto del 1926. 2. Luigi Morbidelli e Cezira Gabellini nel 1959. 3. Antonio Morbidelli e Filomena Pierucci.4. Domenico Morbidelli e Lucia Broganelli.

Edmund Paoloni con la moglie Virginia

LETTERA DELLA FAMIGLIA MORBIDELLI DAL BRASILE

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RACCONTI DI MINIERA - LA SVENTATA

Durante lo sparo delle mine sullo zolfo, oltreal pericolo di incendio, vi è pure il pericolodella cosiddetta “sventata”.Quando una mina, per errato piazzamento, hapoca spalla (cioè poco spessore), l’esplosioneproduce una fiammata che può incendiare lapolvere di zolfo che si genera durante losparo. Se tale fenomeno avviene in un can-tiere ove la ventilazione è efficiente, la fiam-mata si limita a bruciare la polvere di zolfoprodotta dallo sparo stesso. Più pericolosa è,invece, l’esplosione che avviene nei traccia-menti dove la ventilazione è scarsa e l’am-biente è perciò saturo di polvere di zolfo.Il pericolo è tanto maggiore quanto maggioreè il numero delle mine già sparate. In alcunicasi si possono generare delle vere e proprielingue di fuoco di notevole lunghezza. Lamina può anche “sventare” nel caso in cui siastata caricata più del necessario. Da quantodetto si vede quale importanza riveste ildosaggio delle mine. A questo scopo, i mina-tori, durante tutte le operazioni di sparo sonoassistiti dal “fuochino”. La funzione del “fuo-chino” è in genere assolta dal sorvegliantedel quartiere o da un terzo minatore a zolfoscelto fra i più esperti del quartiere.Se la coltivazione avviene su due soli turni(abbattimento nel primo, ripiena nel secondo)il minatore stesso che ha preparato i fori damina ne esegue lo sparo. In questo caso, ilfuochino, che è lo stesso minatore, conoscen-do le caratteristiche della roccia attraversata,è in grado di valutare al meglio il giustonumero di cartucce con cui caricare la mina.

Giuseppe Paroli

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CONVIVIALE DEL CENTRO CULTURALE BALDASSARRE OLIMPO DEGLI ALESSANDRI

Il Centro Culturale Baldassare Olimpo degliAlessandri, tra le tante iniziative intraprese,come ad esempio il “Premio Poesia” o lapubblicazione delle opere del poeta sasso-ferratese a cui l’associazione è dedicata , sioccupa da sempre della salvaguardia e dellavalorizzazione del nostro dialetto. Attraversoil contributo dei soci fondatori, il prof. ClitoBruschi, Padre Stefano Troiani, il prof.Francesco Garofoli, e grazie alla collabora-zione di tutti i cittadini, per mezzo di un’inda-gine capillare svolta tra gli alunni delle scuo-le di Sassoferrato è stata intrapresa la com-pilazione di un lessico del dialetto sassofer-ratese, arricchito da ogni altra espressionetipica della tradizione culturale del nostropaese. Allo scopo di completare questo lavo-ro il Centro Culturale ha organizzato, sabato24 febbraio, una cena presso il refettorio delConvento “La Pace”, invitando tutti i sasso-ferratesi, con uno spiritoso volantino scrittoin dialetto, a partecipare alla serata, recan-

do il proprio contributo di testimonianzerecuperate dal nostro patrimonio linguisticotradizionale. A tale scopo è stata consegna-ta all’ingresso una cartellina nella qualevenivano spiegate le finalità dell’iniziativaed era fornito materiale cartaceo per trascri-vere modi di dire, proverbi, filastrocche,usanze e termini dialettali ormai “in viad’estinzione”. Infatti non si è trattato di unsemplice evento a carattere culinario, maanche culturale: dopo le motivazioni dell’ini-ziativa, i saluti ed i ringraziamenti del presi-dente, prof.ssa Renata Marchesi, neoelettain sostituzione della dott.ssa Angela Bruschi,i partecipanti hanno cercato di riportare allaluce dalla memoria del passato ricordi,espressioni, detti, storie, soprannomi, perso-naggi…, sono state recitate poesie e fila-strocche in dialetto. Ha caratterizzato l’in-contro un clima di grande fermento ed ani-mazione, ma anche di straordinaria aggrega-zione, che ha accomunato, almeno per una

sera, tante persone diverse per età e condi-zione sociale, unite dallo stesso entusiasmoe dalla volontà di comunicare tra loro per farrivivere il nostro passato. È intenzione del Centro pubblicare un volumeche raccolga questo materiale, espressionedi tutto un mondo di valori culturali e socia-li, di tradizioni e di conoscenze, che altrimen-ti andrebbe disperso. La serata ha riscossouno straordinario successo, infatti vi hannopartecipato ben centoquaranta sassoferrate-si e gli organizzatori hanno dovuto scusarsiper aver limitato le adesioni per mancanza dispazio sufficiente a contenere tante richie-ste. Gli stessi promotori dell’iniziativa, sti-molati dai presenti e di fronte a tanto ina-spettato entusiasmo si sono riproposti diorganizzare un altro incontro in un locale piùgrande. Il merito della riuscita dell’iniziativava anche agli straordinari cuochi, alla dispo-nibilità dei frati del Convento “La Pace” e atutti coloro che hanno collaborato.

IL TRENO: PROTAGONISTA INDISCUSSO

La ALN 668 1462, ripresa nel deposito di Fabriano,il 17 marzo 2003.

Superfluo sottolineare l’importanza che iltrasporto ferroviario ha esercitato ed eserci-ta tutt’ora nella storia dell’uomo. Il treno haaccompagnato il genere umano dal XIXsecolo ad oggi ed è il protagonista assolutodella società contemporanea. Fin dalla sua nascita, avvenuta in Inghilterranel 1804 dall’ingegnere e inventore ingleseRichard Trevithick, ebbe un grandissimo suc-cesso. Dopo la riuscita degli esperimentieffettuati con la locomotiva di Trevithick,sempre in Gran Bretagna ne vennero costrui-

te alcune destinate all’uso nelle miniere.Solo nel 1829 fu realizzata la prima locomo-tiva per il trasporto di merci e passeggeri. Iltreno fu anche oggetto di studio e di rappre-sentazione di alcuni pittori impressionisti,basti pensare a Claude Monet che nel 1876realizzò una tela intitolata “La stazioneSaint-Lazare”. L’artista era affascinato daitreni e dalle stazioni, che apparivano ai suoiocchi come uno dei simboli della nuovasocietà. Le linee ferroviarie venivano utiliz-zate dai borghesi parigini per le loro gite

domenicali e anche i pittori se ne servivanoper andare a dipingere all’aperto. Questagrande invenzione del secolo rivoluzionò lavita sociale e culturale dell’uomo contempo-raneo; il treno diventò non solo un oggetto dirappresentazione artistica di alcuni pittori,ma fu anche il soggetto preferito dei primicineasti. Come la storia ci insegna, nel 1895, nel“Salon indien” del Grand Cafè al Boulevarddes Capucines di Parigi, i Fratelli Lumiérepresentarono al pubblico il loro primo spet-tacolo a pagamento, composto da scene divita familiare, di immagini del lavoro di fab-brica e di visioni di attualità. Un anno dopopresentarono al pubblico il famosissimo fil-mato intitolato “L’arrivo del treno nella sta-zione di La Ciotat“ che seminò il panico tragli spettatori presenti all’evento, convintiche il treno proiettato sullo schermo fossereale e che avrebbe finito per travolgerli.Durante le due guerre mondiali, vediamo chequesto affascinante, importante mezzo di

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PATROCINIO DEL COMUNE DI SASSOFERRATO

XII Edizione - 2007

PREMIO DI POESIA E DEL RACCONTO BREVEBaldassarre Olimpo degli Alessandri

promosso dal Centro Culturale “Baldassarre Olimpo degli Alessandri”

REGOLAMENTO

- Il Premio si propone di valorizzare l’impegno letterario, la creatività e le qualità espressive di nuovi poeti e scrittori. Il Premioha cadenza annuale e si rivolge a poeti e scrittori della Regione Marche ed è esteso anche a tutti i marchigiani residenti inaltre regioni d’Italia e all’estero.

- Il Premio è suddiviso in tre sezioni:

I - Poesia in lingua italiana;

II - Poesia in dialetto marchigiano;

III - Racconto breve e poemetto in prosa;

- Si partecipa con tre liriche, edite o inedite, e/o fino a tre racconti o poemetti in prosa di max 5 cartelle. Alle opere in dialet-to si dovrà aggiungere la traduzione in lingua italiana, specificando il luogo a cui il dialetto si riferisce.

- Le opere devono essere inviate in quattro copie dattiloscritte, anonime, più una copia firmata in busta chiusa, la quale dovràinoltre contenere: la sezione a cui si desidera partecipare, nome, cognome, indirizzo, eventuale e-mail e numero telefonico.

- I componimenti devono essere inviati a:

Segreteria del Premio “Baldassarre Olimpo degli Alessandri”,

Palazzo Baldini, Corso Don Minzoni, 40

60041 Sassoferrato (AN)

- Si può partecipare a più sezioni. La partecipazione prevede un’iscrizione di 10 euro (per ciascuna sezione) da versare sul C.C.postale 002064/47399449 intestato a Centro Culturale Baldassarre Olimpo degli Alessandri, Corso Don Minzoni, 40 - 60041Sassoferrato (AN). Alla busta dovrà essere allegato il bollettino di pagamento.

- Non c’è limite d’età. Il tema è libero, tuttavia non deve essere in contrasto con i più elementari valori etici e morali.

- Il termine per la presentazione dei componimenti è fissato al 10 agosto 2007 (farà fede il timbro postale).

- Saranno premiati tre partecipanti per ogni sezione. Verrà, inoltre, conferito un riconoscimento alla carriera ad un autore mar-chigiano che si è distinto nel campo artistico - letterario. Le poesie dei vincitori saranno inserite nella pubblicazione annua-le a cura del Centro Culturale e nel sito web www.ccboa.it

- La Giuria si riserva di segnalare opere meritevoli e di istituire premi speciali e menzioni di merito.

- Ai soli premiati e segnalati sarà inviata comunicazione telegrafica.

- Le decisioni della Giuria sono insindacabili.

- I premi devono essere ritirati personalmente o da persona munita di delega. Non è previsto nessun rimborso spese per i premiati.

- Gli elaborati non verranno restituiti.

- La cerimonia finale di premiazione si terrà a Sassoferrato, domenica 16 settembre 2007 alle ore 17.00, presso la SalaConsiliare (g.c.) del Comune di Sassoferrato in piazza Matteotti.

- Ai sensi dell’art. 10 della Legge 675/96 i dati dei concorrenti saranno utilizzati unicamente ai fini del premio e dell’invitoagli interessati dei bandi.

- Ai sensi dell’art. 11, con l’invio dei componimenti, il concorrente acconsente al trattamento dei dati personali per i motivi sopraccitati.

- La partecipazione al premio comporta la completa accettazione di tutte le norme del presente bando.

Per ulteriori informazioni telefonare a: 349.7390436 - 0732.959345

Sassoferrato, giugno 2007

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trasporto e di comunicazione fu il protagoni-sta incontrastato della nostra società. Purtroppo la storia ci insegna che durante laII Conflitto Mondiale, per evitare l’ approvvi-gionamento dei viveri e delle armi nemiche,molti tratti ferroviari furono distrutti a causadei bombardamenti degli Alleati. Ma soprattutto, non dobbiamo assolutamen-te dimenticare che i Nazionalsocialisti per ladeportazione di milioni di Ebrei nei campi disterminio nazisti, idearono una efficiente epericolosissima rete ferroviaria. Ma nono-stante ciò, anche negli anni del dopo guerrail treno restò un importante veicolo moltoutilizzato, tanto da affascinare il poeta cile-no Pablo Neruda che, nella poesia intitolata“La casa” scrive: “Io più tardi ho amato l’odore del carbonenel fumo,/ i lubrificanti, gli assi di gelidaprecisione/ e il grave treno che attraversaval’inverno disteso/ sulla campagna, simile aun bruco orgoglioso./ All’ improvviso trema-no le porte./ È mio padre./ Lo circondano icenturioni della ferrovia: ferrovieri avvoltinei mantelli bagnati,/ con loro il vapore e lapioggia rivestivano/ la casa, la cucina siriempiva di racconti/ arrochiti, si vuotavanoi bicchieri,/ e fino a me, da quegli esseri, daquella separata/ barriera in cui abitavano idolori,/ giungevano le angosce, le acciglia-te/ cicatrici, gli uomini senza denaro,/ l’arti-glio minerale della miseria”. Detto ciò, riten-go che un mezzo di trasporto così importan-te che è stato protagonista del nostro secoloe che ha rivoluzionato l’esistenza di moltegenerazioni, nonostante la massiccia diffu-sione delle automobili e di altri veicoli, nondebba essere considerato inadeguato per lo

sviluppo economico e il potenziamento dellaviabilità del nostro comprensorio. Per questo motivo il Comitato Pro-treno daparecchi anni si batte per il potenziamentodei tratti ferroviari della nostra Regione. Finalmente, dopo un lungo e duro lavoro, ilproblema della ferrovia Fabriano-Sassoferrato-Pergola è stato inserito nelpiano strategico nel Comparto dellaMobilità. Si ringraziano tutte le persone che si sonoadoperate affinché questo avvenisse. Siamo molto soddisfatti perchè siamo riusci-ti a far capire alle forze politiche del com-prensorio l’utilità di questa tratta.Speriamo che la Regione Marche, laProvincia e Trenitalia tengano in considera-zione questa nostra proposta del Comitatostrategico e soprattutto desideriamo che ilnostro progetto possa essere accettato. Inostri tecnici del Comitato sono a disposizio-ne per la progettazione. Chiediamo che il treno non serva solo per glistudenti, per il trasporto delle merci, maanche per i lavoratori e per il turismo.Secondo i nostri esperti è possibile collega-re Civitanova Marche con Pergola così daportare le attuali sei corse giornaliere adodici, in modo che si possano prendere lecoincidenze con i treni della linea Ancona -Roma. Facendo ciò non solo ridurremo icosti, il traffico automobilistico, l’inquina-mento e la perdita di vite umane, ma daremola possibilità ai turnisti delle varie fabbrichedi poter utilizzare questa via di trasporto.Inoltre, per ottimizzare il tempo e rendere piùagevole la viabilità abbiamo proposto e sol-lecitato la costituzione di una società mista

regionale anche con privati: treno-bus (vediAdria-bus), così da sperimentare una nuovagestione che sta dando buoni risultati inaltre realtà, come la linea Merano-Malles. Inquesto modo, sarebbe opportuno creare unbiglietto unico per dare la possibilità aglifruitori di poter utilizzare dei bus urbani e itreni. Per quanto riguarda la tratta ferroviariasopra citata, è assurdo che da Pergola parta-no dei pulman contemporaneamente altreno; queste corse parallele dovrebberoessere trasformate in corse a “pettine” edutilizzare i bus per trasportare le personeverso la stazione ferroviaria più vicina. Èaltrettanto auspicabile non solo poter usu-fruire di corse di autobus “stornate” in mododa collegare i piccoli centri periferici, maanche di intensificare le corse dei treni suPergola, da collegare con un servizio di auto-bus per Urbino, favorendo lo spostamento dimolti utenti della zona di Fabriano ma anchedi Macerata, diretti ad Urbino.Infine, per promuovere la diffusione e loscambio delle idee culturali, sarebbe conve-niente e produttivo collegare tra loro le citta-dine universitarie di Camerino, Macerata,Urbino. Concludiamo questo articolo ribadendo che latrasformazione a metropolitana di superficiepuò portare a dei risultati interessanti, credia-mo che razionalizzare il trasporto ferro-gommaa lungo andare darà i suoi frutti, o meglio, ren-derà partecipi sulla scena nazionale quei pic-coli centri periferici non serviti dalla ferrovia eda una rete stradale efficiente.

Giovanni Pesciarelli

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MERCOLEDÌ 4 LUGLIO 2007Genga, Chiesa di San Vittore

Celebrazione del Millenario della Chiesa di San VittoreOre 16,00

Saluto delle autoritàSaluto del Vice-Presidente dell’Istituto Internazionale di Studi Piceni, Prof. FERRUCCIO BERTINI

Presidente: FERRUCCIO BERTINI (Genova)

Ore 16,30 – I Prolusione:Sandra ISETTA (Genova)Chi era San Vittore?

II Prolusione:Hildegard SAHLER (München)La Chiesa abbaziale di S.Vittore alle Chiuse nel contesto dell’architettura romanica marchigiana

GIOVEDÌ 5 LUGLIO 2007Sassoferrato, Relais degli Scalzi

Ore 9,00 – Presidente: SANDRO BOLDRINI (Urbino)

Vitaliano ANGELINIIncisori delle scuole di Urbino (presentazione della mostra)

Caterina MORDEGLIA (Genova)La tradizione di Nevio comico attarverso il Cornucopiae di Niccolò Perotti (com.)

Giancarlo ABBAMONTE (Napoli, Federico II)Perotti e il testo delle Georgiche di Virgilio (com.)

Marianne PADE (København)Commenti perottini su Marziale (rel.)

Ore 11,30 – Presidente: JEAN-LOUIS CHARLET (Aix-en-Provence)

Johann RAMMINGER (München, Thesaurus linguae Latinae)Perotti e il volgare (rel.)

W. Keith PERCIVAL (Emerito Lawrence – Kansas)Further Research on Niccolò Perotti’s De componendis epistulis (com.)

Ore 15,00 – Presidente: W. KEITH PERCIVAL (Emerito Lawrence – Kansas)

Paola PAOLUCCI (Perugia)La redazione umanistica del carme Parce, precor, virgo di Godefridus Remenisis (com.)

Renata FABBRI (Venezia)La Veneziade di Publio Francesco Modesti di Saludecio (com.)

John B. DILLON (Wisconsin – Madison)Age fundum mihi esse cupio: Elisio Calenzio’s Semirural Retreat (rel.)

Ore 17,30 – Presidente: HERMANN WALTER (Mannheim)

Massimo MARASSI (Milano – Cattolica)Eloquenza e sapienza in Leonardo Bruni (com.)

Ludovica RADIF (Genova)Decembrio lettore di Plauto in casa Corvini? (com.)

Nikolaus THURN (Berlin – Freie Universität)Petrarchismo nella produzione poetica del circolo di Cristoforo Landino (com.)

VENERDÌ 6 LUGLIO 2007Sassoferrato, Relais degli Scalzi

Ore 09.00 – Presidente: ITALO GALLO (Salerno)

Jean-Louis CHARLET (Aix-en-Provence)Les travaux de Giuseppe Castiglione, humaniste d’Ancone, sur Rutilius (com.)

Mercedes ARRIAGA (Sevilla)Veronica Giuliani e altre scrittrici marchigiane: un giallo letterario (com.)

Andrew LAIRD (Warwick)Pagan Gods in a Christian Image: Italian Humanism and Mexico (II) (com.)

Edoardo FUMAGALLI (Fribourg)Da Apuleio a Matteo Maria Boiardo: un esemplare postillato dell’editio princeps (1469)dell’Asino d’oro (com.)

Ore 11.30 – Presidente: HEINZ HOFMANN (Tübingen)

Serena SALOMONE (Genova)Il mondo alla rovescia nell’Umanesimo e nel Rinascimento (com.)

Fabio STOK (Roma, Tor Vergata)Nicola Sagundino e l’Oraculum de isthmo (rel.)

Natalia AGAPIOU (CCE Bruxelles)L’ Endimione dormiente di Cima da Conegliano e l’ Ovidio metamorphoseos vulgare del 1497 (com.)

Jean-François COTTIER (Montréal)Lectures critiques de la Vie de Saint Jérome: GiannozzoManetti et Erasme (com.)

Ore 15.00 – Presidente: GEOFFREY EATOUGH (Lampeter)

Karsten FRIIS-JENSEN (København)Humanist use of medieval commentaries on Horace’s Art of Poetry (rel.)

Heinz HOFMANN (Tübingen)Il Carminum liber di Baldassar Castiglione: argomenti, struttura e ricezione di modelli virgiliani (rel.)(insieme con Valeria LILIE)

Ruth MONREAL (Tübingen)La giovane ragazza e il mare, su due poemi latini di Baldassar Castiglione (com.)

Ore 17.30 – Presidente: ALESSANDRO GHISALBERTI (Milano – Cattolica)

Titus HEYDENREICH (Erlangen)“Forma di cortegiana”, cortesia borghese: Castiglione oggi (com.)

Daniel G. NODES (Ave Maria – Florida)Il mito platonico e la generazione del figlio divino: a proposito di Egidio di Viterbo (rel.)

Ginette VAGENHEIM (Rouen)Pirro Ligorio e l’opera De arte gymnastica di G. Mercuriale (com.)

SABATO 7 LUGLIO 2007Sassoferrato, Relais degli Scalzi

Ore 09.30 – Presidente: FERRUCCIO BERTINI (Genova)

Hermann WALTER (Mannheim)Per l’Adulatio perniciosa di Maffeo Barberini (Urbano VIII) (com.)

Udo REINHARDT (Mainz – Johannes Gutenberg)Il ciclo degli affreschi nella Villa Valmarana (Vicenza) di Giovanni Battista Tiepolo (rel.)

Ore 11,30 – Discussione finale

Ore 12,00 – Cerimonia di chiusura e consegna dei diplomi da parte del Presidente, del Segretario edel Sindaco

Ministero per i Beni e le Attività culturaliProvincia di Ancona Regione Marche

CITTÀ DI SASSOFERRATO (AN)ISTITUTO INTERNAZIONALE DI STUDI PICENI

GENGA, Chiesa di San Vittore, 4 luglio 2007SASSOFERRATO, Relais degli Scalzi, 5 – 7 luglio 2007

XXVIII CONGRESSO INTERNAZIONALEDI STUDI UMANISTICI

“L’UMANESIMO MARCHIGIANO E L’EUROPA”

PROGRAMMA

Per informazioni rivolgersi alla Segreteria dell’Istituto Internazionale di Studi Piceni:

P.za Matteotti – 60041 SASSOFERRATO (AN), Italia Tel. 0732/956230 – Fax 0732/956234E-mail: [email protected]

Comune diSassoferrato

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Queste ricette sono tratte dal libro “Antologiadella cucina popolare” a cura di PiergiorgioAngelini, Aurelio C., Balilla Beltrame, NoraLipparoni, Graziella Picchi, Antonio Trecciola,pubblicato dalla Comunità Montana della AltaValle dell’Esino (Fabriano, 1986) con la collabo-razione degli studenti delle scuole Elementari eMedie del Distretto Scolastico di Fabriano.

PENCIANELLEALLA SASSOFERRATESE400 gr. di massa del panefarina q.b.finto sugo

Lavorare bene la pasta. Tagliare a pezzi e darela forma di grossi spaghetti, lunghi una decinadi cm. Far lievitare. Cuocere in abbondanteacqua salata finchè non vengono a galla.Condire col sugo e pecorino generosamente.A Matelica si diceva pence; a Fabriano pence,penciarelle, pincinelle. A Campodonico diFabriano sono conosciute come monfricoli osurci. Possono essere condite di magro conaglio, alici, olio e prezzemolo. Nel secolo scor-so, avevano la forma di grossi vermicelli e lecondivano con sugo e pecorino. L’usanza resistea Matelica.

FRITTELLE DI RICOTTASpecialità di Sassoferrato.g. 300 di ricotta fresca passata al setacciog. 50 di zuccherouna bustina di lievito per dolci4 uovaun limone, la sola scorza grattugiata un bicchierino di mistràfarinastruttomiele morbido

Nella ciotola ampia mescolate la ricotta con lozucchero, il lievito, le uova, la scorza di limone,il liquore e la farina necessaria per ottenere unamalgama liscio e discretamente sodo, cheallungate a forma di salamotto. Questo vaaffettato grossettino, poi i dischetti appiattite-li, quindi friggeteli in padella, nello strutto bol-lente. Servite le frittelle ancora calde, dopoaverle sgocciolate ed asciugate sopra fogli dicarta assorbente, ricoperte con miele ammor-bidito.

STAFFARELLESecondo la tradizione diSassoferrato.Ingredienti:g. 500 di farina gialla digranoturco g. 20 di farina di frumento 1/4 di litro di acqua caldasemi di anice o uva secca,a piacimentosale un pizzicoSulla spianatoia, impa-state come al solito lefarine con l’acqua calda leggermente salata,poi unite i semi di anice; dal composto ricavatedei biscotti a forma di spolette ovali, oblunghe;da cuocere al forno (ideale se a legna).Servitele fredde, da accompagnare a buon vino.

FRUSTENGA g. 250 di farina biancag. 250 di farina gialla g. 120 di fichi secchi, tritati grossolanamenteg. 50 di uvettag. 60 di gherigli di noci, pelati e tritati

Per la cottura:burro, per ungere la teglia pangrattatoolio di oliva

Innanzitutto, mettete a bagno i fichi e l’uvettain acqua tiepida, poi strizzateli eliminando l’ac-qua in eccesso. In una pentola versate circa 1,5 l.di acqua, portatela a bollore, poi versatevi ada-gio, a pioggia le farine (precedentementemescolate) e sempre mescolando con il basto-ne di legno, fatene un composto morbido.Toglietelo dal fuoco, unite i fichi, l’uvetta e lenoci, mescolate ancora più volte, poi versate ilcomposto nella teglia imburrata e rivestita dipangrattato; umettate con un filo d’olio, quindipassate in forno (caldo a 180°), lasciando cuo-cere e dorare. Servite la frustenga tiepida ofredda.

FIORI DI ZUCCA FRITTIIngredienti per 6 persone:18 fiori di zucca nettati asportando i piccioli strutto o olio di oliva per friggere

Per la pastella:3 uova g. 30 di farinala scorza di un limone grattugiatosale

Lavate i fiori ed asciugateli sopra un canavac-cio. Nel frattempo, in una ciotola ampia sbatte-te le uova con poco sale e la scorza di limone;immergetevi i fiori, poi tuffateli in padella nellostrutto bollente. Appena dorati, serviteli nonprima di averli privati del grasso in eccesso.

BESQUESCEFrittelle di Sassoferrato.

Ingredienti:kg 1 di farina8 uovag. 120 di zucchero2 bustine di lievito per dolciun bicchierino di Mistrà la scorza grattugiata di 2 limonimiele ammorbidito strutto per friggere

In una ciotola ampia sbattete le uova con lozucchero; unite il lievito, il Mistrà e la scorzadei limoni; per ultima la farina poco per volta.Nella padella dove sfrigola lo strutto, versate ilcomposto morbido a cucchiaiate, così da frig-gere tante frittelle dorate che asciugate sopradei fogli di carta assorbente servirete calde eumettate di abbondante miele.

RICETTE DELLA TRADIZIONE SASSOFERRATESE SCELTE DA SEBASTIANA LOCCI

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AREA ARCHEOLOGICA DI SENTINUM(Loc. S. Lucia, a 2 km dal centro abitato)Orario visite: dal lunedì al sabato e la seconda e quartadomenica del mese: ore 8.00-14.00.Primo e terzo venerdì del mese: ore 14.00-19.00Agosto: tutti i giorni, ore 16.30-19.30.Tel. 0732.956218/9561 - 338.4033204.Sono visibili le strade (cardo e decumano),ruderi delle mura, pavimenti a mosaico,colonne di granito. Recenti campagne discavo hanno consentito il rinvenimento di unimportante sito termale pubblico ed hannopermesso di ricavare utilissime indicazionisulla conformazione dell’impianto urbanisti-co di Sentinum e portare alla luce strade,fondamenta, tracce di pavimenti e fognaturedi alcuni edifici del centro urbano dell’anticacittà romana.

MUSEO ARCHEOLOGICO(Palazzo dei Priori - piazza Matteotti)Orario visite: dal martedì al venerdì: ore 10.30-12.30.Sabato: ore 16.30-19.30. Agosto: ore 17.00-20.00, 21.15-23.15. Festivi: ore 10.30-12.30, 16.30-19.30. Tel. 0732.956218/9561 - 338.4033204.Ristrutturato di recente ed inaugurato ilmese di marzo u.s., vi figurano numerosesculture ed altri reperti che documentano gliaspetti più importanti della vita degli antichiabitanti di Sentinum: l’organizzazione dellavita politica e sociale, la religione, gli stru-menti necessari per una civile convivenza,anfore, lucerne, oggetti decorativi, monete,ecc. Sul pavimento di due sale sono colloca-ti mosaici rinvenuti a Sentinum. Al pianoinferiore del Museo è possibile visitare ilgrande plastico raffigurante la “Battagliadelle Nazioni” (avvenuta nei pressi diSentinum nel 295 a.c.) e la Sala Perottiana incui è custodita una preziosa raccolta di reli-quari bizantini e fiamminghi, tra cui l’icona diSan Demetrio di altissimo valore storico-arti-stico. Il museo comprende inoltre una sezio-ne dedicata alla preistoria.

MUSEO DELLE TRADIZIONI POPOLARI(Palazzo Montanari)Orario visite: dal martedì al venerdì: ore 10.30-12.30. Sabato: ore 16.30-19.30. Agosto: ore 17.00-20.00, 21.15-23.15.

Festivi: ore 10.30-12.30, 16.30-19.30.Partenza gruppi (da uff. turistico comunale):da martedì a venerdì: ore 11.00.Sabato e festivi (da museo archeologico):ore 11.00, 17.00, 18.00Tel. 0732.956218/9561 - 338.4033204.Il Museo, il cui edificio è stato completa-mente ristrutturato dopo i danni arrecati dalsisma del 1997, è stato allestito secondomoderni criteri scientifici. Gli ambienti,“ricostruiti” secondo tipici modelli abitatividel mondo rurale marchigiano, descrivono,attraverso gli oggetti e gli arredi una realtàfatta di cose semplici, pratiche, essenziali,ma certamente autentiche, come il durolavoro e la quotidiana fatica di un’epocaormai lontana. Il Museo è articolato in 6sezioni. Al piano terra sono ubicate le prime4 sezioni: 1) Lavorazione della terra (aratura e semina); 2)Lavorazione dei prodotti (mietitura e trebbia-tura); 3) Lavorazioni domestiche (filatura, tessitu-ra); 4) Mezzi di trasporto (birocci, carri). Nelpiano seminterrato sono ubicate le due sezio-ni che ricostruiscono, tramite gli arredi e glioggetti dell’epoca, l’atmosfera che si respira-va sia nella casa contadina che nelle botte-ghe degli artigiani; 5) Ambienti domestici (forno,cantina, dispensa, camere, cucina); 6) La-vorazioni artigiane (tornitore, falegname, arroti-no, boscaiolo, ciabattino, bottaio, fabbro, mani-scalco, muratore, cocciaro, cordaro, apicoltore).

MUSEO DELLA MINIERA DI ZOLFO(Loc. Cabernardi, a km.10 da Sassoferrato)Orario visite: Sabato e domenica: 15-19.Prenotazioni tel. 0732-975241 - 975013 -956231.Il Museo raccoglie in 5 ampie sale e in unlungo corridoio, documenti, fotografie,attrezzi da lavoro dell’ex Miniera di Zolfo diCabernardi. Ottanta anni di attività industria-le a cavallo tra gli ultimi anni dell’800 e lametà del secolo scorso. La ricca documenta-zione presenta, in una sezione, la vita delpaese e di quello che fu il più grande edesteso centro minerario solfifero d’Europa.DA VISITARE NEL CENTRO STORICO DELRIONE CASTELLO:

CHIESA DI SAN FRANCESCOVisite e prenotazioni: tel. 0732.9375 - 338.4033204Costruzione del 1245 di stile tardo romano o

romano-gotico. Conserva dipinti del Ramazzanie del Guerrieri. Notevole un Crocifisso del 1300di scuola riminese e cicli di affreschi grotteschidi scuola umbro-marchigiana.

MONASTERO E CHIESA DI S. CHIARAVisite e prenotazioni: tel. 0732.9375Costruito nel XIII sec., all’interno ospitaopere d’arte di notevole pregio: una Nativitàattribuita ad Antonio da Pesaro, un affrescodi Scuola Umbra e due tra le più belleMadonne del Salvi; inoltre, unaAnnunciazione del Salvi.

ROCCA DI ALBORNOZMassiccia costruzione militare risalente alXIV sec. Costruita per ordine del CardinaleEgidio Albornoz nel 1365, fu un efficientepresidio difensivo.

CHIESA DI SAN PIETROVisite e prenotazioni: tel. 0732.9375 - 338.4033204Chiesa sorta con il primitivo castello feudaleintorno al 1200. Acquistò grande importanzaa partire dal 1580 quando il Vescovo diNocera diede alla Parrocchia di San Pietro iltitolo di Collegiata. Rovinò nel 1688, ma nel1717 fu ricostruita e notevolmente ampliatacosì come si conserva tutt’ora. Vi sono con-servati anche altri interessanti dipinti.

DA VISITARE NEL RIONE BORGO E DINTORNI:Abbazia di S. Croce (Sec. XII)S. Maria del Ponte del Piano (Sec.XIV)S.Teresa d’Avila (1600) in stile neoclassicoSantuario della Madonna del Cerro (circa 10Km. dal capoluogo)Chiesa di San Lorenzo Martire a Coldellanoce(a 5 km dal capoluogo). Conserva lo stupendoTrittico di Matteo da Gualdo del XV secolo.

PROPOSTA PER UNA GIORNATAA SASSOFERRATOMATTINO: Visita all’area archeologicae/o Museo Archeologico e/o Museodelle tradizioni popolari. Pranzo in unristorante locale. POMERIGGIO: visita di alcune Chiese loca-li: Chiesa di San Francesco e Monastero diSanta Chiara (Madonna del Salvi).SERA: relax al parco della Rocca diAlbornoz.

DA VISITARE

sassoferratomia 2° numero 16-07-2007 10:53 Pagina 44